VALENZA E LA MONTAGNA. Prima parte. di Giorgio Manfredi Parlar di montagna: c’è la montagna con i richiami delle sue altezze, delle sue cime da scalare con ascensioni fantastiche che scatenano una passione ardente, compagna di fatica ma con il regalo di sublimi appagamenti. C’è anche la montagna delle vacanze da gustare con uno stile sobrio e contenuto della vacanza famigliare, per molto tempo lontana da esaFamiglia Abbiati sperazioni consumistiche. A chi va in montagna, cammina, sale, scavalca colli e cengie, raggiunge rifugi in alta quota, si arrampica sulle cime, con lunghe ore di fatica e sacrificio, si fa spesso la domanda: chi te lo fa fare? Risponde Erri De Luca scrittore e alpinista: “La domanda è molto italiana, suppone un mandante, uno che istiga da dietro. L’alpinismo non ce lo fa fare nessuno. Viene da sé, un formicolio alle dita in vista di una montagna, una parete di roccia, ghiaccio, neve. Scatena attrazione, fa accostare. Si sta in montagna da passanti di superficie senza un lasciapassare, che Giuseppe Abbiati (Pippo). può essere ritirato in ogni punto. Una valanga, un temporale, un vento, una nebbia, sbarrano il passaggio. Nessuno è garantito mentre scala una parete, anzi è esposto, indifeso, minuscolo sul corpo dell’immenso. È una buona lezione circa le proprie misure”. La montagna di lezioni ne dà molte altre che affiorano dai suoi richiami come risposte a bisogni ed esigenze di salvamento. Salvare l’integrità dello sguardo, la dimensione dell’eternità, l’esercizio del pensiero liberato, la semplice esperienza di indugiare con lentezza e profondità 48
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sulle bellezze ammirate. Altre riflessioni assai stimolanti sull’arricchimento che la montagna può dare all’uomo ci sono state inviate, su nostro invito, da Annibale Salsa, antropologo e presidente generale del CAI dal 2004 al 2010. Le pubblichiamo, con piacere, a conclusione. Iniziamo la storia dei valenzani e la montagna, partendo dai primi anni del novecento, raccontando di alcuni di loro che affrontarono allora le esperienze alpinistiche. Giuseppe Abbiati, detto Pippo, della famiglia dei proprietari della Voglina nasce a Valenza nel 1901, terzo di quattro fratelli, tre maschi e una femmina. Laureatosi in ingegneria e architettura, si trasferisce a Genova e nel 1922 Famiglia Peroso si iscrive al CAI e inizia subito una intensa attività alpinistica che lo porta ad arrampicare in tutte le montagne dell’arco alpino. Compie alcune prime ascensioni sia nel gruppo del Ruitor che del Sassolungo (vedi articolo a lui dedicato nel numero 17 di Valénsa ’d’na vòta). Partecipa alla campagna di Russia nella seconda guerra mondiale e alla fine del conflitto riprende a pieno ritmo l’attività alpinistica. In inverno con gli sci da gita sulle più vicine Alpi Marittime e Cozie, in primavera e fino a inizio estate a caccia dei “quattromila” del gruppo del Bianco, del Rosa, dei Mischabel, e Federico Peroso. dell’Oberland Bernese. Nominato Presidente del CAI di Genova per due mandati (dal 1956 al 1964) ne diviene poi Presidente Onorario. In quegli anni è anche Presidente della Commissione Centrale di Sci Alpinismo e membro del Comitato Centrale del Club Alpino Italiano, cariche che mantiene fino quasi alla morte avvenuta a Valenza nel 1985. Federico Peroso nasce a Valenza il 9 luglio 1902, dove, dopo la scuola, si dedica all’attività orafa nell’azienda con i suoi fratelli. Nel 1946 si trasferisce a Roma e diventa concessionario per il Centro Italia degli orologi Eberhard. Amava molto l’arrampicata su roccia e a metà degli anni trenta favorì 49
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la possibilità di utilizzo di una struttura dei Vigili del Fuoco di Valenza, allora in Via IX Febbraio, per farne una palestra di arrampicata. Era iscritto al CAI di Alessandria dal 1929 con gli amici Luigi Vaggi e l’alessandrino Gioletta, condividendo con loro l’amore per la montagna. Ha svolto la sua attività alpinistica specialmente in Val Gardena dove ha scalato molte cime. Esercitava lo sci in questa valle dolomitica ed anche sulle nevi di Cortina. Arrampicò più volte in scalata su alcune vie rocciose del Sassolungo con una prima assoluta nel Gruppo Centrale. Fu protagonista con la Guida di Ortisei Matteo Nogler della prima ascenFamiglia Meregaglia sione assoluta del “Sigaro del Pisciadù” nel gruppo dolomitico del Sella il 12 agosto 1932 con una arrampicata di 6 ore. Fu molto attivo anche in Val d’Aosta, a Cervinia e a Courmayeur. Salì il Monte Bianco , il Dente del Gigante e molte altre cime. Luigi Meregaglia nasce a San Salvatore il 21 giugno 1912. Si laurea al Politecnico di Milano in Ingegneria Elettronica. Dopo alcuni anni di attività all’Ercole Marelli di Milano nel 1950 sposa Paolina Ivaldi e ritorna a Valenza svolgendo un’attività autonoma nell’officina elettromeccanica del padre in Viale Vicenza e si occupa di impianti elettrici. Pasqua 1949, da sinistra Luigi L’amore per la montagna è una Meregaglia con la guida Achille componente importante della sua Compagnoni sulla cima del Breithorn. personalità . Frequenta la Valgrisanche e la Valle di Cogne in Val d’Aosta e poi, dopo la nascita del campeggio Valenzano a Perrères, la Valtournenche, da dove sono partite tante sue escursioni. Con la sua Guida Marcello Carrel l’11 agosto 1966 salì il Cervino. Lo stesso giorno Piero Lenti con la Guida Ferdinando Gaspard arrivò alla stessa ora, sulla stessa cima. Piero sorpreso mormorò “ma quello è Meregaglia!”. Pensarono fosse l’altitudine a procurare un’allucinazio50
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ne: invece no, era proprio vero. Oltre al Cervino Luigi Meregaglia salì il Monte Bianco, la Punta Dufour del Monte Rosa, il Dent d’Herens, il Gran Paradiso, la Cresta Sud della Grivola e molte altre cime. Con il figlio Carlo, che divenne poi un amante e frequentatore della montagna, effettuò la sua ultima escursione nel 1975, alla Punta Basei nella Val di Rhêmes. Il rapporto di Valenza con la montagna si è arricchito con la nascita, nel dopoguerra, del Campeggio a Perrères di Valtournenche in Val d’Aosta. È stato un giovane prete, don Pietro Battegazzore, amico dei giovani a volerlo per loro con tanto entusiasmo. Gruppo amici di Don Pietro e Don Luigi
Il campeggio Don Pietro a Perrères.
