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P ERIODICO
Spediz. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 2 filiale di Milano - Reg. presso il Tribunale di Milano N. 407 del 22.07.1995
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DELL ’I STITUTO PER LA RICERCA E LA PREVENZIONE DELLA DEPRESSIONE E DELL ’ ANSIA
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17 Numero 1 - 2010
Oltre la realtà Depersonalizzazione e derealizzazione nei disturbi d’ansia e dell’umore Marco Mula, 2Stefano Pini
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Depersonalizzazione e derealizzazione possono apparentemente sembrare dei termini astrusi e incomprensibili mentre rappresentano una tipologia di esperienze che ciascuno di noi può aver provato personalmente nell’arco della propria vita. Da un punto di vista tecnicamente psichiatrico, la depersonalizzazione rappresenta la sensazione di estraneità, irrealtà o di distacco da se stessi, dal proprio corpo o dai propri processi mentali. La derealizzazione rappresenta l’alterazione nella percezione del mondo esterno che può apparire come strano, estraneo o irreale. Il paziente può avere la sensazione che tutto sia irreale come in un sogno o inanimato e senza vita come in un quadro. In altri casi il paziente può avere la percezione di offuscamento come di vedere tutto attraverso una nebbia, un vetro smerigliato o un velo. segue a pag. 2
la depressione 5 L’umore 8 Curare 12 Qualcuno vi ascolta 13 Indallabrevericerca 10 Testimonianza Il dolore trasparente depresso con la luce in Brescia e dal 14 L’importanza 17 Un’IDEA 18 IDEA 20 Notizie 23 Franca Guerrini del ritmo libreria la sua storia... Mondo
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Oltre la realtà Depersonalizzazione e derealizzazione nei disturbi d’ansia e dell’umore segue da pag. 1
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l DSM-IV-TR (Manuale Diagnostico e Statistico dei
All’inizio del ‘900, l’autore tedesco Wilhelm Mayer-Gross die-
Disturbi Mentali) riconosce un vero e proprio distur-
de un rilevante contributo alla descrizione e comprensione
bo di depersonalizzazione che è situato nell’ambito
della depersonalizzazione. Da un lato distinse derealizzazione
dei disturbi dissociativi ed è definito dalla esperien-
e depersonalizzazione, dall’altro fu uno dei primi a rilevare che
za persistente o ricorrente di sentirsi distaccato o sentirsi
esperienze di depersonalizzazione possono comparire in pa-
un esterno osservatore dei propri processi mentali o del pro-
zienti con depressione suggerendo una relazione tra le due.
prio corpo. Durante l’esperienza di depersonalizzazione il pazien-
Più recentemente, James e Roth posero l’accento sull’as-
te prova un disagio rilevante ma si rende perfettamente conto di
sociazione tra depersonalizzazione e panico.
tutto quello che succede. Al contrario, il DSM-IV-TR non ricono-
Nonostante gli sviluppi più recenti della psichiatria e delle neu-
sce un’autonomia alla derealizzazione che viene sempre inclu-
roscienze, la depersonalizzazione rimane ancora una condi-
sa nell’ambito della depersonalizzazione. Infatti, mentre è pos-
zione scarsamente chiarita e valutata sia in ambito clinico
sibile avere esperienze di depersonalizzazione e non di derealiz-
sia di ricerca. La sua esatta prevalenza non è del tutto nota,
zazione, di solito, chi ha esperienze di derealizzazione ha, o ha
anche se recenti studi hanno suggerito che circa il 26% del-
avuto, anche esperienze di depersonalizzazione.
la popolazione generale possa provare esperienze di deper-
Depersonalizzazione e derealizzazione rappresentano feno-
sonalizzazione nell’arco della propria vita e che tale percen-
meni esperienziali complessi che possono essere esperiti da
tuale possa raggiungere il 66% dopo un evento traumatico
ciascuno di noi nella vita di tutti i giorni (fare “sogni ad occhi
(ad esempio un incidente stradale). Studi condotti su casisti-
aperti”, perdere una parte di una conversazione perché as-
che di pazienti con disturbi d’ansia e dell’umore hanno rileva-
sorbiti da altri pensieri, avere la sensazione di essere già sta-
to che esperienze di depersonalizzazione possano esse-
ti in un certo luogo) e che possono comparire più facilmente
re riferite dal 60% dei pazienti con depressione e oltre
e intensamente in situazioni di stress o fatica.
80% dei pazienti con disturbo di panico.
La parola “depersonalizzazione” comparve per la prima
Perché si dovrebbe prestare più attenzione a questo gruppo
volta in ambito scientifico nel 1898 in un lavoro del medi-
di sintomi? Nella nostra esperienza, confermata dalla lette-
co francese Ludovic Dugas, che descriveva il caso di un pa-
ratura internazionale e da studi condotti presso la Clinica
ziente che percepiva la propria voce come estranea. Dugas
Psichiatrica dell’Università di Pisa, la depersonalizzazione e la
utilizzò il termine depersonalizzazione mutuandolo dal roman-
derealizzazione rappresentano importanti indicatori clinici per
zo autobiografico “Journal Intime” di Henri-Frederic Amiel, pro-
quanto riguarda i disturbi d’ansia e dell’umore, identificando
fessore di letteratura francese a Ginevra, in cui il protagonista
un gruppo di pazienti con una forma di malattia più grave ca-
si definiva “depersonalizzato” dall’età di sedici anni.
ratterizzata da precoce età d’insorgenza, resistenza alla tera-
In ambito psichiatrico il concetto di depersonalizzazione viene
pia farmacologica, maggiore comorbilità e tendenza alla cro-
successivamente rielaborato e classificato da numerosi autori
nicizzazione. Questo è particolarmente vero per i pazienti con
tra cui Janet, Wernicke e Jaspers. Vennero infatti descritti tre
panico che presentano derealizzazione e i pazienti con depres-
tipi di depersonalizzazione: una prima tipologia comprendente
sione che presentino anche depersonalizzazione.
l’estraneità dei propri pensieri fino all’esperienza di automati-
Questi sintomi sono particolarmente resistenti alla terapia far-
smo in cui il paziente si percepisce automatico e meccani-
macologica e possono trascinarsi per mesi o anni quando i
co come un robot; una seconda tipologia che comprende la
sintomi “tipici” della depressione sono sotto controllo. Inol-
sensazione di estraneità del proprio corpo (la testa distaccata
tre dati recenti sembrano suggerire che la presenza di sin-
dal corpo, gli arti staccati dal corpo o percepiti più grandi o più
tomi di depersonalizzazione durante un episodio depres-
piccoli) fino alle esperienze extracorporee in cui il paziente ve-
sivo siano più tipici della depressione bipolare rispetto
de se stesso dal di fuori; infine una terza tipologia che coinvol-
a quella unipolare.
ge prevalentemente la sfera delle emozioni fino alla perdita del-
Da un punto di vista neurobiologico, gli studi sulle basi cere-
l’affetto nei confronti delle persone care o alla perdita della pau-
brali della depersonalizzazione sono ancora limitati, anche
ra o del disgusto per situazioni che prima venivano evitate.
se sembra chiaro che condivida quei circuiti cerebrali che 2
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Tabella. Termini comunemente impiegati per descrivere i propri sintomi di depersonalizzazione e derealizzazione1 Ho provato anche solo per alcuni secondi la sensazione …
Derealizzazione
Depersonalizzazione
• di avvertire il mondo intorno come irreale e strano
• che il mio corpo non mi appartenesse • che parti del mio corpo fossero disconnesse dal resto del corpo • che il mio corpo fosse più leggero come se fluttuasse nell’aria
• di sentirsi distaccato da ciò che sta intorno come se ci fosse un velo tra se e il mondo esterno
• che le mie mani o piedi fossero diventati più grandi o più piccoli
• di avere la sensazione che gli oggetti intorno siano più piccoli e più lontani?
• di non essere io a comandare i miei movimenti tanto da sentirmi “automatico” e “meccanico” come un robot
• ... che gli altri, gli oggetti ed il mondo intorno non siano reali • di vedere il mondo e le persone come attraverso una nebbia
• di sentirmi come “drogato” • che ci fossero momenti della mia vita durante i quali ero lontanissimo da ciò che mi stava accadendo
• di essere in un luogo familiare ma trovarlo sconosciuto e strano
• di essere un “distaccato osservatore” di me stesso
• di sentirsi strano come se si fosse tagliati fuori dal mondo
• che, mentre stavo lavorando, la mia mente fosse da qualche altra parte
• di avvertire le voci familiari (inclusa la propria) come lontane e irreali
• di stare vivendo in un sogno
• di non riuscire a raffigurare cose nella mia mente (per esempio il volto di un caro amico o un luogo familiare) • che ciò che avevo fatto recentemente fosse accaduto molto tempo prima • che, dopo aver ascoltato qualcuno che parlava, mi rendevo conto improvvisamente di non aver ascoltato • che le mie emozioni non fossero sotto il mio controllo • che le cose che stavo guardando sembrassero “piatte” e “senza vita” • di non provare alcuna emozione quando piangevo o ridevo • di non provare affetto nei confronti dei miei familiari o amici più cari da: Mula M, Pini S et al. Validity and reliability of the Structured Clinical Interview for Depersonalization - Derealization Spectrum (SCI-DER). Neuropsychiatr Dis Treat. 2008;4:977-86.
