LETTERE DI GUERRA

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LETTERE DI GUERRA

UFFICIALE DEL GENIO

DAL 29 AGOSTO 1915

AL 17 AGOSTO 1918

l72ontucoU

'trincee austrìache

"Srlnce# ibaìtane

Oallerld della mina

^ Occampamenlo dì Q^at : * i .è, :

Cima Lana
Cappello di Napoleone
Chcrtz
"ortiho à^ustnaco
Costello anello ne v/itks

LETTERE DI GUERRA

DI UN

UFFICIALE DEL GENIO

DAL 29 AGOSTO 1915

AL 17 AGOSTO 1918

Sos iìdos fortes omìnes

Abbaida tue cunteotu

Chi ant'a esser a ogni evenlu

QuaJes ja fuint, o Rei

Inno sardo del 1848.

PERUGIA

UNIONE TIPOGRAFICA COOPERATIVA
MCMXIX
ALLA MEMORIA DI MIO PADRE

INDICE

Gap. I. — Alla conquista del Col di Lana . . . . Pag. 11

Gap. II. — La mina del Col di Lana » 99

Gap. ih, — 11 Sief ed i Montucoli » 161

Gap. ÌV. — In Macedonia » 209

Gap, V. — Sul Carso » 251

Gap. vi. — La ritirata dLCaporetto » 333

Gap. vii. - Sul Montello » 351

. » 377

Edizione Juori commercio di 50 esemplari

N.3e

Ji miei compagni d'arme,

In questo volume ho raccolto la maggior parte delle lettere che mandai ai genitori durante la guerra. Non furono scritte con Videa che un giorno si sarebbero potute stampare, ma furono buttate giù in fretta, senza stile e senza arte, su pezzi di carta, nella promiscuità incomoda e rumorosa del campo ed il più delle volte di sera, quando la mente ed il corpo si piegavano per la stanchezza.

Se ora ne faccio un'edizione di poche copie, è per destinarle solo a voi, con i quali ho condiviso tante fatiche e tanti pericoli, con i quali ho sofferto, sperato e gioito.

Queste pagine serviranno a rievocare le ore più intense e più belle della nostra vita e le care immagini dei compagni, che non hanno fatto ritorno con noi dai monti del Cadore, dalla Macedonia, dalle doline insanguinate del Carso e dal greto del Piave.

Non mi fate un rimprovero se nelle lettere ho parlato troppo di me e quasi nulla di voi; pensate che erano solo intese a dare

roprietò letteraria riservata

-Ila famiglia. Molli d' • neppure menzionalo il proprio nome ■ lullao' 7" pagine per quel poco che valgono e se n 7 ahe Vi sarebbe sialo a cuore vi ', ■" ricordodelcompagnod'armeche, JlXle^ "" fa mosso dall'afelio che serba per voi.

ALLA CONQUISTA DEL COL DI LANA

Partenza per il fronte - sulla linea del fuoco - Primi lavoriPRIME giornate NERE - COSTONE D' AGAI - PREPARATIVI D* INVERNO - PRE PARATIVI D'ATTACCO - IL NEMICO REAGISCE - LA BATTAGUA D'OTTOBRELA CONQUISTA DEL CAPPELLO DI NAPOLEONE - LA CONQUISTA DEL PANET TONE - La PRIMA CONQUISTA DI CIMA LANA - LAVORI DI RAFFORZAMENTOLA LOTTA PER LA VETTA - STANCHEZZA - UN SALUTO DA CASA - RINNO VATI ATTACCHI.

«

Nominato sottotenente di M. T. il 21y partii da Roma il 26 giugno 1915 per presentarmi alla direzione d*aviazione a Torino, che mi assegnò al campo di Taliedo, presso Milano. Non avendo potuto ottenere di essere mandato subito al fronte, feci domanda di essere trasferito al T reggimento genio zappa tori, il che mi fu concesso con ordine del 14 agosto. Milano, 18 agosto !915. Padre carissimo,

Il 21 mi presenterò a Pavia al comando del genio per sapere che cosa faranno di me.

Il passare dall* aviazione agli zappatori può sembrare come una diminuzione di classe, ma veramente rimanere a Taliedo a fare il capo-officina e lo spedizioniere di aeroplani non mi andava a genio.

MinncrescedilasciareNicotera,Zucchieglialtrimieicompagni, con , qua], ero diventato buon amico. Vuol dire che nel riparto ove ^dro neHe nuove località ove vivrò, troverò altri esseri umani non issimih. Per ora non so chi siano, ma certo saranno fatti della stessa pasta loro, con più o meno le stesse qualità e difetti che bisogna apprezzare o tollerare per valersi il meglio che si può delle circo stanze Come tante volte già nella mia vita, mi si apre davanti un capitolo Ignoto, che tra poco sarà diventato un ricordo del passato.

Ccricenighe, 31 agosto !9f5. Non ti volli scrivere da Pavia sino a £ della mia partenza equesta fu così di botto chrno'" bT di dartene notizia. tempo

Sono stato destinato alla 8» Compagnia E P del 1" d gimento Gemo, 18^ Divisione: questo sarà da ' ®' indirizzo. Mi fu proposta la scelta fra 1 scelsi a caso una in montagna. Sento chestaTLir^'®"" ' su. monti anche perchè tutto il min 1 P'" contento nato a questo genere di vita

n>att^rli'Z^J;L? ^ ^ —

Sono giunto nel pomeriggio a un occasione per essere trasportato oiò aspettare qu. l'ho fatto seduto davanrad uno / ^ bill, facente parte di un lungo conv 1" "^amions-automoWenti .lU ,„pp,, Si.„ «PP'o»"-

della strada, che ogni tanto si rinserra entro gole strettissime. L aria rinvigorante delle Alpi e lo spettacolo di questi monti meravigliosi mi hanno dato un vero piacere fisico e morale, e la struttura geo logica dei Dolomiti mi ha interessato lungo tutto il tra^tto. Ho incontrato in mezzo alla strada Marcello Borghese e d siamo cor dialmente salutati. Del resto tanto a Treviso quantonegli altri luoghi, dove mi sono fermato, sono stato accolto sempre con grande cor tesia e cordialità da tutti gli ufficiali. Trovo conoscenze ovunque qui in Italia, mentre credevo non conoscere più nessuno.

Per questa vallata ferve un movimento intenso: automobili con ufficiali che passano: carri e camions carichi che vanno su per la valle, altri vuoti che scendono; ambulanze dela roce che s'affrettano senza ascoltare nessuno; ovunque ^e Lldati. Ciò che mi colpisce è che, con tuttalafebbrile.ta militare che ha Invaso questa vallata e quasi si e sovrapposta quella borghese, pure la P°Pfjj^^Te

Caprile, ì aeitembte 1915. .i..» .11. n.i. de.tì..™. d'P « "" !"»«" ® :i rtierie su terra redenta ed ho Ho messo ieri per la pnma v R,.i'p -r"t;." sino alla morte. H capitano J gU P-sseràJo coglia ai.e .uella . L» -j--o o Tpn.o ..ede.ra™d.:ad. pel a ^lontano ». P"»''

zare un mio collega, che si chiama Caniglia. Per tre settimane dovro dormire per terra e senza svestirmi. Ma non ti preoccu pare di me, perche sono bene provvisto di tutto.

Presso Piece di Lioinallongo, 4 aellembre 1915.

Padre mio carissimo, ti sto scrivendo . . . .

(Apro una parentesi. Una granata in questo secondo ha scoppiato sul tetto della casa che mi sta di faccia ; ma, visto che le mura della casa ove mi trovo sono grosse e che vi sono due piani sopra di me, non mi sono mosso perchè credo essere più sicuro qui che altrove. Il colpo di partenza del cannone giunge parecchi secondi prima, poi si sente il fischiare del proiettile e infine viene lo scop pio Ciò mi dà .1 tempo necessario per rifugiarmi sotto il vano del a porta con il mio fido attendente Nazzareno Alessandrini.

mente vicina. Chiudo la parentesi).

Ti sto scrivendo da un gruppo di casette abbandonate per che esposte al tiro del cannone, e precisamente scrivo nella stanza a pianterreno à una casa di contadini, lasciata in fretta all'avvicinarsi degli italiani e da cui i fuggiaschi hanno portato via solo gli oggetti più prezio.. Banchi e sedie stanno in disordine; piatti, catini e arnesi campestri sono sparsi alla rinfusa. Sulla panca, vicino a me, c e un pendolo di legno dipinto, coricato sul fianco, ed un ^osso ferro per stirare; in un cantone è ammucchiata k paglia sulla quale ho dormij. vicino al mio attendente. Del resto tutt: queste case sono gioielli d, ebanisteria e sono pulite. Ora ti dirò come sono finito qui.

Giunto a Caprile che è ancora negli antichi confini d'Italia dopo 24 ore, ebbi ordine di partire per sostituire il S. T Camelia che già da molto tempo è stato lassù in trincea. Il tempo era piovoso' ma sapendo quale piacere avrei dato al mio sconosciuto collega, partii lo stesso e, con due muli e due mulattieri, m'incamminai per una

valle fiancheggiata da ripidissimi monti. (Parentesi: Gli austnac. non tirano più su queste case; meno male!) Dopo pochi chilome^ giunsi alle guardiole dell'antica dogana ed entrai cià fu del nemico. Attraversati vari villaggetti e casolari abbandona i, cominciai ad arrampicarmi per un ripidissimo e pessimo sentiero mulattiere che, dopo quattro ore di marcia, mi condusse in cima a costone di Salisei; sino al punto cioè ove cessa la foresta di abeti Lì trovai le prime nostre trincee di difesa e, girando di qua e di là 1 esse ed i numerosi tuguri ove vivono i nostri bravi soldaU, cominciai ad arrampicarmi tra gli scogli per giungere ad un pnmo dorso del costone. Qui tutti i camminamenti sono scava m p fondita e formano un vero labirinto in ""J'"' ^rTrinceronè .pochi n.e,.i die,,. Udel Panettone ». Faceva gm ^ gnato che andava infangan - metro e mezzo)

E....Ì i..» dei dcen hU^(— e ivi trovai un maggiore ed cominciava a necordiale benvenuto. Intanto si era atto no vicare sul serio. Seppi che il mio comunicazione maggior parte dei soldati e 8®"'° ' ^ l'indomani a Pieve, telefonica, con lui presi accordi per gg ^ u„a Poi. ,.,.i pochi p..h .....i y'-7:; ™:.pci d.... squadra che ne blindava un pe trincea dormivano i nostn no..,.. Pe, ,e.,. e.*"'-So':!.,™.« ,<« soldati, mentre alcuni di es , anch*io e vidi la tnncea ...,d.ndo pe, le en ,* di ..«) nemica indistintamente (per 8 Jai a riposare in un ncovero ad un 40 metri dalla nostra. Poi ^"1 - ^o-pelo, tutto vestito, con il sottotenente medico e m meglio. Quando mi senza neanche togliermi le scarpe. . (Jelle vedette: furono svegliavo, sentivo ogni tanto qua fischio di una granata lanciate anche granate a mano. Ali albaJ i^.^ana. che passava sopra di noi, in viaggio per

La mattina per tempo scesi sin verso il fondo della valle sottostante ove trovai Caniglia, il quale mi fece da guida per un sentiero ano alla prima linea di trincee, che sbarrano la valle da ambo I fiancò Al di là delle trincee austriache (che in quel punto stanno a un chilometro dalle nostre), la valle sembra chiudersi in un grande anhteatro ai piedi del quale si vedono le rovine del forte U Corte Sopra d. no. sta il villaggio di Pieve che. dopo la nostra occu pazione. fu bombardato dagli austriaci e completamente incendiato, salvo il grande albergo che ha ricevuto solo quattro o cinque granate' Sono andato a visitarlo ed alzando una delle porte a saracinesca vi sono entrato. Tutte e finestre della grande sala da pranzo sono state spalancate dalle esplosioni e per terra giacciono alla rinfusa rottami di vetn e frammenti di calcinaccio. Da un lato ri»»!) ì

„..de cben e le posate e sul ripiano di esso è rimasto i} VI I di Meyer s Convers. Lexicon in ottimo stato Le altre in completa rovina e la scala è ingombra d^Wchi 1 caduti dall'alto. (Parentesi: In questo momento dal finestn^rdT mia stanzetta, che è a pianterreno, ho visto un colonXaÌ jrsare la strada al trotto; quando è stato ad un quattro m^ri a a mia finestra s. è sentito una granata passare alta, in viaggio

zione policroma e l'altare Zi '""a la ornamentaHanno ordini severissimi di Z::ch:XeZi^"r :i:.~ ^ ^anni causItZdTfur

rare i quartieri d'inverno. ®

Mentre facevo questo, i nostri cannoni da 210. da un monte distante, cominciarono a bombardare le posizioni nemiche, che stanno vicino al forte della Corte e con il mio buon binocolo osservavo le spaventose esplosioni. I proiettili passavano altissimi sopra le nostre teste con un basso ma potente ronzio, pieno di lenti battiti.

Verso sera con Caniglia mi sono presentato al colonnello di fanteria Petracchi per avvisarlo che ero stato mandato a sostituire il mio collega al trincerone. II colonnello è andato in besha e mi ha detto che non vuole lassù uno che non ne capisce niente.

Pazienza ! .

Ho ricevuto poi ordini e contrordini e finalmente, ora che U scrivo, mi è giunto V ordine di andare sul costone di Salisei a fare certi lavori con lo stesso Caniglia onde possa più tardi sostituirlo. Riparto questa sera per andare lassù tra le nevi.

Con tutta la descrizione che ti faccio non credere che corra molto pericolo. Sono poche le perdite tra i soldati del genio, lavoriamo al coperto e le granate solo di rado feriscono qualcuno. Debbono scoppiarti quasi addosso per farti del male.

Ti racconto tutto senza esagerazione di sorta e voi altri, can, non vi preoccupate sul conto mio perchè, se i miei compagm dei gemo hanno passato i peggiori mesi senza rimanere accoppati, non ve ragione di temere che debba essere proprio io a nmetterci la pelle.

7 settembre 1915.

Ti scrissi una lunga e dettagliata lettera mentre ero ancora in fondo alla valle. Quella sera stessa fu deciso dal comando qua. lavori mi sarebbero stati affidati e adesso mi trovo alla direzione de. lavori di fortificazione sui costoni di Salisei ed Agai. lungo i quah si stendono i nostri trinceramenti. Sul primo le nostm «"ncee soli 42 metri da quelle nemiche e """Z" riuscito a vedere la faccia di un bavarese o di un austna . q tunque essi ci vedano spesso. In questi giorm vi e stata

relativa, salvo per i soliti cannoneggiamenti di mezzogiorno e delle 5 pom. quando è più prudente di ritirarsi nei ricoveri. Oggi verso una, mentre stavo aspettando che certi cannoni da montagna lasciassero m pace un cucuzzolo roccioso che dovevo esplorare, assistetti ad un interessantissimo duello di artiglieria che si svol geva sull'altro lato della valle. Col binocolo potevo vedere le panate austriache che andavano frugando il costone di montagna, in cerca di alcuni cannoni nostri-

I superiori sono molto cortesi con me e credo che tra poco potrò avere^ la loro piena fiducia: ciò che forse vorrà dire maggiore responsabilità e più lavoro; ma assumo volentieri l'una e l'altro.

^ 2000 Uodio M r„ g

Oggi è stata una lieta giornata, perchè mi è giunta la tua cara lettera con copia d, quelle di Leone e Michelangelo. Vi è stata molta calma forse perchè festa religiosa e forse perchè gli austriac sono soddisfatti d. avere incendiato quelle tali casette d. P ve dove avevo cominciato appena a scriverti, quando mi scopJò vicino la pnma granata della mia vita di guer^ra L'ine T k

Sirole'^ leggero ma opaco, l'm.ra vÌ del

Codevole e ciò ha impedito .1 tiro delle artiglierie. Probabilmente pero questa calma, che dopo tutto è gradita da ambo le parti non dipende da nessun motivo. '

Oggi ho finalmente avviato i cinque lavori che ho sotto la mia sorve^ianza e per domani spero di cominciare a vedere qual che cosa di concreto. Vivo ani in ..n» i , ^ di vi=i, dnnl- • ? alpestre cha sta fuori d. vista degli osse^aton nemici e che quindi non può essere presa d. mira dagli artiglieri. Ma con tutto ciò, prima del mio arrivo erano già capitati quattro shrapnel sul tetto della casa, che tut tavia continua a servire malgrado i suoi buchi. Le nostre posi zioni sono talmente dominate da quel maledetto Col di Lana che in tutto questo settore non vi sono mille metri quadrah che non

Vivo in „„ n ,lp«,,e ... p„n„ „n„,. .,ii c„„i,,n,i .lunpnni =ul ,nUo ddin cn.a, che .ul.avia continua a aervire „,al,„..„l„ , „„„ buchi (,,„«. IP).

possano essere battuti dai cannoni austriaci. Pure nessuno s. preoccupa di questo stato di cose; si continua a scherzare e vrvere come se nulla fosse. Quando cominciano i bombardamenti, uno s. nnt^a un poco per ripararsi dalle schegge e dagli shrapnel e la proba bilità di essere colpiti in pieno è minima. Se una granata sappia a pochi metri di distanza, generalmente non fa ° ^ questa casa di contadini con il capitano Monneret della 34 baUe^^ da montagna, un bravo dottore ed il S. ^ JL piaceiniezione antitetanica, si tiene ora in riposo, ono co volissimi e la mensa nostra è ottima. Io occupo una camer al primo piano ove dormo col mio fido attendente. ^oj^^ per nome Alessandrini, dalla faccia tonda e dagi oc r * m.. Mi. Web. de,... e. n.n mi .ca.d. nuli, di mjde..« ^ ^^ un cagnolino, salvo quando gli ordino d la biancheria e per fare altri lavori. . U .««in. .11. clnpu." iflL. d, e la colazione si mangia m pie • viuzza a traverso il tagna per un centinaio di metri, seguo un bosco ed in quindici minuti mi trovo a^ ^ trincee, dove sto costruendo un ortino austriaci. ehi.», di .beii che n....»ie „.p„. el» « Il giorno che mi scopriranno. accampato con la grosso gabbione resisterà Giovanni Opelisano. con il sua compagnia di fanteria ufficiale, un poco quale sono diventato buon amico. Bel bp matto; mi diverto un mondo in sua compagnia U esso il Monlucolo, (■) D; lui .1 ruccoula a .u.a.ou co»

mano continuò a fargli delle segn bjio ». U «ua voce auu.a: < Troppo a dealra, tu figl4 * ' i

Il costone di Agai è londo come un ginocchio e non vi ò un angolo morto, cercarlo con il lumicino (pag. 20),

Poi risalgo il costone di Salisei lungo la linea di trincee, sino al mio secondo lavoro, che è un altro fortino con un ricovero, piantati in mezzo a certi grandi scogli e da cui si domina tutta la valle. Da II vado ad un altro lavoro, in cima ad un cucuzzolo che non so bene come riuscirò a fortificare, perchè è in vista come la guglia di San Pietro; proseguo poi sino al Trincerone del Pa nettone, che sta a soli 42 metri dalle trincee austriache. Da li debbo andare ad un altro costone detto di Agai, a traverso un vallone al quale i nostri soldati hanno dato il nome di « Vallone della Morte » in ricordo di tanti nostri bravi fantini, che in un assalto vi sono caduti faccia a terra, con il fucile in mano. E quei poveretti giacciono ancora ove caddero ! 11 costone di Agai è tondo come un ginocchio e non vi è un angolo morto, neanche a cercarlo con il lumicino e quando vi è un bombardamento diventa un inferno. Ma ciò accade di rado. Cosi tutto il giomo sto sui lavori con circa un chilometro e mezzo di fronte ed un 500 metri di dislivello. Ora faccio colazione con il comando di una compagnia, ora con quello di un'altra, talvolta mangio solo all'ombra e al riparo degli abeti o di qualche grande roccia, pescando dal canestrino che mi porta il fido bovattiere. La sera, dopo un 12 ore di scar pinate di montagna, torno alla mia casetta alpestre. Oggi ho fatto colazione con il maggiore Faccini ed ho preso un vero bagno caldo totale in un tino, usato già per mungere le vacche. L'ora del pranzo è sempre piena di buon umore, malgrado le nume rose mosche che in questa stagione sono inflessibiH nella loro de cisione di commettere un suicidio. Si è decretato che, con meno di quattro mosche nella zuppa, non si ha diritto di protestare col cuoco. Dopo pranzo il dottore Vecchi ed il capitano giuncano a scacchi, mentre io scrivo lettere o rapporti.

Agai, 9 settembre 1915.

Oggi è stata una bellissima giornata; alle prime ore del mattino una nebbia leggera circondava le vette dei monti, velando la vista

agli osservatori austriaci ed in parte anche ai tiraton in vedete sul ciglio di questo famigerato Col di Lana. Mi son valso di ciò per fare alcune ricognizioni là, dove in altri tempi si sarebbe allo scoperto, e per intensificare il lavoro dei soldati alle opere di di fesa. Per mascherare le nostre opere ci siamo dati al rimboschi mento intensivo; ossia ogni notte faccio piantare qualche cespuglio o alberetto e man mano vado creando così uno schermo che ma schera i lavori. Infatti sino ad ora i nemici non si sono accorti di cosa alcuna e non ci danno noia.

Avanti ieri mi avanzai con tre soldati al di là delle nostre linee per fare una ricognizione topografica e, malgrado la cura che ebbi di rimanere celato quanto fosse possibile, ci debbono avere visto, perchè al ritomo mi tirarono due shrapnel sopra alla testa, ma molto alti. Conservo una pallina in ricordo del mio primo ed innocuo shrapnel. , 11 maggiore Faccini, il quale comanda questo settore, ha per me una vera affezione paterna ed ogni giorno mi dà ordini tassativi affinchè non mi esponga inutilmente. Egli ha un modo di fare cosi bonario e cordiale, e nello stesso tempo è un cosi bel Upo .1 so dato, che tutti gli vogliono beneequandopassa, vedi le faccm ^ soldati illuminarsi. Ti racconto i vari piccoli madenti trincea, cosi tu sarai convinto che non ti nascondo nula e avrai meno ragioni di preoccuparti di me senza nmanere ne1 incertezza di quello che faccio. Ieri ed oggi sono stati giorni calmissimi e le granate, che volano sulla nostra testa, viaggiano da un monte di stante ad un altro magari piè distante ancora, e di noi in fondo alla valle non si preoccupano affatto. E vero però che ieri sera se la presero con l'ospedaletto e la cucina di Pieve di Livinallongo e rabbruciarono completamente, uccidendo un caporale e feren o cuni altri soldati. L'intento del nemico è di distruggere ogm luoj abitabile entro le nostre linee onde pnvarci dei ^ j

Di salute sto benissimo facendo dell alpinismo per 1 giorno. La dissenteria che mi venne ne' primi giorni dopo .1 mio

arnvo, come tocca a tutti quelli che vengono qui per la prima volta, e cessata, e ora non ho che un poco di tosse secca. Mangio bene e dormo magnificamente potendo ora togliermi i calzoni e le calze.

s/Jgai, 12 settembre 1915.

Ogp mi è giunta un'altra letterina tua con copie delle lettere dei can fratelli. Le lessi in cima ad un'alta rupe che sovrasta questa magnifica valle, mentre i proiettili mi passavano sopra il capo nel loro rapido e lungo viaggio. Si finisce per non occu parsene più, quantunque l'orecchio stia sempre sul qui vive per riconoscerne la razza e l'intento; ma per oggi non ho inteso il sibilo rapido crescente di quei proiettili che arrivano con sinistre intenzioni.

len però fu una giornata nera. Un mio compagno del genio, il sottotenente Gatta della 12" compagnia minatori, andato fuori delle linee in ricognizione del forte La Corte, inciampò in una mina austriaca nascosta ed è rimasto malconcio. Mentre andavano m soccorso suo e di un sergente, che era stato sopraffatto dai gas della mina, inciamparono in un* altra ed un graduato rimase ucciso. AI Panettone andando da trincea in trincea, mi scopersi per un minuto e fui preso di mira a 700 metri da uno di questi tiratori tirolesi (o forse bavaresi, come sono tutti i nostri avversari), ma la mira fu troppo alta. Poi i nostri cannoni di montagna tirarono sulle trincee del nemico e questo per vendetta ci scatenò una grandmata d. granate da 105. In quel momento ero a Palla a circa 500 metri dafe casa dove abito; questa, nonostante eh: s. trovasse nella rosa del tiro, restò incolume, quantunque le gra nate le facessero doppia forcella a 20 metri di distanza Le schegge volarono sin dove ero io e ne raccolsi una che era tutta calda per d suo veloce tragitto. Su al costone di Agai i danni furono gravi ; un soldato ucciso, tre feriti e tre muli mandati a gambe per aria. Tutto ciò fu al tramonto. PRIME GIORNATE NERE 23

Cessato il bombardamento tornammo a casa ove intanto arriva vano i tre feriti, lutti insanguinati e con le gambe rotte. Li nel buio d*una bassa stanzetta al pianterreno (antica bottega da fale gname, tutta affumicata e che puzzava di formaggio e di chiuso), il dottore Vecchi inginocchiato medicava quei disgraziali che, cori cati per terra sulle barelle, gemevano nel loro dolore. Due soldati tene vano in mano una candela accesa, gli inservienti porgevano fascie, bambagia e stecche, mentre nel fondo buio della stanza e nel della porta si pigiava una folla di artiglieri che guardavano vano e parlavano a voce bassa. Io cercavo di aiutare Ìl dottore: con un bicchierino di latta diedi del cognac ai feriti, ma essi non chiede vano che acqua. Appena medicati, li avvoltai nelle coperte, prepa randoli così al lungo viaggio che dovevano fare in barella pel buio sentiero di montagna, a traverso ai boschi. Mentre assistevo alla scena pietosa, mi si affacciò, come in una rivelazione, tutta T in famia di questa guerra: massacrare a sei chilometri di distanza esseri umani che non hanno colpa alcuna di quanto accade e che si battono solo perchè ne hanno avuto ordine! Sentii un'on data di odio contro quel grande criminale che è T Imperatore e contro quei bavaresi ed austriaci che, accovacciati sulla nera cima del Lana, ci tengono a bada sputandoci addosso ferro e fuoco. Questa mattina, alle sei e mezzo, quando, sono uscito per il lavoro affidatomi, il cielo era sereno ed il sole inondava dei suoi raggi i neri boschi d* abete penetrando tra i rami in chiazze dorate, ed i praticelli di montagna risplendevano lucenti come tappeti di seta a cui T autunno dà ora una tinta verde-dorata. Ho girato tutto il giorno per i boschi, lungo la linea delle nostre trincee, senza che una sola granata mi desse noia, come se non fossimo in guerra, ma che si trattasse invece di una giornata spesa a passeggiare in qualche luogo di villeggiatura estiva. Che non era così, che la crudele guerra tuttavia perdurava, me lo ricordavano lo stridore e r ululato delle granate che viaggiavano da monte a monte nel rinfilo di artiglieria. Con la mia piccola bussola d'allumi- continuo

22 ALLA CONQUISTA DEL COL DI LANA

nio lucente sono andato facendo un rilievo topografico, traguar dando nello specchio la limpida immagine invertita di questi magni fici monti, piantando picchetti, chiamando ad alta voce gli uomini perchè prendessero allineamento e scherzando e ridendo agli sdruc cioloni sui ripidi pendii coperti di aghi d'abete. Facevamo com menti sulla provenienza e razza varia delle granate che ci sorvolavano sul capo.

Cosi trascorro questa strana vita che m'interessa e mi diverte per ora, questa vita nuova di cui s ignora 1 indomani ; per quanto brutta e per quanto anormale, non infonde alcun senso di timore, ma un vero disprezzo per la fatalità che ci circonda.

Siamo molti in questa valle, non mi è permesso dirti quanti, ed ogni tanto una vita viene spenta. Ognuno si dice: « Spero che non toccherà anche a me! » ed in questa speremza si vive.

^gai, 15 sellemhre 1915,

Qui tutto è stato calmo oggi; solo verso oriente, nel grande bacino delle Tofane, vi è stato questa mattina, mentre salivo al costone di Agai, un violentissimo e lontano cannoneggiamento; pareva una vera battaglia. Un colpo seguiva T altro. Il cielo se reno e le cime nevose luccicavano al sole.

Sto lottando per imporre una riorganizzazione fondamentale del sistema di lavoro in questo settore. Sinora non mi hanno dato che una quarantina di uomini, mentre ne chiedevo 250; ma chi sa se nuscirb? Ho fatto un progetto per una teleferica e perciò tra progetto e relazione ho passato gran parte della giornata in casa.

^gai, 17 selitmbrc 1915.

Ieri nel pomeriggio, mentre salivo su per il costone di Agai, guardavo verso oriente dove si innalzano le grandi Tofane e pensavo intensamente al caro Leone, il quale dal suo osservatorio proba-

bilmente le vede pure lui sul suo orizzonte. Mentre ero in trincea mi accorsi che la luce del sole cambiava e diventava rossastra; capii che si trattava di un incendio nei boschi vicini. Mi decisi a scendere subito per recarmi alF altro lato del monte, perchè non è possibile a noi andare da un costone ali altro, essendo molto battuto dal tiro di fucileria il Vallone della Morte che li separa. Giunto ai piedi del costone di Salisei, vidi che il fuoco divam pava sul cucuzzolo roccioso: scorgevo là m alto i soldati affacendarsi a spegnerlo con la terra. Uno che passava mi disse essere il fuoco sotto controllo e perciò proseguii per altri lavori che stanno lì vicino. Poco dopo cominciarono a grandinare shrapnel sul punto d'onde s' alzava la colonna di fumo. 1 bavaresi avevano messo fuoco al bosco con bombe incendiarie ed i cannoni austriaci avevano atteso che i nostri soldati accorsi per spegnerlo si fossero ivi addensati, per buttare loro addosso un fuoco d'inferno che ha ferito gravemente due artiglieri. Allora .1 maggiore Faccim m. diede incarico di prendere i provvedimenti del caso. Armato sul luogo trovai che era cessato il fuoco de. cannoni e spento quello del bosco. Mentre giravo in mezzo alle ceneri ancora calde e fumanti, vidi che giù nel buio della valle opposta ardevano a grand, vampate alcune case austriache, incendiate dai nostri cannoni per rappresaglia. i j , r

Questa mattina, mentre per tempo facevo la radunata e 1 ap pello del mio plotone, è ricominciato il fuoco dei cannoni austriaci sullo spuntone di roccia incendiato ieri.

Da lassù le pallottole di shrapnel e le spolette, specialmente quelle dei tiri lunghi, grandinavano sulla nostra casa, sicché abbiamo dovuto ritirarci ed aspettare che rallentasse il fuoco; tra un colpo e l'altro si usciva a raccogliere le pallottole e le spolette cadute sui viottoli e sull'erba. In un momento di sosta siamo partiti.

Ho accompagnato i soldati a destinazione, per vie nascoste nei boschi, sino al piede del cucuzzolo cannoneggiato e h mi son seduto a ridosso di una grande parete di roccia, aspettan o c e i

nemico avesse la cortesia di finirla e di lasciarmi passare per recarmi al trincerone, in cima al costone.

II bombardamento è durato esattamente sino alle dodici.

Alle tre e mezzo ero seduto su un tronco d'albero con un tenente ed il mio caporal maggiore, quando abbiamo sentito il tonfo lontano d una batteria nemica, poi il sibilo crescente e lo schianto brutale d una spring-granata che ci è scoppiata proprio sopra alla testa. Abbiamo fatto un bellissimo salto verso il ricovero vicino ; il caporale e stato toccato, ma non ferito. Poi per tutto il tempo sino al tramonto hanno continuato a sparare e sputarci addosso ogni sorta di porcherie. Adesso è notte e tutto è calmo. Sono molto stanco ed ho un grande sonno ; del resto sto benissimo.

!8 settembre 1915.

Oggi sono salito sul costone di Salisei ed al momento di partire è ricominciato il bombardamento, che sono stato costretto a sciropparmi in un sicuro ricovero del tenente di artiglieria ; le spnng-granate scrocchiavano vicino che era un piacere. Qui alla casa ho trovato Sante Garibaldi e tra poco verrà pure Peppino, che è un uomo molto simpatico. Starò per un poco sotto il suo comando.

19 settembre 1915.

Ti ringrazio della cara lettera e di quanto dici di preparare per ine ed i miei soldati. Sono felicissimo della torcia elettrica, perchè è uno degli oggetti più importanti nella vita che si mena qui: bisognerà però che mi mandi anche una pila e due lampa dine di ricambio.

Oggi giornata calma, tempo bellissimo e caldo. Leone deve stare come un papa sul suo osservatorio. Roffy mi ha mandato un paio di guanti di cuoio foderati di pelo delizioso e gliene sono tanto grato: serviranno più tardi.

J^gai, 20 settembre 19f5.

Ieri ed oggi sono state giornate relativamente calme; ogni tanto qualche shrapnel o granata per ricordarci vicendevolmente che stiamo in guerra, e schioppettate irregolari che non raggiungono mai la meta.

Ieri sera partii con Sante Garibaldi per ispezionare le nostre trincee sul costone di Agaì. Questo è uno dei vari costoni che vanno a culminare tutti sulla vetta del famigerato Col di Lana. I nostri bravi soldati hanno ricacciato gli austriaci da tutti i lati delle valli, costruendo trincea dopo trincea a traverso i costoni, costrin gendo i nemici ad annidarsi ringhiosi in cima alla vetta che, non so perchè, porti il nome di colle. Di Fi gli austriaci, dietro a ben costruite trincee e protetti da altissimi reticolati, ci tengono a bada.

E vero che più volte per il passato le linee delle loro trincee furono occupate dai nostri, ma sotto il fuoco incrociato dei cannoni austriaci queste trincee furono intenibili.

II costone di Agai comincia come un mammellone arrotondato a cui sono tangenti i tiri di quasi tutti i cannoni nemici; man mano che si sale su verso la vetta, il costone diventa più ripido e più a schiena d'asino, sino a che verso la nostra trincea più avanzata diventa una specie di aréte scogliosa. I blocchi di calcare si pro tendono tra zolle di terra ed alcuni pochi arbusti. Su per questa arète i nostri hanno costruito una scalinata di trincee collegate da camminamenti e viottoli, ma la posizione è tanto esposta che biso gna andare quasi sempre carponi e di notte. E perciò che ieri a tarda ora, Sante, un capitano di fanteria ed io partimmo dopo avere preso un piccolo cognac nella grotta-ricovero del comando. La luna splendeva nel cielo sereno; Taria era fresca, eppure dava l'impressione di essere mite.

Sotto ai nostri piedi si stendevano le valli e per queste, dalla parte dell' Italia, si avanzava una fitta nebbia in uno strato perfet tamente orizzontale, che aveva riempito il fondo di esse. Da lassù

ove eravamo, questa bianca argentea superficie dava l'impressione di acqua lucente e tutte le valli sembravano trasformate in uno di quei fjord dell Alaska che s'inoltrano nel continente per chilo metri e chilometri. Ti assicuro che questo spettacolo al chiaro di luna è stato uno dei più stupendi che abbia mai visto in vita mia.

Conrinuammo a salire per il costone da trincea in trincea, a volte strisciando per terra, a volte dritti in piedi e, la maggior parte del tempo, curvi o carponi. Man mano che salivamo, parla vamo più basso; il nemico abbastanza spesso sparava fucilate a caso e le pallottole volavano fischiando per l'aria buia; i nostri nspondevano quasi sempre con più colpi in rapida successione. aX I 1 1 1 « Al chiarore della luna vedevo, addossate ai neri *""" duaossate ai neri ingressi delle tnncee (costruzioni strane fatte di sacchetti gialli, di pietre e di legname dei boschi), le grigie silhouettes dei nostri soldati di guardia. rneravigioso costatare sino a che punto l'uniforme grigio-verde ^ confonda col colore del terreno alla luce glauca della luna, g 1 tanto ietro uno scoglio o un parapetto vedevi le ombre ette immobili, infagottate nella loro mantellina, col passamontala su viso ed il fucile posato nella feritoia.

ntanto la grande marea argentea della nebbia saliva lentamente e di continuo, allagando sempre più le valli ed allargandosi nel suo salita; già i monti più bassi erano quasi coperti e le loro vette uscivano come isolotti dal mare. Quel,simulacro di fjord andava per en o il suo aspetto primitivo ed assumendo quello di un mare

nta il r 'I' l'astissima con isole e promontori. Sopra di pali h """Z le Pleiadi e la luna iosite: - 1-e. Quel mare argenteo innalria ian eome una in ghiaccio r ^1 fe^^e trasformata

sou pocm metn di fronte (tanto è V i ^ j AH metri rirr« A.] r. ■ i ^ costone), ad 80 vamo mentr " sedemmo per discutere: bisbiglia vamo, mentre vicino a noi alcuni soldati andavano approfondendo

Ti sto scrivendo sulle mie ginocchia, seduto nella branda, con le gambe nel sacco-pelo ...
., questa bianca argentea superficie dava l'impressione di acqua lucente e tutte le valli sembravano trasformate in uno di quei magnifici fjord dell Alaska ... (pag. 28).
(Fotografio presa al chiaro Jl Iurta)

un camminamento, dal quale emanava il fetore nauseabondo della morte : vittime dell' ultimo assalto sepolte li in fretta, sotto poche palate di terra !

Al ritomo, scendendo per il costone, la nebbia poco a poco venne a celarci alla vista delle vedette austriache, mentre da Castello, cioè dal costone vicino ove stanno i bersaglieri, si sentivano ogni tanto echeggiare nel buio i brevi ma rapidi latrati dellemitraglia trici. La luce lunare, circondata da un arcobaleno, si andava affievo lendo a traverso la nebbia. Non senza qualche sdrucciolone e un poco stanchi giungemmo alla casetta di Agai, dove dormii come un ghiro.

22 sellembre 1915.

Oggi giornata calma, solo qualche granata verso sera sul costone di Salisei, come la notte scorsa. Tempo caldo e bellissimo. Sotto la mia finèstra gli artiglieri cantano una litania di tonalità religiosa, non senza armonia, in cui enumerano tutte le loro lamentele, co refrain: « Viva le halle, viva le balle! ». Poi grandi risate: ecco come si vive in guerra! u* ^ Domani parte la 34'^ batteria con cui abito e perciò cambiero di casa anch'io: andremo in luogo più sicuro.

Jlgal, 23 settembre 1915.

Stasera il cielo è perfettamente sereno e la luna inonda della sua bianca luce tutte queste vallate. La 34" batteria da montagna parte tra un ora. Col più grande silenzio possibile verranno smon tati i pezzi sui due costoni, caricati sui muli e portati m fondo alla valle e da li a Caprile. Un'altra batteria verrà imme diatamente posta dove era la prima e tutti speriamo, non senza

lutto spiano.

Ieri avemmo una notte agitata; il nemico era irrequieto. Al chia rore della luna si videro affluire molti soldati al famoso fortino(famoso qui tra noi) detto il Cappello di Napoleone, un grande scoglio nel quale i nemici si sono annidati e dal quale ci tengono a bada. In conseguenza vi furono cannonate da parte nostra e naturalmente reazione da parte loro con pillole di 105. Dormivo già tranquilla mente quando fui destato dai primi scoppi; le granate si seguivano rapide e, per essere il tiro un poco lungo, venivano a cadere vicino alla casetta nostra. II fido mio attendente sporse la testa fuori del finestrino della camera, ma la ritirò prontamente quando intese le schegge battere sul tetto. Ero semisvestito in letto e mi alzai sonnoloso e molto a controvoglia. Certo non è prudente rimanere se minudo in Ietto quando dal tetto ad ogni secondo ti può capitare una pillola. Erano le 11,30 di notte; scesi a pian terreno, nella stanza dove pranziamo e trovai lì Sante Garibaldi che fumava una sigaretta; avvolto nella mia mantellina gli feci compagnia. Finalmente cessò la cagnara ed allora apparve sulla soglia il dot tor Vecchi che per prudenza erasi ritirato in cantina con gli altri.

Poi tornammo a letto, ma il battibecco tra le trincee continuò

tutta la notte.

Ora che e partita la batteria ho cambiato di stanza prendendone una più piccola, ma molto più sicura, dal lato difilato della casa.

Di quanto hai fatto per i miei soldati ti sono infinitamente grato. Questi bravi giovanotti lavorano tutto il giorno e hanno fatto tanto per il passato che il comando della IS'' divisione ha diramato oggi una circolare di encomio per le opere compite e per il coraggio dimostrato dalla 8^ compagnia.

Agai, 25 aeltembn 1915.

Stamane, al mio risveglio, la casa era avvolta da una fitta neb bia che bagnava tutto; poi, appena sono uscito, ha cominciato una pioggerella fina fina che ti ghiacciava. L'intera mattinata è stata

PREPARATIVI D'INVERNO 31

spesa in un consiglio di guerra con i capoccioni; si trattava di cose gravi per la sistemazione delle truppe all'avvicinarsi dell'inverno.

Da tempo ho messo avanti un programma di organizzazione, anzi di riorganizzazione, ma sinora non hanno voluto darmi ascolto. Finalmente hanno ceduto per metà alle mie domande, purtroppo togliendo certe condizioni categoriche, le quali solo mi avrebbero reso possibile di compiere quello che è assolutamente necessario per riu scire nell intento. Il generale mi ha salutato con cortesissime pa role di fiducia e d* incoraggiamento, il che tutto si può riassumere nelle parole: — « Bravissimo lei, mi fido di lei; si arrangi ed io me ne lavo le mani ». — 11 guaio è che la maggior parte dei nostri ufficiali e tutti i nostri soldati non prevedono realmente cosa sia l'in verno a queste altitudini ed in questo clima. Già cade la pioggia, tra poco verrà la neve ed il gelo ed i nostri bravi fantaccini, ag grappati a queste rocciose falde della montagna, rintanati sotto rami e frasche, coperte si o no di qualche zolla di terra, crepe ranno di freddo, non sapendo come difendersi contro i loro duplici nemici, i bavaresi ed il gelo. Ora per provvedere a tutto questo ho bisogno di mano d* opera, di materiali e di tempo ed invece non ricevo che parole di lode.

Sono tornato questa sera zuppo e scoraggiato: dopo pranzo, non avendo un vestito da cambiarmi, mi sono infilato nel saccopelo, con la grande mantellina sulle spalle e così accoccolato ti scrivo al lume di due ceri d'altare, che ho trovato in una stanza al pian terreno, tra le rovine abbruciate di ciò che una volta era il bel villaggio fiorente di Pieve di Livinallongo ; sono due ceri grossi grossi che bruciano lentamente con fiamma gialla e mi ri cordano quelli di cui sei tanto fiero a Fogliano; ed uno shrapnel austriaco mi serve da candeliere.

Durante tutto il giorno non ho inteso un colpo di granata e solo poche fucilate. Non ci si vedeva a 30 metri a causa deHa fitta pioggia-nebbia, così ho potuto girare .mpunemente, m p.ed., sotto i trinceramenti nemici, per vedere dove d.ngere certi cam-

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minamenti. Speriamo che spiova presto ; intanto non ho da preoc cuparmi degli incendi dei boschi !

Agai, 26 selltmbn 1915.

Ti mando una piccola fotogréifìa del Col di Lana che, sono certo, ti interesserà, quantunque dia poco V idea dei ripidi e roc ciosi pendii.

Ieri notte fu una bufera di pioggia e questa mattina ho trovato che le trincee blindate dei nostri poveri soldati sgocciolavano in modo disgustoso. Mi sto spaccando in quattro per preparare questi ncoveri-trincee per la stagione invernale ed a forza di lottare comincio a farmi strada. Domani mattina avrò 140 uomini, ma sono pochi per il lavoro da compiere, il tempo sembra rimettersi un poco e gira al freddo.

Agai, 28 aetlembre 1915.

Sinora ti ho scritto ogni giorno, credo con una sola ecce zione. Quando rientro la sera nella mia stanzetta, sono comple tamente libero, salvo per qualche seccatura d* ufficio, per il telefono e per gli insipidi fonogrammi. Provo allora un vero sollievo e un grande piacere a scriverti. La lotta qui continua, non contro gli elementi, le difficoltà del luogo e gli austriaci, ma contro T igno ranza e 1 indolenza umana.

Le giornate di ieri e di oggi furono senza eventi di special impor tanza; poche cannonate; sulle trincee, specialmente di notte, vivo scambio di fucileria e mitragliatrici. Mi hanno tirato varie schiop pettate, ma essendo sempre un bersaglio o sfuggente o molto distante, queste dimostrazioni ostili non hanno neanche Teffetto di intimidirmi. Del resto sono molto prudente e non faccio capolino che quando veramente ho bisogno di guardare e non mi dilungo. I bavaresi hanno posizioni così dominanti che vedono gran parte delle nostre retrovie. Ogni tanto si divertono al tiro a segno, ma per la distanza non azzeccano quasi mai. Si finisce per diventare assolutamente

PREPARATIVI D'INVERNO 33

inconsci del pericolo potenziale che si corre, traversando i tratti scoperti, finche giunge una schioppettata; allora ad un tratto si riaccende lo spirito di conservazione e si fanno degli escamotages acrobatici o delle svignate rapidissime. Alcuni dei nostri soldati invece si fermano e fanno un gesto gomitale non complimentoso al tiratore tirolese. La grande porcata è che questi tiratori usano tutti una palla esplosiva che fa una piccola detonazione quando colpisce il suolo. Vorrei bruciare vivo uno di questi tiratori, ma non si vedono mai I Con il canocchiale non ho ancora visto un austriaco !

Il tempo è diventato variabile la mattina generalmente neb biosa e con pioggerella, poi si rasserena durante la giornata. Esorto i nostri soldati di fanteria ad accomodarsi i loro ricoveri per quando cadrà sul serio la pioggia e la neve, ma la maggior parte di essi sono di una noncuranza che addolora. Quando piove, piangono misena c quando è limpido il cielo, si sdraiano fuori a dormire. Ho comin ciato ad usare un linguaggio profano che fa spavento, ma ci vuol altro per farsi sentire da centinaia e centinaia di uomim ; pure a qualche cosa riesco. Si è iniziata, ma procede lentamente, la trasfor mazione da catapecchie in capanne. Son quasi tutti contadini delle Provincie romane e dovrebbero sapere intrecciarsi un tetto di frasche!

Jlgai, / ottobre 1915.

Ieri sera fui chiamato d'urgenza a Caprile dal col. Peppino Garibaldi e dovetti partire su due piedi. Per istrada entrai nell*ospedaletto N.° e vidi un capitano medico a cui mi presentai more militari. Fui ricevuto a braccia aperte. Era il dott. Cervelli, il quale non mi lasciò partire che dopo avermi dato un lauto thè ; non rinunciai ed inoltre assorbii una ventina di sugar wafers. II suo nitidissimo ospedale si trova a Digonera, in una vallata pitto resca e bella, sull* orlo di un gruppo di maravigliosi abeti, che s'in nalzano come ceri giganteschi.

Non posso dirti le ragioni per cui fui chiamato, ma il colon nello si mostrò pieno di simpatia per me. Non essendo stato possibile trovare un alloggio in Caprile, mi fece dormire nella stanza. sua

In questi giorni mi sono giunti i tuoi numerosi doni tra cui il pelliccione grigio-verde-pecorino, che va a pennello: invidio quasi Leone che da tempo ha potuto già indossarne uno simile. Ma qui fa ancora caldo. Son tornato stasera alla mia casetta sul fami gerato colle. Imbruniva e la nebbia, salendo dalla valle, mi ha avvolto nel suo manto protettore mentre passavo sotto le posizioni egli austriaci; essi prendono un pò troppo di punta i convogli montati, che si vedono passare sotto il naso.

bella vittoria quella di Francia! Hurrah!!I!Il

2 ollobre 1915.

\ E giunta la neve, gli alberi ne sono carichi, ma le strade "O ^ A ^ ^ ^^ j sono una pappa di cioccolata. Mi fìoccan ordini da ogni parte, ieci volte più di quanto posso fare con i mezzi che mi danno. Ho percorso a piedi tutto il fronte per undici ore; sono stanco morto.

3 ollobre 1915.

Sono felice di sapere che Leone otterrà probabilmente qualche giorno di riposo, di cui deve avere molto bisogno. Egli si è trovato isagio in confronto a me, perchè per fortuna rara, g una stanzetta buona e di una stufa, vicino alla quale P ppen ere i miei vestiti e le mie calze bagnate durante il lavoro nel Ugo, nella neve e nei boschi.

La lettera del caro Miche è bellissima ed emozionante: un vero gioie o. ma, purtroppo, raro, come tutte le perle. Ieri mat, a o sveg larmi, un bel manto di neve copriva le vette dei monti sino a qualche centinaio di metri sotto alla nostra casetta.

Per tutta la giornata girai lungo il tratto di fronte che mi è stato assegnato; per undici ore scarpinai su e giù, da un posto di vedette avanzate che sto costruendo fuori delle nostre linee, sino all' ul tima trincea del costone di Agai, dove uno non può procedere che a sbalzi e carponi, perchè il nemico ostacola qualunque accenno di movimento. In quel posto impossibile, su di una lama di coltello, mi vogliono far eseguire lavori sotto le raffiche della mitragliatrice. Gli austriaci ne hanno due: una che fa rumore senza far male, ma che pure istintivamente ti fa abbassare la testa; e un' altra che spruzza le sue raffiche di pallottole. Sono sicuro che tra qualche giorno a lavori simili non si penserà più. Ieri ultimai l'appostamento per il lanciarazzi: è un cannone che spara un razzo, il quale si apre a paracadute e galleggia per aria diffondendo una bellissima luce; questa notte i bavaresi furono molto maravigliati di tale innovazione e al terzo razzo suonarono l'allarme. Oggi poi ho messo a posto un lanciabombe sul Panettone, in un bel buco blindato a fior di terra. Alla prima granata a mano che ci butteranno, come fanno quasi sempre, risponderemo con una pillola nostrana. Intanto vi è calma relativa; credo che essi, come noi, si occupino più di preparativi per l'inverno che di fare i guerrieri; del resto dalla parte loro credo che vi sia la migliore intenzione di stabilire una condizione statu quo, cioè di non rompersi le scatole quando le mani sono gelate e la neve ti sbatte sul viso. Siamo ora nello stato di transito tra 1* autunno piovoso ed il freddo inverno. L'aria è rigida, ma la neve, che cade a fiocchetti, si fonde in palline cristalline sulla giubba. Le strade sono una pappa di cioccolata su cui si sdrucciola e ci s' infanga. Tra poco però avremo la vera nevicata e forse allora il lavoro sarà più facile.

Jlgai, 5 ollobre 1915.

Oggi è venuto qui su il colonnello Garibaldi con un treno di muli, carichi di attrezzi e mi ha dato ordini definitivi per il

36 ALLA CONQUISTA DEL COL DI LANA

lavoro, a cui sarò preposto, e per la organizzazione di esso. Dunque da ora in poi dipenderò soltanto da lui e per mezzo suo dal co mando di corpo d'armata. Avrò a disposizione una cinquantina di soldati scelti, quasi tutti minatori, muratori e falegnami che forme ranno una squadra autonoma ed indipendente, con la quale dovrò eseguire una sene di lavori (in gran parte lavori di mina) e costruziom di ncoveri invernali per le truppe.

Sono contentissimo del provvedimento che rappresenta la fine d. una lotta contmua, che stavo sostenendo con dieci differenti jart, e comandi per riuscire a far camminare i lavori ; è la fine di ordim e contrordini e dell'ostruzionismo della burocrazia militare be ho bisogno di uomini e materiali, non ho che chiederli

l?"7t""' "P0«* «

dd Lr H ' »e.A U. ,onote»enle del gemo a sostituirmi negli altri lavnn k alcuni riguardi, ciò mi rincresce ZZ T""'f ricoveri ^ voluto ultimare due j ven che ho già portato molto avanti Dai n,;." di essi è stato battezzato « La Navf T """ di tronchi tondi di abete e ha la f '

a tre niant faff/s j- , Aorre » ed e un edifizio alcune grandi roccrrpiL^che hTf' difilato ai lim * o * rendono quasi completamente ir.,ZIIr » "i»"

Smle....W„. r" ■* Ctu tece costruire quel tetto.

^gai, 7 oUohjc 1915. ti scnvo dopo una giornata d' 1 fonogrammi. Ancora non mi h scarpinate, rapporti e nente del genio e mi trovo sottotechilometri, con 235 uo * r° '^vori, su un fronte di due base di tutto; sono him ^ soldati, Y ufficiale è la pessimi a seconda di chi li comanda

PREPARATIVI D'ATTACCO 37

perciò quelli di noi che vogliono far camminare le cose, debbono essere sempre in prima linea, dare sempre Y esempio e essere sem pre i primi ad esporsi. Sino ad ora ho avuto sotto di me una fantasmagoria di militari ; ogni settimana cambiano ; credo che ora mi conosca ogni soldato ed ogni ufficiale del 52° regg. di fanteria, ma purtroppo non riesco a ricordarmeli tutti perchè sono tanti II congegno e la burocrazia militare mettono ai miei lavori urgen tissimi un freno, che so mal sopportare e perciò grido e protesto da buon ingegnere borghese, non volendo rassegnarmi all' apatia e al je m'en /... militare. I miei superiori, in fondo, sentono che ho ragione, ma vorrebbero che non chiamassi pane il pane. Adesso c\ìQ finalmente ho un plotone mio, cercherò di fame un plotone modello. L'ho accantonato già in una stalla che, al paragone delle baracche, pare un palazzo. Debbo ancora infondere il vero spirito del lavoro a questi uomini, i quali sinora sono stati guastati dalle abitudini comuni della « svignata », dalla fiacca e dalla men zogna. Debbo pure far passare ai soldati la paura del pericolo ed assuefarli a lavorare sotto il naso dei nemici e a pochi metri dalle trincee loro. Nello stesso tempo cerco di essere previdente e pru dente e non trascuro di prendere ogni misura per impedire che la fucileria e le bombe nemiche rechino danni ai lavori ed agli uomini. Sul costone di Agai, per circa 200 metri, si è andato sinora più o meno allo scoperto dalla cintola in su, correndo carponi e contando sulla buona fortuna propria e sulla noncuranza del nemico. Ho cominciato subito a rialzare con sacchetti le pareti del camminamento e per domani mattina dovrebbero già essere protetti più di 70 metri. Tra una settimana spero di essere già bene in galleria in ambo i costoni e, quando avrò compiuto queste due cose, starò come un papa, ben dentro nelle viscere della tena, dove non ci potranno più dare molestia ne le mitra gliatrici, nè le bombe, ne la neve, nè il freddo. Con una dozzina dei miei minatori americani sarei ora già al coperto ; i nostri soldati invece, quantunque siano nominalmente minatori scelti da tre reg-

gimenti diversi, sono ancora assai mal trenati. Ma da qui a qualche giomo conto che tutto andrà benone.

Scusami se ti racconto tutti questi struggles fot life, ma sono la mia vita.

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Ogni tanto qualche pa^o.^ mandandomene

C IO ottobre 1915.

Oe non ti ho scritto ieri è di cui t*informo oasi ^ accadute mille cose

r • • j del .«r°;e,iTd: «iii.»..» d.i c.™.dp padcol.™ f -Ì7™-.. diA,,,. d.e

salii sul costone, dove il caoitan Ti ^ pomenggio erano alquanto vivaci Arrivai li°i ' ™ avvertì che le cose beccarmi che qualche f T P-chà feci laTiVr - ""P° al pericolo di franamento cL "e >1 modo di riparare

•'sminamento, ma dovetti fem ^ "" perchè la mitragliatrice del Punto bene incavato, terreno ove stavo Frr» Salisei si mise a battere il sicviro curiosa nel sentire sulla testa ' " Pi^ovavo un'impressione pietrine sollevate dalla mff; P*°ggia di spruzzi di fango e di Mentre mi godevo l't' r dall alto, quasi verticale im labbia del nemico, vidi venire aggetto che cadeva come un sasso

IL NEMICO REAGISCE 39

buttato a mano; seguii la traiettoria sino a che l'oggetto toccò terra ; dalla violenta esplosione capii che era una bomba buttata da un Minenioerfer. Poco dopo ne venne una seconda che colpì r aréte più su e perciò più vicino a me. Giudicai allora prudente ritirarmi nella trincea per essere al riparo delle schegge. Ne venne una terza ed una quarta che cadde a circa dieci metri dalla trincea. Appena scoppiata, presi un fugone giù per V arète e contavo di fare i 200 metri, sino alia prossima trincea, prima che venisse un' altra bomba : non si fece molto aspettare ! Dalla seconda trincea, tra un colpo e l'altro, corsi giù all'entrata di una gal leria che sto scavando e lì rimasi per una mezz' ora. Intanto le sinistre bombe continuavano a cadere su e giù o per l'aréte, colr intento di disturbare i vari lavori che ho iniziati e che sono per forza maggiore piuttosto palesi. Queste bombe Sono delle vere granate con spoletta graduabile sino a 2400 metri e sparate a noi da 1380 metri ; possono agire come granate o come springgranate e son fatte con lo stesso materiale della scheggia che ti mandai.

II giomo successivo, ossia ieri, alle 4 pom. partii dalla mia casetta ed accompagnato da un soldato del genio ritomai al trincerone di Agai, dove trovai accumulato già il materiale necessario per i lavori. Era appena 1* aurora quando arrivcii e una nebbia protettrice che saliva dalla valle, mi raggiunse a mezza costa su per rarète e mi avvolse nel suo manto, celandomi alla vista del nemico. Mi trattenni nell'angusta trincea, buia e gremita di soldati e, aiutato dalla mia scorta, eseguii Ìl delicato lavoro di restauro con le mie mani. La trincea è talmente stretta e bassa che per muoversi occorre arrampicarsi sopra i soldati che, tutti avvolti nelle loro mantelline e coperte, stanno accovacciati o sdraiati per terra l'uno vicino ali altro, formando un vero tappeto umano ; e su questo si deve camminare ! Dopo sette ore di lavoro ritornai a casa, intirizzito e indolito per la mia postura da neonato presi un bagno caldo, mi rasi una barba di otto giorni e, vestito da ufficia-

lino, andai a Palla a fare rapporto al comando. Mentre stavo lì, SI sentì il tonfo delle bombe che di bel nuovo cadevano suH'arete. Il colonnello Garibaldi si mise allora al telefono, che è nella cucmetta affumicata della casa di montanari, ora sede del comando; dalla piccolissima finestra entrava una fioca luce, ma più viva era la fiamma dei carboni ardenti nel grande focolare. Intanto i telefoni o in pieno lavoro e ronzavano le loro rapide, febbrili chiamate. Dal costone cluamavano il comando, il comando chiamava losservatono. Si chiamavano le varie batterie sulle montagne perchè cominciassero immediatamente il fuoco; i piccoli cannoni nostri già abbaiavano rabbiosamente contro il Col di Lana, ma quelli più potenti tacevano. Intanto per i fili del telefono s'incrociavano > messaggi ; una stazione aspettava che l'altra avesse finito di Stir "r ^"''°-l'-^damento lassù continuava ucc sT ut di soldati feriti, poi di soldati 3etta deM T quella .perfida arète, per no^tò vol T t -='daci non vogliono novità, vogliono lo statu quo\ Era m?. « • i ■ altri, ufficiali, telefonisti e soldati aff lì , quella cucinMf:» ff * i- ' intorno al telefono in batteria del Porè' TCst^lcat della nostra del Gli di I I 1- contro i trinceramenti nemici

P s m -biti si facevano ggiori, sempre peggiori; van morti e molti feriti- ri 1 t' nessuna notizia ancora Si ek; x -i , 'd^' trmcerone, compagnia di riserva a raff ì "^"""ando perchè venisse una e me V svigno 1' 7"' <=he aria tira fermo alla stalla' ove h" ^ Sul percorso i ed ordino rei:t^'- nvato a casa, trovo gh ufficiali della 2" batteria già a^ì seggo con Wo ed ordino all'attendente di preraÌarTil^7ìrldT Avevo previsto giustamente; appena servito il e fP un soldato coli'ordine di recam^i i! J

tee. f j immediatamente con il mio nin tone a fare da scorta a 'artiglieria rii t i P'°- urugiieria di montagna sul costone di mi

Agai. Esco e tra il buio pesto giungo al fienile dove aduno i mi« uomini, li metto in rango e li conto al lume della candela. Poi la spengo e torniamo tutti nel buio pesto. Parto in avanti, mo schetto in ispalla; il mio Alpcnstock, battendo sulle pietre fa un rumore che serve di guida ai soldati. Non ci si vedeva ad un palmo dal naso, il cielo era nebbioso e pioviccicava ; la batteria del Porè continuava a sparare assieme alle altre nella notte: prima si vedeva la vampata del cannone, poi si udiva il tuono ; si ve deva la vampata della granata sul colle, finalmente si udiva il suono della esplosione. 11 nemico, credendo ad un attacco nottumo, lan ciava razzi luminosi che, per breve spazio di tempo, rischiaravano il cielo nebbioso, contro il quale vedevo profilarsi le forme degli abeti. Noi salivamo intanto in fila serrata, cercando la via a ta stoni, inciampando sulle pietre, entrando in pieno nelle chiazze di acqua e fango. Poi nell* aria si intese Y ululato di alcune gra nate nemiche in arrivo e lo schianto delle denotazioni, ma furono un pò corte e caddero nel costone di Agai.

Salivo con il mio plotone su per il ripido pendio del monte, camminando piano e sotto la non spiacevole impressione di an dare al combattimento ; questo però non ebbe poi luogo, ma al meno ebbi il piacere di provarne T impressione. Arrivati vicino alle batterie perdemmo la strada e ci trovammo su un ripido pendio fangoso, su cui i chiodi delle scarpe non facevano presa ; ognuno di noi cadeva per conto suo, ad ogni pochi passi. Pure arrivammo; piazzai i miei soldati e, sempre pattinando nel fango ed inciampando nel buio pesto, mi presentai al comando. Lì allora si dava l'ordine di cessare il fuoco: poco dopo un grande silenzio regnava nella notte alta.

Jigai, 12 ollobre 1915.

Continuo la mia lettera di avanti ieri ; non so bene ove 1* in terruppi, ma vado innanzi colla narrazione.

Con il capitano Bartolucci rimasi lassù tutta la notte del 9 sino verso r una. Nelle tenebre gli austriaci sparavano ogni tanto i loro

razzi illuminanti e noi m cambio lanciavamo le nostre bombe illuminant..• quando queste sono molto in alto, esplodono e si apre un paracadute da cui pende una vivissima luce di magnesio che rischiara tutta la montagna. Verso le I I andai a vedere se il mio plotone fosse tutto al po^o: poi scesi alla baracca della medicazione, dove 1 ottore Trerotoh, con un passamontagna in testa e le maniche della maglia tirate in su, medicava i feriti. La maggior parte di q esti stavano st«i sulla paglia, che era stata buttata sul tavolato della baracca; altri ne stavano fuori sulle barelle, con le quali h avevano portati gii. dal ripido costone e li sentivo gemere

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t™ r i l t°'r'"'° "" l'Jinemica In onesta^'

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(nato vicino a Piazza Cairnli k Bartolucci, roLa sola nota comica in 1 ^ ^ e ti conosce di vista). tend™ Alo...ndd„i ™ '* l'o" d.l n,io aloH da .d,., -

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Sollevando tìmidamente un iLZTTX V d^""' e compaia eoi Reeam u„"t2 ;rt:"T « cm .1 eaptm.., ^ » d«»o IL NEMICO

pigiati come sardine a seguire gli eventi a traverso gli ordini e le conversazioni che s* incrociavano su tutte le linee. Guardandolo mi dicevo: — « Che diavolo hai da fare con la guerra? »

Ieri ed oggi sono state giornate calme, salvo tiri di fucileria. Vi è un porco tiratore tirolese però, che ha preso di punta uno de' miei lavori. Si vede che egli, forse a una distanza di circa mille metri, ha puntato il fucile a cavalletto contro V ingresso della galleria in costruzione ed aspetta che qualcuno ne esca ; appena scorge sbucare uno dei nostri, preme il grilletto e le palle battono tutte su di un'area di tre o quattro metri quadrati e spessissimo colpiscono una data pietra d'un muretto, che ho fatto costruire per riparo. Le palle sono esplosive e qucuido colpiscono fanno uno schiocco come quello di una fortissima frustata.

Questa notte però i miei del genio costruirono un muro di sacchetti, che in buona parte gli toglierà di vista quel pezzo di sentiero" che egli infila; mi sono stancato di fare lo scoiattolo ogni volta che debbo entrare ed uscire dalla galleria. Quelle palle, che passano cosi rasenti a noi, non danno alcun piacere! Ho riattato già le trincee demolite dalle bombe del 9 ottobre e sto cercando di fortificarle poco a poco.

Della situazione politica europea, del porco bulgaro e dei fradici Balcani non ti voglio parlare. Il futuro per me è avvolto in un velo impenetrabile. Faremo il nostro dovere ed accadrà quello che accadrà!

^gai, f5 oUobre 1915,

Ho poco da raccontarti, non essendo accaduto nulla di im portante. A me ed ai miei uomini non hanno tirato oggi neppure una fucilata, tanto che abbiamo potuto trasportare una quantità di travi e sacchetti per 1 aréte di Agai senza disturbo alcuno. Sono finalmente riuscito ad ultimare una specie di portico blindato per una galleria che sto costruendo a ridosso della piccola trincea degli avamposti: sicché da ora in poi i miei uomini possono la-

vorare sotto un tetto, protetti dalle schegge e dalla neve e di notte possono servirsi di candele, mentre sino ad ora hanno la vorato nel buio più completo. Ti puoi immaginare con quanto profitto! Un tetto poi, sia pure un telo di tenda, che non ferme rebbe neppure una pallottola morta di shrapnell, in tempi di guerra, da per ragioni psicologiche, uno straordinario senso di protezione

malèdre°bombe."° ^

costo^° '°niando dal ostone Agai con lui, nel buio, mi cascò in un camminamento e si

bmctt :^ ™ -PP-nte,con il intorno al mio collo, e la tua lampadina si è consumata tutta.

Telegramma.

18 ottobre 1915.

Pregoti mandarmi al dììi duemila sigarette macedonia; Abbracci.'"'^"'^ ^ 21 ottobre 1915.

componendo un lun^TeltL"^of rnie notizie per vari giorni.

La bau I- j battaglia dura da sette ai ' ^chi momenti disponibili, ma Questa battaglia non è che una serie j- posta. Po^^wni difficilissime. Tutti ali • j ® contrattacchi mclumenti sono arrivati e li ho

distribuiti ai soldati sotto il fuoco. Sono stati una vera manna per essi che te ne sono tanto grati. Le sigarette, munizioni di gran valore, giunsero nel momento che tutto lo stock era esaurito qui e a Caprile.

Sto bene ma un po' stanco ; si dorme poco.

Eccoti il diario della battaglia d'ottobre.

Scrivo sulle mie ginocchia, seduto sulla branda, nel piccolo ma nitido ricovero di Cabibi, sottotenente d'artiglieria di montagna, sul costone di Agai.

Ieri Peppino mi annunziò l'azione generale che si ventilava già da vari giorni. E un'azione su tutto il nostro settore, anzi, mi si dice, su tutto il fronte italiano, nonché su quello delle nazioni alleate. Se così è, tu già saprai la notizia. E emozionante pen sare che si prende parte alla battaglia delle nazioni, alla più grande battaglia della storia umana.

Rimasi con Garibaldi sino a mezzanotte, sino a che, dati gli ordini di combattimento, l'ebbi anch'io 1

Questa mattina assai per tempo dovevano incominciare le ope razioni. Mi sono svegliato alle 5, ma tutto era silenzio. Disposto r occorrente per il combattimento, sono andato alla casermetta del mio plotone autonomo.

(Ottobre 19, ore 2 pom.). — Chiamai gli uomini all'adunata, ne feci l'appello e mi awicd per un ripido sentiero tra i boschi sino alla parte più centrale degli accampamenti del costone di Agai. Lì il giorno prima avevo fatto costruire, in tre ore, un robustissimo ricovero per Garibaldi nell'angolo più rientrante dello scavo, già iniziato da vari giorni per la costruzione di un grande ricovero. La.... (In questo momento Giuseppe Garibaldi, coricato sul suo letto da campo, detta gli ordini per l'attacco a fondo sul costone di Castello, che sta alla nostra destra: tra poco ricomincia la sparatoria).

LA BATTAGLIA D'OTTOBRE 45
Costone Ji Agai, 18 ottobre 1915.

46 ALLA CONQUISTA DEL COL DI LANA

gliata '' ""a 'ettera coordinata e detta- gi ata. Il comando nostro sta sul costone di Agai ed io per ora

du^" campo; a destra e a sinistra sono gli altri due costoni, sotto il comando di Garibaldi.

Intanto l'ala sinistra e quella destra dpl J' avanzarono ieri per le valli rprr A À- ■ Po ^ armata si cii per le valli, cercando di stnneere \e A' sto famigerato colle come in una tenaglia No Ì T T" dai tre costoni sulla vetta e scacci . giunto il momento opportuno.

Sasso""!!rtlarlo° ' !■'

giorno tuonò il cannone dalie ' J- giornali. Tutto il quelle che ci Co J pt!^ ™ ^ monte Porè hanno battuto le trincee Ti!7'' avanti; gh austriaci non hanno diretto un fuo''"' " noi: ogni tanto uno shrapnel o una marSa golare e scorretto. Ho visto scoDoiar pieno nelle trincee nemiche, ma queste i" (Ottobre 21). ~ Mi è ®®5ai formidabili. Ieri nel pomeriggio rimasi in osse7arilV""7' t""

seguii le operazioni con l'ottimo e lunghe ore e «etto più utile che io pos^ C— ''^olo, l'og- fortim austriaci dal lato di cfi II attaccavano uno dei «1 ™ .»i™ di ° 1 " -""..ieià ™ »id,,l.,H,i per il 'ti 1° ■; ™"° '"ì™'- ved™ 7°, r:'° p» filarsi le figure dei nostri, che stavano 7° 7^"'° P^°ei sassi e degli scogli più grossi Intano! ' ^ "P"° teva il « Fortino » ed ogni volta eh I ■ «'^tiglieria.bat■ sassi saltavano per aria con le esplori 7^'°' devano come grandine in testa ai '17!Id "canarsi e rannicchiarsi addosso alle ro " T ^hiatra ^«^ovo un austriaco sollevarsi son «nnonata e ai muri di sacchetti e

guardare in giro come se nulla fosse. Sul costone i nostri erano quasi prigionieri, perchè per allontanarsi dovevano mettersi allo scoperto. Con il binocolo ne scorsi uno che si staccò dagli altri e giii per il burrone e per certi spazi di prato scoperto scendeva di corsa, portatore di qualche messaggio. Lo seguii per tutta la sua strada, mentre correva di roccia in roccia, rannicchiandosi quando le palle gli fischiavano troppo da vicino. Ad un punto lo vidi cadere e ruzzolare per il burrone, poi rimase disteso, con le braccia e gambe aperte; lo credetti ucciso; ma no, aveva fatto solo un gran ruzzolone!

Intanto più sotto, nel bosco, un gruppo di soldati non si de cideva a salire. Garibaldi mandò un caporale con l'ordine di rag giungere i compagni sul costone, dovendo rinnovarsi l'attacco immediatamente. Tornò il messo, ma i soldati non si mossero e Garibaldi andò in furie. Mi offersi allora di portare io stesso 1* or dine e il colonnello, dopo un momento di esitazione, acconsentì. L'ordine era che salissero subito o altrimenti avrebbe fatto sparare loro addosso con il cannone. Scesi giù a rompicollo per la fiancata del costone di Agai e poi mi arrampicai per il ripido pendio dell' altro lato della valle ; quantunque spesso in piena vista delle posizioni nemiche, non mi pigliai neppure una fucilata. Mi rincresceva assai di dare il duro ordine; qualcuno di quei soldati forse ci sarà rimasto lassù questa notte ! Tomai ali angusta baracchetta del comando, ove giungevano e donde partivano gli ordini telefonici. Mi ero assopito verso le undici sul letto di Garibaldi, quando questi alla mezzanotte mi svegliò dicendo: — « l^a^e up the racket is going to begin! » Era 1 attacco generale del Col di Lana. Al segnale dato la nostra sezione della batteria di montagna (che sta a pochi passi dal posto dove ti scrivo), cominciò un rapidissimo tiro per 30 minuti: un colpo ogni pochi secondi e nel buio della notte si vedevano le grandi vampate di fuoco. Una nebbia abbastanza fitta ci toglieva la vista di tutte le operazioni, ma la luna quasi piena dava un chiarore vago, sufficiente per poter trovare facilmente la via.

LA BATTAGLIA D'OTTOBRE 47

Giù nella baracchetta del comando intanto il telefono riceveva

selrf f°"°g"mmi. per mezzo dei quali si l'odine Alle quattro del mattino ricevetti d t dalT r "r"" -io Li assicurai che tutti fossero provvisti dei n». i- i ■

avre£:„if:t:rjrr/r--

Era quasi falba quando'andari I opportuna. Verso le sette ero di n • Poco di riposo. ancora, ma in modo attenuali'" '.!^ battaglia durava genio tornassero giù e noe A ~ del plotone, portandomi rnoriziaTT 'T noth era stato gravemente ferito- senni i una palla ,n vicinanza del cuore' M • nei lavori. Era un giovane altn Malgrado le mie rimostranze' n" ®nzi un temerario. Lrsi al nemico. E così i„ pi'ed: '' ">« «^binare per cecolpito a morte. Ebbi cura io 'i "'f istruiva una trincea, fu adagiarlo nella cassa, con le b ' chiudergli gli occhi e di -"a fascia di lana, che aveva fi lì' regalato il giorno prima. I miei uom"' I"^ ^ J-ve fu sepolto. In riconoscenza deTl

Nella alcuni edelweiss e questi ^ mandare a indosso • ni=. k . ritrovai tra i

Nella R S°, ®Luni e te li j ^be aveva 1^ Bravo Marietti! '' Perchè tu li dia a troppo""lu;7 LaT"" ^'cende della gi t Kb -dare a W^n' -ntr mf^ ' !

HpI ^ ,. poco, SI udirrt« . preparavo ad aei costone dì <N^r • "a^ono varìp • Ji (..itó il"; ■«"«li ■'■V"" una ara A' 1 eannoni nemirJ violento ' N» tedi. 1.

al nostro comando annunziando il contrattacco, chiedendo rinforzi e raiuto deir artiglieria. Intanto, per ordine di Garibaldi, ero an dato di corsa alla voltata del costone ove stanno i due Ccuinoni di montagna. Arrivai tutto sfiatato e detti Y allarme ; svegliai il S. T. Cabibi (con cui vivo in questa cabina dalla quale ti scrivo) e, mentre si alzava, chiamai gli artiglieri ai loro pezzi ed in meno di tre minuti i due piccoli cannoni tiravano colpo su colpo a pochi secondi di distanza. Quella notte fu un vero pandemonio ; i nostri cannoni latravano senza intermissione, mentre per aria su noi pas savano le grosse spring-granate austriache da 105 e 152 m/m. che andavano a scoppiare in direzione della mia casa ad Agai per for tuna i tiri erano quasi tutti troppo lunghi. La fucileria era diventata un crepitìo continuo. I razzi illuminanti austriaci partivano a brevi intervalli dal costone dì Sallsei per illuminare ed individuare i nostri cannoni sul costone di Agai; che lampeggiavano senza tregua ; la luce della luna quasi piena trapassava lo strato sottile delle nuvole; dal monte Porè e da due altri monti distantissimi si proiettavano i fasci rettilinei dei riflettori la loro luce era diretta contro le nu vole, sopra la nostra testa.

