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Due lettere di Giuseppe Ungaretti ad Andrea Caffi e a Roffredo Caetani

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Una lettera di Emilio Cecchi a Marguerite Caetani

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Giuseppe Ungaretti ad Andrea Caffi

Mio carissimo, non so se hai mai visto un mio articolo su Lautréamont, in un numero dedicato precisamente a questo poeta, dal «Disque Vert», rivista che alcuni anni fa pubblicava Hellens a Bruxelles1. Cercavo, in un modo che oggi può parermi ingenuo, ma che allora toccava nel vivo un problema, in che modo potesse scoprirsi l’originalità di Lautréamont. E vedevo, mettendo in contrasto la prefazione alle poesie con i Canti di Maldoror, un’ironia spinta alle ultime conseguenze. Un’ironia in funzione di rivolta. Insomma Lautréamont dimostrava non solo che la parola può avere il suo senso e il senso opposto, che un detto sacro, come può essere quello d’un proverbio o d’una massima di Pascal, può diventare detto altrettanto sacro, mutando una parola, e mettendocene una che dica precisamente l’opposto, letteralmente, di quella che c’era, e la stessa cosa di prima, coll’arrivo dell’ironia; ma dimostrava anche che l’uso di quest’ironia poteva essere un’arma di disorientamento, e accelerare il finimondo, tanto egli aveva orrore dell’uomo. Poiché nella potenza della parola, da buon romantico, egli continuava a credere. In un Breton e in un Aragon il surrealismo mi pare sia andato prendendo questo valore. Colla differenza che Lautréamont, come Baudelaire, come Rimbaud, (come Essenine) come Leopardi, erano uomini tragici. E nei surrealisti la disperazione morale mi sembra un po’ dilettantesca – tran-

25. Due fogli manoscritti solo sul recto con inchiostro nero. I due post scriptum sono annotati sul margine sinistro rispettivamente nella prima e nella seconda pagina, così come sempre sul margine sinistro della seconda pagina sono inserite le formule di saluto («Mia moglie … abbraccio.»). La lettera non è datata; è comunque sicuramente successiva alla fine del ’27, inizio ’28, quando Andrea Caffi entrò in servizio presso i Caetani, (cfr. doc. 5, n. 2). Si segnala che un’altra breve missiva di Ungaretti a Caffi, anch’essa non datata, è custodita presso l’ANIMI (Associazione nazionale per gli interessi del Mezzogiorno d’Italia); il testo del biglietto, un bifolio manoscritto con inchiostro nero solo sulla prima pagina, è il seguente: «Carissimo Caffi, | ti avevo telefonato per Domenica. Non ho fortuna. Domenica dovrò tenere la conferenza su Leopardi a Catanzaro. | Spero di averti con noi la Domenica dopo, e che non succedano altri guai. | Con grande affetto | Ungaretti | | Corso Vittoria Colonna, 68 | Marino | (Roma)». 1 Cfr. G. UNGARETTI, Le secret de Lautréamont, in Le cas Lautréamont, numero monografico de «Le Disque Vert», 1925, pp. 59-65.

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ne in Éluard, che poi, nelle poche cose veramente poetiche, non è un surrealista, (salvo nel secondo senso che indico allato) ma un grande poeta, nel quale la potenza del sentimento infusa alle parole le rende non più parole d’un uomo e d’un secolo, ma parole che tra 10 mil’anni commuoveranno come mi commuovono, e come avrebbero commosso un indiano o un egiziano di tanti mai secoli fa, e come mi commuove, come se andasse in giro per le nostre strade, Eschilo. Insomma nei surrealisti, l’ironia li porta a vantare l’arte magica delle fattucchiere; ma è un modo puerile e in un certo senso civettone, e che, difatti – ciò che dimostra la potenza della parola – fa effetto – è un modo che in qualche modo protegge la loro dignità, di parte al valore mercantile, prostituito, che prende oggi ogni cosa, compresa l’arte. Non vedi come le più belle cose non durano che un momento, oggi, e subito sopra c’è un nugolo di mosche, che ne fanno tifo per tutti. E sul serio, critica e pubblico non prendono che lo sterco dei volgarizzatori2 .

