Fare impresa durante la tempesta - Conversazioni imprenditoriali

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L’idea di creare una collana di Quaderni di FederlegnoArredo nasce dal desiderio di comunicare il grande patrimonio di esperienze imprenditoriali e umane che “vivono” all’interno della Federazione.

Sommario

Moderatore delle Conversazioni Imprenditoriali: Pietro Bazzoni, direttore esecutivo Officine Italiane Innovazione

Chi è FederlegnoArredo 5

I profili degli imprenditori sono stati forniti direttamente dagli interessati

Introduzione di Giovanni De Ponti

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Prefazione di Roberto Snaidero

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© 2012 FederlegnoArredo Srl Foro Buonaparte, 65 20121 Milano tel. 02.806041 fax 02.80604392 www.federlegnoarredo.it Per richiedere copia del presente quaderno, scrivere a: web@federlegnoarredo.it

Conversazioni Milena De Rossi e Mario Barzaghi

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Progetto editoriale: FLA Media Grafica e impaginazione: Chiara Rossi

Gaspare Lucchetta e Domenico Corà

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Eugenio Bellotti e Giorgio Peverelli

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Stefan Rubner e Gaetano Rasom

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Gerardo Iamunno e Andrea Margaritelli

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Alessandro Calligaris e Nicola Plazzotta

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Chi è FederlegnoArredo FederlegnoArredo è il cuore della filiera italiana del legno-arredo. Dal 1945 difendiamo il nostro saper fare, sosteniamo lo sviluppo delle nostre imprese, siamo ambasciatori del gusto dell’abitare italiano in tutto il mondo. Guardiamo al futuro con la certezza che questo patrimonio contribuirà ancora alla crescita del nostro paese.

LA NOSTRA MISSION Incontrare gli imprenditori del legno e dell’arredo per sostenere il desiderio di fare impresa. Crescere in numeri, forza e consapevolezza. Creare opportunità di business. Sviluppare la capacità di rispondere al mercato che cambia. FLA: incontrare per crescere www.federlegnoarredo.it

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Introduzione di Giovanni De Ponti

Prefazione di Roberto Snaidero

Le parole ‘scoperta’ e ‘stupore’ sono quelle che più di tutte mi hanno accompagnato nel corso di questa appassionante avventura che sono state finora le Conversazioni imprenditoriali di FederlegnoArredo. Un percorso iniziato con straordinario successo a Rimini nell’agosto del 2011 in occasione della prima partecipazione della Federazione al Meeting per l’amicizia fra i popoli, e poi proseguite tra ottobre 2011 e giugno 2012 in sei diverse città italiane da nord a sud. Incontrare e conoscere le esperienze imprenditoriali degli uomini che ogni giorno danno forma a quel senso del bello e del fare – tipicamente italiani – che affascinano il mondo intero, è stata per me una grande occasione di cambiamento e di maturazione. Ciascuno di questi incontri mi ha offerto un contributo prezioso che ha ulteriormente consolidato in me la passione per il lavoro che faccio e il senso di responsabilità che la Federazione, e quindi io stesso, proviamo verso le nostre imprese e le persone che in esse lavorano quotidianamente.

In un recente editoriale apparso sulla rivista di FederlegnoArredo FLA Magazine, ho voluto porre l’attenzione su un fattore che apparentemente sembra un dettaglio di fronte ai grandi problemi che la nostra economia sta affrontando, ma che invece, dal mio punto di vista, è la chiave di volta fondamentale: in una situazione di crisi, in cui la fiducia verso il futuro vacilla, in cui molte imprese sono messe a dura prova e in cui il lavoro manca, ciò di cui c’è più bisogno è l’IO. È la RISCOSSA DELL’IO la strada maestra che può favorire un rilancio del nostro paese, e che può far ripartire un’economia in difficoltà. Come ho scritto sul FLA Magazine realizzato per i Saloni di Milano dello scorso aprile: “cosa c’è all’origine di questa riscossa dell’io? È semplice, una disponibilità al cambiamento, a ripensare processi, prodotti e strategie. Una disponibilità a piegarsi alla realtà e farsi provocare anche trovando nuovi mercati mai sperimentati in precedenza”. La storia delle imprese di FederlegnoArredo è una testimonianza ricchissima di questa posizione; non è un caso certamente che il settore industriale che rappresentiamo è stato uno degli artefici del miracolo economico che ha reso l’Italia il grande paese che ancora oggi è. Questi imprenditori sono il nostro orgoglio, l’esempio da seguire per trovare una via di uscita che non sia solo lo sterile lamento. Proprio al Meeting di Rimini nel 2011 FederlegnoArredo ha dato vita ad una nuova iniziativa chiamata “Conversazioni imprenditoriali” che attraverso incontri informali hanno raccontato di storie aziendali ed esperienze imprenditoriali uniche ed affascinanti. Con questo quaderno desidero innanzitutto dire ‘grazie’ ai nostri imprenditori che hanno accettato di mettersi in discussione. Sono certo che chiunque avrà occasione di leggerlo sarà conquistato dalla grande ricchezza umana ed imprenditoriale che vive all’interno delle imprese di FederlegnoArredo.

In tempi delicati e turbolenti come quelli in cui viviamo, la testimonianza di positività e coraggio che continuamente offrono questi imprenditori del legno-arredo è un segnale che ci deve dare fiducia e speranza nel futuro, e che deve rafforzare in noi la convinzione che l’economia e la società si costruiscono grazie al quotidiano impegno di uomini che desiderano fare impresa, più che per l’andamento delle borse o i giudizi delle agenzie di rating.

Giovanni De Ponti Direttore Generale FederlegnoArredo

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Roberto Snaidero Presidente FederlegnoArredo

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Milena De Rossi

Mario Barzaghi

Amministratore Delegato Camillo De Rossi

Amministratore Delegato Effebiquattro

Milena De Rossi, imprenditrice, si occupa insieme alla sorella ed al marito della ditta Camillo De Rossi. ad Andalo Valtellino in provincia di Sondrio, una tra le segherie più conosciute del territorio e di riferimento nel settore della produzione di segati per carpenteria, edilizia e imballo. Donna, madre, professionista nel mondo del legno, è anche Consigliere incaricato del gruppo Prime Lavorazioni di Assolegno e Vice Presidente del Consorzio Legno Alta Lombardia. All’età di vent’anni ha preso in mano le redini dell’azienda, fondata da suo padre Camillo, dopo la sua improvvisa ed inaspettata scomparsa a seguito di un incidente stradale. All’interno dell’azienda si occupa principalmente delle vendite e di seguire gli adempimenti normativi che riguardano il mondo del legno e ovviamente è attiva anche in merito al posto che occupa all’interno di Assolegno e del Consorzio. La tradizione e la lunga esperienza della segheria Camillo De Rossi, ha permesso di fondare una nuova società partner, la Legnistrutture, azienda specializzata nella progettazione, realizzazione e posa in opera di strutture in legno munita di moderni software di progettazione cad-cam e di un impianto all’avanguardia per il taglio a controllo numerico. Donna in un settore prettamente maschile, ma dove ciò che conta sono principi quali l’onestà, la preparazione, la serietà e “la voglia” di osare e di reinventarsi.

Mario Barzaghi è nato a Seregno (MB) nel 1944, sposato, con tre figlie, coinvolte in ruoli diversi nelle imprese di famiglia. Cavaliere del Lavoro dal 1994, a livello istituzionale è Vicepresidente di Confindustria Monza e Brianza, già presidente Gruppo Arredo della Brianza (Confindustria Monza e Brianza) e Consigliere Incaricato del gruppo porte di FederlegnoArredo. Inizia il suo cammino professionale con una piccola falegnameria. Il suo istinto imprenditoriale lo porta a poco più di trent’anni, nel 1973, a fondare Effebiquattro, l’azienda con sede a Seregno specializzata in porte per interni. Effebiquattro diventa con gli anni leader nel settore delle porte d’interno in Italia e un marchio di riferimento per il Made in Italy nell’ambito dell’arredamento e del design in tutto il mondo. Già dall’inizio del suo percorso, Barzaghi dimostra una visione lungimirante proiettata al futuro sviluppo del mercato industriale della porta, curandone, da subito, sia l’aspetto estetico sia quello funzionale, lavorando nel rispetto dell’ambiente e realizzando, attraverso un innato ingegno, numerosi brevetti che a tutt’oggi si confermano come elementi distintivi della porta di qualità. Lo spirito imprenditoriale di Barzaghi ha reso Effebiquattro la prima azienda italiana con una capacità produttiva di oltre 250mila porte all’anno. Tra le eccellenze si registrano: la fornitura delle porte dei palchi e del nuovo corpo del rinnovato Teatro alla Scala e del Museo del giocattolo di Cormano (MI). Effebiquattro è sinonimo di quell’Italian style e del Made in Italy attraverso la sua presenza internazionale dove si annoverano i successi sui mercati degli Stati Uniti (Miami, Chicago, Las Vegas), Russia, Grecia, Svizzera, Ghana, Uganda, Tunisia, Algeria, Israele, Turchia e i nuovi progetti che ogni giorno raggiungono gli uffici di Seregno.

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19 Ottobre 2011, Milano

INCONTRO CON MILENA DE ROSSI E MARIO BARZAGHI Questa sera non vogliamo essere teorici, ma vogliamo partire dall’esperienza che ciascuno di noi vive quotidianamente. Quello che appare sui media e sui giornali in questo periodo è fonte di forte preoccupazione, ma la vita non è sempre una tempesta? De Rossi: se mi guardo alle spalle devo dire che la mia vita è stata una tempesta. Nel giro di poco tempo, infatti, la mia esistenza è cambiata completamente. Mio padre gestiva una segheria e una mattina, uscendo per lavoro, ha avuto un incidente d’auto ed è improvvisamente mancato. Nel giro di pochissimo tempo io e mia sorella abbiamo dovuto decidere se continuare con l’azienda di famiglia o lasciare tutto. Avevo 20 anni e mia sorella 24. Lei già si occupava della parte amministrativa dell’azienda, io invece studiavo. Dopo un breve consulto abbiamo deciso di continuare con l’azienda, sia perché volevamo continuare l’attività che con tanto sacrificio mio padre aveva creato, sia perché nel caso avessimo chiuso avremmo dovuto lasciare a casa i dipendenti e questo ci ha fatto molto riflettere. Abbiamo preso in mano la segheria che, come ben sapete, è un lavoro prettamente maschile e, grazie alla collaborazione dei dipendenti e al nostro impegno, abbiamo continuato il lavoro. Non nascondo che la scelta di continuare per me è stata particolarmente pesante, ma ci sembrava normale proseguire, per nostro padre, per gli operai e per noi stesse. Mio padre non ha mai visto come un ostacolo l’avere due figlie femmine, al contrario ha sempre creduto in noi e il suo volere era che continuassimo la sua attività. Ce l’abbiamo fatta: era mancata una figura importante, ma siamo subito state accettate in questo mondo. Da allora la segheria è cambiata molto e, grazie a passione, dedizione e motivazione, siamo costantemente cresciuti, tant’è che sei anni fa abbiamo aperto un’altra società che si occupa della progettazione e realizzazione di strutture in legno.

