Rivista Girotonno 2014

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2014

COMUNE DI CARLOFORTE

offICIal MagazIne

Carloforte

Carloforte

gIrotonno 2014

lIVe CooKIng

È una costa che non finisce mai di stupire e di richiamare alla mente immagini suggestive

Un paese ricco di storia e cultura, che nasconde tesori tutti da scoprire.

Sei paesi si confrontano in cucina dando vita ad una sfida emozionante di ricette di tonno

Grandi chef stellati per alti momenti di cucina d’autore.

la CoSta e le SpIagge

CoSa Vedere

tuna CoMpetItIon

Moreno CedronI


TRATTORIA ENOTECA

O35 TUTTI I PROFUMI E I SAPORI DELLA TRADIZIONALE CUCINA SARDA SONO ESPRESSI NEI MERAVIGLIOSI PIATTI DELLA TRATTORIA ENOTECA 035. GUSTOSI MENU A BASE DI PESCE E DI CARNE, RISOTTI, TONNO, SPECIALITÀ ALLA GRIGLIA E ALLA BRACE... TUTTO QUESTO E MOLTO ALTRO ANCORA LO POTRETE ASSAPORARE PRESSO IL NOSTRO RISTORANTE. VI ASPETTIAMO!!!!

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CM

INDICE BENVENUTI NEL SULCIS IGLESIENTE

26 TONNO E TONNARE

CARLOFORTE

44 ESTATE A CARLOFORTE

La pesca del tonno nella storia Le tonnare del territorio Il tonno e i carlofortini Il tonno nella lingua tabarchina La mattanza La rete della tonnara Le ciurme Le imbarcazioni della mattanza

50 IL PROGRAMMA 53 TUNA COMPETITION

Gli chef in gara Italia Giappone Francia Spagna Usa Brasile La giuria

68 LIVE COOKING Moreno Cedroni Alessandro Negrini Luciano Monosilio

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Una storia lunga 276 anni La natura La costa e le spiagge Un’isola ricca di cultura Cosa vedere a Carloforte

48 GIROTONNO UNA FORMULA VINCENTE

TALK TUNA SUL PALCO I MIGLIORI CHEF DELL’ISOLA Luigi Pomata Roberto Petza Stefano Deidda Achille Pinna

73 SPORT E GIOCHI PER BAMBINI 75 TUNA VILLAGE 77 GIROTONNO LIVE SHOW Ipothesi Maurilios & Friends Genio e i Pierrots

Ha contribuito alla realizzazione di questa rivista: Feedback (ideazione e progettazione grafica, redazione testi e impaginazione). Redazione testi delle sezioni dedicate a Carloforte, alla mattanza e alle tonnare a cura del professore Nicolo Capriata. Si ringraziano l’AIS Sardegna e l’Istituto Alberghiero G. Ferraris di Iglesias. Foto per gentile concessione di Nando Buzzo, Carlo Lilliu, Ninni Saba, Antonio Torchia e del Comune di Carloforte.

www.sardegnaturismo.it

REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA

PROVINCIA DI CARBONIA IGLESIAS

COMUNE DI CARLOFORTE

CONSORZIO TURISTICO DEL COMUNE DI CARLOFORTE

>FEEDBACK www.feedback.it Ideazione, organizzazione, comunicazione integrata, p.r. e ufficio stampa

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CI SONO TANTI MODI DI GODERSI IL SOLE DI SARDEGNA.

GIUNCO, Vermentino di Sardegna DOC - BUIO BUIO, Carignano del Sulcis Riserva DOC CANTINA MESA - 09010 Sant’Anna Arresi - Telefono +39 (0)781 965057 - info@cantinamesa.it


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Sardegna, Sulcis Iglesiente e poi Carloforte, isola nell’isola che custodisce storie di mare, di cibi arcaici e tecniche di pesca millenarie uniche ed inimitabili. Dai punici ai genovesi, genti diverse, provenienti da mondi lontani hanno permesso che si creasse, in uno spazio fisico geografico così piccolo, uno scrigno in cui custodire sapori, profumi, culture e tradizioni che altrove sono stati spazzati via dai venti della storia. Noi genti che abbiamo conosciuto il ferro ed il fuoco del conquistatore. Noi marinai, pescatori, minatori. Noi uomini di fatica, di sudore e di lacrime. Noi popolo con le cicatrici della storia incise sulla nostra pelle. Noi custodi delle nostre tradizioni. Noi mediterranei orgogliosi che, ospitandovi all’interno del Girotonno, con lo stesso orgoglio vi offriremo le migliori gemme del nostro territorio. Vivete la kermesse con tutta la calma e la pazienza che merita una full immersion nella storia dell’enogastronomia mediterranea. Percorrete questa storia costruita e selezionata, giorno dopo giorno, tra i sapori orientali, sardi, arabi, liguri e campani che hanno creato un mix esplosivo di unicità da gustare tra i profumi magici del mare e della terra di Sardegna. Che il buon vento vi accompagni, dal 30 maggio al 2 giugno, al Girotonno 2014, un’esperienza unica in un’isola antica dove i tonni corrono e i sardi continuano a parlare genovese.

Marco Simeone Sindaco di Carloforte

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The Pomata’s family has been working in the restaurant business for 3 generations, since their grandfather Luigi, a farmer, with a great passion for cooking, decided to take on and manage a restaurant on the island. Today, the kitchen of the restaurant Da Nicolo, unites more than ever the historical origins, revisited in a modern key, making the combinations of unique foods. You can taste the traditional dishes that bring to mind the flavors, but with a touch of class and modernity that makes the munique.

La famiglia Pomata opera nel settore della ristorazione da 3 generazioni, da quando nonno Luigi, agricoltore, con una grande passione per la cucina, decide di prendere in gestione un ristorante sull’Isola di San Pietro. Da questo sodalizio, “nasce” Nicolo, il patron dell’omonimo ristorante. La terza generazione, capitanata da Luigi Pomata, ha trasformato, attraverso studi e ricerche sul campo, quella che da sempre è stata una cucina “povera”e tradizionale, in un’arte culinaria di alta qualità, senza però dimenticare le origini e la provenienza delle materie prime.

The third generation, headed by Luigi Pomata, through study and research in the field, has turned what has always been a "simple" and traditional cusine, into a culinary art of the highest quality, without forgetting the origins and provenance of raw materials. Nichotel is a small 4-star hotel located on the seafront of Carloforte, the only town on the island of San Pietro, a short walk from the central square and all amenities and places of interest. Completely re-furbishment in August 2007, the design provides the right balance between simplicity of the decor and the personality of the old building.

La famiglia Pomata possiede, inoltre, il Nichotel, un boutique hotel a 4 stelle nato nel 2007. L’hotel è situato a Carloforte, l’unico centro abitato dell’isola di San Pietro; il suo design assicura la giusta armonia tra la semplicità degli arredi e la personalità dell’antico edifico da cui è stato ricavato.

RISTORANTE “DA NICOLO” Carloforte, Corso Cavour (sulla piazza principale) Telefono 0781 854048 info@luigipomata.com www.luigipomata.com

APERTO DA APRILE A SETTEMBRE, GIORNO DI RIPOSO: GIOVEDÌ (TRANNE NEL MESE DI AGOSTO, APERTO TUTTI I GIORNI)

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Cagliari, Viale Regina Margherita 18 Telefono 070 672058 info@luigipomata.com www.luigipomata.com

Carloforte, in Via Garibaldi 7 Telefono 0781 855674 info@nichotel.it www.nichotel.it


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Un viaggio in questo territorio abbraccia storia e cultura ma anche natura ed enogastronomia.

IL SULCIS IGLESIENTE

SULCIS IGLESIENTE UNO SCRIGNO DI TESORI Viaggio alla scoperta di un territorio che vanta mare turchese e spiagge candide, testimonianze culturali, un prezioso artigianato e tradizioni millenarie. È uno dei territori della Sardegna più ricchi di testimonianze monumentali e culturali, ma anche di paesaggi ancora incontaminati e spiagge mozzafiato. Il Sulcis Iglesiente, che deve il suo nome per la regione del Sulcis all’antica città punica di Sulci, nell’isola di Sant’Antioco e, per l’Iglesiente a Iglesias, suo capoluogo nonché città principale, è una regione storica della Sardegna sud-occidentale, culla del primo parco geo minerario al mondo riconosciuto dall’Unesco. La grande miniera di Serbariu, Monteponi, Rosas e Porto Flavia sono le più importanti del territorio. Nel suo cuore, e nelle sue grotte, il Sulcis custodisce la storia della Terra, preziosa scoperta per tutti gli appassionati di speleologia, archeologia e avventura. Oltre ai tesori

custoditi nelle viscere della terra ci sono quelli in superficie: siti e reperti archeologici nuragici e fenici, romani e bizantini, tra cui le uniche catacombe di tutta la Sardegna. Un viaggio in questo territorio abbraccia quindi storia e cultura ma anche natura ed enogastronomia. Un mare cristallino lambisce 200 km di costa mediterranea estremamente variegata: paesaggi incontaminati o attrezzati per il turismo, tutti capaci di regalare un’autentica esperienza a stretto contatto con la natura. Dal golfo di Gonnesa al famoso faraglione di Pan di Zucchero, che spunta dal mare per 132 metri, dichiarato monumento naturale, fino alla spiaggia di Portixeddu, nei pressi di Buggerru, amata dai surfisti di tutta Europa.

La splendida spiaggia di Portopaglietto, a Portoscuso, è una delle più belle, mentre più a sud, a Paringianu, vale la pena di visitare lo stagno di Boi Cerbus famoso per i fenicotteri rosa. Il Sulcis è poi la regione originaria del Carignano Doc, vitigno di introduzione Fenicia, dal ricco bouquet di prugna cotta, frutta secca e marasche, cui è dedicata una Strada del vino. Gli amanti di enogastronomia possono percorrere un itinerario alla scoperta delle cantine, ma anche quello alla scoperta del tonno e delle millenarie tonnare. E ancora l’olio, il pecorino e il carciofo, il miele di asfodelo, cardo e castagno. E poi l’artigianato: coltelli, gioielli, tappeti e arazzi, opere d’arte create dalle mani di abili artigiani, custodi di antiche tradizioni di lavorazione di metalli e preziosi filati. Sughero, rame, legno, argilla, argento, filati. Per un visitatore c’è solo l’imbarazzo della scelta. Tutto l’artigianato nel Sulcis è legato alle più profonde tradizioni sarde e

si esprime attraverso la tipica produzione di ceramiche, di gioielli, di cesteria, di mobili intagliati, di tappeti e arazzi, di capi di biancheria per la casa. Particolarmente interessante, per esempio, è la tradizione dei tessili di Villamassargia, uno dei centri più noti e importanti dell’artigianato del Sulcis, dove molte tessitrici usano ancora gli antichi telai orizzontali a battuta manuale grazie ai quali si possono mantenere in vita tecniche di lavorazione caratteristiche come quella chiamata ‘a pipiones’ o quella ‘a scerau’. Altro fiore all’occhiello è l’alta coltelleria, famosa nel mondo e richiestissima tra i collezionisti per le linee semplici e la fattura elaborata, tra cui spicca la leppa iglesiente, che nasce nelle botteghe artigiane di Fluminimaggiore. Della provincia di Carbonia-Iglesias fanno parte 23 comuni, benvenuti ad un viaggio alla scoperta dei principali punti di interesse di un territorio ricco di tesori. 7


30 maggiomay / 2 giugnojune 2014

IL SULCIS IGLESIENTE

STORIA, CULTURA E QUEL FASCINO IN PIÙ Nel Sulcis Iglesiente alla ricerca di suggestioni e testimonianze della storia.

Buggerru

Il nucleo originale è un piccolo centro minerario, fondato nella seconda metà dell’Ottocento. Buggerru è nella storia d’Italia, perché dopo l’eccidio di tre minatori per mano dei soldati inviati dal governo Giolitti, il 4 settembre 1904, a distanza di pochi giorni la Camera del lavoro di Milano proclamò il primo sciopero generale nazionale in Italia. È meta di turisti per i tanti siti minerari ormai inattivi, ma principalmente per le coste incontaminate e il mare frequentato da surfisti, che amano onde lunghe, simili a quelle oceaniche. A pochi chilometri dal paese, verso nord, ci sono le spiagge di San Nicolò e di Portixeddu; più a sud, nei pressi di una sorta di fiordo, c’è la splendida spiaggia di Cala Domestica, non lontano dalle rovine di un antico deposito minerario. Le manifestazioni più sentite sono le feste religiose, oltre a quella patronale (San Giovanni) dal 24 al 26 giugno, il 4 dicembre si celebra Santa Barbara, la patrona dei minatori, il 29 e il 30 giugno San Pietro, protettore dei pescatori.

Calasetta

Piccolo e suggestivo centro dell’Isola di S. Antioco, con quasi tremila anime, è Comune onorario della provincia di Genova, per la sua antica tradizione ligure: erano, infatti, liguri i fondatori della colonia nata nel 1770 da schiavi pegliesi-tabarchini liberati dall’ordine religioso dei SS. 8

Maurizio e Lazzaro. Calasetta è anche conosciuto come il borgo bianco, dal colore prevalente delle case. Una delle principali attrazioni è l’Open Air Gallery, galleria d’arte contemporanea di Mangiabarche, uno storico edificio che durante la seconda guerra mondiale funzionava come batteria antinave e antiaerea. Le principali attività, oltre a quella portuale, sono la tessitura di tappeti e arazzi. Fedeli e turisti accorrono a Calasetta per i festeggiamenti in onore della Beata Vergine delle Grazie, il 2 luglio, e per la festa del patrono, San Maurizio, il 22 settembre.

Carbonia

Capoluogo di provincia con Iglesias, è il principale centro urbano sulcitano. Costruita in un biennio, alla fine degli anni Trenta – quindi in piena epoca fascista – la cittadina era destinata principalmente allo scopo di garantire l’alloggio a dirigenti, impiegati e operai del bacino carbonifero Sirai-Serbariu. Nei pressi di Carbonia c’è un importante sito archeologico (con reperti punico-fenici), un museo a cielo aperto, da cui si può godere anche un panorama mozzafiato sul golfo di Palmas. Da alcuni anni a Carbonia è stato allestito il Centro italiano della cultura del carbone, per valorizzare la storia della grande miniera di Serbariu. Di grande interesse naturalistico la vicina laguna di S. Antioco, in cui è possibile ammirare da vicino fenicotteri rosa, aironi e folaghe.


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IL SULCIS IGLESIENTE

Domusnovas

Centro storico fondato nel Medioevo, Domusnovas è conosciuto come il paese delle grotte. A circa tre chilometri dal centro abitato si trova la grotta naturale di San Giovanni, la più nota e una delle più lunghe in Europa, un traforo naturale transitabile, fino a qualche anno fa, anche in auto. La cittadina fu anche citata da Dante nel “De Vulgari Eloquentia” (forse perché si ribellò ai Pisani che avevano condannato a morte il conte Ugolino) ed è nota per una possente opera megalitica, il nuraghe denominato S’Omu ‘e s’Orcu. Nel periodo dell’Assunta, cioè a Ferragosto, la tradizionale festa religiosa si protrae per quindici giorni: ha qualche eco dell’era neolitica e affonda le radici nella festa della dea Madre. In questo periodo si svolge anche la particolare usanza de “Su carrù e sa Linna”, carro che anticamente i “bagadius” (gli scapoli) realizzavano in onore della Madonna.

Fluminimaggiore

Tra il mare e tante antiche miniere dimesse, a nord della provincia di Carbonia-Iglesias, si trova Fluminimaggiore. La principale attrazione nei dintorni, a una decina di chilometri a sud, è un celebre santuario nuragico, il tempio di Antas (dedicato dai fenici al dio cacciatore e fecondatore Adon Sid addir Baby e dai romani alla divinità locale Sardopastoris Fanum) e tutta l’area archeologica circostante, in una splendida cornice naturalistica. Vicino al tempio ci sono le grotte di Su Mannau, chilometri di gallerie in cui sono stati rinvenuti i reperti archeologici esposti nel museo locale. La manifestazione religiosa più importante è quella in onore di Sant’Antonio da Padova il 13 giugno; suggestivi anche i festeggiamenti del Carnevale, in ogni quartiere si appicca un grande falò.

Giba

Giba, che comprende anche il centro abitato di Vilarios, sorge in collina, all’interno di un territorio agropastorale, la cui economia è fondata in particolare su allevamento e viticoltura (in particolare i vini Doc ottenuti dall’uva Carignano del Sulcis). Il territorio è dominato dal Golfo di Palmas, dove si trovano la piccola spiaggia di Porto Botte, caratterizzata da sabbia finissima, e una zona palustre che rappresenta l’habitat naturale per specie animali come fenicotteri rosa, aironi e cavalieri d’Italia. Ad agosto, a Giba, si svolge la Sagra del Pane, in cui rivive l’antico rito della panificazione, con tanto di allestimento nella piazza principale dei tradizionali forni costruiti con i mattoni in fango, i cosiddetti “ladiri”.

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IL SULCIS IGLESIENTE

Gonnesa

Quasi a metà strada tra Iglesias e Carbonia, c’è Gonnesa, tra cespugli di mirto e di lentischio. Il territorio circostante è ricco di spiagge incontaminate e siti archeologici come la reggia nuragica di Seruci. Di particolare interesse la Grotta di S. Barbara, nella miniera di S. Giovanni, con le pareti rivestite da cristalli di barite bruno scuro. I festeggiamenti più suggestivi, a Gonnesa, sono quelli dedicati alla Madonna di Trattalias, a maggio: per pregare dinanzi al simulacro della Vergine – trasportato in passato da un giogo di buoi seguito da carri con le donne e gli uomini in costume – arrivano migliaia di fedeli da tutto il Sulcis Iglesiente.

Iglesias

Capoluogo di provincia, con Carbonia, e principale centro abitato della zona a cui dà il nome, Iglesias è una cittadina universalmente nota per la sua attività mineraria, tanto che le sue miniere (alcune visitabili, come quelle di Masua, San Giovanni e Monteponi) sono state riconosciute dall’Unesco come Patrimonio dell’umanità. Il centro abitato è tra le più importanti testimonianze medievali della Sardegna, con le cinte murarie, la torre Pisana e il castello di Salvaterra. Anche la cattedrale di Santa Chiara, da visitare, risale al XIII secolo. Da non perdere il museo dell’Arte Mineraria e quello della Macchine. Ad agosto, il 13, si svolge il corteo storico medievale, con oltre 500 figuranti; altrettanto suggestiva il 15, giorno dell’Assunta, la processione dei Candelieri. Da vivere la Settimana Santa, a partire dalla domenica delle Palme: tutti i riti hanno forti influenze spagnole, inevitabile dote della lunga dominazione iberica. Protagonisti assoluti delle processione i Germani, ovvero gli appartenenti alle confraternite della città: l’atto conclusivo della Settimana Santa è la cosiddetta processione del Descenso: un vero e proprio corteo funebre, illuminato solo dalle luci delle fiaccole dei partecipanti.

Masainas

È un piccolo centro dalle origini molto antiche, probabilmente risalenti al Neolitico. Il territorio è ricco di numerose testimonianze archeologiche risalenti al periodo nuragico e romano. Come i vicini villaggi di Giba e Villarios, anche Masainas fu interessata, a partire dal Millecento dalla predicazione dei monaci benedettini giunti in Sardegna: tracce e testimonianze sono i numerosi conventi, detti gunventus, presenti ancora oggi nella zona. Il centro abitato si sviluppò nel diciottesimo secolo, attorno alla chiesa dedicata a S. Giovanni Battista, una delle mete turistiche, come, nel periodo estivo, la spiaggia bianca di Is Solinas, circondata da ginepri. Il monumento più noto è il nuraghe complesso di Is Fais, costituito da quattro torri disposte a croce. Il 28 marzo si svolge la Sagra del carciofo, ai primi di ottobre si festeggia la Madonna della Salute. 10


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Musei

Il Comune di Musei, che fino al diciassettesimo secolo si chiamava Villa di Prato, si trova nella piana del Cixerri, ricca di reperti archeologici di epoca punica e romana. L’odierno centro abitato è nato attorno alla chiesa e al convento della Compagnia di Gesù, che risalgono al diciassettesimo secolo. Il patrono di Musei è S. Ignazio di Loyola – la cui festa ricorre il 31 luglio – ovvero il fondatore della Compagnia di Gesù.

Narcao

Narcao è uno dei centri più antichi della zona, intorno all’anno Mille si insediarono lì i monaci benedettini. Nei pressi di Narcao si trova la necropoli di Montessu e, circondate dalla macchia mediterranea, ci sono le preistoriche “domus de janas” (“case delle fate-streghe”), grotte scavate nella roccia con funzione funeraria, come quella di Su Bucculu (con suggestive stalattiti, vicino alla frazione di Terraseo, dove si trova anche un tempio punico dedicato a Demetra) e di Su Maiu, i cui reperti sono esposti al museo archeologico di Cagliari. Di notevole interesse anche le miniere Rosas, attive dal 1851 al 1978, quando si estraeva piombo, rame e zinco. Dal 12 al 16 agosto si festeggia il patrono San Nicola e in processione sfilano le “traccas”, carri di buoi addobbati a festa. Dal 1991, ogni anno a luglio, si tiene uno dei più importanti festival di musica Blues.

Nuxis

Piccolo centro di fiorente artigianato, con una decina di miniere dismesse attorno. Le principali mete turistiche della zona sono la chiesa campestre bizantina di S. Elia di Tattinu e il Pozzo sacro di Tattinu risalente all’epoca nuragica. La festa più sentita, a fine giugno, è quella in onore del patrono S. Pietro.

Perdaxius

Il nome ha origine dal latino Petrarium che significa “luogo pietroso” e nel territorio circostante si trovano i nuraghi di Monte S’Orcu e Camboni. L’abitato fu fondato dai francescani nell’XI secolo e oggi è costituito da un reticolo di strade attorno alla chiesa parrocchiale dedicata a San Giacomo; tra i monumenti spiccano la chiesetta campestre di San Leonardo, tra ulivi secolari, e l’antico convento benedettino “Su Corrali”.

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IL SULCIS IGLESIENTE Piscinas

Meno di un migliaio di abitanti vivono a Piscinas, che prende il nome dell’omonimo fiume che ne attraversa il territorio, il rio Piscinas. Le sue origini sono molto antiche, basti pensare che nella vicina grotta di Su Benazu sono state ritrovate testimonianze risalenti al Neolitico. Tra gli edifici di particolare interesse il palazzo patrizio della famiglia Salazar (feudatari del XVI secolo), noto pure come villa Bice, che ospita eventi culturali. Le feste più caratteristiche sono il Carnevale contadino, quella della Madonna della neve il 5 agosto e, nello stesso mese, la Sagra dell’allevatore e della pasta, che attira un buon numero di visitatori.

Portoscuso

Centro costiero di oltre cinquemila anime, di fronte all’isola di San Pietro, è il porto commerciale che collega la Sardegna a Carloforte. Le origini dell’abitato sono datate alla fine del XVII secolo, quando, nei pressi di una cinquecentesca torre spagnola, si aggregò una comunità che comprendeva pescatori sardi, ma anche siciliani e di altre coste italiane. Tra le numerose belle spiagge della zona spicca quella di Porto Paglietto, meglio conosciuta come Portopaleddu; da visitare quello che resta dell’antica tonnara di Su Pranu, la cui costruzione risale alla fine del XVII secolo e fu autorizzata dal governo spagnolo. Oltre alle feste religiose, quella patronale di Santa Maria d’Itria e i riti della Pasqua, da segnalare la sagra del riccio, a marzo, quella del granchio, ma soprattutto quella del tonno, il 13 giugno, con la degustazione del pesce (cucinato secondo tradizioni secolari), accompagnato da pane e vino.

San Giovanni Suergiu

Centro della pianura del basso Sulcis, circondato dal verde e dai vigneti, San Giovanni Suergiu s’affaccia sulla laguna di Sant’Antioco. Il paese è nato dall’aggregazione dei cosiddetti ”furriadroxius”, abitazioni campestri, ma anche rifugi per il bestiame. Anche in questa zona sono numerosi i nuraghi e zone molto suggestive dal punto di vista naturalistico, dove è possibile osservare uccelli acquatici, come fenicotteri e aironi. Tra le feste più sentite, a maggio quella della Madonna delle Grazie e il 24 giugno quella patronale, in onore di San Giovanni Battista.

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IL SULCIS IGLESIENTE

folcloristici provenienti dai paesi vicini. Da una ventina d’anni l’estate di S. Anna Arresi è caratterizzata anche dalla rassegna “Ai confini tra Sardegna e jazz”, che ha risonanza nazionale ed internazionale, con la partecipazione di nomi di grido. Da segnalare, ad agosto, anche la sagra dell’allevatore.

