Notiziario Fondazione Agosto 2008

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I D E A N

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P ERIODICO

Spediz. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 2 filiale di Milano - Reg. presso il Tribunale di Milano N. 407 del 22.07.1995

ANNO

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DELL ’I STITUTO PER LA RICERCA E LA PREVENZIONE DELLA DEPRESSIONE E DELL ’ ANSIA

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15 Numero 2 - AGOSTO 2008

Epidemiologia della depressione

Giovanni de Girolamo* I disturbi depressivi rappresentano il gruppo di disturbi psichiatrici con i più elevati tassi di prevalenza nella popolazione e con le maggiori implicazioni in termini di sanità pubblica. L'importanza che essi rivestono è autorevolmente testimoniata dalla pubblicazione, promossa dall’O.M.S., dei risultati aggiornati di un ampio progetto volto a valutare il ‘carico’ (burden) delle 100 più importanti condizioni morbose e di 10 fattori di rischio. Tra i disturbi che non hanno un esito fatale, la depressione è risultata la condizione morbosa associata al maggior numero di anni di vita vissuti in condizione di disabilità, e tra i due sessi il carico sofferto dal sesso femminile era del 50% superiore a quello del sesso maschile, tematica su cui si discuterà in un prossimo contributo. In questo articolo verrà sintetizzata l’ampia letteratura relativa all’epidemiologia, dei disturbi depressivi, mentre in un contributo successivo verranno discussi gli studi relativi alle variabili psicosociali che influenzano sia l’insorgenza che il decorso e l’esito di tali disturbi. segue a pag. 2

Gli antidepressivi: qualche risposta a domande frequenti

4 6 di una 14 ordinaria depressione 12 Storia

L’uso di sostanze nei giovani Corso di aggiornamento per responsabili e facilitatori di G.A.A.

Fattori Terapeutici Specifici Comuni

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Un giovane ricercatore Qualcuno presso l’Università di vi ascolta Harvard-Boston (USA) Progetto scuola: Lavori in IDEA entra in Corso classe

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In breve dalla ricerca

11 dal 17 Notizie Mondo


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Epidemiologia della depressione segue da pag. 1

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ri al 6,7% per la depressione maggiore ed al 3,6% per la distimia. Nell’articolo ora considerato, emergeva una marcata variabilità nella frequenza del disturbo tra i diversi studi presi in esame. Sebbene l’impiego di particolari tecniche statistiche abbia consentito di ridurre a proporzioni del tutto accettabili l’ampiezza della variabilità nei tassi, è emersa comunque una variazione di almeno 2 volte nelle stime di prevalenza della depressione tra i diversi paesi ed i diversi campioni di popolazione esaminati, il che deve necessariamente far supporre che vi sia una “reale” variabilità nella frequenza con cui questo disturbo si manifesta in differenti contesti socioeconomici, a sua volta correlata ad una diversa distribuzione dei fattori di rischio. Gli autori di questo importante contributo hanno anche messo in evidenza che i tassi ottenuti in studi comparabili di eccellente qualità metodologica sono abbastanza simili tra loro, e comunque sono più bassi dei tassi talvolta incredibilmente elevati riportati in letteratura, che evidentemente includono un elevato numero di cosiddetti ‘falsi positivi’, ossia di persone erroneamente diagnosticate come sofferenti del disturbo. Per quanto riguarda la differenza nella frequenza tra la depressione maggiore e la distimia, quest’ultima si riscontra con frequenza pari a circa la metà rispetto al primo disturbo. Circa i trend temporali nell'andamento dei disturbi affettivi, vi sono fondate evidenze che dimostrano come la frequenza della depressione si sia notevolmente accresciuta negli ultimi due-tre decenni. In particolare sembra essersi prodotto un aumento nella frequenza della depressione tra le persone nate dopo la seconda guerra mondiale (effetto coorte) ed una diminuzione nell'età di comparsa della depressione, con un moderato incremento del disturbo tra gli adolescenti e i giovani.

o studio dell’epidemiologia dei disturbi affettivi presenta gli stessi problemi propri di tutte le ricerche di questo tipo effettuate in psichiatria, a cominciare dall’assenza di marker biologici (ossia esami di laboratorio, o radiologici) che consentirebbero di porre una diagnosi con elevata certezza: pertanto, differenze registrate nelle stime di prevalenza (che esprimono il numero complessivo di casi di malattia riscontrato in uno specifico periodo: un giorno o una settimana-indice, un anno o l’intera vita, nel qual caso si è soliti parlare di prevalenza lifetime) o di incidenza (ossia il numero di nuovi casi per anno) possono sia riflettere una variazione vera nella frequenza con cui si presenta un disturbo, ma possono rappresentare (e spesso di fatto rappresentano) solo l’effetto di differenti criteri o metodi di accertamento diagnostico; pertanto, l’esistenza di differenze marcate nelle stime di prevalenza deve sempre indurre alla cautela prima di ascriverne la causa a motivi specifici. Waraich e collaboratori hanno pubblicato di recente la più accurata review sull’epidemiologia dei disturbi affettivi. Questa ha preso in esame tutti gli studi pubblicati tra il 1980 ed il 2000 condotti in campioni di popolazione generale composti da almeno 450 soggetti. Tale revisione sistematica ha il merito di essere riuscita, con particolari procedure statistiche, a ridurre il range di variabilità riscontrato in studi differenti, che in alcuni casi era talmente ampio da far seriamente dubitare che ricerche diverse avessero esaminato la stessa cosa. Complessivamente, gli autori hanno preso in esame 18 studi che soddisfacevano i criteri di inclusione da essi stabiliti; tra questi, due studi sono stati realizzati in Italia (Carta e Faravelli). Waraich e collaboratori hanno ottenuto una stima media di prevalenza ad un anno, ossia la percentuale media di persone che, risulta aver sofferto del disturbo in oggetto: per la depressione maggiore e la distimia, ossia la depressione cronica, di durata superiore a 2 anni, rispettivamente pari al 4,1% ed al 2,0% dei campioni esaminati. Per quanto riguarda la prevalenza lifetime, che stima la percentuale totale di persone che, in un qualsiasi momento della loro vita, hanno sofferto almeno una volta del disturbo considerato, i valori sono risultati pa-

La prevalenza della depressione in Italia: lo studio ESEMED-WMH Di recente sono stati pubblicati i risultati del primo studio epidemiologico sulla prevalenza dei disturbi mentali comuni condotto in un campione nazionale rappresentativo della popola2


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zione generale adulta italiana. Lo studio, chiamato ESEMeDWMH, è stato condotto nel 2002-2003 in 6 paesi europei (Belgio, Francia, Germania, Italia, Olanda e Spagna). Per realizzarlo è stato estratto un campione rappresentativo della popolazione generale adulta di 6.508 persone dai registri elettorali mediante un campionamento a tre stadi. Le persone estratte nel campione sono state intervistate al proprio domicilio mediante un’intervista strutturata chiamata CIDI. Il tasso di risposta ponderato (rappresentato da coloro che, rintracciati, hanno accettato di farsi intervistare) è stato del 71,3%. La prevalenza di coloro che avevano sofferto di uno o più disturbi mentali nei dodici mesi precedenti l’intervista è stata del 7,3% (I.C. 95%: 6,0-8,6); i disturbi più frequenti sono stati quelli d’ansia, con una prevalenza annuale del 5,1% e quelli depressivi, con una prevalenza annuale del 3,5%. I disturbi depressivi sono risultati più frequenti nei disabili, nelle donne e nei disoccupati e meno frequenti nelle persone di scolarità elevata (più di 13 anni). Si è riscontrata una tendenza ad una maggiore prevalenza di disturbi sia depressivi, sia d’ansia nel Sud e nelle Isole rispetto al Centro ed al Nord del paese, ed una minor prevalenza di disturbi nella classi di età centrali (24-49 anni), che però in entrambi i casi non ha raggiunto la significatività statistica. Rispetto agli altri paesi europei la prevalenza dei disturbi è risultata relativamente bassa; l’unico paese con una frequenza simile di disturbi mentali comuni è stata la Spagna. Poco meno del 40% di coloro che avevano sofferto negli ultimi 12 mesi di un disturbo depressivo hanno sofferto anche di un disturbo d’ansia, mentre circa il 27% di coloro che avevano sofferto di un disturbo d’ansia avevano sofferto anche di un disturbo depressivo. Uno specifico indice relativo alle giornate di lavoro perse a causa del disturbo mentale ha messo in luce un significativo impatto del disturbo sulla vita quotidiana delle persone affette. Infine, nei 12 mesi precedenti l’intervista solo il 2,9 % degli intervistati si era rivolto almeno una volta ad un servizio sanitario o specialistico (ivi inclusi gli specialisti privati) per un problema psicologico. Come previsto, avevano fatto più frequen-

