rassegna stampa F&M 2012

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Attualità

L'auto nuova può aspettare ora la macchina dura di più Secondo un report della R. L. Polk & Co., gli americani conservano la macchina in media per 71 mesi e mezzo, 6 anni circa, contro i 3-4 del 2006. Stessa tendenza anche in Italia. Gli esperti: "Le auto oggi in circolazione sono di qualità superiori rispetto al passato"di SARA FICOCELLI

Gli americani hanno imparato la lezione: il consumismo non si addice alla crisi. E benché gli esperti rassicurino che col 2012 se ne andrà anche la depressione economica, l'atteggiamento psicologico che va per la maggiore oltreoceano è ancora la paura. I campanelli d'allarme sono tanti e uno dei settori più emblematici è il mercato dell'auto, che negli ultimi 12 mesi, negli Usa, ha registrato una flessione negli acquisti poco consona alle abitudini statunitensi. Gli americani hanno smesso di cambiare macchina non nonchalance e, secondo un report della R. L. Polk & Co., agenzia specializzata nel settore automotive, conservano la propria beniamina non più fiammante in media per 71 mesi e mezzo, 6 anni circa, contro i 3-4 del 2006. Un "salto" di 18 mesi in più che, secondo gli esperti, può essere spiegato anche col fatto che le auto di ultima generazione sono di qualità molto alta, caratteristica che permette loro di essere conservate più a lungo e volentieri, senza spendere una fortuna dal meccanico ogni due o tre mesi. Inoltre, sottolineano gli specialisti della Polk, le case produttrici offrono oggi garanzie per periodi più lunghi, di 3 anni o 58mila km (per non parlare di compagnie come la Hyundai, che offre un pacchetto che va dai 5 anni o 96mila km ai 10 anni e 160mila km, a seconda dei modelli). Ma, al di là di queste credibili concause, il motivo che in questi 6 anni ha spinto gli americani a rimandare l'acquisto dell'auto nuova è stata la paura di perdere un lavoro o il fatto di averlo già perso e di non riuscire a trovarne un altro, soprattutto considerando che negli ultimi anni la flessione dell'occupazione è andata di pari passo con l'aumento del costo delle vetture. Inoltre, molte auto oggi in America vengono acquistate con prestiti rateizzati anche in 60 tranche, e chi deve finire di pagare una macchina non può indebitarsi nuovamente per averne una nuova. E dire che solo due anni fa un'altra indagine della stessa agenzia aveva dimostrato che tra il 2008 e il 2009 (periodo clou della crisi economica) gli americani che si erano sbarazzati delle vecchie auto erano stati più numerosi di quelli che ne avevano comprata una nuova. Ad esser state rottamate negli Usa, in 15 mesi, erano state più di 14,8 milioni di macchine, comprese le centinaia demolite nel periodo degli incentivi, a fronte di immatricolazioni di nuove pari a poco più di 13,6 milioni. Dati all'epoca interpretati positivamente dall'industria, nella convinzione che più numerose sarebbero state le auto rottamate più alta sarebbe stata la richiesta di nuovi veicoli. Simile la situazione in Italia. Nel 2011 i cittadini del Belpaese hanno speso circa 31 miliardi di euro


per acquistare auto nuove, facendo registrare un calo del 7% rispetto al 2010, anno che a sua volta aveva fatto registrare una flessione del 3% rispetto al 2009. Secondo la ricerca "Il mercato auto a valore" della Fleet&Mobility, azienda che monitora l'andamento del settore delle 4 ruote, in sinergia con il Master sull'Automobile di Roma, la cifra, però, non rappresenta il numero delle vetture acquistate dagli italiani, perché comprende anche quelle delle flotte aziendali e le cosiddette "chilometri zero", ossia vetture a carico dei concessionari che, sebbene targate, restano sui piazzali dei "dealer" in attesa di essere comprate a un prezzo inferiore. "Analizzando questi dati - spiega Pierluigi del Viscovo, direttore del Centro Studi Fleet&Mobility si può ritenere che l'incertezza e le difficoltà economiche abbiano il loro peso sulla propensione all'acquisto. Occorre però chiedersi se le auto oggi in circolazione non siano di qualità superiori rispetto al passato e, pertanto, affidabili per più anni rispetto a una volta. Non solo: si assiste anche a una diminuzione delle percorrenze medie e a un allungamento degli intervalli di manutenzione che certamente incidono sulla necessità di cambiare auto". ŚƚƚƉ͗ͬ​ͬǁǁǁ͘ƌĞƉƵďďůŝĐĂ͘ŝƚͬŵŽƚŽƌŝͬĂƚƚƵĂůŝƚĂͬϮϬϭϮͬϬϯͬϭϰͬŶĞǁƐͬŵŽƚŽƌŝͺĐŽŶͺůĂͺĐƌŝƐŝͺŵĂĐĐŚŝŶĂͺĚƵƌĂͺĚŝͺƉŝƵͲ ϯϭϰϭϮϭϴϬͬ





