Leggi l’articolo “La pagina del pollo 54 - Sfarfallerò domani” tratto dall’uscita di Fly Line 1/2016 Imparerai irrimediabilmente a distinguere le ninfe delle 10 famiglie delle effimere italiane ed europee.
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L A PAGINA DEL POLLO 54 Roberto Messori
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Se siete tra coloro che si sentono troppo sprovveduti per legare una ninfa, una sommersa alata o uno spider al finale, oppure tra coloro che ci hanno provato, ma che continuano a chiedersi “Ma che cavolo sto facendo?”, oppure tra coloro che, pur provandoci, conservano parecchie perplessità, ma anche tra coloro che lo fanno con buoni risultati e soddisfazione, insomma, se vi riconoscete o vi sentite almeno prossimi alle loro condizioni, questo è l’articolo che fa per voi, a meno che non siate entomologi ed abbiate già capito che l’entomologia i pesci non la conoscono proprio. Del resto, prima di sfarfallare, le effimere hanno riempito la pancia ai pesci almeno per sei mesi, o almeno i parenti di quelle che sfarfallano, e che sull’acqua stanno pochissimi istanti, dopo un anno vissuto pericolosamente.
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Pollo con pesce, 2014. Pixel su monitor 4961 px x 3543 px Fly Line & Picasso.
e credevate di cavarvela semplicemente col “Ballo delle effimere” vi è andata male. Riconoscere le diverse famiglie delle immagini delle effimere è già un buon passo per un entomologo allo sbaraglio, ma, prima di diventare insetti perfetti, quindi immagini capaci di volare e riprodurre, le effimere hanno l’umida abitudine di vivere sott’acqua, presso i substrati, aggrappati a questi o nuotanti nelle immediate prossimità. È questo loro scomodo comportamento che ha innescato la tragica diatriba tra Halford e Skues nota come “La faccenda della mosca secca”. La faccenda della mosca secca è una di quelle menate da psicologia delle folle sul tipo di quella di Einstein secondo il quale Dio non giocherebbe ai dadi con l’universo, e rigettò pertanto la fisica quantistica. Sono due stupidaggini assolute, assolute quanto la stupidità delle folle. Con Halford funzionò così. Un bel giorno, anzi, un brutto giorno, beh, diciamo un certo giorno del 1913 Halford mise le carte in tavola e dichiarò che la pesca a ninfa nei chalk stream non sarebbe stata etica, poichè avrebbe portato a vere razzie di pesci di ogni taglia. Halford non criticò assolutamente la pesca a ninfa praticata in altri contesti, semplicemente tentò di limitarla nei famosi, privilegiati, esclusivi chalk stream del Sud del Regno Unito, ambienti rimaneggiati, artificializzati,
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ben curati e “coltivati” per permettere all’alta società inglese di spassarsela pescando in un modo che il volgo poteva solo sognare. Non solo, ma Halford riconosceva alla pesca a ninfa qualità scientifiche ed efficacia straordinaria, nelle mani di un maestro. Proprio per quella efficacia voleva evitarla nei “suoi” coccolatissimi e delicati chalk stream. Che fece la massa? Quello che può giusto fare una creatura stupida, superficiale, ignorante e meschina: trasformò la piccola diatriba locale tra Lord assai snob, circoscritta esclusivamente ai loro inavvicinabili privilegi, in un dibattito da bar condotto con le regole delle tifoserie. Ecco, la fritatta era fatta. La pesca a mosca divenne la tecnica pura, superiore, che si pratica a cielo aperto, sotto gli occhi di tutti, dove il pesce viene tratto da suo elemento per entrare nel nostro, dove il diritto di appropriarcene è riconosciuto. Un duello onesto alla pari, che esclude quei pesci che di bollare, al momento, non ne vogliono sapere.