temente ricorso ai servizi sanitari le persone affette da un disturbo mentale (17% per i disturbi presenti nell’ultimo anno), ed in particolare quelle con più di un disturbo (31%). Il ricorso ai servizi sanitari è stato più frequente nei disturbi depressivi che nei disturbi d’ansia ed è stato minore nelle persone con scolarità più bassa e maggiore nei vedovi, separati e divorziati. Tra le persone con almeno una diagnosi di disturbo mentale negli ultimi 12 mesi, il 38% ha consultato, per problemi di salute mentale, solo un medico di medicina generale, il 21% solo uno psichiatra, il 6% solo uno psicologo ed il 28% sia il medico di medicina generale che uno specialista della salute mentale. Questo studio rappresenta la più ampia indagine sui disturbi mentali comuni eseguita sino ad oggi in Italia su un campione rappresentativo della popolazione generale. Non si sono notate differenze marcate tra classi di età, zone geografiche ed aree rurali e urbane, il che sembrerebbe deporre per un’omogeneità superiore a quella prevedibile. Per finire, va citato un importante studio epidemiologico italiano di popolazione condotto a Sesto Fiorentino, città alla periferia di Firenze. Dalle liste degli assistiti di 18 medici di medicina generale, è stato estratto in maniera casuale un campione complessivo di 2.363 persone, che sono state inizialmente valutate con un’intervista di screening (la cosiddetta ‘MINI’); i casi positivi, ed un sottogruppo di negativi, sono stati quindi esaminati direttamente da clinici addestrati mediante uno strumento specifico, la Florence Psychiatric Interview, che comprende numerosi strumenti diagnostici standardizzati specifici per la valutazione dei disturbi messi in luce dallo screening iniziale. In questa ricerca, il 4,3% della popolazione maschile ed il 9,7% di quella femminile aveva sofferto di un disturbo depressivo nei 12 mesi precedenti (escludendo però i disturbi depressivi cosiddetti Non Altrimenti Specificati). Anche la prevalenza dei disturbi d’ansia era diversa nei due sessi, rispettivamente 3,9% nei maschi e 7,7% nelle femmine. *Agenzia Sanitaria e Sociale Regionale, Regione Emilia-Romagna, Bologna

REFERENZE BIBLIOGRAFICHE 1. Waraich P. et al. Prevalence and incidence studies of mood disorders: a systematic review of the literature. Can. J. Psychiatry, 2004; 49: 124-138. 2. de Girolamo G. et al. Prevalenza dei disturbi mentali in Italia, fattori di rischio, stato di salute ed uso dei servizi sanitari: il progetto ESEMED-WMH Epidemiologia e Psichiatria Sociale, 2005; Suppl. 8. 3. Faravelli C. et al. The Sesto Fiorentino Study: background, methods and preliminary results. Lifetime prevalence of psychiatric disorders in an Italian community sample using clinical interviewers. Psychother. Psychosom, 2004; 73: 216-225.

Il Dott. Giovanni de Girolamo, psichiatra, lavora attualmente presso l'Agenzia Sanitaria e Sociale della Regione Emilia-Romagna ed è Professore a Contratto presso la Scuola di Specializzazione in Psichiatria dell'Università di Pisa. I suoi interessi di ricerca riguardano l'epidemiologia psichiatrica, la valutazione dell'efficacia dei trattamenti e la ricerca sui servizi sanitari. Ringraziamo il Dottore per l’articolo che ha voluto dedicarci e per la sensibilità e collaborazione che da sempre ci riserva.

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Gli antidepressivi: qualche risposta a domande frequenti

Alessandro Serretti*, Antonio Drago*

SECONDA PARTE - RIPRENDE

E PROSEGUE DALLO SCORSO NUMERO

Una tematica piuttosto frequente è la durata del trattamento farmacologico. In genere si consiglia di mantenere la terapia antidepressiva oltre il raggiungimento della guarigione dai sintomi per un tempo che è proporzionale alla gravità della sintomatologia ed alla storia di malattia: se infatti di fronte ad un primo episodio di media entità ci si potrà orientare verso un trattamento di mantenimento di sei mesi, in caso di depressioni gravi o che hanno già recidivato nel corso della storia del paziente, sarà necessario orientarsi verso un periodo più lungo, di otto mesi, un anno, un anno e mezzo o anche di più a seconda del caso. Questo tipo di scelta terapeutica si dimostra vincente nella maggior parte dei casi, anche se ad uno sguardo inesperto può sembrare inopportuna. Quando si pensa ad un trattamento così lungo, è spontaneo preoccuparsi delle limitazioni alla propria quotidianità che dipendono dalla terapia. Per esempio, l’assunzione di alcolici è fortemente sconsigliata nel periodo di trattamento, sia per una questione di effetto diretto dell’alcol sul sistema nervoso centrale, sia per le alterazioni dirette del funzionamento epatico e indirette di quello pancreatico, o i profili di malnutrizione che possono essere associati ai casi più gravi e che possono alterare la funzionalità del farmaco peggiorando i sintomi collaterali.

P

er quanto riguarda le terapie concomitanti in-

tamento va ricordato che una patologia degli organi emunto-

vece, esistono complesse interazioni: può acca-

ri (fegato e reni) deve determinare un aggiustamento della te-

dere per esempio che un farmaco inibisca il me-

rapia farmacologica in base alla funzionalità residua dell’orga-

tabolismo di un’altra sostanza in quanto è in gra-

no interessato. In casi più specifici, come le patologie della

do di diminuire l’attività dell’enzima che è preposto alla sua

conduzione cardiaca, o in casi assolutamente generali come

eliminazione. Nel caso quindi che sia il farmaco antidepres-

il processo di invecchiamento, il clinico dovrà scegliere il far-

sivo ad inibire il metabolismo di un farmaco cardiaco, si po-

maco più adatto, in quanto le caratteristiche specifiche far-

trebbe determinare l’aumento della concentrazione di que-

macodinamiche e farmacocinetiche delle diverse sostanze

st’ultimo, con un effetto finale di sovradosaggio che potreb-

permettono una scelta oculata e sicura nella maggior parte

be essere pericoloso. Queste interazioni sono ben cono-

dei casi. Si è parlato di effetti collaterali che tendono a dimi-

sciute, ed è compito del curante orchestrare la terapia nel suo

nuire di intensità con il progredire della terapia, ma in alcuni

complesso e prevedere dei controlli ematici delle concen-

casi questo non si verifica: in modo particolare, le alterazio-

trazioni farmacologiche in modo da scongiurare possibili ef-

ni del funzionamento sessuale e l’eccessiva sudorazione

fetti collaterali. Il rapporto invece con patologie organiche

possono perdurare a lungo e diminuire in modo significativo

concomitanti è rilevante in più fasi del trattamento: in fase

la qualità della vita. Nel primo caso un atteggiamento terapeu-

diagnostica alcune di queste vanno in diagnosi differenziale

tico corretto potrebbe essere la diminuzione della terapia far-

con la depressione, le malattie della tiroide per esempio, o al-

macologica, fino al punto in cui non ne sia pregiudicato l’ef-

cune patologie infiammatorie croniche, mentre in fase di trat-

fetto terapeutico. Un’alternativa efficace potrebbe essere la 4


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diminuzione mirata del carico farmacologico, fino alla sospensione per un giorno o due nel periodo della settimana in cui la coppia vive più frequentemente la propria sessualità: nel fine settimana per esempio. Se queste modalità non sono sufficienti o determinano un peggioramento del tono dell’umore si può procedere ad un cambio di farmaco. L’eccessiva sudorazione può essere un problema nella vita sociale di ogni giorno. Non ci sono trattamenti farmacologici specifici, ma un ausilio può venire dalla fitoterapia: un rimedio a base di salvia (diluita con acqua della tintura madre di salvia, 50 gocce per 100 cc di acqua) può alleviare in alcuni casi questo tipo di effetto collaterale. Le diminuzioni di carico farmacologico sono da operare con oculatezza, in genere sono solo dannose terapie a dosi blandissime, in quanto espongono solamente ad effetti collaterali senza raggiungere l’energia necessaria a determinare un miglioramento della condizione clinica. Sarebbe un errore per esempio trattare una depressione sottosoglia (condizioni cliniche caratterizzate dalla presenza di qualche sintomo depressivo ma che non arrivano a soddisfare i criteri per un episodio depressivo), con dosi molto basse di farmaci antidepressivi. Probabilmente il modo migliore di affrontare una depressione sottosoglia è l’attenzione clinica ed eventualmente l’invio ad una psicoterapia. Giocano un ruolo molto rilevante in questi casi, come peraltro in ogni fase del trattamento, gruppi di auto – aiuto. Capita a volte che ci si dimentichi di assumere la terapia giornaliera. In quel caso si consiglia in genere di non fare recuperi più o meno fantasiosi ma di assumere la terapia del menti necessari da avere in questi casi: 1) soppesare con cu-

giorno dopo senza altro aggiungere. E’ infatti opinione comu-

ra gli aspetti positivi e negativi di ogni condizione clinica: per

ne che sia meglio mantenere la regolarità della somministra-

esempio una grave depressione ad elevato rischio suicidario

zione; inoltre, il meccanismo farmacologico su cui si basa l’ef-

deve essere trattata in qualche modo in quanto rappresen-

fetto antidepressivo non è immediato ma richiede con proba-

terebbe per il feto un rischio maggiore del trattamento farma-

bilità una sorta di adattamento neuronale. Non assumere la terapia per un giorno non determinerà quindi nella maggior

cologico; 2) una corretta ed aggiornata informazione. In que-

parte dei casi una precipitazione della sintomatologia depres-

sto senso presso alcuni centri di farmacologia clinica delle

siva né vanificherà quanto fatto fino a quel momento.

