Notiziario Idea Novembre 2011

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P ERIODICO

Spediz. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 2 filiale di Milano - Reg. presso il Tribunale di Milano N. 407 del 22.07.1995

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DELL ’I STITUTO PER LA RICERCA E LA PREVENZIONE DELLA DEPRESSIONE E DELL ’ ANSIA

18 Numero 2 - 2011

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Maria Rosa Doria*

“Bere” è un comportamento che accompagna la nostra vita da secoli. Matrimoni, compleanni e ricorrenze di ogni genere sono da sempre state delle ottime occasioni per consumare alcoolici. Eventi socialmente graditi in cui l’uso di alcoolici non risultava disdicevole segue a pag. 2

in 7 Testimonianza 8 E’ Natale 10 Qualcuno vi ascolta 11 Indallabrevericerca 4 Rose trincea Quando Dare è Ricevere dal 12 Divine depresse 16 IDEA Napoli 23 Grazie 18 Notizie 22 Lavori in corso Mondo


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Il colore dell’alcool segue da pag. 1

né per gli uomini, né per le donne. Si perché se per un uomo avere l’attitudine al bere è da sempre stato simbolo di virilità, per le donne è ed è stato “disdicevole”. Fino a qualche ann o f a l o s p e t t a c o l o d i u n a d o n n a c h e b ev ev a e r a s i n t o m o d i d e g r a d o s o c i a l e . Nello scorso ventennio l’etilismo era considerato un problema maschile. Tuttavia si riscontrava anche in donne (mogli o madri) che trovavano sollievo alle loro “battaglie quotidiane” nella bottiglia. Era ed è, ancora, tristemente noto il “bianchetto” al mattino della casalinga che beve facendo la spesa, come pure il fiasco nascosto dietro l'acquaio.

Nell’ultimo ventennio il consumo di alcool ha quasi raggiunto gli stessi livelli per uomini e donne: dal consumo occasionale, al rituale, alla dipendenza vera e propria. La voglia di trasgressione, il progressivo spostamento dal mito di moglie-madre-casalinga a quello di operaiaimpiegata-professionista-manager, può aver condotto le donne del terzo millennio a cercare sollievo nell’alcool.

E' frequente l' “alcoolismo reattivo” della donna che preferisce bere da sola, di nascosto, segno di reazione ad eventi vissuti come insostenibili. Una vasta letteratura psico-sociologica offre spiegazioni spesso semplicistiche sul tema “Donna e Alcool”.

Già nel periodo dell’adolescenza una percentuale pari al 3,1% di ragazze, ha il “binge drinking”. Ado-

Oggi non è più un mistero: il bicchiere attrae sempre più le donne. Lo rivelano i dati del Centro per la Promozione della Salute e la Ricerca sull’Alcool dell’Istituto Superiore di Sanità (collaborazione con l'OMS). Secondo questi dati, in Italia circa il 67% delle donne (una su tre) consuma dosi elevate di bevande alcooliche, percentuale cresciuta di molto rispetto al 43% degli anni ‘80. L’incremento riguarda sia le giovani generazioni, sia le donne mature che quelle anziane. Sono circa 13 mila le alcooliste in trattamento presso le strutture pubbliche del SSN e 24 mila i ricoveri di donne per fattori attribuibili all’alcool. Numeri elevati anche per i decessi: 25 mila persone al di sopra dei 20 anni muoiono a causa dell’alcool, circa 7 mila donne e 18 mila uomini. Si devono aggiungere le vittime degli incidenti stradali dovuti proprio dall’abuso di alcoolici in

lescenti che finiscono al Pronto Soccorso dopo “abbuffate alcooliche” e che, seppure convinte di mantenere un’astinenza completa, molto spesso ricadono nella spirale della dipendenza alcoolica. Bevono nel tentativo di “dimenticare il futuro” (Flavio Pagano: “Ragazzi ubriachi”), cercano nell’alcool la disinibizione, il superamento della timidezza. Ragazze diventate donne che molto spesso continuano a bere nel segreto delle loro case o che dissimulano il problema, consapevoli della elevata riprovazione sociale. 2


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giovani sotto i 20 anni. L’alcool in Italia è la causa del 3% dei decessi femminili e del 6,5% di quelli maschili.

re determinare malformazioni, nascita pretermine, ritardo mentale.

La dipendenza alcoolica si sviluppa in tempi molto più rapidi nella donna che è costituzionalmente più predisposta. L'assorbimento gastrico in tempi molto ridotti e la minor disponibilità dell'enzima deputato al metabolismo alcoolico (l’Alcool De-idrogenasi), rendono la donna più vulnerabile dell'uomo. Sono frequenti nella popolazione femminile gli effetti sistemici dell’abuso alcoolico quali complicanze epatiche (Epatopatie alcooliche), gastriche (Gastriti atrofiche o Ulcere) o cardiovascolari (Infarti o Valvulopatie).

Le caratteristiche della Sindrome Feto-Alcoolica sono: bambini con basso peso alla nascita, anomalie facciali e degli organi interni. Dalle alterazioni di sviluppo del cervello derivano difficoltà nella coordinazione motoria, epilessia, scarsa capacità di socializzazione, difficoltà di apprendimento, scarsa memoria, ansia, iperattività, gravi anomalie comportamentali.

Il tratto temperamentale della donna alcoolista è conflittuale, costellato da ansie che tende a placare bevendo. Soprattutto tra i 30 e i 40 anni: per banali malumori, per l'esacerbarsi dei tratti di personalità, per l'insoddisfazione data dai bilanci di esperienze affettive e lavorative frustranti e sviluppa forti impulsi autodistruttivi, diventando dipendente dalla bottiglia.

ti la malattia.

La cura e la prevenzione delle ricadute dell'Alcoolismo poggiano innanzitutto su un'accurata diagnosi clinica che comprenda l'analisi dei fattori predisponenti e scatenanI fattori predisponenti – l'essere portatore di disturbi dell'umore (Depressione, Mania, etc), di disturbi d'ansia (Disturbo di Panico, Fobia Sociale, Ansia generalizzata, etc), molto più frequenti nelle donne, di disturbi di personalità, di gravi malattie fisiche (Neoplasie, Infarti, ecc).

La solitudine, il pensionamento, gli stress legati al menage familiare, i litigi e le incomprensioni con il compagno, il non sentirsi più attraenti per i propri partner, possono favorire l'abuso. In alcune la fase premestruale, quella mestruale o la menopausa, coincidono con l' “alcoolismo in rosa”. Altro fattore di rischio è la familiarità: le donne che hanno avuto parenti etilisti, specialmente il padre, o che sposano forti bevitori, sono più predisposte a sviluppare problematiche legate all’alcool.

Fattori ambientali – alcuni tipi di lavoro, caratteristiche della famiglia, emarginazione, isolamento e solitu-

Infine il peggio può toccare ai figli..., esposti al rischio della Sindrome Feto Alcoolica (FAS per gli anglosassoni). Infatti, l’alcool (o etanolo), attraversa la placenta, supera la barriera feto-placentare ed impedisce al feto uno sviluppo normale.

dine, eventi vitali, condizioni di stress acuto e cronico (separazione, perdita, gravi malattie dei congiunti). A seconda dei fattori rilevati, l'intervento terapeutico e riabilitativo a breve e lungo termine potrà essere diversamente definito.

Nei primi tre mesi di gravidanza, l'acool può produrre danni incompatibili con la vita, oppu-

*Psichiatra – Clinica San Rossore, Pisa 3


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Daria Foracchi Sassoli*

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Est del Paese. Le organizzazioni femminili sono di formazione più recente: 63 su 100 al momento della rilevazione ha un'anzianità non superiore ai 15 anni. Il volontariato femminile è espressione della partecipazione dei cittadini, di movimenti preesistenti e si genera maggiormente nell'ambito delle istituzioni ecclesiali - parrocchie e Caritas - ed è invece meno affiliato alle grandi centrali del volontariato nazionale. Più spiccata è pertanto l'ispirazione cristiana della loro matrice ideale: ciò fa sì che esse operino maggiormente in gruppi a vantaggio esclusivo di terzi e che siano meno propense ad iscriversi ai Registri regionali del volontariato. La presenza delle organizzazioni "rosa" è particolarmente apprezzabile nel contesto urbano, dove operano nel raggio d'azione più ristretto del quartiere o parrocchia in cui sono molto radicate. Dal punto di vista della loro strutturazione appaiono organizzazioni meno formalizzate (con statuto e personalità giuridica) e meno articolate in or-

na ricerca sulla presenza femminile, tratta ed elaborata dall'ultima rilevazione FIVOL, evidenzia che le donne impegnate nelle organizzazioni di volontariato sono circa 500 mila, di cui 300 mila in modo continuativo in 13.089 gruppi di volontariato. Le volontarie attive, pur rappresentando il 60% dei volontari, sono ai posti di comando solo nel 30% delle organizzazioni solidaristiche e in 7 casi su 10 diventano "presidentesse" solo in virtù del fatto che è marcatamente prevalente la componente femminile di queste organizzazioni (quando cioè almeno 6 volontari su 10 sono di genere femminile). Ciò significa che le donne sono elette a responsabili di un gruppo di volontariato soprattutto dalle altre donne: vi è comunque una crescita tendenziale di donne che rivestono incarichi di responsabilità nel mondo del volontariato organizzato rispetto agli anni precedenti. Le organizzazioni di volontariato a forte o esclusiva presenza femminile sono 7.960 e si concentrano prevalentemente nel Nord4