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Barzaghi: sappiamo benissimo che la vita è tutti i giorni una tempesta. La mia storia è molto simile a quella di Milena. Avevo 19 anni quando mio padre, che possedeva una piccola falegnameria con due dipendenti, è mancato. A quel punto mi sono tirato su le maniche e ho continuato l’attività, anche perché dietro di me c’erano altri tre fratelli più piccoli. Nel 1973 è così nata la Effebiquattro, ma è solo nel 1975 con l’acquisto dei macchinari che partiamo con la produzione. Immediatamente, ci siamo resi conto che produrre senza aver sviluppato una rete commerciale adeguata sarebbe servito a poco e così, nel 1977, sono partito con una rete capillare e tutto questo in un periodo decisamente difficile: crisi del cemento, del petrolio, austerity, raddoppio del prezzo del legname. In quello stesso anno avviene il salto di qualità: la Zanetti, che produceva porte per la Imas (azienda leader in Italia per la produzione di porte e finestre con 700 dipendenti), entra in crisi e io mi offro di produrre al posto loro. In sette mesi realizzo circa 8.000 porte che sono state una boccata di ossigeno per l’attività. Il resto è storia: nel ’78 comincio a galleggiare, nel ’79 guadagno 22 milioni di lire, ma mi sembra di averne guadagnati 22 miliardi. Nell’80 prendiamo una fornitura per la Libia di 3.000 porte al mese, quando facevamo una produzione di 2.500 porte/mese per il mercato interno. Contestualmente è cresciuta la rete commerciale. Fino al 2007 con una trentina di distributori, facevamo l’80% della nostra produzione, il 20% era rappresentato da clienti diretti di piccole dimensioni e qualche cliente straniero. Dopo il 2007 sono arrivati gli anni della tempesta e allora abbiamo deciso di concentrarci maggiormente sull’estero con il risultato che nel giro di tre anni siamo passati dal 28% all’attuale 40% di export. Ma l’obiettivo, per essere tranquillo è di arrivare al 50%.

Siamo arrivati all’anno in cui è iniziata la tempesta. Quante volte hai pensato di mollare? Barzaghi: mai. Pur non essendo più giovane non ho mai lavorato quanto sto lavorando adesso. È una cosa che hai dentro: piuttosto che mollare, pesto la testa contro il muro. Fra il 2008 e il 2010 ho perso molti soldi; come può un’azienda strutturata per fare certi fatturati andare avanti quando le manca il 40% delle vendite? De Rossi: fino al 2007 sono stati anni stupendi per l’edilizia e

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chi ha potuto investire ha fatto sicuramente bene, come noi che abbiamo creato un’altra azienda perché il mercato lo consentiva. Poi ad un certo punto si è fermato tutto e ancora adesso è tutto fermo. Forse, a differenza di Barzaghi, nel mondo delle segherie e delle prime lavorazioni non c’è più niente da inventare, ma bisogna sfruttare al massimo quello che è stato inventato. Il legno occupa un posto sempre più importante nelle costruzioni, una volta era solo nei tetti mentre adesso si parla di case di legno. Per andare avanti in questi frangenti è necessario diversificare la struttura dell’azienda: noi abbiamo creato una società partner e abbiamo cercato nuovi mercati, ma dobbiamo anche avere sempre nuove idee, realizzare prodotti sempre meno standardizzati e aggiungere nuovi servizi.

Barzaghi ha creato una rete commerciale formidabile, ma all’ultimo MADEexpo ha cambiato strada scegliendo la grande distribuzione. Come affrontate il mercato interno e come affrontate l’estero? Barzaghi: per 30 anni ho gestito con due persone 30 distributori e tutti erano meravigliati di ciò perché in Italia ero l’unico ad avere una struttura distributiva del genere. Oggi i mercati si sono spaccati e i distributori devono diventare sempre più specialisti del prodotto di fascia medio-bassa. Non dimentichiamo che la grande distribuzione, quale Leroy Merlin, fattura più di 15 milioni di euro, vende 130/140.000 porte all’anno, ha quattro fornitori, così come BricoMan (il cui target sono le falegnamerie) è recentemente partito con quattro punti vendita e fa 30.000 porte all’anno. Io servo GranCasa da un anno e mezzo e realizzo 13.000 porte all’anno. Questa è la realtà, il dato di fatto: i grandi gruppi sono entrati massicciamente in una certa fascia dove il cliente vuole comunque un servizio, una garanzia… Questa è l’evoluzione del mercato e non si può ignorare: chi ha perso il 30-40% dove va a recuperarlo? Chi mi restituisce il mercato che ho perso? Se poi vogliamo parlare del prodotto ci sono altrettanti grossi cambiamenti. Io faccio porte in legno, non usavo il laminato perché non mi interessava. In Italia si vendono 4,5 milioni di porte all’anno e io ne ho fatte 230.000, fate voi il conto di quanto vale il mio mercato. Senza contare che nel nostro Paese le aziende industriali producono 1,7 milioni di porte e la restante parte è prodotta da 23.000 falegnamerie specializzate in serramenti. Non le vedi ma ci sono. Così, nel 2008, mi sono messo a produrre anch’io

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porte in laminato (che oggi rappresentano il 30% di 4,5 milioni di porte), mi sono mosso con un po’ di ritardo, ma se non l’avessi fatto del tutto sarei stato finito. Il mercato estero è totalmente diverso: abbiamo Paesi in cui entri grazie a un progetto (contract) e altri in cui entri se hai i distributori. Attualmente sto ristrutturando la logistica interna per meglio seguire i differenti mercati che hanno misure diverse dalle nostre: in Israele, ad esempio, la nostra porta da 80 deve essere da 70, in Russia è ancora diverso, e così via. Ma per operare con successo all’estero non bisogna andarci da soli, è necessario mettersi in gruppo altrimenti si rischia di buttare via risorse importanti. Porto il mio esempio personale: qualche anno fa sono andato in Kurdistan dove il mercato sta crescendo in maniera impressionante, ho speso 70.000 euro e non ho ricavato un ragno dal buco. Questo perché? Perché non ho trovato il canale giusto, in questo caso parliamo di canali governativi finanziati. Se, invece di andare da solo, l’avessi fatto insieme a 4 o 5 aziende le spese sarebbero state ripartite su una base molto più grande.

Per andare avanti occorrono passione, dedizione, motivazione. Questi elementi sono qualcosa che fa parte del tuo dna o si possono acquisire con il tempo e trasmettere agli altri? De Rossi: sono convinta che è una cosa che si ha dentro e non si può imparare. Se hai una passione te la ritrovi addosso, non devi imparare nulla, ma vorrei aggiungere anche un’altra cosa: dedizione, motivazione e passione non sono sufficienti, bisogna aggiungere informazione, formazione e finanziamento. Altrimenti l’azienda non può andare avanti. Barzaghi: Milena diceva che non c’è più niente da scoprire nel suo settore, io aggiungerei che però ci sono tante altre possibilità nel mondo del legno. Sono convinto che il legno è una materia prima nobile che ci ha sempre aiutato, e forse non l’abbiamo valorizzata e pubblicizzata a sufficienza. Non abbiamo creato questa cultura e la colpa è nostra.

Milena, dopo il tuo racconto di questa stasera vorrei ringraziarti per il coraggio che stai trasmettendo. Invece, Mario, cosa stai insegnando a chi viene dopo di te?

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De Rossi: non è stato solo coraggio, ho trovato anche tanto aiuto; il papà di Paolo Ninatti (attuale presidente di Assolegno) mi ha detto “tu ce la puoi fare”, così come i proprietari di altre segherie mi hanno dato una mano. Barzaghi: io ho tre figlie di cui due sono in azienda e la terza fa l’architetto. Una si occupa dell’area commerciale e cura l’immagine, fa da supervisore, segue i cataloghi; l’altra si occupa delle fasi di produzione-programmazione e conosce benissimo anche gli acquisti. Potrei rallentare un attimo, ma continuo a trasmettere loro la mia voglia di fare.

Un’ultima domanda: la tempesta continua e i sacrifici economici sono stati tanti. Cosa vi spinge a non abbandonare la nave? De Rossi: per quanto mi riguarda la risposta è la voglia di non arrendersi mai e di andare avanti. Sarebbe troppo semplice dire “la situazione è dura e quindi chiudo”, ma non fa per me. Preferisco sempre giocare l’ultimo punto con grinta e determinazione. É una sfida con me stessa. Barzaghi: siamo innamorati del legno e viviamo mettendoci sempre l’anima a costo di rischiare tutto.

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Gaspare Lucchetta

Domenico Corà

Amministratore Delegato Gruppo Euromobil

Vicepresidente Corà Domenico & Figli

Gaspare Lucchetta nasce a Pieve di Soligo (TV) nel 1947. Nei primi anni sessanta inizia a lavorare nella falegnameria di famiglia Lucchetta Luigi e Figli. Con i fratelli, nel 1972 fonda Euromobil Cucine e nel 1974 Zalf Mobili di cui oggi è rispettivamente Vicepresidente e Presidente. È Vicepresidente di Désirée divani, acquisita sempre con i fratelli nel 1995. Ricopre la carica di Amministratore Delegato delle tre aziende, che insieme costituiscono il Gruppo Euromobil. Nel biennio 2004-2006 con il Gruppo Euromobil è “Partecipante Fondatore” della Fondazione ADI per il Design Italiano. Nel mondo dell’arte e della cultura, con i fratelli Antonio, Fiorenzo e Giancarlo ha sostenuto fino ad oggi, oltre 400 mostre in ambito nazionale ed internazionale; dal 2007 Gruppo Euromobil è main sponsor di ARTEFIERA ART FIRST a Bologna dove ha istituito il “Premio Under 30” per giovani artisti. È stato Consigliere del Museo della Permanente di Milano dal 2003 al 2007 e dal 2008 è socio a vita. È membro del Consiglio Direttivo della Fondazione Francesco Fabbri dal 2004 al 2010, e Vicepresidente della Fondazione Saverio Barbaro. Nel 1982 fonda con i suoi fratelli e con Egidio Fior la squadra ciclistica Zalf – Euromobil – Désirée – Fior. Nel 2009 viene pubblicato il volume “Gruppo Euromobil, un’impresa di design tra arte e sport” edito da Skira, con presentazione di Andrea Zanzotto e prefazione di Philippe Daverio. Ha ricevuto la nomina di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. È stato membro rispettivamente dei consigli direttivi Gruppo Cucine Assarredo e Unindustria Treviso.

Domenico Luca Corà nasce a Schio (VI) il 20 giugno del 1966. Si laurea in Scienze Politiche con indirizzo politico-amministrativo il 16 giugno del 1992 presso l’Università Statale di Milano. Nello stesso anno entra a far parte dell’azienda di famiglia, la Corà Domenico e Figli spa di Tavernelle di Altavilla Vicentina. Nell’ottobre del 1997 viene nominato Procuratore Speciale con delibera del Consiglio di Amministrazione. Nel giugno del 2004 assume la carica di Consigliere Delegato con tutti i poteri per la gestione ordinaria della Società, esclusa la Rappresentanza Legale con delibera del Consiglio di Amministrazione. Da maggio del 2006 diviene Responsabile dell’Ufficio di Rappresentanza in Cina (Deputy Representative). Dall’aprile del 2007 è Amministratore Unico della società “Acero srl”. Due mesi dopo, viene nominato Vice Presidente e Consigliere Delegato con tutti i poteri per la gestione ordinaria della Società e con la Rappresentanza Legale con delibera del Consiglio di Amministrazione. A livello associativo, tra il 2005 e il 2008 ricopre la carica di Vice Presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Vicenza, mentre dal 2010, dopo tre anni da Vice Presidente, diviene Presidente della Sezione Legno presso Confindustria Vicenza. Dal 2007 assume diversi incarichi all’interno del Gruppo Banca Popolare di Vicenza: prima come Consigliere di Amministrazione della società NEM, poi, dal 2009, come Vice Presidente di “Monforte 19 srl”. Infine, dal 2007 ricopre la carica di Vice Presidente e Consigliere di Amministrazione di “Altra Impresa”.