strutture ospedaliere si possono reperire informazioni corret-

Sospensioni per periodi maggiori, di qualche giorno per esem-

te sulla teratogenicità delle sostanze utilizzate in clinica.

pio, potrebbero invece dare effetti di “rimbalzo” con altera-

Per concludere, il trattamento farmacologico delle condizioni

zioni del tono dell’umore e sintomi ansiosi. In quel caso la ri-

depressive è in genere piuttosto ben tollerato e discretamen-

presa frazionata della terapia farmacologica sotto controllo del

te efficace. Sono molte le categorie farmacologiche a dispo-

curante risolveranno con probabilità i sintomi nel giro di po-

sizione del clinico: gli specifici profili terapeutici e di effetti col-

co tempo.

laterali di ciascuna sostanza, uniti alle peculiarità della condi-

Infine, una problematica molto rilevante è la teratogenicità,

zione clinica presa in cura, aiuteranno il clinico nella scelta del-

ovvero il rischio che i farmaci antidepressivi assunti dalla ma-

la sostanza più adatta allo specifico caso. Un iniziale periodo

dre in stato di gravidanza possano determinare alterazioni nel-

di adattamento alla terapia farmacologica è esperienza comu-

lo sviluppo del feto. Legato a questo, c’è il problema del

ne, e può avere un’intensità che varia molto di caso in caso:

passaggio dei farmaci antidepressivi nel latte materno. Per

il buon funzionamento della coppia terapeutica permetterà di

esempio, l’assunzione nel primo trimestre di gravidanza di al-

affrontare nel modo migliore le difficoltà di ogni caso specifi-

cuni farmaci antidepressivi è stata recentemente associata

co, permettendo il raggiungimento dell’obiettivo comune: la

ad alterazioni nella formazione cardiaca del feto, ed è vero che

guarigione.

i farmaci psicotropici in generale tendono a passare nel latte materno. Come in ogni altro caso, due sono gli atteggia-

* Istituto di Psichiatria, Università di Bologna 5


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Fattori Terapeutici Specifici Comuni: stato di avanzamento della ricerca a Bologna

Paola Rucci*, Giuseppe Berti Ceroni**

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mento relativi ad una determinata teoria, la letteratura recente ha messo in discussione la ‘specificita’ dei trattamenti in relazione all’esito. Da meta-analisi di studi clinici condotti nell’ultimo decennio si e’ appreso che psicoterapia e farmacoterapia nella fase acuta del trattamento della depressione lieve-moderata sono sostanziamente equivalenti (Imel et al. 2008) e che la presunta superiorita’ dei farmaci attivi rispetto al placebo (pillola identica in tutto e per tutto al farmaco, ma priva degli ingredienti attivi) non e’ dimostrata (Moncrieff et al, 2005). Inoltre, studi di ‘brain imaging’ (Kennedy et al, 2007) hanno dimostrato che sia la psicoterapia che la farmacotepia inducono modificazioni nel metabolismo cerebrale e che alcune delle aree cerebrali coinvolte sono comuni ai due tipi di trattamento. Partendo da questi presupposti, un gruppo di ricercatori di Bologna che fa capo al Prof. Berti Ceroni e comprende psicoterapeuti e psicologi, ha ipotizzato che la relazione tra medico e paziente non soltanto faciliti il processo di cura, ma sia l’essenza stessa del processo di cura. Sulla base di un’accurata revisione dalla letteratura e dell’esperienza clinica, il gruppo ha identificato 6 fattori comuni, reputati essenziali e specifici delle relazioni di cura efficaci (Gallo et al, 2005) ed ha costruito dei questionari per valutarli. Essi sono: 1. l’alleanza terapeutica 2. la regolazione delle aspettative 3. l’attenzione alla storia manifesta del paziente 4. la qualità del setting 5. la presenza del paziente nella memoria del terapeuta

e relazioni interpersonali, come quelle di coppia o quelle tra genitore e figlio, se riuscite, sembrano avere un carattere di unicità e di esclusività, e gli ingredienti che le compongono appaiono difficilmente generalizzabili. Diversa è la relazione tra chi fornisce aiuto, cura o assistenza - sia esso un medico, uno psicoterapeuta, un volontario dell’assistenza, e la persona assistita. In questo caso la relazione ha una sua finalità specifica, quella terapeutica, e la ricerca degli elementi costitutivi che ne determinano il successo ha una grande rilevanza clinica. Studi americani condotti a parte dagli anni ’50 hanno sottolineato che l’alleanza terapeutica, l’abilità del terapeuta e l’adesione al protocollo di trattamento sono elementi comuni alle psicoterapie di diverso orientamento, che possono contribuire al successo del trattamento in misura maggiore dell’applicazione di tecniche legate alle diverse ‘scuole’ di psicoterapia. Di fatto, gli elementi di ordine psicologico-relazionale che costituiscono la cornice e lo sfondo in cui si sviluppa e cresce una relazione terapeutica possono essere fattori favorenti, ma se mal utilizzati possono compromettere un buon andamento delle cure. Per “Fattori Terapeutici Specifici Comuni (FTSC)”, secondo la terminologia proposta da Berti Ceroni & Vescovi (2001), si intendono i fattori da cui dipendono effetti terapeutici, comuni alle attività di cura in generale e che sono aspetti specifici della relazione di cura per la regolarità e rilevanza che assumono. Sebbene in passato tali fattori siano stati considerati elementi confondenti nella ricerca sulla azione specifica di un farmaco o motivi aspecifici di miglioramento nei trattamenti psicoterapeutici (Frank, 1989), intendendo come specifici i fattori di cambia-

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L’uso di sostanze nei giovani Motivazioni all’uso di sostanze in giovani segnalati dalla Prefettura ai Servizi per le Dipendenze Jacopo Bizzarri*

L’

uso di sostanze stupefacenti tra i giovani

deficit dell’attenzione e iperattività.

rappresenta un fenomeno sempre più al-

Obiettivi dello studio erano la valutazione della tipologia di so-

larmante. Dalla Relazione annuale al

stanze utilizzate dai soggetti segnalati e le motivazioni all’uso

Parlamento sullo stato delle tossicodipenden-

di queste, con particolare attenzione alle relazioni tra uso di so-

ze in Italia nel 2007 realizzata dal Dipartimento

stanze e sintomatologia psichiatrica ansiosa e depressiva

Nazionale per le Politiche Antidroga (DNPA, 2007) emerge che

Hanno parteci-

per gli studenti è più facile trovare le sostanze, anche a scuo-

pato allo studio

la; si attenua il trend di aumento della cocaina ma non della can-

65 uomini e 9

nabis; aumentano i soggetti segnalati a prefetture per pos-

donne dai 18

sesso di stupefacenti; eroina e cocaina costano sempre meno.

ai 38 anni (età

Un’opportunità di entrare in contatto con una vasta popolazio-

media 25 an-

ne di consumatori più o meno problematici di sostanze è rap-

ni), non in trat-

presentata dai colloqui di valutazione e dai programmi terapeu-

tamento per

tico-riabilitativi che vengono effettuati presso i Servizi per le

un disturbo da

Dipendenze (Ser.T.) su segnalazione della Prefettura. Per ap-

uso di sostan-

profondire le motivazioni legate al consumo di sostanze e l’even-

ze o per un di-

tuale associazione con sintomi psichiatrici, tra febbraio 2003 e

sturbo psichia-

marzo 2005 è stato condotto presso i Ser.T. di Bolzano e

trico. La fre-

dell’AUSL di Rimini uno studio sui giovani segnalati dalla

quenza di uti-

Prefettura (Bizzarri et al, 2007). Nell’ambito dello studio è sta-

lizzo di droghe

to somministrato un questionario per lo spettro dell’uso di so-

da strada nei

stanze (SUBS-SR, Sbrana et al., 2003), sviluppato e validato

soggetti se-

dall’Università di Pisa. Lo strumento si propone di far luce sul-

gnalati ha mo-

le relazioni causali tra i disturbi psichiatrici (sia ad espressività

strato una pre-

piena che sottosoglia) e l’uso di sostanze e sui meccanismi

dominanza dell’uso occasionale o regolare di cannabis (75.7%).

attraverso cui queste condizioni si sviluppano e s’influenzano

Meno frequente l’uso occasionale o regolare di cocaina (19.1%)

reciprocamente. Lo spettro dell’uso di sostanze indica l’ampia

ed ecstasy (12.2%) e solo occasionale l’uso di allucinogeni

gamma di manifestazioni che vanno dall’uso improprio di far-

(8.3%)

maci e sostanze legali (comprese anche caffeina e sigarette) e

Le motivazioni all’uso di sostanze con frequenza superiore al

illegali, ai tratti temperamentali quali la ricerca di sensazioni in-

20% nel campione sono state: rilassarsi dopo il lavoro o duran-

tense legate spesso a situazioni rischiose, sino all’abuso o al-

te il fine settimana (64.9%), acquisire o mantenere un sen-

la dipendenza e a sintomi psichiatrici, quali ansia, depressione,

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Fattori Terapeutici Specifici Comuni: stato di avanzamento della ricerca a Bologna segue da pag. 6

quio e il rationale dietro al loro uso”. In uno studio dedicato alla validazione di un metodo formativo per l’affinamento delle risorse comunicative a disposizione dei medici generali nella gestione del disagio psichico, Scardovi et al. (2003) hanno evidenziato che, se è importante che i medici dispongano di valide tecniche di colloquio per migliorare la gestione del disagio psichico, è fondamentale che essi possano migliorare il modo in cui queste vengono utilizzate, e che con metodi formativi adeguati è possibile ottenere questi risultati. Pertanto, la ricaduta operativa dello studio è che la formazione ad un utilizzo corretto dei fattori terapeutici specifici comuni (in particolare lo stile comunicativo) può tradursi in un miglioramento degli esiti delle cure. E’ da tenere presente che lo studio di Bologna ha coinvolto terapeuti motivati ed esperti, che probabilmente usavano gia’ bene i fattori. Si può ipotizzare che in terapeuti meno esperti, o in genere in chi fornisce cure (den Boer et al., 2005), la formazione agli aspetti chiave della relazione terapeutica possa contribuire in modo sostanziale ad innalzare la qualita’ delle cure erogate.