PLOLDUGL VSHVL LQ ,WDOLD SHU O¡DFTXLVWR GL DXWR QHO Secondo quanto calcolato dal Centro Studi Fleet&Mobility, in Italia nel 2011 sono stati spesi 30,7 miliardi di euro per l’acquisto di nuove automobili, con una flessione dell’8% rispetto ai 33,4 miliardi spesi nel 2010. (01/2012)


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Attualità

Mercato Auto nel 2011 - Diminuisce la spesa Gli Italiani hanno speso 30,7 miliardi di euro per acquistare nuove auto, l'8% in meno rispetto all'anno scorso

Cambia il direttore d'orchestra ma la musica è sempre la stessa: nel 2011 gli Italiani hanno speso 30,7 miliardi di euro per acquistare nuove auto, l'8% in meno rispetto all'anno scorso, quando ne spesero 33,4. Il dato emerge da un'analisi del Centro Studi Fleet&Mobility, che elabora costantemente i dati relativi alle immatricolazioni di auto in Italia diffusi mensilmente dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti fornendo il loro corrispettivo in valore economico. "Il calo della spesa per l'acquisto di auto nuove nel 2011 è risultato inferiore al calo dei volumi (immatricolazioni: -11%)", spiega Pier Luigi del Viscovo, direttore del Centro Studi, "principalmente perché sono aumentati gli acquisti da parte delle imprese, che solitamente scelgono vetture di prezzo più alto rispetto ai privati". Infatti, nel 2011 la spesa di società e noleggiatori per l'acquisto di veicoli è cresciuta di oltre il 4% (11,4 miliardi di euro contro i 10,9 miliardi del 2010), mentre quella dei privati cittadini si è contratta del 14% circa (meno di 19,3 miliardi rispetto ai 22,5 miliardi dell'anno precedente). "Ma bisogna aggiungere", conclude del Viscovo, "che lo scorso anno anche i privati hanno mediamente speso di più del 2010 per comprare un'auto nuova: 16.519 euro rispetto ai 15.900 del 2010. Ciò è dovuto all'assenza di incentivi che nel 2010 (nel primo trimestre c'erano ancora) hanno prodotto il duplice effetto di ridurre l'esborso di soldi e di stimolare le vendite di auto di valore più basso, sulle quali il contributo dello Stato aveva un'incidenza maggiore". ;Ϭϵ ŐĞŶŶĂŝŽ ϮϬϭϮͿ ŚƚƚƉ͗ͬ​ͬǁǁǁ͘ƌĞƉƵďďůŝĐĂ͘ŝƚͬŵŽƚŽƌŝͬĂƚƚƵĂůŝƚĂͬϮϬϭϮͬϬϭͬϬϵͬŶĞǁƐͬŵŽƚŽƌŝͺϮϬϭϭͺŵĞŶŽͺĂƵƚŽͺŶƵŽǀĞͲ ϮϳϴϭϮϮϮϯͬ


10 LUGLIO 2012

Gli americani di Penske pronti a rinnovare il business dei dealer Il colosso dei concessionari Usa è entrato nel nostro Paese e mediante un accordo con Vanti Group punta a gestire in modo più moderno ed efficace le reti di vendita di Mario Cianflone chiudi

