Federico Soregaroli architetto portfolio
Federico Soregaroli Viale Europa 72/L 25133 Brescia Italia federico.soregaroli@gmail.com +393386795673 http://issuu.com/federicosoregaroli/docs/federico_soregaroli_portfolio Autorizzo il trattamento dei dati personali sopra riportati ai sensi del d.lgs. 196/03
Indice
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CURRICULUM VITAE
PROGETTI 7
Concorso Internazionale di Progettazione. Padiglione per l’infanzia a Porta Garibaldi
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L’anfiteatro di Milano. Architettura, Archeologia, Progetto
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Milano Bovisa Politecnico. Progetto per la Stazione ferroviaria
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La Darsena e i Navigli. Progetto per il Mercato comunale
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Pearl River Delta. Considerazione sulla città di Shenzhen
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Padiglione Milano Politecnica. WA 2012 Scuola di Architettura Civile
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Giuseppe Samonà a Venezia. Analisi e ridisegno della sede INAIL presso San Simeone piccolo
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Il Vantiniano a Brescia. Restauro di un’ala del cimitero monumentale
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Il Disegno come conoscenza.
Curriculum Vitae
Federico Soregaroli
INFORMAZIONI GENERALI Indirizzo
Viale Europa 72/L, 25133 Brescia BS
Telefono
+390302006470
Cellulare
+393386795673
E-mail Data di nascita
federico.soregaroli@gmail.com 19 agosto 1987 FORMAZIONE E LAVORO
ottobre 2013 oggi
Collaboratore alla ricerca-didattica Laboratorio di Progettazione architettonica (Prof. Daniele Vitale) Facoltà di Architettura Civile, Politecnico di Milano.
marzo 2014 aprile 2014
MORE. - Moretti spa via Gandhi 9, 25030 Erbusco (BS) Architetto
marzo 2014 aprile 2014
Maxi Dolphin via Gandhi 9, 25030 Erbusco (BS) Architetto-Grafico
settembre 2010 ottobre 2013
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Laurea Magistrale in Architettura Facoltà di Architettura Civile, Politecnico di Milano. valutazione: 110L/110
febbario 2012 marzo 2012
Workshop 150° Politecnico di Milano Padiglione per i 150 anni del Politecnico gruppo: Prof. Angelo Lorenzi
ottobre 2009 febbraio 2010
Gruppo Associato Paterlini via Trento 15/i, 25128 Brescia Stage
settembre 2006 luglio 2010
Laurea Triennale in Scienze dell’Architettura Facoltà di Architettura Civile, Politecnico di Milano. valutazione: 101/110
settembre 2001 luglio 2006
Diploma Scientifico Istituto Franciscanum Luzzago, Brescia. valutazione: 79/100
COMPETENZE LINGUISTICHE Italiano Lingua madre Inglese UK Toeic Test, livello C1 MOSTRE E PUBBLICAZIONI aprile 2013
gennaio 2011
novembre 2008
Il Quartiere di Bovisa a Milano. Trasformazioni recenti e progetti per la stazione e la sua zona. Convegno - Mostra ,Politecnico di Milano, Via Durando 10 Spazio mostre Aula De Carli. “L’architettura del teatro” di Dario Fo e Franca Rame Lezione-Spettacolo, Politecnico di Milano, Via Durando 10 Aula De Carli (Lavori in corso)per un Hub della conoscenza & Bovisa. Mostra, Via Lambruschini 36, Milano BaseB CONOSCENZE INFORMATICHE Mac OSX - Microsoft Windows Ottimo Microsoft Office (Word, Excel, PowerPoint) Ottimo Autocad 2D-3D Ottimo Adobe Suite (Photoshop, Illustrator, InDesign) Ottimo Sketchup Buono CAPACITA’-INTERESSI PERSONALI Mi sono da poco laureato presso la Scuola di Architettura del Politecnico di Milano con una tesi inerente ad un’area archeologica posta all’interno del quartiere di Porta Ticinese in Milano. Attraverso il mio percorso universitario ho avuto la possibilità di entrare in contatto con una serie di figure professionali differenti. I concorsi d’architettura, le mostre allestite, le esperienze lavorative, alle quali ho potuto partecipare, vertono temi d’architettura completamenti diversi sia per argomento che per scala. In questi anni, oltre a sviluppare un metodo sia di studio che di tipo lavorativo, ho maturato buone capacità organizzative nello svolgimento di lavori di carattere singolo ma anche di gruppo, anche in situazione di scadenze ravvicinate. Oltre al mondo dell’Architettura, sono appassionato di pittura, scultura, grafica, fotografia, musica, e di tutte quelle forme che potremmo definire artistiche. 4
Progetti
“I nostri occhi sono fatti per vedere le forme sotto la luce; ombre e luci rivelano le forme; i cubi, i coni, le sfere, i cilindri o le piramidi sono le grandi forme originarie che la luce rivela; la loro immagine ci appare netta, tangibile, senza ambiguità. E’ per questo che sono belle forme, le più belle forme. Tutti concordano su questo, il bambino, il selvaggio, il metafisico.”. Le Corbusier
Concorso Internazionale di Progettazione, Comune di Milano. Padiglione per l’infanzia
Committente: Comune di Milano Località: Parco “Biblioteca degli Alberi” Porta Garibaldi, Milano Architetti: Federico Bogo Erica Croce Maria Pietrogrande Federico Soregaroli Anno 2014