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gani di governo e gestione, cioè più snelle e meno burocratizzate che nella media dei casi. Le organizzazioni a larga presenza femminile sono costituite, in misura maggiore, da persone che operano in modo gratuito e continuativo (volontariato "puro" in 28 organizzazioni su 100 rispetto alle 17 su 100 a prevalenza maschile) e quindi possono contare complessivamente meno su figure quali soci, iscritti, obiettori di coscienza e personale remunerato e possono contare mediamente su 24 volontari, rispetto ai 18 delle unità maschili. Si tratta di organizzazioni di medie dimensioni impegnate mediamente per 105 ore settimanali complessive, pari a 5 ore pro-capite, rispetto alle 6 svolte nell'ambito di quelle a massiccia presenza maschile. Le organizzazioni "rosa" sono costituite da persone in età prevalentemente matura. Nella loro maggioranza le volontarie hanno superato i 45 anni (56,3%), diversamente dalle organizzazioni maschili (40,9%), e non sono attive sul mercato del lavoro: 63 su 100 sono studentesse, casalinghe o pensionate; queste ultime costituiscono l'aliquota più importante, a segnalare una migliore propensione femminile a fare volontariato dopo il ritiro dalla vita professionale o prima di aver definito il loro avvenire operativo, molte scelgono di dedicarsi agli altri. Ed io sono una di loro.

gata l’ultima lacrima, ma anche i genitori, gravati dalla paura, dall’ansia, dall’incertezza, dalla consapevolezza e costretti ad indossare sempre la maschera dell’ottimismo, della serenità, della sicurezza e i medici, speciali, formatisi ad una scuola dura che non ne ha però scalfito i cuori, la sensibilità, la voglia di continuare a studiare. Attorno a questo mondo, in un abbraccio ideale, un’associazione a tutela del benessere di tutti: dei bambini, dei nuclei familiari, degli operatori. Entrata in punta di piedi, più per riempire le attese delle interminabili degenze che per reale conoscenza dei bisogni del mondo associativo,

il no profit è diventato in breve tempo una passione, uno scopo, un’attività volontaristica a tempo pieno, un’occasione per tornare a studiare e, infine, un lavoro. Undici anni di ricchezza, quella ben riassunta nella frase più citata dai volontari di tutti i tempi e di tutte le cause: “Una sorpresa, si riceve infinitamente più di quello che si dona”. Ho conosciuto centinaia di persone, diversissime fra loro per età, cultura, estrazione sociale, provenienza, tutte capaci di regalare qualche cosa di personale e inedito al servizio prestato, tutte poco interessate alla valorizzazione del sé in favore di un noi che sa un po’di famiglia e un po’di comunità organizzata. Donne, la maggioranza, e uomini disponibili a rinunciare al proprio ruolo professionale e/o sociale per mettersi a disposizione, età anagrafica irrilevante, un fortissimo spirito di corpo. Mi vengono in mente la ex manager che, con lo stesso piglio efficiente, sbrigava pratiche burocratiche impossibili per tutti tranne che per lei e fascicolava dispense, la più anziana di attività, preoccupata di esse-

Mi racconto, anche se con un certo imbarazzo, nella speranza che la mia storia e quella di altre donne a me vicine sia stimolante per chi di voi è propenso a questa scelta, che tanto può dare e tanto ci può arricchire. La mia storia nel volontariato inizia, come spesso accade, in seguito ad un evento estremamente doloroso: la malattia di un figlio mi catapulta in un mondo di cui ignoravo completamente l’esistenza, fatto di tanta ospedalizzazione, esami e terapie a non finire, sofferenza, tanta sofferenza, ma anche condivisione, partecipazione e comprensione, attese, domande a volte senza risposta. Di questo mondo i protagonisti assoluti loro, i bambini, coraggiosi, forti, pronti a sorridere di nuovo appena asciu-

sesegue a pag. 6 5


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Rose in trincea segue da pag. 5

fare la volontaria e che cosa stia tentando di esprimere, le propongo, abbastanza sconfortata, di iniziare in negozio per poi decidere con calma, ma con la certezza di perderla per strada di lì a poco. Sei mesi dopo è una volontaria entusiasta, affettuosa (la più “baciona” dell’associazione), sempre presente, flessibile, un vulcano di iniziative. Ridendo le ricordo gli inizi difficili, lei mi guarda sorpresa e mi risponde che ricorda ben poco di quell’incontro se non che stava male, era molto depressa e demotivata e che l’attività di volontariato l’ha fatta rifiorire. Perchè spesso è questo che capita, si soffre, si è all’interno di un percorso doloroso, in riserva di energie e risorse ma è lo sforzo di restituire comunque qualcosa che ci appartiene a chi ne ha ancora meno, che salva e guarisce. Anche a me è successo, spinta da un bisogno ne ho incontrati altri ancora più urgenti e il volano dello scambio ha illuminato un momento buio, svelandomi la necessità profonda e fondante di essere sempre al servizio di una buona causa. E di buone cause, si sa, è pieno il mondo. Trascinata dalla potente corrente della vita ho lasciato i bambini e sono approdata agli adulti, ho lasciato una malattia per incontrarne un’altra, un panorama familiare per uno nuovo e tutto da scoprire, un codice “infantile” per uno più adulto. Il filo rosso che lega queste vicende è la consapevolezza che all’interno di tutte le esperienze negative c’è un qualcosa di profondamente buono che si deve manifestare, basta avere la pazienza di sapere aspettare e l’attenzione per cogliere i segnali, perchè ogni dolore ha in sé il germe della propria guarigione e solo la generosità di se stessi e l’accoglienza dell’altro attivano questo straordinario processo.

re lasciata a casa e “adottata” come nonna da stuoli di bambini, l’entusiasta capace di schiavizzare chiunque a scapito di amicizie decennali e la timida che aveva scovato dentro di sé un’estroversa quando si trattava di fermare le persone per la strada e parlare dell’associazione. Tante donne con le loro caratteristiche, il loro vissuto, pregi e difetti, ma la cui identità si fondeva e confondeva con l’idea che insieme, per gli altri, per chi soffre, chi è in difficoltà, chi ha bisogno, si raggiunge l’impossibile.

Una più di tutte mi sembra paradigmatica di questo mondo: un giorno si presenta in associazione una signora chiedendo di fare volontariato. Un regolamento interno vieta, a chi non ha fatto il corso di formazione, il contatto con bambini e famiglie, così le propongo di iniziare con il settore promozione, fondamentale per le associazioni ed estremamente vario: negozio, manifestazioni, banchetti, confezionamento di manufatti, magazzino, segreteria. Mi risponde che lei non vuole comunque stare con i bambini e i genitori perchè ha paura di soffrire troppo, che non ama il contatto con il pubblico, che non ha abilità manuali, che non sa fare un lavoro di ufficio, che non ha né tanto tempo a disposizione né tanta disponibilità per gli altri a causa di gravosi impegni familiari, in più abita lontano. La ascolto esterrefatta, chiedendomi perchè voglia

*Diamo il benvenuto a Daria Foracchi Sassoli che da oggi collabora con IDEA nella sede di Bologna 6


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Quando Dare è Ricevere Testimonianza di Mauro Garbarino - Volontario GAA Acqui Terme

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uest’anno compio settant’anni ma mi sento fortunatamente in piena forma per potermi dedicare intensamente all’attività di volontariato. Ma nella mia vita non mi sono sentito sempre così sereno e carico di positività. Sin da giovane sono stato molto attivo e pieno di interessi: non c’è stata iniziativa nella mia città che, attorno agli anni sessanta, non mi abbia visto collaboratore, tanto che a 22 anni fondai con alcuni amici un circolo culturale ricreativo indirizzato al mondo giovanile, che in quattro anni raccolse circa duecento giovani di ambo i sessi, cosa che per quei tempi era considerata un po’ una rivoluzione. A 29 anni fui eletto assessore alla Pubblica Istruzione della mia città, Acqui Terme. Qui iniziarono i miei problemi. Nel gennaio del 1971 mancò improvvisamente mio padre e, poiché mia madre era da tempo malata e anche mio fratello non era particolarmente in forma, dovetti assumermi tutto l’impegno di sostenere la mia famiglia. Impegno oneroso, considerato che avevo un lavoro di massima responsabilità, poiché ero responsabile dell’informatizzazione di un’importante azienda della mia città. Nello stesso anno decisi di sposarmi, per coronare il sogno con la ragazza che amavo e per formarmi una famiglia con cui condividere la vita. Mia moglie rimase quasi subito incinta ma, nello stesso mese in cui nasceva il nostro primo figlio, morì mia madre, era il giugno 1972. Fu un anno tremendo e in autunno fui assalito da un improvviso

tracollo fisico e nervoso, che allora non si chiamava ancora “depressione”. Purtroppo, a quei tempi, coloro che curavano queste malattie erano considerati degli apprendisti stregoni, l’unica medicina che andava per la maggiore era il Tavor e così per vent’anni fui curato con questa ed altre medicine similari.