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Per contro la pesca a sommersa divenne qualcosa di ambiguo, che si fa sotto la superficie, come i panni sporchi che si lavano in famiglia, qualcosa di volgare, certamente di livello inferiore, anche perchè le mosche devono inevitabilmente scendere a livelli, appunto, inferiori. Una tecnica più da begattinari che per raffinati flyfishermen. Una tecnica che fa prendere più pesci in modo più volgare. Ed Einstein che c’entra? C’entra, perché la sua presunta frase su Dio e i dadi è stata rimaneggiata dalle masse allo stesso modo, indottrinate da fisici gelosi e detrattori che godevano di più dagli errori di un genio piuttosto che dalle sue straordinarie intuizioni. Per non parlare dei religiosi opportunisti, che usarono quella frase per far credere alle masse che Albert fosse credente, e se un genio di quella fatta crede in Dio... Voi poveri ignoranti credete di sapere di più? George Musser, scienziato e collaboratore di Scientific American, invece ci spiega che non solo fu Einstein a introdurre nel 1905 la nozione stessa
dei quanti, difesa da lui per oltre un decennio, e che nel 1916 dimostrò che gli atomi emettono fotoni con istante e direzione casuali. “Questo contrasta con l’immagine di Einstein nemico della probabilità”, dice il filosofo Jan von Plato dell’Università di Helsinki. Negli anni molti storici, filosofi e fisici hanno messo in discussione quell’idea su Einstein. “Scavando negli archivi ci si accorge della differenza tra realtà e versione tramandata, e c’è da rimanere sorpresi” affermò Don. A. Howard, storico alla University of Notre Dame. Einstein accettava che la meccanica quantistica fosse non deterministica, e non avrebbe potuto fare altrimenti, perché fu lui a scoprire l’indeterminismo. La sua critica non era dogmatica, riguardava problemi scientifici specifici che ancora rimangono irrisolti. Pertanto “Perché Einstein sia stato bollato come anti-quantistico è un mistero grande quasi quanto la meccanica quantistica”. L’articolo completo è pubblicato in Le Scienze, edizione italiana di Scientific American di novembre 2015. Gli slogan dei detrattori sono ter-
Pagina a fronte: Einstein e, alla sua sinistra, Max Planck con, di fronte a loro, Dio che gioca ai dadi (elaborazione Fly Line, col contributo inconsapevole di Michelangelo). In questa pagina in alto: la targa automobilistica di un pescatore a ninfa, trovata in Internet da Paolo Bertacchini. Sotto, una Olive Quill, tipica dry fly di Halford, che nella foto piccola sta pescando nel suo coccolato chalk stream, che avrebbe voluto vietato alla ninfa.
rificanti, li divulghi tra le masse e dopo non c’è più niente da fare. Einstein stesso affermò che è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio. E a noi che ce frega? Dovrebbe, perché l’emissione di fotoni imprevedibili e la bollata di un pesce in un dato momento e in una data zona si direbbe seguano gli stessi principi probabilistici. L’unico modo di inserire un possibile determinismo nella probabilità è, per noi, quello di approfondire la conoscenza dei misteriosi accadimenti che avvengono sotto la superficie, e per far ciò è essenziale conoscere quanto più possibile dell’interazione tra pesci ed insetti. Il primo passo, quindi, è riconoscere gli insetti per prevedere il loro comportamento. Chissà, forse un giorno, prendendo un pesce in modo bizzarro, qualche
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Il più grande sommergibilista alieutico del mondo: George Edward M. Skues, in azione di pesca, a ninfa, naturalmente. Sopra: una sua ninfa clonata da Paolo Bertacchini. A fronte, zonazione di un torrente in base all’etologia, ad esempio, di leptoflebidi ed Epeorus. pescatore scoprirà la Teoria del Tutto. E per noi pescatori a mosca? Addio divertimento.
