I suoli delle Valli del Noce: terreno frutteto ambiente

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I SUOLI DELLE VALLI DEL NOCE TERRENO FRUTTETO AMBIENTE

A cura di DUILIO PORRO GIACOMO SARTORI MARIA B. VENTURELLI



I SUOLI DELLE VALLI DEL NOCE TERRENO FRUTTETO AMBIENTE

A cura di DUILIO PORRO GIACOMO SARTORI MARIA B. VENTURELLI


I suoli delle valli del Noce : terreno, frutteto, ambiente / a cura di Duilio Porro, Giacomo Sartori, Maria B. Venturelli. – San Michele all’Adige (TN) : Fondazione Edmund Mach, 2017. – 325 p. : ill., tab. ; 26 cm. ISBN 978-88-7843-048-8 1. Pedologia – Val di Non 2. Pedologia – Valle di Sole 3. Melo – Nutrizione minerale – Indagini – Val di Non 4. Melo – Nutrizione minerale – Indagini – Valle di Sole I. Porro, Duilio II. Sartori, Giacomo III. Venturelli, Maria Beniamina IV. Fondazione Edmund Mach. Centro Trasferimento Tecnologico 631.49453853

Studio realizzato con il supporto economico di Melinda e delle Casse Rurali della Val di Non.

I SUOLI DELLE VALLI DEL NOCE TERRENO FRUTTETO AMBIENTE © 2017 Fondazione Edmund Mach - Centro Trasferimento Tecnologico Via E. Mach 1 - 38010 San Michele all’Adige (TN) È vietata la riproduzione con qualsiasi mezzo essa venga effettuata

CURA E REVISIONE TESTI Duilio Porro, Giacomo Sartori, Maria B. Venturelli, Erica Candioli

COORDINAMENTO EDITORIALE Erica Candioli

TESTI Rodolfo Minelli - Collaboratore Fondazione Edmund Mach Giacomo Sartori - Collaboratore Fondazione Edmund Mach Andrea Parisi - Collaboratore Fondazione Edmund Mach Daniela Bertoldi - Fondazione Edmund Mach Duilio Porro - Fondazione Edmund Mach Costanza Calzolari - CNR-IBIMET, Firenze Fabrizio Ungaro - CNR-IBIMET, Firenze Marco Cersosimo - Fondazione Edmund Mach Andrea Cristoforetti - Fondazione Edmund Mach Andrea Tagliapietra - WBA, World Biodiversity Association Silvia Silvestri - Fondazione Edmund Mach Fabio Zottele - Fondazione Edmund Mach Giambattista Toller - Fondazione Edmund Mach

FOTOGRAFIE Autori Luca Brentari (pag. 12, 32, 38, 43, 49, 51, 52, 53, 54, 56, 57, 58, 59, 60, 62, 77, 78 - foto 17, 81, 85 - foto 24, 86, 98, 150, 186, 212) Paolo Tait (pag. 122, 170, 179, 183)

PROGETTAZIONE E REALIZZAZIONE GRAFICA IDESIA - www.idesia.it


PRESENTAZIONE I SUOLI DELLE VALLI DEL NOCE

La terra è la base fondamentale della attività agricola e l’agricoltura è per definizione la coltivazione della terra. Fra terra e agricoltura vi è dunque un legame inscindibile e ricco di relazioni. Nel linguaggio economico la terra rappresenta il capitale - capitale terra - a significare il suo ruolo fondamentale nell’attività imprenditoriale agricola. Ma il termine capitale introduce anche il concetto di valore, che assume ampio significato proprio quando il capitale è limitato. Sempre nel linguaggio economico la terra è un bene irriproducibile, motivo ulteriore per averne particolare cura. Per molti anni il consumo della terra e la conseguente sottrazione di superficie alle potenzialità agricole è stato tema di vivaci discussioni: ora però la discussione si è orientata anche sul suo uso e sulla capacità di mantenerne le capacità produttive. È dunque del suolo, inteso come base pedologica dell’agricoltura, che ci occupiamo in questo volume, per condurre il lettore verso pratiche di utilizzo, valorizzazione e tutela dello stesso più consapevoli. Il volume dunque approfondisce le tipologie di suolo, le proprietà agronomiche, fisiche, chimiche e biologiche nonché l’impatto delle pratiche agronomiche di conduzione della produzione agricola in relazione al suolo. La tutela di questo bene prezioso passa proprio dalla conoscenza delle sue caratteristiche: la salvaguardia del suo valore dovrebbe divenire prassi e consapevole agire degli agricoltori al fine di preservare e proteggere questo capitale inestimabile di cui dispongono. Il Dirigente del Centro Trasferimento Tecnologico Michele Pontalti

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INTRODUZIONE I SUOLI DELLE VALLI DEL NOCE

Anna Benedetti CREA1 - RPS2 1

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Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria Centro di ricerca per lo studio delle relazioni tra pianta e suolo

Nel 2015 la FAO pubblica un rapporto sullo stato di salute del suolo a livello mondiale “world chapter” dal quale emergono dati particolarmente allarmanti. Il 95% della produzione di cibo deriva dal suolo. Nel 2030 la popolazione mondiale necessiterà di un incremento del 60% della produzione di cibo a fronte di una sempre maggiore incidenza di perdita di suolo fertile, attualmente corrispondente ad oltre il 33% delle terre destinate all’agricoltura. Inoltre nel rapporto viene sottolineato che per garantire una corretta alimentazione all’uomo è necessario che vengano assunti 15 diversi elementi tra micro, meso e macro nutrienti ed il 75% dei suoli agricoli presenta forti limitazioni nella fertilità legati alla carenza di almeno uno di questi elementi. Il rapporto, inoltre, sottolinea l’importanza della gestione sostenibile del suolo, che va a correggere la maggior parte delle limitazioni della fertilità senza generare inquinamento ambientale, ponendo attenzione anche alla rinnovabilità delle risorse ed al risparmio energetico, affermando che praticando una gestione sostenibile del suolo si potrebbe ottenere un aumento del 56% delle derrate alimentari, compensando quasi completamente la richiesta di incremento al 60%. Altro elemento di riflessione posto dal soil chapter riguarda la possibilità di ampliare la superficie di terre destinate all’agricoltura. Nei paesi industrializzati non si ha più possibilità di reperire altre terre destinabili all’agricoltura, mentre nel resto del mondo, ove questo è praticabile, oltre il 75% dei suoli presenta forti limitazioni di fertilità con carenze importanti di almeno uno dei 15 nutrienti essenziali. Nel 2016 nell’ambito della Global Soil Partnership (Alleanza mondiale sul suolo) delle Nazioni Unite sono state predisposte le linee guida volontarie sulla gestione sostenibile del suolo. Si tratta di un documento molto snello che riporta i criteri generali di gestione sostenibile del suolo. In esso vengono declinati i seguenti criteri di gestione sostenibile del suolo: • contenere l’erosione; • contenere il degrado della struttura; • garantire una adeguata copertura vegetale; • promuovere lo stoccaggio del carbonio; • garantire la fertilità dei suoli per le produzioni evitando perdite di nutrienti; • assicurare livelli minimi di salinizzazione e sodicizzazione; • garantire il corretto drenaggio delle acque; • assicurare livelli di contaminanti sotto la soglia di tossicità;


• garantire il mantenimento della biodiversità del suolo e di tutte le sue funzioni; • garantire un giusto e sicuro apporto di nutrienti per la produzione di cibo, foraggi, ecc.; • ridurre il consumo di suolo con una responsabile pianificazione territoriale. L’obiettivo fondamentale da raggiungere riguarda la divulgazione delle buone pratiche agricole, volte alla conservazione del suolo. Ciascuna regione climatica, dovrà predisporne di sue e portarne ad una loro affermazione a livello territoriale. L’Italia, paese del bacino del Mediterraneo, con problemi di aridità specie nelle regioni del sud e nelle isole, ha fortemente appoggiato questa iniziativa, consapevole della fragilità dei propri suoli affetti da una carenza allarmante in sostanza organica. Mediamente in Italia i suoli agrari presentano un contenuto in sostanza organica pari all’1,5%, in talune regioni oltre il 50% dei suoli agrari è addirittura al di sotto dell’1%. Altro elemento importante di riflessone riguarda la biodiversità, termine ormai abusato, senza però averne la necessaria contezza. Non tutti sanno che la biodiversità definita dalla FAO “capitale naturale pro capite”, ossia salvadanaio cui attingere per garantire cibo alla popolazione mondiale, in termini di abbondanza di organismi è rappresentata per oltre il 90% nel suolo. In un grammo di suolo possono vivere infatti milioni di microrganismi, ai quali è demandato l’importantissimo compito di rendere disponibili gli elementi nutritivi contenuti nel suolo per le piante e quindi per tutti gli altri esseri viventi. Un quarto delle specie di organismi viventi è nel suolo. Se mettiamo insieme tre diverse considerazioni e cioè: (i) che per la formazione di 1 cm di suolo sono necessari oltre 1000 anni, (ii) che il 90% della biodiversità è nel suolo e che (iii) dal suolo dipende oltre il 95% della produzione di alimenti, facilmente ci si rende conto dell’importanza del suolo e di quanto questa risorsa sia non rinnovabile. Il suolo deve essere protetto e la gestione sostenibile deve essere un imperativo della nostra agricoltura. Il suolo deve essere nutrito al pari di qualsiasi altro essere vivente, perché il suolo può essere rappresentato come un superorganismo che si forma (nasce), vive e se mal gestito muore. Tutti gli organismi viventi sono sistemi biologici complessi che si relazionano con l’ambiente in cui vivono interagendo con pressioni biotiche ed abiotiche tali da indurne continuamente tutta una serie di risposte e di adattamenti atti a migliorarne le condizioni di vita. 5


Lo studio dei sistemi biologici complessi per lungo tempo è stato affrontato disaggregando le diverse componenti per teorizzarne modelli di funzionamento, sicuramente utili alla comprensione di risposte lineari del tipo azione-reazione, ma assolutamente insufficienti a descrivere e soprattutto comprendere l’azione di fattori combinati e sovrapposti e le diverse reazioni derivate. Da oltre venti anni si è andato sempre più affermando lo studio dei sistemi biologici complessi mediante un approccio di tipo olistico, che va a considerare le diverse variabili nel loro insieme, introducendo l’esigenza di individuare livelli di osservazione su scala gerarchica, che andasse dalla piccola alla grande scala. Impostare correttamente un piano di concimazione che tenga conto dello sviluppo ottimale di una coltura significa studiare un sistema biologico complesso in una situazione di naturalità, quindi necessita di un approccio di tipo olistico. Il presente lavoro rappresenta uno sforzo in tal senso. Il volume presenta degli approfondimenti sui seguenti temi:

Metodi Rappresenta una guida concreta alla scelta delle metodologie da utilizzare per la caratterizzazione delle proprie produzioni.

Paesaggi Descrive puntualmente i paesaggi/ambienti di produzione, partendo dalla geologia degli stessi, fornendo elementi conoscitivi molto importanti al fine di indirizzare anche scelte di tipo gestionale ed imprenditoriale.

Suoli Individua e descrive le caratteristiche principali dei suoli delle valli del Noce (Non e Sole) fornendo una serie di rilievi qualificanti quali: • raggruppamenti delle diverse tipologie di suolo e sovraunità di paesaggio in relazione al materiale parentale o substrato, alla profondità degli stessi ed alla capacità di immagazzinamento dell’acqua; • proprietà agronomiche dei suoli sia a livello fisico che chimico; • interazioni tra tipi di suolo, nutrizione delle piante in essi coltivate e fertilizzazione; • biologia del suolo, al fine di preservarne la fertilità e salvaguardare una maggiore biodiversità; • interazioni tra climatologia e fabbisogni irrigui dei diversi suoli al fine di una ottimale gestione della risorsa idrica. Propone quindi un’analisi del territorio finalizzata alla gestione del meleto mettendo in relazione suolo-pianta-clima, nell’intento di fornire indicazione per produzioni di qualità. Costituisce una novità il capitolo sulla biologia del suolo. Argomento ancora poco indagato. In questo lavoro è stata presa in considerazione la componente legata alla mesofauna attraverso l’elaborazio6


ne dell’indice QBS. Per una più completa visione del sistema suolo e della sua biodiversità sarebbe interessante approfondire lo studio alla componente microbiologica, della quale si fa comunque cenno. Il suolo viene descritto in tutte le sue caratteristiche che vanno dalla fisica, chimica, biologia, fino all’uso che se ne fa. La pianta viene anch’essa caratterizzata per gli aspetti biochimici del metabolismo, ma anche per quelli genetici riconducibili alle cultivar. Le differenti caratteristiche vengono descritte puntualmente e vengono forniti tutti i valori di riferimento determinati attraverso una corposa elaborazione di dati raccolti sul territorio. Il dato, pertanto, potrà essere utilizzato da ogni agricoltore che si trovi nelle medesime condizioni pedoclimatiche descritte nel testo. Troverà, dunque, una dettagliatissima analisi delle componenti del sistema biologico complesso nel quale si trova ad operare. Il volume traccia una linea di partenza per la comprensione delle relazioni che legano determinate colture al territorio. Tali indicazioni potranno essere agevolmente utilizzate da tutti coloro che vorranno gestire in maniera intelligente il proprio frutteto. Vengono forniti esempi e relazioni tra diverse gestioni suggerendone una interpretazione nei confronti della sostenibilità della coltura. Il volume potrà costituire un solido riferimento sia per gli operatori del settore agricolo e produttivo, che in esso troveranno informazioni utili e pratiche nella gestione delle produzioni, al contempo rappresenta un prezioso testo per ricercatori e studenti che potranno reperire validi spunti sulle relazioni suolo-pianta-clima che difficilmente vengono dettagliate in modo così puntuale. Nel complimentarmi con gli autori per questo importante contributo che hanno messo a disposizione, auspico un’ampia diffusione del volume.

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SOMMARIO I SUOLI DELLE VALLI DEL NOCE

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METODI Approccio metodologico Fotointerpretazione Rilievi di campagna Unità tipologiche di suolo Analisi di laboratorio Analisi del suolo Analisi di foglie e frutti Densità apparente e analisi idrologiche Analisi climatiche di temperature e precipitazione Calcolo dell’evapotraspirazione Stima del bilancio idrico Rilievi biologici Indice IBS-bf Indice QBS-ar Trappole a caduta Banca dati Elaborazioni statistiche e geostatistiche Visualizzazione della carta pedologica

13 14 15 15 16 17 17 19 19 20 21 22 24 24 25 28 29 29 31

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I PAESAGGI Inquadramento geografico Inquadramento ambientale Geologia Le rocce consolidate I depositi incoerenti Geomorfologia Cartografia dei paesaggi e dei suoli SP 1: Versanti su litotipi competenti (calcari e dolomie) SP 2: Versanti su litotipi poco competenti (calcari marnosi e marne) SP 3: Depositi detritici, gravitativi e colluviali di versante SP 4: Depositi glaciali di alloggiamento SP 5: Depositi glaciali di contatto SP 6: Depositi glaciali in forma di drumlin SP 7: Conoidi di deiezione SP 8: Terrazzi fluvioglaciali SP 9: Incisioni a V e scarpate erosive SP 10: Piane alluvionali Unità cartografiche della carta dei suoli

33 34 34 34 35 37 43 47 49 50 51 52 53 55 55 56 58 59 60

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I SUOLI I suoli della Val di Non e della bassa Val di Sole Tipologie dominanti Cambisuoli Luvisuoli Regosuoli I suoli delle sovraunità di paesaggio Suoli su substrati rocciosi competenti (SP 1) Suoli su substrati rocciosi poco competenti (SP 2) Suoli su detriti e accumuli colluviali (SP 3) Suoli su depositi glaciali di alloggiamento (SP 4) Suoli su depositi glaciali di contatto (SP 5) Suoli su depositi glaciali allungati o drumlin (SP 6) Suoli dei conoidi di deiezione (SP 7) Suoli dei terrazzi fluvioglaciali (SP 8) Suoli delle incisioni a V (SP 9) Suoli delle piane alluvionali (SP 10)

63 64 64 65 67 69 71 71 72 74 75 76 77 79 81 82 84

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GRUPPI DI SUOLI Tipologie di suolo Gruppi di substrato Sottogruppi Sottogruppi di profondità utile del suolo Sottogruppi di tessitura Sottogruppi di idromorfia

87 88 88 91 91 93 95

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PROPRIETÀ AGRONOMICHE DEI SUOLI Funzionalità agronomiche dei suoli Proprietà fisiche Tessitura Scheletro Densità apparente Acqua disponibile (AWC) Proprietà chimiche Carbonati (calcare totale) Calcare attivo Reazione (pH) Carbonio organico e sostanza organica Capacità di scambio cationico Calcio scambiabile Potassio scambiabile Magnesio scambiabile Rapporto magnesio/potassio Fosforo assimilabile Boro solubile Rischi di degradazione del suolo

99 100 100 102 106 109 111 116 117 120 124 127 131 133 134 137 140 141 144 147


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NUTRIZIONE DELLA PIANTA E SUOLI Stato nutrizionale delle piante Foglie Relazioni con i Gruppi e Sottogruppi di suoli Relazioni con i Gruppi funzionali di suoli Frutti Relazioni con i Gruppi e i Sottogruppi di suoli Relazioni con i Gruppi funzionali di suoli Considerazioni agronomiche generali Consigli di concimazione Rapporti con le altre pratiche agronomiche

151 152 153 158 162 165 167 172 174 179 183

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BIOLOGIA DEL SUOLO L’ecosistema suolo Fertilità biologica Ammendanti e fertilità dei suoli Qualità dei suoli Indagine sulla fertilità biologica dei suoli della Val di Non Indice di biodiversità “Biodiversity friend” (IBS-bf) Indice di qualità biologica del suolo (QBS-ar) Indagine quantitativa (Indice di Shannon) Trappole a caduta Prime evidenze Prime indicazioni sulla qualità del suolo

187 188 190 191 192 196 199 200 201 203 204 211

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CLIMATOLOGIA E FABBISOGNI IRRIGUI Climatologia e sostenibilità Caratterizzazione climatica Stima del bilancio idrico Ottimale gestione della risorsa idrica

213 214 216 219 221

BIBLIOGRAFIA

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Allegato I. Catalogo delle unità tipologiche di suolo Allegato II. Classi delle proprietà del suolo Allegato III. Classi dei parametri della fertilità chimica Glossario

233 311 314 317

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1 METODI

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APPROCCIO METODOLOGICO Lo studio dei suoli presentato in questo volume è stato effettuato in varie fasi. Nel corso del biennio 2006-2007 è stata realizzata una carta dei pedopaesaggi della Val di Non e della bassa Val di Sole (dalla piana di Malè fino allo sbocco della valle) a scala 1:35.000. Questa comprende le aree fino ad una quota approssimata di 1.000 metri. Essa ha permesso di definire e delimitare i principali paesaggi dell’ampia zona studiata, caratterizzando ciascuno di essi per quanto concerne le litologie, le morfologie e, almeno in prima approssimazione, le tipologie di suolo più diffuse. Si sottolinea che per tutta l’area di studio non era fino allora disponibile alcuna informazione dettagliata sui suoli, fatta eccezione per le analisi di superficie condotte per fini agronomici. Si è quindi proceduto ad una prima serie di rilievi in campagna. Sulla base della carta dei pedopaesaggi, che costituisce un valido quadro d’insieme ma non sufficientemente dettagliato per la gestione idrica e agronomica dei frutteti, nel corso degli anni successivi (2007-2010) è stato pianificato e realizzato il rilevamento pedologico di semidettaglio delle varie sottozone, fino a coprire l’integralità delle aree frutticole presenti. Lo studio, condotto con il supporto economico delle Casse Rurali della Val di Non e di Melinda, è stato effettuato seguendo le metodologie nazionali e internazionali più recenti (Costantini, 2007) e avvalendosi di una sezione analitica di laboratorio molto completa. Il risultato è una cartografia dei suoli alla scala 1:20.000 di gran parte (aree con frutteti) della Val di Non e della bassa Val di Sole, e la relativa banca dati, che archivia e permette di gestire l’insieme delle informazioni. Le varie fasi di lavoro mediante le quali si è arrivati all’elaborazione dei prodotti cartografici finali e della banca dati sono state le seguenti: • studio preliminare dell’area, con reperimento di cartografie e studi geologici e geomorfologici; • fotointerpretazione dell’area e realizzazione della carta dei pedopaesaggi in scala 1:35.000; • campagna di rilievi (trivellate e profili) per la caratterizzazione dei suoli; • analisi chimiche e fisiche di laboratorio; • elaborazione della carta dei suoli a scala 1:20.000, con relativa legenda, e definizione delle unità tipologiche di suolo; • digitalizzazione dei dati e costituzione della banca dati dei suoli; • trattamento statistico e geostatistico dei dati delle unità tipologiche di suolo, al fine di individuare gruppi funzionali di suoli. I dati della banca dati dei suoli sono stati successivamente incrociati con le serie di analisi della vegetazione (foglie e frutti) disponibili, al fine di individuare le relazioni esistenti.

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FOTOINTERPRETAZIONE La fotointerpretazione in stereoscopia ha utilizzato fotografie aeree a colori a scala media 1:33.000, volo del 2004 (lotto A e B Trentino Occidentale), e in bianco e nero, volo a scala media 1:38.000, volo del 1998 (Trentino Occidentale), entrambi della ditta CGR di Parma. L’analisi delle fotografie aeree tramite stereoscopio consente una visione tridimensionale del territorio e quindi la delimitazione dei vari elementi morfologici che lo compongono, alla luce di una percezione d’insieme del paesaggio. Si sono quindi individuate aree omogenee per quanto riguarda i materiali parentali, la morfologia, l’uso del suolo e le dinamiche evolutive in atto, presumibilmente caratterizzate da una relativa omogeneità anche per quanto riguarda i suoli, definite unità di paesaggio, riunite in sovraunità di paesaggio. Queste sono state riportate sulla base topografica costituita dalla carta topografica della Provincia autonoma di Trento in scala 1:10.000.

RILIEVI DI CAMPAGNA I rilievi di campagna hanno permesso di migliorare e affinare via via la cartografia di partenza, verificando l’omogeneità delle coperture dei suoli, determinando i caratteri degli stessi e raccogliendo i campioni per le analisi di laboratorio. Oltre alle osservazioni della superficie, sono state effettuate osservazioni speditive, ossia trivellate con strumento manuale di tipo olandese da 120 cm, e rilievi completi, ossia profili pedologici. Va evidenziato che una parte dei suoli dell’area sono scheletrici (presentano al loro interno frammenti più o meno grossolani di roccia) o anche molto scheletrici, in particolare sui conoidi recenti. In questo caso i problemi di penetrazione della trivella manuale fanno sì che le informazioni ottenibili con tale strumento siano limitate. Non è possibile, soprattutto, determinare con precisione la profondità del suolo, che è un carattere fondamentale. I profili pedologici sono stati scavati (con escavatore) nell’interfilare, e arrivando fino alla base del suolo, vale a dire fino al contatto con il materiale parentale o con la roccia (da 30 a 200 cm). Si chiarisce che il posizionamento al centro del filare, utile per avere dati confrontabili (e evitando il compattamento laterale dovuto al passaggio dei mezzi), non rappresenta bene la situazione della pianta sul filare. Qui il contenuto in sostanza organica è in genere minore (a causa del diserbo e/o delle lavorazioni), mentre è superiore la dotazione di elementi nutritivi (per le concimazioni sulla fila). Tutte le osservazioni, speditive (trivellate) e approfondite (profili), sono state georeferenziate manualmente sulle carte topografiche provinciali in scala 1:10.000 (il primo anno) o mediante impiego di GPS (gli anni successivi). Esse sono state descritte utilizzando l’apposito “Manuale per la descrizione dei suolo” della Regione Veneto (ARPA Veneto, Treviso) e le relative schede codificate, predisposte 15


per l’informatizzazione. Di ogni orizzonte di ciascun profilo pedologico è stato raccolto un campione per le analisi chimico-fisiche (da uno a cinque campioni per profilo, a seconda del numero di orizzonti). Quando possibile (terreni privi o con poco scheletro) sugli orizzonti di superficie e sottosuperficiali sono stati prelevati i campioni per la determinazione della densità apparente, utilizzando gli appositi cilindretti di acciaio. Complessivamente sono state effettuate 1.303 trivellate con trivella manuale e sono stati scavati e studiati 227 profili pedologici, raccogliendo circa 700 campioni di suolo.

UNITÀ TIPOLOGICHE DI SUOLO Sulla base dei dati di campagna e di laboratorio si sono definite le tipologie di suolo (Unità ipologiche di suolo o UTS). Queste sono di due tipi: le serie di suolo, che rappresentato delle tipologie principali, e le fasi di serie, che sono dei sottotipi. Ogni fase si differenzia dal tipo principale per caratteri significativi dal punto di vista dell’utilizzo agronomico, quali per esempio la profondità del suolo, l’abbondanza di scheletro, la tessitura, o anche l’inclinazione delle superfici interessate. Ogni UTS ha una sigla di tre lettere, che sintetizza il nome della località di maggiore diffusione (e/o più tipica) e una cifra. Questa è utilizzata sia nella carta pedologica (nell’etichetta che caratterizza ogni delineazione) che nella banca dati. Si cita come esempio la UTS Cloz (CLZ1), con la sua fase Cloz grossolani (CLZ2). La grande estensione della zona indagata e la grande varietà di materiali parentali e di morfologie faceva sì che le tipologie di suoli fossero tendenzialmente molto numerose. Per facilitare l’utilizzo e le elaborazioni ulteriori, nella definizione delle UTS si è cercato quindi di tenere il loro numero il più basso possibile, assegnando priorità alle differenze che condizionano l’utilizzo agronomico e non dando troppo peso alle classificazioni dei suoli. Alcune UTS contengono quindi suoli classificati in modo diverso, anche ai livelli tassonomici più alti. A ogni UTS è attribuito un grado di fiducia, basato essenzialmente sul numero di rilievi ad essa riferibili. Più sono i rilievi, e in particolare i profili pedologici, e più questi sono vicini alla definizione dell’UTS, più questa è affidabile (e i dati possono essere trattati e/o verificati anche utilizzando strumenti statistici). I criteri (semplificati) che consentono di attribuire a ogni UTS il relativo grado di fiducia sono riportati in tabella 1. Tabella 1 Relazione tra numero di profili e grado di fiducia delle UTS

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GRADO DI FIDUCIA DELLE UTS

DESCRIZIONE

Molto alto

Almeno 15 profili

Alto

Almeno 6 profili

Medio

Almeno 2 profili

Basso

Un singolo profilo


Gli interventi antropici di grande impatto, in particolare le sistemazioni delle superfici e gli apporti di materiali da altre zone (bonifiche), fanno sì che i caratteri dei suoli possono discostarsi localmente in maniera più o meno consistente da quelli originari. Nella maggior parte dei casi dominano pur sempre i caratteri dei suoli di origine, anche se sono riconoscibili per esempio apporti in superficie (con tessitura e/o quantità di scheletro diverse) o un completo rimescolamento degli orizzonti originari. Il riferimento alla UTS di origine resta pur sempre valido, almeno come inquadramento di base. Più rari sono i casi dove i materiali apportati obliterano completamente i caratteri dei suoli naturali. Discorso a parte riguarda i grandi ed estesi interventi, dove le superfici sono state completamente rimodellate e sono state apportate grandi quantità di materiali alloctoni. In questo caso i caratteri dei suoli dipendono dalla natura di tali materiali e dalle modalità della loro messa in posto. Per la bonifica di Tres, vista la sua notevole estensione, si è creata una UTS ad hoc (suoli Bonifica di Tres, BTR1).

ANALISI DI LABORATORIO Le analisi fisico-chimiche sono state effettuate presso i laboratori della Fondazione Edmund Mach. Nei paragrafi che seguono vengono specificati i metodi.

Analisi del suolo Le analisi chimiche e la tessitura dei campioni di suolo sono state eseguite, utilizzando metodi ufficiali, presso il laboratorio di chimica agraria della Fondazione Mach, accreditato ai sensi della norma UNI EN ISO 17025 dal 1998. Come è uso, le analisi sono state eseguite sulla frazione minore di 2 millimetri, dopo aver asportato lo scheletro mediante setacciatura. In totale sono stati analizzati 692 campioni. Su ogni campione sono stati quantificati: • tessitura: percentuale di sabbia grossa (2-0,25 mm), sabbia fine (0,25-0,05 mm), limo (0,05-0,002 mm) e argilla (<0,002 mm), dopo dispersione in sodio esametafosfato, mediante setacciatura ad umido e con l’impiego dell’idrometro (densimetro); • grado di reazione in acqua (rapporto 1:2,5) con metodo potenziometrico (pH-metro); • calcare totale con metodo gas volumetrico (calcimetro di Dietrich-Frühling); • calcare attivo dopo estrazione con ossalato di ammonio tramite titolazione con permanganato di potassio; • capacità di scambio cationico (CSC) mediante estrazione con cloruro di bario e trietanolammina a pH 8,2; • azoto totale mediante analizzatore elementare; • carbonio organico mediante analizzatore elementare e successiva sottrazione del contenuto in carbonio inorganico; • fosforo assimilabile dopo estrazione con bicarbonato di sodio 17


0,5 M pH 8,5 e determinazione con spettrofotometro UV/VIS (metodo Olsen); • calcio (Ca), magnesio (Mg), potassio (K) e sodio (Na) scambiabili dopo estrazione con acetato di ammonio 1 M pH 7 e determinazione con spettrometro ICP-OES; • boro (B) solubile dopo estrazione con cloruro di magnesio 0,01 M. Per quanto riguarda la CSC, per motivi di omogeneità, si è deciso di applicare lo stesso metodo di estrazione (soluzione di bario cloruro tamponata a pH 8,2) sia ai suoli neutri o basici, nettamente preponderanti, che ai pochi campioni a pH subacido. Questa scelta permette di evitare l’utilizzo di metodi diversi all’interno dello stesso profilo, dove talvolta gli orizzonti più superficiali presentano un valore di pH minore rispetto agli orizzonti più profondi. Il metodo è inoltre utilizzato nelle classificazioni dei suoli. A tal proposito risulterebbe però più corretto parlare di CSC potenziale, perché nei campioni neutri o subacidi non viene determinato il reale valore al pH del suolo. L’estrazione con ammonio acetato 1 M a pH 7, molto utilizzata ed efficace per la quantificazione di potassio e magnesio scambiabili, determina, nel caso di terreni alcalini e calcarei, una sovrastima del Ca di scambio, e questo per una parziale dissoluzione del carbonato di calcio. Di questo si è tenuto conto in fase di elaborazione e interpretazione dei dati. A questo proposito va specificato che la quantificazione del Ca di scambio ha rilevanza agronomica solo nel caso di terreni tendenzialmente acidi o neutri, dove eventualmente sono possibili carenze, e non in quelli calcarei. I parametri determinati e i metodi analitici utilizzati sono sintetizzati in tabella 2. Tabella 2 Parametri determinati nelle analisi di laboratorio e metodi utilizzati

PARAMETRO

METODO UFFICIALE

Tessitura

DM 13/9/99 SO N°185 GU n°248 del 21/10/99. Met. II.6

Grado di reazione (pH)

DM 13/9/99 SO N°185 GU n°248 del 21/10/99. Met. III.1

Calcare totale

DM 13/9/99 SO N°185 GU n°248 del 21/10/99. Met. V.1

Calcare attivo

DM 13/9/99 SO N°185 GU n°248 del 21/10/99. Met. V.2

Capacità di scambio cationico (CSC)

DM 13/9/99 SO N°185 GU n°248 del 21/10/99. Met. XIII.2

Azoto totale

DM 13/9/99 SO N°185 GU n°248 del 21/10/99. Met. XIV.1

Carbonio organico

ISO 10694

Fosforo assimilabile

ISO 11263

Ca, Mg, K, Na scambiabili

DM 13/9/99 SO N°185 GU n°248 del 21/10/99. Met. XIII.4

B solubile

DM 11/5/92 SO N°79 GU n°121 del 25/05/92. Met. 39

Il laboratorio della Fondazione Mach conserva la frazione non utilizzata, già setacciata a 2 millimetri, dei campioni analizzati. Tali campioni potranno quindi essere impiegati in futuro per eventuali altre 18


analisi più approfondite, per eventuali controlli o per monitorare, attraverso la raccolta di nuovi campioni, l’evoluzione nel tempo.

Analisi di foglie e frutti Il monitoraggio dello stato nutrizionale di diversi meleti nell’area di interesse nasce grazie all’attività svolta già a partire dalla fine degli anni ’80 dai consulenti tecnici della Fondazione Mach di San Michele all’Adige. Le analisi dei macro e micro nutrienti su foglie e frutti sono state eseguite presso il laboratorio di chimica agraria della Fondazione Mach, allora Istituto Agrario. I campioni di lembi fogliari (privati del picciolo) sono stati raccolti annualmente a partire dal 1987, campionandoli in due momenti della stagione vegetativa, il primo più precoce nel periodo compreso tra fine maggio e fine giugno ed il secondo più tardivamente, cioè a fine luglio: da 10 piante rappresentative di ciascun frutteto, sono stati individuati quattro rami posti ad altezza d’uomo nella parte periferica della chioma (due per lato produttivo) e sono stati campionati per ciascun ramo due foglie mature (quinta e/o sesta foglia del ramo) sane e di normale dimensione nella zona medio-basale del ramo, per un totale di 80 foglie. I campioni di frutti sono stati raccolti annualmente a partire dal 1998 in due momenti, ovvero ad inizio luglio (frutticini di almeno 55 mm di diametro) ed alla raccolta (settembre-ottobre): da piante rappresentative di ciascun frutteto, sono stati individuati rami posti ad altezza d’uomo nella parte periferica della chioma e sono stati campionati 30 frutticini e/o 20 mele. I campioni sia di foglie che di frutti sono stati quindi lavati con acido citrico (0,2%) e sciacquati con acqua distillata, in modo da eliminare eventuali residui di fitofarmaci e polveri, ed analizzati per la determinazione del contenuto dei principali macro e micronutrienti. L’azoto è stato quantificato utilizzando il metodo Kjeldhal fino al 2006, mentre dal 2007 è stato determinato mediante analizzatore elementare (metodo Dumas). P, K, Ca, Mg (su foglie e frutti) e S, Fe, B, Mn, Cu e Zn (su foglie) sono stati determinati mediante spettrometro ICP-OES dopo incenerimento (480°C) fino al 2006 per quanto riguarda le foglie, e fino al 2012 per quanto riguarda i frutti. Negli anni successivi l’analisi ICP-OES è stata eseguita, dopo digestione acida a umido, in vaso aperto nel caso delle foglie e in vaso chiuso nel caso dei frutti. I risultati ottenuti con i due metodi sono del tutto confrontabili, eccetto per lo zolfo, che nel metodo per incenerimento era leggermente sottostimato.

Densità apparente e analisi idrologiche La densità apparente [g/cm3] è stata calcolata partendo da campioni indisturbati estratti con anelli di acciaio da 100 ml (lunghezza 50 mm e diametro esterno 53 mm). Dopo essiccazione a 105°C per 24 ore si è misurato il peso con bilancia con accuratezza di +/- 0,1 g e lo si 19


è diviso per il volume apparente [ml] = [cm3]. Il valore in [kg/l] ha lo stesso valore numerico di quello in [g/cm3]. In totale sono state effettuate 154 misure. Per quanto riguarda le costanti idriche, si è determinata l'umidità a 33 kPa (tensione che approssima la situazione di capacità di campo) e a 1.500 kPa (limite indicativo del punto di appassimento permanente). I campioni di terreno sono stati essiccati all'aria, rompendo le zolle e rimuovendo i residui vegetali, per effettuare poi un passaggio in setaccio con maglie di 2 mm. Presso la Fondazione E. Mach sono state effettuate le misure utilizzando la piastra di Richards (Richards, 1941) secondo la metodologia suggerita da ISRIC-FAO (2002) su 257 orizzonti.

ANALISI CLIMATICHE DI TEMPERATURE E PRECIPITAZIONE Per stimare i fabbisogni irrigui delle Valli del Noce occorre una caratterizzazione climatica della zona di studio valutando sia il clima “medio” dell’intera valle, sia la variabilità dei fenomeni microclimatici che variano da zona a zona: l’area interessata dallo studio presenta una morfologia complessa con una quota variabile da un minimo di 285 ad un massimo di 1.010 metri sul livello del mare (quota media posta a 639 m s.l.m.). Per l’analisi sono state utilizzate le serie temporali di 18 stazioni della rete agrometeorologica della Fondazione E. Mach distribuite su tutta l’area oggetto di indagine, coprendo l’intervallo dal 1 gennaio 2002 al 31 dicembre 2015 (14 anni), per un totale di 5.113 giorni. Partendo dalle misure puntuali di temperatura dell’aria (minima, media e massima) e di precipitazione, si sono poi utilizzate tecniche statistiche in grado di prevedere valori verosimili degli stessi in punti dove non esiste una stazione di misura. Le tecniche utilizzate ricadono nei metodi statistici di interpolazione, con l’ipotesi che il valore che una variabile atmosferica assume in un punto di misura è probabilmente simile al valore che assume nei punti vicini (Cressie, 1993 e Lindgren et al., 2011). In tal modo, avendo a disposizione 18 stazioni, è stato possibile, fissando una certa soglia di accuratezza, ricavare giorno per giorno i valori predetti di temperatura e di precipitazione per gli 804 poligoni estratti dalla carta dei suoli delle Valli del Noce. Ognuno di questi poligoni rappresenta un’area in cui le caratteristiche del suolo sono omogenee e rappresenta l’unità di studio per calcolare il bilancio irriguo. Inoltre, per caratterizzare il clima “medio” dell’intera area si sono ricavate le temperature e le precipitazioni per un punto posizionato nel baricentro delle Valli del Noce alla quota media delle valli (639 m s.l.m.). Poiché la variabilità morfologica ha un effetto diretto sull’andamento della temperatura (più ci si eleva in quota, più l’aria è “fresca”) nel modello di interpolazione si è tenuto conto di tale informazione per ottenere previsioni più precise. 20


A differenza della temperatura, che è un fenomeno continuo nel tempo e nello spazio, i modelli che interpolano la pioggia sono più complessi perché devono tenere in considerazione le condizioni in cui piove solamente in alcune zone dell’area. Per l’interpolazione corretta della precipitazione è stato utilizzato il modello “semi-continuo” (Mills, 2013; Zuur et al., 2009), per ottenere una quantificazione precisa della pioggia per il calcolo del bilancio irriguo nel tempo e nello spazio.

CALCOLO DELL’EVAPOTRASPIRAZIONE In termini generali, l’evapotraspirazione è definita come la somma dell’evaporazione dell’acqua dal suolo e della traspirazione di vapore acqueo attraverso gli stomi delle foglie, uno dei processi fisiologici fondamentali per la pianta e per il ciclo dell’acqua nella biosfera (Jasenko et al., 2013). L’evapotraspirazione varia principalmente in base allo sviluppo della pianta e delle foglie, alla percentuale di copertura del suolo, alle condizioni atmosferiche e alla quantità di acqua presente nel terreno. Per la stima dell’evapotraspirazione è stato utilizzato il metodo delle equazioni idrometeorologiche, che tiene conto dei complessi meccanismi di traspirazione della superficie fogliare in relazione ai dati di temperatura, vento, umidità e radiazione solare, misurate dalle stazioni meteorologiche. Queste formule sono ritenute molto affidabili (Shuttleworth, 2007 e McMahon et al., 2013), sebbene più recentemente si usino metodi alternativi quali la misura di eddy covariance (che stima le fluttuazioni di vapore d’acqua in atmosfera), il remote sensing con le immagini satellitari ad alta risoluzione e i modelli idrologici che utilizzano complesse equazioni per descrivere nel tempo e nello spazio gli scambi di energia tra pianta, atmosfera e suolo. Per calcolare l’evapotraspirazione con il metodo scelto si stabilisce l’evapotraspirazione di riferimento (ET0), che rappresenta la richiesta teorica d’acqua di un prato verde di altezza uniforme (circa 12 cm) che copre completamente il terreno ed è in perfette condizioni di disponibilità d’acqua (capacità di campo). I valori di ET0 - una quantità ideale che dipende dalla temperatura e dall’umidità dell’aria, dall’intensità del vento e dalla radiazione solare - sono stati poi adattati alla coltura dell’area di studio (melo) utilizzando dei coefficienti correttivi, variabili nel corso dell’anno, che tengono in considerazione lo stato vegetativo del melo, la sua forma d’allevamento ed il contenuto di acqua del terreno variabile nel tempo. La formula più diffusa per il calcolo dell’evapotraspirazione di riferimento è quella di Penman-Monteith (Allen et al., 1998) che necessita della velocità media giornaliera del vento. Poiché il vento è di difficile interpolazione nello spazio, si è preferito utilizzare il modello di Hargreaves (Hargreaves e Samani, 1982) applicando alla formula un coefficiente correttivo, interpolato giornalmente in ognuna delle aree omogenee delle Valli del Noce, a partire dai punti in cui fosse disponibile una stima dell’evapotraspirazione 21


secondo il modello di Penman-Monteith, per tenere in considerazione l’effetto delle brezze presenti periodicamente nell’arco della giornata nelle valli alpine.

STIMA DEL BILANCIO IDRICO Il bilancio idrico, ovvero la stima dell’umidità di un suolo tenendo conto degli input (la pioggia e l’irrigazione) e degli output (l’evaporazione e la percolazione) dell’acqua nel tempo, viene utilizzato per definire gli apporti irrigui (Allen et al., 1998; Benami e Ofen, 1984 e Zottele et al., 2010). Il bilancio idrico è stato calcolato utilizzando un modello di bilancio di massa che, applicato a ognuno degli 804 poligoni nei quali è stata suddivisa l’area delle Valli del Noce e per i 5.113 giorni del periodo considerato, ha stimato l’umidità del terreno sommando gli input e sottraendo gli output. Per le unità cartografiche con due tipologie di suolo (UTS) si è considerato il valore più limitante di acqua disponibile (AWC). Come condizione iniziale è stato imposto che il primo giorno di gennaio del 2002 (primo giorno di simulazione) tutte le 804 aree omogenee per caratteristiche dei suoli fossero alla corrispondente capacità di campo e, successivamente, è stato calcolato con passo giornaliero il contenuto d’acqua nel terreno. In assenza di precipitazioni, l’umidità del suolo cala gradualmente e, contestualmente, aumenta l’energia necessaria alla pianta per approvvigionarsi d’acqua fino al punto in cui la pianta chiude le aperture stomatiche delle foglie per limitare la traspirazione: nel modello viene descritto lo stress idrico a cui è sottoposta la pianta rimodulando il coefficiente colturale a seconda della quantità d’acqua presente nello strato superficiale di terreno (Allen et al., 1998). L’approccio utilizzato per il calcolo dell’acqua disponibile di ogni tipo di terreno presente nell’area oggetto di studio è stato il seguente: • sono state misurate la capacità di campo ed il punto di appassimento di 257 orizzonti di suolo con piastre di Richards; • a completamento del dataset di parametri necessario a condurre il bilancio idrico, sono state utilizzate delle pedotransfer functions (formule matematiche calibrate sulle misure effettuate con le piastre di Richards) per stimare il contenuto d’acqua disponibile in ognuna delle 804 unità omogenee di terreno dell’area oggetto di studio, in accordo a quanto proposto da diversi autori (McBratney et al., 2002; Vereecken et al., 2010 e Patil e Singh, 2016). Le pedotransfer functions stimano i parametri idrologici dei suoli (CC e PA) partendo da dati facilmente ottenibili, quali la tessitura del terreno - in particolare le proporzioni di sabbia limo e argilla -, la densità apparente e la quantità di carbonio organico. Sono state confrontate e validate le pedotransfer functions più usate presenti in letteratura (Calzolari e Ungaro, risultati non pubblicati) ed è stata effettuata una calibrazione basata sull’accoppiamento di un modello fisico di ritenzione idrica nel suolo (Van Genuchten, 22


1980) con i metodi sviluppati da Wösten et al. (1999) e da Vereecken et al. (2010). L’insieme di questi metodi forniscono un range credibile di valori dai quali si è calcolata la quantità probabilisticamente più verosimile (maximum likelihood estimation) di acqua disponibile per ogni tipologia di terreno della carta dei suoli delle Valli del Noce. L’acqua disponibile alle piante, comunque, dipende dalla profondità raggiunta dagli apparati radicali e dalla loro distribuzione e densità. Nella stima del bilancio idrico è stata utilizzata la profondità radicale di 50 cm, che è inferiore a quella massima, poiché nelle colture arboree irrigue, come quelle oggetto dell’area di studio, la zona radicale di assorbimento tendenzialmente non supera questo livello. In condizioni non soggette a frequenti irrigazioni, e quando la profondità utile dei suoli lo permette, la profondità effettiva degli apparati radicali può essere però superiore. Per questo motivo per ciascuna UTS è stata stimata (Allegato I) la capacità d’acqua disponibile (AWC) a 100 cm di profondità (se la profondità del suolo non è inferiore a tale valore), parametro che dovrebbe meglio rispecchiare le capacità massime di immagazzinamento della porzione dei suoli esplorabile dalle radici. Al fine di identificare il momento in cui si rende necessario intervenire con apporti irrigui è definito un limite minimo di umidità nel suolo, il “punto critico”, oltre il quale la pianta entra in condizione di stress idrico. Quando questo limite è superato, viene somministrata per irrigazione la quantità d’acqua necessaria a far tornare il terreno in condizione di capacità di campo (Merriam, 1966). Per il melo, generalmente, il punto critico rappresenta l’esaurimento della metà dell’acqua disponibile. La quantità d’acqua così calcolata prende il nome di fabbisogno netto d’acqua, e nel modello è fisicamente assimilabile ad una pioggia che bagna uniformemente e regolarmente il terreno. Nel caso dell’irrigazione a goccia, ampiamente diffusa nelle Valli del Noce, non è possibile trasformare il fabbisogno netto d’acqua in un volume irriguo, in quanto solamente una parte del terreno viene interessata dai processi di infiltrazione e, pertanto, il modello non risulterebbe attendibile. Nell’ambito di questo lavoro, quando si utilizzano i termini input irriguo o fabbisogno irriguo si fa riferimento al fabbisogno netto d’acqua.

23


RILIEVI BIOLOGICI I metodi utilizzati per la valutare la fertilità biologica dei suoli sono descritti nei paragrafi seguenti.

Indice IBS-bf Il metodo definito dal protocollo IBS-bf si basa sull’analisi di un campione di suolo delle dimensioni di un quadrato di circa 15 cm di lato, prelevato con una vanga tradizionale a una profondità di circa 15 cm, in modo da ottenere un volume complessivo di circa 2 dm cubi. Il protocollo prevede una ripetizione di tre prelievi, preferibilmente ai vertici di un triangolo equilatero di circa 25 m di lato, e un calcolo cumulato del punteggio ottenuto dai tre prelievi come se si trattasse di un unico campione, per mitigare le difformità dovute alla ineludibile variabilità dei micro-habitat edafici, anche a distanza di pochi centimetri. Il campione è collocato all’interno di un vaglio entomologico, un vero e proprio setaccio a maglie di 10 mm, e viene frammentato e setacciato in modo che la porzione più grossolana rimanga in superficie per essere poi rimossa, mentre il materiale che ha attraversato le maglie del setaccio è raccolto sul fondo del vaglio. I campioni raccolti sono inseriti in sacchetti di polietilene, setacciati con vaglio più piccolo, a maglie di 4 mm, riversando progressivamente il materiale selezionato su un telo plastificato di colore bianco per l’identificazione degli organismi campionati. Il protocollo prevede un tempo massimo di 40 minuti, fra raccolta e analisi di un unico campione. Tuttavia, nel presente lavoro, trattandosi di un numero quotidiano di campioni variabile fra 48 e 54, la raccolta è stata condotta in uno/due momenti, per poter effettuare l’analisi in un tempo massimo di 20 minuti a campione. Contestualmente all’identificazione del materiale si compila la scheda di analisi che permette il calcolo finale del punteggio rilevato (Tab. 3). Alcuni taxa più sensibili alle modificazioni strutturali del suolo e con adattamenti più spinti alla vita edafica hanno punteggi più alti rispetto a organismi più tolleranti, caratterizzati da adattamenti meno peculiari e ai quali è attribuito un punteggio inferiore. Nel caso di assegnazione dubbia o difficoltosa è possibile raccogliere il materiale in flaconi di PET contenenti una soluzione di alcool 70° e ricorrere ad un’analisi più dettagliata in laboratorio con stereoscopio binoculare. Il protocollo prevede anche una raccolta diretta di eventuali esemplari vaganti in prossimità del sito di campionamento, sotto pietre o alla base di alberi contigui al punto di prelievo. Nel presente lavoro si è fatto ricorso a questa tecnica solo nel caso di alcuni opilioni. Trattandosi di organismi molto delicati, facilmente danneggiabili durante il passaggio all’interno delle maglie del setaccio, si è preferito raccoglierli direttamente. Rispetto al metodo QBS-ar, per il calcolo dell’indice sono stati aggiunti i molluschi gasteropodi polmonati e gli anellidi, gruppi che svolgono un ruolo fondamentale nelle dinamiche dell’ecosistema del suolo.

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PHYLUM

CLASSI

Molluschi

Gasteropodi

Anellidi

Oligocheti

Aracnidi

Crostacei

Miriapodi

Artropodi

Insetti

Larve di Olometaboli

ORDINI (O FAMIGLIE)

PUNTEGGIO

Pulmonati e Prosobranchi

10

Enchitreidi

10

Lumbricidi

20

Pseudoscorpionidi

20

Palpigradi

20

Ragni

5

Opilionidi

10

Acari

20

Isopodi

10

Chilopodi Litobiomorfi

10

Chilopodi Geofilomorfi

20

Pauropodi

20

Sinfili

20

Diplopodi

15

Collemboli saltatori (forme epigee)

10

Collemboli non saltatori (forme endogee)

20

Proturi

20

Dipluri

20

Tisanuri

10

Ortotteri (Grillotalpidi e Grillidi)

20

Dermatteri

5

Blattodei

5

Embiotteri

10

Psocotteri

5

Coleotteri

10

Imenotteri (Formicidi)

5

Ditteri

10

Coleotteri

10

Altri olometaboli

5

Tabella 3 Punteggi di IBS-bf

Indice QBS-ar I processi di prelievo ed analisi sono stati condotti in accordo con quanto previsto dalle metodiche proposte da Parisi (2001) per l’indice QBS-ar che prevedono la scelta di stazioni omogenee per pendenza, esposizione e copertura vegetale, da cui sono poi prelevati volumi cubici di suolo di 10 cm di lato; tali campioni sono trasferiti rapidamente in laboratorio per l’estrazione dei microartropodi presenti. Dopo il prelievo, i volumi sono riposti all’interno di contenitori in materiale plastico e conservati al riparo da luce solare diretta e da stress termici o meccanici elevati, per evitare danneggiamenti alle specie più vulnerabili. L’epoca del campionamento è altresì fondamentale in ragione della presenza di gruppi tassonomici stenoigrici, ossia capaci di tollerare solo ristrette variazioni del tenore acquoso 25


presente nell’ambiente ipogeo, rispondendo con migrazioni verticali in caso di allontanamenti dal loro optimum igroscopico ed eludendo di fatto il campionamento: vanno evitate epoche di prelievo in corrispondenza di periodi di prolungata siccità o di precipitazioni intense, preferendo occasioni dove il terreno sia in tempera, con valori di tenori idrici compresi tra il 40 e l’80% della capacità di campo (Parisi et al., 2005). La fase di estrazione deve essere effettuata entro le 48 ore successive al prelievo. Il procedimento utilizza i selettori di Berlese-Tullgren, costituiti da imbuti di circa 30 cm di diametro, contenenti setacci a maglie di 2 mm sulle quali adagiare i volumi di suolo prelevati. Sopra gli imbuti vengono disposte lampadine da 40 W sospese a 25 cm di distanza dai campioni, mentre sotto, in corrispondenza del termine degli imbuti, vengono predisposti collettori contenenti liquidi conservativi, tipicamente due parti di etanolo al 75% e una parte di glicerolo. Grazie al gradiente termico sviluppato, si ricreano artificialmente condizioni di siccità ambientale, inducendo tropismi negativi della fauna presente che viene raccolta agevolmente tramite migrazione attiva verso la base dell’imbuto ed il collettore contenente il liquido conservativo. La durata dell’estrazione è funzionale al tenore idrico dei volumi prelevati, calcolabile secondo le appropriate curve, ma in ogni caso mai inferiore ai 5 giorni (Parisi et al., 2005). Successivamente è possibile procedere alla separazione dei microartropodi in forme biologiche e alla attribuzione dei punteggi EMI secondo quanto riportato in tabella 4 (da Parisi, 2001). Sono state proposte classificazioni di qualità del terreno da Parisi (2001) con successive modifiche da D’Avino (2002) che esprimono giudizi di qualità sul suolo in base a Classi di Qualità numeriche (da 0 a 7). Tale suddivisione riflette la strutturazione della comunità presente e suggerisce lo stato qualitativo dell’ambiente edafico oggetto d’analisi. Dai dati raccolti sui microartropodi estratti è stato possibile applicare gli indici QBS-ar, attribuire le Classi di Qualità e applicare infine gli indici di diversità biologica H’ di Shannon e di Equitabilità J di Pielou, mentre è stato secondariamente calcolato il rapporto Acari/Collemboli, in contesti edafici naturali tipicamente legato a valori volti in favore degli Acari. L’Indice H’ di Shannon-Wiener è un indice di diversità derivato dalla teoria dell’informazione, utilizzato in analisi statistiche con numero infinito di elementi. I principali parametri considerati sono il totale di unità tassonomiche presenti congiuntamente all’omogeneità nella loro ripartizione demografica, restituendo valori maggiori in presenza di numeri crescenti di gruppi tassonomici e di un loro equilibrio. A valori crescenti corrisponderanno pertanto profili ecologici preferibili: nel presente contesto il valore massimo virtualmente raggiungibile, calcolato in funzione dei gruppi tassonomici considerati, è di 3,66. Il concetto di Equitabilità, sul quale si base l’Indice di Equitabilità J di Pielou, si riferisce al grado di omogeneità con la quale gli individui sono distribuiti nei vari gruppi tassonomici che compongono la comunità. I valori previsti sono compresi tra 0 e 1: in prossimità dello 26


0 indicano contesti ecologicamente migliorabili, dove poche specie mostreranno dominanza sulle altre, mentre attorno al valore 1 rappresentano contesti edafici biologicamente preferibili. Il rapporto Acari/Collemboli, infine, costituisce un rapido elemento informativo sul contesto biologico presente in ambito ipogeo, riferendo il rapporto demografico presente nelle biocenosi riguardo i due gruppi. Tale indice fornisce utili informazioni: nei suoli naturali, dove si instaura un equilibrio della pedofauna, gli Acari saranno tipicamente molto più numerosi dei collemboli, e una riduzione del loro rapporto indica una perdita di questo equilibrio (Bachelier, 1978). GRUPPI

FORME BIOLOGICHE

Pseudoscorpioni Scorpioni

20 Forme giovanili

Palpigradi

10

10 Forme superiori a 5 mm

1

Forme piccole e poco pigmentate

5

Acari

20

Isopodi

10

Diplopodi

Forme superiori a 5 mm

10

Forme inferiori a 5 mm

20

Pauropodi

20

Sinfili

20

Chilopodi

Forme superiori a 5 mm, ma con zampe ben sviluppate

10

Altre forme (geofilomorfi)

20

Proturi

20

Dipluri

20

Collemboli

Tabella 4 Gruppi di microartropodi e relativi EMI previsti dall’indice QBS-ar (da Parisi, 2001)

20

Opilionidi Araneidi

EMI

Forme epigee: appendici allungate, ben sviluppate. Apparato visivo (macchia ocellare e occhi) ben sviluppato. Dimensioni medie/grandi, presenza di livrea complessa)

1

Forme epigee non legate alla vegetazione arborea, con buon sviluppo delle appendici, con forte sviluppo di setole o squame. Apparato visivo ben sviluppato

2

Forme di piccola dimensione, con medio sviluppo delle appendici, apparato visivo ben sviluppato, livrea modesta, forme limitate alla lettiera

4

Forme emiedafiche con apparato visivo ben sviluppato, appendici non allungate, livrea con colore

6

Forme emiedafiche con limitato numero di ocelli, appendici poco sviluppate, con furca ridotta o assente, presenza di pigmentazione

8

Forme euedafiche con pigmentazione assente, riduzione o assenza di ocelli, furca presente ma ridotta

10

Forme euedafiche depigmentate, prive di furca, appendici tozze, presenza di pseudoculi, organo postantennale sviluppato (ma non necessariamente presente), strutture sensoriali apomorfiche

20

27


GRUPPI

FORME BIOLOGICHE

EMI

Microcorifi

10

Zigentomi

10

Dermatteri

1

Ortotteri

In generale

1

Famiglia Grillidae

20

Embiotteri

10

Fasmoidei

1

Mantoidei

1

Mecotteri

1

Isotteri

10

Blattari

5

Psocotteri

1

Emitteri

Forme epigee

1

Larve di cicala

10

Rafidiotteri

1

Tisanotteri

1

Coleotteri

Imenotteri

Forme epigee

1

Dimensioni <2 mm

+4

Tegumenti sottili colori testacei

+5

Microatterismo o atterismo

+5

Microftalmia o anoftalmia

+5

Nel caso di forme edafobie

20

In generale

1

Formicidi

5

Ditteri

1

Rafidiotteri (larve)

10

Planipenni (larve

1

Mecotteri (larve)

10

Coleotteri (larve)

10

Ditteri (larve)

10

Imenotteri (larve)

10

Lepidotteri (larve)

10

Altro olometaboli adulti

1

Trappole a caduta Il metodo prevede il posizionamento di “trappole” per la raccolta degli invertebrati del suolo, costituite da bicchieri in polietilene o polipropilene, facilmente reperibili in commercio, riempiti per circa due terzi con soluzione sovrasatura di aceto e cloruro di sodio (NaCl) in acqua, il primo con funzione attrattivo/conservante, il secondo con funzione conservante. Il bicchiere, forato in alto per evitare la fuoriuscita del liquido in caso di piogge, viene collocato nel suolo scavando una sede appropriata e facendo coincidere il bordo superiore con la superficie del terreno, e viene ricoperto da una 28


assicella, o da pietre di forma piatta, per permettere il passaggio a specie di dimensioni prossime al centimetro. Per comodità, si utilizza una coppia di bicchieri, per lasciare in sede nel suolo il bicchiere esterno e poter rimuovere agevolmente quello interno favorendo così il prelievo e la riattivazione ogni 30 giorni. Negli studi sulle comunità a invertebrati del suolo le trappole sono attivate tendenzialmente per 13 mesi (12 mesi più una sovrapposizione temporale di un mese), ma si può scegliere di attivarle in corrispondenza dei soli periodi primaverile e autunnale, o per un periodo più limitato in caso di siti di quota ricoperti da manto nevoso. Nel caso in esame le trappole sono state posizionate solo nel periodo estivo: in ogni frutteto identificato come sito di prelievo sono state posizionate tre trappole a caduta, a distanza di circa 10 metri, ciascuna alla base di una pianta lungo una fila interna all’impianto (non si è scelta una fila marginale per escludere problemi derivanti dall’effetto ecotonale che influenza la diversità del sito indagato poichè ambienti di margine hanno una diversità tendenzialmente più elevata). Gli esemplari raccolti in ognuna delle tre trappole di ciascun sito sono stati cumulati in un unico campione.

BANCA DATI Per la banca dati dei suoli si è utilizzato il software fornito dall’Agenzia Regionale per l’Ambiente del Veneto (ARPA Veneto, 2005) sviluppato in ambiente Microsft Office - Access che gestisce i dati alfanumerici. Tutti i dati sono stati poi importati in un database relazionale (PostgreSQL) con l’estensione geografica (PostGIS) adatta a gestire i dati cartografici come le delineazioni delle unità cartografiche. L’archivio delle osservazioni, in particolare, è organizzato in campi uniti attraverso una chiave primaria univoca, e contiene i dati relativi ai profili studiati: caratteri dell’ambiente, caratteri generali del suolo, classificazione del suolo, dati di campagna riguardanti ogni singolo orizzonte (spessore, colore, struttura, granulometria, ecc.) e analisi di laboratorio di ciascun orizzonte. L’archivio delle unità tipologiche di suolo contiene tutte le informazioni inerenti le tipologie di suolo: caratteri dell’ambiente, valori modali e intervalli di variabilità delle principali caratteristiche del suolo, la classificazione, e valori modali dei caratteri degli orizzonti.

ELABORAZIONI STATISTICHE E GEOSTATISTICHE I dati delle analisi idrologiche (stime della capacità di campo, del punto di appassimento e della densità apparente) sono stati utilizzati per la calibrazione e la validazione di una pedofunzione per stimare la ritenzione idrica del suolo (Available Water Capacity, AWC) utilizzando i dati tessiturali, la densità apparente e il contenuto in carbonio organico. Le analisi statistiche dei dati chimici e fisici dei suoli, nonché quel29


le relative alle analisi vegetali di foglie e frutti, hanno permesso di definire la variabilità per ogni parametro e le differenze legate ai vari substrati. Per cogliere meglio le variazioni legate all’andamento verticale e alla genesi dei suoli, i dati a disposizione sono stati raggruppati anche in base all’orizzonte genetico di appartenenza, semplificando all’orizzonte principale: A, B, C (orizzonti semplificati). Gli orizzonti misti BC sono stati compresi nel gruppo degli orizzonti B, gli orizzonti misti AC nel gruppo degli orizzonti A. Le analisi hanno poi consentito la definizione e validazione di Gruppi funzionali di suolo derivati dall’aggregazione di unità tipologiche di suolo, in base alla loro funzionalità, per: • irrigazione (acqua disponibile); • contenuto di sostanza organica, di carbonati e di calcare attivo; • parametri chimici della fertilità (Mg, K, P, B). Per i dati di AWC e carbonio organico si sono utilizzate procedure di spazializzazione delle informazioni puntuali basate su tecniche geostatistiche capaci di supportare il dato puntuale con informazioni geografiche in grado di descriverne l'andamento medio su tutta l'area delle Valli di Non e Sole. Per quanto riguarda l’AWC, l'aggregazione delle unità cartografiche della carta pedologica in 10 sovraunità di paesaggio ha fornito un modello spaziale utile a descriverne l’andamento medio dei valori su tutta l'area. La procedura di spazializzazione seguita, nota come scorpan kriging, si è articolata nelle seguenti fasi (Ungaro et al., 2005; Ungaro et al., 2010): • calcolo dei valori medi per ciascuna unità (provincia pedologica); • calcolo dei residui dal valore medio per ciascuna osservazione; • variografia sperimentale dei residui e modellizzazione del variogramma; • kriging dei residui su grid regolare 100 m; • somma dei residui al valore medio. In sostanza, il valore così stimato è dato dalla somma di una componente deterministica (il valore medio) e di una componente stocastica spazialmente correlata (il residuo). Per quanto riguarda il contenuto in carbonio organico è stato seguito un diverso approccio, basato sulla tecnica di regression kriging (McBratney et al., 2000). In questo caso sono stati interpolati via kriging ordinario i residui di una regressione lineare multipla che stima il contenuto di carbonio a partire da quota, pendenza ed esposizione calcolati su un modello digitale del terreno (grid 100 x 100 m) fornito dalla Fondazione Mach. Per le analisi statistiche, i dati relativi ai parametri fisici e chimici dei suoli ed agli elementi minerali presenti in foglie e frutti sono stati sottoposti ad analisi di varianza considerando diverse fonti di variazione. I valori delle medie sono stati separati dal test di Tukey. In alcuni casi si è proceduto anche tramite standardizzazione dei dati (media uguale a 0 e deviazione standard = 1).