Il mercato dell'auto in Italia sta attraversano un periodo difficilissimo. Nel 2011 sono state vendute 1.748.026 autovetture, il 10,9% in meno rispetto all'anno precedente. Una situazione peggiore della maggior parte dei Paesi europei, dove il mercato dell'auto tiene meglio e addirittura in Germania è cresciuto dell'8,8%. E nel 2012 andrà ancora peggio visti il continuo calo delle vendite registrato nei primi mesi dell'anno. Diminuiscono i clienti tra i 18 e i 29 anni, mentre aumenta il numero di ultra 65enni che acquista un'auto. Soffrono soprattutto le auto piccole, mentre aumenta la vendita delle utilitarie. Positivo, invece, il dato legato alle emissioni, diminuite più velocemente di quanto la stessa Unione europea aveva previsto. Nonostante questo, nel parco circolante italiano, è presente ancora un terzo di auto inquinanti (euro 0, 1 e 2). In questa situazione a soffrirne non possono che essere le reti di distribuzione. Solo il 15% dei concessionari guadagna, il 47% ha il bilancio in equilibrio, mentre tutti gli altri perdono. E nel 2012 sono destinati a chiudere numerosi concessionari e a perdere tantissimi posti di lavoro. A questo punto chi avrà il coraggio di distribuire auto in Italia? Può sembrare strano, ma c'è chi punta ancora sul mercato italiano. È l'americana Penske Automotive Group una delle maggiore reti di dealer negli Usa che sbarca in Italia con la Penske Automotive Group Italy, Pag Italy, una joint venture che punta ad acquisire e gestire concessionari auto in nord Italia. Il partner italiano è la Vanti Group, concessionario Bmw e Mini di Bologna di proprietà di Andrea Mantellini a cui è affidata la gestione della nuova azienda. Obiettivi a breve e a lungo termine? «La struttura del mercato dei concessionari e la forza alla base della ricchezza privata in Italia rende il vostro Paese


un mercato molto interessante – spiega Jens Werner, presidente e Ceo di Penske Automotive Europe – il nostro obiettivo a breve a medio termine è di costruire una struttura forte e stabile sul mercato Italiano che possa permetterci di crescere in maniera strutturata. Il fattore fondamentale per il successo sono le persone. Abbiamo trovato un partner perfetto nella persona di Andrea Mantellini su cui possiamo contare per la nostra crescita futura». Ecco, dunque, l'analisi di Mantellini, direttore generale di Pag Italy. «La situazione generale del mercato è critica in virtù del particolare momento economico che sta vivendo il Paese. In questo contesto ritengo vincente creare una massa critica tale da poter costruire sinergie di scala intrabrand. Proprio in questa direzione va la nostra strategia». Come vedete la situazione del mercato italiano in relazione anche alla struttura e al business dei dealer «L'attuale governo non supporta lo sviluppo dei consumi e tantomeno l'acquisto di automobile dice Mantellini - pertanto si profila una situazione complessa di mercato nella quale si attuerà una selezione naturale dei concessionari e solo chi saprà convivere con tale situazione riuscirà ad emergere e porre solide basi per la ripresa futura che ci auguriamo avvenga il più presto possibile». Quali sono i punti critici nella distribuzione in italia e come pensate di innovare e con quale strategia a livello locale? «I punti critici che noi abbiamo notato nel settore sono sia nella struttura stessa che nel focus del business dei concessionari – spiega Elena Alberti Ceo di Penske Europe e Amministratore delegato di Pag Italy – manca la professionalità e l'approccio manageriale, spesso i concessionari sono gestiti come negozi familiari ma la complessità del mercato ad oggi impone una gestione manageriale come una vera e propria azienda. Poi c'è il fatto che in Italia i concessionari sono ancora molto orientati alle auto nuove. A vincere oggi è chi sa gestire bene le auto usate e i service». Quali sono i vostri punti di forza e quali le aree di debolezza. «I punti di forza sono la nostra serietà, professionalità e passione per il lavoro e per il settore – continua Mantellini – queste caratteristiche hanno determinato la creazione della joint venture e caratterizzano tutti i nostri collaboratori che hanno un forte senso di appartenenza. In quanto a punti di debolezza direi che il mercato e la situazione del Paese che rende tutto molto incerto anche per chi come noi ha tanta voglia di investire». Lo sbarco in Italia sarà utile anche alle vostre attività negli Usa? «Non direttamente – continua Werner – ma la diversificazione internazionale ci aiuta a differenziare il nostro portafoglio a proteggere i nostri risultati quando un mercato è in crisi rispetto ad un altro». In quanti altri Paesi europei siete operativi o vi proponete di esserlo? «Siamo in Inghilterra e in Germania e non abbiamo una strategia precisa riguardante i paesi che ci interessano. Andremo dove ci saranno le 3 cose vincenti: il partner giusto, il marchio giusto e la zona di mercato giusta» è la risposta di Werner. Quali sono i brand con le potenzialità più interessanti in Europa? Werner è molto chiaro. «Non c'è una risposta assoluta a questa domanda. Cerchiamo di fare partnership con marchi in crescita in mercati in crescita».








Catalogato | Business Life

Sfida continua Pubblicato il 02 novembre 2012.