Dry or Wet? Le differenze Chi approda alla pesca a mosca, ma anche chi pesca da anni, e privilegia la dry fly al punto da non pescare proprio con mosche sommerse, certamente impatterà in giornate assolutamente negative, giornate dove i suoi eventuali compagni sommersisti invece catturano, e talvolta a più non posso. Le frustrazioni si accumulano, e un bel giorno... Un bel giorno decide di passare all’altra sponda, insomma, sotto la superficie, anche se, comunque, dalla stessa sponda. Parte da zero, ma non lo sa. Crede che pescare a sommersa sia
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più o meno come a secca, magari meno piacevole, forse meno “puro”, ma più o meno... Ben presto si rende conto che le cose sono assai più complesse. A secca vedi tutto, l’unica vera lotta è contro il dragaggio, e vede bene anche quello, se ha intuito. Succede che lancia, la mosca scende sotto la superficie e subentrano enormi dubbi. Dove sarà la mosca? Come faccio a percepire le abboccate? A che profondità dovrebbe stare? È troppo lenta? Troppo veloce? È nel posto giusto? Quanta tensione occorre per percepire l’abboccata? Ma chi me lo fa fare? Insomma, toglierla dal controllo visivo indubbiamente spiazza. Magari sta facendo le cose benino, ma il pescatore non lo sa.
Ma c’è un altro ben più grave dubbio. Pescando a secca è facile scegliere cosa imitare, vola e si vede bene, spesso si vede anche cosa il pesce preferisce, specie se con sfarfallamenti in atto, ma a sommersa?
Indagini immerse Diversi pescatori hanno buone conoscenze entomologiche e possono riconoscere diversi insetti, specie effimere, ma anche chi non ha questi strumenti è in grado di scegliere una mosca imitativa, osservando un insetto anche senza conoscerne famiglia, genere o specie, lo sappiamo tutti: basta imitarne dimensioni, silhouette e colori. Sott’acqua è diverso, occorrono altri metodi di indagine, altre conoscenze entomologiche, sapere quali insetti pri-
vilegiano le zone tranquille dei torrenti e quali le più vorticose, è importante conoscere i periodi di sfarfallamento, quali specie vivono due anni, come riconoscere le larve prossime a sfarfallare e quelle cui mancano ulteriori mutazioni, e questo solo per accennare agli aspetti più pratici, quelli che a pesca servono davvero. Non solo, ma riconoscere le larve che vivono in un dato ambiente fluviale significa anche sapere esattamente cosa sfarfallerà, una volta arrivata la stagione. Vediamo qualche esempio relativo ai diversi punti accennati.
Zone tranquille In torrente, ad esempio, le larve (o ninfe: larva è il nome generico di qualunque stadio preimmaginale, ninfa precisa la larva già dotata di teche alari) di Leptophlebiidae vivono nelle zone d’acqua più tranquille, mentre le larve di Epeorus popolano i tratti a corrente
più veloce e turbinosa. Quando, verso marzo e aprile, vedete volare qualche leptoflebide (termine italianizzato), significa che le ninfe sono in procinto di sfarfallare, pertanto sarà cosa buona e giusta pescare a ninfa presso la superficie con le loro imitazioni nelle zone d’acqua lenta presso le rive, dove le ninfe nuotano verso i sassi che emergono per sfarfallare, giacché compiono detta metamorfosi all’asciutto.
Zone veloci Se invece, sempre per esempio, in volo appaiono i primi Epeorus, ma il pesce è ancora restìo a bollare, è consigliabile lasciare discendere una ninfa piatta nelle correnti veloci, specie dove la corrente si attenua in buche o piane più larghe e profonde, per diventare una lama o una larga pozza. Un altro esempio? Le cosiddette ninfe piatte sono tipiche dei torrenti, appartengono ai rappresen-
tanti degli Heptageniidae (anche gli Oligoneuriidae, famiglia monospecifica, quindi con un solo genere ed una sola specie, che ha una ninfa piatta), tuttavia alcuni Heptagenia prediligono i fiumi del piano, anche se ne popolano i tratti un po’ più veloci e con chiazze a fondo duro (ghiaia e massi). Heptagenia longicauda popola ad esempio il Mincio almeno dal lago di Garda fino a Goito.
