Mensile, 5,70 euro, Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge il 27-02-2004, numero 46), articolo 1, comma 1 - DCB Milano
ANNO XI - NUMERO 101 - MAGGIO 2004
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TPW 2004 EDUCAZIONE CREATIVA Euro Press Photo Awards FUJI PREMIA IL REPORTAGE
FOTOGRAFI SENZA FRONTIERE
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Prima di cominciare
CON ORDINE Qualunque cosa la mente umana si trovi a dover comprendere, l’ordine ne è una indispensabile condizione. [...] Quando non s’include nulla di superfluo né si tralascia nulla di indispensabile si è in grado di intendere l’interrelazione fra il tutto e le sue parti, e la gerarchia di valori in base alla quale determinati elementi strutturali sono dominanti per importanza e peso, altri subordinati. Rudolph Arnheim (da Entropia e arte) AMBIENTE 2004-2005. Promosso dall’Unep (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente), il Concorso fotografico internazionale Focus on Your World (Obiettivo sul tuo mondo) è stato lanciato per sensibilizzare il pubblico a contribuire alla tutela del mondo che ci circonda. Canon è sponsor ufficiale dell’iniziativa, lanciata in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente, sostenuta anche da Japan Airlines, Time Magazine, National Geographic Society e Earth Report/Television Trust for Environment. Il Concorso è aperto a professionisti e non professionisti, che possono partecipare sia con fotografie tradizionali sia con immagini digitali. Tre le categorie, divise per fasce di età: Adulti (dai venticinque anni), Giovani (dai quindici ai ventiquattro anni) e Bambini (fino ai quattordici anni). Il primo premio della categoria Adulti ammonta a 20.000 dollari. Nel ringraziare Canon per il sostegno al Concorso, che l’azienda giapponese appoggia fin dalla fondazione, Klaus Toepfer, direttore esecutivo dell’Unep, si è augurato «che le immagini presentate contribuiscano a favorire quei cambiamenti politici e sociali necessari per una efficace tutela dell’ambiente. Spero inoltre che questo Concorso metta in luce nuovi talenti nella fotografia». A propria volta, Fujio Mitarai, presidente del Gruppo Canon, ha aggiunto che «In linea con la filosofia del Kyosei, che significa “vivere e lavorare insieme per il bene comune” crediamo fermamente che una coesistenza in armonia con la natura e l’ambiente sia fondamentale per lo sviluppo sostenibile della società. Mi auguro che, attraverso le proprie immagini, i fotografi che parteciperanno a questa competizione possano trasmettere al mondo l’ideale del Kyosei, contribuendo a consegnare al futuro e alle prossime generazioni un pianeta bello e vivibile». Le fotografie devono essere inviate entro il prossimo 24 ottobre. La cerimonia per la consegna dei premi e l’esposizione delle opere vincitrici si terranno in Giappone nel 2005. Ulteriori informazioni e il modulo di partecipazione al Concorso sono disponibili collegandosi al sito www.unep-photo.com.
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La verità è il traguardo della vita: non un mezzo, ma un fine. Nel viaggio esistenziale in cerca della verità non ci possono essere compromessi. La via della conoscenza è verità: e questa via trapassa ogni porta, sollecita i pensieri e rende liberi.
COPERTINA In Nord Africa, i Fotografi Senza Frontiere Giorgio Palmera, Emiliano Scatarzi e Davide Fusco hanno creato un laboratorio fotografico nel quale operano giovani donne del campo profughi di El Ayoun, in Algeria, che prima di altro documentano la condizione esistenziale del popolo Saharawi 3 FUMETTO Tavola da Le bizzarre avventure di JoJo, illustrazioni di Hirohiko Araki, Edizioni Star Comics, marzo 1995 7 EDITORIALE Avanti. Tra le pieghe degli argomenti redazionali, osserviamo come siano sempre le intenzioni e gli impegni personali a fare l’autentica differenza: in Fotografia, ma non soltanto. Siamo grati a coloro i quali assolvono la Fotografia con zelo e col fervore di una pulsione 8 A FAVORE DELLA FOTOGRAFIA Annotazione di Giuliano Ferrari, fotografo emiliano, che rivela come l’editoria fotografica promossa dagli enti pubblici dia visibilità a progetti altrove ignorati 28
10 NOTIZIE Attrezzature, vicende e altre segnalazioni
14 E-MAGAZINE PER OLYMPUS E Il trimestrale e-magazine si offre e propone come ponte di collegamento tra gli utilizzatori del sistema reflex digitale Olympus-E, da cui è nato lo standard QuattroTerzi
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17 DONI DEL CASO Affascinante retrospettiva di Willy Ronis, classe 1910: settant’anni di scatti esposti agli Scavi Scaligeri di Verona dal 26 giugno al 6 ottobre. Un’occasione unica
20 ORVIETO FOTOGRAFIA SEI Conclusione del programma Orvieto Fotografia 2004: qualifiche, premi, riconoscimenti in un clima di sano e confortevole incontro e confronto professionale
24 PERCEZIONE E VITA Parole in declinazione libera: provocatorio pretesto per una considerazione di fondo. La verità, dov’è?
