Anno 1 Numero 2 - II/2006
IL GENIO E LA SCINTILLA a cura di Giancarlo Roversi
LA LUCE FUORI DAL TUNNEL Francesco Campione
MODELLO DI HOSPICE IN ITALIA Danila Valenti
R I O S O M M
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E D I TO R I A L E
HOSPICE: UNA STRUTTURA COMPLESSA di Vera Negri Zamagni
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A L L E O R I G I N I D E L N O S T RO C A M M I N O : C E S A R E M A LTO N I
IL GENIO E LA SCINTILLA a cura di Giancarlo Roversi
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P RO G E T TO R I V I V E R E
LA LUCE FUORI DAL TUNNEL di Francesco Campione
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I L M O D E L LO D I H O S PI C E I N I TA L I A
LAVORO D’EQUIPE E FORMAZIONE PERMANENTE di Danila Valenti
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R I F L E S S I O N I E R I C E RC H E
LA REALTÀ DEGLI HOSPICE IN ITALIA di Paola Lanzarini e Antonio Danieli
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L A N O S T R A S TO R I A
COM’È NATA L’ASSOCIAZIONE AMICI di Vera Negri Zamagni
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EV E N T I
“BEL FIOR TI VOGLIO” di Sara Simonetti
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R AC C O LTA F O N D I : V E R S O N U OV E S T R AT E G I E
COMUNICARE PER ESISTERE di Nicola Bedogni
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DICONO DI NOI
a cura di Sara Simonetti
HOSPES Periodico della Fondazione Hospice MariaTeresa Chiantore Seràgnoli Onlus Anno 1 Numero 2 - II/2006
Redazione Fondazione Hospice MariaTeresa Chiantore Seràgnoli Onlus via Marconi 43/45 - 40010 Bentivoglio (Bo)
Direttore Editoriale Vera Negri Zamagni
Progetto grafico Carré Noir
Direttore Responsabile Giancarlo Roversi
Stampatore Grafiche Damiani S.r.l.
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Fotografie Fabio Alvisi, Vincenzo Pinto, Getty Images Per informazioni Tel. 051 271060 segreteria.amici@hospiceseragnoli.org Autorizzazione del Tribunale di Bologna n. 7434 del 1 giugno 2004
EDITORIALE
HOSPICE: UNA STRUTTURA COMPLESSA... ma Hospes ve la farà conoscere meglio Carissimi lettori, questo secondo numero di HOSPES raccoglie contributi che esemplificano quanto complessa sia la struttura di un Hospice degno di tale nome. Alcuni interventi chiariscono che vi sono vari modelli di Hospice e che dunque meditata deve essere la scelta su quello che appare più adatto ad un certo contesto sociale e culturale. Altri articoli mostrano le importanti attività collaterali che le esigenze di un Hospice inducono: dall’aiuto psicologico all’elaborazione del dolore e del lutto alle attività di sostegno finanziario e culturale, dall’espressione di gratitudine verso un’istituzione come l’Hospice, che si concretizza nel dono di tempo ed expertise varie, alla organizzazione di corsi di formazione per il personale medico ed infermieristico. Questa complessità può sorprendere se non si va alla sua radice. Poiché l’obiettivo di un Hospice non si esaurisce nell’offerta di Cure Palliative, ma deve ambire a praticare il rispetto della dignità della persona ammalata e dei suoi cari in momenti di particolare difficoltà, quando le certezze quotidiane vengono messe in discussione, allora non bastano un letto e qualche medicina, ma occorre un ambiente accogliente e sereno, una solidarietà espressa nelle maniere adeguate, una “simpatia” nel senso etimologico del termine (patire insieme), una professionalità spiccata ed efficace esercitata in un lavoro di gruppo coordinato, una profonda cultura della vita. Tutte queste qualità non sono purtroppo generalmente coltivate nella misura desiderabile e per questo il lavoro che l’Hospice MT.C. Seràgnoli svolge si propone come un modello da ulteriormente elaborare con l’aiuto di tutti per poterlo perfezionare ed offrire a chi sta cercando ispirazione e suggerimenti per intraprendere o migliorare iniziative analoghe. Ci auguriamo che HOSPES ci possa dare una mano importante per diventare non solo il canale informativo dell’Hospice MT.C. Seràgnoli, ma un luogo di confronto e di proposta. Vera Negri Zamagni*
* Presidente dell’Associazione Amici dell’Hospice MT.C. Seràgnoli
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ALLE ORIGINI DEL NOSTRO CAMMINO: CESARE MALTONI
IL GENIO E LA SCINTILLA a cura di Giancarlo Roversi In tutte le grandi imprese umane c’è sempre una scintilla che dà l’abbrivio a una serie di azioni più o meno complesse. Una scintilla che, come in una reazione a catena, col coinvolgimento di più protagonisti, porta alla realizzazione di nuove realtà destinate a dischiudere nuovi fecondi orizzonti sia sotto il profilo sociale che scientifico. È questo il caso emblematico della Fondazione Hospice MariaTeresa Chiantore Seràgnoli Onlus. La scintilla creatrice è quella scoccata nell’intuito di un genio (absit adulatio verbis!) della medicina, Cesare Maltoni. La convinzione di perseguire la creazione di un Hospice anche in Italia era maturata fin dal 1991 dopo alcune visite compiute dal grande oncologo bolognese negli Hospice francesi e in quelli del Regno Unito. Potendo contare sulla munifica sensibilità della famiglia Seràgnoli, Cesare Maltoni ebbe come primi compagni di viaggio, Enzo Zacchiroli, Fiorella Belpoggi e Marco Campari, i tre “padri fondatori”dell’Hospice bolognese. Enzo Zacchiroli, l’architetto cui fu affidata nel 1997 la progettazione, si è sempre schermito affermando di “aver messo sulla carta l’Hospice che Cesare Maltoni aveva più volte percorso nella sua mente”. Fiorella Belpoggi, biologa, assistente di Maltoni presso la Fondazione Ramazzini, ha partecipato tra il 1999 e il 2000 al lavoro relativo alla scelta degli arredi e delle attrezzature dell’Hospice, in stretto confronto con Isabella Seràgnoli. Da parte sua Marco Campari della KPMG Sanità ebbe l’incarico di redigere tra il 1999 e il 2000 un business plan. Per conoscere la filosofia di fondo che ha portato alla creazione dell’Hospice MariaTeresa Chiantore Seràgnoli e per cogliere dal vivo le vibrazioni che agitavano l’animo del suo ideatore, Cesare Maltoni, lasciamo la parola ai tre protagonisti di questa grande “avventura”. Fiorella Belpoggi, Fondazione Europea di Oncologia e Scienze Ambientali “B. Ramazzini”. “Sa dottoressa, ieri è venuta da me Isabella Seràgnoli, e ha detto che il progetto le piace!”