Don Pietro nasce nel 1919 a Mombisaggio nei pressi di Tortona, fu ordinato sacerdote nell’aprile 1943 e a luglio dello stesso anno inviato, con l’incarico di vice parroco, a Valenza, dove ha dedicato tutta la sua breve vita a favore dei giovani. La sua vocazione di educatore lo spinse a fondare nel 1947 il campeggio montano a Perrères servendosi in un primo tempo di una baracca di legno precedentemente utilizzata dalla Sip nei lavori della vicina centrale elettrica. Dopo un primo esperimento nell’estate 1947 e vari interventi sulla 51
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baracca ricevuta in dono, tutto era pronto, l’estate successiva, per partire con l’attività del campeggio. La baracca era vecchia, senza comodità, il tetto teneva poco ma allora era una casa fantastica al cospetto meraviglioso del Cervino e delle Grandes Murailles. Nel luglio 1948 il viaggio dei ragazzi per arrivare da Valenza a Perrères durò circa dieci ore su un camion con rimorchio del corriere Ferraris di Valenza che si rese disponibile, con tanta generosità, a questo trasporto “eccezionale”. La salita del Montjovet, verso Chatillon e gli ultimi tornanti prima di Perrères, sopra Valtournenche, costrinsero i ragazzi a fare qualche chilometro a piedi perché il mezzo faticava a proseguire con tutto il suo carico. Si arrivò bene comunque, quando ormai incominciava ad imbrunire e le prime ombre della sera annunciavano che iniziava l’avventura. Il campeggio ha visto Gruppo amici di Don Pietro e Don Luigi passare, in oltre sessant’anni, centinaia di giovani. Grazie a don Pietro e ai molti sacerdoti che lo hanno seguito è stato un luogo educativo e formativo ed un richiamo per la montagna e le sue bellezze. Fin dall’inizio fu don Pietro a pensare e promuovere gite ed escursioni. Si consulta1949, in cima alla “Gran Sometta”. va con le Guide Alpine e prezioso fu il suo rapporto con don Luigi Maquignaz, allora seminarista e grande alpinista, studiando itinerari adeguati alle varie età. Si cominciò con escursioni all’Alpeggio di Manda, al Lago di Loz, a Cheneil, al Colle di Cime Bianche, al Lago di Cignana, al Rifugio Oriondè e tante altre. Sandro Picchiotti per le sue straordinarie doti fisiche e capacità, fu in quei primi tempi il trascinatore principale, fra i giovani, nei contatti con la montagna. Passarono pochi anni e con l’esperienza e l’entusiasmo si affinò l’approccio con le cime e con le escursioni. Qualcuno aveva già avuto modo di avvicinare la montagna con il CAI e pian piano si affrontarono mete più impegnative: la cima Gran Sometta, 52
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la Roisetta, il Gran Tournalin, il Rifugio Bobba e poi l’esperienza in cordata e il Ghiacciaio a cominciare dal Breithorn, primo quattromila salito. Al terzo anno del campeggio si scelse insieme una escursione impegnativa e appagante: la Traversata della Cresta di Függen, proprio a fianco del Cervino. Con don Pietro si partì molto presto la mattina del 7 agosto 1950 dal Campeggio di Perrères per raggiungere Cervinia e salire ai metri 3273 del Colle Fürggen. Sedici giovani con don Pietro proseguirono in cordata sulle rocce della Cresta di Fürggen da ovest a sud-est, superando i 3500 metri di quota, giungendo al Rifugio di Teodulo con una vista spettacolare che li accompagnò per tutta la traversata. Qui il tempo era ancora Gruppo amici di Don Pietro e Don Luigi buono anche se non più con quel cielo, senza nubi, che accompagnò il gruppo nella mattinata. Tutti erano felici malgrado le asperità del percorso lungo e impegnativo. Don Pietro nel rifugio, offrì da bere e qualcosa di caldo a tutti, uniti in una condivisione di ap7 agosto 1950: cresta di Fürggen poche ore prima della pagamento e di gioia. tragedia. da sinistra e dall’alto: A. Genovese; G. Qualche nuvola arrivava Canepari; G. Negri; P. Staurino; G. Battegazzore; P. da lontano e si sollecitò il Caveglia; S. Picchiotti; D. Gastaldello; Alberto Vaccari; F. Bajardi; G. Ferraris; don Pietro; Angelo cammino per il ritorno. Iniziò la discesa su Vaccari; G. Manfredi; G. Cellerino. Facevano parte del gruppo G. Annaratone e G. Marchese che scattò la foto. Cervinia. Le nuvole aumentarono e molto presto il gruppo fu raggiunto da un temporale sempre più violento con grandine, tuoni e fulmini. Quasi nei pressi di Plan Maison (a mt. 2547), la comitiva si era sgranata, alcuni erano appena giunti alla Stazione della Funivia, altri seguivano. Proprio quasi alla meta e alla sicura protezione, un fulmine si abbattè su un gruppetto di quei giovani con don Pietro, gettandoli a terra. Alcuni si rialzarono benché storditi e spaventati, ma don Pietro rimase là. 53