Dovendo mantenere la mia famiglia ed affrontare il mio lavoro di assoluta responsabilità, girai da un medico all’altro e questo mi permise di sopravvivere, seppure con grande fatica e forza di volontà. Nei primi anni novanta peggiorai ulteriormente ed oltre ai disagi psichici si aggiunsero quelli fisici, che non facevano presagire nulla di buono. Finalmente un giorno il mio medico di base, non sapendo più cosa fare, mi indirizzò da un giovane psichiatra del reparto di Salute Mentale dell’Ospedale di Acqui Terme. Iniziai un lungo percorso e, coadiuvato da una valida psichiatra, scoprii che molti dei miei mali erano dovuti alla somatizzazione ed il 7

mio peggior difetto era un esasperato “senso del dovere”. Da allora sono costantemente migliorato, con il passare del tempo ho potuto ridurre l’assunzione dei farmaci che mi erano stati prescritti, fino ad oggi, in cui non ho più necessità di farne uso. Ora sono felice di poter raccontare agli altri la mia storia, con la speranza di poter portare loro la consapevolezza che, molte volte, con un po’ di coraggio e con l’aiuto delle persone giuste, si può superare la depressione. Quel maledetto “senso del dovere” non è affatto scomparso, ma ho cercato di indirizzarlo in senso positivo, portando aiuto a tutti coloro che soffrono di disturbi dell’umore. Nel 2003 decisi di partecipare ad un Gruppo di Auto Aiuto IDEA che era da poco attivo nella mia città; i benefici che ne trassi furono così grandi che da allora sono uno fra i maggiori collaboratori. Il messaggio che vogliamo diffondere ogni giorno con la nostra attività è quello di non chiudersi in se stessi ma di trovare la forza ed il coraggio per farsi aiutare: affidandosi alle cure dei medici specialisti, in primo luogo, senza dimenticare l’importanza del momento di aggregazione, condivisione e conforto che contraddistingue la partecipazione ad un gruppo. La nostra attività ci da estrema soddisfazione e quando riusciamo ad aiutare un amico ad uscire dalla depressione o solo semplicemente ad alleviargli le sofferenze, mi sento come se io stesso guarissi un’altra volta.


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E’ Natale Valeria Camilleri*

La melanconia del Natale riguarda le persone che nei giorni delle festività natalizie si sentono inspiegabilmente malinconiche, tristi e depresse. Ne soffre specialmente chi vorrebbe essere in coppia ma non lo è: Natale è un periodo di bilanci, di spietati confronti con coppie a p p a re n t e m e n t e p e r f e t t e n e i l o ro a b i t i a f e s t a c o n i b a m b i n i c h e c re s c o n o.

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hi soffre di Christmas blues lo fa doppiamente, perché si sente depresso e soprattutto in dissonanza con un clima che spinge a una felicità ubiquitaria: tutto è colori, suoni, musica, atmosfera di Natale già dai primi di Novembre, dopo la festività dei morti. Nascita contro la morte, luce dopo le tenebre, questo è il Natale. Ma il Natale è anche la festa più malinconica e la più “crudele” perché è la festa dell’amore “a tutti i costi”, anche quando non c’è ancora qualcuno da amare o quando chi si amava non c’è più. Melanconia per l’amore non corrisposto, perdita della persona amata o, al contrario, gioia per la consapevolezza di desiderare qualcuno e di essere corrisposti, come ci ricorda Bob Dylan nella sua “Christmas blues lyrics”: se queste condizioni non si verificano, il Natale sembra perdere il proprio significato profondo e appare superficialmente solo come una festa di regali per bambini, più o meno cresciuti. I significati contrastanti del Natale si perdono nella notte dei tempi, nella nostra tradizione culturale e artistica, dal Beato Angelico a Dickens. Questi significati fanno parte del nostro immaginario e soprattutto in quello dei melanconici: nessu-

no meglio di loro, infatti, sa declinare questi stati d’animo contrastanti ed inglobare nel vissuto del Natale, accanto alla gioia e all’esultanza per la nascita, il rimorso, il rimpianto ed il senso di colpa. Nella tradizione cristiana, il Natale celebra la nascita di Gesù a Betlemme da Maria. Il racconto ci è pervenuto attraverso i vangeli di Luca e Matteo che narrano l'annuncio dell'arcangelo Gabriele, la deposizione nella mangiatoia, l'adorazione dei pastori, la visita dei magi. Alcuni aspetti devozionali (la grotta, il bue e l'asino, i nomi dei magi) risalgono a tradizioni successive e a vangeli apocrifi. Il significato cristiano della festa risiede nella celebrazione della presenza di Dio. Con la nascita di Gesù, Dio non è più distante, ma si rivela all’umanità ed entra nel mondo per rimanervi fino alla fine dei tempi. Maria, la madre, ha un significato e un valore centrale: nella nostra cultura l’idea del bene e potremmo dire dell’umore equilibrato, della serenità, passa attraverso la maternità e attraverso il concetto dell’attaccamento del figlio alla madre, di quei primi preziosi momenti immediatamente in continuità con la nascita, dove la spiritualità di8


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venta corpo e dove, grazie alla madre, il bambino prende vita e si crea non solo nella sua corporeità, ma anche nella sua emotività più profonda. Molti studi dimostrano che madri depresse non sono in grado di fornire questa “base” iniziale, questa “rete di protezione” per il neonato prima e per il bambino poi. I primi tre anni di vita sembrano essere quelli cruciali per lo sviluppo di un modello coerente ed integrato di attaccamento alle figure fondamentali, a partire dalle prime relazioni significative. La tradizione psicoanalitica, a partire da Freud, e quella successiva, per arrivare a Bowlby, hanno da sempre stabilito un legame cruciale fra depressione e patologia della relazione madre-figlio, dell’attaccamento. E più recentemente si è studiata la patologia da separazione, l’ansia di separazione, collegata alle patologie ansiose, al panico, anch’essa con una chiave di lettura nei primi mesi di vita e nel rapporto con la madre. Nella Natività, nell’immaginario della capanna di Betlemme, viene cristallizzato, “fotografato” il momento in cui nasce l’attaccamento madre figlio. Il Natale nella nostra cultura è soprattutto nascita, vita, valore simbolico del bambino puro che viene a redimere il mondo dai peccati, a scacciare il male. Bambino e madre, famiglia, attaccamento e perdita. Questi i temi intrinsecamente legati al Natale. Il melanconico a Natale si sente perso, smarrito, perché ricorda in maniera idealizzante il Natale vissuto con gli occhi del bambino, il tempo delle illusioni e del calore del nido, contrapposto a un mondo attuale freddo, minaccioso, privo di punti di riferimento, per dirlo con Bowlby, privo di “una base sicura”. Ancora oggi e forse oggi più che mai, il Natale per i bambini e soprattutto gli adolescenti, rappresenta tranquillità, sicurezza, un momento in cui la famiglia si ricompatta e, magari per pochi giorni, sembra riunirsi attorno a questo bambino simbolico, al bene, per scongiurare le angosce del disagio giovanile, la minaccia di un mondo esterno in cui la depressione ed il disagio esordiscono sempre più precocemente, un mondo dominato sempre più dalle sostanze e dalle dipendenze e spesso dalla violenza e dalla mancanza di sicurezze. Nel Natale pagano, prima di Cristo, c'erano celebrazioni e riti che rimandano a un unico significato: la vita che ricomincia al termine della notte, come nei Saturnali Romani, in cui, in onore del dio-pianeta della melanconia Saturno si offrivano doni ai defunti e ci si gettava in orge sfrenate, come ad esorcizzare il male, la morte. Siamo al solstizio d’inverno, è il periodo più buio dell’anno, in cui le giornate si accorciano fino a durare meno della