. Gli occhi di Cesare Maltoni brillavano, era euforico e non riusciva a stare sulla sedia. Spostò di colpo tutte le carpette colorate che erano sul tavolo di lavoro, prese alcuni libri in cui aveva scritto più di dieci anni prima il suo pensiero sull’assistenza agli ammalati di cancro in fase avanzata, mi mise davanti un pacchetto di fogli bianchi e disse: “Scriva! L’Hospice MariaTeresa Chiantore Seràgnoli di Bentivoglio”. Il lavoro di quel pomeriggio e quello di tanti altri che seguirono è stato più volte pubblicato. Quello che io posso testimoniare in modo originale è l’entusiasmo con cui tentava
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di rappresentarmi con un semplice disegno, l’edificio a stella che aveva visto a Brookhaven e che era così semplice e razionale, il verde, la palestra e, mentre parlava, mi pareva già di vederlo all’opera. Era lo stesso entusiasmo che avevo colto nei suoi occhi per altri grandi progetti della Fondazione Ramazzini, dalla ricerca di base al Castello di Bentivoglio, al Registro Tumori, alla Sorveglianza Oncologica negli anziani: tutti riusciti. Questo dell’Hospice era l’ultimo tassello. “Perché noi, dottoressa, dobbiamo occuparci di quei settori dell’Oncologia che tutti gli altri disattendono; che cos’è l’Oncologia oggi? È solo la terapia contro il cancro. Noi dobbiamo fare prevenzione e, là dove le terapie non hanno avuto successo, dobbiamo offrire dignità al malato, perché non subisca né l’accanimento né l’abbandono terapeutico. Dare vita ai giorni, non solo giorni alla vita”. E ancora:” Molti mi accusano di essere di parte, e accuseranno anche voi che mi seguite; è vero - dobbiamo sostenere - che siamo di parte. Dalla parte dei più deboli!” Non era una scintilla, ma un vulcano. Enzo Zacchiroli, architetto. Mi è vivissimo il ricordo di Cesare Maltoni, cui ero legato da amicizia e profonda stima. Diverse le occasioni d’incontro non solo per la costruzione dell’Hospice. Proprio per questa inedita realizzazione per l’Italia facemmo un viaggio di studio con meta a Parigi e a Londra onde visitare altri edifici con analoghe finalità. Aveva già nella mente un Hospice ben differente da
ALLE ORIGINI DEL NOSTRO CAMMINO: CESARE MALTONI
Marco Campari, Senior Advisor KPMG. Ho incontrato Cesare Maltoni nell’estate 1999 in occasione dell’assegnazione a KPMG dell’incarico di assistere la Fondazione Ramazzini nella progettazione organizzativa e nell’analisi economica dell’Hospice MT.C. Seràgnoli. La genialità dell’uomo mi colpì fin dal nostro primo incontro: voleva un Hospice a Bologna, quando di Hospice si stava iniziando a parlare a livello nazionale. Possedeva una vasta conoscenza dei modelli internazionali ed, in particolare, di quelli inglesi, ai quali si ispirava per realizzare una struttura che fosse di eccellenza per il livello dell’assistenza polispecialistica fornita, del supporto psicologico al malato, ma anche per la luminosità ed il colore degli ambienti. Per tutto ciò si è battuto con l’enorme entusiasmo che lo ha caratterizzato nelle più diverse manifestazioni della sua vita. La dimensione del suo ingegno mi è stata trasmessa dalla semplicità e naturalezza con la quale sviluppava idee complesse e progetti innovativi. Non solo un noto scienziato ricercatore ma anche un medico che vedeva nell’assistenza al malato il vero ed ultimo fine della missione che si era dato.
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quelli visitati: il suo doveva integrarsi nella natura e avere nelle prossime vicinanze un ospedale per ogni evenienza. Contornati dalla campagna bolognese, i malati, dalle loro camere a due letti, avrebbero potuto accedere ad un giardinetto in cui andavano sistemati comodi lettini. La natura, poi, andava ad inserirsi anche tra i tre bracci delle degenze che convergevano in un unico spazio polifunzionale, d’accoglienza, d’incontro per gli ospiti e per i loro piccoli intrattenimenti. La serenità che voleva infondere negli ammalati fu ricercata anche nella scelta di colori solari e da un arredo per nulla ospedaliero. Oltre a questo spazio comune egli volle una sala di meditazione, di preghiera e di raccoglimento aperta a tutte le confessioni. Molti altri furono i suggerimenti come, ad esempio, un luminoso spazio dedicato alla ergoterapia affinché i pazienti potessero coltivare i loro interessi e si sentissero attivi. La progettazione è stata l’occasione di conoscerci a fondo. Ne ho potuto apprezzare la sensibilità, la rapidità nel mettere a fuoco le soluzioni più efficaci e il rapporto critico che egli aveva con l’esistente. In ogni situazione lo stato d’animo degli ammalati era per lui un fattore prioritario. Ho il grande rimpianto che egli non abbia potuto vedere l’edificio completamente realizzato e funzionante. Comunque, anche in questo campo, la sua intelligenza e apertura mentale ha lasciato una profonda traccia che verrà certamente percorsa dai suoi allievi.