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RIFLESSIONI, OSSERVAZIONI E COMMENTI SULLA FOTOGRAFIA Anno XI - numero 101 - 5,70 euro
27 PROGETTO DI LIBERTÀ Esperienza di un laboratorio fotografico creato con profughi Saharawi. I Fotografi Senza Frontiere Giorgio Palmera, Emiliano Scatarzi e Davide Fusco hanno dato strumenti affinché i popoli si raccontino da sé di Gino Bianchi
34 LA DEMOCRAZIA SALVATA DAI CITTADINI Inquietante capitolo della storia contemporanea (non soltanto cronaca), la vicenda delle fotografie delle bare dei soldati americani che tornano in patria sollecita considerazioni sul valore e forza dell’Immagine di Lello Piazza
DIRETTORE
IMPAGINAZIONE Gianluca Gigante
REDAZIONE Alessandra Alpegiani Angelo Galantini
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PUBBLICITÀ
Due esperienze diverse sono state associate tra loro. Un filo conduttore unisce 24 ore su Bolzano del Gruppo Fotografico Leica al milanese Fotografa la tua Zona di Maurizio Rebuzzini
FOTOGRAFIE Rouge
SEGRETERIA Maddalena Fasoli
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43 STORIE EUROPEE I vincitori dell’edizione 2004 dei Fuji Euro Press Photo Awards, uno dei più qualificati premi del fotogiornalismo di Angelo Galantini
46 EDUCAZIONE CREATIVA In apparenza, la presentazione del Toscana Photographic Workshop 2004. In realtà, passerella di progetti fotografici con i quali ciascuno dovrebbe confrontarsi di Alessandra Alpegiani
54 ELEGANZA DIGITALE La configurazione Epson R-D1 combina le tecnologie attuali/futuribili con una costruzione classica. A telemetro di Antonio Bordoni
56 ALTA EFFICACIA Evoluzione della dotazione digitale originaria Dîmage A1, la Konica Minolta Dîmage A2 offre prestazioni incrementate
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58 CINQUANT’ANNI SPESI BENE Il bianconero Kodak Tri-X raggiunge il mezzo secolo, durante il quale ha contribuito a scrivere fantastiche storie
60 AGENDA Appuntamenti del mondo della fotografia
65 PAUL STRAND Sguardi sull’iconografia materica di un sognatore di Pino Bertelli
E PROMOZIONE
Gian Battista Bonato
HANNO
36 VITA DI CITTÀ
RESPONSABILE
Maurizio Rebuzzini
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COLLABORATO
Assessorato al Decentramento del Comune di Milano Pino Bertelli Gino Bianchi Antonio Bordoni Giuliano Ferrari Fotografi Senza Frontiere Davide Fusco Giorgio Palmera Emiliano Scatarzi Gruppo Fotografico Leica Lello Piazza Franco Sergio Rebosio Zebra for You Redazione, Amministrazione, Abbonamenti: Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano; 02-66713604, fax 02-66981643; graphia@tin.it. ● FOTOgraphia è venduta in abbonamento ● FOTOgraphia è una pubblicazione mensile di Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano. Registrazione del Tribunale di Milano numero 174 del Primo aprile 1994. Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge il 27-02-2004, numero 46), articolo 1, comma 1 - DCB Milano. ● A garanzia degli abbonati, nel caso la pubblicazione sia pervenuta in spedizione gratuita o a pagamento, l’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e in suo possesso, fatto diritto, in ogni caso, per l’interessato di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi della legge 675/96. ● FOTOgraphia Abbonamento 12 numeri 57,00 euro. Abbonamento annuale per l’estero, via ordinaria 114,00 euro; via aerea: Europa 125,00 euro, America, Asia, Africa 180,00 euro, gli altri paesi 200,00 euro. Versamenti: assegno bancario non trasferibile intestato a Graphia srl Milano; vaglia postale a Graphia srl - PT Milano Isola; su Ccp n. 28219202 intestato a Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano; addebiti su carte di credito CartaSì, Visa, MasterCard. ● Nessuna maggiorazione è applicata per i numeri arretrati. ● È consentita la riproduzione di testi e fotografie, magari citando la fonte (ma non è indispensabile, né obbligatorio farlo). ● Manoscritti e fotografie non richiesti non saranno restituiti; l’Editore non è responsabile di eventuali danneggiamenti o smarrimenti. Fotocomposizione DTP e selezioni litografiche: Rouge, Milano Stampa: Arti Grafiche Salea, Milano
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rditamente, su questo numero della rivista accostiamo due esperienze fotografiche a tutti gli effetti distanti, fino a essere separate tra loro, almeno apparentemente. La fotografia della città è l’intraprendente linea conduttrice che ci ha fatto accostare l’insieme delle fotografie che il Gruppo Fotografico Leica ha realizzato a Bolzano, lo scorso anno nell’arco di una giornata (da cui la mostra e il volume monografico 24 ore su Bolzano), al Concorso Fotografa la tua Zona, cui ha partecipato gente comune di Milano, nel proprio complesso priva di sovrastrati fotografici (da pagina 36). Valutando nel complesso la sequenza degli argomenti dell’attuale edizione, c’è un altro azzardo redazionale che vale la spesa sottolineare, poiché è doveroso approfondire sempre e comunque la riflessione fotografica. Abbiamo dedicato un significativo numero di pagine alla presentazione del Toscana Photographic Workshop, affrontando l’analisi dei tanti corsi in cartellone (da pagina 46). L’intenzione è dichiarata ed esplicita. Come annotiamo anche nelle pagine dell’articolo, non si tratta tanto di promuovere una manifestazione fotografica, peraltro meritevole di attenzione -ma è un altro discorso-, quanto di apprezzare le proposte di ciascuna didattica, che danno la misura di intendimenti fotografici che ciascuno può fare propri, sui quali ciascuno può (e deve!) confrontare il proprio personale impegno. Non sono mai parole vuote, ragioni evanescenti. Sono sempre solerzie, premesse e promesse di alto contenuto. In un momento nel quale tanto disimpegno (troppo?) sta diffondendosi nel mondo