All’interno del nuovo parco la “Biblioteca degli alberi” prende forma il “Padiglione per l’infanzia”, una ludoteca, contenitore di attività educative, ricreative dedicato a bambini con disabilità che permetta loro di fare esperienza di gioco e favorire la socializzazione. Spinta dai vincoli funzionali e dai limiti fisici dell’area la soluzione proposta valorizza appieno la superficie edificabile e, ricalcandone il limite, si eleva per due piani fuori terra. Il progetto è collocato in un’area posta al termine del parco collegata ad altri edifici dalle importanti funzioni pubbliche come la Fondazione Catella e l’incubatore per l’arte. Il progetto prende forma dall’idea di organizzare gli spazi dividendoli in due zone distinte sia al piano terreno che al piano primo. Queste zone si dispongono da una parte e dall’altra lungo la diagonale S-E / N-O del lotto alle cui estremità si collocano due aule circolari che riprendono idealmente la morfologia del parco. L’accesso all’edificio è situato nel lato S-O e definito verso l’esterno da un elemento aggettante in muratura baricentrale rispetto all’asse diagonale fulcro del progetto. Al piano terra le aule rivolte a est, aperte verso il parco, sono destinate alle attività ricreative, motorie, mentre quelle verso ovest, la zona più chiusa e protetta, accol-
gono l’aula destinata al relax e la seconda aula circolare, all’occorrenza completamente oscurabile. All’interno delle diverse stanze sono stati progettati elementi d’arredo fissi che contribuiscono alla separazione degli ambienti. Nel baricentro si collocano i servizi, la distribuzione verticale e come detto, l’ingresso, una zona filtro dotata di armadietti e collegamento diretto alle scale. Al primo piano l’organizzazione degli spazi riprende la divisione lungo la diagonale ai cui estremi si trovano due terrazze in corrispondenza delle sale circolari del piano terreno. La parte verso ovest è dedicata agli spazi per il personale, mentre l’altra, verso est e quindi verso il parco, è destinata ai laboratori e agli spazi per gli incontri con i genitori. All’esterno l’edificio si presenta come una scatola con il coperchio sollevato che svela al piano terreno numerose superfici vetrate, alcune completamente apribili, in grado di creare un rapporto diretto con il parco. Il primo piano è definito invece da una fitta trama di elementi ceramici colorati sui tre lati esterni che ne sottolineano la forma e filtrano la luce all’interno delle sale; questo rivestimento, in parte collocato su una struttura mobile, è pensato apribile in corrispondenza delle finestre e della terrazza attrezzata. 8
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a sinistra Schema progettuale a destra Prospettiva nella pagina successiva Pianta prospettica
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a sinistra Esploso assonometrico a destra Viste interne
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“Col trarre massimo di energia da tutto ciò che ci circonda, favoriremo il processo creativo delle nostre opere, le quali, oltre a non condizionare negativamente l’esistente, lo potenzieranno costruendo un ponte fra passato e futuro: il futuro dipende in parte da noi, come noi dipendiamo in parte dal passato: tradizione è questo perpetuo fluire ed essere moderni è sentire coscientemente di partecipare, come elementi attivi, a questo processo”. Ernesto Nathan Rogers
L’anfiteatro di Milano Architettura, Archeologia, Progetto.
Tesi di Laurea Relatore: Daniele Vitale Corelatore: Antonella Cabassi Località: Milano Studenti: Erica Eleonora Croce Federico Soregaroli A.A. 2012-2013
L’area di progetto ha origine dal Carrobbio, sede dell’antica Porta Ticinensis delle mura romane, si sviluppa lungo l’attuale Corso di Porta Ticinese e si conclude con la porta neoclassica di Luigi Cagnola, in Piazza XXIV Maggio. Ci rivolgiamo cioè a una parte di città, un frammento dai tratti tipologici e morfologici rimasti definiti secondo la loro origine medioevale. Durante la progettazione la Storia ha rivestito il ruolo di interlocutore, ha assolto il compito di sollevare domande e, contemporaneamente, di dar loro una risposta. Il trascorrere del tempo è qui inteso come l’insieme di vicende vissute dalla città, del passaggio di culture diverse, che ha plasmato la forma urbis tramite l’accostamento di elementi omogenei e l’imposizione di entità discordanti. L’immagine che oggi appare agli occhi del visitatore attento o dell’abitante che vive, che passa lungo le sue vie, attraverso i suoi fitti caseggiati o che ammira i suoi solenni palazzi, è il risultato dell’opera della Storia. Simmel sostiene che «Il puro e semplice caso ha deciso quale forma complessiva dovesse nascere dall’intreccio del recente e dell’antico» somma «di ciò che si conserva e di ciò che va in rovina, delle assonanze e delle dissonanze. E poiché tuttavia l’insieme si è sviluppato in modo talmente