La tua idea intorno agli imaginisti, mi persuade. Ma c’è la difficoltà di mettere insieme poeti di così diversa tradizione: devo interpretare Lautréamont come un semplice esasperatore della fantasia romantica, e considerare le immagini puramente come oggetti, senza relazione coll’anima del poeta? Dico questo, nelle derivazioni. Come parlare d’un Fargue ch’è l’uomo più sensibile oggi vivente, e ch’è tutto pieno di stupore e interamente consolato davanti alle immagini che teneramente accoglie dalla sua sensibilità; e d’un Claudel caotico, teologante, e per il quale l’arte è un riposo, mentre è per Fargue l’unico lavoro concepibile, il lavoro d’un’ape? Come mettere insieme l’arte per l’arte di Fargue alacre e l’arte-poltrona divina dell’altro? Come mettere insieme Fargue e Perse. Perse con Claudel si può. Il secondo è l’uomo delle cattedrali gotiche, accomodate un po’ da Budda, il primo è un umanista che evoca un mondo arcaico, come il Rinascimento evocava la Grecia e Roma. È più un colore e un assoluto di spazio, nel caso Perse, che un colore e un assoluto di tempo, “l’epoca aurea” come nella fine del 3, nel 4 e nel 500. Il secondo è un romantico, e il primo, per il quale Claudel non è stato affatto indifferente, è un classico, nel senso ch’egli porta una forma alla sua estrema perfezione, e Claudel, invece in quella forma intride un certo lievito; è lievito di un bonzo, la forma di Claudel subisce il terremoto.

Conosco poco Limbour. Mi dovresti mandare le sue cose, uscite in volume, e anche quelle nei numeri di «Commerce». Vorrei anche, se possibile, i saggi critici di Poe, possibilmente francese, le divagazioni (prose) di Mallar-

2 Da questo punto in poi Ungaretti traccia uno schema della letteratura francese, ricercando filiazioni e comunanze tra le differenti correnti letterarie e i diversi scrittori: per un’interpretazione di questa lettera rimando a quanto indicato da Sophie Levie nell’introduzione al presente volume.

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3 Cfr. «La Révolution Surréaliste», 2 (15 janvier 1925), contenente L’enquête sur le suicide. 4 Si tratta di Bernard Groethuysen e Alix Guillan.

mé, e le opere di Rimbaud. Sono libri che non ho più. Nella biblioteca della Principessa ci devono essere, a lavoro finito, li restituirei. Vorrei anche, se tu puoi trovarmelo, quel numero della «Révolution Surréaliste» sul suicidio3 . D’inglesi chi c’è? Possiedi le loro opere? Le vedrei volentieri. Sono uscite traduzioni in francese; in «Commerce», forse? I tedeschi, – quei prosatori –sono stati tradotti, – almeno qualche cosa? Deve esserci una traduzione di Essenine francese. Domanderò a Lo Gatto se ci sono traduzioni italiane. Mandami la traduzione francese, se l’hai. Naturalmente se l’invio di questi libri ti recasse il minimo disturbo, non farlo. D’inglesi, mandami, se c’è specialmente Campbell. Anche Blake – vorrei, se possibile le traduzioni.

E tutto il lato Mallarmé in Fargue, Mallarmé, Valéry nei surrealisti, come fare a ometterlo? È più forte di Rimbaud e di Lautréamont in essi.

Salutami con affetto paterno Groet e Alix4 .

Scrivimi, illuminandomi ancora su tutti i punti, e mostrandomi insomma come potrei fare per essere breve, esatto, e nello stesso tempo per dare una visione come quella che tu mi presenti e che è profondamente reale. Ci sono solo piani diversi di generazioni:

1) Claudel, Fargue; 2) Perse nati col «Mercure» come Valéry nato colla «N.R.F.» prima della guerra

3) Surrealisti nati dopo la guerra con «Dada», «Littérature», la «Révolution surréaliste» 4) Limbour nato, credo colla «Révolution surréaliste»

e diversi piani di paesi, e tutto ciò ha una certa importanza. Come fare a trovare un’unità, senza insomma buttare all’aria il piano storico e quello geografico – che in poesia poi non sono indifferenti, ed era una bubbola crociana quella di credere a fatti d’ordine puramente estetico in arte, comprensibili unicamente a mezzo del “Kef” estetico. Dico questo, pur credendo, come dicevo per Eluard, che la poesia giunta a un certo grado, è universale, e si consuma tutte le contingenze, delle quali, spesso, a 50 anni di distanza, e a meno, spesso a giorni, nessuno più riesce ad avere notizia, e ad esserne toccato.

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Mia moglie ti saluta. E la Ninon ti abbraccia. Scrivimi presto. Sono il tuo aff.mo

Ungaretti e ti abbraccio

Ricordi l’aforisma di Nietzsche?5 «Più nulla è vero, tutto è permesso», che capovolge il pensiero di Leopardi: «L’uomo ha tolto alla realtà il mistero, non resta che la visione straziante del vero». E infine quel pensiero di Goethe: «Prima di liberare lo spirito, dategli la forza per sostenerne la libertà». L’ironia sarebbe questa forza (Goethe), questa nuova verità (Nietzsche6) o questo nuovo illusorio mistero (Leopardi)? Anche in questo senso va interpretato Lautréamont, e il surrealismo.

Dico le cose con palesi contraddizioni e confusioni, ma è la fretta e credo di essere ugualmente chiaro; mi scuserai.