fotografico, minato da una sostanziale confusione di fondo, causata anche da un cattivo approccio alle influenze dell’evoluzione tecnologica dei mezzi, l’insieme di queste dichiarazioni di intenti è confortevole e coinvolgente: tanto da poterne fare prezioso tesoro. Tutto sommato è sempre vero che, indipendentemente dai molti condizionamenti (alcuni da maledire), sono sempre le intenzioni e gli impegni personali a fare l’autentica differenza, anche nel piccolo-grande mondo della Fotografia. Sono le persone che condizionano gli avvenimenti e le evoluzioni del pensiero. E alle personalità di valore, come espresso nelle intenzioni preventive dei singoli incontri del TPW, ognuno di noi deve attenzione, lungo quel cammino comune che unisce e fa incontrare chi (noi tra questi) esprime il sentimento comune di amore e passione per la Fotografia (e le particolari possibilità espressive). Il discorso esistenziale non dovrebbe essere mai separato dagli indirizzi personali, e così non possiamo che essere grati a coloro i quali assolvono la Fotografia con zelo e col fervore di una pulsione. Arditamente, da capo, è in questo senso che decliniamo l’insieme delle nostre pagine. Mese dopo mese, numero dopo numero, nella stratificazione del Tempo e della Vita. E di questo andiamo orgogliosi. Maurizio Rebuzzini
Fotografia di Christopher Anderson dell’Agenzia VII, docente al Toscana Photographic Workshop (Soulful Photojournalism, dal 25 al 31 luglio). «Workshop concentrato sull’ipotesi concreta di andare oltre l’informazione letterale, in immagini giornalistiche o documentarie, per arrivare a comunicare un’informazione emozionale: estetica e stile finalizzate sulle idee e sensazioni. Si aggiunge anima e energia alle proprie immagini: i partecipanti sono incoraggiati a cercare sia il lato visivo sia la composizione grafica».
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A FAVORE DELLA FOTOGRAFIA
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Voglio esprimere alcune considerazioni a seguito della lettura dell’editoriale di Italo Zannier apparso su un recente numero di Fotostorica, periodico di cultura fotografica curato dai Fratelli Alinari, che critica molto negativamente la proliferazione di edizioni promosse dall’assessore di turno nei vari comuni italiani, e che, a proprio dire, rispondono solo a esigenze narcisistiche e politiche. Purtroppo, non è certo una novità osservare che il panorama fotografico-culturale italiano sia sconfortante: sicuramente l’editoria del settore ne è la cartina tornasole. Mi ricordo un aneddoto: il direttore di un quotidiano per cui lavoravo, all’uscita di un libro che documentava l’alluvione del Po nei comuni rivieraschi della provincia di Reggio Emilia (dove vivo e lavoro), mi chiese «ma perché queste fotografie, nella redazione del giornale, non le abbiamo mai avute?». Il punto è che, pur avendole ricevute per tempo, nessuno in redazione le aveva riconosciute co-
me belle immagini, significative dell’evento rappresentato, e quindi non furono pubblicate per miopia dei giornalisti, evidentemente non preparati alla lettura delle immagini; se quindi molti operatori del settore della comunicazione non hanno una cultura fotografica, figuriamoci gli “estranei”. Non nego l’imbarazzo e la fatica, a volte, nel cercare contributi finanziari per poter dare corpo e visibilità ai lavori fotografici che realizzo, per i quali non ammetto modifiche di significato al messaggio che io, come autore, sento e realizzo attraverso il mezzo espressivo che mi è più congeniale, la Fotografia. Tornando al tema pubblicazioni, non vorrei che Italo Zannier, le cui riflessioni sono osservate con attenzione dal mondo fotografico, confondesse il fine con il mezzo. Pur essendo consapevole che la diffusione su larga scala di pubblicazioni “localistiche” può anche portare a una moltiplicazione di stereotipate e cartolinesche ricerche fotografiche
sulla “ridente località”, appunto promosse dall’assessore di turno, la possibilità di trovare interlocutori pubblici (locali, ma non soltanto) accresce e alimenta la voglia di comunicazione dei fotografi, che hanno qualcosa da esprimere (siano professionisti o non professionisti). A conseguenza, tutto ciò sollecita e favorisce anche proposte inconsuete e di qualità, che l’editoria fotografica nazionale non metterebbe mai in luce, o non avrebbe la possibilità di mettere in luce. È un problema di dimensioni, oltre che di ruoli. Quindi, io ritengo che questo sia un mezzo, non il fine. Se un autore si accontenta di avere pubblicato un libro da mostrare agli amici, e lo considera come fine, sono magari affari suoi: questo atteggiamento si esaurisce in sé, senza lasciare traccia oltre il modesto seminato. È un rischio da correre, che non vanifica l’insieme dei rapporti culturali che si possono istaurare tra fotografia e enti pubblici. Del resto, l’insieme delle proposte degli editori nazionali è
quanto di più oggettivamente sconfortante. Da decenni, ripropongono periodicamente sempre gli stessi nomi, pubblicati in collane fotografiche che a ogni lustro partono in pompa magna, ma dopo l’uscita dei soliti (pur importanti) fotografi italiani e/o stranieri, si arenano senza nessuna proposta culturale, in una povertà di idee che denota la sola vocazione commerciale dei propri libri. Ecco quindi che l’editoria “fai da te”, spesso aiutata e sostenuta dagli enti pubblici, copre un buco enorme, e alimenta una voglia di novità di un mercato composto anche da giovani cresciuti nel mondo dell’immagine e che sono alla ricerca di nuovi stimoli. Giuliano Ferrari (Fotografo)
Di Giuliano Ferrari abbiamo presentato una preziosa raccolta fotografica sulla vicenda storica di Canossa (FOTOgraphia, febbraio 2004). Qui abbiamo ospitato un’opinione che nasce dal proprio concentrato impegno.