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1 Dicembre 2011, Falzè di Piave (TV)

INCONTRO CON GASPARE LUCCHETTA E DOMENICO CORÀ Presidente Roberto Snaidero: ho voluto riproporre le Conversazioni imprenditoriali sul territorio perché ritengo sia fondamentale che l’associazione non resti confinata a Milano ma incontri sul campo le realtà imprenditoriali che fanno parte della federazione. La terra in cui siamo oggi è una delle più rappresentative del mobile italiano, quindi la vostra presenza numerosa questa sera è l’evidente dimostrazione della vostra voglia di continuare ad essere protagonisti in Italia e nel mondo.

Fare l’imprenditore è navigare sempre dentro la tempesta. Domenico, Gaspare, raccontateci la vostra storia. Corà: quello che ha guidato i nostri 92 anni di storia è una passione verso questa materia viva e calda che è il legno. Siamo nati come produttori, avevamo un gruppo di tre segherie in Italia che poi abbiamo venduto all’estero e oggi siamo diventati noi stessi produttori nei paesi in cui il legno cresce e vive. Siamo una famiglia che fa i consigli di amministrazione il lunedì mattina prendendo il caffè. Noi diciamo sempre che prima di gestire l’azienda abbiamo da gestire la famiglia, noi siamo in 6 famiglie da coordinare, combinare, mettere d’accordo. Lucchetta: dobbiamo seguire gli obiettivi aziendali in modo chiaro e semplice. Non bisogna attendere che le cose accadano, ma bisogna farle accadere. Questo è per tutti i giorni: ed il fine settimana frequentiamo gli studi di architetti ed artisti per crescere culturalmente. Avevamo un prodotto tradizionale, a marchio Euromobil e Zalf. Nel ’92 abbiamo deciso di riposizionare le aziende in un segmento di

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mercato più alto perché volevamo creare l’integrazione dell’arte nel design ed è quello che facciamo ormai da 20 anni. Avevamo una linea guida molto precisa che serve ed è necessaria per i grandi obiettivi: lungimiranza, pazienza e costanza.

L’arte è ormai un fattore imprescindibile per la vostra azienda. Perché nel 1992 avete deciso di abbinare il vostro nome ai grandi musei d’arte? Lucchetta: abbiamo sempre avuto questa sensibilità ed è stata la molla che ci ha fatto andare avanti. Avevamo già nel DNA 25 anni di attività nel mondo dell’arte ed abbiamo deciso di abbinarlo al design. Siamo passati da artisti locali a grandi mostre internazionali. Questo ci ha fatto fare il balzo in avanti. Nei nostri prodotti c’è molta passione per l’arte. E mentre giocavamo a capire l’arte, abbiamo dedicato molto tempo alla tecnologia, all’organizzazione, ai prodotti, agli strumenti di vendita, a creare un brand distintivo. Nel nostro fare impresa, oltre che dall’arte abbiamo attinto anche da altri due mondi: quello del design e quello dello sport. Questo ci ha resi diversi nel mercato rispetto a molti nostri competitor. Dobbiamo essere competitivi, soprattutto in un mercato selettivo come quello di oggi. L’anima sportiva salta fuori per resistere ed insistere, perché sono le difficoltà a renderti più forte.

Domenico, la tua azienda è partita e si è sviluppata nel territorio, poi avete scelto di andare dove c’era il legname, una scelta importante con una componente di rischio. Cosa vi ha dato la forza per affrontare queste nuove sfide? Corà: per un imprenditore, specialmente nei momenti di crisi, è fondamentale fare un esame di coscienza. Pensare a chi siamo, che disponibilità economica abbiamo e che credibilità abbiamo. Poi dobbiamo pensare ai prodotti di cui disponiamo, qual è il patrimonio umano dell’impresa, quali mercati dobbiamo affrontare e quali sono le nostre conoscenze. E poi dobbiamo pensare a dove siamo, alla logistica. Per essere ancora vincenti sul mercato, abbiamo dovuto cercare quelle nicchie nascoste in grado di garantire alla casa madre la materia prima che il mercato chiedeva. Poi è cambiato tutto, perché nel frattempo sono cresciute altre aziende in Romania, in

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Bosnia e in Africa e quindi ho distaccato queste realtà dalla casa madre e le ho rese indipendenti. Oggi la casa madre rappresenta solo il 15% del loro fatturato complessivo.

Quali sono i problemi che avete incontrato quando avete spostato la lavorazione di materia prima in altre aree del mondo? Corà: un imprenditore per natura è un po’ pazzo; se non osa oltre i propri limiti, non potrà mai fare l’imprenditore. Se vuoi entrare su un determinato mercato, devi capire com’è e come ragionano i clienti lì. Se vai in Africa pensando da ‘veneto’ torni dopo qualche mese con le ossa rotte! E lo dico per esperienza. Così poi è diverso andare in Bosnia e in Romania, per non parlare della Cina. Domanda dal pubblico: avete aziende con una forte impronta familiare. Come siete riusciti ad andare d’accordo in azienda e come collaborate? Lucchetta: siamo in 4 fratelli e quello che ci tiene uniti e ci spinge a lavorare bene insieme è la condivisione del progetto. Questo cementa il nostro rapporto. C’è stima e rispetto reciproco. Corà: in azienda siamo in 14 della famiglia. Occorre avere uno sguardo lungo, un progetto, occorre accettare che gli stipendi siano uguali o simili pur se magari i compiti e le responsabilità sono diversi. L’azienda famigliare ha due crucci: il primo è che ogni 30 anni ci sia una persona in grado di dire una parola in più, con una visione, idee e spirito nuovo. Il secondo è che gli altri lo capiscano ed acconsentano a questo. Se mancano queste due cose, la famiglia comincia a scricchiolare. Domanda dal pubblico: vedo tanta energia come sempre, ma nei momenti di sconforto, qual è la chiave per ‘pensare positivo’? Lucchetta: io ho una massima che mi guida: i problemi sono come i salami, vanno affrontati uno alla volta, così come il salame va mangiato una fetta alla volta. Mia mamma fin da piccolo mi ha insegnato che quando le cose vanno male bisogna guardarsi alle spalle; sicuramente si troverà qualcuno che sta peggio di te e continua a resistere.

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Corà: un imprenditore ha nel DNA la positività. Quando sento le cose che dicono alla radio contro l’Italia, contro il paese fantastico che siamo, mi sento ferito. Forse non sappiamo metterci d’accordo tra di noi, siamo un po’ isolani e ognuno va per la propria strada, ma sappiamo reagire. Dobbiamo avere fiducia in noi stessi e nel nostro lavoro. Lucchetta: la crisi che stiamo vivendo è globale, ci sarà da soffrire almeno fino al 2013. Ma nel marasma generale mi sostengono due certezze: che il mondo non si ferma mai e che è sempre metà da vendere e metà da comprare. Corà: qui ci sono ragazzi giovani, i nostri padri forse hanno sbagliato a viziarci un po’, ma li capisco perché loro hanno patito tanto e hanno voluto dare a noi l’agiatezza che non hanno avuto. Dobbiamo dare la valigetta ai nostri figli e dire loro che il mondo è la loro casa. Abbiamo la fortuna di essere italiani ma non lo capiamo, ma se lo sappiamo vendere non ci ferma nessuno. De Ponti: per la vostra esperienza concreta dove sta il positivo nella crisi e da che cosa può rinascere la crescita in questo momento? Lucchetta: bisogna innanzitutto riacquistare fiducia. I nostri governanti devono dare spazio a chi ha voglia di fare. In una fase di rinnovamento come quella attuale, è fondamentale che tutti insieme cavalchiamo il cambiamento per battere la crisi. Non bisogna aspettare che passi; se passa da sola fa danni. Winston Churchill diceva: “Un pessimista vede le difficoltà in ogni opportunità, un ottimista vede le opportunità in ogni difficoltà”. Corà: la crisi è servita a cambiare l’azienda, sembrerà banale ma non lo è. Probabilmente senza questo forte stimolo saremmo stati reticenti a cambiare. Tutti ci adagiamo sulle situazioni che meglio conosciamo, la crisi ti da quello stimolo importantissimo ad innovare e cambiare sostanzialmente l’azienda. Una volta le fasi di crisi avvenivano in media ogni 10 anni; oggi questo tempo si è ristretto in modo drammatico e ogni 3 anni dobbiamo pensare a come reinventarci. E poi ha dato una forte spinta al cambiamento nei nostri collaboratori.

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Lucchetta: nei momenti di crisi l’importante è non avere crisi di idee. Senza idee è veramente dura. Se mi chiedono se preferisco avere soldi o idee, io rispondo le idee. Con le idee i soldi li faccio, senza idee faccio la fine di tutti i nobili decaduti di una volta. De Ponti: ho fortemente voluto queste conversazioni innanzitutto per il gusto di imparare. Mi colpisce molto sentire le vostre storie perché è come vedere scintille di creatività che in qualche modo toccano anche me, e questo mi fa tornare a casa più ricco di esperienza. Domanda dal pubblico: secondo voi questa è una crisi o un cambio di modo di operare? Corà: la globalizzazione ha cambiato le regole del gioco. Quello che valeva prima oggi non vale più, quello che pensavamo sulla Cina, sulla Romania, sulla Bulgaria, sulla loro crescita, non ci ha fatto capire che noi saremmo diminuiti. C’è un mondo nuovo che non aveva niente ed ha una fame pazzesca, quella che non abbiamo più noi. Vogliono costruire, vogliono fare tutto e corrono. Il problema è che noi dobbiamo essere in quella corsa, partecipare a quella sfida e contribuire a questa cosa. Chi si aspetta di tornare al passato, rimarrà inevitabilmente indietro. Domanda dal pubblico: in una situazione come questa, qual è il ruolo che può giocare un’associazione? Corà: come presidente legno di Confindustria a Vicenza sento questo tema molto caldo. Ogni giorno mi chiedo cosa posso fare di concreto per gli imprenditori, per i miei associati. Credo che oggi l’associazione debba essere al fianco dell’imprenditore dando spunti interessanti, idee, consigli, stimoli. L’associazione deve fare questo, deve aiutare a cambiare la mentalità degli imprenditori. Dobbiamo aiutarli a fare questo passo, questo salto generazionale. Dobbiamo accompagnarli perché non sono abituati. Soprattutto la mentalità veneta del padre padrone che fa tutto lui, non c’è più quel tempo lì. Adesso bisogna delegare, il tuo pensiero deve essere quello di capire dove andare con la tua azienda, poi ci sono gli altri per fare.

mentalmente. Si riesce a vedere anche con gli occhi e la mente di altre persone e questo è molto importante perché uno da solo cammina con il paraocchi. Io ho fatto vita associativa in FederlegnoArredo, in Assarredo, ed è molto utile perché ti apre la mente, ti fa fare meglio il tuo lavoro. Se non conosci non fai le cose, se le conosci le impari: la prima volta al 50% poi al 70% poi al 90% e scatta la molla della positività del fare. Intervento dal pubblico: faccio divani a Padova. Io personalmente sento la crisi come un’opportunità, sinceramente la ringrazio la crisi. Per la mia attività, essendo giovane, la crisi mi ha offerto la possibilità di inserirmi in modo propositivo. Nella crisi quando hai delle idee la gente ti segue. Io sono stato fortunato perché in azienda mio padre mi ha dato la possibilità di fare, si è fidato. Ho messo in piedi un equipe di 15 persone nell’arco di un anno, e il 2011 lo chiuderemo con una crescita del 20%. Questo, più che una crisi, è un momento di cambiamento del mercato. Si può parlare di mercato confusionale. È la confusione che crea il problema non la crisi di per sé. Chi ha crisi è perché è rimasto indietro e non si è evoluto. Domanda dal pubblico: la sua azienda ha mai avuto momenti di difficoltà finanziaria? Lucchetta: non ho avuto particolari momenti di difficoltà economica. Dal mio punto di vista, ci sono tre tipi di persona e di azienda. Chi vede, chi non vede e chi prevede. Se uno non vede, non fa gli aggiornamenti che deve fare in tempo utile e così poi mancano il lavoro e i soldi. Se vede, è in ritardo perché ha visto quello che hanno fatto altri. Se prevede ed è lungimirante, fa le azioni che sono proprie, con quelle riesce ad essere avanti, fare fatturati e conseguire gli utili. De Ponti: ringrazio Domenico e Gaspare per questo bellissimo incontro. Volevo concludere con una frase di San Tommaso Moro che così diceva consolando la figlia prima di morire: “Nulla accade che Dio non voglia e sono sicuro che qualsiasi cosa avvenga per quanto cattiva appaia, sarà in realtà sempre per il meglio”.