unitario, come se una consapevole ricerca della bellezza ne avesse guidato gli elementi, la forza del fascino di Roma nasce appunto da questo ampio e tuttavia conciliato distacco tra la casualità delle parti e il significato estetico del tutto». Esse sono come una sinfonia composta su dissonanze armoniche; personaggi provenienti da origini e vissuti diversi, ma che tramite l’alchimia instaurata tra loro su uno stesso palco, mettono in scena l’opera totale, quale è la città. Ricercando la storia delle origini di Milano si è rivelata la sua vera natura. Città che apparentemente ricostruisce la sua epidermide sulle proprie macerie, risultato del continuo rinnovamento, ma che in realtà conserva all’interno del suo nucleo una trama primordiale. Questa trapela qua e là tra il minuto tessuto medioevale o sotto i severi palazzi neoclassici. Ma, al contrario di Roma, che mostra tronfia le proprie gloriose origini, Milano ha un rapporto più controverso con il suo strato ipodermico. Esso trapela come una ferita del suo tessuto compatto, che sembra sempre cercare di ricucire tali lacerazioni, come tentando di privare d’importanza ciò che è stato, per mettere in maggior risalto il presente, il progresso. 16
Planivolumetrico dell’area di progetto
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Il progetto vuole evocare l’antico assetto morfologico dell’isolato: si è posto un edificio lungo Via Arena e demoliti i fatiscenti edifici sulla Conca, ricostituendo la memoria dell’argine naturale. Il nuovo edificio, destinato a Galleria dell’Antiquarium, vuole calarsi nella città per riportare alla memoria la sua forma urbis. In questo modo la nuova costruzione costituisce un ampliamento del Museo Antiquarium, dedicato all’archeologa Alda Levi e insediato nel convento di Santa Maria delle Vittoria. La galleria, con la sua forma longitudinale, ripetizione continua della sezione trasversale, evoca i caratteri della cortina edilizia di cui occupa il sedime. Il corpo della galleria si inserisce all’interno della città coerentemente col contesto: l’altezza di 13 metri non svetta rispetto al tessuto del Borgo. Il volume è costituito da un basamento, il piano terreno rivestito in materiale lapideo,un fusto, il piano nobile, coi fronti intonacati a calce, e un coronamento, anch’esso lapideo, tipici caratteri dell’architettura neoclassica milanese. Il fronte su strada si percepisce come un muro continuo e chiuso; le aperture, poste nella mezzeria di ogni modulo, sono di piccole dimensione e ad un’altezza tale da non consentire continuità visiva tra interno ed esterno. La galleria, potrebbe proseguire all’infinito; testate terminali la concludono, interrompendola, sporgendo sul corpo di fabbrica, annunciandosi come paraste sui fronti longitudinali. Verso il convento di Santa Maria della Vittoria la testata è scatolare e aperta ed è la scala antincendio a disegnare il fronte. Sul parco, il prospetto dell’edificio della galleria è tripartito: il ritmo è scandito dalle lesene non sempre strutturali e a volte cave per accogliere gli impianti. L’ingresso alla galleria avviene in asse con via Vetere ed è segnato da un pronao ionico tetrastilo sormontato da un timpano. Dietro il pronao, l’atrio d’ingresso al museo si riferisce ad un preciso modello architettonico, il Pantheon. Nella rotonda d’ingresso i tre livelli sono visivamente comunicanti: nel pavimento del piano terreno un oculo vetrato
permette l’illuminazione zenitale dell’antiquarium sottostante, mentre al primo piano la soletta si riduce a ballatoio. Lungo le pareti si aprono una serie di nicchie contenenti esempi di statuaria antica romana. Il percorso espositivo prosegue passando attraverso la biglietteria, evocazione dell’atrio delle domus romane, per giungere alla scala monumentale. Quest’ultima si dirama in tre rampe: le due più strette portano all’antiquarium, mentre la scala d’onore porta al piano superiore. Dal ballatoio delle scale ci si affaccia su una grande stanza a doppia altezza cui si accede dal piano terreno, la sala delle colonne. Il primo piano della galleria è riservato alla statuaria romana. È un grande spazio unitario, suddiviso solo dal rigido ritmo delle travi e dal geometrico disegno dei pavimenti. L’illuminazione zenitale, schermata dalla maglia strutturale, crea uno spazio mistico dove il frangersi della luce sui marmi bianchi delle statue ne risalta la plasticità. Dalla sala ottagonale, per mezzo di una scala secondaria si accede al blocco dei servizi, ripetuto con la stessa area ad ogni piano della galleria; quest’ultima viene di volta in volta adibita a diverse funzioni: deposito al piano antiquarium, laboratorio al piano della città e sala lettura al piano della galleria. Giunti al livello dell’antiquarium, si potrà attraversare uno spazio frammentato, secondo il modulo geometrico, matrice di tutto il progetto. Dalla sala ottagonale dell’antiquarium, attraverso un corridoio si entra nello scavo archeologico. Giunti all’esterno ci si ritrova in un grande invaso, cinto da un alto muro, che custodisce i resti delle fondazioni dell’anfiteatro, evocandone la forma e ricalcandone le dimensioni planimetriche. La forma del recinto progettato mira a colmare il distacco tra le stratificazioni urbane. Il muro che lo costituisce emerge dal terreno per 4 metri e annuncia alla città la presenza di qualcosa di mai visto prima. Un ballatoio corre internamente al muro, esso è il luogo dove il passato viene svelato alla città, dove lo spettatore prende coscienza della memoria del luogo.