Sant’Antioco

Comune della maggiore isola sarda per estensione – costituita da rocce calcaree e vulcaniche – circondata da un mare di colori molteplici, blu, verde, turchese e punteggiata da spiagge favolose, cala Lunga, Saline, Turri, Capo Sperone, angoli che fanno innamorare. Il Comune di S. Antioco prende il nome dal santo nero, protettore della Sardegna, di cui sono conservati i resti, forse giunto dalla Mauritania: era un predicatore cristiano e un medico, che l’imperatore Adriano aveva ordinato di gettare in mare, ma riuscì ad approdare spinto dal vento alle coste di quest’isola, dove secondo la tradizione morì nel 127 d. C.: a lui sono intitolate la chiesa e il paese. Negli scavi dell’area archeologica sono stati rinvenuti reperti feniciopunici risalenti all’ottavo secolo a.C., conservati nel museo archeologico comunale “Ferruccio Barreca”, la principale meta turistica assieme alla basilica minore di Sant’Antioco Martire, dove si trovano le uniche catacombe paleocristiane sarde. Ancora oggi, in quest’isola, sopravvivono maestri d’ascia e piccole aziende a carattere familiare, specializzate nella costruzione di barche. Suggestivi i riti della Settimana Santa e, quindici giorni più tardi, l’antichissima sagra di Sant’Antioco, preceduta dalla tradizionale sfilata de “is coccoisi”, in cui per l’occasione le donne realizzano un particolare pane bianco detto “Coccois de su santu”.

Santadi

Borgo agricolo, che sorge in un territorio ricco di testimonianze archeologiche di diverse epoche, nel Medioevo si chiamava Sant’Agata o Santa Ada de Sulcis. Di notevole interesse l’insediamento fenicio-punico di Pani Loriga, che risale al VII sec. a.C., le “domus de janas”, strutture sepolcrali di epoca pre-nuragica, e una Tomba dei Giganti, scoperta di recente. Piuttosto famose sono le grotte Is Zuddas e la foresta di Pantaleo, nota per i sugheri e le querce. Durante la prima domenica di agosto si svolge il “matrimonio mauritano”, che secondo tradizioni secolari, non è solo la celebrazione delle nozze (cattoliche) di due sposi, ma anche il ricordo delle popolazioni africane che sbarcarono nei lidi sulcitani e furono ospiti delle terre santadesi.

Sant’Anna Arresi

Centro a forte vocazione turistica grazie alla località di Porto Pino (dall’omonimo e verde promontorio), spiaggia con chilometri di sabbia bianca, al confine col Comune di Teulada, frequentata da migliaia di turisti nel periodo estivo, deve il suo nome alla santa patrona e al nome (Arresi) con cui è identificato un nuraghe in pieno centro abitato. Sono due le chiese (quella antica e quella nuova) dedicate a Sant’Anna, la cui festa si celebra il 26 luglio, con una processione in cui la statua è accompagnata dai gruppi 13


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Tratalias

Un migliaio di abitanti e una storia antica, che inizia intorno all’anno Mille e vede tra i suoi precursori monaci e mercanti. I primissimi insediamenti, comunque, sono anche i più antichi, come testimonia Is Meurras, un nuraghe ancora oggi in ottime condizioni. Durante il Medioevo Tratalias era il centro più importante del Sulcis. Da visitare vi è la cattedrale di Santa Maria di Monserrato, in stile romanico pisano. La patrona del paese viene festeggiata quaranta giorni dopo la Pasqua, in occasione dell’Ascensione, ed è una festa popolare che dura una settimana.

Villamassargia

Villamassargia – il suo nome ha origine dal latino “villamassaius”, cioè città di massai e agricoltori – sorge nella valle del fiume Cixerri e nei pressi della

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sorgente di acque oligominerali di “Picculu Malu”. Dal punto di vista archeologico e naturalistico non mancano le attrazioni: i nuraghi “Santu Pauli” e “Monte Exi”, le tombe dei giganti di Monte Ollastu, ma anche il museo a cielo aperto di “S’Ortu Mannu”, con oltre settecento ulivi secolari, la miniera di Orbai, abbandonata negli anni Sessanta, e le rovine del castello di Gioiosa Guardia. Il principale luogo di culto è la chiesa della Madonna della Neve: la Vergine è festeggiata la seconda domenica d’ottobre, mentre i primi di settembre si svolge la festa della Madonna del Pilar. L’ultima domenica d’ottobre, invece, è dedicata alla sagra dell’olio a “S’Ortu Mannu”.

Villaperuccio

L’economia di Villaperuccio si fonda sull’agricoltura, sulla pastorizia e sul turismo. Tra i principali e vasti complessi archeologici della Sardegna spicca la necropoli di Montessu che comprende, fra le altre, due celebri sepolture, la “tomba delle spirali” (simboleggiano gli occhi o i seni della dea Madre), e la “tomba delle corna” (che alludono al dio Toro). Poco distante dalla necropoli c’è il monolito di Su Terrazzu, alto circa 5 metri. Tra le tradizioni popolari spicca la festa patronale della Madonna del Rosario, il 20 agosto, con le celebrazioni che si svolgono nell’omonima chiesa.


Belalugosi Restaurant.Lounge.Wine Bar

Il Belalugosi Restaurant Lounge Wine Bar offre ai propri clienti una combinazione di sapori unica e indimenticabile: l’aroma del mare è mescolato con arte e sapienza ai prodotti della terra selezionati meticolosamente dallo Chef nonché proprietario Mario Leoni, i profumi si traducono in sapore all’altezza delle proprie aspettative e la combinazione della cucina fusion a quella tradizionale dà vita a piatti originali di inaspettato ma invitante gradimento. Mario Leoni si è perfezionato nei migliori ristoranti di Berlino, per poi ritornare nella propria terra, la Sardegna “Carloforte” a conquistare i palati di coloro che amano e apprezzano l’originalità e la sperimentazione. Non ci sono limiti alla varietà delle portate e della scelta accurata dei vini del belalugosi, così come non manca la certezza di fare la scelta giusta ogni qualvolta, nell’indecisione dell’attrattiva del menù, ci si affida ai sapienti consigli dello chef. Il Belalugosi, tra le sue mura di design personalizzato e le doppie vedute sul porto e sulla caratteristica via del sale (Saline) apre le sue porte ai sapori del mondo e, sopratutto, non delude mai.

BELALUGOSI RESTAURANT LOUNGE WINE BAR

Corso Battellieri n.35 / Carloforte (CI) 09014 / Sardegna Italia Per info/prenotazioni Mario Leoni 3476758904 (chiamare dalle 15 alle 18) Orario di apertura/chiusura Dalle 20 alle 23.45

(Giorno di chiusura domenica ad eccezione dei festivi o salvo imprevisti)


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CARLOFORTE

UNA STORIA LUNGA 276 ANNI Carloforte il 17 aprile scorso ha compiuto 276 anni. La sua storia, seppur relativamente breve, è ricca e bella, densa di avvenimenti che spesso hanno scavalcato gli stretti ambiti locali per trovare posto negli annali della storia nazionale ed europea. Tabarca: le origini

Le radici della storia di Carloforte affondano intorno al 1540, quando un imprecisato numero di famiglie pegliesi s’installò sull’isolotto di Tabarca (poco più di uno scoglio) per corallare intorno alle sue acque per conto dei Lomellini, dei facoltosi patrizi genovesi. La pesca del corallo fu però solo il punto di partenza per l’insediamento dei genovesi a Tabarca. Ben presto all’esercizio della pesca si affiancò un’attività commerciale varia e florida che fece affluire nelle casse dei Lomellini ingenti ricchezze. All’inizio del XVIII secolo il corallo era ancora una voce importante dell’economia di Tabarca, ma quasi la metà dei ricavi derivavano dal commercio dei cereali, dei legumi, dell’olio, delle pelli, della lana, del miele, della cera. Tabarca, in definitiva, diventò subito una sorta di porto franco dove al di là della pesca del corallo, si commerciava e trafficava ogni genere di merci. Era un posto di frontiera ma contemporaneamente anche un ponte di collegamento tra il mondo cristiano e quello musulmano, due mondi diversi culturalmente e sempre in conflitto, ma non di meno disponibili, magari non ufficialmente, ad intrattenere rapporti commerciali ed economici. La fortuna dell’isolotto tunisino durò poco più di centocinquant’anni. Già dai primi anni del 1700 iniziò il suo declino. La diminuita influenza politica ed economica

di Genova aveva aperto la strada alle pressioni e alle ingerenze dei tunisini. In questa nuova situazione l’avamposto cristiano veniva meno tollerato e i rapporti commerciali tra tabarchini e magrebini conseguentemente diventarono difficoltosi e delicati. A sommarsi a questi problemi di coesistenza”esterna”, già di per sè gravosi vi erano quelli di convivenza “interna”: Tabarca era sovraffollata. I tabarchini erano più di 2000, troppi per un isolotto di neanche tre chilometri quadrati. Per questo motivo i Lomellini imposero il divieto di contrarre matrimoni pena l’allontanamento da Tabarca.

La fondazione di Carloforte

Giunse opportuna quindi, e fu accolta con speranza e sollievo, la notizia che il Re di Sardegna Carlo Emanuele III aveva manifestato il proposito di ripopolare alcune zone della Sardegna. Tralasciando tempi, modalità e accordi che portarono al trasferimento all’inizio del 1738 dei tabarchini sull’isola di San Pietro, c’è da rilevare che questa loro nuova avventura fu mirata, studiata come si dice oggi a tavolino da alcuni notabili con a capo un agente dei Lomellini, Agostino Tagliafico. La scelta di trasmigrare sull’isola di San Pietro fu intrapresa innanzitutto per la sua posizione geografica che avrebbe consentito di proseguire i tradizionali traffici marittimi e commerciali (fin dal

primo Medioevo infatti l’isola era uno dei punti principali di riferimento per le rotte del Mediterraneo occidentale). Altri fattori, quali la possibilità di sfruttare nel mare circostante i ricchi banchi corallini, attività nella quale i tabarchini vantavano una secolare esperienza, la vicinanza di alcune importanti tonnare in esercizio da diversi anni (Portoscuso, Portopaglia Isola Piana), la possibilità come scrisse Agostino Tagliafico nella sua relazione di “costruire una bellissima salina” rafforzarono quella decisione. A San Pietro giunsero 100 famiglie (381 persone) da Tabarca alle quali ben presto si unirono 26 famiglie (86 persone) provenienti dalla Liguria. In un clima di fervore e d’instancabile laboriosità i nuovi coloni avviarono la fondazione di Carloforte, eressero il Castello, costruirono le case, dissodarono la terra, realizzarono le saline, attivarono nuove tonnare. La colonia prosperò notevolmente, i tabarchini si dedicarono con maggiore assiduità alla pesca del tonno e del corallo, alla raccolta del sale. Il porto intanto cominciò ad assumere importanza e ad essere frequentato da bastimenti di varia nazionalità, la città diventò subito sede di alcuni consolati. 16


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CARLOFORTE / LA STORIA 1850 – 1930: gli anni della crescita sociale ed economica

Rimarginate le ferite della cruenta invasione, erette le mura di cinta per scoraggiare altri tentativi d’invasione, per Carloforte iniziò un lungo periodo di crescita e progresso: la marineria carlofortina ebbe una notevole espansione e con essa si incrementò il commercio, si ingrandì l’attività cantieristica, si svilupparono le attività collaterali. A rendere ancora più florida l’economia isolana contribuì, intorno alla metà dell’Ottocento, il convogliamento nella rada di Carloforte del minerale estratto nel bacino metallifero dell’Iglesiente, ed in breve il porto carlofortino divenne il secondo approdo della Sardegna per quantità di merci trasportate e per numero di navi che vi facevano scalo. In questo quadro di ricchezza e prosperità non mancarono tuttavia contestazioni e fermenti sociali. A Carloforte sorsero le prime (in Sardegna) Leghe operaie e si assistette alla proclamazione dei primi scioperi (allora quasi un reato). I primi anni del Novecento furono caratterizzati da lotte e duri contrasti tra la classe lavoratrice e la borghesia isolana che comunque portarono ad una ulteriore crescita sociale e culturale oltre che economica della cittadina. Il periodo che va pressappoco dall’unità d’Italia all’avvento del fascismo fu un’epoca d’oro, la stagione economica e culturale più bella per Carloforte. Nicolo Capriata

L’occupazione francese

A distanza di neanche sessant’anni dalla sua fondazione la città visse i due avvenimenti più rilevanti della sua storia: l’occupazione francese e l’invasione barbaresca. I francesi sbarcarono a Carloforte in seguito alla guerra tra il Piemonte e la Francia e alla conseguente “Spedizione in Sardegna” promossa dall’Assemblea Nazionale. L’occupazione iniziò l’8 gennaio del 1793 e cessò il 25 maggio dello stesso anno quando la flotta spagnola, accorsa in aiuto del Re di Sardegna, rinormalizzò la situazione. Durante la dominazione francese Carloforte si diede una costituzione repubblicana che fu la prima in Italia, quasi sicuramente fu redatta dal rivoluzionario Filippo Buonarotti, e l’isola fu ribattezzata Ile de la Libertè. La breve presenza francese non lasciò nessuna traccia se non la mutilazione del

braccio destro della statua del Re Carlo Emanuele III.

L’invasione barbaresca

Ben più gravi e dolorose furono invece le conseguenze dell’incursione barbaresca avvenuta cinque anni dopo. Nella notte tra il 2 e il 3 settembre del 1798 un’orda di alcune centinaia di pirati tunisini invase la città mettendola a ferro e fuoco; per due giorni e due notti Carloforte fu saccheggiata e alla fine i barbareschi indisturbati fecero oltre 900 prigionieri che portarono schiavi in terra d’Africa. La notizia di quella terribile invasione si sparse per tutta l’Europa e tutti i regnanti si prodigarono per la loro liberazione compreso il Papa Pio VI e Napoleone Bonaparte al quale va il maggiore merito per il loro riscatto. Ma gli schiavi carolini dovettero attendere 5 lunghi anni prima di ritornare nel 1803 liberi a Carloforte. 17


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Con i suoi 100 ettari (circa) di estensione questa zona umida è una piccola Camargue, vi si possono ammirare oltre 30 specie di uccelli tra stanziali e migratori

CARLOFORTE

LA NATURA I 50 chilometri quadrati del territorio isolano dal punto di vista ambientale sono uno scrigno che contiene preziosi tesori e gioie di inestimabile valore, che fanno dell’isola di San Pietro un apprezzabile quanto rilevante sito naturalistico, quasi un unicum, per le sue rarità e i suoi endemismi. Tanto che la piccola isola per queste sue specificità può essere paragonata ad un continente in miniatura. Sicuramente, al di là di ogni comparazione, l’isola appare agli occhi di tanti ornitologi, entomologi e botanici un autentico paradiso, un territorio inviolato dove è possibile osservare e studiare nel loro habitat naturale rarissimi esemplari della 18

fauna e della flora per molti dei quali sono stati presi provvedimenti legislativi e intraprese iniziative per la loro tutela e protezione, oltre a diverse specie endemiche, ugualmente straordinarie e salvaguardate. Intanto l’isola di San Pietro rappresenta un luogo di sosta e di nidificazione per moltissime specie di uccelli. La grande

varietà di ambienti geomorfologici ed ecologici tra i quali si annoverano la macchia a gariga dell’interno, le pinete spontanee di Pino d’Aleppo, le zone umide degli stagni della Vivagna, di Calavinarga e delle Saline e le alte e spettacolari falesie della costa nord-occidentale favoriscono la presenza di un’avifauna molto diversificata e notevolmente interessante, nella quale tra tutte le specie spicca il Falco della Regina uno dei più rari rapaci europei, che è stato inserito nella “Lista Rossa” degli animali in pericolo di estinzione. Ma nell’avifauna isolana il Falco della Regina è solo il primus inter pares. Basta fare un salto (un passo obbligatorio per chi vuole gioire di una

natura incontaminata) nella zona umida delle Saline per rendersene conto. Con i suoi 100 ettari (circa) di estensione questa zona umida è una piccola Camargue, vi si possono ammirare oltre 30 specie di uccelli tra stanziali e migratori, alcuni dei quali, manco a dirlo infoltiscono gli elenchi degli uccelli minacciati di estinzione, e pertanto rari e preziosi. Sicuramente per la sua eleganza e per la vivacità del suo piumaggio, il re incontrastato di questi stagni è il fenicottero rosa contorniato tuttavia da una corte non meno ammirevole di avocette, garzette, cavalieri d’Italia, piro piro, airone rosso e cinerino, diverse


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CARLOFORTE / LA NATURA

specie di gabbiani (corso, comune, roseo, reale, ecc.). Con un po’ di fortuna poi, il visitatore può incappare nella poderosa cicogna bianca o nel minuscolo e coloratissimo martin pescatore o nell’altrettanto colorata volpoca. Visioni che appagano l’occhio del turista e che soddisfano le curiosità dell’ornitologo. L’isola però, dal punto di vista naturalistico non è solo un eden per gli ornitologi, ma riveste un notevolissimo interesse scientifico anche per gli entomologi e per i botanici. A destare

tanta attenzione sono un insetto di un bel colore azzurro brillante, la Cicindela campestris saphyrina una specie endemica dell’isola di San Pietro, ed una pianta l’Astragalus maritimus morische che si può ammirare esclusivamente in un ristretto ambito del territorio isolano. Endemismi che hanno richiamato numerosi studiosi e appassionati, che sono stati oggetto di altrettante pubblicazioni, che hanno fatto conoscere, se ancora ce ne fosse stato il bisogno, Carloforte e la sua isola a un pubblico ancora più vasto e variegato.

Il falco della “giudicessa”

La pianta rara che cresce solo sull’isola

Cicindela, il bello e raro coleottero azzurro

L’Astragalus maritimus moris è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle leguminose che vive esclusivamente sull’isola di San Pietro. La pianta fu rinvenuta per la prima volta sull’isola dallo studioso Giuseppe Giacinto Moris nel 1827. Questo rarissimo e particolare endemismo fu decritto dallo stesso Moris in modo incompleto perché i campioni raccolti furono prelevati nel mese di gennaio privi in quel mese di infiorescenze. Solamente nel 1970 la pianta venne rinvenuta nella stessa località indicata quasi 150 anni prima dal botanico torinese, da due botanici dell’università di Cagliari, nell’ambito di uno studio floristico sull’isola di San Pietro. In seguito numerosi sono stati gli studi e i tentativi di porre in relazione Astragalus maritimus moris con altre flore, ma quasi tutti gli studiosi sono giunti alla conclusione che questa pianta è effettivamente una specie a sé stante, che vive in un ambiente dove pare non possa o non riesca ad espandersi. La presenza di questa particolare specie è oggetto tuttora di ricerche e di studio per accertarne l’origine. L’ipotesi prevalente è quella che sostiene la presenza di questa specie sull’isola in ere geologiche molto lontane, tale da definirla un paleoendemismo in quanto non si riesce a collocarla tra le specie attuali. L’Astragalus maritimus moris è una pianta perenne con un’altezza variabile tra i 20 e i 30 cm. e i rami lunghi 10/15 cm. Le foglie si presentano composte, di forma ellittica, in un ramo se ne possono contare mediamente una ventina, sono glabre nella parte superiore e pelose in quella inferiore.

Solamente sull’isola, unico al mondo, vive un piccolo e raro coleottero. Si tratta della Cicindela campestris saphyrina che a differenza delle altre cicindele presenta una lucente livrea di un inconfondibile colore azzurro elettrico, tendente al violetto, sulla quale spiccano limitate macule di color bianco tendente al giallo. Questa cicindela è considerata da tutti gli studiosi e appassionati di entomologi la più bella delle 17 specie di cicindela viventi in Italia. Come tutte le cicindele, la saphyrina presenta un capo grosso con occhi grandi e sporgenti e mandibole robuste. I maschi sono di taglia leggermente più piccola rispetto alle femmine. Un’altra differenza tra la femmina ed il maschio è che la prima presenta sul dorso due macule di color nero, una per elitra, che sono assenti nel maschio.Questo bellissimo endemismo che fu segnalato nel 1836 dal direttore del museo zoologico di Torino Carlo Giuseppe Genè, (lo stesso studioso che esaminò e classificò il Falco della regina), ha richiamato sull’isola alla ricerca di questo insetto diversi intenditori e cultori dell’entomologia, e tra questi c’è da annoverare uno dei più grandi scrittori tedeschi del Novecento, Ernest Jünger che nelle sue tante permanenze sull’isola (vi trascorse per nove anni parte delle sue vacanze) non riuscì mai a trovare la saphyrina ma scrisse in compenso delle pagine bellissime su Carloforte e la sua isola.

Il Falco della Regina è uno dei più rari rapaci europei, che è stato inserito nella “Lista Rossa” degli animali in pericolo di estinzione ( in tutto il mondo si contano circa 7500 coppie) è forse la specie che più di ogni altra spicca nell’avifauna isolana. Il Falco della regina (Falco eleonorae) trae il suo nome in italiano e scientifico dalla Giudicessa Eleonora d’Arborea che con l’emanazione nel XIV secolo della “Carta de Logu” vietò per prima la caccia a tutti i rapaci. È un falco dalle medie dimensioni e presenta un aspetto molto slanciato con un’apertura alare intorno ai 110/130 centimetri, per questa specie è presente il dimorfismo sessuale: il maschio è più piccolo della femmina e si distingue per avere la base del becco gialla mentre nella femmina è celeste. A prescindere dal sesso e dall’età questo rapace può presentarsi con un piumaggio chiaro (più frequente) e scuro. È un falco migratorio, durante l’inverno vive in Madagascar, nelle Seychelles e nelle isole Mauritius ma, al sopraggiungere della primavera, si dirige verso il Mediterraneo per riprodursi, dove nidifica in diverse isole e in alcuni tratti della costa atlantica e mediterranea dell’Africa. Durante il periodo della riproduzione questi rapaci cambiano dieta, da una alimentazione costituita essenzialmente di insetti passano a nutrirsi di piccoli passeracei in migrazione attraverso il Mediterraneo diretti verso le località di svernamento africane. Il falco della regina nidifica in cavità rocciose, in genere ben protette dalle intemperie lungo le falesie costiere. In piena estate, tra la metà di luglio e i primi di agosto vengono deposte da 1 a 4 uova. L’incubazione dura solitamente 28 giorni e l’involo dei piccoli falchi avviene dopo 30/35 giorni, tra la fine di settembre e la metà di ottobre, periodo in cui la colonia riparte nei quartieri africani per svernare. Per tutelare questo raro rapace dal 1980 si svolge a Carloforte un campo di protezione della Lipu che inizia il 1° luglio di ogni anno e termina il 14 ottobre . In pratica il campo di sorveglianza e di osservazione (per gli ornitologi è uno dei siti di più facile accessibilità per lo studio di questo rapace) viene effettuato per tutto il periodo che va dalla riproduzione all’involo dei piccoli. Ad uopo è stata istituita, su proposta della Lipu, un’oasi di protezione faunistica permanente che è estesa a 410 ettari nella parte nord-occidentale del territorio isolano. Nicolo Capriata 19


Il bar è aperto nel 2007 a Carloforte, in Via Roma 78. Dalle 17.00 alle 2.00 offre un ricco aperitivo che va dal beverage allo stuzzichino, cercando di creare sempre qualcosa che sazia il palato ma accontenta anche l’occhio. Si prosegue fino a notte fonda, offrendo pasti veloci, toast, bruschette e piatti freddi, per arrivare all’after dinner che propone dal cocktail al distillato di qualità, accompagnati da finger food, in pieno stile Incudine.

Il bar offre posti a sedere interni ed esterni, una particolare location interna per fumatori e il servizio Wi-Fi gratuito. Potete trovarci su Facebook, alla pagina L’Incudine Bar – Food & Drink, su TripAdvisor, su Foursquare e in altri social. Vi aspettiamo augurandovi una buona permanenza a Carloforte.

Via Roma, 78 09014 Carloforte (CI) tel. 0781.856458 incudine76@yahoo.it


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CARLOFORTE

LA COSTA E LE SPIAGGE Anche se siete dei viaggiatori incalliti, se avete attraversato deserti o foreste lussureggianti, percorso la savana o navigato nel pack, scalato montagne o vi siete tuffati nelle barriere coralline, anche se siete stati nei luoghi più belli della terra e in quelli più reconditi che svelano il loro fascino solo a pochi e fortunati visitatori, non potrete ancora dire che avete visto tutto quanto di splendido e spettacolare c’è da vedere sul nostro pianeta se ancora non siete stati a San Pietro: vi manca la visione delle sue coste. Una autentica meraviglia.