metà della notte. Fenomeno da sempre inquietante e minaccioso, che richiama metaforicamente la morte che divora la vita. Alla tradizione pagana si sono successivamente aggiunti altri elementi, derivati dalle tradizioni del Nord Europa, dalle quali abbiamo attinto importanti elementi figurativi e simbolici. Primo fra tutti l’indiscusso protagonista del Natale odierno: Babbo Natale, ovvero il San Nicola della Cristianità, uno dei santi più popolari e studiati al centro di leggende miracolose, che ancora una volta alludono alla lotta del bene contro il male. Babbo Natale è un vecchio quasi neonato per quanto è roseo e paffuto: il suo aspetto infantile si mescola e si confonde con quello dei bambini cui porta i regali in tutte le illustrazioni delle fiabe di Natale. Nel Natale si compie anche questo miracolo: si azzera la differenza fra vecchiaia e giovinezza, si incontrano le diverse generazioni e ancora una volta si mescolano la vita e la morte. Questi significati culturali sono anche verosimilmente correlati alle modificazioni biologiche alle quali il nostro sistema nervoso è sottoposto in questo periodo di scarsità di luce. La luce solare influenza, in alcuni soggetti predisposti molto più che negli altri, il metabolismo della melatonina e della serotonina. Chi in questo periodo dell’anno sperimenta stati d’animo depressivi può imputarlo anche alla biologia del funzionamento del sistema nervoso e, con questa consapevolezza, sentirsi meno colpevole ed inadeguato. Le riunioni di famiglia sono insidiose per ciascuno di noi, soprattutto quando non ci sentiamo “a posto” per questa prova, per questa “esposizione forzata” agli occhi dei cari che, da depressi, percepiamo particolarmente critici e attenti a cogliere le minime sfumature di tristezza che sembrano “fuoriuscire” da sotto i nostri abiti eleganti o da dietro i nostri incerti sorrisi. E poi qualcuno manca sempre e i ricordi spesso fanno male. Come cercare di vivere queste feste nel modo più “indolore”? In due parole: cercare di essere consapevoli e in qualche modo di accettare questa vulnerabilità particolare “normalizzandola”, cercare di pianificare le proprie giornate festive evitando le “prove” troppo dure e cercando di esporsi a quelle che sembrano più facili da affrontare. Cercare di pensare che molti soffrono come noi, ma tutti lo fanno “in silenzio” perché come noi se ne sentono in colpa e se ne vergognano. Verosimilmente alla nostra tavola di Natale ci sarà qualcuno che vive questa festa esattamente come noi! Non stressare il nostro corpo cercando di evitare gli eccessi nel sonno, nell’assunzione di cibo e di alcolici, di caffè e sigarette. Stare il più possibile all’aria aperta, magari facendo attività fisica, nelle ore di luce. Ma soprattutto non idealizzare queste giornate e non aspettarsi in modo irrealistico quella felicità e spensieratezza che magari abbiamo avuto in certi momenti dell’infanzia, quando ci era oscuro il significato più profondo e ambiguo del Natale. Ammesso che quella felicità l’abbiamo mai avuta, ecco, siamo stati fortunati. Rallegriamoci per i bei Natali del passato e cerchiamo di passare quelli del presente nel migliore e più consapevole dei modi. *Psichiatra - Dottorato in Neurobiologia e Clinica nei disturbi e dell'ansia e dell'umore 9


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Qualcuno vi ascolta (Risponde Prof. Antonio Tundo, Istituto di Psicopatologia, Roma)

Ci scrive da Perugia Marcella: “Professore, sono preoccupatissima… Qualche giorno fa, rassettando la camera di mio figlio Luca, di 15 anni, ho scoperto che si fa le canne: per me è stato un colpo perché non me lo sarei mai aspettato e ora vivo con la paura che gli possano fare male o che ne diventi dipendente. Lei cosa ne pensa? E, soprattutto, cosa dovrei fare?”

invece in tutti problemi di concentrazione e memoria, con conseguente riduzione del rendimento scolastico, e quella che gli specialisti chiamano “sindrome amotivazionale”, caratterizzata da perdita di interessi, scarsa progettualità e tendenza a isolarsi. Contrariamente a quanto comunemente si crede, la marijuana può creare inoltre craving, cioè forte desiderio di continuare ad assumerne, e dipendenza con sintomi di astinenza come ansia, irritabilità, aggressività, irrequietezza, nausea e disturbi del sonno, che possono protrarsi oltre una settimana. Chiarito questo, veniamo alla sua domanda: cosa fare? L’obiettivo primario è capire se il consumo di marijuana è sporadico, cioè limitato a rare occasioni insieme agli amici, oppure continuo e/o solitario. Nel primo caso può bastare dare a suo figlio informazioni mirate e corrette (ne abbiamo parlato in più occasioni su IDEA Notizie e può comunque trovare materiale adatto anche su Internet) e aiutarlo a rendersi autonomo rispetto alle scelte del gruppo. Nel secondo caso è preferibile suggerirgli di incontrare uno specialista, psichiatra o psicologo, in quanto l’uso della sostanza potrebbe essere la spia di un disagio più profondo, soprattutto se ci sono anche chiari cambiamenti nel modo di comportarsi, come difficoltà di applicazione nello studio, caduta del rendimento scolastico, abbandono delle attività sportive, chiusura nei riguardi dei familiari e degli amici. Nel proporgli l’aiuto di uno specialista non si focalizzi però sulla pericolosità del “farsi le canne”, che potrebbe generare una sensazione di incomprensione e ostilità, ma sull’utilità di comprendere e superare il suo evidente malessere fatto di tristezza, rabbia, chiusura e sentimenti di inadeguatezza. Le suggerisco quindi di parlare apertamente con suo figlio,tenendo a bada la sua apprensione e senza scoraggiarsi se all’inizio si sentirà rispondere: “Ma che vuoi che sia? Tutti i miei amici fumano spinelli e poi la televisione e i giornali dicono che non è dannoso…”.

Cara Signora Marcella, il problema che mi pone è frequente tra i genitori di figli adolescenti perché molti ragazzi ormai usano, di tanto in tanto o regolarmente, le cosiddette “canne”. Per capire i potenziali pericoli che possono derivare da questa abitudine è utile sapere che le “canne”, o “spinelli”, sono un misto di tabacco e marijuana, quest’ultima ricavata dalla triturazione di fiori, foglie, gambi e semi della pianta di canapa, o cannabis sativa. La marijuana contiene circa 400 sostanze chimiche, la principale delle quali è il delta-9-tetraidrocannabinolo che stimola la produzione di dopamina, come fanno un po’ tutte le sostanze da abuso (alcol, cocaina ecc…). Immediatamente dopo l’assunzione la marijuana causa a livello fisico batticuore, aumento della fame e della sete, tremore delle mani, rallentamento dei riflessi (da qui un aumentato rischio di incidenti stradali) e a livello mentale sensazione di piacere e benessere, alterata percezione dei colori, dei suoni e della velocità con cui passa il tempo. Questi effetti svaniscono dopo 1-3 ore lasciando un senso di stanchezza o di avvilimento. L’uso di marijuana può avere diverse conseguenze psichiatriche. Se c’è una specifica predisposizione, e nessuno lo può sapere prima, anche poche assunzioni possono scatenare attacchi di panico, depressione, disturbi bipolari (cioè alternanza di depressione e euforia) o uno stato psicotico (cioè un’analisi non corretta di ciò che accade, diffidenza, sensazione di essere presi in giro o perseguitati, ecc…). L’assunzione continua causa

Inviate le vostre lettere per posta ordinaria al Prof. Antonio Tundo - Idea Bologna, Via Barberia 18 • 40123 Bolognao per E-mail: idearisponde@tin.it In questa rubrica saranno pubblicate quelle che contengono richieste di informazioni o quesiti clinici di interesse comune

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In breve dalla ricerca (a cura della Dott.ssa Fulvia Marchetti, Istituto di Psicopatologia, Roma)

Disturbi della CONDOTTA ALIMENTARE e maternità Easter e collaboratori (British Journal Obstetrics and Gyneacology, luglio 2011) hanno rilevato che, rispetto alle altre donne, coloro che soffrono di disturbi della condotta alimentare (anoressia nervosa e bulimia) incontrano maggiori difficoltà durante il concepimento e la gestazione: consultano più spesso il ginecologo per problemi di infertilità, hanno più spesso gravidanze indesiderate e, soprattutto, vivono male l’inevitabile aumento di peso e la trasformazione corporea. Nelle conclusioni gli autori propongono un intervento psicologico preventivo per tutte le donne con disturbi della condotta alimentare che pensano di avere un bambino.

Terapia cognitiva, sintomi residui e RICADUTE in DEPRESSIONE Non sempre il trattamento farmacologico, da solo, riesce a risolvere completamente un episodio depressivo e il permanere di sintomi residui, come pensieri a contenuto pessimistico e tematiche autosvalutative, aumenta il rischio di ulteriori recidive. Secondo Watkins e collaboratori (British Journal of Psychiatry luglio 2011) se in questi casi ai farmaci si associa una terapia cognitiva è possibile modificare i pensieri a contenuto negativo e, con questo, ridurre anche il rischio di una successiva ripresa dei sintomi.

Assunzione cronica di AMFETAMINE e Morbo di Parkinson In considerazione della sempre più ampia diffusione del consumo di sostanze stupefacenti, diverse ricerche hanno di recente valutato le possibili conseguenze di questo comportamento a livello cerebrale. Particolarmente interessante appare lo studio di Volkow e collaboratori (Drug and Alcol Dipendence, Luglio 2011), condotto su oltre 280.000 persone, da cui emerge che coloro che usano per lunghi periodi amfetamine o sostanze amfetaminosimili hanno un rischio di sviluppare il Morbo di Parkinson superiore sia a quello della popolazione generale, sia a quello di coloro che abusano cronicamente di cocaina.

BLU DI METILENE e sintomi residui nel disturbo bipolare Uno studio pilota, condotto su 37 persone che soffrono di disturbo bipolare I, ha dimostrato che la somministrazione di blu di metilene (un farmaco utilizzato fino a qualche anno fa come disinfettante delle vie urinarie) è in grado di ridurre significativamente i sintomi che residuano dopo un episodio depressivo o maniacale (24th Congress of the European College of Neuropsychopharmacology, 2011). Al contrario di quanto originariamente ipotizzato dagli autori, il blu di metilene non migliora invece le funzioni cognitive (concentrazione, attenzione, memoria…) spesso compromesse in questi pazienti.