6. lo stile comunicativo. Al fine di testare la relazione tra i fattori e vari esiti del trattamento (remissione dei sintomi, soddisfazione nei confronti della cura e miglioramento del funzionamento), e’ stato condotto uno studio sperimentale, con il sostegno di IDEA e con l’impegno di 11 psichiatri e 6 psicologi, tutti terapeuti con più di sette anni di esperienza professionale. Lo studio ha avuto la durata di 8-10 settimane nel corso del trattamento ‘abituale’ dei disturbi d’ansia e depressivi e delle condotte alimentari ed ha riguardato 96 pazienti afferenti ad ambulatori pubblici e privati di Bologna ed Imola (e i loro terapeuti) a cui sono stati somministrati i questionari FTSC in tre occasioni. I risultati, descritti in un articolo in preparazione per la rivista Psychotherapy and Psychosomatics indicano una correlazione positiva tra i fattori terapeutici, la remissione dei sintomi e la soddisfazione per il trattamento ricevuto. Dei fattori, quello che maggiormente si correla al buon esito e’ lo stile comunicativo del terapeuta. Cio’ suggerisce che l’efficacia dei comportamenti medici dipende dalla strategia seguita nel metterli in atto, e che, come hanno scritto Gask e Morriss (1999): “non è utile apprendere risorse in modo isolato, senza considerare il pattern del collo-

* Statistico, **Psicoanalista

L’uso di sostanze nei giovani Motivazioni all’uso di sostanze in giovani segnalati dalla Prefettura ai Servizi per le Dipendenze

segue da pag. 7

so di euforia (44.6%), migliorare l’umo-

ma uno studio italiano condotto da Troisi

re (39.2%), alleviare tensione, ansia,

et al. (1998) che ha evidenziato, in un

sconforto ed evadere dai problemi

gruppo di consumatori di cannabis, un

(33.8%), alleviare la noia (28.4%), sen-

aumento della gravità dei sintomi de-

tirsi meglio dopo eventi negativi (25.7%),

pressivi e ansiosi al crescere della fre-

alleviare la stanchezza eccessiva

quenza d’uso della sostanza.

(24.3%), dormire (20.5%), aumentare

Da quanto emerso in questa ricerca,

l’energia (20.3%). Dal SUBS-SR è emer-

l’identificazione di soggetti con tenden-

so quindi che le ragioni per l’uso di so-

za all’automedicazione tra i consuma-

stanze più frequentemente riportate dai soggetti segnalati era-

tori di sostanze anche occasionali permetterebbe di adotta-

no di tipo “ricreazionale”. Resta in ogni caso degno di nota che

re interventi preventivi e terapeutici precoci, con l’obiettivo di

circa un terzo delle risposte fornite erano riconducibili all’uso di

ridurre il rischio dello sviluppo di una dipendenza.

sostanze come ‘automedicazione’, intesa come tentativo di at-

* Psichiatra Servizio per le Dipendenze, ASL di Bolzano

tenuare sintomi depressivi o d’ansia. Questo risultato riconfer8


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Un giovane ricercatore presso l’Università di Harvard-Boston (USA) Aggiornamento sullo studio combinato fra l’Università di Pisa e l’Università di Boston Francesco Casamassima*

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l gruppo di ricerca di cui attualmente faccio parte viene coordinato dal Prof. Fava e dal Dott. Perlis. Quest’ultimo è il mio tutor e referente diretto, ed è nei laboratori di Genetica di cui egli è responsabile insieme al Prof. Smoller che si svolge il mio lavoro quotidiano. Avvalendoci delle competenze e della collaborazione di altre figure operanti in questo laboratorio (Biologi, Bioinformatici, Genetisti, Statistici genetici, Tecnici Specializzati ecc.) abbiamo progettato alcuni studi tutt’ora in corso. In primo luogo desideriamo confermare una parte delle scoperte, riportate nella letteratura scientifica internazionale, che stanno chiarendo le basi genetiche del Disturbo Bipolare. Parallelamente abbiamo ipotizzato che le evidenze sull’ereditarietà di questo disturbo siano applicabili anche ai pazienti affetti da depressione ma che presentano nel loro quadro clinico alcuni “indicatori di bipolarità”. Il completamento e la pubblicazione di questo progetto è previsto nell’arco temporale di pochi mesi. In secondo luogo, stiamo progettando un nuovo sistema di classificazione e stadiazione dei disturbi dell’umore (Depressione Maggiore, Depressione Ricorrente, Disturbo Bipolare, ma anche inclinazioni temperamentali e di personalità), con l’aspettativa entusiasmante di facilitare la comunicazione tra i clinici evitando ridondanze od errori terapeutici, poter riassumere e

seguire nel tempo la storia del paziente e, più a lungo termine, fornire un innovativo modello di riferimento per le ricerche sull’ereditarietà dei disturbi psichatrici. Infine, sempre più consapevoli della necessità di una costante integrazione fra osservazione clinica e ricerca neurobiologica, stiamo portando a termine due lavori il primo dei quali delinea le similitudini tra Malattia di Huntigton e Disturbi Affettivi (Disturbi dell’Umore e d’Ansia), mentre il secondo esamina la patologia derivante dalle disfunzioni mitocondriali (i mitocondri sono degli organelli cellulari responsabili in larga misura del bilancio energetico della cellula) come modello eziopatogenetico del Disturbo Bipolare. Senza il sostegno e contributo degli amici della Fondazione Idea non avrei potuto instaurare questa proficua collaborazione con i colleghi del Massachusetts General Hospital, né realizzare i miei progetti di Ricerca. Un grazie di cuore, Francesco Casamassima * Dottorando di Ricerca in Neurobiologia dei Disturbi Affettivi (Università di Pisa) Research Fellow presso il Massachusetts General Hospital (Università di Harvard, Boston)

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Qualcuno vi ascolta (Risponde Prof. Antonio Tundo, Istituto di Psicopatologia, Roma)

Scrive Piero da Genova: “Mi è stato diagnosticato uno stato depressivo e lo specialista che ho consultato mi ha prescritto una cura a base di antidepressivi. Qualche mese fa ho letto che secondo le ultime ricerche questi farmaci sono efficaci “tanto quanto uno zuccherino”, cioè sono inutili. Che fare? Tenermi la depressione sperando che passi da sola?”

efficacia e sicurezza di uno specifico farmaco con due finalità: a) dare indicazioni ai clinici riguardo a quando utilizzarlo e quali sono i potenziali effetti secondari; b) autorizzarne la commercializzazione. Non danno però informazioni su quanto accade nel “mondo reale”, cioè nei pazienti curati presso gli ambulatori degli specialisti. Qui la terapia viene “personalizzata”, ritagliata sulle esigenze del singolo paziente: lo psichiatra sceglie l’antidepressivo o, più spesso, l’associazione di antidepressivi in base ai sintomi, considera quando è necessario ricorrere anche ad una psicoterapia e/o ai gruppi di Auto-Aiuto, valuta i cambiamenti ottenuti ogni 2-3 settimane, modificando dosi o tipo di farmaci in base ai risultati. Sappiamo tutti che la depressione, essendo un disturbo complesso, richiede un trattamento articolato e protratto nel tempo: è illusorio pensare che un solo farmaco sia in tutti i casi sufficiente per debellarla. I risultati degli studi naturalistici, cioè condotti nel “mondo reale”, ci dicono che grazie alla personalizzazione della terapia è possibile ottenere un miglioramento nell’80-90% dei casi, percentuale ben più alta di quella rilevata negli studi sperimentali. Purtroppo, giornali e televisione hanno perso un’occasione per dare un’informazione corretta e completa su quello che è oggi il trattamento della depressione. Utilizzando toni allarmistici e titoli sensazionalistici hanno invece creato confusione e alimentato timori in chi, come lei, per la prima volta ha necessità di ricorrere ad una cura antidepressiva. Ovviamente, il mio consiglio è quello di avviare con fiducia la terapia che le è stata prescritta e non demoralizzarsi se il miglioramento dovesse tardare. In questo caso non sospenda la cura ma ne parli con il suo specialista che saprà suggerirle quegli adattamenti che un po’ alla volta le consentiranno di venir fuori dal tunnel.

