Schema del processo produttivo alla Fornace di laterizi Frazzi

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N CAVA

CAVA

1

DRAGA

DEPOSITO ARGILLA

GAMBETTE

5

ESSICCATOIO A VENTILAZIONE FORZATA GAMBETTE

2

SALA MACCHINE

CALORE NATURALE 30 giorni FALEGNAMERIA E DEPOSITO MATERIALI

IMPASTATRICE VENTILATORI 24 ore

CASA RICCI PIANO PRIMO

OFFICINA M11 STAMPATRICE

3 DEPOSITO MATERIALI ESSICCATOIO

4

FORNO HOFFMANN 4 giorni

DEPOSITO MATERIALI

M12 TRAFILATRICE CABINA ELETTRICA

CIMINIERA TETTOIE DEPOSITO E MACINA LIGNITE

VECCHIA FORNACE

7

SECONDA FORNACE

TETTOIA PER I LATERIZI FATTI A MANO

PIAZZALE CON PIGNONI DI MATERIALE

6

REFETTORIO

CARRI O CAMION

PIAZZALE CON PIGNONI DI MATERIALE

POZZO UFFICI

PROCESSO PRODUTTIVO

Il ciclo produttivo dei laterizi Frazzi cominciava e terminava all’interno dello stabilimento. La fornace infatti disponeva di cave per l’estrazione dell’argilla di buona qualità poco distante dal luogo di lavorazione. La produzione era quindi a ciclo continuo e competitiva perché totalmente in loco.

CAVA 1 L'estrazione dell’argilla avveniva per mezzo della draga, macchina escavatrice che grattava il materiale direttamente dalle colline, poi diventate laghetti, e scaricava i sedimenti nei carrelli. Qua lavorava il dragatore, meccanico responsabile dei movimenti macchina ed una squadra di cavatori che verificavano la bontà dell’argilla. IMPASTATRICE 2 L’argilla bagnata veniva estrusa: il pezzo prendeva il nome di pane ed usciva dalla macchina fino ad ottenere una lunghezza media di 50 cm. A questo punto, un operaio lo spezzava a mano e lo disponeva su di un carrellino per il trasporto fino alla macchina impastatrice.

STAMPATRICE E TRAFILATRICE 3 4 All’interno dello stabilimento c’erano due macchine per la sagomatura dei prodotti. La M11 era utilizzata per stampare i laterizi (mattoni pieni), la M12, detta la Zurlona, per trafilare i blocchi di argilla bagnata. Il pane era infilato a monte della macchina trafilatrice che, a seconda dello stampo, produceva il tipo di laterizio richiesto. I trafilatori erano gli operai specializzati in questa fase: mentre uno tagliava con un filo d’acciaio il pezzo, l’altro lo infilava con un grande forchettone e lo poneva su di un telaio di legno o un carrello. Il lavoro del trafilatore era regolato dai veloci ritmi di produzione e lo sforzo fisico era senza dubbio notevole. In questa fase i turni dei lavoratori erano più brevi e a rotazione.

ESSICCAZIONE 5 All’essicatoio c’erano dei telai in legno con le gambe, detti appunto gambette. Sopra queste strutture in legno erano poggiati i laterizi crudi da due operai: i filatori. Il filatore faceva le fila del materiale fresco e assieme a loro c’era un operaio semplice, detto il cane, che spingeva dal basso i pezzi per facilitare il posizionamento sui telai. Il tempo di essiccazione era di circa un mese. A stabilire il momento dello smontaggio delle gambette e lo scarico dei materiali era il Caporale che verificava le condizioni di umidità. Durante i primi anni ‘50 fu costruito un seccatoio a ventilazione forzata, con il quale l’essiccazione avveniva in sole ventiquattro ore.

FORNO HOFFMANN 6 Lo stabilimento contava due forni: la Vecchia Fornace Hoffmann già presente al momento della vendita da parte dei Tini ed un secondo Forno Hoffmann costruito quasi subito dopo il 1936. I fuochisti avevano il compito di gestire tutto il processo di cottura: dopo un periodo di 5-6 giorni i materiali potevano essere smontati e portati al grande piazzale. PIAZZALE ESTERNO 7 I materiali cotti venivano riposti su lunghe carrette per il trasporto manuale al piazzale, con un sistema di staffetta tra le squadre. I pignoni, materiali disposti per tipologia, erano così pronti per la vendita. A fare l’inventario dei prodotti stivati e poi venduti c’era il Consegnatario di Magazzino.

TRASPORTO Solitamente si utilizzavano carrelli del tipo Decauville per portare l’argilla dalle cave all’impastatrice e per spostare i laterizi asciutti dagli essiccatoi alle camere dei forni. Se gli spostamenti erano più brevi gli operai si servivano di nastri trasportatori. Le donne che si occuparono, fino alla fine degli anni ‘50, di trasportare il materiale ancora umido dalla macchina trafilatrice agli essiccatoi, carocavano sulla testa i telai in legno, portandone anche più d’uno. Dopo la cottura, il materiale veniva spostato sul piazzale con delle carrette apposite, grazie alla forza di squadre d’operai.


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