Insetti bivoltini o più Ricordiamo che: - univoltino è un organismo che presenta una sola generazione all’anno (es. Epeorus assimilis). Bivoltino è un organismo che presenta due generazioni all’anno (es. Baetis rhodani); multivoltino o Polivoltino è un organismo che presenta più di due generazioni all’anno (es. sfinge testa di morto); semivoltino è un organismo per il quale il tempo che intercorre tra due generazioni è superiore a un anno, es.
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Suddivisione delle varie parti della morfologia di una ninfa (Ecdyonurus sp.). Efemerotteri del genere Ephemera, che hanno una generazione ogni due anni. Altro esempio: i plecotteri della famiglia Perlidae presentano una generazione ogni tre anni. Che significa ciò per il pescatore a mosca? Per colui che pesca solo con dry fly niente, ma per chi pesca anche a sommersa significa moltissimo. Significa che anche dopo i grandi sfarfallamento primaverili, quando la biomassa è estremamente impoverita, oppure nella fase estiva che segue, e comunque in tutti i momenti indipendenti dagli sfarfallamenti, sappiamo che le ninfe delle effimere semivoltine e le ninfe dei grandi plecotteri sono sempre presenti nei substrati, poiché la loro vita larvale dura rispettivamente due e tre anni, pertanto, nel caso degli stone fly, avremo sempre la presenza di ninfe di primo e secondo anno, ovviamente di dimensioni diverse.
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Sapere o non sapere? Insomma, conoscendo gli insetti presenti in un corso d’acqua, e conoscendone a grandi lineee l’etologia, potremo adeguare sia le tecniche di pesca che la profondità alla quale agire che le imitazioni da utilizzare. Non è male. Probabilmente si otterranno gli stessi successi di chi pesca casualmente legando al finale ninfe a casaccio, ma volete mettere? Cosa racconterete al club? Che avete messo su quel coso di pelo verde con la testa rossa e che in quella lama c’è rimasto attaccato un pesce, o che avete legato al finale una Large Stonefly Nymph (imit. di Perla marginata), perché a fine giugno sono le uniche grosse larve presenti in torrente in numero importante, ed infatti avete ferrato un paio di belle fario in due buche profonde? Insomma, sappiamo che in guerra, o comunque in un confronto antagonistico, la conoscenza dell’avversario e delle sue debolezze (alimentari) è fondamentale, pertanto non sarebbe male
una base informativa per riconoscere a grandi linee le forme acquatiche degli insetti principali, e via via di quelli comunque significativi. È vero, può anche darsi che il risultato in pesca non sempre rifletta dette conoscenze, ma anche Halford si dichiarò convinto che pescare a ninfa in modo “scientifico” consente maggiori successi, ed è proprio per questo che voleva impedirne la pratica nei chalk stream. Insomma, il comportamento di trote e insetti alati è controllabile visivamente e le conoscenze scientifiche restano assai relative, di ciò potremmo discuterne all’infinito: ha più possibilità di cattura un bravo pescatore a mosca secca pragmatico e razionale, che sa lanciare, costruire mosche ed osservare con perizia l’ambiente naturale, ma non conosce l’entomologia, oppure un pescatore altrettanto dotato, ma che in più è un po’ entomologo? La risposta è di certo difficile, nel caso di due “secchisti”. Se invece mettiamo a confronto due pescatori a sommersa di pari bravura tecnica ed intuitiva, occorre ammette-
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Prima di affrontare la diagnosi di una ninfa di effimera occorre accertarsi che non sia quella di un plecottero, l’unica con la quale si potrebbe confondere. Le ninfe di plecottero non presentano tracheobranchie nell’addome e sono sempre visibili i tre segmenti del torace, con due coppie di teche alari ben differenziate. re che quello che possiede una migliore conoscenza degli insetti acquatici e della loro etologia ha maggiori possibilità che le sue imitazioni vengano prese dai pesci. Su ciò credo che siamo tutti d’accordo, anche se la lunga praticaccia appianerebbe certo le cose.