Lucchetta: l’associazione è fondamentale, si cresce culturalmente e

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Eugenio Bellotti

Giorgio Peverelli

Presidente Bellotti

Presidente Gruppo Peverelli

Eugenio Bellotti, presidente di Bellotti spa, è alla guida dell’azienda da oltre 30 anni, affiancando dapprima il padre e subentrando nel ruolo di amministratore e direttore generale negli anni Ottanta. L’azienda, fondata nel 1927, ha il proprio core business nella produzione di semilavorati in legno, massello e multistrati. Eugenio Bellotti, che rappresenta la terza generazione in azienda, ha saputo far crescere la propria realtà imprenditoriale diversificando i settori di riferimento che oggi spaziano dall’arredamento alla nautica, dall’edilizia al ferroviario e ha investito in qualità delle materie prime, innovazione tecnologia e servizio al cliente, impegno sintetizzato dal pay off aziendale “l’evoluzione del legno”. Attraverso la sua esperienza e grazie al suo grande spirito imprenditoriale, Eugenio Bellotti ha contribuito alla creazione di una vasta gamma di prodotti di alto livello tecnologico e design estetico mirati a soddisfare le variegate esigenze dei diversi settori. A lui si deve la decisione di internazionalizzare l’azienda e proprio grazie a questo oggi il marchio Bellotti è riconosciuto a livello internazionale come garanzia di qualità di prodotto e attenzione al servizio. L’azienda fa parte di Assolegno, Assopannelli e Fedecomlegno. Eugenio Bellotti è componente della Giunta di FederlegnoArredo.

Giorgio Peverelli nasce a Fino Mornasco (CO) nel marzo del 1937. Fin da ragazzo opera nell’azienda florovivaistica di famiglia, assumendone nel tempo la direzione tecnica. Ha collaborato e collabora tuttora nella progettazione con studi di architettura e professionisti italiani e stranieri, realizzando opere importanti nell’ambito del verde e del paesaggio in Italia e nel mondo, tra cui: il Polo fieristico di Rho/Pero, il villaggio olimpico di Torino (Olimpiadi 2006), la nuova sede di Regione Lombardia, City Life Milano (e il Bosco Verticale), la nuova sede del Sole 24 Ore (con Renzo Piano), i giardini per la principessa Al Anoud in Arabia Saudita e in Kazackistan il parco del Presidente. Il Gruppo Peverelli opera da più di 120 anni nel settore del verde, della paesaggistica, dell’ecologia, dell’impiantistica sportiva, impiegando attualmente circa 100 addetti. Come Direttore Tecnico, Giorgio Peverelli ha coordinato e sovrinteso tutte le realizzazioni dei più importanti lavori. Si è occupato dell’attività di marketing della società e tuttora ne segue gli sviluppi garantendo continuità e fornendo nuove prospettive sia sotto il profilo commerciale che di ampliamento del core business. Nel 2011 ha dato vita a TEAM ZERO, un team di imprenditori italiani che si propone come soggetto unitario capace di offrire ai paesi stranieri che parteciperanno a Expo 2015 un insieme di servizi orientati all’assistenza, progettazione, costruzione, gestione e recupero delle strutture che saranno realizzate per l’evento. Peverelli ricopre la carica di Consigliere Incaricato del Gruppo Arredo Urbano e per Esterni di EdilegnoArredo ed è componente della Giunta di FederlegnoArredo.

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8 Febbraio 2012, Cermenate (CO)

INCONTRO CON EUGENIO BELLOTTI E GIORGIO PEVERELLI Siamo dentro una storia importante. Quali sono le origini di questa realtà e come questa realtà è cambiata, ha coinvolto anche i giovani, si è innovata? Bellotti: la storia della Bellotti inizia nel 1927. La mia grande fortuna quando sono entrato in azienda è stata Pierino Bellotti, mio padre: mi ha indicato la strada e mi ha fatto crescere la voglia di seguire le sue orme. Una persona di poche parole, che mi ha insegnato con gli esempi. La mia decisione di entrare in azienda è stata quindi una risposta a mio padre. Sono stato entusiasta di farlo e lui mi ha dato fiducia, mi ha dato la possibilità di prendere decisioni e di sbagliare. In altre parole mi ha dato la possibilità di fare esperienza. Rispetto ad allora, oggi l’azienda sta cambiando. È giusto che sia così, ma mi rattrista il fatto che stia cambiando anche il modo di rapportarsi con le persone: io ragionavo anche col cuore, come mi ha insegnato mio padre quarant’anni fa, mentre oggi dobbiamo guardare i numeri e i numeri ci portano ad essere più razionali. Costa fatica adeguarsi, ma il mondo ci conduce verso questa direzione. Oggi bisogna essere un po’ più asettici con i clienti, con i fornitori, con i collaboratori, e non nascondo che faccio fatica ad adeguarmi anche se in cuor mio so che è la strada giusta. Bisogna comunque porre sempre la massima attenzione ai collaboratori: sono il valore più importante in un’impresa, ancora più dei macchinari e dei capitali. Bisogna motivarli, far sì che si crei un legame affettivo con l’impresa affinché si adoperino nel migliore dei modi per farla crescere, ad essere attenti e innovativi in un momento di crisi come quello attuale. Sul mercato, ora più di quando sono entrato in azienda, bisogna essere estremamente innovativi, offrire qualità e servizi. E per fare questo bisogna essere attenti e vicini ai clienti, tema su cui si punta molto in Bellotti. Confesso

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che Internet è fantastico, ma mi toglie in parte il piacere che avevo di andare dal cliente a sentire le sue necessità, i suoi problemi e le sue critiche, che servono per tornare in azienda carico di voglia di fare. Dai contatti con i clienti infatti porti a casa ricchezza, idee per migliorarti e per innovare. È il nostro concetto di marketing: andare sulla strada e non sentire ma ascoltare, non vedere ma guardare, non parlare ma spiegare.

Anche quella della Peverelli è una storia incredibile: da dove arriva e cosa ha fatto in questi anni? Peverelli: sono presidente di un’azienda che ha mosso i suoi primi passi 122 anni fa quando mio nonno costituisce la Fratelli Peverelli. Era il 1887 e facendo propria l’esperienza come manutentori delle ville del marchese Raimondi, mio nonno e i suoi fratelli iniziano la coltivazione di piante. Mio padre ereditò il ramo dell’azienda dedicato alle manutenzioni stradali, ampliando poi il business al verde pubblico nei nuovi quartieri, lavorando anche con gli architetti che in quel momento rappresentavano il meglio della progettazione. Come ho scelto di entrare in azienda? È stata la mia grande curiosità a farmi appassionare a questo lavoro: quando vedevo un terreno piatto che pian piano cresceva e prendeva forma, con colline, ruscelli, spazi di lettura e così via, era come vedere uno scultore che plasmava la materia, lavorava la creta e creava una scultura vivente. Purtroppo mio padre è mancato giovanissimo, e io e i miei quattro fratelli ci siamo divisi i compiti. Ero il più giovane ed ero anche alla ricerca di qualcosa di stimolante. Per questo ho iniziato a frequentare artisti, musicisti, pittori, scultori e architetti. Da loro ho raccolto messaggi importantissimi. Ho capito che il verde ha le sue funzioni e non può essere un abito già fatto: ci vuole un progetto che nasce da uno stimolo interiore, come l’ispirazione dell’artista. Ho quindi iniziato a concepire il verde come progetto, a ricercare nuove soluzioni, ad andare oltre, a stupire. Sono convinto che questa capacità di andare oltre sia la chiave di volta nelle aziende per superare i momenti di crisi: avere sempre nel cassetto qualche nuova idea, degli stimoli che ci permettano di superare i momenti negativi. È così che è nato il verde verticale: ero sul Lago di Como e osservando un orrido con due cascate, il muschio, delle colonie di fiori, mi sono chiesto: “Perché non sviluppare il verde anche in verticale?”. Abbiamo iniziato a

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rivestire pareti con il verde, realizzando dei quadri viventi che mutano al cambiare delle stagioni. Sulla scorta del verde verticale abbiamo fatto un grande studio con Stefano Boeri per un bosco verticale su due grattacieli a Milano. Una cosa importante da tenere sempre in considerazione è che noi siamo la mente dell’azienda ma non dobbiamo mai dimenticare che il nostro entusiasmo, il nostro orgoglio, il desiderio di ricerca va trasmesso alle persone che lavorano con noi.

Un mercato nazionale che arranca, ma moltissimi altri mercati attorno a noi. Un mondo che cambia e si modifica: cosa vi ha spinto a fare? Come vi siete reinventati? Bellotti: la nostra materia prima è il legno e da sempre il nostro obiettivo è lavorarlo in modo innovativo. Non a caso nel nostro logo abbiamo inserito lo slogan “L’innovazione del legno”. Quello che facevamo ieri va cambiato o stravolto per seguire costantemente i diversi settori in cui operiamo. Una diversificazione che ci ha imposto di rendere flessibili i nostri impianti produttivi per rispondere alle esigenze di vari settori: arredo, nautica, trasporti, ecc. I mercati stanno cambiando, e noi dobbiamo sapere adeguarci prestando costante attenzione a cosa succede nel mondo. Ieri il nostro focus era nazionale, mentre oggi è giocoforza internazionale dato che è all’estero che c’è molto più spazio per i nostri prodotti. Sono convinto che la velocità nel cambiamento di prospettiva ci permetterà di soffrire meno nella “tempesta”. Oggi devo far tacere il cuore e parlare con la testa: il mondo va in questa direzione. In azienda ho due figli con una grande voglia di continuare, che hanno una mentalità diversa dalla mia, sono più razionali, ma che sono sicuro sapranno condurre l’azienda anche cogliendo il meglio dai miei fantastici collaboratori. Per soddisfare il mercato bisogna essere innovativi, anche andando all’estero a trovare nuove opportunità, capire le necessità del cliente e lavorare con i tecnici per realizzare nuove soluzioni. Questo vuole dire innovare, anche a costo di cambiare totalmente l’approccio al mercato. Vi faccio un esempio: a seguito della crisi del settore nautico, ora ci stiamo dedicando al ferroviario. Ciò significa avere a che fare con un cliente nuovo che vuole un servizio diverso e tempistiche molto stringenti. Abbiamo dovuto cambiare i classici metodi di produzione arrivando a realizzare non solo una fornitura

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di pannelli ma un kit completo di montaggio. Ci possiamo riuscire perché il nostro sistema produttivo è abbastanza flessibile, ma rappresenta comunque una sfida e un investimento considerevole: un grande impegno ad innovare velocemente.

