VALENZA E LA MONTAGNA. Terza parte. di Giorgio Manfredi Annibale Salsa, antropologo e presidente generale del CAI dal 2004 al 2010, è intervenuto con uno scritto a “Valenza e la montagna” (1); richiamo alcune delle sue riflessioni, per introdurre l’ultima parte della mia ricerca: “La montagna è uno scrigno di valori ecologici, estetici, etici ed educativi. Essa insegna la cultura del limite in senso oggettivo e soggettivo, in un mondo bombardato di messaggi che inneggiano al no limits. Messaggi che, Archivio CAI Valenza purtroppo, fanno breccia anche nella comunità alpinistica e dei frequentatori della montagna. I molti incidenti che ne funestano la cronaca trovano le loro ragioni in questa “sub-cultura della fretta” che non tiene più conto dei cicli naturali. Per tali ragioni la montagna si presta, più di altri ambienti, ad usi Annibale Salsa, già Presidente Generale CAI, Antonio retorici che ne snatura- Rota del CAI di Casale e Gianfranco Garuzzo già no l’essenza.(……..). membro del comitato direttivo centrale CAI sui sentieri delle colline valenzane. Oggi i giovani hanno un grande bisogno di riappropriarsi della conoscenza del territorio di cui, non per colpa loro, sono diventati analfabeti. L’esplorazione dei luoghi dovrebbe seguire un criterio diffusionistico che, a cerchi concentrici, muova dai propri dintorni e gradualmente raggiunga le montagne più lontane ed elevate. Anche le Sezioni CAI di non montagna, come quella di Valenza, hanno innumerevoli occasioni per confrontarsi con 1) Valenza e la montagna. Prima parte, Valénsa ’d’na vòta 25/2010- pag.69. 163
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territori di prossimità quali sono le colline del Monferrato o i rilievi dell’Appennino Ligure-Alessandrino”. Quando pensiamo alla montagna, lasciamo i nostri territori per andare verso altri, più o meno lontani. Annibale Salsa ci invita a frequentare e valorizzare “territori di prossimità”, come le nostre pianure e le nostre colline, nei luoghi dove abitiamo. Questa scelta, come per la montagna, richiama l’esperienza del camminare, una attività fondamentale nella vita che coinvolge il fisico, la mente e lo spirito di ogni uomo. Camminare e pensare, molto spesso, sono attività coincidenti. Camminare aiuta a respirare meglio, a cercare, anche se non si è tra i monti, la compagnia di altre persone abituate ad alzare lo sguardo e a respirare forte. Credo profondamente che camminare generi una modalità del vivere che sprigiona condizioni liberatorie ed appaganti: il camminare ha fatto sempre parte dell’esperienza umana. Questa modalità di viaggio antica sta conoscendo un nuovo interesse, cresce il numero di quelli che la praticano non solo per sport. Fra i cambiamenti che l’attuale momento porta con sé sta nascendo un modo nuovo di gestire il proprio tempo. Sempre più la gente cammina e dedica alcune ore della propria quotidianità a percorrere zone limitrofe alla propria abitazione cercando percorsi all’aria aperta fra la natura. Uomini, donne, e fortunatamente anche molti giovani si vedono viaggiare a piedi, attraversano strade e sentieri, passo dopo passo, confidando solo nelle proprie forze. Sperimentano così un senso di appagamento e di appartenenza a una nuova aristocrazia: quella di chi è padrone del proprio tempo. Sta diventando un fenomeno di costume la cui diffusione è forse causata anche dalle crisi in corso. E’ confortante però che ormai molti scoprano una nuova forma di vivere che arricchisce e gratifica. Una profonda riflessione la suggerisce Paolo Rumiz (2), scrittore, viaggiatore a piedi, in treno, in bicicletta, in barca, che ama viaggiare lentamente e con la gente comune per scoprire e raccontare luoghi e persone con le loro storie. Così afferma: “Il paese è in fregola. Ha voglia di andare. Troppo a lungo ricurva è stata la sua schiena, troppo umili e chine le sue teste. Una volta esistevano i frontali tra automobili, oggi 2) Paolo Rumiz ha scritto molti libri, l’ultimo dei quali “A piedi”, Feltrinelli, 2012, narra il suo viaggio a piedi attraverso l’Istria da Trieste a Capo Promontore. Nell’estate 2012 ha percorso in barca il Po fino al delta con il nostro concittadino Angelo Bosio che l’ha ospitato più volte nella sua baracca sulle sponde valenzane del grande fiume. 164