E ora sono cavolacci Bene, stabilito quanto, non resta che mettere mano a tracheobranchie, forme idrodinamiche, processi mandibolari e altre mostruosità aliene al fine di distinguere le varie famiglie delle ninfe delle effimere. Non è affatto difficile, è semplicemente diverso. Basta davvero poco, alla fin fine,
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per determinare la famiglia, non solo, ma esistono anche una serie di caratteristiche evidenti che consentono di determinare anche diversi generi di alcune famiglie. Partiamo dalla chiave entomologica classica, arricchita da alcune note sui caratteri evidenti, dilatata ad ulteriori spiegazioni semplificative.
Analisi della chiave Come sapete una chiave dicotomica (dal termine greco “diviso in due”) è formata da una serie di quesiti numerati (numero a sinistra) che propongono due alternative, scegliendo un’alternativa si procede col quesito indicato dal numero sulla destra, fintanto che non si arriva alla famiglia, se è la chiave delle famiglie, oppure al genere o alla specie. Qui, naturalmente, proponiamo la chiave delle famiglie delle ninfe di effimera.
Il primo quesito porta subito a “isolare” la triade delle famiglie Potamanthidae, Polymitarcyidae e Ephemeridae in funzione dei processi mandibolari e delle lamelle lunghe e frangiate. Questi “processi mandibolari” non sono altro che le mandibole al-
lungate e sporgenti davanti al capo, facilissime da individuare, come vedrete dalle immagini. Di queste tre famiglie la più importante in assoluto è ovviamente quella degli Ephemeridae, le mosche di maggio, alias may fly, le altre due famiglie hanno praticamente, in Italia, importanza nulla. Le Potamanthidae annoverano un solo genere ed una sola specie assai rara, Potamanthus luteus, segnalata nell’Appennino ligure, e rara pure qui. Lo stesso per i Polymitarcyidae, il cui unico rappresentante è Ephoron virgo (ex Polymitarcys virgo), la famosa “manna” fiorentina, oggi scomparsa. Il secondo quesito suddivide le “ninfe piatte” da tutte le altre (nuotatrici, camminatrici, scavatrici), comprende infatti gli Heptageniidae, con l’aggiunta delle Oligoneuriella rhenana, unica specie della famiglia presente in Italia. Il terzo quesito distingue facilmente gli Heptageniidae dall’unico esemplare di Oligoneuriidae (O. rhenana). Gli Heptageniidae sono una delle due famiglie più importanti per noi, giacché comprende un elevato numero di specie (39) ed è ampiamente diffuso in tutti i torrenti di ogni quota.
Chiave dicotomica per la diagnosi sistematica delle ninfe di effimera 1. Appariscenti processi mandibolari sporgenti anteriormente davanti al capo, oltre il margine anteriore del labbro superiore. Tracheobranchie addominali formate da due lamelle lunghe e strette frangiate lungo i margini - Mandibole non sporgenti come sopra, tracheobranchie non come sopra 2. Cranio notevolmente depresso con regioni parietali e frontale espanse in lamine frontali e laterali e ricoprenti l’apparato boccale. Occhi in posizione nettamente dorsale . . . . . - Cranio poco o per nulla depresso senza strutture laminari laterali. Occhi in posizione laterale o latero-dorsale . . . . .
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8. 2.
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3. Cranio esteso maggiormente in senso longitudinale. Mascelle dotate di abbondanti filamenti tracheobranchiali . - Mascelle prive di tracheobranchie. Cranio più largo che lungo
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Oligoneuriidae Heptageniidae
4. Cerci dotati di frange solo sul lato interno . - Cerci dotati di frange o peli lungo entrambi i lati
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5. Gli angoli posteriori del nono urotergo sono prolungati in processi spinosi laterali rivolti caudalmente . . . . . . - Nono urotergo non prolungato in processi agli angoli posteriori. .
