“La chiesa volta le spalle alla parrocchia e ai parrocchiani. La facciata, infatti, guarda al fiume, e tra il sagrato e lʼargine che lì sʼincurva alto e massiccio a proteggere quella punta ardita di terra in un gomito del Po, non vʼè spazio da capirci un paese, per quanto minuscolo.” Riccardo Bacchelli, da Il Mulino del Po
Beppe Saglia
Le avventure di Silurus glanis. Ovvero, come la più prestigiosa rivista italiana di pesca a mosca strizza lʼocchio allʼorco dei grandi fiumi globalizzati. Lasciati momentaneamente temoli e trote alle loro fresche e profumate correnti, riposte canne e mulinelli pregiati, spolverati e allineati testi antichi, vi propone un incontro scomodo, viscido, carnale e proletario, ma per niente scontato. Sullo sfondo il grande fiume, la sua e la nostra storia, o almeno quello che ne rimane. Nella speranza che il sapore della bassa padana non scompaia nelle nebbie e nelle brume con i suoi storici cantori.
“Io sono padano di riva e di golena, di boschi e di sabbioni. E mi sono scoperto figlio legittimo del Po.” Giovanni Luigi Brera
L
ʼimmondo progenitore Tutto comincia in una calda domenica pomeriggio di questa torrida estate. Lasciati da poco gli amici a Bassano, sto viaggiando verso casa. Penso al week end appena trascorso, al Brenta e soprattutto alla delusione del Soca alto. Posto stupendo, un tempo paradiso dei temoli, oggi pieno di irideone di butto. Effetti del progetto marmorata! Penso soprattutto alle 150.000 lire del giornaliero praticamente buttate. Dò uno sguardo allʼora, realizzo che il pomeriggio è ancora giovane, e la vacanza non necessariamente finita. Detto fatto.
A sinistra: veduta del Po a valle di isola Serafini, lʼinfame muro di Berlino padano, cortina di ferro contro la quale non
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cʼè pesce fuggitivo che passi. I due bracci si ricongiungono ed il grande fiume da lì in giù corre diritto sino a Cremona.
Unʼimitazione. Come si può vedere non si va tanto per il sottile, né come costruzione, né come fissaggio. Il moschettone facilita il cambio di mosca di notte, e permette allʼartificiale di fluttuare con naturalezza. Sopra: Lʼautore con lʼultimo siluro della stagione, preso a fine ottobre, quando ormai la temperatura esterna imponeva uso di maglione e pile e, secondo comune credenza, lasciava poca speranza.
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Il grande Fiume a valle del ponte di Cremona.
Telefonata a Ghost, amico piacentino di vecchia data: “come va, hai provato ai siluri?”, “ma dai, qualcosa muove? e se stasera facessimo due lanci insieme?”, “e dirlo un poʼ prima?”, “dai non fare il difficile!”. Appuntamento a Piacenza alle diciannove. Lʼultimo centinaio di chilometri vola sulle ali dellʼimmaginazione. Il grande passo sta per essere compiuto. Lʼabiura della dedizione assoluta al pesce nobile (ma quanto nobili sono le iridee del Soca?) sta per essere perpetrata. A spese oltretutto del peggiore dei pesci, quel misto informe di anaconda e pesce gatto che nellʼimmaginario collettivo costituisce quanto di più ripugnante esista nel panorama alieutico nostrano,
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quellʼ immondo progenitore di tutte le disgrazie dei nostri corsi dʼacqua, sterminatore di pesci ed uccelli pregiati, segno tangibile di decadenza ed irreversibilità. Con quali speranze poi? Forse che il viscido bestione non preferisce interiora di pollo o anguille vive? E se proprio deve interessarsi a qualcosa di finto quale miglior attrazione di un minnow di venti centimetri? Ma si sa. Un pescatore a mosca in macchina verso una battuta di pesca, qualunque essa sia, resta uno dei più fulgidi esempi di ottimismo gratuito ed ingiustificato. Arrivo a Piacenza dopo aver fantasticato, novello capitan Achab,
estenuanti tenzoni con la Moby Dick del Po. Peccato che Ghost, eccezione che conferma la regola, è un mago nello smorzare gli entusiasmi. Mentre si sorseggia un caffè in un bar sulla statale, dove il tempo si è fermato sugli sguardi vaganti tra la partita ed il quarto di rosso dei tre anziani allʼunico tavolo, racconta di infiniti cappotti, di zanzare assassine, di alghe avvinghianti, di fondali traditori, di acque putride. Tutto quello che uno ama sentirsi dire prima di una nuova esperienza. Il grande fiume - Lʼimpatto con il grande fiume è stato invece il colpo di fulmine per lʼamore futuro. Mi ha