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abbiamo i frontali tra persone armate di cellulare. In treno, troppa gente guarda un display anziché il paesaggio che scorre al finestrino. Si comincia già da bambini a usare il pollice su un touch screen, invece che ascoltare una fiaba che dice “cammina”. E’ la degenerazione della specie. Il ritorno alla scimmia. E’ ora di dire basta. Le scarpe vendicatrici ritornano! Non quelle per apparire, ma quelle per masticare chilometri, battere il tamburo della terra, sentirne la voce oscura, scollinare, guardare lontano, respirare profondo come una prateria col maestrale. E’ un segno rivoluzionario, Alessandro Scillitani perché il Potere, lo stesso che ci ha resi pronti all’opportunismo e al baciamano, ci vorrebbe ancora più chini. Il Potere sa che l’uomo immobile non sogna, non canta e non legge più, diventa piatto e sottomesso, e questo è esattamente ciò che vuole da lui, per meglio derubarlo di ciò che Dio gli ha dato gratuitamente, e rifilargli poi cose inutili a pagamento. Chi cammina, invece fa la rivoluzione perché capisce l’imbroglio, parla con gli altri uomini, li aiuta a reagire e a indignarsi contro questa indeco-rosa rapina. Il solo Lo scrittore Paolo Rumiz con Angelo Bosio sul Po. fatto di mettere un piede davanti all’altro, di questi tempi, è una dichiarazione di guerra alla civiltà dello spreco. Ai padroni dell’economia non piace che l’uomo si muova con le sue gambe, perché sanno che l’uomo che si alza e cammina è una persona pensante, critica, che si guarda attorno, controlla il territorio, incontra le persone e sa far rete con i suoi simili.” La sezione CAI di Valenza ha dedicato gli anni più recenti della sua attività, dai primissimi anni duemila, a studiare le varie mappature delle carte del territorio che si estende dalle colline al Po in un’alternanza di luoghi con modeste ma pittoresche alture e di altri pianeggianti attraversati dal fiume Po. Un gruppo di volontari del CAI guidato dal vice 165
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presidente Giovanni Omodeo ha messo in atto un’esplorazione accurata in tutte le zone del territorio che interessa, oltre Valenza, i comuni di Alessandria, Bassignana, Bozzole, Montecastello, Pecetto, Pietramarazzi, Pomaro, Rivarone e San Salvatore. Con un lavoro paziente, accompagnato da numerosi sopralluoghi, sono stati individuati 14 sentieri, tracciati e segnalati, con la numerazione prevista dai regolamenti che Archivio CAI Valenza fanno capo alle istituzioni competenti, compreso il Club Alpino Italiano Nazionale. Ne è scaturita una rete di percorsi che si allungano, si incontrano e fra loro si intrecciano, favorendo una piacevole possibilità di immersione nelle bellezze, nei colori della natura che anche il nostro territorio può offrire. I sentieri si snodano per circa 140 chilometri e sono percorribili per escursionismo, mountain bike e brevi passeggiate. Il CAI di Valenza ha realizzato, in collaborazione con il Comune di Valenza, la Provincia di Alessandria, la Regione Piemonte, il Parco Fluviale del Po e dell’Orba e la Fondazione Cassa di RisparGiovanni Omodeo, vice presidente del CAI mio di Alessandria, una carta di Valenza appone le targhe di numerazione dei sentieri in scala 1:25000 dei sentieri. che è a disposizione di tutti coloro che amano camminare, esplorare, gustare la natura. L’iniziativa inoltre, contribuisce a valorizzare e portare a conoscenza una serie di antiche vie di comunicazione stradali tracciate nel territorio valenzano. Oltre al valore paesaggistico esse conservano i ricordi di un lungo passato colmo di storie, popolazioni, personaggi, ma anche di invasioni e battaglie, richiamando la loro memoria. Sono tanti gli avvenimenti che si sono succeduti sulle colline che circondano la nostra città 166
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e “Valénsa ’d’na vòta” li ha raccontati e illustrati nelle edizioni passate con continuità e rigore. Molti di essi sono avvenuti nella zona della Strada della Serra che si snoda da ovest a est, nel nucleo centrale del territorio che ci interessa. La Strada della Serra (Valénsa ’d’na vòta 14/1999-pag.49) nasconde vicende ed eventi storici in gran parte oggi dimenticati ma che, all’epoca in cui si svolsero, segnarono in modo significativo l’esistenza della popolazione locale. Innanzi tutto è bene sottolineare come si parli di “strada” della Serra e non di semplice cabiana. Ciò sta ad indicare l’antica importanza di questa via di comunicazione, tracciata probabilmente in epoca alto-medioevale per unire i borghi di Montecastello, San Salvatore e Lu (già sede della LV legio in epoca tardo romana). Attraverso le colline allora ricoperte da boschi di rovere e latifoglia, evitando accuratamente le pianure allora sede di paludi ed acquitrini. La prima testimonianza cartografica la troviamo