DISTRIBUZIONE SANDISK. Il portafoglio di rappresentanze di Mamiya Trading, che già comprende la gamma di apparecchi medio formato Mamiya (appunto), gli obiettivi universali, le reflex 35mm e digitali Sigma, gli accessori Hama, il filtri B+W e le borse e valige Samsonite, si amplia con l’arrivo della distribuzione delle memory card SanDisk: supporti di memoria in ogni formato, per tutti i sistemi digitali presenti sul mercato. (Mamiya Trading, via Cesare Pavese 31, 20090 Opera Zerbo MI).
QUARTO. Come la sigla identificatoria precisa e certifica, lo scanner per pellicole Konica Minolta Dîmage Scan Dual IV è l’evoluzione diretta della precedente versione Scan Dual III, e dunque è erede di una fantastica genìa che si è affermata nel mondo fotografico. Le caratteristiche tecniche e di uso sono state ovviamente incrementate, fino a comprendere prestazioni solitamente disponibili soltanto in scanner di alta gamma. Per esempio, in una fascia di prezzo particolarmente conveniente, il Konica Minolta Dîmage Scan Dual IV dispone di un nuovo sensore CCD da 3200 dpi, per dare una maggiore qualità d’immagine. Oltre il sensore CCD a tre linee da 3200dpi, lo scanner incorpora anche un avanzato sistema ottico, progettato appositamente per la scansione delle pellicole, che si basa su un obiettivo dedicato frutto della tecnologia congiunta Konica Minolta, altresì dotato di un sistema autofocus persino più raffinato di quello degli scanner piani. Grazie alla conversione A/D a 16 bit e una gamma di-
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namica di 4,8, il Konica Minolta Dîmage Scan Dual IV riproduce fedelmente le ricche varietà di tonalità della pellicola originale. La scansione multipla, inoltre, migliora la scansione riducendo il rumore. È quindi presente un’avanzata tecnologia di correzione dell’immagine a partire dal Pennello Anti Polvere Automatico, che rileva la polvere sulla superficie della pellicola e corregge l’immagine. Un Plug-in di Photoshop consente, infine, di correggere le immagini in tempo reale, usando il software di corredo Photoshop Elements 2.0. (Rossi & C, via Ticino 40, 50010 Osmannoro di Sesto Fiorentino FI).
inquadratura di 90 gradi del grandangolare 21mm sul formato fotografico 24x36mm, riferimento d’obbligo. Le prestazioni ottiche sono garantite dal disegno di dodici lenti in undici gruppi che include un elemento in vetro ad alto indice di rifrazione e bassa dispersione e un elemento in vetro ED (Extra-low Dispersion), per ottenere immagini fedeli e ad alta risoluzione nell’acquisizione digitale di immagini. A fuoco da 17 centimetri raggiunge un ingrandimento massimo pari a 0,29x. L’SMC Pentax-DA 14mm f/2,8 ED [IF] è dotato dell’efficiente sistema di messa a fuoco Quick-Shift che consente di passare istantaneamente dalla messa a fuoco automatica al controllo manuale con un minimo movimento della ghiera di messa a fuoco. Sulla lente frontale fissa si possono usare accessori di 77mm di diametro, compreso il polarizzatore circolare e il paraluce a corolla in dotazione. (Protege - Divisione Foto, via Pratese 167, 50145 Firenze).
SCANSIONE PROFESSIONALE. Il nuovo scanner Imacon SUPERGRANDANGOLARE. Progettato e costruito per la reflex digitale a obiettivi intercambiabili Pentax *ist D, il grandangolare estremo SMC Pentax-DA 14mm f/2,8 ED [IF] si segnala prima di tutto per le ridotte dimensioni di ingombro, che ne semplificano l’impiego: 69 millimetri di lunghezza per 83,5 millimetri di diametro in un peso di soli 420 grammi. Come la sigla identificatoria precisa, vanta inoltre specifiche progettuali standard della serie DA, che comprendono parti metalliche pregiate (compresa la baionetta di innesto) e una certificazione formale (filetto verde), che lo identifica come obiettivo di elevata qualità. Sul sensore solido CCD di acquisizione digitale 23,5x15,7 millimetri, la focale nominale 14mm equivale alla visione e
Flextight 949 si aggiunge ai precedenti modelli 343, 646 e 848, completando la famiglia Flextight di soluzioni CCD high-end ad alte prestazioni. Assolutamente innovativo, l’Imacon Flextight 949 è dotato di una fonte di luce riprogettata, per offrire una maggiore diffusione e minimizzare la visibilità della polvere, grana o graffi, riducendo così i tempi di ritocco delle immagini. Nell’impiego offre soluzioni ottiche non interpolate fino a 8000dpi e ha una profondità di colore di 16 bit, con una densità ottica da 4,9 Dmax, realizzabili in una sola passata. Tra le proprie peculiarità si segnala una capacità di scansione fino a 200Mb al minuto, e di conseguenza una migliore esposizione e un rapporto segnale/rumore più elevato. Inoltre, è dotato di una funzione di raffreddamento attivo comandata dal computer, che permette una
notevole riduzione del rumore e un miglioramento della stabilità del colore. Tra le altre funzioni incorporate nel Flextight 949 vi sono la messa a fuoco automatica, il rilevamento di fotogrammi e una gamma di ingrandimento estesa fino al 3800 per cento. La dimensione massima di file realizzabile è di 1,2 Gb, mentre le modalità di scansione disponibili sono RGB (24 e 48 bit), CMYK (32 bit), scala di grigi (8 e 16 bit) e al tratto. L’Imacon Flextight 949 si avvale dei software proprietari FlexColor per Mac OS X e del sistema di gestione digitale dei dati 3F (Flexible File Format). Infine, il nuovo scanner si collega al sistema Macintosh tramite interfaccia FireWire. (Durst Phototechnik, via Vittorio Veneto 59, 39042 Bressanone BZ).