Il settore è in crisi: soffre il noleggio a breve termine e quello ai privati. Ora, per le flotte si profila una nuova minaccia: il taglio della deducibilità dei costi delle auto aziendali

Non c’è pace per le flotte aziendali. Con una periodicità beffarda, al posto di fluidificare il lavoro della filiera, il governo continua a porre dei paletti, l’ultimo dei quali prevederebbe l’abbassamento dal prossimo anno dell’aliquota di detraibilità dall’attuale 40%, per gli automezzi adibiti a uso “non esclusivamente strumentali”, al 27,5%. Mentre per i veicoli in utilizzo promiscuo usati dai dipendenti, l’aliquota sarebbe ridotta dal 90 al 70%. Addirittura, si ipotizza una deducibilità portata al 20%. Come si evince l’attuale governo oltre a non raccogliere le sollecitazioni da parte degli operatori del settore di adeguare la fiscalità italiana a quella dei principali Paesi Ue (detraibilità al 100%), si è mosso proprio in direzione contraria rispetto a quanto auspicato dalle stesse aziende. Il commento di Paolo Ghinolfi, presidente di Aniasa (l’Associazione che rappresenta gli operatori delle società di autonoleggio a lungo e a breve termine), è una vera stilettata al governo Monti. «Abbiamo ripetuto in più occasioni», spiega spazientito, «che se fosse stata attuata l’ipotesi di ridurre la deducibilità dei costi delle auto aziendali dall’attuale 40% al 27,5% si sarebbe toccato il fondo. Bene, se davvero ora si passasse addirittura al 20%, vorrebbe dire che si vuole andare oltre quel fondo». Ghinolfi fa capire dalle sue affermazioni che il governo è in procinto di fare l’ennesimo autogol, guarda caso sempre in relazione al settore automobilistico ridotto ormai allo stato comatoso. «Questo esecutivo», aggiunge, «invece di favorire lo sviluppo e l’uscita dalla crisi, punta a mortificare definitivamente le imprese italiane, impedendo loro di rinnovare uno strumento di lavoro fondamentale come l’auto aziendale. Provvedimenti del genere, se passasse veramente l’ipotesi del 20%, possono solo distruggere quel poco che è rimasto». Eppure l’autonoleggio continua a dare il suo contributo a un mercato delle quattro ruote ormai in sofferenza continua.


«Il noleggio a lungo termine», osserva Pier Luigi del Viscovo, professore di Sistemi di distribuzione e vendita alla Luiss Guido Carli, nonché direttore del Centro studi Fleet&Mobility, «sta acquistando più auto rispetto all’anno precedente. L’ultimo dato completo e attendibile, quello di fine luglio, indica un apprezzamento dell’1%, che non è tanto, ma è pur sempre un segno positivo. Potrebbe trattarsi solo di un ritardo nel recepire la contrazione dei consumi, che sta interessando fortemente i privati (-24% nei primi nove mesi) e le flotte (-14%), tanto che l’anno potrebbe anche chiudersi col segno meno. Tuttavia non si può scordare che il noleggio a lungo termine sia, per sua natura, meno esposto ai cicli

economici: continuare a girare con un’auto di 4 anni in noleggio – anziché cambiarla con una nuova – non comporta un grande risparmio, perché il canone bisogna comunque pagarlo. Il noleggio a breve, invece, ha ridotto molto gli acquisti (-23% a fine luglio), per non caricarsi di costi rispetto a una domanda domestica debole indotta dalla crisi». Aniasa, comunque, presenta una situazione molto nebulosa per cui nel medio termine non si intravede ancora una soluzione. «La crisi continua a mordere pressoché dovunque», commenta il presidente Ghinolfi, «con un calo dei consumi in ogni comparto e, purtroppo, chiusura di attività e dolorose ristrutturazioni, che (dopo