Le pallottole di fucile sbattevano contro le pietre con il loro schioppettìo caratteristico, oppure passavano miagolando per aria. Le granate, scoppiando sul pendio del monte, mandavano lampi di luce rossastra, a cui si aggiungevano quelli dei nostri cannoni di oltre valle che tutti alP allarme si erano svegliati. Spettacolo stra ordinario ed indimenticabile questo di una battaglia di notte, in cima ad una vetta delle Alpi ! In un ora era stato respìnto Yat tacco nemico e tutto in breve ricadde in grande silenzio. Sem brava che il mondo si fosse fermato a prender fiato dopo uno sforzo immane.

(Ottobre 22). — Non ti dirò delle penose ore che passai ieri os servando con il binocolo Tassalto dato al « Fortino austriaco » sulla cortina del costone di Castello. Gli uomini nostri, di notte, si erano avanzati con grande bravura sino a 30 metri dai reticolati, tenendosi

mtST '•llendev.no il mommio fu » ,■ ™d .d ..gi„,,„e bil . „r"7 ■« 'ke «i d"e„e,„ l .™r ""•""i «PI-» « wS. • <>««' -r^fadd . dull.

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Inseguiti dal fuoco „

ove venivano a trovarsi n " ^ P^ncipitavano in un couloir, li un grandenumero di uoiTirà Ma" al loro posto e finalmente il 27 "masero eroicamente bombardamento con i nostri 210 "" '®"'l^'lo e magnifico alcuni prigionieri, di cui sei itali ' j" '' " '^°f^'no » con Gioite informazioni preziose ^ * ®®ngue, che ci hanno dato a scSLr~' Precipitosamente e non riesco più (Ottobre 21). Ì2T0

ceramenti del costone di Salisei N Passalto ai trin- seguito tutte le operazioni da vkin^ di Agai abbiamo' "°= ' purtroppo non è (Ottobre 22). — G' mattinosirinnoval'attacco1?!^! Alle 3.30 del .di Agui 4 S-I-. I n„.,H d.l « ».d ,d ^ ' ""7 -e-u d. dia,„ in bl r ■ dell, liiV 7 " "'-a»» i"»go ""«l» • '«gì». I I.S """'a-P.c»™d.d«bufa ^ ' morti cadono e ruzzo-

lano giù per il pendio. Si avvicinano sin dentro ai reticolati nemici. Gli austriaci senza pietà inseguono a fucilate i nostri feriti, che cercano di strascinarsi e di rotolare giù nel Vallone della Morte. Purtroppo nel pomeriggio T artiglieria nemica inizia un fuoco d'inferno. Le granate scoppiano sulle trincee di Salisei sconquas sando tutto. Una cade sul ciglio del precipizio, che sta dietro alle nostre trincee, producendo molti danni : le pietre staccate dalla esplosione ruzzolano giù dal precipizio stesso, causando una specie di panico nelle truppe che stanno lì al riparo. Il tenente Gior dana, della sezione da montagna del costone di Salisei, all'attacco della fanteria si slancia anch' egli assieme ad alcuni suoi artiglieri. Il fuoco di cannone è troppo micidiale e ad un certo momento i nostri debbono ritornare di corsa i cannoni di Agai ne proteggono la ritirata con un rapidissimo fuoco. Vedo un austriaco volare per aria, con le gambe e le braccia aperte, sollevato dall'esplosione di una nostra granata.

Intanto i nostri anche sul costone di Agai si erano spinti fin sotto al cucuzzolo roccioso a lama di coltello, detto il Cappello di Napoleone. La sera dovetti andare su con sei de' miei uomini per fortificare le trincee rudimentali, fatte dai nostri soldati durante la giornata. Arrivati alla nostra ultima trincea antica, uscimmo car poni dalla sinistra, completamente allo scoperto, ed a passo di corsa ci slanciammo sino alla cosidettta « trincea Garosi ». Era luna piena, ci si vedeva come se fosse giorno, sicché prima di prendere la corsa è convenuto aspettare che una nuvola, passando davanti alla luna, ne abbassasse un poco la luce. Giunti a desti nazione, eravamo relativamente al coperto, a circa 40 metri dalla trincea nemica. Ci mettemmo al lavoro riempendo sacchetti e sca vando un camminamento. Quando la luna usciva da fra le nuvole, ci abbassavamo e rimanevamo immobili, stesi per terra, per non tradirci. Ogni tanto il nemico lanciava razzi luminosi, che rischia ravano tutta 1 aréte come se fosse pieno giorno e durante quei lunghi secondi rimanevamo immobili come sassi. Il nemico ci dette

ITsia mi venne una can^ anche dal Panettone che ci sta di sotto.

dovetti prestarr^ '■'amavano tanto che cHe sono stati unT^o^Za" Ve^"'

tntrarz::',::^

il lavoro; ad ogni mo ' ^ di continuare vamo pih muovle; dTcli"a,;:rr ^

a d, corsa tornammo indietro sani non inciampare sui cadaveri rh ^^isognava badare a AJ..300 Ld™ìr'r°

mandai via gli uomini r j- trincea di resistenza », alle 4.30 del mattino. un'altra squadra tornasse chetta del comando a chiacch" 'Javanti alla baracotto volontari, che alle 4 dnv ^ capitano Garosi e con questi non sono pih torra7rP Tcoricai per due ore sul tavolato ed Tf'

lavoro alla « trincea Garosi ' ""evo al djla luna 8^^vicino all'orizzonte.TeTsoÌi

on, cominciò a tirarci add nemico, accortosi 0 e dovemmo squagliarcela ° '^cne aggiustato (Ottobre 23). ^ v ]• •

rrz 'netZ T

Q '1 , cominciarono le r mochetta per dormire G-baldi mi dettb un lunghis'moT"''^ al comando.

■■eli-angusto lTT*"' affidandomene la nZl ' \ ■In 105 e S "" mava e daglZerJzi7 "'"za esasperante l'intermZrr t dettare

Ologramma ; seduto dietro

al telefonista, dovevo ad ogni ripresa soffiare sulla carta per toglierne il polviscolo che, cadendo di sopra, ne velava la scrittura. Ecco un altro tremendo schicuito ; si sentono volare i sassi e le schegge sul tetto e le grida degli uomini un ferito chiedeva aiuto : intesi alcuno soccorrerlo e condurlo alla medicazione, mentre che il di sgraziato si lamentava invocando la madre e la Madonna. Ma l'interminabile fonogramma non voleva finire. Intanto il tiro nemico si diresse più a destra; tomai al comando a fare lo scoiattolo per la porta, ogni volta che si sentiva avvicinare il sinistro sibilo. Due dei miei uomini erano stati feriti abbastanza gravemente.

Quella sera tornai a lavorare nelle trincee nuove, sotto il naso del nemico. L'infame luna risplendeva in pieno nel cielo, ma pure restammo tutti illesi. L'uscita della nostra trincea antica era intanto diventata una vera « porta della morte ». Il nemico a 70 metri da lì ha messo un tiratore scelto, con un fucile fissato su caval letto e puntato contro l'uscita; ogni volta che vede passare alcuno, preme il grilletto e molti sono già caduti morti o feriti su quella soglia. Per eliminare tale pericolo mi misi, panza per terra, con i miei uomini a strascinare sacchetti e, cautamente sovrapponendoli uno all'altro, costruimmo un muretto di protezione; il nemico ci vedeva lavorare e ci sparava addosso, ma non riusciva a colpirci, stesi come eravamo a terra. In poco tempo potei alzare tanto il muretto da rimanere seduto protetto dal tiro ; cominciammo allora a scavare terra riempiendone sacchetti. Dovetti interrompere lo scavo in quel punto, perchè disseppellimmo un cadavere il cui fetore era insopportabile. Era un soldato bavarese. Nelle giberne aveva un numero grandissimo di caricatori ; ne conservo uno per ricordo di quella notte di lavoro macabro, tra i morti da tempo e quelli della giornata, al freddo chiaro di luna, sotto il fuoco nemico. Mentre il caporale Venturi cercava di disseppellire il cadavere» 10 strisciai avanti per studiare il terreno. Non potendo impedire 11 nostro lavoro con fucilate, il nemico cominciò a lanciarci bombe che, volando silenziose per aria, esplodevano poi con una grande

vampata e un gran fragore rovesciandoci addosso una grandinala di sassolini. Nessuna però cadde troppo vicino a noi.

Alla piazzuola della galleria trovai un disgraziato, a cui una di queste bombe aveva sfragellato completamente le gambe: il misero si contorceva nel suo orribile dolore, invocando la sua Cate rina e cantando una straziante cantilena per attenuare il suo strazio.

Gli feci bere quasi l'intera bottiglietta del tuo cognac e ciò lo calmò un poco. Credo però che sia morto.

(Ottobre 24). — Torno alle 2.30 e dormo due ore nella baracca. Alle 4.30 mi alzo perchè deve ricominciare l'azione.

Ali aurora s'irazia un violentissimo bombardamento dai nostri contro il fortmo austriaco del Cappello di Napoleone, ai piedi del quale lavorai le notti precedenti. Gli austriaci sono annidati lì, dentro ad alcune rocce, ed ogni volta che si va all'assalto rovesciano tale una grandmata di bombe e granate a mano, che i nostri devono ributtara indietro in confusione. Ora la lotta di tutto il nostro settore

SI e concentrata nella presa di questo fortino, che si dice sia la chiave di tutta la situazione critica nella quale ci troviamo.

La sera mandai di nuovo su nove dei miei uomini ed alle 10 andai su anch'io per incoraggiarli. Il nemico quella notte, dopo il bombardamento della mattina ed il fallito assalto, era nervoso, vigile ed aggressivo. 1 miei uomini, appena messisi al lavoro, erano stati cacciati via a fucilate e a colpi di bomba; l'incontrai per istrada che tornavano e ve li ricondussi, poco fiducioso della ve racità de, loro terribili racconti. Si riprese il lavoro, ma appena nemico ud, .1 rumore dei ferri, si adoperò a scacciarci. Il primo awertimento che ebbi fu il tonfo di qualche cosa che mi c'addi vicino e che fece saltare un sasso alla mia sinistra; passarono due secondi forse e poi una grande vampata a circa tre metri da me ed uno schianto tremendo. Per fortuna tra la bomba e me VI era un piccolo rialzo, sicché le schegge mi passarono sopra la testa. Dopo CIÒ cominciarono le fucilate a tutto spiano e la mitraghatnce ci buttò addosso una raffica di palle che sbattevano sui

sassi e sui sacchetti; poi una seconda bomba, ma un poco lontana.

più

In queste condizioni era impossibile far lavorare gii uomini e perciò ordinai che si allontanassero, non senza un po' di vergogna per questa mia ritirata. Mentre scendevamo, caddero altre bombe che ferirono vari soldati, tanto che giunto qui al comando (da cui ti scrivo) si dovette reagire sparando cannonate sul fortino. Questa sera debbo tornare la su ; Dio me la mandi buona! -..J ^ (Ottobre 25). — Nulla di molto importante. I pezzi grossi dichiarano che bisogna prendere ad ogni costo il Cappello di Na poleone, da cui gli austriaci ci tengono a bada da tanto tempo; è la chiave della situazione perchè domina tutto. Si determina il piano e si chiede un intervento intenso dell' artiglieria.

(Ottobre 26). — Giornata campale e mio battesimo di fuoco. Dopo intenso bombardamento i nostri si avanzano alla baionetta, risoluti girano la posizione e salgono sulla vetta del Cappello di Napoleone. Mi tengo pronto con i miei uomini ed alle 1 1.30 ant. ricevo ordine di salire immediatamente con tutto il plotone per rinforzare la posizione conquistata. Ingoio un boccone e parto subito. Su per il ripido sentiero, che segue il dorso del costone e poi dell'aréte, trovo i camminamenti ingombri di soldati che salgono. Seguito dal plotone, mi faccio strada: altri sorpasso ed altri spingo ed urgo davanti a me con parole energiche e con la canna del fucile. La posizione non è completamente conquistata e si combatte ancora ; il nemico ci rovescia addosso un uragano di shrapnel, granate, bombe e pallottole. Finalmente giungo ali ultima trincea nostra, esco seguito dai miei 42 uomini e ci slanciamo air aperto nella zona battuta. Non avevamo fatto 30 metri che ci arriva uno shrapnel a bruciapelo ed in pieno; buttò per terra tutto il plotone, avvolgendoci in una nube di polvere. Le palle ci ebatterono tutte intorno coprendoci di detriti; poi intesi le grida dei miei soldati feriti e ne vidi due correre in giù barcollando e gri dando; uno giacque a terra. Gridai:— « Avanti, avanti, genio! »

LA CONQUISTA DEL CAPPELLO DI NAPOLEONE 55

e conhnuai a salire su di corsa; ma il fuoco d'inferno aveva sban dato I soldati e, avendo commesso il solito errore d'andare alla testa invece che alla coda del plotone, mi trovai quasi solo sulla vetta, dove mi fermai dritto in piedi e mi voltai agitando il fucile e chiamando.Genio! Genio! >, Erano vicini a me Colapietro, Golamonen e pochi altri de' miei soldati; decisi di aspettare un poco e m. appostai dietro un piccolo riparo, perchè il fuoco contmuava più che mai intenso. A pochi passi da me, seduto tra due scudi d acciaio, stava il bravo capitano Garosi che dirigeva l'azione e incoraggiava gli uomini. Vicino a lui era Amici. A 40 metn daaustri^ "ri r'""j— ^ ^ g'i tnaci dal pendio sinistro buttavano granate a mano sopra la cresta - di loro. Eravamo L i'""» «.lo»; c.™.0.jjTo;.°di ?c.7d™''°girf

?j,:Zdtro" "■» M.rr.: z amid.» fc iZhl' Ue"da'°'l!'''^ ''''''

senza pietà li feci uscire ri I ^ ^ ° "P®" naturali; dedi se non —do di uccidonde feci mandare su i rincalzi e ®"dca trincea, lo sforzo di nriir,, "=al" 1' «réte rifacendo Ritornato così sulla'^LeT^'" ^^'"^^"domi davanti i soldati. Whe di granate e nei ® con le vanghette, con austriaci uno sciame di soldati la terra, cometalpetroLesràiJILoerr scavavanoora con questi in breve ^ ^empivano i sacchetti : fuoco d'inferno che continuavr^"^"^^** contro il rannicchiavo anch'io e com^ ^ j addosso. Ogni tanto mi chetti che mi apprestavano i soldirdì "P"'

Ma la maggior parte del ipm j ^ quelli di fanteria. ora qua ora là per dare ordini Cr^ri^'Ì ® correre

C-redo di aver usato un linguaggio

CONQUISTA

molto profano. Vicino alla parte più alta del Cappello di Napoleone vidi seduto, quasi sull'orlo del precipizio, un soldato che mi guar dava istupidito e rideva ; gli gridai che non facesse lo stupido e che si mettesse al lavoro con gli altri ; allora la faccia sua si trasformò in uno spasimo di agonia, emise un rantolo e cadde morto. Poco dopo, mentre stavo diritto in piedi dando delle disposizioni, mi scop piò una granata a circa cinque metri di distanza, ma la tensione ner vosa era tale che non pensai neppure a chinare la testa ed alle mie spalle intesi la voce di Garosi che gridava: — « Bravo Caetani ! » Uno dei prigionieri austriaci, un baffuto biondo, era lì tutto impau rito, forse meno dal fuoco che dall' essere nelle mani del nemico gli dissi in tedesco che scendesse senza timore. Lo scortavano vari soldati nostri, per i quali sembra essere uno dei più grandi piaceri quello di accompagnare i prigionieri, tenendoli per il bavero del loro pastrano, come se vi tosse pericolo che volassero via. Vari prigio nieri parlavano continuamente in italiano, ridendo e salutando in modo nervoso ed eccitato quanti incontravano.

Per una seconda volta scesi alla nostra antica trincea per par lare al maggiore Pandolfini, comandante del battaglione e, mentre ero lì, si scatenò ad un tratto una mitragliatrice nemica ; ebbi paura allora per la nostra posizione e mi buttai al telefono implo rando da Garibaldi che facesse scaricare una raffica di artiglieria sulla vetta del Col di Lana donde veniva il fuoco. Tre volte telefonai e poco dopo cominciò un fuoco rapidissimo dei nostri cannoni che, pare, fecero saltare per aria quella seminatrice della morte. Già pero erano stati colpiti molti soldati ; mentre salivo vidi il tenente Capironi che scendeva barcollando, con la mano al fianco, grave mente ferito ; non so se sia morto.

Fui commosso di vedermi arrivare inaspettatamente il fido Alessandrini con il cestino della mensa, come se non fossimo in combattimento, ma al solito lavoro.

Così durò la lotta sino a notte, ma ci eravamo rafforzati man mano e potevamo ora tenere la posizione. Le perdite sono state

USL
DEL CAPPELLO DI NAPOLEONE 57

58 alla conquista del col di lana

Del mio plotone ho avuto tre uomini uccisi e cinque feriti.

tomai in^t ® P""'- toma, indietro, ma quella notte non potei dormire. 30 oHobre i9/5.

Mi hanno Dron^f'^"^ ® comincio ad essere stanco. J1"rCì P" '■"•ned'I 20. -re d'gli diri dirèi ^1™°' "■'' P'""">"° P" " ■''"•"«.e. . p«i.i sinistra- ma dooo' "" . ma. dopo essere stato medicato orit ■ j son potuto tornare al lavoro interrotto " h mio compagno, il S T C * ipresso Pieve, ma non crerit • ® ferito al ginocchio delia nostra compagnia. Lo°ilir ""T attacchi del Panettone e ^ hanno preso parte agli se la son cavata bene.

Jlgal, 3! ottobre 1915.

(Sm 2" 'L^'otcttabt"'®'"-

Napoleone e che vi ci si ^ Cappello di le trincee e gli accamoamp"™^ o'^zati, dominiamo completamente ai pieli ,el rd^r checi stanno topografica. Durante^labIttS7r°' guardare unapianta capitano Garosi, a sparare col m U "" divertito, assieme al teste dei piccoli fanti austriaci ed 5""®

r\ } r ^ ®^amo venuti a * ^°"ere come scoiattoli. ol di Lana, ed il fante au r P'^P"® sotto la vetta suo» pie 1 e CI spara addosso tutt ^ a uomo. Direi quasi buffa la situlziad""^"^

LA CONQUISTA DEL PANETTONE 59

In preparazione all' attacco del Panettone ho avuto 1* ordine di costruire un appostamento sull'orlo del precipizio in modo che batta tutta la posizione nemica. Ho cominciato il lavoro di notte, ma lo finisco in pieno giorno, mentre dalla cima del Col di Lana un tiratore scelto cerca di colpirci ogni volta che ci facciamo vedere. I miei uomini stanno tutti stesi a panza per terra; in una buca alcuni riempiono i sacchetti e poi fanno il passamano, non esponendosi più di due o tre secondi alla volta: giunto il sacchetto a me. Io sollevo sopra alla testa e lo butto al posto suo. Così, a dispetto dei tiratori, vado man mano alzando il riparo che ha la forma di una torre e mettendomi sempre più al sicuro. Dal lato del precipizio è il medesimo giuoco, solo che il fuoco dei tiratori è più rabbioso e più preciso perchè sono più vicini. Le pallottole sbattono a reiffiche sul ciglio dell'appostamento facendo volare sassolini e terra. Tutta rabbia impotente! 11 lavoro è finito e ce la svignarne di corsa allo scoperto senza che ci spanno un colpo, i tiratori essendo solo intenti ad impedire i lavori di rafforzamento. Così si fa questa guerra è un paziente lavoro di mettere pietra su pietra, sacchetto su sacchetto, senza farsi am mazzare ; poi vengono le cannonate che generalmente sfasciano tutto. La notte seguente stetti in trincea dalle 9 alle 3 ant. Costruii posti di vedetta avanzata. Quando arrivai sul Cappello, mi spinsi sino all' estrema posizione senza trovare vedetta alcuna : la trincea frontale era completamente abbandonata. Andai al comando di compagnia, che sta in un vecchio ricovero austriaco, e vidi un tenente che dormiva. Lo svegliai e nacque un violento diverbio tra lui (un napoletano) e me. Qucintunque fosse mio superiore, minacciai di fatlo mettere sotto processo. Ordinai poi ai soldati di recarsi in trincea ed essi ubbidirono senza far parola. La luna splendeva in pieno e la notte era gelida camminavamo diritti sui parapetti della trincea parlando ad alta voce, tranquilli come se fossimo sulla marina di Fogliano e neppure un colpo di fucile ci disturbò. Così sono le bizzarrie della guerra Da uno dei

posti di vedetta che costruivo, vidi a 100 metri da me un'ombra m piedi che movendosi lentamente ci guardava. Era una vedetta ausnaca; gii sparai cinque colpi di fucile ed al secondo colpo ombra span, ma nessuno rispose. Attraversando un cammina mento austnaco, uscii dalle nostre posizioni per metter mano

ZZ u una svoltata i cadaveri "emico e vi entrai. Sul suolo erano stesi supini ™ ■'i "" t„.c d,.n,m. ck.

«I* li "paleranno mno' '* vera nè nnfran ■' conosceranno la loro sorte morti sul campoVrtt!girO gli scogli, nelle buche delle 1" P"'*" flagello umano: la guerra! Co J gono nell'atteggiamento che ^"'minati, riman- gelo li ha irS E et '' guerra il nemico non conced^ saranno sepolti? In questa che si seppelliscano i morti ^ si soccorrano i feriti, barelle in ispalla. Ogni ah j* portaferiti anche se con le di coraggio. * ^^manità bisogna compierlo con un atto (Ottobre 28) Int k progrediscono*un poco . T P— ^ è fallito. ^ perdite sono gravi. L'attacco (Ottobre 29). — Si contro il Panettone. 11 tenent A ''umbardamento d'inferno N-PoUo.. di,,. ì, del appello di « «suono nno j. |. j ' P'»»«ili doi noslri 210 ■""» Ji «. ™„d.. P« 1». oo, il ,.«o« "I» •■«™«il p.„ie,,t »•"' ■'■•"Wo. O» il bino«.o L obbiaii,., . I. .oi.,,'1?°*^» ..d.. come un d|„,„ ne.o » ™»...IlU. y'^«Pl»» ..me di un .nic.n. lonum» .mmenm n„.„|e .b, " 'ì P»!'™ ««icci. dell. le.r.

• PS. di 50 rnadi i

D'altra parte siamo venuti a collocarci proprio sotto la vetta ed il fante austriaco ci spara addosso tutto il tempo (pag. 58).

sassi volano come se si trattasse di una girandola infernale. Vedi volare sacchetti, legnami, reticolati e, ogni tanto, anche un corpo umano. Ai 210 si aggiungono le batterie di campagna, e quelle di montagna vicine a noi sputano il loro proiettile con gran preci sione sui punti più vitali, quasi fossero grossi fucili, perche non sono che a poche centinaia di metri dal bersaglio. Tutto il Pa nettone è in fiamme e fumo ; è un vero inferno. Eppure in mezzo a queir inferno vedo ancora un uomo muoversi, correre, tirare colpi di fucile e lanciare bombe a mano. 1 nostri avanzano dapprima piano, poi con slancio. E artiglieria ha cessato il fuoco, è il momento dell'attacco. Seguo ogni mossa. Con il binocolo vedo cadere gli uomini e scoppiare le mine, mentre odo le grida degli uomini, a 500 metri da me, a traverso il Vallone della Morte. Rimango senza fiato, con il cuore che palpita. Le figure dei nostri si profilano sulla linea del cielo. Vedo luccicare le baio nette; gli uomini son già nei reticolati, esitano, si mettono in gi nocchio e sparano. Cos^i dura la lotta per un poco. Poi vedo alcuni slanciarsi lungo le trincee nemiche. Ad un tratto rallenta il fuoco, si sente un gran clamore, si odono le parole « Si ar rendono! » Cessa il fuoco di artiglieria e di fucilena ed ecco addensarsi una folla di figure sul Panettone ed in mezzo al gn^overde dei nostri distinguo i mantelloni azzurri degli austnaci; prima alcuni, poi altri, poi una torma. Al grande fragore della battala succede un grande coro d. voci e di g"da. Alcun, pngj n esterrefatti si buttano giù di corsa per il Vallone della Morte, disarmati, con le braccia alzate. I nostri di Aga. scendono per tagliare la via ai fuggitivi, i quali non domandano di meglio che arrendersi. Intanto dal cucuzzolo del Panettone scende la massa prigionieri; sono più di 200, circondati da uno sciame di solda nostri. Credo che in quel momento non vi fosse più un amma viv che guardasse le posizioni conquistate. Ci portano due pngiomen presi nel Vallone: uno è ferito alla gola e lo mando alla me .ca gione; I-altro è un caporale di Bozen. È pallido, trema, teme g

62 alla COr^QUlSTA DEL COL DI LANA

niale, e un pezzo d uomo, molto ben vestito, un Kmserjager con il suo festone verde-chiaro. Gli parlo in tedesco e egli SI rassicura subito; poi l'interrogo per Garibaldi. Intanto tutte le pendici del Col di Lana risuonavano con il gndo « Abbiamo vinto! » E la terza vittoria di Garibaldi. Abb,«. «. le (.Ide Jel L... , , Je d, tó., J«. -In co.i.„, che le Une d. crieoS.., Ma attenti ora alla vendetta austriaca P=,c » j- i ■ minaccin^r. 1 e austriaca! rassa un ora di silenzio

schermire le nostre. Tutto il ca f nemica notcv ampo era terra d Italia V artiglieria nemica poteva impunemente scatenarsi F HU tenò Fu un uragano. Ad oooi proiettili, a volte due insie f venivano le salve di quattrlV' r^-"" ® '' fortuna nostra che nella loro bb"' successione. Fu la nove proiettili su dieci passaci ' "T" "^°PP° '""8° testa per andare gii nella v n ^ povera casetta nostra P ^ "coltissimi in vicinanza della e V.lp.,e|.. ,7*; •"»»!■ il h.o: e Che®. . Pr.Ugi., 0"'b i-ieie™ «.rir;':r: i"7 - ■" <«

vinto e siamo rimasti culi indomani. Ma avevamo « è.»», deeVJ d.77""''T: ■'™"" -• lucidi; li Ilo carezzati e fotogr f mastodonti di acciaio

Ti raccontavo che non ^ erano impossessati del Panettone ®'e e giunta la vendetta prim' ''ira austriaca, -e ci „fe, nn pÌC;::;^ ' non sifossero

•^ciairslK:::^^- ^-eeduealtri

o, attraversando tr2mquil-

LA CONQUISTA

DEL PANETTONE 63

lamento il Vallone della Morte, che sino allora nessuno aveva po tuto passare, ci recammo al Panettone, Lì nel Vallone passammo accanto ai cadaveri dei nostri fantaccini; giacevano tutti con la testa rivolta in su verso il nemico. Alcuni di essi erano rimasti lì da luglio, altri da poche ore, e giacevano fra quelle pietre, nei loro atteggiamenti di uomini che combattono. Era la vera, orribile im magine del campo di battaglia !

Passammo in mezzo ai reticolati e cavalli di Frisia, rotti e sconvolti dal tiro dell* artiglieria e salimmo nelle trincee nemiche. Era già il crepuscolo ed una fìtta nebbia avvolgeva tutto.

Qui e lì, nelle trincee nemiche, trovammo i corpi esémimi degli '^ultimi difensori il terreno era tutto sconvolto ; buche enormi dentro le quali era pericoloso cadere; sassi, terra e zolle buttate alla rinfusa in ogni dove e sopra ogni cosa. Le trincee nemiche erano ben studiate, ma costruite in modo quasi rudimentale; un fosso profondo fino a spalla di uomo ; dal lato nostro un muro di sac chetti verdi o di sassi, alto mezzo metro, con poche feritoie e vari buchi per spiare il nemico. Ogni tanto, alla svoltata delle trincee, un seggiolino blindato per i tiratori di bombe. Lungo il parapetto, ad ogni pochi passi, vi era una tavola sulla quale erano posate m profusione incredibile le granate a méino. Consistono in una scatola metallica, piena di esplosivo e munita di un manico di legno, da cui esce un cordino che il soldato tira prima di lanciarle. Immediatamente lancia la granata la quale, uno o due secondi dopo essere caduta, esplode con una grande detonazione facendo una nuvoletta bianca. Ecco la principale difesa del nemico. Vi sono poi altre granate a forma di limone e a forma lenticolare. La notte, essendo diventata più profonda, tornammo al costone di Agai. Non ti dico che inferno di cannonate ci venne addosso, a raffiche di un ora alla volta, da ogni direzione e per ogni verso, nia il tiro era impazzito e futile ; non so neppure se vi furono dei feriti. Dopo tante giornate di lavoro e nottate di veglia, avevo *anto sonno che dormii del sonno dei giusti, quella notte ! Mentre

64 ALLA CONQUISTA DEL COL DI LANA

nel sacco-pelo mi addormentavo, ero solo cosciente che si stava meglio m letto che di fuori, e contavo sulla fortuna perchè una granata non venisse a colpire in pieno il nostro piccolo ricovero. Otto re costruii due appostamenti per mitragliatrici, uno a destra ed uno a sinistra del Cappello di Napoleone. L'ira au-

ITp fioccavano da Valparola ^ Fattone; nel loro volo sfioravano di traverso la cresta del la liane ; '-estiva in pieno Iato der a scavare dal he sentirr°-"° ogni volta dossatì alì gi--hio. ad- trrsL;:i proiettile, che ci rasen-

Molti eran; sopra la nostra tpcr=i j saranno passati una ventina *wio,.d rt.::::r„? 7secondo e poi vidi o * n . rascorse un lungo sulla scapola sinistra, pCT^c^'oKk pietra colpirmi sul polmone era stato pa w * gemito di dolore. Il colpo "ta mi fosse LTlZ'T

giù per il precipizio. Assai se ^ "l" ^ ruzzolassi ad un soldato Mi feci allontanai, appoggiandomi 1»»^ <I»P. d„e",.r ■r.e...orj .„d.f .

O ricondurre una snuadra abbastanza per potermi alzare ^l^eera urgente; letanat ^ "1'™- il lavoro

Ora non mi rimane che u„-i'dT° " "-ano a sfiorare la cresta. Mndo e resta solo una patacc escoriazione si sta cicatriz-

Di tale incidente tiavevo fattoL meno d'uno scudo. * fu giorno di riposo- T° lì rlel 30 ottobre, ^'ate quasi nulle- ne approfittò a =°"° Garibaldi mi fa ^ P™ P-""

7 "I ™ u" ^ «»'■ a.' ogni ^o„o

G persino disegnare

LA CONQUISTA DEL PANETTONE 65

quel labirinto di trincee e camminamenti e girare per questo campo di battaglia tutto sconvolto dai bombardamenti, disseminato di ca daveri e coperto di fucili, zaini, cappotti e cose di ogni genere. Immagine indimenticabile degli orrori della guerra! Quello che è più impressionante è il villaggio austriaco di ricoveri blindati. Strane costruzioni, per metà interrate, protette da volte di lamiere di acciaio corrugato e blindate con terra al di sopra e con muri di sacchetti bruni e verdi sulle facciate. E un vero villaggio, nascosto in una conca del terreno. E una baraonda, è uno sfacelo. Al disordine del bombardamento devi aggiungere lo sconvolgimento di cento mani che hanno frugato tutto, in cerca di bottino o per curiosità. In quelle basse casematte, sul suolo, sui tavolini, sulle cuccie per dormire si stende come un tappeto di stracci, di paglia, di armi, di casse, di zaini, di gamelle, di bottiglie, di racchette e di utensili di ogni specie; tutto è sporco, infangato, insanguinato, con croste di neve e con fango irrigidito e cementato dal gelo. In mezzo a tutta quella baraonda, cadaveri in ogni dove, in ogni immaginabile atteggiamento; gente schiacciata, ful minata ove si era rifugiata ; soldati caduti mentre correvano. Nel posto di medicazione, una granata da 210 ha causato un vero macello. Dietro una baracca giaceva sulla schiena il maggiore Ebner, sereno nel suo atteggiamento di morte; faccia da bulldog, con i baffi irti come un porco spino. Non si era voluto arrendere e si era fatto uccidere da eroe. Gli è stato trovato addosso un diario molto interessante. Lo abbiamo trasportato oggi al cimitero del costone di Salisei e ve l'abbiamo sepolto. Ganbaldi manderà le medaglie e le carte sue alla famiglia.

Le nostre perdite sono gravi. Ho perduto un quarto del mio plotone in dieci giorni. Abbiamo ritrovato i resti del povero tenente Cappello, un ufficiale della mia compagnia (Fottava), il quale morì da eroe sul Panettone Testate scorsa. Penetrato nella trincea nemica durante uno dei nostri attacchi, non aveva voluto più ritirarsi e fu ucciso da una bomba a mano.

LA PRIMA CONQUISTA DI CIMA LANA 67

ALLA CONQUISTA DEL COL DI'LANA

Così ti ho narrato la storia di un grande, nuovo episodio delia mia vita.

Caro padre, i miei soldati tutti ti sono tanto ma tanto grati per .1 bene che hai fatto loro e ti ringrazio di cuore per gli in- ^ment. di lana che ha. mandato ad essi, lo ho tutto quello di cui posso aver bisogno. Però ti sarò riconoscente se mi potrai mandare cose da mangiare cioè: miele, caramelle « Moriondo e Gariglio » marmellata, coccolata, alici, biscotti, cognac, sciroppo. NonTpuoi

Palla, 5 moembre 1915

h. i ; "1,Ti

™ii. i. jr D. ì '■ » i

PO.™,. Sono . P.II. „„ ' "«M noo.e con un certo Marinelli un oarik u- ì stanza pino nello ..o ». ^ P-P"« e bnon din.ol., .1,0..^ p.||,n.,.

Ti mando un ricordo della"prestTeTP "t" "oce di ottone che ho trovai T . una piccola a queU-orribile campo di distruzile"^ d" orsettiaustriaci,cheLgiorno guerra, tra cui due cartucce a nJl ^^^™°"uta cometrofei 6 IMO .p=.o neg.,., ntL S *•?'""* " »!«»» ri

Wl. Polirio. on,opo. rtlt^p"° 6~6o 0 '«^o. No". 0.1. !««,. loggL J:\ r - p"'.- uomo tra tanti. Dio solo sa dove To ? tutto ciò!... ' u quando verrà la fine

Palla, 5 nooembre 1915.

Come al solito, sto bene e mi sento molto riposato per aver potuto dormire qualche notte.

Oggi per la terza volta un areoplano austriaco è venuto a visi tarci, mentre bombardavamo il cucuzzolo del Col di Lana con i 210 ed io stavo costruendo una strada nel Vallone della Morte. E comin ciato subito un forte bombardamento di tutte le nostre posizioni. Ho messo gli uomini al coperto e mi son rifugiato nel ricovero blindato dell'ufficiale d'artiglieria sul costone di Salisei. Poi è venuta la più forte scarica di artiglieria che io abbia mai inteso ; è durata un'ora : molti proiettili da 305, di cui una buona metà non ha scoppiato.

Palla, 7 novembre 1915.

Abbiamo vinto di nuovo, la vetta del Col di Lana è caduta! Questa mattina, per tempo, avevo rimesso al lavoro i miei 55 uo mini del costone di Agai per ultimare la strada che doveva con durre le truppe all' assalto. Era da tre giorni che bombardavamo le trincee e l'accampamento nemico, di cui si vedeva solo 1* orlo sulla cresta della cima. Ogni giorno la nebbia e le nuvole ci ave vano velato la vetta, sempre al momento che eravamo pronti a dar r assalto. Oggi finalmente è stata una giornata limpida e serena, con il sole quasi primaverile. Tuttavia, in previsione di un possibile pernottamento lì su, portavo meco sulla spalla la giubba pelosa che mi hai regalato.

Alle 8.30 è cominciato un bombardamento con i fiocchi; verso le 1 1 1 attacco. Ero al posto del comando sul costone di Agai, ove ho scavato una caverna nel vivo sasso, profonda circa cinque metri. ^PPogg^2ito alle radici di un grosso abete, son rimasto lì a fare r osservatore per Garibaldi. L'attacco è cominciato col cessare de! tiro dei 210, mentre i cannoni di piccolo calibro proteggevemo r avanzata. Ho potuto seguire da vicino tutta l'operazione ed

ho visto i nostri fantini arrampicarsi pian piano per le ripide pendici. Dopo non so quanto tempo son giunti ai reticolati ; li ho visti stnsciarvi sotto e continuare a salire senza quasi essere distur bati dai tiri austriaci che erano poco precisi; li ho visti arram picarsi poi sulle trincee e sparire dietro quelle, senza trovare resi stenza sena. Poco dopo si son visti emergere i prigionieri austriaci, pnma una quindicina, poi molti altri ; erano stati completamente abbruttiti dal tiro di artiglieria e si erano rifugiati nei ricoveri. I nostri son giunti alle trincee così alF improvviso, dicono i prigionien, che non hanno essi potuto guarnirle a tempo e sono stati circondati e presi.

1 j?".? pianti al comando quattro ufficiali prigionieri e Ga ribaldi il ha trattenuti per molto tempo, interrogandoli e aspettando che SI calmasse la furia austriaca, che si stava sfogando con un intenso tiro d artiglieria, molto all'impazzata

hanno ^'T'^

dalla Russia; due coTandr?-'-""' -duti nella grotta del ™e do^; a lungo, in tedesco;

ved vano ^ro. su ciò che co7V a L r"""" facevano e ho dito Im ri -dine del colonnello; brigt per il comando della

Vi è circolare 5747 dei C ^ i

1 comandanti di reoartn. • j ' autorizzano ranti che, a causa dell congedo i volontari esubedovrebbero esser tenuti1 condizione od occupazione, non frettamente necessari alTe^zio."'llTa

Leone ed a me. In base a tali ri; perfettamente a congedato, quantunque il m,V. '®P°sizione ho chiesto di essere cliiarato a Garibaldi eh ' " capitano Sebastianis abbia di sono disposto a tornare ; ^ '®P®*r®®hile. Li ho rassicurati che n servizio dopo breve tempo, volendomi

valere del temporaneo congedamento solo per farvi una lunga visita. Del resto ora effettivamente faccio parte dello Stato Mag giore della Regione Lana, ed a questo è stata fatta la promessa di una licenza dopo che sarà preso il Col di Lana.

'Palla, 9 nooembrt 1915.

Ieri fu un'altra giornata campale.

Mi era stata ordinata la costruzione di una strada sino in cima al Col di Lana. Condussi il mio plotone, armato di fucili e picconi, al Cappello di Napoleone, ma il nemico copriva la posizione d'un fuoco d'infemo e dopo poco, vista la impossibilità di compiere il lavoro, mandai indietro quelli che erano riusciti a passare e ordinai che il plotone si ritirasse.

Intanto per telefono da Garibaldi avevo ricevuto ordine di andare in cima al Col di Lana per fare un rapporto sulla situa zione reale che non era nè chiara, ne gradita. Cima Lana era stata conquistata e tuttavia da lassù telefonavano che il nemico ci sparava addosso a colpì di fucile. La cosa era assurda. Proseguii scortato da un soldato. All'estremo del Cappello di Napoleone, e precisamente alla piccola trincea frontale, mi trattenni per alcuni minuti a parlare con il tenente Mussi, che più non dovevo rivedere vivo. Non conoscendo la strada, mi avviai per un ripidissimo pendio erboso per dove avevo visto passare due soldati. Giunsi finalmente in un burrone, in fondo al quale trovai steso il tenente Bernini il quale, scendendo da quel lato per evitare il fuoco, vi era pre cipitato e si era rotto una gamba. Fu tanto lieto di vedermi; gemeva dal dolore; voleva acqua, ma non ne avevo. I so ati che mi avevano preceduto ebbero cura di portarlo via. Aven o ordini tassativi, non potei purtroppo accompagnarlo; e con il mio soldato procedetti per il burrone o couloìr ghiacciato e pian piano, con gran difficoltà, arrivammo sotto il ciglio delle antiche tnncee austriache, che coronano l'ultima piegatura della vetta.

LA PRIMA CONQUISTA DI CIMA LANA 69

artiglr "" di 1 ut:e T" P--ni e sbar- rava tutte le nostre retrovie sui costone di Agai mando"delir ™ '' ^veva .1 co-

tracciato, e lo percorsi a ' l •^'^° ^ ® mala pena era anche un discreto tiro'T'f '' '™go i pendii del m i D 1"®"' trafficano l-o-e, Cri i:": ■»' " C.pp.|k di N.p,- »l«. .m Pd ì «.lis"Lr„Td' """" come una manciata di confetti In "" ^chiena il corpo esamine del povero""m'"- ''r la mano sul cuore per accertarmi che fT''"" ' avanti, essendo tutto il Canr. Il i morto e poi andai esplodevano. L'ini e/mmf " sacchetti, che con tanta cura^T^"'" = ' ™"ri di con le mie mani, avevo edificati" di carte. ^^ano caduti come un pacco Tornato alla antica trincea avanzata d; A .

J^ione con Garibaldi per inform I J ii comuniI. «. rCizr ,t « •»'»

• —W .ulU dm dd Um"" On comb.iLmMo alla tnncea vi è una specie di la vetta. Vicino a me tempo fa per entrare in gaUeril. ^mdato, costruito P-la pm, ma il ricovero è diventa^!' taglmne e del telefono e posto dlm d " '^°"'^"do di batper tutte le operazioni. I feriti che b TT' ' Jvano da lassù, venivano medicali aTa I "" Ve nerano chepiangevano, altripalliffipalS'

P^'Mr pallidi e silenziosi; vedevi

messi a nudo, dorsi dimagriti con la macchia rossa della ferita; un tampone per fermare il sangue, una fasciatura stretta e.... via, partivano i feriti per la lunga strada a zig-zag, che negli ul timi giorni ho costruito nel Vallone della Morte. L*ho fatta appositamente larga ed a dolce pendio per permettere il comodo trasporto delle barelle. Il giacco-pelo mi fu di grande aiuto mentre stetti fermo in osservazione. Tomai a casa sano e salvo : colpito due volte da sassi o schegge, non fui però ferito. Come vedi, la fortuna mi seconda. \ / y \ Costone di Agai, 11 novembre 1915. Sulla vetta del Col di Lana ha continuato la sanguinosa lotta. Cinque degli ufficiali con cui chiacchieravo avanti ieri, mentre ero in osservazione presso il Cappello di Napoleone, sono ora morti; quei tiratori scelti ne fanno un*ecatombe ! Oggi sono stato mandato ad osservare il tiro di artiglieria, ma una folta nebbia avviluppava tutto ed i cannoni non sparavano. Vi è molto silenzio dopo i baccani dei giorni scorsi. A rari intervalli, non si sa nè perchè, ne donde, nè dove diretto, per 1* aria lattiginosa passa uno shrapnel che semina in qualche parte la sua manciata di confetti ; poi di nuovo un lungo silenzio.

Mi sono ora trasferito nella baracca del sottotenente Ronco della 2' batteria da montagna, un caro e coraggioso amico e ci troviamo bene assieme.

Oggi è venuto finalmente il cambio al battaglione del costone di Agai; era tempo! I soldati erano esausti, esasperati e decimati. Ho visto questa mattina un sottotenente di fanteria che si rotolava per terra in un attacco di epilessia, la bava alla bocca e gridava: parlava di patria, dovere, tradimento; chiamava suo padre, vantava atti d'eroismo; lo sforzo nervoso sulle nature più deboli deve essere tremendo! E una brutta, brutta cosa la guerra, caro padre, e prima finirà, e meglio sarà. Ma quando? Quien sahe?

Coj/one M Agaf, 12 novtmbrc 19/5.

Non ti scrivo che una cartolina, perchè sono mezzo intontito, avendo lavorato tutta la notte e dormito male durante il giorno Tornerò questa notte a Cima Lana per costruire baracche e tnncee. 2 bum pesto h su e non ci si vede un corno ed il freddo è stbenano, le stmde sono lastre di ghiaccio e non posso dire che qmto lavoro s,a un piacere. Quando verrà la pace, sarà un grande

l iZ ™-rie umane. Poveri

Z t ?"" -rtone, sulle vette ghiacciate di questi monti! Eppure con tuttn * c • al loro • • ì ° nmangono fermi IZ J- dando prova di un oraggio e di una costanza di cui credo non l. sarebbe capace. ' ""

P- S. — Sto benissimo. Urgono le scarno A' • 6 le scarpe, di cui ti scnssi.

Costone (J{ Agat, /4 novembre 1915

rigante di artigHere prepara la eeU ^ occo-pelo. mentre un Rnnne, re. eu' dvoT,JLÌT" Hanno bembardat. llT,!;!"""7' stanco che non ho seZr,!ulla'Zrr: if Andraz dal nemico ed il fumo anc ^ ^ incendiata all'accampamento. Due ore fa ^ ® ®'"° ^ui del genio e del plotone autonomo°"Z^'""V ® partire per Cima Lana. ordini prima di Ha nevicato e vi sar^ A. le strade che conducono alla TeltZ D Tb'" tavole. 4000 sacchetti e fare ricoveri ZZ" '^00

ven. strade e trincee a 2260

metri sul livello del mare. La battaglia lassù dura ancora, nono stante le mirabolanti notizie date dai giomali. L'avevamo presa tutta la cima, ma un contrattacco ci ha fatto perdere il cucuzzoletto supremo. Ora stiamo a pochi metri più giù, aggrappati ad una specie di ciglio semicircolare, che ci serve da riparo e lì ci stiamo fortificando e rafforzando. Per ora forte questa è la lotta più importante di tutto il fronte italiano, o almeno quella a cui si dà la più alta importanza morale.

A causa di questi lavori di rafforzamento il genio è diventato adesso il riparto più responsabile e più tassato di questo fronte. It's up io him. Entro pochi giorni dobbiamo aver ultimato questi ricoveri e resa sostenibile una posizione che la natura, le intemperie ed il nemico cercano di rendere insostenibile. Non hai idea delle sofferenze dei nostri poveri soldati, malvestiti, con scarpe di cartone e guanti rotti e bagnati (quando ne hanno 1), che debbono rima nere lì a tenere le posizioni mentre, con una temperatura di IO gradi sotto zero, imperversano le bufere di neve. Sono stato Ti su per due notti di seguito con i miei soldati, ma le condizioni eraino talmente impossibili che abbiamo concluso poco e sofferto molto. Il tuo gìacco-pelo mi ha salvato dal congelamento. I miei soldati piangendo imploravano che li lasciassi tornare giù ed io, con le lagrime agli occhi, ho dovuto negare ciò che non si dovrebbe avere il diritto di negare. Li ho tenuti lì tutta la notte quasi inutilmente, perchè avevo ordini tassativi di tenerli al lavoro sino a che fosse giunta la squadra di ricambio; non scorderò mai quelle lunghe interminabili ore di gelo, nelle tenebre, con il vento che urlava e la neve che pungeva le pupille come tante punte di spillo. Finalmente, desiderata e lenta, giungeva l'aurora e con essa il conforto della luce ed il tanto sospirato cambio.

Mi sono puntato contro questi ordini molto superiori, ne ho esposto l'assurdità ed ho ottenuto che da oggi in poi tutte le squadre lavorino di giorno. Così ho potuto anch'io dormire stanotte nel sacco-pelo, al caldo; oggi rimango qui giù per dedicarmi all'or-

ALLA CONQUISTA DEL COL DI LANA
LAVORI DI RAFFORZAMENTO 73

gamzzazione dei servizi del genio. È il più penoso lavoro che io abbia mai avuto da compiere persino negli avventurosi anni del1 Alaska. La mia responsabilità indiretta è grande ; gli ordini che do. a volte sono crudeli, ma debbo infliggere sofferenze e forse

^J nposo. Le truppe nostre sono ora decimate e stanche

La colazione è pronta e chiudo questa bruita lettera.

Costone di ^gal. ,7 novembre 1915.

Sono sulla vetta del Col di Lana ri, J

Pnmo che ho di riposo assoluto da J ^ '' del fuoco, ossia da 75 giorni r' i' "" ''"ea tanto famosa cima è oggi tutta scinni' dida neve; il sole splende radiante' dalla vetta come fumo bianco mi diMno' T'"" oggt lassù è una giornata terribile È da «compagnia del genio vi lavora a^^ ''8"

^ '"«o il sacrifizio che si nosr T"!"' su.o d,u„,„ »»"-

P" metà costruiti di grossi muri T"' L«vo -"a incatramata e teli di tld" rT

Ptgtano tutti i nostri bravi soìdatì °ra s

protegga e, mentre

LAVORI DI RAFFORZAMENTO 75

guardano in quella direzione fissa, probabilmente non fanno altro che contare i minuti che mancano ali*ora del cambio. Il ciglio, da noi occupato, ha la forma di un mezzo imbuto con ripide pareti ed in esso si sono aggrappati i nostri, vivendo in buche scavate nella terra e coperte da teli di tenda ; queste buche erano sparse (dico « erano » perchè ora si sono abbandonate), senza ordine o criterio, in mezzo agli antichi reticolati austriaci ed ai piedi delle antiche trincee nemiche, sconquassate dai nostri obici da 210. È impossibile descrivere Io spettacolo di questi poveri es seri umani accovacciati nelle buche, avvolti nelle mantelline, coperti di neve vivono in mezzo ad una confusione di fucili, zaini, tascapani, cadaveri, frammenti di travi e tavole, sterco, reticolati, teli di tenda e di ogni altra cosa immaginabile; tutto è sparso sul suolo, tutto e congelato con la rigidità del bandone, tutto è cementato alla terra, tutto è intriso e ricoperto di neve, di ghiaccio e di sangue. In questi due giorni ho girato sempre di qua e di là, spro nando gli uomini ad un lavoro che per metà consisteva nelF uso dei piccone e badile, e per metà consisteva nei battere i piedi in terra e rifugiare le mani in tasca; ogni tanto alzavo gli occhi e guardavo intomo quel magnifico panorama di vette rocciose, di monti, boschi e vallate. Sul dorso del lungo costone di Agai, per una distanza di più di 1400 metri, vedevo i soldati salire per il lungo sentiero a zig-zag che ho costruito nel Vallone della Morte, poi voltare per il cucuzzolo del Cappello di Napoleone ed inerpicarsi per la ripida, ghiacciata pendice del Col di Lana, Sembravano quasi formiche nere sulla bianca neve; alcuni portavano lunghe tavole, altri balle di sacchetti o rotoli di carta catramata. Si avan zavano pian piano, ora si fermavano, ora si buttavano per terra; altre volte li vedevi correre velocemente nei tratti di strada più battuti. Per impedire o disturbare questo lavoro, il nemico ha con tinuato tutto ieri a batterci con shrapnel, granate e bombe. Queste ultime due, esplodendo, innalzano nubi di neve e di terra che poi ricadendo fanno grandi macchie sfumate sulla neve candida. Gli

shrapnel passavano a pochi metri sopra la nostra testa, scoppiando senza preavviso e facendoci fare la solita riverenza; le pallottole andavano a sbattere nella neve.

Stiamo tanto vicino al nemico che gli è difficile di tirarci proprio addosso ; pure alcuni colpi sono stati, ieri, straordinariamente precisi No. ufficiah di plotone ci diamo il cambio luno collaltro ed anche il nostro nuovo capitano Sebastianis sta con noi ad Agai

L accesso a Cima Lana, lungo la cresta del costone, è diven tato veramente pencoloso. Non v'è sentiero ed il pendio è ripiitr r rr'° ^ sparito' mù n 1- t ^ già spamo ju nell abisso e non se è pià saputo nulla. Grimaldi altro giorno fu strascinato da un soldato ^ • i per fortuna una sporgenza li fermò. Una delle nottiTc" sahvo pian piano, con i cramponi a ghiaccio lei f" trovai un uffidale, che non conosco, paralizzato ln

foglio pp

«gm .omo, spesso dizioni mi raggiungono ora nel ricovero neve, sotto il fuoco nemico e . forto, un piacere immenso ed T ■« Mìa., ™ ^1" »«o~. u i«„ SAikIo ero i. h* ncnd.,,. ,| , e rischiosa vita e non ® seguire «^fte egli, di noi tre, sia quello che T " "one per quanto volontariamente si T fi "1 congedo, come lo angui 1 ^ che Ti mando qui accluso il ri' - -ietta « ta-pum .. Alla anettone ne trovò una il

mio amico Cabri, S. T. di artiglieria. Ne cercai altre e ne trovai tre in un nastro di mitragliatrice austriaco. Misi un premio per tali cartucce ed i soldati me ne hanno portate varie, sicché ora

Camicia datciaic

P/omòo

Coperchio

Cartuccia dJceiato

Sottanzà ejrùiosiaà nera

CapauU di rame

Guida dettone

Percuasera di nronxo

Guardia di acciaio

Piomio k 7'^%^

3ce/a 2/f

Pallottola esplosiva austriaca.

!, I ?S

ne ho dieci. Ne ho aperta una e ne ho fatto il disegno esatto, che ti prego di far fotografare al naturale, di mandarmene alcune copie e di dare larga diffusione a questa nuova infamia austriaca. Quando queste palle colpiscono, fanno un piccolo buco d'entrata e poi, scoppiando, sventrano letteralmente la parte del corpo in cui sono penetrate.

LA LOTTA PER LA VETTA 79

78 alla conquista del col di lana

Per pacco separato ti manderò due cartucce intere ed i pezzi d una cartuccia smontata e queste ti prego di mostrare agli ambascaton de. nosln alleati, in modo da rendere palese al mondo i intamia dei nostri nemici.

Costone di Jlgai. 21 noocmbre 1915.

giare e da bere, che m. sono pervenuti oggi, con solo due giorni lo sulla tua lettera rb^ • ^ ritardo t

batte, faccio quello che sono venuto a fare; ma Tidea di dedi carmi in seguito a lavori di compagnia, come costruire baracche ad Agordo o in altre località delle retrovie, non mi sorride punto. D altronde quando la compagnia tornerà in linea, mi sarà facile raggiungerla subito. Il mio congedo non è ancora sicuro, an?! è stato sospeso, credo, sino a tanto che infierisce la battaglia sovru mana su questa maledetta e sinistra cima e probabilmente sino a che la divisione andrà a riposo.

da man

E d «ci, d„ ,1 p,„e,.,l-uSliii j. P ~

F -i j- .1 . annunziava la spedizione

firu r T '"-1""

P.« di t,l„ e IL' "■ ™"o ■ pomello eoo due

H calze e tra poco saranno capaci di tre > sera i nuovi calzoni quando tornerò sulla vetta già in brandelli! ' ' ^^nno

«mio m, po' ,e,gog.o,o di „e,e fc jT'"",®'" congedato. L'ho fatto solo nerrb' essere l™i Pieemlo .„i .Zd^t r " T"'- '* ™ giorni sto sotto il fuoco e da 32 che sono esaurito e stanco fi,' » ko .bb.„..„ dit °i| b r S»lo ebe •i -".eoi d. V " li-Oli meìli ed 'w Neo b ; zilbeZrd; '• -i•pone. 1. ól«„ie„ j p,„„Z J"'«leete,o,meolel Modeeli. fiducia e stima dei miei suoeri g°dendo della P'i; adatta a fare i UorpTiifJT P-na volta che vi è una faccenda scorhtt d °g"' semente invitato io a farla e naturalm r opporre difficoltà. Le truppe di quesT T° " esauje e lacere, non ne possono --'.ip^m,u.,ebeei.x:s:t--s:rr

Intanto, mentre ti scrivo, continua il rombo delle nostre arti glierie e di quelle nemiche, che della vetta formano una specie di vulcano che butta neve, terra, fuoco e ferro; i nostri fanti danno il secondo, temo, inutile assalto. Tra un'ora o due cesserà questo inferno e, sino a notte e nella notte stessa, continuerà l'intermit tente, lento fuoco di artiglieria che ha per scopo di ostacolare i lavori di riparazione e di rafforzamento. Comincerà la lunga fila dei portaferiti, che piano piano scenderanno per i precipitosi pendii ghiacciati della vetta e per la lunga strada a zig-zag, che ho costruito nonostante mi avessero detto che sarebbe stata inutile. £ssa è ora diventata l'arteria più importante in questa interminabile battaglia e risparmia infinite torture ai feriti a cui, più che ad altro, pensavo quando mi decisi a costruirla.

(Ore 3 pom.). — Tomo alla mia baracca dopo aver fatto cola zione con Garibaldi. Le notizie non sono buone ; i movimenti sono impossibili ovunque a causa dei fuochi incrociati di artiglieria. Il passaggio del Cappello di Napoleone e della Sella sono interdetti dal fuoco nemico. Davanti a questa zona battuta si sono conge stionati i reparti, che dovevano servire di rincalzo. Anche un drap pello di eroici alpini si è dovuto fermare ed il loro tenente, un gigante barbuto e ventiduenne, è arrivato al ricovero della mensa, disfatto nel volto, sudato e ferito alla gamba; gli artiglieri non hanno potuto passare con il rancio.

La notte scorsa, alle I I, mentre dormivo d'un sonno letargico dopo 48 ore di veglia e di lavoro, dopo due nottate trascorse

80 AUA CONQUISTA DEL COL DI LANA

in cuna alla vetta al chiaro di luna, fui svegliato da una viva conversazrone al telefono. (Come sai. dormo qui con Ronco, tenente della 2 battena da montagna; i nostri due attendenti donnono per tena. tra le nostre due brande. L'apparecchio te-

•n. 10 po„.. ^ i :z;.l 'c-

SL'siIL™ f ««"pS -d» I-, vo,:ro„Trin..r,:::,''t'■'

•«»lt..do i ,.0 „fci.u tói, 1 ■ ' "■ f™""

SI offersero tutti. Finalmente Rone ' T""'" mortale; poi reclamando il suo diritto Allor f" incarico terribile. d., 1600 j„rx ou ""''■v'-'* gUo., con .Ioni « Q"" gig.ni, d, .,,1sanando sulla neve e sul ghiaccio il n -id". » .d I. poXjr-iz°.,rr

d. p.=.0k . 40 mari d.l NcX ;." T.•"""

Poco SI sa di quello che ^ J '^^=®uno sa perchè I sono spezzate in venti punti Sol ° telefoniche •». k. .p.Mo; 6 Xtlnt . teli. Il cn. addosso un fuoco d'inferno R ^ buttato

» lecco. c..a,„Z di X «• "I- -oacnlo C.I.Ì PC ,, ° ^ Portilo in e a siamo detto « a rivederci ^ S la mano pure 10 trovarmi lassù con il mio dot^^' ®.mezzanotte dovrò Non so come descriverti iTd r""""""' passato lassù. Un freddo intenso p'erTt ' ^ ho mente calma. Una luna piena che rId T fmdda quanto le ombre che proiett , 'noe un panno biancoedincontrastoadess^ oome

' Waiono le grandi chiazze

LA LOTTA PER LA VETTA 81

di terra nera, dove la neve si è fusa, o dove è stata calpestata o ricoperta dai detriti degli scavi. In quelle due notti c'erano tante truppe di rincalzo che solo meta dei soldati erasi potuta mettere nei ricoveri.

I più dormivano per terra, avvolti nelle coperte e teli di tenda, occupando ogni metro quadrato di terreno pianeggiante e giacendo gli uni vicino agli altri, lungo i sentieri rudimentali che abbiamo tracciato. Formavano come un tappeto di esseri umani, resi indi stinti dal sovrapporsi e mescolarsi delle coperte. Per passare da un punto air altro della vetta bisognava camminare pian piano, facendo lentamente compasso con le gambe, cercando di trovare un posticino vacante dove posare il piede. Spesso si errava; a volte si cadeva addirittura su quel tappeto di forme umane, che uno sentiva allora agitarsi; contorcersi e protestare in vari dialetti!

Nelle due notti si lavorò principalmente per scavare cammi namenti d* avanzata verso il nemico. Questi angusti corridoi, scavati per metà nella neve e per metà nella terra, larghi poco più delle spalle di un uomo e profondi due metri, sono tortuosi come serpi. Sulla facciata di ogni camminamento stanno due uomini ; uno che con il piccone rompe la facciata e, dietro, l'altro che con un badile butta la terra fuori del camminamento accovacciati nel camminamento, segue una fila di soldati e di vedette, che in gombrano il passaggio tanto che a volte bisogna camminarci ad dirittura sopra. Alzando la testa dall' estremità del camminamento più avanzato, si vedono, a 20 metri, i reticolati nemici che spor gono due palmi fuori della neve. Dietro a questi sta la superfìcie della neve come una massa bianca, ondeggiante su cui, di scorcio, e diffìcile giudicare le distanze. Il nemico non si vede : e le loro vedette, come (talvolta!) le nostre, sono vestite di camicioni bianchi, con un cappuccio che ricorda quello dei frati domenicani.

Gli uomini del genio lavorano indefessamente, facendo il minore strepito possibile, parlando solo in bisbiglio. In distanza si avverte il vago rumore dei picconi nemici; gli austriaci non perdono tempo

ALLA CONQUISTA DEL COL DI LANA

ed hanno molto da fare, li silenzio delia notte è rotto dai tonfi

1 cannonate lontane. A volte sono i cannoni nostri del Porè, che anno un colpo secco; poi si ode il sibilo del proiettile che passa torse a 25 metri sopra la nostra testa e va a battere 100 metri

notte e sui' '"'T' '-

SI affonda nellanevesenza esplodere. Di un'altra razza sono colpi nemici che vengono dal Valparola e dal Lagazuoi. Tra il sibiH che e^ElTal'aTo'mT""' 'l""'

^ (Ottobre 23, ore 10 ant.). — Ieri il nemico si "volle vendicare dei nostri ripetuti attacchi e della sfacciataggine nostra di piazzargli un cannone da montagna proprio sotto al naso. Dopo aver pro babilmente fatto ritirare le truppe sue piii avanzate, aprì un fuoco, d'inferno con obici da 150 ed altri grossi calibri. Il Col di Lana era diventato un vulcano in eruzione ; una delle baracche andò per aria con i sani ed i feriti che conteneva. Ne sono morti più di venti. Il cannone è stato sepolto, gli artiglieri sono feriti, i camminamenti sono una serie di frane; non si è potuto ancora ritrovare una delle mitragliatrici. Credo che, se il nemico non avesse battuto tanto le retrovie, la posizione sarebbe stata evacuata. Ieri, a giorno, doveva essere il mio turno di andare su, ma il comando mi ordinò di trovarmi a Palla per le 1 0 ant. e perciò il mio turno fu spostato alla notte. Andò su Grimaldi.

e uL, « L!:::i— ™'

più o meno incomprensibili Un f scoppio, esseri P»d.c..o....... «,L:7°J7h ""'l

guido miagolio, ma poco danno r hanno un lanin Preno. arrecando allora gran biTLE"'

lavoroni ricÌ'dr''p!zi!ra'\ei ^ = rassegnazione da fatalista oer ' ^ sofferenze ed una lentamente le ore e. tutti'T 'T P— D-ocle. dal suo lo J ^^e la spada 1°. come ufficiale. polÌ f ""P^^ " «po. nuti. nel ricovero del comandi T' P°=l^l r

e ove il pericolo , '-P— è meno bassa debbono nmanere sul lavoro continuam7 ' quan o debbo eventualmente sgridarli "o ^ "" ''

P- - gtomo. pe.un,settimanfed i^""'' P"° fun certo tempo se ne sente l'effetto d ' "" ^°P° tate gii uomini al lavoro e tenervtli ^ Por' '' "»™ Pi» .» 1»..",?ìTT''"' "pS« di

Sono diventati pazzi ! Non molto dopo il bombardamento che sconquassò le nostre trincee, ricevetti un fonogramma da un comando superiore che diceva: « La S, V. proceda rmmediatamerìte a riparare i danni causati dal bombardarrìento e a prevenire i futuri » (??!)• Vogliono pure che si proceda subito a costruire fortificazioni « in cemento armato a prova di medi calibri » ! Su questa cima? dove non c e ne pietra adatta al calcestruzzo, ne acqua, nè sabbia e dove non e è neppure un camminamento! Su questo cucuzzolo? dove ancora non siamo stati buoni a buttare i cavalli di Frisia, nè a riparare i soldati dalla neve! Ieri, alle 5 pom., partii con 35 uomini e, mentre salivo per la « strada nuova », sorgeva la luna rotonda sopra ali oriz zonte. Il lato del costone, sul quale si saliva, era nel buio com pleto dell'ombra. Poco dopo la luce diventò radente al pendio del costone, sicché gli uomini, che o scendevano o salivano, erano illuminati di fianco come da un riflettore. Scendevano i portaferiti. Una barella era posta per terra presso il << Trmcerone » g nomini riposavano. Io, vestito del tuo pelliccione, con 1 emo i acciaio in testa (lo portano ora molti soldati ed ufficiali), mi ermai.

> iri«Ìr-iv'rHi

appoggiando il mento suWAlpenslock- Chiesi: —« Ferito a Cima Lana. _ « Signor si. » -,Grave? » -.Una scheonia

vln^e'LaTau" daH ombra nella quale giaceva la barella ti la::? T-

lesse Iddio! ^ » — " Vosoida'^'LTu:"ri,:ire hanno fottuto un poco! » M °W mi - ammaccatello Li I ~ ^ nposo, ciao Ombres! „ " a " Analmente un poco di D • . * Auguri! » "01 uscimmo a l'altro ìatr. À i

"• ■"•» =!"'•«= I. „i.„, S°-" " Samam mo tornato b,„cca ,JL 7 oo o per giorno, la mia vita. giorno

O 1 J^gai. 25 mtìembre 19f3

»l«»ll. del gonio, oj il "<l"i no. k ,„ok i| ero indispensabile e che mi fos T « rimanessi esclusivament:adkT" n°" '-ori. Q";vi . una confusL„:rr T ^ana! di senso comune. La nnc' * ^ ® una assoluta man-

Se'*'' ^portante che tutti g^be per ana e la mia licenza i" <=°ngedamento va a '-7 a parlare molto chi greche

giro di tutti i lavori?! Dapprima non me ne sono incaricato, ma poi l'ordine è stato ripetuto in modo imperativo. Mi sono appel lato a Garibaldi, che mi ha risposto — « It*s foolish hut I cani help it. » Allora ho scritto un fonogramma che cominciava: « Galleria « A », avanzamento due centimetri; galleria « B », fatto mezzo buco di mina ecc... » Dopo poco Garibaldi mi fece telefonare di non fare Io spiritoso. D altra parte con un avanza mento di 50 centimetri al giorno, non possiamo scavare più di due centimetri all' ora L'ordine è stato revocato.

Come ti dissi, il mio amico e compagno Ronco, della 2"* bat teria da montagna, è stato gravemente ferito alla testa. Egli ed i suoi artiglieri a Cima Lana si sono battuti da eroi, scambiando colpi di shrapnel a zero contro fucilate de' nemici a soli 50 metri. Cosa da pazzi ! L'ho visto mentre in barella lo portavano via da Palla e 1* ho abbracciato con vera emozione. Se la caverà

Sono stato questa notte sulla Cima Lana e vi tornerò domani mattina la vetta non si piglia più; la posizione è ormai inespugnàbile1

Gli austriaci si sono calmati, da quando abbiamo cessato gli attacchi.

Sto bene, quantunque esausto.

Costone di j^goi, 27 nooemhrt 1915.

Sono le 8 ant. Seduto sul letto, nel sacco-pelo, con il tuo indispensabile giacco-pelo, ti scrivo sulle ginocchia, servendomi di un coperchio di latta come scrittoio — (interruzione di un'ora e mezzo, dovuta ad un tenente degli alpini, mandato qui dal co mando di brigata).

Tutto ieri rimasi sul Lana; oggi ho riposo e stanotte tomero à fare la vigilia sulla vetta. Finalmente ora entreremo in galleria e potremo mettere gli uomini al riparo di quanto cade dal cielo: ho già aperto tre fronti di attacco, sicché tra pochi giorni si do vrebbe cominciare ad aumentare rapidamente il volume dei ricoveri in caverna. È la sola forma di ricovero compatibile con le con-

dizioni di lassù. Sono patetiche le scene airentrata di questa galleria. I soldati e gli ufficiali vengono a curiosare e gradualmente s'in filtrano e si affollano h dentro (soli luoghi sicuri sulla vetta), sino a che li debbo cacciare fuori tutti allo scoperto, perchè altrimenti il lavoro diventa impossibile. Appena ci saremo intemati per 7 o 8 metri, potrò aprire nuovi fronti di attacco ed aumentare il nu mero di minatori ed allora il lavoro procederà più rapidamente.

La situazione li su è cosi importante, cosi strana e cosi tra gica, che ora cominciano a venire i rappresentanti dei pezzi grossi per vederla a rendersene conto. L'altra notte c* era Malvezzi, il braccio destro del gen. De Bernardis. Hanno addossato la responsabilità di questi lavori a me sem plice sottotenente, ciò che mi mette spesso in una posizione falsa. Pure lo spirito di cameraderte è tale che nessuno mi porta rancore. Mi debbo occupare di Cima Lana, delle teleferiche, del problema delle strade etc. ed allo stesso tempo debbo fare il mio servizio di capo-plotone in Cima Lana. Non ne posso più!! e non ne faccio mistero ad alcuno. Ora, visto che il mio congedo è sfumato, mi vado occupando della licenza, perchè in un modo od in un altro debbo uscire da questo inferno per un poco. Lo sforzo fisico e nervoso è troppo forte e specialmente troppo prolungato.

I tuoi pacchi « caramellati » sono giunti in ottimo stato e te ne sono tanto grato, perchè queste piccole cose danno grandi piaceri a tutti noi. Non mi hai assicurato mai di aver ricevuto una ettera raccomandata, spedita verso il 30 ottobre e che conteneva ^ piccola croce di ottone. La censura, temo, diventa ogni giorno più stnngente e forse non ti giungono alcune delle lettere più importanti.

II caro Leone conduce una vita più penosa della mia e lo compiango; .o almeno, ogni 24 ore. torno a scaldarmi in questo nmdo ncovero. Po. v.ve solitariamente, mentre io vedo la tantasmagorra degù uffic.aù e dei soldati che. quasi ogni 24 ore. vengono qu. su a gelare ; ora 1, conosco tutti e conto tra essi molti amici.

ST.ANCHEZ2A 67

Costone di Jgai, 30 novembre 1915.

Questa sera il maggiore ..., in comando qui, farà domanda generale di brigata che mi siano concessi cinque giorni di j^messo per attendere ai miei affari personali. Il permesso dovre e c minciare V 8 dicembre, con facoltà di recarmi a Belluno e^ a Venezia, che è pure zona di guerra. Sono 90 giorm ^a sto in trincea! Andrò lì con tutte le cose mie di cui vog razzarmi: proiettili, biancheria estiva, films, carte ecc. che qualcuno m^incontrasse lì, Ramadori, Girolamo, o di casa, portando seco un baule vuoto in cui oggetti. Restituirò pure quel paio di mutan e arci ca i mi ha mandato l'adorata Madre: sono troppo grevi pe q di alpinismo; del resto non ho freddo alle gam e, es u ..,p. a., .i calde, sono state la mia salvezza. Spero famente sfinite. 'larghissime Le mie vecchie scarpe sono ^ « «sro RoJp mi h. n,..d..o U berretto peloso, che mi sono giunU ne ^ nell'impossibilità di ossia allorché ero rimasto sprovvisto i n o un paio trovare V occorrente. Il segreto qui sono i g^^^a dita che fino di lana a cinque dita ed un paio g |'^/pens/oc^ e ^•infilano sopra; i guanti si consumano presto rocce. _ ^ una stufetta Nota: una delle cose più utili c e p ^ letto e « Primos n. 210 » ; la mattina mi c. ta ^ana. Jjol pomeriggio il thè. Talvolta la por o pirogeno », Bisognerebbe mandarne una a Leone con p ® alcool solido, per accenderla. < n^nto in fumo e ne ho ncen congedo, come ti avvisai, e a ^^isione. Non hanno conferma ieri dal comando della pgda ^ niinima intenzione di lasciarmi an a ecc., e ci man P'b che di ricoveri in galleria, di grotte, ca

dano minatori da ogni parte. È la mia antica tesi, di due mesi fa, a cui nessuno voleva consentire. Ora poi che hanno sprecato tanto tempo prezioso, vorrebbero che le gallerie si scavassero come se la roccia fosse burro. Ho attaccato la cima con tre gallerie, che poi dovranno unirsi assieme e formare una specie di minieraricovero. Abbiamo cominciato a sparare le mine, essendo la roccia già divenuta più dura. Avanti ieri, mentre ero in galleria, intesi il rombo lontano di mine austriache. Si vede che anche loro si stanno interrando per mettersi al sicuro dai 210 italiani. Ieri il nemico aveva cominciato ad aggiustare il tiro sulla principale en trata in galleria e parecchie granate ci scoppiarono vicine assai ; ero ali ingresso quando una brutta scheggia mi cadde ad un metro di distanza : ma addossati alla parete della piazzuola, si è molto difilati ed in galleria si sta al sicuro. Facciamo due gallerie che s incontreranno in modo da evitare il pericolo che una granata ci chiuda in trappola.

Il lavoro dei camminamenti e delle trincee è più pericoloso e penoso; è difficile mantenervi gli uomini. Ora facciamo il lavoro di Cima^ Lana, a turni; 19 ore di riposo e I 5 ore di marcia e lavoro. E probabile che vengano qui altri ufficiali in nostro aiuto e che 10 sia poi messo al servizio generale, di giorno, come sa rebbe giusto, dato che insistono ad accollarmi T intera direzione dei lavori.

Per oggi basta; alle 5 pom. partirò per Cima Lana per fare 1 servizio notturno che, se piò penoso, è tuttavia piò sicuro. Non

^ irj 1 ti Lagazuoi, il quale a intervalli di 15 o 25 minuti ci manda uno shrapnel improvviso.

^p Ziale congelamento (scarpe strette!), ma non mi danno oramai pio noia. Ho una tossacela secca secca che mi piglia ad accessi, come tosse convulsa; specialmente appena mi corico sulla schiena mi viene un prunto ne. bronchi che mi fa tossire per ore ed ore di seguito, impedendomi .1 sonno, tanto che mi debbo mettere

seduto sulla branda ed addormentarmi cosi. Verso la passa. Bramerei molto avere una medicina a base di oppio o mor fina, di cui pigliare un poco per attutire questo P'™^ bronchi, sino a che mi potessi addormentare solidamente, ne avevo una che era ottima e, presa con moderazione, era inno ^ Ti prego di mandarmene al più presto, P" procurerò poi a Belluno (o a Venezia), se vi andrò in permesso.

3 dicejnhre 1915.

Mentre il lavoro continua senza Le i. j ìia « venialità » di aspetto e di forma, secondo la la mentalità) dei superiori, la mia p {Qxms. e di aspetto, giorno di riposo, va pure essa cam balzandomi a tratti davanti come una generosità Vedremo che cosa accadrà, ma co nostra divisione ^ei superiori, i quali sembrano voer all'ultimo come si fa delle candele che si lasciano brucia^ mozzicone prima di prenderne una nuo i buoni elementi che vi sono tra noi, i ^ ed ^i riposo e di sollecitudine potre lavoro utilissimo, vengono grado di compiere un altro ^ consumati ed esauriti invece sforzati oltre il limite 'LToio per seuipre le pih Sino a che non valgano pm uu -Aqx'io del sacrificio e c preziose delle qualità, che sono i esi ^usiasmo. ho solo la consoMa sarà quello che sarà! H tutto q dovere, di eslazione di sentire che ho fatto riire la verità, scrini piazzato in una posizione on superiori e di essermi ^ruda e senza dolcificarla. fatto molti amici fra gli schiavi -janze nelle quali vi ^f^ria, malgrado le drammatiche circo baracche e nei cam - la mia etema permanenza nelle trincee.