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a sinistra Planimetria generale di progetto a destra Piante del museo archeologico -4.40, +0.00, +5.00 m
Sezione dello scavo archeologico
a sinistra Sezione prospettica dell’ ingresso a destra Sezione prospettica trasversale
Sezione dello scavo archeologico nella pagina successiva Sezione longitudinale del museo
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a sinistra Sezione tecnologica del museo a destra Costruzione geometrica dell’Anfiteatro
a lato Ricostruzione in legno di un settore dell’Anfiteatro
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a sinistra Modello dell’area di progetto a destra Modello del settore dell’anfiterato
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“La zona si chiama Bovisa perché all’inizio dell’ottocento c’era un grande macello di buoi ed era detta “Boisa” o “Boiscia”. […] Sono le ferrovie che hanno determinato lo sviluppo della zona, portando qui le fabbriche e le abitazioni anche se le fabbriche, ormai, sono chiuse da tempo. […] La stazione è comunque del tutto estranea alla vita della città e della zona, è come se fosse qui quasi per caso un po’ solitaria e isolata. La gente che abita qui attorno vive la ferrovia come una specie di limitazione, una specie di abbraccio invisibile che la stringe come in un confine invalicabile, si sente insomma tagliata fuori dal resto della città da transenne e binari.”. Paolo Amato, Capostazione a Bovisa
Milano Bovisa Politecnico. Progetto per la Stazione ferroviaria
Docenti: Daniele Vitale Antonella Cabassi Giulio Campaiola Paola Cofano Vassilis Mpampatikos Località: Milano Studenti: Erica Eleonora Croce Federico Soregaroli A.A. 2011-2012
Il tessuto di Bovisa è costituito da grandi complessi industriali, qualche preesistenza agricola e nulla d’altro. I pendolari provengono dai comuni limitrofi o dalla città e per tutti andare a lavorare a Bovisa è come andare a lavorare in un luogo lontano, estraneo alla propria vita familiare e alle proprie origini, la patria di nessuno. A questo sviluppo e a tutto ciò che ne consegue contribuisce anzi, ne è l’elemento d’innesco, la ferrovia. In seguito al depotenziamento industriale, l’area di Bovisa è stata oggetto di una serie di traformazioni del suo tessuto edilizio, causate dalle volontà di dislocare in questo parte di città la nuova sede del Politecnico di Milano. Oltre al sistema universitario, che ha colmato le lacune lasciate dall’industria,la stazione di Bovisa può essere la protagonista prescelta ad assolvere il compito, per la sua funzione e posizione, di edificio cardine di tutto il sistema, luogo di passaggio obbligato e unico collegamento diretto con la città e il territorio. La riqualifica dell’edificio pone le sue idee progettuali sulle nuove necessità e sulle problematiche sociali e morfologiche ormai instauratesi da tempo. Per superare la cesura formata dalla ferrovia, che tutt’ora viene percepita come un ostacolo, un muro tra la Goccia e il quartiere, è stata ideata una
“galleria” che scavalca i binari sfruttando la soletta esistente della stazione, ora spazio libero e chiuso al pubblico, alla quota 3.90 m e creando così un collegamento concreto e percettivo tra i due quartieri. Abbiamo affidato a questo edificio la funzione distributiva, tutti gli spostamenti e gli ingressi avvengono da qui: unisce la quota del terreno alla quota del mezzanino e quindi alla stazione stessa, accoglie e collega la fermata del tram, intercetta i portici di distribuzione verso le funzioni commerciali e amministrative e permette di accedere al nuovo piano sopra il nucleo originario della stazione. Per contrastare il degrado dell’area e dell’edificio stesso abbiamo deciso di restituire una dignità architettonica tramite due stecche funzionali lungo i lati paralleli ai binari e due portici che corrono lungo il lato trasversale appoggiati sempre sulla soletta esistente, permettendo l’affaccio sul parco binari e quindi sul traffico ferroviario. I quattro elementi formano un recinto che cinge il nucleo originario della stazione attribuendole una nuova estetica e creando nuove corti pubbliche che permattano la sosta e quindi la socializzazione. Cercando di vedere il luogo della stazione non più come luogo di transito giornaliero, ma anche di svago e associazione tra i cittadini. 32
a sinistra Planivolumetrico diell’area di progetto a destra Assonometria cavaliera della stazione
Modello di studio
Pianta della stazione alla quota +3.80 m
in alto Prospetto est in basso Sezione longitudinale
Pianta della stazione alla quta +9.05 m
nella pagina seguente Vista prospettica dell’ingresso
“entro la fossa della città i marmi del Verbano, discesi per Ticino e pel Naviglio, - episodio evocato dall’edicola decorata col bassorilievo della Madonna del Duomo, - il triviale ripiego d’una chiusa per superare il soverchio pendio della acque aveva a poco a poco fatto trovare la miràbile invenzione delle conche; per tal modo il Lario per l’Adda, e il Verbano pel Ticino, si riunìvano sotto le mura della città”. Carlo Cattaneo
La Darsena e i Navigli. Progetto per il Mercato comunale
Docenti: Daniele Vitale Antonella Cabassi Giulio Campaiola Paola Cofano Vassilis Mpampatikos Località: Milano Studenti: Erica Eleonora Croce Federico Soregaroli A.A. 2010-2011