l’industria e il credito) stanno investendo anche il commercio. L’intera filiera dell’automotive è da tempo investita dalla congiuntura a cui si aggiunge l’incredibile e continuo inasprimento della tassazione sul bene auto che non ha pari in Europa. Via via le case produttrici, il sistema dei concessionari, la composita rete dell’assistenza e dei servizi hanno patito e stanno ancora patendo una fase di contrazione senza precedenti del mercato automobilistico, avviato a chiudere l’anno con una quota di 1 milione e 350 mila immatricolazioni, pari a un calo del 20% che si somma al -15% già registrato alla fine del 2011». E anche il noleggio, dopo un 2011 contrassegnato dal ritorno a indici positivi a tutto campo – ricorda l’associazione – vede rallentare nel primo giro di boa semestrale a causa di un generalizzato calo degli indici di fiducia di aziende e consumatori. Un aspetto degno di nota è che il settore, pur sottoposto ai crescenti oneri tributari e burocratici che gravano su tutti i comparti produttivi, sta continuando a garantire, anche nella fase più acuta della crisi, una concreta stabilità dei costi, funzionando quindi come “sostegno finanziario” alle aziende, specialmente alle Pmi, in crisi di liquidità e con fidi bancari in calo, nonché vessate dalla stessa Pubblica amministrazione con il cronico e automatico ritardo dei pagamenti. I dati relativi al primo semestre – spiega Aniasa – evidenziano che il fatturato complessivo del settore tiene (-0,25%) e dovrebbe essere confermato a fine anno il superamento storico dei 5 miliardi di volume d’affari. La flotta circolante, con 642.000 unità tra auto e furgoni, conserva la propria dimensione (-0,2%) e sembra essere terminata la flessione rispetto ai livelli 2011 (678mila veicoli) registratasi nel 1° trimestre. Il comparto del lungo termine nei primi sei mesi dell’anno ha continuato, con quasi 93.000 immatricolazioni tra vetture e furgoni (-9% rispetto al 2011), a svolgere una funzione di traino del mercato, con un’incidenza di oltre l’11% nel rinnovo del parco auto e determinando conseguenti benefici sul tema dell’ambiente e della

sicurezza. «L’attuale fase di incertezza», commenta Pietro Teofilatto, direttore generale di Aniasa, «ha portato generalmente aziende del settore e imprese clienti a concordare l’allungamento della durata dei contratti di un periodo in media tra i 6 ed i 12 mesi». Per quanto riguarda i servizi di noleggio a breve termine, nel primo semestre gli indicatori sono stati negativi (-24% immatricolazioni e -7% fatturato), risentendo, in una fase economica tutt’altro che chiara, delle caute politiche aziendali e degli alterni orientamenti dei privati. La richiesta per esigenze business è infatti strettamente collegata alle dinamiche della mobilità aziendale, delle attività commerciali e di assistenza. «È evidente», puntualizza Teofilatto, «che per ogni ponderata valutazione sull’andamento di questo comparto bisognerà attendere i dati relativi al periodo estivo, che per tradizione è il momento di maggiore richiesta di questi servizi». Fin qui l’associazione nazionale che rappresenta l’industria dell’autonoleggio, vediamo ora il punto di vista di chi si trova a monte, ovvero i costruttori di autovetture, alle prese in questi mesi con uno scenario da incubo. «Tutto il settore che ci riguarda», interviene in proposito Romano Valente, direttore generale di Unrae, associazione che raggruppa i produttori esteri in Italia e rappresenta circa il 70% del mercato, «mostra una grande sofferenza, compresso tra gli effetti delle due manovre economiche dello scorso anno (Estiva e Salva Italia da 8,7 miliardi di euro solo sul nostro settore) e la pressione fiscale sulle famiglie che ne limita la capacità di spesa. Così, nei primi sei mesi dell’anno, la quota


delle vendite alle famiglie è scesa di un preoccupante 23% nei volumi, ma anche le vendite a società vanno parecchio male, con un calo del 13%. In particolare, le autovetture in noleggio a breve termine calano del 16%, mentre il noleggio a lungo termine resta sui volumi dell’anno scorso perché si sta ampliando l’offerta del leasing e del noleggio stesso». In questa situazione di difficoltà, due sono i temi più rilevanti: il primo riguarda la variazione dell’Ipt, da fissa a variabile, con lo spostamento di importanti volumi di immatricolato da Roma e Firenze verso le province di Trento e Bolzano che per 5 anni manterranno le vecchie imposte. «Questo», ricorda Valente, «sta determinando danni tangibili per le imposte delle province di Roma e Firenze stimate in 10 milioni di euro per i primi sei mesi del 2012. In particolare, la recente norma introdotta con il DL sugli enti locali, stabilendo che il gettito relativo all’imposta vada nelle competenze della provincia in cui risiede la sede legale della società che immatricola il veicolo, ha costretto Aci e ministero dei Trasporti a modificare le proprie procedure informatiche e amministrative per la stampa delle carte di circolazione, causando notevoli difficoltà e disagi per l’utenza e gli operatori del settore, senza che si comprendesse che le società interessate potevano superare il problema con una semplice operazione anagrafica di trasferimento della sede legale, rendendo di fatto inutile tutto il lavoro svolto. La soluzione che da tempo Unrae sta proponendo è quella di provvedere a una riforma complessiva dell’ Ipt allo scopo di rendere più omogenea e uniforme la sua applicazione su tutto il territorio nazionale e soprattutto l’occasione per rivedere la modularità dell’imposta».