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sono coinvolti nell’elaborazione delle emozioni. Elementi in-
e recentemente ritornato come droga d’abuso), la cannabis,
diretti sono ricavabili da alcuni modelli biologici ben noti co-
alcuni allucinogeni e alcuni antidolorifici derivati dell’oppio,
me l’uso di sostanze. L’azione di determinate droghe come
può determinare esperienze di depersonalizzazione. L’ipote-
ad esempio la ketamina (anestetico utilizzato in veterinaria
segue a pag. 4 3
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Oltre la realtà Depersonalizzazione e derealizzazione nei disturbi d’ansia e dell’umore segue da pag. 3
si in questo momento più convincente è quella proposta da
rittura in assenza di un reale fattore stressante. Sono ormai mol-
due autori inglesi, Sierra e Berrios, che vede nella disconnes-
teplici gli studi di neuroscienze che hanno identificato una serie
sione funzionale dell’amigdala l’elemento fondamentale nella ge-
di circuiti cerebrali coinvolti nella depressione o nel disturbo da
nesi dei sintomi di depersonalizzazione. L’amigdala è situata
attacchi di panico. L’amigdala sarebbe tra le strutture coinvolte e
nella profondità del cervello e ha la fondamentale funzione
la presenza di depersonalizzazione in un sottogruppo di pazienti
di dare un significato emozionale a tutte le nostre percezio-
sarebbe una ulteriore prova del coinvolgimento di questo impor-
ni, in particolare quelle pericolose per l’individuo. Lo “spegni-
tante nucleo cerebrale.
mento” di questa struttura cerebrale renderebbe le esperienze
In conclusione, depersonalizzazione e derealizzazione sono an-
vissute prive di quel significato emozionale che conferisce un for-
cora poco studiate nei pazienti con depressione o attacchi di
te sentimento di realtà e rilevanza personale al soggetto. Secon-
panico, ma la loro identificazione è di notevole importanza ai fini
do questi autori, lo “spegnimento” dell’amigdala non sarebbe
di un corretto trattamento.
nient’altro che un meccanismo di autodifesa del cervello nei conDipartimento di Medicina Clinica & Sperimentale, Università del Piemonte Orientale A. Avogadro, Novara 2 Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia e Biotecnologie, Università di Pisa 1
fronti di stimoli troppo stressanti. In alcuni soggetti questo importante meccanismo di autodifesa scatterebbe autonomamente senza alcun controllo quindi in caso di stimoli normali o addi-
Un caso clinico di Depersonalizzazione/derealizzazione “Non controllo più la mia mente” Un giovane ingegnere di 26 anni chiede una visita psichiatrica perché è preoccupato di poter impazzire. Nel corso dell’ultimo anno aveva manifestato sempre più frequentemente episodi in cui si sentiva “distaccato” dai propri pensieri. Questi episodi erano accompagnati da un certo senso di torpore. In aggiunta, in questi periodi non era sicuro del suo equilibrio sulle gambe e tendeva ad inciampare con una certa frequenza; questo accadeva più spesso in pubblico, soprattutto se era piuttosto ansioso. In questi contesti, a volte provava anche la sensazione che il pavimento sotto i piedi avesse una consistenza morbida, di gomma. Anche la realtà circostante a volte appariva ovattata ed i suoni attutiti come quando nevica. Durante questi episodi avvertiva una mancanza del facile, naturale controllo del suo corpo ed i suoi pensieri sembravano “annebbiati”. Queste sensazioni gli ricordavano quelle che aveva provato molti anni prima quando si era sottoposto ad un’anestesia totale per un intervento chirurgico. La sensazione soggettiva di perdita di controllo era molto fastidiosa e la combatteva scuotendo la testa e dicendo a se stesso “fermati”. Questo temporaneamente gli schiariva la mente e reintegrava il suo senso di autonomia, ma solo temporaneamente, poiché la sensazione di torpore e di essere fuori di sé ritornavano. Gradualmente, in alcune ore, le esperienze spiacevoli sfumavano. Il paziente era ansioso, comunque, per la possibilità di una loro ricomparsa, perché si rendeva conto che stavano aumentando sia in frequenza che in durata. All’epoca in cui il paziente giunse per il trattamento, manifestava questi sintomi due volte alla settimana, ed ogni crisi durava da 3 a 4 ore. In diverse occasioni gli episodi si erano manifestati mentre era alla guida dell’auto ed era solo; si preoccupava di poter avere un incidente, non guidava più, a meno che qualcuno lo accompagnasse. Aveva iniziato sempre più a discutere di questo problema con la sua ragazza che gli rinfacciava di essersi “fissato” su i propri sintomi. Il rendimento lavorativo del paziente rimase pressoché inalterato. Sebbene demoralizzato dai sintomi, dormiva bene la notte, non aveva rilevato cambiamenti nell’appetito, né deficit di concentrazione. Non era né stanco, né fisicamente “nervoso” per la sua preoccupazione. 4
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L’umore depresso G. B. Cassano - Valentina Lombardi*
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l termine “depressione” è utilizzato sia per indicare un particolare tipo di sentimento sia per la diagnosi di un sintomo o di un disturbo mentale. Associata alla tristezza, la depressione dell’umore è un fenomeno tipico della nostra specie, tuttavia sue forme rudimentali sono state osservate in altri vertebrati. Può essere percepita innanzitutto come dolore mentale probabilmente conservato nel corso dell’evoluzione perché utile alla sopravvivenza (Arieti, Bemporad 1978). I termini depressione e umore, sono oggi di uso comune. Nel linguaggio quotidiano, il “sentirsi depressi” può indicare anche una lieve flessione dell’umore. Periodi di tristezza con umore depresso, sono aspetti dell’esperienza umana che non devono essere considerati necessariamente episodi depressivi a meno che non vengano soddisfatti i criteri di gravità, durata e compromissione funzionale. Momenti o periodi prolungati di tristezza con senso di solitudine e abbandono in generale, non sono quindi sufficienti a definire l’episodio depressivo. Nei casi di pertinenza psichiatrica, lo stato di tristezza non si risolve in breve tempo e si trasforma in un senso di infelicità più intenso e di malessere psico-fisico. Il punto di separazione fra condizione affettiva patologica o adattativa e funzionale talora è mal definibile anche dal medico. La depressione può essere legata prevalentemente a fattori genetici e manifestarsi all’improvviso, a ciel
sereno, senza cause apparenti, “Come accendere e spegnere la luce” oppure in rapporto alle stagioni primavera e autunno. Nei più anziani in relazione a malattie fisiche, a traumi psicologici a perdite o lutti. Ma la maggioranza dei pazienti ci dice: “si soffre e basta, una sofferenza senza limiti e senza senso; non ci sono perché”. Siamo ancora alla ricerca dei sintomi fondamentali del disturbo depressivo. Infatti non è stato individuato il nucleo, l’essenza della patologia da cui derivano le diverse e variegate manifestazioni cliniche. Secondo alcuni, al centro del Disturbo depressivo stanno i sentimenti di colpa-autoaccusa e l’alterazione dell’esperienza soggettiva del passare del tempo. Nel depresso i minuti, le ore, le giornate che non passano mai. I cognitivisti (psicoterapia cognitiva di A. Beck) pongono al centro della patologia depressiva la triade cognitiva: visione negativa di sé, dell’ambiente e del futuro. Infine, un vasto gruppo di psichiatri considera il “Rallentamento psicomotorio”, come il principio “organizzatore” della malattia; da esso deriverebbero i vari aspetti della patologia melanconica, in primis l’umore depresso. Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-IV TR) pone l’accento sulla flessione del tono affettivo e sulla compromissione della sfera edonica. segue a pag. 6 5
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L’umore depresso segue da pag. 5
La più antica espressione individuata del “mal di vivere” risale ai tempi degli egizi, numerosi papiri e geroglifici, così come testimonianze dell’antico Vicino Oriente, narrano che i disperati vagavano nella valle del Nilo. Il male è ovunque e già se ne cercano le cause, i miti babilonesi per esempio attribuiscono le sofferenze dell’umanità a divinità misteriose. Di fronte a ciò, come stupirsi del fatto che i Babilonesi abbiano sofferto di disturbi che ricordano la nostra depressione ansiosa? Un sacerdote descrive così la condizione di un penitente “Malattia, languore, indebolimento, sofferenza si sono impadroniti di lui. Lamenti e sospiri, oppressione, angoscia, paura, tremore si sono impossessati, straziandoli, dei suoi desideri”. Neanche la Grecia antica può definirsi il paese della “gioia di vivere”. I Greci avevano un senso profondo della tragicità dell’esistenza, come tanti miti cercano di spiegare. Alla radice del pessimismo greco vi è il sentimento di un destino ineluttabile su cui l’uomo non ha presa alcuna. Se le religioni si accontentano di diffondere miti che esaltano la rassegnazione, le correnti filosofiche tentano di fornire spiegazioni razionali. Fin dal V secolo a.C. esse cercano di comprendere il fenomeno del “mal di vivere”, che designano con il preciso termine di malinconia. (Georges Minois: Storia del mal di vivere dalla malinconia alla depressione 2003) La fenomenica che noi oggi chiamiamo umore depresso è stata descritta infatti da numerosi autori del passato come “melancolia”. Il primo ad utilizzare i termini melancolia (depressione) e collera (mania) fu Ippocrate nel IV secolo a. C., secondo cui la prima era attribuita ad un eccesso di bile nera, la seconda ad un eccesso di bile gialla. Il termine melancolia è stato poi deformato dal lessico popolare e ne sono risultate le varianti “melanconia” e “malinconia”, dove la prima ha mantenuto il significato originale di malattia mentale, mentre la seconda individua più propriamente uno stato d’animo, ora doloroso ora intimistico e nostalgico, cui i filosofi greci (Platone e Aristotele) attribuivano una peculiare associazione con la creatività (citazione). Nel Medioevo la cultura cristiana impose una visione magico-religiosa dell’ umore depresso, interpretato come un peccato: fu introdotto il termine accidia, definita come uno stato ozioso e indifferente che indirettamente poneva l’accento sul tema della colpa. Secondo Dante, l’accidia è “un vizio per difetto dell’ira” (Convivio) e colloca gli accidiosi nell’ Inferno insieme agli irosi (l’ira è un derivato dall’accidia, che è un’avarizia dell’umore che inverte la prodiga ira). L’accostamento tra accidia e peccato pertanto, potrebbe aver contribuito culturalmente all’ affermarsi del binomio depressionecolpa. Se ancora oggi chiamiamo umore il nostro colorito affettivo è perché nel Rinascimento si rilancia la vecchia dottrina dei quattro umori che era accettata anche nel Medioevo ma adesso privata dell’involucro teleologico. La tematica religiosa dell’accidia viene cosi stemperata, ma mai eliminata, a vantaggio di una meditazione dialettica sulla malinconia come stato temperamentale. In effetti le proporzioni dei quattro umori danno luogo ai quattro temperamenti: l’ipocondriaco o malinconico (eccesso di bile nera), il bilioso (prevalenza di bile rossa), il flemmatico (prevalenza del flemma), il sanguigno (prevalenza del sangue). Il sanguigno era il temperamento migliore, anzi l’unico apprezzabile, mentre il melanconico era “il meno nobile” quello dei contadini miseri, fornai, zoppi, criminali. Con Ficino, invece, la malinconia diventa temperamento dei letterati e dei geometri, insomma il più nobile; pertanto, se nel Medioevo l’accidia era il peccato specifico degli uomini di Chiesa, dal Rinascimento diventa lo squilibrio degli intellettuali, in ambedue i casi, debolezze aristocratiche.(Sergio Benevento accidia).Tra XIX e XX secolo, si sono avverati significativi cambiamenti nella nosologia e nell’interpretazione dei diversi quadri depressivi. Il termine depressione comincia ad apparire nel 19° secolo per indicare uno stato di tristezza ed è derivato dal significato del termine latino “de” (giù) e “premere” (premere) schiacciare giù, essere depressi, essere portati giù nella condizione sociale. Introdotto da Lange (1886) e poi definitivamente consacrato da Kraepelin, inizialmente il termine indicava una coorte di pazienti accomunati dalla presenza di labilità emotiva, scarso funzionamento socio-lavorativo, perdita della gioia di vivere e continua sensazione di inspiegabile apprensione. Kraepelin ha utilizzato nel suo trattato il termine depressione come sinonimo di melancolia.