PROGETTO RIVIVERE
LA LUCE FUORI DAL TUNNEL Francesco Campione*
La maggior parte delle persone che hanno subito un lutto in famiglia per morte naturale o per morte traumatica, non hanno la possibilità nel nostro paese di essere supportati in modo competente secondo i loro bisogni specifici e personali. Il “Progetto Rivivere” vuole colmare questa lacuna e consiste nell’organizzazione di una Rete nazionale di aiuto psicosociale per le persone in lutto. Nella nostra città questa rete ha tre antecedenti storici: I. Il Servizio di aiuto per le persone in lutto operante presso il Dipartimento di psicologia dell’Università di Bologna; II. Il Servizio di aiuto alle famiglie in lutto operante presso l’Hospice MT.C. Seràgnoli; III. L’attività socio-culturale dell’Associazione RIVIVERE. Grazie alla collaborazione tra questi tre attori è ora operativa a Bologna la prima maglia di questa rete di aiuto. Essa prevede il seguente percorso assistenziale: 1. Tutti coloro che hanno avuto un lutto possono usufruire del “Servizio di supporto psicosociale di base gratuito” attuato tramite un intervento di counseling specifico. Questo servizio fornisce per circa due mesi: a) Un’assistenza gratuita di tipo psicologico mediante gli psicologi preparati dall’Università di Bologna (tramite il Corso di Alta Formazione nell’assistenza di base nel lutto naturale e traumatico); b) Un’assistenza gratuita di tipo psicosociale grazie ai volontari dell’Associazione RIVIVERE preparati ad hoc.
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Si è rilevato tramite l’esperienza quadriennale del servizio di aiuto al lutto operante nell’Hospice MT.C. Seràgnoli che: a) il 30% delle famiglie in lutto hanno bisogno di un aiuto di base; b) nell’80% circa di questi casi il supporto psicosociale di base è sufficiente per superare la crisi del lutto e prevenirne blocchi, distorsioni o conseguenze patologiche; 2. Tutti coloro che dopo il supporto psicosociale di base avessero bisogno di un intervento psicoterapeutico più approfondito (circa il 20%) possono usufruire del Servizio di aiuto al lutto operante presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Bologna con un duplice vantaggio: a) la continuità terapeutica consentita dal poter esser presi in carico dalla medesima équipe di psicologi; b) l’accessibilità economica di un servizio pubblico. Ovviamente, in tali casi, coloro che sono nell’impossibilità di pagare, saranno seguiti gratuitamente dagli psicologi del “Progetto Rivivere”. La prima tappa di questo percorso assistenziale (il servizio di supporto psicosociale di base gratuito) è stata resa possibile nella nostra Città dalla Fondazione Isabella Seràgnoli che ha messo a disposizione gratuitamente una sede adeguata per svolgere il servizio. È così delineato il modello di collaborazione del Progetto Rivivere: - Una Fondazione Privata operante nel sociale che fornisce le risorse (o aiuta a reperirle) per un servizio gratuito; - Un’Associazione Culturale e di Volontariato a vocazione solidaristica che organizza il servizio; - L’Istituzione Universitaria che organizza un’offerta formativa specifica sottraendo l’iniziativa ai rischi dell’improvvisazione e assumendosi la responsabilità di assistere a costi contenuti coloro che hanno bisogno di qualcosa di più che un’assistenza di base. Si tratta naturalmente di uno sforzo e di una collaborazione che andranno estesi anche ad altri interlocutori quando si passerà dalle decine di famiglie attualmente seguite all’assistenza di tutte le famiglie che hanno diritto ad essere aiutate (ogni condominio ha almeno una famiglia in lutto!). Come dimostra ciò che è accaduto allorché negli ultimi mesi i mass media hanno ampiamente parlato del Progetto Rivivere (Articolo sulla Repubblica nazionale; lancio agenzia ADN Kronos; interviste su RAI Uno e RAI Tre e su rotocalchi di diffusione nazionale come “Donna Moderna”, Inaugurazione ufficiale del Progetto Rivivere a Bologna con la presenza del Sindaco e delle altre autorità cittadine, nonchè dei rappresentanti istituzionali di tutte le categorie sociali e produttive, ecc.).
PROGETTO RIVIVERE
Le moltissime chiamate ricevute da tutta l’Italia e da Bologna (grazie al tam tam spontaneo e agli invii delle istituzioni sanitarie, dei medici di medicina generale, degli assistenti sociali) hanno infatti mostrato che il “Progetto Rivivere” sembra essere la risposta giusta al grave problema sociale dell’abbandono in cui versano la maggior parte di coloro che hanno un lutto e lo devono elaborare in assenza di risorse personali e/o sociali. È anche per questo che l’Associazione Rivivere si propone di collaborare a tutto campo con tutte le Istituzioni (pubbliche e private) assistenziali e sociali della Città. Per favorire questa integrazione con la rete di servizi già esistente, il “Progetto Rivivere” ha fondato e sta organizzando una Scuola di Formazione Psicologica per il Volontariato che, in collaborazione con l’Università e il Centro di Servizi per il volontariato (CSV), individui un percorso formativo in ambito psicologico trasversale alle varie offerte di aiuto solidaristico e suscettibile di fornire loro un terreno comune di confronto. Sono inoltre avviati contatti con enti e istituzioni di altre città per estendere il servizio psicosociale del Progetto Rivivere. Le prossime iniziative del “Progetto Rivivere” sono:
I. La realizzazione di un servizio on line di counseling per il lutto che mira a venire incontro alle numerose richieste di aiuto che arrivano da tutto il Paese. Ciò, naturalmente, finché i contatti avviati con tante altre città italiane non consentano di estendere il “Progetto Rivivere”; II. La realizzazione di un servizio specifico per l’aiuto ai bambini in lutto per la morte di un fratello o di un genitore, per colmare una lacuna grave nel nostro sistema assistenziale; III. L’apertura in posizione centrale nella città di Bologna di un “walk in point”, un punto di ascolto e di consultazione a cui accedere senza appuntamento, corrispondendo così alle esigenze di tutti coloro, e sono tantissimi, che hanno difficoltà a farsi aiutare quando hanno un lutto; IV. Un’attività culturale specifica (pubblicazione di un “Giornale del lutto”; istituzione del “Premio Rivivere”), per promuovere una cultura dell’aiuto alle persone e alle famiglie in lutto e fornire gli strumenti culturali necessari per “aiutarsi da sé” in tutti casi in cui è possibile senza un aiuto professionalizzato, cioè con una “buona educazione al lutto”.