Il secondo problema è rappresentato dalla deducibilità delle auto aziendali, con il quale abbiamo aperto questa discussione, che da tempo anche Unrae denuncia essere lontana dalle politiche europee. Già stata ridotta dalla recente Legge Fornero al 27,5%, con la nuova legge di stabilità rischia di essere ulteriormente abbassata al 20%. «A questo punto», sottolinea Valente, «Unrae chiede al governo che ascoltino le richieste della filiera avviando tra la miriade di tavoli già aperti, quello indispensabile per rivedere in chiave di semplificazione tutto il sistema della tassazione che pesa sull’auto e che – con la carenza di risorse attuali per sostenere la domanda – almeno si possa portare beneficio a clienti e società attraverso la razionalizzazione delle imposte». In questo continuo ed estenuante braccio di ferro tra chi opera nella filiera dell’auto e gli organismi dello Stato, a giocare a sfavore del settore delle quattro ruote sono anche i costi medi cresciuti, secondo un’elaborazione di Econometrica su dati Aci, del 18% tra il 2008 e il 2012. L’analisi calcola in 5.551 euro il costo per una vettura media a benzina che percorra 15.000 km all’anno. La cifra – evidenzia Econometrica – tiene conto delle sole spese che si sostengono nel


corso dell’anno e non considera l’ammortamento del costo del mezzo. Tenendo conto anche di questo elemento, la spesa complessiva sale a 8.590 euro. «La spesa per l’auto», commenta il presidente di Econometrica, Gian Primo Quagliano, «ha dunque raggiunto un livello veramente elevato dovuto anche al fatto che durante la crisi economica iniziata nel 2008 e, come è ben noto, ancora in corso, tutte le voci di spesa per l’auto hanno subìto una forte lievitazione. Il costo totale comprensivo di ammortamento è infatti aumentato del 18,6%, mentre il complesso dei costi che danno luogo a esborsi nel corso di un anno è aumentato del 21,2%». Le voci che hanno subito gli incrementi più elevati sono quelle relative all’assicurazione (+32,1%) e al carburante (+23,2%). Crescite notevoli si sono però registrate anche per i pneumatici +20,4%, mentre decisamente più contenuto è l’aumento del costo per la manutenzione (+1,7%). «Questi dati», conclude Quagliano, «sono stati elaborati da Econometrica sulla base delle pubblicazioni ufficiali dell’Aci sui costi di esercizio delle auto e si riferiscono, non alla spesa per una particolare vettura, ma alla spesa media per le auto a benzina con cilindrata compresa tra 1.001 cc e 1.500 cc. Interessante è constatare che una parte importante dell’onere per l’automobilista va al fisco. Per l’esattezza, nel 2012 imposte e tasse assorbono 2.608 euro all’anno, pari al 30,4% del costo complessivo. Nel 2008 l’incidenza fiscale corrispondente era del 29%».

Autore dell'articolo: Pierluigi Bonora


Previsioni dati di vendite 2012: crolla il mercato dell’auto, meno 20%

Il mercato annuale dell’auto sembra essere crollato del 20%; le immatricolazioni si sono fermate a quota 1 milione 400 mila unità, mentre la spesa degli italiani sarà inferiore a quella del 2011 del 22% A due mesi dalla fine ufficiale di questo mesto 2012 si tireranno le somme finali del mercato dell’auto motive. I numeri, stando alle prime previsioni, ancora non ufficiali, sono abbastanza magri, si parla infatti di 1 milione 400 mila unità immatricolate ovvero il 20% in meno rispetto all’anno precedente, cioè quel 2011 che già aveva fatto registrare un calo di vendite pari al circa 10% della base annua. In altre parole la spesa italica per il mercato dell’auto è stata pari a 25 miliardi di euro per le vetture nuove (-22% rispetto al 2011, già in perdita del 5% sul 2010) Questi in pratica sono i dati riportati dalla ricerca annuale “ !"#$%&'()"*+()"'",'!)%$"-./-0"&1$"2" stata presentata oggi a Roma, presso l’Auditorium della Tecnica di Confindustria, dove si è svolto il summit promosso dal Centro Studi Fleet&Mobility in sinergia con il Master sull’Automobile della Capitale. I possibili scenari emersi a fronte di queste previsioni sono molto allarmanti per le centinaia di migliaia di persone impiegate nel settore visto il calo del giro d’affari, cioè il 22% in meno, dell’auto quest’anno sarà pressoché in linea con la diminuzione delle immatricolazioni, qui i dati registrati vogliono un 20% in meno

http://www.automobili10.it/previsioni-dati-di-vendite-2012-crolla-il-mercato-dellauto-meno-2043203.html