AGGIUNTIVO. Il borsello Weeton da un litro di capacità (11x17x8cm) può essere portato a tracolla, appeso alla cintura, o anche combinato con borse della linea foto o computer (nell’illustrazione, sulla borsa 15 Love). È una utile e rapida tasca aggiuntiva della borsa grande, che libera le mani, sempre pronta a ritrasformarsi in borsello al momento giusto. Disponibile in cinque colori, si affianca ai due modelli più piccoli Ripsnorter, da 0,6 litri, e Baby Scarer, da 0,5 litri. (Manfrotto Trading, via Livinallongo 3, 20139 Milano).
WIRELESS EPSON-NOKIA. L’applicazione Epson Symbian per la stampa Bluetooth consente ai possessori di cellulari Nokia compatibili (dotati di obiettivo per acquisizione di immagini) di stampare fotografie su carta, usufruendo anche di utili e opportune funzioni di selezione, per impostare dimensioni, qualità di stampa o addirittura l’inserimento delle fotografie in cornici personalizzate. Questa novità fa parte della strategia Epson che punta a offrire soluzioni di stampa pratiche, economiche e facili da gestire, a partire da qualsiasi strumento per fotografia digitale. L’applicazione di stampa Bluetooth è stata elaborata in collaborazione con Nokia, al fine di garantire elevati standard di qualità. «Poiché si stima che entro il 2008 i sistemi digitali rappresen-
teranno il 55 per cento delle vendite globali di apparecchi portatili, abbiamo fornito agli utenti un’opzione di facile utilizzo per stampare le immagini direttamente da un telefonino Nokia compatibile in modalità wireless, ovvero senza bisogno di cavi o del collegamento al computer», annota Epson. Nell’immediato futuro la fotografia digitale avrà un enorme impatto sugli apparecchi destinati al grande pubblico, soprattutto nell’abbinamento di tecnologie complementari, come nel caso del telefono cellulare. Applicazioni come quella proposta ora da Epson intendono aumentare l’indipendenza del consumatore a prescindere dal sistema digitale utilizzato. L’applicazione di stampa Bluetooth è compatibile con Epson PictureMate, Stylus Photo R300 e Stylus Photo RX600.
I cellulari Nokia compatibili sono gli attuali 3650, 3660, 7650 e 6600, cui si aggiungeranno le future configurazioni Nokia. L’applicazione potrà essere scaricata gratuitamente dal sito www.epson.it, a partire dal prossimo autunno. (Epson Italia, via Viganò De Vizzi 93-95, 20092 Cinisello Balsamo MI).
PUBBLICITÀ NIKON. Per il secondo anno consecutivo, al Nikon European Marketing Meeting il distributore italiano Nital è stato premiato per le proprie iniziative commerciali. Il qualificante riconoscimento continentale ha puntualizzato la personalità “marketing oriented” di un’azienda capace di realizzare accattivanti richiami e allestire un efficace servizio postvendita, a tutela sia dei propri clienti negozianti sia dell’utilizzatore finale. La forza del marketing Nital,
che si è imposta in Europa per la quarta volta in cinque anni (!), si basa certamente sul valore originario della gamma di prodotti Nikon, ma anche su una concreta interpretazione di quella che possiamo definire cultura di impresa (a ciascuno, la propria). Nel corso degli ultimi anni, la comunicazione Nital si è sempre più avvicinata a un target eterogeneo, sapendo superare l’antica etichetta di marchio/prodotto elitario. Ovviamente, bisogna riconoscere che il merito del successo commerciale, evidenziato dai premi ottenuti tra i distributori nazionali della linea Nikon, è conseguente anche alla varietà di gusti, tendenze ed esigenze del mercato fotografico italiano, che richiede e sollecita una particolare attenzione commerciale. (Nital, via Tabacchi 33, 10132 Torino).