L’area presa in considerazione è contraddistinta da tre elementi fondamentali che caratterizzano in modo significativo questa parte di città: la Darsena, il sistema dei Naviglio e la porta neoclassica di Luigi Cagnola. L’idea progettuale si sviluppa intorno a questi elementi, dialogando con essi e allo stesso tempo cercando di rispondere ai questiti che il tempo ha posto. Il sistema progettuale si compone di due elementi ben distinti: una spazio civico, che affaccia su piazza XXIV Maggio e un edificio destinato al nuovo mercato comunale. Ideati come due edifici autonomi, tipologicamente e fisicamente differenti, essi sono collegati da un terzo elemento, una grande tettoia sovrastante. Non solo elemento unificatore, la copertura impone una regola a tutto il progetto tramite il reticolo risultato della nervatura strutturale. Il nuovo mercato stabile comunale si viene a collocare al piano della città e, al piano dell’acqua, una “scatola” per custodire dei resti delle fondazioni delle mura spagnole cinquecentesche in un percorso museale.Il mercato evoca con il suo sedime, l’andamento delle antiche mura spagnole, di cui si possono ritrovare i resti alla quota della Darsena. L’edificio adotta l’impianto tipologico e la distribuzione della stoà. Il lungo prospet-
to porticato, in doppio ordine scandito da setti ritmati di ordine gigante, è rivolto alla Darsena; l’edificio rivolge al viale urbano un fronte chiuso.I setti reggono, in arretrato, le vetrate, la balaustra e il tamponamento del percorso archeologico, che ha anche la funzione di ridefinire architettonicamente e strutturalmente il margine della Darsena ed è interrotto solo da un taglio continuo che permette l’illuminazione naturale della passeggiata archeologica. Alla quota del mercato i setti della facciata determinano anche la scansione delle celle. Al loro interno avviene la distribuzione degli impianti ed ogni stallo è dotata di uno spazio riservato alla compravendita ed uno privato per stoccaggio o servizio. Le due stecche si raccordano in uno snodo distributivo che ha la funzione di vero e proprio cardine della tenaglia formatasi. La posizione e la forma della cerniera sono chiara evocazione del bastione che lì era posizionato e che ora ha lasciato solo vuoto e memoria. Il corpo poligonale si innalza, volume puro sorgente dall’acqua interrotto solo da un loggiato, affaccia verso il Naviglio Pavese. L’edificio destinato a mercato si conclude, con l’arrivo della Conca, attraverso una quinta architettonica, permettendo il collegamento tra la città e la Darsena. 40
Planivolumetrico dell’area di progetto
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Modello di studio dell’area della Darsena
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in alto Prospetto nord in basso Prospetto sud
Pianta del mercato alla quota +3.50 m nella pagina seguente Sezione prospettica del mercato
“Una città priva di storia, che si sviluppa in modo casuale e che non richiede manutenzione. Se è troppo piccola, ha solo bisogno di essere ampliata, se è troppo vecchia, ha solo bisogno di auto-distruzione e rinnovamento [...]: ogni lunedì mattina [la città generica] può svegliarsi con una nuova identità”. Rem Koolhaas
Pearl River Delta. Considerazioni sulla città di Shenzhen
Docenti: Vincenzo Donato Federico Acuto Renato Pugno Località: Guangdong Studenti: Domenica Bona Erica Eleonora Croce Federico Soregaroli A.A. 2011-2012
Il Pearl River Delta (PRD), si colloca all’interno della regione del Guangdong; questo sistema è probabilmete il sistema metropolitano più grande del mondo. La sua particolare condizione geografica e storica la rende differente dalla altre province cinesi, poichè si colloca in corrispondenza delle principali vie di comunicazione e di scambio commerciale. Ne sono un esempio l’arrivo delle più importanti vie della Seta e delle principali vie di scambio marittimo e terrestre. Quindi il Guangdong si è posto come punto cardine delle relazioni commerciali e politiche nei confronti del mondo occidentale. Con l’avvio delle riforme economiche attuate da Deng Xiaoping, alla fine degli anni settanta, la regione ha promosso una crescita urbana ed economica ad alta velocità. All’interno del PRD, area che si estende per circa 42 mila km2,per meglio comprendere circa 2 volte l’estensione della Lombardia, si collocano una serie di metropoli altamente urbanizzate, come Guagzhou (Canton), Shenzhen, Dongguan, Hong Kong e altre 7 città tra cui Macau. Queste sono caratterizzate da un alto grado di interconnessione sia su gomma che su ferro, un’alta densità demografica, produttiva.
Possiamo dire quindi che questa macro area si pone come “motore” trainante del sistema economico e produttivo cinese. L’esempio più eclatante di questo crescita sregolata è riassumibile nello sviluppo frenetico della città di Shenzhen. Carlo Ratti dice: «Quello che impressiona di più è pensare che qui, dove oggi c’è una metropoli grande due volte Milano, all’inizio degli anni 80 c’era soltanto una cittadina di pescatori di 30 mila abitanti.[...] una popolazione giovanissima che ha raggiunto i 4 milioni e mezzo di abitanti e continua ad aumentare in modo esponenziale, una crescita media annua del prodotto inerno lordo del 30%; un porto per container che in due decenni si è affermato fino a superare Amburgo e quasi e eguagliare Rotterdam. E soprattutto una crescita edilizia senza precedenti ». La città è stata trasformata nella prima “zona economica speciale” della Cina, definendola “ una Hong Kong della Repubblica popolare cinese”.