E’ lo stile di vita il collegamento tra INFARTO e DEPRESSIONE? Che esista uno stretto rapporto tra depressione e rischio di recidiva dopo un infarto del miocardio è ormai una conoscenza consolidata. Uno studio, pubblicato questo mese sull’American Journal of Psychiatry, getta una nuova luce su questo importante tema. Studiando per 5 anni 667 pazienti infartuati, Duivis e collaboratori hanno infatti confermato la relazione tra sintomi depressivi e un’infiammazione generalizzata dell’organismo che predispone ad un nuovo infarto, ma hanno anche trovato che lo stato di infiammazione è presente soprattutto in coloro che non fanno attività fisica, sono obesi o fumano tabacco. 11


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Divine depresse Giorgia Baiesi - IDEA Bologna

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li italiani depressi sono circa 15 milioni, il 25% della popolazione, e l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che tra 10 anni questa malattia sarà la seconda causa di invalidità del mondo industrializzato. La storia insegna che il disturbo è antico come la civiltà stessa e trasversale a qualsiasi categoria: sesso, età, cultura, stato sociale, latitudine, credo religioso, professione, non salvaguardano dalla possibilità di esserne vittime. Sempre secondo lo stesso organismo, però, le donne si ammalano di depressione da 2 a 3 volte più degli uomini. Donne di tutti i censi e le culture che spesso sviluppano questa patologia anche a causa di una sensibilità che magari le rende eccellenti nel loro campo. Sono molte le scrittrici, le poetesse, le attrici, le artiste che hanno condiviso il loro talento con un inalienabile male di vivere che le ha spesso portate ad una fine dolorosa e precoce. Donne che non potevano chiedere di più, se non una serenità la cui mancanza le ha condannate. Molte di loro, in passato, non hanno potuto godere dell’ attuale supporto farmacologico né di un adeguato confronto medico e psicoterapeutico.

Camille Claudel (Francia, 8 dicembre 1864-19 ottobre 1943). Genio, passione, solitudine, miseria e follia nella vita della scultrice francese, allieva ed amante del gran-

de Auguste Rodin, che di lei diceva: “Le ho mostrato l’oro, ma l’oro che trova è tutto suo”. Giovanissima, decide di diventare scultrice e la sua determinazione convince 12


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l'ospedale psichiatrico sull'altopiano di Asheville in cui era ricoverata a causa della sua instabilità mentale dovuta ad una grave forma di schizofrenia.

il padre a darle il permesso di studiare a Parigi, sotto la guida dello scultore Boucher. A 18 anni espone per la prima volta al Salon; poi l’incontro con Rodin, di ventitré anni più vecchio di lei, legato sentimentalmente a Rose, madre di suo figlio. Con Camille inizia un rapporto difficile e tormentato durante il quale si manifestano e si aggravano i segni di un disordine mentale, manie di persecuzione che, nel processo di annientamento di se stessa, la portano a distruggere le sue opere.

Camille Claudel

Le sue opere: La Valse, nel 1891, Clotho nel 1893, varie versioni di La Petite Châtelaine, dal 1893 al 1898, nel 1897 Les Causeuses, tra il 1886 e il 1888 Sakuntala, nel 1900 La Vague e nel 1907 L’Age mûr, il suo capolavoro. Muore nel 1913 in solitudine e abbandono. Zelda Sayre Fitzgerald (24 luglio 1900 – 10 marzo 1948), pubblicista e scrittrice statunitense. Cresciuta in una solida famiglia del profondo sud degli Stati Uniti anche se, fin da giovane, al centro di pettegolezzi per i suoi atteggiamenti anticonformisti, fu la moglie dello scrittore Francis Scott Fitzgerald e madre della loro figlia Frances. Per i suoi atteggiamenti anticonvenzionali e spregiudicati è stata spesso considerata una sorta di femminista ante-litteram e, insieme a Fitzgerald, un’icona dei Ruggenti anni venti soprattutto dopo il successo del primo romanzo del marito, quando la coppia divenne talmente celebre da venire indicata dai quotidiani newyorkesi come modello della nuova Età del jazz: erano giovani, belli e pieni di energia. Autrice nel 1932 del romanzo autobiografico Save Me the Waltz (Lasciami l'ultimo valzer), muore all'età di quarantotto anni nell'incendio del-

Zelda Sayre Fitzgerald

Virginia Woolf

Virginia Woolf (Londra, 25 gennaio 1882, Rodmell, 28 marzo 1941) penultima di otto fratelli. Manifesta fin da giovanissima una forte inclinazione letteraria che, unita ad una buona istruzione classica e alla frequentazione di intellettuali modernisti, la spinge ad una brillante carriera di scrittrice. Fra le sue opere: The Voyage Out, Night and Day, Jacob’s Room, The Lighthouse, Orlando. Abusata dai fratellastri, inizia a manifestare molto precocemente problemi mentali, aggravati nel corso degli anni da eventi luttuosi che la portano a sviluppare una depressione ricorrente e sempre più grave. Nonostante una brillante vita sociale, è preda di stati ansiosi e fobie. Sylvia Plath (Boston, 27 ottobre 1932, Londra, 11 febbraio 1963). Poetessa e scrittrice statunitense. Da subito rivela il suo talento per le lettere, tanto da pubblicare la prima poesia all’età di otto anni. Durante tutta la sua vita adulta soffre per una grave forma di depressione alternata a periodi di intensa attività tanto che, precocemente, iniziano i tentativi di suicidio e, durante un ricovero presso un istituto psichiatrico, le viene diagnosticato un disturbo bipolare. Dimessa dall’ospedale arrivano, in rapida successione, la laurea con lode, il matrimonio con il poeta inglese Ted Hughes e la maternità. La vita familiare è difficile, Sylvia è lacerata tra il suo essere madre e moglie e il bisogno di essere donna e poetessa innanzitutto. Gli ultimi anni, caratterizzati da grandi ristrettezze eco-

Sylvia Plath sesegue a pag. 14 13


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Divine depresse segue da pag. 13

nomiche dovute alla separazione dal marito e all'affidamento dei figli, sono anche gli anni più prolifici: pubblica The Colossus e subito dopo il romanzo autobiografico La campana di vetro. L'11 febbraio 1963, ad appena un mese dalla pubblicazione del romanzo, Sylvia Plath muore.

donna bisognosa di affetto. Nel 1962 esce il suo ultimo film "Gli spostati" scritto per lei dal marito Henry Miller e, a causa dei continui ritardi, delle continue crisi, degli abusi di alcool e dell'inaffidabilità, viene licenziata dal set del film "Something got to give". Un mese più tardi, nella notte fra il 4 e il 5 agosto 1962, viene trovata morta nella sua casa, apparentemente suicida per un' overdose di barbiturici, anche se molte voci hanno sempre sostenuto l'ipotesi dell'omicidio. Il mistero sulla sua morte, insomma, non è mai stato completamente svelato, ma ha sicuramente contribuito a fare entrare Marilyn nel mito.

Marilyn Monroe (Los Angeles,1 giugno 1926, 4/5 a g o s t o 1 9 6 2 ) . Ve r o n o m e Norma Jeane Baker Mortenson. La madre è affetta da gravi disturbi mentali che la costringono a frequenti ricoveri in un ospedale psichiatrico e le impediscono di prendersi cura della bambina, che trascorre un'infanzia molto travagliata, costantemente affidata a famiglie sconosciute o parcheggiata presso vari orfanotrofi. In seguito a questo doloroso vissuto di sostanziale isolamento affettivo, Marilyn cercherà per tutta la vita un punto di appoggio sicuro, una certezza e una guida. Ormai raggiunto un successo mondiale, il susseguirsi del fallimento dei matrimoni le lascia dentro ferite profonde e incancellabili, che aggraveranno sempre di più la sua sensazione di sconforto e di irreparabile solitudine.

Marilyn Monroe

Con il passare degli anni l'instabilità emotiva della diva si esaspera, forse anche a causa delle altrettanto instabili storie d'amore a cui si abbandona, si rifugia nell’alcool e nei barbiturici, rendendo necessari successivi ricoveri in clinica. E’ stata ipotizzata la possibilità che la diva soffrisse per l'impossibilità di avere figli o per la mancanza di un amore vero, stanca di essere considerata una dea desiderava solo di essere trattata come una

Lee Miller (New York 19071977) modella, prima per il padre poi per la rivista Vogue, fotografa di moda, reporter di guerra. Alla morte della madre viene mandata a vivere da parenti e un ragazzo della famiglia abusa di lei. Ha solo 7 anni e contrae una malattia venerea. Studia teatro a Parigi e ritorna dopo un anno a New York: è bellissima e diventa molto presto modella di Vogue. Ha vent'anni ed è richiesta dai più grandi fotografi del tempo.