Le 18 miglia di litorale (che equivalgono a poco più di 33 chilometri) sono più di quanto la vostra fantasia possa immaginare: è un susseguirsi di paesaggi straordinariamente accattivanti e diversi. A volte dolci e gioiosi come le piccole spiagge di Gerin, Punta Nera, Guidi e de La Bobba, Lücaize, Colonne e La Caletta, tutte dalla sabbia finissima e soffice come il borotalco e tutte incastonate come gemme

La sintesi di queste contrapposizioni è nelle emozioni di sorpresa e incanto che suscita nel visitatore. E poi Calavinagra forse la più bella, sicuramente la più selvaggia e impenetrabile, che poi a sorpresa, quasi all’improvviso, si apre sul mare come un imbuto con dinanzi un pizzico di terra, un isolotto che sembra un castello medioevale messo a protezione della sua quiete e del suo silenzio. E poi

stupire e di richiamare alla mente immagini suggestive, come per La Conca, che del tutto simile ad un anfiteatro dell’età classica ti fa pensare a sfide di gladiatori o alla rappresentazione dei drammi di Sofocle o Euripide, o come per Le Colonne, i due faraglioni che si stagliano alti sul mare quasi messi a guardia del canale di San Pietro come due vecchi gendarmi, stanchi e pieni

in cale non molto ampie e rassicuranti. Altre volte lo scenario si presenta aspro e movimentato come da Nasca dove picchi, pinnacoli e obelischi assieme a massi multicolori (rossi, verdi, gialli), che appaiono pigri e sonnolenti, sembrano in attesa di eventi straordinari: qui in effetti tutto muta ma tutto resta incredibilmente immutato: è il fascino arcaico e arcano di Nasca, dove, a seconda della percezione, il mondo sembra all’inizio o alla fine. E ancora se si scende a Capo Sandalo, estremo lembo occidentale dell’isola, il paesaggio stimola la fantasia, diventa quasi onirico, caratterizzato com’è da guglie e spuntoni che assumono, in una sorta di gioco di ombre cinesi, le forme più svariate di oggetti e animali. Che dire poi delle numerose cale, simili a piccoli fiordi, che dalla costa occidentale si protraggono fino a quella settentrionale? Calafico così contrastante nell’aspetto: serena, paradisiaca nei giorni di calma, infernale e terrorizzante quando infuria il vento e il mare. Ma anche antitetica nella forma: la sponda sinistra è marrone e tetra, quella opposta argentea e lunare.

ancora Mammerussu, Calalunga e tante, tante piccole rade e rientranze “…la visita alla costa occidentale è più simile ad una spedizione che a un’escursione” ha scritto Ernst Jünger, il grande scrittorefilosofo del Novecento, riferendosi all’asperità e alla molteplicità delle forme del litorale isolano. Perché la costa, a falesia e frastagliata, annovera, tra strapiombi vertiginosi come la Borrona, mille sporgenze e insenature senza nome, numerosissimi anfratti, spesso molto piccoli da visitare e godere uno alla volta, ampie grotte come quelle che si trovano sulla punta di Calafico le cui arcuate le fanno assomigliare alle entrate delle cattedrali gotiche o quelle della Mezzaluna che si innalzano per oltre quaranta metri, sorrette da poderose colonne trachitiche che portano alla memoria la visione di enormi templi megalitici, o ancora la Grotta della Punta delle Oche, quasi nascosta da una parte della costa da far pensare ad un covo di pirati, con un pendaglio sulla volta quasi fosse un lampadario. È una costa che non finisce mai di

di acciacchi e che, per le recenti ferite, danno molto l’idea di un Don Chisciotte e un Sancho Panza. Ultimamente la colonna di terra è stata ulteriormente abbattuta, ha subito una nuova letale ferita. Eppure per questi due faraglioni c’erano stati tempi diversi, tempi più felici. Soprattutto da quando nell’aprile del 1993 furono elevate al rango di monumento naturale e la loro immagine fu impressa in milioni di scatti dai turisti che le hanno volute come sfondo per immortalare l’attimo fuggente di un amore o per suggellare un’amicizia o l’armoniosa solidarietà di un gruppo o ancora solo semplicemente per se stessi, come testimonianza della visita. È per tutte queste visioni, e queste emozioni percepite, vissute e condivise con altri, o avvertite intimamente e in silenzio (“…pochi luoghi della terra suscitano quel senso di solitudine che si gode qui…” è ancora Junger che scrive) ed è per tanto e tanto altro ancora che la costa isolana è una delle cose più belle della terra.

È una costa che non finisce mai di stupire e di richiamare alla mente immagini suggestive

Nicolo Capriata

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CARLOFORTE / CULTURA

UN’ISOLA RICCA DI CULTURA Carloforte, un lingua, una cucina, una borgata diversi e particolari sia nel loro insieme che nella loro unicità

Il visitatore che non è mai stato a Carloforte, appena si imbarca sul traghetto che lo deve trasportare sull’isola percepisce subito che tira un’aria insolita, che c’è qualcosa di diverso, che sta per giungere in un “mondo” singolare. Queste prime sensazioni, per certi versi straordinarie, vengono avvertite anche da chi è più o meno informato sulle vicende storiche e sulle prospettive antropologiche che caratterizzano il paese e la comunità. Il primo aspetto che il viaggiatore coglie immediatamente è la parlata degli isolani, antica, particolare, impossibile da ascoltare altrove, se si esclude la vicina Calasetta. E’ una lingua assimilabile a quella in uso tra i pegliesi del XVI secolo, antenati dei carlofortini, con qualche prestito arabo, siciliano e francese a conferma del lapalissiano concetto che ogni lingua è anche il risultato delle vicende storiche e demografiche dei suoi parlanti. E’ appena il

caso di ricordare che Carloforte fu fondata da una colonia di pegliesi trasferitisi intorno al 1540 a Tabarca, un isolotto tunisino, per praticarvi la pesca del corallo e da qui, quasi due secoli dopo, trasmigrati a San Pietro (e questo è anche il motivo per il quale carlofortino è sinonimo di tabarchino). Il bello della lingua tabarchina è costituito non solo dal fatto che sia una parlata antica e per certi aspetti variegata, ma che è parlata da tutti senza distinzione di età e di livello sociale. Questo aspetto, si diceva, il turista lo coglie già sul traghetto che lo trasporta all’isola, udendo il vociare dei tanti tabarchini che quotidianamente vi s’imbarcano. Le sensazioni di diversità si accrescono quando il viaggiatore, durante le manovre di attracco, si porta sulla tolda della nave e da qui impatta con la prima immagine della città: una lunga e alberata marina che richiama alla mente i paesi

della riviera ligure. Questa prima idea, una volta sbarcato, man mano che penetra nell’abitato viene rafforzata per lo stile architettonico delle case, per le decorazioni delle facciate, per i caratteristici tratti delle vie chiamate, anche qui come in Liguria, caruggi. Ma poi addentrandosi nella parte “alta” tra scalinate e ballatoi, muta la configurazione delle vie e con esse cambiano le percezioni, aumentano gli stupori: ora il borgo pur nella sua unicità ha qualcosa di arabo e mediterraneo. Ecco, questi primi contatti diretti e immediati con la realtà carlofortina o tabarchina che dir si voglia - sono sicuramente strabilianti. Ma a queste emozioni, per così dire, uditive e visive vanno aggiunte quelle gustative, per i mille sapori che la cucina isolana può offrire. Carloforte, tra le tante cose, è anche il paradiso del gusto. Qui si possono apprezzare, pardon assaporare, tante pietanze prelibate che vanno dal tonno, cotto in mille maniere e con mille salse, all’arabo cascà (cuscus), dalla

Cucina tabarchina, gusto e originalità “La cucina di una società è il linguaggio nella quale essa traduce inconsciamente la sua struttura” ha scritto Claude Levi-Strauss. Viene quasi da pensare che quando espresse questo concetto il grande antropologo francese si trovasse a Carloforte. Perché è difficile trovare una comunità, come quella carlofortina, la cui originale cucina sia il riflesso fedele delle vicende storiche, delle esperienze lavorative e dello sviluppo socio-economico che l’hanno caratterizzata. Così è per il cascà (cuscus) retaggio del loro trascorso in terra d’Africa, così è per le pietanze del tonno, la cui pesca è sempre stata vanto e sostentamento per

la società tabarchina. Ma così è stato anche per numerose vivande, una volta alimenti, come dire, dovuti alla loro attività lavorativa. Le gallette, per esempio, sempre presenti, una volta, nei battelli carlofortini, perché alla base dell’alimentazione dei marinai per la loro lunga conservazione ed ora entrate nella cucina tradizionale. Come il baccalà e lo stoccafisso. La cucina tabarchina è sicuramente prelibata, ma è anche interessante per l’originalità dei suoi piatti cucinati all’antica. La bobba, una minestra, densa e cremosa dal gusto caratteristico e inimitabile, a base di fave secche ne è il più classico degli esempi.

fainò (farinata) genovese alla pasta alla carlofortina con sugo al tonno e pesto. Questa è Carloforte, o meglio ciò che di Carloforte si coglie subito, quasi con impulso: un lingua, una cucina, una borgata davvero diversi e particolari sia nel loro insieme che nella loro unicità. Ma non è tutto. Se questi sono gli aspetti antropologici più evidenti, altri, straordinariamente interessanti, sono quelli che solitamente coglie il visitatore curioso, che si vuole informare sulla storia e sulla società carlofortina. Non esiste (forse non è mai esistita) una comunità come quella tabarchina che vanta una rinomata tradizione su particolari attività: marineria, cantieristica navale, pesca del tonno, ma anche del corallo e delle aragoste, raccolta del sale, produzione di vino, tutte occupazioni che, oltre a procurare duraturi vantaggi economici, hanno generato tutta una serie di eccezionali e inconsueti aspetti tradizionali. A tutto questo va aggiunto che nonostante la sua breve vita (la città è stata fondata 276 anni fa) Carloforte ha una storia affascinante, ricca di vicende straordinarie che hanno spesso valicato i confini della mera cronaca locale per balzare a buon diritto nella storia nazionale. Ce n’è e ne avanza per fare di Carloforte un’isola culturale quale in effetti è. Se l’isola dal punto di vista naturalistico presenta delle incomparabili bellezze, altrettanto belli e unici sono i suoi aspetti culturali. C come Carloforte e Cultura potrebbe sembrare solo uno slogan, invece è un binomio veritiero e quasi inscindibile. Visitate per credere. Nicolo Capriata

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CARLOFORTE / COSA VEDERE

COSA VEDERE

La chiesa dei Novelli Innocenti

È la chiesa più antica di Carloforte, edificata da papa Gregorio IX intorno al 1230 in ricordo della sventurata crociata dei fanciulli del 1212. Due navi che trasportavano da Marsiglia i piccoli crociati in Terrasanta, a causa di una violenta tempesta, naufragarono sull’isola di San Pietro e tantissimi bambini persero la vita, forse 700. La chiesa originariamente era più piccola ed aveva l’ingresso rivolto ad ovest come tutte le chiese cristiane edificate prima del XV secolo. Il piccolo tempio fu ingrandito e restaurato nel 1796 da Agostino Porcile, diretto erede di Agostino Tagliafico, il patriarca dei tabarchini, che la riportò alle attuali dimensioni invertendone anche l’entrata. Altri lavori di manutenzione furono eseguiti nel 1928 per conto di Donna Limbania Porcile che volle così onorare i suoi avi: vi sono sepolti, infatti, Agostino Tagliafico e tre suoi nipoti, i fratelli Porcile, Andrea che era prete, Agostino e Vittorio, valoroso ammiraglio della Regia Marina Sarda.

La statua di Carlo Emanuele III

La statua, che si erge sul lungomare, è stata realizzata a proprie spese dalla comunità in memoria del re di Sardegna che nel 1738 permise la colonizzazione dell’isola di San Pietro, allora deserta, cedendola ai tabarchini. Fu ancora lui a dare una mano d’aiuto per far venire i tabarchini fatti schiavi nel 1741 quando l’isola di Tabarca cadde definitivamente nelle mani dei tunisini. La statua fu innalzata il 16 luglio del 1786. Due anni più tardi il duca di San Pietro don Alberto Genoves gli fece aggiungere le

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CARLOFORTE / COSA VEDERE figure inginocchiate di uno schiavo moro e di una schiava tabarchina, perché lo stesso re aveva contribuito in seguito, attraverso anche uno scambio di schiavi, alla liberazione di diversi tabarchini. Quando l’isola fu occupata dai francesi nel 1793 al re di marmo venne tagliato il braccio destro nel tentativo di sotterrarlo nella spiaggia vicina. La statua è dell’artista genovese Bernardo Mantero (1713 – 1798) e per Carloforte è diventata un simbolo.

L’arco di via Solferino

L’arco che sta nel mezzo della via Solferino di fronte a piazza Repubblica è conosciuto dagli isolani come archióttu. A Carloforte si dice sia stato costruito alla fine del Settecento e che fosse la porta d’ingresso del giardino della famiglia Rapallo. Sta di fatto che l’arco è uno degli angoli più fotografati di Carloforte. I pittori l’hanno disegnato in tanti quadri e i turisti che vengono a Carloforte si fermano ad ammirarlo e fotografarlo.

Le mura di cinta

Le mura di cinta (o meglio quel che ne è rimasto) insistono sulla parte occidentale del paese. Furono realizzate dopo l’incursione dei pirati tunisini, nel settembre del 1798, che fecero schiavi quasi mille tabarchini. Tra la popolazione che riuscì a salvarsi al dolore per i parenti portati schiavi in Tunisia si aggiunse il timore di nuove invasioni. Più volte la popolazione scrisse a Vittorio Emanuele I affinché costruisse delle fortificazioni a difesa del paese. Finalmente il re intervenne per finanziare l’opera con l’aiuto del duca di San Pietro e del vescovo d’Iglesias. Così nell’agosto 1806 si diede inizio alla costruzione delle fortificazioni, completate intorno al 1813 col lavoro di forzati e di molti carlofortini, comprese le donne, che lavoravano quasi sempre gratuitamente. Le fortificazioni consistevano in un muro di cinta che circondava tutto il paese e da sette fortini. Nelle mura di cinta vi erano dei portoni che venivano chiusi quando si faceva buio e aperti ai primi chiarori del giorno. Del muro di cinta è rimasta solo la parte rivolta a ponente e un piccolissimo tratto verso tramontana. Dei sette fortini, invece, ne sono rimasti tre, il forte Santa Cristina, il Santa Teresa e il Beatrice, che però è stato trasformato ed è praticamente irriconoscibile.

La Madonna dello Schiavo

È una piccola chiesa in via XX Settembre, conosciuta dai carlofortini come “a gexettaduPrevin” (la chiesa del Pretino) o anche come “a gexa da Madonna duScchou” (la chiesa della Madonna dello Schiavo). Architettonicamente non ha niente di particolare, ma estremamente interessante è il suo contenuto. Vi si trova infatti l’effigie di una statua in legno, presumibilmente la polena di una nave, trovata, miracolosamente sospesa tra un albero di datteri ed uno di limoni dolci il 15 novembre del 1800 da un quindicenne carlofortino, Nicola Moretto, nelle campagne vicine a Tunisi, dove si trovava in schiavitù assieme ad oltre 900 suoi concittadini. Nella notte tra il 2 e il 3 settembre del 1798, Carloforte, infatti, subì un’invasione di pirati tunisini, che saccheggiarono la città e fecero schiavi quasi un migliaio di tabarchini, deportati a Tunisi. L’avvenimento parve subito miracoloso, il giovanetto prese la statua e la consegnò al sacerdote Don Nicolò Segni, chiamato “il Pretino”, che si era fatto schiavo volontario per dare assistenza ai compaesani. Da allora tutti i tabarchini in schiavitù si riunirono a pregare ai piedi di quella statua per invocare la liberazione alla Madonna.Quando furono liberati portarono a Carloforte quella effigie che battezzarono subito Madonna dello Schiavo, e le dedicarono una chiesetta su un terreno donato dallo stesso “Pretino”. I lavori cominciarono nel 1807 per terminare nel 1815. Ogni giorno molti isolani si fermano nella chiesetta del Pretino a salutare, anche per poco, la Madonna dello Schiavo. Il 15 novembre di ogni anno la statua viene portata in processione.

Il Monumento ai Caduti

Al centro di Piazza Pegli si erge il Monumento ai Caduti. L’opera venne costruita verso la fine degli anni trenta del secolo scorso e fu inaugurata nel giugno del 1932. Il monumento, voluto da tutta la comunità per onorare i propri soldati morti nella guerra del 1915/18, è stato costruito con le offerte di molte persone, ma soprattutto grazie al contributo di Giovanni Ferrando, un isolano che emigrato in Australia fece fortuna, e donò centomila lire, un patrimonio per l’epoca. Venne realizzato da scalpellini di Carloforte con pietre delle cave dell’isola. Inizialmente non era stato eretto in Piazza Pegli, ma nella regione chiamata Baggia. Nel 1960 l’amministrazione comunale decise di spostarlo in questa piazza, perché fosse più vicino alla gente. Il monumento venne quindi smontato pezzo per pezzo, e poi rimontato e ai nomi dei caduti della prima guerra mondiale si aggiunsero quelli della seconda. 24

Radiografia del tabarchino •

Se conoscete un carlofortino oltre al nome e cognome fatevi dire anche il soprannome. Quasi tutti ce l’hanno.

Non parlategli male della sua isola, specialmente se dallo “scoglio” si trova lontano. Alla sua terra è molto attaccato, prova una amore viscerale.

Se mugugna non fateci caso. Lo fa spesso.

Se parla in dialetto con altri tabarchini non prendetevela a male: non lo fa per non farvi capire. È solo un’abitudine peculiare, una sorta di tic irrefrenabile.

Se gli chiedete una informazione su un suo concittadino potrebbe essere molto esauriente: ogni carlofortino sa tutto di tutti.

Se vi parla di un evento o di una situazione locale cercate di conoscerne un altro: vi potrebbe dire esattamente il contrario. I carlofortini sono, per atavico retaggio, divisi in pro o in contro.

La solidarietà è quasi congenita, per ragioni storiche e geografiche, nel carlofortino. È tale da superare anche annosi e aspri contrasti.

Se gli dite che è un tirchio lo offendete. Se gli dite che è un risparmiatore lo fate felice.

U Palassiu

È conosciuto come u Palassiu (il Palazzo) ma è un bel teatro con tre gallerie, testimonianza delle lotte e delle fatiche sofferte dai battellieri. Partivano da Carloforte per andare con i loro battelli, a vela o a remi, nelle spiagge davanti all’isola, sulla costa sarda, a caricare minerale, per poi tornare la sera. “U Palassiu” è stato la loro chiesa e il loro orgoglio. Per edificarlo i battellieri si sono autofinanziati, una metà dei soldi è stata messa dall’Associazione Generale degli Operai nella quale più di mille battellieri erano soci, mentre per il resto sono state emesse delle azioni che costavano cento lire l’una. Invece di pagarla, l’azione si poteva avere in cambio di tre giornate di lavoro gratuito. Si iniziò a costruirlo nel maggio del 1920 e venne terminato nel maggio di due anni dopo. La sua facciata tuttavia, come si può vedere, non è stata completata perché il fascismo soffocò tutte le associazioni operaie. Quando fu costruito venne denominato “Casa del Proletariato”. In seguito il teatro è stato intitolato a Giuseppe Cavallera, un medico piemontese che aveva riunito i battellieri nelle leghe e con loro ha combattuto, scioperato e incarcerato. Nicolo Capriata


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30 maggiomay / 2 giugnojune 2014

CARLOFORTE / TONNO E TONNARE

LA PESCA DEL TONNO NELLA STORIA

Il tonno per i fenici ebbe una certa importanza economica e nutritiva se si considera che molte loro città coniarono monete con l’effigie di questo pesce.

La pesca del tonno è pratica antichissima: i fenici ne furono forse gli iniziatori e non è escluso che proprio ad essi si debbano le prime mattanze lungo le coste della penisola iberica prima, e di quelle occidentali della Sardegna poi. Nelle loro navigazioni ebbero certamente modo di apprendere le tecniche di pesca dai pescatori locali e di notare il passaggio di numerosi branchi di tonno secondo periodi e percorsi sempre uguali. Si resero anche conto che i pescatori usavano conservare il tonno in vasi di terracotta dopo aver cosparso di sale le carni. Il tonno per i fenici ebbe una certa importanza economica e nutritiva se si considera che 26

molte loro città coniarono monete con l’effigie di questo pesce. Il tonno viene indicato nella Bibbia col nome di tanin che in ebraico indica i pesci di enorme grandezza, ma la vera origine del suo nome deriva dal greco antico thyno che a sua volta si rifà al sanscrito e che assume il significato di “correre rapidamente e con impeto”.Eschilo nel suo dramma I Persiani, nel descrivere la battaglia di Salamina,


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CARLOFORTE / TONNO E TONNARE scrive che i greci fecero “una mattanza” dei loro avversari. Aristotele nella sua storia degli animali descrive abitudini, nutrizione, itinerari del tonno. Di questo importante abitatore marino ne parlano anche altri autori antichi da Plinio il Vecchio a Strabone, a Polibio, a Plutarco. Per lungo tempo si è creduto, secondo una diceria raccolta e fatta propria da Aristotele, che il tonno si avvicinava alle coste sud-occidentali della Sardegna attratto dalla “ghianda marina”, cioè una ghianda cresciuta sulle querce e caduta in mare dalle rive alte di cui ne era talmente ghiotto da meritarsi il soprannome di “porco marino”. Sempre secondo il filosofo greco il luogo d’origine dei tonni era il mar Nero da dove, navigando in profondità, attraversavano il Mediterraneo fino alle Colonne d’Ercole per penetrare nell’Atlantico e quindi compiere il percorso inverso e in superficie nella stagione degli amori, in primavera. Sicuramente lungo le coste sulcitane la pesca del tonno venne esercitata durante il dominio cartaginese. Ma un’altra leggenda fa risalire l’inizio di questa attività in Sardegna agli albori del cristianesimo: sarebbero stati San Pietro e Sant’Antioco (che diedero anche il nome alle due isole sulcitane) ad insegnare i metodi per catturare i tonni alle popolazioni costiere. Tra storia e leggende che spesso si fondono e confondono quando si indaga sulle origini della tonnara, la pesca del tonno in Sardegna fu praticata con alterne fortune, dovute anche al susseguirsi delle vicende storiche, dai romani ai pisani, dai genovesi agli spagnoli. Lungo le coste dove venivano calate le reti si costruivano capanne in legno per il ricovero della ciurma e si salava e si conservava il pescato in barili di legno. Nicolo Capriata

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CARLOFORTE / TONNO E TONNARE

LE TONNARE DEL TERRITORIO

Quella che segue è una brevissima storia delle tonnare dove la pratica della pesca fu esercitata quasi esclusivamente dai tabarchini quando nel 1738 giunsero a San Pietro e fondarono Carloforte. La tonnara di Portoscuso

La più antica notizia su questa tonnara risale al 1587, anno in cui sicuramente fu calata. Bisognerà tuttavia attendere il 1638, affinché venga esercitata con una certa regolarità. In quell’anno il Viceré di Sardegna Guglielmo Moncada la diede in concessione al Re di Spagna. Ma nel 1654 il sovrano spagnolo Filippo IV la vendette assieme ad altre tra le quali la tonnara di Portopaglia a Gironimo Vivaldi. Da questi passò ai suoi eredi che, nel 1672, la cedettero a titolo di vendita al nobile Don Antonio Genovese a Giovanni Rossi. Ma fra liti, concessioni, vendite e passaggi ereditari, la tonnara di Portoscuso con decreto del Re Vittorio Emanuele I tornò nel 1816 di proprietà degli eredi Vivaldi che la tennero fino al 1869 allorquando il Duca Vittorio Vivaldi Pasqua la cedette per 600.000 lire sarde al commerciante Pasquale Pastorino. Da questi passò al nipote Pietro Casaretto e quindi ai fratelli Masetti della Ligure Sarda SpA che sono gli ultimi eredi.

La tonnara di Portopaglia

Riferimenti storici precisi su questa tonnara si hanno a partire dal 1602. Fu

venduta tonnara dal Re di Spagna nel 1654 a Gironimo Vivaldi. Questi, dopo un anno, la cedette a Don Stefano Brunengo. Ma alla sua morte insorsero numerose liti tra i suoi eredi che portarono alla sospensione dell’esercizio della tonnara per lunghissimo tempo. Fu riattivata nel 1804 quando la tonnara passò al Demanio che la diede in appalto. Nel 1864 il Ministro delle finanze tramite una convenzione la cedette ai signori Carpaneto e Grillino, mercanti genovesi. Cent’anni dopo la Regione Sarda tolse la concessione alla Ipsa, una società genovese degli eredi Carpaneto, per affidarla ad una cooperativa costituita da 600 soci, la Co.To.Ri.Ca (Cooperativa Tonnarotti Riuniti Carloforte). La nuova gestione durò solo dieci anni. Nel 1974 la pratica della pesca fu sospesa e cinque anni dopo arrivò per la Cooperativa il fallimento.

La tonnara dell’isola Piana

Più recente è l’impianto della tonnara dell’Isola Piana che risale al 1698 per opera del mercante cagliaritano Giuseppe Cavassa. Ma nel 1711 il re di Spagna Filippo V la diede in proprietà al nobile Don Francesco Pes con il

titolo di Marchese di Villamarina quale ricompensa per i servigi prestati al sovrano. La tonnara, attraverso le successioni ereditarie, rimase sempre di proprietà dei Villamarina ai quali nel 1744 era stata data in feudo anche l’Isola Piana. Nel 1968 allorquando l’isola dai Villamarina venne venduta ad una società turistica, la tonnara venne rilevata dal Consorzio Tonnare che dopo alcuni anni fallì. Nel 1990 si costituì la “Carloforte Tonnare Piam” che calò la tonnara dell’Isola Piana la quale assieme alla società “Su Pranu” ha dato vita negli anni scorsi alla “Consociazione Tonnare Sarde”.

La cultura del tonno è storicamente legata a Carloforte e al suo territorio. Ne è testimonianza la presenza di antiche tonnare.