STANCHEZZA

minamenti, hanno fatto di me un point de repere sicché ogni giorno, quando appaio in mezzo alle compagnie che si alternano, vengo salutato con sincera cordialità dai miei compagni d'arme.

Mi chiamano il « Conte di Col di Lana ». L'altra notte m'a vanzavo a quattro zampe per i camminamenti; ero entrato in un piccolo corridoio basso basso e buio buio, tappezzato di corpi

umani, sopra ai quali passavo carponi, tastando con le mani per ubicarne le teste e le gambe e accertarmi ove ponessi i piedi ; mentre procedevo cosi carponi, da uno che mi stava sotto, nel! oscurità intesi dire: —■ « Chi sei? » — « Tenente del genio. »

« Sei tu Caetani? » — « Si, e tu chi sei? » — « Benini. »

— « Ci siamo conosciuti prima? » — « No, ma ti conosco di nputazione. » — « Già, le cattive riputazioni vanno lontano ! »

Questo ufficiale mori la mattina seguente e io non ho visto mai il suo viso. Strane, tragiche vicende della guerra!

Costone di Agai, 5 dicembre 19!5.

Dal mio sacco-pelo ti scrivo di nuovo, mentre il sole sorge dietro I monti nel bel cielo sereno ed inonda de suoi raggi l'aria

ghiaccia della mattina.

I nostri cannoni del monte Porè tirano a brevi intervalli sulla cima del Lana, non so perchè.

La mia tosse-bronchite, un principio di tonsillite ed una ge nerale spossatela mi hanno deciso di far sciopero per la prima VJa da quando mi trovo sotto le armi. Mi sono messo nel sacco-

vallata i berrettoni strillano, telefonano, chiedono rapporti ogni si pu™ ..empissi e Ì ' di e.W. .1.. seme «pe.s.bili dell, to • ""ff'r dei lavori. Questi responsabili sono il buon o, e v .Pische, i elemm.» . p.»»* ~" t poca importanza ai fonogrammi ed al tribunae miitare. ricevuto ordine di farela galleria « N. 3 » moltopmgr^de J suddetta galleria è in terreno tutto mandano naccia di franare da ogni lato; Voler fare una gai- dei piccoli murali da 8 cm. e ® dire preparare un veto leria di due metri per due metn vorr potessi fare disastro. Se lasciassero i dettagli tecnici -rebbe più fa^^® delle grandi gallerie, l'avrei già fatte, perche sarebbe p lavoro per noi altri. il nodo della Queste famose gallerie (m numero ^i^ ^ situazione ora e non si parla piu c e ^ loro sviluppo deve essere telefonato jgl sistema del Tale. Da più di due mesi mi ero a sembrava stramncoveri interamente in galleria, ma a o metodo di lavoro, palata, perchè troppo difficile e e tassativo, arL-altra sera poi, con un ® 30 « poutrelles ». o dvò qui una colonna apposita 1 ui j, queste train travi a doppio T, del peso di un 70 ctu j dovevano essere portate quella ecc. ecc. Cosi ucosto e sacrifizio, responsabili g con sforzi fono chiamati a raccolta gH erco ^ ghiacciate "lauditi furono portati, trainati, issati V g. p^, che "Itine del monte questi 30 monoliti di ehe per avrebbero dovuto servire a blindare e Lana, '^ctà sono scavate nella neve. questo Sbrattandomi la testa per sapere c e pensai seriam^ dissimo ma inutile materiale. Per ^ struttura a a di servirmene per blindare la latrina.

stanza piccola per poter servire di base a questi corti travi, poi temetti che tale mia scelta fosse interpretata come ironia ; adesso me ne servo per armare il tetto delle gallerie e specialmente per rinforzarne le entrate, che temo possano franare per V esplosione di un marmittone ed imbottigliare tutti quelli che sono dentro. Ieri sera mi giunse la lieta novella che il bravo Ramadori sta cercando di avvicinarsi a me; stava nei pressi di Pieve di Cadore; fu telefonato che si recasse ad Agordo e si presentasse lì ai carabinieri. Poi ho pregato Peppino Garibaldi di telefonare ai comandi di tappa per aiutare il laborioso progresso di Ramadori a traverso le chiuse burocratiche del Cordevole e spero di farmelo venire sino qui, nella mia casetta, dove potrà sentire un poco il ronzio dei proiettili, del resto sempre innocui in queste vicinanze. (In questo momento esce un messo dalla mia porta; scoppia uno shrapnel e la spoletta passa oltre con il suo caratteristico fruscio; il soldato si ferma — lo vedo dal finestrino — e guarda verso il cielo ; poi esclama « Mamma, mamma! » e tira innanzi). Ho tante cose da dirgli e tanto da chiedere a Ramadori. Gli affiderò vari ri cordi della guerra, tra cui due altre pallottole esplosive; di queste te ne ho già mandate due intere per via privata ed una smontata e spero ti saranno giunte sane e salve. Sono rare e preziosissime. Ti ringrazio di nuovo per le cento cose che mi hai mandato e che sono di tanto aiuto e conforto a me ed agli amici: per ringraziartene ti dovrei scrivere volumi. Le scarpe « Iesi » giunsero oggi: sono bellissime e buone per un paio di calze, ma per due sono troppe strette. Poi hanno la forma troppo elegante, dovreb bero essere piò quadrate; ma lesi rimarrà sempre un somaro per quanto nguarda scarpe comode. In ogni caso serviranno e. dopo un poco d uso. spero saranno capaci del secondo paio di calze.

Costone di Jgai, 8 dicembre 19i5. Avanti len mattina appena giunsi al mio ricovero, dopo una nottata spesa m cima al Lana, mandai il mio attendente Cola-

rinnovati attacchi

Pietro al telefono per informarsi se il buon Ramadon fosse giunto a Palla ; dopo poco mi fu comunicato che era giunto in quel momento e scesi subito ad incontrarlo. Ti assicuro c e mi ece vero ed intenso piacere di rivederlo e sentii emorione i davanti a una persona che veniva direttamente a yo buon Ramadori ti racconterà le sue peripezie per giung a Palla, dove arrivò scortato rispettosamente da due come persona sospetta. Ci trattenemmo per un e p « -i ijchierare ed io sbrigai anche vane questioni mi itan co poi, saputo della prossima venuta del genera e Costone « i .=™poU dd di Ab.ì, dov.(.eemmo colinone oc ^j,jc.,i polo..

salimmo un poco più sul costone, a f Napoleone e vedere bene il Vallone della Morte, il Cappe^^ anche la cima, se non vi fosse stata un p ^ andato Ramadori si può vantare di esser stato i piò vicino a Cima Lana da quando ® che mi fece Mentre eravamo lì, giunse n go" vanno tutti a confermare chiamare e mi rivolse vari complimenti, c e .| buon jl mio abbonamento a Cima Lana. La s ^mico, a cui non ero riuscito a dire , '1 tutti gli ufficiali riuniti avrei voluto dirgli, salutato cordialmen _ lieve peso, al comando. Gli ho affidato vari ricor i j ggUati ed egli mi lasciò una balla piena i bottiglie molto gra e tra esse trovai il preziosissimo cacao. ^^^Jo •^^te e dei guanti pelle-pelo che sara^ ^ ringrazio, non so daranno passate queste miti giornale.^ ,|d.U S «■» ™ *^irvi quanto. Il biglietto materno ^«lizioso. - .gnto ai miei lavori, Ieri mattina ero di nuovo cominciato a bom^ Suando giunse Vavviso che si sare e f^jono pt®®® fc"d.,U con i no.m 210. In S«» .d H ®l^ioni necessarie; mandai giù i minato

la medicazione, le mitragliatrici ecc. furono trasferiti nelle gallerie, mentre i grossi proiettili già cominciavano ad arrivare ululando da due direzioni differenti e quelli piccoli da campagna scoppiavano a shrapnel sulla nostra testa. È da notarsi che gli artiglieri tirano da quattro chilometri sulle trincee austriache, che stanno a poco più di 50 metri dalle nostre. 11 nemico rispose subito, credendo ad un attacco, battendo la salita e le nostre retrovie, specialmente la cresta rocciosa del Cappello, con pilloloni che facevano tre mare la roccia delle gallerie con il loro schianto ; ma sulle posi zioni nostre della vetta non tirano che con i pezzi piccoli ; e poi stranamente si quietarono.

Rimasi sino a mezzogiorno quando, approfittando di una ondata di nebbia leggera che avvolgeva la cima, me la squagliai in giù, non avendo che fare sino a che i nostri avessero smesso di rompere i reticolati e le tasche al nemico. Nel pomeriggio venne il colonnello Petracchi del 59" reggimento fanteria; gli offersi un thè cucinato sulla preziosissima stufetta Primos. Mi parlò a lungo del rifiuto di congedo, quasi come per giustificarlo e mi assicurò una licenza, promettere positivamente che V avrei avuta per prossimo. Ho buona speranza che la cosa andrà così, idea di questa licenza, che coinciderebbe con il natale, mi va riconsolando del rifiuto di congedo che, dopo tutto, avevo esto solo per valermene come di una più lunga licenza. o già distribuito 34 paia delle deliziose calze della Madre", p a calze sono ottime, ma temo che i nostri soldati non abbmno le scarpe lunghe abbastanza per tanta grazia di Dio; ne s nbuiro alcune m esperimento di cui ti farò conoscere i risultati, sto movend"^^^ Pensiero dominante è ora di ritornare tra voi e 1 T. ^ t»"» """Jo si 1™ "l""""' S""!* u .r,l 8"" che ... i„ ,tì„ee. e non e. ho avuto neppure uno di riooso tìaIIo v • • i i venuto in linea. '

Sono tempi terribili questi; lo sforzo delle nostre risorse lìàche, nervose e morali tende a sfinirci tutti. In questo mom trato il mio collega Lollini; era salito sino al C pp pg^ciò poleone donde, preso da forti vomiti, ha dovuto scen p«i.ò r.c. pom. p« d..." '^7'" I hmslo la.,1 c I.rò .ctviiio >mc Ji' nebbioso; qui alle baracche del cos one strade sono tutta una pappa melmosa e, se nostri lavori' caldo, sarà un disastro, perchè la maggior p impasto di sulla vetta sono stati scavati in un matena e neve, terra e ghiaccio. bene di pren-

In questi giorni i nostri cornali i a dare un* attitudine aggressiva, hom ar an^ camminamenti ho seguito con pezzi di grosso calibro. " ^ . ^be deve avere trovato un pezzo di carne umana naturalmente ha "Volato almeno 80 metri; faceva ribrezzo. ^ costone di Agai risposto per le rime, sicché la parte bersagliati da tutte ^ la Cima Lana, a cui si allaccia, sono di parti. Noi altri, che siamo destinati a ^^biamo questa zona, siamo stati tutto il tempo' p^^g la nostra ^vuto varie perdite; ogni tanto ci Grimaldi e me, artiglieria ed infatti avanti ieri scoppio ^oJettile da 75 e ^ meno di 5 metri di distanza, nn n ^ percussione, pere monte Porè; deve essere stato uno s •j^jg e mandammo im fece poco danno. Noi due ci mettemmo properi oltre valle agli artiglieri- bombardamento . Adesso si sono calmati ed hanno sm S'i austriaci, che non domandano ' ^ di ian ^ mutismo esemplare, sicché tutta a ^ ^ include sempre ■=®lma quasi assoluta. Tale calma ^tu servono, gualche shrapnel ad intervalli di

per così dire, a tenerci in contatto, mostrarci desti ed a romperci un poco le scatole. A questi proiettili di piccolo calibro si finisce per porre pochissima importanza, quantunque essi pure mietano le loro vittime, ma, a paragone delle granate di grosso calibro con il loro terribile schianto, sembrano poca cosa.

Ti ho scritto tutto ciò, sperando che il caro Livio sia in grado ^di ascoltare la lettura che tu gli farai di questa lettera. Veramente non posso ora pensare ad altro che a lui e di lui solo vorrei parlare. Abbracciamelo tanto ed abbracciami anche V adorata ed addolorata Madre che, con animo sovrumanamente forte, traversa questa tempesta, resa più terribile dalla stessa intensità dei suoi affetti.

Verranno però tempi migliori ed allora le stesse angoscie di questi momenti diventeranno oggetto per voi di orgoglio, e noi potremo sentirci veramente felici ricordandoci degli affanni passati.

13 {Itcembre 1915.

La lettera della Madre ed il tuo telegramma mi avevano reso molto angosdoso riguardo a Livio. Questa notte a Cima Lana mi telefono Ganbaldi dicendo che Ramadori gli aveva scritto in mento a a malattia di Livio. Questa mattina, mentre scendevo dalla cima m una bufera di neve, il maggiore Mezzetti mi diede la tatale notizia; piangendo sono sceso per il sentiero coperto di neve.

^

" G.ib.ldi pregandolo di inTw?'T '■ T » t»». avare rebilo Ì " * 'f 'l» «Ì™ » pHre. li„«. in T°- 'ì" ,™»»» •»"» m .en.o di nmanilà È1T • .pp». "P.Ì.. b rotto il mistico cerchio di felicità d,» • ce • » *cucua cne univa noi fish e voi ga„..„, re le ore dal in,«re. anaha i. ,.alla di faliciià a

di pace, sentiremo sempre che vi è un posto vuoto nella nojra mensa; un anello si è spezzato nella catena d affetti che ci u e ci rendeva felici.

Penso a voi cari e mi si stringe la go a. f r *

RINNOVATI ATTACCHI

INIZIO DELLA MINA - TREGUAf^OSCHETTlER! - BOMBARDAMENTI ED ATTACCHI - ^ ULTIMI SFORZICATA FUCILAZIONE - INVERNO - LAVORI DI CONTROMINA - ULTIMI

Ua MINA - Dopo la vittoria.

JUeghe, 7 gennaio 1916.

Q...do .i il .»o, ,u .bb»» • i«

Nella mi accompagnarono per alcum passi P°' ^ « distanza le ombre di lei, di Roffy e di Marghen miniasi a guardare nel buio della notte, pensan lasciavo indietro. . -«nza incidenti di 11 viaggio sino a Padova andò e rifacendo sorta; giunto lì, aspettai invano ° artire. Non essendosi ' cento passi lungo il binario donde doveva P la tradotta all' ora segnata ne a a pj.ggi una carc Seppi che partiva invece dal Campo ipajtra stazione, ove l'ozzella e con mezz'ora di ritardo baraonda di ' treno stava ancora immobile, in mezz ^^llitari. Trovai subito dei conoscenti con i q vita a quel convoglio che, per natura, a ^cnza ad essere piuttosto funebre. . Robilant che mi

A Belluno mi presentai a S. E- il corrente di "levette con molta cortesia; sembrava esse

CAPITOLO II.
LA MINA DI COL DI LANA

tutto; mi disse che mi aspettavano a Col di Lana per spingere avanti i lavori.

La mattina seguente caricai i bagagli sulla carretta del genio mandatami incontro e, con un cavallone baio al timone ed uno strucchione bianco al bilancino, procedemmo trotterellando per la valle del Cordevole. La giornata era bella e fredda, ed ogni tanto scendevo e camminavo vicino alla carretta per riscaldarmi.

Ad Alleghe fui ricevuto con allegria da Bardin, Galamini e dagli altri miei compagni della divisione; dovetti presentarmi subito al generale De Bernardis, il quale mi mise al corrente della situa zione quassù e dei lavori da farsi. Proposi che invece di andare subito a Col di Lana, potessi recarmi a studiare il terreno nemico daìl osservatorio di Moe. Infatti oggi alle nove con il mio com pagno, il S. T. De Angelis, sono partito per Moè dove siamo arrivati dopo una bella passeggiata in montagna. All' osservatorio son rimasto a guardare col grande cannocchiale Zeiss a 98 ingrandimenìi per due ore di seguito, studiando le posizioni nemiche di Cima Lana. Intanto i cannoni nostri di Moè sparavano sopra la nostra testa, ed il sibilo dei proiettili mi giungeva alle orec chie come una non sgradita voce di vecchie conoscenze. Con il grande cannocchiale potevo vedere distintamente le braccia di un austnaco che lavorava alle trincee, accatastando sacchetti di terra intorno agli scudi di acciaio; questo a quattro chilometri di distanza !

Sono stato poi a pranzo dal generale, che mi disse volermi proporre per la promozione per merito di guerra. Sinora sono belle parole, perb credo che la proposta si farà.

nere u7m ^ove conto rima- nere un mese.

i JelVli ' Tuttovabenissimo: .up.„o„ n. d, (d,^. ,

ho fatto il giro di Cima Lana con il T. Col. Perelli capo dello Stato maggiore della divisione ( ). .. Ho mille cose da raccontarti. Stiamo ora inuna specie di a tregua. Alle trincee di CimaLana ci affacciamocomeadunbalcone, austriaci e noi, e ci salutiamo con la mano, ci parliamo, g oggetti. Ho persino preso la fotografia delle loro posiz.o

di -dgal, il • bo avuto un tal da fare che

Da quando sono giunto qui, 3arà non ho potuto scriverti che brevi g posso scriverti la prima volta che non salirò a Cima Lanae percioj ora (9.30 pom.), sdraiato nel jjjcco-pelo, che per Madre adorata. Debbo subito dire che q sua ampiezza chiamo « matrimoniae prima linea e Adesso metà della compagnia nost^ pinverno. Lo metà ad Alleghe a riposo e cosi dell'una e stesso fa la 12^ compagnia minatori eo e la redell'altra, a turno quindicinale, pren sponsabilità dei lavori. nitida baracchetta

Mi sono stabilito al costone di Aga. il dell'artiglieria ove ero prima e 5.30 del mattino centro di attività, club e ufficio e del genio e e e dopo rimbrunire, vengono qrn ® ^ ^ ritornirsi di can ee. mio plotone autonomo a pren ere ^gjefonisti a portare ono Gli ufficiali vengono a bere 1 ^ erga grammi, sicché-è un continuo via

-11.aoa con una gallen». V di traversare >1 Lana nosiziom (') Era intenzione del comando bocce della quale, con una mitragliatrice. , quel giorno con j^^ciamo sal®ostriache. L'idea non mi parve pratica e jggli jy approvatodai gii di«.;. _ „ Piunosto Le scavo una galleria sotto dopo sii dissi iache. L'idea non mi parve pratica e jegli approvato issi: - « Piuttosto Le scavo una galleria sotto dopo tare 'domandi per aria! « - Cosi ebbe origine il proge superiori.

INIZIO DELLA MINA

2^ato un altro plotone autonomo di 100 uomini alla mia dipen-

nev ° ® ^el resto la sino i' 'empo

l'aurora Primaverile. La mattina, al la II fi!"'';', <=he batte in pieno

dalle loro tle t""o. ed i trogloditi escono rató eie d' Ti''"^ ^ ^ saltano fuori dal lorrtrinlelli mT T''

a terra del parapetto a 60 met " , ® facciamo conversazione in italiano" Un"°'ld 1^"°'" ^ si sono scamk;a^* I* 1 l i soldato nostro ed uno loro

<=Pra £ Q^siderava tanto avere un « Corriere della ^era » ma non fu possibile trovarne uno a Cima Lana T fotografai le trincee, a vicenda, ed una volta due ufficilil""

^aiuif::

ricordarci a vicenda che le artiglierie sono sempre pronte con il tiro aggiustato.

A causa della censura non ti posso descrivere i lavori che stiamo facendo e quelli progettati da me, ma in massima parte consistono in gallerie per rifugio scavate nella viva roccia, la sola forma di abitazione possibile e sicura su queste montagne, dove il cannone può ad ogni momento mandare a gambe per aria barac che e burattini.

(Gennaio 15, ore 7 ant.). — Sono arrivate e sono partite le squadre ho fatto la mia colazione con uova strapazzate, cacao, pane e burro prima di mettermi al lavoro voglio finire questa lettera

ditonVii't't

hanno deciso di stare in inattività invernale non1'"" T

• soldat. s. facciano dispetti, buttandosi bombe e'''T" f cilate. In ogni modo noi n* j sparandosi fuin posizioni più pericolose diI11^"^° fare molti lavori a eli Kb' tm ^^biamo da continuo sotto il fuoco (') ^ ^ ® dedicarsi se fossimo di ambo le parti ed ognftnto llhllipolf'"'

^ cannone serve a

u po£L"ItdeT:r"'''7" '»'isolazione ed i nL ' menle a meMo U , l doveva farsi la mina 11 • "ecessan a delerminare

oolJi ed al .icuro, "'■™° ''="0 Sallerie; !„ posto Ql 81 0^ /*ilA /»! 01

Intanto in questi giorni di calma, continuano a ^ superiori a studiare le posizioni. Alcuni arrivano sino a e qui giù, altri sino alle gallerie a mezza costa, alcuni (poc alle trincee di Cima Lana. Di solito sono richiesto a ar guida e da cicerone. Sul conto mio potete stare con ammo pace, perchè tira gran aria di calma. Da quando mi trovo q non mi sono preso che due cannonate un po vicine, ci colpo di shrapnel del cannone di Lagazuoi, pere e m p giorno avevo preso un piccone per rompere una par sacchetti gelati che ostruiva una trincea, ed un cop che si ficcò nella neve, facendo una curiosissima ' cale che sembrava un tóer. II mio amico, il capitano Bard^ che stava con me. si mise a ridere come un matto Peril ccjpo di shrapnel ebbi le scuse dagli austriaci di Cima Lana, i q in accento veneto, ci fecero sapere che mi avevano visto lavorare ma che non avevano richiesto il tiro di interd^ione; pare c ^ rosservatore di Lagazuoi mi avesse visto con il cannocchi , quattro Km. di distanza, e per conto suo mi aveva fatto questa scortesia.

^ ^ A{

Del resto l'artiglieria, ogni tanto, cerca di a aggiustare i suoi tiri. Tre giorni fa. mentre stavo sul PP

TREGUA

Napoleone, un cannone di Valparoia prese ad aggiustare il tiro su. baraccamenti del « Ferro di Cavallo » sul Panettone, facendo forcella su forcella, sempre nella medesima direzione, e finalmente colpi la baracca della medicazione, ma con poco danno. La na era invariabile e perciò potei rimanere tranquillamente seduto su un mucchio di pietre a fotografare le esplosioni, coltendente .cno che faceva ombra alla lente con i miei g ani guant. d. pelle. Ho fatto in questi giorni molte fotografie

verrinar' esse utili appate al comando di divisione e potranno essere

datitarf

g-n^e gioia dei soltl ^ ^ Hilda Francesetti.

dovi di me ™-°-">ente pensando a me ed occupan-

gfiiacciato monte ricoTdo^'r' ^ dall'alto di questo dovuto lasciare i'n qu^olT:ri, . . ^8°'. 'S geWo 79/6.

A. mio turno, ieri sera salii a C i

Straordinariamente bella e '' • • nottata vera. La luna splendeva notte di primasilenzio era assoluto, salvo sereno. In trincea il pavane e grattavano; il nemìrr"^^'^ ^ P^^'

Quando ero in trincea, potevo ®^"^^rava incaricarsene affatto, colpj di piccone nelle gallerie spararono qualche colpo dietro ^ ^«^^ri di Moè sopra le nostre teste sibilando ^ granate passavano ^ > nemico non ci faceva caso.

RIORGANIZZAZIONE DE! LAVORI 105

Nel pomeriggio vi era stato un poco d'emozione perchè, nel salutarsi dalle trincee, un nostro ufficiale propose una tregua per uscire dai reticolati e seppellire i morti. La proposta fu accolta con mutue promesse di garanzia che i cannoni non avre sparato. I nostri superiori approvarono. Però alle pom., quan ci apprestavamo all'opera, gli ufficiali nemici dissero che essi non avrebbero sparato, ma che non potevano dare garaima per la loro artiglieria; così l'opera pietosa andò in fumo. grosso » austriaco di Cima Lana, dietro ad uno scudo a stava guardando con un periscopio; il capitano nostro, che parlam^tava scoperto « dalla cintola in su », gb chiese se aveva P® ^ allora « pezzo grosso » si fece vedere un poco p.u. II g™ ufficiale austriaco, che aveva accettato con entus.asmo la nos^ proposta del giorno, rimase molto mortificato della piega che avevano preso le trattative e cercò di scusa «amma col Durante la notte giunse dalla e quale mi si richiedeva di assumere rli Cima Lana: Lpii..... di .«s i i."d d. ""rr:rp»t

ma non so bene ancora che cosa vog la dovremo lavoa me verrà un colonnello in questo colonnello rare spalla a spalla; purtroppo vengo questa assoè un tale che non ha simpatia personale pe me q dazione quindi mi rende un poco malcon e • Del resto, la salute è otPma e 1 appetito

Avanti ieri feci da dcerone al colonnello^ fanteria. Era l'alba quando " —o -lla_se Cappello di Napoleone. Mi ero f-mato a Are. ^ gnor colonnello, questo e un punto a ^ j non hanno L mutìno, J. ... «d «S. »."1'^; mai tirato un colpo di cannone. »

LA MINA DI COL Di LANA

uno shrapnel da Valparola che scoppiò molto alto e non molto vicino. 11 colonnello disse: — « Già, già, ella ha ragioneI » — Ma non ci fu modo di portarlo più avanti. Poi rimasi qui tutto il giorno a far disegm su disegni; sono diventato addirittura una macchina litografica.

Ieri fu duro lo stare a Cima Lana, dove passai V intera giornata. Un cielo limpido e sereno; il sole irradiava i suoi caldi raggi in quella atmosfera sottile e ghiaccia. Si lavorò molto; avevo messo persino la fanteria al lavoro fuori delle gallerie, quando cominciarono a sparare i cannoni nostri di Moè. Mi precipitai al telefono ,per fare allungare il tiro, perchè gli shrapnel scoppia vano quasi sulle nostre trincee. 11 nemico naturalmente reagì e per due ore fu un incrociarsi di innocenti shrapnel che noi, al sicuro, stavamo ad osservare dall'imbocco delle gallerie. I lavori erterni furono naturalmente sospesi. Allora feci domandare per quale diavolo SI fossero messi a sparare; e la risposta fu che si erano volute mdicare al nuovo generale le posizioni nemiche.

I lavori ora procedono bene. 11 comando di divisione ne ha accettato in blocco il mio progetto di organizzazione, insieme a quello delle fortificazioni e di certe disposizioni riguardanti le .ruppe; ciò che mi ha fatto piacere.

Oggi riposo, e questa notte con un magnifico plenilunio a Uma Lana. Giornata stupenda ; non si è vista una nube da molto tempo.

P. S. — Mi sento straordinariamente bene e di buon umore.

Costone J, Agai, 22 g,„„aio 1916. stato^tuttr/k ° ° è che c'è tato tutto .1 lavoro di norganizzazione; ciò vuol dire generali coionnelli, maggion ecc in ^ generali, co indisposto due giorni"con una tons^^^^'^' ha dL un poco di febbre Per con ™ H ai reobre. Ler consiglio del dottore mi sono messo

RIORGANIZZAZIONE DEI LAVORI 107

a letto, ove intendo rimanere sinché mi sarò sufficientemente ristabilito; il male è che qui non si trova nulla per curarsi; i nostri ospedaletti sembrano essere solo provvisti per i feriti e non per i malati.

23 gennaio 1916, ore 6.30 ani.

Questa mattina mi sento molto meglio; la febbre e mente cessata e la bronchite è molto meno incomoda. De o ancora rimanere a letto per un giorno o due, come ha ordinato il medico e perciò continuerò a dirigere i lavori dal sacco peo.

Ora mi hanno dato definitivamente la direzione di tutti i av di qui; tra poco verrà aggiunto un terzo ufficiale. on a permanenza nel sacco-pelo, tutti affluiscono a questa ' che è diventata una curiosa e divertente istituzione, no tre venuta a creare qui una vera officina di disegni, i cui ora tu superiori vogliono copia per essere tenuti al corrente ei di quassù dove i reumatismi, la coscia floscia ed un pizz fifa non consentono a tutti indistintamente di recarsi con

25 gennaio 1916.

Oggi mi è giunta la tua letterina da NaP°''' ^ ™ portato un raggio di quel sole del mezzogiorno che,del resto da ...PO i.. .....o

giorno fa caldo e la notte appena ge . m questa stagione I . . .

La mia fnfluenza-bronchite ha passato lo stato acuto joo nel pomeriggio mi vengono pochi decimi di febbre che spans Prima di sera. Prendo massima cura di me. ma sono mol o a^ noiato deir impedimento che tutto questo reca a minchionon sono in persona sui lavori, fanno sempre neria. Per fortuna ho con me due ufficiai, d. pnm ord.ne, U tnaldi e Boisio.

106 LA MINA DI COL DI LANA

Tutto continua calmo e i lavori procedono con un minimo di rischio. Negli ultimi tempi si sono avute le soddisfazioni di compiere i collegamenti tra galleria e galleria e di farne sboccare alcune con una piccola feritoia in certe pareti di roccia a picco, donde un giomo, nel momento psicologico^ una mitragliatrice vomi terà le sue raffiche sul nemico, al sicuro di qualsiasi fuoco di artiglieria.

(Ore 7 pom.). Vi e stata una interruzione di due ore nello scrivere questa lettera. 11 maggiore d Ippoliti ed i miei due compagni sottotenenti sono venuti a conciliabolo, intomo al mio sacco-pelo. Si tratta di mettere subito a posto una mitragliatrice in quello sbocco alla gallena « delle Rocce ». che abbiamo aperto pochi giomi fa e che ancora non è interamente finito. Così vanno le cose militari: tutto manca; il genio comincia a riparare ad una di tali mancanze e. appena il lavoro è a metà, te lo vogliono strappare per servirsene, impedendo così di ultimare l'altra metà.

11 guaio più grande è con le gallerie. Qui dopo che hai avanzato appena 3 o 4 metri, la fanteria comincia a curiosare sui! entrata, impedendoti di buttar fuori il materiale; quando ne hai scavato 6 o 7 metri, i fanti vengono a sedervisi dentro, ostacolando il passaggio delle carriole. Arrivo io facendo « T Oran o urioso » ^ ed essi fuggono ; vedi tascapani e giberne che ^lano fuori dell'imbocco, e la galleria si vuota completamente, opo un ora, tutto è da capo! A volte è cosa da piangere, e non viene 1 ufficiale del genio a far sgombrare, la fanteria finisce coli addensarsi talmente che non si può piò ne entrare ne uscire: persino i minatori al fronte non possono più sbracciare

con la mazzetta.

D- altra parte quei poveri soldatini sono da compatirsi! Nelle pnme terrtbj grornate dopo F occupazione di Cima Lana, quando il lavoro delle gallerie era appena iniziato, mi dovevo mostrare inesorabile, anche quando di fuori le granate seminavano la morteora che le gallerie sono più avanzate, mi posso mostrare più

riorganizzazione dei lavori 109

indulgente: quando bombardano sul serio, faccio sospendere i lavori per ricoverare la fantena. ^

Costone di Jl!"'-

Ae. dal lavoro, ho trovato la Questa mattina, alle tre. tornan . tua lettera affettuosa e cara da Napoli e 1 ho P addormentarmi. . avendo dovuto per ben Fu una lunga giornata di maraa. » comandante tre volte salire in cima al monte. a generale di didei costone, nel pomeriggio per finalmente, di notte, visione Anichini, il quale arrivò inaspe^ strada! per il mio turno di servizio. È lunga vedere tutto Il generale, che è moralmente colleghi, e andare dappertutto egli stesso, cordialità e con molte Mi accolse, come fece 1 altra volta, co^ ^y^ebbe sempre fornito parole lusinghiere; mi assicurò ce m tempi hanno quanto richiedevo per i lavori. Ques è molto subito degli intoppi per mancanza * . |j interessa che i M 1 -j dei superiori, ai quan in contrasto con il desiderio de p lavori procedano a tutto vapore. Rocce ad aggiustare ieri notte lavorai quasi sempre sbocco sopra un appostamento per mitragliatrice gj^Jevano in bilico insta i un precipizio. Grandi massi di roca nemico, non vi sopra alla feritoia e. poiché stiamo può lavorare di giorno. . u corde, con ung Perciò di notte, con uomini legati f^.nare sbarre di ferro ed esplosioni J andarono a piecipi^* quei grandi massi pericolanti, ^ ® jg^de fragore. II nemic giù per il monte,sparendo nel diavo'" ^ giù per il monte, sparendo ne Jjovolo fosse tutto qut da Cima Lana si sarà domandato che d avo si scaricava; era nervoso ^e g-o^nte '""'oso e tirava razzi ad ogni teriale che si scaricava; era nerv ^ mento. La notte limpidissima non era poi sono addirittura primaverili-

LA MINA Di COL Di LANA

Costone di ^gal, 30 gennaio 1916.

Devono essere scorsi almeno quattro giorni da quando ti ho scritto 1 ultima volta; il tempo vola cosi rapidamente che uno neppure se ne accorge.

11 mio lavoro continua regolarmente. Sin dal dicembre è venuto ad aiutarmi il sottotenente Grimaldi, il quale ha la monomania di non nmanere imboscato. E di origine cSrsa, forte, intelligente e coraggioso e pieno di buon umore. Ai primi del mese è venuto anche un terzo ufficiale, il sottotenente Bruno Boisio, un volontario trentino, ben determinato a fare la guerra sul' serio. Porta una piccola barbetta, è miope e si aggiusta sempre il pince-nez sul naso e quando sorride ha l'aria di canzonarti. Dapprima mi fece poca impressione, ma mi sono accorto adesso che è un ragazzo di valore (). Ci diamo turni di 12 ore, sicché abbiamo 12 ore di servizio e 24 ore nell'accampamento; buona parte di quest'ultimo penodo però è spesa in cure di compagnia e nel fare disegni e rapporti Sono tanti i superiori che vogliono sapere e così pochi quelli che vengono a vedere!

11 nemico si è comportato meno bene in questi ultimi giorni; spesso CI fa delle scariche rabbiose di artiglieria ma, incavernati

Al parici mfr°awIZ"ye!rere\d°T,i1rr'°™^ ° i-eparaUli. consigliavo con essi A lni-« fatiche ed i rischi ed in lulto mi notorietà. esclusivamente «a ricaduto il clamore della Grimaldi cadde eroicamente sulla quota 1050 come dir' ' Boisio è il nome di guerra di Bruno Bonholi della nohiU f '|- 5 pena scoppiata la guerra, i cinque fratelli Ronfi 1' ' " patriotti trentini. Ap- disertando, e si miL a servi id ^"«^endo o Remo, ferito molto gravemente fu rinchiuso a Mathausen, ma riuscì a tornare in Italia sft lT^r° Vaporetto, parlerò spesso in seguito.' 'li Bruno

bombardamenti ed attacchi ni

come stiamo ora quasi dappertutto a ^7°" ero di servizio di giorno; arrdai alla gallona delle ^ d. quelle che prefensco. Sta a mezza strada verso Qma Una rimbocco è nella rientranza di una rocca a picco ed e quinch completamente defilato al tiro nemico. Guarda verso mezzopo ed ha1 piccolo piazzale davanti, che sovrastaun precpizio; . piedi si stende il Panettone con 1 ex-villaggio j i di ..«e, ed .«.«ha, da .U. .«J i-,a.p,...i.«. di ,...d.,. j, rampia valle del Cordevole, c e va a giornate A,,e,h.. pi^ii ^-',.7 h..„ addirittura primavenh, balcone Vi feci colazione, ,a.l picaol. pi....!. . 7 . UH divertendomi a guardare P disturbare tanta giganteschi giù per il precip bombardando le vicinanze paia., a«. pillala di g-a» cha ,.aUa dalla galla", na» „pp.a«nUra pualaha continue scanche ^ rarrettini (gergo di trincea per grosso lavoro. AH avvicinarsi e galleria; veniva lo proiettili di grosso calibro), 7^^7va un breve fremito; si aspet- Lh».» a la vali, dalla g.la". . „„„ lava che finisse la piog^a 'Z' to il nuvolone dell'esplosione, fuori a vedere dove sera jpiao ed il fumo puzzolente Una granata ° Poi si calmò il fuoco ed io pròdel tritol venne fino mg seguii sino a Cima Lana. principali, in- Qui si sono congiunte finalmente k d centrandosi testa a testa esatta^ can ora circola P^^ia per mancanza di ossigeno, era taggio dei nostri soldati. Pnm . P , ;„ostri soldativivevano quasi impossibile tenervi accesa a g„,anando un insoppor- l dentro pigiati gli uni Z lavata da mesi, tabile acre tanfo di umanità che non

Bruno Boisio (Bonfiou).

la mina di col di lana

Mi misi seduto vicino al buco che collegava le due gallerie, per sorvegliare gli uomini intenti ad allargare il foro ed a fare la scalmata che congiungerà i due rami, tra cui vi è circa un metro d. disi,vello. Mentre stavo 11 con la candela in mano a

vena ri II ^ col piccone cercava di indovinare la Quest ^ U a bombardare, sfogandosi bomtarr r Non ho mai inteso lassù un bombardamento cosi mtensn I ^ • • cessione e l'urto delle e | '^pida suctraverso la roccia che ^mcgeva a me direttamente a Snesso le I ' -, "" piccolo fremito ad ogni colpo, una scossa u'" all'imbocco della galleria davano Dodo h tremolare la fiamma della candela. od unoTgii^rcrT''" p- - p-°' volare i sassi ed ' f ^ oss..rvare quel che accadeva ed a veder gallerie e còm. ' l^-odicevo la volta delle trincea senza muOTerlh dovevano stare in all'adertodat\SLeaUegfc

con un salto nell'imbo ' corsa, arrivando istintivamente si voltav!nr ^ tarmavano tutti ansanti, ed leggieri, a cui il s» ^ guardare verso l'aperto. Alcuni feriti a farsi medicare; unrch^"""""'^"® P""'®

con altri in una d^ìl perchè e come, se ne stava buttarsi in galleria tutto^"filtlt una bomba aveva fatt ^ ^^^^^^^udandosi a tutti i santi ; ancora era in piedi R; quella parte della baracca che vare gli altri che —^ "^andare subito una squadra a scaPure con tutto queirinfern^^^^^ * soldato — erano rimasti sepolti. suddetta baracca) ed alcuni P-T""""". una vera manna santa ed il te Queste gallerie sono e sinceri carognoni della 18^ d* uno dei più onesti che vuole offrire un cero a ha dichiarato formalmente Liaetano.

bombardamenti ed attacchi 113

Fatta entrare in azione la nostra artiglieria, si calmò il boco ;i nn«;tro* POCO dopo me ne tomai nemico e poi tacque pure . no ir p ^^^;„,„ento tranquillamente in basso, trotterà j i a zig-zag che solca ora il npido j perfetta; La scorsa notte fu. nuovamente eh 1'aria immobile sembra^ J jÌ3„„ie monte M... era perfettamente limpido, dalla sinis p. ..„ ed il riflesso „„,e.„ebu»...il-if—i:Si^™: d.. veniva a illuminaimi debolme cresta del costone ad dei ».™o, n,i I.,™Ì - I»" . P«* li, „ ... ascoltare il silenzio della Cappello di Napoleone, completo: laggiò, --i piedi, sul si sentiva il tic-tic-tic di molti piccon strisciavano a me e dall'alto della gra un rumorio continuo cadendo, balzavano giù verso la uia va , materiale che ogni tanto si intensificava. poco quel riversava di botto il "j"'j"mi°piccolignomiiquali, nel buio rumorio che sembrava qu arcano fine. Invece lo scopo della notte, lavorassero per quale di tutto questo mistenoso avono no ^ uccidere e far soffrire! pie„o di energia e vitalità. Di salute sto benissimo grf alle Penso spesso a voi. can ^^^brano quasi inutili, quando vostre preoccupazioni. E q Solo per considero la vita che conduc . ^ _ ^g^g gesto il nostro caro Livio avete in^ ^g„ebbe che voi ricordaste Lui che Egli - ae potesse volere Scordano come una bella cosa perduta, ma i più belli anni della vita scorsa. / febbraio 1916.

. Ai salire a Cima Lana con Sono le 7 ant.- e sono sul punto „gg un capitano dell'armata per visitare

affinchè parta in mattinata. Sto benissimo, sono anzi fiorente ; la tosse e quasi sparita. E sparito pure il sole e ha cominciato a nevicare. Eccoci ali inverno che e venuto tardi, forse per rimanere a lungo.

In trincea pare vi siano ora di nuovo i bavaresi e quindi le nostre relazioni non sono più cordiali.

Costone Ji ^gai, 2 febbraio 1916.

Non ti parlerò molto di ieri che fu una giornata di arrab biature, causate dall'ufficiale d'ispezione dell'armata, che credeva di sapere moltissimo e sapeva poco: voleva dare consigli di cui non ho bisogno e apportare modifiche che non intendo fare. Non credo che vi sia un ufficiale di tutta la IV' armata che conosca il terreno e le circostanze del Col di Lana come li conosco io. 1 lavon procedono bene e procederebbero meglio se mi mandassero tutto il matonaie e tutto il personale per cui fo domanda. Dato questo, non consento che ufficiali, i quali non sono mai stati qui su. vengano a mettermi il bastone nelle ruote. Del resto questi episodi non hanno importanza; il frutto di tali visite è di solito un rapporto seguito da ordini tassativi; ma poi tutto continua esattamente come prima.

Le cose in guerra non vanno nel modo come sono ordinate, ma a seconda dello zelo e della cura che ha 1'ufficiale in trincea, e nel tare ciò che è veramente necessario. len sera tra ufficiali ci demmo la buona notte all'uscio della mensa. Era buio pesto e nevicava a piccoli fiocchi; già mezzo palmo d. neve era caduta. - « Notte da contrattacco » - disse .1 maggiore Mezzetti. Infatti ero appena entrato nel sacco-pelo che 1 nostn cannoni del monte C... iniziarono un tiro accelerato, poi cominciarono a tirare altri pezzi; si sentiva però poca fucilerà. Cecconi, 1 attendente di artiglieria, andò a verificare che gli artiglien da montagna fossero pronti vicino ai pezzi, lo mandai

il mio sergente di piantone al telefono, per essere subito avviato se l'allarme fosse serio. 11 maggiore Mozzetti era partito immecfiatamente per le trincee. Rimanemmo così svegh sino a mezzanotte cercando di seguire gli avvenimenti dal rumore dei colpi; poi tutto cominciò a calmarsi. Ho saputo adesso che vi è stato un vero on trattacco; abbiamo qualche morto e lento, ma non se ne co ancora i dettagli. Spero che i bavaresi saranno rimasti scottati.

Codione di jìg-i. ^

D. du. giorni mi »oo do.olo wre PO, un m.1 d. gol., m. oo. il 7*"-;i"roi~l.- è subito passata l'infiammazione e doman ,^'°"Dovrò anzi recarmi ad Alleghe

"diiLTi:

cambio di battaglione o di coman o, lavoro: come offensiva nostra sconvolge tutto 1 ^^po. Del siamo organizzati ora, si deve sempre superiori; Verresto la buona volontà c è da parte j^esso a mia diV . I l i JJÌa IV armata, ha mess dmois, generale del gemo aeiia strada di arroccasposizione anche il materiale pC ^ costruendo; parlano mento con quella delle Dolomiti c e s La grande persino di metterci alla dipendenza ire jneccadifficoltà è di uscire se fosse un' impresa nismo militare e di condurre „ disciplina militare, borghese, eseguita però da soldati sott p nemico. Hanno con i materiali e trasporti militari e sot ^ Yidea assurda, parlato di darmi 80 minatori borg esi, ^ Cima Lana sotto perchè non vedo un bravo borg ese Inoltre ogni uomo in un bombardamento per L. 5 giom sapere! trincea deve essere un soldato, non

L* altra notte, come ti accennai, fummo contrattaccati ; per un momento Y azione fu veramente pericolosa. 11 nemico con un fegataccio, che non si può fare a meno di ammirare, saltò sin dentro alle nostre trincee, essendosi avvicinato inosservato nel buio pesto di quella notte nevosa e tempestosa. Fu una grandine di bombe; i due ufficiali nostri, in trincea, furono immediatamente messi fuori combattimento ; ci fu un po* di confusione, poi i rin forzi e la mitragliatrice costrinsero il nemico a ritirarsi, lasciando due morti in trincea, un ufficiale ed un sottufficiale, e non si sa quanti fuori dei reticolati; ma le nostre perdite furono pure do lorose.

Il tempo finora si è mantenuto meravigliosamente bello. Ma non può durare

Verso marzo chiederò sul serio un poco di riposo che spero di ottenere. Se me lo permetteranno, verrò a Roma ; se non potrò uscire dalla zona di guerra, chiederò di andare a Venezia, dove voi mi potrete raggiungere per quei pochi giorni.

Costone di Agal, 13 febbraio 19!6.

Oggi al mio ritomo, dopo una giornata di servizio a Cima Lana, ho trovato il tuo laconico biglietto, con cui mi ordini in modo tassativo di farmi dare un congedo. In primo luogo il farsi dare un congedo o licenza che sia, quando si è sulla linea del fuoco, è tutt altro che una cosa facile; in secondo luogo, non ne ho più bisogno, perchè sto benissimo.

Vi è qui, come a Roma, una epidemia influenzale e ne ho ^to ue attacchi che mi hanno tenuto in letto per qualche giorno.

1 una ebbre reumatica, ma adesso sto meglio che mai. Semra c e qui 1 influenza non porti con se gravi complicazioni, quinj metti pure da parte tutte le preoccupazioni.

tempo intanto continua in modo fenomenalmente bello. Sono vere giornate di primavera; oggi a Cima Lana faceva caldo.

lavori d*inverno 117

veramente caldo, a 2400 metri sul livello del mare, ed io dovevo salire pianissimo per non sudare. -vnto ooco

Una giornata piuttosto oziosa, ma prò da arrabbiarmi e si è concluso parecc . i rocda si è noia, gli uomini hanno lavorato con uona

dite tanto spazio guadagnato), ed i pg. comle tasche. Del resto i telefonisti (che sono tu pagnia). hanno una specie di ordine ^g^ào, sono trovare quando sono sui lavori, cosi, superiori più o meno irreperibile ed ho un ^ ^i lasciano comincino ad accorgersi pure loro

« ^^33^iiate agli austriaci;

Intanto continuiamo a fare u strade, gallene e assieme a Grimaldi e Boisio stiamo costruejo^ camminamenti proprio sotto il naso sino ad ora. d il nemico siamo otrimi

Come dico sempre, noi de genio e p-jj cocciuti amici; ci hanno visto da tanto tempo ^ y^gUono di un mulo, che oramai si anche bene ; fatto sta che ci petiu manderanno una È eh. 1.=. uu. di pto— . b„v, raffica di cannonate, ma oramai iipvie nelle quali tutti pos distanze vi sono ovunque sicurissim che è troppo tar i sono rifugiarsi; forse il nemico o . recare serio danno, e che non ci può più impedire i prima cannonata no

E norma fondamentale della guerm^ nessuno in vista.

accoppa mai ed alla seconda non bellissime car Al mio ritorno, oggi, ho trovato pure ^ telle di cui infinitamente ti ringrazio schizzi mandrdai quali dipendo; ora ^yperiori hanno pr®sn disegni, sistema nuovo per A gusto persino troppo grande.

^ <• -lì;

Ho con me un bravissimo disegnatore, un certo soldato Orbi, nativo della Siria, ottimo panoramista e artista, il quale anni fa scrisse un articolo in arabo in laude di Leone, in occasione della lotta con Medici; Leone gli rispose ringraziando. Quanto è piccolo il mondo!

Le lanerie sono oramai quasi tutte distribuite, ed i doni di Mrs. Baldwin, di Hilda e di Mammà hanno fatto un gran bene e sono stati una manna a tanti bravi soldati. Se tu vorrai farne una nuova incetta e mandarmi un* altra balla, specialmente con calze, guanti, mutande, camicie e passamontagna, potrò distribuirli, recando molto aiuto ai nostri bravi uomini.

Sono le 10 pom.; domani alle 5 ant. arriveranno le squadre, come al solito, per prendere ordini prima di partire per Cima Lana: quindi chiudo abbracciandovi di tutto cuore.

Costone di Jìgai, 15 febbraio 1916.

Sono le I 1 ant. e ti scrivo dal sacco-pelo. In verità non ho assolutamente nulla da dirti, salvo che sto bene, anzi benis simo. Sono tornato alle 5 ant. dal mio servizio di Cima Lana. Notte serena e perfettamente calma, tanto che non si sentiva af fatto il freddo, a meno di non rimanere a lunco immobili. Ne O una fucilata, ne una cannonata. In fondo alla lunga galleria di S. Andrea rimasi per molto tempo seduto in terra, con la testa ^Ppoggi^ta contro la roccia, ad ascoltare in perfetto silenzio; non si sentì nulla; solo un vago rumorio che veniva dall'alto, causato dalle nostre vedette che battevano i piedi per riscaldarseli.

Sono sceso poi al Cappello di Napoleone; erano finiti i buchi di mina; gli uomini li caricarono mentre che mangiavo un boccone, seduto su di una tavola in galleria. Alla parola « fuoco! », cominciarono a sputare le linguette rosse ; uscimmo fuori, al freddo c arore ella luna, poi una salva di esplosioni con sassi, che volavano fischiando fuori dell'imbocco. Una densa nube bianca uscì

Lj\V0R1 D'INVERNO

rotolando dall'imbocco stesso, innalzandosi come un pennacchio p gantesco al pallido chiarore della luna. Tornammo a vedere leb letto delle mine; poi appesi l'elmetto al bracao e me .11. >. b...cch...., d... h. do». •c".

M. ciò no. cootien. Jcchè di nuovo: un...««• •" Cuu.

';piL

di ..p...1. d.~..o f f-*

uno veni» brontolano quasi ogni giorno, e p sopra la testa. ^ pochissimo

Non VI preoccupate di me,

1 Corriere delle Marche la confusone

Ti ringrazio del « Cornere di nomi non importa; è un omaggio co uh. Egli .0. .bbi. poin.. questa gigantesca voragine, che ness

/7 febbraio ì9ì6.

a neve ed ora

Nulla da raccontarti. H tempo si nualche rara cannopare voler rimettersi al bello. Mo ta ca ^j^j^iettivo, e che genata, che non sembra avere ne moti ^(jaiiio costruendo una neralmente non fa che un ^^J^n^pamento; una bella baracca nel punto più sicuro dormitorio per noi ufficiali e racca spaziosa e ben costruita, genio e con un vano per ufficio sa Caìnte fiorente.

Oggi dpo.o: ,U.... uo« Mon.u»lo^ S.I..

/9 febbraio I9l^-

• due righi dal sacco-pelo prima

Sono le 6.30 ant. e ti i rilievi ed il rapdi partire per Cima Lana. Oggi occupato da non poter so porto settimanale e sarò quindi tanto

verri a lungo. Ti ringrazio tanto della tua cara letterina e delle molte cose che ti sei affrettato di comprare; il « Thermos » sarà una vera manna per noi ufficiali; quello spedito da Girolamo, fu spedito senza cassetta ed arrivò schiacciato e rotto. Salute ottima ; tempo semi-nevoso e ventoso ; molta calma da parte del nemico.

P. S. — Il medico di T... di cui mi parli è un ottimo diavolo, ma è il più gran ca...one dell* esercito italiano. Di lui ti scrissi che voleva accendere un cero a S. Gaetano per le gallerie di Cima Lana. Dal momento che la galleria fu avanzata di qualche metro, il bravo dottore vi si mise dentro e non vi fu più nè modo ne maniera di farlo uscire; faceva a meno d'andare alla mensa per non passare allo scoperto I Quando le mine erano cariche e si doveva dare fuoco, lo invitavo ad uscire; se per caso in quel momento il nemico sparacchiava un poco, soleva dirmi: « Nè, Gaetani, aspettamo nu poco!» — Ed io in risposta: « Fuoco! » — e ridendo lo spingevo all'aperto.

Costone di Agal, 22 febbraio 1916.

Ti scrivo tanto per mandarti un saluto ed un abbraccio, ma mi sento tutto intontito, avendo dormito dalle 1 1 ant. sino alle 3 pom. Questa mattina alle 2.30 mi ha chiamato il telefonista e ho dovuto alzarmi, perchè era venuto un generale per andare a Cima Lana. Io che parto sempre da qui verso le 7.30 del mattino e me ne vado tranquillamente a Cima Lana, passeggiando e fumando per la cresta del Cappello di Napoleone, senza che mai nessuno mi abbia dato noia, trovo che queste scappatine not turne sono cose meschine ed inutilmente caute. Solito giro, con le guardatine furtive per le feritoie verso gli invisibili reticolati nemici, e poi la trionfale ed eroica discesa da Cima Lana. Come a so ito, ho dovuto fare da cicerone, parte integrante delle mie funzioni. 11 generale, che è una cortese persona, mi dà sempre segni della sua simpatia e fiducia.

Al maggiore d" Ippoliti del genio, mio comandante d. batta glione. ho detto che verso la prima parte di marzo cWo un po- di riposo perchè avrò fatto allora 70 giorni d. tnnc^ pare veramente che sono dispostissimi di mandarmi a Roma p« servizio. Ciò mi darebbe la infinita gioia di stare alquanto con vo.

Domani debbo recarmi ad AHeghe per confenre con J co mando del corpo d'armata per l'appostamento di Oggi ho fatto in modo da far mandare il mio capitano SebasUams .M.I..O p,.fae c.„i 7

Ho procurato la « spedizione » del cap R«ma appoe^rio perchè poi egU appoggi la mia « del che del resto non credo necessario, p "Tlt" P.<•"=.«e

lungi da qualsiasi granata.

Non so come ringraziarti P®'' generosità senza cose che mi compri e mi mandi co ^ limiti. Non sai di quanto piacere e di Sono imsia il vostro affetto che mi accompagna m ^ Tidea che paziente di sapere dove andra Leone, no passare in vada in Albania. Miche si sta batt^ o impedirgli pilotaggio, ma questa sua preoccupazione a di dare qualsiasi notizia sul conto P^^^P" pietà ignoranza di quello che stia ace ^ 1 :l fprreno, nel caso che . e 50 per esplorare il terrenw, P) Si trattava di una trivella lunga me molto vicine, le gallerìe dì contromina del nemico ci lossero ven ^ iniettarsi nel buco a o Furono puro ordinalo dolio bonrbolo d. gas a fi j">■ ^ un cor» la irivolla, qualora avosso sbucalo in un. S'"'"; u bonrbnlonon punto della galleria per verificare la disianza a ^ ,aeato a

Questo tipo di trivella, che ci serv.va ^ asogniva nostri minatori, Romano Felici e Primo ^^^^^sso della min. è ■)» pochissimo rumore e posso ben dire che P questi bravi ed intelligenti soldati.

Di salute sto bene, ma comincio a stancarmi di questo sforzo continuato.

Coslonc di JJgai, 24 febbraio 1916.

Ieri cambiò il tempo proprio sul serio. La mattina, quando mi alzai, vi era già un bel tappeto di neve e fioccava forte ; co minciava pure a tirare un po* di vento. Andai al Cappello di Napoleone per sistemare i lavori, con il bravo e coraggioso ser gente Pietrosanti (della cui sorella ti stai occupando), e poi scesi con lui al Panettone per fare il rilievo topografico del Montucolo lavoro ordinatomi parecchio tempo addietro dal generale Anichini, ma che non avevo potuto eseguire a causa del tempo sereno, infatti la zona e battutissima dall' artiglieria e dai « Cec chini », ossia tiratori scelti, e quindi non si può percorrere allo scoperto, quando l'aria è limpida.

Ieri invece fu giornata propizia; le posizioni nemiche erano avvolte dall opaco velo della bufera e l'artiglieria era nella im possibilita di sparare. Questo rilievo fu un lavoro piuttosto penoso; il vento sbatteva in faccia i granellini di neve ghiacciati che pun gevano come spilli, ed il rimanere immobile su di un monterozzo di terra od uno scoglio, con 1 istrumento in mano, sino a che si quietasse l'ago magnetico, era un problema serio. Alla fine, dopo un quattro ore di lavoro, tornammo al Panettone con i vestiti incrostati di ghiaccio e le ciglia e sopracciglia coperte di stalat titi. I ^camminamenti si erano in un momento riempiti di neve pol verulenta, che a volte arrivava all'ascelle.

Al Panettone incontrai due ufficiali che non conoscevo. Uno di essi pare fosse il comandante del costone, come mi hanno detto poi; mi chiese donde venivo: risposi che avevo fatto il rilievo topyafico del Montucolo. Allora mi chiese se era il rilievo di quello italano o di quello austriaco (ve ne sono due. che stanno fronte a fronte, ispidi di reticolati, feritoie e mitragliatrici). Risposi ctie avrei ben voluto fare il rilievo del Montucolo austriaco, ma

che il nemico non me ne aveva voluto dare il che il suddetto capitano se Fè presa a mde e mi ha fatto pporto. ma superiori cercano di smorzare a am 11 lavoro è ausato bene ed in questo momento • mio dise gnatore Orbi sta coricato sullo stiratore, facendone il luad . 26 febbraio 1916.

Segue il racconto delle vane ;] capitano litare. Ti scrissi del mio incontro sul f^noDi L.... Il giorno seguente avvenne un fatto strano ^ • } A A\ divisione diceva: « gramma giunto al comando ai a . , passare per Caetani non prende un atieggiamento dioers , / le armi, » Il telefonista, sergente del gemo. «mico il S. T. gramma, corse profondamente addolorato tetani!»— DeAngelis dicendo: — « Ci fucilano i nos strofinò gli occhi; 11 generale Anichini, nel leggere il era in sub poco dopo tutta la divisione, ove ^ ^ gy di me, ma buglio. Fu ordinata un inchiesta un medico fu sullo stato mentale del capitano. ^ anche il cuoco mandato a Salisei, dove si venne ® fucilato, non so bene del battaglione correva il pericolo i juchiesta con deposizioni per quale fattaccio di cucina. j| capitano, dichiarato testimoniali e rapporti, con il tisuta allora dal coman o fu esonerato per momentaneamente impazzito, del costone. (]a un coro di risate. Ieri andai ad Alleghe ove ui preparato a venire m Peppino Garibaldi mi disse che si er ^fj^dali superiori e gc mio soccorsa con le mitragliatrici, ^ j- sottintesi, nerali si contentarono di un sorriso p partire in automo^ Il mio capitano Sebaslianis. ^ e ^a (g„ente a' P'" bile per Milano, mi Asse g°"^^^pagnia. Non so presto e farmi comandante e a

MANCATA FUCII-AZIONE

stanno le cose, ma pare certo che egli sarà trasferito, come desidera, ai telegrafisti e che io sarò messo in comando alla compagnia.

A mezzogiorno dovetti presentarmi al generale Genovese per dare spiegazioni riguardo ad un appostamento di cannoni che ho proposto; la questione ora va al Comando Supremo e spero che sara approvata, perchè vale veramente la pena. Fu anche accettata I idea di un nuovo osservatorio d* artiglieria sul Cap pello di Napoleone ; del resto 1 ho già bello e preparato, se guendo il sistema di fare subito ciò che è necessario, salvo a farsi approvare più tardi il progetto. II generale poi mi parlò di Leone che era nel 13° quando Genovese era capitano. Nello stesso ufficio trovai pure il maggiore Riggi, che è figlio del nostro ex-architetto e che mi chiese notizie dei fratelli.

La sera, alla mensa della divisione, c'erano i due generali e quello di divisione mi chiamò, per cui mi precipitai, arri vando davanti al generale sull'attenti; i chiodi degli scarponi mi slittarono un poco sul pavimento di mattonelle, di modo che gli arrivai pattinando un poco più vicino del dovuto, tuttavia non feci il bottaccio, ma ci mancò poco. Dopo la mensa il generale De Bemardis, che parte, mi salutò affettuosamente e di sua spontanea idea ordinò al maggiore d'Ippoliti, che quando avessi chiesto un riposo, mi mandasse a Roma per servizio. Lo ringraziai e lo pregai di passar la parola al generale di divisione. Cosi spero, verso il 10 o 12 del mese, di partire per Roma per rimanervi quattro o cinque giorni. Che gioia infinita sarà quella di ritornare nel vecchio palazzo e di sedermi tra voi. cari genitori!

Come dici tu nella tua deliziosa lettera: « amate e sarete amati. »

P. S. Ti prego di dire ben chiaro a Cesana che non regali o faccia pubblicare alcuna delle mie fotografie. Mi causerebbe dei seri guai.

inverno

C«hm di Jg^i. 28 féhrch 1916.

Mi à giunio « ni

Lebba d. ™ i.^egn,.a di b»..."Tt'mai dd i-a» i .l„a parala il mari» mi. b * T'I'l"™»

purtroppo una specie di legg • si mi espone al rischio di non po aspetteranno. Vorrei essere meno in vis sereno, che acOggi sono andato a Cima ana jneirca 80 ciccava sulla bianca neve ca u a ^ -Crn 1 camminamenti, ctm. Lo spettacolo di .uesti e le due Sgombrati dalla neve, sono ora bambagia flocculenta, alte pareti che li fiancheggiano, pa p ^ che ci celano danno una strana sensazione di sicurezza. completamente alla vista del nemico. colore dissimulante.

Con tanta neve importa ora cappotto, o caPrego quindi l'adorata Madre * debolmente colorata m micione che sia, di leggiera ane venire dal bucato, azzurro, come talvolta si vede a * Sarei grato alla Madre caro nostro Boni ne ha fatto uno ^ imbastire questo se potesse fare tingere una flane ^ imbottitura ma esseie indumento, che non deve avere n con due aperture ai un semplice camicione in forma -r g Quando sarò a Roma, fianchi per giungere alle tasche dell uni orme, si farà la prova e si finirà il costume. ^ / mawo 1916.

1- mando poche parole affinchè Oggi, per la posta che parte, ti ^^sto ho tu non rimanga troppo a lungo sen« mi poco da dire, perchè tanto s'alza i. vento tinua tranquilla. Nevica e

che diviene tormenta ed allora tutti i camminamenti, le trincee e le altre forme di buchi e di avvallamenti si riempiono di neve sino ali orlo, e questa si deve paleggiare per la n."'" volta coji la pazienza d'un fakiro.

Intanto passa il tempo rapido e veloce e si avvicina il mo mento in cui spero far ritorno tra voi per pochi, brevi (purtroppo quanto brevi!) giorni. Curioso! Ora per noi il maggiore premio e di poter godere di alcuni giorni di ciò che prima era la nostra solita vita quotidiana!

Penso costantemente a voi con immenso affetto.

Coslonc di Jlgal, 2 marzo 1916.

Ieri fu il mio turno di notte a Cima Lana, dopo quattro giorni spesi lassù per organizzare certi lavori nuovi. La notte era buia e nebbiosa e dalla nebbia cadevano rapidi i piccoli fiocchi di neve; con tutto ciò si vedevano le stelle ogni tanto come punti luminosi sopra al capo ; le nuvole circondavano la vetta e si condensavano in neve. A Cima Lana trovai difficoltà varie e alcuni piccoli disastri; il terreno è decomposto e friabile e tende a franare: i nuovi minatori sono muratori e falegnami in gran parte, e non sanno sostenere un terreno che scorre; da ciò guai e dolori I

Nella lunga galleria di S. Andrea, il cui avanzamento è stato messo a premio, le condizioni sono più favorevoli ed il lavoro procede rapido. Qui per i fori di mina usiamo un trapano ideato a ue nostri minatori, Felici e Piantoni ; questo trapano viene spinto contro la roccia tenera e si gira a mano; lavora efficacemente e si può vedere ad occhio la trivella penetrare avanti, rosicchiandosi la roccia. La notte scorsa mi sedetti per terra in galleria, furnando una sigaretta ed osservando gli uomini al lavoro ; uno m piedi, con una leva puntata in terra, spingeva in avanti la trivella, mentre un altro in ginocchio girava il manubrio; una

INVERNO 127

lampada ad acetilene e la candela che tenevo m m^o illumi navano questa scena sUenziosa. in cui non si sentiva altro rumore che il rosicchiare della trivella e il sordo bathto del ventila ore che un fante, ali" altro estremo della gallena. ^rava nel huio. Guerra di talpe, misteriose insidie di un avoro che tamente, ma senza tregua, come quello di un tar o c e strada nel legno. Alle quattro, quando lasciai la gallena la i^ bia e la neve si erano trasformate in una tormenta. La frustata dal vento, aveva formato -juov^ ^

scancellando quella traccia un poco ^ jj. J. g.id., dcctó n.» .i P- 'J™'; i Ìh, nevosi; la fitta nebbia aveva fini o p Lana. L • I f • Ilice immobili sulla ama del i-ana. che tengono i loro fasci di luce ^ 11 buio era quasi completo ed pando e cadendo ad ogni istan e. austriaci, di queir atmosfera lattiginosa era nsc lara oarabola acuta « ,1 vede,. I. mka. big»™» d^».» ~ c poi .momra. d» gli occhi rimanevano abbagliati, P più niente. . j^ve si era nò

Per la scesa non v'era modo di sape dove si andava; il Col di Lana era fortuna dovevo selattiginoso, senza rilievi e senza om condottura, dalla guire il camminamento che mi serviva lungo quale era impossibile uscire e, strisciali piccoli passi le pareti di neve o gli oi"!! di g ^ ^.^^^0 abbassarsi 1 , , V oem tanto n , gli orli di. il terreno abbassarsi sdrucciolando con i piedi. Sentivo ogni ^ voltate ripidamente sotto di me, poi potuto scendere altretacute sbattevo sulla parete di faccia. istinto avanzavo ne tanto bene con gli occhi chiusi, mve nebbia vidi un buio con gli occhi spalancati, ma m jig^jo un monterozzo, chiarore che usciva come un fascio era la galleria della mitragliatrice.

Li trovai che tre quadri erano stati mandati a gambe per aria dai colpi di mina; bestemmiai e dissi improperi ; poi andai più giù, ove e la galleria di S. Barbara, sotto il Cappello di Napo leone e dove non si lavora di notte; il piantone russava. Alle cinque ero nel mio sacco-pelo.

Intanto a Verdun infierisce la vera guerra, non questa guerra di assedio che facciamo noi. Ecatombe di belli esseri umani; fe rocia e crudeltà senza limiti! Speriamo trionfi il diritto delle genti e che quei pazzi, i quali spingono il popolo tedesco al massacro, rimangano soffocati dal sangue.

Costone di Agai (dello « Coslon de' Guai »), 4 marzo 1916.

Il foglietto che ti mando è importante e convincente: esso è in nsposta alla mia domanda di sei giorni di riposo a Roma. Non sarò felice e sicuro però sino a che non avrò il foglio di viaggio in mano. Saranno allora (il 12) già 62 giorni che avrò passato m tnncea. E una meraviglia che io resista così bene; tutti gh altn, dopo un mese di trincea, finiscono a letto o aiospedale. E vero che mi curo ottimamente e che in mezzo a tanti guai cerco di vivere senza angustiarmi.

Ieri venne il caporale ... a dirmi che si sente distintamente li nemico trivellare sotto alla galleria di S. Andrea; non volli apprima ar retta a questa storia per la ragione che, se mai il nemico c. controminasse, si avvicinerebbe dall'alto e non mai dal asso. uttavia 1 insistenza e T unanimità dei soldati nel darmi i più minuti dettagli m'indussero ad andare su verso mezzanotte. ntrato m gallena mi andai a coricare nel punto minacciato e, circondato dai minatori, rimasi a lungo ad ascoltare per terra. Infatti SI poteva avvertire come lo stridere distante di una trivella ed ogni volta che si udiva taU • n . . i rumore, i soldati si guardavano con aria preoccupata, mentre il caoorale mi f. *•I j. , «-aporaie mi taceva cenno in giù con il dito e spalancava gli occhi Tanf^ i. j- • l 6 ni. 1 anto studiai che venni a

INVERNO 129

scoprire che lo stridore misterioso era causato da una vibrazione armonica del tubo di ferro zincato che adduce 1 ana di ven^ zione ; con un poco di stoppa ed una legatura in P posto riparo a questa insidia nemica ed ora tutti si

""Nt m™.™» P"'"'""r

vori sul Cappello; gli uomini scapparono, ma P bu..., u. p"e. le li r' pericolo era minimo e la giornata ottima; c ^ L'austriaco si insospettisce durante tali giornate e pa per spauracchiare. ^ disegni da Fiocca anche oggi; ho un . fare e Boisio, che è di turno, ® lui avere un Il ™ìo b,.vo dleg. Gri^ld, vombi.» , camicione-paletot di flanella bianca. ^up^c ho fatto preghiera in una delle mie _ cortesia del Il.The™... S ™..t« »» = rUreeiedi colonnello Bodrero ; è una magni cenza cuore.

« A bìentót! » 7 marzo 1916.

A chini, della divisione, Avanti ieri, ad Allegrie, il genera Ubero di partire per mi trattenne a pranzo e mi assicuro verso il 12, allorché Roma, quando ne avessi fatto oman metto in moto avrò bene avviata la nuova organiz giorni più lardiquesta sera C). Potrebbe essere anche due gioia! Che

(1) Si trattava di avviare un po^ ^/allontanata dalh "u su mano che ai era andata internando nella ' , ||oria a quattro metr. po^o in salita doveva, secondo i calcolt, ncond « j„ova po. pochi metri davanti la tnncea nem.ca, perltcie e a di nuovo orizzontalmenle.

Peppino mi ha detto che ha proposto di mettermi al comando di un battaglione (?) di lavoratori. Sarà?!

Molta neve e caduta questa notte; parto subito per spingere gli uomini ad andar su. Si riesce appena a passare per i cam minamenti.

Tremenda la battaglia di Verdun. Viva la eroica Francia che si batte per noi tutti!,..

9 marzo 1916.

Siamo sepolti dalla neve; impossibile andare a Cima Lana. Aspettiamo che ci mandino i badili da Pian per riaprire la strada.

Partirò tra due o tre giorni, forse quattro, non so dire esat tamente, giacché dipende dalle circostanze.

Coslone di Jlgai, IO marzo 1916.

Come ti scrissi ieri, siamo sepolti dalla neve ; ne è caduta un finimondo durante la notte e questa mattina. Quelli su a Cima Lana erano bloccati, nessuno era riuscito ad andare su o a scendere. miei uommi, saliti ieri sera, non sono riusciti a tornare che oggi a mezzogiorno. Naturalmente le altre squadre del genio dovettero nmanere qui ad Agai.

Questa mattina si è fatta una grande spedizione per aprire le strade e ristabilire le comunicazioni. Tutte le pale in vista tu ono requisite e le schiere di paleggiatori s'incamminarono per il «-appello^ seguite da noi ufficiali. Lungo la strada, che non senza ragione e stata battezzata « del Calvario », abbiamo scaglionato g 1 uoimiii, e poco dopo la neve cominciava a rotolare a gomitoli verso il fondo del Vallone della Morte.

Al appello son cominciati i guai pif, g^ssi; la neve altis-

ma era nmasta vergine. Due ufficiali ed io ci siamo accinti a sfondare la strada; io, come più pratico di neve, mi sono messo m testa per quasi tutto il.percorso. È stato un lavoro immane.

A m». .i. .kbi.m.

pj con il pied,i ,...<1. s". il tenente Caccia. _ --Ma rieterminazione di Così, con r aiuto di ufficiali son rimasti sfondare, siamo arrivati su a C -rrivati su quando tutti „„p„c, ooniSea» di «de,, "T I. d l»" i „Li mende» ,» gH teva passare. . _ i. .Quadre ed ora si Aperta la via, hanno ad annientare tutto passa bene. Purché una nuova u il lavoro fatto, come è già acca u o media. mane. La neve a Cima Lana deve misurare regolare certe Qnee,. n.«e dovei, d'"""j;fi.'p„„d..1 cose. Gli sforzi sono grandi, m ^ niettere tutte le cose prossimo ritorno. Il mio solo pensiero, e giorno, senza in tale condizione da poter svignarm inconvenienti nel servizio. 12 marzo 1916. D . secondo il mio progetto, mOggi dovevo partire per orn . ^ j cagione vece non potrò partire che tra du ^^^.bbero doche certe armature speciali per un arrivate c .«fiimana ia> 'w- Hi y aav»* jf»- 1 ^ nn7Z0 l*' ljuv»" , vuto essere consegnate una 'ji rimo filare, prima di oggi e voglio metterne in opera io s ^(gjandoli a Gnma i pSire. Fatto questo potrù 1--?.' ^,0. Del resto, gmrno partire. Fatto questo potrò ^ Del resto, giorno e Boisio, di cui mi fido purché possa vemre prima o giorno dopo, fa p prima o giorno aopo, tvoi, cari genitori. qualche giorno, perc La posta VI sarà fo Belluno, le valanghe hanno bloccato la strada

m Non vale la pena che io dica altro, tanto è vicino il ritorno.

Seguo con animo palpitante le tremende gesta di Verdun e con tutta I anima prego che la fortuna sia propizia agli eroici francesi. Vorrei che ci fosse una mano di Dio, che scaraventasse una gran dinata di piombo in capo ai barbari e li annientasse, come si racconta avvenisse a Velletri ai brettoni di Onorato Caetani, al tempo del grande scisma.

26 marzo 1916.

Da quando sono tornato da Roma, sono stato talmente oc cupato che non ho avuto il tempo di scriverti. Per ora non ti diro altro se non che sto benissimo. Ti scriverò a lungo. Infiniti abbracci a voi cari.

Costone di Jlgai, 3f marzo 1916.

Da nove giorni sto di nuovo in linea e non ti ho scritto che laconici messaggi. Oggi per la prima volta sono un poco piii libero. Qui, al mio arrivo, trovai ordini draconiani, limiti di tempo prefissi, un mondo di cose da organizzare e riorganizzare e specialmente una lunga serie di rilievi e di disegni da fare. L* oggetto di tante fatiche è un lavoro, di cui purtroppo non posso parlare a causa della censura, ma che spero più tardi potrà essere soggetto di lettere più interessanti di questa. Durerà tale lavoro per qualche setti mana ancora e forse sarò talmente occupato da diventare un corrispondente assai mediocre. Ciò non ti deve preoccupare, come pure non devono preoccuparti i silenzi di vari giorni, perchè tutto qui è calmo e lo sarà ancora per qualche tempo. Dopo giornate, altemantisi, di neve e di bruma, ne abbiamo avuta oggi, per la seconda volta, una primaverile. Sono salito su Cima Lana in costume poco estivo e sudavo. La neve sta fondendo rapidamente sotto il sole cocente, ed il lungo camminamento, o fosso a zig-zag, che sale alla vetta, di venta il gran collettore delle acque e sul suo fondo corre un vero

lavori di contromina 133

ruscello. A Cima Una un nostro ufEcale ha Y,, una fucilata contro un capitano austriaco che faceva .1 bello con il binocolo e pare che l'hanno « hugere » ; P" ^ austriaci si son divertiti a buttare delle bombe che ^no pm boUo che male. Una me ne è caduta abbastanza vrana. ed un alua ha ferito leggermente un mio soldato. Me ne sono andato m gal leda, dove neanche i 305 possono farci danno.

La tosse mi è passata quasi totalmente e d. salute sto beno , poi il sole e la primavera rendono tutto più bello. periamo C. ma molto tardi! rer oid ^ miesto come mi ha mezzo promesso per quando avrò finito questo lavoro.

'Dal sacco-polo. 3 aprile J9I6. ore 8.30 pam.