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E-MAGAZINE DI
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Come anticipato lo scorso autunno, nei giorni della propria presentazione ufficiale sul mercato, il sistema digitale Olympus E si accompagna con iniziative complementari alle dotazioni e configurazioni tecniche della reflex E-1 originaria e dei propri obiettivi intercambiabili, a disegno ottico specificamente dedicato. In particolare, sono stati previsti tre livelli di fidelizzazione, in relazione a diversi approcci individuali alla fotografia e ai propri strumenti; in ordine decrescente: E-Master, E-Professional e EClub, cui corrispondono differenti combinazioni, opportunità, facilitazioni nel rapporto tecnico, commerciale e di servizio (Polyphoto, via Cesare Pavese 11-13, 20090 Opera MI). Trasversalmente, l’Olympus Membership Program offre a tutti i propri iscritti una rivista trimestrale completamente riservata al Sistema (la maiuscola è d’obbligo): annotazioni tecniche, testimonianze di uso e logiche di impiego della reflex digitale a obiettivi intercambiabili Olympus E-1. L’e-magazine viene pubblicato in diverse lingue, tra le quali l’italiano (e poi in inglese, francese, tedesco, spagnolo e ceco); il primo numero è datato Primavera 2004, a certificazione di una affascinante cadenza stagionale. [A proposito, c’entra nulla, non soltanto poco, ma tra i sogni esistenziali nei quali fino a qualche tempo fa ci cullavamo c’era appunto anche quello di una pubblicazione a tema -non riveliamo quale, ma comunque sempre nell’ambito dell’immagine e contornicon periodicità analogamente trimestrale, da datare al primo giorno di ogni stazione: accidenti a Olympus, che è andata in porto!] Inviata agli iscritti dell’Olympus Membership Program, e-magazine si offre come ponte di collegamento tra gli utilizzatori del sistema reflex digitale Olympus E, con coerente collegamento all’apposito sito www.olympus-pro.com, cui corrisponde anche una casella di posta elettronica dedicata emagazi-
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OLYMPUS E ne@olympus-pro.com. A partire dal supporto cartaceo periodico, allestito con affascinante eleganza e grande stile, alla maniera delle più prestigiose testate illustrate internazionali, la condivisione del mondo Olympus E si riferisce proprio agli indirizzi Internet, ai quali far capo per la presentazione delle proprie esperienze e la partecipazione diretta a quelle altrui. Il primo numero di e-magazine, 28 pagine 26,5x28cm, rivela subito l’accurata e raffinata combinazione di argomenti tecnici e testimonianze visive, affidate alla capacità di fantastici autori contemporanei, coinvolti nel mondo digitale Olympus. In particolare, dopo aver presentato la pubblicazione a tema Digital Elements 2004, che riprende in
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candito su tre tipologie di servizi esclusivi, l’Olympus Membership Program prevede iniziative a misura di possibili differenti esigenze e necessità. Supportati dal distributore nazionale Polyphoto (via Cesare Pavese 11-13, 20090 Opera MI; 02-530021), i tre programmi condividono l’abbonamento alle quattro edizioni annue dell’emagazine, inviti a workshop, congressi, meeting e tavole rotonde, accesso all’area riservata del sito www.olympuspro.com, registrazione dell’apparecchiatura, supporto al cliente attraverso linea riservata, invio dell’e-newsletter. ❯ A misura dei professionisti, l’Olympus E-Master prevede un differenziato “pacchetto servizi”, accessibile in tutto il mondo. Agli iscritti è riservato un servizio di assistenza ultra rapido, con trattamento prioritario, nonché un equipaggiamento in sostituzione (pre-
via disponibilità), completamente gratuito e per tutta la durata della riparazione. ❯ L’Olympus E-Professional, indirizzato a una categoria idealmente “business”, offre ulteriori dodici mesi di garanzia, oltre quelli previsti dalla normativa vigente, e supporto al cliente completamente gratuito. In aggiunta, è previsto un servizio di riparazione veloce e attrezzatura sostitutiva (in base alla disponibilità) per l’intero periodo della riparazione. Questo programma prevede inoltre un check-up annuale gratuito dell’attrezzatura e il supporto tecnico da parte di personale specializzato. ❯ Il terzo programma Olympus E-Club è stato ideato specificatamente per soddisfare le esigenze dei fotografi non professionisti, che manifestano necessità tecniche meno vincolanti.
La combinazione Olympus-Ferrari è stata visualizzata da un servizio fotografico di Jon Nicholson.
terventi pubblicati nel marzo, aprile, giugno e ottobre 1999?); e approfondimenti tecnici dedicati alla comunità del sistema Olympus E. A complemento, un inserto di dimensioni inferiori, 17,5x17,5cm, fa
la cronaca dell’incontro con i fotografi coinvolti nel citato Digital Elements 2004, edizione digitale di analoghi eventi professionali tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta. A.Bor.
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chiave attuale una lontana esperienza Olympus di una ventina di anni fa (in tempi di reflex Olympus OM: lo ricordiamo bene), coinvolgendo fantastici nomi della moda, pubblicità, ricerca espressiva e reportage, si incontra un’intervista a David Bailey. In chiare parole, vengono affrontate con piglio e intelligenza (finalmente!) le problematiche della rappresentazione visiva alla luce delle attuali possibilità espressive, conseguenti le nuove applicazioni tecnologiche di gestione dell’immagine. A seguire, un delicato e coinvolgente portfolio di moda del giapponese Kanjo Take, che firma anche la copertina di questo originario emagazine numero 1 della Primavera 2004. Quindi: fotografie di Jon Nicholson, che celebrano la combinazione di Olympus con la Formula Uno Ferrari; interpretazioni del ritratto fotografico realizzate da Paul Schirnhofer (Superitratto?, come certificammo in una serie di in-
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perfectly compact Il nuovo treppiedi Gitzo in fibra di carbonio Compact G0027 è il compagno di viaggio ideale. Chiuso, è talmente compatto e leggero da poter essere contenuto anche in piccole borse fotografiche senza avvertirne il peso, mentre una volta esteso è il supporto perfetto per la vostra fotocamera in ogni occasione. Distribuito da MANFROTTO TRADING Via Livinallongo 3 - 20139 Milano Tel. 025 660 991 - Fax 025 393 954 www.manfrotto.it - trading@it.manfrotto.com
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Notizie
D ONI
DEL CASO
Affascinante retrospettiva di Willy Ronis, classe 1910, curata da Elena Ceratti: settant’anni di scatti esposti agli Scavi Scaligeri di Verona, dal 26 giugno al 6 ottobre. Fantastica occasione (unica) per avvicinare una delle più avvincenti personalità fotografiche del Novecento, un autore che ha rappresentato un’epoca e influenzato generazioni di concentrati narratori. Realizzata in collabora-
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È con un delizioso melange di modestia e sicurezza, che Willy Ronis ricorda il proprio ingresso nella fotografia [a pagina 18]. La mostra Doni del caso ripercorre il cammino della sua vita. Scorre sotto i nostri occhi, come un film, il suo percorso di “pedone del secolo” dallo sguardo ingegnoso e sensibile. Durante più di settant’anni, tenendo con le due mani davanti al proprio volto un grosso occhio di vetro, il fotografo ha catturato per noi istanti di vita. È un “mestiere molto duro”, glissa lui; e noi voglia-
zione con le agenzie Rapho e Grazia Neri, che rappresentano Willy Ronis in patria e in Italia, la mostra si accompagna con un ben allestito volume-catalogo, dal quale riprendiamo la concentrata introduzione di Kathleen Grosset, che testimonia come gli Istanti di vita di Willy Ronis siano autenticamente tali: istanti e vita, senza soluzione di continuità. A.G.