La tonnara di Calavinagra

Delle quattro tonnare in cui operarono quasi esclusivamente i carlofortini fu quella insediata più recentemente ed anche la meno pescosa. Fu il Duca di San Pietro Don Bernardino Genoves a calarla per la prima volta nel 1744. Da questi passò al figlio Don Alberto cui venne confiscata per debiti nel 1772 dal Real Patrimonio. L’azienda di Stato la diede quindi in appalto ma nel 1826 fu abbandonata per la scarsità del pescato. Fu riattivata nel 1860 dal commerciante genovese Giuseppe Crocco che la tenne per vent’anni. Nel 1900 la tonnara venne calata da una piccola società di Carlofortini. L’ultimo anno che in questa tonnara venne esercitata la pesca fu il 1926. Nicolo Capriata

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CARLOFORTE / TONNO E TONNARE

IL TONNO E I CARLOFORTINI Ci sono interi popoli o piccole comunità che si identificano con un animale o una pianta perché su questa o su quella hanno modellato la loro esistenza e sviluppato la loro cultura. Così per alcune civiltà la foca è stata alimento e vestiario, combustibile e materia prima per gli utensili, per altre genti l’albero di cocco ha avuto lo stesso valore e significato. Per Carloforte, o meglio per tutti i carlofortini, questa fonte di vita sulla quale hanno costruito la loro esistenza è stata certamente il mare e nel mare il tonno. Perché nessuno come loro è riuscito a

ancora perché nessuno come i carlofortini ha saputo sfruttare tutto quanto di questo pesce. Ogni sua parte si mangia e ogni sua parte è stata resa con procedimenti semplici e antichi, gustosa e prelibata. Così è per il cuore o le uova salate o il musciame tagliato a fette per l’insalata. E così è ancora per il belu (stomaco) liofilizzato con sale e sole. E le parti che non possono

Quando un animale assume ruoli così ampi e rilevanti in una comunità incide conseguentemente nei comportamenti e nelle manifestazioni più spontanee, nella vita di tutti i giorni, nelle minuzie come nelle scelte che contano.

carpire i segreti comportamenti di questo pesce che per i misteriosi itinerari della natura ha scelto a primavera inoltrata di scorrere in grandi branchi lambendo le coste dell’isola di San Pietro e di quelle ad essa vicine. Perché nessuno meglio di loro in quanto ad abilità e destrezza è riuscito ad intrappolare il tonno nell’ingegnosa complessità della tonnara per ammazzarlo nella corrida del mare. La storia non ci riporta un solo incidente grave durante la mattanza nonostante il roteare dei raffi e il batter disperato delle code nell’agonia. La mattanza è pur sempre una sagra di morte, una strage delle creature dell’acqua per la vita delle creature della terra. E 30

venire consumate, opportunamente lavorate, danno olio e i residui un fertilissimo e biologico concime il bagali. Quando un animale assume ruoli così ampi e rilevanti in una comunità incide conseguentemente nei comportamenti e nelle manifestazioni più spontanee, nella vita di tutti i giorni, nelle minuzie come nelle scelte che contano. Prima fra tutti influisce nel linguaggio o meglio nel parlare comune che si arricchisce, attraverso le esperienze maturate di nuovi e saggi, oltre che coloriti, modi di dire. È facile nella parlata comune dei carlofortini sentire locuzioni chiaramente derivate dalla pesca del tonno: il tema della tonnara è

stato forse quello in cui la fantasia popolare si è maggiormente e genuinamente sbizzarrita. Anche le nozze, almeno fino XIX secolo, erano regolate dalle primaverili migrazioni dei pesci: il maggior numero di matrimoni veniva celebrato nei mesi di luglio e di agosto, dopo che gli uomini avevano finito di cimentarsi nella pesca ed erano ritornati in paese irrobustiti nel fisico e nello spirito e soprattutto con qualche soldo in più. La mattanza aveva sempre esercitato negli uomini un fascino arcano e inafferrabile per quei suoi riti misti tra il pagano ed il cristiano, per quel suo essere arabo e mediterraneo insieme, per

quel suo furore di morte, per quella sua brama di vita. Ora non è più esattamente così. Da qualche anno qualcosa (o molto) è cambiato: i tonni non vengono più “uncinati”, ora vengono “incocciati” per le branchie e issati a bordo con un bigo. Sono i tempi che cambiano ed anche le esigenze di mercato: tra i compratori ora ci sono anche i giapponesi (il tonno di corsa è sempre più prelibato di quello pescato in oceano) che vogliono il prodotto integro, non squarciato, per servirlo crudo e fresco, chissà a quale prezzo, nei ristoranti “in” di Tokio, Osaka o Sapporo. Nicolo Capriata


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CARLOFORTE / TONNO E TONNARE

IL TONNO NELLA LINGUA TABARCHINA Dalla pratica della pesca del tonno la lingua tabarchina si è arricchita con l’entrata di tanti, originali e coloriti modi di dire nel linguaggio comune. Quel che segue è una panoramica non esaustiva di queste espressioni. A l’è ’na tunea È una tonnara L’espressione viene proferita quando ci si trova di fronte ad un groviglio di funi o di fili nel quale è difficile trovare il “bandolo della matassa”. È chiara la derivazione di questa preposizione: la tonnara è formata da quintali di cordame di canapa (ora di nylon) intrecciati tra di loro per formare la cudda (coda), lunga rete di sbarramento e l’uiza (isola) a forma di parallelepipedo costituita da diversi scomparti detti càmie (camere). A l’è ’na vacca da Punta È una vacca della Punta Si dice (o si diceva) per carne non buona, poco tenera e con molto grasso. Il modo di dire deriva dalla pratica della pesca del tonno. La ciurma di terra di una tonnara (quella addetta alla lavorazione e conservazione del pescato negli stabilimenti de La Punta) aveva diritto al vitto durante la stagione di pesca. Evidentemente la carne servita in tavola ai tonnarotti non era delle migliori qualità. A róba du sangue La roba del sangue Con questa locuzione solitamente si indicano gli indumenti, o le tute indossate per svolgere una determinata attività durante la quale è anche presumibile che ci si possa sporcare. Chiaro il riferimento all’esercizio della tonnara. A róba du sangue era infatti l’abbigliamento indossato dai tonnarotti, quasi una divisa, quando durante il ritorno a terra dopo la mattanza, si apprestavano a sventrare i tonni per prelevare le interiora (inciümme). A tunea a l’è ’na vacca grassa La tonnara è una vacca grassa In questo semplice modo di dire si intuisce quanto la pesca del tonno sia stata importante per l’economia dei coloni, soprattutto nei primi decenni dalla fondazione e anche oltre. Durante la costruzione delle mura di Cinta (1806 – 1815) il sovrintendente Cap. Ferrari si lamentava che gli uomini durante la stagione primaverile abbandonavano i lavori in muratura per recarsi alla pesca del tonno in cui evidentemente traevano più profitto. Arrive i ârascin Arrivano gli alassini (abitanti di Alassio) Con questa locuzione veniva una volta indicato l’inizio della stagione della tonnara quando a Carloforte giungevano i lavoratori stagionali molti dei quali provenivano da Alassio. Avài a béla drita cumme u tunnu (cumme l’óca) Avere l’intestino dritto come quello del tonno (del gabbiano) Motto scherzoso col quale si additano persone voraci che mangiano di tutto e

velocemente e che con altrettanta velocità e facilità digeriscono. Avài a faccia arensenìa cumme ‘n bélu de tunnu Avere il viso raggrinzito come lo stomaco del tonno Lo stomaco del tonno per essere conservato viene essiccato al sole dove si raggrinzisce fittamente assumendo l’aspetto di una pelle rugosa e corrugata come sono appunto certi visi di persone anziane. Avài l’öggiu cumme u tunnu Avere l’occhio come il tonno Si dice che il tonno, quasi un totem per i carlofortini, ingrandisca le cose. Per analogia la locuzione si riferisce alle persone che “vedono” per poco senso di misura gli oggetti più grandi del normale. Avài l’öggiu amursceleàu Avere l’occhio ben chiuso Amurscelò nel linguaggio della tonnara significa chiudere la camera della morte con cavi di filo di cocco chiamati appunto murscélli. In senso figurativo l’espressione assume il significato di occhi affaticati che si chiudono per la stanchezza o anche assonnati per abbondanti libagioni. Du tunnu tüttu l’è bun Del tonno tutto è buono Fin dai primi anni della colonizzazione la pesca del tonno è stata una delle attività che maggiormente hanno impegnato i carlofortini, diventati in breve tempo degli abili tonnarotti. Il tonno ha avuto subito un grosso peso sull’economia isolana e ha inciso notevolmente nei costumi compresi quelli alimentari. Nessuno infatti come i carlofortini sa cucinare tutte le parti del tonno (solo la coda e la testa non sono commestibili) in tanti modi e con mille salse ottenendo altrettante pietanze dai tanti sapori. Ecco spiegato e “giustificato” il senso del motto. Ésse ’n bélu de Sisilia Essere uno stomaco di tonno della Sicilia Si dice per cosa male riuscita o per persona mal fatta, essendo ritenuta di qualità scadente la lavorazione dello stomaco del tonno in Sicilia. Ma l’espressione ha anche il significato di viso rugoso, raggrinzito, ed è in questo caso sinonimo di Avài a faccia cumme in bélu de tunnu. Ésse ’n pascarmé Essere un palischermiere L’espressione viene proferita per rimproverare qualcuno che ha

Curiosità sul tonno Il maggior numero di tonni pescati in una mattanza è stato di 2047. Questa mattanza è nota come quella “du Lallan”, sopranome di Angelo Pomata, il rais dell’Isola Piana, che la comandò e diresse il 31 maggio del 1909. Quantunque possa sembrare incredibile non si sono mai verificati durante la mattanza, grazie soprattutto alla destrezza dei tonnarotti, gravi infortuni. L’unico incidente accaduto e purtroppo con conseguenze mortali avvenne nel 1914. La causa non fu dovuta però alle imperizie dei tonnarotti ma è da imputare alle bizze del tempo. La vittima fu il rais dell’Isola Piana Giuseppe Luxoro che, colpito da un fulmine, morì sul colpo mentre stava dirigendo la mattanza. Fino agli anni cinquanta del secolo scorso quando si iniziava la mattanza negli stabilimenti a terra delle tonnare di Portoscuso, Isola Piana e Portopaglia, tutti situati a Carloforte nella parte nord dell’isola, si era soliti issare una bandiera per darne comunicazione. La bandiera di Portoscuso era costituita da una croce rossa su un campo bianco. L’Isola Piana alzava la bandiera tricolore, mentre quella di Portopaglia era a scacchi bianchi e rossi. Per cinque anni, tra il 1775 e il 1780, venne insediata sulla costa sudoccidentale dell’isola la tonnara dello “Spalmatore” che veniva ubicata di fronte alla località “La Conca”. Aveva una coda di 700 metri ed era munita di cotardo. La tonnara fu calata dietro un canone annuo di 8000 scudi da pagare al Real Patrimonio, da Don Alberto Genoves figlio del Duca di San Pietro. I tonni pescati in cinque anni furono meno di 900 e questo fu il motivo del suo abbandono. Il tonno, nella vita degli isolani, ha sempre contato molto e non solo sotto l’aspetto economico. Dall’esperienza della tonnara, la lingua tabarchina, per esempio, si è arricchita di nuove e colorite locuzioni. Così l’espressione “ésse ’n tunnu” (essere un tonno) può assumere diversi significati a secondo del tono con la quale si pronuncia e verso chi è rivolta. Si può riferire alla stupidità di qualcuno “che tunnu” (che tonno), alla sua mole (che grasso, che grosso) ma se si allude al sesso femminile sta solo per “che bella figliola”. La stagione in cui gli isolani catturarono più tonni fu il 1786. Nella tonnara di Portoscuso furono pescati 14500 tonni, in quella di Portopaglia 9700, mentre 12000 e 7000 furono i tonni pescati rispettivamente nella tonnara dell’isola Piana e di Calavinagra. Complessivamente furono 43200 i tonni “mattanzati” in quella primavera.

svolto male ed in modo grossolano un determinato lavoro. La frase ha origine dalla pratica della pesca del tonno. I palischermieri erano infatti gli uomini addetti alla pulizia e alla manutenzione del barcareccio (l’insieme delle imbarcazioni

utilizzate in una tonnara) e alla sua riparazione quando le barche erano a mare. Spesso quest’ultimo compito doveva essere eseguito con grande rapidità lasciando poco spazio all’opera di rifinitura. Da ciò quindi il modo di dire. 33


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CARLOFORTE / TONNO E TONNARE

Ésse ’na rosazza Essere una rosazza Si indica così un individuo poco energico e poco attivo. Le rosazze erano le numerose pietre squadrate che ancoravano sul fondo e tenevano a piombo le reti della tonnara. Ésse a barcassa da tunea Essere la barcaccia della tonnara La barcassa era un’imbarcazione un po’ anomala nella flottiglia della tonnara, aveva molte funzioni ma in particolare fungeva da rimorchiatore del barcareccio. Il significato del motto pertanto è quello di essere disponibile a qualsiasi sforzo, ma anche quello di sopportare qualsiasi fatica. Ésse in bastassu Essere una persona forte e robusta È persona forte e robusta ma altre volte ha il significato di uomo grezzo dalle maniere grossolane. Nell’accezione carlofortina la locuzione si riferisce soprattutto ad individuo massiccio e nerboruto. I bastasci erano coloro che trasportavano i tonni in spalla dai vascelli agli sgocciolatoi dove venivano appesi. Ésse intu cantu da musciora Essere nell’angolo della mosciara Significa essere in una situazione di privilegio, in condizioni migliori rispetto ad altri. La mosciara oltre ad essere la barca ammiraglia di una tonnara (in essa vi prende posto il rais prima e dopo una mattanza) è anche l’ultimo stellato (comparto) del Capo Rais (uno dei due grossi barconi della tonnara) che trovandosi a poppa ha il bordo più vicino alla superficie marina e quindi i tonnarotti che vi prendono posto (i musciarieri) riescono ad issare a bordo più tonni e con minore fatica. Ésse ’n tunnu Essere un tonno Dall’esperienza della tonnara il tabarchino si è arricchito e colorito di nuovi motti e locuzioni. Il tonno nella vita degli isolani ha sempre contato molto e non solo quindi solo sotto l’aspetto economico. Così l’espressione ésse ’n tunnu può assumere diversi significati a seconda del tono con 34

la quale si pronuncia e verso chi è rivolta. Si può riferire alla stupidità di qualcuno che tunnu, alla sua mole ( che grasso, che grosso), ma se si allude al sesso femminile sta solo per “che bella figliola”. Ésse pin de (avài e) borche d’agiüttu Essere pieno di (avere le) “barche d’aiuto” Le “ bôrche d’agiüttu” sono imbarcazioni di varie dimensioni e senza particolari caratteristiche e compiti che vengono utilizzate in una tonnara come supporto. Per metafora la locuzione viene espressa per chi è attorniato da persone (soprattutto familiari) che offrono e danno una mano d’aiuto nello svolgimento di diversi lavori in particolare quelli domestici. Ésse suttu ràixe Essere sotto rais Non comandare ma essere comandato è il senso di questo breve modo di dire. L’appellativo viene rivolto quasi sempre in tono scherzoso ed in particolare modo a qualche marito obbediente ai “voleri” della moglie. La derivazione di questa espressione è fin troppo evidente. Il suttu raixe pur avendo un ruolo rilevante in una tonnara doveva come tutti i tonnarotti sottostare agli ordini del rais Gh’è tüttu incastelàu C’è tutto “incastellato” (preparato) La frase sta ad indicare che tutto è pronto per iniziare un’azione, anche se leggermente subdola, concordata preventivamente da più persone. “Incastellare” significa infatti disporre le imbarcazioni di una tonnara (vascello, caporais e bastarde) ai lati della camera della morte per poter poi dare avvio alla mattanza. Da incastelò deriva anche il vocabolo tabarchino ormai in disuso incastelèmmuse che stava a significare sediamoci a tavola. I ómmi sun cumme i tunni: unde va ün van tütti Gli uomini sono come i tonni dove va uno vanno tutti. Per i carlofortini in questo modo di dire gli uomini sono come le pecorelle di Dante. I tunni se cuntan quande en inta baracca

I tonni si contano quando sono nella baracca Le previsioni vanno bene però…è sempre meglio non fare conti. Questo modo di dire, che prende spunto dall’esercizio della pesca del tonno è sinonimo di un altro riferito alla vendemmia â fin da vendegna cuntiému i barì (alla fine della vendemmia conteremo i barili). Ómmi asé bütaighe cû duse Uomini assai, bottarghe col dolce Quando si lavora in troppi ad una cosa il risultato quasi sempre non è dei migliori. E’ questo il senso della locuzione. La conservazione delle uova di tonno richiede cure particolari e notevole attenzione: troppe “mani” ed intromissioni possono far andar male il loro confezionamento e le bottarghe acquistano un sapore dolciastro che le deprezza considerevolmente. Pe Sant’Antunin i tunni se péscan cû campanin A Sant’Antonio i tonni si pescano col campanello Sant’Antonio da Padova si festeggia il 13 giugno, i tonni che “passano” sono ormai rari e la stagione delle tonnare può considerarsi conclusa. Portuscüzu u l’è u rè e l’Uiza Ciaña a regigna Portoscuso è il re e l’Isola Piana la regina È questo un antico modo di dire diffuso fino alla fine dell’Ottocento ed ora ormai in disuso. Il motto si è originato e si riferiva alla pescosità delle tue tonnare che erano considerate le migliori in assoluto tra quelle che erano state stabilite in Sardegna. Savài de bàgali Odorare di bagano La locuzione indica cose ma anche persone che puzzano molto. Il “bagali” era infatti un fertilissimo concime biologico che si otteneva (come prodotto finale) dalla tracimazione di tutte le parti non commestibili del tonno effettuata per ottenere olio. Il “bagali” aveva davvero un fetore insopportabile. Sun ciaccere da tunea Sono chiacchere da tonnara


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CARLOFORTE / TONNO E TONNARE Si dice quando si fanno discorsi inutili e senza alcun costrutto. T’aspéti i tunni cumme à câ Vinogra Aspetti i tonni come a Calavinagra Aspettare qualcosa che forse non arriva mai è il senso di questa locuzione. La tonnara di Calavinagra (a parte la breve esistenza di quella dello Spalmatore) fu l’ultima ad essere insediata nelle acque isolane (fu calata per la prima volta nel 1744 dal Duca di San Pietro) ma di tutte le tonnare praticate dai carlofortini fu anche la meno pescosa. Da qui la derivazione del modo di dire T’han missu intu barbàiciu Ti hanno messo nel barbaroccio È l’essere sottomesso a qualcuno, l’essere comandato, l’essere in una situazione di ricevere ordini che devono essere eseguiti prontamente senza poter obiettare alcunché. Il barbariccio è infatti il cannotto che si posiziona all’interno del quadrato della camera della morte con a bordo il rais per dirigere le fasi della pesca. Sul barbariccio vi prende posto anche un rematore che è soggetto ai comandi del rais. Da qui il modo di dire. U m’aléve l’oia cumme u scabecciu Mi toglie l’aria come il tonno sott’olio Si dice per persona noiosa, tediosa e scocciante al punto tale… da togliere l’aria che si respira. Il modo

di dire carlofortino è nato sicuramente dopo il 1868. In quell’anno infatti negli stabilimenti a terra delle tonnare venne applicato il metodo Nicolas Appert perfezionato da Bryan Donkin per la conservazione dei cibi che consisteva appunto nel togliere l’aria alle latte nelle quali si confezionava il tonno lessato sott’olio. U preve de Portuscüzu Il prete di Portoscuso L’espressione viene pronunciata in tono satirico verso chi candidamente e spesso con convinzione sostiene di avere eseguito un lavoro o compiuto un’impresa senza però avervi minimamente partecipato o quanto meno collaborato. Deriva da uno dei tanti aneddoti della pesca del tonno. Si narra infatti che in epoche passate un non meglio identificato sacerdote in ufficio a Portoscuso abbia al termine di una omelia proferito la frase “Abbiamo fatto mattanza”. Il prelato però non si era mai allontanato dalla sua parrocchia.

Vegne u Lan â fan, va u Minsa in sciü nu â fan ciü Viene Lan la fanno, viene Minsa non la fanno più Il motto si riferisce probabilmente a due tonnarotti esistiti nel tempo addietro i quali si trovavano di parere discordi sul fare o no la mattanza. Da qui il significato dell’espressione che viene proferita per evidenziare situazioni di incertezza. Nicolo Capriata

U tunnu du levante mézu au mò e mézu au mercante Il tonno di levante mezzo al mare e mezzo al mercante Con questa espressione si vuole intendere che quando il tonno è entrato nella camera di levante che è situata in una delle estremità dell’isola (nell’altra è situata la camera della morte) non è ancora segnato del tutto il suo destino.

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30 maggiomay / 2 giugnojune 2014

CARLOFORTE / TONNO E TONNARE

LA MATTANZA Una serie di ordini brevi e perentori pronunciati dal rais caratterizzavano le fasi che precedevano la mattanza vera e propria. La sera prima il rais, persona solitamente riservata e riluttante a parlare di pesca, si rivolgeva al capo baracca e pronunciava la frase tanto attesa dalla ciurma “duman se va in etu” (domani si va in “alto”).

Alle prime luci dell’alba, i tonnarotti prendevano posto a seconda delle loro mansioni chi sul vascello, chi sul capo-rais chi sui palischermotti pronti per salpare. Il rais i cui poteri erano simili a quelli di un monarca assoluto saliva sulla barca ammiraglia, la musciora. Dalla costa, davanti agli alloggi della ciurma, quel caratteristico naviglio veniva trainato dai rimorchiatori (a forza di remi prima dell’avvento dei motori) al largo, sull’isola della tonnara. Qui giunti i barconi venivano ormeggiati, all’esterno della rete. Sola la musciora si spostava lentamente in lungo e in largo per l’isola: da essa il rais osservava

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lo spostamento dei tonni da una camera all’altra, che veniva consentito facendo scivolare sul fondo le porte, le pareti mobili che le separano. Il tutto si svolgeva in un silenzio quasi solenne che veniva interrotto ogni tanto dagli ordini precisi e perentori del rais. Erano quelli momenti di trepida ed emozionante attesa. Il passaggio dei tonni da uno scomparto all’altro non avveniva infatti sempre in modo immediato. Se tutto procedeva regolarmente il rais esclamava “Montano! Montano!”, e l’attesa quasi esasperante della ciurma si trasformava in un’affabile allegria. I tonni erano ormai giunti nella camera di ponente ed il loro

destino era inevitabilmente segnato. Ma ancora un ostacolo li separava da quell’inconsapevole agonia: l’ultima porta. Era il momento in cui il rais si alzava in piedi e togliendosi il berretto esortava gli uomini alla preghiera che precedeva allo sterminio. I tonnarotti lo imitavano nel gesto e spiccicando velocemente le parole, quasi che ognuno avesse il timore di farsi udire dai compagni a fianco recitavano l’orazione, perpetuando così

un antico rituale propiziatorio. Seguiva un nuovo fermo comando del rais: “In nomme de Diu molla!” (In nome di Dio molla) e l’ultima porta mobile, quella che separa la camera di ponente dalla camera della morte scendeva rapida sul fondo. I tonni quasi presaghi del loro destino vi passavano lentamente e quando anche l’ultimo dei pesci era entrato in quest’ultima camera, giungeva un altro indiscutibile ordine del rais: “Léva!” urlava


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CARLOFORTE / TONNO E TONNARE e la porta veniva nuovamente sollevata precludendo a quei poveri pesci ogni via di scampo. Assicuratosi che tutto era stato eseguito in maniera inappuntabile “Amurscela!” ingiungeva ancora il rais e la porta veniva fissata con delle legature. I tonnarotti intanto con le mani nelle maglie e a forza di braccia cominciavano a sollevare il corpus. La loro azione era lenta ma continua, i movimenti erano quasi sincronizzati come in un magico cerimoniale. La fatica immane era appena lenita dagli issa! e forsa! (issa! forza!) che la ciurma intonava con monotona cadenza quasi come in una nenia. I muscoli intrisi di sudore e di salsedine si rilassavano e contraevano in un ritmo spasmodico. Presto qualche pinna cominciava a fendere quello specchio di mare che subitaneamente si faceva ondoso e spumeggiante come in una tempesta. I tonni ormai avvertivano di essere stretti in una morsa mortale. E si dimenavano con gli occhi spaventati, quasi imploranti, si pigiavano e si cozzavano nella vana e disperata ricerca della vita. Il rais in piedi sul barbaricciu, non curante degli spruzzi e degli urti che riceveva per l’agitarsi disperato dei pesci continuava ad impartire ordini. I tonni alla fine erano stanchi, disorientati, feriti. Il fatidico momento era giunto: matta! matta! imponeva il rais. La sentenza di morte era pronunciata. I tonnarotti dimenticavano la fatica fino allora profusa e venivano assaliti da un rinnovato fervore e da uno strano furore. Mani alle aste ed i tonni spossati e tramortiti venivano avvicinati alle murate del vascello e del capo-rais. Si assisteva allora ad un’altra prova di indescrivibile ed impareggiabile destrezza. Gli uomini si scambiavano espressioni scurrili ed irripetibili e tra di loro rivaleggiavano: ognuno voleva dar mostra della propria maestria. Il mare si tingeva di rosso per il sangue che usciva dalle ferite dei pesci. Lo spettacolo era unico suggestivo, cruento L’impari battaglia continuava furente e implacabile fino a quando l’ultima delle vittime designate non veniva issata a bordo.