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Siphlonuridae Baetidae
6. Sette paia di tracheobranchie addominali . - Cinque o sei paia di tracheobranchie addominali
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Leptophlebiidae . 7
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7. Uriti 1-6 portanti sei paia di tracheobranchie dei quali il primo paio rudimentale, il secondo espanso in due consistenti lamine sub-rettangolari ricoprenti le successive tracheobranchie . . . . . - Uriti 3-7 portanti cinque paia di tracheobranchie inserite latero-dorsalmente al margine posteriore, formate da una lamina che protegge due serie di lamelle respiratorie. . . . . . . .
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Caenidae Ephemerellidae
8. Tracheobranchie tenute dorsalmente sull’addome e poi rivolte all’indietro, eccetto il primo paio. Mandibole assai prominenti in avanti e ben visibili oltre il margine del capo . . . . . . - Tracheobranchie laterali all’addome e poi rivolte all’indietro, eccetto il primo paio. Mandibole poco prominenti oltre il margine del capo .
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Potamanthidae
9. Processo mandibolare anteriore con concavità interna . - Processo mandibolare anteriore con concavità esterna
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Polymitarcyidae Ephemeridae
Il quarto quesito isola i Siphlonuridae (passo successivo), che è una famiglia mono genere (Siphlonurus) e mono specie (Siphlonurus lacustris), in Italia conta infatti una sola specie.
Il quinto quesito porta ai Baetidae, l’altra delle due famiglie più importanti in assoluto, anch’essa comprende numerose specie (25) ed è largamente diffusa sia nei torrenti che nelle
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acque del piano.
Il sesto quesito determina i Leptophlebiidae, grazie ad una copia di tracheobranchie in più rispetto alle rimanenti famiglie.
Il settimo quesito porta alle due famiglie Caenidae ed Ephemerellidae, che condividono la particolarità di tracheobranchie che ricoprono parzialmente, pur con differenti modalità, l’ad-
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dome.
L’ottavo ed il nono quesito distinguono le tre famiglie citate nel primo quesito: Potamanthidae, Polymitarcyidae e Ephemeridae, ma solo l’ultima è presente e diffusa, tipica delle sorgive e dei fiumi (non inquinati) di fondovalle, le mosche di maggio possono popolare infatti torrenti a media altezza, nell’Appennino emiliano si trovano certamente nei torrenti Ospitale,
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Tracheobranchie tenute sull’addome e poi all’indietro
Processi mandibolari concavità interna
Processi mandibolari concavità esterna
Tracheobranchie addominali: lamelle lunghe, strette e frangiate ai lati
1 Verifica dei processi mandibolari
Processi mandibolari sporgenti Processi mandibolari NON sporgenti
2 Ninfe piatte: cranio espanso lateralmente, processi laminari, occhi dorsali
Mascelle dotate di tracheobranchie, cranio più lungo che largo, piccole tracheobranchie addominali (confronto a Heptageniidae)
Oligoneuridae (unica specie O. rhenana)
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Ephemeridae Cerci frangiati solo sul lato interno, angoli posteriori del 9° urotergo allungati in processi spinosi, tracheobranchie 2 Cranio poco o non di due lamelle ben depresso, corpo sviluppate
affusolato, occhi laterali
Mascelle prive di tracheobranchie, cranio più largo che lungo, grandi tracheobranchie addominali (confronto a Oligoneuridae)
Heptageniidae
Potamanthidae unica specie: P. luteus
Polymitarcyidae unica specie: Eporon virgo
7 paia di tracheobranchie addominali formate da lamelle bifide o ramificate, cerci con peli su entrambi i lati, colore spesso marrone vivo
Tracheobranchie laterali all’addome e poi all’indietro
Leptophlebidae
Siphlonuridae (unica specie S. lacustris) Tracheobranchie di 5 paia (uriti da 3 a 7) che ricoprono parzialmente i lati dell’addome, cerci e zampe a bande scure
Baetidae Angoli posteriori del 9° urotergo NON allungati in processi spinosi, tracheobranchie lamellari a “fogliolina”, cerci cigliati solo sul lato interno.