in una carta piemontese del XVIII secolo esistente presso l’archivio nazionale di Alessandria e in un coevo esemplare di pianta topografica rilevata dal genio francese durante la guerra di successione austriaca del 1745. Da queste interessanti tavole notiamo come la Serra è cartografata quale strada di una certa importanza all’interno della rete viaria del regno di Sardegna: dai guadi sul Tanaro la strada si snodava sulla linea di cresta delle colline sino a Verrua Savoia e quindi a Torino. Se le principali vie commerciali andavano dal mar Ligure alle Alpi, ossia da nord a sud e viceversa, la Serra univa Torino con i confini orientali del regno e si presentava come un lungo asse di arroccamento su cui erano posti i principali dispositivi difensivi sabaudi contro un attacco da est: Torino, Verrua, Alessandria, Tortona. Non fu quindi un caso che nel 1215 gli alessandrini utilizzassero la Serra per tendere un’imboscata all’esercito casalese nelle boscaglie del Clorio; i Piemontesi, il 27-28 settembre 1745 sconfitti alla battaglia di Bassignana percorsero la Serra in ritirata verso Torino, facendo terra bruciata sul loro cammino. E nella primavera del 1746 i soliti Piemontesi (ciò dimostra l’interesse del genio sabaudo su questa strada) con una azione da blitzkrieg si incamminarono lungo la Serra per liberare Alessandria dall’assedio francese. La “via dei cannoni” della Val Maira trova nella Serra una degna consorella! E non fu un militare spagnolo, in forza ad uno dei tanti eserciti che devastarono l’Europa nel XVI e XVII secolo, a cadere in quel pozzo ora inserito nel Santuario della Madonna del Pozzo mentre 167
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transitava lungo la Serra? A quanto sembra anche i Francesi nel 1799 e nel 1800 la percorsero più volte con i loro eserciti. Cambiati i modi di fare la guerra e cambiate le esigenze strategiche del settore, la Serra non aveva più ragione di esistere e fu consegnata al ruolo di strada cantonale. Ma, se pur asfaltata o ridotta a sentiero, esiste ancora. E per gli abitanti Archivio CAI Valenza dei luoghi che questa via attraversa, essa rimane la “strada di Napoleone” a ricordo degli eventi che l’hanno vista testimone e partecipe. Oggi la si ripercorre in escursione attraversando la cresta collinare in un lungo piacevole tracciato che domina l’intero territorio. Si segue la strada militare della Serra che si snoda prevalentemente lungo la linea di cresta delle colline. Il tracciato consentiva al viandante di compiere discrete distanze senza dovere affrontare dislivelli superiori ai 50 metri. Il fondo stradale era sicuramente in terra battuta, sostituita ora solo parzialmente da tratti di strada asfaltata. La particolare posizione della via consente al passante di spaziare con lo sguardo dall’Appennino piacentino al massiccio del monte Rosa. Il La carta dei sentieri CAI valenzani. percorso ha inizio nell’abitato di Montecastello più precisamente dal piazzale nei pressi del monumento ai caduti. Si segue la strada asfaltata che aggira la rupe del duecentesco castello sino ad incrociare la via per Pietramarazzi. Poco dopo sulla sinistra si imbocca un viottolo sterrato che con un percorso in leggera pendenza porta sulla sommità di una collina sormontata da un ripetitore (bricco di Montalbano). Chi vuol godere uno dei panorami 168
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più belli della zona deve salire di trenta metri sulla destra fino alla vetta vera e propria del colle (vedute su Alpi occidentali, Appennino ligure e piacentino, pianura di Tortona e Monferrato). Questo percorso incontra alcuni dei sentieri tracciati: qui li elenchiamo, nella loro totalità, sperando che possa nascere attenzione e interesse in molti, stimolando il desiderio di gustare bellezze naturali, accompagnate dal richiamo del ricordo di tanti avvenimenti. 601 Valenza – Montecastello 603 Valenza – Rivarone 605 Anello di Valenza 607 Rivarone – San Salvatore Monferrato 609 Valenza – ponte di ferro – Rivalba 611 Valenza – San Salvatore Monferrato – Fonte di Monte 613 Fiondi – Mugarone – Rivarone 615 Valenza – Mugarone –Bassignana – Rivarone 617 Fonte di Monte – Pomaro - Monte – Fonte di Monte 619 Montecastello – Pietramarazzi – Pavone – Montecastello 621 Montecastello – Antenna – Pian della Madonna – Fiondi – San Bernardo – Antenna – Montecastello 623 Sentiero naturalistico di Pecetto A 625 Sentiero naturalistico di Pecetto B 627 Sentiero naturalistico di Pecetto C Come la vasta zona percorsa dalla Strada della Serra anche altri luoghi, attraversati