colpito ciò che pensavo mi deludesse, lʼambiente fluviale appunto. Più che da altre parti, nella bassa padana tra Piacenza e Cremona lo stacco tra il caos urbano e urbanistico di un territorio fortemente e malamente antropizzato, e lʼovattata atmosfera del grande fiume è molto marcato. Ciminiere che diventano pioppi altissimi, fili dellʼalta tensione che si trasformano in voli di germani. I rumori sono lontani. Anche il sole che si abbassa dietro alle canne sembra più rosso e più grosso del solito. E il fiume è una grande colata di lava arancio che mi avvolge e mi stringe in un caldo abbraccio. Con il culo tipico della prima volta, azzecco la serata magica. Quella da grande combinazione astrale, che sai già che difficilmente si ripeterà, quella che dopo un quarto dʼora mi faceva dire: ma che cavolo sono andato a fare in Slovenia, quando la vera lotta per la vita avviene qui, nelle dense acque del Po? Perché dopo un quarto dʼora avevo già ferrato (male) i miei primi due siluri. Persi entrambi, poco male dato che sarebbero stati i primi di una lunga serie. Cacciate continue, lʼacqua che si apre in scie superficiali e veloci, a volte pesci di una spanna ed oltre che schizzano in aria nel tentativo estremo di sfuggire ad un destino segnato. E gorghi fragorosi, emuli di bollate solo immaginate ma mai viste. Tutto il fiume è un campo di battaglia. In poco tempo imparo che affinché il mio artificiale ne faccia parte, vittima predestinata e preferita, deve giungere in acqua al momento e nel posto giusto, e soprattutto dolcemente. Non avevo mai immaginato di dover lanciare uno streamers in sottovetta. Non avevo nemmeno mai visto un pesce deviare repentinamente e definitivamente al solo cadere in acqua
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licosi, che formavano unʼaura grigiastra attorno alle nostre teste, fino a sparire di colpo a buio ormai inoltrato, portando con se il caldo appiccicoso e regalando un ultima fresca e piena ora di pesca. Poi il ritorno a casa. Si sa, lʼautostrada è un fantastico pensatoio, ed infatti è stato un continuo programmare. Cosa comprare per affrontare al meglio questa pesca, che mosche fare, come equipaggiarsi, che posti, in quali ore, con quali tecniche… Sul siluro a mosca il libro è ancora tutto da scrivere, questo mi avevano detto Ghost e Andrea, questo è quello di cui sono convinto ora, dopo aver fatto una ventina di uscite, lʼultima pochi giorni fa con il gelo, e averne catturati un paio di dozzine. Spesso da solo, ad osservare. A volte con amici, allʼinizio riluttanti, poi sorpresi. Anche varie uscite a vuoto, specie con lʼavanzare della stagione e col crescere dei livelli, mai cosi incredibilmente bassi e favorevoli alla pesca a mosca. Con una serata particolarmente fortunata, durante la quale, Andrea, che è sicuramente quello di maggior esperienza, ha portato a riva tre siluri che complessivamente facevano quattro metri. Gli unici che hanno richiesto lʼuso del raffio. Comportamento e azione di pesca - Esistono due sostanziali tecniche di pesca. Una in caccia, lʼaltra su cacciata. La prima è il naturale riempimento dei momenti morti che lascia la seconda. Cominciamo a parlare allora della pesca in caccia e mettiamo alcuni paletti. Rende pochissimo, diciamo un dieci per cento rispetto alla pesca su cacciata. Si tratta di coprire lo specchio dʼacqua che intendiamo battere, e
non delicato di un artificiale. Ma ogni cosa quella sera era una novità, la pesca di notte, le lotte per la sopravvivenza dentro e fuori dallʼacqua, le bollate sullo streamer, la paura di impantanarsi nella sabbia melmosa, il sentirsi fuso in un ambiente pensato ostile ed invece percepito ora nella sua piena e decadente vitalità. Falla corta, quanti ne hai presi? Cinque slamati e altrettanti persi. Più o meno come i miei due compagni. A proposito di slamati, senza lʼaiuto di Ghost sarei ancora là, a tentare di estrarre dalla invitante boccuccia del viscido, il mio due/zero con le pinzette schiacciardiglione da temolo. Fortunatamente il fantasma, che come me non ama prolungarsi in effusioni ed approcci tattili con il capoccione, era dotato di classica pinza da elettricista praticante, grossa, pesante, arancio e funzionale. Il poco invitante rituale della slamatura termina infine con la pulizia del finale dallʼabbondante muco che il siluro ha lasciato nella lotta. Il tutto complicato dalle tenebre, rotte il meno possibile da una torcia da speleologo. Non cʼe che dire, una pesca molto inglese!