Negli ultimi tempi giornali e televisione hanno dato ampio risalto ad un articolo scientifico che valuta l’efficacia degli antidepressivi rispetto al placebo, cioè una sostanza inerte (lo “zuccherino” a cui lei allude) che si usa come confronto. Le conclusioni dell’articolo, come purtroppo spesso accade quando i mass media parlano di “psicofarmaci”, sono state riportate in modo distorto e incompleto finendo con alimentare i già tanto diffusi timori e pregiudizi verso le terapie psichiatriche. Dallo studio emerge infatti che gli antidepressivi sono comunque più efficaci del placebo, ma la differenza è inferiore a quanto finora ritenuto. Questo dato, che non è quindi così negativo come è stato raccontato dai giornalisti, deve essere letto alla luce del tipo di ricerca da cui deriva. L’indagine infatti non riguarda tutti gli antidepressivi ma solo quelli di nuova generazione che tutti gli psichiatri sanno essere meglio tollerati ma meno efficaci dei vecchi “triciclici” e li utilizzano nelle forme meno gravi. Lo studio descrive inoltre quello che accade in condizioni sperimentali nelle quali i pazienti sono selezionati, viene impiegato un solo antidepressivo, che sarà lo stesso per tutti e per tutta la durata della sperimentazione, e la valutazione del risultato si ferma dopo un tempo prestabilito, in genere 6-12 settimane. Queste prove sperimentali sono fondamentali per stabilire

Inviate le vostre lettere per posta ordinaria al Prof. Antonio Tundo - Idea Bologna, Via Barberia 18 • 40123 Bolognao per E-mail: idearisponde@tin.it In questa rubrica saranno pubblicate quelle che contengono richieste di informazioni o quesiti clinici di interesse comune

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In breve dalla ricerca (a cura della Dott.ssa Fulvia Marchetti, Istituto di Psicopatologia, Roma)

TESTOSTERONE E DEPRESSIONE nell’anziano Gli esperti oggi considerano la depressione un disturbo “multifattoriale”, pensano cioè che sia causata da una serie di fattori (genetici, biologici e ambientali) che agiscono contemporaneamente. Di recente l’attenzione si è rivolta al possibile ruolo svolto dagli ormoni sessuali, maschili e femminili. A questo proposito, Almeida e collaboratori (Archives of General Psychiatry, marzo 2008) hanno trovato negli uomini anziani un significativo rapporto tra riduzione delle concentrazioni di testosterone libero nel sangue e sviluppo di depressione. Secondo gli autori dello studio questo risultato potrebbe aprire la strada all’uso degli ormoni sessuali, da affiancare alle cure tradizionali (farmaci e psicoterapia), nei pazienti maschi con depressione senile.

PSICOEDUCAZIONE FAMILIARE e disturbo bipolare La psicoeducazione è un intervento psicologico che si propone di coinvolgere direttamente il paziente, ed eventualmente anche i suoi familiari, nella gestione della malattia fornendo informazioni e istruzioni per prevenire ed affrontare appropriatamente il disturbo e i disagi di natura psicologica e relazionale che questo può causare. La psicoeducazione, in associazione alla terapia farmacologica, si è dimostrata particolarmente utile nella prevenzione dei disturbi bipolari. Nel giugno 2008 Reiners e collaboratori hanno confermato la validità di questo presidio terapeutico anche quando sono coinvolti soltanto i congiunti. In uno studio, pubblicato su Bipolar Disorders, hanno infatti evidenziano che, rispetto ai pazienti che hanno accanto familiari “non informati”, i pazienti che sono assistiti da familiari che hanno seguito un corso di psicoeducazione presentano un numero di recidive maniacali e ipomaniacali significativamente inferiore.

BELONEFOBIA La fobia per aghi, coltelli, oggetti acuminati, abitualmente accompagnata dalla paura di pungersi o ferirsi, è molto diffusa nella popolazione generale. In alcuni casi può diventare una vera e propria patologia (“belonefobia”) caratterizzata da un timore persistente, eccessivo e irragionevole di questi oggetti, dalla tendenza ad evitarli e dalla comparsa di malessere fisico (tachicardia, respiro affannoso, sudorazione, sensazione di svenimento) quando l’evitamento non è possibile. Le conseguenze della belonefobia possono essere importanti: per esempio, la persona può rifiutare indispensabili prelievi di sangue o l’assunzione di farmaci per via endovenosa o intramuscolare. Secondo L. Yim (Australian Family Physician, 2006) la psicoterapia cognitivo-comportamentale costituisce un valido trattamento per le forme particolarmente invalidanti. Il trattamento psicologico può essere integrato con la somministrazione di ansiolitici (come il diazepam) prima dell’esposizione all’oggetto temuto.

DISTURBI D’ANSIA e rischio di DIPENDENZA DA TELEFONO CELLULARE Molti pazienti con disturbi dello spettro ansioso tendono ad utilizzare il telefono mobile come strumento per “gestire” nel breve periodo i propri sintomi. Chi soffre di disturbo di panico si sente più tranquillo perché può raggiungere in qualsiasi momento un medico o un familiare in grado di prestare soccorso. Chi è affetto da disturbo ossessivo compulsivo grazie al cellulare può rapidamente ottenere una rassicurazione o una risposta ai propri dubbi da familiari e conoscenti. Nell’ansia generalizzata il telefono viene usato per mantenere i rapporti con gli altri evitando l’imbarazzo dell’incontro diretto. Secondo un recente studio di M. Busko (Medscape Medical News, marzo 2008) in tutti questi casi l’opportunità offerta dalle nuove tecnologie rischia di ridurre la motivazione a cercare un trattamento specifico e, con il tempo, di allargare le condotte di evitamento e facilitare lo sviluppo di una vera e propria dipendenza da cellulare. 11


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Storia di una ordinaria depressione

Testimonianza Gianni Di Antonio

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ipercorrendo la mia più che quarantennale esistenza, posso affermare con sufficiente cognizione di causa di aver avuto non poche difficoltà sin dall’infanzia. Il ricordo, ad esempio, di giornate intere trascorse in solitudine, completamente appartato ed avulso da ogni rapporto con i miei compagni di scuola, riecheggia ancor oggi con insistenza nella mia mente. Le intrinseche difficoltà che, sin dagli albori, mi accompagnarono, unitamente al timore di essere fisicamente abbandonato dai miei genitori. Già, il timore dell’abbandono, ossia la livida rappresentazione del terrore che si dipinge sul volto di un bimbo, allorquando per un qualsiasi motivo i genitori non possono essere in sua compagnia. Ero ossessionato dalla preoccupazione che i miei genitori mi avrebbero improvvisamente lasciato da solo e mi vedevo come un relitto alla deriva in balìa dei flutti. Tutto ciò, malgrado fossi ancora un bambino, provocava degli stati d’ansia molto intensi, accompagnati da momenti di tristezza, che relegarono la mia figura allo stato di ragazzino “strano”, non propriamente in linea con il compor-

tamento degli altri. In seguito, l’adolescenza, fondamentalmente caratterizzata dall’acuirsi di questa serie di malesseri psicologici generalizzati, che trova la sua naturale valvola di sfogo in pianti improvvisi, dirompenti ed inconsolabili ma, soprattutto, inconciliabili con un periodo della vita umana, da sempre ritenuto l’archetipo della leggiadra spensieratezza e della gioviale convivialità. Ritengo quanto mai plausibile che tali manifestazioni fossero i prodromi di tutte le problematiche che contraddistinsero anche la mia età adulta; con quale valenza vi abbiano inciso, a tutt’oggi, malgrado anni di “spremiture” dagli psicologi, non mi è dato saperlo. Depressione, ansia, ipocondria, sono i principali disturbi di cui sono affetto sin dall’età della ragione, credo. Essi si sono insinuati nella mia mente, amalgamandosi e mutuandosi tra loro, dando forma ad una scellerata sinergia, volta ad amplificare le quotidiane sofferenze della mia vita. Chi non saggia sulla propria pelle l’evento depressivo con continuità nel tempo, è quanto mai improbabile riesca, pur con i migliori intendimenti, a comprendere sino in fondo le inespli-

cabili e complesse variabili che portano a vivere questo drammatico ed invalidante stato d'animo. Giorni interi trascorsi ciondolando permanentemente all’interno degli alvei protettivi e rassicuranti delle mura domestiche, in cui l’unico ed assoluto assioma vitale è rappresentato dal pianto, cullandomi nel pensiero di essere un perseguitato dal destino, e con la delirante coscienza di essere corroso da un’apatia, che talvolta mi impedisce persino di spostare un oggetto. Il terrore di cadere vittima di un mancamento, di un malore, di una crisi di panico, quando, mio malgrado, devo spostarmi da un capo all’altro della città, o devo intraprendere un viaggio. Destarsi la mattina dopo una lunga notte insonne, con la ferma convinzione di essere gravemente ed irreversibilmente malato, peregrinando per i mesi a seguire tra una sequela continuata ed ininterrotta di visite specialistiche, volte ad escludere qualsivoglia patologia. Penso sia paradossale la dicotomia che intercorre tra il brandello di vita condotta stancamente da un depresso- ansioso, e la vita che la società nella quale egli è immerso, estremamen-

Nel ringraziare il Sig. Gianni, per la coinvolgente testimonianza, rinnoviamo l’invito a tutti i nostri gentili lettori ad inviarci articoli e testimonianze, personali o dei propri cari, affinché l’esperienza di chi ha sofferto possa essere di aiuto ad altri. 12