Il tempo passa in modo vertiginoso; con la mente tesa, c una corda di violino, su quanto mi^ nuto del mio tempo adibito o al lavoro ^ ^ ::f:tr-t;T:;'rrvrsrco^^^ mio. perch. ignorate

di non dare informa ^ ^ .j p,u d.i ™ à. e v«™ i„ien.o, Are.f" . teer.-A.rio che poi S •peAr». trrLt a ...^oo..ì.s.,0....0,0^0^ a.

I. 1«». ó P..A —o P Posso assicurarti P me anche se le sto in buonissima salute; non vi preoccupate di me. notizie lardano a vemre.

LA MINA Di COL DI LANA

LA MINA DI COL DI LANA

Sono circondato dalla paterna cura del ten. col. Perelli, di Garibaldi e de! generale Anichini, per cui certo rappresento Y an titesi della carne da cannone; perciò potete essere tranquilli che 10 non sarò esposto mai più del necessario.

Inoltre ho il presentimento che la stella mia non sia per tra montare e che tra non molto tempo potrò essere di nuovo con voi. lettera di Miche è bellissima. Peccato che quel porco scriva così poco!

Costone di Agal, 5 aprile 1916.

Oggi per la prima volta ho un pomeriggio libero e, poiché mi sono alzato alle tre ant. per accompagnare il colonnello Perelli a Cima Lana, mi son messo ora nel sacco-pelo a fare una picchia di sonno; del resto è da parecchie notti che dormo poco, forse a causa della tensione di nervi, a questa altitudine.

Oggi ho avuto la soddisfazione di veder tornare da me il mio compagno, il S. T. Rodolfo Grimaldi, il quale aveva avuto ordine di imboscarsi in seguito a pressioni fatte da Roma. Mi era venuto un ordine tassativo di farlo partire immediatamente; 1 animo suo di vero soldato si ribellò air idea di abbandonare Boisio e me al momento del pericolo e così, d^ accordo tra noi altn, non ci curammo dellordine d'imboscamento. Dopo dieci giorni però vennero ordini cosi categorici che Grimaldi si decise di par tire, non già per la sua destinazione ad un certo lavoro di re trovia, ma bensì per Belluno, dove andò a protestare presso il generale Verdinois ed il generale di Robilant. Tanto ha fatto c e oggi è di ritorno, tutto raggiante per riprendere il suo posto

A11 L Moschettieri del Col di Lana », come ci chiamano j. . abbiamo deciso di rimanere qui e rifiutiamo di ricevere i cambio, decisi to stick io the place finche avremo compiuto li lavoro affidatoci.

Questo procede magnificamente, a passi di gigante, oltre qualsiasi aspettativa e, ciò che è più meraviglioso, senza ostacolo

di contromina

da parte del nemico. I timori che si potevano avere da pnw si vlo ora dileguando, perchè oramai abbiamo precduto nemico di tanto che possiamo voltarci sulla sella e .lutarlo con la mano. Tutto perciò va così bene che non vi « preoccuparsi di nulla e. tra qualche setumana. ^ 1 Ai Hettaeli interessanti, su questo ep un letterone monstre, pieno di dettag """Jlinj. o.. ™uo «fa», d fa eS'" pori.» Sci .1 no.» »» Li.». Ai »»l>™ «• j di un. „»n., fa C.U.,. ud Ai«e» ""r «.TÌ. Diedi uu. «.nei. .1 g..,di~ YJIfan. fan,. d,..™., eh.

V.d. I. coni». P.p.l»«. j. iijfal e mirabile è neH'opera sua: che n frana caPartito da Belluno, trovai per istmda duta la mattina, che giudicai affetta J m ^ trasbordare e passare il Cordevol P Cima Lana. , , gi è rimesso Il tempo, dopo una sene di nevicate^ m^o^^ j-apidità pro di bello e in quattro giorni la neve si e j. artiglierie, verbiale. Durante quelle limpide ^ornate ^p^^ ^ ci fu un poco di da tanto tempo addormentatesi, si j capi-pezzi vosparatoria da destra e da sinistra. i tempo e dei gliono riaggiustare il tiro. Ho a colpi di mine banchi di neve ancora alti per a Cappello di Napoleone il camminamento della Sella, c e sepa nemico, ma, da Cima Lana. È questo lavoro m pi Q\^^xnì risultati. Si come al solito, la gran faccia tosta a ^ spariamo vede che gli austriaci ci vogliono ene. spesso amla lunga ,serie di mine (spettacolo si'sveglia e spara miro dal piazzale di Cima Lana;, esploso le mine, come una serie di shrapnel, sul posto ove anno per indicare che ha visto .1 lavoro. Dopo

tornano al lavoro per sgombrare il materiale tranquillamente, senza disturbo di sorta.

7 aprile 1916.

Tutto benissimo. Lavoriamo giorno e notte. Salute ottima. Vinceremo (^).

Costone di Agai. IO aprile 1916.

Mentre la vita febbrile di questi giorni mi tiene in moto con tinuo da Cima Lana ad Alleghe, dalle gallerie al mio ricovero, dandomi appena modo di mangiare e poco tempo per dormire, la mia mente ricorre continuamente verso voi, cari genitori, e mi morde un lento rimorso che stiate in angustie per la mancanza di notizie.

Tutto va bene; oggi e stata ultimata 1 opera principale. Non ^ nmane che da fare alcuni lavori complementari e ultimare gli altri in corso. Avanti ieri sera il nemico era molto attivo nei suoi lavori di contromina e perciò chiesi protezione ed invocai il con corso delle nostre artiglierie pesanti, perchè battessero i collari dei'

() sera, verso le 6 pom., sono venuti a svegliarmi:- « Signor tenente(mi han detto), è franata la galleria d. Cima Lana; la vogliono al telefono.. _ Risposi subito che la gailena non poteva aver franalo. AI telefono. Boisio mi disse che il nemico aveva sparalo una contromina, U quale aveva fatto cadere parte della volta della galleria nel punto ove essa si biforcava; aggiunse che egli e quattro soldati erano rimasti interrati, più o meno, sotto la rana, ma H^menle. l'uno aiutando l'altro, si erano districali dalle macerie senza danno. Vestitomi in fretta, andai su di corsa.

« g«»^ria difatti non aveva sofferto. U contromina era stata sparata troppo alla e troppo aria circa ^dilr nella nostra galleria aveva sfogato ìn alto, mandando per Ali -A " iJ nemica. I sassi erano volati sino dentro alla trincea nostra. fuori eh I — ""1 /•■^'.occo Ve. i, e si diresw >11'attacco in galleria Bell-.v" j'"" u' T " è poco dopo Io «toppio della nostra tnina letrT and' f"' •*' .otto un intendo bon.bardan.ento; nvevain'testa un il f" "d "T"°" sentbrava un guerriero antico. E cotne gner" l!! ' "T'' Marmolada. qualche mese più tardi, credo al

LAVORI DI CONTROMINA

pozzi nemici. Entro venti minuti gli obici da 210 di C... ede a 1 7" divisione rovesciavano un uragano sulle tnncee d. Cima Lana. I proiettili raschiavano Paria a pochi metri sopra la nostra testa ed allo schianto tremava il monte e le schegge passavano sopra di noi giù in galleria tremava la roccia.

— Q.> Pozzi o ascolto.

C. M., Contromina del 7 aprile. P P'» ' jfftHani F.. Fornelli di mina italiani.

Alla divisione sono perfetti a mio riguar j^jo la di stato maggiore Perelli MaggioreMezzetti.nessuno loro piena fiducia; ^J ,„„,igliodiguerrae.appena deve avere informazioni esatte, leu rimasto sino a ultimata la colazione, tornai a Cima ana, ^ ufficiali questa mattina. I soldati nostri sono mess p g lavorando li sforziamo al lavoro con la ininterrotta pre minatori nelle con le nostre mani. Parte del tempo stetti

gallerie avanzate, ma la maggior parte della notte la trascorsi in una nicchia di una galleria laterale a preparare le linee elettriche per dar fuoco alle mine.

Ora, spariamo elettricamente per fare esplodere tutte le mine dei due avanzamenti allo stesso istante ; ciò confonde le varie detonazioni in un unico rombo diffuso, sicché il nemico non riesce a capire più né la direzione né il numero dei colpi di mina. Quando tutto era pronto, mi son seduto per terra con il caporal maggiore Venturi e ho fissato i due fili all'esploditore; poi:

« Tutti pronti? » — e ho spinto la manovella. L'atto e l'esplo sione sono tutt'uno ; il colpo d'aria smorza istantaneamente i lumi da capo a fondo della galleria. Nel minuto secondo che segue 1 esplosione, si sente sbattere il materiale sulle pareti di faccia, staccarsi sassi sciolti dalla volta, e sull* elmo cadere alcuni sassolini attraverso gli interstizi delle tavole dell* armatura. Stiamo solo a 1 5 metri dalle mine, dietro ad una risvolta della galleria ; poi l'acre odore della gelatina viene lentamente fluendo verso di noi, mentre riaccendiamo le candele.

Non sapevo che ora fosse; quando stavo per uscire dalla galleria, mi son meravigliato di vedere una fioca luce bianca entrare dallo sbocco ; dapprima ho creduto che fosse un razzo nemico, invece era 1 aurora. Era 1 aurora che con luce diffusa andava illuminando tutte le bianche vette che formano corona intorno a noi e, dietro il Nuvolao, 1 orizzonte si era colorato a fasce rosse e gialle. L aria era fresca ed immobile. Mi son fermato a godere di quel1 impressione del mondo che si risveglia. Davanti a me, per terra e sui gradini della scalinata, giacevano immobili le forme di sol dati, raggomitolati nei loro pastrani grigio-verdi e nelle coperte, i fucili appoggiati contro il parapetto. Non vi era anima che si muovesse ed il silenzio era assoluto. Ho pensato al quadro di Detaille, Le ReOeil. Poco dopo scendevo, pigliando una scorcia toia, sulla neve ghiacciata che copre la cresta del costone. Sono giorni epici questi; mi duole di non potertene dire di piìi.

I13 aprile 1916.

Sto a letto, dopo essere arrdato due volte a Cima Lana ^no stanco ed ho sonno, ma non so se potrò dormire. 11 corpo e strm . ma i nervi vibrano come corde di violino ed a volte il cimo non viene. È una lotta piena di deduzioni, di d>noscenze tecniche; è il momento pm ^ sono calmo come un mare morto; vi sono degli alti e dei ba.i. ma la superficie delle acque è lucida. Gli ufficiali con magnifici, pieni di coraggio e di sangue freddo; sono . mafdi. BoL e Gatta. Gli uomini nostri -o ammir^^ofi. ^Pdi fiducia illimitata nei loro ufficiali e di obbedie • d. d s™ MI .» o dipenda da noi ; tutta la divisione, pccpre capri Qui non c è che T alternativa, o diventare eroi o espiatori. Facciamo tutto quello che umanainen e e p nessuno mai potrà dire qualche cosa contro i noi, della guerra sono tante. « corsaro del cinquecento, quando Mediterraneo, dopo essere stato per tanti anm p con infinito Sto a letto ed ho un gran sonno. ^ quello di cui affetto, spesso, tanto spesso! Chiudo per perchè ho ho bi.ogno In giorni. U« "f' » f"': m.l,o d. ....... o 1. nd. .>e«. Vostro figlio che vi adora.

C„5lon= M Ag<.(. 15 "P"-!' 1916Ìpiio fore 10 ant.)»

Oggi ho fatto sciopero e -o/'^o. Lavoriamo con grande dopo aver fatto una scorpaccia a ^ rande è finito. L inintensità, eseguendo vari lavori, que o p ^ y^^go la fine cubo dei risultati però continua a pesare s j ^n^ra del mese tutto si sarà risolto in un modo o

ULTIMI SFORZI

spero che, come mi è stato promesso, potrò fare ritomo da voi per un periodo di tempo più lungo dell* ultima volta.

C/A//9

II tempo si e messo a bello, ma ogni tanto fa freddo e cerca di nevicare un poco.

ULTIMI SFORZI 141

Le bottiglie di liquori (vari e scelù). che porta, con me, sono state fonti di molti piaceri ed una grande attratUva della nostra baracca; ma ora le bottiglie si sono asciugate. C.far.t. un grande dono, mandandocene una cassetta per via d. Marcello. Penso a voi costantemente, ma non sono m vena d. scnrere.

Co,/cnc dì Agaì. dciril ci 17 oprile 1916.

Roffredo caro, L'intensa vita di questi giorni è piena di ^ sono le cose che vorrei raccontare al caro ge^-~ però di causare troppa sarà avvenuto Scrivo ora a te queste impressioni athnche, q il fattaccio, i cari genitori possano leggerle e n^vere questi momenti, in cui ho pensato tanto spesso ^ ^ sino Q„„Jo .ornai da R..., ««'i ■! I««"° """"SI alla ™ dal poaao. La galla™ d'a..»».,. ^ "^iÌ ao, ripida p«.dan» .io» ad .n p—d ."da ™ „.d»ra a U »»■ "a , oao.i.a. Da »a.o do-a,™» p.»» la .„e driamariopi a aama.a par . fora* ^ ^ „„do d, d™-" «i a .amor. a aio ™ lairto. Daciri q-di i a.aa». col piccone e le leve, PP a colpi di mina, senza cu ^be che noi gli stavamo minando il terren dipendere piò la riuscita dell'impresa e la nosUa sicure j jtà dell'avanzamento, che altro dalla imprevista S togliendo al nemico la possi i ^ cannoFerciò abbiamo avanzato sparando sotto ter nate che, piò di una volta, debbono ^ dette austriache in tnncea, qua , piedi. Cos'i abbiamo avanzato sino a quattro metri

Non passò molto però che il nemico cominciò a preoccuparsi seriamente ed a preparare i lavori di contromina ('). In cima al pozzo, negli angusti cunicoli di avanzamento, si faceva silenzio ogni due ore e veniva sospeso anche il funzionamento del venti latore. Una guardia allo sbocco della galleria di S. Andrea aveva r incarico d* impedire V ingresso a qualsiasi persona ; tutti i lavori venivano sospesi, e dopo poco, ogni cosa cadeva nell' assoluto silenzio.

Noi seduti per terra, all'estrema fronte dell* angusto cunicolo, la candela in mano, ci mettevamo ad ascoltare guardando in su verso quella piccola volta di pietra, quasi come se il tentare di guardare ci aiutasse a sentire i vaghi rumori che traversavano quella crosta di roccia, a riconoscerne la direzione e capirne la provenienza. Li, nell' assoluto silenzio, uno si sentiva battere il cuore, e attraverso la roccia venivano ora vaghi, ora distinti, i rumori di sopra. Ora erano tonfi cupi, ora il tic-tic d' un pic cone ; a volte mi pareva di sentire anche il calpestare dei piedi. Man mano che passava il tempo e che noi ci spingevamo piii avanti, i rumori si facevano più distinti.

Non tardò molto che si sentirono i colpi ritmici di una paramina, ossia dei ferro che serve a fare lunghi fori. Continuammo il lavoro indefessamente.

La sera del 7 aprile il nemico fece esplodere la sua prima contromina ; fu un tremendo colpo di martello sulla nostra testa. Io non ero in galleria; vi erano Boisio e sei uomini. Il colpo fece franare un piccolo tratto della volta e seppellì parzialmente quat tro uomini e 1 ufficiale, ma, salvo alcune contusioni e sgraffi, nes suno fu seriamente ferito. 11 colpo era stato sbagliato in direzione e

(^) Un soldato trentino, il quale a quel tempo era su Cima Lana, ha raccontato a Bruno Bonfioli (Boisio) che quando si accorsero del nostro lavoro di mina, ne informarono il comando superiore austriaco; ma questo da principio non volle prendere la cosa su! serio e cosi furono guadagnati quei pochi giorni che ci dettero la vittoria I

tirato troppo alto. Pure il botto era stato tanto forte che aveva sman tellato una parte delle trincee nemiche, ed i detr.U erano volaU sino alle nostre. Dopo mezz'ora Boisio era di nuovo al lavoro. Per due giorni ancora proseguimmo il lavoro, no. sparando di sotto ed il nemico penetrando in gih con un altro profondo buco di sonda. , , i ■

fi 9 ci arrestammo, essendo completo lo scavo, e da quel g,oJ abbiamo fatto silenzio assoluto sotto terra, e ga erie bloccate e minate in caso che il nemico riusasse a ^ dette stanno permanentemente in ascolto v.cmo al ^ j con .1 quale si pub dare fuoco alle m.ne nascqste "j cunicoli- in questi giorni i rumori nem.c. s. sono a Jac^ più forti e più vicini. L'altra notte r.apn. o ='=a"amen p Ltrai nel cunicolo avanzato. Questa volta .1 nem.co ha sba>to di poco. Quando entrai nel cunicolo angusto, camm.nan -^^^^^^^ mi resi col di quanto ci era arrivato v,c.no. Sent.vo .1 hat er^e raschiare del ferro a forse due metr. da dove ero 'o-" ^ pressionante. ed il -re mi batteva un poco. R.mas.n. tutto^s^^^^^ per un'ora ad ascoltare, fumando sigarette, a c

al nemico ^'!VrriondrmJe che la spari; allora peneche esso carichi . necessario, per S":fZI e 1- p» -I-

--"xessendo rimasto a lungo tr. Ta„.. la calma di q-1

troppo raustriaco non si decide ancora a sparare e 1 aspettativa è tremenda.

Se non spara entro due giorni, dovrò penetrare nella galleria e caricare cinque tonnellate di gelatina, poi richiudere tutte le gallerie e intasarle. Sarà un lavoro rischioso ed estenuante, tanto fisicamente che nervosamente. Se durante 1' operazione il nemico sparasse, è probabile che la galleria franerà ed il fuoco certa mente si comunicherà alle nostre cinque tonnellate di gelatina. Quel che succederà in tal caso, non lo potrò mai dire, perchè di me non si vedrà mai più un pezzettino, e le macerie di Cima Lana saranno il mio monumento. 11 tenente Maggio verrà con me in galleria, gli altri staranno scaglionati per il trasporto degli esplosivi.

Speriamo che tutto vada bene, quantunque il rischio sia grande, anzi tremendo. Vuol .... Ricevo un fonogramma urgente: « Vie bisogno urgente che tu venga a Cima Lana. Grimaldi. » Parto subito

Gli austriaci ci stanno proprio addosso ; non c' è un minuto da perdere. Appoggio la mano alla parete e, ad ogni colpo di piccone del nemico, sento la roccia tremare sotto le dita. Chiamo Garibaldi al telefono e gli dico in inglese che non possiamo più differire 1* azione. Il generale Anichini mi fa rispondere di procedere senz'altro; sono le sei di sera del 15. Grimaldi e Boisio prov vedono immediatamente a mandare su la gelatina con 300 soldati del 59'' fanteria. Tutti hanno compreso l'importanza del momento e neppure un sacco di gelatina va perduto su per la lunghissima salita; alle undici di notte comincia ad arrivare in galleria: sono cinque tonnellate. Il tenente Maggio ed io carichiamo i fornelli, con una candela accesa in mano, perchè le lampade elettriche non sono ancora arrivate. Dopo tre ore di lavoro, Maggio ammolla sopraffatto dall'azione intossicante della gelatina. Continuo a caricare da solo, con le mie mani, per nove ore di seguito.

144 LA MINA DI COL DI LANA

U» wnin. di «orni.: «« P" <"« 1™° .pp™, r.™ i »»»• ■'

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Tutto si compie in perfetto silenzio. Siamo scazi P" rumore. In previsione di ciò avevo portato Ta paia di calze di lana per i soldati. L'opera e finita. Avverto divisione: l'azione si farà subito.

Grimaldi e Boisio hanno eseg ed io sono andato a anime dannate giorno e notte per anquanta davanti a quei fornelli carichi jnesc^^.

con calma serena e minuziosa cu . orarli ed a sore sottufficiali ha mollato. Son tornato a qualche filo 1. p,i. piL. ...nj.

dei circuiti elettrici, che stanno p possa essere rimasto schiacciato e rotto.

18 aprile 1916. ore IO anL

Padre amato e caro ! Genitori incomparabili!

Abbiamo vinto! Cima Lana e je dieci L'azione doveva collegamenti ed ho sono entrato m gal ena p g voluto stendere e ® avrebbe potuto far fallire con le mie mani, peic inclinato, che conduce al l'impresa. Sono salito pe^^^ iellato dal sergente Pietrosanti l'intasamento, sbarrato ^ l>,_ „ con un numero f n^ ^ono messo ad allacciare '-rcuit p« p- T"'°: , p™» ti d., .d „ mu° li'Td il »i»~ «■ «t»''""'- """"

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146 LA MINA DI COL DI LANA

potevo sentire era il tonfo regolare di una paramina del nemico che li, a pochi metri dall'intasamento, batteva la roccia con ca denza regolare ; cessava per un poco e poi ricominciava.

Quando ebbi allacciato tutti i fili ed isolato i giunti, rimasi per un poco ad ascoltare quello sconosciuto che stava lavorando li vicino a me, obbediente al proprio sacro dovere. Guardai verso di lui e mi parve quasi di vederlo a traverso la roccia che ci separava: dietro a lui, curvo sul suo ferro, stava silenziosa la Morte con la mano alzata che ,già gli toccava quasi la spalla. Ebbi per quello sconosciuto un senso di rispetto e di ammirazione ; poi borbottai: — « Lotta a coltello! » — Alzai le spalle e scesi in galleria; l'opera era pronta.

Alle ore 1 1.15 pom. eravamo tutti nella galleria « S. Giulia » in attesa di ordini. I soldati del genio erano stati pigiati come sardine in fondo alla galleria. Vicino all' imbocco, noi quattro uffi ciali, cioè Grimaldi, Boisio, Maggio, io e due graduati eravamo seduti per terra, i piedi puntati contro i tre esploditori, le mani alle cordicelle di strappo. Alle ore 23.30 precise ricevetti dal mag giore Mezzetti l'ordine scritto: « La S. V. farà saltare la mina alle ore 23.35. » Furono cinque minuti, che mi parvero cinque ore. All'ora data chiesi: — « Tutti pronti? » — « Pronti! » risposero tutti con calma perfetta. — « Uno, due, tre / » — frul larono i tre esploditori. Un attimo di silenzio, una sorda deto nazione, un fremito percorre il suolo e poi, giù, una grandinata, anzi un diluvio di terra e di sassi. Per un istante mi tremò il cuore: credetti che eravamo tutti sepolti; invece l'entrata della galleria non si era otturata che per un terzo. In quel medesimo istante tutte le batterie nostre, piazzate in semicerchio intomo a noi, aprirono un fuoco accelerato sulla punta destra di Cima Lana. Era un frastuono incredibile. Uscii per primo dalla galleria. Il cielo era chiaro, la luna in pieno. Lo spettacolo fu indimenticabile. Dai fianchi dei monti, che ci cir condano, le vampe di fuoco luccicavano da ogni parte. Non rico-

nobbi più il terreno: tutto era coperto d. terra, d. sass. e à bio. chi. Rinrasi un poco attonito a guardare ; po. ad un tratto radi la fanteria che usciva dalle gallerie e s. danc.ava tacco. Gridai: - « Avanti gemo! » — e nu precipi m ordine, nella gallona S. Andrea. Questa aveva res.strto b^e m s. gli uomini al lavoro, per aprire un'usata ali estremrta deWa^al Lia « Tneste » e collegarci con le trincee austnache. Torn^ indietro all'uscita, il capitano Marinoni m. drsse ^ di camminamento nostro era franato, seppellendo P ! a„..i Boiio ed .1^1 nostn compagni: uno. interrato sino sotto un telo ^ tenda m -J meravigliosamorti e due fanti la, ma le aiuc ^

eh. il .e.!., gii b....... li"^

mente sulla tanto agognata vetta i . sì apriva un baratro enorme, una escavazion verticali. Ioli, d. 40.50 «....i di d"««-j«'ir.ò.~i.d

Un vero cratere di vulcano; mas. enormi di qua e di là. tra cumuli di credo scudi e cadaveri. Dall altro lato gravo Caetani! » quella di Fiorina, che mi gridava. bianca. I La luna in pieno conquistate; i pdgwsoldati si stavano rafforzando ne p . ^•jj.QjjjJati dai nieri già passavano a frotte, accompag ^ nostri uomini giubilanti. Allora sa tai su bandiera di Lana ed agitai nelFaria fredda ^^^ana e gridai: ^ italiana che abbia sventolato sulla pun ufficiali, con vero « Viva rItalia! » — o mtti i Amassi ed alle trincee, entusiasmo si alzarono in piedi e, a r/j^n il tenente Cae' . ^ « Viva rItalia! Kiun ripeterono m coro . - , • ^ ^nme questa. - Mai ho sentito un ovazione come q tani!

Quando giunsi al piccolo piazzale del comando, che sta a pochi metri dietro le nostre trincee, trovai h una turba di pngionieri che cercavano di ripararsi dal bombardamento austriaco che era diventato violento. Due bravi carabinieri, di guardia al cam minamento che conduce ad Agai, mi chiesero che cosa fare, perchè si trovavano soli in mezzo a tanti austriaci, e di ufficiali nostri non ce n era piìi uno in vista, essendo tutti saliti sulla posizione conquistata. Allora fermai un fante che stava lì vicino e gli dissi di mettere la baionetta in canna e di guidare i prigionieri ad Agai, ordinai ad una trentina di austriaci di seguirlo ed afferrati due altri fanti italiani, li misi di retroguardia alla colonna che, ser peggiando, spari nel buio. Poi dissi ai carabinieri di continuare con lo stesso sistema ; non abbiamo perduto neppure uno di questi prigionieri!

Vicino air imbocco della galleria del comando ed in quella di medicazione vi erano vari austriaci feriti, che il dottore stava medicando; uno di essi, che sembrava soffrire molto, mi chiese dell acqua e gliene feci portare da un telefonista. Io stesso avevo la gola asciutta come un pezzo di cartasuga; è incredibile come si dissecca la bocca durante un combattimento.

Dopo aver telefonato al col. Perelli, raggiunsi Boisio che stava disseppellendo i nostri poveri soldati, rimasti imprigionati in quel1 imbocco di galleria che era stato chiuso dai detriti dell* esplosione.

Dna granata ci scoppiò a pochi metri di distanza, ma non fece male a nessuno. Andai poi con Grimaldi a dirigere i lavori nella galleria Trieste e dopo un*ora ritornai sulla posizione conquistata per verifìcame le condizioni. In uno dei camminamenti trovai due soldati con i fucili puntati giù per un imbocco di galleria: ne chiesi loro la ragione; mi risposero che c'erano gli austriaci. Con la lam padina elettrica e con la pistola ingrillata in mano scesi giù, ma non trovai che un austriaco morto, la testa poggiala in terra e le gambe per aria. Stavo per uscir dalla galleria, quando tremò il suolo una seconda volta e grandinarono massi e terra: Boisio e

Gatta, che erano aU'imbocco, mi ruzzolarono addosso per salvarsi. 11 nemico aveva sparato una contromina, anch essa ^^

Passata la grandine, uscimmo fuori e vidi un gran fumo nero alzarsi in colonna verticale, alta 60 metn o più e l^a corrispondenza. Soldati lenti gndavano aiuto, altn si ntiravano Boisio ed io, con la nvoltella in mano, li -"<1— posti avanzati, non essendovi ufficiali in vista m Poi trovai il capitano Marinoni e feci mandare un P sostituire quelli feriti. Tomai quindi nella gallena di •

ì. . 1 • • nuplla del comando a telefonare a dirigere i lavori e pm m J

a... ricevere abbracci. Ogni uthciai , mi ha voluto baciare sulle due guancie. icono l'ho presa io, mentre Than presa tutti 1-"' , ^atvorato con me, bravi soldati ed settimane taglia era già finita dalle dieci di que a ^

che noi del genio combattevamo metri dal nemico! snerduto e Trovai un ufficiale austriaco che scen èva . ^ |> lo condussi nella galleria di mina, etta i nostro interrogai. Da due settimane ^ lì andavano cerlavoro. Avevano fatto tre pozzi asco j^ygtnaci ci avrebbero cando i nostri cunicoli; tra cinque ® verso le fatto saltare. Gli P°^^\y'"avevo mandati per aria loro antiche posizioni e gli dissi c yfTerk! »da lì: — « Sie?, rispose, Das ^ 7 Questa mattina il nemico ci a jonno. è venuto il cambio e sono '"^'"/jj^^gHatrici, centosessantatre Abbiamo preso due cannon, prigionieri, di cui sette ufficiali.

fondo ad un piccolo pozzo meli ■ polveriera, tando dentro una bomba a mano, e

Md LA MINA DI COL DI LANA

Tutta la divisione è in giubilo. Dicono che lo spettacolo fu stupendo: la punta dei Lana si sollevò lentamente (pareva) in una nube che si andò spandendo, mentre dal suo orlo precipitavano i sassi e i massi a modo di fontana. Con quel colpo di cordicella ho mandato ali*altro mondo ben più di cento austriaci; è strano il senso di indifferenza per ciò che dovrebbe sembrare una atrocità. Non mi duole che dei pochi nostri, i quali nel compiere il dovere più sacro, rimasero sepolti quassù, purtroppo per un'imprudenza loro.

Abbiamo vinto, genitori cari, il molto sangue sparso su que sta bianca cima è stato santificato dalla vittoria. Viva I* Italia ! Ora vado a dormire.

Coalone di Agai, 20 aprile 1916.

Il 18, verso le dieci, tornai alla baracchetta; ti scrissi e poi cercai di dormire, ma non potei prender sonno. « E proprio vero, — mi frullava in mente — che tutto è riuscito? può esser vero? è sicuro che non sogno? » I tre moschettieri di Cima Lana rima sero a letto r intera giornata. La sera pranzammo nella baracchetta con gli altri ufficiali del genio. L'allegria era immensa. Il S. T. Cappuccini, il quale durante 1* assalto si era slanciato in avanti con un interprete per allacciare un telefono alla linea austriaca, allo scopo di dare ordini errati all' artiglieria nemica (stratagemma che non riuscì), ci faceva versar lagrime dalle rìsa, avendo tutto il talento di un commediante di caffè-concerto. 11 piccolo Gatta, con il pince-nez sulla punta del naso, suonava con ottima arte il suo violino, accompagnato da un mandolino e da una chitarra. E lui che in ottobre andò in aria, mentre era in pattuglia per far saltare una cannoniera del forte La Corte, lo nel sacco-pelo ascoltavo e ridevo, sentendomi profondamente felice e contento. Guardavo sovente le fotografie di voi cari e pensavo quanto sarete stati felici del successo di vostro figlio.

Alle I I pom. i colleghi si sbandarono, ognuno nel suo sacco-pelo. Non erano passati dieci minuti che cominciò un bombardamento

d'inferno a Cima Lana: in un attimo eravamo tutti m pie^ ed armati. Andai al telefono per sentire se vi erano ordini. Cima Lana lampeggiava ad ogni secondo: i proiettili lunghi pacavano dalla nostra parte per andare a scoppiare in fondo alla va le Fu un contrattacco austriaco, fallito; poco dopo tornammo a letto.

Ieri I 9 andai a Cima Lana per studiare la posizione e farne la pianta. Girai per un'ora sulle due cime. Nevicava e quindi 1 artiglieria non poteva aggiustare il tiro. Sparavano da quattro direzioni differenti e a zona, sicché ogni minuto passava uno shrapnel o una granata: alcuni vicini, altre lontane. I soldati, accocccjati P'" defilati dei camminamenti e delle trincee ex-austnache. - 1-™° coprire dalla neve. Mi fermai a guardare sul ciglio più alto del cratere e rimasi meravigliato della mole deHa nostra opera mpressionato della strage prodotta. Migliaia di sparpagliata all'ingiro; tutto è stato distrutto, abbattuto, schac cL un centinai! e più di vite spente in meno i un s^ondo^

Alla luce del giorno il disastro appariva nelle Un e pi fredde della realtà. Subito dopo -P ^ con il cielo illuminato dalle vampate d^li shrapnel. ^ era apparso infernalmente bello, un quadro del Dorè; di giorno nel burrone, dove er.o le galle^ e i^ austrSci. trovai Boisio intento a cavar f"»" ^ gi „e rovine, un essere tornato alla Stropicciava gli occhi ondava: a risposi 'che saremmo venuti al suo .oc.:» fp.i ..i;.cw— tx fedo I. nibbi, od .pp.™ 1. t"i .ddo.» alla lunga aréte. Immediatamente cominciarono a fioco le granate: fuggimmo nella ;cavato fuori che parla » (come dicevano ad Avezzano) e s ^o questa notte. Nella grande galleria austriaca interrogai

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niero. Mi raccontò che T urto dell' esplosione non fu violento, ma la enorme massa di materiale schiacciò e seppellì la baracca del telefono ove stava. Lì rimasero per due giorni, lavorando per aprirsi una strada, quando una granata austriaca colpì in pieno la baracca già crollata ed in parte la scoperchiò ; passò un raggio di luce e diretti da quello trovarono una via di scampo. L'ultimo salvato era troppo grasso e Boisio dovette lavorare parecchio prima di poterlo tirare fuori dal buco fatto per gli altri due. Si dovette allargare l'apertura e tentare ripetutamente di estrarlo a viva forza : ogni volta che falliva la prova, si doveva spingere in dietro quel disgraziato e continuare ad allargare il buco.

Noi, ufficiali del genio, conducemmo i tre prigionieri sino alla nostra baracca di Agai ove demmo loro da mangiare e da bere. Li interrogai a lungo.

Lavorai sino alle 1 I di notte a disegnare la pianta della Vera Cima Lana.

Questa mattina fui chiamato da S. E. il generale Roffi del Xr corpo d'armata. Mi disse molte belle cose e m'informò di essersi già occupato della mia ricompensa. Mi condusse in automobile alla mensa, dove sedetti alla sua destra, tra lui ed un altro gene rale. Dovetti dare dettagli su tutta l'operazione. Un amico dello stato maggiore mi ha confidato in gran segreto che questa mat tina S. E. ha telegrafato mota proprio al generale di Robilant proponendo che io sia decorato della croce militare di Savoia.

Costone di Agai, 21 aprile 1916.

Questa mattina volevo alzarmi alle tre ma, stanco per le scarse ore di sonno e per una tosse nervosa che mi ha impedito di dormire, son rimasto a letto sino alle otto. La giornata era nebbiosa e nevicava un poco. Verso le dieci ero a Cima Lana, intera mente avvolta in una densa nebbia, ciò che costituiva per me un gran vantaggio. Il nemico sparava poco, non essendo capace

di vedere ne di aggiustare il tiro: quindi era tutto uno sparac chiare a caso.

Durante gran parte della giornata ho girato per la posizione conquistata. E. formidabilmente forte, anzi imprendibile, ma e anche terribilmente esposta al tiro dell'artiglieria è come un bersaglio, contro il quale i cannoni del Sief sparano a 700 metri di distanza. Tutto il problema per tenere la posizione è quello di mettere la truppa al riparo dell'artiglieria. Questo è il compito massimo del genio. Dietro a Cima Lana vi è un burrone scosceso ed incassato tra grandi pareti di roccia; qui gli austriaci avevano costruito le* baracche e le caverne, di cui ti scrissi nell'ultima mia.

Una di tali caverne è molto grande e capace di 200 uomini, ma r entrata è interdetta dai cannoni austriaci è questa che voglio ad ogni costo rendere utilizzabile per i nostri bravi soldatini. Quattro volte ho fatto il giro della grande roccia, oggi, appro fittando della nebbia e scoiattolando su è giù per la china, tra una cannonata e 1* altra ; ne ho fatto il rilievo ed ho deciso il piano dei lavori da eseguire. Oggi, alle 5 pom,, ho messo al la voro la prima squadra di minatori per fare un pozzo di 25 metri che darà un accesso sicuro alla galleria.

Quando sarò riuscito, avremo riportato una seconda vittoria, perchè i prigionieri austriaci si sono vantati che mai ci potremo valere della loro caverna. Voglio invece che diventi un arma con tro il nemico.

Ho potuto anche studiare con più calma il grande cratere della mina: è di forma ovale, di circa metri 35 per 50 di diametro e nel suo fondo si osservano bene i due imbuti dei fornelli. Con il suo orlo N. O. ha sezionato 1 estremo vertice di Cima Lana ed in quel punto il cratere ha circa 1 5 metri di profondita. Co mincia però già a perdere il suo aspetto selvaggio, perchè i fanti e gli artiglieri vi si stanno annidando, costruendo muretti, rifugi e baracchette, cosa del resto ben poco consigliabile, perchè il nemico, il quale ha capito ora che cosa sia accaduto e quale

dev'essere la nuova topografia di Cima Lana, si sta esercitando a sparare dentro al cratere con piccoli e grossi calibri. Appena uno si profila sull' orlo del cratere per entrarvi dentro, arriva una cannonata. D'altra parte, per ora la truppa non sa dove rifugiarsi su questa desolata vetta, che è in vista del nemico da ogni lato ; perciò urge tanto il lavoro della galleria austriaca.

Nel pomeriggio mi sono spinto sino alla posizione estrema nostra suIF aréte del Sief, posizione presa ieri notte con perdite rilevanti. E questa aréte la cosa più fantastica del mondo: è una 'Vera lama di coltello e la sua cresta è solcata da un rudimentale camminamento austriaco ; da un lato è a piombo, e dall altro Ha una ripidissima pendenza, sicché camminando in cresta sembra di camminare su una passerella. Posizione incredibile a tenere.

Lungo questa cresta di pochi metri di larghezza vi era tutto r orrore e lo sfacelo del campo di battaglia: terreno sconvolto dalle cannonate, cadaveri mutilati, sangue, fango, neve, fucili in terrati, granate e bombe sparse per terra, fili strappati, coperte e giberne. Padre mio, quanto è brutta e quanto è grandiosa la guerra I

Ora sono nel mio sacco-pelo; domani andrò alla divisione. Forse saprò li quando mi lasceranno venire in licenza. Sono stanco, stanco! Però dovrò probabilmente finire questa azione.

Coslone di Agai, 22 aprile 191S.

Oggi sono andato a fare il rapporto al comando di divisione; il generale Anichini mi ha abbracciato con vero affetto. Boisio e Grimaldi verranno proposti per la medaglia d'argento al valore. La nostra licenza è assicurata; ora è questione di sapere quando. Spero non tarderà molto.

A Cima Lana rimane ancora un povero austriaco, imprigio nato in una baracca franata, il piede preso da un trave. I nostri cercano di liberarlo, ma il fuoco a raffiche del cannone del Sief

rende il lavoro difficile, pericoloso e lento. I nostri bravi soldatini si contentano quindi di rischiare ogni tanto un salto alla buca dell' austriaco per portargli da bere e da mangiare e per confor tarlo. Vi è un piccolo caporale poi che si è messo in testa di liberarlo e rimane lì eroicamente a lavorare anche sotto il fuoco.

Il nemico vomita le sue raffiche sulla ristretta zona dove sta quel disgraziato, un giovane di buona famiglia di Vienna, caporale, riconoscente per il buon cuore degli italiani. La situazione è fan tasticamente drammatica e bella. Sono andato a parlargli. L'ho trovato coricato sulla schiena, imprigionato tra i rottami di tavole e di travi, che i nostri soldati tentavano di segare. Ho cercato di inco raggiarlo; mi ha risposto — « Die Italiener sind gute Leuie! »

Il nemico si è accorto della mia idea di sventare la sua in terdizione, cioè di valerci della bella grotta, e quindi si sta invi perendo contro questa piccola uscita di galleria, cercando di farla franare.

I nostri soldati entrano nella galleria prima dell' alba e non ne escono che a notte fatta di giorno è impossibile uscire, perchè il nemico tiene un cannone puntato sullo sbocco e spara a bruciapelo.

Si serve ora della grossa artiglieria per sparare sulle rocce sovra stanti air imbocco nell' intento di imbottigliarci. Per fortuna il ter reno è così ripido che le pietre continuano a ruzzolare nell' abisso pure 1* entrata è già bloccata per due terzi. Fa impressione il lavorare H dentro, mentre i marmittoni esplodono intomo all'uscita e i colpi di vento smorzano le candele; l'idea di rimanere sepolti vivi dà un senso di orrore. In galleria vi è un tanfo insopportabile.

La lotta è fantastica; un romanziere non avrebbe potuto in ventare situazione più strana.

P. S. — Siamo invasi tutti da una pazza allegria. La nostra baracca di Agai è diventata una casa di matti. Il tenente Cap puccini ci fa ridere sino alle lagrime. Ha composto una Revue in cui appaiono tutti gli attori della presa di Cima Lana ; ogni personaggio è diventato fante, compreso il generale Anichini. Gatta,

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il quale è buon musicista, suona il violino, rubando le ariette da qui e da Ti. Cappuccini recita con matta serietà la sua Reoue che non ha senso comune; gli altri fanno i cori.

Gatta avrebbe voluto andare in trincea, un quarto d'ora prima che scoppiasse la mina, per suonare sul suo violino una marcia funebre agli austriaci, ma io non volli scemenze.

I giorni passano dopo quello memorando della mina, giungono i giornali e da ogni parte vengono a congratularsi meco e a strin germi la mano. Ma quello che aspetto palpitando, quello a cui tengo più di tutto, più d'una medaglia d'oro, tarda tanto a venire: ed è l'approvazione di voi, cari genitori, l'espressione della con tentezza vostra per la vittoria riportata, per quanto orribile il mezzo con il quale si è ottenuta. Questa sera mi giungerà la tua lettera, ne sono sicuro ; è inconcepibile con quanta impazienza io l'attenda.

La mattina del 18 ti scrissi una lettera, che mi dorrebbe assai fosse andata perduta ; in essa, ancora ansante dalle emozioni della notte, ti raccontavo 1' accaduto, scrivendo sotto l'impulso dei nervi tesi al punto di spezzarsi.

Con questa ti mando la motivazione, dal generale del corpo d'armata trasmessa al generale di Robilant, della proposta per la croce di Savoia.

Si sta concretando la mia licenza e forse potrò essere a Roma fra dieci giorni. Temo quasi di affrontare nuovi pericoli prima di aver fatto ritomo tra voi.

Coslone di Jigai, 26 aprile 1916.

Non ho più la minima voglia di scrivere e probabilmente non ti scriverò più.

La 62^ compagnia è venuta a dare il cambio alla nostra. E una compagnia nuova, che solo in questi giorni ha avuto il battesimo

del fuoco, e degli ufficiali non ve n è uno che sia ingegnere. Pure hanno alcuni elementi buoni, in special modo il tenente Todini, un filosofo, e Nosari, un romanziere, i quali certo non hanno paura. Questa notte sono stato a Cima Lana per dare la consegna dei lavori al nuovo comandante. Gran parte dei nostn soldati sono già scesi a Pian che è vicino a Digonera, dove la mia compagnia, assieme alla 12" minatori, comincerà la costruzione di una strada, un lavoro di retrovia. Ho ottenuto questo dal comando di divi sione e i nostri uomini e ufficiali se lo meritano, perchè è da 1 1 mesi che stanno in primissima linea ed hanno subito molte perdite. . ^ j n Appena sistemata la compagnia, noi ufficiali della « mina », cioè Grimaldi, Gatta ed io, andremo tutti insieme in licenza; Boisio è malato. Si vorrebbe partire lunedì, ma cercheremo di partire prima. Appena in treno, ti telegraferò il giorno e 1 ora dell'arrivo; potrebbe essere domenica a notte oppure mercoledì. Che gioia infinita di tornare tra voi; è tanto il desiderio che non posso più pensare ad altro ; voglio andare via, non ne posso più di Cima Lana e l'andare lassù mi è diventato uno sforzo. Ancora una gitarella domani con il capitano Fettarappa, im buon amico mio del C. A., e poi esco fuori dal dominio delle granate, e via, via verso il « bello ovil, ov io dormi, agnello!!. Infiniti, infiniti abbracci. Le tue lettere le ho lette dieci volte. La gioia tua e quella dell'adorata Madre sono la mia vera ncompensa.

Pasqua, 23 aprile 1916, ore 3 pom.
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La galleria d'avanzamento per la mina, iniziata il 13 di gennaio, penetrò nei monte per una distanza di 32 metri e con una pendenza in salita di circa il 13 per cento. Que sta galleria (detta di S. Andrea) aveva una luce di metri 1 .20 X 1.90 entro le armature.

Dall'estremità di essa fu scavato un pozzo ascendente, progettato con una pendenza di 42*^, ma che per un errore fu ridotta a 32^, per cui Ìl materiale di scavo non scorreva da sè.

Era calcolato che dopo 18 metri l'estremità del pozzo si sarebbe avvicinata a quattro metri dalla superfìcie del suolo e sarebbe venuta a trovarsi a breve distanza davanti alla trincea nemica. Per assicurarci di questo, la volta dello scavo fu esplorata con una lunga trivella ed a metri 4.30 fu incontrata la neve.

Si procedette allora a scavare la stazione superiore dei pozzo per la manipolazione dei materiali e poi fu iniziato il cunicolo di avanzamento a cui fu data una forma a baionetta, in vista dell'intasamento; dall' estremità di esso furono diramati i due cunicoli che condu cevano ai fornelli, come è indicato nel disegno a pagina 137.

I fornelli vennero a trovarsj ad una profondità verticale di 13 metri e ad una di stanza normale di 11 metri dalla superficie.

La roccia di Cima Lana consiste di una alternazione di strati, di cui alcuni sono dì pietra dolomitica dura e compatta, mentre gli altri sono di natura scistosa e profondamente decomposti. Fu di grandissimo vantaggio il fatto che la stratificazione fosse verticale e che la direzione di essa coincidesse quasi perfettamente con quella che si doveva seguire. Questo ci permise di scegliere uno strato di roccia tenera, di circa metri 1.60 di spessore, fiancheg giato da muri di roccia più consistente, e di scavare entro questo strato tutta la parte principale del lavoro.

L'avanzamento fu eseguito a colpi di mina in ragione di uno a quattro metri nelle 24 ore. Ai minatori e cariolanti veniva pagato un premio per avanzamento di oltre 80 ctm. al giorno ed appunto in ragione di lire 30 per metro, sino a due metri, e di lire 100 per avanzamento oltre due metri al giorno.

Vi erano quattro squadre che lavoravano otto ore ognuna, ed una squadra non sospen deva il lavoro hnchè la seguente non fosse venuta a dare il cambio.

Nella roccia tenera i fori di mina venivano scavati con una trivella ad elica, simile a quelle usate per il legno. Il ferro veniva premuto contro la roccia con un palo a leva, mentre due minatori lo facevano ^rare a mano per mezzo dei manubri. In generale tre fori profondi 80 ctm. erano sufficienti a completare la volata. Nella roccia dura e nei traversobanchi si usava la mazzetta ed il pistoìetto.

La carica fu calcolata a 1824 Kg. ma, seguendo il buon consiglio del cof. d'Ippoliti, preferii dì usarne 5020; di questi circa 2000 furono caricati nel fornello di sinistra e

3000 in quello di destra. La mi* preoccupazione principale era che in una carica così vo luminosa la detonazione non originasse simultaneamente in tutta la massa dell esplosivo. Per ciò furono costruiti due circuiti indipendenti, ciascuno di 20 cassule detonanti in parallelo, ma ogni circuito fu diviso in due rami di 10 cassule cadauno, di cui uno per ogni for nello. Le cassule furono provale tutte al galvanometro dai tenente De Angelis e gli acccnditori Cantoni furono collaudati ali aperto a pieno carico.

Le cassule. che erano attaccate individualmente a diramazoni lunghe due metri, vennero distribuite uniformemente a traverso la massa dell'esplosivo ed inescate con fulmicotone. Per un eccesso di precauzione furono altresì disseminate nella carica 100 cassule al fuimmante e 50 detonatori al fulmicotone con l'idea che. se mai l'onda detonante venisse ad indebolirsi in un punto della carica, le esplosioni di queste cassule verrebbero a rinvigorire l'onda detonante.

Le cartucce di gelatìna furono caricate senza toglierle dalle scatole di cartone o dai sacchetti a terra, nei quali erano state versale. Man mano che si procedeva al caricamento, la gelatina veniva compressa con le mani o con i piedi. La mancanza di lampade elettriche fu un grave inconveniente, perchè la necessità di tenere la candela ci obbligo di eseguire il coricamento con una mano sola, lo ebbi la previdenza di portare dei lunghi guanti di pelle per non rimanere intossicalo dalla nitroglicerina, ma il lenente Maggio, it quale non aveva preso questa precauzione, mentre caricava il fornello di destra, dovette abbandonare il lavoro dopo poche ore. I soldati, che erano sdraiati nei cunicoli, a due metri l'uno dall altro, non soffrirono inconveniente alcuno, salvo un poco per la mancanza d aria.

L'intasamento fu eseguito con sacchi a terra, ripieni di detriti della galleria « Trieste .. Venivano posti in strati orizzontali e sopra di questi veniva sparso del materiale sciolto a guisa di malta. I cunicoli erano stati scavati con una luce di m. 0.80 X 1.50. che parve essere la sezione che permetteva la massima rapidità dì avanzamento. Per diminuire però il volume dei cunicoli da intasare, si ebbe la precauzione di non asportare dalla galleria il materiale di scavo dei fornelli, ma di distribuirlo invece nel fondo dei cunicoli sicché, a scavo compiuto, la sezione di questi era stata ridotta a circa 80 X 80 ctm. Al punto di biforcazione dei due rami fu eretto uno sbarramento a traverso Io sbocco del cunicolo cen trale. accatastando delle pou/reZ/es'l'una sopra all'altra ed intasando dietro ad esso con maleriale sciolto. L'intasamento fu poi prolungato sino a 4 metri dalla bocca del pozzo. I due accenditori Cantoni furono posti nella galleria « Giulia ». a 105 raeln, in linea retta dal centro dei fornelli e furono operati contemporaneamente, l'uno da Gnmaldi e da me é l'altro da Boisio e Maggio. I sergenti Pietrosanti e Fiore operarono quello di una mina secondarla. Noi ufficiali eravamo vicino allo sbocco della galleria. Al momento della esplosione non ri sentì che una detonazione debole e piuttosto cupa e prolungata. Le gal lerie tremarono come per una brevissima e leggiera scossa di terremoto e lo sforzo sulle armature fu quasi nullo. Dopo un breve istante precipitò un diluvio di pietre che ostruì gli imbocchi delle gallerie per un terzo dell'altezza, ed un passaggio sotterraneo ebbe le due uscite completamente bloccate.

Gli osservatori distanti affermano fatti alquanto contradittori sul) apparenza dell esplo sione; alcuni dicono di avere visto il chiarore di una fiammata, ma in ogni caso la lumi nosità deve essere stata quasi nulla. Il peso della massa complessiva erullata fuori dal cra tere ri può stimare a 10000 tonnellate ed il raggio medio della proiezione di massima intensità fu di circa 70 metri, e solo alcune pietre di poco peso furono lanciate alla distanza massima di 500 metri. L'asse della proiezione massima fu parallelo alla direzione della stra tificazione ed il volume del materiale proiettato fu influenzato dalla pendenza del terreno.

158 LA MINA DI COL DI LANA
DATI TECNICI SULLA MINA DEL COL DI LANA
DATI TECNICI SULLA MINA 159

160 LA MINA DI COL DI LANA

I! raggio della zona di commozione fu di 22 melri, come era sialo calcolalo per la carica minima necessaria. Non vi fu nessuno spostamento dell' intasamento, nè fughe di gas a traverso di esso. La truppa d'assalto, che arrivò sull' orlo del cratere circa cinque minutr dopo l'esplosione, non so^ì allatto a causa dei gas.

Fattori principali nel successo della mina furono l'esattezza dei rilievi planimetrici ed altimetrici e la rapidità dell'avanzamento. Furono eseguite tre triangolazioni distinte, due volte con la bussola Brunton ed una con Ìl tacheometro. Il nemico non appena si accorse dei nostri lavori di mina (ciò che deve essere stato verso la metà di marzo), scavò tre pozzi d'ascolto, con quali riuscì ad individuarne bene la direzione, ma errò nel valutarne la pro fondità. Questo ci salvò dagli eletti della contromina del 7 aprile e dall incontrarci con i cunicoli del nemico, i quali in due punti incrociarono quelli nostri ad una distanza di non oltre un metro e mezzo.

Se la velocità fu il più grande fattore della nostra salvezza e del successo delle nostre armi, questo fu dovuto alla inflessibile tenacia, al coraggio ed ali entusiasmo tanto degli uffi ciali quanto dei graduati e soldati della 8* compagnia zappatori e della 12* minatori.

iir'-Tt-"lìgi

SIEF ED I MONTUCOLI

LA CONQUISTA DEL DENTE - RITORNO AD AGAI - RlUEVO DEL COL DI lana - Lavori offensivi - Tofane e castelletto - lavori sul siefATTACCHI E CONTRATTACCHI - ULTIMI GIORNI SUL LANA.

Pian, 2/ maggfo 1916.

Eccomi di nuovo al fronte, sdegnato quasi che la mia licenza sia trascorsa così rapida. Mi trovo ora qui ai piedi del Col di Lana con tutta la compagnia. Stiamo facendo una strada car rozzabile nel fondo di una angusta valle ombrosa e ™ vegetazione. 11 lavoro è piacevolissimo, una specie di pick-mck continuo, ed il nemico non ci spara quasi mai; durerà, credo, per qualche tempo. È un vero riposo.

Pian, 22 mag^o Ì9f6.

Ieri notte ero pieno di sonno e perciò non me la sentii di andare a monte Padon per assistere all'azione, che doveva avere luogo alle 3.30, contro il Sief. Durante tutta la mattina il bombar damento d'ambo le parti fu violento; un rombo continuo di cannoni e schianto di granate, mentre tranquillamente mi andavo occupando della livellazione della strada nuova, piantando picchetti, all'ombra del bosco d'abeti.

CAPITOLO III.
IL

A mezzogiorno, tornando alla mensa, appresi la ancora vaga, ma lieta novella della presa del Dente del Sief. Dopo colazione con Grimaldi tomai a vedere la nostra strada, e poi salimmo assieme un 200 metri sulla costa del monte Padon sino ad una specie di Alp, donde potevamo vedere bene il Col di Lana ed il Sief a traverso la vallata. Lo spettacolo era straordinario. Le artiglierie tiravano a tutto spiano e le granate, scoppiando sulla cresta dei monti, innalzavano panaches di fumo e polvere, ora nere, ora gialle. Gli shrapnel lanciavano sul limpido cielo az zurro i loro batuffoletti bianchi quasi fossero di bambagia. A ve derlo da lontano ci dolevamo, in certo modo, di non esservi anche noi; ci pareva quasi una viltà il rimanere nei boschi ameni, mentre lassii v* era V inferno.

Ti scnvo dal sacco-pelo, pnma di addormentarmi; i vetri delle finestre tremano ad ogni colpo dei nostri 210.

Ho ricevuto oggi la tua prima lettera: te ne sono infinita mente grato. Penso a voi così, così lontani. Davanti a noi e r ignoto, ma sento che il futuro ci sorride!

Pian. 23 maggio 19/6.

li nostro tranquillo lavoro nella valle del Cordevole progre disce in modo soddisfacente. Ieri fummo alquanto in agitazione, perchè il maggiore d* Ippoliti ci portò 1 ordine della divisione di tomaie a Cima Lana per dare il cambio ad una delle compagnie lassù; ciò sembrava una grossa ingiustizia verso i nostri uomini che ci sono stati per cinque mesi di continuo, mentre le altre compagnie non ci sono state che 24 giorni. Ora I incidente e stato appianato e noi rimaniamo qui a fare la strada; pero do vremo mandare su una squadra, che io condurrò domani per mettere gli uomini al posto e poi tornerò giù il giorno stesso.

La salute è ottima, il tempo è bello. Dormo come un ghiro.

Ho pochissimo da scriverti di me e del mio entourage in generale. Da ieri sono cessati i violenti duelli di artiglieria, che infuriavano nei giorni scorsi, durante i combattimenti per il Sief. 1 nostri stanno aggrappati coraggiosamente all'estremo di un'arete, ai piedi di un gran dente ed in quella posizione ci stiamo fortificando. 11 peso di questi terribili combattimenti è ri caduto sul 46" reggimento fanteria, sugli eroici sardi della brigata Reggio, e le perdite sono state spaventose. 11 maggiore Marietti ed i suoi ufficiali si sono comportati da eroi. I lavori di raffor zamento sulla cresta del Sief incombono alla 62" compagnia e non alla mia, che continua i lavori stradali. Oggi però ho dovuto condurre ad Agai una nostra squadra di minatori per dare una mano alle gallerie, che avevo iniziato dopo lo scoppio di Cima Lana, ed una delle prossime sere andrò su a vedere i progressi dei lavori fatti dopo la mia partenza. L'avanzata austnaca nel Trentino ci preoccupa, perchè ne sappiamo cos'i poco e le noUzie ci giungono con tanto ritardo.

Oggi è r anniversario della guerra; chissà che cosa ci nserva r anno che viene?! -i • ■ • lp 5 Xi avverto che per ora non corro il mimmo nschio, ciò che sarà un riposo mentale per voi can.

Dalla strada del Cordeoole, 25 maggio 1916.

Ti scrivo sulle ginocchia, seduto per terra, in vicinanza dei miei soldati che stanno scavando la strada nuova. Ha minacciato di piovere, ma ora splende il sole e fa fresco.

I nostri 210 bombardano il famigerato « Fortilizio » e gli austriaci protestano, tirando colpi che vanno a finire giù in qualche parte lungo la strada di Caprile. I proiettili volano sopra la nostra testa, facendo il consueto rumore di carrettim e tirano

r.

LA CONQUISTA DEL DENTE 163
Pian, 24 maggio 1916.

innanzi di corsa. E passata in questo momento una barella portata da quattro soldati, con un ferito dalla faccia simpatica e con un po* di barbetta; sembrava soffrire, ma non credo fosse ferito molto grave. L*ho salutato. Qui continuiamo a lavorare tranquillamente come se fossimo sulla strada da Frascati ad Albano. È vero che ogni metro quadrato potrebbe essere battuto, ma abbiamo studiato il tracciato in modo da non essere mai in vista del nemico ; ed in guerra si può dire: « Lontano dagli occhi, lontano dalle cannonate ». Dove la strada è in vista facciamo delle piantagioni di abeti, ed ora vado giù a vedere gli alberi che nasceranno questa sera ali* imbrunire.

Pian, 27 maggio 1916.

È un secolo che sono senza tue notizie: non ho avuto che due lettere da quando sono partito. Suppongo che sei molto preoccupato dell'avanzata nel Trentino. Qui siamo un poco costernati, ma tuttavia abbiamo fiducia che si tratti solo di un difetto di imprevidenza e che la fiumana austriaca sara arrestata.

Nulla di nuovo, salvo alcuni furiosi bombardamenti. Gli au" striaci tirano male e con proiettili antiquati: ne sono caduti vani presso la nostra casa senza esplodere o facendo ben poco danno. Noi abbiamo abbondanza di munizioni grosse.

Pian, 30 maggio 1916.

Ieri mattina, alle sei, tomai qui da una ricognizione al Dente del Sief, fatta d'ordine del generale, ed è perciò che non ti scrissi. Ero partito nel pomeriggio per Cima Lana e vi arrivai al crepu scolo. Nella galleria del comando ritrovai il maggiore Mazzetti ed altri ufficiali, miei antichi compagni dell'azione del 17 aprile. Mi trattenni un poco a parlare con loro e poi andai con Todini, tenente del genio, all'uscita della galleria « Trieste » per dividere le

LA CONQUISTA DEL DENTE

IL SIEF ED I MONTUCOLI

squadre di lavoro. Era buio pesto e vi era molta confusione nel1 angusto camminamento e all'uscita blindata della galleria. Nel cam minamento incontrammo due soldati che portavano un morto in una barella; fu diffìcile farla passare e dovetti aiutare i soldati, che a mala pena si reggevano in piedi sul ripido pendio fangoso. Era notte, c era molta nebbia e pioviccicava.

Finalmente giungemmo alla cima da cui diedi uno sguardo al nero cratere della mina, poi proseguimmo giù per l'antico camminamento austriaco che conduce al Sief. Mi era difficile riconoscerlo, tanto è stato sconvolto dai bombardamenti da quando Io lasciai un mese fa. Ad un certo punto ce ne scostammo per prendere una scorciatoia lungo il fianco del monte, poi lo ritro vammo. Il camminamento è ripidissimo in quel tratto, ed è pieno di fango papposo e profondo. Dopo un poco eravamo sull' aréte del Sief, dove si camminava meglio perchè il suolo è roccioso. Vi erano molti soldati accovacciati nei luoghi più profondi del camminamento, o piuttosto di ciò. che ne rimane, perchè in gran parte è stato spianato a colpi di granata ;. ogni tanto perciò dovevamo uscire dal camminamento e tenerci lungo il ripidissimo pendio.

Arrivammo poi ad un ridottino, dove fui salutato da un uffi ciale napoletano ; non avevo un* idea chi fosse. Si stava effettuando il cambio dei plotoni e quindi mi consigliò di aspettare lì per un poco, essendo troppo stretta l'angusta aréte per permettere V incro ciarsi di due reparti. Mi misi a ridosso di un muretto di sacchetti piuttosto basso, sul quale era uno scudo di acciaio e lì rimasi per almeno tre quarti d'ora. La nebbia si era diradata un poco e si era squarciata in grandi lembi. I tre riflettori dai monti oltre valle cercavano di lanciare i loro fasci di luce sul Sief, ma I coni di luce si infrangevano contro nubi di nebbia, su cui segnavano grandi macchie luminose. A volte, quando la nebbia avviluppava il riflettore stesso, non si vedeva più che una vaga luminosità con un centro più intenso e rossastro. Da tutti questi

riflessi risultava una luce variabile, ma abbastanza intensa per poter distinguere quello che ci circondava. A poche centinaia di metri appariva la silhouette triangolare del « Dente », che sem brava enorme, data la tendenza in chi Io guarda di crederlo assai più lontano di quel che non sia. Le montagne di Cherz e di Settsass, occupate dal nemico, rimanevano quasi di continuo ve late dalla nebbia. Pure il lampo delle cannonate si distingueva bene e passavano almeno quindici secondi prima che arrivasse il proiettile. Il nemico sparava irregolarmente, ad intervalli di pochi minuti. Chi vedeva il lampo, ne dava l'avviso agli altri, e poi in tutta calma ognuno si accoccolava dietro ai sacchetti, agli scudi 0 alla roccia più vicina, aspettando lo scoppio del proiettile. Alcune volte colpiva vicino, altre volte su per aria o giù per la china, altre volte andava a cercare punti più distanti dell'aréte. Intanto aveva luogo il cambio interminabilmente lungo. Sfilavano 1 soldati in fila indiana ; erano ombre che apparivano e sparivano, ora illuminate da un chiarore, ora quasi invisibili nel buio. Ogni tanto vedevi un riflesso di metallo lucente.

Gli austriaci, nervosi per i recenti e ripetuti attacchi, spara vano i loro consueti razzi, ora dai Fortilizio, ora dalla cima del Sief. Si vedeva la striscia gialla del razzo che saliva e, giunto quasi al vertice della parabola, si accendeva come una stella raggiante e per alcuni secondi ogni cosa era illuminala da una viva luce. In quegli istanti tutti si fermavano immobili come statue; alcuni soldati cercavano di nascondersi. Ciò è mutile; basta non muoversi.

Intanto erano giunti anche due feriti, che si lagnavano come bambini, quantunque non fossero, credo, feriti gravemente. Si accese una discussione tra loro e l'ufficiale napoletano che, non senza ragione, li consigliava di proseguire con i propri mezzi.

Finalmente l'ufficiale del genio Todini, io ed i nostri soldati riprendemmo la via e proseguimmo verso il Dente. Todini è uno studente di filosofia ; magnifico soldato, pieno di senso pratico e

LA CONQUISTA DEL DENTE

di coraggio: il migliore della sua compagnia (')• Ad un certo punto J*aréte diventa pericolosamente stretta, quasi a lama di col tello ; è larga poco più di mezzo metro ed ha un precipizio ai due Iati, ma il tratto brutto è lungo appena dieci metri. Un cortese razzo mi illuminò la strada. Poco dopo giungemmo ad un piccolo piazzale, che da un lato ha una parete verticale alta qualche metro. Lì per terra vi è una buca, che è 1 ingresso della galleria austriaca, nella quale furono presi i quaranta prigionieri, di cui parlò — credo — anche il comunicato Cadorna. Traversammo in fretta il piazzale e ci infilammo in galleria, perchè il nemico ha un cannone su Settsass puntato contro quel punto e lo batte ogni tanto alF improvviso.

Nella galleria, o piuttosto grotta in discesa (ha la forma di un fiasco), trovai il maggiore ed altri ufficiali di mia cono scenza, che mi accolsero con un coro di acclamazioni, credendo che fossi tornato a prendere la direzione dei lavori, illusione che, per il momento, dovetti togliere loro. Fui subito pregato di esprimere un giudizio sulla solidità della volta che aveva qualche crepa, ma che era solidissima. Dovetti esaminare un buco di mina che sì credeva ancora carico, ma che conteneva solo un po di fango. Poi mi fu mostrato un buco più grosso, otturato da uno straccio che con gran coraggio rimossi, dimostrando che era un ottimo ripostiglio per lo straccio stesso. Rimasi nella grotta per un ora, mentre si effettuava il cambio del plotone avanzato e, scortato da un capitsuio, mi recai verso il Dente.

Dalla grotta in poi non vi è più terra, ma tutta roccia, vi sono molti lastroni di pietra che fanno un rumore cupo se li batti col bastone. Un poco scavando, e molto accatastando la-

(^) Fu uccbo poi a Senzon sul Piave nel 1918, poche ore prima di andare in licenza.

stroni, i nostri soldati si sono costruito una specie di camminamento e riparo sino ad una piccola ridottina. Da lì in poi non rimane neppure un sentiero e la pendenza laterale del Dente diventa fortissima tanto che, camminando, si fanno slittare i lastroni che abbondano in ogni parte. Ad un certo punto mi avvicinai sino all'orlo della cresta e guardai giù verso oriente, dove la parete del Dente è perfettamente a picco. Poco dopo arrivammo alla trincea (?) avanzata e, proseguendo oltre, alle ultime vedette avanzate: pochi uomini seduti per terra, dietro uno dei massi più grandi. Davanti a noi era la scesa e poi, a 200 metri da noi, il grande triangolo ottuso del Sief con i suoi due costoni laterali. Li giù nel buio dovevano essere le vedette austriache avanzate che, suppongo, stavano a guardarci senza vederci. Pure qualcheduno deve aver inteso il rumore dei lastroni smossi dai nostri piedi, perchè poco dopo venne una raffica di cannonate, che non fecero nessun danno.

Poi cominciò il ritorno a Cima Lana con un buio più pesto di prima, perchè uno dei nfletton si era spento; lunga e fati cosissima la salita nel fango. Volli andare nella grotta austnaca di Cima Lana per vedere l'avanzamento dei lavori e V appostamento del' cannone da montagna, che ha arrecato tanto danno al nemico, ma che questi non riesce mai a colpire, rintanato com e nel suo buco di roccia. Proposi io di fare questo appostamento, ma ora il merito è di altri. i ^ ■ u

Nella galleria v'era un tanfo insopportabile, perche i soldaU, non potendo uscire di giorno, fanno lì tutti i loro bisogni. Le cose andranno diversamente quando sarà finita la comunicazione, che avevo iniziato prima di partire. Quando uscii dalla galleria austriaca, cominciava l'alba. Ripresi la via tante volte percorsa, il camminamento del Cappello e giù sino ad Agai. Lì saltai sul carrello della teleferica e navigai per aria sopra le punte degli altissimi pini, mentre il sole cominciava a spuntare: poi giù a Pian, dove feci colazione ed andai a letto.

Pian, 5 giugno 1916.

In questo momento parte metà della nostra compagnia per andare ad Agai a riprendere il servizio di trincea: però per ora non andiamo a Cima Lana. Tutto e molto calmo, e probabilmente sarà cosi per qualche tempo. Credo quindi che lavoreremo tranquilli e indisturbati. Boisio e io partiamo: gli altri rimangono alla strada che ci servirà come turno di riposo.

Speriamo nella resistenza dei nostri nel Trentino. Boisio sta per lasciarci; vuol andare a combattere nel suo Trentino e noi non gli diamo torto. Purtroppo perderemo uno dei migliori uffi ciali ; e poi noi tfc rnoscheilieri ci siamo affiatati tanto che lavo riamo come una persona sola. Ci vorremmo andare tutti, ma credo poco probabile che lascino partire la nostra compagnia.

E venuto un ordine crudele e stupido, quello cioè di disciogliere il mio plotone autonomo « Garibaldi ». Fu creato per me e con esso, da otto mesi, ho eseguito tutta quella serie di difficili lavori di cui ti ho scritto. Avendo eliminato gli elementi più fiacchi, il plotone si era ridotto a circa 50 uomini scelti, completamente trenati, disciplinati e pronti sempre a qualsiasi lavoro per quanto rischioso. Erano 50 uomini obbedienti ed affezionati, che mi avreb bero seguito ovunque, anche all'inferno, il più bel gruppo di uomini della divisione. Il sergente Castellani è capo del plotone ed a lui debbo molto per tutto quello che si è fatto. Da principio ho fatto orecchie da mercante, non ho voluto cedere, ma per quanto io abbia lottato e disobbedito, finalmente ho dovuto cedere. Quando li ho messi in rango per V ultima volta ed ho stretta loro la mano ad uno ad uno, quei miei bravi ragazzi piangevano come bambini; io stesso mi sentivo un nodo alla gola.

^gai, 6 giugno 1916.

Dopo otto lunghi mesi, eccomi di ritorno con la nostra 8' com pagnia nella unica casa non distrutta di Agai, in quella stessa

dove dimorai in settembre ed ottobre. Allora era un ritrovo di granate, ma ora le direzioni di tiro sono così cambiate che non vi è più V exciiement di quei tempi. Stiamo acquartierati magni ficamente, con la nostra mensa e col telefono. Tutta la truppa sta al piano superiore dove, alle cinque del mattino, comincia il rombo degli scarponi chiodati che si mettono in circolazione. Ab biamo nominato il nostro capitano Sebastiams a direttore di mensa e viviamo da gran signori!

Per ora la nostra compagnia è stata assegnata ai lavori dei Montucoli e ad un lavoro di retrovia. L'altra compagnia, la 62' zappatori, sta a Cima Lana; però, su proposta mia, l'orga nizzazione verrà unificata. Io dovrò agire quale assistente del co lonnello del genio. Crociani, a cui servirò di occhi e di gambe, e le due compagnie lavoreranno all' unisono sotto una direzione unica. Cercherò di stabilire la coordinazione di tutti questi lavori e di avviare il grande sistema difensivo, da me proposto già tante volte e che ora, dopo gli avvenimenti del Trentino, è in via di esumazione, se non già in quella di esecuzione. Ieri andai al Montucolo austriaco, conquistato al tempo del gran botto. Vi andai assieme a Boisio, in pieno giorno, l'atmosfera essendo nebbiosa e quindi propizia. Tutta la zona dei Montucoli è sconvolta dai lunghi mesi di bombardamento, nostro e loro; il suolo è stato letteralmente arato dalle granate e schegge, ed ora che la neve è scomparsa e le piogge hanno lavato la super ficie, appare tutta la strage e lo sciupio della guerra nel suo vero e nudo aspetto. Il suolo è seminato di bozzoli, schegge, proiettili inesplosi, elmi, coperte, cartucce, fili telefonici, reticolati contorti e purtroppo anche di cadaveri insepolti. Con le piogge ed il sole spuntano tra l'erba verde piccoli fiorellini bianchi e gialli e le genziane; la nuova vegetazione cerca di velare tutti gli orrori sparsi sul suolo; sole le innumerevoli buche di granate rimangono senza un filetto di erba, quasi fossero le macchie di im gigantesco vaiolo che è venuto a rovinare la terra; e cosi veramente e.

Qui tutto indica un'era di calma e di inattività da ambo le parti, e ciò a ragione, dati gli sforzi immani che si compiono nel Trentino.

Seguiamo con indicibile ansia gli avvenimenti che si svolgono colà. L'offensiva russa, annunzio — speriamo — non intempestivo, è stata « fonogrammata » a tutti i reparti ed ha prodotto un senso di sollievo. Quello che preoccupa tutti è il timore che non ci venga comunicato molto di quello che succede da noi. Mi piange il cuore per le perdite degli inglesi nella gigantesca battaglia navale, ma non me ne sento scosso in alcun modo.

Sono curiosissimo di leggere le lettere di Roffredo; avrà molto da fare, temo. Delle mie ricompense non so niente, non me ne curo, come fai bene a non curartene neppure tu." Credo si occu pino della mia promozione, che a me non interessa nulla, ma che farebbe comodo ai miei superiori. Sto benissimo.

8 giugno 1916.

Siamo in giubilo per le sbiosse che i russi danno al nemico: spe riamo continuino. Il disastro di Lord Kitchener m'addolora profonda mente. Ho ricevuto la lettera dell'adorata Madre; ha fatto bene di rifiutarsi alla pubblicazione delle mie lettere, perchè ne ho abbastanza della pubblicità che mi è odiosa. Tempo variabile; salute ottima.

9 giugno 1916.

Tutti benissimo. Salute ottima. Voglio regalare a Grimaldi unà bussola per i rilievi, uguale a quella di cui mi servo. Ti prego perciò di mandare il seguente telegramma: « T. A. Rickard, Salishury House, London: Please send me by mail one Brunton Compass. Kindest greetings - Gelasio Caeiani ». Ti prego pure di procurarmi da Hausmann un poco della pasta fosforescente che si usa per i quadranti degli orologi, perchè voglio rendere luminosa la mia bussola, dovendo fare dei rilievi notturni.

RITORNO AD AGAl 173

IO pugno 1916.

Grazie per le tue lettere, che ora giungono regolari: l'ultima conteneva la lunga « Leoniana » dal suo nuovo osservatorio. Saluti e auguri al caro Miche. Qui stiamo concertando il piano generale dei lavori; faccio da aiutante di campo al mio colonnello Crociani, ed allo stesso tempo faccio un poco da ufficiale di plotone. Ho eseguito vane ncognizioni. Passai la scorsa notte in trincea sui Montucoli. Bella scena quella delle creste del Sief e di Cima Lana, illuminate dai potenti riflettori nostri e loro! Il nemico è.un poco inviperito, ma non spara con il fucile, ciò che è un sollievo. Dal colonnello ti feci telegrafare per la pasta fosforescente, che spero troverai. 11 caporale Larini ti porterà delle negative che ti prego di far sviluppare e stampare come al solito. Son tornato questa mattina alle 4 e domani partirò per tempo; quindi chiudo perche casco dal sonno.

I russi sono la gioia dell'animo mio. Vedrai che finirà tutto bene.

12 pugno 1916.

Le batoste che i russi danno al nemico sono la gioia del mio cuore. La loro rivincita è gloriosa. « Batfor heaven's sake doni stop. » Ci sentiamo ora tutti più fiduciosi sulle vicende del Trentino. Noi ci troviamo molto comfortahly stabiliti nella casa di Agai: beila camera da letto, stanza di mensa e convegno, ed ottima cucina. Per cuoco abbiamo un panzone, di nome Laghi,, che era al servizio del marchese Patrizi. 11 nostro colonnello Cro ciani è qui con noi da tre giorni. Ha quasi 60 anni, piccolo piccolo, dai capelli bianchi, secco come un chiodo, con il naso aquilino. Ha disposizione benigna. Ieri girammo tutte le posi zioni, accuratamente studiando il terreno e le trincee nemiche con il binocolo, io con quello del caro Livio, che è di una limpidezza straordinaria. Fummo su posti avanzatissimi ed m

IL SIEF ED I MONTUCOLI

piena vista del nemico, ma il piccolo colonnello non ha paura di nulla, già sarebbe difficile colpirlo. Ci spararono poco; solo uno shrapnel s interrò a pochi metri da noi senza esplodere, ciò che diede un grandissimo piacere al colonnello.