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Morì a trent’anni, a metà pomeriggio di quel 7 agosto. Abbiamo pensato e pensiamo ancora che se ne sia volato via con un sorriso: “I miei ragazzi sono tutti vivi!”. All’obitorio di Valtournenche lo vegliarono tutta la notte Sandro Picchiotti e Nino Fracchia (Jimmy). Al funerale a Valenza partecipò tutta la città. Se n’era andato un entusiasta della vita, che sprigionava sempre un desiderio intenso di ascolto, condivisione, di sentimenti e di senso. Aveva l’anima di un fanciullo, con un cuore che dava calore a tutti. La sua ricchezza spirituale e lo spessore umano che elargì con ampiezza di dono, restano nell’intimo di coloro che lo incontrarono. Nel 1950 l’attività del campeggio terminò quel giorno. Riprese l’anno successivo sotto la guida di don Luigi Frascarolo arrivato a settembre 1950 a sostituire don Pietro. Anche lui fu un grande educatore e amico della montagna. Gruppo amici di Don Pietro e Don Luigi Negli anni seguenti si intensificarono i rapporti con le guide di Valtournenche dove mitica era la figura di Luigi Carrel (Carrellino) considerato la migliore guida di allora. La collaborazione più intensa fu con Marcello Carrel e quindi con Jean e Germain Agosto 1954: teraversata Teodulo-Castore e Lyskamm. Ottin, Camillotto PellisIn piedi da sinistra: Don Luigi Frascarolo; Don Luigi sier, Ettore Bich e altri Martinengo; P. Picchiotti; uin basso: L. Villasco; G. ancora. Già nell’estate Manfredi; B. Mortarini; asp. guida; guida M. Carrel; del 1950 una ventina di G. Re; B. Bissone; F. Bajardi. ragazze dell’oratorio aveva soggiornato a Perrères in una baita dei Vallet. Un gruppo meno numeroso continuò la presenza nella Valle nelle estati dal 1951 al 1955 a Losanche, una frazione di Valtournenche, nella casa delle Guide Ottin. Furono per loro anni di escursioni compiute anche con i ragazzi del campeggio. Il Campeggio diventò un luogo dove si pensava e si progettavano escursioni di sempre maggior impegno, realizzate anche in più giorni. Sandro Picchiotti e Francesco Bajardi, insieme a don Luigi, concor54
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davano il programma con le guide e tenevano le fila nelle scelte degli itinerari. La prima esperienza fu, nell’agosto del 1954, una traversata sui ghiacciai del Gruppo del Monte Rosa e la salita delle cime del Castore e dei Lyskamm. Seguì presto la seconda, l’ascensione alla Punta Dufour del Monte Rosa, con i suoi 4634 metri, seconda cima europea. Sempre con la guida Marcello Carrel e altre si partì dal campeggio, quindi in funivia a Plateau Rosà, poi su ghiacciaio sino al Rifugio Betemps, in Svizzera per il primo pernottamento. Partenza notturna per la salita sul versante Nord della Dufour, quindi ascensione alla Cima Zumstein con altro pernottamento alla Capanna Margherita, a 4551 metri. Il terzo giorno, dopo aver attraversato il Ghiacciaio del Lys, con un lungo tragitto in discesa, Famiglia Vaccario si giunse a Gressoney senza ausilio di funivie che allora non c’erano. A questo punto il ritorno avvenne con corriera a Pont St. Martin, treno a Chatillon e corriera a Perrères, arrivando molto tardi al campeggio, con tanta gioia. Gli anni passarono, nuove generazioni arrivarono al “Campeggio don La guida Camillotto Pellissier con Mariolino Vaccario. Pietro” e tantissimi furono i nuovi giovani che lo frequentarono, molti quelli che da lì partirono per le più diverse escursioni, traversate in alta quota e scalate. Nella seconda metà degli anni cinquanta emerse l’esigenza di dar vita alla costituzione di un primo gruppo di aderenti al Club Alpino Italiano, mentre era iniziata anche l’attività di un “Gruppo Amici della Montagna”. Negli anni 1956/1957, sotto la spinta di Francesco Bajardi, Marica Porta, Luigi Vaggi, don Franco Picchio e tanti altri nacque un primo nucleo del CAI con le iscrizioni di molti valenzani alla Sezione di Alessandria ed anche a quelle di Casale e San Salvatore. 55