* Professore in Psicologia Clinica alla Facoltà di Medicina dell’Università di Bologna.
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IL MODELLO DI HOSPICE IN ITALIA (prima parte)
LAVORO D’EQUIPE E FORMAZIONE PERMANENTE Danila Valenti* Il lavoro in Hospice richiede una nuova forma mentis, una profonda modificazione del tradizionale approccio di cura e una nuova impostazione del modo di curare. Imparare a “prendersi cura” di un persona affetta da una malattia da cui non guarirà richiede un modello formativo diverso da quello richiesto per imparare a “curare” una malattia. Imparare a “prendersi cura” di un persona viene appreso razionalmente nei momenti formativi formali, di lezione classica frontale, ma appreso emotivamente nella quotidianità del lavoro, grazie al lavoro d’équipe. Per questi motivi in Hospice il modello organizzativo contiene in sé il modello formativo di base. • Cosa fare, ma anche come fare. • Cosa dire, ma anche come dire. • Cosa fare, ma anche cosa non fare. • Capire cosa facciamo per noi, per fare comunque qualcosa, e cosa invece facciamo per la persona, per il malato, per il suo vero bene e benessere, per la sua vera qualità di vita. • Capire come le nostre parole, i nostri sguardi, i nostri atteggiamenti sono letti dal malato e dai suoi familiari, e possono aiutare, supportare, ma anche offendere e ferire (la comunicazione verbale e non verbale). • Imparare ad utilizzare al meglio la terapia del dolore secondo le modalità proposte dalla Scala a tre gradini dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ma anche imparare come si rileva il dolore in una persona, quando si esacerba e come si modifica, contro quale tipo di dolore dobbiamo agire (nocicettivo, viscerale, neuropatico, misto…..) ma anche come chiedere ad una persona del suo dolore. • Conoscere la fisiopatologia degli altri sintomi che compromettono la qualità di vita nella fase critica della malattia (la nausea persistente, l’affanno respiratorio, l’inappetenza, la stanchezza profonda) per trovare le soluzioni cliniche, farmacologiche, assistenziali, più efficaci in quello specifico momento della storia della malattia ma anche della storia della persona. • Fornire gli strumenti conoscitivi, culturali, razionali ed emotivi per poter distinguere ciò che veramente è utile per il malato da ciò che in realtà è inutile, per poter riconoscere il farmaco veramente innovativo dal farmaco di recente introduzione, “di moda”, più costoso ma non per questo più innovativo e più efficace. • Imparare ad usare gli esami strumentali, gli esami radiologici, gli esami ecografici, per ciò che effettivamente possono dare come contributo per modificare una terapia che realmente può migliorare la qualità di vita, per distinguerli da quelli che ven-
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gono proposti o richiesti per prendere tempo con i familiari, per sedare il loro ma anche il nostro senso di impotenza, il bisogno di fare qualcosa pur di fare. • Capire come, talora, richiedere una TAC rappresenta la risposta più “facile” quando il Familiare chiede con sguardo disarmato “e ora, cosa si fa? non facciamo nulla?”, ma sicuramente non la più efficace nel dare un vero aiuto. Se la TAC già sappiamo che non potrà che ribadire ciò che già conosciamo della malattia, e che non potrà dare alcun contributo nella impostazione della terapia, richiedere la TAC non rappresenta ancora una volta il tentativo di eludere il problema, di prendere tempo? Prendere tempo ma anche perdere tempo, tempo utile, prezioso, invece per aiutare il familiare ad avvicinarsi ad una verità, ad una realtà che accadrà anche se la si nega. • Imparare a non essere sopraffatti dalla rabbia di un malato o di un familiare che attraverso l’aggressività manifestano la difficoltà o l’impossibilità di accettare l’inguaribilità della malattia. • Imparare a legittimare questa rabbia, a riconoscere che non è contro di noi anche se apparentemente è rivolta a noi, e che come “sintomo” della malattia ha diritto di esistere come esiste il dolore o l’occlusione intestinale, e che pertanto richiede una
IL MODELLO DI HOSPICE IN ITALIA (prima parte)
Questi sono alcuni degli obiettivi formativi che i medici, gli infermieri, gli operatori socio sanitari, gli psicologi, i fisiotera-
pisti in Hospice devono raggiungere per poter assicurare la migliore qualità di vita possibile ai malati di cui si prendono cura e ai loro familiari. Per raggiungere questi obiettivi la formazione del personale non può limitarsi ad episodiche anche se intense esperienze formative, ma necessita di un pregnante contatto con la quotidianità. È nel quotidiano che si impara ad analizzare qualunque sintomo, qualunque disagio del malato, globalmente. Ciascuna valutazione professionale, separatamente offre un punto di vista fondamentale ma parziale, che si completa e diventa quindi utile per il malato, quando si confronta con le altre. (continua nel prossimo numero)
* Direttore Medico Hospice MT.C Seràgnoli 9
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strategia di intervento come qualunque altra manifestazione di sofferenza. • Imparare a riconoscerla come tale e a “impostare la cura”. Sia nel malato che nel familiare. • Imparare a non indulgere alla moda o all’efficentismo ma a perseguire sempre l’efficace. E se perseguire l’efficace è chiaro nei suoi passaggi quando l’efficacia si misura in una guarigione o nella riuscita di un intervento chirurgico, più complesso risulta “misurare” l’efficacia quando l’obiettivo è la qualità di vita di una persona a cui la vita sta sfuggendo.