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Sopra: il fiume Adda poco prima della confluenza in Po. Ricco di interessanti postazioni, anche se decisamente frequentato da ogni sorta di pescatori. A destra, lʼautore mentre sta slamando un discreto baffone. Un consiglio: lasciate a casa le pinzette da manicure e passate prima in ferramenta. Le cacciate dei siluri, tutti di taglia compresa tra i sessanta e gli ottanta cm, sono proseguite sino a quasi mezzanotte, regalandoci alcune ore di orgasmo alieutico. La pesca era interrotta solo dai ripetuti trattamenti antizanzara, che al formarsi delle tenebre, erano necessari in ragione di uno ogni dieci minuti. “Zanzare” poi non rende giustizia a quella specie di elicotteri armati e bel-
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Ambiguità ambientali - Una riflessione va comunque fatta. Il siluro è stato forse lʼinizio dello stravolgimento del grande fiume. Se causa o effetto lo lascio dire agli esperti. Eʼ stato introdotto negli anni sessanta, quando sul Po si costruiva lo sbarramento di Isola Serafini, capolinea insormontabile per le migrazioni ittiche, quando i mulini avevano già lasciato spazio alle grandi prismate, alle rettifiche dʼalveo, alla chiusura di lanche e golene, e mentre scarichi industriali e agricoli si arricchivano dei prodotti della nuova chimica. Di certo tutto è cambiato. Via le marmorate, via buona parte dei lucci, via anche cavedani, barbi, pighi, anguille, vaironi etc., e dentro siluri, perche, gardon, breme, carassi, barbi europei etc. Il fiume è completamente cambiato. Pesci pregiati in sofferenza per le condizioni ambientali sono stati sostituiti da altri pesci, alloctoni, più forti e con meno pretese. Però il fiume è vivo. Il Po trasmette un grande senso di vita. Di lotta. Di equilibrio. Con i depuratori è comunque leggermente migliorata la qualità dellʼacqua. E i pescatori sono tornati a popolarne le sponde. Segno forte, in controtendenza rispetto alle altre acque nostrane. Il siluro ormai fa parte di questo ecosistema. Pensare di tornare indietro è utopico. Fasciarsi la testa e gridare al lupo invece è eccessivo. Infatti il siluro è in equilibrio con il nuovo ecosistema. Lo testimonia la presenza di grossi quantitativi di pesce bianco, barbo europeo in testa, e la comparsa e la diffusione di altri predatori, lʼaspio su tutti, un tempo sconosciuti. Situazione pesci in Po Luccio: al limite dellʼestinzione. Persico reale: in forte diminuzione nonostante i ripopolamenti. Persico trota: scomparso. Barbo comune: quasi scomparso Tinca: rarissima Anguilla: in drastica riduzione nonostante i ripopolamenti Carpa: molto diffusa. Cavedano: quasi estinto Pigo: in forte riduzione Savetta: in riduzione Alborella: in forte diminuzione Lasca: in via di estinzione Triotto: in riduzione Scardola: in riduzione
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Sanguinerola, spinarello, cobite, lampreda, ghiozzo, goʼ: in drastica riduzione Pesce gatto: in forte riduzione a causa di un virus Tota fario e marmorata: occasionali in seguito a piene. Storione comune: sembra scomparso. Storione cobice: raro. Storione ladano: estinto. Cefalo, cheppia: costanti sino a isola Serafini. Siluro: in aumento. Aspio: in forte aumento
Luccio perca; in forte aumento. Barbo europeo, portoghese e iberico: in aumento. Breme: in fortissimo aumento. Gardon: in fortissimo aumento. Nuove specie: Leuciscus Ido (simile al pigo), Acerina (un percide), Leucisco (simile al cavedano), Naso (simile alla lasca), Pesce gatto americano, Pseudorasbora parva (simile allʼalborella), Cobite misgurno, Rodeo amaro, Gambero killer, tutte specie nuove, alloctone, finite chissà come in Po e tutte in rapida crescita. Ghost, ovvero lʼarpionatore più veloce del Po. Gli occorrono circa 40 minuti e ed un centinaio di tentativi prima di riuscire nellʼimpresa. E pensare che punta molto sul mimetismo, vedi camicia, cappello e kway fuoriuscente dalla cacciatora.. Alla fine è stato il siluro a porgere il labbro mosso da pietà verso cotanto dispendio di energie.