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te improntata sulla produttività, sulla dinamicità e sull’iperattività, lo chiamerebbe con puntuale solerzia a condurre. La mia catarsi, se così possiamo definirla, iniziò circa cinque anni fa con un evento traumatico, che tuttavia agì da volano per un cambiamento decisamente positivo. Era una mattina piovosa del mese di Novembre, e stavo viaggiando su un treno della metropolitana, che come ogni mattina mi trasportava nei pressi del luogo di lavoro. Qualche mese prima, la donna che avevo amato per tanti anni, si era inaspettatamente eclissata per rifugiarsi nelle braccia di un altro uomo, e, più o meno nello stesso periodo, mia madre, suo malgrado era passata a vita eterna. I più sagaci avranno certamente intuito che mi trovavo nella circostanza di gestire l’elaborazione parallela di due “lutti” distinti. Assonnato e già stanco ancor prima di iniziare la giornata, leggevo svogliatamente il giornale acquistato poco prima, quando improvvisamente sentii tutto il mio corpo vacillare, ed ebbi la netta sensazione di perdere i sensi. Gli arti tremavano convulsamente, e il cuore batteva con una vigoria e velocità tali, da udirne distintamente i violenti tonfi nelle orecchie. Dio mio, cosa mi stava accadendo? Cercai istintivamente di guadagnare l’uscita, ma il treno era in movimento, e quindi le porte erano chiuse. Aspettai di giungere alla successiva stazione per poter scendere. Già, scendere, ma come? Con le mie gambe? Ero, o almeno credevo di essere completamente immobilizzato e piantato per terra come un plinto. L’unica necessità consisteva nell’uscire da quel vagone, repentinamente levato a simbolo di trappola mortale. Esso arrestò la sua corsa e le porte si

aprirono: finalmente riuscii a separarmi dal palo di sostegno, e non so come, mi ritrovai adagiato su una panchina della stazione. Continuavo a ripetermi che cosa avessi, ed iniziai, seppur con la mente frastornata a formulare le prime ipotesi: infarto cardiaco, ictus cerebrale, emorragia interna, collasso cardiocircolatorio, attacco ischemico. Cercai di oppormi fermamente a questa tragica possibilità, e mi alzai dalla panchina, finalmente mi ritrovai all’aria aperta, con la pioggia che violentemente colpiva il mio volto. Optai per incamminarmi, sfidando la debolezza delle gambe, che sembravano aver definitivamente rinunciato a sostenermi. Dopo alcuni passi ebbi nuovamente la sensazione di svenire, ed ignoro quante volte mi accasciai al suolo, per poi rialzarmi e riprendere il cammino. Dopo un lasso di tempo interminabile, finalmente mi ri-

trovai di fronte all’uscio di casa, varcata la soglia, spalancai tutte le finestre alla disperata ricerca di ossigeno, e, stremato per la stanchezza, mi coricai sul letto, addormentandomi. Questo è stato il primo di una lunga serie di attacchi di panico che, con frequenza e virulenza sempre maggiori, mi accompagnarono nei mesi seguenti pregiudicando pesantemente la mia quotidianità. L’estate seguente, ormai completamente debilitato dagli attacchi di panico che si susseguivano alla vortico13

sa frequenza di cinque o sei al giorno, pervaso dalla convinzione di essere irreversibilmente malato, ed avvolto da una spessa coltre depressiva, incontrai Giovanna, un’attivissima facilitatrice della Fondazione IDEA. La quale, subodorando le mie pessime condizioni psico-emotive, mi convinse a sottopormi ad una visita psichiatrica; ero assai scettico al riguardo, perciò, pur essendo depresso ed esageratamente ansioso, mi chiedevo a cosa mai servisse uno psichiatra. Assecondando comunque l’insistente esortazione di Giovanna (che a tal proposito non finirò mai di ringraziare), venni sottoposto ad una prima visita dalla Dott.ssa E. Di Nasso, con cui immediatamente si instaurò un rapporto improntato sulla comprensione e fiducia; sotto la sua premurosa guida ebbi modo di demolire l’immagine distorta che avevo degli psichiatri, acquisendo un’ampissima consapevolezza sulla natura dei miei disturbi. Mi sottoposi ad un’adeguata terapia farmacologica, entrai in un gruppo di auto- aiuto, e successivamente intrapresi una mirata psicoterapia cognitiva comportamentale. Tali cure nel corso del tempo avrebbero lenito molte delle mie inquietanti sintomatologie. Certo, lungi dall’aver definitivamente risolto tutte le problematiche che mi scortano ormai da una vita, spesso mi paragono ad un equilibrista costantemente sottoposto alla dura azione coercitiva della legge di gravità, ma in questi ultimi anni come non mai, respiro una nuova e salubre aurea di speranza, generosamente elargita dal mio netto e costante miglioramento. Il mio divenire quotidiano è solcato da una volontà sinora a me aliena, una volontà diretta al possibile cambiamento, volta ad innescare una diversa dinamica dell’agire e del pensare.


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Corso di aggiornamento per responsabili e facilitatori di G.A.A. L’evento è stato realizzato grazie al contributo di: Dott.ssa R. Montermini (facilitatrice)

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associare farmacoterapia e psicoterapia cognitiva, quest’ultima utilizzata sia come terapia di rinforzo che come mono terapia sia per la depressione che per i disturbi d’ansia. Di rilevante importanza appare la modalità di relazione tra il paziente e il medico. Il ruolo dei Gruppi di Auto Aiuto si è dimostrato dal canto suo molto efficace per sostenere i pazienti, creando una rete di supporto che migliora autostima e funzionalità sociale, riducendo i rischi di complicanze e i tempi di ospedalizzazione, aiutando nel perseverare in un’assunzione più regolare dei farmaci e/o nel seguire un percorso terapeutico. Nel corso della successiva Tavola Rotonda si sono succeduti molti interventi interessanti, moderati dal prof. Domenico Berardi, professore ordinario di Psichiatria dell’ Università di Bologna, che ha sostenuto la necessità di migliori collegamenti tra i vari settori della società coinvolti rispetto al tema della depressione (famiglie, medici di base, servizi psichiatrici, scuole). Offrendo la massima collaborazione dell’ Istituto di Bologna a tutte le sedi IDEA, ha affermato che nelle depressioni più lievi buoni risultati si ottengono con una terapia farmacologica associata ad un counseling interpersonale di 5/6 sedute. Il dottor A. Fioritti, medico di base, ha riferito i dati della Regione Emilia Romagna, dai quali è emerso che le richieste di pazienti con disturbi d’ansia e di depressione sono aumentate del 30% negli ultimi 4 anni, coinvolgendo il 2% della po-

iovedì 13 marzo si è tenuto a Bologna, presso la Casa De Cervantes in via Collegio di Spagna, un Seminario di aggiornamento per responsabili e facilitatori di IDEA. Importante e gradita ospite della giornata, accanto ad altrettanto illustri psichiatri italiani che hanno partecipato in qualità di relatori, la Prof. sa Ellen Frank dell’Università di Pittsburgh, che ha accettato con piacere il nostro invito a partecipare. Presenti all’occasione i responsabili delle sedi Idea di tutta Italia, i volontari e i facilitatori dei Gruppi di Auto Aiuto, arrivati numerosi per partecipare a questo corso di aggiornamento. La documentata relazione della dott.sa E. Frank sul ruolo della psicoterapia e dell’auto-aiuto Casa De Cervantes - Bologna nel trattamento della depressione e dei disturbi d’ansia, è stata di particolare interesse (I dati statistici portati dalla dott.ssa Frank saranno presto consultabili su Internet). In particolare, i problemi esistenziali collegati alla depressione sono riconducibili a quattro grandi categorie: - lutto irrisolto - transizioni di ruolo (es. il “nido vuoto”, quando i figli se ne vanno di casa) - conflitti di ruolo (aspettative non condivise) - deficit interpersonali Lo studio, condotto in sinergia da Pittsburgh e Pisa, ha conseguito risultati statisticamente significativi ed incoraggia ad 14


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polazione. Ha, quindi, evidenziato la necessità di dare strumenti teorici/operativi ai medici di base e sviluppare attività di auto-aiuto. Ha anche ipotizzato la possibilità di recuperare risorse mediche dalla cura dei disturbi psichiatrici più gravi, potenziando rispetto a questi casi il ruolo di altre figure professionali. Il prof. G. De Girolamo, dirigente medico del Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda USL Città di Bologna, ha ricordato che il 5-6% della popolazione adulta europea soffre di depressione e in maggioranza i disturbi non vengono trattati. La dott.ssa D. De Ronchi ha presentato il modello di trattamento “stepped care”, incentrato sulla “persona”: Prof. sa Ellen Frank il paziente viene considerato come individuo cui deve essere fornito il trattamento giusto al momento giusto, in una sequenza articolata di interventi che prevedono livelli differenziati a seconda della gravità dei sintomi. Il prof. G. Berti Ceroni, membro della Società Italiana di Psicoanalisi, nel ribadire l’importanza della terapia interpersonale, ha espresso la convinzione che sia indispensabile migliorare le tecniche di comunicazione dei medici, poiché elemento