RIFLESSIONI E RICERCHE
LA REALTÀ DEGLI HOSPICE IN ITALIA Paola Lanzarini e Antonio Danieli
Quanti sono gli Hospice in Italia? Sono sempre più numerosi quelli che si pongono la domanda, a mano a mano che queste istituzioni altruistiche vanno crescendo e assumendo un’importanza e un ruolo inimmaginabili fino a non molto tempo fa. Purtroppo non è stato finora possibile offrire una riposta precisa basata su una rigorosa rilevazione. Anche nei convegni scientifici i dati forniti appaiono abbastanza approssimativi sia per effetto che per eccesso. I dati attualmente disponibili sono infatti stati aggregati principalmente sulla base di segnalazioni spontanee e sull’autocertificazione delle strutture stesse, risultando quindi incompleti e tra loro tendenzialmente disomogenei. In sostanza quella che manca è una panoramica chiara e sfaccettata sugli Hospice attivi nel nostro Paese. Una panoramica a 360 gradi capace di fornire informazioni aggiornate e soprattutto attendibili in ogni risvolto scientifico, logistico, organizzativo e gestionale. È una lacuna di non poco conto perchè si tratta di far luce non solo sulla quantità dei servizi offerti dalle diverse realtà, ma in particolar modo sulla loro qualità. Già da qualche anno la Rete Italiana delle Cure Palliative sta vivendo una progressiva fase di espansione, grazie ad una maggiore sensibilità della pubblica opinione e ad una più elevata attenzione da parte delle istituzioni centrali e regionali. Una legge del 1999 aveva destinato oltre 200 milioni di euro per la realizzazione di nuovi Hospice e Centri Residenziali di Cure Palliative, molti dei quali di recentissima o imminente inaugurazione.
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Anche l’attuale Piano Sanitario Nazionale relativo agli anni 2006-2008 ha posto l’attenzione sulla tendenza a un ulteriore sviluppo delle Cure Palliative e sulla necessità che questa fase evolutiva avvenga senza scompensi e nel rispetto di precisi canoni di riferimento. Manca però tuttora una visione chiara e organica non solo sulla situazione esistente ma anche sulle sue prospettive dinamiche. In quest’ottica la Fondazione Isabella Seràgnoli e la Fondazione Floriani, due delle realtà private italiane che si sono impegnate maggiormente su questo fronte, hanno deciso di offrire il loro concreto supporto alla Società Italiana di Cure Palliative (SICP) per arrivare all’identificazione e rilevazione di tutti gli Hospice e le Strutture Residenziali di Cure Palliative operanti in Italia. L’iniziativa, che si avvale del Patrocinio del Ministero della Salute e della collaborazione di Fondazione Nomisma Terzo Settore (FNTS), ha come obiettivo la pubblicazione del primo “Libro Bianco sugli Hospice i Italia”, la cui uscita è programmata entro l’estate del 2007. La seconda fase del progetto prevede invece un’analisi più approfondita dei diversi modelli organizzativi, gestionali, giuridici ed economici di un ristretto campione di Hospice e Centri Residenziali di Cure Palliative. E ciò al fine di confrontarne gli assetti, di estrapolare le migliori pratiche e di valutare e conoscere meglio il livello di integrazione di tali strutture con la rete dei servizi sanitari e socio-assistenziali dei loro territori di riferimento.
LA NOSTRA STORIA
COM’È NATA L’ASSOCIAZIONE AMICI Vera Negri Zamagni continuare a supportarne la missione, ma anche di persone che semplicemente condividono gli scopi e i metodi dell’Hospice e sono convinte della necessità di spendere parte del loro tempo per una causa giusta come questa. Le sue attività sono finalizzate soprattutto a far crescere nella nostra comunità bolognese la conoscenza dell’Hospice e la cultura della condivisione. Infatti, se si diffonde la consapevolezza che esiste un’istituzione che offre i servizi di cura che tutti vorremmo avere perché si tratta di servizi di qualità giusta, allora sarà più facile far comprendere che occorre contribuire personalmente perchè tali servizi continuino ad esistere e si estendano anche ad altre istituzioni analoghe, non solo nel bolognese. Ma per attirare l’attenzione di un ambiente distratto da mille attività e spesso dimentico del fatto che l’Hospice fornisce un tipo di assistenza di cui tutti potremmo avere bisogno è necessario inventarsi iniziative di richiamo. Ed ecco l’Associazione Amici che promuove incontri presso l’Hospice, che si associa ad eventi musicali, che attraverso qualcuno dei suoi membri o dei suoi consiglieri anima partite di scacchi o gare di golf. Nel primo numero di Hospes abbiamo dato conto del più importante fra gli eventi finora promossi dall’Associazione Amici con la Cineteca di Bologna, ossia la prima del film restaurato “La ragazza con la valigia”, alla presenza di Claudia Cardinale e del suo partner di allora. Nel programmare e realizzare queste attività, l’Associazione ha sempre cercato di adottare alcuni principi guida. Innanzitutto, l’evento deve essere di qualità, perchè richiami nel suo stesso stile lo stile dell’Hospice. Inoltre, i partner dell’evento sono scelti fra coloro che abbracciano la filosofia del dono e offrono la loro collaborazione volontaria, perché riteniamo che non sarebbe coerente chiedere di contribuire alla causa dell’Hospice e utilizzare invece una parte consistente dei contributi ricevuti per pagare le spese dell’evento. L’evento deve trovare il modo di autofinanziarsi, per lasciare affluire le offerte del pubblico direttamente all’Hospice. Ci auguriamo che l’Associazione Amici possa allargare la sua membership e contare anche in futuro su persone creative, che ci sappiano suggerire idee nuove per dare un sostegno all’Hospice, ma soprattutto ci auguriamo che i membri dell’Associazione siano capaci di testimoniare con la loro collaborazione la gratitudine della comunità bolognese per chi ha ideato l’Hospice e per chi lo anima quotidianamente.
