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La scommessa sul futuro di Eltif e Pir pag

LA SCOMMESSA SUL FUTURO DI ELTIF E PIR

Ponte di collegamento tra l’economia reale e il mercato privato, la loro raccolta è destinata a crescere in misura esponenziale. Partiti in sordina, gli Eltif potrebbero arrivare a raccogliere 15 miliardi l’anno nel giro di un lustro

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Cinzia Meoni

L’

obiettivo del legislatore con l’introduzione dei Pir prima e degli Eltif poi era chiaro: convogliare l’enorme mole di risparmio custodito dagli italiani “sotto il materasso” verso l’economia reale, ovvero quella pletora di microimprese o Pmi per cui l’accesso al finanziamento bancario non sempre risulta ottimale (il 70% delle imprese italiane si rivolge al canale bancario rispetto a una media europea del 45%). I primi risultati sono attualmente all’esame degli esperti, che concordano nel ritenere questa tipologia di strumenti essenziale per diversificare gli investimenti nella costruzione di un portafoglio post-Covid e, allo stesso tempo, per sostenere il rilancio dell’economia tricolore. “In Banca Mediolanum riteniamo che questi prodotti debbano essere presenti in tutti i portafogli dei risparmiatori in modo strategico e non opportunistico, in quanto rappresentano un elemento di diversificazione e offrono l’opportunità di sostenere le eccellenze italiane che nei prossimi mesi potranno avvantaggiarsi dei benefici derivanti dal Recovery Plan e della ripresa economica. Già oggi, i Pir hanno tutti i presupposti per continuare a essere una storia di successo, mentre gli Eltif devono ancora trovare una dimensione che permetta loro di esprimere efficacemente il proprio potenziale”, sostiene Edoardo Fontana Rava, direttore sviluppo prodotti e modello di business di Banca Mediolanum, che vanta un patrimonio promosso in fondi Pir compliant di 4 miliardi di euro, pari a una quota di mercato del 22% a marzo 2021. Quanto agli Eltif, la scommessa del mercato è su una raccolta netta annua fino a 3 miliardi in via preliminare che, passata la fase di rodaggio e con una maggiore commercializzazione e conoscenza di prodotti, potrebbe arrivare a 15 miliardi l’anno nel giro di cinque anni. “Al momento questi strumenti finanziari hanno riscontrato in Italia fortune alterne: i Pir hanno avuto un grande successo ini-

CHART

I Pir al primo trimestre 2021 - Patrimonio promosso (milioni di euro)

Gruppo Mediolanum Gruppo Intesa Sanpaolo Amundi Arca Anima Holding Iccrea Allianz Bnp Lyxor Sella Altri