Ora nmango qui come suo rappresentante per mettere in esecuzione e far funzionare T organizzazione di questi lavori del gemo e della fanteria, ciò che spero darà buoni frutti. Non vi è ubbio che posso essere molto utile qui, ma il mio cuore piange i non Ksere li nel Trentino, dove si combatte e dove il lavoro i organizzazione e più vitale che non qui, dove meniamo una vita 1 assedio. Ieri notte nevico e la mattina, andando al Panettone, per una vera bufera mi si gelavano la fronte e le mani. Verso e dieci si calmo il vento e tornò il sole, che fuse la neve a ruscelli. La sera ricominciò a nevicare. Ho regalato al colonnello la sciarpa-lenzuolo, opera delPindustre sorella, ed egli ne è in citato; avvolto nella sciarpa non Io si vede più. Gli offersi le altre più piccole, ma egli volle quella grandissima. giunto il telegramma che annunzia la spedizione della pasta OS orescente, con essa renderò luminosa la mia bussola e potrò eseguire rilievi di notte, che non sarei in grado di fare di giorno senza espormi troppo. Ti ringrazio della sollecitudine.

13 giugno 1916.

Sto benissimo. Viva la Russia e V Italia! La Camera ha agito in modo indegno!

/6 giugno 1916, Domani mattina, alle 3.30, partenza con il generale di corpo di armata. Quindi questa cartolina. Mi annunziano che sono stato promosso tenente m data 4 giugno.

DEL COL DI LANA 175 Ì6 giugno 1916.

Qui nulla di nuovo. Viviamo in continua attesa dei bollettini nostri e di quelli russi; speriamo ed abbiamo fiducia.

Personalmente sono stato impegnato in questi giorni in rilievi topografici e specialmente nella triangolazione dei punti caratte ristici nostri e di quelli nemici; devono servire per collegare i molteplici rilievi, che ho eseguito nel passato, e fame una pianta unica del Col di Lana. Per questo lavoro il corpo di armata mi ha dato un tacheometro bello, ma pesantissimo, con la sua cassa di mogano e treppiede lucente. Lo trasporto con un mulo a basto e, ove non può andare il mulo, 1 istrumento viene portato a spalla da due uomini, che lo tengono sospeso ad un palo. Cosi sono andato girando da vetta in vetta, con grande sfacciataggine e con dispiacere dell* austriaco. Prima stazionai sul Panettone e dopo che ebbi tolto l'istrumento dalla cima della terza collinetta, il nemico la bombardò a granate. Poi stazionai sulla vetta del Cappello, su un bel roccione nudo, ove rimasi profilato sul l'orizzonte a tutti gli osservatori del R. I. Esercito Austro-Unga rico. Ma certamente nessuno mi vide. AI Montucolo mi ero fatto scavare in precedenza, di notte, una buca della profondità con veniente e passai inosservato. A Cima Lana stazionai con inaudita impudenza sul cucuzzolo destro, alquanto riparato da muretti a secco. Non avevo finito di livellare T istrumento che cominciò un bel bombardamento, non però diretto a me personalmente. Per un poco rimasi sdraiato, panza per terra, sotto il trep piede ma poi me la diedi a gambe e corsi in galleria, lasciando r(strumento imperterrito, esposto al tiro; lo ritrovai poi illeso ed in perfetto aggiustamento, cosicché terminai il lavoro. Dal lato di Castello stazionai in santa pace, ma una nuova stazione sul Paoirirò il fuoco nemico abbastanza bene aggiustato. Ora nettone aiiuo i la triangolazione è ultimata. Come assistente m questo lavoro ho un certo Menozzi, geometra, uomo di non poche pretensioni e

RILIEVO

di molta fifa. Non v'è dubbio che mi crede un poco pazzo. Ha sofferto ore di agonia, tenendo la palina sulle stazioni su cui dovevo prendere la visuale ; gli ho detto che la fifa gliela faro passare io, e la cura sarà buona.

Avanti ieri andai al Sief, di giorno, colla nebbia, e non mi presi neppure una cannonata. A volte la nebbia si dileguava e così potei vedere tutto accuratamente. Ora mi accingo a mettere su carta questo lavoro, che ri marrà per me uno strano epi sodio della mia carriera bellico-tecnica. Dalla trincea del Dente mi diverto ogni tanto a sparare fucilate ai fanti austriaci quando escono da certe gallerie, a 1000 metri di distanza. Naturalmente non ne inchiodo mai nessuno, ma almeno li faccio correre, ciò che è un divertimento. Facezie di guerra!

/8 giugno 1916.

Ieri mi giunse la tua lettera a Leone e copie di quelle di Leone e Roffredo. Vedo Leone nel suo nido d'aquila e so che egli deve godere moralmente di questa vita fantastica. Da Cima Lana una delle vette delle Tofane impedisce, credo, di vedere il suo osservatorio ; in ogni caso gli ho mandato un saluto a tiro indiretto. Sono interessanti le lettere di Roffredo ; come prevedevo, ha preso sul serio il suo ufficio di direttore del treno e s impone organizzando e disciplinando.

Ieri sera mi giunse la pasta radio-fosforescente. Il processo è più complicato di quanto credevo, ma lo metteremo subito alla prova. Con la pasta renderò fosforescente la graduazione e Tago della mia bussola per rilievi e farò pure un disco luminoso su cui pigliare la mira. Così potrò eseguire di notte i rilievi dei cammi namenti e delle trincee più avanzate che, dominate da quelle nemiche, sono di difficile accesso durante il giorno.

Questo si riferisce specialmente ai Montucoli, che sono certe nostre trincee avanzate, le quali si trovano nel fondo di una specie

di anfiteatro formato dal Sief. Dall'alto il nemico vede tutto quello che si fa ed è sempre pronto a bombardarci appena vede un poco di movimento.

Debbo fare il rilievo di queste posizioni ed il lavoro è molto difficile. Ieri notte però fui fortunato, perchè i riflettori nemici del Cherz erano puntati nella zona neutra, nel no man's land, tra i reticolati nostri e loro, forse per timore delle nostre pattuglie. Questo mi permise di uscire dai nostri reticolati e di studiare bene tutta la posizione, perchè il fascio di luce abbagliante, che bat teva il terreno davanti a me, impediva al nemico di vedermi, ed allo stesso tempo il riflesso era tale che potevo osservare tutto come se fosse stato giorno.

Ieri mattina, alle 3.30, passò il generale Roffi davanti alla nostra casetta; il capitano Sebastianis ed io, assieme a molti altri ufficiali, lo accompagnammo a Cima Lana. Fui incaricato di fargli da ci cerone, essendo considerato come il più al corrente della topografia e storia del luogo. Così ebbi occasione di fargli considerare vane cose che eseguiamo male e di ottenere che vengano emanati ordini tassativi. Gli ho proposto un nuovo appostamento per cannone che causerà gran danno al nemico, e S. E. non pensa ora più ad altro; vorrebbe che potesse sparare domani, ma ci vorranno settimane di lavoro per scavare la galleria. „ , , , ■

Qui abbiamo nebbia e bel tempo. Salute buona. russi continuano a cohsolarmi, a confortarmi ed a farmi sperare; pure e non si fermino nel loro progresso. Per mezzo di Camillo Casati avevo chiesto al comando supremo di essere mandato nel Tren tino, ma la risposta di Cadorna è stata che io rimanga al mio posto qui. Del resto il pericolo pare ora scongiurato.

18 giugno 1916.

La pasta fosforescente funziona ottimamente; sei un angelo d'avermela mandata. Grazie pure della carta da... scrivere. Giornate

IL SIEF ED I MONTUCOLI

calme, poco fuoco di artiglieria, molto lavoro da fare. In questo momento tuona il cannone. Buona sera.

19 giugno 1916.

Grazie delle lettere tue e dei fratelli. Qui continuo i lavori di ricognizione ed oramai ho quasi completato la carta topografica del Col di Lana, che diventerà la base di molte cose. Salute ottima, ma molto da fare. Tempo mutevole; piove e qualche volta nevica.

22 giugno 19/6.

Siamo ancora così pochi ufficiali in compagnia (il complemento dovrà giungere tra poco) ed il lavoro è così disperso ai quattro venti, che ho poco tempo disponibile, oltre quello di lavorare, man giare e riposare. Boisio partì ieri e con lui perdiamo uno dei nostri migliori elementi. Dopo la mia venuta in Roma in aprile, tutto è stato cambiato qui e la baracca non è stata mai più riorganizzata. Ora mi tocca il compito di tessere di nuovo i legami e le relazioni tra i vari reparti e di ristabilire una unità d'azione. In questo trovo diffi coltà neir autorità degli uflSciali superiori, che pur si deve rispettare, quantunque in realtà, per mutuo consenso, conti poco. E un difetto organico del sistema militare che le compagnie, i battaglioni e i reggimenti di fanteria cambino abitualmente a brevissimi intervalli. Ogni cambiamento scombussola la compagine dell'organizzazione. Il lavoro di rilievo della regione è bene avanti. Faccio spesso anche il servizio di plotone. Compito principale dell' ufficiale è d impedire che alla prima cannonata si sparpagli il plotone come uno stormo di passeri. Intanto (lavoro più importante di tutti) continuo a studiare il terreno, che in montagna muta aspetto come muta lato. Ci vuol altro per dirigere le azioni dalle carte al 25000 e da fotografie! Saper non può* chi non vede... e di giorno! C e un certo colonnello il quale non viene in trincea che di notte; generalmente lo accompagno io. Quando si azzarda ad alzare

un poco la testa per guardare sopra i sacchetti, gli grido: — « Si tenga basso che qui sparano! » —e così gli faccio fare tutto il giro a schiena curva e senza vedere nulla, mentre che nef buio lo seguo sorridendo. Grimaldi ed io giriamo sempre di giorno ed ultimamente abbiamo eseguito allo scoperto una ricognizione che non era mai stata tentata sinora.

Son tornato questa mattina alle 3,30; parto ora, dopo colazione. Non mi rimane altro che di sperare nei russi, nel Trentino, nella mirabile Inghilterra e di fare la parte mia.

24 giugno 1916.

Sono tornato in questo momento dalla stazione teleferica di Agai, dove sono stato pacificamente a mettere i picchetti per una piccola linea di Decauville. Nei giorni scorsi Grimaldi ed io abbiamo fatto continue ricognizioni diurne per studiare il terreno, dimodoché possiamo dire ora di conoscere ogni sasso di Col di Lana, Sief e Montucoli. L'altra notte eseguimmo perfino la ricognizione di un ex-posto di guardia austriaco, debitamente scortati da quattro sol dati armati di bombe a mano e di una lunga corda per calarci lungo la parete precipitosa. L'episodio pero ebbe poco di emo zionante e di avventuroso. Il ricovero è sfasciato, probabilmente dai detriti dell'esplosione della mina (?) o polveriera austriaca del 17 aprile. Il risultato di tutte queste ricognizioni si va man mano integrando in una grande pianta topografica del nostro settore, lavoro che sta riuscendo molto bene e nel quale mi sono pure servito di certe fotografie prese* dall'areoplano. Come luogo di tranquille passeggiate alpine, questo monte lascia molto a desiderare. Il punto però che gode della peggiore ripu tazione è il camminamento che scende , dalla cima del Lana al l'aréte del Sief. Veramente non merita il nome di camminamento perchè è rettilineo, larghissimo e profondo neanche mezzo metro. È in posizione tale da essere in piena vista del nemico (il quale

RIUEVO DEL COL DI LANA 179

IL SIEF ED I MONTUCOL!

perciò Io batte spesso), e talmente ripido che quando gela non ci si regge in piedi, e quando disgela si pattina nel fango. Per riparare a ciò è stata messa una corda lungo il camminamento, già sin dal tempo degli austriaci (a cui serviva di via d'accesso al Lana), ed a questa uno si aggrappa .tanto nella precipitosa discesa quanto durante l'affannosa salita; dico affannosa, perchè nel salire si voltano le spalle al nemico e si ha la sensazione che questo stia puntando continuamente il mirino del cannone sulla pezza deretana dei propri calzoni, come a volte capita il caso.

Nel bel mezzo di questo scivolo emerge il cranio di un povero morto, non so se italiano o austriaco, e questo cranio è diventato lucido dai molti piedi che vi sono sdrucciolati sopra ; cerco sempre di evitarlo, ma a volte è impossibile.

Gli ufficiali di fanteria sono molto meravigliati di vederci girare in pieno giorno in località dove, per tradizione, non si do vrebbe girare che a notte profonda. I bravi sardi della brigata Reggio però apprezzano molto la nostra faccia tosta e, quando ci vedono scendere tranquillamente dal Lana in pieno sole e pas seggiare per la cresta del Sief, ci sorridono come ad uno dei loro. Ho semprè in tasca qualche sigaretta da regalare e mi sembra di vivere in mezzo ad amici. Del resto, girare di notte sarebbe infruttuoso, e poi oramai conosciamo così bene il terreno, i co stumi austriaci, le direzioni di tiro e le zone battute che scoiattoliamo da un posto all'altro, senza quasi mai pigliarci una can nonata. Il frutto di questo lavoro sarà molto maggiore di quello che non s aspettano i superiori, e forse il credito non verrà a noi. Certo è che porta in luce una grande quantità di corbellerie commesse e distrugge varie illusioni.

La resistenza nel Trentino, a cui ho sempre creduto io, 1 avanzata del rullo compressore russo, a cui ha sempre creduto la Madre, mi fanno un bene dell'anima.

Salute ottima ; high spirits.

26 giugno 19ì6.

Il tempo si è rimesso a bello, ciò che è piacevole, ma inco modo. Il lavoro progredisce bene.

Stiamo ricostruendo il lunghissimo camminamento che conduce dal Panettone ai Montucoli. Il nemico vede di mal'occhio questo lavoro che gli impedirà di seguire i nostri movimenti e perciò di notte batte, ad intervalli regolari, quella parte del camminamento ove, dal movimento di terra, nota che abbiamo lavorato la notte precedente.

Noi naturalmente ogni notte cambiamo di località di lavoro, e così Io minchioniamo; la mattina l'austriaco si accorge di es sersi sbagliato e studia come buggerarci la notte seguente; noi facciamo altrettanto e così continua questo giuoco di gatta cieca.

Della mia nomina, di cui ti meravigli, non so nulla salvo che, essendo stato proposto prima per merito di guerra e poi a scelta, sono stato nominato tenente per anzianità dopo il consueto periodo di circa 1 1 mesi.

28 giugno 1916.

Non mi ricordo da quanti giorni non ti ho scritto più una lettera. Le tue giungono regolari con le copie delle interessanti lettere dei fratelli. Roffredo vuol venire a farmi una visita: gli ho date tutte le indicazioni necessarie e sono impaziente che arrivi.

La gloriosa avanzata nostra ci ha ricolmato di gioia. Una cara persona, che già vedeva l'Italia in fiamme, ha sentito il bisogno di telegrafarmene la notizia per confermare di quanto si era sbagliata.

Qui continua una lenta guerra di assedio; vorrebbero affrettare le cose, ma non si può fare in dieci giorni quello che richiede più di un mese. Se vogliono accettare il mio piano, credo che vin ceremo; ma forse storpieranno tutto, ed in ogni caso una seconda vittoria sarebbe molto disputata. Intanto mi diverto a preparare

RIUEVO DEL COL DI LANA Idi

aspettando che il nemico artigliere si fosse sfogato. Ho proceduto quindi tranquillamente sino alla trincea avanzata del Montucolo, ho visitato la galleria e son tornato al villaggio austriaco del Panet tone ove mi aspettava I olimpico e cinico colonnello. Ora stiamo per preparare la mensa con tanto di caviale. Il cannone tace, il sole tramonta. La terza Tofana luccica al sole sotto un baldac chino di nuvole.

Lt Tracce, 14 agosto 1916.

Mi sento invaso man mano dalla stanchezza del lavoro, delI ambiente, degli uomini e di tutto il resto ; è come un prin cipio di détentCt ali idea di tornare tra voi entro pochi giorni. Preso un boccone d aria, ritornerò poi al lavoro coli* entusiasmo di prima. Ieri il nemico (inaspettato incidente!) bombardò Aileghe, ma vi ha fatto solo poche vittime e qualche danno. Curioso a dirsi, noi altri qui in cima, nelle trincee, abbiamo fatto matte risate, pensando alla paura di tanti imboscati che si dicono al fronte e che si credevano al sicuro. Piccolezze umane I La cosa in se stessa però è molto noiosa.

Ieri andai al Sief, di giorno, e poi vi tornai di notte e non rientrai nella mia baracchetta che alle 3 ant. Urgeva armare la galleria avanzata del Dente. Il nemico ci molestò più o meno, come al solito ; soltanto ora usa molte granate asfissianti, che fanno un gran puzzo, macchiano ogni cosa di giallo, ma non fanno danno a cune, in ^ pochi secondi il vento dissipa la piccola nube. Una di q e e colpi in pieno il parapetto della trincea, pochi secondi dopo c e me n ero allontanato, e contuse due soldati. Di notte portiamo la maschera, appesa al collo, perchè può essere utile. mio compagno, il colonnello filosofo, è partito. 11 suo do

li' ^ compagnia, non ha cambiato alcuna cosa a an ei avori, ne ha minimamente turbato la calma o impica e animo suo. In fondo, credo che era piii contento di nmaner qui con me nella pace di questo rifugio che non ad Al-

ULTIMI GIORNI SUL LANA 207

leghe. Vi ritorna però di buon animo per godersi la fifa degli altri dopo il bombardamento di ieri ; il suo cinismo e fatalismo gli fanno apparire la paura una manifestazione di stupidità umana. La sua compagnia è stala un divago ed un divertimento per me.

Mancano otto giorni! Che gioia sarà il rivedervi.

Le 9Jocee, f9 agosto Ì9I6.

Ti scrissi ieri, datando la lettera col 19; Terrore è dipeso dall'impazienza che passi il tempo.

Attendo che Grimaldi torni. La consegna dei lavori, prevedo, sarà rapida: — « Ecco i lavori: io parto, tu arrangiati! » — Ne egli mi chiederà di più.

Sono stranito ed impaziente di partire. Il ritorno a casa, dopo questa vita di rischio e di fortuna, è la più intensa nota nel1 animo del soldato ; credo che sia lo stesso per tutti i combat tenti, dalle Fiandre all' Eufrate. La guerra porta in evidenza i più nobili sentimenti dell'animo nostro: dopo l'azione viene il bisogno della reazione ; dopo una vita di disagi, sofferenze, cru deltà ed omicidi, viene il desiderio della calma, del benessere, dell' amore e dell* umanità.

Qui da qualche giorno fa un tempo infame: temporali, pioggia a catinelle ed uragani di vento. Penso a Leone che vive sui monti vicini, e spero non gli sia toccato rimanere su qualche vetta. Ieri notte andai a letto presto; tirava una buriana e l'acqua grondava dal mio piccolo tetto. Pensai ai poveri soldati che vivono sulla lama di coltello del Dente e li compiansi!Pure con quelT uragano, ieri notte scacciarono il nemico da un suo posto avanzato ; un austriaco rimase morto e gli altri fuggirono. Questa mattina un poco di neve sulle vette più alte, ai 19 di agosto!

Prevedo il caldo che fa laggiù da voi ; mentre ti scrivo, ho le mani fredde.

Snevce, /6 seUembre 1916.

Dopo 15 giorni d' aspettativa, ci giunse ieri la prima posta dair Italia ma. purtroppo, non mi ha recato nessuna lettera tua.

Il 13 partimmo da Salonicco, facendo i 5 Km. che ci sepa ravano dalla stazione con un sole cocente ed in mezzo al tram busto ed al polverone delle automobili e degli autocarri. Con quel caldo, ci rallegravamo che ci fosse stato concesso, dopo tutto, di fare buona parte della strada in ferrovia. Senza inconvenienti caricammo uomini e bagaglio ; il « treno » con i muli era già partito due giorni prima. Il treno ferroviario è un vero Bummelzug, che si ferma alle stazioni per periodi indeterminati ed ha una ve locità variabile dai tre ai venti chilometri all' ora.

Air una di notte arrivammo a Sarigòl, una piccola stazione in mezzo alla steppa, nome che non esiste, suppongo, sulle carte geografiche. Li trovammo il « treno » dei muli ed il parco ; la sciammo indietro il bagaglio grosso e gli zaini dei soldati, materiale che doveva raggiungerci a Snevce il giorno seguente; poi partimmo, con un bel chiaro di luna; gli ufficiali a cavallo, i soldati a piedi, col solo fucile, colla coperta, col telo di tenda e col tasca-pane, e dietro a noi la lunga colonna di muli e carrette. Faceva fresco e mi ero avvolto nella mantellina.

II paese è una grande steppa ondulata: in distanza una catena di montagne basse, tenute da noi, chiamate il Krusa Balkan ; pin distante ancora, un'altra catena di montagne molto alte, tenute dal nemico. A sinistra un'intacca nell'orizzonte montagnoso indica il lago di Doiran. A sinistra di questo, sui monti, védevamo il lam peggiare dei cannoni inglesi e se ne sentiva il rombo lontano.

Proseguimmo la marcia per tre ore, d'un buon passo, sino a che il sole si levò e cominciò a farsi cocente, quando arrivammo ad un gelseto, presso la piccola città di Gramatna, distrutta du rante la guerra passata. Lì ci accampammo tra gli alberi bassi, vicino alla sponda di un fiume, ora ridotto a ruscello. La località

SUL KRUSA BALKAN 219

era caratteristica e l'accampamento pittoresco. Grimaldi ed io im provvisammo una tettoia tra i gelsi e lì sotto dormimmo tutto il giorno, essendo molto stanchi. La sera pranzammo sull' erba e poi facemmo visita ad alcuni ufficiali serbi in un accampamento vicino ; questi lavorano alla ferrovia a scartamento ridotto, che congiunge Sarigòl con Snevce. Poi, fattasi notte, rimanemmo per un poco a parlare, seduti intomo ad un tavolinetto in mezzo al prato, al lume di una candela, a cui una bottiglia rotta serviva da lanterna; mesco lando il francese con l'italiano riuscivamo a capirci. All'una e mezzo del mattino ci alzammo. Vi era stato un breve acquazzone, ma la lunfi era ritornata a splendere in pieno. La marcia di 15 Km. fu piacevole e per 1' alba eravamo a Snevce, dove ci siamo ac campati in un terreno coltivato presso il piccolo paese in rovina. Fichi, olmi e gelsi cingono gli orli dell' accampamento. Grimaldi ed io abbiamo artisticamente unite le nostre due tende in una sola, all' ombra di due piccoli gelsi, sicché stiamo molto comodi. Vi sono pochissime zanzare ed il luogo ha 1 aria salubre; a 200 metri passa un rigagnolo entro un vasto letto di fiume. Siamo ad un giorno di marcia dal fronte, di cui sentiamo le cannonate. Ci fermeremo per ora a Snevce per eseguire una serie di lavori di poca importanza e di poco valore. Pare che qui tengano il genio assai poco in trincea, tanto che ci sembra di essere diventati degli imboscati sul serio ; invece la disciplina è molto severa e noiosa. Sembra invero che i rigori della disciplina varino in ragione della distanza dalle trincee. Grimaldi ed io mordiamo il freno, non es sendo venuti in guerra per imboscarci. Avremo pazienza per ora, aspettando gli eventi.

(1 7 settembre). — Oggi è giunto un supplemento di posta, che mi ha recato una cara ed affettuosa lettera tua: mi ha dato infinito piacere. II vostro affetto, che segue ovunque noi figliuoli al fronte, è una consolazione, un conforto ed un incoraggiamento senza pari. Qui fa caldo ancora, ma 1' aria si è già rinfrescata e da qui ad un mese comincerà a far freddo ; l'inverno sarà rigoroso.

per fame un tappeto nel fango, le ruote non riuscivano a trovare presa e, girando a vuoto, si scavavano delle buche nelle quali andavano a seppellirsi. Finalmente la colonna passò più a forza di spalla che di motore.

Nel pomeriggio mossi campo e andammo avanti verso un pic colo villaggio ai lati di una collina. Per attendarci trovammo un aia circolare con un piano duro ed asciutto, ove piantai le otto tende dei miei soldati in semicerchio e la mia da telegrafista, un poco da un Iato.

Si era rimesso a piovere ed io con Colapietro, il mio atten dente, stavo cucinando sulla stufetta Primos quando (saranno state le nove e faceva buio pesto) sentii la voce del capitano Gior dana che domandava di me. Capii che c'era qualche cosa di seno. Giordana entro nella mia tenda e mi disse in poche parole che tu, caro genitore, stavi molto male, che era il caso di partire subito. Cercò di rassicurarmi, ma sentii gonfiarmisi il cuore e mi sono istupidito.

il generale Petitti (che cara persona!) mise la sua automobile a mia disposizione. Partii subito, lì su due piedi, senza prendere ba gaglio, piantando tutto m asso. Cavalcammo nel buio pesto per due ore sino a Snevce, ove dopo poco è arrivata V automobile. Alla sta zione salutai il buon Giordana ed i miei compagni Marsili e Puddu che andavano verso Monastir e partii. Che agonia di viaggio!; lo rendevan più triste ancora la tetra notte piovosa, le strade indecifrabili in mezzo alla pianura buia e pantanosa. Ero completamente disorientato, ma pure siamo giunti a Salonicco, non so bene come. Erano le tre del inattino. Sono andato ali ufficio di tappa dal capitano Pignalosa e rho svegliato senza pietà; quando ha saputo della tua malattia, è stato molto cortese e mi ha dato le carte necessarie. Al porto ho girato a lungo a caso nel buio, per sapere dove era la nave. Mi han detto che si era già allargata e che doveva essere ancorata nella baia, Ad ogni costo dovevo raggiungerla, e tanto ho fatto che ho trovato una lancia francese a vapore il cui ufficiale ha cercato di

PREPARATIVI CONTRO I GRECI 231

aiutarmi in ogni modo. A bordo della lancia abbiamo girato la baia in largo ed in lungo, accostando, una dopo 1 altra, ognuna delle grandi ombre nere delle navi ancorate. Le sentinelle delle navi da guerra ci davano il « Chi va la! » Chiedevo informa zioni, ma nessuno sapeva dirmi ov era il vapore. Abbiamo inter pellato ogni nave nella baia, ma nessuna rispondeva alla mia; era partita o non l'abbiamo potuta trovare. Allora sono tornato dal capitano Pignalosa e V ho svegliato di nuovo, povero diavolo!

Spuntava appena 1* alba. Cosi mi ha rifatto le carte e sono salito a bordo di un altro vapore che parte oggi

Lunghe ore di agonia! Ieri eravamo ad Atene ed oggi abbiamo passato lo stretto di Corinto, di notte, con tutta la interminabile linea di lumi accesi. Siamo ora nel golfo di Corinto e navighiamo verso Lepanto. Ore interminabili mi separano da te.

Salonicco. Il dicembre 1916.

Dopo 1 5 giorni di attesa a Napoli, che sono sembrati un'eter nità, siamo finalmente partiti per Salonicco nel pomeriggio del 1° corrente a bordo della Memfi. La mattina appresso seguimmo le coste della Sicilia, passando davanti a quegli stessi luoghi che vedemmo da bordo del Condor, sicché ripensa, a quegli anm oramai tanto lontani, eppure tanto belli ancora. Di notte ci a cinammo a Malta e poi voltammo verso la nostra destinaz Furono cinque giorni di navigazione monotona con tempo favorevo e senza indenti di sorta. Eravamo 25 ufficiali a bordo, senza truppa alcuna e ci annoiammo insieme allegramente. Arnvato a Salonicco, seppi della morte del nostro maggiore Tamajo, del genio. Era stato la héte noire di tutti gli ufficiai, del gemo, ma pure era un uomo di valore e di immensa energi^ Fu ucciso Monastir da una scheggia di granata al petto. Con d Petitti ed altri ufficiali stava aspettando le cavalcature in u p f

Temo che la posta in arrivo subirà degli strazi assai dolorosi. Siamo in un periodo di tanti e tali spostamenti, che tutti i ser vizi trovano difficoltà enormi.

Cari genitori! pare di essere tanto lontano da voi e di stare così al buio, in questo paese straniero, che finisce per diventare odioso.

Salonicco, 13 dicembre 1916.

Da quando ti scrissi avanti ieri, sono cambiati gli ordini ed ora non andiamo più contro i greci, ma a N. O. di Monastir. Vi sono nuovi movimenti, e tutti i preparativi fatti sono oramai inu tili. 11 mio lavoro stradale nella pianura pantanosa non si fa più ed aspetto, da un momentro alF altro, l'ordine di tornare in compagma a Monastir. Ti invio queste poche righe dovendo partire; temo che per molti giorni di seguito non ti potrò scrivere, perchè è possibilissimo che io sia distaccato di nuovo in qualche altro lavoro autonomo. Intanto mi adopero qui a Salonicco ad inghiaiare le strade dell autoparco, ciò che è il lavoro più stupido che abbia mai eseguito in vita mia.

Certo e che sono giorni di gran confusione e noi altri, pc" dine, non sappiamo quello che accade al largo nei concetti dei nostri comandi superiori. Intanto la vita qui a Salonicco costa un occhio della testa ed ho telegrafato a Grazioli di mandarmi altre mille lire alla Bangue de Saloniqtxe. Salute ottima. Il tempo si e rimesso al bello, ciò che mi dà un piacere infinito, pensando ai nostri poveri soldatini, che fanno marce e contromarce per quelle strade, affondando nel fango sino alle ginocchia.

Salonicco, 18 dicembre 1916.

Si presenta 1 occasione per mandarti un abbraccio per via più rapida che non la posta. Ti consegnerà questa lettera il capitano Giordana, mio amico, che parte tra poco. Si era imbarcato

già una volta per V Italia, ma appena sul vapore, una nave da guerra inglese lo tagliò in due, in modo che Giordana rimase a galla sulla parte di poppa, mentre affondava quella di prua ; poi calò a picco anche la prima. Si comportò magnificamente nel tragico episodio ed il suo sangue freddo' salvò la vita a molti nostri sol dati. Strane vicende di guerra!

Sono momenti tumultuosi questi, e tutte le linee e i servizi sono congestionati ; quindi temo di dover rimanere per lunghi pe riodi senza notizie tue che pur tanto mi stanno a cuore, e ciò mi angustia V animo. D* altra parte, mentre tutta la nostra divisione va al fronte, in un'ora grave di preoccupazioni, sento che è mio dovere di non cercare di farmi trasferire in Italia, ma le cose qui non possono tardare a risolversi ed allora spero di poter tornare in località meno distante.

Non so dirti quanto vorrei essere con voi durante le mistiche giornate di Natale e del primo dell'anno venturo, tanto pieno d incer tezze e di preoccupazioni. Forse, invece, mi troverò a Monastir, forse in trincea ma, ovunque mi trovi, l'animo, trasportato dall immenso affetto, sarà presso di voi.

Monaslir, 26 dicembre 1916.

Mai ho passato un Natale, sentendomi cosi lontano e mai ho desiderato tanto di essere con voi!

li 22 ricevetti ordine di partire col mio plotone per rag giungere la compagnia e la mattina seguente, prima che albeg giasse, eravamo alla stazione di Salonicco. Mi era stato ® °' - « Si arrangi per arrivarci » - e arrangiandomi trovai posto ®u di un treno di rifomimento ; diversamente si sare ero fare 12 giorni di marcia. Il bagaglio e i miei soldati furono pigiati in un carro bestiami, per provvidenza, semiyuoto. lo m. sta bilii con Colapietro in un altro vagone carico di benzina, riuscii a piazzare la mia branda e il sacco-pelo. Dopo mo te or d'attesa, il treno si mise finalmente in moto; viaggiammo tutto

a intervalli di pochi istanti ; volavano sassi e schegge e le donne urlavano. Mi resi conto in circa della direzione del tiro ed af frettai il passo con il capitano per trovare rifugio in un negozio. Traversando lo sbocco della strada che conduce alla moschea, vidi la panache nera di una granata che scoppiò a 1 5 metri da noi. Feci un salto dietro ad uno spigolo di casa per ripararmi dalla grandine di sassi ed entrammo in un negozio, dove un turco aveva aperto uno sportello nel pavimento e si stava calando in cantina. Ci guardo per un secondo e poi si lasciò scendere lo sportello sulla testa e spari. II capitano Sebastianis mi guardò e disse: « Sei un poco pallido, hai perso V abitudine. » — Ha ragione, e questione di abitudine.

Le granate si seguivano con infernale rapidità, a pochi secondi d intervallo; sentendoci troppo nella rosa del tiro, pigliammo un^ fugone sino ad un altro negozio. Preso flato lì, facemmo un altra corsa in avanti per i vicoli stretti ; il tiro allora cessò tutto ad un tratto ; fu breve, locale, ma intenso e interamente personale al gruppetto di noi ufficiali. Spionaggio raffinato I È così che furono feriti i nostri generali; il re di Serbia fu accolto così, appena mise piede in città, come anche il comando francese e così via.

La sera, verso il tramonto, partii per Nizopole per andare a trovare Grimaldi in trincea, e presi per una vallata tributaria. Camminammo svelti per un'ora e mezza, Colapietro, una guida ed 10; SI era fatto notte e v'era nebbia. Man mano che andavamo avanti, 11 crepitio della fucileria e delle mitragliatrici diveniva più sonoro. L entrata al villaggio di Dihovo fu fatta alla svelta, perchè quel tratto di strada è battuto sempre da pallottole sperdute. Mi riposai per dieci minuti e poi infilammo una valle laterale, percorrendo una strada che si svolge ai piedi delle trincee nemiche del Croenastena. Sparavano molto, ma non udii il sibilo delle pallottole. La strada gode di una pessima reputazione che sino ad ora, credo, non si è

izopo e i nostri conducenti mi avevano preparato una morb.da cucca fatta di numerose coperte indigene di lana; hanno

I aspetto di pellicce morbidissime e pulite. Nel villaggio, che e del tutto abbandonato, se n* è trovato un numero stragrande ed ogni soldato si è fatto un letto caldo e morbido.

L'indomani, all'alba, ripartii per le quote del Peristeri. Dopo due ore di salita, fu una gioia ritrovare Grimaldi. Siamo diven tati compagni inseparabili. 1 nostri superiori ci vogliono sempre separare, ma tanto facciamo da finire sempre per essere di nuovo insieme. Egli si è accampato con il suo plotone sul fianco di un costone nudo e sassoso e si è costruito un rifugio alpino, mezzo in iscavo, con muri a secco e con tetto di bandone corrugato. Faceva molto fresco e non ci si vedeva per la nebbia. Nel po meriggio, con un sole raggiante, percorremmo il lungo giro de e « quote ». Il panorama da 2200 metri era magnifico. Si vedevano catene di monti succedersi le une dietro le altre e molte coperte di neve. Ai piedi nostri il bellissimo lago di Presba pieno di colori. Ritornammo al tramonto, percorrendo lunghi piani inclinati di neve indurita, su cui si strisciava slittando come su di un mort'ido tappeto. La neve e i monti ardevano di rosso ed il aelo era pieno di colori che si fondevano gli uni con gli aitn.

Ieri sera, con un bel chiaro di luna nascente, feci ritomo per strada già percorsa senza essere molestato m alcun mo o. i riunirò con Grimaldi tra due giorni a Negocani. un villaggio al sud di qua. e poi andremo dall'altro lato delia valle immensa con tutta la nostra compagnia.

F poi?... Quìen sabe?...

Questa sera berremo ai nostri cari; quando alla mensa alze remo i bicchieri ognuno di noi penserà ai suoi lontani.

Negocani, 2 gennaio 1917.

Dopo averti scritto la mia ultima in data del 31, eh P pure so se sia ancora partita, assistetti al dramma di un nuovo bom bardamento in città. Andai dunque alla mensa e, dopo a eoa

Grimaldi si è coslruito un rifugio alpino su una delle quote del Peristerl. Siamo diventati compagni inseparabili (pag. 241).

Kenali, 3 gennaio 1917.

Siamo partiti questa mattina da Negocani e, dopo una breve marcia di un ora, siamo giunti al villaggio semidistrutto di Kenali presso la ferrovia. Di borghesi non vi e quasi nessuno. Fu a questo punto che i bulgari fecero resistenza ai francesi. Si vedono ancora le trincee nemiche e, vicino ai villaggio, il terreno e tutto sconvolto dal bombardamento.

Fa bei tempo e non molto freddo. I monti si sono ricoperti di neve nuova. In distanza si ode un violento bombardamento sulla linea di Monastir. Qui sianlo molto fuori tiro. Gli aeroplani francesi ogni tanto ci passano sopra il capo ; quelli nemici, credo non si sono fatti vedere oggi. È arrivata la brigata Cagliari e si è ac campata su di un grande prato, al sud del villaggio ; tutta la pianura è coperta di tende e i soldati girano da ogni parte, cu riosando ed oziando. Noi del genio siamo attendati in un recinto chiuso, e due casette mezzo crollate servono di ripostiglio per il bagaglio. Abbiamo eretto la stazione radiotelegrafica da campo ; in 35 minuti tutto era pronto e ci siam messi in contatto con la base. Grimaldi ed io abbiamo alzato la nostra tenda in mezzo a quelle dei soldati nostri, sotto un albero senza foglie, ed abbiamo sparso una quantità di cannucce per terra a guisa di tappeto. Grimaldi dorme sulla branda dirimpetto, mentre ti scrivo. Domattina ci dirigeremo verso oriente: temo sarà una lunga marcia.

Tepauci, 8 gennaio 1917.

Il 4 partimmo da Kenali in lunghissima colonna. Precedevano due battene da montagna, poi venivamo noi del genio, poi seguivano due reggimenti di fanteria con tutte le salmerie. Formavamo una cona 1 van c i ometri. Dopo quattro ore di marcia arrivammo a Tepauci dove sta la divisione. La compagnia ebbe ordine di recarsi verso B.ljamk ed io dovetti rimanere alla divisione per or-

dine del generale. Dapprima mi fu offerto di prendere il comando di una compagnia; rifiutai, preferendo di rimanere con la nua come subalterno, anziché legarmi permanentemente ad una che non conosco affatto.

Fui incaricato di tracciare una seconda linea di difesa e co minciai a prendere le disposizioni necessarie. Ma dopo mezz ora mi chiamò il generale Petitti e mi disse che desiderava che io facessi saltare una montagna e che partissi in ricognizione. Due ore dopo mi richiamò per dirmi che il comando supremo aveva telegrafato che dovevo partire subito per l'Italia, per pren dere il comando di qualche cosa a Cervignano. Gioia immensa. Così in quattr'ore ho avuto quattro destinazioni interamente diffe renti! Il generale poi volle che in ogni modo facessi la ncogmzione stabilita e che, se il progetto fosse attuabile, mi avrebbe ritenuto qui per forza! Puoi immaginarti in che stato mi si tro vava il cuore!

L'indomani intanto andai alla famosa e tanto temuta quota 1050, dove non c'era stato ancora nessun ufficiale italiano, safvo quelli delle compagnie che tengono la posizione. Girai tutto il giorno per i monti, studiando la situazione dalle vette cnc stanti. L sera finalmente, dopo aver fatto non so quan i ometri a cavallo ed a piedi (l'animale ed j J^ al piccolo villaggio semidistrutto di Orahovo a. e dormii lì alcune ore, ospitato da un comando di ba^ on • 11 giorno successivo, alle 3.45 am. mi alzai d' ; scortato da una guida, salii sui contrafforti del monte La n^tte era chiara a causa della luna, quantunque osse "-do. Qu^o cominciai a salire su per la vetta, principiò un fuoco d mkmo da parte delle batterie francesi. 1 proiettili -P—^ capo con un sibilo continuo ed ininterrotto. Furono entina a ceLaia di colpi; i tedeschi rispondevano - bombarde che b ceravano l'aria con il loro schianto. Mi fermai cima ed aspettai che passasse la tempesta ; poi proseg ,'l

ai posto di comando, una piccola nicchia sotto uno scoglio spor gente. Si era creduto ad un contrattacco dei tedeschi, e da ciò tutto quell'inferno.

Aspettai che facesse giorno e poi con il capitano in comando feci li giro di tutu la posizione. È brutta e molto esposta. Biso gna girare carponi e traversare molti camminamenti di corsa, per che 1 tedeschi stanno sempre all' erta e sparano appena vedono muoversi qualcuno. Il lavoro, per cui ero stato mandato, non è tacile, ma si può fare, perchè vi è un buon posto per 1' attacco di galleria. Il terreno però sembra disturbato e franoso. Dopo avere studiato tutto, mi accinsi a partire. Come saluto i tedeschi mi mandarono tre bombarde, che vidi salire altissime su in aria, librarsi un poco e cadere poi come grandi sassi ; quindi uno schianto lacerante, un po' di grandine di sassi, una grossa nube scura, ma nessun danno.

Arnvai qui alla divisione stanco morto. Mentre Petitti m'in terrogava, cadevo dal sonno. Il generale dice che i tre mesi da me preventivati sono troppi, non potendo essere ultimato il lavoro per il momento propizio, ed ha quindi abbandonato l'idea della mina.

Ora vuole che lavori per quattro o cinque giorni al traccia mento di una linea di difesa, e dopo ciò mi lascerà venire in Italia! Purché tale ritardo non guasti tutto! Sono sulle spine. Sup pongo che mi richiamano in Italia per dar mano a qualche lai mma, che questa pare sia la carriera a cui mi vogliono e, erto è però che tomo, che torno in Italia, e passando alcune ore l^^'^'^^ ^ ritrovarvi per alcuni giorni, non fosse che per Che gioia, purché sia vero!

J^ccampamenlo presso -p..., /2 gennah 19/7. Piove, diluvia, siamo accampati con tutta la 8" compagnia il un burrone roccioso, proprio fuori del limite del tiro di cannonem

Vicino a noi c'é una batteria francese, e dall altro Iato un re parto di fanteria, sicché tutto il burrone e un lungo succedersi di tend^, carnaggi e catene di muli. Le nostre tende sono sparpa gliate irregolarmente sul lato più defilato ed ognuno ha cercato di arrangiarsi il più comodamente possibile, scavando il terreno sotto la tenda e con vane opere d arte. La mia tenda (che e una quadra da telegrafisti e piuttosto grande) é posta vicino al riga gnolo d'acqua, che mormora giorno e notte. Grimaldi abita con me, Marsili e Puddu ci stanno vicini. Dall'altro lato del burrone é la tenda della mensa ed il buco per la cucina, che si e fatto il pingue Laghi; malgrado il fastidio ed i cicchetti che gli diamo, riesce a combinarci ottimi pranzetti, e la sera stiamo allegn e facciamo molto baccano. La nostra compagnia é come una grande famiglia ed i nostri soldati sono contenti.

Piove ; il cielo é tutto un grigio uniforme, e la pioggia batte con un crepitio continuo sulla tela della tenda. Aspetto che il tempo rischiari un poco per condurre gli uomini al lavoro. Gnmaldi ed io siamo incaricati di tracciare una seconda linea di difesa lunga molti chilometri. È impossibile farla di notte, perche uno non può rendersi conto dell'andamento del terreno; quin i lavoriamo di giorno, sotto al naso del nemico, il quale pero non ci ha dato personalmente noia sino ad ora. Mettiamo i picchetti ed i soldati tracciano un solco con la gravina. Di notte viene il tenente Jung con battaglioni interi a scavare le trincee, seguen o il nostro tracciato. Lavoriamo quanto più si può per asso vere a più presto l'incarico: ho premura specialmente Ìo, giacche, secondo le parole del generale, avrò il permesso di tornare in Italia appena finito il lavoro. .. a

La linea passa lungo la valle della Suha, uno dei confluen i della Cerna, coronando una serie di alture, dietro le quali sono piazzate molte batterie francesi. Queste ogni tanto sparano sopra la nostra testa ; i colpi partono quando meno ce lo aspettiamo ed il proiettile ci rasenta il capo e si allontana sibilando. Po. viene

NELL* ANSA DELLA CERNA 247

il turno dei tedeschi e bulgari, che controbattono le artiglierie francesi. Sono castagnole dell'altro mondo che arrivano e. se ci roviamo nella rosa del tiro, siamo obbligati a scappare per uscirne uon. Generalmente però siamo su qualche altura e ci godiamo lo spettacolo come tanti turisti.

^ Finora il tempo è stato bello, ma ora che si è messo a piovere, ara una miseria in mezzo al fango. Qui, quando piove, tutto diventa fango in un ora ed i prati diventano paludi. Non c'è altro da fare che aver pazienza; speriamo che tra poco potrò partire da qui per Cervignano. Credo che dovrò andare là diretto, CIÒ non m impedirà di fermarmi per due giorni in Roma. Più tardi spero di avere la mia licenza invernale.

Can genitori, che gioia sarà di sentirmi più vicino a voi, a portata di posta, di telefono e di giornali!

Telegramma.

Salonicco, 15 gennaio 1917.

Spero tornare presto Italia. Pregoti ordinare subito altra unirorme di combattimento.

'Presso Biljanik, 16 gennaio 1917. Il lavoro, di cui siamo incaricati Grimaldi ed io, si è ora spinto tanto presso la Gema che siamo venuti ad accamparci con unwlr "

periti nel mettere'^su''la'^t^"d^'""^''^ ^ Colapietro sono diventati specie di cunicolo come fifhVse "vi da camoagna fran i vicino a noi e è una batteria rr b.n.„ I»"'p""» "S-

Al nemico non va ounto a -i mai ha capito bene e oer ' prende a cannonate bene

aggiustate, il che è piuttosto spiacevole. Cerchiamo di sparpa gliare i nostri uomini sul lavoro e di tenerli a 200 metri 1' uno dall altro, ma siamo talmente in vista che il nemico mangia la foglia. Gli artiglieri francesi brontolano, perchè dicono che atti riamo su loro i colpi ; d* altra parte non possiamo tracciare la linea dove farebbe comodo ad essi. Jung, il quale si occupa di organizzare il lavoro notturno, viene spesso a trovarci la sera nelle mostre tende. Grimaldi ed io abbiamo guadagnato la sua stima e siamo diventati ottimi amici. Jung è una persona supe riore ed è la mano destra di Petitti. E un amico dei Trabia. In quest* ultimo periodo di tempo ho avuto la febbre ogni giorno ; sembra una doppia terzana che mi debbo essere presa a ^erria; è noiosa perchè m'incomoda e mi ritarda il lavoro. Ma, tutto, si avvicina Fora della mia partenza; Grimaldi ne è rattristato ed anche a me duole di lasciare il caro amico e tutta la compagnia, e questa volta, temo, sarà sul serio. Sono sicuro però che Grimaldi mi raggiungerà un giorno o I altro, perchè non abbiamo *riai voluto lavorare separali e siamo diventati come fratelli. Egli c messo in testa di voler andare, appena finito questo lavoro, alla famigerata quota 1050 a scavare gallerie per mettere a ri paro i nostri soldati che vi sono terribilmente bersagliati. Se non sotto al fuoco, non è contento (')•

(0 E sulla quota andò, non però per scavare ricoveri, ma per fortificare la posizione i tedeschi attaccavano di continuo e con violenza. Il 21 febbraio, mentre, ntto in piedi, !>uttava dei reticolati fuori delle nostre trincee, a brevissima distanza dal nemico, cadde colpito due pallottole di fucile. Così morì da soldato; morte degna della sua vita.

NELL'ANSA

l'i'""' >'--■

quota 144 - SULL'ALTIPIANO CARSICO - PRODROMI DELLA - UN VOLO SU^NEmL- lavori NOTTURNI - LA BA^A^« '^A lotta per l-Hermada . bombardamento DI REIFENBERG^^^^^^

lavori - Preparativi per la battagliasaldo del PECINCA - LAVORI SUL FAITI.

Cervignano, 3 matio 1917.

Mi sono presentato al comando del genio della 111" armata, al generale Leoncini, ma sembra che non sappiano affatto perche mi abbiano mandato qui! Sono cose inconcepibili! Ho insistito che mi diano un lavoro e hanno offerto di mettermi nel! ufficio idnco; . ,u»o ni sono opp»». ^"<1° 'k' d-ld^. l.-o....

G-l .1 .„« tó di Ad.mi l'p»"" «1™ a Quota 144 località che, a quanto pare, non gode di una buona riputazione. Toglierò questo lavoro dalle

P ¥^vA\ nare mi saranno affidati van altri Ferraguti e più tardi, pare, im j ^ r^r^^nApTe ™ii i,.g„ il i,p.,.. A.»d. il "PI»- p«^ ; ni la consegna, ma ancora questi non si e fatto vedere. INO che tale occupazione presenti nschi speciali, ® -v ] darà una buona occasionedivederetuttoquestofrontemendonj del Carso. Non rimarrò qui in città, ma mi stabilirò a cone o a qualche altro posto vicino, sino a che avrò direzione di tutti i lavori, quando mi stabilirò in una P centrale.

CAPITOLO V.
SUL CARSO

P. S. — Sono stato questa mattina alla famosa quota 144 con tempo magnifico e calmo in tutti i sensi. Tornato ora a Cervignano, ripartirò domani mattina per la piccola città di Ronchi che dirta pochi chilometri dalla quota. Tra un dieci giorni mi sposterò più a nord.

Ronchi, li marzo 19/7.

Tra una cosa e l'altra non ho avuto il tempo che di scri vere la miserissima cartolina dell'altro giorno. La sera ero sempre stanco, avendo dovuto sciropparmi 12 chilometri di marcia al ^orno per andare e tornare dalla quota. Oggi finalmente ho finito ed aspetto che domani venga a prendermi il Gap. Ferraguti per recarmi alla mia nuova destinazione presso Farra, località più centrale, che sarà probabilmente la mia dimora fissa per qualche tempo.

Pare che tra poco dovrò sostituire il capitano nella direzione di questi van appostamenti per cannoni in caverna. Non so però ancora bene ove siano.

^ Il lavoro che ho dovuto fare con il tacheometro a quota I 44

e dete™'""'ì gallerie sottostanti determinare la esatta direzione ed elevazione delle casamatte

riu ndr""""' di prima linea, L bTntar?" = "^"^do sparano o gettano oppure svigLrstla'in"g"alleria° Ho^"'' " tore marchigiano. Secondo Quaglio^' un"""'' "" pieno dì fegato e mi • ^ ^ L un ragazzo intelligente e di Battoli, perchè me L ceda"" "chiesto al capitano

""'"MiTrinter d^vrlTartire""'^'""' difensiili ed'XZ^drcTrT^T '^ncee ed i sistemi me visti altrove. La nostra artiólien! " 1"""' d^ uno SI sente molto più appoggiai di'que^rt' '"""ì

Hueiio ctie non rosse sul

QUOTA 144 253

Lana, dove si rimaneva bersagliati senza che le batterie nostre venissero alla vendetta. Dalla quota si vede bene il paesaggio air intorno: le colline nemiche, poi il mare con i moli di Monfalcone e dall'altra parte tutto quell isolotto collinoso, dove si e combattuto sanguinosamente per tanti mesi. II nemico e taciturno e solo ogni tanto ci manda qualche colpo, come per bestemmiare. I nostri cannoni fanno spesso delle salve cosi rapide che sembrano sparate da una mitragliatrice. Dopo il Lana e la Macedonia tutto questo è molto nuovo ed interessante per me. Ieri sera, tornando dalla quota, ben sette palloni drachen coronavano il nostro fronte facendo un bellissimo effetto: alcuni luccicavano al sole che tra montava come fossero di metallo. La quota e le colline circo stanti sono brulle ed aride, tutto calcare come a Sermoneta, ma senza gli oliveti. Anche qui si vede la devastazione della guerra; alcuni villaggi sono distrutti dei tutto, altri sono stati molto maltrattati; V italiano industre pero sta già tranquillamente riparando i muri ed i tetti delle case, quantunque siano ancora sotto il tiro.

E una vera presa di possesso.

Di quanto stia per accadere non si capisce nulla; 1 attitudine degli Stati Uniti fa veramente piacere ed io, che conosco bene la forza latente in quel paese, sento l'immenso peso che l'Ame rica potrà buttare da un lato della bilancia. Il suo atto avra anche

Valore nel sanzionare il verdetto della stona.

Villa BellanoUe, 15 marzo 1917.

Non riesco a trovare il tempo per scriverti una lettera inte ressante, eppure ho un mondo di cose da dirti. La mattina parto presto e non torno che la sera per l'ora di pranzo; dopo, verso le nove, un sonno irresistibile mi chiude gli occhi. ^

Il mio lavoro si estende dal Podgora sino al mare; e inte ressante, ma ancora la mia responsabilità ed autorità sono mal de finite. Intanto giro, guardo e studio. La vita è piacevole essendo in

gran parte quella di un turista. Di abitazione sto in una vil letta del Settecento, ai piedi di una collina, a poca distanza da Gradisca. Da due giorni il tempo si è fatto splendido e dalle vette delle colline si gode lo spettacolo magnifico di tutta la grande pianura ridente di Gorizia, e giù sino al mare. Che posizioni formidabili tenevano gli austriaci! Da S. Michele si vede l'im mensa pianura d Italia perdersi sino all' orizzonte. L'Isonzo ser peggia nel piano come un lungo colpo di pennello di tinta azzurra.

Pericolo pochissimo; mi sembra quasi di essere un imboscato! I cannoni (i nostri) a intervalli si svegliano e fanno un baccano infemale per due o tre minuti; poi tutto tace. Il nemico brontola poco. Veggo i loro aeroplani circondati da batuffoli bianchi. Ogni tanto, su qualche cima lontana, un pennacchio nero di qualche grossa granata o di una bombarda. Del resto non parrebbe di stare in guerra.

Il mio nuovo indirizzo è; Direzione lavori IH» zona. Sezione Villa Bellanotte, XI corpo d'armata.

Villa Bellanolle, 19 marzo 1917.

Anzitutto voglio ringraziare V adorata Madre della premura che ha avuto per la povera signora Grimaldi. Il ricordo del figlio non mi a bandona e continuamente penso a lui; egli è caduto sulla quota 1050 fuon del nostro reticolato, colpito da due pallottole, una d a tempra ed una al petto. Così mi scrive il capitano. Qui ho dento^L'sr;"'L^^^irj'''^"°'^.'=' « Moschettieri », Tirrebatterie di " <^°mpagma minatori, che lavora alle Dartene, di cui mi occupo.

qui il capitano'S^gutf h TT ^ lunga serie di lavori per batterie- generale di una trasferito altrove ed eventualmenr'T i wo,i d.n;T:irr44° '™'"°

che e la più fuori mano e

la più ammala; ci vado ogni due o tre giorni, e nel frat tempo giro per conto mio per mettermi al corrente di tutti gli altri lavori e di tutti gli imbrogli amministrativi. L amico Ferraguti d'altra parte non ha, credo, nessuna voglia di andarsene 6 vi sono alcuni suoi superiori che cercano di farlo rimanere. Intanto tutto va avanti con il massimo buono accordo, ma la po sizione è un po' falsa.

Alla quota vi è il Gap. di BartoH, siciliano, alquanto suscetti bile, che prese un poco ombra alla mia venuta. Senza dir molto, •^i sono messo tranquillamente al lavoro ed ora tutto va bene, siamo ottimi amici e credo che sono contenti di avermi.

Intanto percorro il fronte da Gorizia al mare, salendo su tutte queste oramai famose quote donde, con le splendide giornate pri maverili, si gode un bellissimo panorama.

Così girando si viene ogni tanto a passare davanti ad una delle innumerevoli batterie al momento in cui, Dio solo sa perche, essa ^pre un breve e rabbioso fuoco. Queste cannonate a bruciapelo ti fanno risalire Ìl diaframma, di botto, per un palmo almeno. Di porcherie » in arrivo ne vedo ben poche, salvo alla mia quota, dove ogni tanto il nemico si fa vivo. Gli aeroplani con queste giornate serene sono diventati molto attivi e continuamente ve n e qualcuno in giro, inseguito a rispettosa distanza dalle bianche nu volette dei nostri shrapnel antiaerei. È un divertimento l'osservare ^on il cannocchiale quei moschini bianchi e lucenti nell'azzurro dell'aria. Ieri un nostro caccia ne buttò giù uno che cadde vi cino a Ronchi, ed andai a vederlo. I due austriaci erano già stati portati via moribondi. Mentre volplanava al suolo, tutta la popo lazione di Ronchi proruppe in grida ed urli di gioia facendo gran baccano; il nostro caccia seguì da vicino la sua preda ^®dta sino a pochi metri dal suolo, poi fece due o tre giri e allontanò verso il proprio campo.

Ghi sa cosa ci riserba il futuro? Ancora non si capisce nulla della rivoluzione in Russia; purché non rechi danno alla guerra!

yUla Bellanolle, 23 marzo 1917.

Dopo alcuni giorni di tempo primaverile è tornato il freddo, e la neve e scesa bassa sui monti austriaci che ci stanno di faccia. Durante le belle giornate gli aeroplani erano attivi. Avanti ieri, mentre ero presso la cima di San Michele, uno austriaco fu col pito in pieno da uno shrapnel e cadde come uno straccio, la sciando dietro di se una striscia di fumo ; poi ad un tratto prese fuoco e bruciò come una torcia roteando su se stesso; fu uno spettacolo che stringeva il cuore. Del resto vi è gran calma, ma si sente che la tempesta cova. Qui tra ufficiali si crede che ci attaccheranno dal Trentino, ma è probabile che vi sarà pres sione, almeno per un poco, anche da questa parte. La grande ritirata in Francia ci lascia tutti sospettosi. In Russia pare che le cose vadano bene, ma certo è che far rivoluzione in questi tempi è uno scherzare con il fuoco. So da fonte sicura che i socialisti itaham stanno facendo una campagna pacifista con brutti mezzi e questo è un vero pericolo; credo però che il nostro elemento ufcciali e ben determinato a fare il proprio dovere verso la patria ed il mondo, e l'esercito mostrerà una volta di' piò che quanti stanno sotto il fuoco sono piò leali e piò consapevoli dei doveri attuali che non i vigliacchi imboscati nelle retrovie. Mi rincresce tanto di sapere che soffri ancora. La sola cosa che mi addolora qui, al fronte, è di non poterti fare compagnia non emre i tuoi dolori, almeno cercare di distrarti.

ynia Bellanolle. 27 marzo (917.

un cannone nella coierie^ l'appostamento di dissimo interesse. Ad ogni norK* ^ ^ nel suo box, con il naso verso' T''' ^ rannicchiato fiuti l'aria. In quel labirinto di tnncee, ricoveri, baracche e

fifhouse, celati dai mascheramenti, è difficile scorgere i cannoni a prima vista, ma piò giri, piò ne scopri. Ogni tanto. Dio solo c qualche colonnello sa perchè, uno di questi cannom fa un gran botto, salta per aria, rincula e poi rotola di nuovo contro il suo parapetto. Il male è che non si sa mai da quale cannone e quando verrà il botto ; l'urto dell aria e cosi forte che per poco non rovescia il tacheometro. Il mio attendente Quagliotti fu colpito 1 altro giorno da una piccola scheggia alla spalla, ma non gli ha fatto male.

Ieri notte vi fu un attacco austriaco di cui avrai letto nel 'Comunicato. I nostri cannoni rispondevano con accanimento. Era Uno spettacolo bellissimo. Sui monti vicini e su quelli lontam era un succedersi continuo di fulminei bagliori piò o meno luminosi a seconda della defilazione del pezzo. A causa della distanza i tuoni, * boati e i rimbombi si alternavano senza apparente coordinazione *^on i lampi delle vampate. Un 305, non molto lontano dalla nostra ^llla, mandava un bagliore accecante e, quando arrivava il botto, tremavano ì vetri e ballava il pavimento della sala della mensa come ad una scossa di terremoto. La notte era buia pesta, fredda, pioveva e non si vedeva che la silhouette dei monti sulla tremula Uminosità dei razzi e contro i bagliori delle cannonate.

Quando m'infilai nel caldo sacco-pelo, mi vergognavo come un imboscato, pensando ai poveri nostri soldatini in trincea, nel fango, uel freddo e sotto le granate.

Villa Bellanolle, 31 marzo 1917,

Ieri fui a Udine, dove mi aspettava il caro Miche che trovai iu ottima salute and good spirits. Avevamo da dirci Unte cose. Pioveva in modo disgustoso e ci siamo consolati pigliando due tHè con infinito numero di dolci e biscotti. Con l'autocarro an elammo al suo campo, a Campoformido; un aggruppamento di baracche smontabili e di hangars in una vasta pianura nuda.

Prvidi i grandi Caproni, rinserrati, gli uni addosso agli altri, in un

grande hangar quasi buio; m* impressionò la loro mole e la loro immobilità. Mi ha molto interessato il vederli ora nel loro pieno assetto di guerra, tutti provvisti di ordigni di navigazione e di mitragliatrici. Questa stagione non hanno ancora volato in combat timento. Pare che il nuovo imperatore si sia opposto al bombar damento delle città aperfe e quindi non vi sarà cagione di rap presaglie per parte nostra. Tuttavia suppongo i Caproni faranno la parte loro nelle grandi battaglie. Miche mi ha promesso di venire a stare qui con me per due giorni, quando si rimetterà il tempo. Fa freddo e tira vento... ed ogni tanto anche qualche cannonata. Non mi sono ancora abituato al genere di guerra dell Isonzo. Vi è gran calma e silenzio; ad un tratto poi comincia un baccano indiavolato; credi che sia il principio di una grande azione, qualche repentino attacco, e dopo un'ora, di nuovo silenzio e calma. Spesso però vi è pure il fattaccio, come avrai rilevato dai comunicati. Avanti ieri fui a Gorizia, Avvicinandosi alla città si traver-sano paesi e sobborghi tutti in rovina; la lotta ne ha fatto scempio. Anche le case esterne di Gorizia hanno un poco sofferto e sono scalfite da schegge e pallottole, ma entro la città tutto sinora e in grande ordine. Soltanto molti vetri sono rotti a causa delle deto nazioni. Le strade sono grandi, un poco deserte, ma pulite. Quasi tutte le persiane e le porte sono chiuse. Si vedono pero dei bambini affacciati alle finestre ed alcuni negozi sono semiaperti. Due ottimi caffè sono in funzione; anzi non hanno mai chiuso un giorno dal prin cipio della guerra. Dapprima erano pieni di ufficiali austriaci, ma un bel giorno sono tutti partiti in fretta e poco dopo sono venuti gli ufficiali italiani a sedersi su quegli stessi sedili di peluche rossa, davanti a quegli stessi tavolini di ferro con il piano di marmo. Mi ha interessato di vedere delle case tutte bucate a feritoie e i cavalietti di Frisia che sbarrano alcune strade.

P. S. II generale Leoncini mi fece chiamare V altra sera a Cervignano e mi consegnò con un* aria cerimoniosa la croce deirOrdine militare di Savoia, inviata dal comando supremo. Poi

SULL'ALTIPIANO CARSICO 259

mi chiese per quale motivo mi era stata concessa 1 alta onorifi cenza. E li rimasero le cose, perchè nè lui nè io trovammo altro da dire. Ero un po* seccato, perchè mi avevano fatto digerire due lunghe ore di autocarro proprio al momento di andare a pranzo.

Qui le cose sono più o meno come prima, ma comincio a vedere una sfogatoia. Un mio progetto per un appostamento di can none da marina al Debeli è stato approvato con parole lusinghiere e tra poco, quando saranno giunte a posto le pratiche burocratiche, vi metterò mano. Poi ho proposto al generale Leoncini di pre parare una serie di mine difensive davanti alla nostra^ tnncea marginale del Vallone e l'idea gli è piaciuta molto. Perciò ora ne sto facendo lo studio e sto percorrendo e studiando con cura questa nostra grande linea di difesa. La percorro passo per passo, ciò che vuol dire molti e molti chilometri di scarpinata quotidiana.

Da due giorni il tempo si è messo al bello. Ogp vi era grande attività di aeroplani ed bo assistito, col binocolo in mano e il cuore palpitante, a due combattimenti aerei. Si svol gevano tra un caccia ed un aeroplano di ricognizione. GÌ. aero plani si andarono incontro e poi cominciarono ad aggirarsi 1 uno intorno all'altro, cercando di mettersi in posizione di sparo; le mi tragliatrici crepitavano. Nel primo combattimento il nostro aeroplano dovette allontanarsi, forse per avaria al motore, perche per un poco fece una grossa scia di fumo; nel secondo u aerop ano •austriaco che dovette darsela a gambe. L'aria era limpidissima. 11 nemico sparava con un grosso calibro su una certa batteria nostra di là del Vallone e vedevo i giganteschi pennacchi di fumo. Vi era inoltre un bombardamento fuori vista. Dove ero io, calma, sole ed un brulichio di gente al lavoro della trincea marginale.

È certo questa una formidabile linea, che infonde fiducia sulla nostra preparazione difensiva del Carso. Non hai idea c e moe

Villa Bellanotle, 5 aprile 1917.

di lavoro rappresenti tutto ciò; sono chilometri e chilometri di trincee profondissime, scavate in vivo sasso, murature a cemento, numerose tane, grotte e gallerie. Poi vi è il reticolato, quella ster minata striscia di ragnatela, rossastra per l'arruginirsi dei fili, che se ne va serpeggiando per i monti e per le valli sino a che si perde di vista dietro ad una gobha, per riapparire più lontano su qualche^ altro costone; e cosi continua e sembra non avere nè pnncipio nè fine. Quando guardi il reticolato più da vicino, ap pare come una fantastica tela di ragno tutta ispida di punte e di spine. Pure dicono che un certo territoriale sia stato visto traver sarla in pochi istanti, dopo essersi sentito arrivare vicino una gra nata. A volte, invero, può più la paura che il coraggio!

Quando leggi i comunicati delle azioni che si svolgono sulle quote, non ti preoccupare sul conto mio. Il nemico fa gli attacchi quasi sempre di notte, mentre che io vado sui lavori di giorno e generalmente di mattina, nell'ora più calma. Perciò non vedo che ogni tanto qualche nuvoletta o sento qualche « crack », proprio ^lo quanto mi è necessario per non dirmi del tutto imboscato.

Dormo come un ghiro, mangio come un lupo e sto di buon umore.

Le paure e le preoccupazioni non le abbiamo noi al fronte, ma VOI altn in Italia e, se la popolazione borghese potesse vivere per un poco m trincea, si preoccuperebbe meno dell'offensiva nel rentino e delle altre balle. Se il nemico vuol venire a tentarci,, venga pure che gli daremo il benvenuto!

S aprile 1917.

Buona Pasqua a voi altri cari. Questa sera vi è pollo ed io ho comprato tre bottiglie dell'immortale vedova del povero Clicot. Sono stato a colazione da Boisio, il mio compagno del Col di Lana, il quale e incaricato della costruzione d'una grande batteria in caverna a quota 242 vicino a 8. Michele. È un'opera gigan tesca. Ogni cannoniera è come una 1 u

£ . . 1 , grande sala a volta, con una. feritoia che sembra un portone dì r»aU i tf di palazzo. Le cannoniere sono^

tutte collegate tra di loro ed alla retrovia da una serie complicata di gallerie. Del resto la 3" minatori ne sta costruendo un'altra più monumentale ancora al Brestovich. Non li puoi fare un'idea <ìuanto sia bello questo gruppo di ufficiali e soldati! Si è compiuta poi allegramente una semi-cerimonia per la mu ratura di una lapide in una delle casamatte; essa si svolse con relativa demolizione di numerosi fiaschi e con fotografie di gruppi di soldati ed ufficiali. Dietro la lapide murammo una bottiglia contenente un papiro in ricordo dell'opera. Intanto pioveva a catinelle e dall'alta Volta di cemento stillavano goccioni di acqua grossi come nocciuole.

Da due giorni grande calma, forse per economia di proiettili, dopo l'infernale bombardamento dell'altra notte sulla quota 144. f^u tutto un falso allarme, sincrono, che produsse quella grandine di proiettili dalle due parti. Il nostro comunicato è stato correttissimo, nia gli austriaci si vantano di avere respinto un nostro attacco che non ^ 0 mai stato. Per intercettazione telefonica si è saputo che hanno ^atta larga distribuzione di croci e che hanno perso parecchio. Io vi sndai l'indomani e trovai sulla quota tutto il terreno sconvolto.

Ai piedi di essa vi è un piccolo cimitero ed il nemico

^^ra sempre in quel punto, sicché quei poveri morti non possono giacere in pace. Le croci di abete bianco erano rovesciate da lutti i lati. Poveri morti dimenticati ed ignoti! Quando passo li saluto.

Per l'entrata in guerra dell'America mi sento pieno di spe^■anze. La Russia però mi preoccupa.

Mille grazie per gli ingrandimenti ben riusciti della fotografia del povero Grimaldi e di me. II capitano Ferraguti, che forse un giorno dovrò sostituire, ti porta dei films e la croce di Savoia. Se lo vedi, ti potrà dare informazioni sulla nostra vita qui. È un mio buon amico.

Villa BellanoUe, ì I aprile 1917.

La tua ultima mi ha dato tanto piacere e dispiacere: il di spiacere è di sapere che le tue continue sofferenze non hanno mai

fine. E tanto doloroso il non poterti aiutare! Verrà il tempo in CUI potrò venire a consolarti un poco e a rallegrarti con piacevoli storielle, nelle colazioni mattutine.

Qui siamo abbastanza indipendenti e qualche scappatina si potrà combinare più tardi. Per le nozze d*oro poi sono sicuro di poter partire e come ultima ratio potrai rivolgerti al Duca d Aosta ; ma manca ancora molto!

Da quando è partito il capitano Ferraguti ho cominciato a lavorare sul serio.

Ieri mattina urgentissima telefonata dal mio generale Leoncini i trovarmi a Cima Tre. Mi precipitai 11 ed aspettai un* ora e mezzo. Poi venne il generale Porro con il generale francese Foch ed il generale de Goncourt. Porro mi chiese informazioni dei lavori e poi mi presentò a Foch come « celui qui a fait sauter le Col de Lana ». Foch mi fece delle domande e poi disse: — « Cesi toujours facile apres que c est fait. » — Da Cima Tre andammo a piedi a San Michele, e li s imbarcò il plotone di generali e eci un gran sospiro di sollievo, perchè ero stato sempre in paura di un elio shrapnel in mezzo a quel gruppo. II nemico invece si comportò da gentiluomo.

Poco fa pero ha tirato qualche colpetto qui vicino alla Villa Belanotte e tutti gli operai borghesi si sono messi in fuga, e credo scappino ancora. L argomento che la cannonata veniva da tanto, tanto lontano e che non poteva far molto male, non li ha punto p suasi. I nostri 305 si sono messi a tirare poco dopo, non so p rappresaglia; e certo che ad ogni colpo mi facevano ballare g 1 attrezzi da disegno sul tavolino della mensa. Questa matsono stato a Medea a far un rilievo della cava, ma non so

. debba servire. Mi dicono che vogliano met- ere un d.ng.b.le i„ caverna. Ma sai che è buffa l'idea di collocare un dirigibile sottoterra!

g i scorsi pioggia e vento; oggi il cielo si è rasserenato e sembra pnmavera. Ieri andai sul Debeli con il colonnello Gar-

SULL'ALTIPIANO CARSICO 263

rone per vedere un certo appostamento: trovai in lui una persona simpaticissima e di altissima coltura tecnica. E raro trovare uffi ciali come lui. Parlammo per due ore di cose che non riguar davano la nostra missione ed appresi molto. Quanto è piàcevole incontrare gente da cui s* impara I

Di quello che accade nel mondo non capisco più nulla.

Anzitutto ti voglio ringraziare per il magnifico prosciutto che già stiamo sfaccettando come un raro diamante, nonché per i quattro salami di cui due rimarranno appesi ai rampini del portatende della mia finestra, come viveri di riserva per il giorno in si dovesse « fischiare », nonché per la rara e bellissima col lezione di bottiglie, di cui due furono inaugurate ieri sera bevendo alla tua cara salute; dai miei compagni ti fu mandata una car tolina di ringraziamento. Di ciò dunque ti ringrazio di tutto cuore ® ti vorrei piii bene, se volertene di più fosse possibile.

Qui nulla di nuovo. Vi è più o meno calma, e continua questa vita che sa un poco d*imboscatura al fronte. La verità è che per ora c* è poco da fare. Oggi sono stato a San Grado di Mema, ove il nostro bravo Chiappini sta costruendo un osservatorio per 'artiglieria. In cima alla ripida collina vi è, o piuttosto vi era, bel santuario con chiesa e convento che ora è un cumulo di Macerie ; prima l'abbiamo demolito noi da un versante e poi gli austriaci hanno fatto cascare tutta 1 altra parte. Pure vi si puògirare sino al secondo piano, ed ogni tanto si trova ancora, o meno sana, qualche stanzetta, o un pezzo di corridoio. La chiesa è una rovina ; è crollata tutta la volta e solo dmane la parte sferica dell' abside. Le colonne delle navate sono precipitate, risolvendosi nei loro conci circolari, che giacciono rinfusa come tante forme di cacio parmigiano. Capitelli rovesciati, frammenti di balaustrate di marmo rosso, tegole e con-

Villa Belìanotte, 14 aprile 1917.

dotture di piombo per la luce elettrica, tutto alla rinfusa. Una nicchia, per qualche madonna forse, con il suo baldacchino di marmo rosso, bianco e nero, e stata portata via per metà da una cannonata, che ha fatto una bella buca, da cui son rimasto a lungo a spiare il paesaggio con il binocolo.

Ai piedi del monte si scorge il tortuosissimo Vippacco. Sopra una sponda stiamo noi e sull'altra il nemico; è tanto tortuoso il fiume che a volte le nostre trincee stanno al di là di quelle nemiche. Alcune delle nostre vedette, l'elmetto in testa, immobili, stavano nascoste dietro a frasche. Poi vedevo le trincee nemiche, i camminamenti ed i viottoli che conducono alle retrovie e a certi villaggi deserti. Le case parevano grossi denti cariati. Tutto il paesaggio nemico sembrava deserto, abbandonato, privo di vita. Per quanto io abbia guardato giù nelle trincee e dietro i villaggi in rovina, per i vicoli, tra le case, non ho potuto scorgere una sola anima viva. Veramente hanno l'arte di non farsi vedere. Certo è che se si scoprono, spariamo loro subito addosso, mentre noi ci mostriamo tanto che essi si sono stancati di spararci. Eppure, appena vengono le tenebre della notte, devono formicolare laggiù, per quei campi, per quei sen tieri e per quelle strade' (e più vai lontano e maggiore deve essere il brulichio) uomini, muli e autocarri. È allora che i nostri riflettori cominciano a frugare, investendo di qua e di là con 1 loro fasci accecanti, e poi fioccano le granate. Così si vive in pace ora, cercando di rendersi la vita il più incomoda ' possibile.

al santuario sono sceso ad una collina antistante, ove sul rovescio ho visto una quantità di tuguri, baracche e ricoveri, sopra 1 quali spiccava un cartellone enorme con la scritta « Villaggio Faccim ». Mi e venuto un sospetto; ho chiesto ove fosse il comando e, per una porta aperta, ho notato uno che mi guardava. Poi grida di nconoscimento, braccia levate, e mi son trovato teneramente abbracciato con il colonnello Faccini, il mio caro amico

SULL'ALTIPIANO CARSICO 265 amici

de! Col di Lana. Abbiamo parlato dei tempi passati, degli dispei^i per i vari fronti e di quelli che non sono più, mentre i nostn vicini cannoni da campagna abbaiavano rabbiosamente, ed > nostn proiettili ci passavano fischiando sopra la testa. Il nemico non diceva parola. Sono andato anche un poco in trincea a quota '23, e poi* sono tornato qui a scriverti queste righe. Piove, come al solito, ma non fa più freddo. Intanto il tempo passa ; cosa accadrà? Quale sarà per noi il prossimo futuro ? Sono pieno di speranze.