La preghiera prima di “mattare” Prima di far entrare i tonni nella camera della morte il rais e la sua ciurma si alzavano in piedi, si toglievano i berretti e molto velocemente, mormorando appena le parole, recitavano un Credo allo Spirito Santo, un’Ave alla Madonna e sette Pater Noster dedicati a:

Sant’Antóniu ch’u ne desbarasse u cammin e u n’asciste inte operasuin (Sant’Antonio affinché ci liberi il cammino e ci assista nelle operazioni)

San Zórzu cch’u ne libere dai pésci catii (San Giorgio che ci liberi dai pesci cattivi)

San Gaitan ch’u ne mande a Pruvidensa (San Gaetano che ci mandi la Provvidenza)

San Liberu ch’u ne libere dai disgrasie (San Libero affinché ci liberi dalle disgrazie)

San Pé ch’u ne mande na buña pésca

(San Pietro affinché ci mandi una buona pesca)

Alle anime del Purgatorio A tutti i Santi Protettori Alla fine di questa borbottata preghiera il rais comandava “In nome de Diu molla! (In nome di Dio molla!) e la porta della camera della morte discendeva rapida sul fondo. Era l’inizio della mattanza, la corrida del mare fatta di sudore, sangue e morte.

La fatica immane era appena lenita dagli issa! e forsa! (issa! forza!) che la ciurma intonava con monotona cadenza quasi come una nenia.

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CARLOFORTE / TONNO E TONNARE

LA RETE DELLA TONNARA Un’ingegnosa e complessa trappola della morte

La tonnara è un complesso di reti variamente suddivise e di varia grandezza, tessute con filetto di cocco e canapa (ora sostituite dal nylon), che si estende verticalmente dal fondo fino alla superficie marina. Sul fondo la tonnara è assicurata per mezzo di pietre squadrate dette rozaze che sono in numero superiore a 1000 e ciascuna dal peso di 18/20 Kg. Le reti sono tenute a galla da pezzi di sughero (anche questi ora sostituiti da galleggianti in plastica) detti soli o cassette legati ad un lungo cavo che sostiene la tonnara per tutto il suo perimetro, il sumu. Sul sumu sono inoltre allacciati gli ormeggi, gomene di circa 125 metri che discendono obliquamente sul fondo dove sono uniti a delle ancore aventi il compito di impedire che il gioco delle correnti o le violente mareggiate spostino la tonnara dalla sua originaria posizione. Il numero degli ormeggi varia da un impianto di pesca all’altro, ma generalmente sono intorno a 160, tale essendo il numero delle ancore in dotazione ad una tonnara. In ogni tonnara si distinguono due parti per forma e funzione: la coda, cudda, e l’isola, uiza. La coda è costituita da una rete a maglie larghe (25 cm. di lato) che a seconda delle tonnare è lunga dai 1000 ai 1500 metri. Si estende dalla costa al largo fino a congiungersi con l’isola, a guisa di un muro di sbarramento in modo da far deviare i tonni dalla loro corsa originaria dirigendoli appunto verso la trappola dell’isola. La sua parte iniziale viene chiamata pedale ed è annodata su uno scoglio sulla terraferma, oppure è tenuta sul fondo in prossimità del litorale per mezzo di una grossa ancora. L’altra estremità della coda incontra perpendicolarmente l’isola in un punto detto croce del bordonaro. La sistemazione di questo incrocio tra la coda e l’isola è la prima operazione che viene compiuta quando si cala una tonnara. L’isola ha la forma di un parallelepipedo e presenta una lunghezza variabile tra i 300 e i 400 metri, mentre la sua larghezza oscilla intorno ai 40 metri al centro, e trenta alle estremità che prendono nome di testa di levante e testa di ponente. Essa

è costituita da cinque o sei scomparti chiamati càmie (camere) separate e comunicanti tra loro per mezzo di pareti mobili dette pórte (porte) che sono reti che si sollevano o si scendono sul fondo a seconda dell’occorrenza. La càmia de levante (la camera di levante) è la prima che s’incontra a partire dalla testa di levante, mediamente misura 40 metri di lunghezza e 36 di larghezza. A questa è adiacente il grande che della tonnara è la camera con maggiori dimensioni (70 x 40 metri) ed è aperta dal suo lato di terra (la bocca della tonnara) perché destinata a ricevere i tonni dirottati

dal loro originario percorso. Al grande fa seguito il bordonaro alla cui parete destra si unisce la coda, ed il bastardo che hanno pressappoco la stessa ampiezza (all’incirca 39 x 42 metri). S’incontra quindi la camera di ponente ed infine l’ultima, la camera della morte, nella quale vengono uccisi i tonni. Questa camera è l’unica che ha il fondo di rete, il corpus, che durante la mattanza viene sollevato come un sacco. Il corpus che deve sopportare il peso e gli urti dei tonni intrappolati è tessuto con funicelle di canapa che sono più resistenti del filetto di cocco. Il fondo di questa rete si distingue in soffina, grado e morte. La

diversa terminologia della rete di fondo sta ad indicare la diversa grandezza delle maglie che da 6/7 centimetri di lato nella soffina passano ad 1/2 cm nella morte. Le pareti laterali del corpo sono invece la porta, le traverse e il carafatà. La tonnara viene calata ogni anno sempre nello stesso punto tra l’ultima decade di aprile e i primi giorni di maggio e viene salpata tra la fine di giugno e l’inizio di luglio. È posta su un fondale generalmente sabbioso o coperte di alghe ad una profondità di 30/35 metri. Nicolo Capriata

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HOTEL HIERACON ****

L'hotel Hieracon a Carloforte è un edificio in stile liberty di rara eleganza e raffinatezza. Nella sua lunga storia ha ospitato nobili famiglie, ambasciate e consolati prima di essere convertito in hotel nel 1980. Oggi è un albergo a 4 stelle inaugurato dopo una sapiente ristrutturazione per esaltare le antiche bellezze del palazzo ed aumentare il comfort nell’ospitalità. La ristrutturazione è stata effettuata utilizzando materiali biocompatibili. L’installazione di impianti fotovoltaici e ad energia termica consentono l’utilizzo di energie rinnovabili. Situato proprio di fronte al mare, nel centro storico di Carloforte a 50 metri dal porto turistico, è il punto di partenza ideale per visitare la meravigliosa isola nell’isola della Sardegna. Hierakon nesos è l’antico nome dell’isola di San Pietro, attribuitogli dai Greci, per la presenza dei numerosi sparvieri, attualmente denominati falco della regina, che oggi come allora popolano le scogliere dell’isola e si possono ammirare nell’oasi Lipu di Cala Fico. Se volete rilassarvi e allontanarvi dallo stress della vita di tutti i giorni e desiderate farlo in un ambiente distinto e raffinato con una magnifica vista mare, un lussureggiante giardino privato, in locali dalle alte porte lignee, con marmi, grandi specchiere, mobili d’antiquariato, dipinti originali di maestri italiani e locali, soggiornare all’hotel Hieracon è la soluzione ottimale.

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LE CAMERE CLASSIC sono situate al terzo piano, confortevoli e romantiche, hanno la finestra sul tetto e si ammira il luccicare delle stelle. LE CAMERE SUPERIOR sono situate al secondo piano e circondate dal lussureggiante giardino, alcune hanno terrazzo privato e doccia idromassaggio. LA CAMERE DELUXE sempre al secondo piano, oltre alle alte porte lignee, marmi, grandi specchiere, mobili d’antiquariato, dipinti originali di maestri italiani e locali, hanno un’impareggiabile vista sul porticciolo turistico e sugli splendidi yacht.

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CARLOFORTE / TONNO E TONNARE

LE CIURME Oltre cento uomini comandati dal rais. Il personale addetto ai lavori di una tonnara era formato da 130/160 uomini divisi in due squadre, la ciurma di mare e la ciurma di terra. La ciurma di mare era composta esclusivamente da marinai il cui numero variava a seconda delle dimensioni e dell’importanza della tonnara, da 70 a 100 uomini aventi il compito di calare e salpare le reti, di far guardia alla tonnara, di occuparsi della manutenzione delle imbarcazioni, oltre naturalmente a quello di fare mattanza. Tutti questi tonnarotti erano soggetti ad un capo indiscusso, il rais che al pari di un monarca assoluto decideva su tutto. Era lui che stabiliva quando e come calare la tonnara, quando iniziare la mattanza che lui stesso dirigeva con ordini perentori a bordo del barbariccio. Nel suo lavoro era assistito da un sottorais una specie di aiutante di campo, un aiuto regista pronto a verificare la giusta esecuzione delle diverse sequenze. Per ogni imbarcazione si nominava un capo chiamato padrone o marinaio di parte. Questi costituivano una sorta di stato maggiore della tonnara. Gli altri tonnarotti a seconda dell’imbarcazione in cui svolgevano le loro mansioni erano detti

bastradieri, musciarieri, palischermieri. Facevano parte della ciurma di mare anche i maestri d’ascia e i calafati. La ciurma di terra era costituita dal personale degli stabilimenti dove veniva trasportato e confezionato il pescato. Era composta dal direttore di baracca (baracca è l’edificio in cui veniva conservato il tonno) che era anche il capo e il responsabile della ciurma di terra. Vi appartenevano cuocitori, barilari, stagnini, oleari, dispensieri, magazzinieri, sorveglianti, e perfino un postino che aveva il compito di inoltrare la corrispondenza che tutto il personale teneva con le proprie famiglie dagli stabilimenti a Carloforte e viceversa. C’erano poi i gagin, ragazzi con funzioni da garzone ai quali si affidavano compiti di facile esecuzione e che non comportavano fatica. La ciurma di mare veniva assunta stagionalmente mentre quella di terra era occupata per tutto l’anno. La retribuzione variava da tonnara a tonnara ed aumentava proporzionalmente ai tonni pescati nella stagione. Alla ciurma di mare spettavano inoltre le uova e il cuore e tutte le interiora (inciümme) dei tonni pescati, ma a differenza della ciurma di terra doveva provvedere al vitto per proprio conto.

Tutti i tonnarotti erano soggetti ad un capo indiscusso, il rais che al pari di un monarca assoluto decideva su tutto. 41


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CARLOFORTE / TONNO E TONNARE

IL BARCARECCIO, LE IMBARCAZIONI DELLA MATTANZA L’insieme delle imbarcazioni usate in una tonnara per eseguire tutte le operazioni che vanno dal calare al salpare le reti a quelle a inerenti alle varie fasi della pesca prende il nome di barcareccio. Questo caratteristico naviglio era costituito (ma lo è tuttora) da oltre una quindicina di imbarcazioni tra canotti, barche e barconi. Questi il nome, la funzione e le loro particolarità: Vascello - È un grosso barcone senza alberi né remi, diviso trasversalmente in comparti, generalmente sei, chiamati stellati. È costruito in legno massiccio, è esternamente di colore nero per la grande

quantità di catrame usato per proteggere la sua imbarcazione, ed è lungo intorno ai 24/25 metri. In questo barcone vi prendono posto i tonnarotti per issare il corpus e i tonni durante la mattanza. Capo – rais - È un barcone del tutto simile al precedente ed è adibito per gli stessi compiti, ma è di due o tre metri più corto. Palischermotto – Sono solitamente due per ogni tonnara. Sono anche questi dei

grossi barconi lunghi intorno ai 16 metri che hanno la funzione di trasportare le reti, le ancore e i cavi. Sono dotati di argani per calare e salpare le reti. Bastarda – sono in ogni tonnara in numero di 5/6 con a bordo sette/ otto persone che fanno guardia giornalmente alle reti e dalle quali viene osservata l’entrata dei tonni nella tonnara. Queste imbarcazioni sono lunghe 10 metri e larghe due. Musciora – È la barca “ammiraglia” della flottiglia. In essa vi prende posto il Rais prima e dopo una mattanza. È simile alle bastarde ma è leggermente più piccola. Barbariccio – È una barca di piccole

dimensioni, 4/5 metri di lunghezza, che viene posizionata durante la mattanza all’interno del “quadrato” e nella quale vi prende posto il rais per dirigere tutte le fasi della pesca. Schifetto – In tutto simile alle bastarde ma svolge sorveglianza notturna. A tutte queste ci sono da aggiungere varie altre imbarcazioni tra le quali il rimorchiatore che traina “in alto” ossia sull’isola, il barcareccio. Prima dell’avvento dei motori il traino veniva fatto a forza di remi: in un rimorchiatore sedevano almeno 20 vogatori. Nicolo Capriata 43


30 maggiomay / 2 giugnojune 2014

CARLOFORTE / EVENTI

ESTATE A CARLOFORTE, UN PALINSESTO RICCO DI EVENTI

GIUGNO 30 maggio > 2 giugno GIROTONNO

21 giugno

FESTA DELLA MUSICA EUROPEA

Anche Carloforte fa parte del circuito dei festival della musica europea. La Festa della musica non è un festival, è’ una grande manifestazione popolare gratuita che si tiene il 21 giugno di ogni anno per celebrare il solstizio d’estate. È una festa aperta a tutti i partecipanti amatori o professionisti che desiderano esibirsi nelle piazze o nei carruggi del paese. Per il secondo anno la Festa Europea della Musica a Carloforte vedrà le nostre band rock, pop, jazz pronte a regalarci la loro musica nel centro storico in concomitanza con tutte le città europee che in un gigantesco concerto si mettono in sintonia.

23 giugno

LA NOTTE DI SAN GIOVANNI Festa degli innamorati

La vigilia della festa di San Giovanni le giovani coppie d’innamorati si giurano amore eterno davanti ad un falò. A Carloforte in quest’occasione si ricordano Carolina e Raffaele, i due fidanzatini il cui amore era contrastato dai genitori di lei. Non era ammissibile, allora, che una carlofortina sposasse un marinaio ponzese, ma, l’amore trionfò e la coppia riuscì a pronunciare la promessa davanti al falò. 44


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CARLOFORTE / EVENTI 26 > 28 giugno

POSIDONIA FESTIVAL

Dal 26 al 28 giugno, musica, arte e spettacoli all’insegna del contatto con la natura a Carloforte. Il Posidonia Festival è un EcoFestival di arte e natura che promuove una cultura basata sull’eco-sostenibilità e connette in modo innovativo i mondi dell’ecologia, lo sviluppo sostenibile e l’arte, coinvolgendo attori locali, nazionali e internazionali. Il Posidonia Festival torna a Carloforte per il secondo anno consecutivo dopo tre edizioni nell’isola spagnola di Formentera, dal 2008, e in vista di nuova edizione in Spagna, a Sitges (Catalunya), dal 31 agosto al 2 settembre 2012. Il Posidonia Festival è un evento nato con l’obiettivo di connettere ecologia, turismo e mondo dell’arte, coinvolgendo attori locali e internazionali, artisti e scienziati, professionisti del turismo e della eco-industria, abitanti del posto e turisti. Il festival vuole essere uno spazio di diffusione delle conoscenze e delle pratiche che favoriscono la difesa dell’ambiente naturale e, allo stesso tempo, un’opportunità per lo sviluppo sostenibile, culturale e turistico di Carloforte e dell’isola di San Pietro. Un’esperienza unica e originale che riunisce, nei quattro giorni del festival, personalità e artisti attivi nei settori promossi dalla manifestazione: scienza, arte, ecologia e turismo. Conferenze, documentari a tematica ambientale, laboratori di riciclaggio artistico, esposizioni, ma non solo. Il Posidonia Festival sarà una vera e propria festa che ogni sera, coinvolgerà cittadini e turisti fra aperitivi musicali, concerti e performance. Le tematiche principali al centro di questa edizione sono la Posidonia oceanica, la pesca sostenibile, l’intreccio fra arte ed ecologia e Carloforte. Il Posidonia Festival Carloforte è organizzato dall’Associazione internazionale con sede a Barcellona Posidonia MED attraverso la associazione gemella italiana Posidonia Project Carloforte, del Posidonia MED, Associazione Internazionale no-profit che lavora per invertire la riduzione della Posidonia oceanica nell’ecosistema marino e costiero del Mediterraneo.

28 > 29 giugno

FRITTURA DEL PESCATORE

I pescatori di Carloforte offrono il pescato fritto nelle gigantesche padelle sul lungomare in una kermesse di sapori, gusti e suoni della tradizione isolana.

29 giugno

SAN PIETRO APOSTOLO

Festa Patronale di grande effetto, molto sentita dalla popolazione. La Processione a terra si svolge per le vie del paese con i pescatori che portano il Santo Patrono per poi raggiungere il porto dove viene imbarcato su una barca che dà inizio alla bellissima processione a mare con il coinvolgimento di imbarcazioni di ogni tipo che la accompagnano con i fischi delle sirene. La serata si conclude con i fuochi d’artificio che regalano agli spettatori momenti di incomparabile bellezza di musica e colore.

LUGLIO 2 luglio

DOCUDAY

Manifestazione internazionale dedicata al documentario d’autore. Testimonianze di grande valore artistico e culturale illustrano luoghi, momenti e situazioni che arricchiscono la nostra conoscenza del mondo che ci circonda.

5 luglio

FORMAT GRUNGE / Serata musicale

10 luglio

LA CUCINA TABARCHINA: TRADIZIONE E INNOVAZIONE 2°concorso gastronomico

18 > 28 luglio

INCONTRI SU CULTURE INTEGRATE IN GASTRONOMIA

26-27 luglio

GUITAR FESTIVAL E’ il momento della musica classica. Il Guitar Festival significa ascoltare la magia della chitarra classica nelle mani prodigiose di Fabrizio Ferraro e company. Per gli appassionati della chitarra e della bella musica l’appuntamento per le due serate in concerto è al Cine-Teatro Cavallera.

30-31 luglio / 5-6 agosto FIABE IN PIAZZA

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30 maggiomay / 2 giugnojune 2014

CARLOFORTE / EVENTI

AGOSTO 2 agosto

N’DROKKIAS / Serata musicale

13 agosto

KISS OF LIFE / Serata musicale

15 agosto

SERATA FOLK / Gruppi folk del Sulcis La tradizione e la cultura folcloristica fanno da padrone durante la serata in cui si esibiranno i gruppi folk del Sulcis e il gruppo folk carolino. Balli, canti ed allegria all’insegna delle tradizioni carlofortine e sarde in un meraviglioso connubio d’integrazione ed amicizia.

15 agosto

ARTEFICIA

Fuochi, musica, colori La magia dei fuochi d’artificio saranno il corollario del Ferragosto. Tutti al lungomare a godere dello spettacolo che illumina la notte del giorno più atteso dell’estate. La luce, la musica ed i colori faranno gli onori di casa.

16 agosto

CAPUNADDA

18-19-20 agosto

FESTA DEL CAPPELLO

Giocoleria acrobatica, fiabe, laboratori, spettacoli, musica, letteratura per bambini

21-22 agosto

Gli artisti di strada tornano a Carloforte. La seconda edizione de “La Festa del Cappello” si svolgerà in due giornate di gioia per piccini e non, richiamando nell’isola giocolieri, acrobati e musicisti. La festa si concluderà con un galà finale dove tutti gli artisti eseguiranno i propri numeri di abilità.

23 agosto

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CAPPELLI / AIXIA ROCK DIVER / Serata musicale


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CM

CARLOFORTE / EVENTI

SETTEMBRE 18-28 settembre

L’ISOLA DELL’ISOLA DI UNA PENISOLA XVIII edizione

Arriva alla XVIII edizione del festival che chiude il periodo estivo portando un insieme di manifestazioni che vanno dalla musica, alle mostre, al cinema, al teatro durante le quali il pubblico può apprezzare spettacoli di altissima qualità culturale.

27 settembre

CARLOFORTE CORRE A gambe pai carruggi La manifestazione podistica si svolge lungo le strade del paese creando un’atmosfera di grande dinamismo e di forza competitiva. Alla gara parteciperanno amatori e professionisti in categorie che va dagli esordienti ai Master facenti parte delle associazioni podistiche del Sulcis. All’interno della gara ci sarà un’“americana a Carloforte” che vedrà gli atleti invitati sfidarsi in un percorso piuttosto impegnativo. La gara si chiude con la premiazione ed un rinfresco a tutti i partecipanti.

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30 maggiomay / 2 giugnojune 2014

IL GIROTONNO / L’EVENTO

GIROTONNO, UNA FORMULA VINCENTE

Un’isola che vanta una storia antica, un ambiente naturalistico d’eccezionale bellezza, una tradizione secolare legata alla tonnara e alla sua attività, e dove l’anima sarda si sposa con quella ligure e tabarchina per dare vita ad un’identità unica e speciale. È qui, tra le onde del Mediterraneo, dove i tonni corrono e i sardi parlano genovese, che nel 2003, Marco Simeone ha ideato il Girotonno, un evento che, nel giro di qualche anno, sarebbe diventato una manifestazione internazionale dedicata agli estimatori del tonno di qualità. Il progetto del Girotonno è nato allora per promuovere un vero e proprio angolo di paradiso sconosciuto pero’ dal panorama turistico e per valorizzare e rilanciare la tradizione della tonnara di Carloforte, prima nel Mediterraneo per quantità e la più pescosa al mondo, con un’attività ininterrotta dal 1738, anno di fondazione della città. Si ebbe l’intuito di puntare sulle peculiarità dell’isola e, affidandosi a professionisti del settore, si è dato vita ad una kermesse che, fino al 2007, ha attirato l’attenzione di migliaia di visitatori 48

provenienti da tutto il mondo oltre che l’interesse di enogastronomi, studiosi, esperti e giornalisti internazionali che si sono dati appuntamento sull’isola per confrontarsi sulle migliori qualità del Corridore dei mari. E la formula si è rivelata essere quella vincente. Nel giro di qualche anno Carloforte ha conquistato il titolo di Capitale mondiale del tonno di qualità e la manifestazione si è imposta nel panorama più qualificato degli eventi enogastronomici italiani, vincendo nel 2007 anche il prestigioso Premio nazionale Veronelli, promosso da Class editori. La cittadina tabarkina, i suoi tesori e le sue tradizioni, dove il sapere è ancora tramandato oralmente da rais a rais, da tonnaroto a tonnaroto, sono balzati sotto i riflettori della stampa internazionale di settore oltre che di un pubblico che ha cominciato ad apprezzare l’isola, a sceglierla per le proprie vacanze, innescando ricadute più che virtuose sull’economia locale e sul settore turistico dell’intera area del Sulcis iglesiente.


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IL GIROTONNO / L’EVENTO

Il Girotonno e’ riuscito ad attirare in una piccola isola i maggiori chef internazionali provenienti dai cinque continenti: Italia ma anche da Spagna, Francia, Danimarca, Tunisia, Perù, Giappone e Australia. Il Tuna Competition è stato il fiore all’occhiello della manifestazione e ha visto confrontarsi, tra i fornelli, esperti, giornalisti, chef e studiosi mondiali, ritrovati insieme, uniti dall’antica e condivisa tradizione di tonnare e tonnaroti. L’isola ha avuto il boom, facendo registrare fino a 40 mila presenze in un solo giorno tra le vie del villaggio espositivo e gastronomico allestito sul lungomare e per le strade principali di Carloforte. Un successo indiscusso per la città e per la manifestazione, diventata un’occasione di richiamo turistico internazionale. Così, col passare del tempo il progetto – sviluppato in collaborazione con l’agenzia di comunicazione palermitana Feedback – si è arricchito di elementi nuovi, per una kermesse a tutto tondo che ha messo insieme l’eccellenza agroalimentare del territorio con la cultura, lo spettacolo e la musica ma anche l’artigianato locale. I visitatori hanno avuto la possibilita’ di degustare le migliori specialità agroalimentari locali, ma anche i sapori dei prodotti tipici dei paesi partecipanti e le ricette d’autore delle officine gastronomiche. I pescatori di Carloforte, durante le Tuna Hours, al tramonto, mostravano il pescato, la lavorazione e il taglio del tonno, mentre gli appassionati del vino si davano appuntamento ai Wine tasting, per scoprire le migliori produzioni enologiche sarde. Vero protagonista del Girotonno rimaneva il tonno rosso del Mediterraneo che, in quei giorni, finiva nelle reti dei pescatori attirando visitatori, turisti e giornalisti da tutto il mondo per assistere agli antichi riti della mattanza. E poi la musica. Il Girotonno Live Show ha visto salire sul palco di Carloforte band e artisti capaci di richiamare il grande pubblico con concerti e spettacoli gratuiti, come Almamegretta, Agricantus, Mauro Pagani della Premiata Forneria Marconi, Enzo Avitabile e i Bottari di Portico. Ma anche vip e personaggi dello spettacolo hanno scelto di prestare il loro volto e il loro estro a sostegno della manifestazione, Ficarra e Picone, gli chef internazionali Gualtiero Marchesi e Alfonso Jaccarino; le conduttrici televisive Donatella Bianchi e Tessa Gelisio; gli

speaker di Radio Rai Due, Fede&Tinto; il critico Enzo Vizzari; Beppe Bigazzi; Fiammetta Fadda; Anna Moroni, il professore Carlo Cannella e tanti altri. Con il Girotonno, Carloforte si è candidata a diventare il centro di un mare unico al mondo, che unisce anziché dividere; il luogo dove raccontare uomini, storie e sapori che si snodano sulle rotte del tonno per dare lustro ad un ‘isola che merita un vero rilancio. Questa la storia di un evento, la storia di un successo che è una realtà ed un motore di sviluppo economico sociale e turistico dell’intera comunità carlofortina e l’evento di punta della programmazione dei grandi eventi internazionali in Sardegna.