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VISUALIZZAZIONE DELLA CARTA PEDOLOGICA Le informazioni della carta dei suoli delle Valli del Noce sono consultabili via internet (http://meteogis.fmach.it/cartaSuoli). La mappa è interattiva e navigabile a livelli multipli di zoom, e le informazioni sui paesaggi e sui suoli sono ottenibili selezionando i poligoni rappresentati in mappa. I dati visualizzati variano a seconda del livello di zoom: a scale maggiori di 1:68.000 vengono mostrate le definizioni delle sovraunità di paesaggio, e a scala compresa tra 1:68.000 e 1:17.000 le definizioni delle unità di paesaggio. A scala ancora inferiore, vengono mostrate le informazioni riguardanti le unità tipologiche di suolo (serie e fasi di serie) o le due unità tipologiche di suolo, presenti nell’unità cartografica scelta. La definizione sintetica dei caratteri principali della UTS (sequenza di orizzonti, profondità del suolo, tessitura, scheletro, ecc.) che appare sullo schermo può essere approfondita consultando la scheda descrittiva dettagliata (in formato PDF e generata dai dati presenti nel database), contenente informazioni più complete. Per ogni UTS sono elencati i parametri chimici e fisici più significativi del profilo pedologico di riferimento, il quale ha valore di esempio.

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2 I PAESAGGI Rodolfo Minelli

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INQUADRAMENTO GEOGRAFICO L’area studiata nella presente indagine comprende le zone altimetricamente interessanti per la coltura del melo della Val di Non e delle Valli di Sole e Rumo. L’analisi è stata dunque limitata alla porzione di territorio al di sotto dei 1000 metri di quota. La superficie complessiva, ricavata tramite GIS, è pari a 25.392 ettari e ricade nel territorio dei comuni di Amblar, Brez, Cagnò, Caldes, Campodenno, Castelfondo, Cavareno, Cavizzana, Cis, Cles, Cloz, Commezzadura, Coredo, Croviana, Cunevo, Dambel, Denno, Dimaro, Don, Flavon, Fondo, Livo, Malè, Mezzana, Monclassico, Nanno, Ossana, Pellizzano, Revò, Romallo, Romeno, Rumo, Sanzeno, Sarnonico, Sfruz, Smarano, Sporminore, Taio, Tassullo, Terres, Terzolas, Ton, Tres, Tuenno e Vervò. L’intera area appartiene al bacino idrografico del torrente Noce che costituisce un affluente di destra del fiume Adige. La Val di Non è disposta grosso modo parallelamente alla Val d’Adige, ma rispetto a quest’ultima, che presenta quote tra i 200 e 250 metri, ha quote medie ben superiori, ed è notevolmente più larga. Le quote medie salgono da circa 400-550 metri nella zona di Campodenno a 600-750 metri nella zona di Cles, per poi risalire sino ai 900-1.000 metri di Fondo. Fanno eccezione le superfici delle incisioni torrentizie e delle superfici alluvionali più recenti, che vanno dai 250 metri prima del Ponte della Rocchetta ai 520 metri circa del lago di S. Giustina. La morfologia è quella di un fondovalle molto ondulato, in connessione alle colmature glaciali strutturate in ampie forme a dosso o in ripiani debolmente inclinati verso il Noce. Il fondovalle della Val di Sole passa dai 550 metri dell’imbocco ai 900-950 metri di Ossana. La sua struttura vede prevalere le quote dei ripiani alluvionali olocenici, poco rilevati rispetto al corso del Noce, su quelle delle colmature glaciali. Queste ultime sono sovente ridotte a lembi di terrazzi laterali, intervallati da conoidi, delle quote relativamente più alte.

INQUADRAMENTO AMBIENTALE Geologia Ricadono in questo studio i medi e bassi versanti di due grandi unità morfologiche quali la Val di Non e la Val di Sole. La Val di Sole, di cui è inclusa solo la parte terminale, è una struttura di origine tettonica (Linea del Tonale) modellata dai ghiacciai e dalle acque correnti. Di essa vengono descritte le porzioni di piede dei bassi versanti e i ripetuti terrazzamenti del fondovalle. La Val di Non coincide con una geostruttura correlata al ripiegamento delle rocce del substrato in forma di anticlinale asimmetrica ad asse nord-sud. Questo vuol dire che gli strati sono piegati a formare una concavità in forma di doccia allungata proprio nel senso della lunghezza della valle, con i fianchi che si sono rialzati rispetto all’asse centrale che risulta ribassato. La conseguenza è che sui due fianchi della valle compaiono rocce via via più antiche, mentre nelle 34


parti centrali e più basse sono presenti le rocce più giovani. Le rocce di età cretacica e quelle terziarie (cioè le più recenti) compaiono scendendo da Fondo sino a Spormaggiore e ancor più a sud sino ad Andalo. Il fianco occidentale di questa depressione risulta più ripido, perché interessato da una linea di faglia che decorre grosso modo in senso nord-sud (Linea Trento-Cles). Un altro elemento che ha concorso a rafforzare la struttura incavata è la maggiore erodibilità dei termini più recenti della serie stratigrafica (in cui prevalgono rocce marnose, più tenere) rispetto alla maggior parte di quelli più antichi (calcari duri e dolomie, più resistenti all’erosione). I materiali in assoluto più recenti, e su cui sono situate gran parte delle superfici coltivate oggetto di questo studio, sono costituiti non da rocce coerenti ma da depositi glaciali e alluvionali. Sintetizzando, sotto il profilo geologico l’area è quindi caratterizzata dalla presenza di rocce consolidate variamente ricoperte da un eterogeneo manto di materiali sciolti, che risultano i più diffusi, e nettamente prevalenti nelle aree agricole. La descrizione che segue fa riferimento alla cartografia geologica esistente, costituita dai fogli della carta geologica 1:100.000 (foglio 21 Trento, foglio 10 Bolzano e foglio 20 Monte Adamello) e dai fogli della carta geologica in scala 1:50.000 del Progetto Carg (foglio 26 Appiano, foglio 42 Malè, foglio 43 Mezzolombardo) e dalle relative note illustrative.

Le rocce consolidate I substrati a rocce consolidate comprendono numerose formazioni geologiche; di seguito vengono descritte in modo sintetico quelle arealmente più significative per i medi e bassi versanti della Val di Non, Val di Rumo e bassa Val di Sole. In Val di Rumo e in Val di Sole sono presenti le rocce più antiche, e sottostanti stratigraficamente a quelle della Val di Non. Le formazioni presenti sono numerose per cui si propone il seguente quadro schematico riassuntivo. In Val di Sole a monte di Samoclevo compaiono rocce metamorfiche pre-permiane appartenenti alla falda del Tonale, costituite dagli Ortogneiss (gneiss granitici) e dai Paragneiss a granato e cianite. Infiltrata lungo la linea tettonica di contatto con il sedimentario compare la Tonalite di Samoclevo (tonaliti e quarzodioriti) di età oligocenica. In Val di Rumo alla base compare il Complesso Vulcanico Atesino (ora definito Gruppo) connesso ad una intensa fase di attività vulcanica in ambiente continentale, di età tardo paleozoica (285-274 milioni di anni fa), caratterizzata da prevalenti flussi piroclastici, da cui derivano le predominanti ignimbriti presenti (Formazione di Gargazzone e Formazione di Gries, costituite entrambe da lapilli-tuff saldati a composizione riodacitica la prima e riolitica la seconda), che comprendono anche i livelli sedimentari e vulcanoclastici della Formazione di Tregiovo (conglomerati, arenarie e siltiti). La parte più bassa (più antica) della serie, composta in prevalenza 35


da rocce facilmente alterabili ed erodibili, compare in realtà solo entrando nella valle di Rumo, con le Arenarie di Val Gardena, cui fanno seguito verso l’alto siltiti, arenarie fini e calcari marnosi di alcuni membri della Formazione di Werfen, il Conglomerato di Voltago, a sua volta sottoposto a siltiti marne e calcari nodulari della Formazione di Giovo. Le più giovani e più competenti (cioè meno facilmente alterabili ed erodibili) Dolomie del Contrin e dello Sciliar, compaiono solamente sulla dorsale del Monte Nuovo che separa la Val di Rumo dall’alta Val di Non. Diffusione ben maggiore ha la sovrastante Dolomia Principale (costituita da cicli di dolomie massicce grigio-chiare e dolomie stromatolitiche). Alla sua base può localmente comparire un’altra unità dolomitica, la Formazione di Trevenanzes (dolomie micritiche grigio biancastre) o, come nella zona all’apice nord-ovest del lago di Santa Giustina, possono essere presenti vulcaniti (lave basaltiche con colori variabili dal grigio bruno al violetto, a struttura porfirica, in genere alterate e fratturate). Alla Dolomia Principale fanno seguito discontinue formazioni calcaree, poco presenti nell’alta valle e decisamente più abbondanti a sud ed in Val di Sole, appartenenti al gruppo dei Calcari Grigi (Formazione di Monte Zugna, Calcare oolitico di Loppio, Formazione di Rotzo) costituite da calcari micritici, biocalcareniti, calcari oolitici, ecc.. In Val di Sole tra Dolomia Principale e Calcari Grigi compaiono i calcari grigio-scuri del Membro di Tremalzo della Formazione del Calcare di Zù. Ai Calcari Grigi può seguire in bassa valle l’Encrinite del Peller (calcari a crinoidi ed encriniti rossastre o gialle) ed il Rosso Ammonitico Veronese (calcari micritici, marnosi e nodulari, ben stratificati, rossi, rosati e biancastri). La serie prosegue con i termini più diffusi, che costituiscono buona parte dei substrati rocciosi della conca, rappresentati da rocce mediamente meno competenti (cioè più morbide, erodibili e facilmente modellabili). Di queste, non molto abbondante, ma più frequente in sinistra valliva, è la Scaglia Variegata (calcari micritici e calcari marnosi ben stratificati, debolmente selciosi, grigio-scuri, bianchi o rosati, con sottili interstrati marnosi), cui segue la formazione in assoluto più diffusa, presente pressoché in tutta la lunghezza della porzione di valle cartografata, cioè la Scaglia Rossa (calcari micritici marnosi con colorazioni dal rosa al rosso o violetto, localmente nodulari, e con interstrati marnosi). Le due Scaglie affiorano con grande abbondanza su tutto il versante orientale sino all’altezza di Romeno e su quello occidentale da Cles sino a Castelfondo. Esse costituiscono inoltre il substrato affiorante nelle incisioni torrentizie della parte alta della valle. In posizioni molto più marginali può comparire la Formazione di Val d’Agola, a carattere flyschioide (in cui prevalgono le marne, da calcaree ad argilloso-siltose). A copertura di quest’ultima, o della Scaglia Rossa, nel settore mediano e settentrionale della valle è presente la Formazione di Ponte Pià (calcari e calcari marnosi grigi o beige con intercalazioni, più consistenti verso l’alto di marne da grigie ad azzurro-verdastre). 36


I depositi incoerenti Per materiali incoerenti o sciolti si intendono quelli i cui frammenti non sono cementati fra loro. Ed è in gran parte su tali materiali che si sono sviluppati i suoli cartografati in questo lavoro. L’approccio più recente, nella cartografia geologica dei depositi continentali quaternari, utilizzato nelle carte CARG, fa riferimento a unità stratigrafiche a limiti inconformi, ossia le UBSU. La pubblicazione di questa cartografia, relativamente alla Val di Non, è posteriore al periodo di elaborazione della carta pedologica, ma si è potuto accedere ai documenti provvisori disponbili all’epoca. Di conseguenza le convergenze sono molte, ma in qualche caso ci sono parziali discordanze. Nel corso del lavoro si è potuto verificare che le unità di paesaggio più efficaci per rappresentare la distribuzione dei suoli risultavano definite principalmente dalla morfometria e dalla natura dei depositi. Inoltre il livello di approfondimento raggiunto dalle carte geologiche 1:50.000 per alcune superfici avrebbe generato, se utilizzato direttamente, una eccessiva frammentazione. Si è di conseguenza deciso di utilizzare una differenziazione tra i materiali incoerenti legata prevalentemente alla genesi. Sono perciò stati distinti, e vengono di seguito descritti, quelli messi in posto dai ghiacciai (depositi glaciali o tills), o dai corsi d’acqua (depositi fluvioglaciali, conoidi e piane alluvionali), e quelli legati alla sola gravità (falde detritiche e frane) o a gravità ed acqua assieme (debris flow, colluvi). Depositi, gravitativi e colluviali di versante I depositi detritici, gravitativi e colluviali di versante sono connessi all’attività separata o combinata dell’azione erosiva diffusa delle acque lungo i versanti, e della gravità. I corpi sono allungati in genere secondo i versanti e bordano le zone in cui, a quote superiori, affiorano solitamente le rocce del substrato. Tra i meccanismi di deposito la gravità produce depositi consistenti al piede di scarpate rocciose o di aree comunque pendenti (Foto 1), sulle quali si genera detrito a spese di rocce sensibili ad esempio al crioclastismo.

Foto 1 I detriti di versante dolomitici, in parte coltivati, sopra l’abitato di Bastianelli

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Foto 2 Il conoide di Samoclevo

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Meno diffusi nell’area cartografata sono i depositi di frane connesse a crolli e rilasci da versanti spesso lesionati dall’azione dei ghiacciai o fortemente fratturati dagli stress tettonici, come la frana di Oliveza di fronte al Castelaz di Cagnò, la frana del Rio dei Ridi a sud-ovest di Revò, la frana sul versante sinistro del lago di fronte a Santa Giustina. Altri materiali sono connessi a flussi in massa sia di detriti che di terre, il cui motore, oltre ovviamente alla pendenza, è dato da forti perdite di consistenza dei materiali a causa dell’acqua. Questi possono allontanarsi maggiormente dai versanti da cui originano, con parti terminali poco pendenti, costruendo corpi simili a conoidi anche se meno bombati e regolari (si veda ad esempio i corpi ai piedi dei versanti ad ovest di Lover, Termon e Cunevo). Infine sono molto diffuse, anche se frequentemente non cartografate per le ridotte dimensioni trasversali, le fasce colluviali che attraverso un’erosione laminare o incanalata raccolgono prevalentemente materiale di suolo. Data l’eterogeneità delle fonti e dei processi di messa in posto, la granulometria ed il chimismo dei materiali sono molto variabili, ma correlabili a quelle dei versanti sovrastanti, il che non vuol dire necessariamente dei substrati presenti. In molti casi infatti in presenza di coperture glaciali, queste (anche diverse dai substrati) possono costituire la fonte principale di materiale facilmente erodibile (si veda ad esempio la parte sud delle Valli di Sole e Rumo).


Conoidi I conoidi sono le forme tipiche di deposito che si formano alla confluenza di un’asta torrentizia in un’area valliva a pendenza molto minore (Foto 2). Il calo di pendenza ha come conseguenza la brusca diminuzione della capacità di trasporto da parte della corrente che, perdendo velocità, abbandona tutto il carico che non può più trascinare, costituito dai frammenti più grossolani (massi, ciottoli e ghiaie, come evidente nella Foto 3). Altro fenomeno che concorre alla costruzione di conoidi è quello delle colate detritiche o debris flow, costituiti da trasporti in massa solitamente connessi a episodi meteorologici molto intensi. In questo caso i depositi si presentano poco o per nulla selezionati granulometricamente, e sono costituiti da diamicton più simili ai depositi glaciali che a quelli alluvionali. Le forme che vengono a comporsi non sono molto diverse dalle precedenti, mentre lo sono i depositi. Conoidi sono stati costruiti su ripiani glaciali della valle (si veda ad esempio quelli ad ovest di Tuenno in val di Non, e quelli di S. Giacomo, Samoclevo, Maso dei Vani in Val di Sole), sulle superfici intermedie (si veda tutta la fascia da Brez a S. Maria in Val di Non, quello di Marcena in Val di Rumo) scendendo sino alle alluvioni attuali (ne sono esempio i corpi della zona di Terzolas-Caldes in Val di Sole, o il piccolo corpo ad est di Denno in Val di Non). Si tratta ovviamente di corpi di età via via più recente, nella maggior parte dei casi quelli connessi alle superfici più antiche sono stabili, se non addirittura fossili, mentre sono essenzialmente attivi quelli delle alluvioni attuali. La distinzione consente una immediata correlazione con una maggiore (conoidi fossili) o minore (conoidi attivi) evoluzione dei suoli presenti. Come detto la granulometria dei materiali è decisamente grossolana, mentre il chimismo dipende dalle rocce presenti nel bacino del torrente. Sono cartografati un po’ ovunque con una notevole concentrazione sul versante destro dell’alta Val di Non, con apporti dolomitici, nella fascia sopra Tuenno-Mechel, e in Val di Sole.

Foto 3 Tipici materiali di conoide detritico

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Foto 4 (a sinistra) Le ghiaie sabbiose del terrazzo fluvioglaciale di Banco Foto 5 (a destra) Tipiche ghiaie fluvioglaciali a litologia mista

Depositi alluvionali e fluvioglaciali I depositi alluvionali e fluvioglaciali sono caratterizzati dalla messa in posto da parte delle acque correnti, e dalla conseguente selezione e cernita dimensionale dei frammenti operata dalle acque in base alla velocità delle stesse. Si tratta essenzialmente di depositi ghiaioso-sabbiosi anche se, in zone marginali, o in tratti di alveo abbandonati possono comparire colmature da decantazione a forte componente limosa. Pur trattandosi sempre di depositi alluvionali, cioè dovuti a corsi d’acqua, i depositi fluvioglaciali (Piane di Mollaro, di Banco, di Romallo, ecc.) si differenziano sostanzialmente per l’origine e l’epoca di messa in posto, connessa cioè alle acque provenienti da un fronte glaciale. I materiali contengono elementi litologici riferibili a tutte le rocce più competenti (cioè dure) presenti nel bacino del corso d’acqua, in quanto le più fragili o friabili vengono disgregate rapidamente a causa del trascinamento e rotolamento. A quest’ultimo fattore si deve la tipica forma arrotondata dei clasti, che consente una immediata differenziazione di questi materiali da quelli di piede versante e glaciali (Foto 4 e 5). I depositi alluvionali sono localizzati a contorno delle maggiori aste torrentizie (in Val di Non si sviluppano poco a nord di Denno per giungere sino alla chiusa della valle, in Val di Sole sono presenti da Terzolas sino alla chiusa del Ponte di Mostizzolo, mentre in Val di Rumo ed in Val di Bresimo è presente solo uno stretto fondovalle attuale, e per il torrente Novella sono presenti solo alcuni brevi tratti non cartografati), pur potendo collocarsi su superfici poste a quote diverse, quindi in forma di terrazzi conseguentemente all’approfondirsi del corso d’acqua all’interno della valle. Nella zona di Terzolas-Caldes il dislivello tra i terrazzi supera i 20 metri, mentre può superare i 40 m nella zona ad est di Denno. Depositi glaciali (tills) I depositi glaciali (tills) sono i materiali attribuibili ai ghiacciai che hanno invaso le vallate durante il Pleistocene superiore e precedentemente, ma legati soprattutto all’ultima glaciazione (terminata 17.000 anni fa). Molti di questi depositi non sono caratterizzati da forme precise in superficie, trattandosi in molti casi di spalmature di vario spessore deposte sul fondo e sui fianchi delle lingue glaciali, e solo successivamente reincise ed erose da parte delle acque correnti che le hanno rimodellate. Tuttavia, in condizioni di eccesso 40


di materiale sul fondo della lingua glaciale, laddove questa possa allargarsi non rimanendo costretta all’interno di un ristretto truogolo, possono formarsi grandi strutture di accumulo simili a vere e proprie colline allungate nella direzione di scorrimento della lingua glaciale (drumlin), con un apice all’inizio della forma più arrotondato o smussato rispetto alla porzione distale; le collinette della fascia che scende da Cles sino a Cunevo sono ascrivibili a questa tipologia. La caratteristica precipua dei materiali glaciali è la mancanza di selezione o cernita dimensionale tra i frammenti grossolani, e l’abbondanza della frazione limosa (Foto 6). Il trasporto dei materiali è legato alla discesa delle lingue glaciali lungo le valli e avviene sopra, internamente e sul fondo della massa glaciale, che pur con qualche eccezione muove indifferentemente frammenti da molto grandi a molto piccoli. Altro elemento caratterizzante è la mancanza di un arrotondamento paragonabile a quello dei frammenti dei depositi alluvionali, anche se questo non significa che il materiale rimanga assolutamente inalterato (ciottoli striati, a “ferro da stiro”, ecc.). Un elemento molto comune dei depositi è la sovraconsolidazione, cioè il forte compattamento dovuto al carico del ghiacciaio, che a volte rende impermeabili anche depositi a dominante sabbiosa (ed ancor più facilmente quelli a dominante limosa). Questo vale anche per forme attualmente rilevate come i drumlin, che sono in realtà forme di fondo. La sovraconsolidazione è assente nei materiali presenti sulla superficie della lingua glaciale, deposti al momento del suo scioglimento. Questi non sono però facilmente differenziabili, essendo distribuiti a macchia di leopardo e individuabili essenzialmente solo in sede di rilevamento. Spesso i depositi si presentano indifferenziati e senza strutture interne particolari, se non connesse alla pressione orientata del ghiacciaio, ma caratterizzati da una massa di fondo sabbioso-limosa in cui sono immersi frammenti più grossolani. Il chimismo dei materiali ovviamente dipende dal bacino di provenienza della lingua

Foto 6 Depositi glaciali (di alloggiamento) a litologia mista

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Foto 7 Il drumlin di Denno (Doss Luch)

glaciale stessa. Il rilevamento ha chiarito che i tills della Val di Non sono sempre carbonatati, mentre in Val di Sole sono sostanzialmente privi di carbonati. I tills rivestono buona parte dei versanti medio bassi della Val di Non e di tutta la sua porzione centrale. Essi occupano in maniera diffusa la piana a drumlin che scende da Cles sino a Cunevo (Foto 7), il basso versante sinistro della Val di Non tra Tres e Dardine, l’alta valle tra Banco e Dambel e da Revò a S. Stefano. Abbondanti coperture sono presenti anche sui due fianchi della Val di Rumo, sul pianalto di Livo e nella parte più meridionale della Val di Sole. Anche forme e superfici non espressamente cartografate come depositi glaciali, presentano però spesso deboli coperture di materiali glaciali. Depositi di contatto glaciale I depositi di contatto glaciale sono depositi molto eterogenei che si accumulano al contatto fra la lingua glaciale ed il versante e che possono essere in parte o del tutto simili ai depositi glaciali, alluvionali, colluviali descritti in precedenza. Al momento dello scioglimento della lingua glaciale viene a mancare uno dei due fianchi di questa pseudo-vallecola ed in questo modo si vengono a formare terrazzi allungati nella direzione del versante, che consentono inoltre di individuare la posizione della lingua glaciale in un determinato periodo. Abbassandosi la lingua glaciale, o durante una successiva

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discesa del ghiacciaio posta a quote diverse, le stesse figure possono riprodursi in posizioni ribassate lungo lo stesso versante generando una sorta di gradinata. La localizzazione di queste strutture è molto particolare, poiché si rinvengono quasi esclusivamente sui versanti occidentali delle valli studiate. In Val di Non si concentrano tra Termon e Terres (Foto 8), e da Romallo sino a Castelfondo, in Val di Rumo bordano tutto il pianalto di Livo, ed in Val di Sole vanno da Terzolas a Cassana.

Foto 8 La piana a materiali glaciali di contatto (SP 5) a monte di Termon

GEOMORFOLOGIA Ogni processo deposizionale o erosivo lascia tracce di sé, imprimendo caratteristiche più o meno facilmente leggibili nei depositi e producendo allo stesso modo forme specifiche. Il legame tra forme e depositi non è però tanto stringente da impedire che forme simili si originino da processi diversi (si vedano ad esempio i terrazzi di contatto glaciale ed i terrazzi fluvioglaciali). È quindi solo attraverso la lettura combinata di forme e depositi (questi ultimi osservabili nel corso del rilevamento), oltre alla determinazione della natura e della struttura tettonica dei substrati, che si può ricostruire la storia che ha portato alla formazione di un determinato paesaggio. Le forme di gran lunga prevalenti nell’area cartografata si devono ai ghiacciai e alle acque di superficie. Tra le forme glaciali mancano vere e proprie morene frontali e laterali ben individuabili, proba43


bilmente perché queste sono state rielaborate ed obliterate dalla dinamica di versante e dall’azione dei corsi d’acqua, successive al ritiro dei ghiacciai. Sono presenti tuttavia forme relitte imponenti come i drumlin, grossi dossi allungati disposti nel senso della valle, che occupano buona parte del centro valle a sud di Cles (Dòs dei Laredi, Dos da Tri, ecc.). Queste forme non sono esattamente tipiche dei ghiacciai di valle (sono in genere assenti nelle valli alpine), ma piuttosto delle calotte glaciali. È probabile che abbiano potuto svilupparsi in Val di Non grazie all’ampia sezione trasversale della stessa. Forme molto diffuse, in particolar modo su tutto il versante sinistro della Val di Non, sono ampie montonature a carico del substrato roccioso più o meno morbido, vale a dire basse ondulazioni grosso modo parallele alla direzione di flusso del ghiacciaio, quasi ovunque ricoperte da depositi glaciali di debole spessore. Tra queste sono molto evidenti quelle a carico della Scaglia Rossa, formazione più tenera e facilmente modellabile, situate tra Sarnonico e Salter. Altre forme tipiche, già citate, sono i terrazzi di contatto glaciale (detti anche Terrazzi di kame). Si tratta di colmature che regolano il contatto tra i versanti montuosi ed il fianco del ghiacciaio. Tra questi si genera una sorta di valle temporanea verso cui affluiscono acque e materiali provenienti sia dal versante montuoso che dal fianco del ghiacciaio. Sovente le superfici possono essere modellate da veri e propri corsi d’acqua paralleli al fianco del ghiacciaio. Quando il ghiacciaio si ritira, la superficie diviene un terrazzo più o meno pendente a seconda della sua stabilità e dell’eventuale ulteriore afflusso di materiale dal versante montuoso (Figg. 1 e 2). Tra le forme alluvionali, quindi connesse alle acque correnti, le più evidenti, che danno forme nette e segmentano in comparti la valle, vanno citate ovviamente le incisioni vallive. In Val di Non, la cui ampia porzione centrale è occupata da spesse coperture glaciali e da substrati rocciosi relativamente teneri, le incisioni a V dei torrenti laterali, oltre a quella dell’asta principale del Noce, si sono fortemente approfondite rispetto al livello medio della valle, per raccordarsi al livello della Valle dell’Adige in cui il Noce si riversa. In tutti i casi si tratta di strutture epigenetiche, così chiamate perché approfondendosi vanno ad incidere strutture geologiche diverse da quelle in cui scorrono inizialmente. Le incisioni maggiori sono connesse a torrenti caratterizzati da ampi bacini posti a quote superiori nei fianchi della valle, con portate idriche e conseguente capacità erosiva molto consistenti (nella porzione meridionale della valle i torrenti Belasio, Lovernatico, Sporeggio, Pongaiola, Panarota, Tresenica, a nord il Novella, ecc.). Laddove invece manchino aste torrentizie che abbiano per così dire attraversato la vallata per ricongiungersi al Noce, l’erosione rimontante dal fondovalle ha prodotto in genere sottili incisioni che hanno segnato solo in parte lo spesso materasso glaciale, senza dissecarne la struttura e le forme glaciali di fondo (si veda ad esempio l’ampia zona a sud di Cles). 44


VERSANTE OCCIDENTALE VERSANTI ROCCIOSI IN FORTE PENDENZA

TERRAZZI DI CONTATTO GLACIALE PIANI PENDENTI

DEPOSITI DETRITICI COLLUVIALI E DEBRIS FLOW

Figura 1 Sezione riassuntiva (ipotetica) dei principali elementi costituenti il paesaggio del versante occidentale dell’alta Val di Non. Da ovest ad est si trovano i ripidi versanti rocciosi, e a quote più basse consistenti spessori di depositi glaciali regolati nelle parti meno pendenti da depositi di contatto glaciale. Fanno seguito ampi conoidi di deiezione deposti su terrazzi fluvioglaciali.

SCARPATE DI TERRAZZO

DEPOSITI GLACIALI A VARIA PENDENZA

SCARPATE DI INCISIONI TORRENTIZIE

TERRAZZI FLUVIOGLACIALI

CONOIDI DI DEIEZIONE

A > PENDENZA A < PENDENZA

VERSANTE ORIENTALE VERSANTI ROCCIOSI A PENDENZA MEDIO ALTA DEPOSITI GLACIALI A VARIA PENDENZA SUPERFICI MONTANATE A SOTTILE COPERTURA GLACIALE

VALLECOLE

VERSANTI PENDENTI VERSANTI RIPIANI IN BASSA PENDENZA TERRAZZI DI CONTATTO SCARPATE GLACIALE IN ROCCIA DEPOSITI GLACIALI A VARIA PENDENZA TERRAZZI FLUVIOGLACIALI CONOIDI E SCARPATE

Figura 2 Sezione riassuntiva (ipotetica) dei principali elementi costituenti il paesaggio del versante orientale dell’alta Val di Non. Da est a ovest si incontrano i versanti rocciosi che delimitano la valle, cui seguono le morbide ondulazioni montonate scolpite dal fondo del ghiacciaio, per passare nella parte più bassa della valle alle forme scolpite dalle acque correnti.

Le maggiori incisioni, essendo fortemente approfondite, hanno generato ripidi versanti sui quali si è sviluppata una consistente dinamica evolutiva, prevalentemente attraverso scoscendimenti e distacchi di vario genere. Questi hanno prodotto una fascia a minor pendenza che fa da collegamento tra la superficie media della colmatura glaciale della valle e i ripidi versanti delle incisioni. Si veda ad esempio la fortissima erosione del piano di valle tra Sporminore, Lover e Campodenno, operata dai torrenti Sporeggio, Lovernatico e Belasio, che in alcuni punti risulta completamente eroso dai due versanti delle incisioni, ormai separate da un semplice crinale (Foto 19). O anche le forme moderatamente pendenti che collegano il piano di valle di Termon con quello ribassato di Denno. Lungo questi versanti possono essere presenti terrazzi intermedi come quelli di Denno o di Maso Cimana. Altra forma ben evidente è quella delle piane alluvionali recenti nel solco del principale corso d’acqua che attraversa le due valli, ossia 45


il Noce. In Val di Non la piana alluvionale diviene consistente solo al di sotto di Denno (Foto 24, Cap. 3), mentre nel tratto a monte sino al lago di S. Giustina la valle ha prevalentemente i caratteri di una stretta incisione a V ancora in fase di approfondimento. In Val di Sole le piane alluvionali costituiscono invece una struttura decisamente ampia (Foto 26, Cap. 3). In entrambe le valli sono presenti più ordini di terrazzi separati da scarpate erosive. Il raccordarsi del Noce con l’Adige ha comportato evidentemente fasi di approfondimento successive, con periodi di stasi e conseguente genesi di un livello della piana alluvionale, e successive riprese nell’approfondimento della valle. Da queste pulsazioni sono derivati i diversi ordini di terrazzi intermedi (evidenti, in Val di Non, da Denno sino alla chiusa della valle), rilevati sulla piana alluvionale attuale. Essi rappresentano perciò porzioni di piane alluvionali più antiche abbandonate dal fiume e non coinvolte nella successiva fase erosiva di approfondimento. In Val di Sole l’erosione da parte del Noce ha terrazzato la maggior parte dei corpi presenti, dai depositi glaciali ai conoidi, oltre alle proprie alluvioni. Altrettanto diffusi sono i conoidi di deiezione, il cui meccanismo di deposito è stato descritto in precedenza e che mutuano il nome dalla forma a ventaglio con l’apice rivolto verso monte, nella zona di sbocco dell’asta torrentizia nella piana su cui è costruito il corpo. Con un meccanismo analogo a quello dell’origine dei terrazzi fluviali, un conoide può essere in equilibrio con una piana, ma nel momento in cui questa va in erosione ed abbassa la sua quota, anche il torrente che vi affluisce inizia ad erodere i suoi depositi e ad abbassarsi. Esso costruisce quindi un nuovo conoide a quote più basse. In questo modo il conoide abbandonato si stabilizza e prende il nome di conoide fossile. Situazioni di questo genere sono comuni in Val di Sole (Samoclevo, San Giacomo Maso dei Vani, Campo Pizzana) e sul fianco destro della Val di Non a sud di Cles (si veda in particolare quello molto evidente poco a nord dell’abitato di Tuenno), ed a nord tra Brez e S. Maria di Cloz. Sui fianchi di entrambe le valli all’emergere delle formazioni rocciose più dure (principalmente calcari e dolomie) si possono trovare alte scarpate in roccia rivestite alla base da ampie falde e coni detritici (si vedano le consistenti fasce della Val di Bresimo, quelle del versante sinistro della Val di Sole tra S. Giacomo e Cis e, in Val di Non, le ampie strutture che bordano il fianco orientale della dorsale Monte Corno - Monte Sabbionare). Sovente, la giustapposizione di molti di questi corpi genera vere e proprie fasce coalescenti che rivestono completamente il piede dei versanti. Altrettanto frequentemente in queste ampie coperture detritiche possono mescolarsi depositi da crollo, torrentizi o da colata detritica. Esse si localizzano prevalentemente nel sud della Val di Non, sui due lati della valle, a fasciare la Dolomia Principale (Foto 1) ed in Val di Sole.

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CARTOGRAFIA DEI PAESAGGI E DEI SUOLI Una carta pedologica sintetizza le informazioni pedologico-ambientali emerse durante la fase di indagine e quella successiva di analisi e correlazione dei dati. Essa è costituita da due parti, la prima delle quali fornisce informazioni inerenti alla distribuzione dei paesaggi e dei suoli, desumibili dalle delineazioni riportate sulla carta topografica di base. La seconda fornisce informazioni dettagliate sui suoli. Nel presente caso sia la carta sia i dati riguardanti i suoli sono consultabili dall’utente unicamente via web (http://meteogis.fmach.it/cartasuoli). In questo lavoro si è cercato di non rendere eccessivamente articolata la classificazione paesaggistica, utilizzando due soli livelli gerarchici, individuati da termini di immediata comprensione, le sovraunità di paesaggio e le unità di paesaggio. La caratterizzazione pedopaesaggistica di altre regioni italiane prevede invece 4 livelli, o anche più (ad esempio: sistemi, sottosistemi, unità e sottounità di paesaggio). Questa scelta è stata determinata dalla finalità agronomica dello studio e per garantire una maggiore facilità di comunicazione. Va specificato che, a fronte di questa semplificazione, per le unità di paesaggio si è adottato un notevole dettaglio cartografico. Le 10 sovraunità di paesaggio (SP) individuate dallo studio fanno riferimento essenzialmente alla tipologia dei substrati (Fig. 3). Vengono dapprima differenziate le unità in cui il substrato roccioso coerente controlla le forme, distinguendo i substrati cosiddetti competenti (termine di origine geologica), caratterizzati da rigidità e durezza dei materiali, da quelli poco o meno competenti, più facilmente modellabili ed erodibili. Seguono i depositi sciolti, differenziati in base all’agente deposizionale (gravità, ghiacciai, acque di fusione, acque torrentizie), e al tipo di attività (deposizionale od erosiva). Le 51 unità di paesaggio definite, qui non descritte, tengono conto dei fattori più importati caratterizzanti (forma, posizione e caratteri delle superfici, ecc.). In un ambiente montano la pendenza è inevitabilmente un parametro che condiziona, spesso prima di qualsiasi altro, sia l’evoluzione dei suoli che il loro uso, per cui ha trovato estesa utilizzazione. Un altro parametro utilizzato per differenziare la variabilità all’interno delle differenti sovraunità di paesaggio è stata la natura dei substrati e dei materiali parentali (silicatici o carbonatici).

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Sovraunità di paesaggio

Versanti su rocce competenti Versanti su rocce poco competenti Depositi detritici colluviali Depositi glaciali di alloggiamento Depositi glaciali di contatto Rilievi drumlinoidi Conoidi di deiezione Terrazzi fluvioglaciali Incisioni a V e scarpate erosive Piana alluvionale del Noce Laghi Urbanizzato

Figura 3 Mappa della distribuzione spaziale delle sovraunità di paesaggio

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SP 1: Versanti su litotipi competenti (calcari e dolomie) Questa sovraunità di paesaggio comprende le superfici caratterizzate da maggior energia di rilievo. Quest’ultima dipende sia dalla presenza di substrati rigidi e poco erodibili, sia dal tipo di forme, in genere dotate di forte pendenza o di paesaggi abrupti e scoscesi, con presenza di scarpate in roccia. La collocazione in carta delle relative delineazioni è infatti a contorno delle aree cartografate, tanto in Val di Sole che nella Val di Non centro-meridionale, e corrisponde alle porzioni distali dei versanti montuosi che delimitano le due vallate (Foto 9 e 10). Ai calcari e dolomie dominanti in Val di Non si sostituiscono paragneiss e rioliti in Val di Sole e Val di Rumo. Le superfici sono interamente boscate, con l’eccezione di quelle collocate sul versante orientale della media e alta Val di Non, da Smarano a Castelfondo, dove prevalgono i prati.

Foto 9 In secondo piano i versanti su roccia competente (dolomia) di Smarano e Sfruz (SP 1); a valle di Coredo (a sinistra) i versanti ripidi e boscati su roccia poco competente (SP 2) che scendono verso il fondovalle

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Foto 10 Il versante su dolomia a sud di Vervò

SP 2: Versanti su litotipi poco competenti (calcari marnosi e marne) Laddove i substrati rocciosi presentano caratteristiche meccaniche diverse, ed in particolare una minor coesione, come nel caso dei calcari marnosi e delle marne (Foto 11), l’azione erosiva dei ghiacciai e delle acque correnti ha modellato forme ondulate, più morbide, con pendenze inferiori (seppure variabili). In particolare, lungo buona parte del versante sinistro della Val di Non, lo scorrimento delle lingue glaciali ha scolpito nei morbidi substrati lunghe dorsali, associate anche ad ampie scanalature a sezione tondeggiante, forme che ricordano quelle delle rocce montonate, anche se a scala più ampia. Le lunghe depressioni (che in molti casi rappresentano paleocorsi fluviali) hanno conservato la loro forma solo laddove non si sia portato al loro interno un corso torrentizio, collegato alla rete di profonde incisioni del reticolo olocenico (nel qual caso, data anche la morbidezza del substrato, si è sviluppata una vallecola a V). Spesso il profilo di queste superfici è ulteriormente arrotondato dalla presenza di coperture glaciali di vario spessore (ma sempre modesto). La sovraunità è molto diffusa sul versante orientale dell’alta Val di Non da Salter a Malosco, nell’ampia fascia ad occidente di Coredo, nel triangolo tra Priò-Tres-Vervò, e sulla dorsale che va da Toss a Raut; comprende inoltre, in destra valliva, i bassi versanti che contornano Cles, scendendo sino a Tuenno. L’uso del suolo vede prevalere il melo alle quote più basse, per poi passare ad una sostanziale equivalenza tra bosco e prato, con limitate presenze di colture specializzate e seminativi.

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SP 3: Depositi detritici, gravitativi e colluviali di versante La sovraunità raggruppa tutti i corpi costituitosi dal depositarsi di detriti o colluvi al piede dei versanti, trasportati dall’acqua e dalla gravità. Essi si sviluppano con maggior continuità, dando luogo a vere e proprie falde detritiche, in presenza di ripidi versanti in rocce coerenti. Questi ultimi possono infatti produrre grandi quantità di materiale, i quali si accumulano, se non diventano preda dell’azione erosiva delle acque correnti. Si tratta in genere di depositi a granulometria grossolana o molto grossolana, che riflette il chimismo dei substrati di provenienza. Nei tanti altri corpi a carattere prevalentemente colluviale, spesso caratterizzati da pendenze inferiori, le granulometrie sono variabili, ed il chimismo dei materiali è meno facilmente riconducibile ad un’unica fonte. Essi sono particolarmente diffusi nella bassa Val di Non sul versante orientale a monte del tratto Vigo d’Anaunia-Raut, e su quello occidentale da Sporminore a Terres, riducendosi e diventando molto discontinue risalendo verso Cles; compaiono anche con una certa continuità in Val di Bresimo. Tutti gli altri corpi, sempre collegati a versanti rocciosi a monte, distribuiti un po’ in tutto il territorio, non presentano carattere di continuità. L’uso del suolo di gran lunga prevalente è il bosco, che è nettamente dominante in presenza di vere e proprie falde detritiche connesse a ripidi versanti in dolomie e calcari duri. Un uso più

Foto 11 Il caratteristico paesaggio ondulato dei calcari marnosi della Scaglia Rossa (SP 2); sullo sfondo Coredo

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variegato si ha per i corpi connessi a colluvi e debris flow e per quelli legati a litologie più facilmente alterabili, dove compaiono anche prati e meleti.

SP 4: Depositi glaciali di alloggiamento

Foto 12 I versanti con materiali glaciali di alloggiamento (SP 4) adiacenti a Banco e Casez

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I depositi glaciali di alloggiamento sono presenti un po’ ovunque nelle vallate cartografate, occupando spesso posizioni intermedie, tra i versanti e le aree incise (Foto 12 e 13). La causa è da ricercarsi nella probabile erosione della maggior parte dei depositi analoghi collocati sui versanti a maggior pendenza. Corrispondono grosso modo alle morene di fondo o laterali, anche se va ricordato che tutte le forme moreniche della porzione centrale della Val di Non sono cartografate a parte (SP 6). I materiali (tills) sono granulometricamente molto eterogenei, ma la pasta di fondo è essenzialmente limoso-sabbiosa. Caratteristica relativamente diffusa è il forte costipamento dovuto al peso del ghiacciaio (sovraconsolidamento). Questi depositi non sono caratterizzati da forme particolari, anche se si sono meglio salvaguardate, risultando più stabili, le superfici con forme convesse, mentre quelle a sezione concava sono andate incontro a ricoperture, o più frequentemente a reincisioni torrentizie. Il rimescolamento dei materiali trasportati dal ghiacciaio tende solitamente ad omogeneizzare il chimismo complessivo all’interno di un asse vallivo. I depositi della Val di Non sono quindi a prevalenza carbonatica (la componente silicatica è subordinata), mentre la


composizione è silicatica (acida) in Val di Sole (eccettuando la parte distale). Pur comparendo pressoché ovunque i depositi glaciali di alloggiamento sono più diffusi nella media Val di Non nel triangolo di Taio-Tres-Dardine, nell’alta valle nei dintorni di Malgolo, tra Banco e Dambel e tra Revò e S. Maria di Cloz. Compaiono diffusamente anche in Val di Rumo e all’imbocco della Val di Sole nella zona di Cis. L’uso del suolo alle quote medio-basse è dato quasi univocamente dal meleto, a quote più alte si alternano a questo anche boschi e prati.

Foto 13 In basso la piana fluvioglaciale di Mollaro (SP 8), e in alto i versanti su substrato roccioso, con gli abitati di Priò (SP 2) e Vervò (SP 1). Tra le due zone una fascia con materiali glaciali di alloggiamento (SP 4), con gli abitati di Dardine e Tuenetto

SP 5: Depositi glaciali di contatto Le superfici cartografate in questa sovraunità di paesaggio si sono generate al contatto tra la lingua glaciale ed i versanti montuosi che la contenevano (Foto 14). In questa lunga depressione si sono accumulati materiali provenienti sia dal ghiacciaio che dai versanti, e al ritiro del ghiacciaio buona parte di queste forme sono rimaste addossate al versante formando terrazzi più o meno pendenti delimitati da ripide scarpate. I materiali presenti non hanno una caratterizzazione univoca, potendo passare dal deposito grossolano connesso ad una frana ai depositi fini di un laghetto margino-glaciale. Le forme risultano invece ben evidenti e facilmente individuabili, anche perché spezzano la continuità dei versanti e sono in genere utilizzate dall’uomo. A queste unità sono riunite anche le ripide scarpate che spesso le delimitano, sulle quali affiora in genere till di alloggiamento. 53


Foto 14 (in alto) A sinistra degli abitati di Terres, Flavon e Cunevo, la piana ondulata dei drumlin (SP 6). A destra, sopra la strada, le superfici con materiali glaciali di contatto (SP 5) Foto 15 (in basso) A destra il drumlin di Portolo (Dos da Tri), circondato da zone pianeggianti, e in secondo piano quello di Nanno (Dos dei Loredi) (SP 6)

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Questa sovraunità è cartografata in modo consistente, anche se con corpi sempre discontinui, nella bassa Val di Non tra Termon e Terres, nell’alta valle in destra orografica da Romallo sino a Castelfondo, ed in sinistra poco ad est di Dambel. Ad essa sono ascritte anche parti del pianalto di Livo, ed in Val di Sole i terrazzi di Bozzana e quelli tra Terzolas e Samoclevo. L’uso del suolo è dato dal meleto, che solo nei terrazzi più alti si associa a boschi e prati.

SP 6: Depositi glaciali in forma di drumlin Questa sovraunità di paesaggio, come la precedente, è caratterizzata da depositi glaciali (tills), ma è stata differenziata per la particolare organizzazione spaziale dei materiali, con caratteristiche pedopaesaggistiche uniche all’interno della valle, e probabilmente anche dell’intero versante meridionale delle Alpi. L’area interessata si limita alla porzione centrale della Val di Non in destra del Noce, compresa tra Cles e Cunevo. A rendere particolare il paesaggio è la presenza di numerose collinette allungate nel senso della valle, sviluppatesi sul fondo della lingua glaciale che ha rimaneggiato il till, dandogli la caratteristica conformazione (Foto 15). Tali rilievi possono presentare dislivelli di molte decine di metri, e sono separati da piane o vallecole occupate da depositi legati in genere ad acque correnti (fluvioglaciali, alluvionali, ma anche colluviali) che si raccoglievano tra i rilievi una volta scioltasi la lingua glaciale. Il relativo paesaggio, inizialmente unitario, è stato successivamente dissecato dalle incisioni dei torrenti provenienti da ovest. È probabile che la piana ondulata dai drumlin si spingesse anche molto più a sud, sino all’altezza di Sporminore, ma l’intensissima erosione dei depositi glaciali nella bassa valle ne ha sostanzialmente obliterato la presenza. L’uso del suolo è costituito in modo univoco dal meleto.

SP 7: Conoidi di deiezione I conoidi di deiezione sono i corpi che un torrente costruisce allo sbocco della sua vallata, alla confluenza con una valle o una piana caratterizzate da pendenze del letto molto più basse (Foto 16). Il calo di velocità dell’acqua fa depositare tutti i materiali grossolani. I depositi sono pertanto tendenzialmente ghiaioso-sabbiosi, con ciottoli e massi, e presentano stratificazioni. L’effettiva granulometria, come anche il chimismo del materiale trasportato e poi depositato, dipendono tuttavia dalle rocce e dai materiali presenti nel bacino del torrente. Se il conoide deriva da debris flow, ossia colate di detrito, i depositi sono massivi, vale a dire non selezionati dimensionalmente dalla differente velocità delle acque. Altro elemento in grado di differenziare la struttura di un conoide è la continuità dell’asta torrentizia oltre il conoide stesso. Infatti alcuni conoidi, dotati di piccoli bacini, del versante sud-occidentale della Val di Non, sfociano direttamente sul piano di valle, caratterizzato da pendenze molto basse. Quindi, contrariamente a tanti altri conoidi in cui, dopo il deposito del materiale più grossolano le acque confluiscono in un altro corso recapitandovi il materiale più fine, in questo 55


Foto 16 Allo sbocco della valletta il conoide di S. Giacomo, e più in basso Cassana, costruita su un terrazzo fluvioglaciale

caso la forma del conoide continua ad allungarsi ed allargarsi. Ne risultano conoidi con pendenze molto basse nelle porzioni distali. I corpi cartografati hanno età diverse, passando da quelli depositati su terrazzi glaciali o strutturali, ormai inattivi, a quelli che risultano profondamente incisi dalla loro asta torrentizia e ormai fossili, ad altri infine che possono essere considerati almeno in parte ancora attivi. Non sono stati inclusi in questa sovraunità i conoidi attivi correlati all’attuale asta del Noce (afferiti alla SP 10). I conoidi sono molto diffusi sul versante occidentale della Val di Non (Sporminore, Lover, Flavon, Cunevo, Tuenno, Mechel, Cles, e da S. Maria di Cloz sino a Castelfondo), mentre sul versante orientale si segnalano i conoidi di San Zeno, Taio e Dardine. In Val di Rumo l’unico corpo rilevante si trova presso Marcena, mentre in Val di Sole sono presenti numerosi corpi in sinistra del Noce (Terzolas, Samoclevo, S. Giacomo, Maso dei Vani, Campo Pizzana), e solo alcuni in sinistra (presso Cavizzana e di fronte a Bordiana). L’uso del suolo dipende dall’attività della forma, dai materiali, dalla pendenza e anche dall’esposizione, ma in Val di Non tende a prevalere decisamente il meleto, mentre in Val di Rumo e Val di Sole il meleto si alterna a prato e bosco (dominanti questi ultimi in destra della Val di Sole).

SP 8: Terrazzi fluvioglaciali Questa sovraunità di paesaggio comprende le superfici delle piane fluvioglaciali che si sviluppano nell’area antistante ad un fronte gla56


ciale, sotto l’azione delle acque di scioglimento del ghiacciaio stesso. I materiali, molto selezionati dimensionalmente, sono tipicamente sabbioso-ghiaiosi. Successivamente al ritiro dei ghiacciai queste superfici pianeggianti sono state incise ed erose dai rispettivi torrenti (Noce, Pescara e Novella), per cui le porzioni di piane scampate all’erosione si presentano in forma di terrazzi a forma allungata nel senso della valle. Anche in questo caso il chimismo dei corpi presenti in Val di Non ha dominanza carbonatica, mentre è silicatico (acido) in Val di Sole (eccettuando la porzione distale). Le superfici più consistenti ascritte a questa sovraunità si trovano attorno all’incisione del Noce nel settore centro-meridionale della Val di Non, da Taio sino alla grande piana di Mollaro (Foto 17). A queste si aggiungono, poco più a nord, alcuni terrazzi presso la chiusa di S. Giustina. Ampi terrazzi si trovano poi nella porzione nord della valle, presso Romallo, Dambel e Banco, e nella giunzione delle tre valli, presso Cagnò e Livo. Numerose superfici, in genere strette e allungate si trovano anche in Val di Sole (Terzolas, Samoclevo, S. Giacomo, Bordiana, Bazzana, Cis), mentre solo alcuni sottili lembi sono segnalati in Val di Rumo. Sono inclusi nell’unità anche alcuni sottili terrazzi di dubbia attribuzione presso Tuenno. L’uso del suolo in Val di Non è il meleto, mentre in Val di Sole e di Rumo, pur restando dominante, ad esso si alternano prati e rari seminativi.

Foto 17 Al centro dell’immagine la vasta piana fluvioglaciale di Mollaro, e in primo piano quella di Maso Cimana (SP 8)

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Foto 18 Sopra il lago di S. Giustina le incisioni a V (SP 9) del versante destro della media valle

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SP 9: Incisioni a V e scarpate erosive Le vallate cartografate mostrano una spessa colmatura costituita da materiali glaciali e fluvioglaciali. Al ritiro dei ghiacci questa è stata man mano erosa dal Noce, e dai suoi affluenti, per raccordarsi con il livello della valle dell’Adige. La quota del Noce nella porzione meridionale della Val di Non si trova è circa 130-140 m al di sotto del livello medio della colmatura glaciale. L’affluente Tresenica è ribassato invece, all’entrata in valle, di 220-230 m. Dislivelli simili alla bassa valle si riscontrano, per il Novella, nell’alta valle (100-120 m), il Pescara in Val di Rumo ed il Noce nella zona di Livo e Cis. I dislivelli vanno via via diminuendo lungo la Val di Sole per arrivare a circa 50 m nella zona di Terzolas. Dislivelli di questa importanza in depositi sciolti, che non possono sopportare scarpate verticali troppo alte, hanno avuto come conseguenza un notevole allargamento dell’incisione del Noce e di quelle dei suoi affluenti (Foto 18 e 19). L’allargamento della sezione va collegata non solo all’azione erosiva diretta del torrente ma anche a scoscendimenti ed erosione accelerata le cui tracce sono in qualche caso tuttora evidenti. In genere le incisioni presentano una porzione meno pendente nella parte alta. Occasionalmente possono essere presenti anche terrazzi intermedi corrispondenti a fasi di stasi dell’approfondimento. I materiali erosi sono costituiti prevalentemente da depositi glaciali,


ma localmente possono affiorare anche alcune delle formazioni rocciose coerenti più recenti, costituite in genere da litotipi facilmente erodibili. I versanti sono quasi sempre coperti da spessori più o meno consistenti di colluvi. Il chimismo dei materiali riflette grosso modo quello già visto per i depositi glaciali e fluvioglaciali. La sovraunità è distribuita a contorno di tutte le maggiori aste torrentizie, ed è relativamente meno consistente in Val di Sole, per il diminuire dei dislivelli. I tratti meno pendenti sono occupati da meleti, mentre le porzioni più scoscese ospitano boschi. Questi ultimi tendono a diventare prevalenti risalendo le incisioni verso i contrafforti montuosi. In Val di sole ed in Val di Rumo nei tratti meno pendenti diventano importanti i prati.

Foto 19 Le incisioni a V (SP 9) del versante destro della bassa valle; al centro dell’immagine Dercolo

SP 10: Piane alluvionali Questa sovraunità comprende le superfici riferibili alle piane alluvionali attuali del Noce, del Pescara e del Barnes. Non sono state cartografate quelle del Novella, perché troppo sottili e discontinue. L’unica piana che si sviluppa con relativa continuità e superfici consistenti è quella del Noce in Val di Sole. A questa si aggiunge, in val di Non, il tratto da Denno sino alla chiusa di Valle (Foto 19 e 20). In entrambi i casi sono presenti almeno due livelli di terrazzi separati da scarpate erosive. I materiali sono uniformemente ghiaioso-sabbiosi o sabbiosi, con una prevalenza della componente silicatica (acida) in Val di Sole. La sovraunità comprende anche i piccoli 59


Foto 20 La grande piana alluvionale di Denno

conoidi afferenti alla piana alluvionale stessa. Sia in Val di Non che in Val di Sole sui terrazzi rilevati prevale il meleto, mentre la piana alluvionale recente è essenzialmente prativa.

UNITÀ CARTOGRAFICHE DELLA CARTA DEI SUOLI Il livello gerarchico più basso della carta dei suoli è quello più importante ai fini agronomici e pratici, ed è rappresentato dalle unità cartografiche. Queste ultime sono porzioni di territorio omogenee, o relativamente omogenee, per quanto riguarda il tipo di suolo. Ogni unità cartografica è contrassegnata dalla sigla della unità tipologica di suolo (UTS) che la caratterizza, ad esempio NAN1 (suoli Nanno). In alcuni casi, quando il lavoro di rilevamento non ha permesso di separare spazialmente due tipologie di suolo, entrambe ben diffuse (codominanti), le UTS della unità cartografica sono due, e la sigla è doppia. Si cita come esempio l’unità cartografica PAV1/PAV2 (suoli Pavillo e suoli Pavillo idromorfi). In questo caso solo l’osservazione sul terreno permette di verificare quale delle due UTS è presente in un determinato appezzamento che interessa. Va sottolineato che l’attribuzione di una unità cartografica a una tipologia di suolo non esclude che nella stessa unità siano presenti, più di frequente marginalmente, altre tipologie di suolo.

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Purtroppo una carta pedologica alla scala di semidettaglio non può rappresentare fedelmente la grande variabilità presente sul terreno (a volte nell’ambito di uno stessa particella), e le variazioni indotte dall’uomo. Al livello del singolo appezzamento le informazioni della carta pedologica vanno quindi sempre prese in maniera ragionata, accertandosi che la tipologia di suolo presente corrisponda effettivamente a quella indicata della carta. I caratteri (tessitura, scheletro, profondità, ecc.) di ogni UTS forniti dalla carta e dal catalogo dei suoli (Allegato I) permettono a chiunque, tecnico e agricoltore, dedicando la dovuta attenzione, questa verifica. A volte la maggior parte dei caratteri del suolo corrispondono a quelli indicati dalla carta, ma uno o più caratteri (per esempio la profondità o lo scheletro) si discostano. Nel caso invece il suolo del frutteto non corrisponda alla tipologia (dominante) indicata dalla carta, più spesso è afferibile a una tipologia (UTS) che domina in zone adiacenti. Anche in questo, un uso ragionato della cartografia permette di arrivare alle informazioni utili alla gestione. Va infine considerato che per alcune UTS si dispone di molti dati, e quindi l’informazione è più affidabile. Per altre invece, che in genere coprono limitate estensioni, i dati disponibili sono limitati, quindi l’informazione è più incerta. Quando si considera una data UTS va quindi osservato anche il grado di fiducia, facendo più attenzione quando il suo valore è basso.

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3 I SUOLI Giacomo Sartori, Andrea Parisi

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I SUOLI DELLA VAL DI NON E DELLA BASSA VAL DI SOLE Nelle aree frutticole della Val di Non e della bassa Val di Sole è presente una notevole varietà di tipologie di suolo: sono state descritte 78 Unità tipologiche di suolo (UTS). I tipi di materiali di partenza sono infatti numerosi e molto differenti: depositi di varia origine e natura, calcarei (Val di Non) o non calcarei (Val di Sole), grossolani o fini, roccia marnosa o calcareo-dolomitica. E anche le morfologie delle superfici sono diverse, così come il drenaggio in profondità e i parametri climatici. Tale ricchezza di condizioni si traduce in una grande differenza delle coperture pedologiche.

TIPOLOGIE DOMINANTI Le due grandi tipologie di suolo più diffuse in Val di Non e nella bassa Val di Sole sono i cambisuoli (suoli bruni, secondo la terminologia tradizionale) e i luvisuoli (suoli bruni lisciviati). I primi, tipici delle zone in pendenza, dove in passato c’è stata erosione idrica, non sono mai molto profondi, e sono più spesso scheletrici. I secondi, più profondi, e in genere scarsamente scheletrici, sono caratteristici delle zone pianeggianti, dove la pedogenesi non è stata ostacolata, e manifesta quindi la massima evoluzione osservabile in Trentino e nelle regioni alpine (Sartori e Mancabelli, 2009; Sartori et al., 2012). Anche quando non ci sono stati rimaneggiamenti delle superfici, le lavorazioni hanno alterato in maggiore o minore misura i caratteri della porzione superiore del suolo. Al di sotto dello strato lavorato (più spesso 40-60 cm), non è raro però trovare gli orizzonti originari del suolo. Vista la loro notevole profondità, i luvisuoli delle piane mantengono in genere, al di sotto dello strato arato, la successione originaria degli orizzonti. Cambisuoli e luvisuoli occupano rispettivamente il 64% e il 24% della superficie rilevata, per un totale del 89% (Tab. 1 e Fig. 1). I suoli superficiali, o regosuoli, si ritrovano sulle superfici più giovani, e in particolare sui conoidi con materiali più grossolani e/o più recenti, dove il tempo non ha permesso l’evoluzione di suoli più profondi. Si rinvengono anche dove l’erosione e/o le sistemazioni agrarie hanno asportato gran parte della copertura pedologica originaria. Occupano in totale l’11% delle superfici rilevate. Essi sono in genere molto scheletrici (a meno che i materiali di partenza non siano privi di elementi grossolani). Tabella 1 Sequenza di orizzonti, profondità utile alle radici, percentuali della superficie totale cartografata, e numero di UTS descritte per ciascuna delle tre grandi tipologie di suolo

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TIPOLOGIE DI SUOLO

SEQUENZA DI ORIZZONTI

PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI (cm)

% DELLA SUPERFICIE TOTALE CARTOGRAFATA

NUMERO DI UTS DESCRITTE

Cambisuoli

Ap-Bw-(BC-)C

50-125

64,4

44

Luvisuoli

Ap-Bt-(BC-)C

70-180

24,4

23

Regosuoli

Ap-(AC-)C

40-60

11,2

11


65+24+11L %

Cambisuoli Luvisuoli Regosuoli

64 ,4

24,4

11,2

Figura 1 Ripartizione della superficie totale cartografata in relazione alle diverse tipologie di suolo (cambisuoli, luvisuoli e regosuoli)

Cambisuoli

I cambisuoli(1) si originano da materiali e sedimenti di varia origine, e sono caratterizzati da una sequenza di orizzonti di tipo Ap-Bw-C o Ap-Bw-(BC-)C. Hanno quindi un orizzonte subsuperficiale di alterazione Bw, e sono privi di un orizzonte più sviluppato, con accumulo di argilla (orizzonte Bt) traslocata dalla superficie del suolo (Foto 1 e 2). Essi possono essere considerati dei suoli mediamente sviluppati. La profondità, la tessitura, e gli altri caratteri, sono diversi a seconda dei materiali di origine. Questi suoli sono però di solito da moderatamente profondi a profondi (50-150 cm), e la profondità utile alle radici è più frequentemente da 50 a 125 cm. Quest’ultima è talvolta limitata dall’eccesso di acqua nel profilo: 5 UTS sono infatti idromorfe e 4 molto idromorfe.

Foto 1 Esempio di cambisuolo moderatamente profondo (suoli Pavillo, PAV1)

(1)

Foto 2 Esempio di cambisuolo profondo (suoli Tuenno, TUE1)

World Reference Base (IUSS Working Group WRB, 2006): Cambisols.