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a sinistra Inquadramento territoriale del Guangdong a destra Foto satellitare del PRD
1990
2010
Migrazione della popolazione dalle campagne verso le cittĂ metropolitane
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PEARL RIVER DELTA Tendenza insediativa
1980 Popolazione: 18.500.000 Pop. urbana: 19% Densità: 334 ab/kmq
1995 Popolazione: 39.200.000 Pop. urbana: 64% Densità: 700 ab/kmq
2010 Popolazione: 65.500.000 Pop. urbana: 86% Densità: 1170 ab/kmq
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PEARL RIVER DELTA Infrastrutture
Sistema ferroviario Linea a binario singolo Linea a binario doppio Corridoio Alta Velocità Corridoio espresso di inter-aeroportuale Stazione Alta Velocità Linea in costruzione Linea di 2° attuazione Linea approvata Linea in progetto
Sistema viario Autostrada a pedaggio Strada ad alta percorrenza Strada primaria Linea in costruzione Linea in progetto
Sistema delle acque Porti principali Porti fluviali principali Porti fluviali secondari Aeroporti
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SHENZHEN Infrastrutture urbane
Sistema viario Autostrada a pedaggio
Strada ad alta percorrenza
Strada primaria
Linea in costruzione
Linea in progetto
Sistema metropolitano Linea in esercizio
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Stazione
Linea in costruzione
Linea in progetto
SHENZHEN Insediamento
F.A.R. floor area ratio 2
2
(m superficie costruita / m superficie coperta)
Ecologia delle funzioni Pubblico e amministrazione UniversitĂ Scuole superiori e college
Biblioteche principali Teatri Musei Attrezzature sportive
Commercio e terziario Industria Aree portuali Dogane
Depositi municipali Impianti tecnici Aree a sviluppo libero Residenza
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“Potrei dirti di quanti gradini sono le vie fatte a scale, di che sesto gli archi dei porticati, di quali lamine di zinco sono ricoperti i tetti; ma so già che sarebbe come non dirti nulla. Non di questo è fatta la città, ma di relazioni tra le misure del suo spazio e gli avvenimenti del suo passato […]. Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee di una mano”. Italo Calvino
Padiglione di Milano Politecnica. WA 2012 Scuola di Architettura Civile
Docenti: Angelo Lorenzi Maria Cristina Loi Gabriele Milani Giulio Campaiola Marco Pellavio Località: Milano Studenti: Mauro Bozzarello Valentina Buratti Ludovica Cappelletti Federico Castelli Greta Cevenini Martina Cinelli Erica Croce Giulia Losio Margherita Lupotto Federico Soregaroli A.A. 2011-2012
Il tema affrontato durante il Workshop è stato quello del padiglione espositivo per il 150° del Politecnico di Milano. Il progetto, oltre a confrontarsi con il tema del padiglione, vuole relazionarsi con il luogo nel quale viene a posizionarsi. Oltre alla piazza Leonardo da Vinci, la proposta progettuale cerca di creare una relazione sia planimetrica, che visiva, con la Cittadella degli studi disegnata da Gaetano Moretti. L’idea progettuale non vuole individuare un unico luogo all’ interno della piazza nel quale collocare l’edificio, ma vengono individuate tre aree nella quale posizionare spazi di natura espositiva. Il primo corrisponde all’attuale atrio d’onore che costituisce lo spazio d’accesso all’edifico del Rettorato, il secondo è una grande tettoia sotto la quale sono collocati piccoli volumi destinati a sale didattiche polivalenti ed infine il terzo, una galleria espositiva. Il grande spazio collettivo coperto è posto a nord della piazza Leonardo da Vinci e si pone anche come fondale della via Ampère, creando una relazione visiva con la facoltà di Architettura e la Biblioteca Centrale. La galleria espositiva invece, come contrappunto, è collocata a sud della piazza. A loro volta questi tre luoghi sono messi in ralzioni da un lungo porticato aperto che si
sviluppa da nord a sud lungo il fronte principale del Rettorato. Questo si pone come limite della piazza Leonardo da Vinci e allo stesso tempo elemento regolatore di uno spazio che oggi vive in uno stato di disordine totale. La piazza viene cosi frammentata, attraverso il portico, in due spazi urbani differenti, ma allo stesso tempo uniti grazie alla permeabilità dell’edificio porticato. Lo spazio ad est, delimitato dal progetto e dall’edifici del Politecnico, assume il carattere di un sagrato, luogo più intimo della vita dell’università. Ad ovest, invece, lo spazio aperto del giardino della piazza viene ripensato assecondando la forma e la vita della città circostante. L’edifico del portico cerca di entrare in relazione e a sua volta di manifestare all’interno del tessuto costruito della città l’idea del “corridore” del Politecnico. Questo elemento, che collega via Bonardi a via Celoria, attraverso l’edificio del Rettorato, è ciò che mette in relazione il Politecnico di Milano con la Città ed il suo tessuto nella Storia, ed il progetto mira a rievocare questo aspetto.