Nuovi abitanti del Po. Un pescatore alla bolognese mostra un impressionante cestino di barbi europei. Sotto: la superficie ambrata dellʼacqua si rompe in una miriade di piccoli cerchi. Qualcosa sta bollando. Impossibile individuarlo nel caos multietnico del Po dei nostri giorni. Tra poco lʼacqua sarà lʼarena per unʼaltra lotta per la vita.
dove presumiamo che ci siano i siluri, con continue passate vicine tra loro, in modo da portare una o più volte lʼartificiale in prossimità del muso del baffone, cercando di evitargli il disturbo di uno scatto, che ciecuziente e svogliato, farebbe comunque malvolentieri. Lo strip deve essere molto lento, pena non sentire un colpo. Me lʼ hanno data come indicazione, non mi convinceva, possibile che occorra andare così piano, mi chiedevo, perdendo varie ore a cercare di confutarla, ma inutilmente.
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A sinistra. Ghost e Andrea mostrano, con malcelata soddisfazione ed una certa fatica, la loro preda (in realtà ha fatto tutto Andrea). Sotto, Daniele con i suoi primi due siluretti. Ha voluto provare a portarli ad una sua vicina di casa, una vecchietta arzilla che, diceva lui, mangia di tutto. Mai più visti, né Daniele, né la vecchietta. A destra. Le lanche, purtroppo ormai molto rare, possono regalare grandi soddisfazioni quando hanno il giusto livello. Spesso le acque sono più limpide e pulite e lʼambiente morfologicamente più vario e interessante.
Gli attacchi, se avvengono, avvengono solo con recuperi lenti, tipo: uno, due, strip (20 cm), uno, due, strip, dove uno e due sono da intendersi come secondi. A volte anche ad esca ferma. La ferrata deve essere potente, commisurata alla mole della bocca del siluro. Meglio ferrare più di una volta. La lotta, eccezion fatta per i pezzi da novanta (ma sarebbe meglio dire da 120 in su), è intensa, ma breve. La difesa del siluro si esaurisce, al pari di altri grandi predatori, in pochi minuti, poi si fa trascinare quasi a peso morto, per sparare le ultime cartucce quando lʼabbiamo a tu per tu. Quando non caccia il siluro sta sul fondo. Per
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cui con lʼesca bisogna comportarsi di conseguenza. Io uso streamers poco piombati, per non essere troppo condizionato nel lancio, e vario il tipo di coda in funzione della profondità del fondale, spaziando dalla galleggiante allʼintermedia. La shooting taper la uso raramente perché prediligo la pesca in zone del fiume a corrente limitata o inesistente, dove lʼintermedia mi consente comunque di radere il fondo, e soprattutto consente di effettuare un rapido cambio di tattica nel caso vedessi un pesce in azione. La vera libidine della pesca al siluro è infatti proprio quella su cac-
ciata. Vedere nella rossa luce dellʼimbrunire unʼ onda che si forma, avanza e incide lʼacqua come un bisturi le carni, palpitare mentre si avvicina seguendo un percorso predefinito, percepire i battiti del cuore che salgono mentre la coda comincia a volteggiare. Tutto è concentrato in un solo topico momento. Cogliere il punto dove anticiparlo, posandogli con dolcezza lʼesca davanti al muso, in modo che gli impatti contro, e nella foga della caccia lʼaddenti. Se tutto è fatto bene, se lo streamer si è posato circa due metri davanti al muso ed ha appena avuto tempo di sparire nellʼacqua, il silenzio e la tensione saranno rotti dalla più fragorosa delle bollate. Un gorgo dʼacqua più grande del vostro stupore si aprirà tra voi e la linea del buio, la canna si piegherà allʼinverosimile, e dopo qualche minuto di lotta comincerete a capire che da quel