65


TESSITURA MEDIA DEI PRIMI 100 cm (CLASSE)

IDROMORFIA

NUMERO DI ha

1

F

NI

78

2

FS

NI

17

BREZ

1

FS

NI

95

CLOZ

2

F

NI

110

CLZ2

CLOZ GROSSOLANI

2

FS

NI

94

CLZ3

CLOZ IDROMORFI

0

F

MI

31

CRD1

COREDO

2

FL

NI

433

CSZ1

CASEZ

1

F

NI

381

CSZ2

CASEZ PIÙ PROFONDI

2

F

NI

54

CVZ1

CAVIZZANA

1

FS

NI

47

DEN1

DENNO

2

FL

I

243

DEN2

DENNO IDROMORFI

1

F

I

174

FLV1

FLAVON

2

FL

MI

124

FLV2

FLAVON MOLTO IDROMORFI

1

FL

MI

194

LVR1

LOVERNATICO

1

FL

I

241

MBZ1

MOLINI DI BREZ

3

F

NI

541

MFT1

MASO FUITEN

1

FL

I

180

MNV1

MONCOVO

1

FS

NI

22

MVA1

MASO DEL VAST DI SPORMINORE

2

FS

NI

143

NOT1

NOCE DI TOZZAGA

1

FL

NI

72

NOT2

NOCE DI TOZZAGA GROSSOLANI

1

F

NI

22

PAV1

PAVILLO

3

F

NI

141

PAV2

PAVILLO IDROMORFI IN PROFONDITÀ

1

F

MI

173

PPO1

PONTE PORTOLO

3

F

NI

15

PRI1

PRIÒ

1

F

NI

214

PRI2

PRIÒ POCO PENDENTI

1

F

NI

55

PRI3

PRIÒ PROFONDI

3

FL

NI

31

RGL1

REGOLE DI CAMPODENNO

3

F

NI

117

SAM1

SAMOCLEVO

3

FS

NI

60

SAM2

SAMOCLEVO POCO PROFONDI

2

FS

NI

205

SAM3

SAMOCLEVO POCO PROFONDI E SCHELETRICI

2

FS

NI

65

SCI1

SOTTO CIS

2

FL

NI

248

SMR1

SMARANO

2

F

NI

515

SRD1

SPERDOSSI DI REVÒ

1

F

NI

21

TER1

TERRES

3

FL

NI

49

TON1

TON

3

F

NI

104

TON2

TON IDROMORFI

2

F

I

122

TUE1

TUENNO

3

F

NI

226

TUE2

TUENNO POCO PROFONDI

2

F

NI

360

TUE3

TUENNO COLLUVIALI

3

F

NI

98

VRV1

VERVÒ

2

F

NI

117

VRV2

VERVÒ PENDENTI

0

F

NI

8

VRV3

VERVÒ SOTTILI

2

F

NI

175

SIGLA UTS

NOME UTS

BNC2

BANCO MODERATAMENTE PROFONDI

BRD1

BORDIANA

BRZ1 CLZ1

PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI (CLASSE)

Tabella 2 Unità tipologiche di suolo di cambisuoli, con relativa classe di profondità (0 = <50 cm, 1 = 50-75 cm, 2 = 75-100 cm, 3 = >100 cm), di tessitura media dei primi 100 cm (F = franchi, FL = franco limosi, FS = franco sabbiosi), di idromorfia (NI= Non Idromorfi, I= Idromorfi, MI= Molto Idromorfi) ed ettari

66


In Val di Non i cambisuoli sono sempre calcarei, vale a dire contengono carbonati, perché i materiali parentali sono tutti carbonatici. In Val di Sole, sono invece non calcarei, vale a dire non contengono carbonati, in relazione alla composizione silicatica dei materiali glaciali e alluvionali di partenza. Fa eccezione la parte distale della valle, dove i materiali sono carbonatici. Complessivamente sono state descritte 44 UTS di cambisuoli (Tab. 2). La tessitura più frequente è franca (25 UTS), seguono la franco sabbiosa (10 UTS) e la franco limosa (9 UTS). Lo scheletro è in genere significativamente presente e la sua abbondanza aumenta con la profondità. I cambisuoli dominano nelle zone in pendenza, dove i fenomeni erosivi del passato, favoriti anche dall’azione antropica (arature e lavorazioni), e le eventuali sistemazioni agrarie (livellamenti delle superfici, gradonamenti), hanno contrastato o cancellato parzialmente l’azione della pedogenesi. Essi dominano nettamente, più in dettaglio, sui versanti su roccia in posto (Sovraunità di paesaggio 1 e 2), sui depositi detritici e colluviali (SP 3), sui conoidi (SP 9), e in particolare quelli più antichi e con materiali meno grossolani, e sulle incisioni a V (SP 9), eccettuato qualche terrazzo sub-pianeggiante. Sui materiali glaciali e fluvioglaciali (SP 4, 5, 6 e 8) sono invece presenti generalmente nelle aree in pendenza, mentre in quelle pianeggianti si ritrovano di solito dei luvisuoli.

Luvisuoli I luvisuoli(2) della zona di studio sono sviluppati nella maggior parte dei casi su materiali glaciali, e meno frequentemente su materiali alluvionali antichi. Essi sono caratterizzati da una sequenza di orizzonti Ap-Bt-C o Ap-Bt-(BC-)C (Sartori et al., 1997). Essi hanno quindi un orizzonte subsuperficiale di accumulo relativo di argilla (orizzonte Bt), più ricco in elementi fini degli orizzonti soprastanti e sottostanti (Foto 3 e 4). La frazione argillosa qui accumulata è stata traslocata nel tempo dalla superficie del suolo, che si è impoverita. Gran parte degli elementi grossolani (pietre e sabbia) di questi suoli sono stati alterati (Foto 5), dando luogo a frazioni fini (limo e argilla). Per questa ragione essi sono in genere privi, o poveri, di scheletro, in particolare in superficie, e la tessitura è più spesso fine o media (a meno che i materiali di partenza siano molto sabbiosi). Una frazione più o meno grande dei carbonati presenti in origine, o anche la totalità, sono stati allontanati dall’acqua che drena nel suolo (processo di decarbonatazione). Spesso però la coltivazione porta a una ricarbonatazione secondaria, in particolare dell’orizzonte lavorato, o più raramente di tutto il suolo. Proprio per l’intensa alterazione dei materiali di partenza, i luvisuoli sono profondi o molto profondi (da 90 a 180 cm). La profondità utile alle radici è in genere elevata (>100 cm). Quando questa è <100 cm, spesso il fattore che la limita è l’idromorfia (moderata (2)

World Reference Base (IUSS Working Group WRB, 2006): Luvisols.

67


o anche forte), in relazione al sovraconsolidamento dei materiali glaciali sottostanti. I luvisuoli si sono formati in un periodo assai lungo, perché i processi descritti sono molto lenti. L’accumulo di argilla è ancora relativamente ridotto, ma per le regioni alpine possono essere considerati suoli molto sviluppati. Essi sono quindi caratteristici delle zone pianeggianti, dove l’alterazione dei materiali di partenza ha agito per molto tempo, vale a dire dalla scomparsa delle lingue di ghiaccio (circa 15.000 anni fa), indisturbata. Dominano infatti incontrastati nella maggior parte delle piane glaciali e fluvioglaciali della zona di studio e nelle piane alluvionali antiche. Luvisuoli sono presenti anche su superfici sub-pianeggianti di piccole dimensioni dei versanti (esempio UTS DAR1, REV1 e REV2) e delle incisioni a V (UTS PPO1), laddove non ci sono stati fenomeni erosivi. Solo di rado si ritrovano anche su superfici inclinate, e la loro presenza indica che non c’è stata erosione superficiale. Si segnalano come esempi le aree delle UTS Campodenno (CDN1), sviluppata su glaciale, e Taio (TAI1), su un conoide antico.

SIGLA UTS

NOME UTS

PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI (CLASSE)

TESSITURA MEDIA DEI PRIMI 100 cm (CLASSE)

IDROMORFIA

NUMERO DI ha 79

BNC1

BANCO

2

F

NI

CAL1

CALDES

3

FS

NI

40

CDN1

CAMPODENNO

2

FL

I

94

CIS1

CIS

2

FL

I

36

CSF1

CASTELFONDO

2

FS

NI

29 158

DAR1

DARDINE

1

FL

I

DRM1

DERMULO

2

FL

NI

66

LCH1

DOSSO LUCH

1

FL

MI

181

LCH2

DOSSO LUCH PROFONDI

1

FL

MI

64

MLE1

MALÈ

1

FS

NI

151

MOL1

MOLLARO

2

FS

NI

123

NAN1

NANNO

3

FL

NI

126

NAN2

NANNO IDROMORFI IN PROFONDITÀ

3

FL

NI

114

POR1

PORTOLO

2

F

NI

48

POR2

PORTOLO GROSSOLANI IN PROFONDITÀ

2

F

NI

152

POR3

PORTOLO IDROMORFI IN PROFONDITÀ

2

F

I

95

POR4

PORTOLO IDROMORFI

1

F

I

19

REV1

REVÒ

3

FL

NI

237

REV2

REVÒ MODERATAMENTE PROFONDI

2

FL

NI

281

RMN1

ROMENO

3

FL

NI

201

TAI1

TAIO

2

F

NI

39

TOZ1

TOZZAGA

3

FS

NI

20

TRM1

TERMON

2

FL

NI

73

Tabella 3 Unità tipologiche di suolo di luvisuoli, con relativa classe diprofondità (0 = <50 cm, 1 = 50-75 cm, 2 = 75-100 cm, 3 = >100 cm), di tessitura media dei primi 100 cm (F = franchi, FL = franco limosi, FS = franco sabbiosi), di idromorfia (NI = Non Idromorfi, I = Idromorfi, MI= Molto Idromorfi) ed ettari

68


Foto 3 (a sinistra) Esempio di luvisuolo (suoli Nanno, NAN1)

Foto 4 (a destra) Esempio di luvisuolo (suoli Banco, BNC1)

Foto 5 Materiali glaciali estremamente alterati alla base di un luvisuolo

In genere è sufficiente una pendenza anche molto ridotta (3-6%), perché si ritrovino dei cambisuoli. Complessivamente sono state descritte 23 UTS di luvisuoli (Tab. 3). Essi occupano in totale 2.424 ettari, pari a una percentuale del 24% della zona rilevata.

Regosuoli I suoli superficiali, o regosuoli(3), hanno in genere una sequenza di orizzonti di tipo Ap-(AC-)C. La profondità del suolo e la profondità utile alle radici sono molto limitate (<40-60 cm), e sotto l’orizzonte lavorato sono di solito presenti direttamente i materiali di partenza, o un sottile orizzonte di transizione (AC). La profondità ridotta è un

(3) Nel WRB (IUSS Working Group WRB, 2006) questi suoli sono inquadrati nei Regosols, ma anche nei Phaeozems (quando la sostanza è abbondante) e nei Gleysols (quando sono molto idromorfi.

69


Foto 6 Esempio di regosuolo (suoli Arsio, ARS1)

fattore molto limitante per l’utilizzo agronomico, in particolare per quanto riguarda l’acqua immagazzinabile dal suolo. La quantità di scheletro e gli altri caratteri sono legati alla natura dei materiali parentali. I regosuoli (Foto 6) dominano sui conoidi recenti con materiali grossolani, dove l’evoluzione del suolo è molto ridotta. Essi sono poi presenti su materiali glaciali dove l’erosione superficiale è stata più intensa, e/o i rimaneggiamenti antropici hanno portato alla riduzione delle coperture pedologiche originarie. Dominano anche in molte zone di bonifica agraria (in particolare la “bonifica” di Mollaro), dove lo strato di suolo, formatosi in loco o portato da altrove, è molto ridotto. Complessivamente sono state descritte 11 UTS di regosuoli (Tab. 4). Essi occupano complessivamente 1.103 ettari, pari a una percentuale dell’11% della zona rilevata. Dominano nettamente le tessiture tendenzialmente problematiche (franco sabbiose o franco limose), e una sola UTS è franca. Due UTS, con tessitura franco limosa e su materiali sovra consolidati, sono molto idromorfe, e una (Bonifica di Tres, BTR1) è idromorfa.

PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI (CLASSE)

TESSITURA MEDIA DEI PRIMI 100 cm (CLASSE)

IDROMORFIA

NUMERO DI ha

ARSIO

0

FS

NI

205

BANCO SOTTILI

0

FS

NI

77

BTR1

BONIFICA DI TRES

1

FL

I

82

FAE1

FAÈ DI CAMPODENNO

0

FL

MI

111

FLV3

FLAVON MOLTO IDROMORFI E SOTTILI

0

FL

MI

54

MOL2

BONIFICA DI MOLLARO

0

FS

NI

55

MVA2

MASO DEL VAST DI SPORMINORE PENDENTI

0

FS

NI

72

NOV1

NOVELLA

1

F

NI

52

RBB1

RABBIES

0

FS

NI

10

RMN2

ROMENO SOTTILI

0

FL

NI

124

SPR1

SPORMINORE

0

FS

NI

260

SIGLA UTS

NOME UTS

ARS1 BNC3

Tabella 4 Unità tipologiche di suolo di regosuoli, con relativa classe di profondità (0 = <50 cm, 1 = 50-75 cm, 2 = 75-100 cm, 3 = >100 cm), di tessitura media dei primi 100 cm (F = franchi, FL = franco limosi, FS = franco sabbiosi), di idromorfia (NI = Non Idromorfi, I = Idromorfi, MI = Molto Idromorfi) ed ettari

70


I SUOLI DELLE SOVRAUNITÀ DI PAESAGGIO Nei paragrafi che seguono si elencano brevemente i suoli più diffusi nelle diverse Sovraunità di paesaggio della carta dei suoli, e se ne sintetizzano i caratteri più significativi. Questa breve trattazione dovrebbe essere utile per capire il perché della presenza di determinati suoli in determinati porzioni del paesaggio, più che per le finalità pratiche e agronomiche, che verranno approfondite nei capitoli successivi. Per informazioni più dettagliate sulle singole Unità tipologiche di suolo (UTS) si rimanda al Catalogo delle tipologie di suolo, o UTS (Allegato I). Il grado di uniformità delle coperture pedologiche all’interno di ciascuna Sovraunità (SP) è molto diverso. Alcune di esse mostrano poche e ben caratterizzate tipologie di suolo, come in particolare la SP 2, corrispondente alle superfici dei versanti su rocce poco competenti. Altre contengono un numero relativamente ridotto di tipologie più o meno differenti tra loro. Alcune invece, e in particolare le aree dei depositi glaciali drumliformi (SP 6), presentano uno spettro di tipologie di suoli molto ampio.

Suoli su substrati rocciosi competenti (SP 1) A nord di Tres e a sud di Taio sono presenti versanti impostati su substrato roccioso sub-affiorante, costituito da dolomie (Foto 7), le quali rientrano nella Sovrunità di paesaggio dei litotipi competenti (SP 1), caratterizzati da notevole durezza. Queste aree sono interessate da coperture glaciali molto modeste e discontinue, per cui i suoli sembrano essersi evoluti nella maggior parte dei casi principalmente dalla roccia. Su queste superfici impostate sulla roccia subaffiorante dominano cambisuoli a tessitura franca, con profondità utile moderatamente elevata (suoli Vervò e Vervò pendenti, VRV1 e VRV2), o moderatamente bassa (suoli Vervò sottili, VRV3).

Foto 7 Suolo su roccia dolomitica, visibile nel taglio della strada (SP 1)

71


Nei versanti a valle di Smarano sono presenti sottili coperture glaciali, e su di esse si ritrovano cambisuoli franchi con profondità utile moderatamente alta (suoli Smarano, SMR1). Ampie zone afferenti alla SP 1 sono presenti nella zona a nord-est di Coredo, ma esse sono interessate solo marginalmente dalla frutticoltura, e quindi non sono state indagate in dettaglio. In Val di Sole le superfici su roccia hanno pendenze molto elevate, e non sono coltivate. La superficie complessiva cartografata che ricade nella SP 1 (Tab. 5) è di 2.551 ha (11% dell’area totale della carta, comprendente anche le aree non cartografate per i suoli). Tabella 5 Estensione in ettari e in percentuale sulla superficie totale (comprendente anche le aree non cartografate per i suoli), delle 10 sovraunità di paesaggio

SOVRAUNITÀ DI PAESAGGIO

ESTENSIONE (ha)

ESTENSIONE (%)

N.

DEFINIZIONE

1

Versanti su litotipi competenti (calcari e dolomie)

2.551

11,2

2

Versanti su litotipi poco competenti (calcari marnosi e marne)

3.218

14,2

3

Depositi detritici, gravitativi e colluviali di versante

1.411

6,2

4

Depositi glaciali di alloggiamento

2.435

10,7

5

Depositi glaciali di contatto

1.031

4,5

6

Depositi glaciali in forma di drumlin

1.159

5,1

7

Conoidi di deiezione

952

4,2

8

Terrazzi fluvioglaciali

635

2,8

9

Incisioni a V e scarpate erosive

7.085

31,2

10

Piane alluvionali

727

3,2

Suoli su substrati rocciosi poco competenti (SP 2) Sul versante destro della media valle sono presenti ampi affioramenti di calcari marnosi della formazione Scaglia Rossa, che sono stati inclusi nella sovraunità di paesaggio dei substrati rocciosi poco competenti, relativamente teneri (SP 2). Fanno parte di questa unità grandi e contigue estensioni sui versanti tra Dermulo e Coredo (Foto 8), e tra Priò e Vervò (Foto 9 e 10). Nelle aree suddette si ritrovano suoli facilmente riconoscibili visivamente anche da lontano per la caratteristica colorazione rossastra. Essi sono cambisuoli, rimaneggiati fino alla roccia sottostante dall’azione antropica. Si sono evoluti esclusivamente, o quasi esclusivamente, dal substrato marnoso, in quanto non sono presenti in genere depositi glaciali, come testimonia la rarità di elementi di litologie alloctone. Nella zona di Priò e Vervò i suoli su Scaglia Rossa dominano incontrastati, e sono scheletrici, con tessitura franca. Essi hanno in genere una profondità utile moderatamente bassa (suoli Priò e Priò poco pendenti, PRI1 e PRI2, 50-60 cm), e solo localmente elevata (Priò profondi, PRI3, >100 cm). Nell’area tra Dermulo e Coredo i suoli su Scaglia Rossa sono domi72


Foto 8 Il paesaggio dei calcari marnosi (Scaglia Rossa) a Coredo

Foto 9 Il paesaggio dei calcari marnosi (Scaglia Rossa) nei pressi di Vigo di Ton

Foto 10 Campi con suoli sviluppati da calcari marnosi (Scaglia Rossa) a valle di Castel Thun

73


nanti. Essi hanno tessitura più fine rispetto a quelli della zona di cui sopra, vale a dire franco limosa (suoli Coredo, CRD1). Essi sono anche meno scheletrici. Queste differenze sono legate a una facies più marnosa e tenera del substrato, sempre restando nella formazione della Scaglia Rossa. In ampie zone sub-pianeggianti della stessa area, sono presenti anche luvisuoli sviluppati su sottili depositi glaciali (suoli Romeno, RMN1). Ampie superfici afferenti alla SP 2 sono presenti sul versante sinistro dell’alta valle, in gran parte non interessate dalla frutticoltura. Nell’area tra Salter e Romeno (Foto 11) la roccia marnosa è coperta da depositi glaciali di modesto spessore, e i suoli si sviluppano principalmente da questi ultimi. Essi sono luvisuoli a profondità utile molto elevata, franco limosi e con poco scheletro (suoli Romeno, RMN1). A zone questi hanno subito processi erosivi, e quindi sono sottili e scheletrici, con tessitura franca (suoli Romeno sottili, RMN2). La superficie complessiva cartografata che ricade nella SP 2 (Tab. 5) è di 3218 ha (14% dell’area toale).

Suoli su detriti e accumuli colluviali (SP 3) I depositi detritici da crollo posti a piede di versanti rocciosi a prevalente componente carbonatica, presenti soprattutto in destra orografica, hanno pendenze molto elevate e non sono in genere interessati dalla frutticoltura. I depositi colluviali occupano per parte loro aree limitate, con forma in genere allungata, alla base di conoidi o di versanti (Foto 12), o negli avvallamenti (Foto 13). Essi hanno in genere suoli più profondi rispetto alle superfici a monte che hanno alimentato l’arrivo di materiali trasportati dall’acqua. Nelle aree colluviali alla base dei conoidi calcarei sono frequenti suoli con profondità utile elevata, franchi e con scheletro comune (suoli Tuenno colluviali, TUE3). Alla base dei versanti con depositi glaciali sono frequenti suoli con profondità utile elevata, franco-limosi e con scheletro comune/frequente (suoli Terres, TER1).

Foto 11 Superfici su calcari marnosi a sud di Romeno

74


Foto 12 Versante con accumuli colluviali sotto l’abitato di Mechel

In Val di Sole i depositi colluviali hanno suoli a profondità utile moderatamente elevata, scheletrici e con tessitura franco sabbiosa. Essi sono non calcarei (suoli Samoclevo poco profondi, SAM2), e calcarei nella parte distale della valle, a est di Cassana (suoli Bordiana, BRD1). La superficie complessiva cartografata che ricade nella SP 3 (Tab. 5) è di 1.411 ha (6% dell’area totale).

Suoli su depositi glaciali di alloggiamento (SP 4) I depositi glaciali di alloggiamento (SP 4) sono diffusi soprattutto in sinistra idrografica, nell’alta valle (Dambel, Casez) e nella media valle (Segno-Tres, Dardine, Tos). Sono poi presenti in destra idrografica nell’alta valle (Revò, Cis - Foto 14 e 15) e nella bassa valle (Campodenno). Sulle superfici pianeggianti, che hanno una diffusione relativamente limitata, dominano i luvisuoli. Nell’alta valle questi hanno profondità utile elevata, e tessitura franco limosa (suoli Revò, REV1). Nella

Foto 13 In primo piano valletta con accumuli colluviali

75


bassa valle hanno profondità utile moderatamente bassa, e sono idromorfi (suoli Dardine, DAR1). Sui versanti in media pendenza i suoli sono cambisuoli. Essi sono caratterizzati da diverse combinazioni di profondità utile alle radici (moderatamente bassa o moderatamente alta), tessitura (franca o franco limosa), scheletro (in genere i franco limosi sono poco scheletrici, i franchi scheletrici), e hanno, o meno, idromorfia. I suoli Casez (CSZ1), in particolare, hanno profondità utile moderatamente bassa e tessitura franca; i suoli Revò sono moderatamente profondi (REV2), hanno profondità utile moderatamente alta e tessitura franco limosa; i suoli Ton idromorfi (TON2) hanno profondità utile moderatamente alta e tessitura franca, con idromorfia; i suoli Maso Fuiten (MFT1) hanno profondità utile moderatamente bassa e tessitura franco limosa, con idromorfia. La superficie complessiva cartografata che ricade nella SP 4 (Tab. 5) è di 2.435 ha (11% dell’area totale).

Suoli su depositi glaciali di contatto (SP 5) Foto 14 I versanti con materiali glaciali di alloggiamento (SP 4) a nord di Preghena

76

I depositi glaciali di contatto (SP 5) sono presenti sui bordi esterni della Val di Non, e sono diffusi in particolare in destra idrografica, a ridosso dei versanti molto pendenti non coltivati. Essi occupano ampie superfici nell’alta valle (aree Cloz-Romallo e Preghena-Livo-Varollo, Foto 16), e nella media valle (da Terres a Termon, Foto 17).


Nella porzione superiore della valle i suoli su tali sedimenti hanno profondità utile moderatamente alta, e tessitura franca (suoli Cloz, CLZ1), o franco sabbiosa (suoli Cloz grossolani, CLZ2). Sulle superfici subpianeggianti di Livo e Varollo sono diffusi invece luvisuoli con profondità utile elevata e tessitura franco limosa (suoli Revò, REV1). Nella media valle i suoli dei depositi glaciali di contatto hanno tessitura più fine, franco limosa, e nella maggior parte dei casi mostrano caratteri idromorfi. Più in particolare sono idromorfi, con profondità utile alle radici moderatamente alta (suoli Flavon, FLV1), o molto idromorfi, con profondità utile alle radici moderatamente bassa (suoli Flavon molto idromorfi, FLV2) o scarsa (suoli Flavon molto idromorfi e sottili, FLV3). Meno di frequente essi non sono idromorfi, e hanno profondità utile alle radici moderatamente alta (suoli Termon, TRM1). La superficie complessiva cartografata che ricade nella SP 5 (Tab. 5) è di 1.031 ha (5% dell’area totale).

Foto 15 I versanti con materiali glaciali di alloggiamento (SP 4) a valle di Revò. A ridosso del lago le superfici erosive, più inclinate, della SP 9

Suoli su depositi glaciali allungati o drumlin (SP 6) I depositi glaciali allungati (drumlin) della Sovraunità di paesaggio 6 sono molto diffusi nella media valle, sul versante destro. Essi danno forma alla zona molto vasta e accorpata di dossi e avvallamenti che si estende da Cles a Portolo (Foto 18), e a quella più limitata da Terres a Cunevo (Foto 19), interrotta dal conoide sul quale si trova Flavon. Nella prima area si trovano tipologie di suolo molto varie, 77


Foto 16 Sotto il versante roccioso una fascia inclinata con materiali glaciali di contatto (SP 5) sopra Cloz

Foto 17 Superfici con materiali glaciali di contatto sopra Termon (SP 5)

78

mentre nella seconda, dove le tessiture sono più fini, i tipi pedologici sono meno numerosi. Nelle piane dell’area a dossi tra Cles e Portolo si rinvengono più frequentemente luvisuoli franco limosi (tra franco limosi e franchi) con profondità utile alle radici elevata (suoli Nanno e Nanno con idromorfia in profondità, NAN1 e NAN2). A zone sono presenti anche luvisuoli molto idromorfi (suoli Dosso Luch e Dosso Luch profondi, LCH1 e LCH2).


Nella porzione di valle da Terres a Cunevo si trovano anche luvisuoli più grossolani, con tessitura franca, e profondità utile alle radici moderatamente alta (suoli Portolo e Portolo grossolani in profondità POR1 e POR2). Una loro fase con idromorfia (Portolo idromorfi in profondità, POR3) è presente anche sulle sommità subpianeggianti dei dossi stessi. Sui versanti dei rilievi dominano cambisuoli franchi non idromorfi, con profondità utile alle radici elevata (suoli Pavillo, PAV1), o idromorfi, con profondità utile alle radici moderatamente bassa (suoli Pavillo, idromorfi in profondità, PAV2). Queste due tipologie sono di solito presenti a macchia di leopardo, e quindi la cartografia non ha potuto tenerle distinte (unità cartografica PAV1/ PAV2), sebbene ai fini agronomici le differenze siano considerevoli. Nelle aree di dossi a est di Cunevo i suoli hanno tessitura franco limosa e sono idromorfi, con profondità utile alle radici moderatamente bassa. Più in particolare nelle piane si ritrovano luvisuoli molto idromorfi (suoli Dosso Luch e Dosso Luch profondi, LCH1 e LCH2), mentre sui versanti dei rilievi prevalgono cambisuoli idromorfi (suoli Maso Fuiten, MFT1). La superficie complessiva cartografata che ricade nella SP 6 (Tab. 5) è di 1.159 ha (5% dell’area totale).

Foto 18 La valletta tra i drumlin di Nanno (in secondo piano) e Portolo (in primo piano) (SP 6)

Suoli dei conoidi di deiezione (SP 7) Nella Val di Non i conoidi di deiezione (SP 7) sono più frequenti sul fianco destro della valle, e hanno una composizione calcareo-dolo79


Foto 19 Il drumlin di Denno (Dosso Luch)

mitica. Sono presenti in particolare nell’area di Cloz-Arsio, in quella di Cles-Tuenno, dove formano una vasta fascia quasi continua (Foto 20), tra Flavon e Cunevo, a Lover e a Sporminore. In sinistra idrografica si ritrovano a Sanzeno, Taio e Tos. I suoli dei conoidi calcareo-dolomitici sono in genere scheletrici, e rispecchiano nelle loro caratteristiche (profondità, tessitura, scheletro, contenuto di magnesio, ecc.) la tipologia del conoide e la natura dei materiali che lo costituiscono. In particolare i conoidi con materiali grossolani (con coperture da debris flow) dell’alta e bassa valle hanno suoli in genere superficiali, con tessiture grossolane, e alti contenuti di magnesio. Quelli invece più antichi (fossili) della media valle hanno suoli più profondi e meno scheletrici, con tessiture medie, e contenuti di magnesio in genere medi o bassi. I suoli sui conoidi della zona di Cloz-Brez hanno tessitura franco sabbiosa e profondità utile alle radici scarsa (suoli Arsio, ARS1), o moderatamente bassa (suoli Brez, BRZ1). La ritenzione idrica è quindi molto scarsa, o ridotta. Suoli con analoghe caratteristiche, ed estremamente calcarei (suoli Sporminore, SPR1), sono presenti anche nella basse valle, in destra idrografica e, in sinistra, a Tos. Nella parte media della valle i suoli su conoide hanno tessitura franca, e profondità utile alle radici elevata (suoli Tuenno, TUE1) o moderatamente alta (suoli Tuenno poco profondi, TUE2; suoli Taio, TAI1). I conoidi presenti sul versante sinistro della porzione studiata della Val di Sole, sono costituiti dagli stessi materiali silicatici di origine metamorfica (micascisti) che affiorano nei versanti a monte. I suoli sono allora privi di carbonati e hanno tessiture grossolane (franco-sabbiose), con profondità utile alle radici elevata (suoli Samoclevo, SAM1). L’assenza di carbonati e del loro effetto tampone, fa sì che l’acidità del suolo aumenti nel corso degli anni, in particolare in superficie, e si rendano necessarie delle calcitazioni. A est di Tozzaga la litologia dei versanti in sinistra idrografica è carbonatica, e quindi si ritrovano anche qui due conoidi calcarei 80


Foto 20 In secondo piano, la fascia di conoidi a monte dell’abitato di Tuenno

(rispettivamente a ovest di Bordiana e a est di Bozzana), analoghi a quello presente un po’ più a monte in destra idrografica (Cavizzana). Sulle superfici di questi ventagli si hanno suoli franco sabbiosi con profondità utile alle radici moderatamente bassa (suoli Cavizzana, CVZ1) o franchi con profondità utile alle radici moderatamente alta (suoli Cis, CIS1). La superficie complessiva cartografata che ricade nella SP 7 (Tab. 5) è di 952 ha (4% dell’area totale).

Suoli dei terrazzi fluvioglaciali (SP 8) In Val di Non i terrazzi fluvioglaciali (SP 8) hanno in genere una forma allungata, e sono presenti nella porzione centrale del solco vallivo, soprattutto nell’alta valle, a Romallo (Foto 21), Dambel (Foto 22) e Banco, e a Mollaro. I depositi che li costituiscono sono rappresentati prevalentemente da ghiaie grossolane con scarsa matrice, ma a zone sono presenti anche depositi fini, privi di scheletro (materiali glaciolacustri). Nonostante le morfologie pianeggianti o poco inclinate, i suoli di tali forme non sono mai profondi. Questo è dovuto alla relativa lentezza di alterazione delle ghiaie che compongono i depositi (in particolare le dolomie e i porfidi sono poco alterabili), presenti alla base del profilo. Dove le superfici hanno pendenze anche leggere, caso frequente nell’alta valle, i suoli sono più sottili, o anche superficiali, a causa dei processi erosivi. Sui terrazzi fluvioglaciali subpianeggianti i suoli più diffusi sono luvisuoli con profondità utile alle radici moderatamente bassa e tessitura franca (suoli Banco, BNC1) o franco sabbiosa (suoli Mollaro, MOL1). Come è noto una grande porzione della piana di Mollaro è stata risistemata, con un rimaneggiamento dei suoli originari, che risultano nella maggior parte dei casi sottili (suoli Bonifica di Mollaro, MOL2). Nell’alta valle sono presenti come detto più sopra anche suoli più sottili, con profondità utile alle radici moderatamente bassa (suoli 81


Banco moderatamente profondi, BNC2) o scarsa (suoli Banco sottili, BNC3). Sulle superfici con sedimenti fini a est di Romallo si ritrovano cambisuoli franco limosi con profondità utile alle radici moderatamente bassa (sono stati inclusi nei suoli Revò moderatamente profondi, REV2). In Val di Sole i depositi fluvioglaciali, anche qui con forme allungate nel senso della valle, mostrano una composizione esclusivamente silicatica (prevalentemente micascisti). Nella piana di Malè i suoli sono, più in particolare, luvisuoli non calcarei, con tessitura franco sabbiosa e profondità utile alle radici moderatamente bassa (suoli Malè, MLE1). Suoli analoghi si ritrovano anche nelle piane sotto Preghena e Varollo, accompagnati a zone a suoli con tessiture fini. Pure negli stretti terrazzi presenti da Samoclevo fino allo sbocco della valle (terrazzi di Cassana e Bordiana-Bozzana), i suoli sono cambisuoli non calcarei e franco sabbiosi, ma la profondità utile alle radici è moderatamente alta (suoli Samoclevo poco profondi, SAM2). La superficie complessiva cartografata che ricade nella SP 8 (Tab. 5) è di 635 ha (3% dell’area totale).

Suoli delle incisioni a V (SP 9) Le incisioni a V, con i versanti del solco del Noce e delle valli laterali (SP 9), sono molto diffuse in tutta la Val di Non (Foto 23), e diventano preponderanti sul versante destro idrografico della bassa valle (zona Denno-Campodenno-Sporminore). Nonostante le pendenze in genere elevate o molto elevate, eccettuando qualche piccolo terrazzo sub-pianeggiante, esse sono per lo più coltivate. Solo quando le pendenze sono estreme non sono interessate dalla frutticoltura. Le incisioni sono scavate in materiali rappresentati per la maggior parte da depositi glaciali, e solo marginalmente, limitandosi alla zona coltivata, da calcari marnosi. I caratteri dei suoli, e in particolare la tessitura, riflettono quindi le proprietà dei materiali glaciali da cui essi derivano. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, si trovano anche suoli profondi, nonostante le pendenze alte. Sul

Foto 21 La piana fluvioglaciale (SP 8) sotto Romallo

82


Foto 22 Al centro dell’immagine, la piana fluvioglaciale (SP 8) a valle di Dambel

versante idrografico destro della parte media e bassa della valle dominano i suoli idromorfi. Nella parte alta e media della valle sono molto diffusi dei suoli franchi a profondità utile alle radici elevata (suoli Molini di Brez, MBZ1). A zone sono presenti suoli con tessitura franco limosa e profondità utile alle radici moderatamente bassa (suoli Revò moderatamente profondi, REV2). Alcune aree dei versanti tra Cagnò e Revò presentano invece suoli a tessitura franco sabbiosa, con profondità utile alle radici moderatamente elevata (suoli Maso del Vast di Sporminore, MVA1), o scarsa (suoli Maso del Vast di Sporminore pendenti, MVA2). In corrispondenza di Romallo l’incisione del torrente Novella è scavata nella roccia marnosa, e i suoli, franco limosi e con profondità utile alle radici moderatamente alta, sono assimilabili a quelli presenti nella zona di Coredo (suoli Coredo, CRD1). Nella parte medio bassa della valle, da Terres a Campodenno, sono frequenti suoli franchi idromorfi, con profondità utile alle radici moderatamente alta (suoli Denno, DEN1), o moderatamente bassa (suoli Denno idromorfi, DEN2). Nella maggior parte dei casi le due tipologie sono associate e quindi non è stato possibile separarle (UC DEN1/DEN2). Sul versante destro della parte bassa della valle, da Campodenno a Sporminore, prevalgono suoli idromorfi a tessitura franco limosa e profondità utile alle radici moderatamente bassa (suoli Lovernatico, LVR1), o molto idromorfi e profondità utile alle radici scarsa (suoli Faè di Campodenno, FAE1). Sul versante sinistro della parte bassa della valle prevalgono suoli franco sabbiosi, con profondità utile alle radici moderatamente bassa (suoli Moncovo, MNV1) o elevata (suoli Maso del Vast di Sporminore, MVA1). In Val di Sole le incisioni a V sono scavate nei depositi glaciali silicatici fino a Tozzaga. Fino a questa soglia i suoli sono quindi non calcarei e hanno profondità utile alle radici moderatamente alta. Essi sono scheletrici e franco sabbiosi (suoli Samoclevo poco profon83


Foto 23 Incisione a V tra Cagnò e Revò (SP 9)

di, SAM2). Da Tozzaga fino allo sbocco della valle prevalgono invece dei suoli calcarei, con profondità utile alle radici moderatamente alta, e franco limosi (suoli Sotto Cis, SCI1). La superficie complessiva cartografata che ricade nella SP 9 (Tab. 5) è di 7.085 ha (31% dell’area totale). Si tratta quindi delle superfici di gran lunga più diffuse. Si sottolinea che solo una parte di esse sono coltivate, e quindi sono state rilevate. Ma anche le superfici rilevate comprendono ampie zone incolte.

Suoli delle piane alluvionali (SP 10) Le piane alluvionali (SP 10) non sono molto estese in Val di Non, e costituiscono una stretta fascia attorno al Noce in particolare nella parte bassa della valle (Foto 24), la quale va allargandosi nella porzione distale. Esse sono coltivate a frutteto solo in parte. Nella piana alluvionale rilevata, e quindi più antica, sotto Tuenno, si trovano luvisuoli franco limosi (tra franco limosi e franchi) con profondità utile alle radici elevata (suoli Nanno con idromorfia in profondità, NAN2). Nella lunga piana allungata a quota inferiore, più a sud, dominano suoli calcarei a tessitura franco limosa, con profondità utile alle radici scarsa (suoli Novella, NOV1 - Foto 25). Nella porzione di Val di Sole studiata le piane alluvionali sono relativamente diffuse (Foto 26), e sono formate da materiali prevalentemente silicatici. Sulle superfici più rilevate (più antiche) sono presenti luvisuoli non calcarei franco sabbiosi, con profondità utile alle radici elevata (suoli Caldes e suoli Tozzaga, CAL1 e TOZ1). Sulle superfici più basse si trovano suoli scarsamente calcarei e profondità utile alle radici moderatamente bassa, a tessitura franco limosa (suoli Noce di Tozzaga, NOT1) o franca (suoli Noce di Tozzaga grossolani, NOT2). La superficie complessiva cartografata che ricade nella SP 10 (Tab. 5) è di 727 ha (3% dell’area totale).

84


Foto 24 Piana alluvionale nella bassa val di Non (SP 10)

Foto 25 Piana alluvionale della Novella, sotto Cloz (SP 10)

Foto 26 Piana alluvionale nella bassa Val di Sole (SP 10)

85



4 GRUPPI DI SUOLI Giacomo Sartori, Andrea Parisi


TIPOLOGIE DI SUOLO Le tipologie di suolo (UTS) presenti nelle Valli del Noce e definite nel corso del lavoro di cartografia (Allegato I) sono numerose (78), perché la zona è ampia, e presentano grandi variazioni nei fattori che influiscono sulla formazione dei suoli e sulla loro conservazione. Vista la finalità agronomica del lavoro era quindi necessario creare un numero ridotto di accorpamenti di suoli simili per quanto riguarda le proprietà più importanti ai fini degli utilizzi colturali. Sono stati quindi definiti dei Gruppi e dei Sottogruppi di UTS.

GRUPPI DI SUBSTRATO Le 78 Unità tipologiche di suolo (UTS) sono state accorpate in Gruppi distinti in base al tipo di materiale parentale, elemento che influisce in modo fondamentale su molti caratteri dei suoli. Questi insiemi sono chiamati Gruppi di substrato(1). I suoli simili di Sovraunità di paesaggio (SP) diverse risultano in questo modo accorpati (in particolare quelli delle diverse sovraunità con depositi glaciali), mentre i suoli diversi di una stessa SP vengono separati se i materiali di partenza sono diversi. È il caso in particolare dei suoli della SP 9 e della SP 10 sviluppati rispettivamente da depositi glaciali o alluvionali, a loro volta di diversa composizione. Nella tabella 1 sono elencati tutti i Gruppi, con la rispettiva estensione spaziale. Tabella 1 Gruppi di substrato, sigla, numero di UTS e relative superfici, in ettari e come percentuale della superficie totale cartografata

GRUPPI DI SUBSTRATO

SIGLA

NUMERO DI UTS

NUMERO DI ha

% DELLA SUPERFICIE RILEVATA

Suoli su alluvionale misto

ALmi

3

124

1,3

Suoli su alluvionale silicatico

ALsi

4

60

0,6

Suoli su calcari marnosi

CM

3

702

7,1

Suoli su conoidi calcarei

COca

5

754

7,6

Suoli su conoidi dolomitici

COdo

3

560

5,6

Suoli su conoidi misti

COmi

3

93

0,9 3,4

Suoli su conoidi silicatici

COsi

4

340

Suoli su glaciale dolomitico

GLdo

3

300

3,0

Suoli su glaciale misto

GLmi

49

6.836

68,9

Suoli su glaciale silicatico

GLsi

1

151

1,5

Tre Gruppi di UTS riuniscono i suoli su depositi glaciali rispettivamente con litologie miste (carbonatiche e silicatiche), silicatiche e dolomitiche (presenti prevalentemente nelle SP 4, 5, 6, 8 e 9): suoli su glaciale misto, suoli su glaciale silicatico, e suoli su glaciale dolomitico. Il Gruppo dei suoli su materiali glaciali a litologia mista è il

(1) Si sottolinea, anche se per semplicità si è scelto questo termine, che substrato viene usato attualmente solo per le rocce consolidate e non per i materiali incoerenti (depositi glaciali, alluvionali, ecc.).

88


più importante raggruppamento nell’area di studio, sia in termini di UTS comprese (49), che in termini di diffusione spaziale (69% dell’area rilevata). Quattro Gruppi comprendono i suoli dei conoidi rispettivamente a composizione calcarea, dolomitica, mista o silicatica (SP7): suoli su conoidi calcarei, dolomitici, misti e silicatici (rispettivamente 8%, 6%, 1% e 3% dell’area). Un Gruppo riunisce i suoli su calcari marnosi(2) (7% dell’area rilevata), presenti in grandissima parte nella SP 2. In quest’unico caso c’è una corrispondenza di massima tra la SP e il Gruppo di substrato. E per finire due Gruppi accorpano i suoli su depositi alluvionali (SP 10), rispettivamente a litologia mista (carbonatica e silicatica) o silicatica: suoli su alluvionale misto e suoli su alluvionale silicatico. In totale i Gruppi di substrato sono quindi dieci. In figura 1 è possibile visualizzare le percentuali interessate da ciascun Gruppo di substrato e in figura 2 la distribuzione spaziale degli stessi nell’area interessata dall’indagine.

ALmi ALsi CM COca COdo COmi COsi GLdo GLmi GLsi

Figura 1 Ripartizione delle superfici occupate dai 10 Gruppi (di substrato) di Unità tipologiche di suolo (UTS)

(2) I suoli su dolomia (SP1), poco diffusi, sono stati raggruppati con quelli su glaciale dolomitico, molto vicini per la maggior parte delle caratteristiche.

89


Gruppi di substrato

Suoli su calcari marnosi Suoli su glaciale dolomitico Suoli su glaciale misto Suoli su glaciale silicatico Suoli su conoidi calcarei Suoli su conoidi dolomitici Suoli su conoidi misti Suoli su conoidi silicatici Suoli su alluvionale silicatico Suoli su alluvionale misto

Figura 2 Mappa della distribuzione spaziale dei 10 Gruppi di substrato

90


SOTTOGRUPPI Per ogni Gruppo di substrato di UTS sono stati distinti dei Sottogruppi, differenziati in base alle proprietà che sono più influenti per le funzionalità del suolo, e quindi per la gestione agronomica. I parametri utilizzati sono la profondità utile esplorabile dalle radici, la tessitura media sul primo metro di suolo e l’assenza o presenza di idromorfia (moderata o forte).

Sottogruppi di profondità utile del suolo Una delle caratteristiche più importanti dei suoli è la loro profondità utile (PU) alle radici. Questa è la misura dello spessore esplorabile dalle radici della coltura, che nei suoli di collina è molto variabile, anche a distanza ravvicinata. Essa influenza in particolare in maniera determinante la quantità d’acqua che può essere immagazzinata nel suolo. A parità di condizioni (tessitura, scheletro, ecc.), quest’ultima è tanto minore quanto più è ridotta la profondità utile. Per ogni gruppo di UTS sono stati quindi distinti 4 Sottogruppi di profondità utile, basati sui limiti comunemente utilizzati (Allegato II). I Sottogruppi sono riportati nella tabella 2. SIGLA

NOME

PROFONDITÀ UTILE (cm)

0

PU scarsa

<50

1

PU moderatamente bassa

50-75

2

PU moderatamente alta

75-100

3

PU elevata

>100

Tabella 2 Sottogruppi di profondità utile alle radici, sigla, nome e relativa profondità utile

Nella zona di studio, e in particolare nelle piane glaciali, sono presenti suoli con una profondità utile molto elevata (>150 cm). Considerando però la profondità di radicazione relativamente ridotta del melo, questi ultimi sono stati accorpati con quelli della classe inferiore, formando un unico Sottogruppo. Le percentuali sul totale dell’area rilevata (Fig. 3) occupate dai quattro Sottogruppi sono le seguenti: suoli a profondità utile scarsa 10%, suoli a profondità utile moderatamente bassa 28%, suoli a profondità utile moderatamente alta 40%, suoli a profondità utile elevata 22%. In figura 4 è possibile visualizzare la distribuzione spaziale dei 4 Sottogruppi di profondità utile alle radici nell’area interessata dall’indagine.

40+28+1022L ,0

22

10,0

90

28,0

40,0

%

<50 cm 50-75 cm 75-100 cm >100 cm

Figura 3 Ripartizione delle superfici occupate dai 4 Sottogruppi di profondità utile di tipologie di suolo

91


Profondità utile alle radici

Scarsa (0-50 cm) Moderatamente bassa (50-75 cm) Moderatamente alta (75-100 cm) Elevata (>100 cm)

Figura 4 Mappa della distribuzione spaziale dei 4 Sottogruppi di profondità utile

92


Sottogruppi di tessitura La tessitura è un carattere fondamentale dei suoli, con effetti in particolare sulle proprietà idriche e sulla capacità di ritenzione degli elementi. Tanto più la tessitura è grossolana tanto minore è la capacità di ritenzione dell’acqua e di elementi nutritivi (in particolare calcio e potassio). Il valore di tessitura che è stato utilizzato è quello medio del primo metro di suolo (o della profondità utile, se questa è inferiore al metro). I Sottogruppi che sono stati costituiti nel corso dell’analisi dei dati riguardo a questo parametro sono tre e sono riportati in tabella 3: Sottogruppo dei suoli franco limosi (FL), Sottogruppo dei suoli franchi (F), e Sottogruppo dei suoli franco sabbiosi (FS). Il Sottogruppo FL comprende anche le scarse UTS con tessitura franco limoso argillosa(3) (CDN1, DAR1, FAE1, MFT1 e TER1) e quello FS le due UTS (SAM2 e SAM3) con tessitura sabbioso franca. Si sottolinea che le altre tessiture, e in particolare la franco argillosa(4) e la sabbiosa, sono presenti solo in qualche orizzonte di qualche profilo, ma non caratterizzano nessun profilo nel suo insieme, e non sono utilizzate nella definizione di nessuna UTS. SOTTOGRUPPI DI TESSITURA SIGLA

NOME

FL

Franco limosi

F

Franchi

FS

CLASSI TESSITURALI USDA

Tabella 3 Sottogruppi di tessitura, sigla, nome e relativa classe tessiturale USDA

Franco limosa Franco limosa argillosa Franca

Franco sabbiosi

Franco sabbiosa Sabbioso franca

Le percentuali sul totale dell’area rilevata (Fig. 5) occupate dai tre Sottogruppi sono le seguenti: Sottogruppo a tessitura franca 44%, Sottogruppo a tessitura franco limosa 38%, e Sottogruppo a tessitura franco sabbiosa 18%. In figura 6 è possibile visualizzare la distribuzione spaziale dei tre Sottogruppi di tessitura nell’area interessata dall’indagine.

44+38+18L ,0

18

FL F FS

38

,0

44,0

%

Figura 5 Ripartizione delle superfici occupate dai tre Sottogruppi di tessitura

(3) Sempre però con una percentuale di argilla relativamente ridotta, e quindi al limite con la classe tessiturale franco limosa. (4) Anche qui con una percentuale di argilla relativamente limitata, e quindi al limite con la classe tessiturale franca.

93


Sottogruppi di tessitura

Franco sabbiosa (FS) Franca (F) Franco limosa (FL)

Figura 6 Mappa della distribuzione spaziale dei tre Sottogruppi di tessitura

94


Sottogruppi di idromorfia L’idromorfia è un carattere dei suoli molto importante, e in particolare per i meleti, vista la sensibilità del melo agli eccessi di acqua nel suolo, con effetti negativi sullo stato sanitario e sulla qualità dei frutti. Nella zona di studio l’idromorfia si riscontra più frequentemente associata ai suoli a tessitura fine (franco limosa), che sono caratterizzati da una permeabilità tendenzialmente bassa. Essa è più accentuata quando la permeabilità degli strati sottostanti al suolo è molto limitata. È il caso di molti depositi glaciali, che sono sovraconsolidati a causa del peso del ghiacciaio. L’idromorfia si ritrova, anche se meno frequentemente, e mai molto pronunciata, pure in suoli a tessitura media (franca). In questi suoli la causa dell’eccesso di acqua nel terreno è in genere, più che la scarsa permeabilità del suolo, il compattamento in profondità dei materiali glaciali sottostanti. A seconda delle condizioni e delle tipologie di suolo l’eccesso idrico può essere limitato a brevi periodi di piogge intense e/o continuate, o anche riguardare la maggior parte del periodo vegetativo. In ogni caso va considerato che qualsiasi apporto effettuato con l’irrigazione, quando il suolo è già alla capacità di campo, o anche saturo, non può che creare o prolungare condizioni difficili per la pianta. Non si tratta quindi solo di uno spreco di acqua. I Sottogruppi di idromorfia che sono stati utilizzati sono tre e sono riportati in tabella 4: Sottogruppo dei suoli non idromorfi, senza segni di idromorfia nel primo metro di suolo(5), Sottogruppo dei suoli idromorfi (I), caratterizzati dalla presenza di evidenze di idromorfia(6) tra 50 e 100 cm di profondità, vale a dire con idromorfia moderata, e Sottogruppo dei suoli molto idromorfi (MI), caratterizzati dalla presenza di segni di idromorfia nei primi 50 cm di suolo, ossia con idromorfia forte. SOTTOGRUPPI DI IDROMORFIA

SIGLA

NOME

PROFONDITÀ DEI CARATTERI IDROMORFI (cm)

NI

Non idromorfi

>100 (o assente)

I

Idromorfi

50-100

MI

Molto idromorfi

<50

Tabella 4 Sottogruppi di idromorfia, sigla, nome e relativa profondità dei caratteri idromorfi

Le percentuali sul totale dell’area rilevata (Fig. 7) occupate dai tre sottogruppi sono le seguenti: suoli non idromorfi 76%, suoli idromorfi 16% e suoli molto idromorfi 8%. In altre parole è opportuno

(5) Essa può però essere presente oltre il metro di profondità; è il caso in particolare di tutti i suoli classificati con il qualificativo Oxyaquic con il WRB (es. UTS NAN1, ecc.). (6) In particolare screziature di ossidoriduzione, vale a dire compresenza nel suolo di colorazioni legate a forme di ferro ridotte (grigie) e ossidate (rossastre).

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Foto 1 Suolo molto idromorfo con falda freatica superficiale, visibile nello scavo

evidenziare che un quarto delle superfici delle aree interessate al presente studio, hanno problemi di idromorfia (Foto 1). Di questo occorrerà tenere debita considerazione, soprattutto nella gestione irrigua durante la stagione vegetativa, al fine di calibrare ed ottimizzare gli input idrici. La relativa distribuzione spaziale dei tre Sottogruppi di idromorfia nell’area interessata dall’indagine è riportata in figura 8.

76+8+16L ,0

96

,0

Figura 7 Ripartizione delle superfici occupate dai tre Sottogruppi di idromorfia

%

non idromorfi idromorfi molto idromorfi

76

8,0

16


Sottogruppi di idromorfia

Molto idromorfi (MI) Idromorfi (I) Non idromorfi (NI)

Figura 8 Mappa della distribuzione spaziale dei tre Sottogruppi di idromorfia

97



5 PROPRIETÀ AGRONOMICHE DEI SUOLI Daniela Bertoldi, Giacomo Sartori, Duilio Porro, Costanza Calzolari, Fabrizio Ungaro, Andrea Parisi


FUNZIONALITÀ AGRONOMICHE DEI SUOLI Nei paragrafi che seguono vengono presentate e discusse le principali proprietà fisiche e chimiche dei suoli della Valle di Non e della bassa Val di Sole, entrando in dettaglio di quelle più significative dal punto di vista agronomico e per la gestione dei frutteti. Tale disanima si basa sulle elaborazioni statistiche dei risultati delle analisi fisiche e chimiche di laboratorio, routinarie o anche più approfondite (in particolare per quanto riguarda i parametri idrologici), degli orizzonti superficiali e profondi dei profili studiati. Va ricordato che se la maggior parte delle radici del melo si ritrovano nell’orizzonte di superficie (Ap), gli apparati radicali si spingono anche più in profondità (Landsberg and Jones, 1981). Va quindi considerato tutto lo spessore interessato dall’apparato radicale della pianta. Per questo si sono utilizzati i dati anche degli orizzonti sottosuperficiali e, come parametri di sintesi, anche le medie ponderate di ogni carattere sulla profondità utile alle radici. Anche gli strati al di sotto della zona esplorata dalle radici possono avere però una grande influenza sullo stato del suolo (esempio strati compattati, che determinano un ristagno idrico) e sono importanti per la scelta delle lavorazioni ordinarie e straordinarie (lavorazioni o scassi pre-impianto) più opportune. Per la maggior parte dei parametri che sono stati considerati, l’insieme dei dati mostra una grande variabilità. Ognuna delle numerose tipologie di suolo (UTS) descritte (Allegato I) presenta invece per ogni proprietà chimica e fisica una forchetta di valori relativamente contenuta. In sintesi sono stati individuati, sulla base dei Gruppi e Sottogruppi di UTS descritti nel capitolo precedente, dei Gruppi funzionali di UTS per ogni parametro rilevante ai fini agronomici. In questo modo i numerosi tipi di suolo sono ricondotti a un numero ridotto di insiemi legati alla funzionalità.

PROPRIETÀ FISICHE I suoli dell’area cartografata mostrano proprietà fisiche molto diverse, le quali sono legate alle caratteristiche dei rispettivi materiali di partenza. Va notato comunque che non sono presenti suoli con tessiture estreme, e in particolare argillose. I suoli che vengono definiti in loco come “argillosi” hanno in genere contenuti di argilla moderati e presentano una dominanza della frazione limosa. Nello stesso modo non sono presenti suoli sabbiosi veri e propri, e i terreni così definiti dai coltivatori hanno di solito frazioni fini non trascurabili. Di qui l’importanza di adottare una terminologia precisa, quella delle classi tessiturali in uso in Italia (triangolo tessiturale USDA - Allegato II). Molti suoli dell’area, e in particolare quelli a tessitura grossolana o media, hanno contenuti di elementi grossolani (scheletro) moderati o anche alti. Lo scheletro ha una grossa influenza e riduce 100


in particolare la capacità di immagazzinare acqua (si veda Cap. 8). Nella maggior parte dei casi la condizione presente è in parte dovuta anche agli effetti degli interventi antropici, a cominciare dalle lavorazioni profonde, che hanno portato a un aumento degli elementi grossolani in superficie (pietrosità superficiale) e nel franco di coltivazione. Come si è già visto i suoli più diffusi hanno una tessitura media (franca), la quale assicura un ottimo equilibrio di capacità di ritenzione idrica, di sgrondo dell’acqua in eccesso e di penetrabilità per le radici. Va tenuto in considerazione però che in molti casi lo scheletro è presente in quantità significative, e/o la profondità del suolo è ridotta, e queste limitazioni peggiorano, in particolare quando si verificano contemporaneamente, le potenzialità del suolo. Nella zona di studio sono poi molto diffusi suoli a tessitura fine (franco limosa, e meno spesso franco limoso argillosa). Queste tessiture non di rado sono legate, in particolare quando gli strati alla base del suolo sono compattati o comunque poco drenanti, a un eccesso di acqua nel suolo, vale a dire a problemi di idromorfia. In alcune zone, di non piccola estensione, questi ultimi sono molto severi nei periodi piovosi. Come le carenze, anche gli eccessi di acqua hanno effetti negativi sulla pianta. Meno diffusi sono invece i suoli a tessitura grossolana (franco sabbiosa, e meno di frequente sabbioso franca), nei quali la capacità di trattenere l’acqua tende a essere scarsa, in particolare se la profondità del suolo è ridotta e/o se lo scheletro è abbondante. Nella figura 1 si riporta una visione di insieme di tutti i campioni (692 casi), distinti per orizzonte, dei profili analizzati sul triangolo tessiturale USDA. Da questa figura è possibile evidenziare che gli orizzonti dei suoli interessati dall’indagine ricadono per la maggior parte dei casi nelle classi di tessitura franca, franco sabbiosa, franco limosa e meno frequentemente nelle classi franco limoso argillosa, franco argillosa e sabbioso franca. Gli orizzonti B presentano più spesso una frazione argillosa più abbondante nei confronti degli A. Gli orizzonti C hanno in genere maggior componente sabbiosa. 100 0 90

A

80 70

30

(%

)

60

40

50

50

40

%)

illa

C

20

o( Lim

Arg

B

10

60

30

70

20

80 90

10 0 100 90 80 70

60 50 40 30

20 10

100 0

Figura 1 Distribuzione dei diversi profili analizzati (692 casi) sul triangolo tessiturale USDA in relazione agli orizzonti semplificati

Sabbia (%) 101


Tessitura La tessitura rappresenta le percentuali rispettive di sabbia, limo e argilla nella frazione fine (<2 mm) del suolo(1). È un parametro fondamentale, perché condiziona in maniera più o meno stretta la maggior parte delle proprietà chimiche e fisiche del suolo. Analizzando la media ponderata del contenuto di sabbia sulla profondità utile di tutti i profili studiati (Tab. 1), il valore medio è 41%. Questo contenuto medio è equilibrato, e corrisponde a una tessitura franca (“medio impasto”). Tabella 1 Valori medi dei parametri fisici (medie ponderate sulla profondità utile alle radici) nei 217 profili studiati

SABBIA %

LIMO %

ARGILLA %

SCHELETRO %

DENSITÀ APPARENTE (mg m-3)

AWC SU 100 cm (mm)

AWC SULLA PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI (mm)

41,2

43,6

15,2

20,4

1,45

118,8

130,9

Accorpando però le tipologie di suolo per Gruppi di substrato i contenuti di ogni Gruppo si rivelano molto diversi (Fig. 2). I valori medi sono alti nei suoli dei materiali silicatici di conoide, glaciali e alluvionali (rispettivamente 69%, 74% e 59%)(2), e dei conoidi misti e dolomitici (rispettivamente 64% e 56%). Contenuti medi si hanno invece nei suoli su depositi glaciali misti e su conoidi calcarei (rispettivamente 37% e 41%). Il valore medio più basso si osserva nei suoli su calcari marnosi (37%). Prendendo in considerazione tutti i campioni (anche quelli in profondità), il contenuto di sabbia risulta correlato positivamente con il contenuto di scheletro (r2= 0,55), e negativamente con la capacità di scambio (r2= -0,40) e il calcio scambiabile (r2= -0,55). 80 70

Figura 2 Valori medi ± errore standard del contenuto di sabbia (medie ponderate sulla profondità utile) nei differenti Gruppi di substrato

Sabbia (%)

60 50 40 30 20 10 0

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

Gruppi di substrato

Analizzando la media ponderata del contenuto di argilla, sempre sulla profondità utile, di tutti i profili studiati, il valore medio è 15% (Tab. 1). Pure questo contenuto, medio-basso, corrisponde a una tessitura franca. Anche qui, accorpando le tipologie di suolo per Gruppi di substrato, i contenuti di ogni Gruppo si rivelano diversi, anche se la forchetta è molto più ridotta (Fig. 3). I valori medi più alti si osservano nei suoli su calcari marnosi e depositi glaciali misti

102

(1)

La granulometria tiene conto anche degli elementi grossolani.

(2)

Si ricorda che il limite tra la classe franca e franco sabbiosa è 52% di sabbia.


(entrambi 17%) e su conoidi calcarei (16%). Valori più bassi contraddistinguono i suoli su materiali silicatici di conoide (6%), glaciali e alluvionali (rispettivamente 6% e 7%), sui conoidi dolomitici (8%) e sull’alluvionale misto (6%). Il contenuto di sabbia è in genere più alto in profondità, dove gli orizzonti sono poco alterati, e nel materiale parentale del suolo. La media degli orizzonti(3) di superficie A e degli orizzonti sottosuperficiali B è infatti 41%, mentre quella degli orizzonti profondi C è 61% (Fig. 4). Per quanto riguarda gli A, i contenuti dei Gruppi di substrato (Fig. 5) rispecchiano grossomodo quello medio della profondità utile, anche se i valori sono più contenuti nei suoli dei materiali silicatici di conoide, glaciali e alluvionali (rispettivamente 65%, 64% e 51%), e dei conoidi dolomitici (52%). 35

Argilla (%)

25

15

5

-5

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

Figura 3 Valori medi ± errore standard del contenuto di argilla (medie ponderate sulla profondità utile) nei differenti Gruppi di substrato

Gruppi di substrato

100 90 80

Sabbia (%)

70 60 50 40 30 20 10 0

A

B Orizzonte

C

Figura 4 Valori medi ± errore standard del contenuto di sabbia per orizzonte

Il contenuto di argilla è invece più alto nell’orizzonte B, dove l’alterazione è intensa, e sono presenti gli eventuali accumuli della frazione argillosa(4). La media degli orizzonti di superficie A è infatti 12%, quella dei B 18%, quella degli orizzonti profondi C 12% (Fig. 6).

(3) Si utilizzano qui delle sigle semplificate: negli A sono compresi tutti gli orizzonti di superficie lavorati (Ap), nei B gli orizzonti Bw (B di alterazione), i Bt (B con accumulo di argilla), gli AC (orizzonti di transizione tra A e C) e i BC (orizzonti di transizione tra B e C), nei C sono compresi tutti gli orizzonti C e CB (orizzonti di transizione tra B e C, con prevalenza dei caratteri di C). (4) Si ricorda che nell’orizzonte “semplificato” B sono compresi anche gli orizzonti Bt (B con accumulo di argilla), che alzano la media.