mo credergli. Ma senza il camminatore “vigile e sincero” che ha scelto di essere, tutti questi istanti di vita sarebbero nati morti, nella luce imperturbabile che li mostra e li nasconde senza sosta. Grazie allora al giovane uomo innamorato della musica, che seppe amare la luce. Le sue fotografie sono altrettante lettere d’amore al tempo che passa: ciascuna è fatta della stoffa dei nostri ricordi. Gli anni passano, quelle fotografie scorrono davanti ai nostri occhi come pagine. Le più celebri s’impongono come le
Rose Zehner, delegata sindacale, 1938. Le Nu Provençal, Gordes, Vaucluse, 1949.
annate speciali della nostra nostalgia. È il 1936, con gli operai in sciopero, le manifestazioni, i balli e le prime ferie pagate, fotografie solari, indimenticabili. Poi la straordinaria esultanza del 1945, con il commovente ritorno dei prigionieri e dei sopravvissuti all’indicibile. Ancora, a partire dal 1947, il colpo di fulmine del fotografo per i quartieri parigini di Belleville e Ménilmontant, dove il tempo sembra aver fermato il proprio corso. Tra le Buttes-Chaumont e il Père-Lachaise, il fotografo ci trascina negli atelier, nei bistrot e nelle sale da ballo; ci conduce nelle viuzze, nei passaggi, nei vicoli, le terrazze e i cortili. È una rivelazione. Scopriamo che in questi paesi al di sopra della città, si tira con l’arco, si gioca a bocce, si prende l’acqua nei pozzi, si mangia nei
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WILLY RONIS, FOTOGRAFO icordo perfettamente. Il mio ingresso nella vita lavorativa avvenne contro la mia voRtia-lontà, per necessità, per assecondare mio padre, che -ormai condizionato dalla malatnon poteva più gestire il suo studio e negozio di fotografia. In seguito, quando, dopo la sua morte, potei scappare dalla bottega, quello che era stato un matrimonio per necessità divenne un matrimonio d’amore. Questo non cancella il fatto che non ci fu alcuna vocazione all’origine della scelta di una professione alla quale dovevo poi consacrare la mia vita. Non mi sentii mai come il figlio spirituale dei grandi che diedero lustro alla storia della fotografia, e in questo mestiere molto duro, dove io mi preoccupavo poco di riflettere sulle eventuali filiazioni, la mia ammirazione per i grandi non venne che lentamente, inconsciamente, il che mi ha risparmiato gli sforzi che impone l’angosciante ricerca di un linguaggio personale attraverso il rifiuto rabbioso di pesanti influenze di altri. Tuttavia, di quando in quando, una fotografia eccezionale attraversava la mia strada, e allora era uno shock, come uno sguardo di donna che vi colpisce su un autobus al momento di scendere, che dimenticherete ma vi lascerà la propria traccia. Io notavo qui e là delle parentele, ma senza che questo mi facesse dubitare di me stesso. Io sapevo, nella mia innocente sicurezza (i miei dubbi prendevano dimora altrove), che io non dovevo che continuare la mia strada sforzandomi di restare sempre vigile e sincero. Così, senza voler ribaltare niente, cosa che non era nel mio carattere, la mia voce si sarebbe fatta forse ascoltare, senza contrasti, con il suo proprio timbro, nel coro di quelli che cantavano contemporaneamente a me. Willy Ronis
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Les Amoureux de la Colonne Bastille, Paris, 1957.
giardinetti, si fa la siesta sopra un fazzoletto d’erba. Nessuno è ricco, ma tutti sembrano felici. E poi, c’è la Francia degli anni Settanta, quella degli anni Ottanta, fino a quella di oggi. Café de France, Place des Vosges, vedute senza personaggi, gatti come personaggi, variazioni, istanti d’oblio, tutto viene fuori da queste fotografie sensibili e poetiche. Rigore della composizione, fluidità dei ritmi, l’arte classica e viva di Willy Ronis si impone al nostro sguardo. Kathleen Grosset Willy Ronis: Doni del caso. Centro Internazionale di Fotografia, Scavi Scaligeri, Cortile del Tribunale, piazza Viviani, 37121 Verona; 045-8013732; www.comune.verona.it/ scaviscaligeri/, scaviscaligeri@ comune.verona.it. Dal 26 giugno al 3 ottobre; martedì-domenica 10,00-19,00. In collaborazione con Grazia Neri e Rapho; coordinamento di Elena Ceratti.