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In una nostra ricerca in collaborazione con l’Università di Pittsburgh, sono stati identificati 6 fattori componenti le diverse dimensioni psicopatologiche del complesso mosaico dello spettro depressivo: “Umore depresso”, “Rallentamento psicomotorio”, “Depressione correlata alle sostanze e a malattie fisiche”, “Suicidalità”, “Sintomi psicotici”, “Sintomi neurovegetativi”.
sentimenti di noia e nostalgia; la reattività dell’umore e la sensitività interpersonale e la compromissione dell’autostima. Nella tabella abbiamo riportato le singole dimensioni psicopatologiche che costituiscono a loro volta le diverse componenti del fattore umore depresso. Il modello descrittivo da noi utilizzato si propone di stabilire la relazione tra manifestazioni cliniche della depressione e basi anatomo-funzionali della malattia.
Il fattore “Umore depresso” è costituito da sintomi riconducibili a disfunzioni del sistema edonico, vedi la riduzione/perdita di interessi/piacere, dalla depersonalizzazione affettiva; da altri sintomi quali la lamentosità e la tendenza al pianto; la tristezza ed i
*Dottoranda in Neurobiologia e Clinica dei Disturbi Affettivi presso Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia e Biotecnologia dell’Università di Pisa
Tabella: i 23 item che costituiscono il fattore Umore depresso Nel corso della vita, ha mai avuto periodi della durata di almeno 3-5 giorni in cui si è sentito
Anedonia
Autostima e dimensioni correlate
…perdita di interesse per i suoi hobby, giochi o sport preferiti
…senso di frustrazione e di sconfitta, senza riuscire a trovare una giustificazione
…perdita di ogni capacità di sorridere, divertirsi e apprezzare la vita
... non aveva alcuna stima di sé, si sentiva una persona inutile, priva di qualsiasi talento e incapace di fare qualcosa di buono
…perdita dell’interesse e del piacere di stare insieme agli altri e preferiva trascorrere la maggior parte del tempo da solo
…eccessivamente critico o scettico verso quelle che gli altri consideravano come le cose importanti della vita
…perdita dell’interesse o del piacere per tutte o quasi tutte le cose che prima apprezzava
Reattività dell’umore/sensitività
…difficoltà a fare nuove amicizie
…facilmente infastidito da ogni cosa
…niente di quello che indossava le era gradito
…anche un evento di minima importanza poteva renderla triste
…perdita di interesse per le relazioni sentimentali
…difficoltà ad accettare di essere respinto, soprattutto da un partner sentimentale o da un amico
…perdita di interesse per l’aspetto …si sentiva senza uno scopo, come se ogni cosa avesse perduto il suo significato
Lamentosità/tendenza al pianto
…indifferenza verso qualunque evento accadesse
…si lamentava continuamente
Tristezza vitale
…piangeva con grande facilità
…continuamente triste, vuoto, depresso, abbattuto …facilmente serio, introverso, cupo …forte senso di noia …molto solo ...intensi sentimenti di nostalgia
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Curare la depressione con la luce Andrea Fagiolini* e Letizia Bossini**
L
a luce è fonte di vita e senza luce la vita, così come la conosciamo, non esisterebbe. Tale assunto era ben conosciuto dalle popolazioni più antiche e per questo culture fra loro differenti e distanti hanno sempre celebrato la rinascita del dio sole. La luce o la sua assenza sono in grado di stimolare o sopprimere la secrezione di ormoni che agiscono sul sonno, sul senso di fame o sazietà, sulla temperatura corporea, sull’umore e sulle funzioni riproduttive.
tificiale riduceva la sintomatologia fino ad eliminarla completamente: era la nascita della “Terapia della Luce”. Queste osservazioni portarono nel 1984 al primo studio controllato sui benefici della Terapia della Luce e da allora numerose ricerche ne hanno confermato l’efficacia nella SAD. Alcuni studi recenti hanno inoltre ipotizzato un possibile beneficio della terapia con la luce anche in altre condizioni come la Depressione Maggiore non stagionale, la Bulimia Nervosa, la Disforia Premestruale, la Depressione ante e post-partum ed i Disturbi del Sonno. Sebbene ulteriori ricerche siano necessarie prima di trarre conclusioni definitive, è interessante notare come tutte le condizioni sopra descritte condividano una peculiare alterazione della sincronizzazione fra l’ecosistema esterno e quello interno. Una terapia re-sincronizzante del ritmo circadiano e circa-stagionale trova quindi il suo razionale di utilizzo, ovviamente con tempi e modi diversi a seconda del disturbo ed a seconda dei sintomi con cui questo si esprime in ogni singolo paziente.
Ciascun individuo può avere una maggiore o minore sensibilità agli effetti della luce e alle sue variazioni diurne e stagionali. In numerose malattie psichiatriche si riscontrano alterazioni cronobiologiche con un andamento periodico e caratterizzato da ricadute depressive primaverili o autunnali, fasi maniacali estive, cambiamenti dell’intensità della depressione dal mattino alla sera, etc. L’andamento periodico dei disturbi dell’umore è conosciuto fin dal 1806, quando Pinel osservò che la luce influenzava l’esordio, il decorso e la ricorrenza dei parossismi maniacali. Dopo circa 80 anni, Rosenthal descrisse poi il Disturbo Affettivo Stagionale (SAD), un tipo di depressione che si manifesta in modo fortemente correlato alle variazioni della stagione e della luce. Nello stesso periodo fu notato che, in assenza di luce naturale, l’esposizione ad una fonte di luce ar-
La Terapia della Luce si propone dunque di ripristinare i cicli circadiani alterati riproducendo l'intensità della luce solare. E’ una terapia non invasiva riconosciuta ufficialmente da varie associazioni ed istituzioni quali l'American Psychiatric Association e dal National Institute of Mental Health e consigliata anche da linee guida come quelle canadesi, che la riconoscono come presidio terapeutico “CAM” (ovvero di medicina complementare) nella 8
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depressione ad andamento stagionale.
di esposizione; se la luce è di 10000 lux, bastano 30 minuti.
Sebbene i meccanismi esatti con i quali la luce e la terapia con
Di solito i primi segnali di miglioramento della sintomatologia de-
la luce producono i loro effetti sugli organismi viventi non sia-
pressiva si registrano già nel giro di 4 o 5 giorni, ma il trattamen-
no ancora completamente noti, sappiamo bene che la stimola-
to va mantenuto di norma per almeno 7 -14 giorni. I cicli di 7 gior-
zione luminosa passa attraverso gli occhi (ma recenti studi han-
ni vengono spesso ripetuti nel tempo.
no dimostrato anche il ruolo della pelle) e arriva alle zone cere-
La fototerapia può essere utile anche per prevenire la depres-
brali come l’epifisi (o ghiandola pineale), dove regola primaria-
sione stagionale: il paziente può utilizzarla all'inizio dell'autun-
mente la secrezione della melatonina. L’epifisi fu scoperta più
no prima che la progressiva riduzione della luce provochi la
di 2300 anni fa da Herophilus (325-280 a.C.) che riteneva
malattia.
controllasse il flusso della memoria. Cartesio la definì la
Il costo delle lampade per la terapia con la luce varia tra i 50
“sede dell’anima” e gli orientali la considerano il “terzo oc-
e i 300 euro ed esistono poche controindicazioni. Tra queste
chio”. Biologicamente l’epifisi deriva da un organo presente in
sono tuttavia incluse tutte le condizioni mediche per le quali
quasi tutte le specie, comprese quelle più lontane da noi quali
sia necessario evitare l’eccessiva esposizione a luce natura-
i rettili e gli anfibi. In queste specie le cellule che la compongo-
le (esempio glaucoma, degenerazione maculare, retinite
no, i pinealociti, sono in grado di rispondere direttamente alla lu-
pigmentosa, etc) o l’assunzione di farmaci o erbe (come l’ipe-
ce. Nei vertebrati superiori come i mammiferi, tra cui l’uomo,
rico o Erba di San Giovanni, il metotrexate, la clorochina,
invece, la risposta alla luce è mediata da altre strutture nervo-
certi antibiotici, etc) per i quali siano noti effetti fototossici o
se, primariamente la retina (parte dell’occhio), che comunque
un rischio di porfiria. L’uso della terapia della luce in pa-
trasmettono le informazioni sui segnali luminosi all’epifisi, e con-
zienti con disturbo bipolare non è controindicato. Tuttavia,
trollano così la sintesi e la secrezione della melatonina. In bre-
la terapia con la luce è sconsigliata in presenza di sinto-
ve, l'impulso luminoso raccolto dalla retina, giunge al nucleo so-
mi quali agitazione, irritabilità, insonnia, accelerazione
prachiasmatico inibendone l’attività elettrica, attivata invece dal
del pensiero o altri sintomi maniacali. In caso di compar-
buio. L'informazione passa dunque all'ipotalamo laterale da cui
sa dei sintomi di cui sopra in un paziente che stia già rice-
si dipartono le fibre dirette al midollo toracico, dove originano
vendo la terapia con la luce, sarà necessario interrompere il
le fibre che terminano nei neuroni pregangliari del nucleo cer-
trattamento. E’ verosimile (anche se non ancora completa-
vicale superiore che proiettano all’epifisi, inibendo (la luce) o non
mente dimostrato da studi scientifici) che i pazienti in tratta-
inibendo (l’assenza di luce) la produzione della melatonina.
mento con stabilizzatori dell’umore o antipsicotici abbiano un
La teoria più accreditata sul funzionamento della terapia della lu-
rischio minore di viraggi maniacali rispetto a quelli che non
ce è proprio legata alla sua influenza sulla ghiandola pineale (i.e.,
ricevono tali farmaci. E’ inoltre indispensabile che la lampa-
l’epifisi) e alla possibilità che una luce a 2500 lux sospenda la se-
da abbia il più alto livello possibile di blocco dei raggi ultra-
crezione di melatonina. E’ verosimile che, tramite la melatoni-
violetti e che le persone ad alto rischio di tumore cutaneo (ad
na, la luce agisca poi sul rilascio di neurotrasmettitori (5HT e DA)
esempio melanomi) si espongano alla lampada solo dopo aver-
e sul riequilibrio del sistema immunitario ed endocrino. Al tem-
la fatta esaminare dal dermatologo e previa applicazione di
po stesso la somministrazione di luce ad ampio spettro
una crema ad adeguato fattore protettivo. Gli effetti collate-
contribuisce alla regolazione dell’orologio biologico che re-
rali più frequentemente riportati sono il fastidio agli occhi
gola il ritmo veglia-sonno.