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Di questo primo nucleo di Soci CAI faceva parte, fra i più anziani d’età, Mariolino Vaccario , attivo alpinista, personaggio simbolico nel panorama valenzano di quegli anni. Mariolino Vaccario nasce a Valenza il 22 luglio 1914. Il lavoro di incassatore lo accompagnerà per tutta la sua vita. Amava viaggiare, gli piaceva la caccia che esercitava spesso insieme a Pier Francesco Calvi, conte di Bergolo. Passò alcuni anni di vacanza a Valtournenche ma la passione per l’arrampicata gli venne dal campeggio di Perrères, che iniziò a frequentare nel 1949. La folgorazione che ebbe in quegli anni accelerò al massimo la sua attività alpinistica. Si collegò presto con le Guide di Valtournenche e in particolare ebbe uno stretto sodalizio con la Guida Camillotto Pellissier. Accompagnò spesso ragazzi e ragazFamiglia Vaccari ze del Campeggio di Perrères in molte escursioni e da loro era chiamato “Mariolino la Guida”. Oltre al Cervino salì molte cime in Val d’Aosta e fu sempre attivo sia nel campeggio che con le Guide di Valtournenche. Con Camillotto Pellis1995: a villa Gropella, da sin.: Federico Felli; Euge- sier, il 10 agosto 1955 nio Vaccari; Luigi Cerino Badone; Walter Bonatti; realizzò, in scalata, la priGian Luigi Vaccari. ma assoluta della Cima Centrale per la parete sud-est del Dome de Cian. Morì il 30 marzo 1968 e, al suo funerale a Valenza, intervennero molte Guide di Valtournenche e di Cervinia. Nel periodo che precede la nascita ufficiale della Sezione Valenzana del CAI, ricordiamo i fratelli Vaccari della Villa Gropella a Valenza, che hanno svolto lunga attività in montagna, ricca di importanti imprese. Gian Luigi (1938) ed Eugenio (1942) si accostarono alla montagna intorno ai 14-15 anni seguendo lo zio Mario, scultore, nella visita alle postazioni di guerra 1915/18 dove aveva combattuto (Cristallo, Tofane, Pomagagnon). 56
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Passando le vacanze in campeggio in Val Veny, iniziarono a salire le prime cime del Monte Bianco, prima con guide, poi, dopo i 18 anni senza. Ambedue istruttori nazionali di alpinismo parteciparono ai corsi della Scuola “Bartolomeo Figari”, di Genova per circa trent’anni. Gian Luigi venne nominato Accademico, il più alto riconoscimento CAI. Eugenio si sposò nel 1970 a Valenza , dove si stabilì e si dedicò con la famiglia alla gestione dell’Azienda Agricola Gropella. I fratelli Vaccari aprirono vie nuove sul Monte Bianco, Alpi marittime, Alpi Cozie e Apuane e scoprirono per primi le meraviglie del Finale. Gian Luigi partecipò a spedizioni in Groenlandia e in Africa. Insieme, scalarono alcune volte le principali vie del Monte Bianco, la Nord (Via Cassin) delle Grandes Jorasses, aprendo poi una via nuova sul Mont Blanc Du Tacul (Pilier Du Diable) vicino all’Aiguille Du Diable. Nelle Dolomiti salirono, fra le altre, la Solleder del Monte Civetta e lo Spigolo Giallo della Cima Piccola di Lavaredo. Tracciarono una via nuova sulla Torre Castello in Val Maira, mentre, da giovanissimi, salirono in arrampicata sulla parete Punta Nelion sul monte Kenya. Sud del Monte Nona sulle Alpi Apuane con 2 bivacchi. Il 21 dicembre 1972 tre amici e soci CAI , Giampiero Accatino, Giovanni Ceva e Marica Porta, accompagnati dalla Guida di Valtournenche, Ettore Bich, partirono per il Kenya con lo scopo di scalare il Monte Kenya, situato nel parco omonimo a circa 200 chilometri a nord di Nairobi. Durante il viaggio incontrarono Massimo Mila, esperto alpinista e critico musicale del giornale La Stampa, Vittorio Badini Confalonieri allora Presidente del CAI di Torino e il famoso alpinista e fotografo Alessandro Gogna. Il gruppo era organizzato e accompagnato da Beppe Tenti titolare di “Trekking International”. Il 1° gennaio 1973, dopo aver superato il campo tendato di Makinder’s a 4200 metri e il campo base a 4700 metri, di buon mattino, la guida 57
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Ettore Bich, Giovanni Ceva e Marica Porta affrontarono l’ascesa del Monte Kenya. Alle ore 12, dopo una breve sosta in un bivacco, furono in vetta alla Punta Nelion a quota 5188 metri, una salita con un misto di 3° e 4° grado. Il tempo cambiò improvvisamente e costrinse il gruppo a scendere velocemente a corda doppia, arrivando poi al campo base completamente fradici a causa del fortissimo temporale sopravvenuto. La cima fu raggiunta il giorno seguente da Giampiero Accatino con Bich e tutti insieme, il 3 gennaio salirono la Punta Lenana a metri 4985, dopo una lunga ascesa sul ghiacciaio Lewis. Famiglia Badini Confalonieri L’incontro con Vittorio Badini Confalonieri, membro della famiglia Badini-Ceriana, proprietari di Villa Astigliano a Valenza fu l’occasione per far nascere la Sezione valenzana del CAI. Vittorio Badini Confalonieri nasce nel 1914, eletto alla Costituente nel Collegio Cuneo Asti Alessandria, divenne due volte Sottosegretario e poi Ministro per il Turismo e lo Spettacolo. Fu eletto nel 1965 Consigliere Comunale a Valenza. Dal 1986 al 1991 fu Vice Presidente generale del CAI. Da valenzano, come si definiva, ai valenzani incontrati nel viaggio in Kenya, Badini Confalonieri sollecitò con calore che Valenza avesse al Vittorio Badini Confalonieri con il pripiù presto la sua Sezione CAI e così mogenito Giuseppe. avvenne nel 1974. Il 4 aprile 1974 un centinaio di soci CAI, iscritti alle Sezioni di Alessandria, Casale e San Salvatore inoltrarono alla sede centrale del CAI a Milano la richiesta di costituzione di una Sezione a Valenza. La richiesta fu accettata. Dopo un brevissimo periodo in cui la sede della Sezione era provvisoriamente in Corso Garibaldi 107, il CAI si trasferì in Via Felice Cavallotti 26. Il primo Consiglio Direttivo eletto fu formato dai seguenti Soci: Gian 58