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Per comprendere perché è nata l’Associazione Amici dell’Hospice MT.C. Seràgnoli occorre una premessa culturale articolata che potrebbe sembrare pretenziosa, ma si rivelerà invece indispensabile. La civiltà europea ci ha abituati da molti secoli a contare sulla solidarietà organizzata dei membri di una comunità (poi di una nazione) per affrontare molteplici rischi della vita, non connessi ad attività liberamente scelte, come la malattia, gli infortuni sul lavoro, la disoccupazione, oltre alla vecchiaia. Inizialmente, questa solidarietà si è espressa a livello volontario, con il conferimento di beni di privati ad ospedali, istituti per orfani ed anziani, educandati. Quindi sono nate le Società di Mutuo Soccorso, che praticavano il self-help. Più recentemente, il potere pubblico è intervenuto, organizzando sistemi di welfare, le cui coperture sono diventate sempre più universali fino ad identificare veri e propri “diritti” in campo sociale a fronte di contribuzioni obbligatorie. Concentrandoci sul diritto alla cura, che è quello che qui ci interessa, va sottolineato che è stato troppo facile nell’affermarlo dimenticare due fondamentali questioni: a) le cure assorbono risorse materiali sempre crescenti, a causa dell’aumentare delle scoperte scientifiche e terapeutiche, ma non altrettanto crescenti sono le contribuzioni, configurando un gap tra prestazioni desiderate ed entrate disponibili; b) le malattie e la morte sono accompagnate da gravi dolori fisici e morali che richiedono ben più delle risorse materiali per essere adeguatamente affrontati, necessitando soprattutto di una cultura e di una formazione alla condivisione. È dunque diventato urgente prendere atto che per offrire cure efficaci e dignitose occorre mobilitare risorse materiali, culturali e morali maggiori di quelle che il sistema di welfare oggi in funzione assicura. Se questo è vero in generale, un gap particolarmente grave si è oggi evidenziato sul fronte delle Cure Palliative e dell’assistenza a malati che possono essere curati ma non guariti. L’Hospice MT.C. Seràgnoli si è proposto nella sua stessa concezione iniziale come un esempio di istituzione che andava nella direzione giusta, ma la sua sostenibilità implicava che coloro che l’avevano concepito non restassero isolati e trovassero il sostegno di persone che condividevano la consapevolezza che il vero welfare non può essere lasciato solo allo Stato, ma deve essere complementato dalla partecipazione a vario titolo di persone sensibili alla qualità e dignità della vita. Ecco dunque da quale background è nata l’Associazione Amici dell’Hospice MT.C. Seràgnoli. L’Associazione è fatta di persone che hanno sperimentato i servizi dell’Hospice e che intendono
EVENTI
“BEL FIOR TI VOGLIO” Sara Simonetti Il Giardino del Centro di Formazione e di Ricerca in Cure Palliative, situato presso l’Hospice MT.C. Seràgnoli a Bentivoglio, ha ospitato il 28-29 ottobre la prima edizione di “Bel fior ti voglio”, Mostra Mercato di Piante Rare e Frutti Insoliti. L’iniziativa nasce dal desiderio di valorizzare e promuovere varietà di piante antiche ed insolite, frutti e prodotti tipici anche a Bologna, sull’esempio di eventi simili organizzati in altre regioni come: “Due giorni per l’Autunno” nel castello di Masino in Piemonte, “Murabilia” a Lucca e “Giardini in Fiera” a San Casciano (FI) in Toscana. L’evento, patrocinato dal Comune di Bentivoglio e organizzato dall’Associazione Amici dell’Hospice MT.C. Seràgnoli a sostegno dell’attività dell’Hospice, ha visto la collaborazione di importanti esponenti del settore quali l’architetto Paolo Pejrone e l’architetto Franco Riviera dell’Accademia Piemontese del Giardino. Nata come progetto pilota per successive edizioni future, la mostra, aperta al pubblico e ad offerta libera, ha registrato un grande successo grazie ad una buona affluenza di pubblico e ad una soddisfacente raccolta fondi, interamente devoluti all’Hospice. Si è potuta così consolidare l’idea iniziale di trasformare “Bel fior ti voglio” in un appuntamento fisso annuale capace di crescere e svilupparsi nelle successive edizioni e divenire un punto di riferimento nel nostro territorio per il pubblico appassionato di prodotti floreali rari ed antichi. Percorrendo i due giorni della mostra, i visitatori hanno trovato accanto a una ricca varietà di piante rare e un’ interessante esposizione di frutti antichi, la possibilità di acquistare accessori per il giardinaggio, composizioni botaniche con fiori pressati, bulbi, saponi a base di oli vegetali per la persona e per l’ambiente, prodotti artigianali di terracotta e arredi da giardino in ferro battuto. Gli espositori, in rappresentanza delle regioni Lazio, Veneto, Toscana, Lombardia, Emilia Romagna hanno potuto proporre, al vasto pubblico intervenuto, prodotti davvero interessanti come la particolare collezione di Iris portata dal Vivaio Guido
RINGRAZIAMENTI
È stato possibile realizzare questa prima edizione di “Bel fior ti voglio” grazie al sostegno ed alla preziosa collaborazione offerti da tutti i volontari, i fornitori, gli organizzatori, ma soprattutto dal numeroso pubblico intervenuto.