16 aprile 1917, 2 pom.

Che gioia immensa per la stupenda vittoria inglese! Adesso Vengono a dirmi che al comando si annunzia una vittoria francese con 10000 prigionieri; spero sia tutto vero. Tra poco daremo pure noi una mazzata in testa agli austriaci e cosi speriamo di finirla con quella marmaglia. Solo la Russia mi preoccupa e mi <:iurla nel manico. AH* alba di una grande battaglia non è il moniento di fare la rivoluzione. Ma vinceremo Io stesso. Gli avve dimenti precipitano ; la soluzione non può essere molto lontana. E così torneremo tutti a casa ed io verrò a farti compagm'a ed d riprendere i miei studi de* tempi quando si faceva la guerra con 'l'ccento uomini d* arme per parte. Qui si vive in sospeso; in ^ondo, vi è poco da fare in questi giorni, perchè 1 onda si è ri versata verso il Trentino, ma potrebbe forse tra non molto river sarsi da queste parti: sicché la nostra vita può cambiarsi dal floTier per lavorucci di poca importanza al febbrile correre per diille ed una cosa da fare nello stesso momento. Ora ci occupiamo delle batterie inglesi, e mi diverte Tidea di chiacchierare con i loro ufficiali nelle doline del Carso.

Ha piovuto a catinelle e I* Isonzo è in piena, ma I* aria si va ^Scendo più mite; i ciliegi sono in fiore e tutti gli arboscelli e le siepi buttano le foglioline verdi che annunziano la primavera

Quanti avvenimenti m pochi giorni. La situazione diventa più tesa, qualche cosa dovrà accadere e questo immane conflitto dovrà risolversi. Starei con animo lieto se sapessi i russi attivi ed ag" gressivi, magari con il loro Czar, per qualche mese ancora ma ho paura che oramai non si possa più contare sull* aiuto del rullo compressore. Di riflesso, dovranno accadere cose grosse anche in Italia, differentemente forse da quello che tutti aspettavano. Qui corrono voci che non ti posso riferire in ogni modo, siamo pronti a tutto. Lo spirito delle truppe è buono e tutti desiderano di dare una buona mazzata in testa al nemico. Anche questo comincia a svegliarsi e si sente la elettricità nelF aria. Avrai letto gli attacchi alla quota 144 ; in gran parte furono però nervosismo reciproco. Intanto ho avuto incarico di costruire appostamenti per can noni sul Veliki Krib, lavoro molto semplice ma che mi dà occasione di conoscere bene tutta quella zona più avanzata del Carso con il suo dedalo di doline. Prima di venire qui avevo cre duto che queste fossero delle piccole depressioni, ma invece ne ho trovato di grandissime che sono dei veri crateri di cento, e due e trecento metri di diametro, alcune anche profondissime. La maggior parte di esse sono diventate per noi, come furono per il nemico, nidi di ricoveri, ingressi di gallerie e caverne, ed appo stamenti per cannoni. A spiare quello che accade in ognuna, gi rano gli aeroplani, che di permanenza volano ad altezze vertiginose quando il tempo e chiaro. Allora sono bombardamenti con nuvo lette e bianche e rosse e nere; sono lotte aeree. Poi ogni tanto gli aeroplani nemici fanno come i rondoni a Roma, si sbarazzano di qualche cosa che produce un gran fruscio mentre cade, ed un gran botto quando arriva. L'artiglieria fruga tra quel meandro di doline. In distanza i drachtn s^innalzano per quanto per mette loro la fune e cercano di vedere più dentro di quello che non possono fare gli osservatori dai monti. Poi, quando credono

di aver veduto, dirigono il tiro delle batterie ora qui ora Ti, ma smora mi hanno dato poca noia; del resto vi sono tane e gallerie ovunque per ripararsi al secondo colpo.

Giorni fa mi passò sopra la testa una nostra salva di dodici colpi di 210, gravidi di porcheria teutonica per gli austriaci. A *^^0, che ero preavvisato, fecero una formidabile impressione, ma ne debbono avere provata una maggiore ancora gli austriaci che non se l'aspettavano! Era come se per l'aria passasse uno stormo di mostri, di furie dalla voce cupa. Per alcuni secondi erano ovunque sopra il nostro capo, poi passando svanirono invisibili por compiere la loro funesta missione.

Oggi sono stato a Gastagnavizza, che è il nostro fronte più avan zato, e dall'osservatorio ho potuto vedere le trincee nemiche e, dietro ad esse, altre colline, villaggi demoliti, poi altri monti e valli con cittadine, villaggi e chiese non ancora fletris dalla vampa della guerra.

L'austriaco se l'è presa personalmente con il mio compagno Chiappini e con me, e ci ha inseguito a cannonate per la strada, che è molto scoperta; ci aspettava al varco dei punti più infilati c scoperti e sparava con molta precisione ; una granata mi e scop piata a quattro metri, ma per fortuna il muretto a secco della strada mi ha riparato. Finalmente ci siam buttati per una trincea c poi per la via dei campi e Io abbiamo canzonato. Chiappini è giovanissimo e parla sempre* come se avesse una caramella in i^occa, ma è intelligente e pieno di fegato.

Al ritorno qui, alle 11.30 ant., il nemico si è messo per la prima volta a bombardare la batteria in caverna, che stiamo co struendo a Cima Tre e che sta appunto di faccia alla mia fine stra, dall'altro Iato della valle. Son rimasto ad osservare il tiro con il binocolo. Ogni tre minuti arrivava un colpo di 381 e la 'nuvola di fumo e di polvere s'innalzava al cielo come un gigan tesco pennacchio bianco e nero. Appena finito, noi la colazione c loro il bombardamento, siamo saltati in camion, Ferraguti,

SUL CARSO
Villa Bellanolle, 23 aprile 1917.
SULL'ALTIPIANO CARSICO

Boisio, Chiappini, io e alcuni altri, per andare a vedere i risultati; eravamo una banda di allegroni e spensierati come conviene essere in guerra. Effetto del bombardamento, zero. Le granate, cadendo dal cielo ad angoli ripidissimi, hanno picchiato sui piazzali e sulle po derose rocce vive senza fare danno.Possono pure picchiare mille colpi, a tre mila lire 1 uno, ma non impediranno il tiro ai nostri cannoni. Ho fatto alcune fotogreifìe e abbiamo bevuto una strega al battesimo di fuoco delle caverne; poi siamo tornati qui. Dopo una piccola picchia di sonno, ti ho scritto.

25 opri/e 1917.

La giornata limpida annunzia oggi la primavera; peccato che ii periodico ringiovanirsi della natura, in questi tempi, sia il segnale per accingersi a tanta carneficina ed a tanti orrori. Già i nostri caccia girano per V aria in cerca della preda. Ieri due di essi si misero appresso ad uno austriaco, se lo presero in mezzo e gli diedero una pizza. Cadde, facendo due o tre capovolte, poi si riprese e a bassa quota fece due giri sopra al Vippacco e poi atterro meta nel fiume. I nostri soldati urlavano di gioia. Vi furono pure « pillole malariche » di 381 sulle nostre caverne a Cima

Tre di S. Michele. II nemico ha capito e vorrebbe distruggere o impedire il nostro lavoro. — « Ma ci vuol altro, monsignore! »

Telefonai ieri a Miche. Aveva volato due volte: la prima, erano tornati dopo poco ; la seconda, erano andati ad Opcina, come avrai visto dal comunicato, scaricando un sacco di porcherie in testa agli austriaci. Tutto benissimo ; Miche non ebbe occasione di sparare la mitragliatrice. Al telefono si sentiva male la sua voce. Tra poco vado a quota ... per altri appostamenti per cannone, ma non so di che cosa si tratti.

Villa Bellanotle, 27 aprile 1917.

Sono le 2.30 pom.: sto nella mia stanzetta, presso la fine stra spalancata; fa quasi caldo, il cielo è nuvolo, ma il sole

tuttavia illumina la pianura dell'Isonzo. Davanti a me le colline di S. Michele, a due chilometri di distanza. Per la pianura cam mina la gente, passano gli autocarri e i muli a basto.

L'austriaco si esercita al tiro a segno contro le trincee e la cima di San Michele; ogni minuto o due arriva un colpo, ora uno shrapnel, ora un pillolone grosso, che innalza bellissimi pen nacchi di fumo e polvere; si vede la esplosione prima che giunga a noi il raschio e lo schianto del proiettile. Per un poco ho se guito col binocolo gli uomini che passeggiavano sullo sbancamento delle caverne e per le trincee, ma dopo un pillolone' piuttosto vicino sono spariti... Adesso è arrivato un colpo che ha fatto cecca: « ha preso umido », come dicono i soldati. Hanno sparato anche 1 305 nostri e la casa ha tremato; dal cannone si è elevato un getto di fumo...; ecco un altro colpo da 305... Lo spostamento d aria è così forte che lungo la strada vicina si alza la polvere per duecento metri, come se fosse passata un automobile a gran Velocità. Con il binocolo a portata di mano, vedo tutto ciò dalla mia finestra mentre ti scrivo. Da questo lato della valle, calma. Nel poligono di Peteano i soldati si esercitano a buttare bombe ^ mano che esplodono con un violento crepitio... Adesso regna ^^i nuovo la calma.

Questa matrina abbiamo girato in lungo ed in largo per l'alti piano carsico in cerca di appostamenti nuovi per artiglieria. Ab biamo visto due caccia italiani inseguirne uno austnaco, stringerlo, crepitargli addosso. L'austriaco ha fatto un gran tuffo e poi ha ripreso a pianare ed è andato ad atterrare su una delle colline nostre, seguito dai caccia italiani che gli si tenevano vicino perchè non facesse scherzi. È il terzo aeroplano nemico che vedo atterrare.

Pare che adesso mi daranno il settore del Veliki come campo rii lavoro e forse dovrò anche occuparmi degli inglesi.

Ordini e contrordini! Intanto ho il pomeriggio libero e ti scnvo.

Perchè può darsi che non ti potrò scrivere lettere ma solo car'oline, se incomincerà il lavoro più intenso.

PRODROMI DELLA BATTAGUA 269

29 aprile 1917.

Sono le 9 pom. e sto per andare a Ietto. Fa chiaro di luna.

Vi è un vivo tiro di artiglieria contro qualche cosa per aria ed il cielo in distanza scintilla per gli scoppi degli shrapnel. Mi hanno dato la direzione autonoma di circa 30 appostamenti da cannoni di medio calibro sul Veliki. Ciò mi tiene in moto dalle 6.30 del mattino sino alla sera. Salute ed umore ottimi.

Villa BellanoUe, / maggio 1917.

Ti scrivo di nuovo davanti alla mia finestra; sono le 4 pom. e fa caldo ; regna una calma assoluta dopo gli ultimi due giorni.

In distanza ronza un aeroplano.

Ieri mattina, alle 7, stavo caricando due camions con masche ramenti per le batterie, quando si sentì il raschio e lo schianto di una granata di grosso calibro su Peteano, a un chilometro da qui. Poco dopo ne vennero una seconda ed una terza. Mentre traversavo il ponte di Peteano a passo d'uomo con i due camions, come è d'ordinanza, giunse una raffica di cannonate di tutti i calibri che, volando alte sopra la nostra testa, andavano al loro rendez-vous. Lo chauffeur accelerò l'andatura, ma un soldato di guardia, a mezzo ponte, ci disse imperturbabile: — « Piano, andate piano! » — Peteano si stava ravvolgendo in una nube nera e gli schianti si succedevano senza intermissione. Voltammo a sinistra verso il Vallone ed andai al mio lavoro sull altipiano. Dall'altura si vedeva sopra Peteano un gigantesco pennacchio di fumo che si innalzava sino al cielo. Il bombardamento riprese due volte nel corso della giornata: l'intesi, ma non vidi che il fumo. In prima linea spararono un poco, ma non tanto da disturbare il lavoro. Al ritorno alla villa, Ferraguti e gli altri mi raccontarono che il bombardamento era stato terrorizzante e, dalla finestra, con il binocolo, posso ora vedere la devastazione dei baraccamenti;

L\L FERITOIE DELLE ■LLE BATTERIE IN CAVERNA DI MONTEFORTIN.
Dall'ahura si vedeva sopra Peteano un gigantesco penna echio di fumo (pag. 270).

ma vittime ce ne sono state poche, grazie alla presenza di spirito del col. Faccini mio amico.

La sera, alle nove, al momento che già avevo preso sonno, non so come, s'incendiò una baracca a Peteano; mi destai e la vidi bru ciare come una gigantesca torcia che illuminava tutto il paesaggio. Si sentiva un irregolare e intenso crepitio di cartucce che esplodevano. Intanto dal buio della strada, che passa vicino alla villa nostra, saliva alla mia finestra tutto un sordo frastuono di carriaggi, un cigolio di ruote e uno stridere di ingranaggi, che mi dicevano della vita di un esercito che si risveglia quando la notte lo cela.

Poco dopo ritornai nel sacco-pelo per essere svegliato all'una dai miagoli!, raschi e schianti di una ripresa di bombardamento. Per la casa tutti erano desti e si girava in pantofole, a piedi nudi, col cappotto buttato sulle spalle. Rimasi per un poco a guardare dalla finestra le vampe delle esplosioni, poi ritornai a letto, mentre il bombardamento moriva.

Prima delle sei fui svegliato di nuovo da altri schianti con un rombo più lungo e non preceduti dai soliti miagoli!. Udii la voce del telefonista: diceva che erano aeroplani che buttavano bombe; per il corridoio e per la scala vi era il rumore dell andi rivieni degli inquilini destati anzi tempo. L'esodo era verso una piccola galleria che ci sta vicino. Vi concorrevano so dati, operai,, borghesi ed anche il bravo Calassi, un nostro ufficiale toscano e riformato perchè ha le dita dei piedi fatte a martello. Pare che questo difetti) sia causa delle grandi paure che gli pigliano ogni volta che comincia la girandola. Dal mio sacco-pelo gridavo a squarciagola: — « Calassi, aiutami! » — ciò che desto mo a ilarità, ma non provocò risposta alcuna dal fon o e a ga ena Per vedere lo spettacolo mi alzai anch'io e mi affacciai a a finestra. Albeggiava. Per l'aria si sentiva il ronzio, di numerosi aeroplani nemici e di qua, di là, nel piano, sulle cime di San IVhchele e per le falde delle colline si levavano grandi pennacchi fumo, immobili nell'aria quieta. Le bombe continuavano a gran-

dinare, apparentemente senza mira alcuna, come se gli aviatori austriaci avessero premura di scaricarsi e tornarsene per il caffè. Per un momento una quindicina di pennacchi sorgevano dal piano come tanti alberi giganteschi per poi lentamente dileguarsi. Debbo dire che gli schianti facevano impressione. Per le strade del piano, che io vedo un poco dall alto, tra le baracche e per i sentieri era un fuggi fuggi disordinato: chi correva di qua, chi di là, a seconda del cnterio di ognuno sult^ ubicazione del baricentro del pericolo. I soldati non sembravano avere paura, ma i borghesi ed i bravi centurioni, dai baffi pendenti, avevano un sacro terrore. 1 borghesi si erano messi in ispalla il loro sacco o valigia sgangherata e correvano per le trincee che conducono verso Y Italia ma, quando a mezzo chilometro davanti a loro esplodeva una bomba, face vano tutti assieme un voltafaccia e cominciavano a correre in un altra direzione. Un aeroplano ci passò proprio sopra al capo, ma si comportò decentemente: dopo la qual cosa, nella sala della mensa, ordinai il caffè e così, credo, fece pure il nemico.

Eccoti le impressioni del momento. Non ti preoccupare di me, chè la mia stella è buona.

3 maggio 1917. ore / / ani.

Grazie della tua cara lettera del 28. Quanto alla lettera di S. E. Boselli credo averti già scritto che ho telegrafato dicendogli di rivolgersi ai miei superiori qualora voglia parlarmi. Naturalmente, se si tratta di andare in America come supponi tu, non ci andrei perchè in un momento come questo uno non s'imbosca; e poi non vorrei andare tanto lontano da te; avrei tuttavia avuto piacere che mi avesse chiamato per stare due giorni a Roma.

Qui 1 estate e venuta improvvisamente e fa caldo. II cielo è sereno, e ogni cosa è calma dopo la sinfonia di cui ti scrissi il primo del mese. Spero avrai ricevuto la mia lettera. Continuano i soliti lavori, ma diventano più numerosi, più urgenti. Oggi sto a riposo e cercherò di dormire dopo colazione, perchè questa notte sono di

servizio al Veliki. Così sarà per due o tre notti, ma non mi di spiace l'idea di fare queste nottate sul Carso, con quest'aria mite notturna ed il bel chiaro di luna. Poi di notte le retrovie (lavoro a due chilometri dalla trincea) sono più sicure che di giorno, e forse potrò assistere allo spettacolo dei monti in fiamme quando I artiglieria si sveglia per qualche allarme o attacco.

Lettera di Michelangelo al padre.

Padre caro.

Campoformido, 3 maggio 1917.

Sentii nel sonno qualcuno che mi scuoteva per un braccio:

« Sveglia, Signor tenente! »

Poi un rumore confuso di passi sul piancito di legno, delle sedie mosse, la porta che veniva aperta e poi richiusa. Aprii gli occhi ancora tutto stordito dal sonno. Una candela accesa sul tavolino, vicino al mio letto, illuminava fiocamente colla sua luce giallastra la mia stanza. Dall' altro lato del letto, nella penombra, Vedevo il mio attendente inginocchiato per terra, tutto intento a lustrarmi le scarpe. Socchiusi gli occhi, perchè la luce della can<^ela mi dava noia, tirai fuori un braccio dalie coperte per ve dere sul mio orologio a polso che ora fosse. Erano le quattro; ^ori era notte, poiché attraverso i vetri della finestra vedevo luc cicare le stelle.

Alle cinque dovevamo essere tutti pronti sul campo, perciò mi Vestii in fretta e, lungo un piccolo sentiero di campagna, mi di fessi verso la palazzina della nostra mensa. Faceva un tempo ma gnifico, il cielo punteggiato di miriadi di stelle, non una nuvola, un alito di vento. Ad oriente una leggera pennellata rossastra faceva distaccare in nero la sagoma frastagliala dei monti di Tol mino. Mentre camminavo a passo svelto lungo il piccolo sentiero, ritornarono alla memoria tante mattinate come questa quando a fogliano, in un sandolino, con Angelo alla stuzza, me ne andavo

verso la tina della Cicerchia alla caccia delle anatre. L* atmosfera della campagna era talmente la stessa che non riuscivo a persuadermi che nulla fosse cambiato dai bei tempi di Fogliano. Eppure nel silenzio maestoso di queir alba primaverile v* era tutto il terribile contrasto dell'epoca presente. Nulla infatti era cambiato ; quello che dovevamo fare non era poi in fondo anche esso una partita di caccia?

Trovai la mensa tutta illuminata. Quattro dei miei colleghi stavano facendo colazione. Uno di questi, che doveva oggi fare il suo primo volo sul nemico, un po' nervoso, cantava a squarciagola una canzonetta da caffè-concerto.

Sul campo i sei apparecchi, che dovevano fare il bombarda mento, erano stati tirati fuori dagli hangars e messi tutti in linea uno vicino all' altro. Nella penombra vedevo i motoristi che si affaccendavano agli ultimi preparativi, mentre i motori giravano a fermo, lanciando dai tubi di scappamento delle lunghe vampate azzurrognole.

Mezz'ora dopo eravamo tutti pronti. Il capitano già in tenuta di volo, con un gran passamontagna di vigogna grigia in testa, fa una ultima passeggiata su e giìi davanti agli apparecchi per vedere se tutto è in ordine.

In quel momento arriva un telefonista per dirci che gli ap parecchi da caccia, i quali dovranno scortarci, erano pronti. Oramai è quasi giorno e la luce è piìi che sufficiente per poter atterrare in caso di guasti al motore. II primo a salire sull* apparecchio è il mitragliere, il quale sta in una piccola torretta armata sopra r elica posteriore dell'apparecchio, poi i due piloti, uno ufficiale, mio ex compagno di scienze sociali, ed un secondo pilota di truppa. Ultimo a salire sono io che, come osservatore, mi trovo davanti con un altra mitragliatrice. Ci siamo appena seduti ai nostri posti che vediamo 1 apparecchio del comandante partire rullando attra verso il campo e lentamente innalzarsi in aria. Appena il primo apparecchio e arrivato in fondo al campo, il mio pilota attacca in

pieno i tre motori e, col rumore assordante dei nostri 360 cavalli, il gran macchinone si mette in moto. Siamo quattro persone a bordo piìi duecento chili di bombe e, sotto questo enorme peso, prima d'innalzarsi il Caproni fa una lunga rullata sul campo, un po' come fanno le folaghe che prima d'innalzarsi continuano a sbattere sull' acqua la punta delle ali. Dopo tre o quattro poderosi sbalzoni, che fanno fremere tutta la gran carcassa dell'apparecchio, ci libriamo in volo passando a poca altezza sopra gli hangars di cemento della squadriglia che sta in fondo al nostro campo.^

Per un'oretta circa abbiamo continuato a girare su e giù per prendere la quota necessaria per poter passare le linee. Siamo in cinque apparecchi, il sesto è rimasto a terra per guasto a. motori. 11 nostro va molto bene, ma purtroppo non sale. Gli altn quattro son già a tremila metri, mentre noi non riusciamo a scavalcare i duemila e due. . , Appoggiato sull'orlo della carlinga seguo con attenzione le evolozioni del nostro capo gruppo, aspettando il momento che butti le fumate per chiamare la scorta dei « Nieuport » da cacca. Infatti dopo una quarantina di minuti di volo vediamo tre piccole nuvolette bianche staccarsi dall'apparecchio del capitano, poi altre tre e di nuovo altre tre. Si vira di bordo, e tutti in gruppo ci dirigiamo verso le linee. Noi purtroppo siamo a ben mille metri aotto agli altri, ma non fa nulla, andando in la forse nusc.remo a guadagnare un po' di quota. Lasciamo Udine sulla nostra nistra. passiamo il Torre ed il Natisene, dirigendo la nostra verso Gorizia, che si distingue appena come una Utana macchi biancastra, ancora seminascosta da una leggera ne la.

All'altezza di Cormons appaiono i nostn cinque da caccia. Partiti mezz'ora dopo di noi. m un attimo ci hanno raggiunti. Hanno nel volo qualche cosa che ricorda un po i mo vimenti di un piccolo falco. Due piccole ah tricolori dalla s snella ed elegante, una fusoliera al sole, e fra le ali un p nero che sporge, la. lesta del pilota.

Siamo oramai quasi su Gorizia; fra pochi istanti passeremo le linee. Da sotto il mio sedile tiro fuori un caricatore da cinquanta colpi, lo ungo un poco mediante un buzzico d* olio di ulivo, apro I otturatore della mitragliatrice, introduco il caricatore e lo lascio andare. 11 blocco d* acciaio spinto da una forte molla ritorna al posto imprigionando nella canna la prima cartuccia.

L Isonzo intanto è già passato e, lasciando un po' a nord Gorizia, passiamo sulle case tutte diroccate di Sant* Andrea e ci inoltriamo sul primo labirinto di trincee. Mi è sembrato in quel momento colf immaginazione di vedere tutti i telefonisti del fronte austriaco lanciare in mille direzioni V allarme del nostro arrivo.

Appena passata la linea di trincee, fummo subito accolti da due colpi di shrapnel bianchi, uno sopra ed uno sotto. Erano i primi assaggi delle batterie nemiche per individuare bene il loro tiro ; poi principiarono le prime granate a tempo, che in un istante cir condarono il nostro apparecchio di centinaia di nuvolette nere.

Malgrado il rumore assordante dei motori abbiamo sentito il fruscio di una granata che passò a pochi metri sopra le nostre teste, andando poi ad esplodere a qualche centinaio di metri più su.

Un istante dopo un* altra ci scoppia un po* sotto ali* ala sinistra, di cui due scheggie ci passano da parte a parte la coda. Anche r ala è stata bucata ed un brandello di tela, strappato via dalla violenza del colpo ma ancora attacca.to da qualche filo, si mette a sventolare come una minuscola bandierina ; poi si rompe e spa risce nel baratro sottostante. Siamo sempre -un buon migliaio di metri sotto agli altri, e su di noi si è addensato quasi tutto il fuoco delle batterie.

Seguiamo a risalire la valle del Vippacco. li sole ancora basso ci e di faccia, ciò che m impedisce di vedere bene 1 arrivo di qualche apparecchio da caccia. Appena usciti dalla zona del tiro delle artigUerie, ci siamo trovati sopra una campagna fitta di ve getazione, i cui prati sono in gran parte inondati dalle recenti piene. Sembrano dall alto tanti piccoli laghetti; sulla nostra destra

Vediamo passare in distanza due apparecchi nemici da ricogni zione che si dirigono verso le nostre linee. Mi volto indietro per scambiare qualche gesto amichevole con i due piloti. Li vedo lì tutti e due, seduti 1* uno accanto ali altro, le mani sulle leve: coi caschi, passamontagne ed occhiali sembrano due mascheroni di fontana. Zoppola, che è al posto di destra, mi fa un saluto colla mano a cui rispondo battendogli su una spalla, poi passo la testa sopra lo schienale per dare una guardata ali altimetro. Siamo sempre a duemila e due. Oramai pero siamo quasi su Prevacina. Passiamo sopra una strada dove sono allineati nume rosi ospedali. Una lunga colonna someggiata, che se ne andava tranquillamente lungo la via. al nostro apparire si è messa preci pitosamente in fuga attraverso i campi, mentre che dalla stazione Vediamo un piccolo trenino che si allontana, a tutta forza, lan ciando dalla ciminiera delle sue locomotive tante rabbiose piccole nuvolette di vapore.

Gli apparecchi di testa hanno già principiato il lancio delle bombe sulla stazione. Noi invece pieghiamo un po a sinistra di rigendoci sopra il paese, dove sono situati alcum alti comandi au striaci. 11 nostro bersaglio è un grosso raggruppamento di case riunite intorno ad un bivio di strade. Colla mira della mia mitra gliatrice cerco di guidare i piloti sulla perpendicolare delle case.

Il pilota di destra ha abbandonato le leve al suo compagno e sta ora mirando con cura attraverso il canocchiale di puntamento. Ci siamo I Vedo le sue due mani inguantate impugnare le leve del lanciabombe e tirarle su con violenza. Otto grandi torpedini bianche si sono staccate dall' apparecchio e si allontanano roteando nell'abisso sottostante. Col cuore sospeso, trattenendo quasi il respiro, continuo a fissare con lo sguardo il paesetto che ci sta sotto. Vedo una veloce automobile fuggire lungo la strada, ma le bombe non sembrano mai arrivare a destinazione. Non saranno forse scoppiate? I secondi passano lenti come delle ore ; poi finalmente nel be mezzo del bersaglio otto grandi nuvoloni di fumo. Sei bombe sono

finite nel mezzo del paese, altre due nei campi vicini. Vedo ancora per un istante la veloce automobile che corre corre a tutta andatura lungo la strada; poi giriamo dirigendoci verso le nostre linee.

Siamo quasi su Gorizia, quando vediamo altissimo il primo apparecchio da caccia austriaco « picchiare » e lanciarsi sopra uno dei Caproni ; questo però con una gran virata a destra evita la pnma scanca, si rigira e prova di contrattaccare. In quel mo mento un Nieuport piomba a tutta velocità sull*apparecchio nemico. Per un istante li vediamo venir giii insieme descrivendo neiraria mille capriole fantastiche poi l'austriaco si distacca dal suo avversano e si allontana rapidamente verso casa sua.

Ancora mezz ora di volo e finalmente atterriamo al nostro campo, dove troviamo il maggiore Falchi che ci viene incontro per c lederci notizie sugli esiti del bombardamento. Appena arrivati a erra ci accorgiamo che uno dei nostri apparecchi manca. Nessuno o a visto scendere; sarà forse rimasto al di là? Per quasi un ora siamo ornasti tutti chiusi nella cabina telefonica, chiedendo notizie da tutte le parti del fronte. Finche vivrò non potrò mai scordare

1 tragico silenzio di quella stanzetta interrotto solo dalla voce nasae del telefonista: — « Pronto? Pronto! » — « Avete visto

scendere un Caproni? »

Un lungo silenzio mentre l'altra stazione parlava, e noiintanto con Io sguardo cercavamo di leggere nella fisionomia del telefonista

1 agognata notizia.

Solo dopo un paio d ore sapemmo che Tapparecchio si era posato in mare e che T equipaggio era salvo. Nel lanciare le bombe una era nmasta impigliata nelle ruote. Per quasi un'ora quei

Se" T- P" -a a far le più fantadire saltir non voleva staccarsi. Atterrare voleva situazione n'" impossibile di concepire una benché ne ® Guignol. Non sapendo più cosa fare, decisi d. buttarsi a mare. Nel momento di toccare l'acqua

hanno tutti chiuso gli occhi nella certezza quasi assoluta che 1 urto avrebbe fatto scoppiare la bomba, ma la cosa fortu natamente andò benone. Se non facevano pero più che presto a soccorrerli con le barche, si sarebbero affogati tutti e quattro.

Con questo, caro Padre, chiudo la mia lunga lettera e mando ® te ed a tutti i cari presenti mille e mille abbracci.

Tuo figlio

Michelangelo.

Villa iB^Uanolte, 5 maggio 1917.

Ora lavoriamo giorno e notte a preparare appostamenti per i cannoni di medio calibro verso il Veliki Krib.^ A me è stato affidato il turno di notte. Il tempo per fortuna è rimasto belio. U'aria è mite e la luna, quasi ai suo pieno, dà una luce sufficiente per poterci veder bene al lavoro. Il tenente Orsi ed io andiamo au prima del tramonto per esaminare i lavori alla luce del giorno. Quando comincia a imbrunire arrivano i lavoratori a plotoni e a compagnie. Allora è un correre di qua e di là, su di una grande ^ona di terreno, per mettere le squadre al posto e dare le diretuve. Ahi quante grane! a questi mancano i ferri; d. là non si trovano ' motoristi per leperforatrici; quel taleeda 24 oresenza un d- mangiare; i lavoratori arrivati stanotte sono « novelli » e non ^anno dovesianogli esplosivi; alla coruée incaricatahannojuta di dare l'acqua dalla condottura! Intanto la notte s. e fatta pròend ccominciailvia-vai sulla strada. Sono compagnie difantena, colonn 'unghissime di salmerie, camions che passano con un grande fracasso di ferraglia, trattrici enormi che trainano i glieria da campagna che passa al gran trotto facendo un to indiavolato, e tutto questo traffico alza un poverone co

ora il traffico, tra quelli che ancora salgono « tornano, giunge al suo massimo e la strada ivena u

LAVORI NOTTURNI 279

continua di ombre che si agitano, che vociferano, bestemmiano, tppure non c'è confusione; v è solo una folla che pigia, che spinge, che aspetta di passare, o cerca di scansarsi.

Intanto da tutte le parti e ad ogni momento, le rabbiose ac cecanti vampate di cannoni che ti assordiscono con le loro deto nazioni, alcuni a pochi metri dalla strada; d'intorno, sul grande semicerclùo di trincee distanti, salgono i bianchi razzi illuminanti, SI sente il crepitio irregolare e rado della fucileria e lo schianto di qualche granata o bombarda. Nel cielo scintillante di stelle, reso la ano al chiarore della luna, si vede il luccicare degli shrapnel austriaci che scoppiano a caso, distanti ed altissimi, colpi tirati alla cieca, nel buio della notte, mirando ad un rumore che si sposta e fugge. Poi a volte il lontano tonfo di una bomba, il chiarore rosso di qualche incendio. Eccoti quello che si vede e si sente sul Carso di notte. Ogni tanto un'ombra mi saluta o mi c lama; comincio ad avere molte conoscenze. A mezzanotte vi e un ora di riposo. Si sale sul camion e lì alla luce di una can dela SI fa una piccola cena. Poi ricomincia il lavoro sino ai primi chiarori dell alba. Di giorno dormo.

/ maggio Ì9Ì7.

len ho ultimato il mio servizio notturno; ora sono quasi finiti gh appostamenti ed il gran momento si avvicina. L'ultima nottata fu una baraonda che non dimenticherò mai; due dozzine di trattnci enormi trainavano i grossi cannoni ; altrettanti carri delle imensioni di un vagone ferroviario ingombravano la strada ; oltre a CIÒ centinaia di cassoni di artiglieria, camions, muli e soldati con gestionarono a tal punto la strada che si formò un blocco, e per molte ore non si riusciva piò nè ad andare avanti nè indietro.

^"^1,. 'cassoni dell artiglieria da campagna, tirati da sei cavalli, i conducenti uscivano dalla strada e passavano. Dio solo sa come, m mezzo all'ispida petraia del Carso sulla quale i cassoni sbalzavano come tanti biroccini ; le trattrici, manovrando per

voltare, s arrampicavano su per macigni e ognuno cercava di pas sare di qua o di là, indietreggiando, avanzando, premendosi V un I altro, forzando il passaggio e bestemmiando. Per oltre un chi lometro, da dolina dei Rincalzi a dolina S. Barbara, era tutta una massa di ombre nere e di rumori, mentre ad oriente comin<^iava già ad albeggiare! S. Cristoforo venne in aiuto con una giornata nuvolosa che indusse i drachen e gli aeroplani a non in nalzarsi. Per un poco feci il pizzardone cercando di regolare il traffico, e mi andavo immaginando il pandemonio che sarebbe av venuto se il nemico si fosse messo a bombardare. Per fortuna tutto andò bene. All'alba tomai ed ho dormito quasi 24 ore per riprendere servizio questa mattina. Non ti preoccupare sul conto uno in questi giorni. Noi della Zona saremo più o meno spettae al riposo durante la prima parte della battaglia e, quando saremo chiamati, faremo quello che si potrà. Lo spirito di tutte truppe è altissimo e fa piacere. Voi altri in Italia dovete ap poggiarci in pieno.

Tremenda la battaglia in Francia; deve essere di una violenza inaudita. Se la Russia non ci avesse fallito, certo, questa volta sarebbe stataria disfatta dei tedeschi e la fine delfa guerra. Vuoi si farà Io stesso senza i russi!

Viva r Italia I!

8 maggio 1917.

Siamo alla vigilia della battaglia, a riposo; sono andato da Boisio a quota 242 ed ho fatto colazione con lui, poi ho proseguito sino all'os servatorio. Dietro c* è una banchina di tavole ed un muro a secco, in lUezzo a certi alberi senza radici; sono rimasto a godermi per un ora il bel panorama alquanto velato dalla bruma. Potevo vedere da li 'utto il lavoro fatto sul Veliki e distinguevo persino i nuovi cannoni posizione. Gran calma, calma straordinaria. Ogni tanto un colpo Mostro di aggiustamento, un pennacchio su una distante collina ; poi Uno shrapnel loro, una granata sull'orlo di una rotondità. Calma,

LA BATTAGLIA DI MAGGIO 261

calma straordinaria che precede la tempesta; per le strade deserte non girava anima viva. Ho chiacchierato con due ufficiali, un inglese e un italiano, entrambi mediocri, poi, seccato di aspettare, sono tornato alla villa. Per i campi i soldati della territoriale dormono, le braccia sotto la lesta; è come se fosse festa; siamo a nposo noi, tutti sembrano essere a riposo. Il cielo è nuvolo, fa caldo, 1 aria è afosa. IVhat next?

13 maggio 1917.

È cominciata la battaglia. Il cielo si è rasserenato e si fa sentire la caldana estiva. Salii ieri sul Monte Fortino e mi sedetti sull erba del cucuzzolo. Malgrado che il sole basso del mattino mi bat tesse negli occhi, potevo vedere bene la estesa pianura di Go rizia. Una gran nube di fumo e polvere le pesava sopra come un banco di nebbia ed a seconda dello spirare del vento mi svelava ora una parte ora T altra del campo di battaglia. II fuoco non era molto intenso; solo a momenti diventava quasi tambureg giante. Ora qui ora li s'innalzavano i pennacchi delle esplosioni, alcune modeste, alcune gigantesche. Fuoco di preparazione, a cui il nemico rispóndeva con energia, frugando spesso anche le nostre retrovie e battendo a shrapnel le strade. Rimasi per due ore a osservare con il binocolo ; le strade erano quasi deserte ; qualche automobile di ufficiali superiori sguizzava a gran velocità per il piano, correndo rasente agli interminabili mascheramenti stradali. Due aeroplani nostri giravano bassi sulla mia testa; poi ne vidi uno austriaco altissimo.

Dopo colazione andai al Podgora con Boisio e vari dei no stri ufficiali per vedere meglio il bombardamento di S. Marco. Lì il fuoco era diventato intenso e la terra rosso-grigia di quella famigerata collina si sollevava in nubi e pennacchi. Tutto quello spettacolo pirotecnico, visto con il binocolo, sembrava avvenire: silenziosamente malgrado il rombo continuo di cannonate e deto nazioni. Nessuno si preoccupava di noi. Solo una piccola gra-

LA BATTAGLIA DI MAGGIO 283

nata venne ad avvisarci di non essere troppo cheeJ^. Il caldo era intenso: pensai ai poveri soldatini, a tre chilometri da noi, accovacciati in trincea, sotto la perenne minaccia di morte, in queir atmosfera di polvere e di fumo nauseabondo pensai alla sete da cui erano arsi e sentii vergogna di essere spettatore invece che di condividere l'inferno con loro. Noi altri della Zona siamo in caricati di tutti i lavori delle strade, mascheramenti, osservatori, ap postamenti di cannoni ecc., insomma di tutti i lavori che non sono puramente di trincea di prima linea. Perciò in momenti come questi siamo in riserva, pronti ad andare avanti appena le nostre truppe hanno avanzato. Non ti preoccupare quindi sul conto mio, essendo molto relativo il pericolo che corro. Ti confesso però che il non trovarmi più in linea mi dà un senso di malcontento e noia. E curioso quale attrazione abbia il pericolo che pur si teme.

Più tardi andai a Cima Tre, da cui si domina la parte del campo di battaglia che si stende verso il mare. Vidi la mia quota 144 che fumava.

Nella grande batteria in caverna, che abbiamoscavato a Cima Tre, vi era molta folla perchè avevano diretto qualche colpo sulla cima. Appena Ferraguti ed io entr&mmo in galleria hanno spa rato tre shrapnel-granate da 305, ciò che riempì le caverne di fumo e di polvere. Non vi fu danno alcuno; solo due soldati nella fretta di precipitarsi in galleria, erano andaU a sbattere il naso contro alla roccia e sanguinavano dalle nanci.

Mentre noi eravamo 11 una granata, caduta a pochi passi dal nostro camioncino, lo cosparse di terra e sassi senza pero neggiarlo. Per andare via aspettammo un altro colpo e poi sa lammo nel camioncino, e via a rotta di collo prima che ne venisse un terzo. Mentre correvamo giù per la strada, i detriti dell esplo sione rimasti sul copertone cadevano mano mano dai lati del camion c gocciolavano sulle nostre nuche.

Oggi giornata serena ed estiva. Il cannone continua a romhare, ora distante ora vicino, ora forte ora debole; ve n uno

appostato a mezzo chilometro dalla casa, che ogni tanto la fa sussultare.

Cerco di mettermi in comunicazione con Miche, ma in questi giorni le linee telefoniche sono ingombre. Spero mi manderai le sue lettere.

yHla BellanoUe, 15 maggio 1917.

Col tempo uno finisce per abituarsi al continuo rombare del cannone. Pure ieri mattina, verso le quattro e mezza, il rombo divento tanto intenso che mi fu impossibile di seguitare a sonnec chiare: perciò mi alzai e salii a Monte Fortino, sedendomi in cima al cucuzzolo sull erba umida. Albeggiava. Sul vasto piano giaceva, a fior di terra, una grande nube piatta di fumo immobile. Di qua,di là, si vedevano le vampate dei cannoni ed ì pennacchi delle esplosioni nascere, innalzarsi allargandosi e poi lent.amente dile guarsi. Il sole uscendo dai monti, proprio di fronte a me, man mano rendeva tutto più luminoso ma meno visibile.

Più tardi, nella mattinata, mi recai agli osservatori nostri a quota 242 donde si vede bene il Carso. Dietro alla collina al cune nostre batterie tiravano Senza tregua: il colpo di partenza, che ti viene dietro alle spalle, è violento, lacerante e finisce per dare sui nervi. Andai a far colazione da Boisio, li vicino e un po presto, perche a mezzogiorno doveva cominciare la vera giran dola. Mentre risalivo ali osservatorio principiò un vero fuoco tam bureggiante, un rombo continuo in cui ogni erre era una canno nata. Usciva la fanteria ali* attacco, ma le trincee erano troppo distanti e v era troppo fumo per poter distinguere gli uomini col binocolo. A un tratto, nello spazio di pochi secondi, a San Marco e sul Faiti nacquero nell* aria innumerevoli nuvolette bian che. bianco-rosse e nere degli shrapnel; il paesaggio ne rimase tutto macchiettato.

Deve essere stato un inferno a passare sotto quella cortina di sbarramento. Poi il fuoco di shrapnel si rallentò e si disperse in

profondità, mescolandosi con i pennacchi delle granate e bombarde. Fu impossibile discemere che cosa accadeva, se si avanzava o no. II nemico cominciò a sparare a shrapnel sul nostro osservatorio, dove c'era troppa gente in piedi a guardare. Questa allora si riversò negli osservatori blindati e, per non fare 1* intruso, me ne andai per i camminamenti verso un altro punto vicino ove sa pevo che mi aspettava Boisio. Un bossolo frullando venne a ca scare a pochi passi da me, tutto lucente e polveroso, ma scot tava troppo per toccarlo. Lì vicino era caduto il giorno prima un 305 interrandosi nella roccia smossa senza esplodere, sparendo completamente di vista. Un ufficiale di artiglieria, che ne era di stante circa tre metri, mi raccontò che, appena interratosi il pro gettile, Paria diventò cocente per il gran calore sviluppatosi nella caduta.

Rimasi con Boisio per due ore lì vicino, in un piccolo rico vero fatto di sacchetti a terra: lo spettacolo era sempre eguale ^ pur sempre affascinante. Poi tornammo indietro. In quel mouiento per Paria udii un vasto e continuo ronzio, alzai la testa c vidi quattro Caproni che venivano volando bassissimi, circondati una squadrìglia di caccia. Con il binocolo vedevo ogni detP osservatore di prua con la sua mitragliatrice e, dietro. n:iilragliere in cima alla sua torretta. Mi palpito il cuore e tutti * nervi mi si tesero. Agitai un fazzoletto in segno di saluto e di augurio a Miche; non so se fosse proprio lui, ma sono certo che si trovava in uno di quei Caproni. Poi ne vennero altri. Giravano bassissimi; s'inoltravano sulle linee nemiche, poi giravano e tornavano Indietro per poi comparire fuori di nuovo e perdersi nella nube diafana di fumo. Vidi alcuni colpi degli antiaerei nemici, nuvolette 'tere nella nebbia grigia.

Il mio collega Chiappini, che stava a Mema in trincea, pre tende che Miche gli abbia sparato addosso con la mitragliatrice ; Io rassicurai che Miche Pavrà fatto solo per esercitarsi con I arma n che non ha sentimenti ostili.

SUL CARSO
LA BATTAGLIA DI MAGGIO 285

Da quanto si e visto, tutto è andato benissimo lassù per aria.

Al ritomo, al ponte di Peteano, chiesi notizie al brigadiere; non sapeva nulla. Sul ponte, parlai col conducente inglese di un ambulanza che andava al passo; mi disse: « They say ù thousand prìsoners, siT; yes sir, » — Vicino alla villa vidi pas sare un gruppetto di otto prigionieri, uno con il capo fasciato. Li precedeva un cadetto mingherlino, con il pince-nez, che non guardava ne a destra ne a sinistra. Tre cavalleggeri con la scia bola sguainata circondavano 1 innocuo drappello.

La sera si parlava della caduta di Monte Santo, di S. Marco ecc., ma nessuno sa il vero; tutti tirano ad indovinare. Alcuni fanno i pessimisti, altri gli ottimisti.

Aspettiamo il bollettino.

Villa Bellanolte, 16 maggio Ì9I7.

Il cannone continua a rombare e noi rimaniamo nelFignoranza di quanto accade. È incredibile il numero di notizie fantastiche che circolano in una collettività priva di informazioni. Gli ottimisti annunciano conquiste basate su un vago indizio, i pessimisti danno le loro previsioni come notizie sicure: in questi giorni, a sentir loro, si conquistano e si perdono montagne e quote. Pare però che il bollettino di oggi dia la conquista di Monte Cucco con numerosi prigionieri. Speriamo nel futuro. Tu sai che sono otti mista come r adorata Madre.

Ieri andai a Podgora per osservare più da vicino il combat timento a S. Marco. Con il binocolo potevo distinguere nettamente i soldati arrampicati sulle ripide sconvolte pendici della collina ; alcuni dischi bianchi, portati da quelli più in avanti, segnavano 1 avanzata. Sul cucuzzolo il nemico tenace stava accoccolato in quel che poteva esservi rimasto delle antiche trincee e, senza farsi vedere, buttava bombe a mano tutto alF intorno per crearsi una cortina di fuoco per protezione; una mitragliatrice invisibile abbaiava rabbiosamente. I nostri erano rannicchiati in buche e

LA BATTAGLIA DI MAGGIO 287

depressioni intomo al punto assediato ed erano fatti bersaglio da un continuo fuoco di shrapnel. Ogni tanto si vedeva un ferito scendere correndo, sia nascondendosi alla meglio dietro gli sterpi bruciati, sia curvandosi entro le depressioni del terreno. Dopo due ore di osservazione ritornammo alla villa senza vedere la fine deir attacco.

(Maggio I 7). — Ha continuato il baccano. 11 nemico ha appo stato qualche cannone a lunga portata e cerca di battere la strada che passa a un 300 metri davanti alla nostra villa. Per quanto faccia non riesce a imbroccare il piano stradale, ed il traffico continua come prima. Grossi calibri sono arrivati pure in località ^olto arretrate.

Ieri potei andare per due ore ad Udine con tre compagni

6 mi recai subito da Miche. Dormiva. Sta benissimo. La sua squadriglia è stata chiamata a volare ma, le macchine essendo ^uove di zecca e non completamente regolate, non sono riusciti a partire. Ho visto alcune delle « pillole malariche » destinate al1 austro-fante, che sono di dimensioni formidabili. Per la strada visto passare a rotta di collo, in auto, S. E. Cadoma e poi anche il Principino. Il traffico in questi giorni di battaglia è intenso e si realizza la vastità delP organizzazione necessaria per condurre una guerra moderna.

Noi altri della Zona stiamo sempre a riposo ed in aspettativa. Questa inattività, mentre che gli altri si battono, e esasperante.

Villa Bellanoite, /9 maggio 1917.

E da qualche giorno che sono senza tue notizie; la posta s ® intanata in qualche parte sicché stiamo tutti molto ali oscuro. Dove mi trovo, vi è gran calma da due o tre giorni; cioè

^^on vi sono bombardamenti vicini, ma solo in distanza si sente a bratti il rullio della battaglia. Il nemico però è inviperito e cerca

*^i recar danni quando può con colpi inaspettati.

Ora tira qualche colpo su di un centro abitato, poi su un baraccamento ; batte spesso le strade con proiettili che arrivano rapidissimi. Ieri tomai al Podgora per vedere che cosa accadeva da quel lato. Dalla cima si scorge Gorizia ed il piano come fosse una pianta topografica. Sulla strada, ai piedi del Podgora era stato colpito e rovesciato un carretto. I due cavalli feriti cer cavano di rialzarsi ma non riuscivano ; a qualche metro indietro, un soldato giaceva morto sulPorlo della strada; gli altri erano uggiti sparpagliandosi. Ogni tanto un altro veicolo, ignaro del ramma, veniva per la strada mascherata, ma che evidentemente era vista dal nemico in quel punto. Appena si avvicinava al car retto colpito, arrivava un' altra granata o uno shrapnel con meravigliosa velocità; per fortuna, quantunque i colpi arrivassero vi cinissimi, non hanno più colpito alcuno. Avrò visto una diecina tra camions, vetture-ambulanza, ciclisti e pedoni arrivare, rallen tare guardando le vittime, poi fuggire al più presto allo scoppiare un proiettile a pochi passi da loro. Osservavo tutto questo a a distanza di cinque o seicento metri; vedevo le vit time presentarsi al bersaglio senza poter gridare loro di stare in guardia, di non passare. Poco dopo i fuggiaschi, da un lato e a a tro, lederò 1 allarme e non passò più nessuno. Due camions ano nmasti per la strada, abbandonati dai meccanici che avevano più prudente svignarsela che fare marcia avanti o indietro a cento metri dalle vittime. Finalmente due coraggiosi ignoti sol<lati raccolsero e portarono via il morto.

zionp f nostra a Villa Bellanotte continua 1 inaNon cred k Quanto lavoro potenziale inutilizzato! non vedo\L'vi ^ sere dato- « 1 i ^ mcanco serio che mi possa es- I..:!: tr-T,'' t tutta questa sezione di Villa" Vii""" P^° P>"grandi imboscature in nrim r ® P a linea. Naturalmente non è ora il caso

di protestare ; la battaglia si svolge e novità possono accadere a qualsiasi momento.

II nemico è potentemente armato, come non fu mai prima, ed infatti molti dei prigionieri catturati vengono dal fronte russo.

Davanti a noi è una muraglia di ferro e di fuoco che sarà difficile sfondare. Vedremo. Purché reggano i nervi del paese, noi qui ce la caveremo! La Russia ci ha tradito e sta rovinando tutto, forse anche se stessa. Senza la sua anarchia, la guerra finiva quest'anno: cosi adesso non si sa ne quando ne, specialmente, come finirà. Tutto I in sieme è una gigantesca assurdità ; sarebbe una farsa, se il sangue non corresse a torrenti e non vi fosse lo strazio infinito del a umanità. Pure un giorno le cose continueranno come pnma e la terribile attualità non sarà che una pagina di stona in pm.

21 maggh 1917.

Avrai letto nei bollettini i successi che abbiamo avuto dal lato di Monte Cucco e Monte Santo. Purtroppo da qui noi ve diamo ben poco. Vediamo solo il fumo delle granate e sentiamo il rombo della battaglia che si svolge su quella cresta, i cm scor- gi». l'orlo .upoH... il. to». Q- ~ 2"fi Ullogli., ohe d. .»i T"° ...,o di ,o.nd. io ,o»d..0 po' di potile™ e b .in di Je.,». Noi.Un dell. Zoo. ..i.mo .1 » che è ug,i»o e loefUte. Non ne p.»» p.ol A'"»""' geoiioii, poiole pei or. «"e., eo. J r"" "f^ mio. Di Miche non ho ..poto nolU d, v.t. g.o.ot, n» «en «ed

■'■'"Af^deto il contando doli'XI ...po il genemle Petitti di k'"®J™,ff k."noli. d. te sono presentato a lui e gli n ^ che sono imboscato e l'ho pregato di servirsi di • venuto pure il mio amico Jung dalla Macedoma. ed ho

LA BATTAGLIA DI MAGGIO 269

molte notizie sulla morte del povero Grimaldi e su tutto ciò che è accaduto laggiù. Spero di poter servire ora di nuovo agli or dini di Petitti. E uomo di molto valore e tutti gli vogliono tanto bene.

La venuta di Jung è stata per me una vera gioia. Ci siamo egati di amicizia in Macedonia ed il ritrovarci qui ha suscitato m entrambi il -sentimento di aver trovato un punto d'appoggio. cosi con il povero Grimaldi. Egli è una natura superiore, ^ ta e orte, e il più grande lavoratore che io abbia conosciuto; organizzatore intelligente, ha un cuore d'oro ed una volontà che sfiom la cocciutaggine. Non ha paura ne dei proiettili nè dei supenori, e per I Italia sì farebbe ammazzare dieci volte.

yHla Bellanolle, 23 maggio 1917. Lttera partirà al secondo anniversario della dichiaraa ^stra guerra, mentre il cannone di nuovo romba in cessante da Tolmino al mare. Da ieri sera si è riaccesa la lotta violenta, come avrai visto dai bollettini. Questa mattina sono andato alla quota 144 dove non ero stato p recc o tempo. Arrivato a Seitz, sono sceso dal camioncino ed proseguito a piedi lungo le batterie di grosso calibro che tuonaanipti '^^gua. I cannoni da marina, che generalmente stanno quieti alzato v affusti bassissimi, avevano oggi il muso ehissimn "Stria, come tanti mostri antidiluviani dal collo lundi fuoco. A intervalli, una batteria appostltr in ™ qualche nuova e, man mano che avr^^ un vero inferno. Mi s f" aumentava il frastuono; namento profondo, provvisto^" "" lungo a guardare l'inferr. I scalette, e lì son nmasto a che si rovesciava H ^ ^ spettacolo del bombardamento nostro, vescava sulle quote attorno, li nemico rispondeva fiacca-

mente. Le bombarde e granate di grosso calibro si succedevano senza interruzione, a salve di batteria; il fumo e la polvere si innalzavano in grossi pennacchi densi, che il vento trascinava tosto verso il mare. Malgrado il sole radiante ed il cielo se reno, la luce era resa diffusa dalla nube di fumo ed il sole appariva rossastro. L'aria puzzava dei prodotti delle esplosiom. A momenti il vento abbastanza violento diradava il fumo e mi permetteva di fare fotografie, che spero saranno riuscite. Nel cielo circolavano stormi di nostri aeroplani. .i • Tornato a Villa Bellanotte son salito sulla collina. Alcum. pilloloni sono arrivati sulle nostre caverne a Cima Tre, alzando pennacchi alti più di cento metri e così densi che la cima ne rimaneva in ombra. Nel pomeriggio mi -n» recato a I^^odgora.

Infuriava la battaglia verso Gorizia e sul Faiti. Spettaco g diosi da cui però non si capisce niente; e tanto difficile d nere il fuoco nemico da quello nostro, sapere se si avanza o se si è contrattaccati. . • j..

La vera guida sono gli shrapnel, ma di quesU ve n era da

'buttarsi avanti.

Letlcra di Michelangelo al Padre.

Padre caro, Campoformido. 2 giugno 1917.

Dopo l'intenso lavoro de^^ ,„„„ eredo momento di sosta. 11 t p ^ j, ^3 maggio arche si rimetterà pnma nostre truppe partivano rivammo sulle linee al momento m cui le nostre trupp

LA BATTAGLIA DI MAGGIO 291

LA LOTTA PER L'HERMADA

Poi sono venuti i bombardamenti di Santa Lucia, Baza di Modreia, Vorgesco ed in ultimo quello fatto ieri sul campo di Prosecco che^ data la distanza, è il più importante di tutti.

L altra sera eravamo ad Udine all'Hotel « Croce di Malta »• Saranno state le 10.30, quando ad un tratto si sono spenti tutti 1 lumi ed ha principiato a suonare la sirena d'allarme, poi quasi subito hanno principiato a sparare le batterie antiaeree del Ca stello, La contessa Scheibler, Gaetano Castagneta, mio amico e compagno d apparecchio, Zoppola ed io siamo andati m mezzo alla piazza a vedere lo spettacolo. Tutto Ìl cielo era illuminato dagli shrapnel, sembrava un vero fuoco d'artificio. Si sentiva benisamo il rombo dei motori che ci passavano sopra, poi ad un tratto i\ mugolio di una bomba che non ba esploso, poi di altre tre che hanno scoppiato vicino alla stazione. Poco a poco il rumore dei motori SI è affievolito in distanza.

Tornati al campo, il capitano Barucchi ba fatto tirar fuori 1 suo apparecchio ed insieme all'osservatore Del Signore è parWo per bombardare come rappresaglia i gazometri di Trieste.

delia m 'squa'driglir° ^

il per I assalto. In vita mia non ho mai visto una tale nuvola di apparecchi nel cielo. Eravamo circa 130; dal basso dovevamo sembrare un vero stormo di folaghe durante l'ultima « stretta » in fondo al lago di Fogliano. Quando passammo l'Isonzo, la li nea delle trincee era coperta per un tratto di trentacinque chilo metri da una immensa nuvola grigiastra di fumo e terra sollevati dal tremendo bombardamento, che aveva durato tutta la giornata. Varcammo la linea del fuoco, iniziando il lancio delle bombe sui rovesci delle posizioni nemiche, dove erano stati segnalati i grandi concentramenti di artiglieria. Appena scaricate le bombe scendemmo a bassa quota, descrivendo delle grandi spirali e mitragliando a tutto spiano le doline, dove si concentrano le truppe nemiche du rante i nostri bombardamenti d'artiglieria.

Chiudo la mia lettera perchè sono di servizio al rampo, ed in questo momento mi vengono ad avvisare che si vedono in diStanza i tiri di batterie antiaeree.

Addio, Padre delizioso, abbracci infiniti da tuo figlio Misce.

25 maggio 1917.

Questa mattina ho mandato il mio attendente Quagliotti a Gradisca affinchè con il primo, cornere parta una ca o m cui ti annunzio che Miche se l'è cavata beni^imo nella^o nata campale del 23 corr. dove, a quanto mi disse un uffiaal .Wli). Non .o dW q"*"» J™" '' «•» ^ ,i «. cono ...S f.... ■»"" ■" sarà divertito un mondo. W 9° anleri sera a un banchetto della Zona per osteggiareil 2 an • A- mierra fu letto il bollettino Cadorna sull avanzata niversano di g" bell'anniversario questo, consacrato verso 1 Hermada. b stato u da una così importante vittonaI Anche len io sapremo forse questa sera. ,1 laochai. (. '"T ° A." P"tura; pensavo ai nostn anti m r ' continuo ad essere rile- ferito avere un compio .aniintasca, eciùmitorgato qtii in P-a , ,he la mia menta 1 animo e mi rena . ha Zona è quella del centro e, come avrai , . ancora avanzato. La mia a Petitti vaga e più o meno nresponsabil. sono^ ^ ed egli nu ha fatto d<,po la mia partenza, ung il mio amico de „,3efedele compagno del p . gj^le e stato cor vatorio di S. Michele a salutare Jung, ed .1 genera

dialissimo verso di me. Dal Iato dell* Hermada si vedevano fumo e fiamme; imperversava 1 uragano. Certo è che il nemico si e potentemente rinforzato dal fronte russo e la lotta qui è diventata dura. Se ora si movesse Brusiloff come Tanno scorso, potrebbe sfondare come un pugno in una zanzariera, ma la Russia ne sarà essa capace? Temo di no Conto invece molto sulT America, ma la partita si protrae.

y(Ila BellanoUe, 27 maggio 1917.

Sui bollettini avrai Ietto la nostra gloriosa avanzata verso I Hermada; il terribile Hermada, dietro al quale v*è (o almeno v era) un nido di batterie e che sembrava un baluardo inattacabile. Eppure ieri vidi i nostri sfilare a battaglioni per attaccare quella rocca naturale.

Non resistendo più ali inattività forzata nella quale ci stiamo incretinendo a Villa Bellanotte, sono riuscito a persuadere Ferraguti e gli altri di recarci a quota 144 perassistere alTazione più da vicino. A Seitz siamo scesi dal camion. Dietro una baracca vi era una lunga colonna di prigionieri, circa 200, circondati da una siepe di artiglieri che li guardavano come belve esotiche. Ferraguti volle tirarsi appresso due « fifoni », sicché dopo poco li piantammo tutti e tre in asso e proseguimmo, Borghi, Chiappini ed io.

La strada che conduce alla quota, di solito deserta, era ieri diventata un vero carnevale. Camions e veicoli della Croce Rossa salivano e scendevano, feriti leggieri venivano giù alla spicciolata, 1 uno aiutando Taltro. Ne fotografai diversi, ciò che fece loro un piacere immenso. Un gruppo di mitraglieri tornava dal combatti mento. sudati, dalla barba lunga, sporchi, strascinavano i piedi, ma gli occhi luccicavano dalla esultanza della vittoria, dalla contentezza di tornare salvi. Sul lato della strada i tozzi mortari da 210 aspettavano di essere portati avanti.

Al piedi della quota trovai il vecchio cimitero tutto scon volto nuovamente. Cadaveri di bravi soldati giacevano li aspettando

LA LOTTA PER L*HERMADA 295

la sepoltura, li fetore di morte era insopportabile. Alcune granate nemiche si infrcinsero sulla vetta della quota e sul Debeli, n un posto incredibile si era arrampicata una trattrice e con i suo ar ganello tirava su palmo a palmo un grosso mortaio, che alcun, artiglieri cercavano di guidare per la voluta strada.

Addosso ad un ripido pendio di quota 92 stava ^massata la fanteria, seduta per terra, il fucile tra le ginocchia. Pensarcon terrore ad un aeroplano nemico che potesse scorgerà. a ta massa grigia fluivano, distaccandosi, i soldati come la lana che viene filata dalla conocchia. In lunga fila indiana avanzavano al passo per un sentiero mal traccialo; poi si icreavano i file di cui una spariva sopra la cresta di una quota, P correva un viottolo ai piedi delle colline. Traversammo 1 anh a nostra trincea e percorrendo il torrente, che scatunsce so dal fondo del piccolo lago di, Pietrarossa. andammo alla tnnc^ austriaca di quota 77. 1 nostri sono passati cosi rapidamente sopra questa quota, vi si sono fermati così poco che rimaste da tre giorni come erano quando ne sono uggiti gì ®

In alcuni tmtti le trinceeerano in b"ono stato ma k m ^ parte è sconvolta, franata, a volte nostro bombardamento è stato spaventoso e e mente preciso. Ad ogni poch. pass. la^ .n cadaven e bisognava ma ^-rnette avendo portato con Siamo entrati m molte J. confusione ed il disordine noi delle candele. m escn^ ,, del materiale. Prima v. ^ finalmente dal bombardamento, poi ^ ^ hanno passato l'aratro in d. quelh che ^ bi„ncoli. Elmi tedeschi, fucili, cerca d. mitraghatrici, P^ ^ cartucce, razzi passi, lunghi nastri di minelle caverne e tnncee

STdarc—e, sivedevano mucchi di bossoli di cartucce

sparate. Fuori delia trincea il reticolato austriaco era stato spar pagliato, schiacciato, annientato. Non ne rimangono che piccole masse sparpagliate qua e là come bracciate di frasche buttate a caso e poco più incomode di esse.

Ali ingresso di una galleria era stata fatta una grossa blin datura di cemento armato con poutrelles e sbarre di ferro. Una cannonata I aveva completamente sfasciata. Una nostra grossa bombarda giaceva inesplosa, coricata proprio in fondo alla tnncea.

Dalla cima. Borghi ed io guardavamo con il binocolo I Hermada e tutto il campo di battaglia. Sembrava a due passi da noi. Grossi calibri nemici bombardavano gli avvallamenti tra le piccole quote, davanti ai contrafforti. I nostri.bombardavano le trincee, in cresta.

Duino, deserta e poco smantellata, si distingueva in ogni suo dettaglio: poi il mare, il beli*Adriatico celeste che si perdeva ali orizzonte in una lieve nebbia biancastra, il mare calmo e com pletamente libero: dietro Duino, le grandi case di Trieste. È la prima volta che vedo Trieste!

Intanto Chiappini (che ha 20 anni appena), non curante della grandiosità dello spettacolo e del momento, correva di qua e di là come un fox-terrier, rovistando, fiutando le caverne, in cerca di armi e credo specialmente di un binocolo. Eccolo ad un tratto che mi chiama da lontano, dal rovescio della quota, con gesti che indicavano cosa di grande importanza. Quando gli arrivai più da vicino mi grido: — « Ho trovato un austriaco! » — Con una candela e la pistola in mano entrammo in galleria. In fondo in fondo giaceva un soldato con una gamba insanguinata e fasciata, da cui era stato tagliato il calzone. Quando ci vide gridò misericordia: ameradi, Brot!» Credeva che lo spacciassimo 11 per 11. Gli par ai m te esco, ma parve non capire un acca. Lo feci alzare e 1 aiutai sino alla scalinata ripida delFimbocco. Lì me Io caricai sulla schiena e Io strascinai fuori ali*aria aperta: poi un artigliere se lo carico sulle spalle e Io portò alla prima trincea.

Davanti all'imbocco della galleria, in un P-°l° j

trincea, mi si presentò uno spettacolo giacevano lì. fulminati sul posto: uno supino, altn ^ j.

seduti come se fossero vivi ed il quarto stava vedetta, senza appoggiare il corpo,con una mano alzata fissarlo nel viso già tumefatto per convincermi che e

'"'T.f„ a «'=■i

ferite di scheggia in una gamba, e a me ^ mi parve sufficiente. Gli parlai ® j4g,n,annstadt. Da Era rumeno (diceva!):

quattro giorm nella caverna, non ave chiamò due portaferiti e con una^ i^de,

Poi .c..don,«,o .01 per un sentiero ombroso una fila co g]); carichi scarichi che andavano verso il campo Facemmo una che tornavano dove erano ammassate ® ® j. . j^jaccio, lunga bevuta ai rubinetti dell acqua. <J'un tratto, a riempire la sua borraccia austriaca e ^ bravo Mao Poi tornammo. In mezzo a Monfacone, amico sincero dure del « Times » I Che simpatica perso deiritalia! _ Villa Bellanotte ove Ci ricondusse con la sua automobile a Villa pranzammo tardi, ma con molta a eg Oggi tutto sembra piuttosto ca mo

yiUa Bell^notlc, 29 rnaggio 1917del 24 in

Mi è giunta la tua cara ^]ella nostra vittoria, aver pianto per la gioia . tempo promessa e se Fammi avete la lettera tli mandami subito uu»

Chiappini cliiamò due portaferiti e con una barella fu portato via {pag. 297)
il quarto slava in ginocchio, di vedetta, senza appoggiare il corpo, con una mano alzata; dovetti fissarlo nei viso per convincermi che era morto (pag. 297).

Finalmente ricomincio a lavorare un poco in linea! Ieri mattina partii in ricognizione con Jung, percorremmo le nostre prime linee a an Grado al Faiti. La prima parte della mattina fu molto calma e potemmo osservare con cura i particolari delle nostre tancee che dominano quelle austriache, ma che a loro volta sono dominate dalle alture che tiene il nemico. La caratteristica dell» guerra moderna è che tutto dipende dalla possibilità di vedere e 1 non essere visti e, quando ci si trova nella condizione di ve dersi vicendevolmente, diventa quasi impossibile il muoversi. o studiato con molto interesse I effetto dei bombardamenti' su e trincee, perche solo alla prova si viene a conoscere il valore e e teorie. Certo e che mantenendosi ad alcuni concetti fonda mentali si riesce a sistemare una difesa, nella quale si può resisterer anche ai bombardamenti più infernali se il terreno è roccioso ; se terreno e tenero, come in Francia, credo che nulla può resistere a un bombardamento moderno. Qui si può fare ancora molto, ma pu troppo Io zelo del lavoro diminuisce in ragione del quadrato del" numero e e granate che fioccano, sicché quando si arriva proprio incea non si trovano che i lavori compiuti dai fanti per Tassouta necessita di nascondersi alla vista. Invece il nemico ci è maestro pere e e in prima linea che esplica la massima cura per i lavori. i puoi quindi immaginare quanto vi sia da fare, ma a volte pare quasi che si tengano indietro i volenterosi per paura che una eccessiva attività loro non turbi il quieto vivere. Qui le cose si mantengono calme dopo i grandi sforzi compiuti; verso i mare continua un vago rombo come di un temporale lontano.

3 giugno 1917.

J u giorni addietro stava benissimo; non' oc e voera m ombardamento, almeno per qualche tempo. -Adesso ini hanno chiamato a prendere la direzione di unlavoro e mi daranno quattro ufficiali ed un cinquecento soldati di

BOMBARDAMEhrrO DI REIFENBERG

truppa oltre gli artiglieri. Per fortuna ho con me il tenente Orsi, che mi è di un immenso aiuto in questi momenti perche e co^"aggioso, intelligente e lavoratore; senza di lui non saprei come fare. II lavoro è del tipo di quelli che ho eseguito prima delI offensiva e si estende tra il Veliki e Castagnavizza. Questa mattina ■il colonnello Sarri, della Zona, mi ha detto di aver voluto che tale lavoro fosse affidato unicamente a me, per poter propormi a capitano per merito di guerra. Ma su cose simili è meglio non contare; lo so per esperienza ! Quello che mi fa piacere e di avere ora molto da fare. Non ti preoccupare di me. In ogni modo spero, durante questi giorni di calma, di poter venire a Roma per le ^ozze d' oro.

6 giugno 1917.

Purtroppo in questi giorni non ho trovato, ne troverò tempo di scriverti. Dalle 5.30 della mattina sino a notte sono in moto ■continuo e, per la stanchezza ed il sonno, mi manca 1 ineina zione di prendere la penna in mano. 11 mio lavoro si svog ora nel semicerchio del Veliki, Faiti e Castagnavizza a circa due chilometri dalle trincee di prima linea e quindi non e moto pen coloso. Come avrai visto dai bollettini, vi sono state azioni ne miche violentissime ed il nostro lavoro procede in mezzo al tra- stuono assordante dell'artiglieria. A volte il ® ^ ' bisogna alzare la voceper farsi sentire. Sarei tantogratoaWora Madre se mi potesse mandare per posta quei tappa-orecchi pe artiglieri che fece venire dall'Inghilterra; saranno ^ ^ 1 . • LJ mp circa quattrocento soldati di rantena ed ai compagni. Ho con me circa q Cd altrettanti di artiglieria, ed il lavoro e ora ^ e progredisce rapidamente. Otto perforatrici funzionano giorno

^ "Siamo tutti di ottimo umore, ma sentiamo la gravità del Jnomento.

Lellera di Michelangelo al Padre. Campo/ormido, M giugno 1917.

Per tutto il giorno dell undici ci eravamo tenuti pronti per partire, ma solo verso le 9.30 di sera ricevemmo dal comando supremo 1 ordine di eseguire un bombardamento notturno sulla stazione di Reifenberg.

Il tempo era un po malfido e, benché la luna fosse già alta nel cielo in modo da darci una buona visibilità sul bersaglio, una eggera foschia verso il mare ci dava un po* da pensare, special mente dopo la disastrosa spedizione dell* altra sera.

I tre equipaggi che dovevano eseguire il bombardamento erano quelli di Barucchi, Strata, Mazzei ed il nostro, ossia Zoppola, Bonaccini ed il sottoscritto. Gli apparecchi, carichi ognuno di 350 chili di bombe, furono tirati fuori dagli hangar per provare i motori, mentre dal fondo del campo due potenti riflettori, da 18 milioni di candele 1 uno, ci illuminavano, di tanto in tanto, con la loro luce acciecante.

pai vari osservaton de! fronte ricevemmo telefonicamente gli u timi dati sulle condizioni atmosferiche che, a quanto pare, non erano poi tanto cattive come credevamo, e probabilmente verso Reifenberg avremmo avuto una discreta visibilità.

Mentre il telefono lavorava alacremente per darci queste ultime notizie, i tre equipaggi si erano riuniti, ognuno presso il proprio apparecchio, per finire gli ultimi preparativi.

Zoppola ed io ci siamo seduti suirerba, sotto un* ala del nostro macchinone, sul quale continuavano intanto a girare a fermo i tre potenti motori. Il mio attendente ci faceva luce con una ampa a a petrolio, mentre stavamo ultimando in fretta la nostra complicata vestizione. Poi uno ad uno salimmo su nella carlinga ad occupare i nostri posti.

Oramai siamo tutti pronti ed i due riflettori, posti nel fondo del campo, puntano i loro fasci luminosi in alto, in modo da non accecarci colla loro luce. Siamo i primi a partire e, con il

bombardamento di reifenberg 301

•^^gg^to spaventoso dei tre motori lanciati a tutta forza, ci pre cipitiamo nel buio della notte, dritti verso le due colonne lumi nose dei fari. Una lunga rullata, due o tre poderosi sbalzoni, e poi lentamente, malgrado 1* enorme peso che abbiamo a bordo, il nostro Caproni si solleva maestosamente in aria, ed a non più di trenta metri di altezza passiamo tra i fasci dei due riflettori.

Facciamo un largo giro sul campo, dirigendoci poi senz altro verso Gorizia. La visibilità è buona sulla perpendicolare e per un raggio di qualche chilometro, poi tdtto si perde nell* oscurità. Sullo sfondo nero dei campi risaltano in bianco le strade ed i muri delle case. La luna ci illumina di fianco, facendo scintillare le lucide tele delle nostre ali. Un piccolo lumino azzurro rischiara fiocamente il quadro dei manometri, e le due teste dei piloti, a quel vago chiarore, formano un meraviglioso effetto di luce sullo sfondo indefinito dell* apparecchio. Come macchine infernali i tre motori lanciano rabbiosamente nella notte buia tre grandi fiammate violacee

• i*

L'aria della notte è calda tanto che mi decido a levanni gli occhiali, per essere meno impacciato, poi mi voto a ^ Zoppola, mentre che Bonaccini si è alzato dal suo ^ andato a fare una passeggiata lungo due serbatoi di benzina. Nel buio vedo la sua ombra che muove intorno al motore centrale. cmicira p oas-

Si lascia Cormons, appena visibile sulla nostra sinistra e. pa ...do...d di G.d<». »..«»"• I' li~ !• VÌÌ„,S,i„.

• • ri vedono bnllare le vampe dei cannoni e centinaia, a migliaia si ve . , mentre in . - . . 1- • -rtccastn delle granate in arnvo, mentre m mischiarsi fra i bagliori rossastri a g tutte le direzioni si scorgono razzi illuminanti ^ sondabile di qualche misteriosa dolina, lare su su p« un du tre cento metri e ridiscendere lentamente col loro piccolo p

cadute, illuminando un largo tratto di terreno colla loro luce bianca ed acciecante.

Un bombardamento notturno sul Carso visto dall'alto è uno spettacolo talmente fantastico che non saprei proprio come descri verlo. Non sembra una realtà, ma piuttosto la malata creazione dr un artista come Dorè. E vediamo li riunito, su quell'orrido altipiano della morte, tutto quello che la nostra fantasia sa imma^nare di più spaventoso e di più inverosimile. Delle vere ondate di fuoco percorrono l'interminabile linea delle trincee, con un movimento turbinoso di mare in tempesta e, sotto a quella bolgia mtemak vi sono migliaia e migliaia di uomini nascosti nelle vi scere del a terra che, storditi dal frastuono, mezzi soffocati dai gas e dalla terra sconvolta, attendono da un momento all'altro di uscire ali attacco.