103


Analizzando i dati dei Gruppi di substrato (Fig. 7) si nota che nei suoli su glaciale misto la percentuale sale da 13% a 20% passando dall’A al B (compresi anche i Bt dei Luvisuoli), effetto che si verifica nei conoidi calcarei, dove si passa da 13% a 18% (i materiali del Bw sono più alterati di quelli dell’Ap e contengono più argilla). 80 70

Sabbia (%)

60 50 40 30

Figura 5 Valori medi ± errore standard del contenuto di sabbia dell’orizzonte A nei differenti Gruppi di substrato

20 10

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

Gruppi di substrato

40 35

Argilla (%)

30 25 20 15 10

Figura 6 Valori medi ± errore standard del contenuto di argilla per orizzonte

5 0

A

B Orizzonte

C

50 Orizzonte

Argilla (%)

40

Figura 7 Valori medi ± errore standard del contenuto di argilla degli orizzonti A e B nei differenti Gruppi di substrato

A B

30 20 10 0

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

Gruppo di substrato

Come già descritto a proposito dei Sottogruppi di tessitura (Cap. 4) le tessiture medie ponderate più frequenti nella zona di studio sono le franche (44% dell’area cartografata), seguite dalle franche limose (38%) e poi dalle franco sabbiose, molto meno frequenti (18%). Le tessiture prevalenti sono quindi quelle franche (“medio impasto”), ma si osserva una presenza consistente di tessiture più fini, franco limose (e franco limose argillose) concentrate in particolare sul versante idrografico destro della bassa Valle di Non (Fig. 6 del Capitolo 4). Qui i depositi glaciali hanno infatti prevalentemente tessiture fini. 104


Come si è visto a proposito dei Sottogruppi di idromorfia, è in queste aree (Fig. 8 del Capitolo 4) che si hanno più frequentemente problemi di eccesso di acqua nel suolo (idromorfia). A zone questi sono molto intensi e interessano quindi anche il primo mezzo metro del suolo, in cui si rileva forte idromorfia (Foto 1). Nella maggior parte dei casi essi sono dovuti alla permeabilità molto ridotta dei depositi glaciali sottostanti, che sono sovraconsolidati(5). La permeabilità, già ridotta a causa delle tessiture fini, è allora molto bassa, e non permette lo sgrondo delle acque di drenaggio, e questo anche sulle superfici pendenti (quindi non solo nelle zone pianeggianti). Il ristagno è tanto più condizionante quanto più il suolo è sottile e quanto più interessa gli strati più superficiali del suolo. I suoli franco limosi profondi o molto profondi non presentano in genere idromorfia nella zona di radicazione, che può invece essere presente più in profondità (es. UTS NAN2, suoli Nanno idromorfi in profondità). I suoli franco sabbiosi (e subordinatamente sabbioso franchi) dominano nettamente in Val di Sole, perché i materiali parentali silicatici sono molto ricchi di sabbia, derivante dalla disgregazione delle litologie silicatiche prevalenti (e in particolare i micascisti). Esse sono frequenti anche sul versante destro idrografico dell’alta Valle di Non. In questi suoli non si hanno mai problemi di idromorfia, perché la permeabilità è alta. La ritenzione idrica è invece tendenzialmente bassa, in particolare quando il suolo è superficiale e/o pietroso. Anche la capacità di trattenere gli elementi è tendenzialmente ridotta, a meno che l’abbondanza in sostanza organica (è il caso dei conoidi dolomitici) non compensi la scarsa capacità di ritenuta della frazione minerale. La figura 8, che riporta una visione di insieme delle medie ponderate di tutti i profili (217 casi) sulla profondità utile alle radici sul triangolo tessiturale USDA in relazione ai differenti Gruppi di substrato, evidenzia che la maggior parte dei suoli su materiale silicatico (GLsi, COsi ed in parte ALsi) ricade nelle classi tessiturali franco sabbiosa e sabbioso franca, quelli su calcari marnosi nelle classi franca e franco limosa, mentre quelli di natura dolomitica (COdo e GLdo) nelle classi franca e franco sabbiosa, quelli dei conoidi calcarei nella tessitura franca, mentre quelli del glaciale misto, molto diffusi, spaziano nelle diverse classi tessiturali.

(5)

Foto 1 Segni di idromorfia (screziature di ossidoriduzione) in suolo molto idromorfo (suoli Dosso Luch, LCH1)

Vale a dire compattati dal peso del ghiacciaio.

105


100 0 90

10

80 70

(% )

60

40

50

%) o(

Arg illa

30

L im

Figura 8 Distribuzione delle tessiture medie (sulla profondità utile alle radici - 217 casi) sul triangolo tessiturale USDA in relazione ai differenti Gruppi di substrato

20

50

40

60

30

70

20

80 90

10 0 100 90 80 70

60 50 40 30

20 10

ALmi ALsi CM COca COdo COmi COsi GLdo GLmi GLsi

100 0

Sabbia (%)

Scheletro Lo scheletro è costituito dai frammenti >2 mm, fino a pietre di dimensioni decimetriche, presenti all’interno del suolo(6). La sua determinazione si basa su una stima visuale, aiutandosi con tavole di riferimento, nel corso della descrizione del profilo. Esso rappresenta un comparto non esplorabile dalle radici, inerte chimicamente e fisicamente. Ha poi un’influenza sulla permeabilità del suolo, aumentandola, il che ha un effetto negativo in suoli superficiali e/o già molto drenanti. Nell’area studiata sono nettamente dominanti i suoli con quantità di scheletro non trascurabile. Prendendo in esame le medie ponderate dello scheletro calcolate sulla profondità utile alle radici di tutti i profili (Tab. 1), la media generale è 20%. Questo valore, che corrisponde a un quinto del volume del suolo, è alto. I vari Gruppi di substrato mostrano però contenuti medi molto diversi (Fig. 9), elevati nei suoli da calcari marnosi (35%) e da conoidi dolomitici, calcarei, misti e silicatici (rispettivamente 37%, 30%, 31% e 28%), intermedi nei suoli da materiali glaciali misti o silicatici (rispettivamente 16% e 21%) e ridotti nei suoli da alluvionale misto o silicatico (rispettivamente 6% e 9%). 60

Figura 9 Valori medi ± errore standard del contenuto di scheletro (medie ponderate sulla profondità utile) nei differenti Gruppi di substrato

Scheletro (%)

50 40 30 20 10 0

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

Gruppi di substrato

(6) Gli elementi grossolani presenti in superficie, e quindi visibili, sono denominati invece pietrosità superficiale.

106


Lo scheletro aumenta in genere con la profondità, mano a mano che gli orizzonti sono meno alterati e ci si avvicina al materiale parentale. La media degli orizzonti di superficie A è infatti 16%, quella degli orizzonti sottosuperficiali B 25% e quella degli orizzonti profondi C 42% (Fig. 10). 90 80

Scheletro (%)

70 60 50 40 30 20 10 0

A

B

C

Figura 10 Valori medi ± errore standard del contenuto di scheletro per orizzonte

Orizzonte

I valori più alti negli orizzonti A (Fig. 11) si hanno nei suoli da calcari marnosi (26%) e da conoidi dolomitici, calcarei e misti (rispettivamente 32%, 24% e 21%). Da notare che i suoli da conoidi silicatici hanno invece valori relativamente moderati nell’orizzonte A (16%)(7). Il valore medio nei suoli da glaciale misto è moderato (13%) e in quelli su glaciale silicatico è basso (9%). I valori più bassi si osservano nei suoli da alluvionale, silicatico (4%) o misto (7%). 80 70

Scheletro (%)

60

Orizzonte A B

50 40 30 20 10 0

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

Figura 11 Valori medi ± errore standard del contenuto di scheletro degli orizzonti A e B nei differenti Gruppi di substrato

Gruppi di substrato

Per quanto riguarda i B (Fig. 11), valori molto elevati si osservano nei suoli da calcari marnosi e da conoidi dolomitici (Foto 2) e silicatici (rispettivamente 46%, 51% e 43%), dove gli aumenti con la profondità sono notevoli. Valori meno estremi, seppure molto elevati, caratterizzano i conoidi calcarei e misti (rispettivamente 33% e 39%). La natura litologica degli elementi grossolani rispecchia quella del substrato (per es. nei suoli su calcari marnosi) o dei materiali parentali (per es. sui depositi di conoide). Nei suoli da depositi a litologia mista silicatica e carbonatica, sono più frequenti gli elementi

(7) Si tratta in genere di suoli profondi, e in superficie una grande frazione dello scheletro, rappresentato da micascisti, relativamente alterabili, è stato ridotto a frazioni fini dall’alterazione.

107


Foto 2 Esempio di suolo superficiale molto scheletrico su conoide dolomitico (suoli Sporminore, SPR1)

Foto 3 Esempio di scasso pre-impianto eseguito a una profondità troppo elevata, con riesumazione in superficie di elementi grossolani

108

dei litotipi meno alterabili, quali la dolomia e i porfidi, e questo tanto più quanto è avanzata l’alterazione. È da notare che gran parte delle litologie degli elementi grossolani presenti nei suoli della zona sono caratterizzati da notevole durezza, e quindi non hanno capacità di trattenere acqua. L’analisi di tutti i campioni mostra una correlazione positiva del contenuto di scheletro con quello di carbonati totali (r2= 0,48). Si osservano poi correlazioni statistiche interessanti con il contenuto di sabbia (r2= 0,55) e con quello di limo (r2= -0,58). In altre parole i suoli con più scheletro sono anche quelli più calcarei, visto che le litologie più diffuse sono quelle carbonatiche, e più ricchi di sabbia. Nella maggior parte dei casi i contenuti di scheletro attuali sono il risultato anche delle lavorazioni profonde e/o scassi pre-impianto e/o sistemazioni delle superfici, che hanno portato in superficie elementi grossolani contenuti negli orizzonti profondi, in genere


più scheletrici. È evidente che qualsiasi operazione che conduca a un aumento di ciottoli e pietre nel suolo, e in particolare le arature troppo profonde o il rimescolamento mediante escavatore, rappresenta un danno grave e permanente, perché l’alterazione delle litologie prevalenti è un processo estremamente lento (Foto 3). Questo danno, riparabile solo parzialmente con onerosi spietramenti, è senz’altro sottovalutato, e si deve quindi aumentare la consapevolezza al suo riguardo. Va considerato anche che la riesumazione dello scheletro legata alle lavorazioni si accompagna di solito a un aumento del calcare nel suolo, in quanto gli orizzonti profondi sono più ricchi di carbonati. E può quindi aumentare anche il calcare attivo, il che rappresenta un danno aggiuntivo nei suoli che ne sono già ricchi.

Densità apparente La densità apparente del suolo dà una misura della porosità totale del suolo, vale a dire della somma della macroporosità (legata all’areazione) e della microporosità (legata alla capacità di trattenere l’acqua). Suoli diversi hanno valori anche molto differenti di densità apparente, in relazione alla variabiltà della tessitura, contenuto di sostanza organica e struttura. Per uno stesso tipo di suolo, tanto più i valori sono bassi tanto più ridotta è in genere la macroporosità, a causa del compattamento del suolo. È importante quindi avere valori di riferimento per le diverse tipologie, i quali possono poi essere impiegati proprio per quantificare il compattamento dovuto al transito dei mezzi agricoli. Si sottolinea però che lo stesso rischio di compattamento dipende anch’esso dal tipo di suolo, ed è minore in particolare nei suoli con alto contenuto di sabbia e di sostanza organica. Il metodo utilizzato per misurare la densità organica (cilindretto di acciaio) non ha permesso di effettuare misure nei suoli scheletrici, che abbiamo visto essere molto diffusi. I valori stimati a partire dalle equazione ricavate dalle misure eseguite(8) vanno quindi presi con estrema prudenza. E in futuro si dovrebbero prevedere delle misure con altri metodi adatti a tali suoli. Tenendo presente queste riserve, analizzando la media ponderata della densità apparente sulla profondità utile di tutti i profili studiati, il valore medio risulta essere 1,45 mg m-3 (Tab. 1). Prendendo in considerazione i Gruppi di substrato (Fig. 12), i valori delle medie ponderate sono significativamente più alti della media generale nei suoli su calcari marnosi (1,52 mg m-3), su conoidi calcarei (1,47 mg m-3) e su glaciale misto (1,46 mg m-3), rispetto a quelli più bassi nei suoli su conoidi dolomitici (1,29 mg m-3). I valori relativamente bassi si riscontrano anche nei suoli sul glaciale dolomitico (1,39 mg m-3) e sulle alluvioni miste (1,30 mg m-3).

(8)

Rispettivamente per gli orizzonti lavorati e non lavorati (si veda Capitolo 1 - Metodi).

109


Figura 12 Valori medi ± errore standard della densità apparente (medie ponderate sulla profondità utile) nei differenti Gruppi di substrato

Densità apparente (mg/m 3 )

1,8

1,6

1,4

1,2

1,0

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

Gruppi di substrato

Per quanto riguarda l’andamento con la profondità (Fig. 13), si nota un aumento passando dall’orizzonte di superficie, più ricco in sostanza organica, a quelli profondi. La media stimata(9) per gli A è infatti 1,32 mg m-3, quella dei B 1,56 mg m-3, e quella dei C 1,50 mg m-3.

Figura 13 Valori medi ± errore standard della densità apparente degli orizzonti A e B

Densità apparente (mg/m3 )

1,8

1,6

1,4

1,2

1,0

A

B Orizzonte

(9)

110

La differenza tra gli A e i C è statisticamente significativa.


Acqua disponibile (AWC) Il contenuto di acqua trattenuta dal suolo e disponibile per la pianta (Available Water Capacity o AWC) è un parametro fondamentale, perché rappresenta la riserva alla quale la pianta attinge per le proprie esigenze. Quanto più ridotta è la capacità di stoccaggio del suolo, tanto prima si raggiunge il punto di appassimento. La frequenza e le modalità degli interventi irrigui dipendono quindi da tale proprietà, rapportata allo strato esplorato dalle radici della specie considerata (l’acqua trattenuta più in profondità non può essere utilizzata). Un suolo con una AWC molto bassa non solo arriverà prima degli altri a una condizione di secchezza, ma avrà bisogno di apporti frequenti e ridotti. Le stime dell’acqua disponibile effettuate(10) hanno evidenziato una forchetta di valori molto diversi, da molto ridotti a molto alti. Questa grande variabilità nella capacità di ritenzione riflette le rilevanti differenze di profondità, tessitura, scheletro e di sostanza organica dei vari suoli. La mappa della figura 14 mostra il contenuto di acqua disponibile nei primi cinquanta centimetri di suolo(11). Vista la piccola scala e la profondità considerata (minore rispetto a quella effettivamente esplorata in media dalle radici), essa non può essere impiegata per conoscere con precisione l’acqua disponibile nei singoli punti della zona di studio, ma è utile per avere una visione d’insieme. Sono infatti evidenti le notevoli differenze tra le varie aree, con valori che vanno da 40 mm fino a 110-150 mm. La capacità di ritenzione idrica all’interno delle varie tipologie di suolo (UTS) mostra invece intervalli di variabilità relativamente contenuti, vista l’omogeneità di caratteri fisici di ognuna di queste. A ogni UTS è stato quindi possibile associare una classe di AWC (si veda il Catalogo nell’Allegato I). Tali valori, pur non essendo il frutto di misure effettuate in campo (molto onerose)(12), costituiscono un’informazione basilare per una gestione ottimale dell’irrigazione calibrata sulle reali capacità di ritenzione del suolo, e finalizzata a evitare sprechi di acqua, la perdita di elementi nutritivi ad essi legata ed eccessi nel terreno. Si sottolinea che questi ultimi, dei quali si sottovaluta in genere la portata, sono molto nocivi. Considerando l’acqua disponibile nei primi 100 cm (o nella profondità utile, se questa è inferiore a 100 cm), livello che si può considerare vicino alla profondità di radicazione del melo(13), la media generale è 119 mm. Per avere una visione più comprensibile della notevole variabilità, sono state calcolate le medie dei Gruppi di substrato di (10) Le stime sono basate sulle analisi routinarie di laboratorio, su analisi specifiche riguardanti le capacità di ritenzione idrica (piastra di Richards) e su una pedofunzione messa a punto nel corso delle analisi statistiche (per i dettagli si veda il Capitolo 1 - Metodi). (11) Questo elaborato è stato ottenuto mediante metodi geostatistici utilizzando le Sovraunità di paesaggio della carta pedologica (per i dettagli si veda il Capitolo 1 - Metodi). (12) Le misure effettuate nell’ambito di alcune sperimentazioni in campo effettuate dalla FEM confermano i valori stimati. (13) Anche i portinnesti deboli arrivano a profondità di radicazione di 80-100 cm stando alla bibliografia (De Silva et al., 1999) e alle osservazioni dirette nel corso del rilevamento, quando nel suolo non ci sono ostacoli.

111


Acqua disponibile (AWC su 50 cm)

< 42 42 - 61 61 - 68 68 - 75 75 - 83 83 - 91 91 - 108 108 - 152

Figura 14 Mappa del valore di acqua disponibile (AWC), espresso in mm e stimato su 50 cm di profondità

112


UTS (Fig. 15). I dati così accorpati mostrano variazioni con ordini di grandezza da 1 a 3. I contenuti di acqua disponibile risultano infatti significativamente più bassi nei suoli dei conoidi dolomitici (44 mm), dei calcari marnosi (90 mm), del glaciale dolomitico (64 mm) e dei conoidi silicatici (98 mm), rispetto a quelli dei suoli su alluvioni silicatiche (219 mm). Valori intermedi si hanno nei suoli dei conoidi misti (114 mm) e calcarei (126 mm), dei depositi glaciali misti (128 mm) e dei depositi glaciali silicatici (119 mm). Questi dati possono essere utilizzati per stime indicative, direttamente in campagna.

Acqua disponibile (mm)

300

200

100

0

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

Figura 15 Valori medi ± errore standard del contenuto di acqua disponibile (medie ponderate sulla profondità utile) nei differenti Gruppi di substrato

Gruppi di substrato

Il fattore che più influisce sulla AWC è la profondità utile del suolo (Fig. 16): passando dai suoli a profondità utile scarsa (<50 cm) a quelli che l’hanno moderatamente bassa (50-75 cm), moderatamente alta (75-100 cm) e elevata (>100 cm), l’acqua disponibile cresce rispettivamente da 55 mm, a 110 mm, 136 mm e 198 mm, con differenze che sono statisticamente significative tra ciascuna classe. L’influenza della tessitura, pur marcata, è più contenuta, nell’insieme dei fattori in gioco. Considerando il valore su 100 cm (Fig. 17), si nota un aumento mano a mano che le tessiture sono più fini. I suoli del Sottogruppo con tessitura franco sabbiosa (sono incluse anche le tessiture sabbioso franche) hanno un valore di 93 mm, statisticamente differenti da quelli con tessitura franca (117 mm), che a loro volta differiscono da quelli con tessitura franco limosa (sono incluse anche le tessiture franco limose argillose), che presentano i valori significativamente più elevati (139 mm).

Acqua disponibile (mm)

300

200

100

0

<50

50-75 75-100 >100

Figura 16 Valori medi ± errore standard del contenuto di acqua disponibile (medie ponderate sulla profondità utile alle radici) in relazione alla profondità utile del suolo

Profondità utile del suolo (cm)

113


Sulla base di tali valori (stimati a 100 cm) dei Gruppi di substrato(14), sono stati individuati 3 Gruppi funzionali per l’AWC statisticamente differenti, con una media della ritenzione idrica rispettivamente di 57 mm (AWC molto bassa), 128 mm (AWC bassa) e 219 mm (AWC alta). La mappa sintetica (Fig. 18) mostra la distribuzione spaziale di tali Gruppi funzionali, ed ha il pregio di dare una visione di insieme. Per avere una stima della ritenzione idrica di un determinato impianto è bene però riferirsi alla carta dei suoli e al valore medio dell’AWC della rispettiva UTS (Allegato I), relativamente più preciso. Si noti che il Gruppo con capacità più alta comprende solo il Gruppo di substrato dei suoli su alluvionale silicatico.

Figura 17 Valori medi ± errore standard del contenuto di acqua disponibile stimato a 100 cm in relazione ai Sottogruppi di tessitura

Acqua disponibile a 100 cm (mm)

200

150

100

50

0

F FL FS Sottogruppi di tessitura

(14) Per quanto riguarda il Gruppo dei suoli su glaciale misto, molto numeroso, si sono considerati anche i Sottogruppi di profondità utile, separando il primo (PU <50 cm) dagli altri (quindi PU >50 cm).

114


Acqua disponibile (AWC su 100 cm)

AWC molto bassa AWC bassa AWC moderata

Figura 18 Mappa dei gruppi funzionali di acqua disponibile (AWC), espressa in mm e stimata su 100 cm di profondità

115


PROPRIETÀ CHIMICHE I suoli dell’area cartografata mostrano caratteri chimici nel complesso anche molto diversi, che riflettono in maggiore o minore misura le peculiarità dei vari materiali parentali, e mostrano in genere un rapporto più o meno stretto con le tipologie del suolo (UTS). La natura carbonatica (Valle di Non) o silicatica (Valle di Sole) dei materiali di partenza (Fig. 2 del capitolo 4), più in dettaglio, influenza in modo determinante la maggior parte delle proprietà chimiche. Alcuni caratteri, e in particolare il contenuto in sostanza organica, dipendono anche dal clima, che controlla l’intensità della mineralizzazione della sostanza organica, vale a dire la sua degradazione. Tutti i parametri chimici sono però legati anche alla conduzione, e in particolare alle concimazioni inorganiche e organiche, comprese quelle pre-impianto. Tali pratiche possono avere un effetto anche cospicuo e più o meno duraturo. L’influenza dell’uomo risulta quindi determinante, a differenza di quello che succede per la maggior parte dei parametri fisici (tessitura, scheletro, ecc.). Anche per questi dati l’utilizzo dei Gruppi di substrato di tipologie di suolo (UTS) aiuta però a ricondurre la grande variabilità a un numero ridotto di Gruppi funzionali di suoli simili per i singoli parametri. Analizzando un gran numero di dati, le influenze degli interventi si smorzano, e si riesce a evidenziare le differenze legate ai materiali parentali e le forchette di valori che contraddistinguono i vari insiemi di suolo per le singole proprietà. E risulta evidente che le variazioni legate alle pratiche agronomiche intervengono su situazioni anche profondamente diverse e vanno studiate e giudicate nel contesto preciso in cui vengono applicate. In altre parole lo stesso valore di un parametro, quale il contenuto di sostanza organica o il contenuto di magnesio, possono rappresentare un valore molto alto, o un valore molto basso, in due suoli diversi, e le pratiche non potranno essere le stesse. Questo nuovo approccio, che potrebbe essere visto come una complicazione, apre la strada a una più attenta gestione dei frutteti, agevolando la risoluzione dei problemi riscontrati (clorosi ferrica, carenze di elementi, ecc.), spesso legati a ben precise condizioni. Va sottolineato che i campioni analizzati sono stati prelevati tutti nell’interfila, in genere al centro, dove è stato scavato il profilo pedologico. I dati rappresentano quindi la situazione del suolo nell’interfilare. Sotto la fila alcuni parametri potrebbero presentare valori più o meno diversi. È il caso in particolare degli elementi della fertilità, considerando che le fertilizzazioni vengono di norma effettuate sulla fila, con contenuti quindi presumibilmente più alti di quelli misurati nell’interfilare. Il contenuto di carbonio è invece in genere inferiore sulla fila, in relazione alla pratica del diserbo e alla maggiore mineralizzazione ad esso legata. Le classi utilizzate per i vari parametri sono riportate nell’Allegato III. Si sottolinea che nella maggior parte dei casi esse sono le più usate a livello nazionale e hanno quindi un valore di inquadramento 116


generale, e non rispecchiano la specificità della zona di studio(15). I valori medi dei parametri chimici, ottenuti come medie ponderate sulla profondità utile alle radici, vengono riportati in tabella 2. PARAMETRO

VALORE MEDIO

Carbonati totali (%)

25

Calcare attivo (%)

4,1

pH

7,9

Carbonio organico (%)

2,0

Azoto totale (%)

0,21

C/N

9,7

Capacità di Scambio Cationico [cmoli(+)/kg]

15,5

Calcio scambiabile (g/kg di Ca)

5,8

Potassio scambiabile (mg/kg di K2O)

150

Magnesio scambiabile (mg/kg di MgO)

520

Mg/K

11,2

Sodio scambiabile (mg/kg di Na)

7,9

Fosforo assimilabile (mg/kg di P2O5) Boro solubile in acqua (mg/kg)

Tabella 2 Valori medi dei parametri chimici (medie ponderate sulla profondità utile alle radici) nei 217 profili studiati

36 0,72

Carbonati (calcare totale) I suoli delle Valli del Noce sono in grandissima parte calcarei, vale a dire contengono carbonati in quantità più o meno grande (un suolo è calcareo anche se contiene 2% di carbonati), con una media generale di 25% (Tab. 2). Questo perché, soprattutto quelli della Valle di Non, derivano tutti da materiali interamente o in parte calcarei: depositi dolomitico-calcarei o calcarei, depositi glaciali a litologia mista carbonatica-silicatica, calcari marnosi. I suoli privi di carbonati, o con contenuti molto ridotti, si ritrovano solo sulle superfici più pianeggianti e più stabili, dove il tempo, tramite il lento processo di decarbonatazione, ha permesso la perdita di carbonati nel suolo presenti nei materiali di partenza. Questo succede prevalentemente nelle piane glaciali (si veda il Cap. 3) dove i suoli, quando non sono troppo disturbati, sono spesso non calcarei o molto scarsamente calcarei(16). I suoli studiati della bassa Valle di Sole sono invece privi di carbonati, vale a dire non calcarei, perché i materiali parentali sono esclusivamente silicatici (materiali detritici o di conoide) o prevalentemente silicatici (depositi alluvionali e glaciali). In questo caso la componente calcarea è stata allontanata nel tempo dai suoli (decarbonatazione). Solo nella parte distale della valle i depositi diventano calcarei (o misti, silicatici e calcarei) e quindi anche i suoli sono calcarei.

(15) È il caso in particolare del magnesio, perché i valori riscontrati sono molto più alti di quelli più frequenti altrove. (16) Come già visto in alcuni casi le lavorazioni (troppo) profonde dei suoli hanno riportato in superficie i carbonati presenti negli strati profondi di questi suoli non calcarei, o molto scarsamente calcarei (ricarbonatazione secondaria).

117


Analizzando la media ponderata del contenuto di carbonati sulla profondità utile di tutti i profili studiati nelle due valli(17), il valore medio è 25% (Tab. 2). Questo contenuto medio è decisamente alto. Accorpando però le tipologie di suolo per Gruppi di substrato i contenuti di ogni Gruppo si rivelano molto diversi (Fig. 19). Si va da valori estremamente alti nei suoli su calcari marnosi (49%), e su conoidi dolomitici e calcarei (rispettivamente 42% e 33%), a valori intermedi nei suoli su depositi glaciali misti e dolomitici (rispettivamente 24% e 21%), a valori più bassi nei conoidi misti (10%). 70

Figura 19 Valori medi ± errore standard del contenuto di calcare totale (medie ponderate sulla profondità utile) nei differenti Gruppi di substrato

Calcare totale (%)

60 50 40 30 20 10 0

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

Gruppi di substrato

I contenuti dei suoli su materiali silicatici (alluvionali, di conoide, o glaciali) sono inferiori all’1%. Questi suoli della Valle di Sole sono non calcarei, ma alla base del suolo e nei materiali parentali, dominati da elementi silicatici, sono presenti talvolta piccole quantità di carbonati. Anche l’orizzonte di superficie può contenere non di rado modeste frazioni di carbonati, per effetto delle calcitazioni, o comunque per apporto di materiali calcarei(18). Sulla base di tali valori dei Gruppi di substrato (alla profondità utile), sono stati individuati 3 Gruppi funzionali statisticamente diversi, con contenuti medi di carbonati rispettivamente di <1% (suoli non calcarei o scarsamente calcarei), 23% (suoli moderatamente calcarei) e 40% (suoli molto o estremamente calcarei). La mappa sintetica riportata (Fig. 20) mostra la distribuzione spaziale dei tre Gruppi, dando una visione di insieme. È interessante notare che il terzo gruppo è caratterizzato da una quantità media di scheletro significativamente più alta (33%) in relazione ai primi due (rispettivamente di 23% e 17%). In altre parole i suoli più calcarei sono anche più scheletrici. Questo è confermato, prendendo in esame tutti i campioni analizzati, dalla correlazione statistica positiva tra il contenuto di calcare totale e quello di scheletro. Il terzo Gruppo si caratterizza anche per una capacità di ritenzione idrica significativamente minore.

(17) Compresi quindi anche quelli non calcarei. (18) Un suolo si considera privo di carbonati se il calcare quantificato analiticamente è <1%; valori inferiori, difficilmente quantificabili, sono talvolta rilevati anche in assenza di carbonati.

118


Carbonati (calcare attivo)

Suoli molto o estremamente calcarei Suoli moderatamente calcarei Suoli non calcarei

Figura 20 Mappa dei gruppi funzionali di calcare totale

119


Nei suoli calcarei il contenuto di carbonati aumenta in genere con la profondità, mano a mano che il processo di decarbonatazione dei materiali parentali, più intenso in superficie, è più attenuato, e ci si avvicina a questi ultimi, molto calcarei. La media degli orizzonti di superficie A è infatti 22%, quella degli orizzonti sottosuperficiali B 27%, e quella degli orizzonti profondi C 38% (Fig. 21). 80

Figura 21 Valori medi ± errore standard del contenuto di calcare totale per orizzonte

Calcare totale (%)

60

40

20

0

A

B

C

Orizzonte

I valori più alti negli orizzonti A (Fig. 22) si hanno nei suoli da calcari marnosi (45%) e da conoidi dolomitici e calcarei (rispettivamente 37% e 32%), mentre valori intermedi si osservano nei suoli da materiali glaciali misti o dolomitici (entrambi 21%) e da materiali alluvionali misti (19%). Si sottolinea però ancora una volta che i luvisuoli molto sviluppati su materiali glaciali misti (es. UTS NAN1 e NAN2), presenti sulle superfici sub-pianeggianti, hanno contenuti molto modesti, o sono non calcarei (negli A come nei B), per effetto del lungo processo di decarbonatazione avvenuto nel suolo. 80

Figura 22 Valori medi ± errore standard del contenuto di calcare totale dell’orizzonte A nei differenti Gruppi di substrato

Calcare totale (%)

60

40

20

0

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

Gruppi di substrato

Calcare attivo Il contenuto di calcare attivo dà una misura delle frazioni più fini e più reattive di carbonati presenti nel suolo. Esso è un parametro estremamente importante, perché valori alti sono legati a un potenziale rischio di clorosi ferrica, legato all’insolubilizzazione del ferro nel suolo. Quest’ultimo è tanto più grande quanto più elevati sono i contenuti di calcare attivo, e valori >5% possono essere considerati, per il melo, l’indice di un rischio potenziale, o comunque una soglia di attenzione. Si ricorda però che i fattori del suolo che aggravano la clorosi, a parità di condizioni, sono 120


l’eccesso idrico, in relazione a piogge abbondanti e/o ad apporti eccessivi con l’irrigazione, e i bassi contenuti di sostanza organica. Anche il compattamento degli strati profondi, che porta indirettamente a un eccesso idrico, è un fattore spesso decisivo. Si ricorda che questa condizione è piuttosto frequente nei depositi glaciali della Valle di Non. Prendendo in esame la media ponderata del calcare attivo sulla profondità utile di tutti i profili studiati nelle due valli (Tab. 2)(19), il valore medio è 4,1%, quindi un contenuto moderato. Tale valore rispecchia, anche se non c’è una correlazione, gli alti contenuti in carbonati totali. L’andamento nel profilo mostra una distribuzione sostanzialmente uniforme, con una media di 3,9% nell’orizzonte A, un lieve aumento nel B (4,3%), e una lievissima flessione nel C (3,8%). Analizzando i Gruppi di substrato (Fig. 23), sempre considerando le medie ponderate (sulla profondità utile alle radici), si nota che solo determinati insiemi hanno valori alti, e in particolare il Gruppo con valori più elevati è quello dei suoli su calcari marnosi (9,5%), che è anche il più ricco in carbonati totali. In tali aree sono frequenti i fenomeni di clorosi ferrica (Foto 4). Hanno valori relativamente alti, ma ben più contenuti, anche i suoli su depositi glaciali misti (4,5%), che come già evidenziato non presentano elevati contenuti di calcare, e su conoidi calcarei (4,0%).

Calcare attivo (%)

15

10

5

0

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

Figura 23 Valori medi ± errore standard del contenuto di calcare attivo (medie ponderate sulla profondità utile) nei differenti Gruppi di substrato

Gruppi di substrato

È interessante notare che i suoli su conoidi dolomitici hanno valori bassi (1,4%), nonostante il contenuto di carbonati totali sia molto elevato. I carbonati sono dunque prevalentemente presenti in questi suoli nelle frazioni meno fini. I suoli su depositi glaciali dolomitici mostrano valori solo leggermente superiori (2,2%). Il contenuto di calcare attivo risulta essere più elevato nei suoli a tessitura fine. Osservando i dati in relazione ai Sottogruppi di tessitura (Tab. 3), emergono differenze statisticamente significative: la media dei suoli franco sabbiosi è 1,5%, quella dei franchi 4,0%, e quella dei franco limosi 5,7%.

(19) Compresi quindi anche quelli non calcarei.

121


Tabella 3 Valori medi di carbonati totali e calcare attivo nei 692 orizzonti. A lettere diverse corrispondono differenze significative al test di Tukey per P < 0,001

SOTTOGRUPPO DI TESSITURA Franco (F)

CARBONATI TOTALI (%)

CALCARE ATTIVO (%)

31,7 a

4,0 b

Franco sabbioso (FS)

19,7 b

1,5 c

Franco limoso (FL)

23,5 b

5,7 a

La figura 24 evidenzia tale risultato nel Gruppo di suoli più diffusi, ovvero quelli del glaciale misto. Sulla base dei valori dei Gruppi di substrato, sono stati individuati 3 Gruppi funzionali statisticamente diversi per il calcare attivo. I tre gruppi hanno contenuti medi rispettivamente di 1,2%, 4,4% e 9,5%. Quest’ultimo Gruppo è quello dove il rischio potenziale è più alto, e quindi va prestata una particolare attenzione a questo aspetto. In esso sono compresi solo i suoli su calcari marnosi. Anche il Gruppo intermedio, nel quale sono compresi i suoli su conoidi calcarei e glaciale misto, richiede una specifica attenzione. La mappa sintetica (Fig. 25) mostra la distribuzione spaziale dei 3 Gruppi funzionali.

Figura 24 Valori medi ± errore standard del contenuto di calcare attivo in relazione ai Sottogruppi di tessitura nel Gruppo di suoli del glaciale misto (GLmi)

Foto 4 Sintomi di clorosi ferrica

122

Calcare attivo (%)

12

8

4

0

F FL FS Sottogruppi di tessitura


Calcare attivo

Alto Moderato Basso

Figura 25 Mappa dei gruppi funzionali di calcare attivo

123


Reazione (pH) La reazione si misura e viene espressa come valore di pH. Nei suoli calcarei, e anche se il contenuto di carbonati è molto ridotto (suoli scarsamente calcarei), il pH è sempre subalcalino (7,4-7,8) o più frequentemente alcalino (7,9-8,4). Questo grazie al potere tampone dei carbonati. Si può quindi dire che nei suoli calcarei, che dominano nella Valle di Non, esso non è un parametro di grande rilevanza. Nei suoli frutticoli non calcarei, che dominano nella Valle di Sole (se si eccettua la porzione distale), esso è invece neutro (6,6-7,3) o anche subacido (5,5-6,5). Va considerato che i valori che si osservano possono abbassarsi ulteriormente. Mano a mano che la riserva di basi presenti nel suolo (principalmente ioni calcio e magnesio) viene consumata, per l’asporto delle colture e il dilavamento, il pH infatti si abbassa, se non vengono effettuati apporti di basi (per esempio con il letame). Questo processo di acidificazione progressiva, relativamente veloce e più marcato nell’orizzonte di superficie, fa sì che il pH scenda mano a mano a valori sotto il 6,0 o anche sotto 5,5, che sono da considerarsi soglie da non superare. Al di sotto di questi valori si hanno rilevanti conseguenze negative consistenti in una ridotta disponibilità di basi per la pianta, una minore disponibilità di fosforo e un rallentamento dell’attività biologica del suolo. Il rimedio agronomico è la calcitazione, che riporta il pH alla neutralità o anche sopra. Prendendo in esame le medie ponderate (sulla profondità utile) dei vari profili studiati (Fig. 26) si nota che tutti i Gruppi su materiali calcarei o misti hanno pH medio tra 7,8 e 8,1, in una forchetta di valori quindi molto stretta. I suoli su materiali silicatici, di conoide alluvionali e glaciali hanno invece valori più bassi, rispettivamente di 6,7, 7,2 e 7,3, e sono quindi nell’ambito della neutralità. 8,5

pH

8,0

Figura 26 Valori medi ± errore standard del contenuto di pH (medie ponderate sulla profondità utile) nei differenti Gruppi di substrato

7,5

7,0

6,5

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

Gruppi di substrato

Sulla base di tali valori dei Gruppi di substrato (alla profondità utile) sono stati ottenuti due Gruppi funzionali per il pH significativamente differenti, con valori medi rispettivamente di 6,9 e 8,0. La mappa sintetica riportata (Fig. 27) mostra la loro distribuzione spaziale. Il primo Gruppo riunisce i suoli della Valle di Sole dove il pH va costantemente monitorato, al fine di evitare un’eccessiva acidificazione. Tale Gruppo si caratterizza anche per contenuti statisticamente inferiori di potassio e tendenzialmente superiori di fosforo (Tab. 4). La 124


pH

Suoli neutri Suoli subalcalini

Figura 27 Mappa dei gruppi funzionali di pH

125


percentuale di sabbia è statisticamente più elevata nei suoli neutri (68%) rispetto al Gruppo dei suoli alcalini (39%). Tabella 4 Valori medi (medie ponderate sulla profondità utile alle radici) di pH, fosforo assimilabile e potassio scambiabile in relazione al gruppo funzionale di pH nei 217 profili studiati. A lettere diverse corrispondono differenze significative al test di Tukey. I livelli di significatività sono per valori di P ≤ 0,05 e P ≥ 0,01 (*) e per P < 0,001 (***)

GRUPPO FUNZIONALE DI pH

pH

FOSFORO ASSIMILABILE (mg/kg di P2O5)

POTASSIO SCAMBIABILE (mg/kg di K2O)

“01” - Suoli neutri

6,9 b

50,4 a

80,2 b

“02” - Suoli subalcalini

8,0 a

34,9 b

155,9 a

Significatività

***

*

***

La figura 28 mostra l’andamento del pH con la profondità, con un aumento scendendo lungo il profilo. Il valore medio degli orizzonti A è 7,7, quello dei B 8,2, e quello dei C 8,3. 9

pH

8

7

Figura 28 Valori medi ± errore standard del contenuto di pH per orizzonte

6

A

B Orizzonte

C

Considerando l’orizzonte A, si nota (Fig. 29) che valori medi relativamente bassi, anche se nell’ambito della neutralità, si osservano nei suoli su materiali silicatici, rispettivamente di conoide (6,6), alluvionali (6,7) e glaciali (6,9). Negli orizzonti B delle litologie silicatiche (Fig. 29) i valori per i suoli dei conoidi aumentano a 6,9, mentre nei materiali alluvionali e glaciali l’aumento è più consistente (pH rispettivamente di 7,3 e 7,4). Il Gruppo di substrato che mostra i rischi maggiori di acidificazione, e non solo nell’orizzonte di superficie, è quindi quello dei suoli dei conoidi silicatici. Ma al di là dei valori medi, non è raro in tutti questi suoli su materiali silicatici, trovare casi di orizzonti Ap con un pH subacido. Nell’ambito del presente lavoro si riscontrano 7 casi con pH tra 6,0 e 6,5 (e nessun caso <6,0). Va sottolineato che in Val di Sole si effettuano regolarmente delle calcitazioni quando il pH si abbassa, e questo spiega l’assenza di valori preoccupanti. 9 Orizzonte

A

B

pH

8

Figura 29 Valori medi ± errore standard del contenuto di pH degli orizzonti A e B nei differenti Gruppi di substrato

7

6

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

Gruppi di substrato

126


Carbonio organico e sostanza organica La media generale delle medie ponderate (sulla profondità utile) del contenuto di carbonio organico dei profili studiati è 2,0% (Tab. 2), valore che corrisponde a un contenuto di sostanza organica(20) di 3,4%. Questa media, notevolmente alta, è verosimilmente in relazione anche agli apporti di concimi organici, più diffusi in passato, e alla pratica della frantumazione dei residui di potatura, nonché all’inerbimento, che sul lungo periodo tende a incrementare i contenuti di sostanza organica. Nella zona di studio sono poi diffusi i suoli molto calcarei, nei quali la mineralizzazione della sostanza organica è rallentata. Per una parte dell’area c’è poi l’effetto climatico dell’altitudine, in quanto le temperature fredde ostacolano l’attività biologica, e quindi la mineralizzazione. Entrando più in dettaglio, ed esaminando le medie ponderate (sulla profondità utile), si nota che le differenze tra i valori dei singoli Gruppi di substrato (Fig. 30) sono notevoli (Foto 5). I valori più alti di carbonio organico si osservano sui suoli dei conoidi dolomitici e del glaciale dolomitico (rispettivamente 3,7 e 2,9%), e i valori più bassi su quelli dei calcari marnosi (1,5%) e del glaciale e alluvionale silicatico (entrambi 1,4%).

Carbonio organico (%)

5 4 3 2 1 0 i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

Figura 30 Valori medi ± errore standard del contenuto di carbonio organico (medie ponderate sulla profondità utile) nei differenti Gruppi di substrato

Gruppi di substrato

I suoli più superficiali risultano essere i più ricchi di sostanza organica. I suoli con profondità utile scarsa presentano valori di carbonio organico maggiore rispetto a quelli con profondità utile più elevata: si va da valori significativamente più elevati dei suoli con profondità utile scarsa (3,0%) a livelli minori per i suoli con profondità utile elevata (1,5%), passando per livelli intermedi nelle classi a profondità utile moderatamente bassa (2,1%) e moderatamente alta (1,8%). Ciò è dovuto verosimilmente all’abbondanza di carbonati nei suoli superficiali, che limitano la mineralizzazione. Si nota poi un effetto dell’idromorfia, nel senso che il Sottogruppo dei suoli molto idromorfi ha un contenuto medio di carbonio organico (media di tutti i campioni del suolo, anche al di là della profondità utile) di 2,5% (Tab. 5), statisticamente superiore rispetto (20) Il valore di sostanza organica si ottiene moltiplicando per 1,72 il valore della percentuale di carbonio organico.

127


Foto 5 A sinistra esempio di suolo molto ricco di sostanza organica (suoli Arsio, ARS1), a destra suolo con contenuto di sostanza organica basso (suoli Sperdossi di Revò, SRD1)

ai Sottogruppi dei suoli non idromorfi e idromorfi con valori rispettivamente pari a 1,6% e 1,3%. L’eccesso di acqua nel suolo porta quindi a un rallentamento dell’attività microbiologica e della mineralizzazione. Tra i tanti fattori in gioco non si nota invece un’influenza diretta della tessitura, a differenza di quanto si osserva in molte altre zone(21), né del contenuto in carbonati. Tabella 5 Valori medi di carbonio organico in relazione ai sottogruppi di idromorfia nei 692 orizzonti. A lettere diverse corrispondono differenze significative al test di Tukey per P < 0,001 (***)

SOTTOGRUPPO DI IDROMORFIA

CARBONIO ORGANICO (%)

Suoli non idromorfi

1,6 b

Suoli idromorfi

1,3 b

Suoli molto idromorfi

2,5 a

Significatività

***

Le differenze dipendono anche da fattori climatici, in quanto l’area di studio è ampia, con una notevole escursione altimetrica e di microclimi. L’influenza dell’altitudine è visibile analizzando le medie dei valori (sempre medie ponderate) di carbonio organico nelle varie fasce altitudinali (Tab. 6) I suoli presenti nella fascia inferiore (<500 metri s.l.m.) presentano valori statisticamente inferiori (1,5%) rispetto a quelli della fascia superiore (>750 m), i quali hanno un valore medio di 2,3%. I suoli posizionati nella fascia intermedia (500750 m) non si discostano significativamente dalle altre fasce, con livelli medi del 2,0%. Evidentemente le più alte temperature delle quote inferiori favoriscono una mineralizzazione più rapida. (21) I suoli a tessitura grossolana hanno in genere contenuti minori di sostanza organica.

128


ALTITUDINE

CARBONIO ORGANICO (%)

C/N

< 500 m s.l.m.

1,5 b

9,3 b

500-750 m s.l.m.

2,0 ab

9,6 ab

2,3 a

10,1 a

*

*

> 750 s.l.m. Significatività

È interessante notare che anche per la media del rapporto carbonio/azoto si osserva la stessa dinamica (Tab. 6): i valori di C/N della fascia altimetrica superiore sono statisticamente più elevati nei confronti di quelli delle fasce inferiori. Considerando i valori di tutti gli orizzonti il valore della fascia altimetrica superiore è più alto in assoluto (12,7) rispetto a quello delle fasce inferiori, che mostrano valori rispettivamente di 10,1 e 9,0. Quindi non solo in altitudine c’è più sostanza organica, ma questa sembra essere tendenzialmente meno decomposta. Non si nota però, vista la quantità di fattori in gioco, una relazione statistica diretta tra il contenuto di sostanza organica e la radiazione. Sulla base dei valori dei Gruppi di substrato (alla profondità utile) sono stati costituiti due Gruppi funzionali statisticamente diversi per la sostanza organica. La mappa sintetica riportata (Fig. 31) mostra la distribuzione spaziale dei due Gruppi, e ha il pregio di mettere in risalto in modo riassuntivo la zona con suoli mediamente molto ricchi in sostanza organica (media del carbonio organico 2,5%), e quella con suoli con contenuti mediamente più ridotti (media del carbonio organico 1,9%). Il valore nei singoli appezzamenti dipende però, come è ovvio, anche dalle pratiche agronomiche, e in particolare dalle lavorazioni e dagli scassi reimpianto, oltre che dagli eventuali apporti di concimi organici. Questi fattori possono influire anche in modo determinante sui valori puntuali. Ciononostante le “potenzialità” dei vari tipi di suolo e delle zone, così come i relativi valori medi, restano pur sempre diversi. La figura 32 mostra l’andamento dei contenuti del carbonio organico con la profondità, con una notevole diminuzione scendendo lungo il profilo. Il valore medio degli orizzonti A è 3,2%, quello dei B 0,9% e quello dei C 0,7%. I valori medi di carbonio organico negli orizzonti A nei vari Gruppi di substrato (Fig. 33) evidenziano differenze per certi aspetti analoghe a quelle delle medie ponderate. Anche in questo caso i suoli dei conoidi dolomitici e del glaciale dolomitico mostrano i valori più alti (rispettivamente 4,6% e 4,1%). I suoli su materiali silicatici, di conoide, glaciali e alluvionali, fanno rilevare invece valori non troppo inferiori (rispettivamente 3,2%, 3,7% e 4,0%). Il che è dovuto al fatto che in questi suoli il minor contenuto di sostanza organica riguarda soprattutto, più che l’orizzonte di superficie, gli orizzonti sub-superficiali, che abbassano le medie ponderate dei profili. Analogamente, anche i contenuti negli A dei conoidi calcarei (3,4%) sono meno distanziati da quelli dei conoidi dolomitici, rispetto alle medie ponderate.

Tabella 6 Valori medi di carbonio organico e del rapporto C/N (medie ponderate sulla profondità utile alle radici) in relazione all’altitudine nei 217 profili studiati. A lettere diverse corrispondono differenze significative al test di Tukey per P ≤ 0,05

129


Sostanza organica

Alta Media

Figura 31 Mappa dei gruppi funzionali di sostanza organica

130


7

Carbonio organico (%)

6 5 4 3 2 1 0

A

B

C

Figura 32 Valori medi ± errore standard del contenuto di carbonio organico per orizzonte

Orizzonte

Da quanto sopra esposto consegue che il giudizio della dotazione organica di un determinato appezzamento non può essere espresso solo in base al dato di laboratorio, ma anche in relazione alla forchetta di valori che caratterizza la tipologia del suolo. Un contenuto di carbonio organico nell’orizzonte A del 3,0%, per fare un esempio, corrispondente a un tasso di sostanza organica del 5,2%, è basso nel caso di un suolo di conoide dolomitico (es. UTS BRZ1, suoli Brez) e alto per un suolo su calcari marnosi (es. UTS PRI1, suoli Priò). 7

Carbonio organico (%)

6 5 4 3 2 1 0

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

Figura 33 Valori medi ± errore standard del contenuto di carbonio organico dell’orizzonte A nei differenti Gruppi di substrato

Gruppi di substrato

Capacità di scambio cationico La capacità di scambio cationico è una misura della fertilità chimica del suolo, perché quanto più essa è alta tanto più elevata è la capacità del suolo di trattenere elementi nutritivi. Essa è in generale tanto maggiore quanto più alti sono i contenuti di sostanza organica e argilla. Analizzando le medie ponderate (sulla profondità utile) della capacità di scambio(22) dei profili studiati (Tab. 2), la media generale è 15,5 cmoli(+)/kg. Questo valore è alto, se si tiene conto che sono compresi anche i campioni sub-superficiali, ed è in relazione con gli elevati contenuti di sostanza organica, visto che le dotazioni di argilla sono nel complesso limitate. La correlazione positiva tra questo parametro e il carbonio organico è risultata infatti essere alta, con (22) Si sottolinea che i valori espressi nell’unita di misura corretta e attualmente in uso (cmol(+)/kg) corrispondono a quelli espressi con la vecchia unità di misura (meq/100g).

131


r2 di 0,69. Non si è trovata invece una correlazione con il contenuto di argilla, sebbene si osservino discrete relazioni con gli altri parametri della tessitura (limo e sabbia). Analizzando le medie dei singoli Gruppi di substrato (Fig. 34) si nota che le differenze sono notevoli. Hanno valori significativamente superiori i suoli dei conoidi dolomitici e calcarei, dell’alluvionale misto e del glaciale dolomitico (rispettivamente 18,3 cmoli(+)/kg, 16,1 cmoli(+)/kg, 15,2 cmoli(+)/kg e 18,8 cmoli(+)/kg), che abbiamo visto essere i più ricchi in sostanza organica, così come quelli del glaciale misto (15,9 cmoli(+)/kg), nei confronti di quelli sui materiali silicatici sia alluvionali che glaciali (rispettivamente 11,7 cmoli(+)/kg e 8,9 cmoli(+)/kg), generalmente molto poveri in sostanza organica.

Figura 34 Valori medi ± errore standard della capacità di scambio cationico (medie ponderate sulla profondità utile) nei differenti Gruppi di substrato

CSC (cmoli(+)/kg)

30

20

10

0

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

Gruppi di substrato

La figura 35 mostra l’andamento della capacità di scambio cationico con la profondità, caratterizzato da valori decrescenti. Il valore medio degli orizzonti A è 19,9 cmoli(+)/kg, quello dei B 11,5 cmoli(+)/kg, e quello dei C 6,5 cmoli(+)/kg. Si noti che il valore medio degli A è molto alto, ma anche quello dei B è medio-alto.

Figura 35 Valori medi ± errore standard della capacità di scambio cationico per orizzonte

CSC (cmoli(+)/kg)

30

20

10

0

A

B

C

Orizzonte

I valori medi negli orizzonti A nei vari Gruppi di substrato (Fig. 36) mostrano differenze nell’insieme simili a quelle delle medie ponderate. Anche in questo caso i suoli dei conoidi dolomitici e del glaciale dolomitico mostrano valori significativamente più alti (rispettivamente 21,9 cmoli(+)/kg e 24,0 cmoli(+)/kg) nei confronti di quelli sui conoidi silicatici (14,9 cmoli(+)/kg). Anche i calcari marnosi (16,3 cmoli(+)/kg) mostrano valori relativamente minori.

132


40

CSC (cmoli(+)/kg)

30

20

10

0

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

Figura 36 Valori medi ± errore standard della capacità di scambio cationico dell’orizzonte A nei differenti Gruppi di substrato

Gruppi di substrato

Calcio scambiabile Esaminando le medie ponderate (sulla profondità utile) del calcio scambiabile dei vari profili studiati (Tab. 2), la media generale è 5,78 g/kg. Questa media è molto alta e corrisponde a una dotazione molto buona. Va però sottolineato che il metodo adottato (estrazione con ammonio acetato) comporta nei suoli calcarei una sovrastima anche molto notevole dell’elemento, in relazione a una parziale dissoluzione del carbonato di calcio. I dati per questi suoli vengono quindi riportati solo nell’intento di fornire dei valori di riferimento, a titolo puramente indicativo, visto che questo è comunque uno dei metodi più utilizzati, e tenendo presente che altri estraenti (es. bario cloruro) possono ridurre il problema senza però eliminarlo. Tuttavia, dal punto di vista agronomico, la determinazione del calcio di scambio ha rilevanza solo nel caso di terreni non calcarei (neutri o subacidi) che possono eventualmente presentare problemi di carenze e per i quali i vari metodi forniscono risultati del tutto confrontabili. Considerando i valori dei singoli Gruppi di substrato (Fig. 37) si nota che valori molto inferiori alla media si osservano nei suoli non calcarei su materiali silicatici, di conoide, alluvionali o glaciali (rispettivamente 1,49 g/kg, 1,66 g/kg e 1,25 g/kg).

Calcio scambiabile (g/kg)

15

10

5

0

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

Figura 37 Valori medi ± errore standard del contenuto di calcio scambiabile (medie ponderate sulla profondità utile) nei differenti Gruppi di substrato

Gruppi di substrato

Questi contenuti di calcio sono scarsi (Allegato III). Per quanto riguarda i suoli calcarei, per i quali va considerata la sovrastima di cui sopra, i Gruppi dei suoli su calcari marnosi, che abbiamo visto essere i più ricchi in carbonati, hanno valori medi ben superiori alla media generale (8,29 g/kg), così come sono sopra la media quel133


li su materiali glaciali dolomitici e su conoidi calcarei (6,77 g/kg e 6,44 g/kg). I suoli su conoidi dolomitici, molto ricchi in carbonati, hanno invece un valore ben inferiore alla media (3,97 g/kg). Considerando tutti i campioni, è osservabile una buona correlazione statistica con il contenuto di carbonati e di limo, e una correlazione negativa con il contenuto di sabbia. I valori medi negli orizzonti A nei vari Gruppi di substrato (Fig. 38) mostrano differenze nell’insieme simili a quelle delle medie ponderate. Presentano valori bassi i suoli su conoidi silicatici (1,99 g/kg), mentre quelli su materiali silicatici alluvionali e glaciali hanno valori un po’ più alti (rispettivamente 3,00 g/kg e 2,35 g/kg). Da notare che però in questi tre Gruppi di suoli i contenuti crollano nell’orizzonte B (rispettivamente 1,02 g/kg, 1,24 g/kg e 0,82 g/kg), e si abbassano ulteriormente nei C (rispettivamente 0,83 g/kg, 0,86 g/kg e 0,37 g/kg). In altre parole la dotazione nei suoli non calcarei della Valle di Sole è media negli orizzonti A, mentre è scarsa o molto scarsa negli orizzonti subsuperficiali, e molto scarsa in profondità.

Figura 38 Valori medi ± errore standard del contenuto di calcio scambiabile dell’orizzonte A nei differenti Gruppi di substrato

Calcio scambiabile (g/kg)

15

10

5

0

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

Gruppi di substrato

Potassio scambiabile Prendendo in esame le medie ponderate (sulla profondità utile) del potassio scambiabile dei vari profili studiati (Tab. 2), la media generale(23) è 150 mg/kg (K2O). Se si tiene conto che sono compresi anche i campioni sub-superficiali questo valore è alto e corrisponde a una buona dotazione media. Esaminando i valori dei singoli Gruppi di substrato (Fig. 39) si nota che i suoli su materiali calcarei o misti (ad eccezione dell’alluvionale misto) hanno livelli superiori, e in particolare hanno valori elevati quelli su calcari marnosi (192 mg/kg) e glaciale dolomitico (217 mg/ kg). I suoli su materiali silicatici, di conoide, alluvionali e glaciali hanno invece valori più bassi (rispettivamente 90 mg/kg, 43 mg/kg e 87 mg/kg) della media. Sulla base di tali valori dei Gruppi di substrato (alla profondità utile) sono stati ottenuti tre Gruppi funzionali per il potassio scambiabile, con valori medi rispettivamente di 55 mg/kg (contenuto basso),

(23) Si sottolinea che nel testo che segue tutti i valori dell’elemento sono espressi come K2O. I range riportati si riferiscono a questa unità di misura. Per essere confrontati, eventuali valori espressi come elemento vanno prima trasformati moltiplicando per 1,205.

134


89 mg/kg (contenuto medio) e 157 mg/kg (contenuto alto). L’ultimo Gruppo risulta significativamente diverso dai primi due. Tali Gruppi esprimono solo delle tendenze, in quanto i contenuti nei singoli appezzamenti possono discostarsi, soprattutto in relazione agli apporti con le concimazioni. La mappa sintetica riportata (Fig. 41) ha quindi solo un valore tendenziale, ma ha il pregio di mettere in risalto le zone che sono mediamente più povere, in relazione alla tipologia del suolo. Il terzo gruppo, con i valori alti, riunisce i suoli su materiali calcarei o misti, con eccezione di quelli su alluvionale misto. Potassio scambiabile (mg/kg di K 2O)

400

300

200

100

0

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

Figura 39 Valori medi ± errore standard del contenuto di potassio scambiabile (medie ponderate sulla profondità utile) nei differenti Gruppi di substrato

Gruppi di substrato

Potassio scambiabile (mg/kg di K 2O)

500 400 300 200 100 0

A

B Orizzonte

C

Figura 40 Valori medi ± errore standard del contenuto di potassio scambiabile per orizzonte.

La figura 40 mostra l’andamento dei contenuti di potassio scambiabile nel profilo, che diminuisce con la profondità. Il valore medio degli orizzonti A è 207 mg/kg, quello dei B 102 mg/kg e quello dei C 62 mg/kg. Si noti che il valore medio degli A è alto, il che conferma la buona dotazione generale di potassio. I dati dell’orizzonte C dei Gruppi di substrato su materiali silicatici mostrano valori notevolmente più bassi (33-38 mg/kg) rispetto agli altri Gruppi, dato che conferma la povertà relativa di questi suoli in potassio. Anche gli orizzonti C dei suoli dei conoidi su dolomia mostrano un valore basso (43 mg/kg).

135


Potassio scambiabile Basso Medio Alto

Figura 41 Mappa dei gruppi funzionali di potassio scambiabile

136


60 50

n° di casi

40 30 20 10 0 0

150 300 450 600 750 900 Potassio scambiabile (mg/kg di K2O)

Figura 42 Distribuzione dei valori di potassio scambiabile rilevati nell’orizzonte A

Se la media dell’orizzonte A è alta (Fig. 42), non sono rari (8% dei casi) i valori molto bassi (<90 mg/kg). Questi si ritrovano in particolare nei suoli da materiali silicatici e indicano situazioni di carenza. All’opposto non sono infrequenti i valori superiori a 300-400 mg/kg, o anche superiori a 500 mg/kg. Questi contenuti possono essere considerati anormali, con possibili ripercussioni negative. In altre parole, a fronte di medie nella norma, si è riscontrato un numero relativamente elevato di casi di carenze o eccessi. Queste situazioni andrebbero evitate, utilizzando in modo più sistematico le analisi di laboratorio.

Magnesio scambiabile

Magnesio scambiabile (mg/kg di MgO)

La media generale delle medie ponderate (sulla profondità utile) del contenuto di magnesio scambiabile(24) dei profili studiati è 520 mg/kg (MgO) come riportato in tabella 2. 1.500

1.000

500

0

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

Figura 43 Valori medi ± errore standard del contenuto di magnesio scambiabile (medie ponderate sulla profondità utile) nei differenti Gruppi di substrato

Gruppi di substrato

Questo valore è estremamente alto e riflette la diffusione delle dolomie nei bacini di alimentazione dei depositi glaciali e alluvionali e nell’area di studio stessa. La maggiore o minore presenza della componente dolomitica fa sì che le differenze tra i valori dei singoli Gruppi di substrato (Fig. 43) siano notevolissime. I suoli dei materiali dolomitici di conoide o glaciali sono evidentemente estremamente (24) Si sottolinea che nel testo che segue tutti i valori dell’elemento sono espressi come MgO. I range riportati si riferiscono a questa unità di misura. Per essere confrontati, eventuali valori espressi come elemento vanno prima trasformati moltiplicando per 1,658.

137


ricchi (rispettivamente 826 mg/kg e 811 mg/kg), ma anche quelli dei conoidi calcarei, del glaciale misto e dell’alluvionale misto sono molto ricchi (rispettivamente 516 mg/kg, 541 mg/kg, e 445 mg/kg), il che prova che in questi depositi la componente di dolomia è cospicua. Valori relativamente più moderati, ma che denotano pur sempre l’influenza dolomitica, si osservano nei suoli su conoidi misti (361 mg/kg), e soprattutto su calcari marnosi (265 mg/kg), e su materiali silicatici di conoide e alluvionali (rispettivamente 261 mg/kg e 208 mg/kg). Sulla base di tali valori dei Gruppi di substrato (alla profondità utile) sono stati costituiti tre Gruppi funzionali per il magnesio scambiabile, significativamente diversi tra loro, con valori medi di 255 mg/kg (contenuto medio), 532 mg/kg (contenuto alto), e 821 mg/kg (contenuto molto alto). La mappa sintetica riportata (Fig. 44) mostra la distribuzione spaziale dei tre Gruppi funzionali, e ha il pregio di mettere in risalto in modo riassuntivo le zone molto ricche in tale elemento. La figura 45 mostra l’andamento dei contenuti del magnesio scambiabile con la profondità, evidenziando una diminuzione statisticamente significativa. Il valore medio degli orizzonti A è 606 mg/kg, quello dei B 442 mg/kg, e quello dei C 337 mg/kg. L’abbondanza negli orizzonti A nei vari Gruppi di substrato (Fig. 46) ricalca in parte quella già osservata per le medie ponderate. I suoli dei materiali dolomitici di conoide o glaciali sono significativamente più ricchi (rispettivamente 979 mg/kg e 981 mg/kg), in confronto a quelli dei conoidi silicatici e dei calcari marnosi (rispettivamente 347 mg/kg e 294 mg/kg). Valori intermedi e non statisticamente diversi si registrano per i suoli dei conoidi calcarei, del glaciale misto, dell’alluvionale misto e dei conoidi misti (rispettivamente 604 mg/kg, 616 mg/kg, 460 mg/kg e 476 mg/kg). Va sottolineato che nei suoli derivanti da materiale silicatico di conoide e alluvionale i valori crollano in profondità, abbassando notevolmente le medie ponderate. I valori di magnesio scambiabile molto elevati, frequenti in tutta la Valle di Non e nella parte distale della Valle di Sole, sono quindi legati a determinate tipologie di suolo, in relazione all’abbondanza della componente dolomitica nei materiali parentali. Certo una frazione dell’elemento potrebbe derivare anche dalle pratiche agronomiche (concimazioni), ma il fattore principale resta il tipo di suolo. È evidente che quando il contenuto è già alto, va evitato ogni ulteriore apporto, che non può essere che negativo. Sui materiali silicatici della Valle di Sole, dove i valori relativamente elevati si limitano agli orizzonti A, è invece verosimilmente maggioritaria la frazione di origine antropica.

138


Magnesio scambiabile Molto alto Alto Medio

Figura 44 Mappa dei gruppi funzionali di magnesio scambiabile

139


Magnesio scambiabile (mg/kg di MgO)

Figura 45 Valori medi ± errore standard del contenuto di magnesio scambiabile per orizzonte

1.500

1.000

500

0

A

B Orizzonte

C

Figura 46 Valori medi ± errore standard del contenuto di magnesio scambiabile dell’orizzonte A nei differenti Gruppi di substrato

Magnesio scambiabile (mg/kg di MgO)

Valori elevati di magnesio sono potenzialmente dannosi, a causa dell’effetto antagonista dell’elemento sull’assorbimento del potassio e del calcio. E solo l’utilizzo delle analisi del suolo, in combinazione con le analisi fogliari, permette di avere un quadro completo della situazione, escludendo possibili effetti indesiderati. Per quanto riguarda i rapporti con il primo elemento, si rimanda al capitolo che segue. 2.000

1.500

1.000

500

0

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

Gruppi di substrato

Rapporto magnesio/potassio Quando il rapporto tra magnesio e potassio(25) nel suolo è alto, la pianta può avere difficoltà ad assorbire il potassio, per l’azione antagonista esercitata dal magnesio, presente in alto quantitativo (relativo). Si considera che ci sia un possibile rischio di carenze di potassio quando i valori di tale rapporto sono superiori a 5. Considerando le medie ponderate (sulla profondità utile) dei vari profili (Tab. 2), il valore medio è 11, vale a dire molto alto, e ben superiore alla soglia di attenzione citata. Tale anomalia si spiega con l’abbondanza di magnesio nella zona di studio sopra riportata. I suoli dei Gruppi di substrato dei conoidi dolomitici, dell’alluvionale misto e del glaciale silicatico mostrano valori medi statisticamente più alti (rispettivamente 18, 22 e 22) dei suoli su calcari marnosi (4) come riportato in figura 47. (25) Il rapporto Mg/K è calcolato a partire dai contenuti dei due elementi espressi in millequivalenti. Per trasformare i valori di Mg espresso come mg di Mg elemento/kg in Mg espresso in meq/100g è necessario dividere per 121,5. Per trasformare i valori di K espresso come mg di K elemento/kg in K espresso in meq/100g è necessario dividere per 391.