Nel 1929 ritorna a Parigi e qui incontra Man Ray, diciassette anni più di lei, fotografo e artista del surrealismo di cui Lee Miller diventa allieva, musa e amante. Lee torna a lavorare per Vogue, chiedendo di essere mandata al fronte come fotografa di guerra. Segue l'avanzata delle truppe alleate a St. Malo, Parigi, poi l'orrore di Dachau e Buchenwald. Entra nelle prigioni della gestapo e fotografa i sopravvissuti. E' la prima donna ad entrare in un campo di con14


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centramento. Sulle pagine patinate della rivista si vedono immagini agghiaccianti di terrore e morte. Dopo il '45 vive in Austria, Ungheria e Renania, è sola, soffre d'insonnia e beve molto, decide di ritornare a casa e di avere un figlio dal compagno, anche se all’epoca quarant’anni sono considerati pericolosi per una gravidanza. Dopo la nascita del figlio si occupa di lui, conduce una vita ritirata, ma ritornano i problemi di insonnia e riprende a bere. Depressione e alcol accompagnano i suoi ultimi anni. Lee, spirito libero e anticonformista, piena di talento, con una vita ricca di opportunità straordinarie, ma profondamente e dolorosamente segnata, muore di cancro nel 1977. Scrive di se stessa: "Sembravo un angelo fuori. Mi vedevano così. Ero un demonio, invece, dentro. Ho conosciuto tutto il dolore del mondo fin da bambina."

cora più importante il suo monito: “Il mio lavoro richiede un grande coinvolgimento emotivo. Occasionalmente soffro di depressione, cosa molto comune nel mio Paese, ma di cui la gente non vuole parlare. Preferisce tenerla nascosta. Credo invece che questo disagio dovrebbe essere argomento di dibattito”. Nel 2010 Emma ha annunciato l’intenzione di prendersi un anno sabbatico dagli impegni professionali e sociali per dedicarsi alla sua vita privata e curare al meglio la sua depressione. La Depressione è dunque una malattia democratica che colpisce una fascia assai vasta e variegata di popolazione. Attualmente, rispetto al passato, le nuove terapie multidisciplinari hanno permesso ai pazienti di progredire, acquistando fiducia e speranza in un futuro migliore, normale; la ricerca e la farmacologia, supportate dalla psicoterapia, l’approfondimento Cognitivo Comportamentale e i Gruppi di sostegno o di Auto Aiuto, si dimostrano sempre più efficaci per combattere e sconfiggere questa piaga devastante, in costante aumento, senza frontiere né di sesso né di classe. Se fossero vissute oggi le Divine Depresse avrebbero avuto probabilmente biografie migliori e il grande patrimonio artistico che ci hanno lasciato, e di cui possiamo godere tutti noi, sarebbe stato anche per loro fonte di realizzazione e di benessere.

Emma Thompson (Londra, 15 aprile 1959) attrice e sceneggiatrice britannica. ”Problema diffuso, ma non se ne parla“. Una carriera di successo, tanti film indimenticabili, 2 premi Oscar non hanno impedito ad Emma Thompson di dichiarare pubblicamente di soffrire di depressione. “Nei giorni più neri non ti lavi e non ti cambi d’abito”, “Non necessariamente ti spinge a farla finita, semplicemente ti ruba la voglia di vivere e vorresti spegnerti e fermarti”. Per Emma tutto ha avuto inizio in coincidenza con un trattamento di fecondazione assistita. “I trattamenti fallivano e io me la prendevo con me stessa: nessuno riusciva a persuadermi che non era colpa mia. Per forEmma Thompson tuna ora va meglio”. Con queste parole l’attrice Emma Thompson ha confessato ad un magazine americano la sua lunga battaglia per battere la depressione. La sua testimonianza ha fatto il giro del mondo e sottolineato ancora una volta le dimensioni di un’epidemia silenziosa che affligge milioni e milioni di persone in tutto il mondo. Per questo appare an-

Scott Fitzgerald, che di depressione grande e piccola sapeva qualcosa, diceva: “Se c'è una cosa che non puoi trasmettere a un'altra persona è la vitalità”. Questo è tanto più v e r o p e r una malattia che svuota l’anima e la mente di energia. La corretta e capillare informazione sulle terapie, un corretto stile di vita, la partecipazione e il confronto attorno ad un disturbo di cui si prova ancora vergogna, la condivisione di un fenomeno in costante aumento, sono strumenti imprescindibili e preziosi perchè la depressione si può e si deve sconfiggere. 15


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esigenza di costituire una sede IDEA nacque a Napoli nei primi anni 2000, grazie alla collaborazione tra me e Anna Tammaro. La signora Tammaro, già veterana di IDEA in quanto iscritta alla Fondazione e profonda conoscitrice dei problemi legati alla depressione, aveva promosso ed organizzato numerose ed importanti conferenze nella nostra città. Nello stesso periodo la Fondazione IDEA aveva tenuto a Rimini un Corso Nazionale di Formazione per facilitatori e volontari a cui io avevo partecipato; fu in tale occasione che mi prospettarono di costituire il primo Gruppo di Auto Aiuto a Napoli. Mi parve un’idea, appunto, sia utile che stimolante! Il progetto mi assorbì ed entusiasmò al di sopra di ogni aspettativa: sono sempre stato sensibile ai problemi trattati dalla Fondazione e sapere di poter attivamente aiutare gli altri mi diede la forza e la spinta necessari per realizzare concretamente il programma. Così nacque, non tra poche difficoltà, il primo GAA IDEA a Napoli e quasi naturalmente, in seguito, si costituì un vero e proprio Nucleo nella mia città.

IDEA NAPOLI La storia

Lucia, Maurizio ed Enzo. Oggi siamo in grado di seguire sia i GAA che la risposta telefonica, contando solo sulle nostre forze ed ogni anno organizziamo dibattiti, incontri e conferenze che trattano dei diversi aspetti della depressione, con la preziosa collaborazione scientifica di illustri medici psichiatri tra i quali il professor Mario Maj a cui va sempre la nostra più sincera gratitudine.

La nostra sede è presente a Napoli da ormai dieci anni e si avvale della presenza costante di sette facilitatori regolarmente formati: Mariantonietta, Maja, Marisa,

La sede segue costantemente i progetti di divulgazione e si impegna in manifestazioni ed attività, le più varie, propedeutiche alla raccolta fondi, ma il “cuore” di tutti noi resta nei Gruppi di Auto Aiuto e nell’impegno necessario alla risposta telefonica. La partecipazione ai Gruppi è numerosa,fino a 20 fruitori, con una spiccata presenza femminile e, vista la crescente richie-

I volontari e fruitori di IDEA Napoli 16


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no 2009 un nuovo Corso di Formazione per Volontari e altri ne seguiranno. Le attività del Gruppo di auto-aiuto e del servizio di ascolto telefonico sorprendono sempre per l’enorme richiesta di comprensione, condivisione, ma soprattutto di informazioni chiare e divulgazione più capillare che non sempre si riesce a garantire, specialmente in una realtà come quella napoletana. La nostra attività ed, in particolare, la partecipazione ai gruppi, ha dimostrato di svolgere un ruolo molto importante di “supporto alla terapia”. Molti fruitori, una volta intrapresa la terapia, ci hanno raccontato di essere stati assaliti da mille dubbi, paure, incertezze di ogni genere, che li hanno spesso portati a pensare di abbandonare le cure, ma di aver trovato nei nostri incontri settimanali conforto, risposte alle loro domande ed il coraggio per non mollare. Tu t t o c i ò c i r e n d e o r g o g l i o s i e c o n t i n u a a d a r e senso ed impulso al nostro impegno quotidiano. Peppe Manetti - Volontario

sta anche di familiari, abbiamo deciso di attivare un Gruppo di Auto Aiuto dedicato alle Famiglie,che sta dando ottimi risultati e a tutti noi grande soddisfazione. I nostri telefoni sono operativi presso la sede della Fondazione Humaniter, mentre teniamo i gruppi presso la sede della Caritas a Chiaia. Ad entrambe va la nostra riconoscenza e quella dei nostri fruitori: non sarebbe stato possibile svolgere il nostro lavoro ed arrivare a questi risultati senza il loro supporto. E’ stato fondamentale per la nostra struttura l’essersi potuta avvalere della consulenza e della supervisione del professor Andrea Fiorillo,della Clinica Psichiatrica dell’Università di Napoli (SUN), sia per quanto concerne la parte scientifica che il coordinamento all’interno dei GAA, e non solo! Il professore è diventato in questi anni il nostro migliore amico, il referente prezioso e disponibile che ci ha fatti sentire protetti e sostenuti nel nostro non sempre agevole percorso:Grazie! Insieme a lui, alla dottoressa Maghida Fiordiliso Grimaldi e con la collaborazione della Clinica Psichiatrica Università di Napoli SUN diretta dal professor Mario Maj, incoraggiati dagli eventi positivi e stimolati dalle necessità di un numero sempre crescente di richieste, abbiamo organizzato nell’an17