(19%), cefalea (13%), irritabilità (6%), nausea (7%) e sudo-
L’unità di misura dell’intensità della luce usata per la fototera-
razione (6%). Questi effetti sono in genere leggeri e legati
pia è il lux ed il range terapeutico va da 2500 a 10000 lux, corri-
ad un’esposizione eccessiva alla luce. Nella maggior parte dei
spondente ad un’intensità di 25 -100 volte maggiore rispetto al-
casi, si tratta di minimi fastidi ben tollerati ed eliminabili di-
la luce di un ambiente interno illuminato artificialmente.
minuendo il periodo d’esposizione o cambiando l’ orario di
Di norma le sedute di luce-terapia sono effettuate ad
esposizione. E’ in ogni caso necessario che si tenga ben
occhi aperti e non necessariamente diretti verso la fon-
presente che la fototerapia costituisce un trattamento sani-
te luminosa, preferibilmente in autunno o in inverno
tario relativamente potente, e come tale deve eseguirsi sot-
ed in presenza (o previsione) dei primi sintomi della de-
to consiglio e supervisione dello psichiatra specialista, che sa-
pressione stagionale. E’ opportuno porre la lampada ad un
prà applicare con la corretta metodologia questa terapia e va-
livello superiore agli occhi. Sembra infatti che la terapia con
lutarne l’idoneità per la cura del paziente.
la luce abbia una maggiore efficacia quando l’illuminazione * Professore Associato di Psichiatria. Direttore Unita’ Operativa Complessa e Scuola di Specializzazione in Psichiatria, Universita’ di Siena e Azienda Ospedaliera Universitaria Senese
viene dall’alto, e in effetti la natura ci ha “programmati” per ricevere la luce dal cielo. Più indicate per l’esposizione sono solitamente le prime ore della giornata per un tempo di esposizione variabile con l’intensi-
**Psichiatra e Tecnico Laureato, Universita’ di Siena
tà: se la lampada irradia solo 2500 lux, sono necessarie 2 ore 9
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Testimonianza
Il dolore trasparente Laura - Partecipante GAA IDEA Roma
M
i sono svegliata una mattina di settembre, a sedici anni, e ho visto il mondo diverso, in bianco e nero, come se una notte fosse bastata a cancellare colori e suoni. A scuola Giulia suonava i suoi primi accordi di chitarra, come sempre, io guardandola mi chiesi: "Ma perché lo fa?" Mi lasciò sgomenta il fatto di non trovare un significato a un gesto così semplice; lei era allegra e strimpellava la sua chitarra e tutti intorno chiacchieravano, c'era chi la accompagnava cantando. Di lì a poco sarebbero cominciate le lezioni. Doveva essere un normale giorno di scuola. Non sapevo ancora che per me stava cominciando un inferno. Piano piano, durante quella stessa mattina, mi accorsi con orrore che tutte le persone intorno a me, i miei amici, i banchi, i professori, le loro parole, le risate, gli scherzi, i muri, i bagni… nulla più aveva un senso. Anche gli odori, un tempo familiari, erano ora diversi; li sentivo con più intensità, come se le narici fossero diventate improvvisamente più sensibili, percepivo i profumi più profumati, il puzzo più puzzolente. Ma anche l'odore dei banchi o dei libri (quegli odori che in qualche modo ti collocano in una situazione, in un tempo, in un ruolo, regalandoti un'identità) mi arrivavano troppo intensamente, violentemente alle narici,
fino a darmi la nausea. Quella fu la prima volta che non provai sollievo all'uscita della scuola. Non sapevo che nome dare a questo "qualcosa" che si era impadronito di me; delle mie emozioni, del mio corpo, e pure delle mie narici. Mi vergognavo anche, credevo che dall'esterno gli altri potessero accorgersi di quello che mi stava accadendo dentro, nello stesso momento ero stupita che continuassero a parlarmi e a comportarsi con me come sempre, perché io non ero e non sarei mai più stata quella di sempre… Passavano i mesi, passavano le stagioni ed io osservavo stupita da dentro la mia "tomba" le cose accadere, ripetersi, finire, ricominciare. Il mio dolore sapeva di piombo, facevo fatica a camminare, a muovermi, a respirare. Ogni inspirazione ed espirazione erano lì a ricordarmi che ero viva, ero un essere umano come gli altri, avevo come loro un cuore per amare e un cervello per pensare e le gambe per correre al suono dell'ultima campanella, all'uscita della scuola. Ma le mie gambe erano stanche, il mio corpo ferito, la mia anima annientata. Quando arrivò l'ultimo anno di liceo le mie forze si stavano davvero esaurendo. Mi sentivo malata di una malattia gra10
ve. Avevo la morte dentro, e il mio sguardo la rifletteva in tutta la sua grandezza. Un giorno di febbraio dell'ultimo anno di scuola, sedevo al mio banco durante la lezione di filosofia, prendevo appunti quando all'improvviso tutto si ruppe. Fu come se la mia testa fosse andata in pezzi, in minuscoli pezzettini di vetro e sentii il dolore più forte della mia vita. Fu come morire e sapere di stare morendo (si trattò forse del mio primo "attacco di panico"). Capii all'istante che si trattava di qualcosa di molto grave, raccattai le mie cose velocemente, mi alzai e senza dire niente uscii dalla classe. Non scorderò mai quel tragitto, dalla porta della mia aula al portone dell'uscita. Le finestre soprattutto sembravano cascarmi addosso ed erano più quadrate del normale, feci caso che tutte le cose quadrate erano come più quadrate e i corridoi erano lunghissimi, non finivano mai e ondeggiavano, come sotto l'effetto di una droga potente, scendendo le scale sentivo che le gambe non reggevano, erano molli e pesanti. "E' finita", pensai, ma non fu un pensare. Ero sicura di essere impazzita. Arrivata a casa, mi ran-
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nicchiai tra il letto e il tavolo della mia stanza, stringendo forte con le mani le gambe del tavolo perché avevo la sensazione di sollevarmi da terra, di volare in qualche modo. In casa non c'era nessuno, era mattina, i miei genitori lavoravano e mio fratello, poco più grande di me, era all'università. Cominciai a singhiozzare, non posso dimenticare quel pianto perché veniva da una zona del corpo che non conoscevo ed esprimeva dolore allo stato puro. Disperazione. Non era qualcosa o un pensiero definito a farmi piangere, ero io, proprio io, il mio corpo che piangeva da solo. Ebbi delle visioni, vidi la psicologa del gruppo di terapia che voleva uccidermi con un lungo coltello affilato, come in certi film dell'orrore. Verso l'ora di pranzo mia madre mise la chiave nella serratura, non mi aveva neanche sfiorato l'idea di telefonarle per chiederle aiuto. E mi trovò così. Accucciata tra il letto e il tavolo, con le mani sempre strette alle gambe del tavolo per evitare di prendere il volo, la faccia gonfia per quanto avevo pianto e continuavo a ripetere che la mia ex-psicologa voleva uccidermi. Mia madre telefonò immediatamente a un suo amico di vecchia data, un neuropsichiatra molto noto nel suo campo. Venne di là e mi chiese se volevo incontrarlo. Dissi subito sì. E devo dire pensai: "Ecco, non ci sono dubbi, sono pazza, i pazzi vanno dallo psichiatra!". La poltrona di questo dottore un po' cicciotto, con gli occhiali spessi, alto e con l'aria furba, fu la mia salvezza. Mi aveva visto a tre anni, mi disse, e poi: "Raccontami tutto". Avevo difficoltà a parlare, le parole uscivano distorte, ma io vedevo che lui capiva, glielo leggevo negli occhi da dietro le spesse lenti dei suoi occhiali. Era la prima persona al mondo a capire il mio problema, mi anticipava parlando, dava voce e dignità al mio dolore. Lui non capiva la mia sofferenza, lui la sapeva. Non ero l'unica al mondo a stare così, mi disse, è pieno di gente che va dallo psichiatra, a partire da quasi tutti i politici! Mi disse: "Laura, tu soffri di una malattia curabile. Devi essere contenta perché non è mortale". Quelle parole, apparentemente ciniche, ancora mi sono d'aiuto. Fece una diagnosi che si rivelò esatta: "Depressione ciclica bipolare".