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Archivio CAI Valenza Piero Accatino, Nino Bergamino, Pier Luigi Bianchi, Giovanni Ceva, Piero Lenti, Gastone Michielon, Marco Piccio, Marica Porta. Gian Piero Accatino fu eletto Presidente e, sempre riconfermato, restò in carica sino al 1993, guidando i successivi consigli direttivi. In questa prima fase di attività il CAI di Valenza dedicò il suo impegno a curare l’aspetto tecnico dell’alpinismo per affinare, con esperienze sul campo, ogni elemento della conoscenza e della preparazione all’ascensione in montagna. Con l’intervento di Nino Bergamino, che aveva esperienze di alto livello in La guida Mario Mochet con, in alto, ascensioni e scalate, soprattutto nel Enzo Francescato, al corso di alpiniGruppo del Monte Bianco, si realiz- smo sul ghiacciaio di Pré de Bar. Archivio CAI Valenza
10 Agosto 1978, Mont Rous Petites Murailles. Da sinistra: Gian Paolo Zulato; Gigi Stefanutto; Francesco Bajardi; Luciano Bajardi; Gastone Michielon. 59
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zò una eccellente collaborazione con le Guide di Courmayeur e Bergamino divenne poi Guida Onoraria. In particolare il rapporto coinvolse le Guide Renzino Cosson, Mario Mochet, Cosimo Zappelli, Otton Clavel, Luciano Maregliati e altre. Si realizzarono corsi di Alpinismo, su roccia e su ghiaccio, e nacque Archivio CAI Valenza una vera scuola con il coordinamento di Mario Mochet. Fra i pionieri di questo “nuovo mattino” ricordiamo Pier Luigi Bianchi, Piero Lenti, Gastone Michielon e Gian Paolo Zulato e appena dopo si aggiunsero Enzo Francescato, Claudio Quagliotto e Alberto Tenconi. Nel 1981 il CAI organizzò il primo dei 14 “Corsi di Alpinismo”, con le guide di Courmayeur e molti giovani si iscrissero alla Sezione. Fra i partecipanti ai corsi si formò un gruppo molto affiatato che per alcuni lustri rappresentò il nucleo dirigente del CAI di Valenza e frequentò i luoghi di arrampicata delMaggio 1981: corso di alpinismo, palestra di arram- l’arco alpino, dalle picata di Courmayeur: Pier Luigi Bianchi con, in alto falesie di Finale ai satelRenzo Favre. liti del Monte Bianco, ripercorrendo le più celebri vie. Alcuni di loro parteciparono ai corsi della Scuola Gervasutti di Torino, portando a Valenza le nuove tecniche dell’arrampicata moderna, il free climbing. Nel maggio 1982, in un tragico incidente, perse la vita Renzo Favre, aspirante Guida di Courmayeur. Gastone Michielon racconta: “Era do60
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Archivio CAI Valenza menica e il gruppo del corso di alpinismo giunse in Valchiusella alla palestra di roccia di Traversella, atteso dalla Guida Mario Mochet e dall’aspirante Renzo Favre. C’era un buon affiatamento fra noi e la mattinata passò serena, mentre divisi in vari gruppi, assistiti da Mario e Renzo, provammo varie tecniche di salita. Nel pomeriggio, dopo ancora qualche arrampicata, si passò alle operazioni di abbandono della parete e di recupero dell’attrezzatura. Fu proprio in questa fase che si consumò la tragedia. Renzo Favre precipitò e, picchiando Agosto 1991: sui seracchi del ghiacciaio la schiena su una sporgenza roccio- del Gigante, Davide Guerci, a sinistra, e Graziano Masiero . sa, si schiantò ai piedi della parete. Morì dopo pochi minuti: aveva 27 anni. Eravamo sconvolti e traumatizzati. Mario Mochet lo compose adagiandolo su un lungo tronArchivio CAI Valenza co. Portammo Renzo all’interno della vicina chiesa. A tarda sera arrivò la madre che abbracciò e vegliò il suo ragazzo. Renzo è sempre vivo in noi: ora lo si va a trovare nel piccolo cimitero di Courmayeur”. Nell’estate 1991 gli amici Andrea Campese, Enzo Francescato, Checco Galanzino, Davide Guerci, Graziano Masiero, Claudio Quagliotto, Stefano e Sara Scaglione e Alberto Tenconi, si insediarono per alcuni giorni al Rifugio Torino e scalarono le più belle vie di roccia sulle vette che contornano il Monte Bianco fra Disegno di Gian Piero Accatino. le quali il Grand Capucin, il Pic Adolphe Rey, l’Aiguille du Midi e la Chandelle. L’attività sportiva continuò anche nei mesi più freddi con salite su cascate di ghiaccio.