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Degl’Innocenti di Firenze, le oltre 100 fra specie e varietà di frutti antichi ormai scomparsi esposte da Flora 2000 di Budrio: dalla Mela Campanina, di origine modenese, alla Limoncella utilizzata un tempo per le torte, dalla Pera Volpina che era usanza essere consumata cotta con castagne e vino rosso, alle coloratissime varietà di melograni. O ancora il Vivaio Garbuio di Treviso che ha presentato una delle più antiche e rare specie del mondo: il Wollemi Pine, conifera risalente all’età della pietra creduta estinta 90 milioni di anni fa e riscoperta nel 1994 in un burrone profondo e isolato del Wollemi National Park, Parco Naturale Australiano. Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito web www.belfiortivoglio.it
RACCOLTA FONDI: VERSO NUOVE STRATEGIE
COMUNICARE PER ESISTERE Nicola Bedogni
La delicata missione sociale che l’Hospice MT.C. Seràgnoli promuove, e il modo in cui viene perseguita, rappresentano indubbiamente i principali punti di forza da trasmettere e da valorizzare agli occhi della Comunità. Proprio per questo i nostri sforzi si stanno concentrando principalmente sulla creazione e sullo sviluppo di STRUMENTI COMUNICAZIONALI all’altezza delle esigenze del nostro tempo; informare i cittadini non solo per attrarli incisivamente nella nostra realtà, ma anche per sfatare alcuni pregiudizi che ancora falsano la giusta percezione della natura stessa dell’Hospice e di quella delle Cure Palliative. Il primo passo in questa prospettiva di più ampio respiro è rappresentato dalla pubblicazione di un periodico per dare voce a quanti intendono portare un contributo dal vivo della loro esperienza scientifica, pratica o semplicemente umana. Un medium, lo stesso che prende corpo in queste pagine, oggi soltanto semestrale, ma con l’obiettivo di aumentarne presto la cadenza. La seconda azione si identifica con la creazione di un sito internet: un punto di riferimento affidabile e di facile accesso per tutti i nostri interlocutori. Un ruolo certamente stimolante rivestono anche gli incontri e i dibattiti divulgativi sulle Cure Palliative e sul movimento Hospice. Ultima ma non ultima la realizzazione di materiali promozionali, quali leaflet e brochure personalizzate, per offrire alla collettività una puntuale informazione sull’utilità sociale dei servizi 13
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La raccolta fondi rappresenta per ogni istituzione uno dei problemi più delicati e cruciali, specie per quelle che operano nel campo delle ONLUS. Si tratta infatti di individuare e mettere in campo una complessa serie di relazioni e di “sensibilizzazioni” dirette a creare nuovi fecondi rapporti e a consolidare quelli già esistenti. Rapporti tra due precise realtà: da un lato, nel nostro caso, l’Hospice e, dall’altro, quanti, sia come semplici cittadini che come protagonisti della vita pubblica economica e sociale, appaiono potenzialmente vocati a condividere materialmente e umanamente la sua missione etica. In altre parole si tratta non soltanto di mettere a fuoco le più opportune strategie di comunicazione per portare a conoscenza del pubblico l’attività istituzionale, ma anche di predisporre gli strumenti concreti per il raggiungimento degli obiettivi economici. Il piano di raccolta fondi che stiamo elaborando è infatti la sintesi di quattro momenti peculiari. In primo luogo la realizzazione di un SUPPORTO INFORMATICO capace di gestire al meglio i flussi informativi; poi l’organizzazione di una serie di EVENTI mirati in grado di coinvolgere attivamente i nostri referenti (“i donatori”), stimolandoli ad un sostegno più ampio e solidale, e di contribuire all’allargamento degli aderenti all’Associazione Amici; quindi un’ adeguata CAMPAGNA DI INFORMAZIONE sul nostro operare; infine la ACCOUNTABILITY, ossia la trasparenza nella gestione dei fondi raccolti.
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forniti all’Hospice. In parallelo nell’ambito delle Cure Palliative si sta mettendo a punto, seppure in modo essenziale, un sistema di ACCOUNTABILITY in grado di controllare e di rendere trasparente il rendiconto della raccolta fondi. Ma anche di mettere in evidenza le fonti degli atti di liberalità, gli importi e le modalità con cui vengono erogati e gli impieghi delle risorse donate. Aspetti questi cui si tende dare un riscontro puntuale e preciso in un’ ottica di correttezza e di assoluta trasparenza nei confronti dei nostri donatori di oggi e quelli di domani. Il quadro della strategia comunicazionale è completato dalla promozione di EVENTI, intesi come momenti di aggregazione del pubblico, come possibilità di incontro stimolante degli iscritti all’Associazione Amici, come ulteriore opportunità per richiamare l’attenzione dei mezzi di informazione sull’Hospice e come nuova preziosa occasione per raccogliere fondi. L’Associazione Amici ha realizzato quest’anno due importanti eventi con la speranza di farli diventare appuntamenti annuali fissi a vantaggio dell’Hospice: una Prima Cinematografica a primavera e una Mostra Mercato Florovivaistica in autunno. Inoltre, accanto all’organizzazione interna di eventi, i primi
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frutti della comunicazione hanno fatto sì che l’Hospice sia stato proposto spontaneamente come punto di riferimento di eventi promossi da altri organismi: tornei di scacchi, tornei di golf, spettacoli teatrali e gare di atletica. Ma non basta. Stiamo infatti rendendo operativo un DATABASE, capace di archiviare, organizzare e gestire al meglio tutta quella vasta serie di rapporti che deriva direttamente dalla realizzazione del Piano di raccolta fondi. Le prime solide attestazioni dell’adeguatezza del Piano sono arrivate già durante la prima fase di attuazione delle attività programmate. In particolare va segnalata la lusinghiera accoglienza, sia in termini di gradimento del pubblico che di riscontro sugli organi di informazione, dei due eventi organizzati dall’Associazione Amici. A partire dal prossimo anno, quando il Piano sarà a regime, ci aspettiamo da tutti i nostri lettori riflessioni e suggerimenti sulle attività promozionali e associative al fine di puntare assieme sempre più in alto sotto il profilo della qualità delle proposte e dei risultati che si intendono raggiungere.