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Tornata a casa dopo il dottore cicciotto, mi fecero delle iniezioni che lui mi aveva prescritto per la fase acuta, quella in cui mi trovavo. Dopo più di un mese tornai a scuola. Non me ne importava più niente né della scuola, né dei miei amici, né degli esami di maturità. Non studiai più, ed io amavo studiare, ma era impossibile perché tra i tanti effetti collaterali dei farmaci che prendevo c'era la perdita di concentrazione. La commissione d'esame era stata informata dalla mia professoressa d’italiano che una ragazza non stava bene. Forse mi tranquillizzò che sarebbero stati più magnanimi con me, ma così io ero la diversa, diversa da tutti quelli che davano la maturità quell'anno, diversa dai miei coetanei e dai miei amici. Ero diversa, questo mi faceva tanto male. Forse perché quella è ancora un'età in cui si cerca di uniformarsi al gruppo, di ricercare la propria identità attraverso l'approvazione degli altri. O forse perché la diversità in ogni caso è un fardello pesante da portare, prima di arrivare a farne un privilegio in alcuni casi, o, come nel mio, accettare la realtà e imparare a convivere con il mio problema. Sostenni gli esami, presi quarantaquattro e uscii dal portone della scuola con la gioia di non doverci mettere più piede. I membri della commissione d'esame chiesero alla mia insegnante d'italiano se ero proprio io la ragazza con dei problemi, perché a loro non era sembrato che ne avessi. Il mio dolore è trasparente, lo “vedo” solo io, non mi esce un bubbone ogni volta che entro in depressione, sarebbe più facile da accettare per tutti, forse anche per me. Io amo moltissimo la vita, sono felice di essere nata, di questa fortunata combinazione che mi ha dato la possibilità di scoprire io chi sono, conoscere persone meravigliose durante il mio cammino, anche nei momenti più duri. Attraverso il dolore ho scoperto la solidarietà, cosa significa accogliere il dolore di un altro essere umano e cullarlo come fosse un bambino per poi restituirglielo meno struggente, più sopportabile. Quasi assopito. Come hanno fatto i miei genitori tante e tante volte con me e il mio dolore. Ho imparato a dare, ad ascoltare, ad annullarmi nei racconti degli altri così che trovassero uno spazio
aperto dove sfogarsi. Ho imparato anche a difendermi dal troppo coinvolgimento emotivo che può crearsi in alcune circostanze. La depressione consiste in questo: perdere la volontà. E chi per sua fortuna non è mai passato attraverso il suo inferno, non potrà mai capire cosa questo significhi, come io non posso capire il dolore di chi passa l'esperienza della droga, o la giornata di un diabetico. E’ questa solitudine nel sentire, nel provare un'esperienza non comune, almeno tra le persone che conosco, che mi fa sentire diversa dagli altri. La verità è che nel dolore si è sempre soli, mentre la gioia si può condividere. Il dolore è intimo, personale, va tenuto nascosto in una società che ti urla da tutte le parti che devi essere felice, avere tanti soldi per comprarti i vestiti di marca, l'auto all'ultima moda, devi portare la taglia quarantadue, mangiare cibi sempre meno sani ma belli da guardare, fare diete a base di schifosi papponi con chissà cosa dentro. Ditemi, in una società di questo tipo, io che possibilità ho, io, che periodicamente smetto di vivere, a malapena esisto, e tutto si ferma, per mesi e quando "resuscito”, già è tutto cambiato. E mentre tutti programmeranno le loro vacanze di Natale, io farò i primi passi in un mondo ritrovato, come un bambino che cammina per la prima volta. Oh! Quante volte si è ripetuta questa pellicola. Quante volte. La so a memoria e francamente è già da un po' che mi ha annoiato ma non sono io a maneggiare il proiettore, sono i neurotrasmettitori nel mio cervello, e alcune sostanze dette dopamina, serotonina e non so quali altre. Dalle finestre della mia stanza posso vedere l'edera tinta di rosso, per un istante magico posso dimenticare tutto, perfino chi sono. E' con istanti come questo che mi sono salvata. Ci sono persone che mi danno miracolosamente la forza di non abbandonare mai, neppure per un attimo, la mia battaglia. C'è chi ha sofferto con me, per tutto il tempo che ho sofferto io, dedico a queste persone eccezionali i colori dell'autunno e di tutte le stagioni pronte ad esplodere, morire e rinascere ancora dentro ognuno di noi.
Nel ringraziare la Sig.ra Laura, per la coinvolgente testimonianza, rinnoviamo l’invito a tutti i nostri gentili lettori ad inviarci articoli e testimonianze, personali o dei propri cari, affinché l’esperienza di chi ha sofferto possa essere di aiuto ad altri. 11
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Qualcuno vi ascolta (Risponde Prof. Antonio Tundo, Istituto di Psicopatologia, Roma)
Lucia, dalla provincia di Matera, scrive: “Ho 53 anni e, da quel che ricordo, sono sempre stata una persona ansiosa, piena di scrupoli, che entrava in allarme per il minimo imprevisto. Questo non mi ha però impedito di fare una vita “normale” fino a 2 anni fa. Poi, da quando mio figlio è andato a lavorare a Biella, la mia vita è diventata un inferno: non faccio altro che pensare al peggio, immagino che possa accadere un incidente a mio marito o ai miei figli, bastano 5 minuti di ritardo e mi viene una morsa alla bocca dello stomaco… sono sempre tesa, agitata e faccio una gran fatica ad addormentarmi quando vado a letto. Anche i miei non ce la fanno più: li chiamo continuamente al telefonino per sapere se stanno bene e a che ora torneranno a casa come pure per ricordargli di stare attenti, di essere prudenti. Cosa mi sta accadendo? Posso fare qualcosa per migliorare o devo rassegnarmi a questa vita?”.
inizia pian piano e peggiora gradualmente nel tempo, chi
Cara Lucia, da quanto mi racconta la sua condizione
ni risultati si possono ottenere con alcuni antidepressivi
sembra rientrare in quello che noi psichiatri chiamiamo “di-
serotoninergici o triciclici, come pure con alcuni antiepilet-
sturbo d’ansia generalizzata”. Si tratta di una patologia piut-
tici. La terapia cognitivo comportamentale è, tra le tecni-
tosto comune (si calcola che da 3 a 8 persone su cento ne
che psicologiche, quella che più ha dimostrato un’effica-
soffra o ne abbia sofferto) caratterizzata proprio da uno
cia specifica. Ritornando alla sua domanda “cosa fare?”,
stato di preoccupazione eccessiva che va avanti per più di
le suggerisco di contattare con fiducia uno specialista per
6 mesi e che si accompagna a una serie di altri sintomi co-
ricevere una diagnosi e una terapia individualizzata. Le ri-
me irrequietezza, facilità a stancarsi, difficoltà di concen-
cordo infatti che, come ho più volte ribadito in questa ru-
trazione, irritabilità, incapacità a rilassarsi e disturbi del son-
brica, solo una visita diretta può permettere ad un me-
no. Come per le altre patologie psichiatriche, e come pe-
dico di comprendere bene di cosa una persona soffra e
raltro per la maggior parte di quelle mediche, non se ne
di proporre la terapia più adatta al singolo caso.
conoscono bene le cause e al suo sviluppo probabilmen-
Certamente, non vedo nessun motivo per rassegnarsi a
te contribuiscono sia fattori biologici, sia psicologici. Poiché
vivere quella che lei stessa definisce una vita d’inferno.
soffre di ansia generalizzata in qualche modo si adatta a convivere con questo stato di continua preoccupazione che finisce con il considerare un normale aspetto del proprio carattere. La richiesta di aiuto arriva quando, come nel suo caso, il malessere diventa così forte da creare una profonda sofferenza, da condizionare i rapporti con il resto della famiglia o da causare difficoltà sul lavoro. Un altro motivo che può indurre a rivolgersi ad uno specialista è l’abuso di alcol, ansiolitici o antidolorifici, che inizialmente vengono assunti per ridurre lo stato di tensione ma con il tempo causano abitudine e dipendenza, oppure lo sviluppo di una vera e propria depressione. Oggi abbiamo diverse terapie, farmacologiche e psicologiche, efficaci nell’ansia generalizzata. Per quanto riguarda i farmaci, buo-
Inviate le vostre lettere per posta ordinaria al Prof. Antonio Tundo - Idea Bologna, Via Barberia 18 • 40123 Bolognao per E-mail: idearisponde@tin.it In questa rubrica saranno pubblicate quelle che contengono richieste di informazioni o quesiti clinici di interesse comune
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In breve dalla ricerca (a cura della Dott.ssa Fulvia Marchetti, Istituto di Psicopatologia, Roma)
Ridurre COLESTEROLO e TRIGLICERIDI per prevenire la depressione Secondo una recente pubblicazione (Oskooilar e collaboratori, J Clin. Psychiatry, Novembre 2009) esisterebbe un importante legame tra grassi nel sangue e depressione. In particolare, nella depressione “malinconica” sarebbero bassi i livelli di colesterolo HDL (o “buono”), mentre in quella “atipica” sarebbero alti i livelli di colesterolo LDL (o “cattivo”). Inoltre, nei soggetti con depressione in atto i livelli di trigliceridi sarebbero superiori sia a quelli dei soggetti sani, sia a quelli dei soggetti con depressione in via di risoluzione. Alla luce di questi dati sembra fondamentale per chi soffre o ha sofferto di depressione mantenere uno stile di vita salutare finalizzato alla prevenzione ed alla cura dell’obesità.
Lo ZINCO è utile nella cura della depressione? E’ da sempre noto che lo zinco svolge un importante ruolo nello sviluppo delle funzioni cerebrali. Partendo da questa osservazione, Sawada e collaboratori (Eur. J. Clin. Nutr. Gennaio 2010) hanno testato l’efficacia antidepressiva di questa sostanza chimica confrontandola con quella di un semplice complesso multivitaminico. Alla fine dello studio, durato 10 settimane, è risultato che coloro che hanno assunto zinco ottengono un miglioramento della sintomatologia depressiva superiore a quello ottenuto dai soggetti in trattamento con vitamine. Benché lo studio di Sawada non abbia nell’immediato una ricaduta terapeutica, rappresenta un’ipotesi di lavoro ed una prospettiva per la futura ricerca.
Conseguenze per il NEONATO del FUMO PASSIVO Uno studio di Ruckinger e collaboratori pubblicato su Environ Health Perspect del gennaio 2010, ha dimostrato che se la madre fuma durante la gravidanza o espone il neonato al fumo passivo nei primi mesi di vita questo avrà un’alta probabilità di sviluppare un disturbo del comportamento in età scolare. Il rischio si riduce se l’esposizione è solo in fase intrauterina o solo nel periodo post natale, anche se in tutti i casi rimane molto al di sopra di quello dei bambini non esposti.
Vaccino e dipendenza da COCAINA L’uso di cocaina è sempre più diffuso e spesso collegato a doppio filo con i disturbi dell’umore, depressione e disturbi bipolari. Purtroppo, gli strumenti a disposizione dello psichiatra per aiutare il paziente a non ricadere nella dipendenza, una volta effettuata la disintossicazione, sono pochi e poco efficaci. Una speranza viene oggi da un vaccino in avanzata fase di sperimentazione. Uno studio condotto da Martell e collaboratori (Arch Gen Psychiatry, Ottobre 2009) su 115 soggetti ha dimostrato che questo vaccino riduce significativamente per diversi mesi il ricorso alla sostanza. L’effetto del vaccino sembra collegato allo sviluppo di specifici anticorpi anti-cocaina.
DIETA MEDITERRANEA e depressione Un’alimentazione di tipo mediterraneo, ricca di olio di oliva, pesce, frutta e cereali, oltre a ridurre l’incidenza delle malattie cardiovascolari e del cancro sembra in grado di ridurre in modo significativo anche l’incidenza di depressione e di malattie degenerative del sistema nervoso centrale, come la demenza di Alzheimer (Scarmeas e collaboratori Duke Med Health News, Dicembre 2009). Questa osservazione, oltre a confermare quanto complessi siano i fattori che contribuiscono allo sviluppo della depressione, apre nuove prospettive di cura. 13
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L’importanza del ritmo I Disturbi dell’Umore come aritmie od asincronie dell’ orologio biologico Francesco Casamassima*
“Sentire il ritmo, avere il ritmo in testa o nel sangue, andare, muoversi, danzare, cantare, suonare a ritmo, tenere, segnare il ritmo, girare a pieno ritmo. La dinamica di un brano musicale, la prosodia del linguaggio parlato, la metrica nella poesia. Il ritmo della vita, delle stagioni, delle giornate, della crescita, dello sviluppo, del progresso, della vita quotidiana. Il ritmo può essere accelerato o rallentato, incalzante, cadenzato, concitato, sostenuto, estenuante …”.