momento la poesia ed il fascino della pesca al siluro sono finite. Dovrete arrovellarvi a liberarlo senza toccarlo, pena riempirsi di muco puzzolente, e scendere a patti o con la vostra coscienza o con i regolamenti. Infatti la legge impone di ucciderli e seppellirli. Io non lʼ ho fatto, la mia a questo punto è un autodenuncia, perché non mi va di dare la morte a nessuno, tanto meno se è imposta per legge. Diciamo che li ho perduti mentre volevo portarli a riva per il macabro rito. Capita anche che il siluro è attivo, ma non caccia; diciamo che perlustra il territorio in attesa della cacciata. Le scie non si vedono più. Nemmeno i pesci che schizzano. Però, se si guarda attentamente lʼacqua, si scorgono dei segni, piccoli gorgoglii, increspature, risucchi. A volte, e succede per lo più al buio, non si vede più nulla, ma se ne perce-
pisce la presenza, nettamente, ed è una sensazione inquietante. La prima volta lʼ ho provata mentre pescavo da solo. Solo, di notte, in mezzo al Po, con lʼacqua a filo stivali. Il fondo instabile, che costringe a piccoli spostamenti di tanto in tanto per non affondare. La macchina era molto distante. Lʼunica cosa in movimento era un rapace, forse un allocco, che più di una volta si è abbassato minaccioso o solo curioso su di me per poi deviare repentinamente. In lontananza il rumore di qualche bollata. Le cacciate si erano esaurite con la luce, eppure qualche increspatura la avevo ancora notata. Avevo voglia di ritornare alla macchina, ma al contempo sentivo che chi cercavo era li, vicino a me. Facevo qualche corto lancio, a vuoto, per spezzare lʼatmosfera pesante. E interrogavo lʼacqua cercando qualche indizio nel pallore riflesso della luna. Lui era li. Ora era davvero vici-
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no. Dʼimprovviso un fragore violento. Dietro di me. Ad un metro. Uno spavento mostruoso nonostante fosse figlio di una mossa annunciata. Ce lʼavevo dietro alle gambe, è bastato riposizionare un piede per fargli fare un dietro front impetuoso. La seconda volta eravamo in tre, distanti non più di cinquanta metri uno dallʼaltro. Nessun spazio a paure inconsce. Ma sentirsi cozzare negli stivali un bestione lungo un metro e mezzo, sempre di notte, sempre in mezzo al Po, fa
Sopra: gabbiani in pastura, non rari da osservare lungo il Po. Qui a sinistra. Ecco una preda impegnativa. Stazzano un metro e trentacinque i possenti muscoli di questa perfetta macchina da predazione. Da notare i baffi tesi in segno di sfida, oppure più probabilmente di soffocaento, e gli occhi piccolissimi che gli consentono di vedere solo a breve distanza. Pagina a sinistra: scorci del Po mantovano allʼimbrunire e ponte di barche alla foce dellʼOglio (foto Fly Line). sobbalzare il cuore sino al cervello; non è esperienza da raccomandare ne per i deboli di cuore ne per i bassi di statura. Gli attrezzi - Qualche cenno allʼattrezzatura. Una canna sui nove piedi che lanci una coda otto è ottimale, ma in funzione dellʼesca che si intende usare la gamma può spaziare dalla coda 7 alla coda 9 o addirittura 10. Coda WF,
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finale essenziale, tre spezzoni per una lunghezza totale sui due metri e mezzo, finendo con un buon 0,30. Ultimamente ho usato con grande soddisfazione la Shimano Biocraft in quattro pezzi. Rapida e affidabile. Saper lanciare lungo è di grande aiuto. Si copre un maggior specchio dʼacqua ed il Po, o il basso Adda sono larghi davvero.