Il mercato dell’auto nell’anno 2012: ecco i dati della ricerca Pubblicato il 30 ottobre 2012 da Autodigest & Classic Al termine dell’anno in corso gli italiani avranno speso circa 25 miliardi di euro per acquistare auto nuove (-22% rispetto al 2011, già in perdita del 5% sul 2010). Le vetture immatricolate nell’anno in corso non supereranno 1 milione 400 mila unità (-20% sul 2011, già in calo dell’11% sul 2009). I consumi di famiglie e aziende si stanno orientando sulle utilitarie, preferite alle auto di fascia medio-alta. Sono questi i principali dati che emergono dalla ricerca annuale “Il Mercato Auto a Valore 2012” presentata presso l’Auditorium della Tecnica di Confindustria a Roma durante il congresso La Capitale Automobile; nel corso del summit top manager delle Case auto, rappresentanti delle Associazioni ed esperti del settore si sono confrontati sulle strategie per uscire dalla crisi. La ricerca, alla sua sesta edizione, è promossa dal Centro Studi Fleet&Mobility in sinergia con il Master sull’Automobile di Roma e fornisce un osservatorio innovativo sul settore dell’auto, fondato non soltanto sul numero delle auto immatricolate, ma sul loro effettivo valore economico. I dati illustrati nello studio certificano come sia ormai lontano il decennio record 1997 – 2007 nel corso del quale gli italiani hanno acquistato 23 milioni di auto, con il picco di 2 milioni e mezzo registrato proprio nel 2007; il mercato dei prossimi anni sembra destinato a stabilizzarsi ben sotto la soglia dei 2 milioni di vetture l’anno, aprendo scenari preoccupanti anche per le centinaia di migliaia di persone impiegate nel comparto. Il calo del giro d’affari (-22%) dell’auto quest’anno sarà pressoché in linea con la diminuzione delle immatricolazioni (-20%) e risente del minore interesse per le auto di fascia medio-alta, mentre stanno tenendo meglio l’onda d’urto della crisi le vetture utilitarie. Sul calo degli acquisti non hanno poi inciso in modo significativo i forti interventi delle Case Automobilistiche sul pricing con sconti e promozioni tesi a stimolare la domanda. In due anni (dal 2010) si sono “perse” oltre 500mila immatricolazioni e quasi 10 mld di giro d’affari, dati, questi, che ben testimoniano il momento di difficoltà dell’automotive. Subiscono una decisa contrazione gli acquisti di auto operati dalle famiglie (da 20 a 15 mld di euro), mentre scendono in modo meno significativo quelli delle società (da 6,4 a 5,1 mld di euro). A spendere poco in meno rispetto allo scorso anno sono, invece, i noleggiatori che, se nel 2011 hanno investito 5,2 mld di euro per le quattro ruote, nell’anno in corso si fermeranno a quota 4,8 mld. Perché una famiglia compri un’auto occorrono tre fattori: un prodotto attrattivo, il finanziamento per pagarlo e un’auto vecchia ormai inadeguata. Oggi il secondo e il terzo elemento mancano spesso all’appello e ciò spiega in parte il calo di volumi e valore del mercato automotive: oltre alla stretta creditizia che limita al minimo i finanziamenti per l’acquisto di beni, molte auto con


un’età compresa tra sette e dieci anni soddisfano ancora le esigenze degli automobilisti per comfort e per linea (meno per sicurezza e consumi). Resta pressoché stabile l’importo medio necessario per l’acquisto di un’auto che subisce una contrazione minima (-1,8%), passando dai 18mila del 2011 ai 17.700 registrati quest’anno.