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Il rapporto con Courmayeur rese possibile la realizzazione di due importanti Mostre al Centro Comunale di Cultura di Valenza, una di fotografia con le splendide immagini di Renzino Cosson e un’altra con i dipinti e i manifesti di Franco Balan. Si organizzarono incontri culturali con interventi di grandi personaggi della montagna tra i quali Alessandro Gogna, Reinhold Messner protagonista nel 1982 di una straordinaria serata al Teatro Sociale di Valenza. In quegli anni la vena artistica di Gian Piero Accatino creò una serie di disegni sulla montagna usati su magliette per alpinisti. Vennero realizzate alcune Mostre di quegli splendidi disegni fra le quali una a Cogne ed una a Courmayeur. Dal 1994 al 1999 la Sezione CAI di Valenza ha avuto come Presidente Ivo Fenaroli e il primo Consiglio Direttivo composto da: Maurizio Alternin, Pier Giorgio Bertoni, Pier Luigi Bianchi, Flavio Busanello, Marco Bonicelli, Riccardo Bussone, Ivo Fenaroli, Enzo Francescato, Pier Giorgio Manfredi, Stefano Palazzolo, Claudio Quagliotto, Luca Vanin. Revisori dei conti: Lindo Caprino, Marco Demartini, Piero Lenti. Archivio CAI Valenza
Giugno 1983: salita all’Aiguille de L’M, gruppo Monte Bianco. Da destra: R. Quagliotto; G. Guarda; A. Vantini; C, Quagliotto; P. Annaratone; A. Tenconi; G.P. Zulato; P.L. Bianchi. 62
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La sede era ancora in Via Cavallotti, 26 per poi essere trasferita nel 1995 in Via Magenta. In questo periodo si è intensificato il rapporto con il Centro Comunale di Cultura di Valenza e le iniziative culturali ebbero un importante rilancio. Molta partecipazione hanno avuto incontri con grandi figure dell’Alpinismo e scalatori come Walter Bonatti, Cesare Maestri, Giovanni Bassanini, il vice presidente generale dei CAI Teresio Valsesia, il fotografo e alpinista Alessandro Gogna e il direttore della Rivista del Trekking Giancarlo Corbellini. Molte serate con proiezioni sulla montagna si svolsero al Centro Comunale di Cultura soprattutto grazie a Marco Lenti con la sua intelligente e geniale capacità di catturare immagini perfette di molti ambienti di alta quota dove è salito in tanti anni. Sempre al Centro Comunale di Cultura fu ospitata con grande successo la mostra del grande scultore del legno Dorino Ouvrier conclusa con l’intervento del Gruppo Folkloristico di Cogne “Lou Tintamaro”. Iniziò la collaborazione con Alphar per la gestione a livello provinciale di corsi di Alpinismo e proseguì la programmazione dell’attività escursionistica delle gite sociali aperte a tutta la città. Significativa la collaborazione con la Croce Rossa per organizzare gli interventi di primo soccorso e la partecipazione nel programma di aiuti nell’alluvione di Alessandria nel 1996. Dal dicembre 1999 al 2008 Maria Bajardi è stata la Presidente del CAI di Valenza. Il primo Consiglio Direttivo di questi anni era composto da: Roberto Bisio, Angelo Bosio, Ivo Fenaroli, Enzo Francescato, Davide Guerci, Ermes Moraglio, Giovanni Omodeo, Fabrizio Tinghi, Angelo Torti e Barbara Vaia. Revisori dei Conti furono: Luigi Borsalino, Lindo Caprino e Piero Lenti. Pochi mesi passarono, durante i quali l’attività proseguiva con nuovo slancio e uno dei primi obiettivi della Sezione fu il rafforzamento del rapporto del CAI con la città, le sue realtà e il suo territorio. Il 22 agosto 2000 un triste evento sconvolse tutti: Davide Guerci precipitò nel Gruppo del Monte Bianco. Lo sgomento e il dolore furono intensi. Consapevoli della grande passione e preparazione di Davide che lo portarono, nonostante la sua giovane età, a tante impegnative imprese alpinistiche, tutti rimasero increduli e smarriti. Nato nel 1968, socio CAI dal 1986, membro del Consiglio Direttivo, ha partecipato come impegnato protagonista nel gruppo di arrampicata sorto a Valenza 63
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negli anni ’80. Maria Bajardi racconta: “Davide era un ragazzo semplice, mite, di compagnia, a cui non mancava mai la battuta spiritosa e soprattutto innamorato delle montagne e dell’arrampicata. Compie la sua prima ascensione con la guida di Courmayeur, Giuseppe Petigax nel 1983 al rifugio Monzino e l’anno successivo all’età di sedici anni sale la via ferrata al rifugio Borelli. Inizia così una carriera alpinistica che lo vede in cima alle vette più alte delle Alpi, Monte Bianco, Monte Rosa, Gran Paradiso. Negli anni ’88/89, sulle Dolomiti sale la Torre del Vaiolet nel Catinaccio, lo Spigolo del Velo e il Campanile Pradidali delle Pale di San Martino. Ripete numerose vie di arrampicata moderna sui satelliti del Monte Bianco: Gran Capucin, Piramyd du Tacul, Pic Adolph Rey, Aiguille du Midi, Chandelle du Tacul. Arrampica in Italia e all’estero nel Verdon, in Marocco e in California nella Yosemite Valley. D’inverno quando il ghiaccio ricopre le vallate sale le cascate di ghiaccio di Cogne, della Valsavaranche e della Val Varaita mentre continua ad arrampicare nelle falesie di Finale Ligure e più volte conquista in Sardegna la Guglia di Coloritze. Si classifica primo assoluto nell’agosto 1999 alla gara di arrampicata in velocità a Courmayeur. Nell’agosto del 2000 è impegnato a preparare una grande ascensione, il Pilastro Centrale del Monte Bianco. Questa preparazione comprende un susseguirsi di cime e di vie tra cui Pointe Lachenal via Le Bon Filon, Tour des Jorasses via Diedro Machetto, Mont Rouge de Peuterey fino al 22 agosto 2010. Doveva essere un giorno di riposo alla vigilia della partenza per il Pilone Centrale, invece, in una splendida giornata di sole, la tragedia. Durante la discesa in corda doppia dalla via Titanic sulla Parete dei Titani in Val Ferret, Davide precipita insieme ai suoi sogni all’età di 32 anni. Arrampicare era il massimo! È la frase posta sulla targa di commemorazione in Val Ferret. Non sapremo mai cosa sia successo durante l’ultima corda doppia nel vuoto, quando la montagna si è presa la sua vita.”. Courmayeur ha dedicato a Davide una palestra di arrampicata, la “Falesia Pierre Taillée” con la frase “Speriamo che piaccia a Davide e che, dovunque sia, si diverta a vederci scalare e inseguire sogni, spinti dalla sua indimenticabile energia e passione per l’arrampicata”. Rosalba e Luigi Guerci, i genitori di Davide, espressero il desiderio di lasciare un significativo ricordo del loro caro con la costruzione di un edificio destinato al CAI, alla montagna, alla città. Si avviarono i con64