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Notizie dal Mondo Acqui Terme Giovedì 19 maggio, presso il salone della Banca Fideuram, si è tenuta una Conferenza che ha riguardato sì la depressione, ma con proposte di terapie del tutto innovative. La dott.ssa Rossella Ivaldi, psicologa e psicoterapeuta ed il dott. Enrico Giulio Grappiolo, medico chirurgo, hanno trattato il tema: “Tecniche per combattere la depressione: dalla terapia della risata alla fitoterapia”, con la collaborazione della dott.ssa Piera Ornigatti, laureata in scienze naturali ed erborista. I dottori Ivaldi e Grappiolo erano già stati protagonisti lo scorso anno di un’interessante conferenza su un argomento poco dibattuto, ma risultato di grande interesse, come il dolore cronico nella depressione. Nel presentare questa volta alcune tecniche per combattere la depressione, la dott.ssa Ivaldi ha trattato gli aspetti psicologici della depressione e le sue manifestazioni sintomatiche, in particolare la tristezza. La depressione si manifesta attraverso uno stato di tristezza che può arrivare all’umore tormentato, ed è una tristezza di cui la persona sa indicare l’inizio e non sempre la causa. La perdita di una persona cara, quella del lavoro oppure un evento che induce un senso di fallimento, possono produrre uno stato di tristezza prolungata. Con l’innescarsi di molteplici fattori ed eventi si può arrivare ad una fase in cui la vita inizia a perdere di senso e la depressione prende il sopravvento; ma ogni tristezza non è depressione, sebbene nella depressione vi sia sempre tristezza. Si parla di relazione mente-corpo, per cui per poter intraprendere un processo terapeutico bisogna considerare oltre che l’aspetto mentale della persona anche l’aspetto esteriore. La terapia della risata sfrutta questo meccanismo, non si cerca di creare il sorriso e la risata solo attraverso meccanismi mentali, ma si può anche ridere senza motivo, come forma di attività fisica. Quanto più la risata è spontanea ed esplosiva tanto più si assiste ad una riduzione della tensione (quindi dello stress) ed all’evidenziarsi di un’inconfondibile sensazione liberatoria a livello di tutti gli organi e delle funzioni corporee. Il dott. E. Giulio Grappiolo, quindi, nella sua qualità di medico chirurgo, ha fatto un breve excursus proprio sui meccanismi fisiologici determinati dalla risata e sull’attività fisica in generale nelle persone depresse. Infine la dott.ssa Piera Ornigatti, con la sua esperienza in ambito erboristico, ha trattato la fitoterapia, fornendo consigli utili sull’utilizzo delle piante più adatte ad alleviare lo stress, favorire il sonno, calmare il nervosismo e l’irritabilità, diminuire il livello di ansia e contrastare la depressione. Presenti all’occasione i volontari del GAA di Acqui Terme, per ricordare che la depressione, che è una malattia sempre più in espansione, deve sì essere combattuta con le cure mediche, ma anche conoscendola meglio e dialogando con chi l’ha provata direttamente o è stato vicino ad una persona depressa. 18


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Notizie dal Mondo Brescia I media ci informano quasi quotidianamente di tragedie causate spesso dalla sottovalutazione di patologie psichiatriche o da instabilità psichica dovuta all’assunzione di droghe. Le Forze dell’Ordine sono da sempre in prima linea per affrontare questo tipo di emergenze, costantemente in aumento; ciò ha spinto la responsabile di IDEA Brescia, sig.ra Teresita Frerotti, ad affrontare queste tematiche, organizzando nello scorso mese di Giugno un ciclo di conferenze alle quali hanno aderito con estremo interesse le principali Forze dell’Ordine della Provincia di Brescia: Arma dei Carabinieri, Polizia di Stato, Polizia Provinciale, Polizia Municipale, Polizia Carceraria, Forestale e Finanza. Scopo del progetto, quello di fornire a tutte le Forze dell’Ordine che operano sul territorio un contributo in materia di “Rischio suicidario nelle varie patologie psichiatriche” e “Stati di agitazione psicomotoria per uso di sostanze o in presenza di patologie psichiatriche”. La prima tematica, efficacemente trattata dal prof. Antonio Tundo, direttore dell’Istituto di Psicopatologia di Roma e Responsabile Scientifico di IDEA Roma, ha riscosso grande interesse fra i convenuti, il Colonnello Marco Turchi, comandante provinciale dei carabinieri di Brescia, ha chiesto di poter presto ripetere l’iniziativa. La seconda conferenza è stata tenuta dal prof. Matteo Pacini, professore a contratto presso l’Università di Pisa, Presidente per l’Italia dell’Associazione Europea per il trattamento della dipendenza da Oppiacei e Consulente del Centro di riferimento Alcologico del Lazio. Ad entrambi gli psichiatri esprimiamo la nostra gratitudine per aver accettato il nostro invito. Ringraziamo, inoltre, tutte le Forze dell’Ordine e il Sindaco di Brescia On. Avv. Adriano Paroli per aver gentilmente messo a disposizione per l’occasione lo splendido Salone Vanvitelliano di Palazzo Loggia, prestigiosa sede del Comune. La benevolenza dimostrata dalle massime autorità comunali sin dalla nascita della nostra sede, ci gratifica molto e ci sprona a continuare l’opera di sensibilizzazione e supporto alle persone malate. Un ringraziamento anche a “Buonissimo”, la bottega del gusto, il cui titolare ha offerto un ricco e molto gradito rinfresco a conclusione delle conferenze.

Milano Lo scorso mese di Maggio si è tenuta presso la sede SKY di Milano una lezione sulla “Prevenzione della depressione nella donna”, a cura della dott.ssa Elena Di Nasso, Medico Psichiatra, Dipartimento di Neuroscienze Ospedale Fatebenefratelli di Milano. L’incontro ha avuto la finalità di spiegare meccanismi e sintomi che caratterizzano la depressione nel mondo femminile, per contribuire a migliorare la salute della donna, favorire il suo benessere sul posto di lavoro e, di conseguenza, il benessere sociale. Durante l’incontro sono state suggerite strutture pubbliche cui indirizzarsi e proposte letture divulgative, sottolineando il ruolo della partecipazione ai Gruppi di Auto Aiuto gestiti dai volontari. L’incontro ha riscosso veramente un grande successo, speriamo di poter presto ripeLa dott.ssa Elena Di Nasso

tere l’iniziativa coinvolgendo sedi SKY di altre città d’Italia. 19


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Notizie dal Mondo Bologna Il quinto corso di formazione per gli aspiranti volontari della sede di Bologna, che si è svolto fra i mesi di settembre ed ottobre, si è concluso con una cena molto allegra e rumorosa alla quale sono intervenuti, insieme a molti volontari, S.E. Enzo Grimaldi, il prof. Agostino B a r u z z i , i l p r o f . G i l b e r t o P o g g i o l i , i l p r o f . P i e t r o R i c c i e , tra gli altri, il prof. Mario Schiavina. A conclusione della serata, il prof. Giovanni Battista Cassano, alla presenza dei professori Andrea Fagiolini e Antonio Drago, delle dottoresse Cecilia Neri e Dorella Scarponi, ha ringraziato a nome di IDEA i n p r i m i s M a r i a Va l d e c a s a s , r e s p o n s a b i l e d i I D E A B o l o g n a , tutti i collaboratori ed in particolare i medici, assenti e presenti, che si sono prodigati per la realizzazione di un programma tanto impegnativo quanto avvincente. Alle giornate ha partecipato un pubblico attento e motivato che arricchirà il nucleo storico dei volontari esperti, così da poter incrementare, nel breve periodo, i servizi erogati: il Numero Verde dedicato alla risposta telefonica, i Gruppi di Auto Aiuto, gli Incontri con i Famigliari, la diffusione, la promozione e la raccolta fondi. Il corso, introdotto da un coinvolgente intervento della dott.a Maria Maddalena Fiordiliso Grimaldi, ha visto nel corso delle tre giornate la partecipazione di medici psichiatri provenienti dall’Università di Bologna, tra cui: la prof.a Diana De Ronchi, direttore dell’Istituto di Psichiatria P. Ottonello di Bologna, che ha trattato il tema “Disturbi somatoformi e disturbi della condotta alimentare”, seguita dalle relazioni dei suoi colleghi e collaboratori, il prof. Antonio Drago con “Schizofrenia e disturbi psicotici”, la dott.a Raffaella Calati “Disturbi di personalità e disturbi dell’umore”, il dott. Alberto Chiesa “I disturbi d’ansia” e la dott.a Laura Mandelli con “Le psicoterapie cognitive”. Presenti all’occasione anche: il dott. Mario Miniati, psichiatra presso l’Università di Pisa, che ha parlato di “Psicoterapia e terapia farmacologica”; il dott. Francesco Casamassima, psichiatra presso l’Ospedale di Civitanova Marche, “Epidemiologia ed introduzione alla psicopatologia della depressione”; il prof. Antonio Tundo, direttore dell’Istituto di Psicopatologia di Roma e responsabile scientifico di IDEA Roma, che ha analizzato il tema del “Disturbo Bipolare”; la dott.a Dorella Scarponi, psichiatra presso il Dipartimento di oncologia pediatrica dell’Ospedale Sant’Orsola di Bologna, “Il Volontariato”; la dott.a Cecilia Neri, psichiatra presso il Poliambulatorio Mazzacorati, “Organizzazione dei servizi di salute mentale e cenni di legislazione”. Infine, la dott.a Roberta Necci, responsabile nazionale dei Gruppi di Auto Aiuto, ha approfondito l’argomento “IDEA e l’Auto Aiuto”. Nonostante la complessità degli argomenti trattati, tutte le relazioni hanno appassionato i volontari che hanno sottoposto numerosi quesiti ai docenti: a tutti loro va la nostra riconoscenza per la disponibilità dimostrata e per la non comune capacità di “scaldare” e tradurre argomenti a volte così ostici. Al prof. Alessandro Serretti, psichiatra presso la Clinica Ottonello e coordinatore del corso, un ringraziamento speciale; ai volontari di IDEA che, con grande 20


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Notizie dal Mondo zelo hanno ricoperto tutti i ruoli necessari all’organizzazione delle giornate, una menzione al merito. Un grazie sempre alla prof.ssa Diana De Ronchi per l’attenzione dimostrata ai nostri progetti. Non possiamo dimenticare la Banca di Bologna, sponsor in questa occasione e speriamo in futuro per i prossimi corsi di formazione perchè i volontari rappresentano un grande patrimonio per la nostra Fondazione. L’esperienza del volontariato è una ricchezza sia per chi la riceve che per chi la dona, quindi vi invitiamo a diventare volontari di IDEA: insieme abbiamo ancora tanto da costruire! G r a z i e .