Lavori in corso

fondamentale della cura è il sapersi mettere in relazione. La dott.ssa Rucci, statistico dell’ Università di Pisa, ha illustrato alcuni aspetti della ricerca sostenuta da IDEA (vd. il sito www.spectrum-project.org ), evidenziando i fattori terapeutici specifici individuati per la remissione della sintomatologia e la soddisfazione per il trattamento ricevuto: attenzione alla storia passata del paziente regolazione delle aspettative qualità del setting presenza del paziente nella memoria stile comunicativo alleanza terapeutica La dott.ssa Necci, responsabile dei GAA di IDEA, ha presentato, infine, l’esperienza condotta dai componenti di alcuni gruppi che hanno utilizzato nell’arco di dieci mesi un manuale di autoterapia a orientamento cognitivo-comportamentale (Morosini, ed. Avverbi), ottenendo mediamente dei miglioramenti nella percezione del proprio disagio e nelle relazioni. La giornata è stata per tutti noi molto interessante ed istruttiva ed ha inoltre permesso a volontari e facilitatori di confrontarsi sulle diverse problematiche che spesso insorgono nella gestione e nella conduzione dei Gruppi di Auto Aiuto.

informazioni sulle prossime iniziative dei nuclei locali

Nucleo di Bologna Progetto Scuola: incontri e conferenze (Anno Accademico 2008/2009) Kermesse del Cashmere (Autunno 2008)

Nucleo di Genova Partecipazione al Festival della Scienza, in collaborazione con i Rotary genovesi (Ottobre 2008) Ciclo di Incontri-Conferenze sulla depressione femminile che si terranno nel Foyer del Teatro della Corte (Ottobre-Novembre 2008) Conferenza-Dibattito tenuta dal Direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’ASL 3 Genovese Dott. Luigi Ferrannini, nell’ambito delle celebrazioni per il decennale di IDEA Genova. (Autunno 2008)

Nucleo di Milano Conferenza dal titolo “Raccomandazioni farmacologiche e abitudini di vita per chi è depresso” tenuta dalla Dott.a Elena Di Nasso (22 Settembre ore 18 c/o Consiglio di Zona 4/ Via Oglio 18 Milano) Ciclo di conferenze sul tema “Progetto IDEA Donna” (2008/2009)

Nucleo di Roma Progetto Nave Italia (Luglio/Settembre 2008) Corso Nazionale di formazione per nuovi volontari e di aggiornamento per coloro che hanno partecipato ad altri corsi, che si terrà presso la sede (Roma – Ottobre 2008)

per maggiori informazioni consultare il sito “www.fondazioneidea.it” cliccando su “NUCLEI LOCALI di IDEA” 15


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Progetto scuola: IDEA entra in classe Continua con successo il Progetto Scuola di IDEA,volto a sensibilizzare ed offrire una corretta informazione a giovani e docenti su depressione, ansia e attacchi di panico, riconoscerne i sintomi e contribuire al superamento dei pregiudizi che impediscono di affrontare nella maniera corretta la patologia. Una giornata all’Istituto Itis O. Belluzzi di Casalecchio di Reno (BO)- 8 Maggio 2008 (Dott. Antonio Drago)

Idea incontra i ragazzi del Collegio San Luigi di Bologna - 18 Marzo 2008 - (Maria - Volontaria)

“L’incontro dei ragazzi con IDEA è servito a trasmettere l’informazione che a Bologna opera un gruppo di volontari non medici, che si dedica a coloro che soffrono di un malessere psichico. Come per le altre specializzazioni, anche per la Psichiatria la prevenzione rappresenta il momento più importante dell’attenzione clinica: riconoscere presto un malessere, sia fisico che psichico, od anche un insieme di tutte e due le cose, può fare la differenza tra una prognosi “povera” ed una più favorevole. Ed intervenire in fretta significa sì fare diagnosi ed impostare un progetto terapeutico specialistico, ma anche incontrare presto la sofferenza, lasciando che sia breve il periodo di solitudine che spesso contrassegna l’inizio delle crisi emozionali. La giornata dedicata alla sensibilizzazione su questi temi, è passata velocemente. Il risultato migliore è stato quello di spiegare a questi ragazzi che nelle associazioni di auto aiuto si può trovare qualcuno che ascolta e condivide le stesse esperienze, senza sentirsi per forza”diversi” ma solamente dotati di una maggiore sensibilità che porta a soffrire ma che, se bene indirizzata, può rappresentare una forma di ricchezza.”

“Pensavo non fosse facile prendere tre sezioni di classi delle superiori, portarle in un teatro a metà mattina e riuscire a ricevere attenzione mentre si parla loro di depressione … IDEA ci è riuscita, la mattina del 18 Marzo, al Collegio San Luigi. Dopo una prima introduzione, è stato proiettato un filmato curato dal Prof. Manzoli del DAMS dell’Università di Bologna, in cui i protagonisti dei vari spezzoni sono riusciti in maniera estremamente efficace, a far cogliere i loro stati di ansia e depressione. A proiezione terminata, quando tutti ancora eravamo abbastanza colpiti dalle scene viste, il Prof. Giovanni De Girolamo del Dipartimento di Salute Mentale dell’AUSL Bologna, è intervenuto spiegando ai ragazzi tutte le problematiche connesse alle malattie mentali, suffragate da dati statistici e casi concreti. Le numerosissime domande rivolte al Professore, ci hanno dimostrato il forte interesse suscitato da questo argomento, perché, più spesso di quanto a volte si immagini, dietro ad ognuno di loro c’è un amico, un genitore, un parente che soffre o ha sofferto di queste patologie. L’avvicinamento ai giovani di IDEA ha voluto far capire loro che non sono soli di fronte a queste malattie e, conoscendole, si può guarire”.

Il Progetto Scuola a Brescia Il Progetto Scuola è stato realizzato nel corso di quest’anno scolastico anche a Brescia, si è articolato in una serie di incontri negli Istituti superiori della città con psichiatri della Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa, per sensibilizzare i giovani e i docenti sui principali sintomi delle malattie legate ai disturbi dell’umore. Il Nucleo di Brescia è molto grato alla dott.a Elisa Simonini, psichiatra presso l’Ospedale Civile di La Spezia, per la grande disponibilità dimostrata e la preziosa collaborazione che ha permesso di realizzare questo importante progetto anche a Brescia. È stato raggiunto un ottimo risultato, sono stati incontrati circa mille studenti, ad ogni incontro le classi hanno mostrato interesse e volontà di comprendere il perchè dell’insorgenza delle malattie psichiatriche. Il nucleo di Brescia vuole ringraziare il Sindaco della Città di Brescia, la Presidente della Commissione Pari Opportunità del Comune e della Provincia, il Presidente della Provincia, l’Assessore alla Pubblica Istruzione ed il Provveditore agli Studi per aver concesso e patrocinato la loro iniziativa.

(Con il contributo della Fondazione CARISBO) 16


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Notizie dal Mondo Rimini Lunedì 7 Aprile la Fondazione Idea ha partecipato ad un Convegno organizzato dall’Università di Bologna presso il Polo Scientifico Didattico di Rimini dal titolo “Università, Donne e Società”. Questo ciclo di incontri ha trattato il ruolo della donna nei diversi ambiti sociali e culturali. La conferenza dal titolo “Depressione, facciamocene un’IDEA”, dopo la presentazione della dott.a Fiordiliso, ha avuto come relatore il dott. Tendo che ha illustrato come la depressione possa manifestarsi nei diversi momenti della vita femminile (adolescenza, gravidanza e post partum, menopausa) e come affrontarla. La brillante presentazione è stata seguita con molta attenzione ed al termine dell’intervento i relatori hanno risposto molto esaurientemente alle numerose domande dei partecipanti, fra i quali molti giovani.

Bologna Lo scorso 7 maggio, presso il Mambo, Museo d’Arte Moderna di Bologna, le volontarie IDEA hanno organizzato un’Asta di “Vini d’Arte”, offerti a scopo benefico dall’Associazione Vignaioli dei colli di Bologna. L’acquisto di bottiglie di questi preziosi vini, con etichette d’autore realizzate per l’occasione da giovani artisti del Corso di progettazione grafica dell’Accademia di Belle Arti e battuti all’asta dal Sig. Franco Vecchi, è diventata l’occasione per contribuire a sostenere il Progetto Scuola che la sede di Bologna sta portando avanti negli Istituti della città. Fra i numerosi ospiti, era presente all’occasione anche la Sig.ra Elisabetta Vallania, Presidente dell’Associazione Vignaioli, che ringraziamo per la generosità e solidarietà dimostrata. Si ringrazia inoltre la GalMambo - Sala esposizioni leria d’Arte Moderna di Bologna per la cortese ospitalità.