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a sinistra Planivolumetrico a destra Manifesto di progetto
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a sinistra Pianta del piano terra a destra Dettaglio del padiglione principale
in basso Pianta del primo piano Prospetto principale del progetto
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a sinistra Vista del porticato a destra Vista del padiglione principale
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“Un’architettura moderna nell’antica Venezia non ci interessa oggi soltanto dal punto di vista delle preesistenze determinanti, quanto come testimonianza dell’attuale, come esempio di autenticità e di coerenza ad un ambiente di cui l’edificio viene a fare parte, come punto singolarissimo di riferimento della nostra attuale personalità creativa”. Giuseppe Samonà
Giuseppe Samonà a Venezia. Analisi e ridisegno della sede INAIL presso San Simeone Piccolo
Docenti: Daniele Vitale Antonella Cabassi Giulio Campaiola Paola Cofano Vassilis Mpampatikos Località: Venezia Studenti: Federico Soregaroli A.A. 2010-2011
Il lavoro di analisi e ridisegno affronta un tema d’architettura caro al Movimento Moderno italiano, ovvero quello che riguarda la progettazione di edifici di nuova realizzazione all’interno del tessuto edilizio della città antica. Il caso preso in esame è quello della sede INAIL costruita a Venezia, in calle Nuova San Simeone, è costituita da due edifici realizzati da Samonà, in collaborazione con E.R. Trincanato: il primo, l’Ufficio Rendite, costruito tra il 1947 e il 1951; e il secondo, la Sede Centrale, realizzata in seguito tra il 1950 e il 1961. L’analisi si è concentrata in maniera più esaustiva sulla Sede Centrale, edificata in tangenza all’antico palazzo Adoldo. Anna Rossellini nel descrivere l’edificio di Samonà dice: «Nel corpo di fabbrica lungo la calle Samonà riprende le parti fondamentali del palazzo Adoldo: il basamento, i due piani principali, l’attico e il volume sopra il tetto. La facciata è qualificata da una struttura in calcestruzzo armato di campate regolari, ma con forti variazioni nel disegno sia del tamponamento, sia delle fasce basamentale e di coronamento. Al pianterreno, Samonà altera la leggibilità della struttura: riveste i piedritti ispessendoli e introduce in ogni campata, un falso piedrit-
to della stessa misura e dello stesso rivestimento di quelli portanti. Così ottiene una sequenzza serrata di piedritti entro la quale viene ricavato lo stretto ingresso agli appartamenti che sono situati al terzo pianio e al piano attico. Nelle campate dei due piani intermedi, il settore verticale con la finestra è suddiviso secondo un disegno rivelatore del modo di progettare di Samonà. Sotto la trave della campata viene prevista una bassa fascia orizzontale piena; per simmetria, viene introdotto un parapetto della stessa altezza della fascia precedente, il quale, risultando eccessivamente basso, deve essere rialzato grazie ad una ulteriore fascia orizzontale ricavata nel disegno dell’infisso della finestra. Il disegno delle campate viene diversificato al terzo piano grazie alle logge degli appartamenti». E’ possibile cogliere, attraverso i disegni proposti nelle pagine seguenti, la volontà da parte di Samonà di annullare la gerarchia che esiste tra gli elementi portanti e le parti portate, esaltando l’ordine verticale secondario a scapito della struttura. Gli elementi verticali si confondono tra il bianco del Botticino ed il grigio del cemento, creando un gioco cromatico che richiama le antiche polifore continue dei palazzi veneziani. 64
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a sinistra Pianta del piano terra Prospetto principale a destra La scala e la distribuzione interna
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a sinistra Analisi geometriche del fronte a destra Scomposizione degli elementi del fronte
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a sinistra L’edificio e il contesto a destra La scala e la simmetria
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“Il restauro deve mirare al ristabilimento dell’unità potenziale dell’opera d’arte, purché sia possibile raggiungere ciò senza commettere un falso artistico o un falso storico, e senza cancellare ogni traccia del passaggio dell’opera d’arte nel tempo”. Cesare Brandi
Il Vantiniano a Brescia. Restauro di un’ala del cimitero monumentale
Docenti: Ferdinando Zaccheo Alessandra Luigia Colombo Maria Mascione Località: Brescia Studenti: Fabio Bettoni Federico Soregaroli Giovanni Tedeschi A.A. 2007-2008
Il Cimitero Vantiniano, inaugurato all’inizio del XIX secolo, si è rivelato un’opera del tutto nuova come concezione generale. Rodolfo Vantini, che si dedicò alla sua edificazione a partire dal 1815, si può considerare l’inventore dei cimiteri nel senso costruttivo ed architettonico che si intende dare attualmente a tale parola. Sebbene fosse ancora presente negli animi il concetto della sepoltura uguale per tutti, retaggio della Rivoluzione Francese, Vantini seppe farsi interprete del sentire comune e delle nuove ideologie diffuse da giovani letterati come Foscolo e Pindemonte. E’ stata presa in considerazione la porzione di “Vantiniano” situata a Nord-Est dell’antico nucleo del cimitero stesso. L’oggeto reale del nostro studio è costituito dall’Esterno XI, la Cella VII e l’Esterno XII. Questi tre elementi creano una facciata continua, in cui sono scavate delle nicchie che hanno al loro interno delle strutture marmoree decorative. Ogni nicchia è sormontata da un arco, che nell’Esterno XI è tamponato mentre nell’Esterno XII è aperto e permette di vedere l’intero spessore del muro. A metà dei due Esterni è posizionata la Cella, che è scandita da quattro grandi colonne doriche che sorreggono la trabeazione e a sua volta il timpano.