140


I suoli degli altri Gruppi hanno valori intermedi, non statisticamente differenti, più alti della media generale nei conoidi calcarei, nel glaciale dolomitico e misto, e nell’alluvionale silicatico (rispettivamente 10, 12, 11 e 13), e più bassi nei conoidi silicatici e misti (rispettivamente 9 e 7). 80

Magnesio/Potassio

70 60 50 40 30 20 10 0

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

Figura 47 Valori medi ± errore standard del rapporto magnesio/potassio (medie ponderate sulla profondità utile) nei differenti Gruppi di substrato

Gruppi di substrato

Considerando solo gli orizzonti di superficie (orizzonti A) i valori del rapporto sono più bassi. Anche qui i Gruppi di substrato dei suoli su conoidi dolomitici e alluvionale misto mostrano le medie più alte (entrambi 14), mentre gli altri Gruppi hanno medie <10, se si eccettua quello dei suoli su glaciale dolomitico (10). In generale quindi i suoli mostrano un rapporto squilibrato tra i due elementi, o anche molto squilibrato (>10), con ripercussioni misurabili nella nutrizione nella pianta (si veda il Cap. 6). Allo stato attuale non è però possibile definire con precisione l’importanza di queste ultime.

Fosforo assimilabile Analizzando le medie ponderate (sulla profondità utile) del contenuto di fosforo assimilabile(26) dei profili studiati (Tab. 2), la media generale è 36 mg/kg (P2O5). Questo valore è alto, se si tiene conto che sono compresi anche i campioni sub-superficiali, e denota una buona dotazione generale dell’elemento. Esaminando i valori dei singoli Gruppi di substrato (Fig. 48) si nota che le differenze sono però notevoli. I suoli dei conoidi silicatici e del glaciale silicatico (Val di Sole) presentano valori molto elevati (rispettivamente 51 mg/kg e 79 mg/kg), così come quelli dei conoidi misti e dolomitici (rispettivamente 49 mg/kg e 71 mg/kg) e del glaciale dolomitico (51 mg/kg). I suoli dei conoidi calcarei hanno, a differenza di quelli dolomitici, valori vicini alla media generale (32 mg/kg). All’opposto valori molto bassi si ritrovano nei suoli su alluvionale silicatico (10 mg/kg) e misto (18 mg/kg). Sulla base di tali valori dei Gruppi di substrato (alla profondità utile) sono stati ottenuti tre Gruppi funzionali per il fosforo assimilabi(26) Si sottolinea che nel testo che segue tutti i valori dell’elemento sono espressi come P2O5. I range riportati si riferiscono a questa unità di misura. Per essere confrontati, eventuali valori espressi come elemento vanno prima trasformati moltiplicando per 2,291.

141


le, con valori medi rispettivamente di 14 mg/kg (contenuto basso), 32 mg/kg (contenuto medio) e 61 mg/kg (contenuto alto), sebbene l’analisi statistica abbia rilevato differenze significative solo tra il terzo e gli altri due gruppi.

Figura 48 Valori medi ± errore standard del contenuto di fosforo assimilabile (medie ponderate sulla profondità utile) nei differenti Gruppi di substrato

Fosforo assimilabile (mg/kg di P2O5)

200

150

100

50

0

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

Gruppi di substrato

Come per il potassio scambiabile, tali Gruppi esprimono solo delle tendenze, perché il contenuto effettivo nei suoli dei singoli appezzamenti può essere diverso, in relazione agli apporti recenti o anche non recenti di fosforo, vista la persistenza dell’elemento. La mappa sintetica riportata (Fig. 50) ha quindi solo un valore tendenziale, ma ha il pregio di mettere in risalto le zone che sono mediamente più ricche, in relazione alla tipologia del suolo, e di fornire dei dati di riferimento. La figura 49 mostra l’andamento dei contenuti di fosforo assimilabile con la profondità, che crolla nell’orizzonte B, e diminuisce ulteriormente nel C. Il valore medio degli orizzonti A è infatti 61 mg/kg, quello dei B 14 mg/kg e quello dei C 9 mg/kg. L’elemento non è infatti mobile, e quindi tutti gli apporti restano nell’A.

Figura 49 Valori medi ± errore standard del contenuto di fosforo assimilabile per orizzonte

Fosforo assimilabile (mg/kg di P2O5)

150

100

50

0

A

B Orizzonte

C

Il contenuto medio degli A è quindi molto elevato, il che conferma la dotazione generale molto alta. I Gruppi con i valori medi più alti sono gli stessi elencati più sopra a proposito delle medie ponderate. Guardando più in dettaglio si nota che non sono rari i valori estremi (Fig. 51). Sono frequenti i casi (41 dei profili studiati) in cui il contenuto è >100 mg/kg, o addirittura >150 mg/kg (7 casi). Si sottolinea che gli eccessi di fosforo possono aggravare gli eventuali problemi di clorosi ferrica. I casi di 142


Fosforo assimilabile Basso Medio Alto

Figura 50 Mappa dei gruppi funzionali di fosforo assimilabile

143


valori molto bassi (<15 mg/kg) sono 17. Anche per quanto riguarda questo elemento sarebbe quindi consigliabile utilizzare in modo più sistematico le analisi di laboratorio del suolo. 60 50

n° di casi

40 30 20

Figura 51 Distribuzione dei valori di fosforo assimilabile nell’orizzonte A

10 0 0

50 100 150 200 250 300 Fosforo assimilabile (mg/kg di P2O5)

Boro solubile Le carenze di boro dipendono sempre da una carenza dell’elemento nel suolo. Questa è legata di solito a scarsi contenuti di sostanza organica e/o a alti contenuti di carbonati. Senza trascurare l’efficacia e la prontezza degli apporti fogliari, l’aumento delle quantità nel suolo porta alla risoluzione delle eventuali carenze. Nell’ambito di questo lavoro è stata eseguita la determinazione del boro solubile solo sull’orizzonte di superficie di un terzo dei profili studiati. E gli stessi risultati delle determinazioni analitiche, e le soglie di attenzione suggerite, che dipendono anche dai caratteri del suolo(27), sono meno certe rispetto a quelle degli altri elementi. Le considerazioni che seguono hanno quindi un carattere preliminare. Come riportato in tabella 2, la media generale degli orizzonti di superficie studiati è 0,72 mg/kg. Questo valore può essere considerato normale. L’osservazione della media dei valori dei contenuti nei singoli Gruppi di substrato (Fig. 52), pur con l’estrema prudenza dovuta ai motivi di cui sopra, mostra valori statisticamente più alti nei suoli da materiali silicatici di conoide, e alluvionali (rispettivamente 1,17 mg/kg, 1,21 mg/kg), rispetto ai valori intermedi nei suoli su glaciale misto (0,64 mg/kg), e ai valori più bassi nei suoli da calcari marnosi, con una media di 0,33 mg/kg. Gli altri Gruppi mostrano valori intermedi, e non statisticamente separati, ma la media dei suoli su glaciale silicatico è alta (1,02 mg/kg), confermando la tendenza a valori più alti sui materiali silicatici. L’osservazione dei dati mostra che 28 campioni (quindi circa il 10% dei campioni) hanno valori <0,5 mg/kg. La maggior parte di questi campioni hanno livelli alti o molto alti di carbonati e/o bassi contenuti di carbonio organico. Sono stati costituiti due Gruppi funzionali per il boro solubile, signifi-

(27) L’ARPA del Veneto (ARPAV, 2007) pone come soglia di carenza un contenuto di <0,1 mg/kg, la SISS definisce una classe di contenuto “molto basso” per i valori <0,3 mg/kg, e una classe “basso” con valori da 0,3 mg/kg a 0,8 mg/kg, a seconda della tessitura.

144


cativamente diversi tra loro, con valori medi di 0,34 mg/kg (contenuto basso) e 0,78 mg/kg (contenuto medio alto). La mappa sintetica riportata in figura 53 mostra la distribuzione spaziale dei livelli di boro (nei due Gruppi funzionali) ed evidenzia che la maggior parte dell’area indagata presenta valori di boro medio alti.

Boro solubile (mg/kg)

2,0

1,5

1,0

0,5

0,0

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Lm GLs G C C C

Figura 52 Valori medi ± errore standard del contenuto di boro solubile (medie ponderate sulla profondità utile) nei differenti Gruppi di substrato

Gruppi di substrato

145


Boro solubile Basso Medio alto

Figura 53 Mappa dei gruppi funzionali di boro solubile

146


RISCHI DI DEGRADAZIONE DEL SUOLO Gli attuali metodi di coltivazione prevedono una forte pressione sui suoli, con molteplici rischi di degradazione, sia di ordine fisico che chimico. I possibili danni possono essere più o meno gravi, temporanei o permanenti, e le ripercussioni di ordine ambientale e/o economiche possono essere anche molto pesanti. Nel presente studio ci si è limitati a approfondire solo qualche aspetto riguardo alla biologia del suolo, rimandando a ulteriori lavori la stima degli altri rischi. Questi approfondimenti potranno avvalersi delle informazioni di base contenute nella cartografia, e permetteranno di quantificare i vari pericoli nei vari tipi di suolo (JRC, 2012), presupposto per mettere in atto adeguate misure di prevenzione. Si ribadisce che le differenze di caratteri tra i vari tipi di suolo fanno sì che i rischi siano di natura e di entità diversa. Allo stato attuale i maggiori danni apportati alla fertilità dei suoli sono forse quelli legati alle lavorazioni di preimpianto. Come già descritto, lavorazioni troppo profonde o con macchinari non idonei conducono ad un peggioramento permanente (maggiore scheletro, minore capacità di ritenzione dell’acqua) o temporaneo (compattamento) delle condizioni fisiche del suolo, e a un peggioramento permanente (maggiori quantità di carbonati e di calcare attivo) o temporaneo (diminuzione della sostanza organica) delle caratteristiche chimiche. In generale si può dire che più i suoli sono superficiali, e più lo scheletro è elevato, più il potenziale impatto negativo dei rimescolamenti e dei livellamenti delle superfici è elevato. Finora si è dedicata poca attenzione a questi aspetti, ma in futuro essi riceveranno l’attenzione che meritano, con eventuali conseguenze anche sul valore commerciale delle superfici agricole. Le morie degli impianti (Foto 6) sono fenomeni complessi e non ancora ben chiariti, che dipendono da molti fattori di ordine chimico-fisico e/o biologico, con cause dirette che possono essere diverse

Foto 6 Impianto di melo con manifesto effetto di deperimento.

147


Foto 7 Segni di erosione idrica in nuovo impianto con copertura erbacea ancora parziale

Foto 8 Segni di erosione idrica in impianto a rittochino su una superficie molto inclinata. I sintomi sono particolarmente evidenti sulla fila, dove viene effettuato il diserbo

nelle diverse situazioni. La loro incidenza è risultata variabile negli anni e nelle diverse zone. Nella quasi totalità dei casi osservati esse si riscontrano però su superfici dove sono state eseguite lavorazioni a impatto molto forte. Compattamenti, idromorfia e ristagni d’acqua (spesso legati ai compattamenti), alto contenuto di calcare attivo e basso contenuto di sostanza organica sono da considerarsi elementi che accentuano tale fenomeno. In primavera i sintomi riguardano principalmente la parte aerea della pianta e compaiono in genere tra lo stadio fenologico di mazzetti affioranti e bottoni rosa. All’inizio si nota un ingiallimento delle foglie che spesso presentano i bordi necrotici; i fiori hanno dimensioni ridotte e peduncolo corto. L’evoluzione successiva comporta l’avvizzimento del mazzetto fiorale, il disseccamento di alcune parti della pianta per poi arrivare alla morte della stessa, generalmente durante il periodo della fioritura. 148


A livello del fusto si possono notare delle spaccature longitudinali, più o meno estese in una zona compresa dal punto d’innesto fino all’altezza dei primi rami, con la corteccia che si stacca dal legno sottostante, oppure soltanto una sfogliatura nella parte bassa del tronco accompagnata talvolta da maculature rosso-violacee nella parte sottocorticale. In alcune annate è possibile che si verifichi la fuoriuscita di linfa dai tagli di potatura (“pianto”) a partire dalle prime giornate miti di fine inverno; questo sintomo è un preoccupante segnale che può portare alla successiva moria delle piante. L’azoto è risultato sempre più elevato nelle piante malate rispetto alle sane in tutti gli organi analizzati (foglie, branchette e rami dell’anno, tronco, apparato radicale) con valori molto superiori agli standard di riferimento proposti per la melicoltura trentina (Cap. 6). Le foglie delle piante malate rispetto a quelle sane presentano sempre valori significativamente inferiori di potassio e calcio (sotto la soglia di normalità) e superiori di boro. Il contenuto in boro è invece minore nelle radici delle piante malate. In molti casi riconducibili al fenomeno della moria, sono stati rilevati valori molto alti di manganese (da 60 a 200 mg/kg) in associazione a valori di ferro critici (<50 mg/kg), con conseguente rapporto ferro/ manganese inferiore a 1. Tali condizioni sono aggravate quando il calcio fogliare è limitato. Considerato che una possibile causa della moria può essere riconducibile a danni da freddo, va posta attenzione alla nutrizione azotata evitando eccessi, specie negli interventi autunnali, garantendo in ogni caso una buona nutrizione di potassio e calcio. Una pianta con equilibrato accrescimento vegetativo fin dal primo anno è meno sensibile a stress e ad attacchi di funghi, batteri ed insetti patogeni. Un’accurata preparazione del terreno per il nuovo impianto permette alla pianta di crescere nelle condizioni migliori. Da numerose osservazioni si è riscontrata una correlazione tra la comparsa e l’entità della moria e le forti movimentazioni del terreno o sistemazioni agrarie non eseguite correttamente. Per quanto riguarda l’erosione idrica la presenza dell’inerbimento fa sì che i rischi siano legati specialmente ai nuovi impianti, quando la protezione della copertura erbacea è ancora parziale (Foto 7). Essi sono tanto più alti quanto più le superfici sono inclinate. Negli impianti a rittochino si osservano quasi sempre segni di erosione del suolo (scalzamento dei tronchi, abbondanza di pietrosità superficiale), in particolare sulla fila, dove viene effettuato il diserbo (Foto 8). Come descritto, i suoli della zona di studio sono relativamente ricchi di sostanza organica, considerando la media. Una gestione inappropriata può portare comunque a contenuti di sostanza organica troppo bassi (inferiori al 2%). Questo rischio è più elevato nelle tipologie di suolo che sono naturalmente più povere, ed è più frequente negli impianti recenti e/o dove le superfici hanno subito lavori di sistemazione. Il presente lavoro è stato svolto con la collaborazione di Mario Ramponi, Silvana Busarello, Andrea Ceschini, Valentino Diener, Tullia Nicolodi e Ivo Pancheri.

149


150


6 NUTRIZIONE DELLA PIANTA E SUOLI Duilio Porro, Daniela Bertoldi, Giacomo Sartori

151


STATO NUTRIZIONALE DELLE PIANTE Un corretto stato nutrizionale sta alla base di qualsiasi decisione da prendere in campo agronomico, in quanto l'estrinsecazione delle potenzialità qualitative delle piante è possibile solo in condizioni nutrizionali ottimali. Pertanto, la conoscenza e l’individuazione dell’equilibrio nutrizionale delle piante, in relazione alle diverse tipologie di suolo ed ambientali caratterizzanti la frutticoltura del contesto produttivo indagato, può permettere indicazioni agronomiche mirate e finalizzate all’ottenimento delle migliori performance produttive. Infatti l’impostazione di piani di concimazione o interventi mirati di razionalizzazione delle fertilizzazioni non può prescindere da tali preziose informazioni. Il lavoro di valutazione dello stato nutrizionale delle piante di melo dell’area interessata nasce dall’attività “routinaria” svolta dai tecnici consulenti della Fondazione Mach di San Michele all’Adige, che già dalla fine degli anni ’80 avevano iniziato un monitoraggio di diversi frutteti di riferimento trentini. In particolare sono state eseguite analisi fogliari dal 1987 al 2015, e dei frutti dal 1998 al 2015. I dati considerati per tale lavoro riguardano campioni di foglie e di frutti effettuati utilizzando meleti rappresentativi delle più frequenti condizioni ambientali e colturali delle Valli di Non e di Sole, in condizioni vegetative equilibrate e con produzioni di buona qualità, dislocati in diversi siti di coltivazione. Dall’indagine sono stati esclusi campioni anomali portati al laboratorio per verificare carenze ed eccessi nutrizionali. Le foglie, come descritto in materiali e metodi, venivano campionate in due momenti della stagione vegetativa, il primo (Foto 1), più precoce, nel periodo compreso tra fine maggio e fine giugno ed il secondo, più tardivamente, cioè a fine luglio. I frutti, invece, venivano prelevati a luglio ed alla raccolta. Le analisi fogliari hanno riguardato i contenuti di azoto, fosforo, potassio, calcio, magnesio, zolfo, ferro, manganese, boro, rame e zinco, mentre quelle relative ai frutti hanno compreso solo i contenuti di azoto, fosforo, potassio, calcio e magnesio. Va precisato che i prelievi più precoci appaiono più correlati ad alcuni parametri relativi al potenziale qualitativo dei frutti (livello di azoto nella polpa alla raccolta e suscettibilità alla butteratura amara), mentre il prelievo più tardivo risulta più correlato alla produttività delle piante, ai livelli di zuccheri ed alla acidità reale dei frutti alla raccolta (Porro et al., 1996). Le determinazioni effettuate negli anni permettono di individuare i range ottimali dei diversi nutrienti al fine di garantire prestazioni quanti-qualitative di alto livello e di indirizzare adeguatamente le pratiche di concimazione “specifiche” per ciascun contesto pedoclimatico, risultando così il metodo più idoneo per una corretta definizione di standard di riferimento (Webster, 1991).

152


FOGLIE I campioni di foglie raccolte e analizzate nel corso di questi quasi trenta anni nell’area interessata da questa pubblicazione sono stati 2.365, egualmente distribuiti nei due diversi periodi di prelievo (Tab. 1). La maggior parte delle analisi ha interessato la cultivar Golden Delicious (67%), rappresentando tale varietà quella più diffusa nell’area. Al secondo posto come numerosità di campioni la Renetta Canada (14%) a conferma dell’importanza di questa cultivar per la zona, seguita da Fuji (6%), Red Delicious (6%) e Gala (4,6%). La distribuzione dei campioni in base a queste cultivar rappresenta idealmente anche l’attuale situazione frutticola dell’area. Altre varietà, comprensive di Braeburn, Morgenduft e Pinova, invece, presentavano un numero di campioni piuttosto esiguo, di poco superiore al 2% e pertanto nella valutazione delle differenze varietali all’analisi statistica non sono state considerate. PERCENTUALE PER EPOCA DI PRELIEVO VARIETÀ

TOTALE %

N. CAMPIONI

FINE MAGGIO FINE GIUGNO

FINE LUGLIO

Altre*

1,3

0,9

2,2

53

Fuji

3,5

2,6

6,1

145

Gala

2,7

1,9

4,6

108

Golden Delicious

32,7

34,3

67,0

1.585

Red Delicious

3,0

2,9

5,9

139

Renetta Canada

6,9

7,3

14,2

335

Totale %

50,1

49,9

100,0

1.184

1.181

Numero di casi

Tabella 1 Percentuale di campioni fogliari e relativo numero di campioni raccolti in Val di Non e Val di Sole nel periodo 1987-2015 suddivisi per varietà ed epoca di prelievo

2.365

* comprende le cultivar Braeburn, Morgenduft e Pinova

Dal punto di vista analitico i contenuti dei nutrienti presenti nelle foglie evidenziano differenze significative in relazione alle diverse cultivar per quasi tutti gli elementi (azoto, fosforo, potassio, calcio, magnesio, zolfo, manganese, boro, rame e zinco) ad eccezione del ferro sia al primo che al secondo prelievo (Tab. 2, 3 e 4).

Foto 1 Campionamento fogliare di fine luglio

153


MACROELEMENTO VARIETÀ

N

P

K

Ca

MICROELEMENTO Mg

S

Fe

% sulla sostanza secca

Mn

B

Cu

Zn

mg/kg di sostanza secca

Fuji

2,97 a

0,25 b

1,73 b

1,10 c

0,32 a

0,19 a

53

35 b

35 ab

28 ab

9b

Gala

2,90 a

0,24 b

1,97 a

1,06 c

0,30 ab

0,18 a

54

34 b

38 a

29 ab

9b

Golden

2,50 c

0,23 b

1,90 a

1,30 a

0,31 a

0,13 b

59

46 ab

34 b

25 b

44 a

Red

2,64 b

0,26 a

1,78 b

1,09 c

0,29 b

0,13 b

65

58 a

32 bc

23 ab

57 a

Renetta

2,41 d

0,27 a

1,55 c

1,22 b

0,30 ab

0,13 b

56

40 b

29 c

34 a

43 a

***

***

***

***

*

***

n.s.

**

***

**

***

Significatività

Tabella 2 Prelievo di fine maggio-fine giugno. Valori medi dei macro e microelementi dei campioni fogliari raccolti in Val di Non e Val di Sole nel periodo 1987-2015 suddivisi per varietà. Numero di casi, 1.153. A lettere diverse corrispondono differenze significative al test di Tukey. I livelli di significatività riportati e indicati con n.s., *, **, ***, indicano rispettivamente non significativo e significatività per valori di P ≤ 0,05 e P≥ 0,01 - P < 0,01 e P≥ 0,001 - P < 0,001.

MACROELEMENTO VARIETÀ

N

P

K

Ca

MICROELEMENTO Mg

S

Fe

% sulla sostanza secca

Mn

B

Cu

Zn

mg/kg di sostanza secca

Fuji

2,78 a

0,19 cd

1,27 b

1,65 a

0,35 ab

0,17 a

59

52 b

32 abc

42 ab

9b

Gala

2,74 ab

0,17 d

1,48 a

1,70 a

0,39 a

0,16 a

62

55 a

29 c

43 ab

9b

Golden

2,43 c

0,21 bc

1,59 a

1,73 a

0,34 b

0,11 b

66

52 b

32 b

30 b

47 a

Red

2,60 b

0,22 b

1,57 a

1,45 b

0,33 bc

0,12 b

69

68 a

35 a

38 ab

54 a

Renetta

2,36 d

0,27 a

1,26 b

1,70 a

0,32 c

0,12 b

59

44 b

34 a

44 a

55 a

***

***

***

***

***

***

n.s.

**

***

*

***

Significatività

Tabella 3 Prelievo di fine luglio. Valori medi dei macro e microelementi dei campioni fogliari raccolti in Val di Non e Val di Sole nel periodo 1987-2015 suddivisi per varietà. Numero di casi, 1.159. A lettere diverse corrispondono differenze significative al test di Tukey. I livelli di significatività riportati e indicati con n.s., *, **, ***, indicano rispettivamente non significativo e significatività per valori di P ≤ 0,05 e P≥ 0,01 - P < 0,01 e P≥ 0,001 - P < 0,001.

154


MACROELEMENTO EPOCA DI PRELIEVO

N

P

K

Ca

MICROELEMENTO Mg

S

Fe

% sulla sostanza secca

Mn

B

Cu

Zn

mg/kg di sostanza secca

Fine maggio Fine giugno

2,72

0,26

1,91

1,08

0,33

0,16

53

33

36

21

21

Fine luglio

2,53

0,22

1,37

1,64

0,37

0,16

57

45

34

41

21

Tabella 4 Valori medi dei macro e microelementi dei campioni fogliari raccolti in Val di Non e Val di Sole nel periodo 1987-2015 di altre varietà (Braeburn, Morgenduft e Pinova) nei due diversi momenti di prelievo. Numero di casi: fine maggio-fine giugno, 31; fine luglio, 22.

Dal punto di vista dei trend stagionali (Figg. 1 e 2) va evidenziato che azoto, fosforo, potassio, zolfo e boro calano significativamente nel corso della stagione, mentre calcio, magnesio, ferro e manganese aumentano. Il risultato è in accordo anche con gli standard di riferimento normalmente proposti per l’interpretazione delle analisi fogliari (Failla et al., 1993; Porro et al., 2001; Aichner e Stimpfl, 2002; Aichner et al., 2004; Zanotelli et al., 2014) e come nelle successive tabelle 12 e 13. Occorre notare che potassio e calcio sono gli elementi che variano maggiormente in relazione all’epoca di campionamento. L'azoto e il calcio in generale risentono maggiormente del decorso meteorologico stagionale. La maggior piovosità nel periodo vegetativo, infatti, può favorire l'attività radicale e l'assorbimento dell'azoto e del calcio. Il flusso traspirazionale superiore, che si verifica in condizioni di elevata umidità, favorisce la traslocazione del calcio nella pianta; pertanto, in condizioni di ridotta piovosità si riscontreranno inferiori tenori di calcio nelle lamine fogliari. In situazioni di elevata disponibilità di azoto e di maggior crescita vegetativa però si riscontrano riduzioni a carico dei livelli nutrizionali del calcio, a causa della sua scarsa mobilità all'interno della pianta. Inoltre, condizioni di maggior piovosità rendono più facilmente assorbibili anche il fosforo ed il potassio, e la maggior disponibilità di quest'ultimo può essere la causa del minor assorbimento di calcio e magnesio da parte delle piante. Le analisi fogliari effettuate confermano alcuni risultati già riportati in un lavoro precedente (Porro, 2004), ovvero che le cultivar hanno spesso comportamenti nutrizionali peculiari, specifici del genotipo. Dall’indagine effettuata in tale lavoro, in particolare emerge che nel prelievo precoce (Tab. 2) le cultivar Fuji e Gala presentano valori significativamente più elevati di azoto rispetto a Red Delicious, Golden e Renetta, che a loro volta si discostano statisticamente tra loro presentando valori diversi (Foto 2). Analogamente, anche nel secondo prelievo (Tab. 3) si ottengono gli stessi risultati, con l’eccezione che Gala non si differenzia né da Fuji, né da Red Delicious.

155


150

150

100

100

100

n° di casi

n° di casi

n° di casi

150

0 1

50

50

50

2 3 Azoto fogliare (% s.s.)

0 0,0

4

150

0,1 0,2 0,3 0,4 Fosforo fogliare (% s.s.)

0 0,2

0,5

1,2 2,2 Potassio fogliare (% s.s.)

3,2

150

200

150 100

n° di casi

n° di casi

n° di casi

100 100

50

50 50

0 0

1 2 Calcio fogliare (% s.s.)

0 0,0

3

0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 Magnesio fogliare (% s.s.)

0 0,0

0,7

0,1 0,2 0,3 Zolfo fogliare (% s.s.)

0,4

Figura 1 Distribuzione di frequenza dei valori di azoto, fosforo, potassio, calcio, magnesio e zolfo dei campioni fogliari raccolti in Val di Non e Val di Sole nel periodo 1987-2015 nei due diversi momenti di prelievo

150

100

150

80

50

100

60

n° di casi

n° di casi

n° di casi

100

40

50 20

0 0

50 100 Ferro fogliare (mg/kg s.s.)

0 0

150

60

50 100 150 Manganese fogliare (mg/kg s.s.)

200

25 50 75 100 125 Rame fogliare (mg/kg s.s.)

150

0 0

10 20 30 40 50 60 Boro fogliare (mg/kg s.s.)

100

50

80

n° di casi

n° di casi

40 30

60 40

20 20

10 0 0

25 50 75 100 125 Zinco fogliare (mg/kg s.s.)

150

0 0

Fine maggio-fine giugno Fine luglio

Figura 2 Distribuzione di frequenza dei valori di ferro, manganese, boro, rame zinco dei campioni fogliari raccolti in Val di Non e Val di Sole nel periodo 1987-2015 nei due diversi momenti di prelievo

156

70


Foto 2 A e B Rilievo su foglie di Gala e Golden D. con SPAD, strumento che stima il colore (A: Gala 48,5 e B: Golden D. 40) e indirettamente lo stato nutrizionale azotato, decisamente più alto per Gala che per Golden D. (Tab. 2 e 3)

I valori di fosforo di Red Delicious e Renetta, al primo momento di rilievo, risultano statisticamente più alti di quelli delle altre cultivar. Nel secondo momento di rilievo, invece, Gala mostra valori significativamente più bassi anche nei confronti di Golden e Red Delicious, che a loro volta si discostano da Renetta, in quanto presentano valori minori. Le informazioni relative al potassio individuano nelle cultivar Renetta e Fuji quelle con i valori inferiori in entrambi i momenti di stima, significativamente meno dotate rispetto a Golden - quella con i valori statisticamente più elevati - e Gala; la cultivar Red Delicious, nel primo momento di rilievo non si differenzia da Fuji, mentre nel secondo momento di rilievo è tra le varietà con i valori più alti. Il calcio è sempre statisticamente superiore nella varietà Golden, nei confronti di tutte le altre nel primo prelievo, e nei confronti solo di Red Delicious al secondo prelievo. Nel periodo precoce, le differenze emergono anche tra Renetta e le altre cultivar (Fuji, Gala e Red Delicious) che presentano valori significativamente inferiori. Per il magnesio, nel primo prelievo Golden e Fuji mostrano valori più elevati nei confronti di Red Delicious, mentre a fine luglio si evidenzia che Gala si discosti statisticamente da Renetta, Red Delicious e Golden per i più elevati livelli fogliari. Fuji e Gala in entrambi i momenti di stima risultano le varietà più dotate in zolfo. Il ferro non è risultato influenzato dalle diverse cultivar in entrambi i momenti di rilievo. Red Delicious appare la più adatta all’assorbimento di manganese, risultando statisticamente più dotata per tale elemento in entrambi i momenti di rilievo. Si conferma anche che le varietà Golden, Renetta e Fuji, soprattutto se innestate su portinnesti vigorosi come M11 e MM106 e se allevate in suoli sciolti (franco sabbiosi) e molto calcarei, hanno una disponibilità ridotta di tale elemento e risultano più sensibili alla filloptosi estiva nel periodo della maturazione dei frutti che si verifica in corrispondenza di piogge intense, richiedendo così integrazioni specifiche (Sorrenti, 2006). Strano è il comportamento delle varietà relativamente al boro, che appare influenzato dall’epoca di campionamento: a tale riguardo, infatti, Renetta presenta i minori livelli in epoca precoce rispetto a Golden, Fuji e Gala, mentre a fine luglio, a pari della Red Delicious, mostra valori statisticamente più alti nei confronti di Golden e Gala. Probabilmente i trattamenti fogliari specifici a base di boro in relazione 157


alle differenti varietà possono influire notevolmente nella modificazione dei livelli nelle foglie: si ricorda che tali interventi vengono effettuati dagli agricoltori prima e dopo la fioritura, specialmente in corrispondenza di sbalzi termici e idrici che ostacolano l’assorbimento radicale del boro. Per il rame, Golden si differenzia significativamente da Renetta per i minori livelli fogliari in modo analogo nei due momenti di stima. Per quanto inerente lo zinco, Red Delicious, Renetta e Golden risultano le cultivar che presentano in entrambi i rilievi i valori statisticamente più alti nei confronti di Fuji e Gala, cultivar che compaiono nel monitoraggio solo negli ultimi anni, quando si è registrata l’esclusione del prodotto Mancozeb (a base di manganese e zinco) dal territorio trentino.

Relazioni con i Gruppi e Sottogruppi di suoli Un’analisi più approfondita di tutti i campioni fogliari raccolti nel periodo 1987-2015 e georeferenziati (quindi tutte le varietà, tolti i campioni anomali, per un numero complessivo di 2.331 casi) ha permesso di ottenere informazioni in relazione alle diverse fonti di variazione, quali quota altimetrica (distinguendo tre fasce altimetriche, ovvero <500 m, tra 500 e 750 m e >750 m), e per quanto riguarda i suoli, Sottogruppi di tessitura e di idromorfia, e Gruppi di substrato. Le correlazioni con i Gruppi funzionali individuati in base ai parametri edafici e nutrizionali (pH, sostanza organica, rapporto C/N, calcare totale ed attivo, fosforo, potassio, magnesio e boro) verranno invece esaminate nel paragrafo seguente. Il modello generale per l’analisi della varianza ha previsto di pesare l’effetto di ciascuna fonte di variazione considerata in relazione al prelievo e alla rispettiva interazione tra prelievo e fonte di variazione. Come già descritto precedentemente, l’effetto relativo al prelievo precoce o tardivo è risultato molto netto per tutti gli elementi, considerando l’insieme dei dati. La valutazione congiunta in funzione delle diverse fonti di variazione, sebbene con significatività diverse e variabili in relazione alla combinazione, permette tuttavia di estrapolare informazioni generali indipendenti dal momento di prelievo, in quanto nella maggior parte dei casi le interazioni non sono risultate significative(1). È doveroso fare una precisazione, valida anche per le relazioni con i Gruppi funzionali, in merito ai valori degli elementi azoto, fosforo e potassio delle lamine fogliari. Questi elementi possono risentire maggiormente di altri delle fertilizzazioni che gli agricoltori effettuano, e pertanto alcune informazioni derivanti dall’analisi dei dati potrebbero dipendere più dalle pratiche di coltura che dalle (1) Non è possibile valutare l’interazione con la varietà, in quanto per alcune cultivar non si hanno dati sufficienti nelle diverse classi delle differenti fonti di variazione, soprattutto in relazione ai Gruppi pedologici distinti in base al substrato. Per questa specifica fonte di variazione la standardizzazione dei dati (media uguale a 0 e deviazione standard = 1) per varietà e per prelievo permette di pesarne l’effetto. Nel lavoro si presentano quindi i dati standardizzati di tutte le cultivar e valutati secondo il modello generale adottato.

158


quantità tipiche delle diverse tipologie di suolo. Ciononostante, dall’analisi globale dei dati si possono estrapolare alcune indicazioni generali di notevole interesse, considerando l’ampiezza del set disponibile, che tende a compensare la variabilità nella conduzione agronomica. Le concentrazioni di azoto, magnesio e manganese nelle foglie aumentano con l’aumentare della quota altimetrica, mentre quelle di calcio e zinco diminuiscono. Per azoto, calcio e manganese le differenze sono statisticamente significative tra le quote inferiori a 750 m e quelle superiori a 750 m. Il rame, invece, è più concentrato nelle foglie nelle quote inferiori a 500 m. Relativamente alla tessitura, emergono differenze interessanti tra le tre classi tessiturali prevalenti, ovvero suoli franchi, franco limosi e franco sabbiosi: l’azoto fogliare è meno concentrato nelle piante coltivate in suoli franchi rispetto alle altre due tipologie, il fosforo nelle foglie è significativamente più elevato in piante su terreni franco limosi, che invece presentano minor potassio e magnesio nelle foglie. Si conferma anche che nei terreni più grossolani è più frequente ritrovare carenze di magnesio, diffuse particolarmente in suoli franco sabbiosi. Il calcio fogliare di piante coltivate in suoli franco sabbiosi è significativamente più basso rispetto alle altre due classi tessiturali, mentre in piante coltivate su suoli franchi si riscontra maggior quantità di boro nelle lamine fogliari. Il ferro fogliare è statisticamente più elevato quando le piante sono coltivate in suoli franco sabbiosi (più poveri in calcare attivo) rispetto a quelli a tessitura più fine. Per il rame si verifica l’opposto. Interessante è il legame esistente tra le classi tessiturali ed i livelli di boro nelle foglie: il contenuto fogliare diminuisce significativamente passando dai suoli franchi a quelli franco limosi sino a quelli franco sabbiosi. In merito all’idromorfia (Tab. 5) non emergono forti relazioni con i contenuti di macroelementi delle foglie, sebbene si noti che potassio e magnesio siano inferiori nelle piante coltivate in suoli idromorfi o molto idromorfi, mentre il calcio risulta meno concentrato nelle piante coltivate in suoli non idromorfi; relativamente ai microelementi, invece, emergono in modo netto indicazioni in merito al fatto che piante in suoli non idromorfi siano significativamente più dotate di manganese e zinco fogliari nei confronti di quelle su suoli idromorfi e molto idromorfi. Considerando la natura del substrato pedologico, va evidenziato che per tutti gli elementi si sono riscontrate differenze importanti (Fig. 3). I suoli su conoidi misti e su conoidi calcarei presentavano valori significativamente inferiori di azoto fogliare rispetto a quelli su conoidi silicatici, su conoidi dolomitici e su glaciale misto. Anche i substrati alluvionali (sia misti che silicatici), sebbene presentino una più elevata variabilità, favoriscono valori elevati di azoto nelle foglie. I valori di fosforo fogliare inferiori si riscontrano nelle piante coltivate su suoli dolomitici (sia su conoide che su glaciale) e su suoli dei conoidi silicatici, statisticamente diversi da quelli di meli su glaciale silicatico e su conoidi misti che mostrano, invece, valori più elevati. 159


i m ALsi AL

Magnesio fogliare (% s.s.)

Calcio fogliare (% s.s.)

2,5

2,0

1,5

1,0

0,5

i m ALsi AL

0,1

i m ALsi AL

2,0 1,5 1,0 0,5

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

0,6

125

0,5

105

0,4 0,3 0,2 0,1

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

150

i m ALsi AL

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

85 65 45 25

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

200

80

100

50

Zinco fogliare (mg/kg s.s.)

70

Boro fogliare (mg/kg s.s.)

Manganese fogliare (mg/kg s.s.)

0,2

0,0

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

Potassio fogliare (% s.s.)

2

2,5

0,3

Ferro fogliare (mg/kg s.s.)

3

1

3,0

0,4

Fosforo fogliare (% s.s.)

Azoto fogliare (% s.s.)

4

60 50 40 30 20

0

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

10

i m ALsi AL

i i i i a o CM Oc Od Om COs Ldo Lm GLs G G C C C

150

100

50

0

Figura 3 Macro e microelementi dei campioni fogliari raccolti in Val di Non e Val di Sole nel periodo 1987-2015 in relazione alla natura del substrato pedologico. Valori medi ± errore standard di tutte le cultivar nei due momenti di prelievo.

160


IDROMORFIA ELEMENTO

SIGNIF.

SUOLI NON IDROMORFI

SUOLI IDROMORFI E MOLTO IDROMORFI 1,55 b

Potassio (% s.s.)

***

1,71 a

Calcio (% s.s.)

***

1,46 b

1,54 a

Magnesio (% s.s.)

**

0,34 a

0,31 b

Manganese (mg/kg s.s.)

***

50 a

39 b

Zinco (mg/kg s.s.)

***

45 a

33 b

1.822

509

Numero di casi

Tabella 5 Valori medi di potassio, calcio, magnesio, manganese e zinco fogliari in relazione all’idromorfia. Le medie comprendono tutte le varietà nei due momenti di prelievo. A lettere diverse corrispondono differenze significative al test di Tukey per significatività di P < 0,01 e P≥ 0,001 (**) e P < 0,001 (***).

In merito al potassio fogliare, che ha mostrato una grossa variabilità, i suoli su conoidi calcarei e su glaciale dolomitico hanno presentato livelli statisticamente più elevati nei confronti di quelli su calcari marnosi, su conoidi silicatici e dolomitici e su glaciale sia misto che silicatico. Il calcio nelle foglie delle piante presenti su suoli su glaciale silicatico è risultato più contenuto rispetto a quello delle piante sulla maggior parte dei suoli, ad esclusione di quelli di origine alluvionale silicatica e di quelli su conoidi misti. Va inoltre notato che i conoidi silicatici mostrano invece valori analoghi ai suoli su materiali calcarei, forse per effetto delle calcitazioni. I suoli dolomitici (sia su glaciale che su conoide) e quelli dei conoidi calcarei hanno fatto rilevare valori significativamente più elevati di magnesio fogliare rispetto a quelli di origine silicatica (sia su conoide che su glaciale) ed a quelli su calcari marnosi. È interessante notare che le quantità nettamente più elevate riscontrate nei conoidi calcarei e dolomitici, e in misura inferiore sul glaciale misto e sull’alluvionale misto, rispettano le quantità maggiori rilevate anche nei suoli. Per il ferro delle piante coltivate su conoidi silicatici si sono riscontrati valori fogliari statisticamente superiori nei confronti di quelli di piante su suoli su glaciale misto e su conoidi misti (come tendenza). In generale i contenuti sui suoli non calcarei (sviluppati da materiali silicatici) tendono a essere più elevati rispetto a quelli su suoli calcarei. Il valore fogliare di manganese delle piante dei suoli silicatici sia di conoide che glaciali è risultato statisticamente più elevato in raffronto a quello delle piante sulla maggior parte dei suoli di altra origine, ad esclusione di quelli alluvionali, con composizione sia silicatica che mista. Nel complesso i contenuti su tutti i suoli su materiali silicatici, quindi non calcarei, mostrano valori comunque nettamente superiori. I valori inferiori, al contrario, sono stati registrati nei suoli su conoidi misti e su glaciale misto. Il boro delle foglie di meli coltivati in suoli dolomitici (sia conoidi che glaciali) è apparso significativamente minore nei confronti di quello di piante su materiali misti, sia alluvionali che di conoide. I contenuti negli impianti su calcari marnosi sono nella media, sebbene i contenuti nel suolo siano come si è visto molto bassi. A riguardo dello zinco i suoli su materiali misti (in particolare alluvionali e glaciali, e in minore misura di conoide) si discostano da 161


quelli dolomitici (glaciali e di conoide), da quelli dei suoli su conoidi calcarei e su calcari marnosi per i valori più bassi nelle lamine fogliari. I valori più elevati in assoluto si rilevano su suoli su glaciale dolomitico. Infine, per rame e zolfo, le differenze delle concentrazioni fogliari emerse in relazione al substrato non sembrano assumere un significato agronomico interessante.

Relazioni con i Gruppi funzionali di suoli Piante coltivate su suoli del Gruppo funzionale di pH superiore fanno rilevare maggiori contenuti di calcio e magnesio e minori livelli di ferro, manganese ed azoto. I dati confermano che quando il terreno presenta una reazione subalcalina e/o alcalina (suoli calcarei) l’assorbimento di calcio e magnesio viene favorito. Va qui ricordato che la maggior parte dei microelementi (Fe, Mn, B, Cu, Zn e Al), diversamente, vengono assorbiti più facilmente a pH subacido o neutro. I Gruppi funzionali di calcare totale e attivo mettono chiaramente in evidenza che al crescere dei livelli di calcare sia totale che attivo i contenuti di calcio (+10%) e zinco (+35%) nelle foglie aumentano, mentre quelli di azoto (-5%), manganese (-30%) e ferro (-20%, come evidente nella figura 4) diminuiscono.

Figura 4 Valori di ferro dei campioni fogliari nei due momenti di prelievo in relazione al Gruppo funzionale di calcare attivo. Valori medi ± errore standard di tutte le cultivar. Legenda: “01” basso (< 2,5%); “02” moderato (2,5-5%); “03” alto (> 5%)

Ferro fogliare (mg/kg s.s.)

90 Fine maggio-fine giugno Fine luglio 70

50

30

01

02

03

Gruppo funzionale di calcare attivo

Quando ci si trova nella classe più elevata di calcare attivo, il magnesio nelle foglie è significativamente inferiore (valori minori di 0,3) rispetto a condizioni di basso calcare attivo (valori superiori a 0,33), confermando quanto già noto, ovvero che suoli molto ricchi in calcio inibiscono la disponibilità del magnesio per la competizione che si instaura a livello radicale nell’assorbimento tra i due cationi (Marschner, 2012). Per i Gruppi funzionali di suoli relativi alla sostanza organica i valori fogliari di potassio e magnesio delle piante presenti su suoli nella classe più elevata sono risultati significativamente maggiori, mentre quelli di fosforo, boro e zolfo sono apparsi inferiori (Tab. 6). Questi risultati confermano che la sostanza organica può aumentare notevolmente la mobilità del potassio nel terreno modificandone la disponibilità. I microelementi ferro, manganese e zinco delle foglie di meli su suoli con maggior sostanza organica sono risultati significativamente più 162


elevati confermando conoscenze agronomiche consolidate (Rom, 1996). Analoghe relazioni sono state trovate per il Gruppo funzionale del rapporto C/N. GRUPPO FUNZIONALE DI SOSTANZA ORGANICA ELEMENTO

SIGNIF.

SUOLI CON MEDIA SOSTANZA ORGANICA

SUOLI CON ALTA SOSTANZA ORGANICA

Azoto (% s.s.)

n.s.

2,51

2,53

Fosforo (% s.s.)

**

0,24 a

0,22 b 1,74 a

Potassio (% s.s.)

***

1,65 b

Calcio (% s.s)

n.s.

1,46

1,50

Magnesio (% s.s.)

***

0,32 b

0,34 a

Zolfo (% s.s.)

***

0,13 a

0,11 b

Ferro (mg/kg s.s.)

***

60 b

66 a

Manganese (mg/kg s.s.)

***

44 b

58 a

Boro (mg/kg s.s.)

**

34 a

32 b

Zinco (mg/kg s.s.)

***

39 b

52 a

1.722

609

Numero di casi

Tabella 6 Valori medi di macro e microelementi fogliari in relazione al Gruppo funzionale di sostanza organica. Le medie comprendono tutte le varietà nei due momenti di prelievo. A lettere diverse corrispondono differenze significative al test di Tukey per significatività di P < 0,01 e P≥ 0,001 (**) e P < 0,001 (***)

A riguardo dei Gruppi funzionali di fosforo c’è da evidenziare che i tenori fogliari di fosforo e zinco sono significativamente più elevati nella classe superiore, mentre quelli di azoto, boro e zolfo in quella inferiore. A riguardo del dato relativo allo zinco, il risultato sembrerebbe essere legato anche a altri fattori, in quanto generalmente livelli di fosforo nel terreno più elevati possono portare ad una minor disponibilità di zinco, poiché si formano fosfati di tale elemento difficilmente assorbibili. Per i Gruppi funzionali di potassio si registrano valori significativamente inferiori di zolfo nelle foglie passando dalla classe minore a quelle superiori. All’aumentare del contenuto di magnesio nel suolo (Gruppi funzionali di magnesio) aumentano in modo significativo i tenori di magnesio fogliari (Fig. 5), mentre calano quelli di manganese e boro. Il dato relativo al manganese conferma la competizione esistente tra manganese e magnesio in molti processi metabolici (Marschner, 2012).

Magnesio fogliare (% .s.s.)

0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1

01

02

03

Figura 5 Valori di magnesio fogliare in relazione al Gruppo funzionale di magnesio. Valori medi ± errore standard di tutte le cultivar nei due momenti di prelievo. Legenda: “01” medio (< 300 mg/kg di MgO); “02” alto (300-600 mg/kg di MgO); “03” molto alto (> 600 mg/kg di MgO)

Gruppo funzionale di magnesio

163


A riguardo dei Gruppi funzionali di boro del suolo, basati su un numero di dati limitato, non emergono indicazioni relative alle modificazioni dei valori di boro nelle foglie in relazione alle differenti classi, mentre si sono evidenziati livelli fogliari di azoto e magnesio superiori e livelli di potassio, calcio, manganese e zinco inferiori nella classe di boro del suolo più elevata. Tali informazioni sono difficilmente comprensibili. Ciononostante, va ricordato che il boro viene rilasciato nella soluzione circolante grazie alla mineralizzazione della sostanza organica e diviene così assorbibile dalle piante quanto maggiore è tale attività. I Gruppi funzionali di AWC hanno evidenziato differenze significative solo tra le due classi inferiori, ovvero tra le classi con ritenzione idrica molto bassa (“01”) e bassa (“02”), anche perché la classe di AWC più elevata (“03”) è poco rappresentata: in particolare è emerso che fosforo, calcio, boro e rame nelle foglie siano superiori nella classe intermedia (ritenzione bassa) rispetto a quella con acqua disponibile molto bassa; per il potassio si verifica, invece, l’opposto. Interessante è quanto emerge per il magnesio (Fig. 6), che segue un andamento decrescente passando dalla classe minore a quella superiore, con depressione dei valori rispettivamente pari al 10% ed al 17% nelle classi di ritenzione idrica bassa (“02”) ed elevata (“03”) rispetto alla classe di ritenzione idrica molto bassa (“01”).

Figura 6 Valori di magnesio fogliare in relazione al Gruppo funzionale di AWC. Valori medi ± errore standard di tutte le cultivar nei due momenti di prelievo. Legenda: “01” ritenzione idrica molto bassa; “02” ritenzione idrica bassa; “03” ritenzione idrica elevata

Magnesio fogliare (% .s.s.)

0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1

01

02

03

Gruppo funzionale di AWC

I risultati ottenuti confermano che la disponibilità elevata di acqua nel terreno induce un maggior assorbimento di fosforo e di calcio, e un minor assorbimento di magnesio.

164


FRUTTI Anche relativamente ai frutti la maggior parte delle analisi complessive, pari a 833 (Tab. 7), ha interessato la cultivar Golden Delicious (58%). Una buona parte di frutti analizzati ha riguardato la Renetta Canada (37%) e solo il 4,4% ha riguardato la Red Delicious. Braeburn, Fuji e Gala (aggregate nella voce “Altre”) complessivamente hanno interessato una quantità di poco superiore all’1%. PERCENTUALE PER EPOCA DI PRELIEVO

VARIETÀ

LUGLIO

RACCOLTA

TOTALE %

Tabella 7 Percentuali e relativo numero di campioni di frutti raccolti in Val di Non e Val di Sole nel periodo 1998-2015 suddivisi per varietà ed epoca di prelievo

N. CAMPIONI

Altre*

0,8

0,2

1,0

9

Golden Delicious

33,4

24,2

57,6

480

Red Delicious

2,6

1,8

4,4

37

Renetta Canada

21,0

15,8

36,8

307

Totale %

57,9

42,1

100,0

Numero di casi

482

351

833

* comprende le cultivar Braeburn, Fuji e Gala.

L’analisi dei contenuti minerali dei frutti, effettuata solo considerando Golden, Renetta Canada e Red Delicious, ha evidenziato differenze significative in relazione alle diverse cultivar per gli elementi azoto e magnesio e per il rapporto K/Ca al primo prelievo (Tab. 8) e per tutti gli elementi (N, P, K, Ca e Mg) al prelievo della raccolta (Tab. 9). Anche i valori relativi a peso medio dei frutti ed umidità (sia totale che residua dopo essiccazione) dei frutti sono risultati fortemente modificati dalle diverse cultivar in entrambi i prelievi.

PARAMETRO OSSERVATO VARIETÀ

N

P

K

Ca

Mg K/Ca

mg/kg di sostanza secca

PESO MEDIO

UMIDITÀ

UMIDITÀ RESIDUA

g

%

%

Golden

5.965 b

1.076

11.565

832

636 b

14,5 b

71,9 b

85,8 b

11,0 a

Renetta

6.310 a

1.179

11.807

844

693 a

14,5 b

82,3 a

86,0 a

10,5 ab

Red Delicious

6.942 a

1.156

12.037

772

719 a

16,0 a

68,0 b

85,6 ab

9,6 b

Significatività

**

n.s.

n.s.

n.s.

***

*

***

**

**

Tabella 8 Parametri dei frutti raccolti in Val di Non e Val di Sole nel periodo 1998-2015 suddivisi per varietà nel prelievo di luglio. Numero di casi, 475. A lettere diverse corrispondono differenze significative al test di Tukey. I livelli di significatività riportati e indicati con n.s., *, **, ***, indicano rispettivamente non significativo e significatività per valori di P ≤0,05 e P ≥0,01 - P <0,01 e P ≥0,001 - P <0,001.

165


Il confronto dei valori ottenuti con gli standard di riferimento proposti per l’interpretazione delle analisi dei frutti (Porro et al., 2004, Brunetto et al., 2015) può fornire utili informazioni per comprendere le dinamiche di assorbimento dei nutrienti nel corso della stagione e per indirizzare eventuali apporti di fertilizzanti.

PARAMETRO OSSERVATO VARIETÀ

N

P

K

Ca

Mg K/Ca

mg/kg di sostanza secca

PESO MEDIO

UMIDITÀ

UMIDITÀ RESIDUA

g

%

%

Golden

2.812 b

668 b

8.121 b

394 c

397 b

21,5

194,1 b

84,5 c

9,0 b

Renetta

3.344 a

792 a

8.883 a

431 b

465 a

21,3

204,6 a

85,1 b

10,1 a

Red Delicious

3.328 a

794 a

8.989 a

501 a

478 a

18,6

184,1 b

85,9 a

9,1 ab

Significatività

***

***

***

***

***

**

***

**

Tabella 9 Parametri dei frutti raccolti in Val di Non e Val di Sole nel periodo 1998-2015 suddivisi per varietà nel prelievo della raccolta. Numero di casi, 349. A lettere diverse corrispondono differenze significative al test di Tukey. I livelli di significatività riportati e indicati con n.s., ≈, *, **, ***, indicano rispettivamente non significativo e significatività per valori di P ≤0,100 e P ≥0,05 - P ≤0,05 e P ≥0,01 - P <0,01 e P ≥0,001 - P <0,001.

Red Delicious e Renetta sono risultate significativamente più dotate in azoto, fosforo, potassio e magnesio nei confronti di Golden alla raccolta. Per l’azoto e per il magnesio, l’effetto era evidente anche nei frutticini prelevati a luglio. Alla raccolta i livelli di calcio nei frutti sono risultati significativamente diversi tra le tre varietà indagate, mostrando valori superiori in Red Delicious, intermedi in Renetta e più bassi in Golden. Il rapporto K/Ca al primo prelievo (Tab. 8) evidenziava valori significativamente maggiori nei frutti di Red Delicious nei confronti di Golden e Renetta, mentre alla raccolta (Tab. 9) la tendenza è stata opposta, quando i valori inferiori si sono registrati in Red Delicious. Il dato del rapporto K/Ca relativo al prelievo di luglio conferma la maggior suscettibilità della Red Delicious alla butteratura amara nei confronti di Golden. I quantitativi di calcio presenti nel frutto, durante le prime fasi di sviluppo dello stesso, sono un indice di quanto è possibile ritrovarne alla raccolta, in quanto esiste un legame tra il rapporto K/Ca in luglio e quello alla raccolta: è proprio per tale motivo che l’analisi precoce dei frutti come strumento di monitoraggio della qualità interna dei frutti e proposta alla fine degli anni ‘90 (Drahorad, 1999; Marcelle, 1995) ed utilizzata nel corso dell’indagine, ha permesso di suggerire agli agricoltori di intervenire con prodotti a base di calcio nel corso della stagione vegetativa al fine di modificare rapporti squilibrati e diminuire così l’incidenza della fisiopatia butteratura amara. 166


Il dato relativo al rapporto K/Ca alla raccolta, in tal senso, documenta che la cultivar Red Delicious sia stata trattata maggiormente e per tale ragione i valori del rapporto abbiano subito modificazioni rispetto a quanto osservato nel corso del primo prelievo. I frutti di Renetta, in entrambi i campionamenti, risultavano significativamente più pesanti nei confronti di Red Delicious e Golden. L’umidità dei frutti di Golden è stata sempre inferiore, mentre quella residua dopo essiccazione risultava in tale cultivar rispettivamente la più elevata e la più bassa al primo ed al secondo prelievo. Dal momento che la numerosità dei campioni delle altre cultivar (Braeburn, Fuji e Gala) è molto ridotta si riportano i valori medi solo come indicazione generale (Tab. 10). Osservando i valori riportati nelle tabelle 8, 9 e 10 va evidenziato che le concentrazioni dei nutrienti azoto, fosforo, potassio, calcio e magnesio nei frutti calano significativamente da luglio alla raccolta, anche perché aumenta il peso dei frutti, mentre aumenta il rapporto K/Ca. Le differenze tra i valori presenti nei frutticini e quelli dei frutti alla raccolta sono molto nette.

PARAMETRO OSSERVATO EPOCA DI PRELIEVO

N

P

K

Ca

Mg K/Ca

mg/kg di sostanza secca

PESO MEDIO

UMIDITÀ

UMIDITÀ RESIDUA

G

%

%

Luglio

6.734

1.148

11.175

1.058

723

10,9

57,0

86,1

11,1

Raccolta

3.005

625

8.155

510

385

16,0

217,5

84,9

10,2

Tabella 10 Parametri dei frutti raccolti in Val di Non e Val di Sole nel periodo 1998-2015 nelle varietà Braeburn, Fuji e Gala nei due momenti di prelievo. Numero di casi: luglio, 7; raccolta, 2

Relazioni con i Gruppi e i Sottogruppi di suoli Analogamente a quanto effettuato per le foglie, l’analisi approfondita di tutti i campioni dei frutti raccolti nel periodo 1998-2015 e georeferenziati (quindi tutte le varietà presenti sui vari suoli, escludendo quelli presenti su suoli del substrato “COmi”, in quanto poco rappresentativi e non presenti per entrambi i momenti di prelievo), per un numero complessivo di analisi pari a 831 casi, ha permesso di ottenere informazioni in relazione alle diverse fonti di variazione, quali quota altimetrica, Sottogruppi edafici di tessitura, di idromorfia e Gruppi di substrato (non sono presenti i Gruppi ALmi, ALsi e COmi), nonché ai raggruppamenti funzionali (pH, sostanza organica, rapporto C/N, calcare totale ed attivo, fosforo, potassio, magnesio e boro). Anche in questo caso si è utilizzato il modello generale per l’analisi della varianza che potesse pesare l’effetto di ciascuna fonte di variazione considerata in relazione al prelievo. Analogamente a quanto descritto per le foglie, non è possibile valutare l’interazione 167


con la varietà, in quanto alcune cultivar non sono presenti nelle diverse classi delle differenti fonti di variazione, soprattutto in relazione ai substrati pedologici(2). Poiché le interazioni tra prelievo e fonte di variazione raramente sono risultate significative si possono ricavare informazioni generali indipendenti dal momento di prelievo per ciascuna fonte di variazione tenendo conto che la precisazione effettuata precedentemente considerando le lamine fogliari rimane valida, ovvero che le concentrazioni degli elementi azoto, fosforo e potassio risentono fortemente delle fertilizzazioni effettuate dagli agricoltori e, perciò, possono condizionare o mascherare l’effetto delle diverse fonti di variazione considerate. Come quanto osservato per le foglie, anche nei frutti la concentrazione di azoto e di magnesio aumenta con l’aumentare della quota altimetrica, facendo rilevare differenze statisticamente significative tra le quote inferiori a 750 m e quelle superiori a 750 m. A quote inferiori i frutti presentano, inoltre, umidità più elevate. Anche nei frutti l’azoto è meno concentrato nelle piante coltivate in suoli franchi rispetto alle altre due classi di tessitura. Il potassio è significativamente più elevato nei frutti di piante su terreni franco-sabbiosi in confronto a quelli di meli su terreni franchi. I terreni franco-limosi fanno rilevare valori superiori di umidità dei frutti, di calcio e di magnesio nei frutti rispetto a quelli franchi e conseguentemente presentano inferiori livelli del rapporto K/Ca dei frutti. Frutti provenienti da piante coltivate in suoli idromorfi mostrano valori di umidità superiori rispetto a quelli di suoli non idromorfi alla raccolta, e con più elevate concentrazioni di calcio (+8% a luglio e +4% alla raccolta), analogamente a quanto osservato nelle foglie; conseguentemente i valori del rapporto K/Ca risultano significativamente superiori nei suoli non idromorfi nei confronti di quelli idromorfi (Tab. 11).

(2) Per la fonte di variazione dei Gruppi di substrato, la standardizzazione dei dati (media uguale a 0 e deviazione standard = 1) per varietà e per prelievo permette di pesarne l’effetto. Nel lavoro si presentano quindi i dati standardizzati di tutte le cultivar e valutati secondo il modello generale adottato.

168


PARAMETRO OSSERVATO IDROMORFIA

N

P

K

Ca

Mg K/Ca

mg/kg di sostanza secca

PESO MEDIO

UMIDITÀ

UMIDITÀ RESIDUA

g

%

%

PRELIEVO DI LUGLIO Suoli non idromorfi

6.201

1.124

11.768 a

821 b

664

14,8 a

73,9 b

85,8

10,8

Suoli idromorfi

5.986

1.100

11.422 b

883 a

654

13,5 b

79,2 a

85,9

10,6

n.s

n.s.

*

**

n.s.

***

**

n.s.

n.s.

Significatività

PRELIEVO DELLA RACCOLTA Suoli non idromorfi

3.070

716

8.486

409 b

426

21,6 a

196,4

84,6

9,4

Suoli idromorfi

2.910

733

8.296

427 a

427

19,9 b

202,4

85,1

9,4

n.s.

n.s.

n.s.

*

n.s.

**

n.s.

**

n.s.

Significatività

Tabella 11 Parametri dei frutti raccolti in Val di Non e Val di Sole nel periodo 1998-2015 in relazione all’idromorfia ed al prelievo. Numero di casi, 482 nel prelievo di luglio e 351 nel prelievo della raccolta. A lettere diverse corrispondono differenze significative al test di Tukey. I livelli di significatività riportati e indicati con n.s., *, **, ***, indicano rispettivamente non significativo e significatività per valori di P ≤0,05 e P ≥0,01 - P <0,01 e P ≥0,001 - P <0,001.

In merito alla natura del substrato pedologico sono emerse differenze significative per i contenuti di azoto, potassio, calcio e magnesio dei frutti in entrambi i momenti di prelievo (Fig. 7), mentre nessun effetto è stato evidenziato per il fosforo. L’azoto è risultato significativamente superiore nei frutti di piante coltivate in suoli su glaciale silicatico in confronto a quelli di frutti provenienti da piante su suoli di calcari marnosi e su conoidi calcarei, quest’ultimi nel prelievo della raccolta. Per il potassio, confermando in parte quanto già evidenziato per le foglie, i suoli su conoidi dolomitici e calcarei (solo a luglio) e quelli su glaciale silicatico favoriscono maggiori accumuli nei frutti rispetto a quelli su calcari marnosi, su conoidi silicatici e su glaciale dolomitico e misto. I suoli su glaciale silicatico e dolomitico producono frutti con maggiori contenuti di calcio e magnesio rispetto a quelli su glaciale dolomitico e misto. Per il magnesio, anche i conoidi silicatici tendono a ridurne le concentrazioni nei frutti. Va notato che, eccettuando i conoidi dolomitici, non si osserva una relazione diretta con le quantità presenti nel suolo, a differenza di quanto osservato nelle foglie. Questi ultimi risultati sembrano essere in controtendenza con quanto rilevato nelle foglie ed indicano che le dinamiche di assorbimento e ripartizione all’interno della pianta tra foglie e frutti possono non seguire un andamento univoco: se le foglie presentano un elevato 169


livello di un elemento, non necessariamente i frutti dovranno averne alti contenuti. È interessante notare che nel prelievo di luglio, quando la stima del rapporto K/Ca può essere utile per suggerire un maggior numero di interventi con calcio per prevenire l’insorgenza della butteratura amara (Foto 3), i valori di tale rapporto appaiono significativamente maggiori nei frutti provenienti da piante su suoli del glaciale dolomitico rispetto a quelli di piante su glaciale silicatico. Per questo motivo saranno da favorire interventi a base di calcio su piante inserite in tali contesti. L’analisi dei dati standardizzati per varietà e prelievo al fine di valutare il solo effetto del substrato pedologico, in linea di massima, permette di ottenere le medesime informazioni appena riportate: per l’azoto nei frutti i suoli su calcari marnosi ne fanno accumulare meno, differenziandosi sia da quelli su glaciale silicatico e da quelli su conoide dolomitico e silicatico, che ne fanno accumulare di più anche nei confronti dei suoli su glaciale misto; per il potassio i suoli su conoidi dolomitici e calcarei e quelli su glaciale silicatico favoriscono maggiori accumuli nei frutti rispetto a quelli su calcari marnosi e a quelli su glaciale misto; per quanto inerente il calcio nei frutti, i suoli su glaciale silicatico e su conoide dolomitico favoriscono gli accumuli più elevati significativamente maggiori nei confronti di quelli ottenuti da piante coltivate in suoli su calcari marnosi e su quelli di origine glaciale, sia mista che dolomitica; relativamente al magnesio dei frutti si evidenzia che i suoli su glaciale misto sono quelli che ne fanno accumulare meno nei confronti di quelli su conoide dolomitico e su glaciale silicatico. I suoli su conoide dolomitico si differenziano anche da quelli su calcari marnosi che presentano basse concentrazioni nei frutti.