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tatti con l’Amministrazione Comunale, viene individuata l’area dei giardini Aldo Moro e, nel 2003, su progetto dell’ing. Giovanni Angeleri e l’intervento dell’impresa edile Francescato, con la direzione di Enzo Francescato, motivato da grande passione e competenza, iniziarono i lavori. La Sezione intanto cercava di dare valore al ruolo della montagna come luogo da conoscere ed Famiglia Guerci esplorare per gustare i suoi paesaggi, la sua storia, le sue bellezze. L’attività escursionistica, che aveva già avuto il suo sviluppo negli anni precedenti, si rafforzò nel decennio 2000-2010 con un programma annuale e una scelta di percorsi vari e accessibili a un numero sempre crescente di partecipanti. Ogni anno si ottennero buone presenze nelle escursioni con una scelta di itinerari comprendenti le Valli alpine, le Alte Vie Liguri, l’Appennino ligure piemontese e le colline del territorio. Nei mesi invernali si proseguì con le racchette da neve, le ciaspole. Queste furono il primo mezzo Davide Guerci, il 10 Agosto 2000 sulla via Contamine inventato dall’uomo per del Monte Bianco, punta Lachenal. muoversi sulle nevi. Oggi, migliorate tecnicamente, permettono di affrontare anche escursioni impegnative con dislivelli notevoli. Andar con le ciaspole è un’esperienza che permette di immettersi nella “bianca” natura assaporando il silenzio dei boschi, la lentezza delle salite, l’ebrezza delle discese, lasciando libere le emozioni. 65
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Notevole successo ebbero le escursioni di più giorni, le Alpi Apuane, le Calanche di Marsiglia, la Sicilia e tante altre. Larga adesione si ebbe anche nei gruppi di escursioni nelle Dolomiti con pernottamenti in albergo oppure nei rifugi e continuò l’attività sulle Vie Ferrate. L’iniziativa per la realizzazione della struttura polivalente in memoria di Davide, con il cospicuo finanziamento della famiglia Guerci giunse verso la conclusione. Fu completata con l’intervento del Comune, divenendo bene comunale e dato, con convenzione, in gestione al CAI. Il Palaguerci, così fu intitolata la costruzione, venne inaugurato il 25 Archivio CAI Valenza
Marzo 2005: verso il col Citrin, Gran San Bernardo, con le racchette da neve. Da sinistra in piedi: G. Cresta; D. Bosi; M. Accorsi; R. Giunta; R. Cassola; L. Villasco; M. Varona; P. Levati; S. Sisto; F. Raselli; G. Sisto; M. e T. Lava. In basso: G. Lucardi; A. Baglioni; G. Indri; B. Grassi; E. Tassisto.
marzo 2006 diventando, oltre che un presidio importante in una bella zona verde di Valenza, un luogo di incontro e aggregazione con sala conferenza, biblioteca, palestra di arrampicata, bar e servizi vari a disposizione della città. La nuova sede diede al CAI altro slancio e rafforzata iniziativa. Si intensificarono i rapporti con le Scuole grazie alle escursioni guidate sia in montagna che nelle nostre colline. Intensa divenne la collaborazione, con l’utilizzo dei locali del 66
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19/9/2000, traversata Cervinia-Val D’Ayas sotto il ghiacciaio del Ventina. Archivio CAI Valenza
25/3/2006: giardini Aldo Moro, inaugurazione del Palaguerci. 67
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Palaguerci, con le Associazioni culturali e di volontariato, UNITRE di Valenza e di Alessandria, famiglie e altre realtà del territorio. Con un lavoro durato cinque anni, grazie alla guida di Giovanni Omodeo, si realizzò la segnaletica di 14 sentieri nelle nostre colline con uno sviluppo di 194 chilometri, dalle colline al Po, in collaborazione con il Parco Fluviale del Po e dell’Orba. Grande successo ebbe la pubblicazione della Carta dei Sentieri, iniziativa assai apprezzata e utile per il rilancio turistico-ambientale del nostro territorio. Molti furono gli appuntamenti culturali con proiezioni e incontri con Archivio CAI Valenza scrittori, studiosi, alpinisti fra i quali le Guide Abele Blanc, Marco Camandona. Le iniziative svolte in occasione del trentacinquennale della Sezione CAI di Valenza, volute dall’attuale Presidente Fausto Capra e caldeggiate da tutto il consiglio direttivo, ebbero una grande partecipazione. Di alto livello furono gli incontri con le Guide Marco Cunaccia e Simone Origone, recor27/1/2009: al Teatro Sociale il grande alpinista dman mondiale del Km “Gnaro” Silvio Mondinelli con Rosalba Guerci. lanciato, lo scrittore Roberto Mantovani. Straordinaria fu la serata al Teatro Sociale con la presenza di Gnaro Silvio Mondinelli, grande alpinista, uno dei sei scalatori in assoluto ad aver raggiunto, senza l’uso di bombole di ossigeno, tutte le 14 vette più alte del mondo. Abbiamo tracciato un percorso di oltre sessantanni. Rimangono ancora tanti personaggi da ricordare, raccontando le loro storie. Lo faremo nella seconda parte. Il viaggio affrontato ha seguito le tracce di tanti uomini, giovani e meno giovani, qualcuno non c’è più, ma sono ancora visibili le orme di tutti su salite, colli, pareti, cime, ghiacciai, alte vie, vie ferrate e sentieri. Sì! Scarponi in ordine, zaino pronto, è proprio un sen68
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tiero che ci aspetta per andare sui monti e ritrovare ancora altre volte, come in un giorno di festa, la condizione di essere felici.