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30 maggiomay / 2 giugnojune 2014

IL GIROTONNO / L’EVENTO

PROGRAMMA TUTTI I GIORNI VILLAGGIO DELLO SPORT

Beach volley, basket, calcio saponato, skate, tappeti elastici, parkur e giochi h 10 > 18 / Area Attrezzata

LUDO KIDS

h 11 > 22 / Banchina Mamma Mahon Teatro Cavallera / Piazza Pegli

VEN 30

mag / may

SAB 31

mag / may

DOM 1

giu / june

LUN 2

giu / june

h 17.30 / Teatro Cavallera

h 17 / Teatro Cavallera

h 17 / Teatro Cavallera

h 17 / Palco - Corso Battellieri

Talk food stellare a cura dello chef Moreno Cedroni, 2 stelle Michelin patron del ristorante la Madonnina di Senigallia. Conducono Novella Calligaris e Massimo Giletti

Talk food stellare a cura dello chef Alessandro Negrini de Il luogo di Aimo e Nadia - Relais & Chateaux Grand Chef. Conduce Novella Calligaris

Talk food stellare a cura dello chef Luciano Monosilio del Pipero al Rex di Roma. Conducono Novella Calligaris e Massimo Giletti

Navigando con il tonno. Talk food a cura degli chef UIR, Unione Italiana Ristoratori, Fabrizio Barontini, Max Masuelli e Antonio Corrado. Conduce Novella Calligaris

GIROTONNO LIVE COOKING (2)

GIROTONNO LIVE COOKING (2)

GIROTONNO LIVE COOKING (2)

TALK TUNA (4)

h 18.30 / Palco - Corso Battellieri

TALK TUNA (4)

Da Parma a Carloforte passando per la Sardegna. Talk food a cura degli chef Clelia Bandini, Roberto Serra e Luca Puddu. Conduce Novella Calligaris

h 20 / Teatro Cavallera

GIROTONNO LIVE COOKING (2) TUNA VILLAGE (1)

Degustazione di specialità a base di tonno ai sapori carlofortini h 12 > 24 / Banchina Mamma Mahon Ven 30 - h 18.30 > 22

h 20 / Palco - Corso Battellieri

h 18.30 / Palco - Corso Battelieri

h 18.30 / Palco - Corso Battellieri

1a Semifinale Gara internazionale di tonno. Conducono Novella Calligaris e Massimo Giletti

2a Semifinale Gara internazionale di tonno. Conducono Novella Calligaris e Massimo Giletti

h 21.30 / Palco - Corso Battellieri

8 mani per un piatto!!! Talk food a cura degli chef Luigi Pomata, Roberto Petza, Achille Pinna e Stefano Deidda. Conducono Novella Calligaris e Massimo Giletti

h 20 / Palco - Corso Battellieri

TUNA COMPETITION (3)

CERIMONIA DI INAUGURAZIONE

EXPO VILLAGE

Il sindaco di Carloforte, Marco Simeone, dà il benvenuto e presenta la rassegna al pubblico. Conducono Novella Calligaris e Massimo Giletti

TUNA COMPETITION (3)

TUNA COMPETITION (3)

3a Semifinale Gara internazionale di tonno. Conducono Novella Calligaris e Massimo Giletti

TALK TUNA (4)

GIROTONNO LIVE COOKING (2)

Talk food internazionale a cura dello chef Timothy Magee (USA). Conducono Novella Calligaris e Massimo Giletti

PIAZZA DEL CASCÀ (1)

h 22.30 / Palco - Corso Battellieri

GIROTONNO LIVE SHOW

Villaggio berbero con degustazioni di cous cous e spettacoli h 20 > 2 / Piazza Pegli Lun 2 - h 12 > 15

MAURILIOS & FRIENDS in concerto

SPAZIO GIOVANI Musica dal vivo e degustazioni a cura dell’Associazione Asab h 22 > 4 / Giardino di Note Lun 2 - h 22 > 2

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GIROTONNO LIVE SHOW

IPOTHESI in concerto

GIROTONNO LIVE SHOW

GENIO & I PIERROTS in concerto

TUNA COMPETITION (3) Finale Gara internazionale di tonno. Conducono Novella Calligaris e Massimo Giletti

h 22 / Palco - Corso Battellieri

GIROTONNO LIVE SHOW

Premiazione del Paese vincitore del Tuna Competition. Conducono Novella Calligaris e Massimo Giletti

h 22.30 / Molo

Spettacolo pirotecnico h 23 / Palco - Corso Battellieri

GENIO & I PIERROTS in concerto

h 22 / Palco - Corso Battellieri

h 22 / Palco - Corso Battellieri

h 20 / Palco - Corso Battellieri

h 21.30 / Teatro Cavallera

In mostra i prodotti dell’agroalimentare e dell’artigianato sardo h 12 > 24 / Banchina Mamma Mahon Via XX Settembre / Corso Cavour Piazza Repubblica Ven 30 - h 18 > 24 / Lun 2 - h 10 > 24

Sushi e Sashimi. Talk food internazionale a cura dello chef Haruo Ichikawa (Giappone). Conduce Novella Calligaris

(1) Degustazione pubblica a pagamento. Il costo del biglietto del Tuna Village è di 15 euro e comprende un vassoio con 7 antipasti, 3 primi, 4 secondi, un dolce, un frutto ed un bicchiere di vino o di birra. È previsto un ticket di degustazione per i bambini al costo di 5 euro e comprende: un primo, pane galletta, fragole, anicini, bottiglia d’acqua. Il ticket per la degustazione presso la Piazza del Cascà è di 15 euro e comprende: un piatto di cous cous, hummus e tabulè, una galletta, un panino, stuzzichino di pizza e di farinata, un dolce ed un bicchiere di vino o birra. (2) Gli appuntamenti del Girotonno Live Cooking sono a pagamento. Il costo del biglietto in platea è di 20 euro ed in galleria di 15 euro. Il ticket dà diritto a degustare ricette abbinate ai migliori vini del territorio preparate da chef stellati. È previsto il servizio al tavolo. Fino ad esaurimento posti. (3) Gli appuntamenti del Tuna Competition sono a pagamento. Il costo del ticket è di 25 euro e dà diritto ad un posto in platea per assistere alla gara internazionale di tonno e degustare le ricette dei paesi in gara e una selezione di migliori vini locali. Ogni partecipante avrà diritto a far parte della giuria popolare ed a votare i piatti degustati. Fino ad esaurimento posti. (4) Gli appuntamenti dei Talk food sono a pagamento. Il costo del ticket è di 5 euro e dà diritto ad una degustazione a tavola di una ricetta ed un bicchiere di vino. È previsto il servizio al tavolo. Fino ad esaurimento posti. Tutti gli spettacoli sono gratuiti.


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IL GIROTONNO / L’EVENTO O GIARDINE T DI NO

TUNA E VILLAG

COR SO CAV OUR

VI AC AG LIA RI

EXPO VILLAGE

VIA PORCILE

EXPO VILLAGE P.Z REPUBZA BLICA

VIA XX SETTE MBRE

L DEGLI TUNNEIG NI ART IA

VIA GARIBALDI

porto

C.SO A . TAGLIA FICO

MOLO

EXPO VILLAGE

TONNARE

CENTR

ALE

carloforte CAPOSANDALO

PALCO

LE SALINE LA CALETTA

GROTTE

FARAGLIONI

GIROTONNO LIVE COOKING

VIA ROMA

LUDO KIDS

P.ZZA DEL CASCÀ

LUDO KIDS

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Sappiamo sempre che pesci pigliare.

Noi siamo Feedback. Una squadra di professionisti navigati capaci di organizzare eventi memorabili, di ogni stazza e dimensione. Chiedeteci qualsiasi cosa e in qualsiasi momento: noi non dormiamo mai.

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IDEAZIONE • ORGANIZZAZIONE • COMUNICAZIONE P.R. • UFFICIO STAMPA DEL GIROTONNO2014


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IL GIROTONNO 2014 / TUNA COMPETITION

SEI CHEF A GARA DI TONNO Una sfida appassionata tra ricette internazionali. Anche il pubblico partecipa assaggiando i piatti e votando con palette numerate. Chef di sei paesi si sfidano in cucina proponendo specialità a base di tonno cotto e crudo. In gara Stati Uniti, Italia, Giappone, Brasile, Spagna e Francia. A giudicare i piatti ci saranno due giurie, una tecnica di giornalisti, presieduta da Paolo Marchi, ideatore di Identità golose, il primo congresso italiano di cucina d’autore, e una popolare, composta dai visitatori della manifestazione, che attribuirà un premio dedicato. Il pubblico del Girotonno potrà divertirsi a partecipare ad uno dei momenti più importanti della rassegna e assaggiare i piatti presentati dagli chef internazionali. Dopo l’assaggio si potrà votare utilizzando palette numerate. Tutte le manche di gara si svolgeranno sulla banchina Mamma Mahon. Le sfide saranno ad eliminazione diretta e la finale tra gli chef che si saranno qualificati si svolgerà domenica 1 giugno con la premiazione serale sul palco. A condurre gli appuntamenti Novella Calligaris, giornalista ed ex campionessa di nuoto con la speciale partecipazione del noto presentatore televisivo, Massimo Giletti.

Massimo Giletti, dall’Arena al Girotonno Tra i protagonisti del Girotonno Massimo Giletti, uno dei più conosciuti conduttori televisivi italiani, che affiancherà sul palco Novella Calligaris. La coppia condurrà tutti gli appuntamenti del Girotonno, dalla gara internazionale di tonno ai laboratori gastronomici. Giletti esordisce in tv negli anni novanta presentando i contenitori di Rai2, Mattina in famiglia, Mezzogiorno in famiglia e I fatti vostri. Dal 2002 è un volto di Rai 1, per la quale ha condotto Casa Raiuno. Dal 2005 conduce uno dei segmenti della trasmissione domenicale Domenica in, insieme a Mara Venier e Paolo Limiti. Dal 2005, quando la trasmissione viene suddivisa in diverse fasce, è al timone del segmento Domenica in - L’arena. Durante gli anni Duemila conduce le trasmissioni-evento Miss Italia nel

mondo, Sanremo dalla A alla Z, Una voce per Padre Pio, Mare latino e Buon Natale con Frate Indovino, mentre nel 2009 e nel 2010 partecipa in qualità di giurato al varietà Ciak... si canta!, condotto da Eleonora Daniele su Rai1. Dall’estate 2011 conduce anche l’evento Le note degli angeli, mentre nel 2012 conduce ma è anche coautore del programma televisivo Avevo un cuore che ti amava tanto, in memoria di Mino Reitano, su Rai1. Nell’estate 2012 conduce in seconda serata su Rai Uno I nostri Angeli e il documentario Tashakkor – Grazie Ragazzi. Nel 2013 è il primo presentatore del Premio Letterario Nazionale città di Rimini “ScriviRimini”.

Novella Calligaris, dal nuoto alla carriera in tv A condurre gli appuntamenti del Girotonno sul palco ci sarà Novella Calligaris, giornalista e ex campionessa di nuoto. La Calligaris e’ stata la prima fra gli atleti italiani a vincere una medaglia olimpica nel nuoto e a stabilire un primato mondiale negli 800 metri stile libero. Comincia a nuotare giovanissima e ottiene il suo primo titolo italiano a soli tredici anni, nel 1968. Da allora e’ un successo dopo l’altro, 71 titoli italiani nel nuoto e 21 europei. Nel 1986 è stata inserita nella International Swimming Hall of Fame, la Hall of Fame internazionale del nuoto e nel 2006 è stata portatrice della bandiera olimpica nel corso della Cerimonia di chiusura dei XX Giochi olimpici invernali Torino 2006. Dopo la carriera sportiva la Calligaris imbocca la strada del

giornalismo. Comincia a collaborare con i più importanti quotidiani italiani tra cui il Corriere della Sera dove esordisce nel 1975. Dal 1976 collabora con la Rai come giornalista, autrice e presentatrice di vari programmi tra cui La Mongolfiera, Sport in Rete, L’Europa nel Pallone, Mondiali 10 e Lode, Germania 2006 e tanti altri. Oggi, in particolare per Rai News, si occupa da specialista di grandi eventi sportivi e di varie rubriche di cultura e politica sportiva. Dagli anni ottanta intraprende la carriera nella comunicazione integrata e marketing internazionale per grandi aziende italiane ed estere. Fa parte anche della commissione olimpica europea “Women and Equality in Sport”.

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BAR NAPOLEONE

Il Bar Napoleone nasce dalla collaborazione di due giovani amici reduci da un'esperienza decennale, uno a Londra e l'altro a Milano. Situato nella piazza principale di Carloforte, beneficia di una posizione privilegiata sul lungomare, della cui vista si può godere dalle sue terrazze. Durante la stagione estiva, il bar è aperto dalle 7 del mattino alle 4 di notte e nell'arco della giornata si possono assaporare diversi piatti e drink. Particolarità che contraddistingue il Bar Napoleone è la Continental Breakfast: la colazione all'americana, ricca di affettati, formaggi, spremute, marmellate e frutta fresca. Per pranzo il bar offre delle ricche insalatone con tonno e mozzarella di bufala, altrettanto ricchi taglieri di salumi o formaggi, oltre che i consueti toast, panini e tramezzini. Punto forte del locale è certamente l'ora dell'aperitivo, quando il Bar Napoleone si trasforma in un luogo abituale di ritrovo di molti giovani - e non solo - che decidono di trascorrere la loro serata degustando ottimi cocktails accompagnati da appetitosi stuzzichini. I cocktails vengono preparati, in stile accademico, da personale qualificato, specializzato nella miglior scuola italiana di formazione di barman (la Flair Academy). L'atmosfera del Bar Napoleone è costantemente accompagnata da un'ottima selezione musicale in stile Lounge, per rendere più gradevoli i momenti di relax.


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IL GIROTONNO 2014 / TUNA COMPETITION

italia ITALIA

ROBERTO SERRA CLELIA BANDINI Il viaggio di Roberto Serra ha inizio nella valida scuola alberghiera di Arzachena nel 1997. Le prime stagioni nei grandi alberghi della Costa Smeralda, e poi Sant Moritz. Nel 2004, il salto all’Harry’s Bar a Londra, sotto la guida di Alberico Penati: “Imparo i significati di qualità, rigore e puntiglio”, spiega. Nel marzo 2006 è l’ora del Villa de Quar ad Arquade (Verona), con Bruno Barbieri, “Il massimo delle tecniche e della qualità del servizio di cucina”. Torna nella sua isola, a San Pantaleo dai fratelli Giagoni: “Comincio a cucinare sardo, tra le montagne di un piccolo borgo popolato da gente cordiale”. Da marzo 2010 ad agosto 2011 lavora a Baschi (Terni), al ristorante Vissani, “Un percorso di vita, una cucina meravigliosa, tra rame e argento, porcellana e cristallo e le migliori farine per il pane carasau”. Rientrato a casa ad Abbasanta, in provincia di Oristano, apre il ristorante di famiglia, il Su Carduledu, cucina isolana al 100 per cento dove si cucina solo sardo, si porta il massimo rispetto a prodotti e produttori e, soprattutto, alla terra in cui Roberto è nato.

Clelia Bandini è nata in Lussemburgo, a Esch Sur Alzette, e in tasca ha una laurea in psicologia. La sua passione, però, è sempre stata la cucina. Comincia quindi con diversi stage, tutti in ristoranti una stella Michelin, nel 2007 al ristorante S’Apposentu a Cagliari con lo chef Roberto Petza, nel 2008 al ristorante Andreini ad Alghero con lo chef Christiano Andreini e nel 2010 al ristorante Alice a Milano con la chef Viviana Varese. Nel 2011 l’esperienza in cucina con lo chef Mauro Uliassi, 2 stelle Michelin. Oggi Clelia Bandini è chef al ristorante Lucitta, a Tortolì, in provincia dell’Ogliastra, il ristorante aperto con il marito Paolo Orrù. Il locale, a pochi passi dal mare, propone una cucina ispirata alla tradizione sarda, rivisitata per renderla più attuale.

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Via Castello 5 - 09014 Carloforte 0781 854058 - kymeia@tiscali.it

KHYMEIA

ALCHIMIA DEI SAPORI Passeggiando nel suggestivo quartiere Castello, tra le antiche mura e lo storico palazzo delle Scuole elementari, si offre alla vista del visitatore, attento ai dettagli della mappa del borgo, il ristorante pizzeria Khymeia, caratterizzato dal colore giallo mediterraneo. Il nome esoterico e simbolico proviene dall’immaginario di due giovani, i fratelli Giuseppe e Nicola Luxoro che, in un contesto economico non favorevole, hanno intrapreso con coraggio un percorso innovativo, desiderato, ricco di particolari gastronomici, quasi a volere aprire l’isola di San Pietro al mondo. Gli elementi primordiali: aria, acqua, terra e fuoco si fondono nell’alchimia dei piatti che richiamano alla biosostenibilità dei prodotti utilizzati per riscoprire sapori genuini e intriganti, apprezzare il benessere della cucina e della convivialità. Le due sale, raccolte ed accoglienti, sono funzionali al

ristorante ed alla pizzeria, ma anche alle caratteristiche di Giuseppe, lo chef trantaseienne e di Nicola, il pizzaiolo giocoso e creativo. Alle basi della scuola alberghiera, “Beppe” ha unito le esperienze dell’apprendistato e dei ruoli da chef in Italia e in Inghilterra, cosicché la sua cucina osa oltre i tipici ingredienti mediterranei, introducendo e fondendo con essi sapori internazionali. La sala ristorante è intima ed elegante; dalle finestre appaiono scorci del paese: il mare, le rosse tegole, i fumaioli e le facciate variopinte. La pizzeria è direttamente collegata all’entrata del locale, colpisce, senza creare un forte impatto, il colore viola con riflessi dorati e le tovaglie giallo sole.Tra le pizze croccanti e morbide, preparate con cura, ricche per varietà e ingredienti, spicca la Khymeia, con farina di semi di canapa sativa, che in aggiunta alla farina tradizionale fornisce preziosi

nutrienti, acidi grassi essenziali e fibre. L’olio, anch’esso di canapa, completa il gusto della Khymeia. Forse per le novità introdotte e uno staff motivato e collaborativo, gli ospiti appassionati seguono i due giovani e li incoraggiano. Certo con il Girotonno e la stagione turistica alle porte, si vuole accogliere il turista ed il visitatore in un’atmosfera cordiale, offrendo anche assaggi di paese. Il locale, situato nella zona più elevata di Carloforte, si può raggiungere dal centro attraverso un dedalo di “carruggi, carruggetti” e scalinate; fanno da contorno il Museo civico, la Cisterna del re, il forte Santa Teresa, la Porta del leone e a ridosso del Khymeia la cinta muraria. Il rione Castello evoca tra ricordi, testimonianze e suggestioni un passato ricco di storia: dalle radici, dei giovani intraprendenti si proiettano nel futuro.

MENÙ RISTORANTE (25 euro a persona)

Antipasti

Tris di tonno: patè di tonno con crema di piselli e pane carrasau, affumicato di tonno con crema di formaggio al whisky e noci, tartare di tonno brulè e cialda croccante al wasaby

Primi piatti

Lasagnetta al pesto e bottarga di tonno grattugiata o pasticcio alla carlofortina o linguine alla luxoro, condite con bottarga di tonno, rucola e limone gratugiato

Secondi piatti

Tonno alla carlofortina con contorno di piselli primavera o trancio di tonno alla griglia condita con salamoia tipica carlofortina (pomodori, olio, sale, limone, aceto e prezzemolo)

Dolce

Canestrello di Carloforte della casa e moscato tipico della zona

Vino

1/4 di vino rosso o bianco della casa enoteca Damixiagna acqua e caffè

MENÙ PIZZERIA (15 euro a persona)

Cappunadda

tunnigna, pomodorini freschi, cetriolo, basilico (con farina di canapa)

Muscio

mozzarella, musciame, rucola, pecorino a scaglie (con farina di canapa)

Carlofortina

sugo, mozzarella, tonno, pesto

Bottarga

mozzarella, asparagi, bottarga

Sashimi

carpaccio di tonno, pomodoro fresco, wasaby, prezzemolo (con farina di canapa)

Turca

mozzarella, tonno affumicato, capperi, olive, scorza di limone.

Dolce

Canestrello di Carloforte della casa e moscato tipico della zona.

Bibite

1 birra alla spina 0,20 Ichnusa o 1bibita (cocacola, sprite, fanta) o acqua.


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IL GIROTONNO 2014 / TUNA COMPETITION

GIAPPONE

HARUO ICHIKAWA Classe 1954, ha appreso l’arte del sushi in patria. Negli anni Settanta si è formato tra Tokyo e Los Angeles, occupandosi di menù, controllo della qualità e acquisto merci. All’inizio degli anni Novanta si trasferisce in Europa, prima a Bologna, poi a Milano, non solo in prestigiosi ristoranti, ma anche come chef freelance in ville private, prestando servizio di supporto e consulenza per ricevimenti e matrimoni. Dopo aver lavorato per i principali locali giapponesi del capoluogo lombardo, nel 2008 approda al ristorante Iyo, creato dalla famiglia Liu, un’esperienza stimolante che dura tuttora. Il locale si conquista il suo posto al sole in pochi anni in primis grazie all’eccellente qualità della materia prima, unita alla sua sapienza e manualità, capace di incrociare la tradizione originale con varianti sviluppate in Occidente, soprattutto negli Usa. Lo chef, vincitore in carica dell’ultima edizione del Girotonno, presenterà in gara il Samurai burger, un omaggio allo street food.

LA RICETTA IN GARA Il Samurai burger preparato dagli chef giapponesi è realizzato con la ventresca e con il filetto di tonno. La ricetta prevede mozzarella di bufala, pomodori camone e pancetta affumicata sarda, insalata e cipolle rosse, il tutto in un panino al latte al sesamo nero. Il Samurai burger sarà accompagnato da un sakè tonic. AIUTO CHEF: LORENZO LAVEZZARI Anche lui lavora al ristorante Iyo di Milano, come chef di cucina e aiuto sushi-banco. Si è formato presso la scuola del “Gambero Rosso” di Roma. Dopo alcune importanti stage in ristoranti stellati Michelin, dal 2007 al 2009 ha lavorato come capopartita degli antipasti e dei primi piatti al ristorante “Sadler” di Milano (2 stelle Michelin) e nel 2010 come responsabile della pralineria di cioccolato e aiuto pasticcere presso “L’antica arte del dolce” del capoluogo lombardo.

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l’unica guida di cui avrete bisogno per orientarvi ... tonno crudo? vermentino in purezza

tonno marinato? rosato di carignano

tonno scottato? uvaggio di vermentino, nasco aromatico e moscato

tonno in umido? carignano del sulcis DOC

u-tabarka.it


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IL GIROTONNO 2014 / TUNA COMPETITION

FRANCIA

SYLVAIN SENDRA

36 anni di esperienza nel Regno Unito, Perù e Giappone e diversi ristoranti al suo attivo, Sylvain Sendra ha una stella Michelin al petto. È Chef e patron del ristorante Itineraires a Parigi, che gestisce con la moglie Sarah. È originario della regione di Bresse, in Francia. Frequenta l’istituto alberghiero a Lione dove conosce quella che diventerà sua moglie e partner, Sarah. Si trasferisce poi a Londra per studiare la cucina di Alexis Gauthier, ex chef di Alain Ducasse al ristorante Louis XV a Monaco. Tornato a Parigi si lancia nel concetto di “tapas parigino” per un investitore. A 24 anni inizia con la moglie l’avventura di Temps au temps, un bistro formato tascabile che presto diventerà famoso. Nel maggio 2008, sentendo il bisogno di andare avanti, apre a Parigi il ristorante Itineraires, un luogo dove le persone si incontrano, scambiano esperienze e godono del piacere di stare insieme a tavola. La cucina di Sylvain trae ispirazione dai suoi viaggi a lunga percorrenza,

come il Giappone o il Perù, ma anche da quelli dei suoi collaboratori Internazionali. Creativa e dinamica, la sua cucina ha una base francese moderna con influenze mediterranee ed è anche in gran parte aperta alle contaminazioni del mondo attraverso l’uso di ingredienti provenienti da diversi paesi. Itineraires è un luogo aperto allo scambio e all’incontro, dove il vino è parte integrante dell’esperienza e dove si respira il desiderio di fare felici i propri clienti, dai piatti all’arredamento del locale.