Immaginare la nostra vita senza ritmo richiede uno sforzo
cerebrale” è situato nel nucleo soprachiasmatico dell’ipo-
non da poco. E’ come togliere al tempo ed allo spazio la mi-
talamo ed in assenza di stimolazioni ambientali esterne man-
sura, l’armonia, la successione, la prevedibilità. Il ritmo
tiene un periodo di circa 24 ore (vale a dire che il nostro oro-
rappresenta appunto la prevedibilità, l’intrinseca regolarità
logio biologico rimarrebbe allineato a quello naturale anche
di tutto quello che ci circonda. Siamo rassicurati dal ritmo
se buttassimo gli orologi e vivessimo isolati dai cicli gior-
più che da ogni cosa, nell’alternarsi continuo degli accadi-
nalieri di luce-buio).
menti personali e naturali, come i bambini si addormenta-
E’ esperienza comune che l’orologio biologico funziona
no nella culla.
anche da sveglia. A quanti di noi capita di svegliarsi tutte le
E siamo predisposti biologicamente al ritmo: tutti conosco-
mattine alla stessa ora, magari pochi minuti prima dell’ora-
no il ritmo del respiro e dei battiti del cuore, del sonno e del-
rio in cui avrebbe dovuto suonare la sveglia? L’orologio
la veglia quotidiani, dei cicli mestruali nelle donne. Meno
biologico apprende le nostre abitudini e ci aiuta ad essere
persone sanno che il ritmo è fondamentale per il nostro or-
regolari, a mantenere i nostri ritmi. Un ormone, la melato-
ganismo in modo molto più pervasivo. La temperatura cor-
nina, rilasciato dalla ghiandola pineale, è espressamente
porea, la secrezione degli ormoni, la regolazione dei neu-
coinvolto nel mantenimento dei cicli sonno-veglia e nella re-
rotrasmettitori, i livelli di attenzione e concentrazione, finan-
golazione dell’orologio biologico. Difatti, la secrezione del-
che l’espressione genica, rispondono a ritmi preordinati e
la melatonina viene soppressa dalla luce, favorisce l’ad-
cadenzati ultradiani, circadiani, mensili, stagionali ecc..
dormentamento ed è soggetta a variazioni stagionali;
L’importanza del ritmo è tale che, nel corpo umano, le cel-
recettori per la melatonina sono diffusamente presen-
lule deputate a tenere il tempo sono raggruppate in nuclei
ti nel nostro cervello.
specifici ed iperspecializzati. Il pacemaker naturale del
La ricerca scientifica ha identificato due rare malattie ge-
cuore è localizzato nel nodo seno-atriale, invece l’ “orologio
netiche, la Sindrome Familiare della Fase di Sonno Anticipata 14
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estate. Il SAD oltre ad essere curabile con antidepressivi, risponde tipicamente alla light therapy (terapia della luce: consiste nell’esposizione a fonti luminose di solito dopo il risveglio mattutino; vedi articolo del Prof. Fagiolini in questo numero a pag. 8). Sintomi depressivi fino allo sviluppo di quadri sintomatologici di una certa gravità, sono inoltre presenti frequentemente nelle persone che, per motivi di lavoro, devono sottoporsi a turni notturni, ed a frequenti spostamenti degli orari di lavoro dal giorno alla notte e viceversa (es. operai, piloti di aerei e personale addetto ai trasporti pubblici, medici, lavoratori nei locali notturni ecc.). Per avere un’idea di come lo sconvolgimento del regolare ritmo sonno veglia possa influire sul nostro funzionamento, sulle capacità cognitive e pragmatiche, basti pensare alle sensazioni di confusione mentale, stordimento, inibizione, sonnolenza, irritabilità, ansia, e perfino nausea con capogiri che costituiscono la sindrome da jet lag, quando rientriamo da una vacanza con un volo intercontinentale e dobbiamo ritornare in fretta ai ritmi di vita precedenti. Infine, tutti gli esseri umani hanno una personale preferenza per le ore mattutine o serali e sono pertanto scherzosamente classificabili in “allodole”, ovverosia persone che non fanno fatica a svegliarsi presto la mattina e sono lucide, attive e piene di energia appena sveglie, o “gufi”, ovverosia individui che faticano a carburare durante il giorno e danno il meglio delle loro potenzialità alla sera. Secondo recenti studi scientifici, rispetto ai morning types (le allodole o (FASP), e la Sindrome Familiare della Fase di Sonno Ritardata
“tipi mattutini”), gli evening types (i gufi, o “tipi not-
(DSPS). I pazienti affetti da queste sindromi si addormenta-
turni”) sarebbero più suscettibili a cadere in depressio-
no e si svegliano rispettivamente molto prima o molto do-
ne nel corso della loro vita.
po dell’orario desiderato (nel primo caso, la persona che si
Queste particolari evidenze ed il fatto che i disturbi dell’umo-
aspetterebbe di andare a letto alle 22.30 sente un bisogno
re comportino evidenti squilibri dei ritmi biologici in termini
fortissimo di dormire alle 20.30, e nei giorni seguenti l’ora-
di livelli di energie, temperatura corporea, increzione or-
rio di addormentamento viene costantemente anticipato;
monale, pressione arteriosa e livelli di melatonina, hanno
nel secondo caso la persona riuscirà ad addormentarsi sol-
spinto i ricercatori a concentrare i loro sforzi sulla genetica
tanto alle 00.30 e nei giorni successivi sempre più tardi).
e la fisiologia che regolano l’ orologio biologico. Alcune teo-
Poiché le ore di luce e di buio e le abitudini sociali – pasti,
rie attribuiscono alla de-sincronizzazione dei ritmi circadia-
orari di lavoro, svaghi nel tempo libero – sono indipendenti
ni un’importanza centrale nella patogenesi della Depressione
dalla nostra volontà, riusciamo ad intuire il disagio a cui van-
Maggiore e del Disturbo Bipolare. La social zeitgeber
no incontro i pazienti affetti da queste sindromi. In aggiun-
theory (“teoria del metronomo dei ritmi sociali”) sostiene,
ta, è interessante notare come la FASP e la DSPS si asso-
ad esempio, che gli eventi vitali negativi o stressanti preci-
ciano spessissimo a sintomatologia depressiva ed ansiosa.
piterebbero gli episodi depressivi o maniacali non in virtù
I sistemi di classificazione delle malattie mentali da tem-
degli accadimenti di per se stessi, ma per via della de-sin-
po includono il Disturbo Affettivo Stagionale (SAD).
cronizzazione delle nostre abitudini e ritmi routinari.
Si tratta di una sindrome che colpisce l’1-3% della po-
Estremizzando il senso di questa teoria, un grave lutto o lo
polazione ed è caratterizzata dalla ricorrenza di epi-
stress derivante da turni di lavoro notturni, comporterebbe-
sodi depressivi soltanto nei mesi invernali, con miglioramento della sintomatologia nella primavera-
segue a pag. 16 15
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L’importanza del ritmo I Disturbi dell’Umore come aritmie od asincronie dell’ orologio biologico segue da pag. 15
ro un identico rischio di depressione in una persona predi-
una alternanza di eccessi (mania, depressione, agitazione
sposta, proporzionale allo stravolgimento dei ritmi giorna-
psicomotoria, labilità emotiva, esaltazione e pessimismo
lieri precedenti.
estremi, accelerazione e rallentamento ideativo ecc.) ed un
La circadian phase shift theory (teoria dell’avanzamento di
eccesso di alternanza (ciclicità, reattività patologica dell’umo-
fase circadiana) attribuisce il maggiore peso patogenetico
re, difficoltà a prevedere i propri cambiamenti e pertanto a
all’incapacità dell’orologio biologico dei pazienti di re-
fare progetti a lungo termine). Il passaggio da una fase al-
golarsi in base all’orologio naturale dell’alternarsi luce-
l’altra dell’umore è spesso conseguente a fattori esterni ap-
buio. Ad esempio, una persona affetta da Disturbo Affettivo
parentemente innocui: una notte insonne, un viaggio, l’in-
Stagionale non riuscirebbe ad allineare i ritmi di funziona-
stabilità metereologica, la modifica delle proprie abitudini.
mento dell’organismo al progressivo ritardo del sorgere del
Alcune delle terapie utilizzate nella depressione mag-
sole al mattino nei mesi invernali. La light therapy potrebbe
giore unipolare sono efficaci anche per i sintomi depres-
quindi sopperire alle ore di luce mancate.
sivi del disturbo bipolare. Per quanto riguarda invece la profilassi dell’instabilità dell’umore e la prevenzione delle ri-
La prima cosa che facciamo quando un computer si blocca,
cadute, ci appare rilevante sottolineare che i sali di litio, uno
un disco si incanta, l’orologio al polso si ferma è provare a
dei più prescritti ed efficaci stabilizzatori del tono dell’umo-
scuotere, resettare, spegnere e riaccendere gli apparecchi.
re, tra i tanti meccanismi d’azione studiati, ne ha uno mol-
Similmente, non dovrebbe sorprendere che, in accordo con
to interessante: agisce sulla proteina GSK3‚ che è forse il
le teorie citate, la deprivazione totale di sonno (TSD) ha un’ac-
più importante regolatore dell’orologio biologico umano.
certata efficacia nel trattamento dei sintomi depressivi. Resettare l’orologio biologico migliora il disturbo dell’umo-
Una consistente letteratura scientifica sostiene l’utilità di
re nel 40-60% dei pazienti. La TSD è stata studiata anche
approcci psicoterapeutici e psicoeducazionali, come la
in modelli animali di depressione ed ha dimostrato nel bre-
Interpersonal and social rhythm therapy (terapia interperso-
ve termine di avere un’azione comparabile a quella degli
nale e dei ritmi sociali), che insegnano ai pazienti affetti da
agenti antidepressivi farmacologici. Uno dei più noti espe-
disturbo bipolare strategie per prevenire od affrontare l’al-
rimenti per testare l’efficacia antidepressiva di un farmaco
terazione dei propri ritmi quotidiani provocata da fattori ester-
si chiama forced swim test (test del nuoto forzato). In pra-
ni e/o psicopatologici interni.
tica, un topo viene immerso in una vasca d’acqua e costret-
L’interesse della ricerca per la patofisiologia dei ritmi biolo-
to a nuotare senza possibilità di fuga. Gli animali trattati con
gici è recente ma crescente ed un considerevole numero
antidepressivi e sottoposti a TSD smettono di nuotare più
di studi clinici, genetici e farmacologici interessano non
tardi. Vale a dire continuano a nuotare, senza disperarsi, per
solo la psichiatria ma anche altre discipline mediche come
tempi prolungati mentre gli animali non esposti ad alcun trat-
l’endocrinologia e la ginecologia. Nel frattempo che i pro-
tamento si abbandonano molto presto ad un atteggiamen-
gressi della ricerca ci consentono di capire meglio la pato-
to di disperata immobilità.