Lontano lontano verso l'orizzonte, una pallida luna che illumina un mare scintillante come uno specchio d'argento

Abbiamo spento tutti i lumi a bordo, basterebbe la più pico a uce per are scorgere, non essendo che a mille metri sulle posizioni nemiche. Dag i osservatori più lontani dalle linee devono aver sentito il rombo dei nostri motori; vediamo infatti sei o sette an accendersi improvvisamente, lanciando in alto i loro fasci lumiuosi. Coi loro lunghi tentacoli spazzano il cielo rabbiosamente in utti 1 sensi. Lno c. arriva quasi addosso, ma con una brusca ^ a a a destra il pilota riesce ad evitarlo. Per un istante ci illu-

a vedeLf"s-^ '«-"P"

e ZoDDola 'T° ^ ® duecento metri di altezza, un Do^ di'"1 ' di spirali, per perdere di volo dùi /-T" riprendiamo la linea Int e eli ? verso il paese di Schonpass. Zoppola ed io c'i "T" dell'apparecchio, dicare il momento TTncrre k"" T quota, e la luna piena ci fa vede ""j l ® aere con grande chiarezza il ter-

BOMBARDAMENTO DI REIFENBERG 303

reno, che sfugge lentamente sotto la perpendicolare del nostro ap parecchio. Attraversiamo due o tre campi coltivati, poi una strada, ^ gruppetto di case staccate e poi, ad un tratto, eccoci sopra ì tetti di Schonpass. Non siamo che a cinquecento metri di al tezza ed li tiro è facile. Con movimento rapido e deciso il mio compagno tira in su la leva del lanciabombe inferiore, e due bombe, una grossa da 260 ed una media da 160, si staccano dall ap parecchio. Per un istante le seguo con 1 occhio, mentre spari scono roteando nel buio della notte. 1 secondi passano interminat>ili come fossero ore, e le bombe non sembrano mai arrivare a destinazione. Ad un tratto vediamo due vampe rossastre, una poco fuori del paese, una in mezzo alle case.

Giriamo allora a sinistra e, ripassando sopra a Dornberg, guiamo per un pezzo la vallata del Frigido.

Quando arriviamo sopra Reifenberg, la visibilità e diventata men buona. Delle grosse nuvole hanno coperto la luna, e Tombra del a ^^llata ci nasconde quasi totalmente il bersaglio. Affacciati sull or o riella carlinga, Zoppola ed io abbiamo cercato invano di vedere esattamente come dovevamo buttare le bombe, ma non era possibile di scorgere nulla a causa dell'oscurità. Si riaccese per un istante i^ lumino azzurro, per sapere a che altezza eravamo. L a timelr gnava 1200 metri. Evidentemente, nel tragitto da Schonpass no a Reifenberg, il nostro Caproni aveva ripreso quota

Da sotto al mio sedile tiro fuori due bombe illuminan i e, p averle accese strofinando la loro miccia sopra un cartoncino prep^ato come quello dei fiammiferi, le lancio fuor, dall apparecc -

Dopo una caduta di un due o trecento metri si accendono, illuminando di un vago chiarore biancastro il terreno so 'Abbiamo già sorpassato di un poco il bersaglio, e oppo rirare le bombe, deve eseguire un rapido dietro fronte.

Appena eseguito il lancio, le due bombe illuminanti si sp^^^ gono in modo che, ancora mezzo^ accecati dalla loro possiamo vedere se il nostro tiro è stato buono.

Siamo però individuati quasi subito dai riflettori nemici. In un attimo c investono in pieno, con due fasci di luce acciecanti, che Illuminano a giorno tutto F apparecchio. Per un istante vedo la sagoma dei miei due piloti proiettata in ombra sul piano supenore dell ala.

una gran picchiata ed una forte spirale a sinistra riusciamo a liberarci da uno dei riflettori, ma l'altro ancora ci tiene per q c e secon o, poi anche quello ci perde, e di colpo ci spro fondiamo nel buio pesto della notte, con l'apparecchio inclinato

P. un anco quasi ad angolo retto, un'ala puntata verso terra, ntta in cielo. Con una seconda spirale sguizziamo di nuovo

* pesce che sfugge tra le fiocine di due pesca1 11^ ^ ^ t^rza spirale siamo di nuovo presi in pieno. Zop-

P a ora rimette il Caproni in posizione orizzontale, ed a pieni motori puntiamo verso casa.

che c investe e cosi forte che si potrebbe quasi eggere ; una luce bianca, acciecante, che abbaglia del tutto la is a. mmediatamente entrano in gioco le batterie antiaeree ed, es-

'' P* cominciano ad arrivare vicini. In un momento mezzo a una vera girandola di vampate rosse. Sono

raLk" ^ ^ tempo da 105, che scoppiano con un colpo secco e I ' rumore che ricorda lo schianto di una tavola m legname stagionato.

In tP a mettemmo ad arrivare fino alle nostre linee non sDettac ^1 eternità. Non scorderò mai lo spettacolo del Car<5o i un v„l^ ì r sembrava ancora divampare come Lment C T artiglierie, del nostro ir 1? ^ dal fascio dei riflettori: e fianr^eggiant:^ a^T''" dalla zona del tiro. 1 rifletC'"' T""" tre scoppi lontani di granata e " ^^^""donano. ancora due o nostre linee ' ®*®mo di nuovo sani e salvi nelle

A circa ottocento metri passiamo sopra Villa Bellanolte, dove forse sta il nostro Gelasio, ed a pieni motori ci dirigiamo verso casa.

Quando arriviamo sul campo i due riflettori c illuminano il terreno. Due spirali, una gran picchiata e ci tuffiamo nel loro fascio luminoso, rullando dolcemente sul terreno fino ai nostri liangar. Baracca, Ruffo e molti altri aviatori delle altre squadri glie vicine sono venuti a vedere il nostro ritorno. Siamo subito circondati da tutti i nostri colleghi, che ci chiedono notizie. Poco <Iopo tornano gli altri, e la fortunata spedizione finisce in una gran bevuta di Piper e di Mumm.

Addio, Padre carp, infiniti abbracci da tuo figlio Michelangelo.

12 giugno 19/7.

È da sei giorni che non ti scrivo quantunque mi siano giunte le tue care letterine che mi danno notizie, purtroppo non liete, dei dolori che ti perseguitano senza tregua. Entro il mese spero di ritornare presso voi, cari genitori, per il fausto evento delle vostre nozze d'oro, che tutta l'Italia saluterà con riverente ammirazione. Ho saputo dal telefonista di Campoformido che Miche aveva volato recentemente e che stava bene. Continuo il lavoro d. costruzione degli appostamenti per dodici batterie di medio calibro.

Le località scelte dai comandi d'artiglieria sono sparse un po da per tutto nell'altipiano carsico e quindi devo girare d. continuo da una dolina all'altra. Ieri fui in piedi dalle 4.30 sino alla sera ^ perciò non trovai materialmente il tempo per scriverti. Il nemico nel complesso si mantiene molto tranquillo, e no. pure; ma non sono che brevi istanti di calma durante la tempeste: dicono che noi abbiamo attaccato nel Trentino. L md.etregpamento nostro verso l'Hermada era logico ed ha poco valore. 11 nemico non c. diede tempo a rafforzarci nella nuova difficile posizione e ci respinse

RIPRES.A DEI LAVORI

sino ad occupare 1 antica sua seconda linea, da cui per ora è difficile sloggiarlo. I comunicati Cadorna sono stati perfettamente veritieri. Il tempo sereno e cocente da due giorni ha rinfrescato, e speriamo che piova. In questo momento sto facendo operare undici gruppi perforatori e spero che questo lavoro indefesso salverà la vita a molti nostri bravi fantini.

Villa !Sellanolte, 16 giugno 1917 (ore 2 pom.).

Mentre tutti pennecchiano prima di tornare al lavoro, io, che non sono riuscito a prender sonno, vi mando questo saluto ed* un grande abbraccio. Il tempo si è rimesso al caldo; ogni tanto un temporale. Sul fronte vi è calma, salvo per i soliti allarmi, di notte specialmente, quando si scatena un bombardamento violento ma breve, seguito da un silenzio quasi assoluto. Di giorno, il nemico non ci disturba che ben poca cosa.

Intanto la mole del lavoro, che si riversa su di me, continua ad aumentare e sembra che anche quello degli altri vada conver gendo sulle mie povere spalle. Ne sono contentissimo, ma non mi sospiegare questo subitaneo cambiamento dall'inattività quasi assoluta.

Con tutto ciò vado rallegrandomi la vita col pensiero di tor nare tra voi verso I otto del mese prossimo, e vado contando i giorni che mancano.

Intanto continuano ad accavallarsi eventi su eventi e la nostra povera mente si perde nel vano tentativo di prevederne le conse guenze buone o cattive. Se la Russia non si ubriacava nel godi mento d una libertà che minaccia tutti di schiavitù, potevamosperare nella pace. Invece la libertà russa costerà fiotti di sangue ali Europa e corre il rischio di diventare una utopia, che si risol verà nella tirannide. Ma giacche tutta la vita è diventata un in cubo, mi sento spinto a dimenticare il mondo che ci circonda ed a consolarmi cercando nell'affetto di voi, cari genitori, ciò che vh è di più bello e di più puro nella vita.

Un giorno segue T altro nella monotonia d'un lavoro mces.ante, ed è con piacere che sento il tempo fuggire ed awrcmars. l'ora in cui potrò riabbracciare voi. genitori adorati, b pan menti me ne dolgo, perchè prevedo che fug^ranno pm velix. ancora i pochi giorni che potrò stare con voi. me o p dirti. I lavori si vanno susseguendo 1'un l'altro; plici che non richiederebbero che una scienza elementare a p mastro, se non diventassero cos'i difficili perche ingranai nd m^ canismo burocratico. Il merito di portarli a ^ più che altro nel superare la stupidaggine, nonché la fifa

morale che fisica degli altn. In calma ed ha fatto un gran caldo. modo: dalle 5 alle 11 e dalle 16 alle 20. sicché tuUa la^ nata rimane presa e le poche ore di liberta sono appunto più calde del giorno, durante le quali si ha più Lchiare che di scrivere. Di notte mi -gono ogni tan o a sve gliare per consegnarmi qualche fonogramma insulso, degno d, sere ignorato.

30 giugno 1917.

L. .1». «ivi —■ Montecitorio. ^ comandante della Ferraguti e partito e dipendenza diretta di Vili. Beltno». Ho _ 5 ^ j circa 1500 uomini. H gen dipendenza del comando di Due. fA.«. .Se » » j

.on.. d' P« - pedule f.e, gravato più di quanto . ; fatica: ricevo ordim da So.0 n,,!.. «r di s™ l'..s» ■! nel"....-™

RIPRESA DEI LAVORI
Villa (Bollanone. 20 giugtìo 1917.

di enerpa che potrei più utilmente dedicare ai lavoro. Con ui» poco di buona volontà dei vari interessati riuscirei a portare a compimento un grosso lavoro che potrebbe un giorno salvare mi gliaia di vite ; di questo però si curano poco e pensano solo a competenze, ingerenze e limiti di zona. S. E. Petitti però mi sta lortemente alle spalle e son certo che mi darà tutto il suo ap poggio: CIÒ non mi salva punto dalla lotta continua per appianare mille piccoli dettagli.

Appena presi il comando della sezione di Villa Bellanotte, ci tu qualche giorno di titubanza diffidente, ma non c'è voluto molto perche tutti capissero che non richiedo altro che disciplina e lavoro; qualche esempio salutare ha schiarito ogni dubbio.

Non penso ad altro che al mio ritorno per le vostre nozze

r°'aT ^ diventando un in cubo. Mi trovo nello stato d'animo di uno che stia facendo i bauli un ora prirna che parta il treno e che vive nel timore di dimenticare qualche cosa e nella certezza di non poter provvedere

a tutto.

^

25 luglio 1917.

Da quando sono tornato da Roma ho lavorato di continuo in mezzo a difficoltà tremende; ho dovuto faticare come un dan nato sedici ore al giorno senza poterne dormire più di cinque o sei. l:. un pagare per la mia licenza, ma lo faccio volentieri. Qui litigano sul conto mio. 11 corpo d'armata vuole prendermi per i suoi avon e a Zona non mi vuol lasciare andare. Ora il generale d armata mi ha comnndn/o per una ventina di giorni a disposi zione del generale Petitti; alla sezione di Villa Bellanotte è Lto

fuSnti 'T

Zona sono furenti per la gran confusione che ne deriva lavon di rrrimtr''"'^' ^ riorganizzare i osa non T ^'«mata. La qual e facile, perchè come ufficiali subalterni ci troveremo

PREPARATIVI PER LA

in un tale cìafFruglio di imbrogli e posizioni false che non sa premo dove sbattere la testa. Ma il lavoro si farai!

1917.

Se, dopo averti sempre scritto con tanta regolarità, ho lasciato poi passare settimane intere con solo qualche magra cartolina, puoi ben pensare che ciò non sia stato per pigrizia, ma per assoluta mancanza di tempo. Oggi ho fatto sciopero; mi sono alzato alle sette e non mi muoverò di casa sino alle nove, mentre che nei giorni precedenti mi sono sempre alzato fra le tre e le dnque ant. per andare poi a letto non prima delle dieci o delle undici di sera.

Di questo passo non si potrebbe durare a lungo, ma que o che facciamo ora è uno sforzo supremo per riparare molte passate e se riusciremo nel nostro intento sapremo, Jung, mi gaglia ed io, che i nostri sforzi avranno concorso a salvare mi gliaia di vite. Avremo creato uno degli elementi che concorre ranno alla vittoria.

Ti riassumo gli avvenimenti. Appena tornato qui da orna ripreso il comando della sezione, fui comandato di melterm ^ disposizione del corpo d'armata. Ne nacque una lotta tra superiori, molta confusione e la disorganizzazione della mia sezione.

Finalmente, resomi conto della situazione, feci ai una proposta di compromesso che fu accettata e ora i nuovo tutto va bene, lo sono rimasto in comando della sezione che ho affidato quasi "interamente a Boisio ; degli appostamenti per can noni è stato incaricato il tenente Orsi, spalleggiato da un inag- giore della Zona; gli altri lavori sono stati nparùti .vari uffi ciali con incarico di sbrigarsela un po' ciascuno da se; in secon linea continuo a dirigere personalmente 1 esecuzione dei quattr^ chilometri di camminamento da dolina S. Barbara a dolina A striaca, a cui lavorano settecento soldati che mi sono stati dalle divisioni.

BATTAGLIA

Oltre a ciò mi è stata assegnata la sorveglianza e la riorga nizzazione di tutti i lavori di prima linea da dolina Aosta a quota 209. A Sinigaglia è stato affidato simile incarico, sul set tore da dolina Aosta al Faiti. Questa mia ingerenza sulle opere del gemo divisionale non ha presentato poche difficoltà di ordine morale ; ma ho dietro di me la grande mole del generale Petitti, il quale mi ha dato carte bianche, e sono ora finalmente riuscito a mettermi a cavallo della situazione, e tutto procede bene. Con sidero questo il più bel tour de force della mia improvvisata carnera militare.

Eccoti in circa la descrizione d'una giornata di lavoro. Verso e tre e mezzo del mattino mi svegliano vaghi rumori causati dal mio fedele Quagliotti, che entra in camera in punta di piedi con 1 SUOI scarponi chiodati e mi porta il caffè. Alle 4.15 salgo nella bella 15 Ter concessami dal corpo d'armata e si parte a rotta di collo, al vago chiarore di una pallida luna. Al ponte di Peteano si rallenta, si va a passo d'uomo, e poi via di nuovo a gran velocita per il Vallone e su per le pendici del Nad Loghem sino alla ormai famosa dolina di Santa Barbara, oltre la quale non SI può procedere con i veicoli, perchè il terreno diventa com pletamente scoperto. Lì il camion si ferma dietro una grande in tascata. A quell'ora vi s'incontrano sempre colonnelli, generali ed altri pezzi grossi che stanno 11 ad aspettarsi l'un l'altro; poi ognuno piglia il suo sentiero o camminamento che conduce in linea. lo seguo quasi sempre la strada che va alla quota 308 e ai priM albori passo per il tanto temuto quadrivio, punto sce to dall austriaco artigliere per fare la caccia all' uomo; all'al eggiare pero non spara quasi mai, forse perchè a quell'ora egli ascia pren ere dal sonno, e non perchè voglia usare cortesia speciale verso i nostri ufficiali superiori.

Oltrepassato questo punto critico, salto in una trincea e ne percorro i monotoni e noiosi contorcimenti; poi entro in un cam minamento tortuoso; pochi giorni fa non era che un piccolo solco

PREPARATIVI PER LA BATTAGLIA 311

nel terreno con muretti di pietra vacillanti e quasi trasparenti; adesso e già profondo tanto da coprirti sino al petto. 1 soldati che vi la vorano si appiattiscono alla parete per lasciarmi passare e scansano i ferri; ci salutiamo ed essi mi parlano delle granale scoppiate vicino a loro. Così continuo di dolina in dolina ; i cammina menti si biforcano, si moltiplicano, sino a diventare una complicata rete in vicinanza della prima linea. Nei tratti già completi sono dei veri corridoi, profondi due metri e scavati interamente nella roccia viva.

Ogni tanto nella dolina, dietro a qualche muretto f fa un nimor< tmiLu nciia ooiina, ujcuu a buca, si sente un gruppo perforatore che fa un rumore simile a quello di una motocicletta. Nel camminamento i minatori con il martello perforatore ad aria compressa stanno forando i massi di pietra. L'aria che esce dal foro di mina innalza una nuvoletta di polvere bianca la quale finisce per infarinarli come tanti mu gnai. A volte vi sono lunghi tratti già minati e bisogna cam minare con cura per non schiacciare le miccie che stanno arrotolate per terra. Quando vi si dà fuoco, si ode una serie irregolare cfi detonazioni e si formano grandi pennacchi di fumo bianco c e s'innalzano nel cielo. Il nemico vi spara sopra qualche shrapnel, suppongo per inquadrare il tiro. , • e

Dopo una lunga marcia per questi camminamenti, si hmsce per avere la sensazione di essere diventati un anguilla. In prima linea il lavoro ferve più intenso ancora ed i lavoratori sono mischiati alla fanteria, che ingombra le gallerie ed i cammmamen r o sta sdraiata per terra, all'ombra di qualche muretto o baracca, m una sublime incosciente indifferenza del perico o. periodi durante i quali regna una gran calma e non si solo colpo; poi vi sono ore spiacevoli di molestia e d. accan mento; piovono allora dal cielo le bombarde °oerante, si ode il sibilo dei proiettili di piccolo calibro e tanto (ma di rado), il cupo raschio dei marmittoni e e o p derose esplosioni. La fucileria -è completamente assen .

le mitragliatrici si accaniscono stupidamente contro aeroplani fuori tiro mentre che i cannoni antiaerei costellano il cielo di nuvolette o bianche o rosse o nere.

Quando si svolge un combattimento aereo tutti quanti stanno con il naso per aria a guardare.

Il nostro lavoro più infenso è quello di scavare numerose gai- lene di nfugio. Quante benedizioni ci manderanno coloro che po tranno ncoverarsi m esse durante la grandine infernale!

Ultre a tali gallerie vi sono alcune caverne naturali, che un tempo furono occupate dagli austriaci. Sono meati, corridoi e grotte, alcune di grande capacità. Tra queste ve n'è una gran dissima. circolare, detta « Caverna Aosta che per la sua orma ncorda il Pantheon, a scala un poco ridotta. Nella chiave dell altissima volta vi è un pozzo verticale fatto dagli austriaci, da CUI penetra un fascio di luce che illumina debolmente il fondo della caverna, ntomo alle pareti vi sono grandi scaffali a vari ripiam. su. quali centinaia di soldati stanno sdraiati a dormire. L ana e buia, umida, afosa e il puzzo è intenso; a mala pena

SI riesce a respirare, ma almeno la pelle, sta al sicuro

Cosi ti ho descritto l'ambiente nel quale lavoro. Durante l'in tera giornata vado girando sotto il cocente sole d'agosto, l'elmo infuocato in testa, sudando goccioloni che mi bagnano tutta la giubba e b^endo a grandi sorsi dalla borraccia tiepida. 11 bravo attendente Quagliotti mi segue ovunque, portandosi a tracolla il tascap^e con la colazione, gli istrumenti e gli altri impicci.

di rnit ir^'T sporgono dal suolo come lame d coltello che rovinano le scarpe e macerano i piedi; quando

elTse^ li

Villa BelfaLtte I lavoro"èIto ' ir-r 1 ....o ,ue"..T

9 agosto 1917.

Ho spostato il mio orario; andrò in linea nella notte e perciò questa mattina sono un poco più libero.

11 lavoro continua febbrilmente. Purtroppo il macchinario a benzina non resiste allo sforzo richiestogli e vi sono dei gruppi perforatori fermi o guasti inogni dolina tanto che ti viene la voglia di piangere dalla rabbia. Poveri motori! Trainati di notte sopra strade sconvolte dalle cannonate e sulle petraie crudeli del Carso da gente che si affretta sotto al tiro nemico, arrivano in dolina già mezzi scassati. Li rimangono sotto a qualche tettoia bassa, fra tre muretti di sacchi a terra, esposti al tiro, alla polvere, al caldo afoso ed opprimente. Poveri motonsti! hanno I aria d*inebetiti speronati di giorno e di notte non hannot eg non ne possono più. Il tenente Mandello, 1 ufficiale incaricato perforatori, fa quanto è umanamente possibile per mant^ere vita i poveri motori e motoristi. È un bravo ragazzo sicilan giovanissimo e pieno di fegato. Il nemico si va facendo ogni giorno più attivo e più

Si è messo ora a battere le gallerie di cui mi occupo , q ogni mattina, per due o tre ore di seguito non si p lavorare, perchè ad ogni momento fioccano e om a invenzione queste bombarde, però fanno più e etto danno materiale, a meno che non colpiscano in pie ^ duta una proprio davanti alFimbocco di una ga eria. q erano dentro sono stati tamponati ed intasati a però le ferite sono state tutte poco gravi- ne e i nos calibri stanno aggiustando il tiro i proiettili fanno un ru ai vagoncini Decauville e ci viaggiano sopra a ^ - -ria tempo che a volte mi meraviglio come possano regge^ P cosi a lungo. Il nemico risponde, ma non sa bene ^ perciò si vendica sfogandosi sulla poma inea. le prove per il fuoco di sbarramento, a ora

SUL CARSO
PREPARATIVI PER LA BATTAGLIA

fuoco subitaneo, rabbioso, violentissimo, su qualche settore ove non* c e anima viva. Sembra 1 indizio di un attacco pericoloso ed invece non è che una specie di girandola.

Intanto i lavori progrediscono ; ogni giorno i camminamenti si approfondano di un palmo, e si ha la sensazione che le pareti, innalzandosi, ti si stendano attorno come braccia protettrici. Nel maggio le nostre truppe d assalto, i portaferiti e tutti gli altri dovevano passare allo scoperto, nascondendosi alla meglio tra gli scogli ed i cespugli. E da meravigliarsi come vi siano stati dei superstiti. L opera ordinata da S. E. è un* opera santa ; ci am' mazziamo tutti con il lavoro, ufficiali e soldati ; ciò non ostante i soldati non brontolano, perchè sanno che un giorno troveranno ri paro nei camminamenti e nelle gallerie che ora stanno bagnando col loro sudore.

Sul Volkovniak il bravo Chiappini sta costruendo appostamenti per bombarde con gallerie di rifugio. Quel ragazzo ha una qualità inestimabile ; meno^ ti occupi di lui, meglio lavora. Fossero tutti come Chiappini! E molto bersagliato, ma non ha avuto perdite. Intanto il tempo continua sereno e cocente; viene qualche temporale di quando in quando ed è ricevuto sul groppone con riconoscenza.

Il colonnello Sarri mi ha proposto, pare, per la promozione per merito di guerra, e la proposta è partita per il corpo d'ar mata. Un amico di Udine mi dice che tali promozioni sono^ sospese. Ma non me ne importa nulla!

Fammi mandare tue notizie, brevi ma frequenti; è quello che m importa più di tutto.

ì7 agosìo 1917.

La vita continua come al solito, quasi monotona in questo tumulto di fatiche, di difficoltà e di dispiaceri. Eppure, malgrado tutte queste grane, le cose vanno bene, e la mole del lavoro eseguito dal corpo d'armata è cosa da far meravigliare: solo se-

PREPARATIVI PER LA BATTAGLIA 315

vi fossero state meno grane, sì sarebbe concluso di più. Ma dopo lutto possiamo rimanere soddisfatti.

Tre gruppi perforatori hanno preso fuoco, le lernbili bom barde disturbano i lavori ed abbiamo parecchi fenti o^ giorno; con tutto ciò ogni ora che passa segna un in mio aiuto è venuto Boisio con 30 minatori delia 3 compagnia. La massima parte del lavoro esecutivo T ho affidato al ten. er rar!. È un giovane intelligente, attivo ed è così calino che, quando mi parla sorridendo dei pericoli corsi, dubito a vo te ramente accorto di avere corso un pericolo. M„r,1 »

L'altro lavoro, cioè lo scavo dei camminamenti « e « Sud », da dolina S. Barbara a Austriaca e quasi ultimato e tra due giorni spero di chiudere fondi due metri, lunghi quattro chilometri e tut

""Merre' questo lavorio di formiche si svolge il ritmo della battaglia si va accordando. Il tiro diventa più vivo ogni giorno; il nemico da„no. usati bersagli, ma sono tiri di mquadramen —3te„ti. Intanto i velivoli volano più n„bara gli aeroplani inSpecialmente sopra la dolina di San a antiaeree sistono a volare a basse quote, tempes spirali, •austriache, a cui continuamente sfuggono y riparo Alla grandine di schegge, che una diecina! solo sotto 1 ponti: per fortuna n . g per forza magCon ..n.o n.o.i„=n.o .1 tn- „„d. u. giore talmente sfacciati che è inconcepi niedi. in vista putiferio. Ho centinaia di uomini^ che camions e car- putifeno. Ho centinaia eli uomi... camions e cal dei nemico; per le -de ,quel retti; i soldati, a reggimenti interi, ,„an„herato di gente

•disordine ordinato, e con quel a'® tracolla o su la

•disordine ordinato, qu ^ ^ ^jacolla carica e stanca da una lunga marcia. indietro, spesso spalla, con la canna in su o m gm. o avanti

usati come attaccapanni per il rotolo delle coperte o per lo zaino; giubbe sbottonate ed elmi appoggiati sulla nuca o teste nude in sudore. In mezzo ai camions, alle trattrici rumorose ed ai muli recalcitranti girano i carri-cisterna che innaffiano le strade per combattere la polvere, che a loro dispetto rimane sempre sospesa come una lieve nebbia. Di giorno e di notte, davanti alla mia nestra. continua il via-vai. ed il crescendo e decrescendo del rumore di ingranaggi non cessa mai.

/ 8 <2^05/0 1917.

o sforzo che si e compiuto sull altipiano carsico in prepa- razioM per la battaglia è stato veramente sovrumano. Il gene rale Petitti SI è reso conto delle ragioni dell'insuccesso della bat taglia precedente ed ha voluto che non si risparmiassero nè matenah. ne lavoro, nè sacrifizi per proteggere la fanteria prima delI attacco. Perciò ha mobilitato tutto il genio e ha messo battagioni interi di fanteria a scavare chilometri e chilometri di cam minamenti. galene di rifugio e trincee di appoggio. Da dolina Barbara alle tnncee del Faiti e di quota 309. su tutto il ronte del corpo d'armata, si è scatenata come una frenesia di lavoro e la mole di quel che si è fatto in tre settimane, cioè da quando f'etitti ha preso il comando, è cosa da fare stupire. Jung, bmigaglia ed io siamo stati buttati dentro per soffiare nel

ruoco.

Con tutto ciò la mia sezione di Villa Bellanotte si è venuta a rovare in lavori più avanzati di quel che di solito spetta alle one la maggior parte de' miei ufficiali sono contenti di fare ques o avoro e quelli della 3" compagnia minatori ne sono in-

k l che brontola, dicendo che sono responsabile 10 di spingere la Zona tanto avanti.

venio" lavorano che le compagnie del gemo divisionale e uomini ed ufficiali di Boisio. il nemico si è accorto dei nostri preparativi e li controbatte con l'artiglieria e

specialmente con le bombarde sicché a volte, girando lungo la linea da dolina dell'Acqua a dolina Lombardia, si ha veramente il

senso di stare in combattimento. Da qualche giorno il nemico si è messo anche a battere i camminamenti con rabbiose raffiche di granate e shrapnel da 77 e da 105 e, quando si è presi in pieno in una di queste grandini, non c è che appoggiarsi ad una parete, chinare la testa e stringere i denti. 11 bravo Quagliotti mi segue ovunque con la borraccia d'acqua e mistra ed il tascapane a tra colla e suda come una spugna è sempre allegro e volenteroso ed il sapermelo vicino mi dà un senso di sicurezza. L altro giorno, mentre misurava un camminamentopresso dolinaAustriaca,ha a^to I elmo acciaccato da una scheggia. A dolina Lombardia è ca ua una bombarda proprio nell'ingresso d una galleria ove si ^ rifugiati i nostri uomini, ma per un miracolo la ^ ^ un murale, che stava in piedi appoggiato ad una e e pareti, fu sviata in modo da non esplodere. Si sono avute vane per ma nel suo complesso siamo stati fortunati i poveri gruppi p foratori sono però tutti più o meno scassati !

/9 agosto 1917.

È da ieri mattina che rugge la battagHa; il nmbomboj continuo, fluttuante ed ogni tanto i vetri e e mie mano e l'impiantito della mia f di Gorizia

Da quando ha cominciato la bu » vpnto verso ^ è ri^pi» di tao .ho, r iT o^r» »oi, h. Lpiio k volli <1.1 Co», e I. P—

. 1 j lU rnip finestre il monte S. Michele, mattina non potevo vedere dalle mi che ne dista poco più di un chilometro. ratrgiunto fA . -1 Dall'alba il bombardamento ha raggiun o ( gos o ). ggossa da una violenza straodinam e un terremoto. Il cielo e jer vela tutto, e in mezzo a tanto , , , occlhi e vedere attraverso la vane. che accade, perche e impossi

BATTAGLIA D'AGOSTO 317

Corrono mille voci e mille fandonie con solo un granello di verità. Non si capisce nulla. Tutti i telefoni sono congestionati, non si trova più nessuno a cui parlare. Ognuno è andato, chi sa dove, al suo posto.

Tutta la casa trema e temo che mi caschi l'intonaco sulla testa. 11 18 verso sera andai a Podgora. Il vento aveva girato ed il fumo era stato respinto verso il nemico, sicché la linea del fuoco ci appariva lìmpida e chiara. Era uno spettacolo grandioso estraordinario.

Il Faiti, la piana del Frigido e S. Marco erano in ebollì' zione. I pennacchi delle esplosioni si succedevano ad intervalli di |frazioni di secondo e, sospinti dal vento lievissimo, si spostavano entamente per il piano, come funghi giganteschi strascinando il gambo per terra e man mano diradandosi. Dopo un poco i pen nacchi assumevano la forma di fantasmi curvi, muniti di capoccioni sproporzionati, che sembravano minacciare il nemico.

Ieri, nel pomeriggio, andai a Debeli e rimasi li a lungo a guardare la battaglia intomo all' Hermada. Da quel! alto osserva torio ne vedevo ai miei piedi tutto il teatro ; Duino, il mnre quieto e Trieste (la meta!) in distanza.

M impressiono che, con tanta intensità di bombardamento, si vedessero tomare indietro cosi pochi feriti. Passarono piccoli gruppi di prigionieri. Andai pure a vedere i giganteschi cannoni francesi presso Lucinigo ; sono bellissimi per il loro meccanismo e benissimo mascherati. Al partire dei colpo si poteva seguire ad occhio nudo il proiettile che, grosso come un vitello, fuggiva p®*^ aria, si rimpiccoliva e svaniva. All'altro estremo gli austriaci lo sentivano arrivare ingrandendosi!

Ho quasi finito il lavoro per il corpo d'armata e sono tornato alla mia sezione. Ora stiamo tutti al riposo, in aspettativa, nella penosa attesa di eventi.

Dormo^ molto e mi viene sempre piii sonno. Ero tanto stanco Ho un po di tosse, presami nelle rapide corse in autocarro dopo essere uscito dalle doline intriso di sudore; del resto sto bene.

Mi duole quanto mi scrivi della tua salute; i tuoi dolori ed incomodi, le tue sofferenze e l'infinita stanchezza di un male, che non ti dà pace, mi angustiano l'animo. Povero hel Padre adorato! Da qui non posso fare altro che amarti e sperare che le tue sofferenze diminuiscano.

22 agosto J9ì7.

La battaglia continua a ondate, incessante e vittoriosa. Le nostre truppe del genio stanno in ripiso. in attesa e nella spe ranza di andare avanti a lavorare, appena la fanteria avra pro gredito abbastanza. Ne approfitto per correre un po d. qua e di là con gli ufficiali, avendo a nostra disposizione il ca■ J 11 Ora a Podgora, ora sull'altipiano carsico, mioncmo della sezione. Ura g , • cfraìri della ora verso Monfalcone. vedo abbastanza da vicino s ji delk grande battaglia, senza perà ficcarmi sotto le mitragliatrici. Rac contarti tutto sarebbe troppo.

L'altro giorno vidi passarmi sul-capo venti Caproni gigante schi: sorvolavano il fumo della battaglia gettando P™ bussandosi per mitragliare la fanteria. Sembravano^

falchi. Girano continuamente, vanno avanti e in i padroni dell'aria. ^

len mattina u ^ a circa '5 J agli osservatori di artiglieria. Credevo aviatori ^ ^ disastrosamente. Invece riattaccàitremoche stesse per atterra ^,ben tori con gran frastuono, si « cabro e si buttò verso la pianura. jj.

A mezzogiorno mote l'Hermada. stante specchio del ma Nel pomeriggio fui a q p„„. verso Monfalcone. Il vent p ficaia 1 ana il sole già visuale era magnifica. La l'Hermada e le sue propagg.ni, e la visuale

BATTAGLIA D'.AGOSTO

nostra fanteria era ammassata o schierata molto al di là della prima linea austriaca ; rinforzi che arrivavano, feriti che tornavano. Il fuoco intenso diventava a tratti un uragano sul rovescio delle colline in mano del nemico, tanto che pareva vi fosse lì dietro un immane fornace. Gli austriaci rispondevano con violenza ; ma si nota che 1 artiglieria è diminuita e che mancano i grossi ca libri e le munizioni. Le sue zone di sbarramento giungevano sino ad un 200 metri da me, ma dietro le mie spalle, nelle nostre vie d accesso, dove formicolavano soldati, muli e camions, non giungeva neppure un colpo. Passando per Monfalcone vidi la bri gata ... che sfilava per andare alF attacco. Truppa magnifica, gio vane, sena, ma non preoccupata. Non udii neppure una voce di protesta, nessuna espressione di svogliatezza. Salutavo commosso gli ufficiali e r invidiavo.

Adesso — ore 7 am. — sta riprendendo la battaglia verso il Faiti che è V osso duro di tutto il fronte. Il nemico non vuole ammollare e la posizione è tremenda. Pure si dice che quota 464 sia finalmente in nostro possesso, dopo essere stata presa e perduta tante volte.

Un capitano inglese, che è stato tutto ieri ad osservare V azione, mi esprimeva la sua ammirazione per la tenacia e costanza dei nostri soldatini ; diceva che all'estero non ci danno credito sufficiente per le difficoltà da superare, che sono molto maggiori qui che in Francia.

23 agosto 1917.

Qui, nella vallata di Gorizia, oggi è tornata la calma: a nord, a sud, un lontano rombo indica che la lotta continua alle ali* Purtroppo i risultati finali nel nostro settore non sono stati buoniLe posizioni formidabili e preparate da lungo tempo, una qerta stanchezza nelle nostre truppe lanciate contro le migliori truppa del fronte austriaco, hanno fatto sì che stiamo di nuovo ove era vamo prima, più o meno. Alle ali, specialmente al nord, le cose

BATTAGLIA D'AGOSTO 321

vanno molto bene: si dice che abbiamo avanzato parecchio da quella parte.

Ieri andai al Podgora, ma non si vedeva nulla a causa del fumo: del resto sembrava un fuoco poco interessante. A un chi lometro da me, nella pianura che mi stava ai piedi, vidi atterrare un nostro aeroplano Farman colpito. Pianeggiava incerto, atterro in fretta e tutta la macchina fece una grande capriola. Pochi secondi dopo vidi uno degli aviatori saltare fuori e fare il giro della macchina. Accorsero soldati da ogni parte, e poco dopo due di essi portarano via un ferito; si sparpagliarono ed ^il ne mico cominciò a sparare sull aeroplano, ma non 1 imbrocco mai.

Siamo ancora in riposo, non so quando riprenderemo il lavoro.

24'agosto 1917,

La battaglia continua, ma senza novità e con poca intensità sul settore nostro. Monte Santo è stato conquistato e a nord le cose vanno bene. Ho ripreso ad occuparmi dei lavori della mia sezione, completamente trascurati da un mese, ed ora mi richiamano (..J all'XI corpo d'armata, ciò che cercherò di evitare, perche la situazione è troppo ibrida. Intanto durante i giorni di aspettativa ho continuato a visitare il fronte e ieri andai con dei co leghi a vedere l'avanzata verso Stari Lokva. Arrivammo sino a quota 219, ma il fetore dei cadaveri e la rovina delle tnncee rese 1 osseirazione difficile Pure vidi da vicino gli austnaci saltare di buca in buca correndo all'attacco, ed i nostri fermarli a fucilate, ^na ca— in pieno fece disperdere gli austriaci, che andarono a rimp tta s .I.L. Poco jop», ~ndo »opp. « 'I

. Ti raldo era cocente e sudavo come una scappare a cannonate. 11 caia 1 1 era tutta intrisa. Passavano tenti sp.g» w.. 'i" I' ,„,p.j,...j.......li, «.pp.c.nB pc.. 1. baiUgli. «o .1 truppa che tornava. Giu ne p sole d'agosto. Sul mare diafano le navi da guerra sparavano non

so dove. 1 Caproni e gli apparecchi da caccia ronzavano nel cielo. In fondo, è sempre lo stesso questo spettacolo che diventa quasi monotono; uno s abitua a tutto, anche a vedere le stragi: perchè i interesse si mantenga vivo è necessario essere attori di questo grande dramma.

Al ritorno, pilloloni da 305 ci passarono sopra al capo, diretti al Vallone. andarono a cadere a Bonetti, proprio dove avevamo lasciato il camioncino. Malgrado 1 enorme congestione che esiste in quel punto, vi furono poche perdite, meraviglioso a dirsi. Il nostro camioncino si prese una sassata nel parafango ed un'altra nel radiatore, sicché tornammo a casa perdendo acqua per la strada. Perciò facevamo una corsa da una fontana all'altra, ad ogni tappa attingendo acqua con un elmo austriaco.

^1^6 peccato Miche non abbia potuto prendere parte a queste azioni. È stata una cuccagna per i Caproni. H nemico non spara quasi più agli aeroplani.

*0{Ua Bellanotlc, 26 agosto 1917. (Ore 8 ant.) Nulla ho da aggiungere a quanto ti scrissi ieri. Piove, un temporale si avvicina e, avendo un'ora da aspettare, ripiglio la penna per farti una visita laggiù, sotto gli alberi di Villa Torlonia.

Ieri sera venne a pranzare da noi il nostro colonnello Sarri, 1 ot timo papa della Zona e uomo pieno di buon umore. Davanti alla villa c e una terrazza piena di fiori da cui si vede tutta la pianura,.e II pranziamo ogni sera prima dell'imbrunire. Sopra la testa ci tor reggiano prigionieri i grandi dracfien, a cui ogni tanto il nemico tira qualche innocente shrapnel. Ali estrema sinistra si vede il Faiti, con 1 suoi continui e sinistri bagliori, le sue fiammate. Il Faiti è diventato un posto di cattiva fama, una specie di Col di Lana. Si è preso tante volte, ma è impossibile potervisi mantenere.

Nella mattinata, d'ordine di 3. E., Jung, Sinigaglia ed io, ognuno per i! settore suo, fummo inviati ad ispezionare tutto il

VILLA BELUANOTTE.
Il tenente dell'Aquila DOLINA s. Barbara.
presso un 149 a che ha scoppiato a a

BATTAGLIA D'AGOSTO 323

fronte di battaglia onde riferire sulle condizioni delle trincee di pnma linea. Quando arrivai a dolina Lombardia, varie pattuglie, armate solo di un tascapane pieno di bombe a mcino, si accin gevano a uscire di trincea. Il sole già sorgeva e 1* operazione mi sembrava inutile ed inefficace. Non poteva servire ad altro che a far ammazzare qualche fante su quella petraia nuda e sorvegliata da tutti i lati. Poco dopo fu dato T ordine di richiamare le pattuglie, ma erano già uscite. Allora il nemico, che forse credette ad un attacco, cominciò un violento fuoco di sbarramento.

Dapprima continuai a strisciare lungo le trincee, ma poi il fuoco diventò talmente intenso, che mi fermai in un cantone più defilato. Per un momento il fuoco rallentò, onde proseguii, ma dopo un minuto il bombardamento ritornò come una ondata vio lenta. Mi fermai in una specie di nicchia con feritoie, aspettando che passasse la grandine. Sulla testa vi erano alcune tavole lesio nate, che si piegavano sotto uno strato di sacchetti troppo pe santi. La copertura non era più larga di un metro, ma almeno poteva salvare da qualche scheggia verticale. Una vedetta, sdraiata vicino a me, panza per terra, con le gambe sporgenti in fuori, guardava dalla feritoia. Parlava poco, ma ogni tanto scuoteva la testa. Poi in accento veneto disse: — « Che roba 1 Che roba! »

Le granate (di piccolo calibro, per fortuna) fioccavano a pochi

^etri, ed i sassi sollevati dalle esplosioni volavano nella trincea. E strana r impressione di stare seduto sotto una spada di Damocle, 'Ua in fondo non si prova paura; solo il cuore batte più forte.

^ soldati erano molto calmi. La vedetta mi racconto che quattro àrditi austriaci (o quattro innocenti), per errore capitati ieri nella

Uostra trincea, ad un tratto si trovarono faccia a faccia con due Lnti italiani. Credo siano stati presi dalla paura tutti quanti, perche sgraffiarono il viso gli uni cogli altri, senza tirare un colpo, e poi

^^apparono lasciando la trincea deserta e padrona di se stessa.

Ho saputo che su proposta di S. E., il Duca d Aosta con^^derà medaglie al valore a Jung, a Sinigaglia ed a me. Non

credo che ce le meritiamo per atti di eroismo ; è piuttosto una ricompensa per esserci esposti di continuo e volontariamente e per I immane sforzo di questi ultimi due mesi. Ti do quest'annunzio perchè so che ti farà piacere e forse anche un poco di bene. Ieri sera, mentre pranzavamo, ci vennero a dire che rallipiano di Temovo era in fiamme. Andammo tutti su Monte Fortino. Si vedeva un vasto incendio di bosco. Lampi di cannonate apparivano saltua riamente lungo li buio orizzonte. 1 riflettori solcavano l'aria, scan dagliavano i nascondigli, illuminavano le vette, fulminei nei loro spostamenti, irrequieti, incomodi. Poi verso Raccogliano si fecero più frequenti i razzi bianchi; poi ne venne uno rosso, poi uno rosso multiplo, poi altri e gialli e verdi e bianchi e subito aumentò il ritmo dell artiglieria, diventarono più numerose le vampate degli shrapnel, sicché dopo appena tre minuti tutta la linea fu uno scintillare continuo, da cui emanava un rombo di cannonate e scoppi. I razzi si moltiplicavano come una grande girandola. Pensavo ai poveri fanti rannicchiati in trincea; pensavo alle migliaia di sol datini e di uflìciali che quasi ogni giorno, per ore ed ore, debbono subire quel martellamento, e mi andavo dicendo quanto più meri tevoli sono essi di ricompensa che non tutti i « capoccioni » messi assieme!

27 agosto 19/7, ore 4 pom.

Mother dear.

I am so distressed about what you write about Father; Gra zioli has written too. Keep me continuously posted. I cannot leave unless Father should be in rea/ danger, but in such case t ey would let me go immediately. These are terrible moments the battle is stili raging.

Your loving son Gelasio-

Il 28 agosto venivo richiamato di urgenza a Roma, perchè rnio padre era in pericolo di vita. Lo trovai che poteva appena parlare. Mi riconobbe, mi sorme, mi carezzo e mi guardò a lungo; con le sue bianche mani tremanti carezzò, sulla giubba, i nastrini al "valore e mi sorrise di nuovo. Il 2 settembre spirava.

La sua anima generosa aveva sempre creduto nella gran dezza dell*Italia e da piti di due anni il suo cuore viveva inte ramente con i suoi figli, al fronte; ne forse avrebbe egli soprav vissuto al dolore della disfatta di Caporetto.

Con la morte del Genitore ebbe fine quella nostra corri spondenza epistolare che, senza interruzione alcuna, durava da olire sedici anni, da quando cioè lasciai Roma per seguire la mia carriera professionale in varie e distanti parti del mondo.

Con questa pagina cessa la Vera serie delle mie lettere di guerra, scritte a Lui giorno per giorno. Seguono alcune lettere scritte a mia Madre, alcuni appunti e diari, perchè non resti incompleto il racconto di quanto vidi nella nostra guerra.

jjs ti:

Villa Bellanolte, 17 seUemìsTt 1917.

Madre mia adorata.

Tornato qui al mio posto ho trovato le cose piuttosto calme: il nemico spara poco. Ho ancora alcuni lavori in prima linea, ma la maggior parte della mia opera si svolge vicino alla nostra villa.

Si tratta di ridurre il Monte Fortino ad una specie di Gi bilterra, ispida di appostamenti per mitragliatrici in pozzo, collegati tra di loro da una rete di gallerie. Proprio in cima al monte da

CAPOSAUX) DEL PECINCA 325

shanio scavando un gigantesco appostamento per cannoni in caverna. Vi sono nove casematte, ognuna grande come ia cappella di S. Pudenziana e tutte rivestite di muratura a ce mento. Lo sbancamento per le feritoie è enorme e non capisco perche il nemico non si sia ancora messo a battere questi lavori, che sono visibili a gran distanza.

Sul Podgora costruiamo un'altra batteria in caverna del tutto simile a quella di Monte Fortino. Il terreno però è molto più ^sante e lo scavo e la gettata delle volte è stato un vero tour eforce d ingegneria. A queste due batterie lavorava prima Borghi con la 20" compagnia ed ora Boisio con la sua 3" minatori.

Mi hanno incaricato ora di fare lo studio di una galleria di tre chilometri che, entrando dal lato di Bosco Cappuccio, deve ^aversare tutte le alture di San Michele e sbucare nel Vallone. E un sogno che non si avvererà mai, perchè se vi è margine per tanti sudori e per tanta spesa, è meglio destinarli alla prima linea.

24 settembre 1917.

Da un amico del comando supremo ho ricevuto avviso che sono stato promosso capitano per merito di guerra con anzianità a 29 agosto. Mi duole tanto che il caro genitore non abbia potuto raccogliere la notizia, perchè sarebbe stata per lui una delle ultime soddisfazioni di vita sua.

Ora mi hanno dato un lavoro di molta importanza, mettendomi a isposizione 1500 uomini ed i materiali e mezzi di cui posso avere isogno. L opera è diffìcile e richiederà tutte le mie energie, di giorno e di notte.

5 ottobre 1917.

Ho messo mano ai lavori nuovi, alla costruzione cioè di un grande caposaldo al Pednca e a quota 208, dove si trova una magnifica caverna naturale capace di un battaglione intero. Si tratta

di trasformare queste due quote importanti in una fortezza im prendibile, ispida di mitragliatrici in pozzo e di solide trincee e reticolati. Tra le due quote vi è una grande dolina, detta dolina Benvenuti, donde una galleria andrà a sbucare nel caveraone della 208. II lavoro è difficile, perchè le quote sono in piena vista del nemico e molto sorvegliate. Per ora lavoriamo specialmente di notte, costruendo muri a secco, dietro ai quali le perforatrici agiscono di giorno. Ho fatto trasportare sei gruppi perforatori, alcuni grossissimi, ed il lavoro ferve. Per fortuna, il nemico non si è avve duto ancora di nulla, ma quando si accorgerà della nostra inten zione sarà una sinfonia. Finalmente è tornato Boisio, il mio com pagno del Col di Lana, e mi fa da alter ego sui lavori. Ci siamo impiantati bene, su larga scala e con tutta una organizzazione completa, sicché T impresa prosegue giorno e notte.

Con una simile mi fa concorrenza 1 amico Varvaro su! Veliki Knb. I nostri due capisaldi debbono sbarrare 1 altipiano carsico contro un'eventuale irruzione nemica. Vi è gara tra le nostre due sezioni, ciò che aiuta a far progredire i lavori. Ci rubiamo pure l'un l'altro perforatrici, camions, materiali e uomini, ma tutto pro cede con molta cordialità e buona amicizia. Varvaro pero si e fatto troppo vedere ed è già sotto il fuoco, mentre io proseguo ancora inosservato.

6 ottobre Ì917.

Ti posso dire ben poco, salvo che lavoriamo alla pressione di dieci atmosfere, giorno e notte. Con tutto ciò, resisto abbastanza bene, ma a volte mi sento stanco e non ho un ora a mia disposizione. Oggi sono stato a Versa, ove una brigata era schierata in quadrato. Il generale Petitti ha distribuito le medaglie agli ufficiali ed ai soldati. Mentre mi appuntava la medaglia sul petto, mi rivolse affettuose parole e mi chiese se il genitore aveva saputo di questa ricompensa. Risposi di si ed egli mi disse di sentirsi felice che avesse avuto questa ultima consolazione.

CAPOSALDO DEL PECINCA 327

Sono le 9 pom.: parto per fare trasportare una grossa perfora trice nella dolina Benvenuti.

Villa Bellanolle, 9 ottobre 1917.

Si susseguono gli eventi nel modo più inaspettato, I lavori si accumulano. Petitti è andato in vacanza ed al suo posto è ve nuto il generale Pennella di cui li ricorderai bene, perchè fu a Fogliano con i granatieri. Ieri inaspettatamente mi fece chiamare e mi chiese di abbandonare il comando della sezione di Bellanotte e di passare agli ordini del comando dell' XI corpo d'armata per scavare una galleria sotto al Faiti. Promise di darmi tutti i mezzi che avessi domandato. D'altra parte, il bravo colonnello Sarri non mi vuol lasciar andare ed io stesso sento che allontanandomi dalla sezione, dove sono a capo di una magnifica organizzazione, perderò di rendimento e potrò essere meno utile.

13 ottobre 1917.

Non posso scrivere a lungo, perchè non ho il tempo. Mi stanno accatastando addosso tanti lavori che un bel giorno qualche

cosa dovrà scrocchiare.

Con Pennella sono venuto ali accordo di prendere la direzione dei nuovi lavori sul Faiti, per cui mi daranno una compagnia del genio, pur mantenendo il comando della mia sezione cioè Boisio avra temporaneamente il comando effettivo della sezione, cosa di cui e capace, in modo da togliermi il peso del lavoro esecutivo, ed io mi dedicherò esclusivamente alle nuove opere di prima linea. Con Boisio al comando posso avere T animo in pace, perchè è un organizzatore di prim ordine e non gli mancano fegato ed in telligenza.

/ 6 ottobre 1917.

Jung ed io siamo stati al Faiti per precisare e preparare i avori e siamo usciti dai reticolati nel no man s land. La luna

era in pieno e ci si vedeva bene. Abbiamo scelto appostamenti per mitragliatrici e, nella sella diruta e tormentata che separa il nostro Faiti da quello nemico, abbiamo steso dei triangoli di tela bianca in fondo ad alcune buche di granata. Quando si è fatto giorno pieno, sono venuti aeroplani nostri, che avevo fatto co mandare, e hanno fotografato il Faiti con i nostri segnali, sicché ho adesso i dati topografici necessari per il progetto del lavoro.

Non abbiamo incontrato pattuglie nemiche ci hanno molestato un po' con le bombe a fucile, ma non credo fossero dirette per sonalmente. a noi. Fanno però uno schianto spiacevole.

/ 8 ottobre 1917.

1 due lavori principali che ho fra le mani sono una galleria al Faiti ed il riattamento della caverna Aosta, a pochi metri dalla prima linea: quello del Faiti è il più brutto, perchè nella dolina retrostante fioccano cannonate a tutto spiano. L attacco della galleria è da un Iato della dolina, ed il punto che avevo scelto era proprio il deposito di bombe della fanteria. C è voluto del bello e del buono a farlo spostare. Dopo un lungo tira e molla con il co lonnello del reggimento (un seccatore, mezzo matto), questi si è finalmente deciso di venire con me a vedere il posto. Era vamo appena usciti dalla galleria del comando, quando ha co minciato uno dei soliti bombardamenti della dolina, ed i sassi e le schegge volavano da tutti i lati. II colonnello, credo, aveva vo glia di tornare in galleria ed anch io avrei gradito un riparo, ma giacché nessuno di noi due volle far osservare all'altro che si stava sotto il tiro, abbiamo continuato a girare con calma edin differenza come se fossimo a Piazza Colonna. Quando tremava laria per gli schianti e volavano i sassi ci guardavamo l'un l'altro con la coda dell'occhio ma la conversazione continuava appa rentemente serena. Le discussioni però non si sono protratte di molto ed ho ottenuto quello che volevo.

LAVORI SUL FAITI

I miei soldatini del genio sono della classe del *99. Poveri ragazzi di 18 anni, mandati direttamente qui nella peggiore bolgia del Carso! Non sono mai stati sotto al fuoco ; fremono a volte e impallidiscono un poco, ma reggono. Purtroppo non sanno la vorare sicché, mentre che a uomini de! mestiere avrebbe preso cinque giorni per entrare in galleria, a questi prenderà due setti mane, ed il rischio e continuo. Alcuni sono stati già feriti.

L. altro lavoro e alla dolina Aosta. Da questa si accede ad una delle più belle caverne naturali del Carso, che ha la forma come I interno della Rotonda, con un buco quadro pro prio al centro della volta. Due budelli tortuosi comunicano con la superficie. Ora in questa caverna (nella quale furono presi non so quanti prigionieri austriaci), si erano annidati i nostri bravi fanti e si era man mano riempita di baracche e partizioni di legno. Come unico ricovero sicuro del settore, vi si era accumulata ogm grazia di Dio di materiale. 11 nemico ha cercato invano di sfondare la volta con i 420, di cui alcuni giacciono ancora ine splosi li vicino. Poco tempo fa, una granata colpì per caso un gruppo perforatore e la benzina infiammata entrò nel cunicolo d ingresso mettendo fuoco alle baracche, agli esplosivi e finalmente ad un deposito di bombarde da 240.

Fu un vero massacro e più di 300 soldati' nostri sono stati uccisi, soffocati o bruciati vivi. Per giorni interi continuò l'incendio. Finalmente sono stati rimossi i cadaveri, e trasportati via, masse informi, aggomitolati in teli da tenda.

Ora ho il compito di sistemare la caverna e di proteggere gli ingressi con costruzioni di calcestruzzo. Due plotoni della mi^ compagnia del genio si sono accampati nella galleria d* ingresso, che e piuttosto ampia. Nel camerone si lavora bene di giorno, perche la luce scende con un fascio verticale dall'apertura nellft volta ed illumina abbastanza per poter lavorare. Sotto a questa luce bianca, che viene dall'alto, la grande caverna oscura prende un aspetto addirittura teatrale. Le voci ed i colpi dei picconi

rimbombano nel vuoto ed echeggiano contro le pareti di roccia lucide e nere.

L'antica strada provinciale passa vicino alla dolina e traversa le trincee nostre e nemiche. Quando le notti sono molto buig, an diamo su quella strada con i camions per trasportare le perfora trici, il cemento e gli altri materiali ed arriviamo a cento metri dalla prima linea. A volte il nemico spara ed a volte no. Ti assicuro, non è cosa priva di excitement il girare al buio pesto, con un camion sotto il tiro dell'artiglieria. Ho sempre piii paura dei fossi e scapicolli che non delle granate, ma quegli acddenti di chauffeurs sembrano avere occhi di civetta e detestano i razzi austriaci.

20 ottobre 1917.

Tra due giorni partirò per Roma, dove però non mi potro trattenere più di tre giorni.

I lavori progrediscono, ma le difficoltà sono enormi. Com plessivamente ho sotto la mia direzione oltre 2000 uomini e 30 gruppi perforatori. Gli esplosivi e la benzina vanno via a tonnellate!

II nemico si è accorto delle nostre opere al caposaldo del Pecinca e spara sodo. Abbiamo avuto qualche ferito, ma nessun morto. Boisio porta avanti il lavoro in grande stile, e la trincea circolare ed i camminamenti sono già tanto profondi da presentare molta protezione. Le gallerie sono poi bene avanzate, in modo che c'è posto ora per rifugiarvi gli uomini quando sparano troppo allegramente.

Ci martellano anche con i grossi calibri ed hanno imbroccato la trincea in tre punti, ma i gruppi perforatori sono rimasti .[lesi. Boisio continua imperturbabile, con quel suo sornso un po da sa tiro. scherza e si aggiusta il pince-nez. M. dà dell'imboscato, al

1 1 n* e

Il nemico è aggressivo, violento e non dà pace. Da Santa Barbara in su. l'altipiano è diventato un posto allegro, ma i due

LAVORI SUL FAITI

grandi camminamenti che ho scavato m roccia viva, permettono di viaggiare con molta sicurezza. Ogni volta che passo per la do lina S, Barbara, mi fermo a parlare con DelT Aquila, un sim patico amico pieno di fegato ; egli comanda una batteria da cam pagna che sputa fuoco tutto il tempo. Sono grande amico pure del cappellano; ha una barbacela rossa, ma è pure lui un bravo soldato: egli pensa ai nostri poveri morti ed è amato da tutti.

Chiappini sta costruendo un osservatorio sul cucuzzolo del Voikovniak e lavora anch'egli tra eccezionali difficoltà, perchè questo è uno dei punti più bersagliati del fronte ; uno de* suoi minatori e stato ucciso da una granata, ma con tutto ciò l'opera non si arresta. Al Faiti stiamo per entrare in galleria ed alla dolina Aosta sono ultimati i lavori di preparazione per la siste mazione della grande caverna.

Comincio ad essere stanco perchè non ho nè riposo nè tre gua. La salute regge ancora, ma a volte mi sento voglia di ce dere fisicamente e moralmente.

LA RITIRATA DI CAPORETTO

Ritorno al fronte - In ritirata - Codroipo - Ponte dexla DeliziaPrima difesa del Piave.

X, 4 novembre 19Ì7.

Madre adorata,

Sto bene ; per un incidente ho perduto tutto quello che avevo. Ti pregherei, se possibile, di mandare Antonino o Ramadori a Treviso con le cose di cui li accludo una lista. A Treviso, biso gnerà cercarmi più avanti, presso il comando dell XI corpo d armata. Abbiate fiducia in noi. % ■ Tuo figlio Gelasio.

DIARIO DELLA RITIRATA.

Quando partii da Roma, la sera dei 26 ottobre, ero molto preoccupato. Alla stazione Mancini e Daisy Robilant mi avevano detto che le cose erano molto gravi. La mattina seguente, prima di arrivare a Udine, un ufficiale inglese ed io, affacciati al fine strino del vagone-letto, rimanemmo a lungo a guardare: per le strade era un movimento insolito; molti carri, camions ecc.. nonché gente a piedi, che andavano tutti in una direzione sola.

CAPITOLO VI.

Quando siamo entrati nella stazione, mi sono reso conto del disastro. La piattaforma, gremita di donne e bambini, era tanto ingombra di bagagli che non ci si poteva più muovere ; sulla piazza estema era lo stesso. Scendendo ho trovato Vera Arrivabene, tutta sperduta, che voleva andare al comando supremo per sapere cosa fare: se condurre via i suoi genitori o no. Abbiamo girato davanti alla stazione per cercare di sbarazzarci delle valigie, che nessuno voleva pigliare in consegna, ma finalmente abbiamo persuasa una brava donna a metterle nella sua stanza. Poi ho imbarcato Vera in una carrozza ; avrei voluto occuparmi di lei, ma non potevo.

Sono salito in un camion diretto verso Cormons ed abbiamo proseguito a sbalzi il meglio che si poteva per la strada molto ingombra. E una vera ritirata I Mi fanno pena i poveri feriti i fasciati, con le grucce, zoppicanti o in barella, messi alla porta davanti agli ospedali, si arrangiano come possono sui veicoli che vanno verso Udine. II traffico diventa sempre più difficile e si formano lunghi blocchi. Per un poco cerco di scioglierli e rego' lare il movimento, ma sono solo e vedo che si fa tardi, sicché pianto il camion e proseguo a piedi. Mancano dieci chilometri sino a Garmons, e quando arrivo è già notte.

Non mi meraviglio di non trovare più il camioncino, che mi doveva aspettare alle 2 pom. La cittadina è quasi deserta, I® stazione abbandonata ed ogni tanto arrivano grossi proiettili che fanno tremare ì vetri. Non so che cosa fare. Finalmente mi attacco ad un telefono e, meraviglia!, ottengo TXI corpo d ar mata: « Jung, sono a Cormons, mandami un* automobile. « Subito. » Che immenso sollievo!

Giro per le strade buie e deserte. Al pianterreno di una casa trovo a mensa alcuni ufficiali sconosciuti, i quali mi danno mangiare. Allo schianto dei grossi proiettili in mezzo alla città, SI spalancano la porta e le finestre che ogni volta vengono' richiuse.

RITORNO AL FRONTE 335

Vivo in agonia ; il mio solo desiderio è di tomare al più presto a prendere il comando de' miei ufficiali e de* miei soldati. Finalmente verso le nove arriva V automobile e partiamo a rotta di collo per le strade quasi deserte. Vi è un po' di luna oscu rata dalle nuvole. Che notte d'inferno! Tutto l'orizzonte sembra in fiamme ; è un continuo succedersi di brevi lampi delle canno nate e di lunghe, oscillanti vampate dei depositi che saltano. Le esplosioni dei depositi di balistite provocano vampate giallo-ros sastre così abbaglianti che tutta la campagna ne rimane illuminata a giorno ; poi tutto ricade nell'oscurità e si vedono solo i chia rori di molti incendi ed il luccicare di proiettili. E il disastro, la catastrofe! E la fine della nostra guerra ? Impietrito sul sedile della macchina, mi protendo avanti con tutto 1* animo e mi pare lenta l'automobile che divora lo spazio. Verso Farra vi è più movimento e, come entro nella vallata dell Isonzo, lo spettacolo è più orribile, perchè ora le vampate sorgono da tutte le alture circostanti. Varie case bruciano e nelle fornaci si vedono i travi che si piegano e cadono sollevando miriadi di scintille. Finalmente infilo il viale di Villa Bellanotte e l'automobile si ferma sul piazzale.

Non c è un'anima! I magazzini sono aperti, le finestre e le porte della villa sono spalancate e nere. Salgo in fretta le scale. Tutto è vuoto e deserto, sono partiti, ne so per dove. E stata portata via ogni cosa salvo i mobili più grossi ; per terra giac ciono pochi brandelli di carta e qualche bottiglia vuota.

Mi sono fermato alquanto a guardare verso il Carso in fiamme, poi ho pensato se dare fuoco alla villa: ma perche ? Non e un tradirci l'incendiare le case ? Non mi rimaneva che andare al comando del corpo d'armata e mettermi a disposizione del gene rale Pennella. Egli mi ha accolto con quella sua bella cordialità, come un amico in tempo di pericolo. Povero Jung! piange al rivedermi. Noi che abbiamo tanto lavorato per la vittoria, vediamo, ora tutto distrutto, tutto perduto! L'avvenire è come un abisso.

In attesa della partenza mi seggo in una poltrona e mi adJrmento. Mi sembra di sognare, di avere un cauchemare e mi ico di SI, che è un sogno ; ma poi mi desto un poco e sento invece che è la realtà e rimango ad occhi spalancati nel buio e sento I vetri tremare per le esplosioni.

Il giorno 28 prima dell'alba partii in automobile da Gradisca con il tenente colonnello Paleologo. Su tutte le alture del Carso continuano gli incendi e le esplosioni. Varie case vicino alla posta delia città bruciano a grandi vampate e le scintille ricadono lentamente sugli alberi della piazza.

Nelle prime ore della giornata abbiamo trovato la strada piut tosto libera ed abbiamo avanzato, ma poi la calca dell'esercito m ntirata si fa più densa e ci troviamo incastrati in una fiumana di carretti, cannoni e camions, tra i quali circola una turba di

^ armati, di ufficiali e di borghesi con donne e bambini. Nessuno sa bene cosa accade; si sente che è un di sastro, ma nessuno osa valutarne e capirne la portata.

Verso mezzogiorno ritroviamo il generale Pennella e ci inco lonniamo con lui. A volte le vie si fanno più libere e si procede più presto, ma io che non le conosco bene, completamente disonentato, mi lascio trasportare senza ragionare.

Verso mezzanotte siamo vicino a Palmanova. È da un'ora che avanziamo al passo, nel buio, facendo delle frequenti fermate. t"oi ci troviamo completamente bloccati. Jung ed io andiamo avanti e troviamo un traino di 149 allungati che cercano di ma novrare su di un bivio di strada ; una delle trattrici è en panne e isogna tirarla da parte e riformare il traino. Ci mettiamo sotto a dmgere la manovra; finalmente si riparte dopo due ore di sosta.

I k auto-reparto è in gran fiamme; credo sia a benzina che brucia; passiamo sotto al riverbero cocente della love, e strade sono lutto fango. Verso la mattina rimaen panne per mancanza di benzina e per alcune ore dormiamo in automobile.

IN RITIRATA

Finalmente arriviamo a Bertiolo. La congestione è più terri bile che mai. Riceviamo ordine di salvare i camions e l'artiglieria, e perciò con le rivoltelle in mano facciamo deviare carretti e carrettini per le strade secondarie di campagna. Ma è tutto inu tile; pare che nessuno voglia fare la parte sua per mantenere il traffico in ordine. Appena vi è un metro di spazio per avanzare, appena c è una lacuna tra due veicoli, quelli che stanno dietro si spingono avanti per occupare l'uno e l'altra, come se tale sbalzo possa portarli più presto verso la meta. Quale meta ? Nessuno lo sa. Al di là del ragliamento! Passare il fiume è come una pro messa di salvezza. Non vi è più modo di muoversi, di mano vrare. Noi altri ufficiali dei comandi gridiamo, diamo ordini, con la rivoltella in mano, e la gente che ci vede dice: — « Meno male, qui c'è qualcuno che comanda! » — Ma tutto questo non serve a nulla perchè a 200 metri da li, dove nessuno comanda, ^ sono cento pazzi che cooperano a stringere dei nodi gordiani. Si ha voglia di piangere.

Ai due lati della strada giacciono camions e carretti che si sono fatti rovesciare nei fossi perchè, o per una panne o perchè diretti in senso contrano, ostacolavano la ritirata.

La fiumana a piedi riesce a circolare un poco tra gli inter stizi dei veicoli e li precede; la maggior parte dei soldati hanno buttato le armi e vanno avanti. Interrogati, spesso evitano di ri spondere ; sono calmi, rispettosi; non sembrano nè afflitti nè allegri, ma solo sperduti ed invasi dall'idea di andare avanti, verso l'Italia, a casa! E uno sciopero di combattenti; hanno buttate le armi e Vanno a casa. La cosa è spaventosa ; che accadrà, dove andremo ^ finire ?

I legami sono completamente rotti ; non sappiamo più dove «lano i comandi, quali siano gli ordini. I reparti si sono confusi in mia turba sola che fugge verso il Tagliamento, al di là del fiume! L-he orrore!

LA RITIRATA DI CAPORETTO

Jung rimarrà a Bertiolo ; io debbo andare al di là del Tagliamento a Braidacurti. Viaggiamo tutto il giorno a piccoli passi, a strattoni intermittenti verso Latisana.

Sono le cinque pomeridiane e stiamo vicino a Latisana, vicino a quel terribile ponte che strozza tutto il traffico. Stiamo fermi da un ora ed io ho la febbre con brividi che mi fanno tremare. Ecco gli aeroplani nemici che volano su di noi. La gente fugge e si nasconde. Rimango in automobile e guardo in alto. Un aeroplano ci viene proprio sopra la testa a circa 800 metri di altezza. Mi alzo e corro dietro un cannone da 149 per ripa rarmi dalle schegge. Sento il sinistro fruscio delle bombe e tre schianti quasi simultanei; poi urli e grida di soccorso. Mi spingo avanti per cinquanta metri e trovo che il gran piano della strada è completamente vuoto per altri cinquanta metri. Tutto ciò che poc anzi 1 ingombrava, è stato spazzato giù dai due Iati delle banchine, ed il piano è una sola macchia di sangue bruno da cui emana un tanfo nauseabondo di sangue ancora caldo. Una testa e i frammenti di alcuni cavalli giacciono alla rinfusa. Nel fosso di destra un carretto rovesciato tiene imprigionati sotto se alcuni borghesi. Sulla banchina della strada una donna giace muta, stringendo al seno un bambino ; credo sia morto. Io quel momento viene verso di me barcollando un orribile mostro: e un soldato a cui manca la faccia! dove era questa, sporgono brandelli di carne dai quali schizza il sangue. Egli si strappa con le mani quei brandelli di carne emettendo un suono rauco; poi cade. È la prima volta nella vita mia che ho avuto il senso di orrore, di orrore atroce e mi sono gettato indietro.

A poca distanza vedo una casa della Croce Rossa ; vi corro per cercare barelle, ma la casa è vuota, sono partiti tutti!

Intanto la colonna, che stava al di là del teatro del disastro, SI precipita avanti verso Latisana, presa dal panico, calpestando la strada insanguinata. Mi pianto in mezzo allo spazio con la

pistola alzata e grido: — « Fermi o sparo I » — La colonna si ferma ed io la faccio poi procedere al passo.

Si raccolgono i feriti, i morti si abbandonano. Ecco il capi tano di artiglieria che mi parlava poco fa: egli viene portato a spalla da tre artiglieri, ha la gamba rotta e si lamenta.

In mezzo alla piazza di Latisana mi vengono attorno un branco di centurioni di Villa Bellanotte. Li raggruppo e dò degli ordini. In quel mentre arrivano altri aeroplani e le bombe cadono, ma non so dove ; nella confusione che ne deriva si dilegua il gruppo di centurioni.

Finalmente passiamo il ponte e si è fatto notte.

^BfotJacuTti, 30 ottobre Ì9I7.

Ho dormito in un fienile e mi son destato tutto indolenzito. Alle undici del mattino mi fa chiamare il capo di stato mag giore, Vacca Maggiolini, e da parte del generale Pennella mi in carica di portare ordini al generale Brussi a Bertiolo. Ne leggo il contenuto, in caso che li dovessi distruggere. Sono contento ; almeno ho un ordine, ho una missione da eseguire I Parto in automobile, portando con me una bicicletta militare ed arrivo vi cino al ponte della Delizia; scendo e proseguo a piedi per il ponte della strada. I camions procedono con difficoltà, perchè il piano stradale si sta sfasciando. Riesco a passare, tenendomi addosso al parapetto ed arrivato di là proseguo, un poco in bicicletta, un poco a piedi, a seconda della calca. A mezzo chilometro dal ponte trovo seduto in una Zero Fiat il capitano Sozzani che •aspetta di poter passare. Non sa dirmi nulla del generale Brussi, ci salutiamo e tiro innanzi. Per quanto io chieda, nessuno sa darmi un* indicazione qualsiasi, '

Finalmente mi dicono che c*è un generale in una certa casa lungo la strada ed, entrato per informarmi, trovo al secondo piano Un generale di brigata, in piedi davanti ad una finestra, che

CODROIPO 339

guarda con il binocolo. Non sa dirmi nulla del generale Brussi, ma mi indica ad un 800 metri dalla strada i granatieri che combattono con le pattuglie austriache, le quali cercano di avan zare verso il ponte della Delizia. Con il suo binocolo vedo i gra natieri appostati dietro agli alberi ; si sentono i colpi di fucile. Proseguo faticosamente verso Codroipo e ad un bivio, prima del paese, trovo Scipione Borghese. Ha 1* aria stanca e disfatta e ha la barba lunga. Mi dice che dispera oramai di far passare le sue batterie e che va avanti per vedere quali possibilità ci siano. Gli dico che gli austriaci stanno già avanzando verso il ponte e gli consiglio, nel caso che facessero saltare i ponti, di buttarsi verso mezzogiorno e di passare per Madrisio.

A Codroipo esiste già il panico ; gli artiglieri hanno abban donato i cannoni e i conducenti di fanteria hanno staccato i muli ed i cavalli dai carri. La piazza è un' accozzaglia di veicoli ab bandonati, che bloccano completamente e senza speranza alcuna tutta la colonna che sta al di là di Codroipo. Tento di attra versare con la mia bicicletta questa matassa di veicoli, ma è asso" lutamente impossibile, e perciò la appoggio ad un albero per cercare un passaggio. Intanto un cavallo bianco, attaccato ad un carretto abbandonato, si muove per conto suo e stritola la mia bicicletta che lascio lì. Oltrepasso Codroipo, scavalcando le stanghe dei carretti e forzando la fiumana di soldati, che fa pressione per defluire attraverso gli interstizi del blocco. Vado avanti verso Bertiolo con la ferma determinazione di passare, e spesso mi butto per la cam' pagna costeggiando la strada e camminando nel fango profondo e nelle pozzanghere d'acqua. Quando la folla mi sbarra la via completamente grido: — « Largo, {5orta-ordini! » — e subito mi fanno passare e mi guardano con aria di meraviglia. Sono il solo, credo, che vada contro corrente.

Sono circa le 3 pom. Presso R... mi sento chiamare, è il maggiore Pescarolo della 58^ divisione. Mi dice che il generale Brussi è partito da Bertiolo già sin dalla mattina e che probabil-

PONTE DELLA DELIZIA 341

mente ha già traversato il Tagliamento, Jung dove sarà? Spiego al maggiore che per Codroipo non ci si passa più, che i ponti sono probabilmente già saltati e perciò decidiamo di buttarci verso mezzogiorno per Madrisio o Latisana. Trovo un cavallo bianco sellato, attaccato dietro un carretto, vi salto sopra e proseguiamo per vie di campagna quasi deserte. Dopo poco incontriamo soldati, i quali ci dicono che i ponti su certi canali sono già saltati e per ciò pieghiamo di nuovo verso Codroipo. Quando siamo a 200 metri dalla città, troviamo le nostre truppe di copertura appostate in un fosso, lungo la strada. Gli austriaci sono già in Codroipo e si sen tono fischiare le pallottole e crepitare le mitragliatrici. Pure riu sciamo a prendere la strada per Madrisio con gli ultimi fuggiaschi.

Da principio vi è una tendenza alla fuga precipitosa, ma Pesca rolo ed io riusciamo a mantenere la calma.

Man mano che ci avviciniamo a Madrisio, la calca si fa più densa ed alla fine non si può più avanzare con i cavalli. Allora, smanioso di assolvere la missione, abbandono il mio e a piedi, nel crepuscolo, proseguo sino al ponte alla testata del quale trovo un ufficiale superiore a cavallo, con la pistola in mano, che con mira bile energia regola il traffico come se fosse alle grandi manovre.

All'altra estremità del ponte un numero di ufficiali gridano il nome delle brigate e smistano i soldati che arrivano. Ho un senso di gioia perchè questo è il primo segno di riorganizzazione.