http://autodigestetclassic.wordpress.com/


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10 LUGLIO 2012

Sul dealer sventola "bandiera bianca" di Pier Luigi del Viscovo *** chiudi

La lettera-denuncia di Federauto, firmata da tutti i consiglieri e pubblicata sul numero di giugno di InterAuto News, è un documento di grande realtà e proprio per questo molto inquietante, perché ammette e sottoscrive l'incapacità e l'indisponibilità dei concessionari a intraprendere una qualsiasi azione (giusta o sbagliata, importerebbe poco) per reagire a una situazione per loro devastante. Stando a quanto firmato dai 28 consiglieri, molti concessionari sono destinati a sofferenze crescenti e alcuni a una fine tragica, per problemi gravissimi di gestione, che però si conoscono da anni. Piuttosto, mi chiedo come mai abbiano consentito a questi problemi di nascere e amplificarsi in maniera cancerosa. In altre parole, il quadro che ne deriva è quello di una categoria, i concessionari, completamente esautorata dall'esercizio delle basilari leve di gestione di una qualsiasi attività: appaiono imprese etero-dirette, che dunque non hanno alcuna chance di governare la loro esistenza. E non serve un'analisi approfondita del loro modello di funzionamento, basta leggere quello che firmano, che suona più o meno così: noi concessionarie chiediamo a voi Case di fare qualcosa per noi, altrimenti noi concessionarie andremo a finire male; ma noi, per parte nostra, non faremo niente. Ma non è così che funziona l'economia. Ho provato ad andare indietro nella storia umana, ma non ho ancora trovato un chiedente che abbia ottenuto qualcosa. Tutti hanno dovuto agire e rischiare per strappare al concedente qualcosa: le femministe degli anni '70, gli operai del primo ‘900, i piemontesi per lo Statuto Albertino,13 colonie del Nuovo Mondo, … Tutti i sei punti della lettera fanno emergere questa debolezza di fondo, di chi ha un problema e vuole che altri glielo risolvano. 1. Previsioni di mercato: Federauto deve avere le sue previsioni, per provincia e per brand, stop.


Come può un operatore pensare di fare un budget con le informazioni che riceve dalla controparte? Ma cos'è, una barzelletta? 2. Margini fissi per non dipendere dai margini variabili e potersene infischiare dei target: ma bisogna avere il coraggio di bucare gli obiettivi anche senza paracadute. E se da soli si perde, allora bisogna fare squadra, anzi "quadrato". Se non è un sindacato, Federauto cos'è? 3. Guadagnare dal post-vendita: si deve fare vincendo la concorrenza degli autorizzati, non chiedendo alle Case "strategie" non meglio definite ma che sanno di "orticello protetto". Se poi il problema sono i costi imposti dalle Case stesse, ritornare al punto 1: a casa mia comando io! 4. Flussi di cassa: non sono le Case a dover evitare pressioni sullo stock, ma le concessionarie a resistervi. 5. Standard: è più scabroso parlarne che tacerne. 6. Processi: è ridicolo quello che viene denunciato. Un'azienda che si rispetti darebbe disponibilità un giorno al mese per tutte le visite ispettive della Casa, delegando una sola persona come interfaccia. Gli altri giorni e le altre persone devono lavorare per produrre. Tutti questi interventi insieme sarebbero una redistribuzione del potere lungo la filiera distributiva, che è il vero vulnus del settore. Aver mantenuto dentro le Case la facoltà di fare le scelte gestionali e organizzative delle concessionarie ha prodotto, in positivo, uno sviluppo abbastanza uniforme delle reti, al prezzo però di aver limitato la crescita nei dealer di quelle stesse capacità. Che andava bene quando il mercato cresceva e c'era solo da far soldi, tutti. Quando la crescita si è fermata e le vendite per un decennio sono state sostenute da un mix di finanza (leggi "km zero") e incentivi più o meno forti, si parlava di "droga" ma si faceva finta che tutto potesse continuare come prima. Ora il nodo è venuto al pettine e si dice: intervenite voi perché noi non faremo niente. Non è una sorpresa. Qualsiasi analisi della distribuzione automobilistica italiana rivela da anni una verità inconfutabile: l'attuale sistema è sbilanciato, nel senso che il baricentro delle decisioni è quasi esclusivamente nelle mani del costruttore. Questo documento lo conferma semplicemente. Poi qualche concessionario si lamenta che alla loro convention annuale nessuno li fa parlare. Ma sono anni che i concessionari parlano e non dicono nulla, nel senso che dicono ciò che altri (le Case, i Governi) dovrebbero fare, ma non quello che fanno loro. Semplicemente perché quello che fanno lo decidono le Case, dunque uno lo chiede alle Case, non a loro. In altre parole, non è che non si veda la luce in fondo al tunnel, quanto piuttosto che il tunnel diventa sempre più scuro, e lungo, da dubitare fortemente che il grosso degli operatori possa mai sperare di arrivare a un'uscita, quale che sia. "Non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro desinare, ma dalla considerazione del loro interesse personale. Non ci rivolgiamo alla loro umanità ma al loro egoismo, e parliamo dei loro vantaggi e mai delle nostre necessità." (Adam Smith, La ricchezza delle nazioni, libro I, Capacità produttiva e distribuzione). ***docente di Sistemi di Distribuzione, LUISS Guido Carli










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