DICONO DI NOI
M. Bergonzoni, Bologna …“Ringrazio tutti, dal personale addetto alle pulizie, ai cuochi, agli inservienti e soprattutto agli infermieri, ai medici! Con il loro comportamento mi hanno dato AMORE, mi hanno iniettato delle medicine, ma, la miglior medicina che ho trovato in questo ospedale è stato l’Amore, l’amore per la persona, per l’essere umano e che ha funzionato 1000 volte di più degli ultimi ritrovati medicamentosi. Grazie !”…
a cura di Sara Simonetti
IDENTIKIT: HOSPICE MARIATERESA CHIANTORE SERÀGNOLI CHE COSA SI INTENDE REALMENTE CON IL TERMINE HOSPICE? L’Hospice è una struttura residenziale dedicata al ricovero dei malati affetti da tumore in fase avanzata e progressiva, dove vengono praticate le Cure Palliative. L’Hospice fornisce un’assistenza specializzata e completa, integrata e complementare a quella dell’Ospedale o dell’Assistenza Domiciliare, essenziale nella gestione dei malati con sintomi complessi, in un ambiente progettato per richiamare il più possibile l’atmosfera della propria casa. L’HOSPICE DI BENTIVOGLIO È IL PRIMO CONCEPITO CON UNA STRUTTURA STELLARE DI QUESTO TIPO. PERCHÈ? La forma architettonica, i colori solari hanno l’obiettivo di mettersi in stretta relazione con la natura circostante mentre la cura di un arredo non ospedaliero e più vicino ad un ambiente familiare e le sue caratteristiche organizzative lo rendono un modello di eccellenza. SI TRATTA DI UNA STRUTTURA CERTAMENTE DI NOTEVOLE IMPEGNO, COME SI FINANZIA? La Fondazione Hospice MT.C. Seràgnoli Onlus è un ente privato senza scopo di lucro, nato nel 2002 con l’obiettivo di rispondere ad un bisogno della Comunità. L’Hospice MT.C. Seràgnoli, accessibile a tutti senza il pagamento di alcuna retta in quanto convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale, rappresenta la risposta più pronta e completa alla crescente richiesta di assistenza oncologica di alta qualità per il malato inguaribile. COM’È NATO E CHI HA SOSTENUTO L’AMBIZIOSO PROGETTO? Voluto dal Prof. Cesare Maltoni, vero motore dell’opera, l’Hospice MT.C. Seràgnoli è stato realizzato grazie al contributo della famiglia Seràgnoli e di altre Istituzioni della Città come la Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna e la Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. Attualmente l’Hospice MT.C. Seràgnoli in qualità di centro specialistico di terapia del dolore è il più grande d’Italia.
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Per sostenere la Fondazione Hospice MT.C. Seràgnoli Onlus i versamenti possono essere effettuati tramite: - c/c postale n° 29216199 intestato a Fondazione Hospice MT.C. Seràgnoli Onlus, via Marconi 43/45 - 40010 Bentivoglio (Bologna). - Bonifico bancario presso: UNICREDIT Banca Impresa (Filiale di Cento) CIN Q – ABI 03226 – CAB 23400 – c/c 000003481967 intestato a: Fondazione Hospice MT.C. Seràgnoli Onlus, via Marconi 43/45 - 40010 Bentivoglio (Bologna). - Assegno bancario non trasferibile intestato a Fondazione Hospice MT.C. Seràgnoli Onlus accompagnato dai dati del donatore.
Modalità per il versamento della quota associativa all’Associazione Amici dell’Hospice MT.C. Seràgnoli: - c/c postale n° 52113529 intestato a Associazione Amici dell’Hospice MT.C. Seràgnoli, Piazza San Domenico 9 - 40124 Bologna. - Bonifico bancario presso: UNICREDIT, Private Banking CIN A – ABI 03223 – CAB 02400 – c/c 000060010479 intestato a: Associazione Amici dell’Hospice MT.C. Seràgnoli, Piazza San Domenico 9 - 40124 Bologna. - Assegno bancario non trasferibile intestato a Associazione Amici dell’Hospice MT.C. Seràgnoli accompagnato dai dati del donatore.
Alla ricezione del versamento del contributo, la Fondazione Hospice MT.C. Seràgnoli Onlus provvederà a rilasciare ricevuta di donazione.
Quote associative: Socio ordinario: 30 Euro Socio effettivo: da 60 Euro Socio sostenitore: da 260 Euro
FONDAZIONE HOSPICE MARIATERESA CHIANTORE SERÀGNOLI - ONLUS Via Marconi, 43/45 - 40010 Bentivoglio (Bologna) Tel. 051 8909611 - Fax 051 8909647 www.hospiceseragnoli.it - info@hospiceseragnoli.it P.IVA e Cod. Fisc. 02261871202
Associazione AMICI DELL’HOSPICE MT.C. SERÀGNOLI Piazza San Domenico, 9 - 40124 Bologna. Tel. 051 230462 - Fax 051 266499 www.hospiceseragnoli.it - segreteria.amici@hospiceseragnoli.org Cod. Fisc. 91239100372