Corpo tozzo, mm 4-6, 2° paio di tracheobranchie espanso e ricoprente le altre
Ephemerellidae
Caenidae 33
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Ninfe a confronto: Heptageniidae (Epeorus), Leptophlebiidae e una grossa ninfa di plecottero Perlidae (Dinocras). Fellicarolo e Dardagna. Le loro ninfe sono scavatrici (orittofile), ma oltre a scavare gallerie nel limo possono incunearsi tra i sassi dei fondali pietrosi. In effetti esiste una suddivisione in base al “sistema di vita”, relativo alle loro caratteristiche morfologiche, abbiamo infatti le ninfe: - iponeofile (Baetidae, Siphlonuridae), nuotatrici veloci grazie alla forma idrodinamica ed ai cerci frangiati; - erpofile (Caenidae, Leptophlebiidae, Ephemerellidae, Potamanthidae), ninfe camminatrici, striscianti o scarsamente nuotatrici, che prediligono zone a corrente non troppo rapida; - litofile (Heptageniidae, Oligoneuriidae) ninfe strutturate per correnti veloci e velocissime (Epeorus), dette ninfe piatte per la loro forma compressa ventro dorsalmente; orittofile, ninfe scavatrici (Ephemeridae, Polymitarcyidae). Tuttavia questa distinzione appare assai relativa, in quanto le specie erpofile e orittofile, nonostante l’apparente inadattamento ad acque veloci, le popolano comunque, nelle zone più consone alla loro struttura.
Note ulteriori per la diagnosi Per riuscire ad applicare bene una chiave dicotomica occorre un minimo di esperienza pratica, successivamente non sarà difficile individuare quasi tutte le famiglie al primo sguardo. Potrebbe essere utile sapere che...
Gli Oligoneuridae (O. rhenana) si riconoscono di primo acchito per le tracheobranchie assai piccole, composte da una lamella ed un ciuffo di filamenti, poi le zampe anteriori hanno il margine interno frangiato da lunghi filamenti.
Gli Heptageniidae sono le inconfondibili ninfe piatte, testa, torace e femori presentano espansioni laminari ben evidenti, gli occhi sono in posizione dorsale e le tracheobranchie sono formate da lamelle con ciuffo di filamenti. I Siphlonuridae sono troppo rari per perderci tempo.
I Baetidae hanno corpo cilindrico, occhi laterali, cerci frangiati solo sul lato interno, tracheobranchie lamellari a forma di fogliolina.
I Leptophlebiidae hanno silhouette simile ai Baetidae, ma le tracheobranchie sono di regola bifide, lunghe e sottili, oppure ramificate. I cerci hanno peli su ambo i lati.
I Caenidae sono ovviamente piccoli, mm 4-6, e si riconoscono all’i-
stante perché il secondo paio di tracheobranchie è espanso e copre tutte le successive.
Gli Ephemerellidae sono altrettanto facilmente riconoscibili, almeno dopo avere individuato il primo. Le tracheobranchie sono portate dorsalmente sull’addome in modo da ricoprirne le parti laterali. Tipiche inoltre sono le bande scure ben evidenti di zampe e cerci. Pure i Potamanthidae sono troppo rari per perderci tempo.
Idem per i Polymitarcyidae. Ammesso che in Italia ce ne sia ancora qualcuno.
Gli Ephemeridae hanno ninfe di grande dimensione, con testa relativamente piccola, le tracheobranchie, lunghe, bifide e frangiate, sono tipicamente tenute sull’addome e poi rivolte all’indietro. Ben visibili sono poi i caratteri della chiave, essendo le mandibole assai sporgenti. Bene, per ora chiudiamo qui, ma non illudetevi: la prossima volta affronteremo la diagnosi di quei generi che è possibile identificare ad occhio nudo, a patto che lo teniate aperto. Non è possibile con tutti i generi, ma i risultati saranno comunque esaltanti. Facciamo interessanti. D’accordo, diciamo curiosi.
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