LA RICETTA IN GARA La Francia presenterà in gara una ricetta di tonno a tranci, condito con un brodo a base di tonno profumato con erbe e verdure (timo, alloro, sedano, carote, salvia) e insaporito con vino, aglio e cipolle. Il tonno sarà abbinato al lardo di colonnata e avrà come contorno pomodorini, patate e cipolle in agrodolce. Prima di essere presentato il piatto viene condito con olio d’oliva, timo, coriandolo, aneto, finocchio, scorze di cedro o limone candire, capperi grossi e pezzetti di olive nere. 59


OSTERIA DELLA TONNARA

“Ristorante Da Andrea”

Il ristorante da Andrea, conosciuto anche come “L’Osteria della tonnara” si trova sul lungomare di Carloforte, unico paese dell’isola di San Pietro. Non vuole essere un ristorante di alto livello, ma un ristorante semplice, senza pretese, dall’identità ben definita che sappia farsi ricordare. La linea del locale si caratterizza anzitutto per un’attenta cura nella scelta dei prodotti, in particolare il tonno e tutti i suoi derivati, forniti direttamente dalla tonnara di Carloforte e il pesce la cui offerta e preparazione variano in ragione di quanto giornalmente fornito da pescatori di fiducia. La cucina è semplice, rispetta la tradizione e esalta l’antica cucina carlofortina. Una cucina rispettosa dell’ingrediente e della materia prima. Primo fra tutti il tonno di corsa, re del mare, la cui pesca il rito della mattanza, si pratica tuttora nella rinomata Tonnara di Carloforte, che ci fornisce direttamente il pregiato pesce. Ma la cucina locale non è solo tonno: altri aromi e sapori che con passione vogliamo mantenere immutati nel tempo. Una passione iniziata prestissimo quella di Andrea Rosso, che alla tenera età di 12 anni già si muove con scaltrezza tra i tavoli di una sala. Poi è la volta del grande salto nei rinomati ristoranti di Carloforte, dove per vent’anni fa dell’arte della cucina il suo futuro. Oggi Andrea gestisce L’osteria della tonnara con la moglie in cucina e il figlio in sala.

ORA VI PRESENTIAMO ALCUNI DEI NOSTRI PIATTI: TARTARE DI TONNO: un piatto semplice e leggero, a base di tonno crudo battuto a coltello. Fresco e ideale per un antipasto estivo.

TONNO SOTT’OLIO: tonno di tonnara prima lessato, come vuole la tradizione, poi servito in olio d’oliva.

LASAGNA AL TONNO E GOCCE DI PESTO: un piatto che rappresenta un connubio tra diverse culture culinarie, un incrocio tra la Liguria con il suo famoso pesto ed il tonno, re della cucina carlofortina. Tre strati di sfoglie fatte a mano, con tonno, grana ed infine le gocce di pesto.

TONNO ARROSTO ALLA CARLOFORTINA: immancabile piatto della tradizione carlofortina. Noi vi proponiamo, questo brasato di tonno al Carignano del Sulcis con sughetto di pomodoro e foglie di alloro.

Corso dei Battellieri 36 - Carloforte - Tel e Fax 0781 855734 - info@ristorantedaandrea.it - www.ristorantedaandrea.it


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SPAGNA

ALBA ESTEVE RUIZ

È chef al ristorante Marzapane Dolce&Cucina di Roma, una ventina di posti per una location ispirata alla vecchia Parigi ma con un gusto minimal, essenziale e una cucina a vista che è la vera anima del locale e comunica immediatezza, autenticità, passione, arte e coinvolge il cliente attribuendo ai piatti un valore aggiunto. La giovane chef spagnola, nata nella provincia di Alacante, dallo scorso anno lavora nelle cucine di questo locale che intende dare risalto alla ricercatezza dei prodotti alimentari, in modo da ottenere, attraverso la loro combinazione, un racconto del ‘gusto’, una storia che va dalla terra al produttore, all’arte creativa dello chef. Prima di approdare al Marzapane Alba ha lavorato al ristorante Iolanda dell’Os Club di Roma e a

Civitella Casanova (Pescara), al ristorante La Bandiera. Nel suo curriculum anche esperienze in Spagna, a Girona (Barcellona) al Celler de Can Roca, ristorante che nel 2013 si è piazzato al primo posto della World’s 50 Best Restaurants List con i grandi fratelli Roca, nella pasticceria Totel del maestro cioccolatiere Paco Torreblanca, a Monovar (Alicante) e al Ristorante Di Blù a Valencia dove si specializza sempre nel settore della pasticceria. Quest’anno la chef ha vinto il premio Chef emergente 2014 Acqua Panna e S.Pellegrino della Guida Gambero Rosso 2014, dove il suo ristorante ha ottenuto due forchette. AIUTO CHEF: MARIA GIULIA MAGARIO

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USA

TIMOTHY MAGEE

In gara per gli Stati Uniti lo chef Timothy Magee, nato nel 1972 a Reno, nello stato del Nevada. In Italia dal 1999, Timothy è chef del ristorante Il Sale, a San Vincenzo, in provincia di Livorno, dal gennaio scorso. Prima di questa esperienza ha lavorato al ristorante Le Nuvole di Suvereto, sempre nel livornese, locale che ha ottenuto nel 2012 e nel 2013 il premio qualità-prezzo assegnato dal Gambero Rosso grazie alla sua cucina, orientata sulla semplicità dei prodotti e dei profumi nostrani, con un’enfasi particolare al biologico, al chilometro zero, alla coscienza dei valori del territorio. La madre, di origine lucchese, ha influito sicuramente sulla passione che porta Tim alla cucina toscana. Dal suo arrivo, infatti, matura diverse esperienze nella regione, soprattutto a Pisa e Livorno con l’intenzione di imparare bene la cucina tradizionale del territorio ed in particolare quella livornese. Timothy è anche specializzato nella pasticceria e nella gelateria, avendo lavorato per un anno a Pisa con Paul Debondt, uno dei migliori maestri cioccolatieri.

Nel 2004 è diventato lo chef dell’Osteria del Violino a Pisa per poi approdare al ristorante Le Nuvole, a Suvereto. Nel suo curriculum anche uno stage di quattro mesi nel famosissimo ristorante Noma di Copenhagen per perfezionare il suo talento e la partecipazione come “Guest chef” al Quince di Bangkok. LA RICETTA IN GARA Gli Stati Uniti presenteranno in gara una ricetta di tonno scottato con cozze, alghe e cipolla dolce. Per preparare questa ricetta il tonno va messo sottovuoto con l’alga tostata e marinato per un paio di ore, poi aperto e scottato. Le cozze si fanno aprire e vengono cotte con varie spezie tra cui il timo, l’origano, il pepe nero e l’aceto bianco e poi frullate per fare una salsa da accompagnamento. La cipolla, invece, viene cotta in agrodolce e poi presentata in forma di cialda croccante. Per presentare il piatto lo chef usa l’alga fresca wakame appena sbollentata. AIUTO CHEF: CHRISTIAN NICOLA

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RISTORANTE

DA VITTORIO

Negli anni '60, Vittorio Poma, all'epoca ragazzino, dopo un periodo lavorativo all'hotel Riviera, gestito dalla famiglia Pomata, approda alla trattoria "Napoli" della signora Anna Napoli. Presto la mansione da cameriere viene sopraffatta dalla passione per la cucina. Nel 1976, sposa Graziella Castiglia, figlia di genitori siciliani, e da sempre sono in coppia nella vita e tra i fornelli. Inizia così la storia del ristorante Da Vittorio. Regna da sempre la cucina carlofortina con i piatti a base di tonno ma anche diverse interpretazioni, specie negli antipasti, con accostamenti tra ingredienti di mare, verdure e frutta, tutto rigorosamente di stagione. Da non perdere la zuppa di pesce, le fritture e le grigliate di pesce. Fiore all'occhiello del ristorante sono gli spaghetti "alla Vittorio"nati nel 1976 che, dal 2011, dopo 35 anni, sono marchio registrato col nome e gioco di parole "NERAVIGLIA" di Vittorio il Mago. Con i figli Luca e Tiziana, inseriti da tempo, il ristorante è così a conduzione familiare. Dal 2010, il ristorante diventa anche gastronomia, dove la maggior parte delle specialità possono essere portate comodamente a casa.

CORSO BATTELLIERI 16 � 09014 CARLOFORTE � TEL. 0781 855200

Il ristorante vanta una sala interna, dai tipici arredi della tradizione marinara carlofortina e un dehor, in stile liberty marinaro con vista mare.


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BRASILE

MAURICIO ZILLO Nato in Brasile nel 1980, Mauricio Zillo dal 2013 è chef del Rebelot Del Pont, il tapas bar/bistrot sul Naviglio Grande, a Milano, di cui è patron Maida Mercuri, proprietaria e oste dell’ormai celebre Pont de Ferr, dove prima militava lo stesso Mauricio. Nel capoluogo meneghino lo chef approda alla fine della sua esperienza a Dubai, dopo la morte del grande chef Santi Santamaria. Nel suo curriculum, molto internazionale, tante collaborazioni importanti, come quella al ristorante Dom di Alex Atala a San Paolo in Brasile (quarto ristorante del mondo secondo il Restaurant magazine) ma anche quella in Spagna con Juan Mari Arza al ristorante Arzak a San Sebastian - 3 stelle Michelin - considerato uno dei maggiori chef della nuova cucina basca. La scelta dell’Italia non è però casuale, nelle sue vene scorre sangue italiano, veneto per la precisione, che proviene dai nonni. Forse per questo Mauricio si è sentito subito a casa una volta arrivato a Milano. Prima ai fornelli de Al Pont de Ferr, premiato con una stella Michelin insieme a Matias

Perdomo, e poi al Rebelot, Mauricio fonde tradizione e avanguardia. La sua cucina è semplice e utilizza prodotti di stagione. Dall’apertura il Rebelot ha preparato più di 200 piatti diversi, con ingredienti che vengono cambiati spessissimo. LA RICETTA IN GARA Il Brasile presenterà in gara una ricetta di ventresca di tonno molto originale, tagliata a bastone su una cenere a base di melanzana e cipollotto e condita con acqua di pomodoro camone sardo, coste di rabarbaro e vermouth rosso. Il piatto viene presentato con lamponi, ricotta di pecora, germogli di shiso e basilico rosso. La ricetta ideata da Mauricio è idealmente associata alla canzone “Crosstown Traffic” di Jimi Hendrix, pezzo che parla di una metropoli, ambiente familiare allo chef che ha vissuto a San Paolo, Parigi, Barcellona, Dubai e Milano. In questo brano lo chef trova lo stesso equilibrio che cerca nei piatti che presenta al Rebelot. AIUTO CHEF: FABRIZIO NICOLA

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30 maggiomay / 2 giugnojune 2014

IL GIROTONNO 2014 / TUNA COMPETITION

PAOLO MARCHI Una festa che celebra la ricchezza del mare, e parla una lingua universale, quella del tonno, amato da tantissimi. Se le belle storie si raccontano da sole (copyright Francis Scott Fitzgerald), a volte basta una parola e tutto si mette in movimento come fosse un detonatore. Girotonno è una di queste. Fa tornare tutti con la mente a quando si era bambini e si giocava al girotondo (una enne sola) e basta niente per ridere contenti. E adesso ecco la comunità di Carloforte promuovere il suo girotondo, molto particolare perché chi gira lì intorno non sono i giovanissimi sui moli o il lungomare bensì un pesce nell’acqua, quel tonno che ha fatto le fortune dell’isola di Carloforte. Storia davvero singolare la sua, dell’isola. Per quanto grandina sia, 50 km quadrati, è stata disabitata fino al 1738 quando vi sbarcarono liguri di Pegli costretti a tornare su rotte antiche, lasciandosi alle spalla Tabarka e le coste arabe. Erano attratti dal corallo e il tonno venne di conseguenza. Ma quello che stupisce invariabilmente tutti la prima volta che scendono dal traghetto è la lingua. Come essere a Genova, stessa cadenza, stessi usi, stessi colori e linee di tanti edifici, con tanto di Genoa club, stessi colori del Cagliari ma una differente fede calcistica. Il tempo pare essersi fermato. Tutto molto bello e stregante. Il Girotonno celebrerà la ricchezza del mare attraverso una competizione che metterà di fronte i cuochi di sei Paesi diversi, con l’Italia, la Francia e la Spagna, gli Stati Uniti, il Brasile e il Giappone. Il tonno come linguaggio universale perché amato da tantissimi, eccezionale crudo, formidabile cotto e ottimo pure conservato sott’olio. Non si scarta nulla. A Carloforte sopravvive l’ultima tonnara per la pesca cosiddetta di corsa. C’è molta più attenzione a come viene pescato, difeso dalle

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barbarie di un tempo perché possa arrivare alle generazioni future in tutta la sua bontà. Per i carlofortini (o tabarchini, che dir si voglia) il Girotonno è una festa e un modo per ricordare a turisti e appassionati cosa li ha fatti vivere e fatti arrivare a noi con tutto il loro passato storico. Sarà interessante conoscere le diverse declinazioni che daranno cuochi di estrazioni ben diverse. Non è affatto detto che la ricetta migliore per un giapponese sia la stessa di uno spagnolo, figuriamoci un europeo anche se sushi e sashimi sono ormai piatti che appartengono alle abitudini quotidiane del Vecchio Continente. Paolo Marchi Presidente della giuria tecnica

Il Girotonno celebrerà la ricchezza di sei Paesi diversi


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LA GIURIA Una sfida appassionata tra ricette internazionali. Anche il pubblico partecipa assaggiando i piatti e votando con palette numerate. Paolo Marchi (Italia)

LORENZA FUMELLI

Presidente di giuria Giornalista enogastronomico, è ideatore di “Identità Golose”, il primo congresso italiano di cucina d’autore. Per 27 anni firma della redazione sportiva del quotidiano nazionale Il Giornale, nella stessa testata - che ha lasciato da qualche anno - ha curato la rubrica Cibi Divini e la pagina Affari di gola. Dal 2004 l’idea che gli cambia la vita, la nascita di “Identità Golose” che fa tappa anche a Londra, San Marino e New York, un appuntamento che ogni anno cresce in prestigio e rilievo.

Roberta Schira (Italia)

È scrittrice e gourmet. Dopo una laurea in lettere con indirizzo psicologico ha imparato a cucinare da Sadler, a scrivere dalla lettura e a leggere da una zia fuori dall’ordinario. Ha pubblicato una decina di libri, dai ricettari a trattati di antropologia culturale, dal romanzo alla biografia ( Le voci di Petronilla, Salani). Il suo ultimo libro si chiama “Mangiato Bene? Le 7 regole per riconoscere la buona cucina” con Salani, presto pubblicato in Brasile.

Masakatsu Ikeda (Giappone)

Giornalista, fotografo, redattore. Nato a Tokyo nel 1967, dopo aver lavorato in una casa editrice in Giappone si trasferisce a Firenze nel 1998 e comincia a collaborare con diverse testate tra cui Esquire Japan, Seven Seas, Cuisine Kingdom. Specialista in foto reportage nel settore gastronomia e viaggio, insieme alla moglie Manami, anch’essa giornalista, ha pubblicato più di 10 libri in giapponese come “Sardegna!” (2009 Kodansha). E’ stato nominato due volte per il premio Marco Polo. Dal 2014 lancia il web magazine “Saporita” , www.saporitaweb.com, di cui è l’attuale direttore.

ROBERTA SCHIRA

Giorgia Cannarella (Italia)

Nata e cresciuta a Bologna, ma siciliana nel cuore e nelle radici. Dopo la laurea in lettere e un’esperienza come ufficio stampa di Slow Food, collabora con il blog enogastronomico “Dissapore” e altre testate online. Si occupa anche di progetti di educazione alimentare per le scuole, nella convinzione che a mangiar bene si debba cominciare da piccoli. Oggi lavora per il sito www.finedininglovers.it

Lorenza Fumelli (Italia)

È nata a Roma e cresciuta ai Castelli Romani. Da sempre la sua passione è il cibo, in ogni sua declinazione: popolare, tradizionale, naturale, di qualità, di strada, di cucine stellate o trattorie sotto casa. Scrive da molti anni su testate web e di carta dedicate all’enogastronomia e attualmente è direttore editoriale di Agrodolce, sito web tra i più seguiti del settore. CHIARA MACI

MASAKATSU IKEDA

Tom Kington (Gran Bretagna)

È corrispondente in Italia per il Los Angeles Times, ma scrive anche per The Daily Telegraph, The Observer e The Scotsman. Ha lavorato in Italia per 15 anni e conosce bene Carloforte, avendo trascorso una vacanza sull’isola e avendo partecipato ad una edizione del Girotonno, nel 2008.

Pietro Pio Pitzalis (Italia)

A sette anni, dopo la scuola, già mi divertivo a dare consigli alle massaie nella bottega di mio padre. Poi gli anni passano, tanti prodotti assaggiati e venduti. Ho visto posti, mangiato e bevuto in ristoranti comuni, orridi e magnifici. Più di un poco e meno di parecchio. In tanti anni ho imparato a distinguere ciò che è buono da quello che lo è di meno. A riconoscere e capire gli odori, ed al palato ho insegnato ad identificare i tanti sapori. E così vado avanti. Perché il posto più bello è quello che ancora dovrò vedere. Il piatto più squisito è quello che ancora dovrò assaggiare. Il vino più buono è quello che ancora dovrò bere.

TOM KINTON

Elisia Menduni (Italia)

FERNANDA ROGGERO

Fiorentina d’origine, ormai nomade si occupa di cibo da quasi 20 anni. Critica gastronomica da 12 anni prima per il Gambero Rosso, poi per Corriere della Sera e Gazzetta Gastronomica, collabora regolarmente con Fool, Cook Inc e numerose altre riviste del settore. Collabora con la casa editrice EDT per le guide dei 100 e per alcuni progetti Lonely Planet. A breve uscirà il suo libro sulla Sicilia (100 ricette di Casa Planeta) edito Electa. Nel 2013 ha pubblicato per Rizzoli un libro sulla pizza di Gabriele Bonci per il quale oltre alla ricerca e i testi, ha curato anche le fotografie. Appassionata d’immagini, ha unito la scrittura e la ricerca al racconto fotografico e a quello visivo. È la regista del progetto Unforketable dello chef Niko Romito, una collezione di oltre 160 ricette video visibili on line.

Chiara Maci (Italia)

Campana di nascita, bolognese di adozione e milanese per scelte lavorative. 29 anni, Sommelier, è volto televisivo nel programma “Cuochi e Fiamme” su La7d, “Giro Giro Bimbo” su La5 e “The Chef” con Filippo La Mantia e Davide Oldani. Consulente di comunicazione per le aziende food, ma soprattutto blogger di www.sorelleinpentola.com e www.chiaramaci.com. Si definisce un’artista, mancina, sagittario, ibrida senza equilibrio.

PIETRO PIO PITZALIS

Fernanda Roggero (Italia)

Piemontese, appassionata di mangiarbene, giornalista al Sole 24 Ore dove si è occupata di tante diverse cose (compreso il complicato mondo hi-tech), ma ora completamente dedicata ad esplorare e raccontare la food economy italiana.

GIORGIA CANNARELLA

ELISIA MENDUNI

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30 maggiomay / 2 giugnojune 2014

IL GIROTONNO 2014 / LIVE COOKING

GRANDI CHEF PER ALTI MOMENTI DI CUCINA

VENERDÌ 30 MAGGIO ORE 17.30

Girotonno live cooking, il cibo diventa arte culinaria. Chef stellati e internazionali proporranno le loro specialità durante i Girotonno live cooking, momenti di alta cucina dove il pubblico ha la possibilità di assistere dal vivo alla preparazione, e poi degustare, alcune ricette d’autore.

Il teatro Cavallera di Carloforte sarà il palcoscenico per questi momenti di alto piacere gastronomico. Esperienza,

creatività e gusto si fondono nei live cooking per dare vita a spettacoli in cui il cibo si trasforma in vera arte culinaria.

Moreno Cedroni

Creatività e innovazione in cucina È considerato uno dei più creativi chef italiani e internazionali. Moreno Cedroni, due stelle Michelin al petto, ha portato uno spirito avanguardista nella cucina italiana. Nato ad Ancona nel 1964, aprì appena ventenne il ristorante La Madonnina del Pescatore a Senigallia (nominato dal Wall Street Journal tra i primi dieci ristoranti europei di pesce del 2011, e decorato dalla Guida Espresso 2011 del punteggio di 18/20). Da allora, ha scritto vari libri tra cui Sushi & Susci, nel quale presenta il concetto di susci, ovvero un modo innovativo di reinterpretare il pesce crudo, che partì come imitazione dell’idea tradizionale del sushi giapponese per diventare, più tardi, un vero e proprio studio indipendente. Il regno del suo susci diverrà nel 2000 il Clandestino Susci Bar, proprio nel cuore del paesaggio più spettacolare della costa dell’Adriatico, Portonovo. Nel 2003 ha cominciato a produrre nel suo laboratorio Officina le rinomate conserve gourmet e nello stesso anno ha aperto la prima salumeria di pesce al mondo, Anikò, nella città di Senigallia. Nel 2010 si è unito a Moschino per creare una versione urbana del suo sushi bar, il Clandestino Milano. Cedroni ha ricevuto vari premi e riconoscimenti tra cui il Sole di Veronelli, le Tre Forchette del Gambero Rosso e lo svedese Kungsfenan Seafood Award. È considerato uno degli chef italiani più 68

innovativi, un vero enfant terrible della cucina internazionale che gioca tra le radici nella tradizione culinaria italiana e la vivacità del proprio spirito visionario. Alcuni anni fa una domanda attraversò la mente di Moreno e divenne istantaneamente una sfida: è possibile creare grandi ricette e, allo stesso tempo, preservare tutti i profumi e l’aroma intatto del cibo in condizioni a lunga scadenza? Questo quesito gli diede l’opportunità di studiare metodi e tecniche per la conservazione del cibo, specialmente il pesce, rafforzando l’idea che la sterilizzazione sia un vero e proprio metodo di cucinare. Moreno ha quindi introdotto per la prima volta in Italia la nozione di prodotto gastronomico di alta qualità in scatola con una lunga data di scadenza, cosa molto comune, invece, in paesi come la Spagna per esempio. In questo modo egli è riuscito a creare delle conserve in uno stabilimento high tech dove la produzione seriale, la precisione artigianale e l’attenzione ai dettagli convergono in un perfetto unisono. L’Officina di Moreno Cedroni produce marmellate, confetture, gelatine di vino, conserve di pesce, sughi per la pasta, sali, pepi e pasta di kamut biologica senza aggiungere additivi o conservanti di origine sintetica. E, ovviamente, le confezioni dei prodotti riflettono la bellezza eterna ch’essi custodiscono.

La Madonnina del Pescatore Davanti il mare e l’interminabile spiaggia, dietro le colline accoglienti e verdi, vicino e nei dintorni città e paesi ricchi di arte e di storia; incastonato nella splendida cornice marchigiana, protetto da una stele devozionale ancora fortemente venerata da chi grazie al mare vive, e da cui prende il nome, sul lido di Marzocca in provincia di Ancona, lì è la Madonnina del Pescatore. La cucina è incentrata per lo più sul pesce ed abbina la fantasia con la capacità di fondere le materie prime. Da non perdere il susci, la costoletta di rombo, la prima colazione.


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IL GIROTONNO 2014 / LIVE COOKING Alessandro Negrini

Cucina di memoria e gesti contemporanei Lo storico ristorante milanese Il Luogo di Aimo e Nadia da quasi dieci anni vede in cucina la strepitosa coppia di chef formata da Alessandro Negrini e Fabio Pisani. Insieme a Stefania, figlia di Aimo e Nadia, sono oggi gli eredi di quello stile unico capace di raccogliere in un gesto contemporaneo l’eredità della ricca storia gastronomica nazionale, arricchendola e stratificandola con nuovi significati e segni. Alessandro Negrini, classe 1978, è nato a Caspoggio in Valmalenco e si è diplomato alla scuola alberghiera di Sondrio. Ha lavorato al Hotel Palace di Saint Moritz e al Gallia Palace di Punta Ala prima di arrivare al ristorante milanese dove si è fermato per tre anni per poi continuare il suo percorso formativo: due anni al Domaine de Châteauvieux a Ginevra e un anno al ristorante Dal Pescatore a Canneto sull’Oglio. Qui avviene l’incontro tra Fabio

SABATO 31 MAGGIO ORE 17

e Alessandro, da allora amici nella vita e compagni inseparabili nel lavoro. Nel 2005 Alessandro torna nel Luogo di Aimo e Nadia, porta con sé Fabio e la voglia di intraprendere un progetto con Stefania per costruire il futuro della terza generazione di questo luogo. La sfida accolta dai due chef è stata quella di portare un ristorante storico milanese nella contemporaneità e allo stesso tempo preservarne l’identità. Da quasi 10 anni dirigono la cucina, lavorando anche su altri progetti ristorativi come Al Fresco e LadyBu, questa volta in veste di consulenti più che di chef. Oggi il ristorante vanta tantissimi riconoscimenti, dalle due stelle Michelin ai 2 cappelli de L’Espresso dal premio miglior chef di Identità golose 2014 alle 2 forchette del Gambero rosso 2014.

Il Luogo di Aimo e Nadia Un ristorante con una storia lunga 50 anni. Un luogo in cui si intrecciano professionalità e poesia, rigore e amore. Una cucina che viene definita “italiana”, felice sintesi tra memoria gustativa e gesto contemporaneo. Un menu composto di piatti in cui materie prime tra le migliori della nostra penisola si accoppiano a vini selezionati con la stessa cura e lo stesso approccio al territorio e alle persone che caratterizza la scelta dei cibi.