Eʼ altresì fondamentale saper posare con una certa precisione lʼartificiale facendo pochissimi falsi lanci. A volte le cacciate sono improvvise e veloci. In pochi secondi si deve essere pronti a posare a venti metri. Poi magari al lancio successivo è necessario cambiare completamente direzione e distanza, il tutto disturbando il meno possibile lo specchio dʼacqua antistante. Cʼè da dire che il baffone ti tanto in tanto offre una chance anche ai neofiti, mettendosi in caccia a tre metri dallʼimpietrito pescatore! Dei momenti migliori si è detto. Coincidono con le sere estive, dal tramonto a tutta la notte. Ho osservato una maggior attività con la luna nuova, compensata però dalla maggior visibilità delle notti di luna piena. A seconda dei livelli tutta lʼasta fluviale è buona, si tratta di orientare la propria scelta, sia essa per le lanche piuttosto che per i grossi fondali, per le prismate piuttosto che per i rigiri dʼacqua tra due correnti, in base alle preferenze del momento del siluro, la cui presenza è rilevabile con lʼesperienza o più facilmente con lʼattenta osservazione della superficie dellʼacqua. La stagione questʼanno si è protratta sino ad ottobre, complice il bel tempo e livelli eccezionalmente bassi. Gli artificiali - Sulle mosche la sperimentazione non è certo finita. Rimane la sensazione di fondo che lʼartificiale non sia così determi-
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In alto, sequenza della cattura di un interessante esemplare. A lato. Tramonto, il giorno che se ne va scalda i colori della sera. Il momento magico si avvicina. Occorre indugiare al tramonto e pescare fino allʼimbrunire. Le foto apparentemente notturne sono tali soprattutto per lʼeffetto del flash, che trasforma in nero notte i tenui colori della sera inoltrata. A fronte al centro, il pennello di Isola Serafini, posto ambitissimo in quanto consente di arrivare quasi a centro fiume. Qui è stato occupato da un pescatore di fondo, quelli che usano il tipico palloncino come indicatore. A fronte sotto, tramonto ventoso. Il vento non necessariamente frena lʼattività del siluro. Complica la vita, questo sì, impedendo di leggere lʼacqua e rendendo più difficoltoso il lancio, ma le possibilità di abbocco rimangono invariate, se sono presenti esemplari.
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nante, anche se certe preferenze vanno ormai delineandosi. Ho iniziato a pescarli con “lʼalbero di natale”, così Ghost ha battezzato un ammasso di filati luccicanti sul blu lungo una decina di centimetri, che tante catture ci ha dato. Poi teso alla ricerca del pezzo grosso sono passato a streamers vistosi ed enormi. Ma selezione non cʼè stata. Ho preso siluri di 50 cm con streamers lunghi non meno di venti. Quindi usando un trenino di mosche diverse tra loro per dimensione e colore, ho potuto appurare che erano preferite dimensioni più contenute, 4/5 cm. O almeno che non cʼera evidenza di relazione tra dimensione dello streamer e quella del siluro. Infine sono stato tentato dal paradosso di prenderlo a secca, e dopo svariati infruttuosi tentativi ce lʼ ho fatta. Un siluretto sui 60 cm ha letteralmente bollato su un grosso palmer grizzly su amo 2. Libidine. Ora aspetto con impazienza la nuova stagione. Tanti interrogativi a cui dare una risposta. E se non ci sarà risposta, andrà bene lo stesso, lʼimportante e che lʼuomo, dopo aver cambiato il mondo, sradicato le foreste, incanalato le acque, sporcato i mari, stravolto il clima, per qualche anno ancora non riesca a cambiare anche il sole. Chiedo solo qualche altro tramonto sul Po.
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