Foto 3 Evidenti sintomi di butteratura amara

170


7.000

12.000 11.000

9.000

Azoto (mg/kg s.s.)

Azoto (mg/kg s.s.)

10.000

8.000 7.000 6.000 5.000

5.000

3.000

4.000 3.000 2.000 CM

a

c CO

o

d CO

i si do Lm CO GL G

1.000

i

s GL

o

i si do Lm CO GL G

s GL

o

i si do Lm CO GL G

s GL

o

i si do Lm CO GL G

s GL

o

i si do Lm CO GL G

s GL

a

d CO

a

d CO

a

d CO

a

d CO

CM

c CO

CM

c CO

CM

c CO

CM

c CO

i

12.000

18.000

Potassio (mg/kg s.s.)

Potassio (mg/kg s.s.)

11.000 14.000

10.000

10.000 9.000 8.000 7.000 6.000

6.000 CM

a

c CO

o

d CO

i si do Lm CO GL G

5.000

i

s GL

800

1.500

Calcio (mg/kg s.s.)

Calcio (mg/kg s.s.)

2.000

1.000

500

0 CM

a

c CO

o

d CO

i si do Lm CO GL G

600

400

200

i

s GL

i

800

Magnesio (mg/kg s.s.)

1.200

Magnesio (mg/kg s.s.)

i

900

600

300 CM

a

c CO

o

d CO

i si do Lm CO GL G

i

s GL

600

400

200

i

Figura 7 Azoto, potassio, calcio e magnesio nei frutti in relazione alla natura del substrato pedologico ed al prelievo (a sinistra: luglio; a destra: raccolta). Valori medi ± errore standard di tutte le cultivar in Val di Non e Val di Sole nel periodo 1998-2015.

171


Relazioni con i Gruppi funzionali di suoli I frutti di piante inserite nel Gruppo funzionale di pH superiore fanno rilevare minori contenuti di azoto e di umidità. Relativamente al calcio, invece, diversamente da quanto osservato per le foglie si rilevano minori contenuti di tale elemento nei frutti di piante in terreni più alcalini. L’umidità dei frutti di piante coltivate sui Gruppi funzionali di calcare totale superiori risultano maggiori. Nella classe inferiore di tale gruppo, così come si verifica per il Gruppo funzionale di calcare attivo, i valori di azoto nei frutti sono significativamente maggiori. Quando ci si trova nelle classi più elevate di calcare attivo, il potassio dei frutti è significativamente inferiore a conferma della competizione che si instaura quando è più elevata la presenza degli altri cationi (Ca e Mg). Come descritto nella discussione dei risultati relativi ai campioni fogliari, le informazioni che si possono ricavare considerando i Gruppi funzionali di fosforo e potassio possono risentire delle differenti fertilizzazioni effettuate dagli agricoltori e perciò si riportano solo quelle più interessanti dal punto di vista agronomico. I valori di potassio dei frutti delle piante presenti su suoli nella classe più elevata dei Gruppi funzionali relativi alla sostanza organica ed al rapporto C/N sono risultati significativamente maggiori. Quando il rapporto C/N è più elevato si rilevano rapporti K/Ca superiori. A riguardo dei Gruppi funzionali di fosforo e potassio, va precisato che per i campioni dei frutti sono presenti solo le classi “02” e “03”. Per il Gruppo funzionale di fosforo va evidenziato che tutti gli elementi dei frutti sono statisticamente più elevati quando le piante sono presenti su suoli della classe superiore, mentre per il Gruppo funzionale di potassio si registrano minori dotazioni in azoto e calcio nei frutti di piante coltivate su suoli della classe “02”. All’aumentare del contenuto di magnesio (Gruppo funzionale di magnesio) nel suolo aumentano in modo significativo i tenori di magnesio anche nei frutti, mentre diminuisce l’umidità degli stessi (Fig. 8).

Figura 8 Valori di umidità dei frutti in relazione al Gruppo funzionale di magnesio nei due diversi prelievi. Valori medi ± errore standard di tutte le cultivar. Legenda: “01” medio (< 300 mg/kg di MgO); “02” alto (300-600 mg/kg di MgO); “03” molto alto (> 600 mg/kg di MgO)

Umidità relativa del frutto (%)

90 88

Luglio Raccolta

86 84 82 80

01

02

03

Gruppo funzionale di magnesio

Un dato apparentemente strano riguarda i contenuti di potassio dei frutti, anch’essi più elevati nel Gruppo funzionale di magnesio superiore. Al fine di trovare una giustificazione attendibile a questo 172


risultato, va evidenziato che il Gruppo funzionale di magnesio più elevato è dominato dai suoli su conoidi dolomitici, dove sussistono anche i più elevati contenuti di sostanza organica. Viene pertanto favorito un maggior assorbimento di potassio, con un’azione più forte rispetto al contenuto di magnesio nel suolo ed all’azione antagonista svolta da questo elemento nei confronti del potassio. In relazione al Gruppo funzionale di boro si evidenzia che nei frutti i contenuti di azoto sono significativamente superiori quando le piante sono presenti su suoli più ricchi in boro, come emerso per i livelli fogliari. Relativamente al Gruppo funzionale di AWC (per i campioni dei frutti sono presenti solo le classi ritenzione idrica molto bassa - “01” e bassa - “02”) si registrano maggiori umidità (Fig. 9) e minori contenuti di potassio (Fig. 10) nei frutti di piante su suoli presenti nella classe di bassa ritenzione idrica. Il dato del potassio concorda con quanto rilevato per i campioni fogliari.

Umidità relativa del frutto (%)

90 88

Luglio Raccolta

86 84 82 80

01

02

Figura 9 Valori di umidità dei frutti in relazione al Gruppo funzionale di AWC nei due diversi momenti di prelievo. Valori medi ± errore standard di tutte le cultivar. Legenda: “01” ritenzione idrica molto bassa; “02” ritenzione idrica bassa

Gruppo funzionale di AWC

Potassio (mg/kg s.s.)

15.000

12.500

Luglio Raccolta

10.000

7.500

5.000

01

02

Figura 10 Valori di potassio nei frutti in relazione al Gruppo funzionale di AWC nei due diversi momenti di prelievo. Valori medi ± errore standard di tutte le cultivar. Legenda: “01” ritenzione idrica molto bassa; “02” ritenzione idrica bassa

Gruppo funzionale di AWC

173


CONSIDERAZIONI AGRONOMICHE GENERALI Una prima indicazione riguardante tutti i molteplici campioni di foglie analizzati in questo lavoro, evidenzia che nella maggior parte dei casi ci si trova in situazioni di nutrizione ottimale per tutti gli elementi (Foto 4), con valori prevalentemente concentrati nelle classi comprese tra inferiore al normale e superiore al normale (Figure 11 e 12) tenendo conto dei valori di riferimento riportati nelle tabelle 12 e 13 in relazione ai diversi campionamenti.

ELEMENTO LIVELLO NUTRIZIONALE

N

P

K

Ca

Mg

S

Fe

Mn

% s.s. Carente*

B

Cu

Zn

mg/kg s.s.

≤ 1,40

≤ 0,15

≤ 0,90

≤ 0,60

≤ 0,17

≤ 0,03

≤ 30

≤ 10

≤ 15

≤2

≤3

Molto basso

1,41 1,70

0,16 0,17

0,91 1,20

0,61 0,70

0,18 0,21

0,04 0,05

31 35

11 15

16 18

3 5

4 5

Inferiore al normale

1,71 2,00

0,18 0,19

1,21 1,40

0,71 0,80

0,22 0,24

0,06 0,07

36 40

16 20

19 22

6 8

6 7

Normale

2,01 3,00

0,20 0,30

1,41 2,20

0,81 1,85

0,25 0,38

0,08 0,20

41 100

21 50

23 40

9 12

8 75

Superiore al normale

3,01 3,20

0,31 0,40

2,21 2,50

1,86 2,00

0,39 0,45

0,21 0,24

101 150

51 100

41 50

13 15

76 150

Molto alto

3,21 3,50

0,41 0,50

2,51 2,80

2,01 2,20

0,46 0,50

0,25 0,30

151 250

101 200

51 70

16 20

151 200

Eccessivo

≥ 3,51

≥ 0,51

≥ 2,81

≥ 2,21

≥ 0,51

≥ 0,31

≥ 251

≥ 201

≥ 71

≥ 21

≥ 201

* livello deficitario cronico

Tabella 12 Range di riferimento (livelli nutrizionali) per le analisi fogliari del melo per il prelievo di fine maggio-fine giugno per il Trentino Alto Adige. Rielaborazione da (Failla et al., 1993; Porro et al., 2001; Aichner e Stimpfl, 2002; Aichner et al., 2004; Zanotelli et al., 2014)

Foto 4 Piante equilibrate senza alcun problema nutrizionale

174


ELEMENTO LIVELLO NUTRIZIONALE

N

P

K

Ca

Mg

S

Fe

% s.s.

Mn

B

Cu

Zn

mg/kg s.s.

Carente*

≤ 1,40

≤ 0,12

≤ 0,60

≤ 1,00

≤ 0,18

≤ 0,03

≤ 35

≤8

≤ 18

≤2

≤3

Molto basso

1,41 1,70

0,13 0,14

0,61 1,00

1,01 1,15

0,19 0,22

0,04 0,05

36 40

9 13

19 22

3 5

4 5

Inferiore al normale

1,71 2,00

0,15 0,16

1,01 1,15

1,16 1,30

0,23 0,27

0,06 0,07

41 45

14 19

23 25

6 8

6 7

Normale

2,01 2,80

0,17 0,27

1,16 1,90

1,31 2,00

0,28 0,42

0,08 0,20

46 100

20 65

26 40

9 12

8 100

Superiore al normale

2,81 3,00

0,28 0,40

1,91 2,40

2,01 2,20

0,43 0,50

0,21 0,24

101 150

66 100

41 50

13 15

101 200

Molto alto

3,01 3,20

0,41 0,50

2,41 2,80

2,21 2,70

0,51 0,55

0,25 0,30

151 250

101 200

51 70

16 20

201 300

Eccessivo

≥ 3,21

≥ 0,51

≥ 2,81

≥ 2,71

≥ 0,56

≥ 0,31

≥ 251

≥ 201

≥ 71

≥ 21

≥ 301

* livello deficitario cronico

Tabella 13 Range di riferimento (livelli nutrizionali) per le analisi fogliari del melo per il prelievo di fine luglio per il Trentino Alto Adige. Rielaborazione da (Failla et al., 1993; Porro et al., 2001; Aichner e Stimpfl, 2002; Aichner et al., 2004; Zanotelli et al., 2014)

Tra i macroelementi (figura 11) il magnesio è quello che fa rilevare una percentuale di campioni con valori bassi (da molto bassi a carenti) più consistenti, rispettivamente pari al 4% e 7% nei campionamenti di fine maggio-fine giugno e fine luglio. Se si considerano anche i valori inferiori al normale le frequenze dei valori bassi a carico del magnesio appaiono piuttosto consistenti, nell’ordine del 15-20%. Si è visto che i valori bassi sono più frequenti sui suoli da materiali silicatici. Si registrano valori bassi anche per potassio e calcio nel prelievo di fine luglio con frequenze relative del 5% e del 4%. Zolfo Potassio Magnesio Fosforo Calcio Azoto 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

% sul totale

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

Carente Molto basso Inferiore al normale Normale Superiore al normale Molto alto Eccessivo

% sul totale

Figura 11 Distribuzione percentuale nelle diverse classi di livello nutrizionale dei macroelementi delle foglie di tutte le cultivar in Val di Non e Val di Sole nel periodo 1998-2015. A sinistra: campionamento di fine maggio-fine giugno; a destra: campionamento di fine luglio.

175


L’azoto, invece, è il macroelemento che mostra più spesso valori da molto alti a eccessivi, attestandosi a frequenze dell’ordine del 6% e 4% rispettivamente nel campionamento più precoce e in quello più tardivo. Il calcio, nel prelievo di fine luglio, presenta valori alti per un 7%. Il potassio ed il magnesio si attestano a frequenze di valori alti dell’ordine del 3% e 2% in entrambi i campionamenti. Anche in questi casi, tenendo presente anche i valori superiori al normale, va evidenziato che le frequenze dei valori alti raggiungono percentuali piuttosto elevate per azoto e potassio, in entrambi i momenti di campionamento, per zolfo solo nel campionamento di fine maggio-fine giugno, e per fosforo, calcio, e magnesio solo nel campionamento di fine luglio. I dati confermano quanto evidenziato dalla consulenza tecnica nelle linee guida, ovvero che soprattutto per azoto e potassio ci si trova spesso in condizioni superiori alla normalità. Tutti i microelementi (Fig. 12) fanno registrare frequenze dei valori bassi (da molto bassi a carenti) piuttosto elevate in entrambi i momenti di campionamento. Gli elementi più problematici, considerando anche i valori inferiori al normale risultano il manganese e lo zinco che si attestano a percentuali superiori al 20% a fine maggio-fine giugno e di poco inferiori al 20% e quasi del 30% rispettivamente a fine luglio. Il ferro mostra percentuali attorno al 12% nel prelievo precoce e inferiori al 10% a fine luglio, confermando una maggior sensibilità delle piante a manifestazioni di problemi più all’inizio della stagione vegetativa. Il boro, per contro, non raggiunge il 10% di frequenze nel periodo precoce e supera il 12% in quello di fine luglio, confermando la richiesta maggiore da parte della pianta nel periodo di trasporto degli assimilati e degli zuccheri verso i frutti in fase di sviluppo-maturazione. Discorso a parte merita il rame, che manifesta valori bassi in entrambi i momenti di rilievo, ma frequenze elevatissime, attorno al 60%, di valori molto alti ed eccessivi. Zinco Rame Manganese Carente Molto basso Inferiore al normale Normale Superiore al normale Molto alto Eccessivo

Ferro Boro

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

% sul totale

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

% sul totale

Figura 12 Distribuzione percentuale nelle diverse classi di livello nutrizionale dei microelementi delle foglie di tutte le cultivar in Val di Non e Val di Sole nel periodo 1998-2015. A sinistra: campionamento di fine maggio-fine giugno; a destra: campionamento di fine luglio

176


Foto 5 Carenze di magnesio in suolo idromorfo

Va ricordato che le disponibilità relative ai microelementi vengono generalmente controllate dagli equilibri esistenti tra soluzione del suolo, sostanza organica, siti di scambio cationico e composti insolubili che si formano. La sostanza organica svolge un ruolo di riserva importante per la disponibilità dei microelementi, in quanto questi possono essere liberati dopo la mineralizzazione operata dai microrganismi e vengono protetti dalla lisciviazione. Pertanto nei suoli caratterizzati da più elevati tenori di sostanza organica è più facile ritrovare valori superiori al normale di tutti i microelementi. Generalmente valori alti, tenendo presente anche i valori superiori al normale, si riscontrano per lo zinco (15-16%), il manganese (25%), soprattutto in suoli silicatici della Val di Sole e per il boro (10-15%), mentre per il ferro ci si attesta a percentuali inferiori al 5%. Quanto appena descritto è confermato dal fatto che l’esperienza mostra in modo netto che per i meleti delle Valli di Non e Sole esistono problemi di carenze (in questo caso quando si usa il termine carenza non necessariamente ci si riferisce a livelli deficitari cronici irreversibili, ma prevalentemente a livelli bassi e/o molto bassi) legate soprattutto al magnesio, al manganese, al boro ed allo zinco. Le carenze di magnesio (Foto 5), caratterizzate da ingiallimenti internervali che interessano prevalentemente le foglie più vecchie, generalmente sono più frequenti in suoli sabbiosi e/o in suoli idromorfi a ritenzione idrica elevata, così come in quelli di natura silicatica e con alta percentuale di calcare. Le carenze di manganese (Foto 6), caratterizzate da macchie necrotiche e clorosi internervali che interessano sia le foglie più giovani che le più mature, possono essere frequenti nei terreni alcalini con alti contenuti di carbonati, specialmente se combinati con elevati livelli di sostanza organica. Esse sono più facili da riscontare in suoli di conoide misto e di glaciale misto. La manifestazione della carenza può condurre ad una forte filloptosi precoce (Foto 7). Al fine di prevenire l’insorgenza di tali manifestazioni carenziali è 177


Foto 6 Macchie necrotiche sulle foglie sintomo di carenza di manganese

Foto 7 Filloptosi imputabile a carenza di manganese

178

preferibile intervenire con prodotti fogliari specifici a base di magnesio e di manganese, preferibilmente per via fogliare: per il magnesio si consiglia di intervenire nella fase post-fiorale, mentre per il manganese si possono suggerire interventi a partire dalla fase di immediata prefioritura e successivamente dopo la fioritura. Talvolta entrambe le carenze di magnesio e manganese possono coesistere (Foto 8): i sintomi interessano sia foglie basali che mediane e si manifestano con comparsa di clorosi che presto può degenerare in necrosi. Le zone delle foglie interessate da questa sintomatologia possono concentrarsi prevalentemente all’interno, ma raggiungendo anche aree più esterne localizzate verso i margini fogliari. Nel caso della coesistenza di deficienza di magnesio e manganese si rivela molto efficace l’applicazione congiunta di prodotti a base di magnesio e manganese. Le carenze legate al boro sono più frequenti in suoli di origine dolomitica: la manifestazione non è molto evidente sulle foglie e solo in casi molto gravi si possono evidenziare la riduzione della taglia delle foglie, nonché la crescita a rosetta dei germogli apicali. Analoghi sintomi riguardano le carenze di zinco (Foto 9), generalmente evidenti sulle foglie più giovani che possono mostrare clorosi, riduzione della taglia e malformazioni: queste sono associate anche ad una riduzione dello sviluppo dei germogli apicali con internodi accorciati (“rosettatura”). La maggior frequenza si ritrova su suoli molto ricchi in sostanza organica e fosforo, con pH elevati ed in condizioni fredde ed umide. Le informazioni riportate indicano che per gestire in modo ottimale la nutrizione del melo occorre tenere in forte considerazione la varietà e i diversi con-


Foto 8 Coesistenza di carenze di magnesio e manganese

Foto 9 Sintomi di carenza di zinco

testi nei quali ogni varietà è coltivata. Le diverse cultivar, infatti, presentano differenze piuttosto forti, soprattutto per i macroelementi. I materiali parentali dai quali si sviluppano i suoli e le caratteristiche dei suoli stessi assumono un ruolo fondamentale nel modificare le dotazioni di elementi a livello del terreno, con ripercussioni notevoli nell’assorbimento degli stessi in foglie e frutti. Pertanto, tutti i fattori legati alla natura del terreno che sono stati descritti e che sono stati riportati in mappe funzionali, possono rappresentare una guida per razionalizzare la gestione nutrizionale ed idrica dei frutteti dell’area indagata.

Consigli di concimazione I risultati delle analisi di laboratorio del suolo, sempre necessari per una razionale conduzione, e imprescindibili prima dell’impianto, vanno letti come si è visto anche in funzione della tipologia di suolo. Dal lavoro effettuato si evince che le influenze di quest’ultima sullo stato nutrizionale della pianta sono molteplici, e molti aspetti 179


hanno bisogno di essere approfonditi e comprovati in futuro. Già adesso si possono però estrapolare alcuni consigli di concimazione specifici per varietà e contesto pedoclimatico per l’area della Val di Non e di Sole. Alla luce delle normali dosi di concimazione suggerite per il melo nella realtà frutticola trentina (80 unità di azoto, 30-40 di fosforo P2O5, 90-100 di potassio K2O e 20 di magnesio MgO) sembra doveroso suggerire alcune specifiche, soprattutto in relazione alle diverse cultivar ed alle diverse tipologie di suoli (Gruppi di substrato). In particolare, le cultivar Red Delicious, Fuji e Gala sono più esigenti in azoto, Golden ha comportamento medio, mentre Renetta ne richiede meno. Molto esigente in potassio è la Golden, mentre Red e Renetta necessitano di maggior magnesio. In particolare nei suoli sciolti e/o caratterizzati da bassi contenuti di sostanza organica, così come nei conoidi misti e calcarei, le dosi di N, P2O5 e K2O devono essere aumentate di circa il 15-20%, mentre in quelli molto fertili si potrà effettuare una riduzione delle stesse, sempre della stessa entità. Per il magnesio le dosi vanno aumentate nel caso di suoli silicatici. L’apporto delle diverse unità fertilizzanti può essere soddisfatto tramite somministrazioni sia per via radicale che per via fogliare. Eventuali apporti di sostanza organica hanno un ruolo prevalentemente ammendante e bioattivatore e dovranno essere considerati nel calcolo globale delle unità fertilizzanti. Gli interventi fogliari saranno da preferire per i microelementi, quando si verificano carenze nutrizionali, nei casi di piante con apparato radicale danneggiato ed in condizioni climatiche caratterizzate da ritorni di freddo primaverili che ostacolano il normale assorbimento radicale soprattutto nelle fasi che vanno dalla ripresa vegetativa all’allegagione (in questi momenti l’attività radicale non soddisfa completamente le esigenze nutritive della pianta). Ciononostante somministrazioni fogliari di macroelementi, quali azoto (urea distribuita in autunno allo scopo di aumentare le riserve azotate degli alberi e contemporaneamente ridurre l'inoculo di ticchiolatura per l'anno successivo) e calcio (per ridurre l'insorgenza della butteratura amara ed aumentare la conservabilità dei frutti), possono essere ritenute interessanti e da consigliare. L’azoto, elemento più importante per la crescita e l’attività produttiva delle piante, dovrà essere distribuito in modo frazionato in autunno (40% in post-raccolta) e primavera (60%), in modo tale da favorire il normale ciclo interno dello stesso nella pianta. All’inizio della stagione vegetativa la pianta utilizzerà l’azoto presente nelle riserve, grazie alla forte rimobilizzazione primaverile. A tale riguardo va ricordato che gli apporti azotati effettuati molto prima della fase di piena fioritura risultano poco efficienti. Infatti il melo assorbe la maggior parte dell’azoto (circa il 60% del totale) dopo la fioritura, nella fase fenologica di post-allegagione, in coincidenza con l’espansione cellulare dei frutti e del massimo accrescimento dei germogli. Sarà proprio in tale fase che la pianta dovrà trovare 180


l’azoto necessario. In merito alla tipologia di azoto da utilizzare per via radicale ed alla tempistica necessaria perché lo stesso sia disponibile in questa precisa fase fenologica occorrerà scegliere se la fonte di rifornimento debba essere un concime di tipo organico (è necessario più tempo perché possa essere disponibile per la pianta), ammoniacale (tempi intermedi) o nitrico (la forma a più rapido assorbimento, ma anche estremamente dilavabile, con conseguenti perdite dell’elemento e contaminazioni delle acque). Soluzioni che impieghino apporti fogliari e/o in fertirrigazione sono più efficienti e permettono un contenimento delle dosi da apportare. Qualora le riserve dell’albero in primavera si esauriscano precocemente, non garantendo un adeguato sostegno per la crescita vegetativa, ad esempio in annate caratterizzate da un’elevata allegagione accompagnata da un limitato assorbimento radicale a causa delle basse temperature e/o dall’elevata umidità del suolo, possono rivelarsi utili irrorazioni precoci alla chioma con urea. Analogamente, nella fase di post-raccolta, e soprattutto per le varietà a maturazione precoce allevate in suoli poco fertili, sono consigliati apporti, seppur limitati, di azoto al fine di favorire la ricostituzione delle riserve negli organi perenni. In questa fase, anche per le varietà tardive, possono risultare efficaci, per lo stesso scopo, applicazioni fogliari con urea, che permettono inoltre un miglioramento dello sviluppo delle gemme a fiore. Relativamente al fosforo, in funzione della disponibilità nel terreno, gli interventi vanno effettuati già dalla ripresa vegetativa, in modo tale da stimolare la crescita delle giovani radici. Tali interventi sono più che fondamentali in suoli di natura dolomitica e sui conoidi silicatici della Val di Sole. Una doverosa attenzione va posta agli eccessi dell’elemento, rilevabili solo con le analisi del suolo, e che abbiamo visto essere frequenti. Per il potassio, in accertate condizioni di carenza nel suolo (<100 mg/kg di potassio scambiabile), che non sono rare (anche qui solo le analisi possono fornire l’informazione), e della carica produttiva attesa, a partire da 4-6 settimane dopo la fioritura, con interventi frazionati, si possono restituire al suolo circa 50-100 kg/ha di potassio. Si sottolinea che nei suoli a tessitura franco sabbiosa, e/o poveri di sostanza organica, i rischi di dilavamento sono tanto più alti quanto più i singoli apporti sono elevati. Anche per questo elemento va fatta attenzione agli eccessi, che non sono infrequenti. L’impiego di sali di potassio solubili nell’acqua di irrigazione ne aumenta la disponibilità negli strati di suolo interessati dallo sviluppo dell’apparato radicale. In fertirrigazione l’apporto di potassio dovrebbe proseguire fino alla raccolta e, nelle annate con elevata carica produttiva o nei suoli meno dotati di potassio, a condizione che non vi siano problemi di dilavamento per questo elemento. Qualora le quantità di acqua erogate superino la capacità di ritenzione del suolo, o anche solo bagnino strati profondi non accessibili alle radici (nel caso di suoli profondi), come avviene di frequente nella pratica, l’elemento pre181


sente nella soluzione somministrata viene irrimediabilmente perso. Per quanto riguarda il magnesio, si ricorda che molti suoli della zona di studio ne sono molto o anche estremamente ricchi, vista la natura dolomitica dei materiali di partenza. Le aree interessate sono facilmente delimitabili (si veda la mappa del Cap. 5), perché i contenuti rilevati dalle analisi disponibili sono affidabili e hanno una variabilità relativamente ridotta. L’informazione sarà poi confermata con l’analisi puntuale del suolo. In questi suoli naturalmente ricchi è necessario evitare qualsiasi apporto di magnesio, i cui effetti non possono che accentuare gli squilibri. L’analisi dei dati ha mostrato che c’è un rapporto positivo tra contenuto nel suolo e nella pianta. Gli apporti di magnesio andranno quindi monitorati in relazione al tenore di magnesio del suolo e considerando che nei suoli con alta dotazione idrica l’assorbimento sembra essere minore. Soprattutto su suoli da calcari marnosi è consigliabile effettuare interventi di arricchimento. Le eventuali restituzioni di magnesio devono essere effettuate al termine della primavera, intervenendo con solfato di magnesio al suolo o anche per via fogliare soprattutto per rimediare a condizioni di magnesio-deficienza delle foglie. Va anche ricordato che una efficiente distribuzione tramite fertirrigazione può essere molto valida. Relativamente al calcio i valori assoluti nelle foglie sono in generale relativamente alti, e questo anche su suoli silicatici (Val di Sole), sebbene i contenuti siano sensibilmente inferiori. Le carenze sono quindi probabilmente in relazione a squilibri con gli altri elementi, e in particolare a un’abbondanza del magnesio. In impianti con bassa carica produttiva e con squilibri vegeto-produttivi, i trattamenti a base di sali di calcio risultano però indispensabili. Nella pratica, si preferisce eseguire i trattamenti fogliari nella seconda fase di sviluppo del frutto, quando la frazione di calcio proveniente da assorbimento radicale è limitata. In condizioni favorevoli all’insorgenza della butteratura amara, si consigliano indicativamente dai 2-3 trattamenti per le cultivar poco sensibili come la Gala, fino a 6-8 per quelle sensibili quali la Braeburn e la Red Delicious, a intervalli di circa 10 giorni. Anche la Golden, comunque, necessita di interventi. Per quanto riguarda il manganese si è osservato che i contenuti degli impianti su suoli silicatici (Val di Sole) sono in genere elevati. Nei frutteti dove si riscontrano generalmente sintomi di carenza, soprattutto in suoli sciolti di conoidi misti e da glaciali misti, si consigliano applicazioni fogliari di manganese in primavera (in immediata prefioritura o subito dopo la fioritura) con prodotti a base di solfato di manganese o ossido di manganese: tali interventi possono contrastare la filloptosi con effetti positivi anche sul colore di fondo del frutto. Va ricordato che solfato di manganese e magnesio possono essere somministrati insieme per via fogliare senza che vi sia una riduzione di assorbimento dei singoli elementi o la comparsa di rugginosità. Nonostante il melo sia piuttosto tollerante alla clorosi ferrica, va evidenziato che in suoli molto calcarei le carenze di ferro non sono rare (Foto 10). Le zone interessate dalle possibili carenze sono fa182


Foto 10 Sintomi iniziali di clorosi ferrica su foglie apicali

cilmente delimitabili (si veda la mappa nel Cap. 5), perché i valori di calcare attivo misurati nel suolo sono affidabili, e hanno una variabilità relativamente ridotta. E come si è visto c’è un rapporto inverso tra contenuto di calcare attivo nel suolo e di ferro nelle foglie. Va considerato che nel fenomeno rientrano vari altri fattori, sia edafici (contenuto di sostanza organica, eventuali eccessi di fosforo, drenaggio) che climatici (piovosità e temperature). Talvolta una forma di prevenzione della clorosi può essere risolta grazie ad apporti di sostanza organica. In casi di clorosi accentuate, invece, bisogna ricorrere all’impiego di formulati a base di ferro somministrati per via fogliare per ottenere una più elevata efficacia. Apporti di boro sono da consigliare soprattutto in suoli dolomitici. Ciononostante va ricordato che una ottimale dotazione di questo elemento è necessaria per favorire la germinazione del polline e pertanto si consiglia la distribuzione per via fogliare nella fase di immediata prefioritura soprattutto nei frutteti che manifestano problemi di allegagione e cascola dei fiori.

Rapporti con le altre pratiche agronomiche In questo lavoro non sono stati affrontati altri aspetti legati alla natura del portinnesto o alle pratiche colturali inerenti la gestione del terreno (inerbimento, pacciamatura, ecc.). Solo a titolo esemplificativo si riportano alcune conoscenze ormai acquisite che possono essere utili per una migliore gestione agronomica. Per quanto riguarda il portinnesto, si ricorda che il suo ruolo è determinante nel favorire l’assorbimento di alcuni cationi a scapito di altri o nella selettività verso taluni anioni: M7 e franco favoriscono assorbimenti superiori di potassio, mentre M2 e M9 di calcio, e ancora M9 e M26 di magnesio. Anche il manganese può essere più facilmente assorbito se il portinnesto è M26, mentre è più facile riscontrare fenomeni carenziali quando il portinnesto utilizzato è M11 (Porro et. al., 2002). Per quanto riguarda il vigore, si sottolinea che questo non dipende 183


solo dal portainnesto, ma anche dal tipo di suolo e dalla sua dotazione di sostanza organica. A parità di portinnesto i suoli poco fertili, e in particolare poco profondi e/o con tessiture grossolane e alta pietrosità, con riserva idrica limitata o con bassi contenuti di sostanza organica, determinano una vigoria inferiore. Relativamente all'inerbimento occorre ricordare che tale pratica colturale provoca competizione tra l'erba e le piante, soprattutto in termini di acqua e nitrati. Questa tendenza è maggiormente visibile in primavera e nella prima parte dell'estate, quando la crescita dell'erba è più intensa. Lo stato nutrizionale viene modificato e le piante possono presentare minori livelli di azoto, calcio e magnesio associati a minor produzione ed a minor vigore. Andrebbe verificato se questi meccanismi si riscontrano anche nei suoli con profondità utile alle radici elevata, con alta ritenzione idrica o idromorfi, dove la competizione per la dotazione idrica, in questi casi cospicua, dovrebbe in linea teorica essere minore. In merito alla pacciamatura, invece, va evidenziato che tale pratica favorisce la crescita del sistema radicale nella porzione superficiale del suolo - dove la fertilità è superiore - e un migliore stato idrico e quindi anche l'assorbimento degli elementi nutritivi viene migliorato. Pertanto, in situazioni più magre potrebbe essere una soluzione interessante da adottare. Anche la conoscenza del carico produttivo delle piante (biomassa prodotta o quantità di frutti), del suo vigore (crescita vegetativa) e delle tecniche colturali utilizzate per modificare l’equilibrio vegeto-produttivo possono risultare di estrema importanza per l’individuazione e correzione di eventuali squilibri nutrizionali. Infatti, la forte competizione che si instaura tra i frutti e le foglie per l'assunzione dei nutrienti può essere prevista e corretta: un alto carico di frutti deprime generalmente i livelli fogliari di potassio a causa della sua traslocazione dalle foglie ai frutti, mentre bassi carichi produttivi possono tradursi in livelli fogliari azotati prossimi alla carenza. L’interazione tra nutrienti e risorse idriche (si veda capitolo 8), che dipendono dalle caratteristiche del suolo e dall’irrigazione, deve essere conosciuta e razionalizzata. Per ridurre in modo oculato gli apporti dei nutrienti e dell’acqua, si rende necessario gestire l’irrigazione in maniera ragionata, sulla base di stime basate sulla effettiva capacità di immagazzinare l’acqua (AWC) che caratterizza ogni tipologia di suolo, e sfruttando le informazioni ottenute tramite strumentazioni in grado di monitorare l’umidità del suolo. Infatti elevate disponibilità idriche nel terreno inducono un maggior assorbimento di azoto, fosforo e potassio e pertanto gli apporti di tali elementi, laddove le disponibilità idriche siano elevate (suoli con alta ritenzione o idromorfi e/o apporti cospicui), potrebbero essere ridotti in modo drastico. Nell’ottica di una gestione sostenibile delle produzioni frutticole, la calibrazione degli apporti idrici e nutrizionali in funzione delle reali esigenze del frutteto, limitando per quanto possibile le perdite nell’ambiente, è pertanto di prioritaria importanza. Si sottolinea 184


ancora una volta che gli eccessi idrici e di elementi, oltre a rappresentare di per sé un costo, hanno conseguenze negative determinanti sullo stato delle piante. A titolo esemplificativo si riporta brevemente quanto osservato nel corso di una prova di fertirrigazione svolta in Val di Non e a cui si rimanda (Porro et. al., 2014), dalla quale si evince che la possibilità di frazionare le somministrazioni in più momenti, assecondando al meglio le esigenze nutrizionali della pianta, si rivela una tecnica più che efficace che però necessita di una modulazione ottimale dei nutrienti e dell’acqua, ossia l’individuazione delle corrette modalità e dei tempi di intervento in relazione ai diversi contesti ambientali e pedologici in cui si opera. Spesso infatti, i quantitativi irrigui sono eccessivi, in maggior misura in climi caratterizzati da piovosità consistenti come quelle dell’area di indagine con una elevata presenza di suoli idromorfi (25% dell’area) che hanno eccessi idrici nei periodi umidi. Il presente lavoro è stato svolto con la collaborazione di tutto il personale tecnico che ha contribuito al campionamento e all’analisi dei campioni.

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7 BIOLOGIA DEL SUOLO Andrea Cristoforetti, Andrea Tagliapietra, Marco Cersosimo, Silvia Silvestri

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L’ECOSISTEMA SUOLO Il suolo è l'ecosistema più importante per la vita dell'uomo e degli animali terrestri e rappresenta il principale mezzo di produzione agricola perché ospita e sostiene le piante, che in esso trovano acqua e nutrienti. Si tratta di un ecosistema molto complesso e di una risorsa non rinnovabile, indispensabile a fini produttivi ma spesso sottovalutata e trascurata per quanto attiene agli aspetti di salvaguardia ambientale e al mantenimento della sua funzionalità. È ormai ampiamente riconosciuto che la conoscenza del suolo deve riguardare anche questioni ambientali quali la conservazione delle proprietà dei terreni a valle dello sfruttamento dell'uomo, la gestione consapevole dell'acqua immagazzinata ed utilizzata in agricoltura, l'impatto sul suolo del cambiamento climatico in atto e il ruolo di mitigazione che esso può svolgere, la capacità di stoccaggio di anidride carbonica attraverso il potenziamento delle frazioni organiche, strettamente correlate alla fertilità dei terreni. La componente organica del terreno varia da circa il 2-4% nei suoli agricoli a oltre il 5% in quelli forestali (Fig. 1) ed è costituita prevalentemente da residui di vegetali morti (85%), dalle radici (10%) e dal cosiddetto “biota” (5%), ovvero l'insieme degli organismi viventi suddivisi in: microflora, comprendente batteri, attinomiceti, funghi e microalghe; microfauna, riconducibile sostanzialmente ai protozoi; mesofauna, composta da vermi di terra, Nematodi, Aracnidi, Collemboli, insetti in forma larvale o adulta (Vismara, 1992). Va sottolineato che la dotazione di sostanza organica dei suoli della Val di Non, oggetto del presente studio, è mediamente molto più elevata dei terreni agricoli in generale. Sebbene questi organismi costituiscano solo una piccola parte del peso del terreno, la loro attività e il loro turnover possono essere molto elevati e quindi la loro importanza è ben superiore a quella indicata semplicemente con il termine biomassa. Per conoscere questo ecosistema, le sue modalità di funzionamento e di regolazione non è sufficiente un semplice elenco delle specie viventi che lo compongono, il numero di individui e la loro distribuzione, ma è necessario studiare le loro variazioni in risposta a determinate azioni e condizioni. Inoltre, nei limiti del possibile, il miglior modo di studiarle è quello di studiarle nel loro complesso (Odum, 1979). Gli organismi che vivono nel suolo sono responsabili, in diversa misura, di uno dei cicli biologici fondamentali per la vita, il Ciclo della Sostanza Organica, che raggruppa sia i processi di sintesi della sostanza organica sia quelli relativi alla sua degradazione e trasformazione. Tutte le sostanze organiche morte che giungono al terreno infatti, siano esse di origine vegetale o animale, vengono attaccate da microrganismi, degradate in composti intermedi ed infine trasformate in un materiale amorfo, di colore scuro, colloidale, poco reattivo, che partecipa allo scambio cationico e che si chiama humus. La sostanza organica (S.O.) rappresenta il fattore critico sia

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degli ecosistemi che degli agrosistemi, in quanto dalla sua presenza dipendono la vitalità e la funzionalità del terreno, riassumibili con il termine di fertilità, fondamentale non solo per assicurare un continuo utilizzo a fini produttivi, ma anche per salvaguardare dal punto di vista ambientale questa preziosa risorsa. In un terreno naturale i processi vitali avvengono secondo un determinato equilibrio, che garantisce nel tempo il mantenimento di un adeguato livello di S.O. e quindi di fertilità. L’utilizzo del suolo per produrre alimenti ne provoca inevitabilmente l’alterazione e l’impoverimento, ma affinché l’agricoltura sia sostenibile questi effetti negativi devono essere il più possibile limitati, mantenendo elevata la qualità dei terreni coltivati. Nei territori alpini le condizioni geomorfologiche, climatiche ed ambientali incidono molto sulle possibilità e sulle modalità di utilizzo del suolo a fini produttivi. Buone pratiche agronomiche quali la fertilizzazione organica con letame maturo o con compost di elevata qualità contribuiscono al miglioramento della fertilità.

95+5L 85+10+5L Suolo totale

Parte organica

5

10

5

%

%

Sostanze derivanti da organismi morti Radici Biota

85

Minerale Organico

95

40+40+1253L 3

12

5

40

40

%

Funghi e alghe Batteri e attinomiceti Vermi di terra Altra macrofauna Mesofauna

Figura 1 Componenti biotici (animali e piante) e abiotici del terreno in base al peso secco della biomassa (Vismara, 1992 modificato)

Biota del suolo (escluse le radici)

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FERTILITÀ BIOLOGICA In termini generali la fertilità del suolo è definita come “l’attitudine ad ospitare la vita delle piante coltivate in modo da massimizzare le rese, garantire la salubrità dei prodotti alimentari e rispettare l’ambiente” e dipende da numerosi fattori, principalmente chimici, fisici e biologici (Giardini, 2003). Se dal punto di vista chimico il mantenimento (o il miglioramento) della fertilità è facilmente ottenibile tramite l’apporto di elementi nutritivi (concimazioni), più complesse sono le azioni volte al miglioramento degli aspetti fisici e biologici. Nel primo caso l’apporto di sostanza organica di qualità agisce in maniera diretta sulle principali proprietà fisiche del suolo, come stabilità degli aggregati, capacità di ritenzione idrica e di elementi, permeabilità. Nel caso degli aspetti biologici le dinamiche sono più complesse. La fertilità biologica del suolo è riconducibile “alla quantità di organismi viventi nel suolo e al loro potenziale di attività” (Benedetti, 2016) o, in altri termini, rappresenta “la capacità degli organismi viventi del suolo di contribuire alle esigenze nutrizionali delle piante” (Abbott e Murphy, 2007). Al di là delle definizioni, quel che è chiaro è che un suolo, per essere fertile biologicamente, deve avere una buona presenza di microrganismi, molto attivi e appartenenti a famiglie diverse. La principale fonte energetica e di nutrienti dei microrganismi è la sostanza organica stabile, quindi la fertilità biologica del suolo è correlata al quantitativo di sostanza organica presente ed ai suoi livelli di stabilità e biodiversità (Benedetti, 2016). L’apporto di sostanza organica umificata (e di composizione eterogenea) ha effetti benefici sulle caratteristiche fisiche e biologiche del terreno con risvolti positivi sulle colture in atto: è un vero e proprio “motore propulsivo” del terreno, fattore chiave dell’aumento della capacità di scambio cationico e quindi dell’assorbimento degli elementi nutritivi. Il grado di umificazione infatti è fondamentale per mantenere un corretto stato di salute del suolo e i fattori dell’umificazione vanno ricercati nella diversità dei residui organici. Pertanto, migliorare l’umificazione attraverso un aumento della diversificazione dei residui rappresenta la chiave per raggiungere una sostenibilità più elevata delle coltivazioni e per contenere la stanchezza del terreno (Giordani et al., 2012).

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AMMENDANTI E FERTILITÀ DEI SUOLI Al fine di testare l'effetto di differenti tipologie di ammendanti, di mettere a punto le migliori tecniche e metodologie di impiego e di individuare gli indicatori più idonei a valutarne le influenze sulla fertilità, la Fondazione Edmund Mach ha approntato nel 2015 diversi campi sperimentali. In particolare sono stati allestiti 5 frutteti dimostrativi con impiego di letame da maturazione controllata e 6 frutteti sperimentali con impiego di compost e letame maturato. Nei primi, individuati sulla base della carta dei suoli fra le tipologie di terreno più rappresentative della Val di Non, è stato utilizzato letame maturo alla dose di 400 q/ha localizzati sulla fila, mantenendo la metà dell’appezzamento come testimone. Gli obiettivi delle prove sono sensibilizzare frutticoltori e viticoltori sull’impiego di ammendanti per il mantenimento della fertilità dei suoli, ma anche mettere a disposizione di tecnici e sperimentatori parcelle ammendate con diverse tipologie di prodotti per verificare l’influenza degli interventi sulla fertilità dei suoli, sullo stato vegeto-produttivo delle piante e sulla qualità e quantità delle produzioni. Nei primi due anni di esperienze sono emersi alcuni dati interessanti: l’indice di biodiversità IBS-bf aumenta in seguito all’apporto di letame maturo ed anche la concentrazione di alcuni elementi minerali, fosforo e potassio in particolare, cresce notevolmente nei sottofila trattati. I sei frutteti sperimentali sono invece stati approntati allo scopo di verificare l’influenza di ammendanti di qualità sulla fertilità del suolo con particolare riferimento alle dinamiche che possono favorire il fenomeno del deperimento del melo, meglio noto come “moria”. Per questo motivo sono stati scelti tre frutteti ove si erano già manifestati casi di moria e tre frutteti di nuovo impianto che avevano subito lavorazioni rispettivamente profonde, poco profonde e superficiali.

Foto 1 Parcelle sperimentali trattate con compost o letame maturo a confronto con testimone

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In tutti i campi sono state allestite parcelle trattate con compost (200 q/ha) o con letame maturo (400 q/ha) mantenendo anche parcelle testimone, ciascuna con tre ripetizioni (Foto 1). Nei primi due anni di attività sono stati prelevati campioni di suolo (orizzonte di superficie) prima dell’apporto degli ammendanti e in diversi periodi successivi (2 nel primo anno e 2 nel secondo) per la determinazione di numerosi parametri: chimici, chimico-fisici, microbiologici. È stato anche effettuato il test di biodiversità IBS-bf un anno dopo la distribuzione degli ammendanti. Anche in questo caso sono disponibili solo primi risultati parziali, ma viene confermato l’aumento dell’indice di biodiversità in seguito all’impiego di letame.

QUALITÀ DEI SUOLI Qualità e fertilità di un suolo sono caratteristiche strettamente correlate tra loro. Proprio per le numerose ed evidenti componenti che lo caratterizzano, una definizione univoca di qualità del suolo che consideri i singoli aspetti legati alle proprietà fisiche, chimiche, biologiche o, più in generale, alle caratteristiche agronomiche o ambientali, è limitata e parziale. Negli ultimi due decenni gli sforzi dei ricercatori si sono orientati verso un approccio più generale, che considera la qualità come la capacità di un particolare tipo di suolo di sostenere - nel contesto di un ecosistema circostante di tipo naturale o gestito dall’uomo - la produttività vegetale e animale, di mantenere o migliorare la qualità dell’aria e dell’acqua, e di favorire il benessere e la salute degli insediamenti umani circostanti. La qualità del suolo è un elemento importantissimo sia da prospettive più quotidiane ed immediate - seppur fondamentali - come quelle economiche, sia da punti di vista più complessi e di ampio respiro come quello ecologico. A livello economico, una qualità del suolo più elevata permette di ottenere una maggior partecipazione a cicli fondamentali come quello dell’azoto, del carbonio, dello zolfo, della produzione di humus e di elementi necessari alle piante in una forma da loro utilizzabile: tutte funzioni di assoluta centralità, fondamentali per un corretto funzionamento del suolo come supporto alla vita vegetale ed affidate tipicamente alla sua biocenosi (la comunità delle popolazioni vegetali ed animali del suolo). Da un punto di vista ecologico, le funzioni sono molteplici e diversificate: volendo semplificare, è sufficiente pensare come esistano insetti indispensabili - insetti impollinatori o “pronubi”, ad esempio il bombo terrestre, che prevedono una fase della propria esistenza da trascorrere interamente all’interno del suolo, e come delle cattive condizioni ambientali potrebbero facilmente comprometterne la sopravvivenza, in modo irreversibile. Da quanto riportato si comprende facilmente l’importanza derivante da una salvaguardia e dal monitoraggio della qualità dei suoli e di come proteggere e garantire la vita al suo interno, significhi tutelare il proprio interesse e, soprattutto, contribuire a preservare il proprio futuro. 192


Per la misurazione della qualità del suolo è importante disporre di metodi validi e di facile impiego. Le analisi di tipo biologico, supportate nella fattispecie da organismi detti bioindicatori, hanno il pregio di essere facilmente applicabili (anche dagli stessi agricoltori), e permettono di integrare e convalidare i risultati ottenuti con la misurazione di indicatori chimico-fisici, che sono certamente molto precisi e accurati. In generale, tutti gli organismi viventi, siano essi piante o animali, sono in qualche modo indicatori, a seconda delle variabili biologiche-ecologiche cui sono legati. La presenza di una specie endemica fornisce ad esempio importanti informazioni sulla particolarità e unicità biologica e storico-geografica del ristretto areale in cui vive, così come una specie legata a un micro-habitat molto peculiare, talora particolarmente rarefatto e minacciato, può indicare la necessità di intraprendere importanti e urgenti azioni di conservazione. Per contro, anche la presenza massiva di specie molto comuni, talvolta legate esclusivamente a micro-habitat effimeri e transitori, può indicare condizioni di apparente degrado e quindi di “bassa qualità”. Se da un lato, quindi, le specie possono fornire un insieme accurato di informazioni particolarmente utili ai fini dell’indicazione, dall’altro esistono evidenti condizionamenti che limitano fortemente la loro applicabilità. Molto semplicemente, e da un punto di vista strettamente “pratico”, la possibilità di reperire un valido gruppo di indicatori è condizionata prima di tutto dalla evidente difficoltà nell’identificazione delle specie analizzate, spesso realizzabile solo a opera di specialisti zoologi o botanici, o da una particolare tecnica di campionamento di non facile utilizzo necessaria per la raccolta del materiale. Se è vero, quindi, che tutti gli organismi viventi sono in grado di fornire informazioni e indicazioni, è necessario individuare quei gruppi nei quali si riescano a soddisfare i seguenti requisiti: • sensibilità alle variazioni nella gestione del suolo; • buona correlazione con le caratteristiche funzionali dei suoli; • capacità di riconoscimento e individuazione anche da parte di non specialisti; • facilità e basso costo di campionamento. Fra i molti indici sviluppati negli ultimi anni, l’indice IBS-bf e l’indice QBS-ar soddisfano pienamente i requisiti indicati in precedenza. Entrambi i metodi, infatti, prendono in considerazione le comunità di artropodi del suolo - il primo comprendendo anche anellidi, molluschi, e artropodi più in generale (Foto 2-25), mentre il secondo valuta principalmente la presenza di microartropodi - e sono basati sul concetto che gruppi di invertebrati con una elevata specializzazione alla vita edafica (nel suolo) sono presenti in suoli con una connotazione di “alta qualità”. Una morfologia e un adattamento ecologico degli animali (in altri termini un “morfo-ecotipo”) caratterizzati da peculiarità come depigmentazione, riduzione o assenza di occhi, piccole dimensioni, capacità di movimento ridotta e limitata agli interstizi del suolo, presenza di sensilli tattili sul tegumento esterno, vengono valutati attribuendo al taxon individuato un punteggio più 193


elevato; in altre parole la presenza di organismi in grado di meglio adattarsi ad un particolare suolo è indice che questo è poco disturbato (Foto 5, 6, 9, 14 e 18-20). Per contro, gruppi di artropodi meno specializzati, rappresentati da organismi più vagili (mobili), tendenzialmente più grandi e molto più legati agli strati superficiali, e quindi ad un micro-habitat meno strettamente legato agli strati più profondi, sono valutati attribuendo loro un punteggio più basso (Foto 7, 11, 13, 15-17 e 21-25).

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Foto 2 Gasteropoda

Foto 3 Enchitreidae

Foto 4 Lumbricidae

Foto 5 Pseudoscorpiones

Foto 6 Pseudoscorpiones

Foto 7 Araneae

Foto 8 Opiliones

Foto 9 Acari

Foto 10 Isopoda

Foto 11 Chilopoda

Foto 12 Chilopoda

Foto 13 Chilopoda


Foto 14 Geophilomorpha

Foto 15 Diplopoda

Foto 16 Diplopoda

Foto 17 Diplopoda

Foto 18 Collembola

Foto 19 Collembola

Foto 20 Diplura

Foto 21 Archaeognatha

Foto 22 Dermaptera

Foto 23 Ophonus

Foto 24 Staphylinidae

Foto 25 Formicidae

195


INDAGINE SULLA FERTILITÀ BIOLOGICA DEI SUOLI DELLA VAL DI NON Come illustrato in precedenza, la carta dei suoli della Val di Non rappresenta la distribuzione sul territorio delle diverse Unità Tipologiche di Suolo (UTS). Ai fini dell’indagine sulla fertilità biologica sono state individuate 9 UTS, appartenenti a diversi Gruppi di substrato, e a diversi Sottogruppi, rappresentative dei vari ambienti frutticoli della valle. Per ciascun tipo di suolo prescelto sono stati individuati 4 siti investiti a frutteto quali obiettivi del campionamento. Il totale dei frutteti campionati è quindi pari a 36, dei quali 13 in alta valle, 11 in media e 12 in bassa valle (Tab. 1 e Fig. 2). Per disporre di un quadro generale sulla fertilità biologica dei suoli della Val di Non si è deciso di avvalersi dei due metodi già citati e riconosciuti dal mondo scientifico: l’indice di biodiversità Biodiversity Friend (IBS-bf) e l’Indice di qualità del Suolo (QBS-ar), integrati con un’indagine quantitativa mediante trappole a caduta (Menta et al., 2015). Oltre a soddisfare i primi due requisiti precedentemente evidenziati, necessari ad un buon bioindicatore (vedi paragrafo precedente), questi due metodi non richiedono un riconoscimento degli organismi a livello specifico, limitando l’identificazione alle categorie sistematiche di rango superiore, come la classe o l’ordine. In particolare, l’indice IBS-bf è molto facile da applicare in virtù della tecnica di raccolta molto semplice, che non richiede una strumentazione specifica, e della possibilità di effettuare l’analisi del materiale raccolto direttamente sul sito indagato.

Legenda: Gruppi di substrato: GLmi = glaciali misti, COdo = conoidi dolomitici, COca = conoidi calcarei, CM = calcari marnosi Sottogruppi Tessitura: F = franca, FS = franco sabbiosa, FL = franco limosa Profondità utile alle radici: 00 = < 50 cm (scarsa), 01 = 50-75 cm (moderatamente bassa), 02 = 75-100 cm (moderatamente alta), 03 = > 100 cm (elevata) Idromorfia: NI = non idromorfi, I = idromorfi, MI = molto idromorfi 196


IDENTIFICATIVO CAMPIONE

LOCALITÀ

UTS

GRUPPO DI SUBSTRATO

SOTTOGRUPPO

TESSITURA

PROFONDITÀ UTILE RADICI

IDROMORFIA

NONP0003

Cloz

ARS1

COdo

FS

0

NI

NONP0004

Romallo

REV2

GLmi

FL

2

NI

NONP0008

Arsio

ARS1

COdo

FS

0

NI

NONP0023

Tuenno

TUE1

COca

F

3

NI

NONP0026

Priò

PRI1

CM

F

1

NI

NONP0027

Priò

PRI1

CM

F

1

NI

NONP0055

Nanno

NAN1

GLmi

FL

3

NI

NONP0060

Nanno

NAN1

GLmi

FL

3

NI

NONP0068

Tassullo

NAN1

GLmi

FL

3

NI

NONP0101

Taio

TUE1

COca

F

3

NI

NONP0103

Taio

PRI1

CM

F

1

NI

NONP0116

Priò

PRI1

CM

F

1

NI

NONP0210

Cunevo

MFT1

GLmi

FL

1

I

NONP0211

Cunevo

MFT1

GLmi

FL

1

I

NONP0212

Denno

MFT1

GLmi

FL

1

I

NONP0215

Terres

MFT1

GLmi

FL

1

I

NONP0217

Flavon

NAN1

GLmi

FL

3

NI

NONP0237

Arsio

REV1

GLmi

FL

3

NI

NONP0238

Cloz

ARS1

COdo

FS

0

NI

NONP0239

Cloz

CLZ1

GLmi

F

2

NI

NONP0242

Revò

REV2

GLmi

FL

2

NI

NONP0244

Romallo

REV1

GLmi

FL

3

NI

NONP0304

Sporminore

SPR1

COdo

FS

0

NI

NONP0306

Sporminore

SPR1

COdo

FS

0

NI

NONP0312

Ton

TUE2

COca

F

2

NI

NONP0315

Ton

TON1

GLmi

F

3

NI

NONP0318

Ton

TON1

GLmi

F

3

NI

NONP0321

Ton

SPR1

COdo

FS

0

NI

NONP0322

Ton

TON1

GLmi

F

3

NI

NONP0331

Dermulo

TUE1

COca

F

3

NI

NONP0332

Dermulo

TON1

GLmi

F

3

NI

NONP0341

Malgolo

TUE1

COca

F

3

NI

NONP0351

Revò

ARS1

COdo

FS

0

NI

NONP0353

Salobbi

CLZ2

GLmi

FS

1

NI

NONP0354

Carnalez

CLZ2

GLmi

FS

1

NI

Tabella 1 Denominazione dei siti campionati, località, UTS e Gruppi di substrato e Sottogruppi di tessitura, PU e idromorfia

197


⦁353 ⦁351 ⦁1 ⦁239

⦁8 ⦁237

⦁238

⦁3 ⦁244 ⦁4 ⦁242

⦁341

⦁332 ⦁331

⦁68 ⦁23

⦁60

⦁101 ⦁103

⦁55

⦁215

Gruppi di substrato

211⦁⦁210 212⦁

Suoli su calcari marnosi

321⦁⦁315

Suoli su glaciale dolomitico

318⦁

Suoli su glaciale misto

Suoli su conoidi calcarei Suoli su conoidi dolomitici

Suoli su conoidi silicatici Suoli su alluvionale silicatico Suoli su alluvionale misto

Figura 2 Distribuzione geografica dei siti campionati (identificativo di tabella 1) in relazione ai Gruppi di substrato

198

⦁322 ⦁312

Suoli su glaciale silicatico

Suoli su conoidi misti

116⦁ ⦁27 ⦁26

⦁217

⦁304 ⦁306


Indice di biodiversità “Biodiversity friend” (IBS-bf) L’indice di biodiversità del suolo del protocollo Biodiversity Friend (IBS-bf) è stato sviluppato nell’ambito di un Disciplinare di certificazione che valuta la conservazione della biodiversità in agricoltura, sulla base di uno standard metodologico che attesta anche l’efficacia gestionale e la responsabilità ambientale delle aziende in seguito ad una analisi puntuale delle azioni precisate nel protocollo stesso. La misurazione dell’indice IBS-bf (Foto 26) consente di valutare con un metodo semplice e di rapida applicazione la qualità del suolo e le eventuali alterazioni di questo ecosistema. Gli artropodi endogei (che vivono nel suolo) mostrano un’alta sensibilità alle differenti modalità di gestione del suolo e possono essere indicatori dello stato di integrità, o di alterazione, dell’ecosistema indagato. Gli organismi edafici (del suolo), e ancor più quelli eu-edafici (gli organismi molto specializzati per la vita nel suolo), caratterizzati da adattamenti molto peculiari per la vita negli spazi interstiziali del terreno, allacciano una fitta rete di relazioni reciproche e interagiscono continuamente con l’ambiente fisico. Ogni alterazione di questo ambiente viene “registrata” dalla comunità del suolo che, pertanto, può essere impiegata come indicatore di variazioni delle condizioni naturali. La sensibilità maggiore di questi organismi si ravvisa per esempio nei confronti delle movimentazioni o nel compattamento dei suoli, azioni che, se ripetute e massive, portano nell’arco di poco tempo a una vera e propria estinzione locale della fauna eu-edafica (come detto, quella più specializzata). Una eventuale capacità di ricolonizzazione ad opera di popolazioni contigue è infatti poco plausibile a causa della capacità estremamente ridotta di movimento e deambulazione su vasta scala di questi particolari organismi. In ciascuno dei 36 frutteti individuati per la campagna di rilievi sono stati effettuati tre prelievi sulla fila e tre prelievi sull’interfila, procedendo poi all’identificazione dei taxa presenti in ciascun campione ed alla compilazione della scheda di analisi con l’attribuzione dei punteggi: alcuni taxa più sensibili alle modificazioni strutturali del

Foto 26 Riconoscimento visivo degli invertebrati secondo il metodo IBS-bf

199


suolo e con adattamenti più spinti alla vita edafica hanno punteggi più alti rispetto ad organismi più tolleranti, caratterizzati da adattamenti meno peculiari. Il valore dell’indice è stato ricavato calcolando il punteggio separatamente per ogni prelievo e integrando successivamente i dati delle tre raccolte. Il totale complessivo di campioni analizzati è pari a 216. Il campionamento è stato effettuato durante il mese di giugno e nell’arco di tre settimane, come da protocollo dell’indice, che prevede che la raccolta vada condotta in primavera e/o in autunno, evitando periodi asciutti troppo prolungati o a ridosso di forti eventi meteorici continuati, in condizioni meteo che permettano una temperatura di almeno 18°C che renda gli organismi attivi e facili da individuare.

Indice di qualità biologica del suolo (QBS-ar) Il metodo QBS-ar è stato messo a punto nel 2001 dal prof. Vittorio Parisi dell’Università di Parma. La sigla “ar” indica come questo indice si concentri sullo studio degli artropodi presenti nel terreno, quindi insetti, aracnidi, ecc., con l’intento valutare il livello di adattamento alla vita ipogea e di superare, sotto il profilo operativo, le difficoltà dell’analisi tassonomica a livello di specie. All’interno della fauna vivente nel suolo esistono infatti diverse forme biologiche, ossia gruppi tassonomici che si adattano alle modificazioni del terreno dovute a diversi fattori (ambientali, lavorazioni, ecc.). Una misura del grado di adattamento alla vita ipogea mostrato dai vari gruppi tassonomici viene effettuata tramite l’attribuzione di punteggi EMI (Eco Morphological Index, Indici Eco Morfologici). Tali valori sono compresi nell’intervallo numerico da 1 a 20, dove il valore conferito è tanto maggiore quanto maggiore è il numero di caratteri morfologici di adattamento al suolo mostrati dalle forme biologiche rilevate: dalla sommatoria degli EMI conseguiti dai vari gruppi, viene restituito un valore in grado di suggerire in sintesi lo stato di qualità biologica presente nel sito oggetto di campionamento. Tale valore riflette la capacità di un dato suolo di espletare le sue funzionalità biologiche incardinate sulla presenza di una comunità di microartropodi ben strutturata e funzionale. In aggiunta alla sommatoria EMI utile all’ottenimento dell’Indice QBS-ar, sono state proposte delle classificazioni di qualità del terreno da Parisi (2001) con successive modifiche di D’Avino (2002). L’espressione di giudizi di qualità sul suolo secondo questa classificazione basa le proprie considerazioni nella suddivisione del suolo in Classi di Qualità indicate con numeri crescenti da 0 a 7, come riflesso della strutturazione della comunità presente e suggerendo in estrema sintesi lo stato qualitativo dell’ambiente edafico (del suolo) oggetto d’analisi. Nello specifico, dette classi rappresentano il riflesso di scenari fondamentali per un corretto funzionamento e sviluppo della vita nel suolo, quali stabilità, struttura e complessità della comunità presente e della capacità di quest’ultima di partecipare a cicli ecologici fondamentali, quali i processi di sminuzzamento, demolizione e ri200


Foto 27 Estrazione degli artropodi in selettori riscaldati

ciclo dei residui vegetali ed animali, i processi di mineralizzazione e di circolazione dei nutrienti, oltre alle partecipazioni indirette alle attività enzimatiche. Il presente studio ha previsto il prelievo di campioni di suolo provenienti dagli stessi frutteti indagati per l’indice di biodiversità IBS-bf, ma a differenza della campagna di rilievi descritta nel paragrafo precedente, per il QBS-ar è stato prelevato un solo campione per frutteto, precisamente sulla fila, ed il riconoscimento dei taxa è stato effettuato in laboratorio dopo estrazione con selettori di Berlese-Tullgren (Foto 27). Dai dati raccolti sui microartropodi estratti è stato possibile applicare gli indici QBS-ar, attribuire le Classi di Qualità e applicare infine gli indici di diversità biologica H’ di Shannon e di Equitabilità J di Pielou, mentre è stato secondariamente calcolato il rapporto Acari/ Collemboli, in contesti edafici naturali tipicamente legato a valori volti in favore degli Acari.