Roma “LA RISCOPERTA DELL’AMERICA” Si è tenuto giovedì 5 Maggio presso l’Università degli Orefici di Roma l’incontro conclusivo del ciclo “Sbarchi in nuovi mondi” dell’associazione IDEA Roma. Ospite d’onore è stato Ruggero Marino, giornalista, scrittore e accurato studioso dell’uomo che per tutti è lo scopritore dell’America: Cristoforo Colombo. Davanti al pubblico accomodato nella suggestiva cornice della chiesa di Sant’Eligio, Ruggero Marino ha dato un ritratto della figura di Colombo del tutto particolare e innovativo. Non solo un uomo dalle origini probabilmente legate alla Chiesa di Roma, ma anche un profondo conoscitore di tante scienze e culture, un uomo che, quasi certamente, sapeva bene cosa stesse cercando e dove cercarlo. Questa in breve la descrizione, fuori dalle righe dei comuni libri di storia, che l’ex giornalista de “Il Tempo”, oggi scrittore, ha dato del grande navigatore. Con il supporto di alcuni spezzoni del film di Ridley Scott “1492 - La conquista del paradiso” e delle letture da parte dell’attrice Antonella Britti del libro “L’uomo che superò i confini del mondo”, ultima fatica di Ruggero Marino, lo scrittore ha affascinato le persone presenti con una storia che va ben oltre i viaggi e le scoperte di Colombo, inerpicandosi lungo le pieghe della storia europea del XV secolo, toccando e sfiorando tutti i più grandi personaggi di quegli anni, da papa Innocenzo VIII, alla regina Isabella di Spagna, fino a Lorenzo il Magnifico e Pico della Mirandola. Con questo incontro IDEA Roma chiude il ciclo “Sbarchi in nuovi mondi” e ringrazia vivamente chi ha partecipato e contribuito alla realizzazione del sito internet www.idearomaonlus.it, ma soprattutto i relatori e l’Università degli Orefici che ha generosamente concesso l’utilizzo della chiesa di Sant’Eligio e le sue strutture per lo svolgimento di questi incontri. 21


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Lavori in corso

informazioni sulle prossime iniziative dei nuclei locali

IDEA Genova Seminario in cui si tratterà il tema degli “Interventi precoci nei disturbi dell’umore”, per ridurre l’impatto della depressione sulla popolazione (Dicembre 2011)

IDEA Brescia Conferenza dal titolo “Rischio suicidario nelle varie patologie psichiatriche”, alla presenza dell’Arma dei Carabinieri della Provincia di Brescia - Relatore: prof. Antonio Tundo (c/o Teatro San Carlino-15 Novembre 2011)

IDEA Milano Partecipazione a “I giorni del volontariato”, mostra – presentazione delle varie associazioni di volontariato milanesi (5 e 6 Novembre 2011 - Palazzo delle Stelline) Mostra benefica dell'antiquariato (Dal 27/10 al 14/12 dalle 15 alle 19, presso l'Istituto Zaccaria via S. Barnaba 28/D).

GAA Acqui Terme Ciclo di Conferenze che si terranno presso il Salone Banca Fideuram – P.zza Orto San Pietro ore 21,10 “Il cervello questo sconosciuto” 15 dicembre 2011 (dott. Daniele Lucchese) “Dialogo aperto tra paziente ed esperti” 19 gennaio 2012 (dott. Giuseppe Panaro e dott. Valter Furlano) ”L’ipocondria” 16 febbraio 2012 (dott. Luigi Sartore) “La depressione nel bambino” 05 marzo 2012 (dott.ssa Maria Izzo e dott. Alessio Ivaldi) “Disoccupati e depressi?” 02 aprile 2012 (dott. Alessio Ivaldi) - Conferenza del 26 aprile 2012 (dott.ssa Michela Repetto) - Conferenza del 24 maggio 2012 (dott.ssa Rossella Ivaldi e dott. E. Giulio Grappiolo)

IDEA Roma Torneo di burraco finalizzato alla raccolta fondi (19 Ottobre 2011 presso il Circolo Ufficiali dell’Arma dei Carabinieri) Riprende l’attività del Gruppo di Lettura di testi teatrali (presso la sede).

IDEA Napoli “Sabato, domenica e lunedì” di Eduardo De Filippo – La compagnia teatrale Luna Nuova devolverà la serata in beneficenza a IDEA Napoli (Teatro Il Piccolo, Piazzale Tecchio-25 Novembre 2011).

IDEA Trieste Corso di Formazione Volontari (12/13/14/15 Novembre 2011 presso la sede) Banchetto con oggettistica natalizia e non solo (26 e 27 Novembre 2011 presso Centro Commerciale Ramonda a Ronchi dei Legionari). Burraco di beneficenza seguito da rinfresco (27/1/2012 -16/3/2012 c/o lo Yacht Club Adriaco) Per maggiori informazioni consultare il sito “www.fondazioneidea.it” cliccando su “NUCLEI LOCALI di IDEA” 22


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GRAZIE Sono iniziati a Settembre, presso il Dipartimento di Salute Mentale e Neuroscienze dell’Università di Siena, i lavori per il Progetto di Studio “Stile di vita per la prevenzione delle ricadute nella Depressione Ricorrente”, sotto la supervisione scientifica del prof. Andrea Fagiolini e finanziato dalla Fondazione IDEA e dalla Fondazione FERRERO che, ancora una volta, ringraziamo. Lo studio, della durata di 2 anni, ha lo scopo di dimostrare come il miglioramento dello stile di vita in pazienti affetti da depressione si associ ad un significativo miglioramento della salute fisica e mentale. In questi primi mesi si è provveduto all’elaborazione del Protocollo ed alla formazione del personale dello studio in tutti i procedimenti relativi alla cura del paziente, valutazione, trattamento e raccolta dati; sono stati individuati i pazienti reclutabili ed una prima paziente sta testando il protocollo definitivo.

Grazie di cuore a Daniela Bongianni, fruitrice di un Gruppo di Auto Aiuto di Genova per gli allegri posters che ha voluto dedicare ad IDEA come segno di gratitudine per il sostegno ricevuto. “Da donna a donna” a Canicattì: grazie a Graziella Caruso per l’affetto dimostrato e l’interessante iniziativa organizzata. Grazie a Gianfranco per la lettera e le belle parole espresse a favore dei volontari di IDEA Bologna, che hanno dimostrato di essere gli amici che cercava.

Grazie ai tanti sostenitori che in questo anno hanno supportato la nostra attività, a loro e a tutti i nostri lettori auguriamo un

Sereno Natale e un Felice Anno Nuovo! 23


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“IDEArisponde…” IDEArisponde: un servizio al paziente e alla sua famiglia. Un gruppo di volontari, che hanno seguito un apposito corso di formazione, risponde alle telefonate dei pazienti e dei loro familiari per dare ascolto, conforto, consiglio, informazioni. Segreteria e servizio IDEArisponde: Milano (Dal Lunedì al Venerdì ore 9-18) 02 80.58.18.66 - 65 / idearisponde@tin.it Roma (Dal Lunedì al Venerdì ore 15.30-19.30) 06 48.55.83 / idearoma@hotmail.it Bologna (Martedì, Mercoledì e Giovedì ore 10-13 e 15-18) 051 64.47.124 / ideabo@virgilio.it Genova (Lun., Merc., Giov. 16-18 e Mart. 10-12) 010 24.76.402 / ideagenova@libero.it Trieste (Lun. e Giov. 10-12, Mart. 16-18, Merc. 15-16, Ven.17-18) 040 31.43.68 / info@ideatrieste.it Brescia (Martedì e Giovedì 15-18) 030 23.00.196 Napoli (Mercoledì e Giovedì 18-19) 081 57.84.622 / ideanapoli@libero.it

Numero Verde NAZIONALE 800 538 438 (Dal Lunedì al Venerdì ore 10-18) Numero Verde Lombardia S.O.S. DEPRESSIONE 800 122 907

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