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Giuseppe Ungaretti a Roffredo Caetani

Caro Principe, ho letto con grande attenzione l’Hypatia1. Mi piace com’è mossa. La poesia ha un suono persuasivo. Ci sono forse qualche volta dei modi trop-

5 «Nietsche?» nel manoscritto. 6 «Nietsche» nel manoscritto.

26. Un foglio manoscritto solo sul recto con inchiostro nero. La lettera non è datata, e non ci elementi nel testo che permettano di indicarne possibili termini ante e post quem. 1 Hypatia è la prima opera lirica di Roffredo Caetani, pubblicata da Schott a Magonza solo nel 1925, e «rappresentata per la prima volta il 23 maggio 1926 in versione tedesca al Deutsches Nationaltheater di Weimar[, dove] riscosse uno strepitoso successo di pubblico e di critica. Altre riprese si ebbero a Düsseldorf e a Basilea, ma solo nel 1958 [1957 nel testo da cui è tratta la citazione] fu trasmessa alla RAI in una versione ridotta diretta da F. Previtali. | Nell’Hypatia il C. riesce a fondere gli stilemi dell’opera wagneriana con spirito e caratteristiche musicali prettamente italiani; sottraendosi, infatti, alle influenze proprie del bel canto riesce pur tuttavia a mantenere tipiche inflessioni meridionali e un certo dinamismo impulsivo, ottenuto (come osserva Willi Reich nella Wiener Zeitung del 1937) da una sapien-

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po arcaici. Ma è cosa da nulla. S’ella crede, questo luglio riguarderei il testo attentamente, facendoLe con precisione le poche proposte di correzioni che, a mio giudizio, andrebbero fatte2 .

Quando avrò il piacere di rivederla qui?

Il Leopardi3 è piaciuto a Mussolini.

E quando si darà la Sua opera in Italia? Sarebbe ora.

Mi creda il Suo affezionato e devoto

Ungaretti

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Emilio Cecchi a Marguerite Caetani

11 Corso d’Italia, Roma 1 luglio 1930

Illustre Signora,

Le accludo un mio articolo1 (molto brutto) uscito sul «Corriere della Sera», intorno al libro della Sitwell: tanto per illustrarLe che il Suo gentile invio non fu sprecato.

te orchestrazione con frequente divisione degli archi e dall’uso di due cori opposti secondo lo stile antico, che rafforzano l’azione e producono delicati e originalissimi effetti sonori. Non meno significativa si rivela una particolare forma di declamazione cantata, che soprattutto nelle scene culminanti dell’opera dà luogo ad effetti altamente drammatici» (ORIGO, Roffredo Caetani, p. 224). 2 Il fatto che Ungaretti proponga delle correzioni per Hypatia non significa affatto che l’opera non sia già stata pubblicata o addirittura rappresentata. È possibile infatti che i suggerimenti servissero per migliorare il testo in vista di future rappresentazioni. 3 Non è escluso che Ungaretti si riferisca ai passi dello Zibaldone da lui tradotti e pubblicati su «Commerce», con una sua nota introduttiva, nell’inverno del ’27 (cfr. LEOPARDI, Pensées).

27. Un bifolio manoscritto solo sulla prima pagina con inchiostro nero. La firma, in calce al testo, è sottolineata. Alla lettera è allegato il ritaglio di giornale del «Corriere della Sera», con l’articolo di Cecchi, Meridiano di Roma, uscito il 27 giugno 1930. Della missiva è conservata anche la busta, indirizzata alla «Principessa Caetani di Bassiano | Villa Romaine | Versailles | (Francia)» (non sono indicati invece i dati del mittente). 1 Cfr. E. CECCHI, Meridiano di Roma, «Corriere della Sera», 27 giugno 1930.

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2 Dopo la pubblicazione di Aquarium e di Kaléidoscope, testi usciti nell’VIII fascicolo dell’estate 1926, il nome di Cecchi non comparve più sugli indici di «Commerce»; non siamo quindi in grado di indicare quali «prose» lo scrittore avesse inviato, tramite Ungaretti, a Marguerite Caetani.

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Ungaretti Le avrà mandate alcune mie prose per «Commerce»2. Sarei lieto se non le spiacessero. Io parto per S. Francisco verso il 20 di questo mese. Se Ella potesse presentarmi là a qualcuno, Le sarei riconoscente.

Dopo S. Francisco, verso la fine di Dicembre, io anderò nel Messico; e non tornerò in Europa che verso febbraio o marzo 1931, se ancora sarò vivo. Perciò, se le prose mie usciranno in «Commerce», prego di non spedire il denaro; ma di trattenerlo presso la cassa della rivista. La casa mia si chiude; e lo chèque anderebbe perduto. Scriverò io al mio ritorno.

Mi creda Suo dev.mo

Emilio Cecchi

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