Indagine quantitativa (Indice di Shannon) Per integrare i risultati ottenuti dall’applicazione di IBS-bf e QBS-ar si può ricorrere anche ad una vera e propria stima della biodiversità basata su indici quantitativi. L'indice IBS-bf, infatti, è un indice qualitativo poiché, per gli evidenti motivi legati alla sua facile applicabilità, non tiene in considerazione l'abbondanza delle specie raccolte e nemmeno il loro numero. L’indice QBS-ar consente anche una stima della biodiversità poiché il metodo può essere utilizzato quantitativamente, potendo calcolare il numero di individui raccolti per ogni taxon individuato. Va precisato che la conoscenza della biodiversità espressa come grandezza quantitativa non è un valore assoluto interpretabile dalla semplice equazione “maggiore biodiversità uguale maggiore qualità ambientale”. In altre parole, il semplice confronto del numero di specie fra habitat molto diversi, quali potrebbero essere ad esempio un ambiente “estremo” come la tundra o il deserto e una foresta 201


pluviale, sarebbe privo di significato. L’evidente numero inferiore di specie di uno rispetto all’altro è accompagnato da un elevato grado di specializzazione degli organismi che lo caratterizzano, che enfatizza la fragilità e la peculiarità dell’habitat stesso, al pari di una foresta pluviale in cui il numero di specie è senza dubbio di gran lunga superiore ma non per questo più significativo. La diversità, invece, può essere utilizzata come bioindicatore per comparare habitat o agroecosistemi dalle stesse caratteristiche fisionomiche (vegetazione, fascia altitudinale, latitudine, tipo di coltura, conduzione agraria, tipo di suolo, ecc.) e cercare di individuare eventuali fattori di disturbo in quelli caratterizzati da valori più bassi di diversità. Più in generale, la conoscenza della biodiversità, intesa come numero di specie e relativa abbondanza di individui, è un’informazione molto utile per rappresentare la struttura di una comunità e capire il suo grado di vulnerabilità in relazione ai cambiamenti ambientali, per comparare la sua struttura nel tempo sulla base di campionamenti periodici ripetuti, per confrontarla con quella di habitat similari, o per integrare i risultati ottenuti con quelli derivanti dal calcolo di altri indici, come nel presente lavoro. Una comunità rappresentata da dieci specie, ciascuna con un “peso” o abbondanza relativa del 10% sul totale, è molto differente da una comunità rappresentata sempre da dieci specie, ma con una specie dominante che da sola rappresenti il 95% degli esemplari raccolti. Intuitivamente, la prima comunità è caratterizzata da una diversità più elevata, in cui le specie sono equidistribuite e ben strutturate, rispetto invece alla seconda nella quale una sola specie è fortemente dominante sulle altre. Sulla base di altre informazioni, desunte dall’autoecologia degli organismi campionati, dalle informazioni sulla gestione dell’habitat, e dall’eventuale applicazione di altri indici, è possibile talvolta interpretare la struttura delle comunità esemplificate come più o meno impattate da azioni di disturbo quali sovrapascolamento, calpestio, movimentazione del suolo, disboscamento, scorretta regimazione idrica, ecc. Il calcolo della diversità è utilizzato di frequente negli studi di carattere quantitativo rivolti all’individuazione della struttura di specifiche comunità del suolo, nell’ambito della bioindicazione di particolari habitat come per esempio quelli forestali. Nella fattispecie, si ricorre al campionamento di taxa caratterizzati da elevato numero di specie, da un’uniformità morfoecologica che permetta la comparazione delle comunità individuate, e da un elevato grado di specializzazione nei confronti di peculiari micro-habitat dove si possono rinvenire esclusivamente. In questo contesto, alcune famiglie di Coleotteri come i Carabidi e gli Stafilinidi appartenenti alla sottofamiglia Staphylinidae (Foto 24) si prestano molto bene allo scopo e sono ampiamente utilizzati in letteratura. Per ovviare al problema di identificazione delle singole specie, che richiede la competenza degli specialisti dei vari gruppi campionati, si ricorre a un metodo di identificazione su base morfologica. Ogni “morfospecie” è individuata semplicemente su un criterio le202


gato all’habitus generale, attribuendo a specie diverse organismi riconoscibili immediatamente a vista, e contando quanti esemplari appartengono alla morfospecie individuata. Si tratta ovviamente di una stima, soprattutto nel caso di quei taxa caratterizzati da molte specie, che tuttavia permette un buon grado di approssimazione.

Trappole a caduta Nel caso delle trappole a caduta il calcolo della diversità può essere effettuato prendendo in considerazione indici differenti rinvenibili facilmente in letteratura. Nella fattispecie, è stato utilizzato l’indice di Shannon, così calcolato: H’=-Σ[pi*ln(pi)] dove pi è la frequenza relativa di ogni morfospecie calcolata come numero di esemplari/ totale esemplari nel campione, mentre ln è il logaritmo naturale. Il calcolo dell’indice considera quindi il contributo alla diversità derivante dal numero delle specie, o “morfospecie”, raccolte e alla relativa abbondanza, fornendo un valore che può essere inteso come la probabilità che un individuo campionato a caso all’interno di una popolazione appartenga a una specie differente da quella estratta in un precedente e ipotetico prelievo. Maggiore è il valore dell’indice, maggiore è la diversità del sito indagato. L’indice tiene conto anche della relativa distribuzione dell’abbondanza all’interno del campione. Come anticipato in precedenza, a parità di numero di morfospecie individuate, un sito sarà caratterizzato da una diversità maggiore se le abbondanze saranno equidistribuite all’interno del campione, mentre la diversità sarà inferiore se sono presenti una o più specie fortemente dominanti. La raccolta del materiale per il calcolo degli indici di diversità può prevedere anche l’applicazione di una tecnica di indagine quantitativa, caratterizzata da campionamenti periodici estesi per un periodo che può variare da una o più stagioni, fino a un intero anno. La tecnica di raccolta si basa in genere sull’utilizzo delle trappole a caduta, un semplice metodo di campionamento applicato frequentemente in letteratura nell’ambito degli studi sulla diversità delle comunità a invertebrati del suolo. Ciascuna trappola a caduta (Foto 28) è costituita da un bicchiere in plastica riempito per circa due terzi con una soluzione sovrasatura di aceto e cloruro di sodio (sale) in acqua, il primo con funzione attrattivo/conservante, il secondo con funzione conservante. Il bicchiere viene collocato nel suolo scavando una sede opportuna e facendo in modo che il bordo superiore sia a livello della superficie del terreno, e viene ricoperto da un’assicella o da pietre di forma piatta, lasciando un passaggio per l’ingresso delle specie di dimensioni maggiori prossime al centimetro di spessore. Nella fattispecie, l’attività di campionamento si è svolta nell’arco del periodo 1 luglio - 1 settembre 2016, in 9 dei frutteti già sede delle indagini per IBS-bf e QBS-ar (NONP0001, 0003, 0055, 0103, 0215, 0244, 0312, 0332 e 0341). In ogni frutteto sono state posizionate tre trappole a caduta, collocate a distanza di circa 10 metri l’una dall’altra, ciascuna alla base di una pianta lungo una fila interna all’impianto. Il primo prelievo è stato effettuato dopo un mese dal posizionamento 203


Foto 28 Trappola a caduta

delle trappole (1 agosto), successivamente è stata riattivata ciascuna trappola per la raccolta del secondo prelievo, effettuata in data 1 settembre. Le trappole sono rimaste in sito per un totale di due mesi, nell’arco del periodo estivo, escludendo pertanto il periodo tardo estivo/autunnale per non sovrapporsi all’attività di raccolta delle mele e per escludere l’effetto della frutta in deperimento lasciata sul campo, che avrebbe influenzato fortemente la struttura della diversità a causa della forte componente attrattiva esercitata da materiale in decomposizione nei confronti di alcune specie. Gli esemplari raccolti in ognuna delle tre trappole di ciascun sito sono stati cumulati in un unico campione, e i dati dei due periodi di campionamento sono stati archiviati in due differenti database. Complessivamente, sono stati raccolti 3.300 esemplari di invertebrati nei 9 siti indagati, attribuibili a 120 morfospecie. Per approfondimenti sulle modalità di svolgimento dei test si rinvia al Capitolo 1 - Metodi.

Prime evidenze Figura 3 Confronto dei valori IBS fila/interila

IBS-bf I risultati dell’indice IBS-bf nei 36 siti indagati, calcolato nella fila e nell’interfila, rivelano una marcata differenza fra i due comparti con

250

200

150

100

50

01

04 P0 00 8 N P0 02 N O 3 N P0 02 N O 6 N P0 02 N O 7 N P0 05 N O 5 N P0 06 N O 0 N P0 06 N O 8 N P0 N 10 O 1 N P0 10 N 3 O N P0 N 11 O 6 N P0 21 N 0 O N P0 21 N O 1 N P0 21 N O 2 N P0 21 N O 5 N P0 21 N O 7 N P0 23 N O 7 N P0 23 N O 8 N P0 23 N O 9 N P0 24 N O 2 N P N 024 O 4 N P N 030 O 4 N P0 30 N O 6 N P0 31 N O 2 N P N 031 O 5 N P0 31 N O 8 N P0 N 32 O 1 N P0 32 N O 2 N P0 33 N O 1 N P0 33 N O N 2 P0 34 N O 1 N P0 N 35 O 1 N P0 35 N O 3 N P0 35 4 O

N

P0 0

N

N

O

N

N O

P0 0

P0 0

N

N N O

N O

03

0

IBS Fila

204

IBS Interfila


F i g .4 V A L O R I I B S - b f fi l a F i g . 5 V A L O R I I B S - b f i n t e r fi l a

250

250

200

200

150

150

100

100

50

50

0

0

Figura 4 (a sinistra) Distribuzione dei valori di IBS-bf rilevati sulla fila. Sono riportati la mediana, il 25° ed il 75° percentile dei valori, i massimi ed i minimi Figura 5 (a destra) Distribuzione dei valori di IBS-bf rilevati nell’interfila. Sono riportati la mediana, il 25° ed il 75° percentile dei valori, i massimi ed i minimi

valori più alti nella fila nel 69% dei casi, con il valore di mediana pari a 150 e 125 rispettivamente per fila e interfila (Figg. 3, 4 e 5). Ciò è suffragato dal fatto che in condizioni naturali la base degli alberi rappresenta un micro-habitat tendenzialmente più ricco per la presenza del tronco, delle cortecce, delle radici e delle radichette, che costituiscono nel complesso un’area di rifugio importante per gli invertebrati. Va segnalato che il protocollo indica una soglia di 100 come punteggio mediamente buono. I risultati dell’indice per l’interfila sono maggiori di 100 nell’83% dei siti, mentre per quanto riguarda la fila sono superiori alla soglia di 100 nel 92% dei siti, valori che sottolineano un buon livello di qualità e conservazione dei suoli indagati. Ai fini di un’analisi più dettagliata che prenda in esame anche altre misurazioni rilevate nell’ambito dello studio sulla fertilità dei suoli, oggetto principale della presente ricerca, sono state fatte le seguenti considerazioni. Per quanto riguarda il contributo derivante dall’indice calcolato nella fila, oltre a essere più alto di 100 nel 92% dei siti, esso raggiunge solamente in tale comparto i valori più elevati, pari a 180, 185 e 200, rilevati rispettivamente nei siti NONP0304, NONP0237 e NONP0312. Inoltre, si è stabilita la soglia di 150 come risultato di un sito a “qualità elevata”, per vedere come sono ripartiti i siti dei due settori indagati e in quale misura. Mentre nell’interfila il valore di 150 è stato raggiunto solamente nell’8% dei casi, nella fila tale risultato si registra nel 52% dei siti (19 su 36 totali). Per tale motivo, le considerazioni che seguono sono state effettuate nel solo comparto relativo alla fila, che è ragionevolmente quello meglio conservato e rappresenta una reale riserva di biodiversità, limitando l’analisi ai soli siti con valori maggiori o uguali a 150. Sono state prese in esame le classificazioni tipologiche relative al Gruppo di substrato, e ai Sottogruppi di tessitura e profondità utile delle radici. Per ciascuna tipologia è stata calcolata la percentuale di campioni sul totale dei 36 esaminati (Figg. 6, 7 e 8) e la percentuale di campioni con valori di IBS maggiori di 150 (Figg. 9, 10 e 11). 205


11+14+1956L 42+36+22L 19+28+1439L 0+8043+ 60+ 40+6944+ 260+ 74+ 11

56

Calcari marnosi Conoidi calcarei Conoidi dolomitici Glaciale misto

19

Figura 6 Ripartizione percentuale dei campioni in relazione al Gruppo di substrato

14

%

24

%

41

Figura 7 Ripartizione percentuale dei campioni in relazione al Sottogruppo di tessitura

Franca Franco limosa Franco sabbiosa

35

19

%

39

< 50 cm 50-75 cm 75-100 cm > 100 cm

28

Figura 8 Ripartizione percentuale dei campioni in relazione al Sottogruppo di profondità utile alle radici

14

100 90 80 70 60

Figura 9 Qualità biologica dei diversi Gruppi di substrato. Percentuale di campioni con valori di IBS-bf superiore a 150

50 40 30 20 10 0

Calcari marnosi

Conoidi calcarei

Conoidi dolomitici

Glaciale misto

100 90 80 70 60

Figura 10 Qualità biologica dei diversi Sottogruppi di tessitura. Percentuale di campioni con valori di IBS-bf superiore a 150

50 40 30 20 10 0

Franca

Franco limosa Franco sabbiosa

100 90 80 70

Figura 11 Qualità biologica dei diversi Sottogruppi (accorpati) di profondità utile alle radici. Percentuale di campioni con valori di IBS-bf superiore a 150

60 50 40 30 20 10 0

206

0 - 75 cm

> 75 cm


Nell’ambito del raggruppamento per substrati appare significativa l’assenza totale di siti a elevata qualità per il tipo di substrato calcari marnosi (CM), mentre l’80% dei siti su conoidi calcarei (COca) rientra in quelli a elevata qualità. I primi sono caratterizzati da contenuti di sostanza organica bassi e i secondi da contenuti elevati (Capitolo 5), lasciando ipotizzare un legame fra la dotazione di S.O. ed una elevata qualità biologica dei suoli. Per quanto attiene la tessitura le differenze sono meno marcate, con la maggior parte dei suoli di alta qualità appartenente alla classe franco limosa (69%), mentre per quanto riguarda la profondità utile delle radici è evidente come i siti di elevata qualità siano caratterizzati anche da una maggior profondità radicale. I suoli di questi ultimi sono caratterizzati anche da una maggiore riserva idrica (Cap. 5), e quindi arrivano più difficilmente a una condizione di stress idrico. Da un punto di vista semplicemente qualitativo, ma non trascurabile ai fini di un approfondimento dell’analisi sulla qualità dei suoli, vengono segnalate alcune presenze-assenze di taxa particolari, rilevate durante l’analisi e annotate sul taccuino di campagna. Gli Pseudoscorpioni (Foto 5 e 6), animali caratterizzati dal punteggio elevato pari a 20 in virtù del loro adattamento e della particolare biologia che li vede come tipici occupanti di nicchie edafiche e subedafiche nella lettiera forestale, non sono mai stati rinvenuti. Neppure il taxon Tisanuri (attualmente suddiviso nei due taxa ufficialmente riconosciuti Archaeognatha e Zygentoma), caratterizzato da organismi comuni nei suoli forestali (Foto 21), è mai stato segnalato nei 216 campioni raccolti. I Dipluri (Foto 20), organismi con spiccati adattamenti all’habitat sub-edafico, sono stati rinvenuti in soli 4 siti, due dei quali, NONP0237 e NONP0304, proprio fra quelli di qualità più elevata (IBS pari a 180 e185). Sorprendente è l’assenza del taxon degli Opilioni (Foto 8) in siti piuttosto vicini ad aree boscate seminaturali, essendo questi organismi piuttosto frequenti e tipici di habitat forestali. Per quanto riguarda gli Imenotteri Formicidi (Foto 25), è stata rilevata una presenza ricorrente di formicai di varie specie, motivo di frequente disturbo durante la fase di analisi a causa dell’elevato numero di esemplari vaganti, quasi sempre in corrispondenza dei campionamenti effettuati nell’interfila. Viene infine riportata la composizione delle comunità rilevate (Fig. 12).

Figura 12 Composizione numerica delle comunità rilevate nella valutazione di IBS-bf

207


QBS-ar Vengono di seguito sinteticamente riportati i grafici relativi ai risultati generali delle analisi effettuate: queste hanno previsto l’applicazione dell’indice QBS-ar, delle Classi di Qualità secondo quanto proposto da Parisi e D’Avino, degli indici di diversità biologica H’ di Shannon-Wiener e di Equitabilità J di Pielou, oltre al calcolo del rapporto Acari/Collemboli. In merito, si ritiene fondamentale precisare come i dati e le rappresentazioni grafiche di seguito proposti siano da intendersi unicamente come tendenziali, e non statisticamente significativi, alla luce del limitato numero di repliche dei campioni oggetto d’esame. Tale condizione trova le proprie motivazioni nell’intenzione di ottenere dalle presenti analisi un quadro squisitamente indicativo e di monitoraggio su ampia scala delle condizioni generali presenti, riservando ad eventuali studi futuri gli approfondimenti ritenuti di interesse condiviso, compresi gli eventuali legami con alcuni parametri dei suoli. Nei grafici di figura 13 e 14 sono rappresentati i valori per QBS-ar e le relative Classi di Qualità. Per quanto attiene il valore, a titolo di confronto in figura 15 vengono riportati dei valori QBS-ar rilevati in precedenti studi condotti in differenti tipi di suolo (Menta, 2012, modificato). Si può notare come la mediana dei valori risultanti dall’indagine sui frutteti della Val di Non è paragonabile ai valori riscontrati in differenti suoli coltivati, mentre è molto inferiore ai dati rilevati in suoli non coltivati. La classe di qualità complessiva dei suoli indagati è compresa fra 4 e 5 su una scala che va da 0 a 7. F ig .1 4 C L A S S I D I Q U A L I T À

F ig .1 3 V A L O R I Q B S - a r 160

7

140

6

120

5

100

4 80

3 60 40 20 0

Figura 13 Distribuzione dei valori di QBS-ar dei campioni analizzati. Sono riportati la mediana, il 25° ed il 75° percentile dei valori, i massimi ed i minimi

208

2

1

0

Figura 14 Distribuzione dei valori delle Classi di Qualità dei campioni analizzati. Sono riportati la mediana, il 25° ed il 75° percentile dei valori, i massimi ed i minimi


250 Valori QBS-ar

200 150

Figura 15 Valori di QBS-ar in suoli con diverse colture

100 50 0

Barbabietola

Mais

Frumento

Frutteti Val di Non

Medica

Prato

Bosco

Nei grafici di figura 16, 17 e 18 sono rappresentati gli indici di diversità, di Equitabilità e del rapporto Acari/Collemboli proposti.

Fig.18 RAPPORTO A/C

Fig.17 INDICE J DI PIELOU

4,00 3,50

1,00

180

0,90

160

0,80

3,00 0,70

2,50 2,00

0,60

140 120 100

0,50 80

1,50

0,40 60

0,30

1,00 0,20

0,50 0,00

Figura 16 Distribuzione dei valori dell’indice di diversità (H’ di Shannon) dei campioni analizzati. Sono riportati la mediana, il 25° ed il 75° percentile dei valori, i massimi ed i minimi

0,10 0,00

Figura 17 Distribuzione dei valori dell’indice di equitabilità (J di Pielou) dei campioni analizzati. Sono riportati la mediana, il 25° ed il 75° percentile dei valori, i massimi ed i minimi

40 20 0

Figura 18 Distribuzione dei valori del rapporto Acari/Collemboli dei campioni analizzati. Sono riportati la mediana, il 25° ed il 75° percentile dei valori, i massimi ed i minimi

In merito, si ricorda come l’indice H’ di Shannon sia un indice di diversità in grado di fornire utili informazioni sul contesto demografico presente nella comunità oggetto d’esame, spaziando da valori nulli fino ad un massimo di 3,66 per il presente contesto: punteggi crescenti saranno indicazione di situazioni preferibili di diversità ed equilibrio popolazionale tra le varie unità tassonomiche presenti nella comunità, mentre valori prossimi allo 0 di situazioni di dominanza marcata in modo corrispondente al livello restituito dal punteggio. L’indice di Equitabilità J di Pielou differisce dal precedente indice H’ per la propria focalizzazione principalmente inerente i rapporti tra le unità tassonomiche presenti e non sul loro numero, restituendo valori spazianti da 0 a 1, anche in questo caso maggiormente positivi spostandosi verso il limite superiore della scala. Il rapporto Acari/Collemboli presenta invece semplicemente il rapporto demografico tra queste due unità tassonomiche, fornendo informazioni utili sul grado di naturalità del terreno: nei suoli naturali dove si è instaurato un equilibrio della pedofauna, gli Acari saranno tipicamente molto più numerosi dei Collemboli, e una riduzione del loro rapporto indicherà una perdita di questo equilibrio (Bachelier, 1978). 209


Saranno pertanto preferibili valori superiori ad 1 e nel caso in esame il valore di mediana è di gran lunga superiore. Vengono infine presentati i dati riassuntivi delle analisi effettuate Fig.19 QBS-ar: comunità rilevate (Tab. 2) e le composizioni microartropodologiche delle comunità rilevate (Fig. 19). Tabella 2 Dati riassuntivi sulle analisi effettuate sui 9 o 36 campioni di suolo oggetto di studio

PARAMETRO

SCALA

MIN

MAX

QBS-ar

--

41

151

95

Classi di Qualità

1-7

1

6

4,35

Indice H’

0-3,66

0,16

1,75

1,11

Indice J

0-1

0,08

0,78

0,55

Rapporto A/C

--

0,21

170,5

11,71

Fig.19 QBS-ar: comunità rilevate

Figura 19 Composizione numerica delle comunità rilevate nella valutazione di QBS-ar

VALORE MEDIO

Pseudoscorpioni (11)

Araneidi (9)

Acari (3198)

Isopodi (3)

Diplopodi (26)

Pauropodi (37)

Sinfili (213)

Chilopodi (42)

Proturi (15)

Collemboli (916)

Microcorifi (1)

Psocotteri (1)

Emitteri (46)

Tisanotteri (23)

Coleotteri (17)

Imenotteri (53)

Coleotteri (larve) (65)

Ditteri (larve) (40)

Altri Olometaboli (376)

Trappole a caduta - Indice di Shannon Il valore dell’indice di diversità di Shannon, risultante dalle catture mediante trappole a caduta, è stato calcolato per ciascun Pseudoscorpioni (11) Araneidi (9) per ciascun periodo Acarisito, (3198) Isopodi (3)di raccolta e come valore medio dei due precedenti. Diplopodi (26) Pauropodi (37) Sinfili Il (213) valore più alto diChilopodi 2,70 è (42) stato rilevato per il sito NONP0001, nel Proturi (15) Collemboli (916) secondo periodo di campionamento (agosto-settembre) e sempre Microcorifi (1) Psocotteri (1) questo sito si attesta come il più elevato per quanto riguarda il vaEmitteri (46) Tisanotteri (23) lore medio. Il valore più basso appartiene al sito NONP0332, sia per Coleotteri (17) Imenotteri (53) quanto riguarda il Ditteri dato (larve) del primo prelievo che come valore medio. Coleotteri (larve) (65) (40) 55% dei siti AltriIlOlometaboli (376)(5 su 9) ha un valore dell’indice superiore a 2. Il grafico di figura 20 indica una flessione della diversità in corrispondenza del sito NONP0332, e una diversità elevata per quanto riguarda i siti NONP0001 e NONP00055. Il confronto effettuato fra risultati dell’indice IBS misurato sulla fila (Fig. 21) e la diversità misurata nei siti indagati con le trappole a caduta riflette un andamento tutto sommato simile, considerando che i periodi di campionamento sono stati diversi (periodo vegetativo primaverile per l’indice IBS, periodo estivo e tardo estivo per l’indice di Shannon ottenuto con trappole a caduta). Uno studio continuativo sulla base di un campionamento annuale, limitato all’analisi di alcuni gruppi che ben si prestano alle indagini quantitative con trappole a caduta, potrà eventualmente essere effettuato in futuro per evidenziare possibili differenze nella struttura delle comunità dei frutteti, in correlazione con la moltitudine di dati rilevati nell’ambito di questo studio sulla fertilità dei suoli. 210


Fig.20 Indice di biodiversità 250

IBS-bf IBS-bf

200 150 100 50

P0 34 1

2

O N

Figura 20 Valori dell'indice di biodiversità (IBS-bf) dei campioni analizzati

N

N

N

O N

O N

P0 31

P0 33

2

P0 24 4 O N N

P0 21 5 O N N

N

O N

P0 10 3

05 5 P0 O N N

N

N

O N

O N

P0

P0

00 3

00 1

0

Fig.21 Indice di Shannon

3 2,5

H'

H’

2 1,5 1 0,5

O

N

Figura 21 Valori dell'indice di diversità (H' di Shannon) dei campioni analizzati

N

N O N

P0 34 1

2 P0 33

2 P0 31 N O N

P0 24 4 N O N

P0 21 5 N O N

N

O

N

P0 10 3

05 5 P0 N O N

P0 N O N

N

O

N

P0

00 3

00 1

0

Prime indicazioni sulla qualità del suolo I valori tendenzialmente piuttosto elevati dell’indice IBS, soprattutto relativamente ai campioni prelevati lungo la fila (92% dei siti con IBS superiore a 100 e 53% dei siti con IBS maggiore di 150) riflettono una qualità del suolo piuttosto alta in un’area così intensivamente sfruttata per la coltivazione della mela. Va evidenziato che il raggiungimento di valori di IBS elevati si ottiene per la presenza di numerosi gruppi di artropodi meno specializzati, valutati di media qualità, che sopperisce alla costante assenza ed alla diffusa scarsità di altri con caratteristiche di elevata specializzazione per la vita nel suolo. In ricerche analoghe, condotte in agroecosistemi e habitat seminaturali di pianura e di bassa quota (fascia altitudinale collinare dell’orizzonte submediterraneo), valori dell’indice IBS superiori a 150 sono stati rilevati solamente in aree boscate seminaturali e in alcune aziende a conduzione biologica, durante il periodo di campionamento autunnale. Anche per quanto riguarda la misura della diversità effettuata ricorrendo all’applicazione delle trappole a caduta, nelle stesse ricerche precedentemente citate i valori dell’indice di Shannon superiori a 2 sono stati rilevati solo in corrispondenza di boschi misti seminaturali e di una azienda a vigneto a conduzione biologica, situata a ridosso della fascia prealpina (dati inediti, campionamento primaverile). Per quanto attiene l’indice QBS-ar, con la dovuta precisazione dell’assenza di repliche per ciascun campione analizzato, i risultati complessivi indicano che la mediana dei valori risultanti dall’indagine sui frutteti della Val di Non è paragonabile ai valori riscontrati in differenti suoli coltivati (colture erbacee), mentre è circa la metà rispetto a suoli non coltivati (prato, bosco). La classe di qualità complessiva dei suoli indagati è compresa fra 4 e 5 su una scala che va da 0 a 7 ed è quindi medio buona. 211


212


8 CLIMATOLOGIA E FABBISOGNI IRRIGUI Fabio Zottele, Giambattista Toller

213


CLIMATOLOGIA E SOSTENIBILITÀ In questi ultimi anni il tema della sostenibilità è molto dibattuto: lo sviluppo sostenibile di qualsiasi attività umana - e quindi anche dell’agricoltura - dovrebbe garantire il soddisfacimento dei nostri bisogni senza compromettere la capacità delle generazioni future di garantire la soddisfazione dei propri (UN, 1987). Lo sviluppo sostenibile ha tre obiettivi: garantire lo sviluppo economico, lo sviluppo sociale e la protezione ambientale (UNGA, 2005). Questi obiettivi sono molto ambiziosi e la ricerca della sostenibilità è una sfida sociale che mette alla prova il nostro stile di vita. Le risorse naturali - l’aria, l’acqua, il suolo - che consumiamo incessantemente per mantenere i nostri processi produttivi erano considerate fino a pochi anni fa infinitamente disponibili: oggi ne conosciamo la loro limitatezza e quindi dovrebbero essere conservate e gestite con grande attenzione. Come indicato da Lipponen e Bonvoisin (2015), il maggiore utilizzo di risorse naturali è concentrato in quelle zone del mondo dove già oggi c’è un alto livello di sviluppo economico: è prevedibile quindi che nel prossimo futuro aumenteranno sia la concorrenza per l’utilizzo delle risorse naturali da parte dei vari settori economici (agricoltura, turismo, industria, ecc.) sia la sensibilità per la protezione dell’aria, dell’acqua e del suolo (UNECE, 2011). Poiché in questo lavoro si intende parlare di acqua e di clima, focalizzeremo le nostre analisi sull’irrigazione ovvero quella pratica agronomica che consente di far fronte alla variabilità degli eventi piovosi. Controllando la quantità di acqua si evitano le condizioni di stress idrico garantendo alla pianta uno sviluppo e una resa produttiva regolare nel tempo. In Val di Non, dove la frutticoltura intensiva è la principale attività agricola, la gestione del consumo d’acqua risulta un argomento cruciale: gli studi e le sperimentazioni per incrementare l’efficienza dell’utilizzo dell’acqua ci sembrano quindi molto stimolanti con un’immediata applicazione pratica e di sicuro interesse sia per il settore agricolo, sia per la collettività. Per mantenere gli elevati standard di produzione della mela e nel contempo promuovere un uso consapevole dell’acqua utilizzata per l’irrigazione occorrono strumenti che stimino e predicano correttamente il contenuto idrico del terreno in modo da irrigare al momento giusto e fornendo la corretta quantità d’acqua per evitare gli sprechi. Negli ultimi decenni sono stati sviluppati dei sistemi che, unendo le scienze agrarie con quelle informatiche, supportano le scelte dell’agricoltore e sono le basi della precision agriculture (agricoltura di precisione, McBratney, 2005). Questi strumenti descrivono le condizioni di una certa coltura nello spazio e nel tempo misurando continuamente lo stato del suolo, della pianta e dell’atmosfera basandosi sia sulle immagini raccolte dai satelliti, dagli aerei o dai droni - il remote sensing - o sulle misure effettuate da stazioni meteorologiche o dai sensori posti sulla o nella pianta e nel terreno (proximal sensing, 214


Mulder et al., 2011 e Viscarra Rossel et al., 2011). Utilizzando i dati raccolti dalla rete di monitoraggio agrometeorologico della Fondazione Edmund Mach e i dati raccolti nella campagna di indagine che ha portato alla redazione della Carta dei suoli della Val di Non (Venturelli et al., 2012), Zottele et al. (2010) hanno sviluppato un sistema di supporto alle decisioni - irri4web - che, attraverso un'interfaccia webGIS (Fig. 1) ovvero una mappa disponibile on-line, calcola il fabbisogno d’acqua del melo in un punto identificato dall’utente. Una volta individuato il punto d'interesse, il sistema predice lo stato dell'atmosfera utilizzando il valore delle stazioni meteorologiche più vicine nei cinque giorni precedenti e le previsioni meteo fornite dal servizio di previsione meteorologica provinciale (Meteotrentino) per i tre giorni successivi. Inoltre l’utente può inserire manualmente l’acqua somministrata per irrigazione nei giorni precedenti. Con questi dati e le informazioni contenute nella carta dei suoli, viene elaborata e visualizzata l’evoluzione temporale del contenuto d’acqua nel terreno e l’eventuale avvicinarsi alle condizioni critiche per la coltura, configurandosi quindi come uno strumento di gestione dell’acqua per i consorzi irrigui. Recentemente, con l’utilizzo quotidiano degli smartphone e l’introduzione delle tecnologie dell’Internet of Things (IoT), si è assistito ad un’evoluzione dell’agricoltura di precisione verso lo smart farming,

Figura 1 Schermate del software irri4web e calcolo dell’andamento delle variabili meteorologiche nel punto d’interesse identificato dall’utente

215


dove ogni telefono, macchina fotografica, ricevitore GPS diventa un potenziale sensore, continuamente interconnesso con altri sensori che forniscono in tempo reale grandi quantità di dati da elaborare (Wang et al., 2014). In questo contesto di rapida evoluzione tecnologica, lo sviluppo di nuovi sistemi per una corretta gestione dell’acqua in agricoltura giocherà un ruolo di primaria importanza (The Economist, 2016). In aggiunta a tutto ciò occorre tenere presente che il cambiamento climatico in atto sta modificando il regime di piovosità e di temperatura sulle Alpi e che verosimilmente aumenterà la probabilità di eventi meteorologici estremi come grandinate, inconsueti periodi siccitosi o piovosi (EEA, 2017). Nel caso del melo gli effetti del riscaldamento globale associato al cambiamento climatico sono già documentati sia a livello di ciclo stagionale della pianta (Legave et al., 2009) sia come effetti sulla qualità del frutto (Sugiura et al., 2013): questi cambiamenti di medio e lungo termine, influenzando l’interazione tra atmosfera, pianta e suolo, modificheranno molto probabilmente i fabbisogni irrigui e quindi la gestione dell’acqua. Per un approccio orientato alla sostenibilità sarebbe quindi opportuno disporre di sistemi che aiutino gli agricoltori a prendere decisioni a scale temporali differenti: nel breve periodo (giorni, settimane, mesi) per affrontare la variabilità meteorologica; nel medio periodo per pianificare un impianto considerando le potenzialità offerte dal clima e dal sistema pianta-aria-suolo; e nel lungo periodo dovrebbero indicare - attraverso scenari - le scelte strategiche per ottimizzare la gestione delle risorse in un clima che cambia. Infatti, le migliori tecnologie, le politiche di tutela e di risparmio delle risorse naturali, la riduzione dell’utilizzo dei combustibili fossili, la riduzione dei gas serra immessi nell’atmosfera avranno un impatto positivo sul futuro sistema ecologico, agrario e sociale. Ed è questo il punto cardine della sostenibilità: non saremo noi a godere i frutti di una migliore gestione dell’acqua, dell’aria e del suolo, ma le generazioni future.

CARATTERIZZAZIONE CLIMATICA La particolare conformazione morfologica delle Valli del Noce richiede un’accurata analisi climatica per descrivere la variabilità dei regimi di temperatura e di piovosità durante l’anno. La caratteristica climatica delle valli alpine è che un’unica descrizione risulta essere utile, ma troppo generica: viene quindi accompagnata da una caratterizzazione della variabilità del clima nello spazio, per tenere conto dei microclimi presenti nella zona. A questo scopo si sono elaborate le serie temporali di variabili meteorologiche della Fondazione Mach per 18 punti di misura (Fig. 2) coprendo l’intervallo di tempo dal 1 gennaio 2002 al 31 dicembre 2015 (14 anni) per un totale di 5.113 giorni. Basandosi su questi dati e utilizzando metodi di interpolazione spaziale per le temperatura giornaliere e le precipitazioni si è calcolato il fabbisogno netto d’acqua del melo per ogni poligono 216


della carta dei suoli considerando sia il clima “medio”, sia la variabilità climatica da zona a zona. In figura 3 viene riportato l’andamento giornaliero della temperatura media (linea rossa continua) stimata nel punto baricentrico dell’area di studio a 639 m sul livello del mare (quota media). L’andamento giornaliero è stato suddiviso per mese dell’anno. Le linee arancioni continue sottendono l’intervallo di credibilità della temperatura media giornaliera al 95%, mentre la linea blu tratteggiata rappresenta lo zero termico. Utilizzando i risultati delle analisi climatiche e la classificazione climatica di Köppen (Rubel e Kottek, 2011) l’area delle Valli di Non e Sole può essere classificata come temperata (mesothermal, gruppo principale C), in quanto la media mensile del mese più freddo (gennaio) è di 0 ± 0,4°C con 7 mesi nei quali la temperatura media supera i 10°C. Più precisamente l’area di studio è al limite tra il clima temperato e il clima continentale (gruppo D) con una temperatura media annuale

Figura 2 Disposizione di 18 stazioni di misura dei parametri atmosferici utilizzate nello studio. Per ogni punto è riportata la quota corrispondente. In verde è mostrato il dominio di calcolo del modello che quantifica i fabbisogni irrigui e che corrisponde all’area della Carta dei suoli agricoli delle valli del Noce

217


è di 10,4 ± 2,5°C. Il sottogruppo climatico è definito come temperato oceanico (Cfb) in quanto i mesi con temperatura maggiore di 10°C sono più di 4; non è climaticamente identificabile una stagione particolarmente secca; non è evidente una grande differenza tra le medie di precipitazione nel susseguirsi delle stagioni. Inoltre, tutti i mesi hanno una temperatura media climatica inferiore ai 22 gradi (il mese più caldo è luglio con una media mensile di 20,6 ± 0,4°C). Analogamente ai gruppi climatici, anche per i sottogruppi si è al limite con il sottogruppo continentale umido con estate calda (Dfb). Gennaio

Febbraio

Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

Luglio

Agosto

Settembre

Ottobre

Novembre

Dicembre

30 20

Temperatura media giornaliera [°C]

10 0 -10

30 20 10 0 -10 1

10

20

30

1

10

20

30

1

10

20

30

1

10

20

30

1

10

20

30

1

10

20

30

Giorno del mese

Figura 3 Analisi climatica della temperatura media nel punto baricentrico dell’area di studio: la linea rossa continua rappresenta la media climatica e la fascia arancione indica l’intervallo di credibilità del valore medio al 95%. Per riferimento è stato evidenziato lo zero termico con la linea blu tratteggiata

(a)

(b) 60

Probabilità dell’evento piovoso [%]

Pioggia stimata [mm]

200

150

100

50

40

20

0

0 Gen

Feb

Mar

Apr

Mag Giug Lug

Ago

Set

Ott

Nov

Dic

Gen

Feb

Mar

Apr

Mag

Giu

Lug

Ago

Set

Ott

Nov

Figura 4 Analisi climatica delle precipitazioni in un punto baricentrico delle Valli del Noce posto ad una quota di 639 m s.l.m. (a) Distribuzione stimata della precipitazione cumulata mensile in un intervallo di credibilità del 95%. La linea blu continua indica il valore atteso. Valori compresi tra il 95-esimo percentile e la linea blu puntinata sono considerati eventi rari (b) Probabilità di pioggia per il giorno del mese considerato (i punti rappresentano il valore climatico atteso, le linee attorno al punto sono l’intervallo di credibilità al 95%)

218

Dic


Per quanto riguarda la climatologia delle precipitazioni, l’andamento annuale nel punto baricentrico della valle, riportato in figura 4-a, è leggermente bimodale con dicembre, gennaio e febbraio più secchi degli altri mesi: gennaio è il mese in assoluto con meno precipitazioni con un valore mediano di 4,6 ± 2,4 mm. La pioggia è maggiore in primavera (maggio: 17,2 ± 7,3 mm), stagione caratterizzata anche da una spiccata variabilità. Inoltre, le misure di precipitazione hanno una distribuzione fortemente asimmetrica: le bande blu del grafico indicano l’intervallo di credibilità delle medie mensili al 95%: valori superiori - fino al raggiungimento della linea tratteggiata superiore (precipitazione massima misurata) - sono possibili, ma rari. Infine, le analisi (Fig. 4-b) mostrano che gli eventi piovosi sono meno frequenti in inverno (gennaio: 17 ± 2%) e che la probabilità aumenta considerevolmente dalla primavera (aprile: 32 ± 2%) fino a inizi settembre (40 ± 2%).

STIMA DEL BILANCIO IDRICO L’analisi dei risultati ottenuti mostra come la variabilità spazio-temporale climatica (microclimi e distribuzione della pioggia) interagisca con la variabilità spaziale del contenuto d’acqua immagazzinabile dal suolo e con l’effetto che i portainnesti nanizzanti hanno sulla distribuzione delle radici e quindi sulla quantità di acqua disponibile totale per i fabbisogni della pianta. È però la variabilità meteorologica (annate più o meno calde e più o meno piovose) a determinare la spiccata variabilità del contenuto d’acqua nel terreno. Inoltre, l’acqua immagazzinata dai suoli con profondità utile moderatamente alta o elevata, che complessivamente coprono più del 60% dell’area (Cap. 4), non viene presumibilmente utilizzata dalla pianta a causa dell’uso sistematico dell’irrigazione (che tendenzialmente limita l’approfondimento delle radici). Dai risultati delle analisi emerge che dopo un inverno particolarmente secco il suolo non riesce a reintegrare a sufficienza la riserva idrica. A marzo, con la ripresa vegetativa dell’erba e delle piante, può avvenire un precoce superamento della soglia di stress idrico: questo evento, con probabilità medio-bassa, si localizza nelle aree con suoli con bassa AWC. Poiché si tratta di eventi rari, è prezioso conoscere dove tali eventi si verificano e con quale probabilità. Infatti, con annate precoci, la fine dell’ecodormienza e la fioritura del melo sono anticipate: una carenza d’acqua avrebbe importanti ripercussioni compromettendo la produzione. La variabilità del regime di precipitazione in primavera ed in estate si riflette nella variabilità del contenuto d’acqua nel terreno nelle varie annate considerate nello studio climatico e, di conseguenza, nel fabbisogno netto d’acqua. Nelle mappe che riportano l’intervallo di credibilità al 90% del fabbisogno netto (Fig. 5) si nota come la variabilità spaziale del fabbisogno irriguo cresca sostanzialmente con l’evolversi della stagione agraria. Da maggio ad agosto, la variabilità spaziale è molto accentuata. Il valore atteso del fabbisogno netto 219


mensile climatico (Fig. 6) è più omogeneo: ciò rafforza l’idea che clima e meteorologia giochino un ruolo fondamentale per guidare il corretto consiglio irriguo. L’analisi statistica della distribuzione dei valori di fabbisogno netto d’acqua mostra due distinti effetti stagionali. Il primo effetto è già stato introdotto ed è dovuto allo stato iniziale del terreno all’inizio di marzo e principalmente influenzato dall’evoluzione meteorologica invernale. Il secondo effetto è di tipo “estivo”: si considerino, nelle mappe di figura 5, i valori del quinto e del 95-esimo percentile del fabbisogno irriguo ovvero quei valori che, climaticamente, rappreMarzo

Aprile

Maggio

Giugno

Luglio

Agosto

Settembre

5% 95 %

Fabbisogno netto d’acqua [mm]

25

50

75

100

125

150

175

200 Dati cartografici ©2017 Google

Figura 5 Evoluzione spaziotemporale della distribuzione del fabbisogno netto d’acqua tra il quinto e il 95-esimo percentile (intervallo di credibilità del 90%). Valori più bassi o più alti di quelli indicati sono stati considerati eventi “rari”

Marzo

Aprile

Maggio

Fabbisogno netto d’acqua [mm]

Giugno

15

30

Luglio

45

60

Agosto

75

Settembre

90 Dati cartografici ©2017 Google

Figura 6 Evoluzione spaziotemporale dei valori attesi di fabbisogno netto d’acqua, calcolati l’andamento climatico della zona e le caratteristiche del terreno

220


sentano condizioni “estreme” di stato idrico del suolo. Nel mese di luglio i valori di fabbisogno netto sono bassi o nulli in annate con estati piovose mentre, in annate particolarmente secche, i fabbisogni irrigui sono molto superiori a quelli medi del mese di giugno, mese in cui è massimo il valore atteso di fabbisogno irriguo. Questo effetto di amplificazione delle necessità irrigue in anni particolarmente secchi è il risultato della variabilità dell’andamento meteorologico in estate e rappresenta, al contempo, il margine entro cui deve operare la gestione irrigua. Riassumendo, in un’ottica climatica e sotto le ipotesi del modello descritto, già a marzo possono verificarsi rari eventi di superamento della soglia critica con la necessità di intervenire tempestivamente per ripristinare la riserva idrica, in quanto condizioni di stress idrico prolungato in primavera potrebbero compromettere in modo severo la produzione. Le zone interessate si collocano a sud-ovest di Banco, a Sud di Cagnò e Revò e nella zona di Brez, dove sono presenti suoli di origine fluvioglaciale o di conoide con riserva idrica molto ridotta. La distribuzione spaziale dei fabbisogni irrigui estivi è, invece, più omogenea e gli eventi “rari” in cui l’andamento meteorologico porta a fabbisogni netti d’acqua maggiori del 95-simo percentile (Fig. 5, riga “95%”) coinvolgono praticamente l’intera area coltivata. Emergono quindi tre elementi che possono aiutare la gestione sostenibile dell’irrigazione: una conoscenza precisa dell’acqua disponibile (AWC), l’andamento meteorologico durante l’annata per stimare il contenuto giornaliero di acqua nel terreno, e l’analisi climatica dei fabbisogni. Quest’ultima permette di capire se l’andamento meteorologico è “normale” o “eccezionale” e, inoltre, fornisce gli elementi progettuali sufficienti a dimensionare gli impianti irrigui per far fronte alle condizioni “estreme”.

OTTIMALE GESTIONE DELLA RISORSA IDRICA L’obiettivo di questo lavoro è stato la descrizione climatica delle Valli di Non e Sole in riferimento al fabbisogno netto d’acqua del melo. Le analisi climatiche mostrano che, mediamente, l’area gode di un clima temperato, ma che gli inverni tendenzialmente poco piovosi potrebbero portare, in alcune zone con suoli con bassa capacità di immagazzinare l’acqua, a situazioni di scarsa quantità d’acqua nel terreno nel delicato periodo della fioritura del melo. Ciò sottolinea l’importanza di potere effettuare interventi tempestivi di irrigazione per mantenere un’adeguata umidità dei terreni tali da sostenere la ripresa vegetativa del melo. Tramite l’analisi dei dati climatici si sono individuate e collocate in mappa le zone più sensibili alla siccità primaverile (Fig. 7). In piena stagione, invece, è fondamentale mantenere sotto controllo il contenuto d’acqua del terreno mediante una corretta gestione irrigua, sfruttando l’effetto combinato del clima temperato e dei suoi apporti di precipitazione durante la stagione vegetativa. In questo caso, lo studio climatico risulta utile per il 221


Marzo

Figura 7 Evoluzione spaziotemporale del rischio di superamento della soglia critica (condizione di stress idrico) almeno una volta nel mese. Il superamento di questa soglia provoca dei danni alla pianta e con il perdurare delle condizioni di carenza d’acqua si raggiunge il punto di appassimento e successivamente la morte della pianta.

Rischio di deficit idrico [%]

Aprile

20

40

Maggio

60

80 100 Dati cartografici ©2017 Google

corretto dimensionamento degli impianti in modo da soddisfare le necessità irrigue anche nelle annate siccitose. Riassumendo, risultano estremamente importanti sia gli strumenti che seguono l’andamento meteorologico per la previsione in tempo reale dello stato idrico del terreno, sia, in un’ottica di pianificazione strategica, la mappa delle zone più vulnerabili allo stress idrico primaverile, derivata dalla carta dei suoli. Il quadro sarebbe completo se si potessero effettuare simulazioni dell’andamento meteorologico probabile per alcuni decenni futuri, includendo l’impatto del cambiamento climatico previsto nell’arco alpino sul regime delle piogge e delle temperature: ciò consentirebbe di valutare “se, dove e quanto” le zone vulnerabili al rischio di stress idrico primaverile possano estendersi. Un’informazione di questo tipo sarebbe strategica per la pianificazione degli impianti e, per esempio, nella scelta di portainnesti più resistenti alla siccità, o per l’adozione di tecniche colturali che prevedano o inducano una profondità di radicazione più elevata. Inoltre, poiché è prevedibile un intensificarsi degli eventi estremi (periodi siccitosi e piogge particolarmente “impulsive”) sarà necessario contemplare, in fase di rinnovo degli impianti, una serie di buone pratiche per evitare l’erosione dei terreni e per regolare in maniera efficace il deflusso superficiale. Inoltre, uno studio approfondito dell’intensità e della probabilità degli eventi piovosi e dei fabbisogni irrigui nel futuro potrebbe aiutarci a valutare l’insorgere di nuove situazioni di rischio per l’approvvigionamento concorrente d’acqua in piena estate per uso civile, agrario e turistico (UNECE, 2011 e EEA, 2017), fornendo strumenti operativi per valutare con largo anticipo l’eventualità di ampliare i bacini di raccolta delle acque o per aumentare l’efficienza degli impianti irrigui. Partire dalla conoscenza delle tessiture del suolo può essere strategico per la definizione dei volumi irrigui. I suoli a tessitura media (franca), che sono i più diffusi nell’area, assicurano generalmente un ottimo equilibrio di capacità di ritenzione idrica, di sgrondo dell’acqua in eccesso e di penetrabilità per le radici. Siccome molti suoli dell’area hanno contenuti di scheletro moderati o alti, per una più idonea gestione della risorsa idrica si deve considerare che la dotazione di scheletro riduce la capacità di immagazzinare acqua, più grave se la profondità del suolo è ridotta. Il contenuto di acqua trattenuta dal suolo e disponibile per la pianta (AWC) è un parametro fondamentale, perché rappresenta la riserva 222


alla quale la pianta attinge per le proprie esigenze. Quanto più ridotta è la capacità di stoccaggio del suolo, e tanto prima si raggiunge il punto di appassimento. La frequenza e le modalità degli interventi irrigui dipendono quindi da tale proprietà, rapportata allo strato esplorato dalle radici. La capacità di ritenzione idrica all’interno delle varie tipologie di suolo (UTS) - i valori di AWC calcolati su 100 cm di profondità e quelli calcolati sui primi 50 cm di suolo (utili in particolare per gli impianti giovani, e quando gli apparati radicali non si spingono in profondità) - forniscono informazioni indispensabili per una gestione ottimale dell’irrigazione calibrata sulle reali capacità di ritenzione del suolo, e finalizzata a evitare sprechi di acqua, la perdita di elementi nutritivi ad essi legata, ed eccessi nel terreno. I contenuti di acqua disponibile (AWC) nei primi 50 cm di suolo mostrano valori che vanno da 40 mm fino a 110-150 mm, mentre quelli nel primo metro di suolo oscillano da 45 ad oltre 200 mm. La maggior parte dei suoli delle Valli del Noce ha pertanto una moderata riserva di AWC (Figg. 14 e 18 del Cap. 5). Il problema è che una parte di questa non può essere raggiunta dagli apparati radicali, se questi ultimi si concentrano nello strato di superficie. Ciononostante anche gli strati al di sotto della zona esplorata dalle radici possono avere una grande importanza, soprattutto nei riguardi della compattazione e dei conseguenti ristagni idrici. Un suolo con una AWC molto bassa non solo arriverà prima degli altri a una condizione di secchezza, ma avrà bisogno di apporti frequenti e ridotti. I contenuti di AWC inferiori si ritrovano nei suoli dei conoidi dolomitici, dei calcari marnosi, del glaciale dolomitico e dei conoidi silicatici. In tali aree la gestione dell’acqua deve essere pertanto maggiormente monitorata, intervenendo più frequentemente con apporti irrigui però di ridotta entità. Nei suoli dei conoidi misti e calcarei, dei depositi glaciali misti e dei depositi glaciali silicatici si riscontrano valori intermedi di AWC: in tali aree il ricorso all’irrigazione, pur da monitorare, può essere meno frequente, con volumi anche maggiori. Nelle aree caratterizzate da suoli su alluvioni silicatiche, invece, data la forte riserva idrica, si rende quasi superfluo il ricorso ad interventi irrigui. Va ricordato che l’acqua disponibile aumenta al crescere della profondità utile del suolo, soprattutto nelle tessiture più fini (franco limose) concentrate sul versante idrografico destro della bassa Valle di Non. Nei suoli con tali tessiture possono verificarsi eccessi di acqua nel suolo (idromorfia), soprattutto quando gli strati alla base del suolo sono compattati o comunque poco drenanti. La vera sostenibilità nel consumo dell’acqua si ottiene lavorando quindi a più livelli: attualmente quantificando in maniera corretta quando e quanto irrigare e nel futuro utilizzando strategie che ci consentano di proteggere la qualità e la quantità di risorsa idrica per tutta la popolazione mantenendo, nel contempo, gli alti standard qualitativi della produzione frutticola. Il presente lavoro è stato svolto con la collaborazione di Daniele Andreis, Alessandro Biasi, Luca Brentari, Danilo Caset, Stefano Corradini, Ugo Paternolli e Ivan Piffer della Fondazione E. Mach.

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Allegato I CATALOGO DELLE UNITÀ TIPOLOGICHE DI SUOLO

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ARS1

ARSIO SUPERFICIE: 205 ha ZONE: Arsio, Brez e Cloz DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: conoidi di deiezione MATERIALE PARENTALE: ghiaie quasi esclusivamente dolomitiche o calcareo-dolomitiche GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: COdo 0fs

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-CB-C, sottili, tessitura franco sabbiosa in superficie e sabbioso franca in profondità, scheletro frequente in superficie e molto abbondante in profondità (CB-C), calcarei, subalcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Rendzic Phaeozems (Episkeletic)/Rendzic Phaeozems (Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco sabbiosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: scarsa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: rapido Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): molto bassa (42 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: estremamente squilibrato Calcare attivo: basso B: medio

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SUPERFICIE: 79 ha

BNC1

BANCO

ZONE: Banco e Dambel DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: terrazzi fluvioglaciali MATERIALE PARENTALE: ghiaie prevalentemente calcaree o calcareo-dolomitiche GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 2f

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-BE-Bt-BC-C, profondi, tessitura da franco limosa a franca (franco sabbiosa in BC), scheletro comune (molto abbondante in BC-C), calcarei, subalcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Cutanic Luvisols / Luvic Phaeozems (Calcaric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente alta DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderata

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): moderata (176 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: equilibrato Calcare attivo: basso B: medio

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BNC2

BANCO MODERATAMENTE PROFONDI SUPERFICIE: 78 ha ZONE: Banco, Dambel, Maso Cimana e Revò DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: terrazzi fluvioglaciali MATERIALE PARENTALE: ghiaie prevalentemente calcaree o calcareo-dolomitiche GRADO DI FIDUCIA: basso GRUPPO: GLmi 1f

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-CB-C, moderatamente profondi, tessitura franca in superficie (Ap-Bw) e sabbiosa in profondità (CB), scheletro comune in superficie, abbondante in Bw e molto abbondante in profondità, calcarei, subalcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Cambisol (Calcaric, Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente bassa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: moderatamente rapido Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): molto bassa (48 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: molto squilibrato Calcare attivo: basso B: medio

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SUPERFICIE: 77 ha

BNC3

BANCO SOTTILI

ZONE: Banco, Dambel, Maso Cimana e Dermulo DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: terrazzi fluvioglaciali MATERIALE PARENTALE: ghiaie prevalentemente calcaree o calcareo-dolomitiche GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 0fs

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-BC-C, sottili, tessitura franca in superficie (Ap) e franco sabbiosa in profondità (BC-C), scheletro da comune a frequente in superficie e molto abbondante in profondità, fortemente calcarei, subalcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Rendzic Phaeozems (Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco sabbiosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: scarsa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: rapido Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): molto bassa (45 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: basso B: dato non disponibile

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BRD1

BORDIANA SUPERFICIE: 17 ha ZONE: tra Bozzaga e Tozzaga DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: fasce colluviali a pendenza da moderata a forte MATERIALE PARENTALE: materiali colluviali sabbiosi e ghiaiosi prevalentemente carbonatici GRADO DI FIDUCIA: basso GRUPPO: COmi 2fs

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-C, profondi, tessitura franco sabbiosa in superficie e sabbioso franca in profondità (BC), scheletro frequente in superficie a abbondante in profondità, calcarei CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Cambisols (Calcaric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco sabbiosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente alta DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderata

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: moderatamente rapido Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): moderata (160 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: basso B: medio

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SUPERFICIE: 95 ha

BRZ1

BREZ

ZONE: Brez e Traversara DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: conoidi sviluppati sui ripiani principali MATERIALE PARENTALE: ghiaie prevalentemente dolomitiche o calcareo-dolomitiche GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: COdo 1fs

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-BC-C, moderatamente profondi, tessitura franco sabbiosa in superficie e sabbioso franca in profondità, scheletro frequente in superficie e abbondante in profondità, fortemente calcarei, subalcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Cambisols (Calcaric, Endoskeletic) / Rendzic Phaeozems (Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco sabbiosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente bassa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: moderatamente rapido Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): molto bassa (68 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: molto squilibrato Calcare attivo: basso B: medio

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BTR1

BONIFICA TRES SUPERFICIE: 82 ha ZONE: grande bonifica a ovest di Tres DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti interessati negli anni '80 da importanti interventi di bonifica agraria MATERIALE PARENTALE: materiali di riporto di varia natura con abbondanti calcari marnosi (Scaglia rossa) dolomie e materiali glaciali GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 1f I

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap1-Ap2-Cpg, moderatamente profondi, con idromorfia in profondità, tessitura franca, scheletro da frequente ad abbondante, estremamente calcarei, alcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Aric Endogleyic Regosols (Calcaric Episkeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente bassa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderata

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: mediocre Idromorfia: moderatamente profonda Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (100 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: moderato B: dato non disponibile

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SUPERFICIE: 40 ha

CAL1

CALDES

ZONE: tra Cassana e Malè DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: terrazzi rilevati della piana fluviale del torrente Noce in Valle di Sole MATERIALE PARENTALE: sabbie e limi fluviali GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: ALsi 3fs

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bt-BC-C, profondi, tessitura franco sabbiosa, scheletro scarso, non calcarei, da neutri a subacidi CLASSIFICAZIONE WRB: Cutanic Luvisols TESSITURA MEDIA (1 metro): franco sabbiosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: elevata DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: moderatamente rapido Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): moderata (220 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: estremamente squilibrato Calcare attivo: assente B: medio

241


CDN1

CAMPODENNO SUPERFICIE: 94 ha ZONE: Campodenno e Lover DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: piano indifferenziato delle colmature glaciali della media-bassa valle, delimitato da incisioni torrentizie MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali fini con abbondante matrice e scheletro scarso GRADO DI FIDUCIA: basso GRUPPO: GLmi 2fl I

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bt-BCg-Cgk, moderatamente profondi, tessitura franco limosa in superficie e franco limoso argillosa in profondità, scheletro scarso, non calcarei, neutri in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Gleyic Luvic Phaeozems TESSITURA MEDIA (1 metro): franco limoso argillosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente alta DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: lento Idromorfia: moderatamente profonda Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (127 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: squilibrato Calcare attivo: basso B: medio

242


CIS1

CIS SUPERFICIE: 36 ha ZONE: Cis DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: conoidi fossili profondamente reincisi e terrazzati della Val di Sole, rilevati di alcune decine di metri rispetto al fondovalle MATERIALE PARENTALE: detriti scheletriti misti di natura prevalentemente silicatica GRADO DI FIDUCIA: basso GRUPPO: COmi 2f

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-BE-Bt-BC-C, profondi, tessitura franca in superficie e franco sabbiosa in profondità (Bt-BC), scheletro frequente in superficie e molto abbondante in profondità (BC), calcarei, subalcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Cutanic Luvisols TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente alta DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (149 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: equilibrato Calcare attivo: assente B: dato non disponibile

243


CLZ1

CLOZ SUPERFICIE: 110 ha ZONE: Cloz, Arsio, Revò e Romallo DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: scarpate di terrazzi (di kame) MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali scheletrici prevalentemente calcarei e calcareo-dolomitici con matrice fine GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 2f

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-BC-C, moderatamente profondi, tessitura da franca a franco sabbiosa, scheletro frequente in superficie e abbondante in profondità, calcarei, alcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Phaeozems (Calcaric, Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente bassa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (94 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: basso B: dato non disponibile

244


SUPERFICIE: 94 ha

CLZ2

CLOZ GROSSOLANI

ZONE: Cloz, Arsio, Revò e Romallo DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: scarpate di terrazzi (di kame) MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali scheletrici prevalentemente calcarei e calcareo-dolomitici con matrice fine GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 1fs

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-BC-C, moderatamente profondi, franco sabbiosa, scheletro comune in superficie e molto abbondante in profondità, calcarei, subalcalini in superficie e alcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Rendzic Phaeozems (Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco sabbiosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente bassa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: moderatamente rapido Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (77 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: squilibrato Calcare attivo: basso B: medio

245


CLZ3

CLOZ IDROMORFI SUPERFICIE: 31 ha ZONE: Cloz, Arsio, Revò e Romallo DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti inclinati e fortemente inclinati connessi alla morena laterale MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali prevalentemente calcarei con abbondante matrice fine limosa GRADO DI FIDUCIA: basso GRUPPO: GLmi 0f MI

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bwg-BCg-Cg, moderatamente profondi, tessitura franca in superficie e franco sabbiosa in profondità, scheletro comune in superficie e abbondante in profondità, calcarei, subalcalini in superficie e alcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Mollic Gleysols (Calcaric, Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: scarsa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: molto lento Idromorfia: superficiale Acqua disponibile (AWC su 100 cm): molto bassa (60 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: estremamente squilibrato Calcare attivo: basso B: dato non disponibile

246


SUPERFICIE: 433 ha

CRD1

COREDO

ZONE: Coredo, Casez e Vigo di Ton DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti impostati su substrati rocciosi costituiti da calcari marnosi MATERIALE PARENTALE: substrato roccioso presente alla base del suolo (Scaglia rossa) e localmente materiali glaciali di copertura GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: CM 2fl

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-R, moderatamente profondi, tessitura franco limosa, scheletro scarso in superficie e comune in profondità, estremamente calcarei, subalcalini in superficie e alcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Endoleptic Cambisols (Calcaric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco limosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente alta DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (134 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: equilibrato Calcare attivo: alto B: basso

247


CSF1

CASTELFONDO SUPERFICIE: 29 ha ZONE: Castelfondo (a sud ovest) DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: conoidi (riferibili a depositi grossolani con ricoperture da debris e mud flow) MATERIALE PARENTALE: ghiaie silicatiche (ignimbriti riolitiche) GRADO DI FIDUCIA: basso GRUPPO: COmi 2fs

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-BE-Bt-BC-C, profondi, tessitura franco sabbiosa, scheletro comune in superficie (Ap) e abbondante in profondità (molto abbondante nel BC), scarsamente calcarei, subalcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Luvic Phaeozems (Calcaric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco sabbiosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente alta DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: moderatamente rapido Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (100 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: squilibrato Calcare attivo: assente B: medio

248


SUPERFICIE: 381 ha

CSZ1

CASEZ

ZONE: Banco, Casez e Malgolo DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti a morfologia da inclinata a molto inclinata MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali di alloggiamento a matrice fine limosa, moderatamente scheletrici GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 1f