Il lavoro inizialmente si è svolto con una campagna di rilevamenti in loco tramite medoti manuali quali la trilaterazione, che ha consentito di ricostruire vettorialmente la pianta della parte di edificio e il fronte esterno ad est. Mediante una mappatura fotografica del prospetto, sono stati prodotti dei fotoraddrizzamenti con cui è stato possibile verificare il rilievo svolto. Questi sono stati la base per la costruzione di uno studio approfondito sugli elementi compositivi, i materiali e i fenomeni di degrado caratterizzanti l’edificio analizzato. La conoscenza delle condizioni attuali della porzione di Cimitero studiata è stata la base per la pianificazione degli interventi conservativi volti a consolidare la struttura che porta i segni del tempo e dei danni subiti nel corso delle due Guerre Mondiali e a rimediare i danni prodotti dai fenomeni degradanti causati dall’ambiente aggressivo in cui è venuto a trovarsi in seguito all’espansione industriale della città di Brescia. Il tema affrontato nell’ambito del Laboratorio di Restauro è fondamentale nella maturazione di una consapevolezza nei confronti di ciò che è e che è stato, di una storia non trascurabile ma che, anzi, va conservata e tutelata. 72
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a sinistra Pianta dell’antico nucleo del cimitero vantiniano a destra Rilievo geometrico dell’ala presa in esame
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a sinistra Sezione sul portico VIII a destra Sezione sull’ala VIII
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in alto Rilievo materico in basso Rilievo dello stato di degrado
M Reintegrazione in Marmo di botticino C Reintegrazioni cementizie E Lastre di rivestimento in Encrenite Lg Lavorazione Encrenite: gradina Lm Lavorazione Encrenite: martellina Ll Lavorazione Encrenite: levigatura P Elementi in piombo
1 Polverizzazione diffusa 2 Vegetazione superiore 3 Vegetazione inferiore 4 Reintegrazioni cementizie 5 Deposito superficiale ancorato 6 Efflorescenza 7 Deposito superficiale non ancorato 8 Fratturazione 9 Crosta nera tenace 10 Mancanza 11 Deposito superficiale cera colata 12 Mancanze : cause belliche 13 Residuo chimico
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“Mi accingo a intraprendere questo elogio della mano così come si adempie ad un dovere di amicizia. Nel momento in cui inizio a scrivere vedo le mie, di mani,che sollecitano, che stimolano la mia mente. Eccole, compagne instancabili, che per tanti anni hanno assolto il loro compito, l’una tenendo fermo il foglio, l’altra moltiplicando sulla pagina bianca quei piccoli segni scuri, fitti, persistenti. Grazie ad esse l’uomo prende contatto con la dura consistenza del pensiero, arriva a forzarne il blocco. Sono le mani ad imporre una forma, un contorno, e, nella scrittura, uno stile”. Henri Focillon
Il Disegno come conoscenza.
di: Federico Soregaroli
Quale è il significato della parola “delineare” ? Dal latino de - lineare, ovvero, tracciare una linea, rappresentare qualcosa con linee essenziali in modo da cogliere i contorni o i tratti fondamentali. L’idea che deriva da ciò è vedere il disegno come espressione e rappresentazione di un concetto o di un’intuizione, viene espressa da Vasari in modo impeccabile nel Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani. Giorgio Vasari dice: «Perchè il disegno, padre delle arti nostre, Architettura, Scultura, e Pittura, procedendo dallo intelletto, cava di molte cose un giudizio universale, simile a una forma ovvero idea di tutte le cose della natura, la quale è singolarissima nelle sue misure […] conoscere la proporzione che ha il tutto con le parti, e che hanno le parti fra loro e col tutto insieme […] e da questa cognizione nasce un certo concetto o giudizio,[…] si forma nella mente quella tal cosa che poi espressa con le mani si chiama disegno; si può conchiudere che esso disegno altro non sia che una espressione e dichiarazione del concetto che si ha nell’animo, e di quello che altri si ha nella mente imaginato o fabricato nell’idea». Il disegno, nella sua schematicità e proprio
grazie al suo grado di astrazione, è il fondamento delle arti della rappresentazione, quindi possiamo considerare il disegno come un metodo per conoscere il mondo, per capire e comprenderne le sue regole, per trasmettere le conoscenze acquisite. Lo stesso Leonardo da Vinci vedeva nel disegno un elemento fondamentale per la comprensione e la spiegazione delle proprie intuizioni, definendo l’occhio come il principale strumento di conoscenza e il disegno come il mezzo più efficace per rappresentare sulla carta tutti i suoi ragionamenti. Potremmo concludere, questo breve scritto, affermando che il disegno non è copiare pedestremente ma esprimerlo, come ha detto C. Baudelaire negli Scritti sull’arte, in una lingua più bella e luminosa.
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Grazie