Andare dal cliente, perché è colui che mi può consentire di proseguire. Capire chi è e quali sono le sue nuove esigenze. Come fai? E come fai a motivare chi ti sta intorno? Bellotti: con la passione, che cerco di trasferire a tutti i miei collaboratori e ai clienti. Tante volte però il cliente non è ben disposto e non mi “usa” per risolvergli i problemi. Ma se malgrado tutto il cliente vede che le mie soluzioni vanno oltre le sue aspettative, è proprio il suo sguardo lo stimolo a trovare sempre nuove idee e nuove strade da percorrere. Dobbiamo far sì che i nostri clienti allunghino la mano per farsi aiutare. È solo così che veniamo loro incontro elaborando nuove idee, innovando. Ovviamente, il rovescio della medaglia è il rapporto con i fornitori: da loro mi aspetto il meglio, poiché senza questo non posso mantenere la mia qualità e fornire soluzioni vincenti ai clienti.

Dobbiamo diventare sempre più bravi, saper stupire il nostro cliente, fargli un abito su misura. Mettere insieme e guidare una squadra che porti avanti questa filosofia. Come si fa? Peverelli: formazione, informazione e ascolto: i nostri collaboratori devono essere parte dell’azienda, devono comprendere cosa facciamo e sentire di essere parte dell’azienda. Il tema del risparmio energetico per noi oggi è un argomento importantissimo: le essenze che assorbono CO2, le specie che limitano l’uso dei concimi chimici, la trasformazione della sostanza organica in terriccio, la fitodepurazione delle acque, le piante che limitano il rumore come la realizzazione di pareti fonoassorbenti per la SEA. Stiamo cercando anche di sviluppare un “verde terapeutico” per i malati di Alzheimer. Sono tutte sfide che ci stimolano al miglioramento, all’innovazione. La crisi c’è perché la coltiviamo. Dobbiamo sforzarci costantemente di combatterla, di trovare nuove soluzioni, di innovare. La gente cerca sempre qualche cosa di più. L’energia che noi abbiamo all’interno deve essere portata all’esterno, deve essere mostrata al mercato.

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Domanda dal pubblico: bene l’innovazione. Ma la concorrenza? Come la affrontate? Chi sono i vostri principali concorrenti? Peverelli: da sempre chiamo “colleghi” i miei concorrenti. La parola concorrente implica che tu devi dimostrare che sei superiore. Il cliente ti deve invece venire a cercare per il prodotto che gli offri e tu devi andargli incontro; non devi andare sul mercato unicamente per rapportarti agli altri produttori. Ognuno ha la clientela che si merita, e i clienti ci scelgono per le nostre soluzioni innovative.

la progettazione, la realizzazione, la manutenzione e così via. Sono aziende che già conoscono il mercato straniero e che mettono a fattor comune le loro conoscenze facendo al tempo stesso “massa critica”. L’auspicio è ovviamente che questo Team Zero non chiuda nel 2015, ma che diventi una forma di collaborazione a lungo termine.

Bellotti: oggi il mio concorrente è la crisi. Ma ben venga la crisi perché ci costringe al cambiamento. Se non siamo in grado di cambiare costretti dalla crisi, non possiamo stare sul mercato, non possiamo continuare a navigare. Sono consapevole che devo essere un esempio per i miei collaboratori: nella tempesta tutto l’equipaggio guarda al comandante e ognuno deve fare la propria parte per tenere la nave sulla rotta giusta ed andare avanti. L’azienda è fatta dagli uomini che ci vivono dentro, e noi imprenditori dobbiamo dimostrare ai nostri collaboratori che stiamo reagendo alla crisi: il capitano è l’esempio, ma è uniti che si va avanti e si passa oltre la tempesta, oltre la crisi. Il mercato mi ripaga lo sforzo? Fino ad ora sì, anche se lo sforzo è enorme come nel caso delle ferrovie. È la mia reazione alla crisi e se la concorrenza mi seguirà ne sarò contento. La cosa più importante è reagire alla crisi, e non porgerle il fianco. Domanda dal pubblico: siete riusciti ad esportare la vostra visione cooperativa di azienda all’interno del vostro settore, anche sotto forma di aggregazione di impresa? Bellotti: un compito della Federazione è creare momenti per aggregarci di più, per fare più sinergia. È un’operazione che deve fare l’associazione, ma che noi dobbiamo seguire, ascoltare. Andare da un cliente e offrirgli più possibilità è come andare al supermercato e tornare a casa con il carrello pieno: vai per un motivo e ti accorgi di altre opportunità. Peverelli: abbiamo messo insieme il Team Zero per Expo 2015, una rete d’impresa, un raggruppamento comunque piccolo nei confronti del resto del mondo. Il Team Zero copre una vasta gamma di offerta:

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Stefan Rubner

Gaetano Rasom

Presidente Rubner Holding

Presidente Rasom Wood Technology

Dal 1986 al 1992 ha frequentato l’Istituto tecnico commerciale a Bolzano e, successivamente, l’Istituto superiore di qualificazione professionale di Rosenheim (Germania) con indirizzo di studio economia del legname. Dal 1998 al 2009 ha ricoperto il ruolo di amministratore unico della Rubner Holzindustrie Ges.m.b.H. con sede a Rohrbach an der Lafnitz (Austria) seguendo i reparti segheria e commercio del legno. Dal 1999 (anno di fondazione) è amministratore unico della Nordlam GmbH con sede a Magdeburgo (Germania), dove ha svolto un ruolo determinante nella costruzione dello stabilimento la cui attività principale è la produzione di legno lamellare (stabilimento con la maggiore capacità produttiva in Europa). Dal 1 gennaio 2006 è presidente del consiglio d’amministrazione della Rubner Holding spa con sede a Chienes (Italia).

Gaetano Rasom è nato a Pozza di Fassa (Trento) nel 1961. Secondo di sei figli, inizia l’attività nella segheria-falegnameria di famiglia fondata nel 1959. Lavora in azienda frequentando contemporaneamente la scuola superiore a Predazzo e giocando a hockey su ghiaccio a livello professionistico fino a raggiungere la Nazionale Italiana. È Guida Alpina e istruttore Nazionale e possiede il brevetto di pilota di elicottero. Nel 1982 perde il Padre e dal 1986 si dedica in modo esclusivo all’azienda di famiglia, la Legnami Rasom snc, specializzandosi nella carpenteria in legno. Le fasi successive sono le seguenti: nel 1994 costituisce la Hofer e Kompatcher la Holz & Ko srl, dal 1994 al 2001 è consigliere Holz & ko srl, dal 2001 al 2010 è presidente e amministratore delegato della Holz & Ko srl, dal 2010 è consigliere della LignoAlpDamiani Holz & Ko srl. Dal 1996 al 2008 è stato amministratore unico della Rasom Holz, mentre dal 2008 è presidente di Rasom Wood Technology.

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21 Marzo 2012, Chienes (BZ)

INCONTRO CON STEFAN RUBNER E GAETANO RASOM De Ponti: circa un anno fa abbiamo iniziato questo ciclo di incontri che rappresentano una grande occasione di ascoltare le storie di vita e di impresa di imprenditori del nostro settore. Oggi siamo in Val Pusteria e ringrazio dell’ospitalità Stefan Rubner la cui azienda rappresenta un’eccellenza per la nostra federazione. Grazie anche a Gaetano Rasom, un associato di lunga data.

Oggi incontriamo due uomini che sono stati in grado di interpretare le esigenze dei clienti e le tendenze del mercato. Stefan, Gaetano, qual è la vostra storia? Rubner: tutto è nato con il nonno, ma la vera crescita è stata con mio padre e i miei zii che sono stati in grado di dare vita a un grande gruppo. Le nuove generazioni (di cui faccio parte) sono state comunque in grado di fare altri passi in avanti grazie a un’energia che viene dall’ambiente in cui viviamo, dalla famiglia, dalla storia. L’azienda ha origine nel 1926 con la fondazione di una segheria da parte di mio nonno e oggi, a poco meno di 90 anni di distanza, siamo un gruppo con oltre 1.500 lavoratori (750 dei quali in Alto Adige) e stabilimenti in Italia, Austria e Germania e collaboratori in Francia, Svizzera, Slovenia, Polonia, Marocco.

Gaetano da dove esce la vostra formula competitiva? Rasom: vengo dalla Val di Fassa, in passato una valle povera con poca gente che per vivere doveva avere due concetti ben radicati: la passione e il rispetto. Ho perso mio padre a 20 anni e mi sono trovato in mano una segheria che tagliava esclusivamente tavole. Per crescere ho capito che avrei dovuto portare avanti i concetti di cultura e rispetto e il tempo mi ha dato ragione.

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Stefan, chi è stato il visionario che ha consentito di trovare una nuova via? Rubner: sicuramente il visionario è stato mio zio, ma tante idee le abbiamo anche prese dai nostri vicino austriaci e tedeschi per poi perfezionarle e adattarle alla nostra cultura.

Cultura e territorio aiutano un’azienda a crescere? Rubner: le faccio l’esempio di una nostra azienda, la Nordpan, specializzata nella produzione di pannelli truciolari che è stata convertita nella produzione di pannelli in legno massello per eliminare i fumi derivanti dalla lavorazione precedente. La valle, infatti, stava diventando sempre più turistica e noi abbiamo deciso di dare il nostro contributo in questo modo. Oggi siamo più che soddisfatti della scelta effettuata oltre trent’anni fa, tant’è che la Nordpan è leader in Europa, ha un grado di innovazione altissimo (l’anno scorso ha vinto il premio Innovazione Alto Adige) e possiede una squadra affiatata e radicata nel territorio.

Gaetano, quali sono i passaggi che vi hanno portato alla dimensione attuale? Rasom: il radicamento nel territorio per noi è fondamentale; infatti o si lavora in squadra o non si va da nessuna parte. Siamo partiti nel 1986 con una piccola carpenteria di cinque persone e adesso siamo diventati una realtà di 100 dipendenti che realizza grandi volumi. Ci abbiamo messo 20 anni per crescere e arrivare a questi livelli e credo che il segreto sia stato quello di puntare tutto sul territorio e sulla gente che ci vive. Non è semplice perché dalle nostre parti un cuoco può arrivare a guadagnare fino a 4.500 euro al mese, un ragazzo porta a casa 3.000 euro al mese per pulire gli sci nella stagione invernale. Perché un ragazzo dovrebbe venire a lavorare per la Rasom dove magari per andare a fare un lavoro a Milano deve partire alle 2 di notte e il tutto per 2.000 euro al mese? Eppure ho cento dipendenti.

Qual è il tuo mercato? Rasom: per scelta il nostro mercato è quello nazionale di fascia

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medio-alta dove riusciamo a realizzare fino a 70 case all’anno. Per il momento non siamo in grado di arrivare con i nostri progetti in Russia o in Africa, magari in futuro riusciremo ad organizzarci, ma per ora ci limitiamo al mercato interno del nord-Italia.