MONTAGNA e CAI Riflessioni di Annibale Salsa, antropologo e Presidente Generale del Dal campeggio alla conquista della Dufour. Agosto CAI dal 2004 al 2010
2010: M. Capra; R. Cassola, con la guida N. Corradi, partiti dal campeggio Don Pietro sono sulla punta Dufour, m. 4634, seconda cima europea. Agosto 1955 altri giovani partirono dal campeggio e, in diverse cordate, salirono alla Dufour.
I montanari e gli alpinisti appartengono a due ambiti culturali distinti già a partire dalla data di nascita dell’alpinismo, il cui battesimo ufficiale è segnato dalla prima salita al Monte Bianco (1786). Il montanaro Balmat ed il medico Paccard ne sono la rappresentazione più concreta. Al di là del fatto di cronaca, i due savoiardi sono portatori consapevoli di due mondi diversi, ma in contatto fra loro. Il valligiano è espressione di un vissuto tradizionale della montagna declinato sul piano della quotidianità e della sussistenza economica. Il medico, di una visione del mondo del tutto innovativa, improntata alla rivoluzione scientifica delle “magnifiche sorti e progressive”. Per il primo, la montagna esiste “da sempre” come terreno da Famiglia Bajardi cui ricavare risorse di vita, per il secondo la montagna esiste come terreno da esplorare e da “inventare”. Ecco, quindi, delinearsi due diversi approcci alla montagna che accompagneranno, attraverso più di due secoli, due percorsi distinti ma interdipendenti. Agosto 2002: Triestina e Maria Bajardi, madre e fiIl medico di Chamonix glia, sulla cima del Monte Bianco. 69
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aveva respirato il clima illuministico degli ambienti scientifici della capitale del Regno. Nella vecchia Torino si stavano diffondendo le nuove idee all’interno del mondo accademico. Spesso si attribuisce agli Inglesi la primogenitura di tale visione del mondo alpino ed alpinistico. Ci si dimentica, invece, che sono gli ambienti scientifici ginevrini di Horace Benedict De Saussure e torinesi del dottor Paccard, suddito sabaudo del vecchio Piemonte, alle origini di tale rivoluzione copernicana. Non sarà un caso che, pur dopo la nascita del primo Club Alpino di Londra nel 1857, Torino riprenda il ruolo di protagonista nella “re-invenzione delle Alpi” con la fondazione del CAI nel 1863 ad opera di scienziati e studiosi. Da ora in poi il legame fra montagna ed alpinismo diventerà un fatto indissolubile per più di un secolo. Oggi Archivio CAI Valenza esiste il rischio, però, che tale cordone ombelicale si allenti sotto la spinte di tendenze modaiole generatrici di pericolose dissociazioni fra montagna ed alpinismo. Gli eccessi del tecnicismo arrampicatorio, la cultura dominante 2005: le guide di Valtournenche in visita al cantiere del di tipo agonistico Palaguerci. Da sin.: Giovanni Ceva; Albino Pellissier; Ar- e competitivo, mando Perron; il decano delle guide Ferdinando Gaspard; spingono verso Corrado Gaspard; Giovanni Omodeo; Pierino Barmasse e orizzonti artificiaEnzo Francescato. li e virtuali che rischiano di produrre surrogati alla montagna reale. Quest’ultima è, infatti, la migliore metafora della vita, segnata dall’alternanza fra fatica e soddisfazione. La montagna è uno scrigno di valori ecologici, estetici, etici ed educativi. Essa insegna la cultura del limite in senso oggettivo e soggettivo, in un mondo bombardato di messaggi che inneggiano al no limits. Messaggi che, purtroppo, fanno breccia anche nella comunità alpinistica e dei frequentatori della montagna. I molti incidenti che ne funestano la cronaca trovano le loro ragioni in questa 70
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“sub-cultura della fretta” che non tiene più conto dei cicli naturali. Per tali ragioni la montagna si presta, più di altri ambienti, ad usi retorici che ne snaturano l’essenza. Il Club Alpino, fondato sulla base di quei principi di conoscenza del territorio e del terreno delle montagne, non può abdicare a questa sua funzione culturale. E’ compito delle Federazioni sportive e non dei Club Alpini, che con le attività sportive agonistiche hanno ben poco da spartire, ricercare le performances atletiche. Oggi i giovani hanno un grande bisogno di riappropriarsi della conoscenza del territorio di cui, non per colpa loro, sono diventati analfabeti. L’esplorazione dei luoghi dovrebbe seguire un criterio diffusionistico che, a cerchi concentrici, muova dai propri dintorni e gradualmente raggiunga le montagne più lontane ed elevate. AnArchivio CAI Valenza che le Sezioni CAI non di montagna, come quella di Valenza, hanno innumerevoli occasioni per confrontarsi con territori di prossimità quali sono le colline del Monferrato o i rilievi dell’Appennino Ligure-Alessandrino. Gli scopi statutari origi- Il Presidente Generale del CAI Annibale Salsa a Valenza in nari del Club Alpi- occasione dell’inaugurazione escursionistica dei sentieri tracno sono finalizzati ciati dal CAI: “Le colline e il Po di Valenza”. proprio a “far conoscere le montagne e ad agevolarvi le escursioni, le salite e le esplorazioni scientifiche”. La loro attualità, nonostante i cambiamenti sociali e di costume che innervano la Storia, resta immutata e granitica come le rocce del Monte Bianco da cui il viaggio di “reinvenzione” moderna della montagna è partito.
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