DOMENICA 1 GIUGNO ORE 17

Luciano Monosilio

Una stella di un firmamento ancora da scoprire È giovane ma ha stoffa da vendere e già una stella Michelin al petto. Luciano Monosilio è chef del “Pipero al Rex” di Roma, a due passi da via Nazionale, di cui è titolare Alessandro Pipero, esperto sommelier e versatile maître. Nato ad Albano Laziale, classe 1984, Monosilio – che è un virtuoso della carbonara – dopo l’istituto alberghiero ha iniziato una gavetta di tutto rispetto, debuttando nella cucina di Roscioli. Ha la possibilità di collaborare con Fulvio Pierangelini e con Mauro Oliassi, per poi lavorare in Sud Africa, a città del Capo, come kitchen manager. La voglia di cucinare, però, lo riporta in Italia: lavora

per un breve periodo con lo chef Enrico Crippa, in seguito al ristorante Tordo matto, allora di Adriano Baldassarre, a Zagarolo prima di incontrare Alessandro Pipero, colonna portante della ristorazione italiana che lo mette sotto la sua ala prima, per poi riporre in lui grande fiducia e affidargli importanti responsabilità. La sua cucina punta ai sapori netti, forti, diretti. Sapori che stupiscono. Come d’altronde è giusto che siano le creazioni gastronomiche di un fuoriclasse ai fornelli, già insignito nel 2012 sia della stella Michelin che del titolo di chef emergente attribuito dal Gambero Rosso. E da allora la lista dei riconoscimenti si allunga.

Il ristorante Pipero al Rex L’hotel Rex, 4 stelle nel centro di Roma, ha inaugurato nel 2011 il ristorante gourmet “Pipero al Rex”, frutto della collaborazione di Alessandro Pipero, patron, e Luciano Monosilio, chef. Il ristorante, ricavato dagli spazi una volta occupati dal bar e dal cinema, è divenuto in breve tempo un punto di riferimento dell’offerta culinaria romana, dove poter assaggiare le specialità stagionali della cucina italiana, abbinate a vini capaci di esaltare i piatti e ravvivare le conversazioni dei commensali.

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Fragana` Dal 1982

La tradizione non s’inventa. Alla terza generazione di chef qualita` e sobrieta` non sono cambiate.

RISTORANTE

piatti tipici della cucina tabarchina BRACERIA

specialità di carne e pesce alla brace PIZZERIA

tutte le varietà cotte nel forno a legna Piano bar e una lunga lista di cocktails. Tutto da consumarsi, volendo, tra prato e stelle nel giardino delle delizie attiguo al locale.

STRADA PROVINCIALE LA CALETTA KM 0700, CARLOFORTE (LOCALITA` SEGNI) - TELEFONO 0781\857189 - 3400775415


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IL GIROTONNO 2014 / TALK TUNA

TALK TUNA SUL PALCO I MIGLIORI CHEF DELL’ISOLA Le ricette più prelibate a base di tonno proposte da chef sardi saranno presentate al Girotonno durante i Talk Tuna, sul palco allestito sul corso Battellieri.

DOM 1 / ORE 18.30 LUN 2 / ORE 17 - 18.30

LUIGI POMATA

LUIGI POMATA Carlofortino, è chef del ristorante Da Nicolo a Carloforte e del Luigi Pomata a Cagliari, celebrati tra i primi ristoranti regionali. La famiglia Pomata è nella ristorazione da tre generazioni, da quando il nonno Luigi, agricoltore, ma con una forte passione per la cucina, decise di prendere in gestione il ristorante dell’Hotel Riviera. Affina le proprie tecniche girando il mondo nei migliori ristoranti stellati. Luigi ama la cucina tradizionale del territorio ma rivisitata nella preparazione e presentazione. È perennemente impegnato, da una città all’altra, ma lavora sempre con passione e piacere. Esigente con se stesso, lo è anche con gli altri. Tra i riconoscimenti il primo posto nel premio Bocuse D’Or, l’Art Of Menù al Gualtiero Marchesi Award. È docente presso diversi Istituti di cucina per professionisti. La notorietà verso il grande pubblico arriva con la partecipazione alla “Prova del cuoco” su Rai1, la trasmissione condotta da Antonella Clerici.

ROBERTO PETZA Nasce nel 1968 a San Gavino Monreale, piccolo centro della pianura del Campidano. Dopo il diploma conseguito presso l’Istituto Alberghiero di Alghero decide di affinare le proprie tecniche con una lunga permanenza nei migliori ristoranti in Italia e all’estero. Nel 1998 rientra in Sardegna e inaugura nel suo paese natale il ristorante S’apposentu, raccogliendo riconoscimenti e incarichi che ne attestano l’assoluto valore. Nel 2002 si trasferisce a Cagliari e fonda il ristorante S’apposentu al Teatro Lirico. È un grande successo: la sua cucina del territorio con materie prime selezionate è apprezzata da noti gourmet e le grandi guide gastronomiche nazionali e internazionali lo premiano fino ad arrivare alla stella Michelin. Nel 2010 una nuova sfida. Creare l’Accademia dell’alta cucina sarda nel paese della pasta: Siddi. Qui trasferisce anche il suo ristorante in una villa liberty dei primi del ‘900, proprio nella casa di famiglia dei proprietari dello storico Pastificio Puddu. Nascono così il ristorante S’apposentu di Casa Puddu e l’Accademia Casa Puddu.

ROBERTO PETZA

Luigi Pomata, Roberto Petza, Achille Pinna e Stefano Deidda, il gotha della ristorazione sarda, saranno ospiti del Girotonno. Gli chef si esibiranno sul palco, in corso Battellieri, per momenti di approfondimento dedicati alle specialità del territorio e ai suoi vini. Il pubblico potrà assistere in diretta alla preparazione di ricette a base di tonno che verranno poi fatte degustare in abbinamento ad una selezione di etichette. Il pubblico avrà la possibilità di assistere dal vivo alla preparazione, e poi degustare, alcuni piatti a base del grande protagonista della rassegna, il tonno. A fronte del pagamento di un ticket di 5 euro sarà possibile partecipare alle degustazioni, servite a tavola e accompagnate da un bicchiere di vino, fino all’esaurimento dei posti disponibili. Domenica 1 giugno alle ore 18.30 l’appuntamento è con “8 mani per un palco” a cura degli chef Luigi Pomata, Roberto Petza, Achille Pinna e Stefano Deidda. Ciascuno chef preparerà una sua speciale ricetta. L’incontro sarà anche l’occasione per presentare l’Associazione “Cuochi per l’isola” che riunisce i più apprezzati chef della Sardegna. Lunedì 2 giugno alle ore 17.00 sarà la volta di “Navigando con il tonno”, l’incontro a cura degli chef UIR, Unione Italiana Ristoratori, Fabrizio Barontini, Max Masuelli e Antonio Corrado ispirata al loro arrivo sull’isola in barca a vela. Sempre lunedì alle ore 18.30 gli chef Clelia Bandini, Roberto Serra e Luca Puddu proporranno “Da Parma a Carloforte centrando la Sardegna”.

ACHILLE PINNA È chef al ristorante Da Achille, dell’hotel Moderno a Sant’Antioco, dove nasce, nel 1968, in un luogo che è il regno del mare e del buon pesce. Figlio d’arte lavora da subito nel ristorante di famiglia, l’Hotel Ristorante Moderno, il primo Hotel di Sant’Antioco (1955). Viaggia tantissimo ed approfondisce diverse tecniche culinarie in giro per il mondo perfezionando ed accrescendo le proprie

STEFANO DEIDDA

STEFANO DEIDDA È chef del ristorante Dal Corsaro, nel cuore del centro storico e commerciale di Cagliari, ad un passo dal porto. Frequenta l’Alma, l’Accademia internazionale di cucina italiana, tappa fondamentale che gli permette di apprendere le basi dell’alta cucina dai migliori maestri. Completato il corso superiore ha avuto esperienze lavorative in alcuni dei migliori ristoranti sia in Italia che all’Estero. Oggi è a capo di una brigata giovane e affiatata, il lavoro di squadra è alla base del successo di questa cucina. Deidda è stato votato in contemporanea Chef emergente 2010 dalla guida del Sole 24 Ore e da quella del Touring, dopo aver vinto a mani basse il premio per il Miglior brodetto al Festival internazionale del medesimo di Fano nelle Marche. La cucina di Deidda è oggi anche al Fork, un bistrot gourmet accessibile a tutti.

ACHILLE PINNA

competenze. Particolarmente attratto dalla cucina orientale in genere e da quella Giapponese in particolare ha ritrovato nel sushi e nel sashimi una nuova forma espressiva oltre ad eccellere nella cucina tradizionale italiana e sarda in particolare. Tantissime le menzioni i premi ed i riconoscimenti ricevuti in una carriera oramai ventennale, da segnalare nel 2009 il “Premio Ristorante Sardo dell’anno” guida Bibenda, conferito dall’Associazione italiana sommelier e nel 2010 la menzione tra i migliori ristoranti nella Guida dell’Espresso. 71


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IN P1ORZ. O T N O PR INUTI 5M

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80g A SEMOL

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100ml ACQUA

Cous cous con verdure

320g di Cous Cous Bia, 2 cipolle 1 bicchiere d'olio extra vergine d’oliva 100g di concentrato di pomodoro 200g di ceci già lessati, 3 carote, 2 patate 2 zucchine, 400g di zucca, 1 peperone zafferano, cumino, sale, pepe e peperoncino q.b.

Soffriggete le cipolle. Aggiungete il concentrato di pomodoro e 100ml d'acqua e lasciate cuocere il tutto per 5 min. Aromatizzate con le spezie. Diluite il tutto con 200ml d'acqua. Unite le verdure tagliate in pezzi di medie dimensioni. Aggiungete acqua a seconda della necessità, aggiustate di sale e pepe, e cuocete per circa 30 min. Condite il cous cous adagiandovi sopra tutte le verdure e bagnate la semola con il brodo.

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Ingredienti per 4 persone:

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Scopri come vincere una meravigliosa vacanza a San Vito Lo Capo(TP) e vivere da protagonista il Cous Cous Fest dal 23 al 28 settembre 2014 Inviaci entro il 15/06/2014 la tua migliore ricetta di cous cous, compilando il form che trovi su www.biaitalia.it


www.girotonno.it

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IL GIROTONNO 2014 / LUDO KIDS & SPAZIO GIOVANI

SPORT E GIOCHI PER BAMBINI Anche i visitatori più piccoli potranno divertirsi al Girotonno. Ai bambini sono dedicate infatti le aree “Ludo kids”, sulla banchina Mamma Mahon, al teatro Cavallera e in piazza Pegli, dove giocare e divertirsi ogni

giorno con gli animatori. Per i ragazzi, invece, c’è il villaggio dello sport dove partecipare a partite di beach volley, basket, calcio saponato e divertirsi con lo skate, i tappeti elastici e il parkur, un gioco di movimento ad ostacoli.

TUTTI I GIORNI / ORE 22 > 4 LUN 2 / ORE 22 > 2

TUTTI I GIORNI ORE 10 > 18

GIOVANI, MUSICA E ASSAGGI AL GIARDINO DELLE NOTE Musica e degustazioni anche allo Spazio giovani, al Giardino delle note dove ogni sera, dalle ore 22 fino a tarda notte, si potrà ascoltare musica dal vivo mentre si effettuano le degustazioni. L’appuntamento è a cura dell’Associazione Asab. 73


Il Ristorante A GALAIA si trova nel centro storico del paese ed è dotato di tre sale climatizzate che ricordano gli interni delle case tradizionali. Nel periodo estivo si può mangiare anche all’esterno. La cucina offre la possibilità di assaporare piatti e ricette della tradizione come i meravigliosi antipasti di tonno (bottarga, lattume, cuore, musciame, capunadda), una vasta scelta di primi con sapori sardi-liguri-tunisini come il pilau o il cascà senza mai dimenticare i secondi tutti a base di pesce. La cantina è ricca di etichette sarde. Il locale è gestito da Giuseppe e Madda.

A GALAIA

Via Don Nicolò Segni 36, Carloforte - Telefono 0781 854081

NEDÌ

CHIUSO IL LU


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Le specialità agroalimentari locali e i prodotti dell’artigianato sardo saranno in mostra all’expo village, allestito sul lungomare e lungo le stradine del centro storico di Carloforte.

IL GIROTONNO 2014 / TUNA VILLAGE

TONNO PER TUTTI I GUSTI N XII EDITIO

may 30 maggio e jun

Degustazioni di tonno e dei sapori d’Oriente, iniziative e menu dedicati ai bambini e lo shopping all’expo village. Al Girotonno show, gastronomia e grandi ricette per quattro giorni di vero divertimento. Per i vostri bambini c’è un menu dedicato al Girotonno, adatto al gusto dei più piccoli. Per loro sarà possibile mangiare un piatto di pasta in bianco o al pomodoro, pane galletta, fragole, anicini e una bottiglietta d’acqua. Il biglietto costa 5 euro.

Tonnarello: menu, divertimento e gadget per i più piccoli

Degustazioni e divertimento per i vostri bambini al Girotonno. Acquistando il biglietto Tonnarello, del costo di 10 euro, i vostri piccoli potranno mangiare un trancio di pizza o focaccia, un trancio di farinata e una pallina di cono gelato accompagnati ad una bottiglietta d’acqua. Lo stesso ticket dà diritto ad andare al cinema (ingresso per bambini), ai saltarelli (tappeti elastici – 2 ingressi da 10 minuti) e ad un gadget del Girotonno.

tonno alla car

lofortina

ignano tonno al car tonno bollito

Musica e assaggi in piazza del cascà

Le atmosfere di un villaggio berbero tra musica e danze arabeggianti saranno ricreate a Piazza Pegli che sarà trasformata nella Piazza del cascà, dedicata ai sapori e ai profumi d’Oriente. Ogni sera, fino alle due di notte, i visitatori della rassegna potranno assaggiare un piatto di cous cous, il taboule e l’hummus, una salsa a base di pasta di ceci e di semi di sesamo aromatizzata con olio, aglio, succo di limone, paprica, semi di cumino e prezzemolo, seduti su pouf colorati e divanetti etnici, accompagnati da musiche e spettacoli di danza del ventre.

Lo shopping all’expo village

Le specialità agroalimentari locali e i prodotti dell’artigianato sardo saranno in mostra all’expo village, allestito sul lungomare e lungo le stradine del centro storico di Carloforte. Shopping ma anche degustazioni delle eccellenze dell’isola, dai grandi vini ai torroni artigianali.

pasticcio ina alla carlofort

nero seppia

pesto e alla genoves /tonno

liana caponata sici

insalata riso

tonno crudo

dolce

I menu dedicati ai bambini

tonno

frutta

spezzatino di

a/vino

bicchiere acqu

2 giugno carloforte n pietro / isola di sa

lanzana polpetta me

letta patè con gal

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odori facussa e pom

1 TICKET / 1 VASSOIO

IL TUNA VILLAGE

Al Tuna village, il villaggio gastronomico della rassegna, tutti i giorni dalle 12 alle 24 e venerdì solo dalle 18.30 alle 22 sulla banchina Mamma Mahon sarà possibile degustare i piatti tipici del territorio acquistando un ticket di 15 euro. Il biglietto darà diritto a un assaggio di 7 antipasti (insalata di tonno, polpetta di melanzana, tonno crudo, patè con galletta, fagiolini e patate, facussa e pomodori e caponata), di 3 primi (pesto alla genovese, pasticcio alla carlofortina e nero di seppia), di 4 secondi (spezzatino di tonno, tonno alla carlofortina, tonno bollito e tonno al carignano), frutta e dolce. Nel biglietto è compresa una bevanda alcolica o analcolica.

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L’OASI RISTORANTE

IL RISTORANTE L’OASI NATO NEL 1986 CON CUCINA TIPICA CARLOFORTINA MANTIENE ANCORA OGGI LA SUA ARTE CULINARIA CASALINGA LEGATA AL TERRITORIO. SI TROVA NEL BORGO STORICO DI CARLOFORTE CON VERANDE ESTERNE E DUE SALE INTERNE STILE RUSTICO CON ARIA CONDIZIONATA.

RISTORANTE L’OASI VIA GRAMSCI, 59 09014 CARLOFORTE (CI) TEL. 0781856701


www.girotonno.it

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IL GIROTONNO 2014 / LIVE SHOW

MUSICA, RITMO E SPETTACOLI SOTTO LE STELLE

Al tramonto del sole esplode la musica a Carloforte

Musica e concerti gratuiti ogni sera sul palco del Girotonno. Al tramonto del sole esplode la musica a Carloforte. Si comincia venerdì con il gruppo carlofortino degli Ipothesi che proporranno i più grandi successi dagli anni ‘70 ai giorni nostri. Sabato si esibiranno i Maurilios & Friends, la rock band del presidente del Cagliari Calcio, Massimo Cellino, con grandi ospiti internazionali tra cui Kee Marcello, la chitarra del gruppo Europe, Blaze Bayley, ex cantante degli Iron Maiden e Jacopo Mille, voce negli anni ’80 di alcune tra le più interessanti hard rock band italiane. Domenica sul molo un grande spettacolo di giochi pirotecnici e poi la musica dei Genio ed i Pierrots, una delle più amate e originali orchestre d’Italia che tornerà sul palco anche la notte di lunedì.

IPOTHESI

VENERDÌ 30 MAGGIO ORE 22

È un gruppo musicale nato a Carloforte nel 2001 dalla fusione di diversi gruppi, composto da talentuosi artisti locali riconosciuti tali in tutta la Sardegna. Il gruppo è formato da una imponente sezione ritmica composta da Fabio Cuccu o Alex Cadau alla Batteria e il fondamentale collante con la sezione armonica Beppe Peloso al basso, il talentuoso Beppe leoni alla voce e chitarra e Gianni Peloso alle tastiere,” il maestro”. I quattro musicisti accompagnano la spumeggiante Laura Simonetti che con la sua meravigliosa voce e la sua incredibile presenza scenica riesce ad essere coinvolgente trascinatrice del gruppo stesso. Il repertorio, costituito dai più grandi successi dagli anni ‘70 ai giorni nostri, assicura delle piacevoli serate all’insegna del divertimento e dell’ottima musica. Il legame con De Andrè consente al gruppo di esibirsi in diversi brani del grande maestro, questo anche perché la lingua genovese nel DNA dei componenti facilita l’interpretazione; e poi senza considerare che l’interpretazione di De Andre fatta da una voce femminile, crea un sound incredibile.

Dal 2001 al 2007 il gruppo Ipothesi si è esibito in moltissime sagre della Sardegna ottenendo sempre un riscontro positivo. Il gruppo ha inciso un video e alcune cover attualmente pubblicate sul gruppo Facebook. Nel 2008 e 2009 ha partecipato a trasmissioni televisive Sardegna 1 e Videolina trasmesse durante l’estate, dove ha pubblicizzato il proprio paese e le culture che lo rappresentano in particolare il Tabarkino. Nel 2011 il gruppo partecipa al Festival Wind a Losanna (Svizzera) dove è apprezzato dalla critica e le televisioni svizzere ne parlano come il gruppo più quotato del festival. Nel 2012 un tour della costa brava in Spagna consacra l’affermazione del gruppo tanto che è già pronto un contratto di 8 serate nell’anno 2013. Il brano più acclamato è stato No pothe reposare del mitico Andrea Parodi. Il gruppo ha realizzato un cd inedito, “Danga Wea”, con brani in italiano e alcuni brani in dialetto Tabarkino. 77


30 maggiomay / 2 giugnojune 2014

IL GIROTONNO 2014 / LIVE SHOW

MAURILIOS & FRIENDS

SABATO 31 MAGGIO ORE 22.30

Quando il rock fa rima con la solidarietà La band del presidente Cellino sul palco con i “friends” internazionali. La passione per la musica del Presidente Massimo Cellino ha contagiato anche alcuni suoi amici di vecchia data con i quali ha fondato la prima band dell’Accademia Fanny: i Maurilios, nome ispirato ad un loro amico di gioventù noto per le sue mani muscolose e poco agili. La band, di cui il Presidente Cellino è il leader e chitarrista, è composta da Giuseppe Accardi al basso elettrico, Raimondo Rubiu alla batteria, Rolando Zaniolo, Valeria Favi e Ilaria Lai voce, Silvio Dal Maso al sax, Mauro Borsetti alle tastiere e Amedeo Bianchi, direttore artistico del gruppo nonché irrinunciabile presenza al sassofono. Amedeo Bianchi vanta collaborazioni con Venditti, Bennato, Ornella Vanoni, Stewart Copeland, Demis Roussos, Randy Crawford, Al Stewart, Ramazzotti, Baglioni e Celentano. Il gruppo, che si riunisce stabilmente tutte le settimane a provare presso il Centro sportivo Ercole Cellino di Assemini, si esibisce in concerti principalmente a finalità benefica e no profit e ospita sempre grandi artisti ed amici, nazionali ed internazionali. La caratteristica di questa formazione, oltre ad essere squisitamente rock, è quella di avere le porte aperte per i musicisti e gli artisti che vogliano di volta in volta partecipare alle diverse iniziative che vengono intraprese. Con i Maurilios hanno condiviso il palco in straordinarie performances Ian Paice, Roger Glover e Dona Airey (Deep Purple), Kee Marcello (Europe), Doogie White (Rainbow), Uli Jon Roth (Scorpions), Rick Wakeman (Yes), Nathaniel Peterson (Keith Richards), Chris Slade ( AC DC), Michael Shenker (Scorpions), Ken Hensley (Uriah Heep), Neil Murray (Brian May), Nile Rodgers e i suoi Chic. Oltre a questi ospiti internazionali la band si è esibita anche con Andrea Innesto, Claudio Gallo,

Maurizio Solieri, Derek Wilson, la piccola Silvia Cesana, Cicci Bagnoli, Vladi Tosetto, e tanti altri ancora. All’interno della splendida struttura del Centro Sportivo Ercole Cellino il Presidente ha creato l’Accademia musicale Fanny, così chiamata in ricordo di sua madre. Questa accademia, oltre ad essere dotata di uno splendido corpo insegnanti, aule e materiale didattico di prim’ordine, sta crescendo di anno in anno e aspira a divenire polo e riferimento musicale di quest’area geografica. Valore aggiunto la presenza di uno studio di registrazione. Il Centro Ercole Cellino di Assemini è diventato, grazie alla passione del Presidente per la musica, oltre che un meraviglioso luogo di sport anche un’”oasi musicale” che unisce, in un unico suono, le emozioni della musica a quelle dello sport.

KEE MARCELLO / BLAZE BALEY / JACK MAILLE

GENIO & PIERROTS Musica, spettacolo e allegria. Uno spettacolo originale e divertente di musica e allegria. È quello che proporranno i Genio & Pierrots, una delle orchestre più amate del panorama nazionale. Ogni esibizione di questa simpatica band è un mix coinvolgente di musica dal vivo, canzoni originali del gruppo, ritmi latino-americani, successi nazionali ed internazionali, evergreen e ballabili, per uno spettacolo che riesce a catturare ampie fasce di pubblico. La band nasce negli anni Settanta a Rimini con il nome I Pierrots, denominazione che diventa, durante il concerto del primo maggio 1990 a Roma, Genio & Pierrots, in omaggio al suo leader e front-man con grandi doti di trascinatore. Quindici gli album firmati dalla band e diversi 45 giri; fra questi ultimi il più famoso è “Musica e amore” del ‘78 che entrò nelle classifiche francesi vendendo oltre 300mila copie. Nel ‘97 Genio & Pierrots lanciano “Il Ballo del Pinguino” che spopola nelle piazze e nelle sale da ballo italiane innescando il fenomeno 78

dei balli di aggregazione e cattura l’attenzione dei media quando Genio partecipa al “Maurizio Costanzo Show”. In tre occasioni diverse, con “Il Ballo del Pinguino”, il disco “Il matto sono io” del ‘98 e nel giugno 2000 in vista dell’uscita del nuovo album, Genio ottiene la copertina di Musicavera Italiana, rivista specializzata del settore e numerosi premi come “Il Telefono d’oro” e “Il Microfono d’oro” che annoverano la band fra le dieci orchestre italiane più amate dal pubblico. Numerose le apparizioni televisive del gruppo, da “Ballo, amore e fantasia” a “Musica maestro!” per le reti Mediaset fino alle recenti apparizioni all’ultima puntata del programma di Rai Due “La vita in diretta” e “Uno mattina”. Fiore all’occhiello, la recente partecipazione con il brano “Dogy Dance” alla trasmissione “Eurotrash” in onda sull’emittente inglese Channel 4. Nel 2006 i trent’anni di attività festeggiati presso la Peschiera di Valdengo (Bi) e con l’album “30 anni senza andare fuori tempo”, 17 brani di cui 5 cover scelte con cura che fanno parte del tour estivo della band. A detta degli addetti ai lavori uno dei

migliori prodotti discografici del gruppo. Nel luglio 2008 esce il cd “Raccolta differenziata”, che contiene i brani più amati e richiesti durante i concerti, oltre che vari inediti.

DOMENICA 1 GIUGNO ORE 23

LUNEDÌ 2 GIUGNO ORE 22




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