De Ponti: stimolato da quanto state dicendo vorrei farvi una domanda. Voi siete noti per la bellezza e la cura delle vostre case in legno, aspetti che avete mantenuto nella realizzazione dei vostri uffici curati anche nei minimi dettagli. Cosa c’è dietro questa scelta?

Rubner: il nostro mercato è l’Italia, ma ovviamente cerchiamo anche di andare in Europa tant’è che siamo forti in Austria, Germania, Francia e Svizzera. Stiamo investendo tante risorse nei Paesi dove siamo presenti perché credo fortemente nelle potenzialità del legno, soprattutto per quanto riguarda le costruzioni. Stiamo realizzando un nuovo stabilimento a Magdeburgo per la produzione di travi lamellari e una nuova linea per la produzione di pannelli a tre strati in Austria; inoltre, stiamo completando i nuovi uffici a Chienes, e tutto ciò per essere ancora più forti nella produzione di case per tutti i mercati, soprattutto quello italiano che ha grandi potenzialità di crescita.

Rubner: l’amore per il legno e la lungimiranza. Già diversi anni fa anni fa abbiamo costruito tutti i nostri capannoni in legno e, partendo da questa esperienza, abbiamo scelto di creare un nuovo “business model”, ovvero quello della grande costruzione chiavi in mano. Da questa prima intuizione è nata la Rubner Objektbau, il nostro general contractor nel settore legno.

Rasom: condivido tutto quello che ha detto Stefan perché il mercato lo fa l’impresa con il suo prodotto. Il mercato nazionale offre notevoli margini di crescita nel nostro settore, sta a noi saperle sfruttare. Personalmente vedo un futuro roseo davanti, delle vere e proprie praterie da percorrere che si stanno aprendo sempre di più. Domanda dal pubblico: oggi la casa in legno è in forte espansione rispetto all’edilizia tradizionale che è in forte calo. Questo spinge molte aziende a buttarsi su questo mercato. L’affacciarsi di aziende che non sono in grado di fare il prodotto può essere un limite per il settore? Rasom: parla di un problema che c’è da sempre, quindi sarà il mercato a dire se quella data azienda sopravviverà o no. Del resto se l’azienda sbaglia è lei che deve pagare, non la casa in legno. Il cliente lo capisce, non dimentichiamoci infatti che la casa di legno ha una storia di 30 anni e la clientela ha assimilato pregi e difetti. Rubner: non dimentichiamoci degli anni Novanta, quelli della grande crescita dei tetti in legno. Un gran numero di aziende si è buttata in questo mercato con tetti a volte fatti male, ma in gran parte realizzati a regola d’arte. Il risultato è stato comunque quello di una crescita costante fino all’attuale affermazione.

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Domanda dal pubblico: come avete vissuto al vostro interno la grande crescita del settore? Rasom: devo dire che inizialmente era impossibile prevedere una crescita del genere, ma noi comunque ci credevamo fortemente. Abbiamo combattuto, siamo andati alle prime fiere con le case a pannello e così via. Gli unici che ci confermavano che quella era la strada giusta erano gli architetti perché trovavano in quel nuovo sistema costruttivo la possibilità di dare forma alle loro idee. Il risultato è che oggi mi entrano 120-130 richieste di preventivi al mese quando io riesco a fare 70 case in un anno. Un giorno un amico mi ha detto che con un prodotto come il mio non sarei mai arrivato a fatturare 25 milioni di euro e, effettivamente, allora mi sembrava una cifra enorme. Adesso quella cifra è il minimo di partenza. Non avrei creduto a una crescita così importante in così poco tempo. Rubner: io ho cominciato a pensare alle strategie aziendali nel 2005. Prima c’era mio zio che, come dicevo all’inizio, ha impostato la struttura del gruppo e le strade da percorrere. Quando è aumentata la responsabilità decisionale, sto parlano del biennio 2006-7, era un periodo dove tutto cresceva, quindi abbiamo tarato di conseguenza le nostre strategie aziendali aggiungendo alla produzione tradizionale quella degli edifici di grandi dimensioni. De Ponti: quando pubblichiamo i dati inerenti alle case di legno il vostro settore provoca invidia a tutti i colleghi di FederlegnoArredo e, nonostante la crisi, siete riusciti a inserire un fattore di novità importante. Vince il fattore novità o il fattore produttività?

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Rasom: direi che c’è sicuramente un mix di elementi. Non essendoci una formula magica che consente di stare sul mercato, quello che influisce sono le esperienze coltivate e fatte crescere nel tempo. Sono sicuro che il nostro settore è cresciuto così tanto perché i lavoratori tradizionali dell’edilizia non sanno più fare il loro lavoro. Il mercato dell’edilizia in Italia è rimasto agli anni 40-50 e infatti tutti gli attori del settore edile hanno fatto dei grandi passi in avanti nella produzione tralasciando la manodopera che, però, è quella che materialmente realizza la costruzione. Sono andati avanti il legno, i prefabbricati, il vetro, l’acciaio, l’alluminio, il cemento; chi è rimasto indietro è il muratore con la carriola. Nel legno, infatti, il consumatore finale - che sia a pannello, a telaio o a multipiano - trova quelle risposte che l’edilizia tradizionale non è in grado di dargli. Rubner: condivido pienamente. Oggi abbiamo dei semilavorati che sono nettamente migliori rispetto a 20/25 anni fa; le innovazioni sull’essicazione, sull’incollaggio, su tanti fronti, ci ha permesso di avere a disposizione dei prodotti molto più validi. Nelle ultime tre decadi il legno ha vissuto quello che per l’acciaio è avvenuto già cento anni fa.

Ma la casa italiana di legno potrà diventare un desiderio di chi sta in Russia, negli Stati Uniti o in un Paese Arabo? Rubner: personalmente questo genere di futuro non lo vedo. Non credo che il mercato del futuro per la casa italiana di legno sia la Germania; forse un miliardario russo potrà essere interessato ad acquistarne una da un produttore italiano perché gli piace, ma il prodotto stesso non è da export verso Paesi dove queste costruzioni in legno esistono da sempre. Al contrario un mercato potenzialmente interessante è quello del sud dove questa tradizione non c’è ancora. Rasom: sono d’accordo, è molto difficile esportare la cultura del costruire. Tedeschi, svizzeri o spagnoli hanno un certo modo di vivere, una loro cultura. Le case che vengono fatte in Italia vanno bene per l’Italia, ci può essere una vendita spot in Svizzera o in Russia, ma non si va in quei Paesi per fare mercato. Il futuro è sicuramente il nostro Paese.

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Gerardo Iamunno

Andrea Margaritelli

Amministratore Unico Gran Tour

Direttore Marketing Gruppo Margaritelli

Gerardo Iamunno nasce a Nocera Inferiore (SA) nel 1965. Grazie all’esperienza acquisita nella piccola attività artigianale paterna, nel 1994 costituisce con il fratello Rino la Gran Tour srl di cui Gerardo Iamunno è Amministratore Unico. L’azienda Gran Tour, sita a Paliano (Frosinone), occupa oltre 50 dipendenti e opera con successo nel settore dei mobili per arredo bagno che commercializza attraverso una rete vendita su tutto il territorio nazionale e, più recentemente, anche a livello internazionale. Cariche ricoperte: • Presidente Sezione Legno Unindustria Lazio e componente della Giunta in Unindustria Lazio; • Dal 2002 ad oggi: Consigliere in Giunta Nazionale di FederlegnoArredo; • Dal 2002 ad oggi: Vice Presidente Assobagno di FederlegnoArredo con delega alla cultura d’impresa; • Ex Presidente della Sezione Legno di Frosinone; • Ex Componente della Giunta di Confindustria Frosinone.

Andrea Margaritelli, nato a Torino nel 1969 e laureato in Ingegneria civile presso l’Università di Perugia, affianca al ruolo principale di dirigente d’azienda, incarichi operativi in seno a varie istituzioni no-profit impegnate in campo sociale e culturale. Direttore marketing del Gruppo Margaritelli, ha curato, fin dalle fasi iniziali, la promozione e comunicazione del marchio Listone Giordano® nei principali mercati internazionali, sottolineandone la vocazione di interior design brand, legato ai più tipici valori della creatività italiana. Parallelamente ha maturato significative esperienze nel settore del retail, avendo seguito da vicino la costruzione di un’articolata catena di punti vendita a marchio che ha conosciuto uno sviluppo in oltre trenta paesi del mondo. Come relatore ha preso parte a numerose conferenze presso varie Università italiane, in particolare su temi riguardanti marketing distributivo, investimento culturale e comunicazione d’impresa. In veste di vicepresidente della Fondazione Guglielmo Giordano, partecipa attivamente alla promozione di eventi culturali in Italia e all’estero, nel campo dell’arte, architettura e design.

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21 Maggio 2012, Madonna del Piano (PG)

La vostra storia è una grande testimonianza del fatto che la realtà ti costringe continuamente a cambiare, a mutamenti anche radicali. Come ha avuto inizio l’esperienza del ‘listone giordano’?

INCONTRO CON GERARDO IAMUNNO E ANDREA MARGARITELLI

Margaritelli: Listone Giordano nasce da una trasformazione aziendale e da una crisi. Dal 1961 avviamo una presenza stabile in Francia costituendo un polo molto importante nella gestione delle risorse forestali e di prima trasformazione del legno, un impianto con una capacità produttiva di 60.000 metri cubi di materie prime, tronchi lavorati che alimentavano a valle il fabbisogno delle traverse. Un repentino mutamento del mercato ci costringe a cambiare strategia, anche se il passaggio non avviene in maniera traumatica: sia le traverse che i pavimenti in legno avevano infatti un fattore in comune, ovvero la materia prima utilizzata, il legno di quercia, soprattutto; in più, entrambi i prodotti avevano logiche di ricerca e innovazione simili. Proprio in quel periodo veniamo in contatto con il professor Guglielmo Giordano, una delle maggiori personalità della cultura scientifica italiana ed internazionale nel campo del legno. Con lui sviluppiamo insieme ben 3 brevetti, di cui il più noto è il Listone Giordano, ma ne esistono altri due attorno al mondo ferroviario. Quello che all’epoca era un prodotto di nicchia è diventato nel giro di poco tempo una parte significativa del mercato dei pavimenti e questo grazie anche al contributo del listone Giordano.

De Ponti: ringrazio Andrea Margaritelli che ci ospita a casa sua. Andrea rappresenta un’azienda importante per FederlegnoArredo e per il nostro settore, rappresenta anche una famiglia importante che ha dato un contributo di storia che sarà interessante ascoltare e conoscere. Così come sarà interessante ascoltare la storia di Gerardo Iamunno la cui azienda, particolarmente vivace e dinamica, appartiene al settore bagno.

L’uomo apprende sempre da una riflessione critica sulla sua esperienza. Mettersi di fronte all’esperienza fatta è una grande ricchezza perché, rileggendo ciò che ci accade, ci consente di comprenderne i fattori più importanti e quindi esserne arricchiti. Queste nostre Conversazioni servono innanzitutto a questo. Margaritelli: il nostro gruppo è basato su una realtà di imprenditoria familiare. La storia della nostra impresa parte da lontano, ha inizio da mio nonno che si occupava di utensili agricoli per la silvicoltura e che nel tempo si è sempre più appassionato del legno. La sua attività era legata prevalentemente alla produzione di carbone vegetale e legna da ardere, che all’inizio del 900 rappresentavano un aspetto importante dell’economia italiana. Le due guerre fanno cambiare le attività: la produzione di alcune traverse per le ferrovie, a quel tempo secondaria, diventa, per la generazione successiva di mio padre e dei suoi fratelli, l’attività centrale. Poi le traverse in legno hanno avuto un rapido cambiamento di mercato perché sono state sostituite dal cemento armato. Negli anni ’70 l’azienda si converte verso i pavimenti in legno di tipo tradizionale e verso una tecnologia costruttiva diversa, che ci ha portato al presente con innovazione di prodotto e di canali distributivi retail.