dai sentieri tracciati, conservano memorie storiche che “Valénsa ’d’na vòta” ha richiamato, raccontandole nel tempo. Sul sentiero 603 si incontra la villa Il Calvario che fu la residenza estiva dell’Ambasciatore Vittorio Cerutti, uno dei più importanti diplomatici nella storia di Valenza. (vedi Valénsa ’d’na vòta 16/2001-pag.86) (3), si passa anche nei pressi di villa Pastore (Vdv 23/2008-pag.8). Il sentiero 605, con la strada Molinello Gazzolo, corre a fianco della cascina Morosetti, che fu l’abitazione di Vincenzo Morosetti, uno dei fondatori dell’oreficeria valenzana (Vdv 10/1995-pag.85), inoltre incontra, più in alto sulla collina, villa Ceriana, residenza estiva della famiglia Ceriana che aveva fondato a Valenza le Filande e poi la banca omonima (Vdv 12/1997-pag.65). Sempre il 605 si snoda nei pressi di villa Pravernara (Vdv 11/1996-pag.37), villa del Pero (Vdv 12/1997-pag.75) e villa 3) Successivamente Vdv. 169
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Voglina della famiglia Abbiati (Vdv 8/1993-pag.78). Il sentiero 611 sfiora la cascina Bianca Stanchi che già nel ’600 era un quartier generale degli eserciti assedianti (Vdv 4/5/6), successivamente incontra villa Gropella della famiglia Vaccari, con il suo grande parco (Vdv 5/1990pag.71), villa Astigliano, prima dei Ceriana, poi, per via ereditaria dei Badini Confalonieri (Vdv 9/1994-pag.65), quindi villa Rosa, una delle ville più antiche di Valenza (Vdv 24/2009-pag.45). Archivio CAI Valenza
Una escursione di gruppo del CAI di Valenza sui sentieri delle nostre colline.
La cascina Capriata (Vdv 11/2000-pag.34) che era una delle innumerevoli proprietà della famiglia del Marchese Camillo Capriata, presente in tutte le carte antiche di fine ’600, si incontra percorrendo il sentiero 615 che poi giunge al Castello delle Oche (Vdv 25/2010-pag.16), che è stato il quartier generale degli eserciti assedianti. Il sentiero 617 raggiunge le Terme di Monte Valenza (Vdv 12/1997-pag.204) mentre la casa dell’Orefice (Vdv 20/2005-pag.55) che era la residenza estiva della famiglia Clerici, si supera camminando sul sentiero 625. Infine con il sentiero 627 si percorre la zona Sabbione Montariolo, attraverso i luo170
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ghi nei quali si erano insediati sia gli eserciti assedianti, sia quelli di soccorso che erano in difesa della città, nei pressi del Bric d’Nadalì (Vdv 24/2009-pag.82). “A questo punto non resta che “mettersi in cammino”, in cammino con la locale Sezione CAI, perché ormai da anni è una realtà.”, così commenta Fausto Capra, Presidente della Sezione CAI di Valenza Davide e Luigi Guerci. “Come abbiamo constatato, scorrendo le pagine della storia del rapporto tra i valenzani e la montagna, la sezione ha permesso di raggruppare e rendere omogenee tutte quelle iniziative spontanee esistite da sempre. Con la costituzione della Sezione Cai tutti i cittadini, che hanno voluto, hanno potuto avere un punto di riferimento, dove “il camminare” non è stato un metter il piede avanti all’altro, ma ha costituito un momento di aggregazione, di socialità; si è potuto non tanto camminare per svolgere soltanto un salutare esercizio, ma incamminarsi con altri per raggiungere traguardi che non erano costituiti dalle mete occasionali, ma erano finalizzati alla conoscenza di luoghi, persone, storie, tradizioni, territori, culture. Negli ultimi anni l’operosità del Cai valenzano ha permesso l’instaurarsi di un rapporto particolare anche con altre realtà cittadine, quali le Istituzioni Pubbliche, le scuole e diverse aggregazioni socio-culturali, rapporti forieri di ulteriori e migliori traguardi, che non mancheranno di essere raggiunti se faremo tutti parte della medesima…cordata.” Termina qui il mio racconto su Valenza e la montagna che è anche una ricerca dei luoghi dello spazio, della mente e dell’anima; un percorso inutile secondo le logiche dominanti, non per donne e uomini pensanti che si sentono spinti dal desiderio della viandanza, del camminare. Camminare: la bellezza di un’esperienza che apre alla novità, allo stupore, sollevando il nostro essere. Il passo, unito al battito del cuore e al respiro, diventa ritmo, dà una cadenza superiore ai nostri sentimenti ed alle nostre parole. E’ camminando che vengono le folgorazioni, le immagini e le metafore, si miscelano i pensieri in modo più originale. E poi, una salita ad una cima di montagna o una camminata su colline e pianure possono donare frammenti di libertà e la gioia di una festa.
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