genesi dei disturbi dell’umore e di utilizzare cure nuove e
Adesso che i clinici hanno a disposizione anche altre strate-
meglio tollerate, invitiamo i pazienti a considerare le frasi
gie terapeutiche incentrate sulla regolazione dei ritmi cir-
del loro medico, del tipo “mi raccomando, conduca una vi-
cadiani, come appunto la light therapy ed un nuovo farma-
ta regolare...deve seguire i suoi ritmi...bando agli ecces-
co agonista dei recettori della melatonina (agomelatina, di
si...salvaguardi il sonno...mangi e vada a letto più o meno
recente commercializzato in Italia), abbiamo l’interes-
alla stessa ora...tenga un diario di come si sente durante il
sante prospettiva di poter mantenere nel tempo gli ef-
giorno...”, non come banali consigli di buon senso ma co-
fetti benefici della deprivazione di sonno agendo sugli
me vere e proprie prescrizioni terapeutiche!
stessi sistemi biologici. * Dottorando in Neurobiologia e Clinica dei Disturbi Affettivi –Università di Pisa Research Fellow presso il Massachusetts General Hospital- Harvard University
Oltre alle sopraindicate alterazioni della normale fisiologia dell’organismo presenti nella depressione maggiore, la disritmia del disturbo bipolare si contraddistingue insieme per 16
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Un’IDEA in libreria
MENTE IN ECLISSI Un giorno la depressione ha bussato alla mia porta di Roberta Rubini Con “Mente in Eclissi” Roberta Rubini ha vinto due premi nell’ambito del concorso letterario nazionale “Zingarelli 2009”, è stata insignita del premio speciale della giuria “Non Omnia Possum Omnes” ed è arrivata seconda classificata nella sezione “Romanzi Editi”.
Pubblichiamo per Voi la recensione di Carla Compiani, facilitatrice GAA di IDEA Bologna.
“Raramente si riscontra tanta chiarezza espositiva e ricchezza di particolari in chi tenta di descrivere lo stato d’animo di persone che, improvvisamente, senza motivi apparenti, cadono in depressione. Utilissima, quindi, la lettura del libro di Roberta Rubini per tutti coloro che vogliono conoscere meglio questa malattia, ma anche per tutti quelli che ancora la considerano solamente un capriccio per attirare l’attenzione su di sé. L’autrice, attraverso il racconto della sua dolorosa esperienza, riesce ad emozionarci ma, soprattutto, ci permette di cogliere assieme a lei i sintomi, i comportamenti e le paure di chi è colpito dalla depressione; ci parla di un’infanzia libera e felice, di studi regolari e conseguenti buoni profitti, di un fidanzato innamorato e felice di starle accanto. Poi, di colpo, l’insonnia, la voglia di dormire fino a morire, il rifiuto del cibo e gli sforzi per nascondere a tutti il suo stato. Sensi di colpa e voglia di isolarsi, poi, finalmente, il coraggio di chiedere aiuto. Inizia, così, un vero e proprio calvario durante il quale il lettore può apprezzare il comportamento dei familiari, i quali, dopo un primo momento di comprensibile smarrimento, scelgono di non abbandonare mai la malata, nemmeno nei momenti bui del regresso allo stato infantile ed in quello del ri-
covero in ospedale psichiatrico. Niente giudizi e sollecitazioni; soltanto affettuosa e costante presenza, giorno e notte, sempre, senza mai mollare. L’importanza di superare i pettegolezzi, lo stigma, la curiosità della gente, che di questa malattia ha idee spesso inesatte e molto personali; la fiducia nei farmaci, nei medici, la consapevolezza che si può ricadere per poi tornare a star meglio, la voglia umile di chiedere aiuto, conducono alla convinzione che, anche da depressi, si può tornare ad amare la vita. Oggi l’autrice è moglie e madre e spera che la sua esperienza possa essere utile ai tanti che, come lei, soffrono di … eclissi ricorrenti”. 17
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IDEA Brescia e la sua storia.... Teresita Frerotti - Responsabile IDEA Brescia
“E’ stato un insegnante di lettere del liceo che frequentava mio figlio a segnalarmi quel libro che era appena uscito nelle librerie, in cui un certo prof. G.B. Cassano, psichiatra di Pisa, descriveva in modo chiaro ed inequivocabile i sintomi della depressione e di altri disturbi dell’umore.
Disturbi dell’umore era una definizione che non avevo
ciali, che venni a co-
mai sentito, avevo sentito usare poco anche la parola DE-
noscenza della CA-
PRESSIONE, anche se di depressione dieci anni prima mi
SA DELLE ASSO-
ero ammalata, quella fortissima ansia, quel senso di vuoto
CIAZIONI, struttura
totale, quella sofferenza lacerante che nessuno e nemmeno
di proprietà del Co-
il medico di famiglia attribuiva a una vera patologia. In segui-
mune di Brescia e
to ad un ricovero d’urgenza, ero stata curata con antidepres-
gestita dallo stesso.
sivi ed ero tornata a vivere.
Finalmente avevo
La voglia di capire cosa mi fosse successo ed il fatto che an-
trovato quello che
ni dopo anche mio figlio ne fu colpito, fu la molla che mi spin-
cercavo, un centro
se a leggere quel poco che veniva pubblicato sulla depressio-
funzionale con una
ne, fra cui appunto “E liberaci dal male oscuro”. Finalmente
grande sala per le
riuscivo a dare una risposta a tutte le mie domande, scoprii
conferenze ed altre
di aver sofferto di una vera malattia, nella forma “maggiore”,
due per riunire i
e che si parlava di familiarità. Decisi, così, di contattare Pisa
gruppi di auto aiuto.
per avere il nominativo di alcuni psichiatri che fossero opera-
La coordinatrice del
tivi nella mia zona e, in quella occasione, ebbi anche l’infor-
centro, commossa,
mazione che era nata FONDAZIONE IDEA. Pensai a quanto
si dichiarò felice
in gamba fossero state le volontarie di Milano che con il pro-
che qualcuno, final-
prio contributo avevano dato vita a quel progetto e subito mi
mente, si occupasse
chiesi se anche io, un giorno, sarei stata in grado di apri-
anche di depressio-
re un centro analogo sul mio territorio, per aiutare le per-
ne. Con lei nacque
sone, per spiegare loro che la depressione è una vera e
un forte rapporto
propria malattia, evitando loro mesi o anni di sofferenze
umano, rimasto poi
inutili. Partecipai con estremo interesse al corso di formazio-
inalterato nel tempo.
ne volontari organizzato a Milano, facendo tesoro di tutte le
Nel febbraio del
innumerevoli informazioni che di volta in volta ci venivano
2000 ci fu l’inaugura-
fornite. Presto fui pronta per aprire una sede nella mia cit-
zione, eravamo 12
tà. Il percorso fu difficile, per due anni ho fatto tentativi pres-
volontari; all’inizio
so i responsabili di vari enti, scuole, parroci, tutti apprezzava-
non fu facile, non sa-
no l’interessante iniziativa ma non erano in grado di aiutarmi.
pevamo come sa-
Fu solo in seguito all’incontro con l’Assessore ai Servizi So-
remmo riusciti a pa18
A sinistra Teresita Frerotti assieme a Clara Stabiumi
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gare il primo anno di affitto e le varie utenze ma, con l’aiuto di
In seguito, abbiamo realizzato il PROGETTO CULLA, in
amici e con alcune buone iniziative, siamo riusciti a raccogliere
due anni abbiamo consegnato al reparto Ostetricia del-
il denaro occorrente, che utilizzammo anche per la diffusione di
l’Ospedale civile di Brescia dodicimila libretti informativi,
materiale informativo cartaceo e pubblicitario sulla stampa loca-
rosa e azzurri, libretti destinati alle neo mamme, nei qua-
le. Che emozione leggere i primi articoli che parlavano di IDEA,
li veniva trattato il delicato problema della depressione
le prime interviste in diretta, ricevere le prime telefonate. Nel
post partum. Il testo fu presentato anche in radio e nel-
corso del tempo le volontarie sono cambiate, quante perso-
le televisioni locali; la dott.ssa Monini, medico e giorna-
ne mi tornano alla mente … Laura, Miki, Marisa, Anna, Bian-
lista, che da anni cura la trasmissione televisiva Teletut-
ca, Antonietta, Alessandra, Daniela, Brunella, Carmen, Li-
to, ci dedicò una serata avente come tema la Depressio-
setta, Eleonora, Gigi, Isabella, Paola. Oggi, accanto a me, c’è
ne post partum, dando rilievo alla nostra iniziativa. Oggi
Serena, sempre solare e sorridente, è lei l’esperta del compu-
la dottoressa è per noi una cara amica e continua a dedi-
ter; Marco, psicologo e psicoterapeuta che coordina il gruppo
care una trasmissione per ogni nostro nuovo progetto. Il
di auto aiuto, persona molto seria e preparata ed infine Gian-
libretto è stato tradotto in cinese, arabo e inglese.
carlo che ha da poco dato la sua disponibilità.
Nel corso dell’anno accademico 2007/2008, il nostro im-
Quanti i medici che hanno collaborato con noi in questi anni ..
pegno è stato rivolto al PROGETTO SCUOLA; abbiamo
fra i tanti il dott. Nassini, ora primario del reparto di Psichia-
preso contatto con tutti gli Istituti Superiori della provin-
tria dell’Ospedale di Civitanova Marche e la dott.ssa Ramac-
cia di Brescia, la proposta era quella di entrare in tutte le
ciotti, il prof. Sacchetti ed il suo staff, la dott.ssa Simoni-
classi terze e spiegare ai ragazzi, con l’ausilio di uno psi-
ni, la dott.ssa Bo-
chiatra, la dott.a Simonini, ansia, attacchi di panico e de-
logna, il dott. Sa-
pressione. Quasi tutti gli Istituti hanno accettato. An-
vino, il dott. Paci-
che in questa occasione, la dott.a Monini ci ha dedicato
ni, il dott. Teoni, il
la sua trasmissione, alla quale erano presenti fra gli ospi-
dott. Materzanini,
ti, il Direttore Generale dell’ASL di Brescia e il prof.
il dott. Dalle Gra-
G.B. Cassano, in collegamento da Pisa.
ve, il dott. Fazzari,
Il PROGETTO ASSUNZIONE DI DROGHE: DANNI
il dott. Lucchi, la
COLLATERALI è stato l’ultimo importante progetto al qua-
dott.ssa Fasoli, il
le ci siamo dedicati. Cinquantacinquemila libretti infor-
dott. Scigliuzzo e
mativi, a cura del prof. Emilio Sacchetti Direttore della
il dott. Prandelli.