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Gerardo Iamunno ha portato la Gran Tour a diventare un’impresa molto innovativa. Raccontaci la tua esperienza. Iamunno: nel mio sangue non ci sono tracce di legno, ma tracce di silicio perché mio padre era un vetraio. L’inizio della mia professione è stata decisamente imprevista: una multinazionale viene a visitare la mia scuola e mi sceglie per un periodo di prova. Il 14 luglio do gli esami di stato, il 16 sono in azienda. Mi danno due settimane di prova; vado in ferie convinto di non tornare a lavorare, invece l’ufficio del personale mi richiama proponendomi un contratto a tempo indeterminato. Da quel momento inizia la mia avventura; avvio un percorso formativo che dura circa un anno e mezzo, e proprio durante quella fase scatta in me la scintilla di fare l’imprenditore. Torno nella bottega di mio padre che faceva l’artigiano vetraio. Per 4 anni lo affianco nella gestione, fino al 1995. In quell’anno costituisco

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la Gran Tour: osservando il mercato dell’arredo bagno di allora, mi rendo conto che esistevano ancora spazi e provo a fare qualcosa di diverso. Gli anni a seguire non sono facili; con mio fratello maggiore, che lascia il suo posto di dipendente comunale per seguirmi e oggi è mio socio al 50%, decidiamo di spostare l’azienda da Salerno a Frosinone. È il 1998. Per circa un anno sono costretto a dormire negli uffici perché la situazione economica non è delle migliori. Poi le cose un po’ alla volta migliorano: mia moglie si trasferisce vicino all’azienda e io non sono più costretto a fare il pendolare. Nel 2000 acquistiamo un lotto di terreno di 30.000 metri quadri e iniziamo la costruzione di un nuovo capannone di 8.000 metri quadri. Oggi è un’azienda di 50 dipendenti che si rivolge al mercato nazionale.

Come avete vissuto la crisi degli ultimi anni? Iamunno: nel 2009-2010 la crisi arriva anche da noi. È la prima che ci troviamo ad affrontare. I nostri dati dicono di un calo sempre più marcato. Fino a quel momento faccio quello che i miei colleghi avevano fatto fino allora, ovvero il taglio dei costi, ma capisco che non basta; dopo due anni, andare avanti a tagliare significava scomparire, serviva recuperare nuova marginalità per nuovi investimenti. Così decido di azzerare il board dei miei direttori commerciali, mi rimetto in gioco personalmente sulla vendita e coinvolgo dei consulenti: con il professor Bubbio della LIUC di Castellanza lavoriamo sulla parte finanziaria, adottando in particolare la Balance Scorecard. Oltre al professor Bubbio coinvolgiamo anche HRD, la società di Umberto Re, per modificare la rete commerciale. Risultato: abbiamo chiuso il 2011 con una crescita del 18%. Era necessario uscire dagli standard per rimettersi in gioco: abbiamo riassettato tutta l’azienda e ad oggi il primo quadrimestre ha chiuso a +5%. Abbiamo fissato una mission e una vision che prevede un consolidamento sul mercato italiano fino al 2016. Vogliamo diventare leader del nostro segmento, per poi proporci con forza sui mercati internazionali.

Qual è stata l’esperienza di Andrea Margaritelli? Margaritelli: abbiamo vissuto una fase di crescita importante e siamo arrivati agli inizi della crisi con un’azienda in espansione e grossi investimenti. La crisi porta con se soprattutto due fenomeni:

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da una parte il crollo del settore immobiliare e delle costruzioni, che è quello in cui prevalentemente lavoriamo, e il conseguente calo dei consumi; dall’altro, l’ingresso sul mercato di operatori di paesi emergenti a basso costo. Di fronte ad una situazione come questa, non esistevano ricette, esisteva solo la capacità di essere flessibili e cambiare rapidamente. Questa è stata la linea guida che ci ha contraddistinto; Albert Einstein diceva che “è difficile che le cose cambino se domani si fa la stessa cosa che si è fatta fino a ieri”. Così anche noi abbiamo cambiato e rivisto tante logiche dell’azienda, a livello industriale, commerciale e distributivo. Il metodo che ci guidava era la realtà così com’era mutata. Nella prima fase della crisi la nostra forte presenza sui mercati esteri non ci è stata d’aiuto. Gli Stati Uniti conoscono una flessione importante, e tutti i mercati immobiliari, il real estate ed i grandi cantieri si bloccano. In quella fase il mercato italiano è stato un fattore di forte mitigazione degli effetti della crisi. La seconda parte della crisi, invece, partita nell’estate del 2011 con la rapida crescita dello spread, ha una traiettoria diversa: oggi è l’Europa ad essere sotto forte pressione, ma ci sono segnali ottimistici di ripresa al di fuori del Vecchio Continente. Abbiamo concentrato l’attenzione sui mercati che avevano maggiori capacità di essere in controtendenza rispetto alla crisi, mentre sui prodotti abbiamo seguito due direttrici: da una parte intercettare le nuove abitudini di consumo, che oggi sono legate maggiormente a concetti quali la sensibilità ambientale, la salute e la sicurezza. Dall’altra abbiamo puntato con decisione sul design. Per noi questa crisi è stata una grande occasione di cambiamento.

Gerardo, da dove ti è venuto il coraggio di cambiare? Iamunno: il coraggio ti viene guardando gli impegni che hai assunto nei confronti delle maestranze che credono in te. Ti viene giorno dopo giorno guardando quello che accade. Oggi devi essere pronto a cambiare rapidamente. Devi credere di poter diventare grande. I mutamenti prima erano ogni 5-10 anni, oggi avvengono ogni 5-10 mesi. Devi saperli vedere: salire sul treno giusto e partire per una nuova avventura ed andare avanti.

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Andrea, cosa ti ha permesso di vivere da protagonista questi anni? Margaritelli: anni fa vengo a conoscenza di un fatto di cronaca interessante: un aereo era partito da New York con entrambi i motori saltati in fase di decollo; è la situazione più delicata in assoluto. Il caso vuole che alla guida dell’aereo c’è l’unica persona in grado di fare quella operazione di atterraggio; così riesce ad atterrare sul fiume e si salvano tutti. Quando gli chiedono a cosa avesse pensato, risponde: ”Non pensavo assolutamente a nulla, facevo quello che sapevo fare”. Senza retorica o enfasi, anche per me vale la stessa risposta: è difficile dire dove si trovano energie, coraggio ed azione. È un dovere contrattuale di un imprenditore averlo e poi fare quello che si deve fare. Quella che si è aperta è una crisi da iper indebitamento che non è casuale e senza responsabilità. Noi siamo una realtà economica, facciamo impresa dalla mattina alle 5,30 alla sera; l’imprenditoria italiana andrebbe salvaguardata come patrimonio del paese e posta allo stesso livello di quello ambientale, culturale e architettonico. In questi 4-5 anni abbiamo toccato con mano la grande differenza di mentalità e di metodo nell’agire tra il mondo finanziario e quello economico di impresa. Domanda dal pubblico: Andrea, come hai vissuto il passaggio generazionale nella tua azienda?

lo riconosco prima di tutto a chi ci ha preceduto e mi auguro di essere capace di fare altrettanto. De Ponti: voi credete che questa unione sia possibile anche tra colleghi imprenditori, è possibile aiutarsi nella sfida di fare impresa tra colleghi che sono anche concorrenti? Margaritelli: sono convinto che sia assolutamente possibile, anche se non è certamente facile. Le reti funzionano se partono dal basso. Non nascono artificialmente perché messe insieme da fattori esterni, bandi di finanziamento che lo prevedono o altro. Avviene con successo quando alcune realtà si trovano collaborando sugli stessi temi: ci deve essere una forte sintonia tra le persone, che fa nascere la voglia di fare le cose insieme. Roberto De Martin: Gerardo, non hai mai pensato di fare un volo più lungo e di andare in un contesto diverso da quello di Frosinone? Iamunno: 14 anni da Salerno a Frosinone… credevo di aver fatto già un volo lungo! Oggi vivendo molto in FederlegnoArredo mi accorgo che sono uno degli imprenditori più a sud dell’associazione. L’azienda ha bisogno di fortificarsi e le prossime generazioni vedranno cosa fare. Loro magari faranno un volo anche un po’ più lungo di quello che ho fatto io.

Margaritelli: nella nostra storia, i passaggi generazionali hanno generato unità. La generazione nuova è sempre stata accompagnata da quella precedente; chi ha accompagnato ha sempre avuto la capacità di lasciare spazi di libertà riconoscendo che le energie nuove potevano essere portatrici di novità. Questo è un equilibrio che ha vissuto mio nonno con mio bisnonno e sicuramente la mia generazione con mio padre. Mio padre è attualmente presidente dell’azienda, ha 84 anni; non ha più l’operatività che aveva a 20 anni, ma è sempre presente in azienda ed è una presenza sentita e vissuta come un grandissimo aiuto e valore. Questo binomio tra generazioni che convivono è uno dei beni preziosi che ha permesso tra l’altro di preservare la cultura d’impresa e un certo tipo di stile e di educazione nell’impresa. Le imprese non familiari possono avere il vantaggio di un’apertura finanziaria più importante, ma l’impresa familiare ha la passione, l’anima, la snellezza nelle decisioni. Il merito

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Alessandro Calligaris

Nicola Plazzotta

Presidente Gruppo Calligaris

Presidente Stratex

Alessandro Calligaris è nato a Manzano (UD) il 12 novembre del 1945. Padre di Laura, medico presso l’ospedale di Udine, e nonno di tre nipoti: Stefano, Francesco e Marco. Attuale Presidente del Gruppo Calligaris spa è il nipote del fondatore dell’azienda Antonio Calligaris. Diplomatosi geometra, dopo essere stato Ufficiale nel Genio Pionieri, rinuncia agli studi universitari per iniziare a lavorare in azienda nel settore produttivo, al fine di acquisire una conoscenza analitica delle problematiche tecniche di processo e di prodotto. Fin da subito si occupa dell’ideazione progettuale e della industrializzazione del prodotto, mentre il fratello Walter si dedica alla parte commerciale. Durante il boom degli anni 60, in un mercato caratterizzato da aziende artigianali dove il problema fondamentale è produrre e non vendere, introduce per primo in Italia una macchina impagliatrice per le sedute, sviluppandola unitamente all’inventore. Dall’ottobre del 1986 assume la presidenza della società e la piena responsabilità dell’intera gestione aziendale. Sotto la sua direzione vengono profondamente innovate le funzioni di marketing e commerciale, e, grazie ad una visione lungimirante del mercato, consente negli anni all’azienda e al suo brand un notevole sviluppo sia in Italia che a livello internazionale. Ricopre diversi incarichi in Confindustria: presidente di Confindustria Friuli Venezia Giulia, componente della Giunta nazionale e del Direttivo di Confindustria Udine. Ha ricevuto vari riconoscimenti e premi tra cui nel 2004 il “Premio Imprenditore dell’anno”, promosso da Ernst & Young in collaborazione con Borsa Italiana, Il Sole 24 Ore, Unicredit spa e SAP. È autore del libro “Le sedie hanno un cuore. La Cultura del ‘fare’”, scritto nel 2008 in occasione dell’ 85° anno di fondazione della Calligaris spa.