Roma Il 15 Maggio scorso presso la sede IDEA di Roma è stato proiettato il film “La parola ai giurati” di Sidney Lumet (1957) che racconta la vicenda di un ragazzo ispanoamericano accusato di aver ucciso il padre. Dodici giurati devono emettere all’unanimità un verdetto di innocenza o colpevolezza. Il film è totalmente centrato sulla riunione in camera di consiglio durante la quale deve essere deciso il verdetto. Il film ha avuto un grande successo ed è considerato un capolavoro del genere legal-thriller; un’altra chiave di lettura lo rende però molto interessante e di notevole importanza formativa per chi si occupa di gruppi di auto aiuto. La discussione tra i dodici uomini chiusi in camera di consiglio mette in risalto le diverse personalità dei giurati, le loro differenze a livello sociale e culturale e evidenzia i processi psicologici che più frequentemente emergono in un gruppo: il conformismo, il pregiudizio, la persuasione, il dissenso, la difesa di un punto di vista per partito preso, la prevaricazione, l’indifferenza. La visione di questo film, seppur ambientato in un contesto completamente diverso, ha rappresentato un’ottima occasione formativa per tutti i facilitatori dei gruppi di auto-aiuto IDEA ed ha offerto molti spunti di riflessione. 17


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Notizie dal Mondo Pisa A Pisa dal 9 al 10 maggio 2008, nell’ambito delle “Giornate Pisane di Psichiatria Psicofarmacologia Psicologia Clinica”, si è tenuto un Convegno dal titolo “Appropriatezza del trattamento – Lo spettro depressivo e psicotico”. L’incontro, rivolto esclusivamente ai professionisti medico-sanitari, si è rivelato un’ottima occasione per la nostra fondazione che, presente all’occasione con un proprio stand, ha potuto diffondere il materiale informativo fra gli psichiatri partecipanti provenienti da tutte le città d’Italia.

Castel San Pietro Terme (BO) Presso lo splendido Golf Club “Le Fonti” di Castel San Pietro Terme (BO) è stata organizzata il 7 Aprile scorso, una manifestazione sportiva dal titolo “IDEA Golf Cup 2008”, con il patrocinio del Comune di Castel San Pietro Terme. Nel corso della giornata, mentre i golfisti gareggiavano nel bellissimo campo castellano, uno stand IDEA, allestito per offrire informazioni e materiale illustrativo, è rimasto a disposizione di chiunque fosse interessato. Al termine della gara, alla presenza del Sindaco, dott. Vincenzo Zacchiroli, si è svolta la premiazione dei vincitori, ai quali sono state consegnate le coppe con inciso il logo della fondazione. La giornata si è conclusa con una cena a buffet e con l’estrazione di bellissimi premi della lotteria di beneficienza organizzata per l’occasione dalle nostre volontarie. Vogliamo rivolgere un particolare ringraziamento al Comune di Castel San Pietro Terme per l’opportunità che ci ha riservato.

Bali (BO) I volontari di IDEA sono stati ospitati nelle domeniche di luglio in un’incredibile villa Balinese sui colli di Bologna. La cena è stata offerta alla nostra Fondazione dallo Chef Cesare Marretti, il più richiesto del momento, famoso per la sua partecipazione alla trasmissione di Rai 1 “La prova del cuoco”, e Chef ufficiale di Casa Azzurri agli ultimi europei di calcio. Le serate, che si sono svolte in una cornice esotica davvero inusuale, hanno permesso ai volontari di raccontare delle attività e dei progetti di IDEA e di illustrare gli impegni scientifici della Fondazione agli ospiti, incantati dal cibo squisito, dalla creatività delle portate e dalla cornice magica delle notti d’estate a “BALIDEA”. Grazie Cesare!! Verremo presto a trovarti nel tuo ristorante “E’ Cucina” nel centro storico di Bologna. 18


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Notizie dal Mondo Roma - Progetto Nave Italia IDEA, in collaborazione con la Fondazione TENDER TO NAVE ITALIA ONLUS, ha partecipato al Progetto NAVE ITALIA. TENDER TO NAVE ITALIA ONLUS, nata su iniziativa dello Yacht Club Italia e della Marina Italiana, ha messo a disposizione il progetto NAVE ITALIA dedicandolo al recupero, al sostegno ed al miglioramento della qualità della vita di persone affette da disagi psichici e fisici. Il 23 Luglio scorso, un gruppo di fruitori IDEA di Roma e Bologna, accompagnati da alcuni facilitatori, sono partiti dal porto di Genova, per una crociera di cinque giorni, a bordo di un brigantino-goletta di 61 metri condotto da un equipaggio della Marina Militare e supportato, per quanto concerne la realizzazione dei progetti, da un’equipe di educatori della Fondazione Tender to. Ogni ospite e gli stessi educatori con funzione di accompagnamento, sono stati coinvolti nelle manovre alle vele, nei turni di guardia notturni, nella preparazione del vitto, nella manutenzione degli elementi della nave ed in ogni altra attività quotidiana. Tutto ciò affiancato anche da attività collaterali come ad esempio i momenti assembleari, la stesura collettiva di un diario di bordo, i gruppi di auto aiuto. La partecipazione a questa iniziativa ha rappresentato un momento terapeutico ed educativo molto importante: lo scopo non è stato solamente il raggiungimento dell’approdo finale, ma il superamento di prove, ostacoli, pericoli che ha permesso ai partecipanti di scoprire nuovi orizzonti, passioni ed interessi.

Milano - Il 14 Maggio IDEA è stata invitata a partecipare alla presentazione del libro “Una vita bipolare” di Marya Hornbacher Con il libro sotto il braccio, mi faccio largo fra gli uditori; poi ci ripenso, e vado dritta in prima fila, per vedere meglio, per ascoltare meglio, per comprendere meglio le espressioni del viso di Maria Hornbacher. Si, sto parlando di lei, la giovane scrittrice che stasera presenta il suo ultimo libro “Una vita bipolare – oltre i confini della normalità”. Marya si racconta, Marya brucia ogni residuo di pudore, Marya parla liberamente con se stessa perchè la sua voce arrivi a tutti i presenti. Già dalle prime battute senti dentro uno strappo che raggiunge il cuore e cominci a vivere nell’ombra di questa scrittrice che vuole spiegare la sua dilaniante sofferenza che la perseguita dalla prima infanzia: la depressione, per di più bipolare. “soltanto chi ne ha sofferto può comprendere la lacerante sfida che ti lancia la Vita; con sadismo ti abbraccia stritolandoti con i suoi cento tentacoli; poi, allenta la presa e riesci a respirare: Sono viva!!!!” urla Marya. “VIVA ........... ma già il gigante nero sputa la sua saliva mortale sporcando anche le sue fragili braccia, il suo tenero viso attraversato da una bellezza pulita e delicata: ecco la fase depressiva, Non voglio più vivere......lasciatemi morire...........voi non potete capire..........” Ma il DNA della scrittrice non smette di combattere la sua guerra per la Vita; scende a compromessi con la sua malattia e si piega all’idea di convivere con essa, purchè le consenta di vivere e urlare la sua sofferenza senza sosta. Per descrivere questo dramma, prende la parola il professore A.C. Altamura, che con profonda conoscenza della materia, trafigge l’anima di noi che ascoltiamo, come un coltello che gronda sangue e paura di vivere, perche’ la depressione non si può “vivere da soli”: chiunque ci circonda “deve” capire, “deve” aiutare queste anime malate del “nulla”. Del libro parlano il professor Altamura e Serena Zoli con il consueto piglio giornalistico. Questo ci regala la speranza, o la certezza, che di depressione si può guarire, purché ci si affidi ad un buon psichiatra. Dalle parole del Professor Clerici e del Prof. Altamura, luminari della scienza psichiatrica, si raccolgono notizie e “speranze” perché se è vero che la depressione è un “male profondo”, è anche vero che si può guarire e tornare a vivere una esistenza serena. Mitzi - partecipante ai GAA 19


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29-07-2008

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“IDEArisponde…” IDEArisponde: un servizio al paziente e alla sua famiglia. Un gruppo di volontari, che hanno seguito un apposito corso di formazione, risponde alle telefonate dei pazienti e dei loro familiari per dare ascolto, conforto, consiglio, informazioni. IDEArisponde, in diretta: Milano (Dal Lunedì al Venerdì ore 9-18) 02 80.58.18.66 Roma (Dal Lunedì al Venerdì ore 15.30-19) 06 48.55.83 Bologna (Dal Lunedì al Mercoledì 16-19, Giovedì e Venerdì 10-13) 051 64.47.124 Genova (Lunedì e Mercoledì 16-18, Martedì e Giovedì 10-12) 010 24.76.402 Trieste (Lunedì e Giovedì 10-12, Martedì e Mercoledì 15-18,Venerdì 16-18) 040 31.43.68 Brescia (Martedì e Giovedì 15-18) 030 23.00.196 Napoli (Lunedì e Venerdì 16,30-18,30) 081 57.84.622

Numero verde NAZIONALE 800 538 438 (Dal Lunedì al Venerdì ore 9-18) Numero verde Lombardia S.O.S. DEPRESSIONE 800 122 907

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Direttore responsabile Roberto Bianchin

Nucleo Bologna • Via Barberia 18 - 40123 Bologna

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Coordinamento grafico/editoriale ZAP srl - Roma

Nucleo Genova • Piazza Stella 5/4 - 16123 Genova

Presidente Sergio Camerino

Nucleo Macerata • Via Gramsci 30 - 62100 Macerata Nucleo Napoli • V.le Cavalleggeri d’Aosta 119 - 80124 Napoli

Tesoriere Carla Ceppi

Nucleo Roma

• Via Cavour 258 - 00184 Roma (ingresso) • Via Frangipane 38 - 00184 Roma (ind. postale)

Pubblicazione quadrimestrale Nucleo Trieste • Via Don Minzoni 5 - 34124 Trieste

Sede: Via Cornaggia 9 - 20123 Milano - Tel. 02 72.09.45.60 - Fax 02 80.58.18.67 http://www.fondazioneidea.it - e-mail: idearisponde@tin.it 20


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