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-BC-C, profondi, tessitura franca, scheletro frequente in superficie e abbondante in profondità, calcarei, alcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Cambisols (Calcaric, Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente bassa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (110 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: squilibrato Calcare attivo: moderato B: medio

249


CSZ2

CASEZ PIÙ PROFONDI SUPERFICIE: 54 ha ZONE: Banco, Casez e Malgolo DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti con pendenze moderatamente ripide MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali di alloggiamento a matrice fine limosa, moderatamente scheletrici GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 2f

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-BC-C, moderatamente profondi, tessitura franca, scheletro abbondante, estremamente calcarei, subalcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Cambisols (Calcaric, Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente alta DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (103 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: equilibrato Calcare attivo: basso B: medio

250


SUPERFICIE: 47 ha

CVZ1

CAVIZZANA

ZONE: conoide di Cavizzana e conoide sopra Tozzaga DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: conoidi poco o moderatamente pendenti MATERIALE PARENTALE: ghiaie silicatiche e carbonatiche GRADO DI FIDUCIA: basso GRUPPO: COmi 1fs

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-C, moderatamente profondi, tessitura franco sabbiosa, scheletro frequente in superficie e molto abbondante in profondità, scarsamente calcarei CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Cambisols (Calcaric Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco sabbiosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente bassa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: moderatamente rapido Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): molto bassa (45 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: equilibrato Calcare attivo: basso B: medio

251


DAR1

DARDINE SUPERFICIE: 158 ha ZONE: piane di Dardine, Segno e Tuenetto DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: aree subpianeggianti e ripiani MATERIALE PARENTALE: sedimenti glaciolacustri fini, limosi e privi di scheletro GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 1fl I

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bt-BC-BCg-Cg, profondi, tessitura franco limosa in superficie e franco limoso argillosa in profondità, scheletro da scarso a comune in superficie e assente in profondità, scarsamente calcarei o calcarei, alcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Cutanic Gleyic Luvisols TESSITURA MEDIA (1 metro): franco limoso argillosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente bassa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderata

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: mediocre Idromorfia: moderatamente profonda Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (133 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: molto squilibrato Calcare attivo: moderato B: medio

252


SUPERFICIE: 243 ha

DEN1

DENNO

ZONE: tra Terres e Dercolo DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: terrazzi delle incisioni a V e aree inclinate di raccordo tra i terrazzi MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali scheletrici a litologia mista, con abbondante matrice franca GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 2f I

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-BCg-Cg, profondi, tessitura franca, scheletro comune frequente nel BCg, calcarei, alcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Gleyic Phaeozems (Calcaric) / Endogleyic Cambisols (Calcaric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente alta DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: mediocre Idromorfia: moderatamente profonda Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (134 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: basso B: dato non disponibile

253


DEN2

DENNO IDROMORFI SUPERFICIE: 174 ha ZONE: tra Terres a nord e Dercolo DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: terrazzi delle incisioni a V e aree inclinate di raccordo tra i terrazzi MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali scheletrici a litologia mista, con abbondante matrice franca GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 1f I

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-BCg-Cg, moderatamente profondi, tessitura franca, scheletro frequente in superficie e abbondante in profondità (BCg-Cg), calcarei, alcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Rendzic Gleyic Phaeozems (Calcaric, Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente bassa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderata

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: lento Idromorfia: moderatamente profonda Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (118 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: moderato B: dato non disponibile

254


SUPERFICIE: 66 ha

DRM1

DERMULO

ZONE: Coredo DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti in bassa pendenza, con coperture glaciali ridotte MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali misti scheletrici con matrice fine limosa GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 2fl

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-BE-Bt-(BC)-R, moderatamente profondi, tessitura franco limosa in superficie e franco limoso argillosa in profondità, scheletro da scarso a comune in superficie e scarso in profondità, calcarei, subalcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Cutanic Endoleptic Luvisols TESSITURA MEDIA (1 metro): franco limosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente alta DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): moderata (169 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: equilibrato Calcare attivo: moderato B: medio

255


FAE1

FAÈ DI CAMPODENNO SUPERFICIE: 111 ha ZONE: vallecola del Rio Belasio DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti e scarpate erosive da inclinate a molto inclinate MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali misti scarsamente scheletrici, sovra consolidati, con abbondante matrice fine limosa GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 0fl MI

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-BCpg-BCg-Cg, moderatamente profondi, tessitura franco limosa in superficie e franco limoso argillosa in profondità, scheletro comune, calcarei, subalcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Mollic Gleysols (Calcaric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco limoso argillosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: scarsa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: molto lento Idromorfia: superficiale Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (93 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: equilibrato Calcare attivo: moderato B: dato non disponibile

256


SUPERFICIE: 235 ha

FLV1

FLAVON

ZONE: tra Flavon e Terres DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: terrazzi di contatto glaciale posti sul medio e basso versante MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali misti, scheletrici, a prevalente componente carbonatica, con abbondante matrice fine limosa, sovraconsolidati GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 2fl I

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw1gBw2g-BCg-Cg, moderatamente profondi, tessitura franco limosa in superficie e da franco limosa a franco limoso argillosa in profondità, scheletro comune in superficie (abbondante nel BCg), calcarei, subalcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Gleyic Phaeozems (Calcaric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco limosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente alta DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: lento Idromorfia: moderatamente profonda Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (128 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: squilibrato Calcare attivo: moderato B: dato non disponibile

257


FLV2

FLAVON MOLTO IDROMORFI SUPERFICIE: 194 ha ZONE: tra Campodenno e Terres DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: scarpate tra terrazzi glaciali di contatto, poste generalmente sul medio e basso versante MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali misti, scheletrici a prevalente componente carbonatica, con abbondante matrice fine limosa, sovraconsolidati GRADO DI FIDUCIA: basso GRUPPO: GLmi 1fl MI

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bwg-BCg-Cg, moderatamente profondi, tessitura franco limosa, scheletro comune in superficie e abbondante in profondità, calcarei, alcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Mollic Gleysols (Calcaric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco limosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente bassa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: molto lento Idromorfia: superficiale Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (111 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: equilibrato Calcare attivo: moderato B: dato non disponibile

258


SUPERFICIE: 54 ha

FLV3

FLAVON MOLTO IDROMORFI E SOTTILI ZONE: tra Campodenno e Terres DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: terrazzi di contatto glaciale posti sul medio e basso versante MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali misti, scheletrici, a prevalente componente carbonatica, con abbondante matrice fine limosa, sovraconsolidati GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 0fl MI

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-BCg-Cg, moderatamente profondi, tessitura franco limosa in superficie e franca in profondità, scheletro comune in superficie e da frequente a molto abbondante in profondità, calcarei, subalcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Mollic Gleysols (Calcaric, Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco limosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: scarsa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: molto lento Idromorfia: superficiale Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (77 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: squilibrato Calcare attivo: basso B: dato non disponibile

259


LCH1

DOSSO LUCH SUPERFICIE: 181 ha ZONE: tra Cles e Denno DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: aree apicali da subpianeggianti e pendenti dei rilievi drumlinoidi MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali-glaciolacustri privi di scheletro e sovraconsolidati GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 1fl MI

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Btg-BCg-Cg, moderatamente profondi, tessitura franco limosa in superficie e da franco limosa a franco limoso argillosa in profondità, scheletro da scarso a comune, calcarei, da neutri a subalcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Mollic Luvic Gleysols TESSITURA MEDIA (1 metro): franco limosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente bassa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: molto lento Idromorfia: superficiale Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (140 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: molto squilibrato Calcare attivo: basso B: dato non disponibile

260


SUPERFICIE: 64 ha

LCH2

DOSSO LUCH PROFONDI

ZONE: tra Cles e Denno DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: aree subpianeggianti tra i rilievi drumlinoidi e il piede dei versanti MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali scheletrici con matrice franco limosa e materiali glaciali fini scarsamente scheletrici GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 1fl MI

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Btg-BCg-Cg, profondi, tessitura da franco limosa a franco limoso argillosa, scheletro scarso in superficie e assente in profondità, scarsamente calcarei, da neutri a alcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Mollic Luvic Gleysols (Calcaric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco limosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente bassa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: molto lento Idromorfia: superficiale Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (117 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: molto squilibrato Calcare attivo: basso B: dato non disponibile

261


LVR1

LOVERNATICO SUPERFICIE: 241 ha ZONE: vallecola a est di Sporminore, area a nord ovest di Romallo e area a sud di Revò DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti delle incisioni a V e versanti caratterizzati da coperture colluviali di materiali glaciali fini, con pendenze da dolcemente inclinate e molto inclinate MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali fini, limosi, scarsamente scheletrici GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 1fl I

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-BCg-Cg, profondi, tessitura franco limosa, scheletro da assente e frequente, calcarei, alcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Endogleyic Cambisols (Calcaric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco limosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente bassa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderata

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: lento Idromorfia: moderatamente profonda Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (112 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: equilibrato Calcare attivo: moderato B: medio

262


SUPERFICIE: 541 ha

MBZ1

MOLINI DI BREZ

ZONE: versanti dell'incisione del torrente Novella da Revò a Arsio DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti delle incisioni a V, a morfologia da inclinata a moderatamente ripida MATERIALE PARENTALE: colluvio di materiali glaciali sabbiosi con abbondante scheletro GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 3f

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw1-Bw2-BC-C, da profondi a molto profondi, tessitura franca in superficie e franco sabbiosa in profondità, scheletro comune in superficie e abbondante in profondità, calcarei, subalcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Cambisols (Calcaric, Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: elevata DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): moderata (155 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: basso B: medio

263


MFT1

MASO FUITEN SUPERFICIE: 180 ha ZONE: Denno e Tuenno DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti a pendenza variabile dei rilievi drumlinoidi MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali di alloggiamento, scheletrici, a litologia mista silicatica e calcarea, con abbondante matrice fine limoso argillosa, sovraconsolidati GRADO DI FIDUCIA: alto GRUPPO: GLmi 1fl I

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-BCg-Cg, moderatamente profondi, tessitura da franco limosa a franco limoso argillosa in superficie e da franco limoso argillosa a franco argillosa in profondità, scheletro da scarso a frequente, scarsamente calcarei, da neutri ad alcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Endogleyic Cambisols (Calcaric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco limoso argillosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente bassa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: lento Idromorfia: moderatamente profonda Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (122 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: squilibrato Calcare attivo: moderato B: medio

264


SUPERFICIE: 151 ha

MLE1

MALÈ

ZONE: Malè DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: terrazzi fluvioglaciali pianeggianti o in bassa pendenza MATERIALE PARENTALE: sabbie e ghiaie fluvioglaciali silicatiche GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLsi 1fs

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bt-BC-2C, profondi, tessitura franco sabbiosa in superficie e sabbiosa in profondità (BC-2C), scheletro scarso in superficie e abbondante in profondità (2C), non calcarei, da neutri a subalcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Cutanic Luvisols TESSITURA MEDIA (1 metro): franco sabbiosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente bassa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: moderatamente rapido Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (119 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: assente B: medio

265


MNV1

MONCOVO SUPERFICIE: 22 ha ZONE: Moncovo e Dercolo DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti delle incisioni a V e delle scarpate erosive MATERIALE PARENTALE: depositi fluvioglaciali sabbiosi GRADO DI FIDUCIA: basso GRUPPO: GLmi 1fs

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-BC-C, moderatamente profondi, tessitura franca in superficie e franco sabbiosa in profondità, scheletro scarso in superficie e assente in profondità, calcarei, alcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Cambisols TESSITURA MEDIA (1 metro): franco sabbiosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente bassa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderata

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: mediocre Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (134 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: basso B: medio

266


SUPERFICIE: 123 ha

MOL1

MOLLARO

ZONE: terrazzi fluvioglaciali di Mollaro e Taio DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: terrazzi fluvioglaciali subpianeggianti MATERIALE PARENTALE: sabbie e ghiaie fluvioglaciali di natura prevalentemente silicatica GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 2fs

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bt-BC-C, profondi, tessitura franco sabbiosa (sabbiosa nel C), scheletro comune in superficie e frequente in profondità, non calcarei, da neutri a subalcalini in superficie e da subalcalini ad alcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Cutanic Luvisols TESSITURA MEDIA (1 metro): franco sabbiosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente alta DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderata

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: moderatamente rapido Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): moderata (173 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: basso B: dato non disponibile

267


MOL2

BONIFICA DI MOLLARO SUPERFICIE: 55 ha ZONE: bonifica che occupa gran parte del terrazzo a sud di Mollaro DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: terrazzo fluvioglaciale subpianeggiante MATERIALE PARENTALE: sabbie e ghiaie fluvioglaciali di natura prevalentemente silicatica GRADO DI FIDUCIA: basso GRUPPO: GLmi 0fs

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Cp-C, sottili, tessitura franca in superficie e sabbioso franca in profondità, scheletro comune in superficie e molto abbondante in profondità, scarsamente calcarei, subalcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Aric Regosols (Calcaric Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco sabbiosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: scarsa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderata

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: moderatamente rapido (a zone mediocre per compattazione) Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): molto bassa (36 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: basso B: dato non disponibile

268


SUPERFICIE: 143 ha

MVA1

MASO DEL VAST DI SPORMINORE

ZONE: Ton, Campodenno, Dercolo e Sporminore DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti delle incisioni a V e scarpate erosive MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali misti, prevalentemente silicatici, scheletrici, caratterizzati dalla variabile presenza di matrice fine GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 2fs

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-BC-C, profondi, tessitura franco sabbiosa, scheletro comune in superficie e da frequente ad abbondante in profondità (BC), calcarei, da subalcalini ad alcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Cambisols (Calcaric Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco sabbiosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente alta DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: moderatamente rapido Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (112 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: basso B: medio

269


MVA2

MASO DEL VAST DI SPORMINORE PENDENTI SUPERFICIE: 72 ha ZONE: versanti a sud dei centri abitati di Revò e Cagnò che scendono verso il lago di Santa Giustina DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: scarpate erosive estremamente ripide delle incisioni a V MATERIALE PARENTALE: sabbie e ghiaie fluvioglaciali a litologia mista, calcarea e silicatica GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 0fs

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-BC-C, moderatamente profondi, tessitura franco sabbiosa in superficie e da sabbioso franca a sabbiosa in profondità, scheletro da frequente ad abbondante in superficie e da abbondante a molto abbondante in profondità, calcarei, alcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Aric Regosols (Calcaric Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco sabbiosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: scarsa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderata

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: rapido Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): molto bassa (64 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: basso B: medio

270


SUPERFICIE: 126 ha

NAN1

NANNO

ZONE: tra Tuenno e Cles DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: aree subpianeggianti dell’area dei drumlin, o a bassa pendenza con deboli coperture colluviali MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali scheletrici franchi, e colluvi degli stessi GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 3fl

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-BE-Bt-BC-C, profondi, tessitura da franco limosa a franca, scheletro scarso, non calcarei o scarsamente calcarei, subalcalini, drenaggio CLASSIFICAZIONE WRB: Cutanic Luvisols TESSITURA MEDIA (1 metro): franco limosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: elevata DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono o mediocre Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): moderata (199 mm) (AWC su PU): alta (273 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: molto squilibrato Calcare attivo: basso B: dato non disponibile

271


NAN2

NANNO IDROMORFI IN PROFONDITÀ SUPERFICIE: 114 ha ZONE: Livo, Preghena, Varollo, Scanna e Cis DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: aree subpianeggianti di terrazzi fluvioglaciali delimitati da scarpate erosive MATERIALE PARENTALE: materiali fluvioglaciali limosi GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 3fl

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-BE-Bt-BCg-Cg, molto profondi, tessitura franco limosa, scheletro da comune a assente, molto scarsamente calcarei, drenaggio mediocre CLASSIFICAZIONE WRB: Cutanic Luvisols (Oxyaquic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco limosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: elevata DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: mediocre Idromorfia: in profondità Acqua disponibile (AWC su 100 cm): moderata (222 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: basso B: dato non disponibile

272


SUPERFICIE: 72 ha

NOT1

NOCE DI TOZZAGA

ZONE: tra Tozzaga e Terzolas DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: piana fluviale del torrente Noce in Val di Sole MATERIALE PARENTALE: materiali alluvionali franco limosi in superficie, e ghiaiosi in profondità, a litologia mista, silicatica e calcarea GRADO DI FIDUCIA: basso GRUPPO: ALmi 1fl

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-BC-2BC-2C, moderatamente profondi, tessitura franco limosa in superficie e franco sabbiosa in profondità (2BC), scheletro scarso in superficie e abbondante in profondità (2BC), scarsamente calcarei CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Cambisols (Eutric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco limosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente bassa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): moderata (158 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: estremamente squilibrato Calcare attivo: basso B: medio

273


NOT2

NOCE DI TOZZAGA GROSSOLANI SUPERFICIE: 52 ha ZONE: tra Tozzaga e Caldes DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: terrazzi bassi della piana fluviale del torrente Noce in Val di Sole MATERIALE PARENTALE: materiali alluvionali franchi o franco sabbiosi in superficie e ghiaiosi in profondità, a litologia mista, silicatica e calcarea GRADO DI FIDUCIA: basso GRUPPO: ALmi 1f

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-2BC-2C, moderatamente profondi, tessitura franco sabbiosa o franca, scheletro scarso in superficie e abbondante in profondità (2BC), da scarsamente a moderatamente calcarei CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Cambisols (Calcaric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente bassa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: moderatamente rapido Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (123 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: basso B: medio

274


SUPERFICIE: 52 ha

NOV1

NOVELLA

ZONE: medio corso del torrente Novella (nei pressi di Arsio) e Denno DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: terrazzi bassi della piana fluviale del torrente Noce e dei suoi affluenti (subpianeggianti) MATERIALE PARENTALE: depositi alluvionali grossolani a litologia mista, calcarea e silicatica GRADO DI FIDUCIA: basso GRUPPO: ALmi 0fl

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-BC-C, moderatamente profondi, tessitura franco limosa in superficie e sabbiosa in profondità, scheletro comune in superficie e molto abbondante in profondità, estremamente calcarei, alcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Aric Regosols (Calcaric Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco limosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: scarsa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderata

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: moderatamente rapido Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): molto bassa (70 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: molto squilibrato Calcare attivo: basso B: dato non disponibile

275


PAV1

PAVILLO SUPERFICIE: 141 ha ZONE: tra Cles e Nanno DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti da inclinati a moderatamente ripidi dei rilievi drumlinoidi MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali di alloggiamento scheletrici, misti silicatico-calcarei, con abbondante matrice fine franca GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 3f

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-BC-C, profondi, tessitura franca, scheletro comune in superficie e da frequente ad abbondante in profondità, calcarei CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Cambisols (Calcaric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: elevata DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (122 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: equilibrato Calcare attivo: basso B: dato non disponibile

276


SUPERFICIE: 173 ha

PAV2

PAVILLO IDROMORFI

ZONE: tra Cles e Tuenno DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti a maggior pendenza (da molto inclinati a moderatamente ripidi dei rilievi drumlinoidi) MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali di alloggiamento scheletrici, misti silicatico-calcarei, con abbondante matrice fine limoso argillosa, sovraconsolidati GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 1f I

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-BCg-Cg, moderatamente profondi, tessitura franca, scheletro comune in superficie e da frequente ad abbondante in profondità, calcarei CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Gleysols (Calcaric, Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente bassa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderata

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: molto lento Idromorfia: moderatamente profonda Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (94 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: molto squilibrato Calcare attivo: basso B: medio

277


POR1

PORTOLO SUPERFICIE: 48 ha ZONE: tra Cles e Portolo DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: aree pianeggianti interposte ai rilievi drumlinoidi MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali ricchi in scheletro silicatico-calcareo, con matrice fine franca GRADO DI FIDUCIA: basso GRUPPO: GLmi 2f

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-BC-C, moderatamente profondi, tessitura franca, scheletro comune in superficie e da frequente ad abbondante in profondità, calcarei CLASSIFICAZIONE WRB: Cutanic Luvisols TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente alta DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderata

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): moderata (181 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: equilibrato Calcare attivo: basso B: dato non disponibile

278


SUPERFICIE: 152 ha

POR2

PORTOLO GROSSOLANI IN PROFONDITÀ ZONE: tra Cles e Portolo DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: aree pianeggianti interposte ai rilievi drumlinoidi MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali ricchi in scheletro silicatico-calcareo, con matrice fine franco sabbiosa GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 2f

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bt-BC-C, moderatamente profondi, tessitura franco limosa o franca in Ap e Bt e franco sabbiosa o sabbioso franca in profondità, scheletro comune in Ap e Bt e da frequente a molto abbondante in profondità, calcarei CLASSIFICAZIONE WRB: Cutanic Luvisols (Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente alta DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderata

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): moderata (153 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: equilibrato Calcare attivo: basso B: dato non disponibile

279


POR3

PORTOLO IDROMORFI IN PROFONDITÀ SUPERFICIE: 95 ha ZONE: tra Cles e Portolo DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: aree apicali subpianeggianti dei rilievi drumlinoidi MATERIALE PARENTALE: depositi glaciali scheletrici, dolomitici e silicatici, a matrice franca GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 2f I

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bt-BCg, profondi, tessitura franca, scheletro da comune a frequente in superficie e frequente in profondità, calcarei CLASSIFICAZIONE WRB: Cutanic Gleyic Luvisols TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente alta DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderata

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: mediocre - lento Idromorfia: moderatamente profonda Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (128 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: basso B: dato non disponibile

280


SUPERFICIE: 19 ha

POR4

PORTOLO IDROMORFI

ZONE: tra Cles e Nanno DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: aree di collegamento dolcemente inclinate tra i drumlin e le piane circostanti, con deboli coperture colluviali MATERIALE PARENTALE: depositi glaciali scheletrici a litologia mista, e matrice fine franca GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 1f I

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bt-BCg-Cg, profondi, tessitura franca, scheletro da scarso a comune in superficie e da scarso a frequente in profondità, calcarei CLASSIFICAZIONE WRB: Cutanic Gleyic Luvisols TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente bassa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderata

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: lento Idromorfia: moderatamente profonda Acqua disponibile (AWC su 100 cm): moderata (163 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: estremamente squilibrato Calcare attivo: basso B: dato non disponibile

281


PPO1

PONTE PORTOLO SUPERFICIE: 15 ha ZONE: a est del Dos da Tri (Portolo) DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: terrazzi subpianeggianti delle incisioni a V MATERIALE PARENTALE: depositi glaciali o glaciolacustri limosi con poco scheletro e abbondante matrice fine, e materiali colluviali più sabbiosi provenienti dai versanti a monte GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 3f

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-2BE-2Bt-2BC-2C, profondi, tessitura franco sabbiosa o franca in superficie (Ap-Bw) e da franco limosa a franco limoso argillosa in profondità (2BE-2Bt), scheletro da scarso a comune in superficie e assente in profondità, calcarei CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Cambisols (Calcaric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: elevata DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderata

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): moderata (216 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: basso B: dato non disponibile

282


PRI1

PRIÒ SUPERFICIE: 214 ha ZONE: tra Tos e Dambel DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti a morfologia da inclinata a moderatamente ripida, impostati su calcari marnosi MATERIALE PARENTALE: calcari marnosi (Scaglia rossa e Scaglia cinerea) presenti alla base del suolo GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: CM 1f

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw- R, moderatamente profondi, tessitura franca, scheletro frequente in superficie e da abbondante a molto abbondante in profondità, estremamente calcarei, da subalcalini ad alcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Endoleptic Cambisols (Calcaric Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente bassa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderata

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): molto bassa (70 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: equilibrato Calcare attivo: alto B: basso

283


PRI2

PRIÒ POCO PENDENTI SUPERFICIE: 55 ha ZONE: tra Tos e Dambel DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti a morfologia da dolcemente inclinata a inclinata, impostati su calcari marnosi MATERIALE PARENTALE: calcari marnosi (Scaglia rossa e Scaglia cinerea) presenti alla base del suolo GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: CM 1f

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-BC-R, moderatamente profondi, tessitura franca, scheletro frequente in superficie e da abbondante a molto abbondante in profondità, estremamente calcarei, alcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Endoleptic Cambisols (Calcaric Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente bassa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderata

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (94 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: equilibrato Calcare attivo: alto B: basso

284


PRI3

PRIÒ PROFONDI SUPERFICIE: 31 ha ZONE: Val Scura (a sud di Vervò) DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: fasce colluviali in posizione di piede versante MATERIALE PARENTALE: colluviali a prevalente componente carbonatica (Scaglia Rossa e dolomie) GRADO DI FIDUCIA: basso GRUPPO: CM 3fl

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw1-Bw2-BC-C, profondi, tessitura da franco limosa a franca, scheletro comune in superficie e abbondante in profondità, estremamente calcarei, subalcalini in superficie e alcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Cambisols (Calcaric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco limosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: elevata DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): moderata (153 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: equilibrato Calcare attivo: alto B: basso

285


RBB1

RABBIES SUPERFICIE: 10 ha ZONE: scarpate sotto Terzolas DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti a pendenze da moderate a elevate delle incisioni a V MATERIALE PARENTALE: materiali fluvioglaciali scheletrici, silicatici, a matrice fine franco sabbiosa GRADO DI FIDUCIA: basso GRUPPO: COsi 0fs

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-CA-C, sottili, tessitura franco sabbiosa, scheletro comune in superficie (Ap) e molto abbondante in profondità (CA), non calcarei e subacidi CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Regosols (Eutric, Episkeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco sabbiosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: scarsa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: rapido Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): molto bassa (20 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: molto squilibrato Calcare attivo: assente B: medio

286


SUPERFICIE: 237 ha

REV1

REVÒ

ZONE: da Arsio a Revò DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti generalmente costituenti raccordi tra terrazzi glaciali con morfologia da dolcemente inclinata a inclinata MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali di alloggiamento, moderatamente scheletrici, di natura prevalentemente calcarea, a matrice fine limosa GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 3fl

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bt1-Bt2-BC-C, profondi, tessitura franco limosa, scheletro comune, calcarei, da subalcalini ad alcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Luvic Phaeozems (Calcaric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco limosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: elevata DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: mediocre Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): moderata (179 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: estremamente squilibrato Calcare attivo: moderato B: dato non disponibile

287


REV2

REVÒ MODERATAMENTE PROFONDI SUPERFICIE: 281 ha ZONE: da Arsio a Revò DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti generalmente costituenti raccordi tra terrazzi glaciali con morfologia da inclinata a molto inclinata MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali di alloggiamento, moderatamente scheletrici, di natura prevalentemente calcarea, a matrice fine limosa GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 2fl

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bt-BC-C, moderatamente profondi, tessitura franco limosa in superficie e franca in profondità, scheletro scarso in superficie e abbondante in profondità, calcarei, alcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Luvic Phaeozems (Calcaric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco limosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente alta DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: mediocre Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): moderata (162 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: moderato B: dato non disponibile

288


SUPERFICIE: 117 ha

RGL1

REGOLE DI CAMPODENNO

ZONE: Campodenno DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti delle incisioni a V e delle scarpate erosive da molto inclinate a moderatamente ripide MATERIALE PARENTALE: colluvio di materiali glaciali a litologia mista, prevalentemente carbonatica GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 3f

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw1-Bw2-BCg-Cg, profondi, tessitura franco limosa in superficie (Ap) e franca in profondità, scheletro frequente in superficie e abbondante in profondità, calcarei, alcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Cambisols (Calcaric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: elevata DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: eventuale in profondità Acqua disponibile (AWC su 100 cm): moderata (161 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: equilibrato Calcare attivo: moderato B: medio

289


RMN1

ROMENO SUPERFICIE: 201 ha ZONE: Romeno, Malgolo e Coredo DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti a morfologia da dolcemente inclinata a inclinata, interessati da depositi glaciali di alloggiamento e fasce colluviali subpianeggianti o dolcemente inclinate MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali misti, moderatamente scheletrici, a matrice fine limosa GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 3fl

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-BE-Bt-BC-C, molto profondi, tessitura franco limosa, scheletro da comune a frequente, calcarei, subalcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Luvic Phaeozems (Calcaric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco limosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: molto elevata DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): moderata (159 mm) (AWC su PU): alta (295 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: squilibrato Calcare attivo: basso B: medio

290


SUPERFICIE: 124 ha

RMN2

ROMENO SOTTILI

ZONE: Romeno, Malgolo e Banco DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti a morfologia variabile, interessati da depositi glaciali di alloggiamento MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali misti, moderatamente scheletrici, a matrice fine limosa GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 0fl

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-BC-C, moderatamente profondi, tessitura franca, scheletro frequente in superficie e abbondante in profondità, calcarei, subalcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Rendzic Phaeozems (Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco limosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: scarsa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: moderatamente rapido Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): molto bassa (67 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: basso B: medio

291


SAM1

SAMOCLEVO SUPERFICIE: 60 ha ZONE: conoide di Samoclevo e conoide a est di Arnago DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: conoidi di deiezione MATERIALE PARENTALE: materiali silicatici, a matrice fine franco sabbiosa, a litologia silicatica GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: COsi 3fs

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-BC-C, profondi, tessitura franco sabbiosa, scheletro comune, e abbondante in profondità (BC-C), non calcarei, da neutri a subacidi CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Phaeozems / Haplic Cambisols (Eutric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco sabbiosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: elevata DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: moderatamente rapido Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (129 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: assente B: medio

292


SUPERFICIE: 205 ha

SAM2

SAMOCLEVO POCO PROFONDI

ZONE: zona di Terzolas, Samoclevo e Caldes, e zona di Cassana e Tozzaga DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: terrazzi glaciali o fluvioglaciali in bassa pendenza e accumuli colluviali MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali scheletrici, a matrice fine franco sabbiosa, a litologia silicatica GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: COsi 2fs

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-BC-C, da moderatamente profondi a profondi, tessitura franco sabbiosa in superficie (Ap), e sabbioso franca in profondità, scheletro frequente, e abbondante in profondità (BC-C), non calcarei, neutri o subacidi CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Cambisols (Eutric Endoskeletic) / Haplic Phaeozems (Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): sabbioso franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: da moderatamente alta a moderatamente bassa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: moderatamente rapido Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (99 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: assente B: medio

293


SAM3

SAMOCLEVO POCO PROFONDI E SCHELETRICI SUPERFICIE: 65 ha ZONE: tra Terzolas e Bozzana DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: conoidi recenti in bassa pendenza MATERIALE PARENTALE: materiali scheletrici a matrice fine sabbioso franca, a litologia silicatica GRADO DI FIDUCIA: basso GRUPPO: COsi 2fs

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-BC-C, da moderatamente profondi a profondi, tessitura franco sabbiosa in superficie (Ap) e sabbioso franca in profondità, scheletro frequente in superficie e molto abbondante in profondità, non calcarei e neutri CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Cambisols (Eutric Endoskeletic) / Haplic Phaeozems (Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): sabbioso franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: da moderatamente alta a moderatamente bassa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: moderatamente rapido Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (77 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: assente B: medio

294


SCI1

SOTTO CIS SUPERFICIE: 248 ha ZONE: Cis e Livo DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti delle incisioni a V a pendenze da ripide a molto inclinate MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali di alloggiamento, misti, a matrice fine franca o franco sabbiosa GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 2fl

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-BC-C, profondi, tessitura franca, scheletro comune in superficie e abbondante in profondità (assente in 2C), calcarei, subalcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Cambisols (Calcaric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco limosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente alta DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: mediocre Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (133 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: basso B: medio

295


SMR1

SMARANO SUPERFICIE: 515 ha ZONE: Smarano e Sfruz DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti con morfologia da dolcemente inclinata a inclinata MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali scheletrici, misti dolomitici e silicatici, a matrice fine limosa GRADO DI FIDUCIA: alto GRUPPO: GLmi 2f

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-BC-C, profondi, tessitura franca, scheletro comune in superficie e da frequente ad abbondante in profondità, calcarei, subalcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Rendzic Phaeozems (Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente alta DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (110 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: estremamente squilibrato Calcare attivo: basso B: medio

296


SUPERFICIE: 260 ha

SPR1

SPORMINORE

ZONE: Lover, Sporminore, Ton, Masi di Vigo e Vigo di Ton DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: fasce detritiche e colluviali e conoidi da debris-flow a pendenza variabile MATERIALE PARENTALE: detriti ghiaioso-pietrosi dolomitici, con matrice fine sabbiosa GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: COdo 0fs

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-AC-C, moderatamente profondi, tessitura da franco limosa a franca in superficie e sabbioso franca in profondità, scheletro abbondante in superficie e molto abbondante in profondità, estremamente calcarei, subalcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Rendzic Phaeozems (Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco sabbiosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: scarsa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: rapido Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): molto bassa (37 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: squilibrato Calcare attivo: basso B: medio

297


SRD1

SPERDOSSI DI REVÒ SUPERFICIE: 21 ha ZONE: località Sperdossi (tra Revò e Cagnò) DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: incisioni a V con pendenze da molto inclinate a molto ripide MATERIALE PARENTALE: sabbie fluvioglaciali non scheletriche GRADO DI FIDUCIA: basso GRUPPO: GLmi 1f

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-C, moderatamente profondi, tessitura franca in superficie e franco sabbiosa in profondità (C), scheletro comune in superficie e assente in profondità, calcarei, alcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Cambisols (Calcaric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente bassa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente bassa

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (148 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: equilibrato Calcare attivo: basso B: dato non disponibile

298


TAI1

TAIO SUPERFICIE: 39 ha ZONE: conoide di Taio DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: conoidi con ricoperture da debris a mud flow con pendenze da dolcemente inclinate e inclinate MATERIALE PARENTALE: ghiaie ciottolose di conoide a litologia mista, prevalentemente carbonatica GRADO DI FIDUCIA: basso GRUPPO: COca 2f

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bt1-Bt2-BC-C, profondi, tessitura da franca in superficie e sabbioso franca in profondità (C), scheletro frequente in superficie e molto abbondante in profondità (C), poco calcarei, subalcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Cutanic Luvisols TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente alta DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (107 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: squilibrato Calcare attivo: non disponibile B: dato non disponibile

299


TER1

TERRES SUPERFICIE: 49 ha ZONE: Terres, Flavon, Cunevo e Denno DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: fasce colluviali dolcemente inclinate MATERIALE PARENTALE: colluvi di materiali glaciali a litologia prevalentemente carbonatica GRADO DI FIDUCIA: basso GRUPPO: GLmi 3fl

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-2Bt-2BC-2C, profondi, tessitura franco limosa in superficie e franco limoso argillosa in profondità, scheletro da comune a frequente, scarsamente calcarei, subalcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Cambisols (Calcaric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franco limoso argillosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: elevata DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (142 mm) (AWC su PU): moderata (182 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: equilibrato Calcare attivo: non disponibile B: dato non disponibile

300


SUPERFICIE: 104 ha

TON1

TON

ZONE: tra Toss e Vigo di Ton, località Lago di Mollaro, e Dermulo DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti a diffuse coperture glaciali con pendenze da subpianeggianti a dolcemente inclinate MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali o glaciolacustri fini, limosi, moderatamente scheletrici GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 3f

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-BC-C, profondi, tessitura franco limosa o franca, scheletro da comune a frequente in superficie e da frequente ad abbondante in profondità, calcarei, alcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Cambisols (Calcaric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: elevata DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderata

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (124 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: moderato B: medio

301


TON2

TON IDROMORFI IN PROFONDITÀ SUPERFICIE: 122 ha ZONE: tra Priò e Tres DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti da dolcemente inclinati a inclinati, con depositi glaciali di alloggiamento MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali a matrice fine limosa, moderatamente scheletrici GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLmi 2f I

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-BC-Cg, moderatamente profondi, tessitura franca, scheletro comune in superficie e abbondante in profondità, calcarei, alcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Endogleyic o Haplic Cambisols (Calcaric, Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente alta DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: mediocre Idromorfia: moderatamente profonda o in profondità Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (99 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: equilibrato Calcare attivo: moderato B: dato non disponibile

302


SUPERFICIE: 20 ha

TOZ1

TOZZAGA

ZONE: tra Cis e Samoclevo DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: terrazzi rilevati della piana fluviale del torrente Noce in Valle di Sole MATERIALE PARENTALE: sabbie, limi e ghiaie fluviali GRADO DI FIDUCIA: basso GRUPPO: ALsi 3fs

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bt-BC-C, profondi, tessitura franco limosa in superficie (Ap) e franco sabbiosa in profondità, scheletro scarso in superficie e frequente in profondità, non calcarei, da neutri a subalcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Cutanic Luvisols TESSITURA MEDIA (1 metro): franco sabbiosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: elevata DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): moderata (219 mm) (AWC su PU): alta (269 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: molto squilibrato Calcare attivo: assente B: medio

303


TRM1

TERMON SUPERFICIE: 73 ha ZONE: tra Flavon e Terres DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: terrazzi di contatto glaciali a superficie subpianeggiante o dolcemente inclinata MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali a matrice fine limosa, moderatamente scheletrici GRADO DI FIDUCIA: basso GRUPPO: GLmi 2fl

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-Bt-2BC-2C, moderatamente profondi, tessitura franco limosa (franco sabbiosa nel 2BC), scheletro da comune a frequente (molto abbondante 2BC), calcarei, alcalini CLASSIFICAZIONE WRB: Cutanic Luvisols TESSITURA MEDIA (1 metro): franco limosa PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente alta DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderata

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): moderata (153 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: moderato B: dato non disponibile

304


SUPERFICIE: 226 ha

TUE1

TUENNO

ZONE: Cles e Tuenno DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: conoidi rilevati, inattivi, a pendenza da dolcemente inclinata a molto inclinata MATERIALE PARENTALE: materiali di conoide calcareo-dolomitici GRADO DI FIDUCIA: alto GRUPPO: COca 3f

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-BC-C, da profondi a molto profondi, tessitura franca, scheletro da comune a frequente superficie e frequente in profondità, fortemente calcarei, subalcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Cambisols (Calcaric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: elevata DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (149 mm) (AWC su PU): moderata (198 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: basso B: medio

305


TUE2

TUENNO POCO PROFONDI SUPERFICIE: 360 ha ZONE: tra Cles e Sporminore DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: conoidi connessi all'azione di linee d'acqua poco attive, o conoidi reincisi e non più attivi, a pendenza da dolcemente inclinata a molto inclinata MATERIALE PARENTALE: ghiaie quasi esclusivamente calcaree o calcareo-dolomitiche GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: COca 2f

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-BC-C, moderatamente profondi, tessitura franca in superficie e sabbioso franca in profondità (C), scheletro frequente in superficie e molto abbondante in profondità, estremamente calcarei, subalcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Cambisols (Calcaric, Endoskeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente alta DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (101 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: basso B: medio

306


SUPERFICIE: 98 ha

TUE3

TUENNO COLLUVIALI

ZONE: Tassullo, Campo Tassullo e Cagnò DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: fasce detritiche e colluviali da inclinate a moderatamente ripide MATERIALE PARENTALE: colluvio di materiali glaciali di natura prevalentemente carbonatica GRADO DI FIDUCIA: basso GRUPPO: COca 3f

DESCRIZIONE DEL SUOLO: Suoli a profilo Ap-Bw1-Bw2-2Bt-2BC -2C, profondi, tessitura franca, scheletro comune, moderatamente calcarei, drenaggio buono, subalcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Haplic Cambisols (Calcaric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: elevata DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): bassa (149 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: media Mg/K: squilibrato Calcare attivo: basso B: dato non disponibile

307


VRV1

VERVÒ SUPERFICIE: 117 ha ZONE: Vervò e Tres DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti da dolcemente inclinati a inclinati caratterizzati dalla presenza dei substrato roccioso subaffiorante MATERIALE PARENTALE: substrato roccioso rappresentato da dolomie con rare e discontinue coperture glaciali, miste calcaree e silicatiche GRADO DI FIDUCIA: basso GRUPPO: GLdo 2f

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-R, moderatamente profondi, tessitura franca, scheletro abbondante, calcarei, subalcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Endoleptic Cambisols (Calcaric, Episkeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente alta DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): molto bassa (73 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: equilibrato Calcare attivo: basso B: dato non disponibile

308


SUPERFICIE: 8 ha

VRV2

VERVÒ PENDENTI

ZONE: Vervò e Tres DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti ripidi caratterizzati dalla presenza dei substrato roccioso subaffiorante MATERIALE PARENTALE: substrato roccioso rappresentato da dolomie con rare e discontinue coperture glaciali, miste calcaree e silicatiche GRADO DI FIDUCIA: basso GRUPPO: GLdo 2f

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-R, moderatamente profondi, tessitura franca, scheletro abbondante, calcarei, subalcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Endoleptic Cambisols (Calcaric, Episkeletic) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: moderatamente alta DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): molto bassa (73 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: squilibrato Calcare attivo: basso B: dato non disponibile

309


VRV3

VERVÒ SOTTILI SUPERFICIE: 175 ha ZONE: Vervò, Tres, Taio e Masi di Vigo DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE: versanti da dolcemente inclinati a molto inclinati caratterizzati dalla presenza dei substrato roccioso subaffiorante ricoperto da ridotti spessori di materiali glaciali MATERIALE PARENTALE: materiali glaciali misti calcarei e silicatici, e localmente roccia dolomitica GRADO DI FIDUCIA: medio GRUPPO: GLdo 0f

DESCRIZIONE DEL SUOLO: suoli a profilo Ap-Bw-R, moderatamente profondi, tessitura franca, scheletro da comune a frequente, calcarei, subalcalini in superficie e alcalini in profondità CLASSIFICAZIONE WRB: Epileptic Cambisols (Calcaric) TESSITURA MEDIA (1 metro): franca PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI: da scarsa a moderatamente bassa DOTAZIONE SOSTANZA ORGANICA: moderatamente alta

CARATTERI IDROLOGICI Drenaggio: buono Idromorfia: assente Acqua disponibile (AWC su 100 cm): molto bassa (61 mm) ASPETTI NUTRIZIONALI CSC: alta Mg/K: molto squilibrato Calcare attivo: basso B: dato non disponibile

310


Allegato II CLASSI DELLE PROPRIETÀ DEL SUOLO

311


PROFONDITÀ DEL SUOLO (cm)

CLASSE

< 25

Molto sottile

25 - 50

Sottile

50 - 100

Moderatamente profondo

100 - 150

Profondo

> 150

Molto profondo

PROFONDITÀ UTILE ALLE RADICI (cm)

CLASSE

< 50

Scarsa

50 - 75

Moderatamente bassa

75 - 100

Moderatamente alta

100 - 150

Elevata

> 150

Molto elevata

SCHELETRO (%) (% del volume dei frammenti grossolani [>2 mm] sul volume totale)

CLASSE

<1

Assente

1-5

Scarso

5 - 15

Comune

15 - 35

Frequente

35 - 60

Abbondante

> 60

Molto abbondante

DRENAGGIO Rapido Moderatamente rapido Buono Mediocre Lento Molto lento Impedito

312

REAZIONE (pH)

CLASSE

< 4,5

Fortemente acido

4,5 - 5,4

Acido

5,5 - 6,5

Subacido

6,6 - 7,3

Neutro

7,4 - 7,8

Subalcalino

7,9 - 8,4

Alcalino

> 8,5

Fortemente alcalino


CALCARE TOTALE (%)

CLASSE

< 0,5

Non calcareo

0,5 - 1

Molto scarsamente calcareo

1-5

Scarsamente calcareo

5 - 10

Moderatamente calcareo

10 - 25

Molto calcareo

25 - 40

Fortemente calcareo

> 40

Estremamente calcareo

CONTENUTO SOSTANZA ORGANICA (%) (orizzonte di superficie)

CLASSE

< 0,5

Molto basso

0,5 - 1,2

Basso

1,2 - 2

Moderatamente basso

2-4

Moderato

4-8

Moderatamente alto

8 - 20

Alto

> 20

Molto alto

CONTENUTO IN CARBONIO ORGANICO (%)

CLASSE

< 0,3

Molto basso

0,3 - 0,7

Basso

0,7 - 1,2

Moderatamente basso

1,2 - 2,4

Moderato

2,4 - 5

Moderatamente alto

5 - 12

Alto

> 12

Molto alto

AWC (mm) (acqua disponibile)

CLASSE

< 75

Molto bassa

75 - 150

Bassa

150 - 225

Moderata

225 - 300

Alta

> 300

Molto alta

313


Allegato III CLASSI DEI PARAMETRI DELLA FERTILITÀ CHIMICA


CALCARE ATTIVO (%)

CLASSE

<1

Assente

1-5

Basso

5 - 10

Moderato

10 - 15

Alto

> 15

Molto alto

CSC (cmoli(+)/kg)

CLASSE

<5

Molto bassa

5 - 10

Bassa

10 - 20

Media

> 20

Alta

P ASSIMILABILE (metodo Olsen) (mg/kg P2O5)

CLASSE

0 - 15

Molto basso

15 - 30

Basso

30 - 45

Medio

45 - 60

Alto

> 60

Molto alto

K SCAMBIABILE (mg/kg K2O)

CLASSE

0 - 60

Molto basso

60 - 120

Basso

120 - 180

Medio

180 - 240

Alto

> 240

Molto alto

RAPPORTO Mg/K (Mg e K espressi in cmoli/kg)

CLASSE

< 0,5

Estremamente squilibrato

0,5 - 1

Molto squilibrato

1-2

Squilibrato

2-5

Equilibrato

5 - 10

Squilibrato

10 - 15

Molto squilibrato

> 15

Estremamente squilibrato

315


B SOLUBILE (mg/kg)

316

CLASSE

< 0,5

Basso

0,5 - 1

Medio

1-2

Alto

>2

Eccessivo

Ca SCAMBIABILE (g/kg)

CLASSE

<1

Molto scarso

1-2

Scarso

2-3

Medio

3-4

Buono

>5

Molto ricco

Mg SCAMBIABILE (mg/kg MgO)

CLASSE

< 80

Molto scarso

80 - 160

Scarso

160 - 250

Medio

250 - 330

Buono

330 - 415

Ricco

> 415

Molto ricco


GLOSSARIO*

* Per gentile concessione di ARPA Veneto, semplificato e leggermente modificato 317


Acidità: vedi reazione. Alcalinità: vedi reazione. Alterazione: trasformazione chimica di rocce, minerali, sedimenti e suoli che avviene in presenza dell'acqua che trasporta agenti at­ tivi quali ossigeno, acidi organici e anidride carbonica. I minerali originari vengono parzialmente o totalmente trasformati in minerali secondari, cristallini o amorfi. Argilla: frazione minerale del suolo costituita da particelle di diametro inferiore a 0,002 mm. AWC (Available Water Capacity - Capacità d’acqua disponibile): massima quantità di acqua in un suolo che può essere utilizzata dalle piante. È data dalla differenza tra la quantità di umidità presente nel suolo alla capacità di campo e al punto di appassimento permanente. È calcolata (per i frutteti) sui primi 100 cm di spessore o fino alla roccia se il suolo è più sottile. Vedi Allegato II. Calcare attivo: frazione finemente suddivisa del calcare totale, suscettibile a solubilizzarsi rapidamente sotto forma di bicarbonato. Suoli con grandi quantità di calcare attivo spesso mostrano fissazione del fosforo e una disponibilità ridotta di alcuni elementi minori, in particolare il ferro, che causa clorosi. Vedi Allegato III. Calcare totale: quantitativo totale di calcare presente nella frazione del suolo inferiore a 2 mm, espresso come carbonato di calcio. Vedi Allegato II. Cambico (orizzonte): orizzonte minerale di al­terazione con cambiamenti nella struttura e nel colore del materiale di partenza. Viene indicato con la sigla Bw. Capacità d’acqua disponibile: vedi AWC. Capacità di campo: massima quantità di acqua che un suolo può trattenere una volta che sia stata eliminata l'acqua gravitazionale. Corrisponde all'acqua presente nel suolo (pF 2,0) quando esso, dopo essere stato saturato, ha subito la fase di drenaggio rapido che generalmente dura da uno a tre giorni. Capacità di scambio cationico (CSC): quantità massima di cationi adsorbibili (cationi scambiabili, tra cui Ca2+, Mg2+ e K+) dai colloidi organici e minerali del suolo, espressa in cmoli(+)/kg (o anche, i valori si equivalgono, in milliequivalenti per 100 grammi di suolo). Vedi Allegato III. Carbonio organico: vedi sostanza organica. Carbonati totali: vedi calcare totale.

318


Complesso: unità cartografica costituita da due o più suoli differenti che non è possibile o conveniente separare alla scala in cui è effettuato il rilevamento. Conducibilità idraulica satura: vedi permeabilità. Contenuto d’acqua del terreno: rapporto tra il volume d’acqua e il volume totale di un campione di terreno. Punto di appassimento permanente: livello di umidità del suolo a cui si arresta l’estrazione di acqua da parte degli apparati radicali. Delineazione: ogni singola area delimitata sulla carta. Diverse delineazioni ubicate varia­mente nel territorio indagato appartengono alla medesima unità cartografica se sono simili i suoli contenuti nell'area delineata. Dilavamento: allontanamento di materiali so­lubili dal suolo. Drenaggio: capacità del suolo di allontanare l'acqua piovana o proveniente da aree adiacenti. Vengono distinte diverse classi che esprimono la frequenza e la durata dei periodi di saturazione idrica, anche parziale del suolo. CLASSE

DEFINIZIONE

Rapido

Questi suoli hanno una conducibilità idraulica alta (da 10 a 100 mm/s) e molto alta (>100 mm/s) e un basso valore di acqua utilizzabile (AWC bassa o molto bassa, <100 mm).

Moderatamente rapido

Questi suoli hanno una conducibilità idraulica alta (da 10 a 100 mm/s) ed un più alto valore di acqua utilizzabile (AWC bassa o moderata, >50 mm ma <150 mm).

Buono

Questi suoli trattengono una quantità ottimale di acqua (AWC elevata o molto elevata, >150 mm), ma non sono sufficientemente umidi in superficie o per un periodo abbastanza lungo nella stagione di crescita da condizionare negativamente le colture.

Mediocre

Questi suoli sono abbastanza umidi in superficie per un periodo sufficientemente lungo da condizionare negativamente le operazioni di impianto e raccolta delle colture mesofitiche a meno che non venga realizzato un drenaggio artificiale. I suoli moderatamente ben drenati hanno comunemente uno strato a bassa conducibilità idraulica (da 0,1 a 0,01 mm/s), uno stato di umidità relativamente alto nel profilo, un apporto di acqua per infiltrazione o una combinazione fra queste condizioni. Possono avere screziature da scarse a comuni sia rosse che grigie tra 75 e 100 cm.

Lento

Questi suoli sono abbastanza umidi in superficie o per un periodo sufficientemente lungo da ostacolare gravemente le operazioni di impianto, di raccolta o di crescita delle piante a meno che non venga realizzato un drenaggio artificiale. I suoli mal drenati hanno comunemente uno strato a bassa conducibilità idraulica, un elevato stato di umidità nel profilo, un apporto di acqua per infiltrazione o una combinazione fra queste condizioni. Generalmente hanno screziature con chroma ≤2 e/o rosse da comuni ad abbondanti tra 50 e 75 cm; oppure possono mostrare screziature da ristagno temporaneo dovute alla presenza di una suola di aratura.

Molto lento

Questi suoli sono generalmente umidi vicino o in superficie per una parte considerevole dell'anno, cosicché le colture a pieno campo non possono crescere in condizioni naturali. Le condizioni di scarso drenaggio sono dovute ad una zona satura, ad un orizzonte con bassa conducibilità idraulica, ad infiltrazione di acqua o ad una combinazione fra queste condizioni. Generalmente hanno screziature con chroma ≤2 da comuni ad abbondanti entro i primi 50 cm.

Impedito

Questi suoli sono umidi vicino o in superficie per la maggior parte del tempo. Generalmente hanno screziature con chroma ≤2 abbondanti fin dalla superficie del suolo.

319


Erosione: distacco e allontanamento dalla loro sede di particelle di suolo, causate soprat­tutto dall'acqua corrente (erosione idrica). Falda: superficie dell’acqua libera presente nel profilo. FALDA

PROFONDITÀ (cm)

Assente

Molto superficiale

< 25

Superficiale

25 - 50

Moderatamente profonda

50 - 100

Profonda

100 - 150

Molto profonda

> 150

Fase: suddivisione di una qualsiasi categoria tassonomica del suolo, e in particolare delle serie, orientata all'uso ed alla gestione; si individuano fasi di pen­denza, di erosione, di pietrosità, ecc. Geomorfologia: descrizione e interpretazione delle forme del rilievo terrestre. Gley (orizzonte): orizzonte di colore blu gri­giastro dovuto alla fluttuazione della falda; la temporanea saturazione determina con­ dizioni di anaerobiosi con conseguente ri­duzione e liberazione del ferro. Grado di differenziazione del suolo: si intende il grado di differenziazione del profilo, legata allo sviluppo più o meno evidente di orizzonti genetici. GRADO DI DIFFERENZIAZIONE

SEQUENZA DEGLI ORIZZONTI

Basso

A-C

Moderato

A-Bw-C o A-Ck

Alto

A-Bk-C o A-Bt-C

Grado di fiducia dell’UTS: indica il grado di affidabilità della descrizione delle Unità tipologiche di suolo. Il grado di fiducia dipende dal numero di osservazioni e dalla confidenza nella relazione suolo-paesaggio.

320

GRADO DI FIDUCIA

DEFINIZIONE

Molto alto

Unità tipologica di suolo in cui l'elevato numero di osservazioni consente una buona caratterizzazione dal punto di vista genetico, tassonomico e funzionale. Sono necessari una forte confidenza nella relazione suolo-paesaggio e almeno 15 profili e 50 osservazioni.

Alto

Unità tipologica di suolo in cui il numero di osservazioni e la concordanza con le ipotesi di partenza consentono una buona caratterizzazione in termini qualitatividegli aspetti genetici, tassonomici e funzionali ma non un'analisi quantitativa. Sono necessari una forte confidenza nella relazione suolopaesaggio e almeno 6 profili e 30 osservazioni.

Medio

Per le unità tipologiche di suolo attribuite a questa classe è necessaria la descrizione e l'analisi di alcuni profili per migliorare la caratterizzazione dal punto di vista genetico, tassonomico e funzionale. Sono richiesti forte confidenza nella relazione suolo-paesaggio e un numero minimo di 2 profili e 20 osservazioni.

Basso

Un singolo profilo analizzato, almeno 5 osservazioni e una forte confidenza nella relazione suolo-paesaggio.

Molto basso

Un singolo profilo con o senza analisi e poche osservazioni; è un'unità tipologica di comodo, una prima idea.


Granulometria: suddivisione in classi dimensionali delle particelle minerali del suolo; comprende lo scheletro e la terra fine (<2 mm). Non equivale alla tessitura che si riferisce solo alla frazione di terra fine. Idromorfia: attributo del suolo che ne indica la saturazione idrica, per­manente o temporanea. Limo: frazione minerale di un suolo le cui particelle hanno un diametro compreso tra 0,05 e 0,002 mm. Lisciviazione: migrazione meccanica (in so­spensione) di piccole particelle minerali (principalmente argilla) dagli orizzonti su­perficiali a quelli profondi con relativo ar­ricchimento (formazione di un orizzonte Bt). Materiale parentale: sedimenti (materiali di conoidi o alluvionali, ecc.) o roccia non consolidata da cui si è sviluppato il suolo; da non confon­dere con il substrato che è la roccia consolidata (di rado il suolo deriva direttamente da essa). Orizzonte: strato del profilo, generalmente parallelo alla superficie, in cui si evi­denziano gli effetti dei processi pedoge­netici. Orizzonte profondo: è la designazione di tutti gli strati compresi fra l'orizzonte superfi­ciale ed il substrato, denominati "B" e di­stinti mediante suffissi secondo le modalità di genesi. Orizzonte superficiale: è lo strato posto a con­tatto con l'atmosfera; nei suoli coltivati coincide con lo strato interessato dalle normali lavorazioni, denominato "A" e ulteriormente qualificato mediante il suf­fisso "p" (ploughed = arato). Pendenza: indica la classe di pendenza. CLASSI DI PENDENZA

LIMITI % DEL GRADIENTE

LIMITI IN GRADI DEL GRADIENTE

Pianeggiante

< 0,2

< 0,1

Subpianeggiante

0,2 - 2

0,1 - 1

Dolcemente inclinato

2-5

1-3

Inclinato

5 - 10

3-6

Molto inclinato

10 - 15

6-9

Moderatamente ripido

15 - 30

9 - 17

Ripido

30 - 60

17 - 31

Molto ripido

60 - 90

31 - 42

Estremamente ripido

> 90

> 42

Percorribilità: viene intesa come facilità di percorrenza con mezzi meccanici. Per valutare le classi di percorribilità si considerano come fattori limitanti pendenza, pietrosità superficiale (vedi Pietrosità superficiale) e portanza del terreno (che indirettamente considera anche il drenaggio) e si fa riferimento al seguente schema, utilizzando il fattore più limitante per determinare la classe di percorribilità. 321


CLASSI DI PERCORRIBILITÀ

PENDENZA %

FASI DI PIETROSITÀ SUPERFICIALE

RISCHIO DI SPROFONDAMENTO E/O PERDITA DI TRAZIONE

Buona

< 10

Non pietroso

Assente

Discreta

10 - 20

Pietroso

Moderato

Moderata

20 - 35

Molto pietroso

Elevato

> 35

Estremamente pietroso

Molto elevato

Scarsa

Permeabilità: carattere che esprime la capacità di un orizzonte ad essere attraversato dall'acqua o dall'aria. Pietrosità superficiale: indica la quantità e le dimensioni dei frammenti grossolani (>2 mm) che si trovano sulla superficie del suolo. PIETROSITÀ %

CLASSE DI PIETROSITÀ

TERRENO

0 - 0,1

Assente

Non pietroso

0,1 - 3

Scarsa

Scarsamente pietroso Moderatamente pietroso

3 - 15

Moderata

15 - 50

Comune

Pietroso

50 - 90

Elevata

Molto pietroso

> 90

Molto elevata

Estremamente pietroso

pH: misura dell’acidità o alcalinità di un suolo, indicata dalla concentrazione di ioni idrogeno. Vedi Reazione. Pori: spazi vuoti che separano i costituenti solidi del suolo. Porosità: volume degli spazi vuoti lasciati nel suolo dai granuli (materiale secco, inorganico e organico) di varie dimensioni solitamente riempito di aria e di acqua. Quando l’acqua occupa tutto lo spazio libero della porosità il terreno è saturo. In un terreno saturo inizia un processo di percolazione dell’acqua che si arresta solo quando i macropori (maggiori di 8 micron) si sono svuotati. Profilo: sezione verticale del suolo che si estende dalla superficie al materiale parentale/substrato, in cui risulta evidente la successione degli oriz­zonti. Profondità utile alle radici: volume del suolo, identificato dalla componente verticale, facilmente esplorabile dalle radici delle piante. Vedi Allegato II. Reazione: grado di acidità e di alcalinità del suolo, indicato dalla concentrazione di ioni idrogeno in un terreno ed espresso come valore di pH. Vedi Allegato II. Rischio di inondazione: temporanea ricopertura della superficie del suolo da parte di acqua fluitata da ogni tipo di sorgente. Viene valutato sulla base della frequenza e sulla durata media di eventi passati.

322


Sabbia: frazione minerale di un suolo le cui particelle hanno un diametro che varia da 0,05 a 2,0 mm. Si può ulteriormente sud­ dividere in sabbia molto grossolana (2,0-1,0 mm), sabbia grossolana (1,0-0,5 mm), sabbia media (0,5-0,25 mm), sabbia fine (0,25-0,1 mm) e sabbia molto fine (0,1-0,05 mm). Salinità: definisce il contenuto in sali solubili del suolo e la misura in cui essi interferiscono con la crescita delle piante. Si determina misurando la conducibilità elettrica nell'estratto saturo (ECe) oppure con diversi rapporti terreno-acqua. I suoli delle regioni umide o sub-umide (come il Trentino) non sono mai salini, quindi la sua determinazione è superflua. Scheletro: frammenti di roccia e pietre presenti nel suolo, con dimensioni superiori ai 2 millimetri di diametro. SCHELETRO DIAMETRO (mm)

QUANTITÀ PERCENTUALE (%)

Ghiaioso fine

2-5

Assente

<1

Ghiaioso medio

5 - 20

Scarso

1-5

Ghiaioso grossolano

20 - 75

Comune

5 - 15

Ciottoloso

75 - 250

Frequente

15 - 35

Pietroso

250 - 600

Abbondante

35 - 60

Pietroso a massi

> 600

Molto abbondante

> 60

Screziature: macchie o sfumature di colore diverso comprese in una matrice di colore dominante; generalmente sono dovute a processi di ossidoriduzione. In molti casi sono importanti per individuare la presenza di idromorfia. QUANTITÀ

%

DIMENSIONI

mm

Poche

<2

Piccole

<5

Comuni

2 - 10

Medie

5 - 15

Frequenti

10 - 20

Grossolane

> 15

Molte

> 20

Sostanza organica: materiale di origine vegetale e animale, più o meno eterogeneo, presente nel terreno in diversi stati di trasformazione. Le classi di dotazione di sostanza organica sono basate sul contenuto di carbonio organico del campione. Substrato: roccia consolidata presente (eventualmente) al di sotto del suolo. Suolo: strato superficiale della crosta terrestre in grado di ospitare la vita delle piante; è costituito da sostanze minerali ed organi­che ed è sede di processi chimici, fisici e biologici. È il risultato della pedogenesi.

323


Tessitura: proporzione relativa delle particelle minerali con diametro inferiore ai 2 mm, costituenti la terra fine del suolo. CLASSI DIMENSIONALI

DIAMETRO

Argilla

< 0,002 mm

Limo

0,002 - 0,050 mm

Sabbia

> 0,050 mm

La combinazione quantitativa specifica di sabbia, limo e argilla viene espressa nelle classi tessiturali (USDA): CLASSI TESSITURALI (USDA) A

Argillosa

AL

Argilloso limosa

AS

Argilloso sabbiosa

FLA

Franco limoso argillosa

FA

Franco argillosa

FSA

Franco sabbioso argillosa

FL

Franco limosa

L

Limosa

F

Franca

FS

Franco sabbiosa

SF

Sabbioso franca

S

Sabbiosa

Le classi tessiturali USDA possono essere aggregate secondo il seguente schema: TESSITURA USDA

324

CLASSI AGGREGATE

S, SF

Grossolana

FS

Moderatamente grossolana

F, FL, L

Media

FSA, FA, FLA

Moderatamente fine

A, AS, AL

Fine


Triangolo tessiturale (USDA): grafico impiegato per l’attribuzione delle classi tessiturali ai campioni di suolo. Per individuare la tipologia di terreno, partendo dal valore analitico della percentuale di argilla si traccia una linea parallela alla base del triangolo. Partendo in seguito dal valore della percentuale di sabbia, si traccia una linea parallela al cateto dove è rappresentato il limo. Il punto d'incontro identifica la classe tessiturale. Es.: terreno con 10% di argilla, 45% di sabbia = terreno franco.

Unità di paesaggio: porzione di territorio suf­ficientemente omogenea per caratteri cli­matici, geolitologici, idrografici, morfo­logici e vegetazionali, nella quale si trova­no suoli in prima approssimazione simili tra loro.

325




Finito di stampare nel mese di gennaio 2018 da Litotipografia Alcione, Lavis (TN)



ISBN 978-88-7843-048-8

9 788878 430488 >


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