Del generale Brussi non riesco a trovare traccia. Dormo a Morsane e proseguo a piedi sino a Braidacurti. Brussi vi era arrivato mezz'ora dopo la mia partenza. Mi accolgono con piacere perchè si erano preoccupati sul conto mio, ma il generale Pennella mi dice che non aveva mai dubitato che non sarei tornato. Gli risposi che non mi avrebbero mai preso vivo.

31 oHobre 1917.

Nel pomeriggio il generale Pennella fa chiamare Jung e me. ci dice che i ponti della Delizia non sono completamente di

strutti e ci ordina di andare su per vedere cosa c è da fare. Andiamo a Casarsa a presentarci al generale Grazioli, il quale comanda TVIII corpo d'armata e questi ci riceve molto corte semente; ci dice che una compagnia del genio è già al lavoro, ma che, se vogliamo andare ad aiutarla, siamo i benvenuti. Arriviamo ai ponti della Delizia a notte già inoltrata. Il ne mico spara con piccoli calibri, credo con cannoni italiani. Il ponte della strada è completamente rotto ; quello in ferro della ferrovia è solamente avvallato e la compagnia del genio sta preparando le cariche di gelatina. Il terzo, cioè quello in legno della ferrovia, arde per la lunghezza di due campate presso la sponda nostra, ma al di là questo lunghissimo ponte è intatto. Alcuni soldati cercano di costruire una passarella per traversare il filone ed arrivare sulla parte non distrutta del ponte, ma la cosa e troppo lenta per potersi compiere nella nottata. Perciò Jung ed io saltiamo nell'acqua ed invitiamo i soldati a seguirci. Hanno paura di entrare nel fiume gelido, ma alla fine ci seguono. L acqua non arriva più su della cintola, ma è ghiacciata e la corrente è forte. Con alcuni soldati salgo sulla passarella, che corre ai piedi del ponte e la esploro quasi sino all'altra sponda senza trovare alcuna vedetta nemica. Jung intanto fa trasportare i bidoni di catrame e la stoppa e con questo materiale aspergiamo tutto il ponte e prepariamo l'incendio dei piloni. Il catrame sparso sul piano stradale filtra tra i crepi delle tavole e cade in filetti sottilissimi che, tra sportati dal vento, ci tagliano la strada e cominciano a rigarci di nero da capo a piedi. Sul ponte, vicino alla campata che arde, troviamo due tedeschi morti. Malgrado il chiarore dell incendio» nessuno sembra osservare le nostre figure nere che si agitano lu piedi sul ponte, e le scariche periodiche di mitragliatrici non sono dirette a noi. Verso T una di notte comincio ad essere esaurito dal freddo ed a tremare come una foglia, e perciò cerco di sca darmi presso i tronconi in fiamme. Jung invece, tosto come un bue ed ostinato come un mulo, sta in mezzo al fiume, con I acqu^

PONTE DELLA DELIZIA 343

sino sulla cintola ed incoraggia con 1 esempio i soldati, che pro testano di non poter resistere più a lungo.

Ad un tratto, sul deserto piano stradale, appare un'ombra nera ; Jung gli punta la pistola addosso, ma risulta essere un sergente di fanteria, fuggito da Codroipo dopo essere stato preso prigioniero.

Il ponte è pronto per essere incendiato e vi metteranno fuoco all'alba, quando sarà finita la carica del ponte di ferro. Noi partiamo per Braidacurti tremanti dal freddo. Siamo bagnati sino alle ascelle e tutti macchiati di catrame dai capelli ai piedi. Ci siamo guardati nello specchio e ci siamo messi a ridere. An diamo in cucina e ci denudiamo per fare asciugare i panni, perchè non abbiamo di che cambiarci. La brava cuoca del conte Lon, il padrone di casa, non sembra punto imbarazzata della nostra nudità e ci aiuta mentre prepara del caffè.

Questa sera ho avuto un vero piacere al rivedermi improvvi samente dinanzi il mio attendente Quagliotti, elmo in testa, con giberne e moschetto. Ha fatto non so quanti chilometri a piedi per rintracciarmi ed è raggiante di gioia per avermi ntrovato. A tracolla porta il mio binocolo, la sola mia proprietà che sì e sal vata in questo disastro: è la più preziosa di tutte, perche un ufficiale senza binocolo vale metà.

2 novembre 19ì7.

Jung ed io abbiamo percorso buona parte delia sponda del Tagliamento per vedere come fortificarla; ci siamo arrampicati su per i campanili per renderci conto del paesaggio. Il nemico spara con piccoli calibri specialmente sui centri abitati presso il fiume. Ma tutto questo lavoro sembra inutile, perchè ognuno sa che do vremo ritirarci ancora, perchè là su verso i monti il terribile cuneo tedesco fende il nostro fianco e minaccia le nostre spalle.

È venuto l'ordine di ritirarci ancora, eppure ognuno di noi non domanda di meglio che di rimanere fermo e di battersi sino

^.

all'ultimo. E un senso di angoscia e di esasperazione che non so ridire. Il Duca di Aosta mi ha parlato con violente parole di disprezzo contro coloro che ci hanno tradito.

Siamo nel trambusto della partenza. Il vecchio conte Lori, che ancora si ricorda degli austriaci de' tempi antichi, gira inebetito per la sua casa: vuole abbandonarla piuttosto che ricadere sotto i croati. La sua casa è un modello di ordine ed un museo di piccolezza. Ogni cosa ha la sua tabella e la sua data. Il conte parte con una piccola valigia e abbandona tutto il resto; la vecchia cuoca rimane.

Con il ten. col. Paleologo sono stato mandato di collega mento con la retroguardia. Questa si è mossa alle 4 del mattino. I granatieri si ritirano man mano, facendo dei successivi sbarra menti stradali con tutto ciò che possono trovare. C'è il chiaro di luna e ci si vede bene. Su un certo ponte vengono accatastati molti banchi della scuola elementare vicina. Fa un effetto curioso vedere i piccoli banchi, macchiati d'inchiostro, usati per impedire la strada al r. i. esercito austriaco. Con essi vengono in mente i bambini scolari e sembra di sentirne il chiacchierio. I granatieri a scaglioni si ritirano in silenzio. Tutto è calma perfetta.

La ritirata si compie con ordine magnifico che dà un senso di sollievo, perchè si sente che l'esercito risorge.

Da Motta di Livenza il generale manda Jung e me in avanti a Ponte di Piave per costruire una testa di ponte. Questa volta è per resistere sul serio. Ci mettiamo al lavoro con una energia rabbiosa. Con gli ordini di Pennella mobilitiamo la fanteria che sta a Roncadelle e tracciamo una bella testa di ponte. Arrivano da Lancenigo i camions carichi di paletti e fil di ferro spinoso, ed è un poco diffìcile farli manovrare per le anguste stradelle di campagna, ma il lavoro progredisce. Il campo di vista però è ingombrato dalla folta vegetazione ; vi sono ancora alcuni grappoli d'uva attaccati alle viti.

Lancem'go, 5 nootmbn 1917.

Abbiamo avuto ordine di abbandonare anche la testa di ponte di Roncadelle e di fortificare invece la sponda destra del Piave, da Folina a Palazzon. Questa volta però non ci muoveremo più ! Jung è andato a Roncadelle a ripiegare il filo di ferro spinoso; adesso ci siamo messi ad impiantare la difesa del Piave. 11 generale ci ha dato carte bianche e ne usiamo senza limitazioni, mettendo immediatamente al lavoro i reparti di fanteria man mano che ar rivano in linea. Non facciamo economia dell'autorità del generale e dove è necessario usiamo del bluff. Lo*scopo è di avviare l'opera di difesa secondo un concetto unico ed in modo uniforme. Gli ufficiali della Iir zona vengono messi a nostra disposizione per inquadrare il lavoro e tutti si mettono a caposotto con la massima lena.

Già una linea di reticolati si è stesa come per incanto da Folina a Palazzon e si stanno delincando gli elementi di trincea. Il nemico non si fa sentire, ma si vedono alcune pattuglie, movimenti di camions e le teste di alcuni osservatori i quali ci stanno spiando dalle lunette dei campanili. Il largo letto del Piave con i suoi ghiaioni bianchi ci offre un magnifico campo di tiro e le acque corrono rapide e profonde.

/0 novembre 1917.

Ha cominciato il fuoco d'artiglieria di piccoli calibri, e le mitragliatrici ed i Cecchini danno un poco di noia, ma nel com plesso si lavora bene ed il generale Pennella, il quale ha percorso tutta la linea, si mostra molto soddisfatto. Adesso arrivano i bat taglioni del genio divisionali e Jung ed io cediamo loro il posto ; intanto abbiamo fatta la parte nostra e su tutto il settore del corpo d'armata vi è già una solida barriera di reticolati.

PRIMA DIFESA DEL PIAVE 345

RITIRATA DI CAPORETTO

LA

Lancenìgo, 12 novembre 1917.

Madre mia adorata,

Oggi finalmente mi è giunta la prima tua parola da quando sono partito e non ti so dire quanto piacere mi abbia dato. Ri levo però dalla tua lettera che le mie cartoline e lettere prece denti non ti sono arrivate, e tra esse anche la lettera in cui ti dicevo di avere perduto tutto il mio bagaglio, salvo il binocolo. Ti pregavo quindi di spedirmi presso il comando dell'XI corpo d armata le cose di cui ti accludo di nuovo una lista separata. Non mandare più di quello che chiedo, perchè non sarebbe che un ingombro.

14 novembre 1917.

Ti scrivo in italiano per paura che in inglese la lettera subisca ritardo. L'arrivo della mia biancheria e scarpe sarà una manna, perchè è veramente duro il vivere senza nulla da cambiarsi. Antonio farà bene, ma un militare potrebbe trovare la via più facilmente a Lancenigo.

Qui continua la lotta, come vedrai dai comunicati. Vi sonoviolenti combattimenti, e la IIL armata dà un'altra prova del suo valore. Tutti desiderano di ricevere l'ordine di non muoversi più, di resistere a oltranza. La nostra ritirata dal Faiti senza combat tere, anche se per forza maggiore, è stata un dolore ed una umi liazione, di cui ti puoi bene rendere conto. Io continuo a lavorare alla difesa del Piave e mi rendo utile.

Mi duole tanto che Ina Borghese sia caduta prigioniera, quan-' tunque non vi sia da temere per lei che gli strapazzi di questi giorni. Suppongo sarà presto rimessa in libertà. Povero Scipione,, si angustierà! Di lui non so più nulla.

Di salute sto bene, ma un poco sfìaccato.

PRIMA DIFESA DEL PIAVE

16 nooembre 1917.

Torno in questo momento dalla linea, e trovo la tua cara lettera che mi parla di Ina. Sono tanto felice di saperla non prigioniera. Tutt'oggi è stata giornata di combattimento. Il nemico si è spinto sulla destra del fiume, ma è stato già ricacciato in parte ed abbiamo fatti molti prigionieri. Anche a Folina, alla destra del nostro corpo d'armata, il nemico ha tentato di passare questa notte, ma gli è andato molto male, ed un battaglione intero è stato distrutto. Per caso sono capitato questa mattina per tempo proprio sul posto ove era stato tentato il guado. Sul ghiaione del fiume ho visto una quantità di cadaveri austriaci. I superstiti si trovarono bloccati dal nostro fuoco, e si appiattirono nelle pìccole depressioni d'un isolotto. Alla fine, quando la nostra artiglieria cominciò a batterli, si sono arresi in più di 200. Ho veduto uno degli ultimi uscir fuori da dietro un cespuglio, ferito in testa, con le mani semi-alzate come una scimmia. Gli ho gridato di venire avanti, ma è stato lungo a decidersi a entrare nell'acqua fredda. Un altro era sul ghiaione in ginocchio, ferito, che pregava. Oggi abbiamo fatto più di 700 prigionieri, da queste parti. Lo spirito della truppa si sta rialzando. Alcuni artiglieri nostri, sorpresi ai loro pezzi, si sono fatti tutti uccidere combattendo. Ora aiutateci voi altre donne d'Italia e fate soffocare nella vergogna quelli che disertano dal fronte e quelli che si imboscano.

Laneentgo, 18 novembre 1917.

Continuo a darti notizie spesso, perche so che ti stai preoccupando sul conto mio, e fortunatamente nella mia nuova posizione ho sempre qualche ora a mia disposizione. Ciò non vuol dire però che da un giorno all'altro io non possa trovarmi nella impossibilità di scrivere per qualche tempo. Tanto per norma tua. Ti scrivo in italiano per impedire ritardi di censura.

Per ora la mia posizione sarebbe quella di ufficiale di colle gamento tra la Zona ed il corpo d'armata, funzione idiota che serve solo come una scusa per tenermi qui per l'avviamento e per r intensificazione dei lavori di rafforzamento. Sono poi man dato continuamente in ricognizione ed ho potuto essere utile in varie cose. Volevo anche demolire le cascine di campagna del Grave di Papadopoli ; mai mi sarei sognato di fare il guastatore sulle terre di Magda e di Vera. Di questa non ho saputo più nulla. E stato doloroso il dover persuadere quei poveri contadini ad abbandonare le loro case. Non volevano andarsene e dicevano preferire di essere presi a cannonate. Alle nostre esortazioni ri spondevano : — « Abbiamo sempre vissuto qui e preferiamo morirvi 1 »

L'altra sera andai con Jung in ricognizione verso la linea di combattimento di Falgarè, di cui avrai letto nei comunicati. Miagolavano le pallottole e si sentiva il battito dell'azione violenta. Era verso il tramonto. La fanteria, accovacciata lungo i fossi, guar dava verso quelle siepi e quelle dighe dove scintillavano le fiam melle e martellavano le mitragliatrici. Guerra nuova, senza trincee e senza reticolati, il campo di vista ovunque impedito dalle vigne, dalle siepi e dai filari di gelso. Regnava la concitazione dell'azione.

Lì per la strada una vecchiarella, tutta curva, appoggiata ad un bastone, andava via adagio, adagio, lasciando il suo casolare, che solo le fiammate della battaglia le avevano fatto abbandonare ; la seguiva un vecchio, che ogni tanto si voltava a guardare. Non mi scorderò mai di quel quadro.

11 nemico da questa parte è stato completamente demolito. I battaglioni, che erano passati sulla destra del fiume, sono stati massacrati o si sono arresi. La divisione di rincalzo sulla sinistra del Piave è stata decimata dai fuochi di sbarramento. Da due giorni il nemico sta mogio mogio; noi continuiamo a rafforzarci, e vanno sorgendo linee su linee. La nostra artiglieria martella spie tatamente. Non credo che mai più passeranno da questa parte.

DIFESA DEL PIAVE 349

Lo spirito della truppa si sta rialzando. Oggi sono arrivati vari mutilati di guerra ; ragazzini del 99 si battono bene. Voi altri in Italia fate la guerra spietata ai traditori e ai disertori ; noi faremo la guerra agli austriaci e ai tedeschi.

20 novembre 1917.

Non VI è nulla di nuovo dalla parte nostra. 11 nemico, dopo il pugno in faccia dell' altro giorno, si mantiene calmo e solo con tinua il solito tiro di disturbo. Le cose qui si vanno rimettendo bene, e speriamo che al nord riescano ad arginarli.

In questi giorni sono stato quasi sempre in ufficio a compilare una carta topografica del fiume. Il corso del Piave è così cam biato che vi sono degli spostamenti di 500 metri in alcuni posti» in modo che l'artiglieria non sa più come regolare il tiro ; il giorno 16 sparò sulle nostre trincee per oltre mezz'ora. Mi sono fatto dare le fotografie d'aeroplano e altre se ne stanno facendo, e da questo lavoro risulterà la pianta esatta del Piave nel mo mento attuale. 11 generale Falconi dell artiglieria mi ha adottato per ora nel suo ufficio « tiro », ed assieme abbiamo battezzato tutte le isole da Palazzon a Folina. È un gran caro amico ed ha molta ammirazione per Leone, di cui fu il superiore. La salute è ottima, e in fondo ora ho più riposo e dormo di più qui che non a Bellanotte. 1 vestiti non sono ancora arrivati, ma ho fiducia di riceverli un giorno o l'altro. Intanto mi sono andato arrangiando: chi mi ha prestato una camicia, chi mi ha dato un pedalino, ma non riesco a trovare scarpe che mi vadano bene.

25 novembre 1917.

Continuiamo a completare il sistema difensivo del Piave ed oramai sono certo che da questa parte il nemico non potrà più passare. Forse rendendosi conto di ciò. l'austro-fante si è mvipento

PRIMA

ed ha cominciato a diventare molto più attivo con Tartiglieria, tanto che Tandare lungo gli argini del Piave non è più una passeggiata come nei primi giorni dopo la ritirata.

Ho fatto ì disegni per un pili hox^ ossia ricovero in cemento armato per mitragliatrici, e il generale Pennella ne vuole costruire tutta una serie in difesa del Piave, Intanto stiamo preparando un facsimile in legno con il ten. Guerzoni, Torganizzatore industriale della III zona, giovane di moltissimo ingegno. Non so se ora appartengo alla III zona o al corpo d armata, trovandomi a casa con tutte e due fatto sta che si e stabilita una relazione molto più intima tra i due comandi ed una coopcrazione così amichevole che questo settore può servire di modello a tutti gli altri. Il co lonnello Sarn presiede a Villa Persico: con il suo eterno buon umore e la sua patema benevolenza ha trasformato la zona in una grande famiglia che lavora d'accordo per il bene dell'Italia.

Con gli inglesi - Sistemazione difensiva - L'attacco austriacoCampagnole di sotto.

Loncenigo, 28 novembre 1917.

Le cose più inaspettate accadono in guerra. Oggi dal comando supremo è giunto V ordine che io parta immediatamente e mi pre senti al generale Glubb dell'armata inglese. Non so cosa richiedono da me. Spero che il lavoro sarà importante, perchè certo non ho alcuna voglia di andare a fare l'interprete o 1* ufficiale di col legamento. Il generale Pennella mi lascia andare di mala voglia, e a me rincresce di abbandonare gli amici e Jung in special modo. D'altra parte mi attrae la novità della cosa,

Padova, /0 dicembre I9ì7.

A Padova, presentatomi al generale Glubb, comandante del genio dell'armata inglese, ho trovato che vogliono servirsi di me come ufficiale di collegamento con le autorità italiane. Mi sono prestato sino ad ora a questo ufficio non tanto per aiutare I armata inglese quanto per salvare dalla rovina 1 intendenza generale del l'esercito italiano; perchè questi cari inglesi sono così pieni di belle intenzioni e cosi larghi nei loro mezzi che. accedendo a

CAPITOLO VII.
SUL MONTELLO

tutte le loro domande, i nostri depositi verrebbero denudati com pletamente in due settimane. Come capirai, questo lavoro non mi va punto a genio ed ho già puntato i piedi, dichiarando che desidero di essere incaricato di lavoro esecutivo sul fronte o che altrimenti la pianto. S. E. il generale Marieni è verso di me di una grandissima cortesia e mi vuol dare Tincarico di certi lavori al Montello per gli inglesi, i quali intanto non vogliono che vada via da Padova e mi allisciano il pelo sulla schiena. Per ora non faccio nulla, mi riposo ed ingrasso, ciò che non mi fa male, perchè durante la ritirata mi ero molto consumato.

Volpago, 28 dicembre 1917.

Da alcuni giorni mi trovo alla sottozona di Volpago, ove agisco di collegamento tra gli inglesi e gli italiani. Vi sono qui quasi tremila soldati, in grsm parte centurioni, e circa cento ufficiali. Questi costruiscono strade, trincee, ecc. nel territorio che. ora e passato sotto il comando inglese. Essendo il solo ufficiale italiano che parli l'inglese, tutti gli ordini passano per le mie mani ed il tenente colonnello Coppali, il quale è al comando della sottozona, mi ha affidato in buona parte anche la esecuzione dei lavori. Sono contentissimo perchè ho un finimondo da fare ed è un piacere di aiutare gli inglesi, i quali hanno per noi una simpatia sincera. Anche i soldati loro ed i nostri fanti e contadini vanno perfetta mente d*accordo.

12 gennaio 1918.

Da quando sono arrivato qui ho avuto tanto da lavorare che non te ne puoi fare un'idea; ma il mese di assoluto riposo a Padova ha risvegliato in me le energie, che le eccessive fatiche e le sofferenze dei mesi scorsi avevano cominciato ad indebolire. Vi è stato tutto un lavoro di riorganizzazione che sta già rendendo eccellenti risultati questo mi è stato facilitato da alcuni elementi

CON GLI INGLESI 353

buonissimi tra 1 cento e più ufficiali che dipendono dalla sottozona del resto, la innata intelligenza, semplicità e buona volontà dei nostri contadini-soldati rende facile 1 esecuzione di qualsiasi impresa. Apriamo cave, scaviamo gallerie, costruiamo strade, tuncee, reticolati, baracche, rifugi, appostamenti per cannoni, condotture d* acqua ecc. ecc. il nostro centurione dai lunghi baffi ascolta quello che gli dici di fare, guarda, e volenteroso si mette al lavoro con una sobrietà di modi, con una pazienza e con una capacità che fa stupire noi stessi italiani. Gli inglesi non si stancano di ammirarli e lodarli e confessano che produce più lavoro, e di qualità migliore, un nostro centurione, che non tre /ommies vestiti di kaki e bardati di cuoio.

Verso noi gli inglesi sono perfetti, pieni di tatto, di cordialità e di vera cameraderìe. Sono desiderosi di battersi per noi, di essere primi in ogni cosa e di fare tutto a perfezione, a rischio qualche volta di non conformarsi alle risorse dell'Italia.

Imparo continuamente da loro, specialmente per quanto ri guarda i sistemi difensivi, ed essi sono sempre pronti a fornire qualsiasi informazione o dettaglio tecnico che si chieda.

Volpago, 19 gennaio 1918.

11 nostro colonnello va in licenza e perciò rimango ora al comando di questi lavori. Si stendono questi da Montebelluna sino a Povegliano. In gran parte consistono nel rendere « camionabili » le strade del Montello che, quando piove, diventano un pantano di fango appiccicoso, per cui non si passa piò. Inoltre costruiamo trincee e reticolati. Più o meno è un lavoro di seconda linea, perchè stiamo fuori della zona battuta. Solo verso 1 Abazia d.

Nervosa sparano qualche colpo e l'altro giorno bombardarono violentemente la trincea in costruzione. i

Arrivai in automobile sul posto al momento che cominciava il bombardamento, che fu violento e spiacevole. Per prima cosa

vidi cadérmi davanti, in mezzo alla strada, un soldato inglese colpito in testa in pochi secondi ci trovammo circondati da shrapnel e granate e ci dovemmo buttare dietro alcune case presso Sovilla e lasciare passare la tempesta, che durò quasi un*ora. E rimasto ucciso uno de* nostri centurioni e vi sono vari feriti. C* è voluto poi del bello e del buono per rimettere i centurioni al lavoro.

Questi bravi padri di numerosa prole, un poco appesantiti dair età, sono docili e pieni di buona volontà, ma le canno nate non vanno loro punto a genio. Sono tanto buffi imma ginati hanno preso V abitudine di scavare piccole nicchie nelle scarpate della strada, grandi quanto un bidone da petrolio e, quando il nemico spara, vi si mettono a pecoroni davanti, tenendo la testa dentro la buca. Non ti so dire quanta pietà m' ispirava quel povero morto steso per terra in quella casetta diroccata.

Del resto tutto è quieto, salvo di notte, quando ogni tanto riceviamo le visite degli aeroplani. Di giorno giro il Montello in tutti i sensi, sicché ora lo conosco a menadito.

VolpagQ, 29 gennaio 1918.

Ho saputo che il generale Pennella prenderà il comando della IP armata e che ha chiesto al comando supremo che Jung ed io siamo messi a sua disposizione. Non so bene ancora che incarico ci sarà affidato ma, conoscendo l'uomo, prevedo il genere di lavoro. Prevedo un tira e molla con gli inglesi, ma Pennella riu— scirà ed io sarò felice di mettermi nuovamente a lavorare m prima linea.

Esle, 16 marzo 1918.

Appena arrivato qui, ho preso ordini dal generale Pennella e sono partito con Jung a fare una ricognizione di tutto il fronte della IP armata. Abbiamo percorso la riva destra del Piave, da Pederobba a Nervesa. Ci ha preso vari giorni e ci son toccate

SISTEMAZIONE DIFENSIVA 355

scarpinate interminabili. Qui tutto è ancora in via di organizza zione e le truppe e gli ufficiali vengono spostati come su di una scacchiera.

7 aprile 1918.

S. E. ha affidato a Jung e me stesso lo studio ed il pro getto di tutto il sistema difensivo dell'armata e perciò lavoreremo sempre uniti, ciò che ci dà un grande piacere.

Abbiamo percorso ora e perlustrata tutta la riva destra del Piave per determinare esattamente la posizione di ogni apposta mento per mitragliatrice. Naturalmente questo si è dovuto fare di pieno giorno e, malgrado le proteste della fanteria, abbiamo per corso gran parte del fronte camminando sul greto del fiume, fuori dei nostri reticolati. E tutto andato bene. Il nemico ha protestato poco, ma presso il ponte di Vidor siamo stati arrestati dai nostri come spie e mandali sotto scorta annata, con baionetta in canna, sino a Crocetta Trevigiana, dove c'è voluto del bello e del buono per convincere i vari comandi che non giravamo sul greto del fiume a servizio degli austriaci. Un ufficiale mi ha detto che parlavo molto bene l'italiano. Un tenentino, al vederci passare sotto scorta armata, è corso fuori della sua baracca ed è venuto a guardarmi come se fossi stato una belva catturata. Ho fermato il convoglio e gli ho dato un cicchetto in piena regola per non avermi saiu tato, ciò che sembrò sconcertare tutti quanti.

Volpago, IO aprile 1918.

Che sollievo immenso di sapere che gli inglesi hanno fermato r avanzata tedesca. Qui siamo talmente sepolti dal lavoro che non abbiamo quasi il tempo di preoccuparci tanto quanto sarebbe il caso, se fossimo più indietro dal fronte. Si parla di un possi ie attacco austriaco e bisogna preparare tutto. Il generale Penne a •è verso Jung e me quel che vi può essere di piò perfetto. Ci

354 SUL MONTELLO

ha dato la sua completa ed assoluta fiducia e ci vuol bene come a figliuoli con ciò capirai che ci siamo messi sotto a ca pofitto.

Il lavoro affidatoci è di fortificare tutto il fronte dell* armata con un sistema di appostamenti in cemento armato per mitraglia trici, disposti in modo veramente scientifico e costruiti in guisa da resistere a qualsiasi bombardamento. Compiuto questo lavoro enorme, il generale conta di poter ridurre di molto la truppa m prima linea, diminuire le perdite e dare turni di riposo più lunghi.

Per eseguire tale progetto ci ha dato carte bianche e mette a nostra disposizione tutti i mezzi che vogliamo. Abbiamo chiesto già i migliori ufficiali che conosciamo nell'esercito italiano. Pare che Mandelli e Ferravi della 3'' compagnia minatori ci saranno concessi. Abbiamo rubato Chiappini alla ili* zona e cerchiamo di avere Guerzoni. Tengo pure molto ad avere Biandrate, un magnifico ufficiale che era con la sottozona, quando stavo con gli inglesi. La truppa si sta reclutando tra i vari reggimenti dell'armata e debbono essere esclusivamente muratori, falegnami, o minatori scelti. Come vedi, cerchiamo di riunire tutto quello che vi è di meglio per creare un'organizzazione modello. D altra parte il lavoro che dovremo fare è di una grande difficoltà tecnica e materiale e deve essere svolto in prima linea, in buona parte anzi fuori dei nostri reticolati. Allo stesso tempo dobbiamo coor dinare le altre opere difensive affinchè sul fronte della 11'^ armata vi sia un indirizzo unico e perfetta uniformità di concetto e di esecuzione.

Tale programma di unificazione è geniale, perchè credo che per la prima volta sul fronte di un' armata tanto il genio che la fan teria seguiranno una linea di condotta unica ed uniforme. Non sarà una cosa facile perchè urteremo contro infinite suscettibilità, ma Pennella è uomo da far eseguire tutto quello che vuole e la cosa riuscirà.

SISTEMAZIONE DIFENSIVA

rFMENTO ARMATO PER MITRAGLIATRICI. APPOSTAMENTO IN CEMbiNJU

356 SUL MONTELLO

Volpago, 26 aprile 1918.

La nostra organizzazione, che viene chiamata « Sezione siste mazione difensiva », è ora completa e progredisce bene. Il ge nerale Marieni, non a torto, ha voluto che dipendesse dal comando genio deir armata. Jung ha organizzato nella filanda di seta Gobbato, a Volpago, un'officina completa per la costruzione degli appostamenti per mitragliatrice. Le forme per le gettate e le ar mature in ferro vengono costruite per serie come se si trattasse di una impresa industriale. Egli è l'elemento organizzatore e fa camminare le cose ; io mi occupo più della parte tecnica. Liti ghiamo continuamente e viviamo in perfetto accordo.

Questi appostamenti sono degli scatoloni di cemento armato e contengono 30 metri cubi di calcestruzzo e due tonnellate e mezzo di acciaio ognuno ; sono i pill-boxes degli inglesi e dei tedeschi, ma il tipo che adoperiamo è stato studiato e perfezionato da noi sul Piave, dopo Caporetto. Sono in grado di resistere senza fen dersi ad un colpo da 152 in pieno, e se n* è avuto la prova.

Tutti i pezzi delle armature e delle centine vengono costruiti in laboratorio, montati e numerati. Poi nel buio della notte questi pezzi (di cui alcuni pesano mezza tonnellata) vengono portati dai camions il più vicino possibile alla località scelta e da lì vengono trasportati a spalla o a traino, a traverso le trincee ed i reticolati, giù per le precipitose balze del Montello, spesso fin dentro alle acque stesse del Piave. Lì, nello scavo preparato per riceverli, vengono montati nell' oscurità più assoluta e, per poter ricono scere i pezzi, questi vengono numerati con anelletti di ferro che si possono contare con le dita. Il calcestruzzo viene me scolato lì sul posto, valendoci di ghiaia lavata a Montebelluna e adesso ne faremo venire persino dal Brenta, perchè quella del Piave non è abbastanza pulita. È un lavoro minuzioso, faticoso e lungo; occorrono almeno due settimane per completare una gettata.

SISTEMAZIONE DIFENSIVA 359

Ai primi chiarori che anrrurrziano Taiba. tulio il lavom vrene accuralamenle coperto con le reri di mascheramento e prunache cominci a farsi giorno, ogni persona deve essersi qualsiasi traccia dell'opera deve essere Lalità. dove sono mascheramenti natur^. ^ giorno. A volte scaviamo dei pozzi e delle gallerie e ne. nnfor ziamo gli sbocchi con potenti feritoie

Abbiamo ora quasi 1000 Mandelli eBiandrate sono incaricati dei avori ^co' ^3l!;: Chiappini, di 7^"- 7;!7;'/d;rMontelirL'u^ "ostro è a natori. d. quelli lungo 1 o incaricato della parte diVili. Gobb..., J.V. .1 1. con,.egni . dell. i.Wp.el.oone delie lotog» pilazione d'una grande carta topogra tracciamento dell- Mi occupo .pee..!".»» * " c delle eeccudoui d, .. •7'» No. «

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maggiore, ma chi sa se e q

Volpago, 21 maggio 1918. 1 gri 3 me di tro— 11 generale Pennella ^".vLione^ Vi era una grande varci oggi alle 8 ani. al campo^ j, (a folla di ufficiali. La mia a rivedere gli eroici fanti del 1. ,..d,..o e Uii «00. oo— ™.. u «ue,,.

Sief. Purtroppo sono rroasti p , ; ^^jiti ed i czeco-

slovacchi erano schierali

1 lancieri con i loro pennoncini guardavano da sopra alla testa della fanteria. Pennella fece un discorso veramente magnifico, pieno di forza e profondo sentimento. Poi chiamò gli aviatori e distribuì le medaglie, trovando qualche parola di lode per ognuno di essi. Jung ed io siamo rimasti meravigliati di ricevere un* altra medaglia, perchè non ce Taspettavamo, nè credevamo di meritarcela. Le medaglie sono state concesse da S. A. il Duca di Aosta e la motivazione verte sulla distruzione del ponte della Delizia, ma in fondo è una ricompensa che Pennella ha voluto darci per quanto abbiamo operato dal Faiti sino ad oggi, ed in tal senso ce la siamo forse meritata.

Quando mi parlò, mentre mi appuntava la medaglia al petto, sembrava commosso e la voce quasi gli tremava, ciò che mi emo zionò sino al fondo del cuore ; ed avrei voluto sapergli dire sino a che punto Jung ed io siamo sempre pronti a sacrificarci per lui.

Poi Pennella chiamò una signora vestita di lutto e le diede una medaglia per il figliuolo caduto. Per aria volavano gli aero plani e tutta la scena fu magnifica e piena di esultanza, come una promessa per il futuro.

Parlano sempre di un imminente attacco austriaco, ma noi altri sentiamo di essere pronti ora e che il nemico si romperà la faccia contro un muro; la faremo finita una volta tanto!

Volpago, / giugno 1918.

Ti scrivo in italiano per timore che le altre mie non ti siano giunte per essere state scritte in inglese. Ho poche, anzi nessun* ora per me stesso. Lavoriamo con tutta premura, ed ogni notte sto sulla sponda del Piave, al ponte della Priula. E un lavoro febbrile, intenso, estenuante, ma c* è il piacere di vederlo apprezzato e di poter chiedere ed ottenere i mezzi necessari. Abbiamo due chauffeurs e la nostra automobile viaggia giorno e notte. Abbiamo dodici autocarri e mille uomini e tutti lavorano come dannati.

SISTEMAZIONE DIFENSIVA 361

Sono stanco per la mancanza di sonno, ma godo ottima salute. Per ora, dato lo svolgimento . della situazione, non credo di poter tornare a Roma neppure per 48 ore. Non posso chiedere tale licenza alla vigilia, forse, di un attacco, e sarebbe per me una sofferenza essere via anche per tre giorni in questi momenti.

Volpago, 6 giugno 1918.

Qui si vive sotto rorgasmo di un'aspettazione continua e di un lavoro incessante; giorno e notte, e notte e giorno. A volte ci meravigliamo come si possa resistere alla pressione continua.

Ma lo spirito è ottimo, e spero che quando gli austriaci ci at taccheranno, romperemo loro il muso. Ogni tanto tra la truppa corre la voce che attaccheremo noi, e la sola idea anima tutti di entu siasmo. Se veramente attaccassimo noi, sarebbe una gioia per tutti.

Gli avvenimenti in Francia sono un incubo, di cui non ti ho mai parlato nelle mie lettere, come di cosa inutile. E impossibile che i tedeschi vincano, non deve essere e non vinceranno! Come diceva il. gen. Petitti, il soldato deve avere i para-occhi come un cavallo per vedere solo quello che gli sta davanti, e non deve pensare ad altro ; così facciamo noi.

Venire in licenza a Roma in questi giorni, è una impossibilità ; tu lo capirai per quanto ti rincrescerà. E impossibile moralmente e materialmente. Ho telegrafato a Roffy perchè mi mandi una pro cura generale da firmare e faccia lui per me quanto crederà meglio nella divisione dell'eredità. Se la divisione non si può fare senza di me, aspettate una settimana o due, forse tre, e appena il cielo si rasserenerà, filerò per Roma ; sono momenti in cui gli interessi personali sembrano perdere qualsiasi valore. Nessuno conosce il domani in tempo di guerra.

Volpago, 13 giugno 1918.

Con il lavoro che mi tiene incatenato giorno e notte, perdo completamente la nozione del tempo e non riesco a ricordarmi f

quando ti abbia scritto V ultima volta. Come saprai, ci aspettavamo un attacco austriaco da un momento all' altro ; adesso tutto è di nuovo vago. Ha piovuto a diluvi, e per qualche giorno il Piave sarà gonfio ed impassabile. La verità è che non si sa niente ; m ogni caso, se il pericolo di un attacco diventerà più remoto, io cercherò di venire a Roma per 48 ore per l'atto di divisione.

Sto bene, quantunque cominci ad essere un po' stanco di uno sforzo ininterrotto e senza tregua: la pressione è continua. Abbiamo concluso molto, e abbiamo la soddisfazione di vedere il nostro sforzo riconosciuto ed apprezzato, ma questo diventa a volte penoso. Viene una voglia matta di mettersi a sedere per mezz'ora e non far niente ; è penoso persino scrivere una lettera. Ci manca il sonno.

Poi vi è il continuo incubo di quello che accade in Francia; avve nimenti di cui si intuisce la gravità attraverso l'ottimismo dei giornali.

Questa sera tomo sul ponte della Priula. Prendo molto in teresse a questo lavoro, di cui mi occupo personalmente. La ese cuzione è affidata al tenente Mandelli, un ragazzo di 21 anni,, pieno di entusiasmo, intelligenza e coraggio. Non ti so ridire tutto quello che fanno i nostri ufficiali, ma posso assicurarti che in tutto l'esercito non vi è un reparto che dia un rendimento alto quanto il nostro. Non ti puoi immaginare le difficoltà tra le quali si lavora, nel buio pesto, sotto il tiro nemico e sotto la minaccia continua dell'attacco. Siamo decisi di lavorare sino all'ultima ora e ab biamo istruzioni esatte su quello che dovremo fare quando comin cerà il bombardamento.

Temo però che non riusciremo a finire queste ultime opere in tempo per l'attacco. Intanto le continuiamo come se aspettassero noi.

Vado a mangiare e parto ; fa buio pesto e piove.

/5 giugno 1918.

L'attacco è in pieno! Da tante notti ci dicevano che sta vamo per essere attaccati che quasi non ci si credeva più. Verso

L'ATTACCO AUSTFUACO 363

r 1.30 del mattino lasciai i lavori al ponte della Priula alla sor veglianza di Mandelli ed andai con l'automobile per Spresiano a Palazzon. Vi trovai Biandrate, che stava facendo mettere a posto le corazze d'acciaio, le quali debbono servire di copertura ad uno dei tanti appostamenti per mitragliatrici nell'argine del Piave.

Mentre Biandrate con il suo solito entrain dirigeva le ma novre, mi misi in piedi sull argine ad esplorare con il binocolo il greto del fiume. A breve distanza da noi un nostro riflettore gettava il suo fascio di luce abbagliante sul Piave e lo spazzava lentamente in tutta la sua lunghezza. Vedevo una nostra pattuglia accovacciata dietro alcuni cespugli, su uno degli isolotti, ed il fascio della luce si posò un poco su di essa ; si vedevano delle farfalle svolazzare come tanti pezzettini di carta bianca.

Alle 3 meno 5 minuti vidi ad un tratto, verso Conegliano, il rapido scintillio di una batteria che faceva fuoco accelerato ; entro lo spazio di I 5 secondi lo scintillio si propagò lungo tutto il fronte nemico, dai monti al mare, sicché la pianura diventò una sola massa di fiammate tremolanti, una specie di immane incendio. Mi voltai a Biandrate e gli dissi: — « Faccia ritirare gli uomini, ecco il bombardamento .' » — Non avevo finito di parlare che passò sulla nostra testa l'avanguardia dello stormo di proiettili, un orda di mostri aerei che emettevano un coro di sibili e lamenti. Era un ululato continuo, feroce, crudele che veniva dall'alto, dal buio del cielo stellato e, senza mai rallentare, sembrava invadere ogni luogo. I nostri ordini erano precisi: appena cominciato il bombar damento, tutte le squadre del reparto cementisti dovevano riunirsi a Volpago, caricare il macchinario sui camions e mettersi a disposizione del comando genio dell'armata. In conseguenza Biandrate ed io adunammo le squadre vicine e po. andammo su, lungo 1 ar gine del fiume, per riunirci alla squadra d. Jung, che doveva tro varsi a circa un chilometro da noi. Lo sciame di proiettili conti nuava a passare sibilando sopra la nostra testa senza un secondo di sosta, ma neanche un colpo veniva a cadere in tnncea; tutto

il fuoco era diretto a circa un chilometro dietro la linea per sbarrare r accorrere dei rincalzi. Vedevo i bravi fanti uscire dai ricoveri per andare ad accovacciarsi sul ciglio dell'argine e fare capolino sul Piave. Intanto guardavo verso Spresiano ove andavano a cadere i proiettili, ma non ne vedevo le vampate nè udivo le esplosioni, per cui feci osservare a Biandrate che si trattava evidentemente di uno sbarramento a gas, forse di Iprite. Dopo mezz'ora tro vammo Jung, il quale aveva riunite le sue squadre e si discusse sui da fare. Dove eravamo noi non arrivava un colpo ; lì dietro era l'inferno ; d'altra parte con le maschere potevamo traversare lo sbarramento a gas, mentre tra poco l'argine sarebbe battuto a granate. Decidemmo di tenerci strettamente agli ordini e di par tire subito per Volpago. Io che ho 1 olfato acuto mi misi in testa alla colonna. Camminammo un poco così nel buio, quando sentii l'acre odore dei gas lagrimogeni. Ordinai che si mettessero tutti le maschere ; ma con la maschera sul viso ed al buio non si vedeva assolutamente più niente e si camminava come se fossimo bendati. Dopo aver girato mezz'ora tastoni, si fece il vago chiarore dell'alba e potemmo procedere più celermente e con più ordine.

Eravamo entrati nella zona dello sbarramento a gas e si sentivano i proiettili arrivare a stormi, proprio addosso, ma non c erano esplosioni; solo il tonfo del proiettile e delle piccole detonazioni. Presso Spresiano si sentivano crollare i tetti e cascare le pietre dalle case, colpite dai proiettili muti e, quando uno di essi ci cadeva molto vicino, ci buttava addosso la terra e Ì sassi. 11 bom bardamento fu molto denso ed i proiettili dovevano passarci vi cinissimi; sembravano rasentare il capo. Se fossero stati a esplosivo invece che a gas, non sarebbe passata anima viva!

Biandrate con quel suo spirito indomabile e sereno, ogni tanto prendeva un grande respiro e poi si alzava la maschera e dava ordini come se fossimo in una marcia solita. La prima cosa che gridò fu: — « Per due e avanti Savoia! » — A tanta calma si raffermò l'animo dei soldati.

L'ATTACCO AUSTRIACO 365

Da Spresiano in poi ci levammo la maschera dagli occhi, a volte respirando col tubo, a volte senza, perche il gas sembrava dare poca noia. La mia preoccupazione più grande era di sapere se avessimo potuto fare un ora di marcia continua senza toglierci la maschera, e perciò Jung ed io imponemmo un passo molto lento anche nel più folto dello sbarramento, Povegliano non si avevano ancora notizie di Mandelli e delle sue squadre. Andammo avanti a Volpago dove, un poco a piedi, un poco in camions, arrivavano le squadre; per telefono ci fu annunziato che Chiappini e Mandelli erano arrivati ai loro accantonamenti e man mano quasi tutte le squadre dal ponte di Vidor a Palazzon, su trenta chilometri di fronte, cominciarono ad affluire verso Volpago. Non avendo notizie di alcune sulla Mar ginale del Montello, furono mandati dei porta-ordini che sono scomparsi; credo siano stati uccisi dal fuoco di sbarramento; quella all' appostamento N. 4 del Montello non si è mai più ritrovata; pare sia prigioniera.

Già gli austriaci sono a Giavera ; le notizie non sono buone, anzi pessime. Vediamo arrivare gli ardili bersaglieri in camions e partire a rotta di collo verso Giavera. Cantano e sono pieni di entusiasmo.

Verso sera si incammina il nostro reparto di cementisti: sono più di 600 e formano una lunga colonna che stenta un poco a partire. Le donne di Volpago ci guardano atterrite con un'espressione di disprezzo, perchè credono che sia la ritirata di Caporetto che ricomincia, onde io non posso fare a meno di dire ad una che mi guardava; — « Non scappo mica via, io torno qui! »

16 giugno 1918.

Jung suo fratello Aldo ed io ci stamo presentati al generale Pennella per ricevere ordini. Nella mattina stessa i due fratelli sorio mandati al Montello come ufficiali d. ricognizione e come guide

ai battaglioni che vanno in linea, io sono tenuto a disposizione e mordo il freno. Le notìzie sono pessime.

giugno 1918.

Mi ha chiamato il generale Pennella e mi ha dato V ordine di partire subito per tracciare e costruire immediatamente una linea, che da Casa del Vescovo presso Montebelluna vada a collegarsi alla linea di Venegazzù per chiudere la lacuna che esiste verso Caonada, in previsione che il nemico riesca a sfondare la « linea di corpo d armata » verso strada N. 10 e fare irruzione verso Montebelluna. Debbo lavorare in cooperazione alla IV^ Zona e mi manderanno due battaglioni del genio. Chiamo Biandrate e partiamo.

18 giugno 1918.

Mentre percorro la linea per determinare 1* andamento della trincea e distribuire le sei compagnie del genio, Biandrate si quin tuplica nella sua attività e fa distribuire i materiali lungo la me desima linea. Tracciare e costruire diventa un'operazione contem poranea e verso sera si vede già un accenno di difesa.

19 giugno 1918.

Lavorano tutti come anime dannate ed in 48 ore la linea sara chiusa da un forte ordine di reticolati ed in istato di difesa. Lassù sul Montello infierisce la battaglia e la linea oscilla avanti ed indietro, si deforma, si rompe e si ricompone. Si sono tutti sperduti in quel labirinto delle doline, italiani ed austriaci, e regna grande confusione, ma si sente che resisteremo. Cominciamo a sperare di ributtarli nel Piave.

Sulle retrovie regna un ordine meraviglioso: non vi è ingombro ne confusione; tutto procede con una calma serena, ed intanto arrivano cannoni sii cannoni dalle riserve e dalle montagne, dove

il nemico è già stato respinto. Gran parte di queste batterie ven gono a piantarsi in mezzo ai campi dove lavoriamo noi (persino nel giardino della mensa di Qonada) ed, appena piantata la coda per terra, alzano il muso e sputano fuoco.È incredibile la quanUtà di colpi che sparano, ed il rumore delle detonazioni dà il mal di testa.

Biandrate ed io ci siamo accantonati al molino del Brentellone di Biadene. Il lavoro progredisce molto bene, ma comincio a sentire che non servirà più. Infatti hanno già creduto di enticare il tracciato senza avere mai visto il terreno; ora quando un lavoro viene sottoposto alla critica, vuol dire che non ha più importanza vitale. Ciò non m'impedisce di costruire la linea esat tamente dove so che dovrebbe essere.

Non è facile immaginare il volume di fuoco che ora parte dai piedi del Montello per devastare la striscia di terreno occupata dagli austriaci. Gli aeroplani si vedono passare in stormi conUnui a bombardare e mitragliare; lì sul Piave e lungo la ^eve essere un vero inferno. Ho trovato un cannone da 149 che s affondava nella terra molle e sono andato a Volpago a prendere. travi necessari per costruirgli una piazzuola. 11 ten. Galli e rima r, per evacuare i nostri magazzini. Presso Sovilla la lotta continua furiosa. Tornano molti feriti. Ho visto Guido ed Aldo Jung che L canari dallo sforzo continuato; la loro azione e stata -rperchò conoscono tanto bene quel labirinto del Montello.

23 giugno 1918.

. -1 . .ol Paleologo che passava in automobile tutto

Abbiamo vinto una grande ba agi . 24 giugno 1918.

■ ò ritirato il nemico. Jung ed io abbiamo chiamato i .li «sii- """■

il fronte dell Vili' armata per ispezionare i nostri appostamenti in cemento armato per mitragliatrici e determinare se avevano resi stito e funzionato. Noi due e Chiappini siamo andati per strada N. IO a casa de Faveri e poi lungo la Marginale. La lotta è stata atroce ed il terreno è sconvolto dalle cannonate. Quello che mi ha impressionato di più è la Marginale che serviva di strada di arroccamento al nemico: è diventata impassabile, perchè ad ogni dieci metri è stata colpita in pieno. Deve essere stato un vero inferno II, e quello che si vede ci racconta il dramma. Ovunque si trovano carretti rovesciati, cavalli sven trati e cadaveri ungheresi stesi a terra o caduti nei cespugli, al fianco della strada. Il fetore delia morte è insopportabile. Non parlo di nastri di mitragliatrice, bombe a mano, fucili, elmi, ecc. che SI trovano seminati ovunque uno vada. Sul greto del fiume, in mezzo ad un isolotto, vediamo alcuni austriaci e cerchiamo di farli uscire con le buone e con le cattive, ma essi si rifiutano di saltare fuori della loro buca.

Gh appostamenti hanno retto bene, anche quelli che sono stati colpiti in pieno, ma purtroppo hanno servito poco. La mas sima parte di essi sono stati aggirati e la nebbia artificiale, che ha adoperato il nemico, ha tolto la visuale. Esso è passato alle Campagnole di Sopra ed alle Campagnole di Sotto, per i due punti cioè che non erano ancora stati fortificati con appostamenti in cemento armato, ed ha quindi tagliato fuori il saliente di Falzè di Piave con una tenaglia. Ma con tutto ciò il nemico non avrebbe dovuto passare.

25 giugno 1918.

Ieri Biandrate andò dalla Priula a Palazzon per ispezionare il settore assegnatogli. A Palazzon trovò che il tenente di ca valleria Odetti, avendo cercato di traversare il Piave con una pattuglia, era rimasto scavalcato vicino alla sponda nemica del fiume. Con due volontari Biandrate è uscito di pieno giorno sul

greto e dopo avere traversato vari filoni giunse a quello prin cipale, ma non fu in grado di traversarlo perchè la corrente lo strascinava via di viva forza. Del resto, il tenente Odetti gli gridò che non era in grado di traversare a nuoto. 11 nemico, il quale si era accorto subito di questo tentativo di salvataggio, battè i. tre bravi ragazzi con shrapnel e, mitragliatrici per oltre un'ora. Biandrale è tornato nudo e tremante dal freddo; ha perduto buona parte dei suoi vestiti. A Povegliano il Conte di Torino si è congratulato con lui ed io cercherò di fargli avere una ricom pensa. Si meriterebbe già mezza dozzina di medaglie per quello che ha fatto in questa guerra.

Volpago, 2 agosto 19/8.

1 nostri lavori dal ponte della Priula a Palazzon sono ora ultimati, dopo essere rimasti interrotti per IG giorni dalla batta glia. Mi sono occupato specialmente di quelli dei ponti che erano affidati a Mandelli, mentre Biandrate ha eseguiti quelli dell'argine verso Palazzon sotto le direttive di Jung.

AI ponte della strada 1*appostamento è stato fatto nella ghiaia di riporto della rampata stradale e ci è voluto del bello e del buono per tenere lo scavo aperto, perchè la ghiaia correva come sabbia asciutta. Il risultato è stato che la buca aveva sei metri di diametro ed ha richiesto un mascheramento laborioso per. ce larla agli occhi degli aeroplani. Ci siamo serviti di grandi telai metallici, sui quali veniva asperso uno straterello di ghiaia e delle reti di mascheramento. II camouflage era buono, tant'è vero che una volta, prima dell'alba, una pattuglia che rientrava dal greto è cascata dentro a questa trappola, e non ti posso ridire quanto -e quale sia stato il linguaggio profano che ne è venuto fuon da parte dei cementisti per il danno fatto e da parte degli arditi per districarsi dalle reti.

Al ponte ferroviario della Priula il lavoro è originale: proprio nella prima spalla del ponte abbiamo incastrato due appostamenti.

Fotografia d'aeroplano dei ponti della Priula.

di cui uno batte a monte ed uno a valle. Questo lavoro, che è molto in vista, ha richiesto uno studio speciale del mascheramento, e dai lati dove erano le feritoie ho dovuto mantenere le appa renze del ponte, facendo costruzioni fìnte di legname e tela che imitassero la muratura e le ringhiere. Tale camouflage ha preso adesso un'importanza grandissima, ed i nostri soldati ne hanno capito il valore e l'utilità e ne hanno cura personalmente.

Degli altri appostamenti si occupa principalmente Jung, perchè buona parte del mio tempo è stato preso dal tracciamento e dalla costruzione delle due grandi linee di difesa, cioè quella che dal Monte Salder si estende al Montello e l'altra nuova, che dalla Montagna Grande si estende a Biadene passando davanti a Montehelluna. Ora queste opere rimangono affidate alla IV Zona, ed io potrò occuparmi di più degli appostamenti sul Montello.

Dolina degli imboscati r,. IO agosto 1918.

II nostro nuovo lavoro si estende dal saliente di Falzè a Ner vosa, e per la maggior parte consiste in appostamenti per mitragliatrici sul greto dei Piave o ai piedi del balzo roccioso del Montello. Abbiamo avuto difficoltà di trovare gli accampamenti per le nostre squadre e per gli ufficiali, perchè non vi è un punto che il nemico non batta più o meno di continuo. Chiappini si e stabilito presso la strada N. 3 in una valle presa d'infilata dal l'artiglie;ia e si trova abbastanza male. Mandelh e Biandrate si sono andati a stabilire in tre doline a Fontana Chiara, a breve distanza dalla prima linea.

Ogni tanto per due o tre giorni vado da loro a quella che chiamano la « Dolina degli imboscati » perchè piena di rubinia e di alberi; sarebbe piacevole il rimanervi se non vi fosse grande umidità. Come tranquillità lascia però a desiderare, perche dalla mattina alla sera è una sinfonia di colpi, che girano sopra la testa e molti ne arrivano vicini, ma proprio dentro la dolina

non ahhiamo ancora avuto nessun danno. Solo 1 altro giorno e entrata una granata da 77 nella dolina dove stanno le squadre di Mandelli. Il proiettile ha traversato la blindatura di un ncovero ed è andato ad internarsi tra due soldati che dormivano per terra, senza esplodere. Questo si chiama avere fortuna!

Non ti posso raccontare tutti gli episodi e gli incidenti, perche sono tanti ed occorrono così di frequente che la memoria quasi li confonde in uno solo.

La sera, prima dell'imbrunire, partono le squadre m modo da essere sulla strada della Marginale appena fa notte, e noi altri ufficiali le seguiamo poco dopo. Ieri sera parti, con Blandiate ed il mio attendente Quagliotti e trovammo presso casa Saccardo le squadre che aspettavano ed i muli che caricavano cemento Da h al dirupo del Montello è una breve distanza. Sul ciglio del di rupo, ov'è il reticolato di prima linea, stanno le vedette di ^ardia ai varchi. 11 curioso è che la maggior parte dei nostri lavon è ora fuori della prima linea, anzi davanti alle vedette avanzate, acche ad ogni momento dobbiamo dare la parola d'ordine. Scesi con Biandrate all'appostamento N. I, che si trova incastrato tra due enormi massi di roccia caduti nel Piave, e le fondazioni sono immerse proprio nell' acqua. i - ■ i i

Una pattuglia stava 11 vicina a guardia de. nostn lavori, la schiena appoggiata contro il salto a picco d. Casa Saccardo. Ho voluto passare lungo questo dirupo per armare alle ampa- I di Sotto camminando lungo la stretta scarpata d. terra che 1 J- ' dall'acqua del fiume. Pare che una sentinella -f" ■' j X udantai abbi. gSd.,. ii % Tp!! ri... d.«...... -

r W ... d'un, buiub. . m.n. jaBl. » ■»» bl.» non lo schianto d ti dico gli improperi che sali quel balzo roccioso appostamenti del tipo solito . dntl'r:"1 il "

CAMPAGNOLE DI SOTTO

grande banco roccioso di casa Saccardo. Queste caverne hanno servito agli austriaci di posto di medicazione e di comando du rante la battaglia del giugno. Sono ancora piene di ogni grazia di Dio: cartucce, elmetti, panni sporchi e garze insanguinate, fu cili, pugnali, sacchi di terra, sassi, fango e porcherie simili. Lo sca vare lì dentro sprigiona un tanfo a volte insopportabile ma, quando avremo finito, saranno dei veri fortilizi invulnerabili. Il solo incon veniente è che sono degli avamposti a corpo perduto e bisogna trovare dei mitraglieri di acciaio per tenerceli.

Alle Campagnole sparano poco con la mitragliatrice, ma c'è un cannoncino da 37 mm. che rompe le scatole in un modo serio. E detto « lo Schizzetto » ; fa un sibilo acuto e poi una piccola detonazione seguita dal miagolio delle schegge. Non si sa mai dove abbia voglia di colpire, e credo non lo sappiano neppure gli artiglieri nemici, i quali sparano a caso sul grande ripiano cespuglioso delle Campagnole tanto per darci molestia. Del resto fa poco danno.

Con Quagliotti sono tornato verso le 3 del mattino. Regnava la calma e solo in distanza sentivo il rumore dei nostri camions che rietravano nei parchi per la Marginale, dopo avere scaricato i loro sacchi di ghiaia a casa Saccardo. Non ho mai capito come riescano a viaggiare al buio pesto, su quella strada piena di buche di granata; ma ci pensano i sergenti e la cosa cammina... almeno il più delle volte, perchè non mancano naufragi.

Sono tornato con Quagliotti, dicevo, passando per strada N. 3, camminando piano piano, nel buio più assoluto, perchè le acacie e le rubinie ai due lati della strada la chiudono sotto una vera volta di fogliame. Poi per un viottolo che serpeggia tra le doline, a traverso altre boscaglie, sono arrivato alla nostra dolina degli imboscati e, bevuta una tazza di caffè, mi sono addormentato. Nel semisonno ho sentito Mandelli e Biandrate che rientravano ; poi r abbaiare di una mitragliatrice vicina, che spara a tiro indiretto per animare il traffico notturno sulle strade austriache.

Alle otto il sole, che filtrava per i crepi della baracca dise gnando tanti bastoncini dorati, ha svegliato in me la solita lotta tra la ferma decisione di voler continuare a dormire e la voglia di alzarmi perchè fa giorno.

Sentivo Galli di fuori, con la sua voce in falsetto, che cercava di parlare sottovoce ad alcuni soldati che attendevano ai lavori della sistemazione della dolina, delicatamente e cercando di non fare troppo rumore. Devi sapere che Galli e « gran maestro di campo, ministro degli approvvigionamenti », ed ha anche cura dei nostri sonni.

Intanto con il sorgere del sole era ricominciata la solita sinfonia di proiettili loro e nostri, che si andavano incrociando sulle doline, ora lontani, ora vicini; qualche volta anche troppo vicini. Uno ci si abitua e non ci pensa più, ma in fondo in fondo all'animo rimane sempre una incertezza, un sospetto, T allarme allo stato potenziale, cioè il senso di preservazione o di paura, come chiamar si voglia, che sembra dire Cave!

Con quei sospetto non si dorme profondamente, a meno di non essere stanco morto, e non so neppure se anche in questo caso si riesca a sottrarsi all'incubo.

Verso le nove e mezzo intesi uno sbadiglio semicircolare e dall'accento riconobbi Biandrate; si scambiano saluti a traverso le partizioni della baracca e così, poco a poco, si torna tutti m vita e si fanno le visite, con scherzi o commenti poco benevoli sul nemico. i • i r i- i

All'aperto il sole splende; volano aeroplani; le foglie lucci cano per la pioggerella caduta la notte II fondo della dolina è un poco papposo e si cammina in pantofole facendo gli equ.libnsti sulle punte dei sassi. • j n

Sono le undici e mezzo e si presenta il quesito della mensa.

La mensa è sempre un quesito, perchè s. suppone che parta da Volpago alle 10.30 (il che a volte non si verifica), ma non s. sa mai quando arriverà.

372

Nella vita militare si e arrivata a stabilire la regola che verso mezzogiorno si debba mangiare, e perciò in tutti i paesi del mondo è invalsa ora la moda di cominciare, dalle undici in poi, a sparare sulle strade per disturbare le corvées del rancio. Questo fa parte dei precetti delia guerra moderna. Per conseguenza anche la nostra mensa subisce le incertezze del momento: a volte rimane bloccata con tutto il camioncino ; a volte si va a rintanare in un elemento di trincea e rimane li, sicché la pasta è diventata colla ; a volte subisce un violento processo di scuotimento dentro le ceste, mentre viene trasportata a passo di corsa ed a saltoni, con il risultato che si stabiliscono delie promiscuità ne' generi alimentari; a volte arriva in tempo, a volte non arriva affatto.

Ma insomma oggi è arrivata in orario e ci siamo seduti in tomo ai tavolino, mentre uno degli attendenti riportava alla luce le vivande tiepide ed un poco appiccicose. Il soldato, che aveva portato la mensa, stava fuori ad asciugarsi la fronte ed a sorridere, perchè per abitudine questi trasporti si fanno sempre con una certa vivacità.

Dopo mangiato si fuma, si chiacchiera e si scrive, come sto facendo ora io, e poi si dorme ancora, perchè la dormita della mattina non basta quando si lavora tutta la notte.

Eccoti la vita in dolina ; questa sera ricomincia Io stesso ciclo con quelle varianti in più o in meno, che dettano il caso ed il ne mico. Una ottima nottata di lavoro è quando si riesce a fare con molta fatica e con non poco rischio della pelle quello che, nella vita ordinaria, costituirebbe tre ore di lavoro alla luce del sole.

P. S. — Pochi giorni or sono, mentre giravo con una pat tuglia di arditi ne! Grave di Ciano (immaginati, vogliono che costruiamo un appostamento in cemento armato ad un chilometro fuori dei reticolati 11), mi fu accennato per caso che durante la mattinata gli aeroplani nemici avevano gettato in quella località un messaggio riguardante Ignazio Trabia. L'indomani Aldo Jung è partito in automobile per rintracciare questo messaggio attraverso

CAMPAGNOLE DI SOTTO 375

i vari comandi: non conteneva purtroppo che vaghe indicazioni di alcune tombe di aviatori italiani. Gli aeroplani ci danno ora molta noia di notte anche a Volpago.

l^olpago, 14 agosto 1918.

Questa mattina Jung ha accompagnato il colonnello Cadetti, sotto capo di stato maggiore dell'armata, a vedere i lavori alle Campagnole di Sotto. La cosa è andata benissimo sino ad un po' prima dell' alba, quando il nemico ha aperto una musica in grande stile e per due ore di seguito le Campagnole sono diven tate il posto più interessante del Montello. Jung n' è rimasto molto soddisfatto, perchè il colonnello è un soldato in gamba ed ha potuto constatare de visa et de facto che non è vero, come vorrebbero far credere alcuni, che noi cementisti ci siamo fode rati un nido con foglie di rosa. Se da una parte siamo un poco esigenti in materiali ed uomini, e forse un poco troppo indipen denti, dall'altra parte stiamo eseguendo dei tours de force tecnici in località e tra difficoltà tali che per compierli bisogna essere proprio un po' matti. Del resto S. E. Caviglia ci sta trattando da vero gentiluomo.

Ì7 agosto 1918.

Ho ricevuto inaspettatamente l'ordine di passare a disposi zione del Ministero delle armi e munizioni ; credo che mi vogliano mandare in America, ma mi rifiuterò perchè non voglio lasciare 1* Italia sino a che non avremo vinto.

Mi rincresce di allontanarmi da Jung e dai compagni e di abbandonare la nostra bella organizzazione; ma, dopo tutto, i nostri lavori hanno perduto ora quell'autonomia e quella vastità di concetto che avevano al tempo del generale Pennella; comincio a sentire che perdo interesse nel lavoro: sarà forse la stanchezza dopo tre anni di sforzi continui e ho bisogno di riposo.

Ai primi di settembre mi ammaliivo per esaurimento gene rale ed ero ancora in convalescenza quando la vittoria di Vittorio

Veneto metteva fine alla nostra grande e giusta guerra.

INDICE DEI NOMI DI PERSONE

Agnesa,Comm.Giacomo e Donna

Calista Lovatelli: 135. Alessandnni, Soldato Nazzareno, attendente: 14, 19, 30, 38, 42, 57.

Amici, leggi De Amicis.

Anichini, Ten. Generale Carlo: 109, 1 15, 122, 123, 129, 133, 134, 144, 154, 155, 196, 204, 209.

Angelo [Guidi], capocaccia di Fogliano: 273.

Antonino [MarafìcoJ, chauffeur dell'autore: 333.

Apraxin, Contessa: 213.

Arrivabene, Contessa Vera Papadopoli: 334, 348.

Augostin, Marco, prigioniero au striaco: 297.

Baldwin. Mrs.: 104, 1 18.

Baracca Maggiore Francesco:305.

Bardin, Capitano Eugenio: 100, 103.

Bartoli, Capitano Fortunato di: 252, 255.

Bartolucci, Capitano: 41, 42.

Barucchi, Capitano: 292, 300.

Benini, Tenente: 90.

Bernini, Tenente: 69.

Biandrate,Ten.Evasio:356,359, 363.364.366.367,368,369. 370. 371, 372, 373.

Boccaccini, Maggiore Mario: 205. Bodrero, Colonnello Alessandro: 129.

Boisio, S. Ten. Bruno: 107. 110, 117, 129, 131, 134, 136, 139, 142, 143, 144, 145,146, 147, 148. 151. 152, 154, 157, 159, 170, 171, 178.254,260,268, 281,282, 28'4, 285,309,315. 316, 326, 327, 328, 331. Bonaccini,Aiutante battaglia:300, 301, 302.

Bonfioli, Bruno; vedi Boisio. Bonlìolì, Fratelli: 110. Boni, Comm. Giacomo: 125.

Borghese, Principessa Anna Ma ria: 346, 347.

Borghese, Don Marcello: 13. Borghese,Principe Scipione:340, 346.

Borghi, Capitano Ettore : 294, 296.

Boselli, S. E. Paolo: 272. BrusilofF, Generale: 294.

Brussi, Generale Roberto: 339, 340. 341.

Cabibi, S. Ten. Alberto: 45, 49.

Caccia, Tenente: 131.

Cadorna, Generale Luigi: 168, 177,205.225, 287,293, 306.

Caetani, Duchessa Ada: 87, 94, 96. 101, 104, 1 18, 125, 157, 172. 180, 188, 192, 209,216, 220, 224,254,286,299,324, 325, 333, 346.

Caetani Grenier, Baronessa Giovannella: 48, 99, 174.

Caetani, Don Leone: 12, 18, 24, 26. 34.68, 72. 76, 78,86,87, 1 18, 119, 121, 173, 176, 186, 187, 188, 189, 190, 192, 193, 195, 198, 207. 349.

Caetani, Don Livio:96, 104, 113, 119.135. 173, 186, 204, 263.

Caetani, Donna Margherita Chapin: 99.

Caetani. Don Michelangelo: 18, 34, 76. 121, 134, 173, 257, 258.268,273, 279, 284,285, 287,289,291,293, 297,298, 300, 305, 322.

Caetani, Don Roffredo: 26, 52, 87, 99. 141, 172, 176, 181, 189. 192, 202. 361.

Caetani, Donna Vittoria Colon na : 202.

Caniglia, S. Ten. Vincenzo: 14, 16, 17. 58.

Canori,Tenente Mario: 232, 233.

Capironi, Tenente: 57.

Cappello, Tenente: 65.

Cappuccini S. Ten. Bruno: 150, 155, 156.

Carletti,Colonnello Ottorino: 375.

Carmagnola, S. Tenente: 136.

Cénosi, Capitano Vincenzo: 51, 52. 56, 57, 58.

Carpi, Tenente Generale Vitto rio: 93.

Casati, Capitano Camillo: 177.

Castagnola, Gaetano: 292.

Castellani, Sergente: 58, 170.

Caviglia, Ten. Generale Cesare: 375.

Cervelli, Professore Raffaello: 33.

Chiappini, Tenente Alfredo: 263, 268, 285, 294, 296,297,314, 322, 356, 359,365,368,370.

Colamoneri, Soldato Giuseppe: 56.

Colapietro, Soldato Antonio, at tendente: 56, 92, 93, 182, 190, 202,224,230,235, 240, 248, 252.

Coppari, Ten. Colonnello Fran cesco: 352.

Crociani, Colonnello Tomaso: 171, 173, 174, 186.

De Amicis, Tenente: 56, 60, De Angelis, S. Ten.: 100, 123, 158.

De Bemardis, Magg. Generale Nicola: 84, 86, 100, 121, 124.

DeirAquila, Tenente Bruno:332.

Del Signore, Tenente 292.

Desenzani, Maggior Generale Giacomo: 227, 232.

De Vio, Capitano: 191.

D'Ippoliti, Ten. Colonnello Edoardo: 108, 121, 124, 158, 162, 203, 205, 206.

INDICE DEI NOMI DI PERSONE 379

Ebner, Capitano austriaco: 65, 190, 191.

Faccini, Colonnello Cesare: 20, 21, 25, 264, 271.

Falchi, Maggiore: 278. Falcone, Generale Antonio: 349. Felici, Soldato Romano: 121, 126.

Ferraguti, Capitano Guido: 251, 252,254, 255,261,262,267, 270, 283, 294, 307.

Ferrari, Tenente: 315, 356. Fettarappa, Capitano: 157. Fiore, Sergente ; 159. Fiorina, Capitano: 147. Florio, Comm. Ignazio: 227. Foch, Generale: 262. Francesetti, Contessa Hilda: 104, 118.

Frotier, Generale: 233.

Gabri, S. Ten. Carlo: 77, 80. Galamini, Capitano Alberto: 100. Calassi, S. Tenente: 271.

Galli, Tenente: 367, 373.

Gambelunghe, Soldato Giovanni, attendente: 248. Garibaldi, Tenente Ezio: 236, 237.

Garibaldi, Ten. Colonnello Pep- pino: 26. 33. 35,40.44.45. 46. 47. 48. 49. 52. 57. 62. 64. 65. 66, 67. 68. 69. 70. 79.85, 92. 93.96. 123. 130. '44. 184- , Garibaldi. Capitano Sante: Ib, 27. 30. 62.

Garrone. Colonnello: 262.

Gatta.S.Ten. Federico: 22. I 149, 150. 155. 156. 157.

Genovese, Generale: 124. Giordana, Capitano Tullio: 51, 230, 234, 235.

Girolamo [Ceccato], cameriere del Duca On. Caetani: 87, 120.

Glubb, Generale del Genio, ar mata inglese: 351.

Goncourt, Generale de: 262. Grazioli, Magg. Generale France sco: 342.

Gr«i2Ìoli, Stanislao: 220, 234, 324.

Grimaldi Casta, Tenente Ro dolfo: 13. 76, 83. 95, 107, 110. 117, 129. 131,134, 139, 143, 144, 145,146, 148, 154. 157, 159, 162,179,189, 190, 198, 199, 202,203,207,209, 212,217,219,222,224,229, 232, 240,241.244,247,248, 249,254, 290,293.

Guerzonì, Tenente: 350, 356. Jung, Capitano Aldo: 365, 367, 374.

Jung, Capitano Guido: 247,249, 289, 290, 293,298,308,309, 316,322, 323.328,334,335. 336,338,341,342,343,344, 345,348,351,354,355,358, 359,360,363,364,365,367, 369,370,375.

Kitchener, Lord: 172.

Laghi, Soldato Giovanni, cuoco: 173, 229, 247.

Larini, Caporale: 173.

Lecce, Soldato: 84.

Leoncini, Generale Oreste: 251, 258, 259, 262.

Leone,[Wilbraham, Hon.]:213.

Loliini, S. Ten. Alberto: 58, 95Lori, Conte: 343, 344, MacClure, corrispondente del Times: 297.

Magda: vedi Papadopoli. Maggio, Tenente Giovanni: 144, 146, 158, 159. •

Malvezzi, S. Ten.: 84, 86, 187. Mancini, Ten. Colonnello Er nesto: 333.

Mandelli, Tenente Guido: 359, 362, 363, 365, 369, 370, 371, 372,

Mandello, S. Ten.: 313.

Marieni, Ten. Generale Giovanni Battista : 352, 358. Marinelli, Tenente Alfredo: 66. Marinoni,Capitano Umberto: 147, 149.

Marietti, Sergente: 48, 163. Marsili, Tenente Carlo:230, 233, 242, 247.

Mazzei, Tenente: 300.

Mazzoni, Prof. Gaetano: 1 15. Medici del Vascello, Marchese Luigi: 1 18.

Menozzi, Soldato: 175, 183. Mozzetti, Maggiore Vincenzo : 114, 115, 137, 146, 164. Monneret de Villard, Capitano Gian Luigi: 19.

Mussi, Tenente: 69, 70. Neri, Maggiore Alberto: 188. Nicotera, S. Tenente: 12. Nosaià,Tenente Adone: 157, 188. Odetti di Marcorengo, Tenente Paolo: 368, 369. Opelisano,Capitano Giovanni: 19.

Orbi, Soldato Michele: 118. Orsi, Tenente Mario: 279, 299, 309.

Paleologo, Ten. Colonnello Giu seppe: 336, 344, 367.

Pandolfini, Maggiore Fausto: 57.

Papafava, Contessa Maria: 135.

Patrizi, Marchese: 173.

Pennella, Ten. Generale Giu seppe: 328, 335, 336, 339, 341.344, 345, 350, 351,354, 355.356,359. 360, 361.365, 366. 375.

Perelii, Ten. Colonnello Ippolito: 101. 134, 148.

Pescarolo, Maggiore Daniele: 340, 341.

Petitti di Roreto, Generale Carlo: 221,227,228, 230,231,232, 245, 246,249, 289,290,293, 307, 308.310,316. 327, 328.

Petracchi, Colonnello Aurelio: 17, 94.

Piantoni, Soldato Primo: 121, 126.

PÌQ.trosanti, Sergente Giuseppe: 122, 145. 159. 182, 184.

Pignalosa, Capitano: 230, 231.

Porro, Generale Carlo: 262.

Potenziani,Principessa MagdaPa padopoli: 348.

Puddu, Tenente: 222,230,233, 247.

Quagliotti, Soldato Secondo, at tendente: 252,257, 293,310, 312,317. 343,371,372.

Ramadori, Dott. Cesare, archi vista di Casa Caetani: 78, 87, 92, 93, 96, 220, 333.

Rickard, Mr. T. A.: 172.

Riggi, Maggiore Virginio: 124.

Rizzi. Tenente: 359.

Robilant. Ten. Generale di: 99, 134, 152, 156, 187.

Robilant, Contessa Daisy Francesetti di: 333, Roffi, Generale: 152, 177.

Ronco. S. Ten. Carlo: 19, 71, 72, 80, 85.

Ruffo di Calabria, Capitano: 305.

Sarri, Colonnello Alberto: 299, 314, 322, 328. 329, 350.

Savoia, S. A. Emanuele Fili berto di, Duca d'Aosta: 262, 307, 323, 344, 360.

Savoia, S. A. Vittorio Emanuele di. Conte di Torino: 369.

Scheibler, Contessa Ernestina: 292.

Sebastianis, Capitano Lorenzo: 68, 76, 90, 121, 123, 171, 177,211,224. 238, 240, 242.

Sinigaglia, Capitano Oscar: 308, 309, 310, 316, 322, 323.

Sozzani, Capitano: 339.

Strata, Tenente: 300.

Tamajo, Maggiore: 221, 231, 232.

Tarditi, Colonnello Giuseppe • 187.

Todini, Tenente Carlo Alfonso: 157, 164, 167.

Trabia, Principe Ignazio: 249 374.

Trerotoli. Dottore: 42, 64.

Trevisi, S. Ten. Giovanni: 58. Vai varo, Capitano Giorgio: 327.

Vacca Maggiolini, Colonnello Ar turo: 339, Vecchi, Dottore: 20, 23, 30. Venturi, Cap. Magg.: 53, 138. Verdinois, Ten. Generale Gu glielmo: 115, 134.

Woodall,Tenente armata inglese: 229.

Zoppola, Tenente Pietroandrea: 277. 292,300,301.302,303, 304.

Zucchi, S. Tenente: 12.

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