Clinica psichiatrica dell’Università di Brescia, sono stati di-
Ringrazio tutti dav-
stribuiti presso tutti gli Istituti Superiori di Brescia e
vero di cuore per il
provincia, per illustrare i danni derivanti dall’uso di so-
sostegno ricevuto.
stanze. L’iniziativa ha coinvolto circa 1.700 ragazzi.
I progetti realizza-
I progetti per quest’anno?
ti in questi anni?
Teresita Frerotti e Viola Valentino
Il primo è stato
Allargare questo ultimo progetto anche agli studenti delle
il PROGETTO
Scuole Medie Inferiori, attraverso la distribuzione di opusco-
ITINERE, spettaco-
li informativi che siano semplici e facilmente comprensibili dai
li itineranti di vario
più giovani. Abbiamo già ottenuto il patrocinio del Comu-
genere, teatro, bal-
ne e della Provincia di Brescia, dell’ASL e del Provvedito-
letto, lirica, cabaret,
rato agli Studi.
che abbiamo offer-
“In cantiere” per il prossimo anno, una serie di incontri
to a tutti i Comuni
tra Psichiatri e Forze dell’Ordine.
della Provincia di
Cosa desideriamo per il futuro?
Brescia. Abbiamo
Mi piacerebbe si potessero organizzare più riunioni fra tutti i
portato a Brescia
volontari IDEA, per mantenere il contatto fra di noi e scam-
compagnie con at-
biare consigli utili e informazioni e, chissà, magari poter orga-
tori straordinari, de-
nizzare anche qualche incontro con il prof. Cassano per cono-
sideravamo volare
scere le nuove frontiere della psichiatria. A tutti i volontari di
alto, portando con
IDEA invio un saluto affettuoso e a tutte le persone che leg-
noi il nome di IDEA.
gono il nostro periodico gli auguri per un futuro sereno”. 19
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Notizie dal Mondo
Bologna RICORDI DI UNA NOTTE DI FESTA Abbiamo scelto per Voi i momenti più belli tratti da “Flamenco a Palazzo”, serata all’insegna del ballo che si è tenuta a Bologna lo scorso mese di ottobre. Approfittiamo dell’occasione per ringraziare le organizzatrici della serata, M a r i a C a ñ e d o Va l d e c a s a s e Maghida Fiordiliso Grimaldi ed il Reale Collegio di Spagna che ha messo a nostra disposizione le suggestive sale di Palazzo Leoni. Grazie a Concha Baras, Daniel Saltares ed ai ballerini della scuola spagnola di San Fernando per il talento e la simpatia dimostrata. Gli ospiti sono apparsi piacevolmente coinvolti. Il Rettore del Collegio, dott. Josè Guillermo Garcìa Valdecasas, ha sapientemente introdotto lo spettacolo documentando la storia della danza spagnola più conosciuta al mondo, che ha radici ed origini strettamente le-
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Notizie dal Mondo
gate alla cultura popolare del Regno. Il prof. Giovanni Battista Cassano, ringraziando IDEA Bologna e gli intervenuti alla serata, ha sintetizzato gli impegni, i progetti ed il programma della Fondazione. Tra gli invitati erano presenti il Prefetto di Bologna S.E. Angelo Tranfaglia e signora, l’Ambasciatore Amedeo De Franchis e signora, S.E. Enzo Grimaldi, Giancarlo Mazzuca, Antonio Tundo, Giovanni Baldini, Domenico Berardi, Alessandro Pedersoli insieme a Rossana Boatti, Massimiliano e Alessandra Iovino, Andrea Iovino e Carolina Magli, Leonardo e Federica Donà dalle Rose, Isabella Seràgnoli, Romano Volta, Grazia Gazzoni, Pietro Ricci, Gerardo e Simonetta Veronesi, Andrea Pession. La serata si è conclusa degustando un’ottima sangria.
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Notizie dal Mondo Roma Giovedì 17 Dicembre 2009 si è svolto a Roma, presso la sala Polifunzionale del Dipartimento per le Pari Opportunità, un Convegno dal titolo “Depressione e ansia: chiedi aiuto, non avere paura”. L’evento è stato promosso dal Ministro per le Pari Opportunità, On. Mara Carfagna, che nel suo intervento ha ricordato come le donne siano doppiamente colpite dal dramma della depressione, sia perché ne soffrono più degli uomini, sia perché su di loro ricade la cura dei familiari che ne sono affetti. Tra i relatori del Convegno, il prof. Antonio Tundo, direttore dell’Istituto di Psicopatologia e membro del Comitato Scientifico di Idea, ha presentato i risultati della prima indagine nazionale sullo stigma verso chi soffre di depressione o ansia. Dall’indagine emerge che chi è affetto da queste patologie ancora oggi tende a rifiutare la diagnosi e, soprattutto, è restio a consultare uno specialista. La dott.ssa Chiara Colavito, responsabile di IDEA Roma, ha illustrato il ruolo fondamentale del volontariato e dei gruppi di Auto Aiuto nella lotta allo stigma, ricordando che le associazioni come IDEA non si limitano a fornire un “supporto tecnico” ma costituiscono una risposta ad un bisogno sempre più sentito di relazioni e sostegno emotivo. Il prof. Michele Piccione, dell’Università “La Sapienza” di Roma, ha portato spunti di riflessione su similitudini e differenze tra le fisiologiche emozioni di tristezza o ansia e le corrispondenti patologie. A conclusione del Convegno gli attori Antonella Britti e Riccardo Floris hanno letto le testimonianze di personaggi del mondo della cultura (Indro Montanelli), dello sport (Federica Pellegrini) e dello spettacolo (Veronica Pivetti, Raul Bova) che hanno combattuto contro il “male oscuro”.
Milano Sabato 30 e Domenica 31 Gennaio 2010 si è tenuta a Milano “I giorni del volontariato”, mostra-presentazione delle varie associazioni di volontariato milanesi. L’evento si è rivelato un’importante occasione per far conoscere al pubblico milanese le oltre 200 associazioni I volontari di Milano partecipanti che, quotidianamente, operano e si prodigano per le più svariate finalità di solidarietà sociale e di sostegno gratuito, contribuendo a rendere sempre migliore la qualità della vita e delle relazioni sociali. Presenti all’occasione anche i nostri volontari di Milano in rappresentanza di IDEA che hanno illustrato agli interessati gli scopi e le attività della fondazione e distribuito materiale informativo. 22
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Franca Guerrini: l’impegno e la dedizione per i malati della Clinica Psichiatrica “L’accoglienza in un clima rassicurante, garantito da personale disponibile è, da sempre, un aspetto caratteristico curato con speciale attenzione presso la Clinica Psichiatrica di Pisa. Quando Franca venne a far parte della Clinica, dimostrò di possedere doti sorprendenti per eccellere nell’attività di Front Desk. L’impegno e la capacità di rispondere alle molte e pressanti richieste di aiuto, ne fecero in breve tempo un elemento prezioso per un settore destinato ad assumere importanza crescente. Con gli anni, esperienza e professionalità, unite ad un forte spirito di sacrificio e ad un ineguagliabile attaccamento al lavoro, avevano reso Franca capace di cogliere con tempestività i problemi complessi della sofferenza psichica, sia nei pazienti che nei familiari. Possiamo affermare che, precorrendo i tempi con grande intuito, Franca ha contribuito in maniera rilevante ad animare ed a rendere personalizzato il primo contatto tra utente e servizio sanitario. Oggi, il modello che Franca ha valorizzato con la sua forte carica empatica, è stato adottato da coloro che degnamente continuano ad operare nella direzione che lei stessa ha avuto il merito di indicare. Desiderosa di rendere meno penoso il primo impatto con l’ambiente clinico, ha sentito il dovere di impegnarsi, senza risparmio, resistendo con grande coraggio agli effetti devastanti del “male terribile” dal quale era stata colpita. Per anni ha sofferto in silenzio, nascondendo la propria malattia, senza interrompere il “percorso di lavoro”, continuando a dare sollievo e sostegno ai malati. Noi tutti siamo stati toccati dalla sua inestinguibile vitalità e dal suo spirito di solidarietà. Franca aveva riconosciuto l’utilità della divulgazione diretta alla prevenzione ed alla cura dei disturbi d’ansia e dell’umore, si dedicava così con grande impegno alla diffusione del giornale di IDEA. Ringraziamo i familiari, il marito Mauro Paganelli, il figlio Michele, la nuora Cecilia e la nipotina Caterina; gli amici, i condomini e tutto il personale medico e paramedico della Clinica Psichiatrica di Pisa che con la loro generosa offerta hanno dato un segno importante a sostegno della Fondazione e di tutti quelli che vi operano. Dopo anni di attività rivolta al malato ed alla sua famiglia, Franca era un personaggio noto, stimato ed amato nell’ambiente dell’ospedale pisano. La sua forte carica di umanità e simpatia resta nella mente di chi ha avuto modo di conoscerla, di stimarla e di nutrire per lei affetto sincero”. Giovanni Battista Cassano 23
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“IDEArisponde…” IDEArisponde: un servizio al malato e alla sua famiglia. Un gruppo di volontari, che hanno seguito un apposito corso di formazione, risponde alle telefonate dei malati e dei loro familiari per dare ascolto, conforto, consiglio, informazioni. Segreteria e servizio IDEArisponde: Milano (Dal Lunedì al Venerdì ore 9-18) 02 80.58.18.66 - 65 / idearisponde@tin.it Roma (Dal Lunedì al Venerdì ore 15.30-19.30) 06 48.55.83 / idearoma@hotmail.it Bologna (Dal Lun. al Mer. 15-18, Giov. e Ven. 10-13) 051 64.47.124 / ideabo@virgilio.it Genova (Lun., Merc., Giov. 16-18 e Mart. 10-12) 010 24.76.402 / ideagenova@libero.it Trieste (Lun. e Giov. 10-12, Mart. 16-18, Merc. 15-16, Ven.17-18) 040 31.43.68 info@ideatrieste.it Brescia (Martedì e Giovedì 15-18) 030 23.00.196 Napoli (Martedì e Giovedì 18-19) 081 57.84.622 / ideanapoli@libero.it
Numero verde NAZIONALE 800 538 438 (Dal Lunedì al Venerdì ore 10-18) Numero verde Lombardia S.O.S. DEPRESSIONE 800 122 907
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