Nicola Plazzotta nasce a Udine nel 1957. Dopo gli studi e il diploma di liceo scientifico si iscrive alla facoltà di Agraria all’Università di Padova, dove si laurea a 22 anni a pieni voti. Fa il suo ingresso nell’azienda di famiglia, al tempo una piccola segheria a Sutrio (UD), nel cuore della Carnia, specializzata nella produzione di travature e semilavorati per l’edilizia. Le capacità, la passione, la lungimiranza di Nicola Plazzotta si uniscono alla dedizione del padre Osvaldo, che con fiducia lascia al figlio la piena autonomia nella gestione aziendale. È così che Nicola Plazzotta intraprende un cammino di crescita fatto di investimenti in innovazione e tecnologia e, con l’acquisto di macchinari all’avanguardia, realizza la propria intuizione di espandersi nel settore del legno lamellare, dalle potenzialità ancora inespresse. In pochi anni Stratex raggiunge l’eccellenza e aggancia con successo un mercato in forte espansione, divenendo leader in Italia delle costruzioni in legno lamellare, ampliando poi la produzione di Sutrio con un nuovo stabilimento in Romania per rispondere alla richiesta dall’Est Europa. La costante attenzione di Nicola Plazzotta verso ricerca e innovazione ha portato l’azienda all’ottenimento di importanti riconoscimenti del settore, consentendo di acquisire prestigiose commesse in Italia e all’estero. Negli anni 2000 nasce la divisione Stratex Living, la linea di produzione di edifici in legno ecosostenibili, per la quale è stato acquisito il nuovo stabilimento produttivo a Palazzolo dello Stella (UD) dove sono operativi impianti ad elevata tecnologia.

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27 Giugno 2012, Manzano del Friuli (UD)

INCONTRO CON ALESSANDRO CALLIGARIS E NICOLA PLAZZOTTA Presidente Snaidero: continuano le “Conversazioni imprenditoriali”, strumento innovativo che ho fortemente voluto nel mio anno di presidenza per imprimere una svolta a FederlegnoArredo, una grande federazione con oltre 2.600 associati che, grazie anche a questa iniziativa, non è più vista come Milano-centrica, bensì come realtà che vuole incontrare il territorio e le aziende”.

Portare avanti le aziende italiane è ormai una sfida. Alessandro qual è la storia della Calligaris? Calligaris: l’azienda è stata fondata da mio nonno e io appartengo alla terza generazione. Quando ero bambino, tornando da scuola andavo in azienda e davo una mano ai miei genitori, così come durante le vacanze estive passavo le giornate in azienda: ho un ricordo molto vivo di mia madre che si alzava alle 4 del mattino per imballare le sedie che erano state prodotte e verniciate il giorno precedente. Il passo successivo è stata la frequentazione delle scuole professionali che mi hanno garantito la giusta formazione, perché la scuola deve essere funzionale alle esigenze del territorio; è inutile seguire percorsi universitari che poi non sono adatti alle imprese e all’economia locale. Successivamente, a 21 anni, finito il percorso scolastico, mia madre mi ha chiesto se volevo prendere in mano l’azienda e sono felice della decisione che presi allora. Infatti dalle 10-15 persone del mio esordio siamo arrivati a 600 dipendenti attuali, con siti produttivi in Italia e Croazia e logistici negli Stati Uniti e in Giappone.

Passiamo la palla a Nicola che vive in un ambiente differente e si occupa di legno lamellare strutturale.

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Plazzotta: io appartengo alla seconda generazione di imprenditori; l’azienda, in origine una segheria, è stata infatti fondata da mio padre. Dopo i primi anni di esperienza ho iniziato a pensare come migliorare la produttività e da lì mi sono orientato verso le costruzioni in legno. Erano gli anni in cui l’Italia si affacciava al legno lamellare, così ho pensato di installare una linea produttiva per la produzione di questo prodotto innovativo. Diciamo che la mia fortuna è stata quella di innovare in un momento storico in cui pochi pensavano in grande e, grazie a ciò, da una dimensione regionale sono passato a una nazionale e, più recentemente, anche estera. Il passaggio seguente è stato poi quello delle case di legno, settore in forte crescita che adesso può finalmente andare oltre i quattro piani di altezza grazie anche all’impegno di FederlegnoArredo. La scelta di ampliare l’offerta merceologica e di investire anche in periodi duri e drammatici (abbiamo acquistato lo stabilimento dove abbiamo messo linee di produzione per pannelli in legno per case prefabbricate) ci sta premiando. L’innovazione, inoltre, ci ha differenziati sul mercato e non ci costringe ogni giorno a svenarci o inventarci cose inutili.

Qual è il vostro segreto? Cosa vi ha spinti a non sedervi ma ad andare avanti tutti i giorni? Calligaris: chi si ferma è perduto. Un’ azienda, il cui processo deve sempre essere ottimizzato e migliorato, rappresenta infatti l’insieme dei servizi che può offrire al cliente, dalla vendita alla post vendita, dalla progettazione all’esecuzione. Bisogna inoltre presidiare i mercati e rimanerci in maniera stabile; non è più sufficiente esportare i prodotti, ma è necessario avere uomini e strutture proprie in loco. Personalmente ho sempre pensato che il mercato deve trovare consumatori che comprino da aziende locali. Il mio cliente, anche se sta dall’altra parte del mondo, deve sentirsi come se fosse in Italia a comprare da un’azienda italiana. Plazzotta: per avere successo sul mercato bisogna innovare, è questa la chiave ed è quello che cerchiamo quotidianamente nella nostra attività. Oggigiorno tanti sono capaci di realizzare prodotti nel nostro settore, sia che si tratti di mobili sia di legno lamellare, ma la differenza la fa la capacità di seguire il cliente nel post vendita e il dare motivazioni per comprare il tuo prodotto. Faccio un esempio: il cemento e il ferro non moriranno, per cui stiamo cercando prodotti

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in cui al legno si integri con una maglia di ferro o con il cemento. Sono convinto che grazie a queste idee riusciremo a rimanere ancora in vantaggio. Presidente Snaidero: come FederlegnoArredo abbiamo aperto un ufficio a Chicago a cui rivolgersi e ne apriremo un altro a Londra e stiamo pensando a uno in Cina. Tutto questo per dare un aiuto concreto all’internazionalizzazione delle nostre aziende. Calligaris: parlando di estero devo dire che rimanendo piccolo si è destinati a morire. Il ridotto dimensionamento, infatti, è stato il grande errore delle nostre aziende. Una decina di anni fa quando il mercato era diverso abbiamo commesso l’errore di non creare una strategia distributiva. Non abbiamo sufficientemente presidiato i mercati e, soprattutto, non abbiamo voluto conoscerli. Un grosso problema: tanta tecnologia, ma poca conoscenza. Sono convinto che oggi è necessario essere molto flessibili e leggeri. Il modello cui ispirarci è quello della Toyota. Plazzotta: è una questione di mentalità imprenditoriale; gli imprenditori non hanno capito che non è più possibile pensare di andare avanti senza fare rete. Calligaris: aggiungerei anche il design come una componente importante per un prodotto di successo. La scelta per il consumatore è infatti più facile quando riesce a percepire il design e l’azienda come un servizio in più. La forma di per sé è solo un quadro, ma non basta per offrire il prodotto giusto al mercato e al consumatore. Anche per i designer questa è la vera sfida di mercato. Plazzotta: anche per noi la forma è importante, tant’è che siamo convinti che è sempre importante dare una nuova forma a un nuovo prodotto, vogliamo essere diversi dagli altri costruttori e per fare ciò ci concentriamo anche sull’aspetto estetico del manufatto anche se chiaramente la ricerca in questo campo è puramente estetica. Per avere un brand differente dagli altri, cinque anni fa siamo andati da un progettista famoso e con lui abbiamo cominciato a collaborare. Il nostro mercato è difficile da personalizzare, ma anche grazie a questa decisione oggi riusciamo a vendere anche in Svizzera e Austria.

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Domanda dal pubblico: l’ecosostenibilità è importante? Plazzotta: assolutamente sì. Riciclo dei materiali, risparmio energetico, salvezza del pianeta sono temi a cui la gente è sempre più sensibile. I nostri clienti vengono da noi perché desiderano avere una casa ecosostenibile, sono loro i principali motori che ci spingono a cercare sempre più il risparmio energetico. Calligaris: poniamo la massima attenzione al taglio sostenibile dei boschi, ovvero che il prelievo non sia mai superiore alla ricrescita. Ritengo quindi che il marchio di gestione forestale FSC sia fondamentale per avere un prodotto sostenibile. Questa attenzione la poniamo in tutti i passaggi produttivi: verniciatura, incollaggio eccetera. Domanda dal pubblico: parliamo di vendite on-line. Qual è la situazione attuale nel settore dell’arredo? Calligaris: faccio un esempio: in passato nel settore automobilistico gli importatori facevano concorrenza ai concessionari del territorio, creando problemi al mercato. Noi oggi ci stiamo muovendo nello stesso modo promettendo l’esclusiva al distributore locale con prodotti che poi arrivano sul territorio tramite aziende diverse dalla nostra. Il servizio post vendita però non è garantito da chi fornisce e vende solo tramite internet. Per risolvere questo problema vogliamo che il venditore online si leghi al distributore territoriale in modo che il consumatore riceva il prodotto da quest’ultimo. Domanda dal pubblico: la distribuzione italiana è in grande difficoltà con la chiusura dei negozi privati. Come vi state muovendo in Calligaris? Calligaris: serve una forte partnernship fra produttori e rivenditori che devono avere una grande formazione. Oggi il consumatore è molto preparato, si informa tramite internet e conosce sempre di più; spesso è più informato del venditore stesso che trova nel negozio. I distributori devono quindi investire in qualità espositiva e conoscitiva. Il nostro mercato deve fare ancora questo salto di qualità e seguire l’esempio di paesi quali Stati Uniti e Regno Unito che sono molto avanti rispetto a noi.

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Quasi 100 anni di storia sono tanti e comportano un inevitabile incontro con il passaggio generazionale. Come lo state affrontando? Calligaris: un’azienda fa parte del territorio, è un bene sociale e per questo deve essere fatta crescere. La famiglia è sicuramente una parte importante, ma l’azienda deve crescere indipendentemente da essa. Quindi, il mio pensiero è che la famiglia può rimanere nell’impresa, ma non deve precludere l’ingresso a nuovi finanziatori. Plazzotta: noi abbiamo 50 anni di storia alle spalle e, quindi, sto facendo i conti quotidianamente con il passaggio generazionale ai miei figli. Il passaggio da mio padre a me è stato vissuto in maniera intensa e alla fine mi ha lasciato fare quello che desideravo fare, spero di farlo anch’io con i miei figli. Sono altresì convinto che bisogna fare la scelta giusta solo se si è in grado di farla, ovvero se i propri figli sono in grado di andare avanti. Per questo motivo bisogna avere la capacità di creare una classe manageriale non familiare.

Chiudo chiedendovi una battuta finale: qual è il valore di FederlegnoArredo in questo momento storico? Plazzotta: la Federazione svolge un ruolo fondamentale. E anche in questo periodo di crisi per il settore edilizia in legno è fondamentale avere una figura guida che formi le aziende e dia una prospettiva alle aziende. Calligaris: le imprese devono associarsi perché possono essere aiutate a confrontarsi con gli indirizzi di mercato e con le normative. È un aspetto fondamentale.

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Note

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