337 288 281 277 273 2.179

1.756 2.856

4.080 3.905 1,6% 1,6% 1,6% 1,6% 1,8% 9,5%

11,7%

15,4% 12,6%

22,0%

€ 18,5 Mld

21,0%

ziale, anche grazie all’appetibilità dei vantaggi fiscali, mentre gli Eltif hanno fatto fatica, con una dimensione illiquida che non ha ancora trovato un vero posizionamento nei portafogli della clientela”, argomenta Fontana Rava, secondo cui “il successo dei Pir è stato agevolato dalla possibilità di investire in maniera frazionata nel tempo, riducendo i rischi derivanti da un errato timing di ingresso”. Fontana Rava, poi, ricorda che “i Pir sono prodotti maggiormente retail, focalizzati sul mercato italiano e sono prevalentemente fondi aperti che consentono la liquidabilità in qualsiasi momento (a fronte però della rinuncia del beneficio fiscale se detenuti per meno di cinque anni). Gli Eltif invece hanno come obiettivo l’investimento in ambito europeo, anche su mercati illiquidi e poco accessibili con strumenti tradizionali. Inoltre, in quanto fondi chiusi, spesso non consentono un rimborso anticipato”. Elemento comune, invece è l’orizzonte temporale, ossia il lungo periodo. “Eltif e Pir alternativi sono accessibili alla clientela al dettaglio, ma occorre ricordare che si tratta di strumenti illiquidi e complessi, con un orizzonte d’investimento di medio-lungo periodo. Non va dimenticato che queste soluzioni vanno sempre inserite in portafoglio come elemento di diversificazione e allineati con adeguati profili di rischio dei singoli risparmiatori”, sottolinea Andrea Ragaini, vicedirettore Generale di Banca Generali. “Per questo motivo i presidi sono piuttosto stringenti. Se da un lato la soglia di ingresso degli Eltif è tutto sommato contenuta (in genere 10.000 euro), dall’altra occorre tenere presente che questi strumenti non possono eccedere la quota del 10% del portafoglio totale di un cliente retail il cui patrimonio non superi i 500mila euro”. L’interesse per questa tipologia di strumenti finanziari non manca e, a detta di Ragaini, è in crescita, “supportato anche da alcuni provvedimenti normativi che prevedono agevolazioni fiscali a sostegno di queste soluzioni d’investimento. Proprio per questo, guardando al futuro, lo spazio di crescita per questi prodotti di investimento è molto ampio e ci aspettiamo che l’offerta continuerà a espandersi, in un contesto di economia reale ricco di opportunità anche grazie al potente piano di investimenti Next Generation EU”. In questo scenario “l’industria si sta muovendo in maniera autonoma, sempre nell’ambito della normativa vigente. In Banca Generali abbiamo messo a disposizione della nostra clientela al dettaglio un Fia non riservato e un Eltif, entrambi istituiti e gestiti da 8a+ Investimenti Sgr, che si caratterizzano per la modalità di selezione delle Pmi su cui investire. A oggi, i due fondi gestiti da 8a+ e distribuiti da Banca Generali hanno già sostenuto tre eccellenze del nostro tessuto produttivo come l’agritech fiorentina Treedom, l’azienda leader nella robotica applicata all’industria Inxpect e Datrix, attiva nellintelligenza artificiale”, conclude il manager.

> Edoardo Fontana Rava

direttore sviluppo prodotti e modello di business di Banca Mediolanum

> Andrea Ragaini

vicedirettore Generale di Banca Generali

Il crowdfunding piace, ma è lontano dal mainstream

Il finanziamento dell’economia reale passa anche attraverso l’equity crowdfunding, uno strumento ispirato all’esperienza Usa, che piano piano si sta facendo largo tra start up e Pmi. “Dal 2014 a oggi, secondo i dati di Crowdfundingbuzz, sono state oltre 550 le emittenti che si sono finanziate tramite l’equity crowdfunding, per una raccolta complessiva che sfiora i 300 milioni di euro e coinvolge oltre 50.000 investitori. I gestori autorizzati da Consob sono oltre 50, anche se i primi 5 operatori rappresentano la quasi totalità del mercato”, commenta Alberto Bassi, fondatore e ad di BacktoWork, piattaforma di equity crowdfunding che favorisce l’investimento in start up, Pmi e progetti real estate da parte di investitori privati e professionali. L’imprenditore sottolinea poi come l’equity crowdfunding “abbia mostrato un trend di crescita molto interessante, quasi raddoppiando anno su anno il numero di emittenti che hanno utilizzato questo strumento per raccogliere capitali e, di conseguenza, la raccolta generata. Più cauta invece la crescita relativa al > Alberto Bassi numero di investitori coinvolti, fondatore e ad di su cui ci sono ampi margini di BacktoWork miglioramento”. A ostacolare lo sviluppo dell’equity crowdfunding nel nostro Paese (si consideri che ciascuno dei market leader del mercato inglese, Seedrs e Crowdcube, ha volumi di raccolta annua superiori all’intero mercato italiano) sono due elementi, a giudizio di Bassi: “un ecosistema start up che ancora deve fare il salto di qualità e la bassa propensione al rischio dell’investitore medio italiano”. Per far uscire l’equity crowdfunding dalla nicchia e farlo diventare un trend mainstream, Bassi suggerisce tre passi: l’attività di educazione finanziaria degli investitori in relazione all’asset class, l’aumento di “capitali istituzionali” a favore delle start up e la collaborazione tra operatori di crowdinvesting e istituzioni finanziarie tradizionali per intercettare in maniera efficiente la clientela “private”. All’orizzonte, come spiega Bassi, c’è l’atteso nuovo regolamento Ue che “andrà ad armonizzare le legislazioni nazionali, e che sarà sicuramente un acceleratore della crescita dell’intero segmento, facilitando le operazioni cross-border”. C.M.

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