ORVIETO FOTOGRAFIA SEI
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Organizzato da Cna Comunicazione (Siaf / Confederazione Nazionale dell’Artigianato - Sindacato Italiano Artigiani Fotografi), Ascofoto (Associazione Nazionale Commercianti Articoli Foto-Ottica-Video, aderente a Confcommercio) e Tau Visual, in collaborazione con il Comune di Orvieto, la Provincia di Terni, la locale Camera di Commercio e le strutture locali e nazionale della Cna, con il patrocinio delle associazioni di categoria internazionali FEP e WCPP (Fe-
A contorno, premiazioni, riconoscimenti, conferenze e concentrazione sulle tematiche della Fotografia. In coincidenza di intenti, sabato 21 febbraio a Orvieto si è svolta anche la tavola rotonda sulle problematiche relative all’utilizzo delle fotografie sui giornali, promosso dal Grin (Gruppo Redattori Iconografici Nazionale). Nella stessa occasione, il Grin ha assegnato il primo Premio intitolato a Amilcare G. Ponchielli, photo editor prematuramente scomparso (FOTOgraphia, febbraio 2004). Tra i fotogiornalisti candidati, per regolamento presentati da un membro del Grin, si è affermato Alessandro Scotti, con un lavoro sulle rotte della droga; e la stessa associazione di photo editor ha quindi indicato Ghetto, edizione Trolley, come Libro dell’anno: fotografie di diversi autori sui luoghi di prigionia nel mondo.
SESTA EDIZIONE Evento di spicco in Europa, tra le rassegne di incontri professionali ad ampio respiro internazionale, Orvie-
to Fotografia ha confermato il proprio ruolo nella diffusione della cultura dell’immagine, a vantaggio delle applicazioni pratiche della fotografia professionale, e come qualificata sede di incontri e confronti tra fotografi di tutte le regioni italiane e di molti paesi stranieri (quest’anno in prima fila Francia e Irlanda). Consistenti le novità della Sesta edizione 2004, rispetto gli anni scorsi. Come già annotato, un’attenzione particolare è stata riserva-
Concentrato programma di incontri e convegni, Orvieto Fotografia 2004 si è concluso con la rituale foto di gruppo, con richiamo all’Europa.
DIECI QUALIFICHE deration of European Professional Photographers e World Council of Professional Photographers), il programma di Orvieto Fotografia 2004, Sesta edizione del qualificato “cartello”, si è distribuito in un arco di tempo ufficialmente lungo un mese (www.orvietofotografia.org). Sabato 21 febbraio sono state inaugurate le mostre fotografiche rivolte al più ampio pubblico, curate da Giuliano Ferrari, che ha allestito un programma in equilibrio tra Musica e Fotografia: personali di Guido Harari, Attilio Pavin, Marco Castelli, Pino Ninfa e Fabian. Quindi, da sabato 13 marzo a martedì 16 si sono svolti gli incontri, i seminari e i corsi indirizzati all’utenza dichiaratamente professionale (anticipati in FOTOgraphia dello scorso febbraio).
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iunita in occasione di Orvieto Fotografia 2004, la commissione preposta al rilascio delle certificazioni QIP (Qualified Italian Photographer / Qualificazione Italiana Professionisti), è stata composta da dieci professionisti, tutti già precedentemente qualificati a livello europeo (QEP): Licia Papini Cappelli (QEP per la fotografia pubblicitaria e per la fotografia di architettura; presidente), Silvano Chiappin e Giuliano Ferrari (QEP per il reportage), Giuseppe Bertolucci (QIP dell’anno 2004), Giovanni Giuliana, Enzo Grande, Claudio Marino, Attilio Pavin, Laura Sassi e Enzo Varriale (QEP per la fotografia di matrimonio e ritratto). In forma rigorosamente anonima, la giuria ha esaminato quarantacinque pannelli di dodici fotografie ciascuno e ha riconosciuto il possesso dei requisiti professionali QIP a otto fotografi, uno dei quali in tre categorie: Vittorio Battellini di Casarsa della Delizia PN (Matrimonio), Luigi Fedeli di San Benedetto del Tronto AP (Ritratto), Giuliano Ferrari di Reggio Emilia (Matrimonio), Giovanni Galardini di Foligno PG (Reportage), Stefano Gerardi di Pontecorvo FR (Matrimonio), Sergio Mantel-
lo di Vicenza (Ritratto), Claudio Tadiotto di Conegliano TV (Matrimonio), Stefano Zardini di Cortina d’Ampezzo BL (Ritratto, Paesaggio e Reportage). Con questa nuova serie di qualifiche, salgono a settanta i fotografi professionisti italiani ai quali è stato certificato il possesso dello standard QIP, riconoscimento promosso e riconosciuto da Siaf-Cna, Confartigianato Fotografi, Tau Visual e Ascofoto Confcommercio. La qualificazione QIP è inserita in un percorso a livello europeo. I fotografi che ottengono il certificato QIP possono proiettarsi verso la qualifica internazionale (QEP), riconosciuta da diciotto associazioni nazionali aderenti alla FEP (Federation of European Professional Photographers). Contemporaneamente, sono stati assegnati due certificati QIP ad honorem a Gianni Berengo Gardin e Franco Fontana, in riconoscimento dell’altissimo contributo che i due fotografi hanno dato e danno alla fotografia professionale in Italia (lo scorso anno, lo stesso riconoscimento venne stato assegnato a Giancarlo Maiocchi e Mimmo Jodice).
DA SFOGLIARE propria quarta edizione, il Premio Orvieto Fotografia per i Libri fotografici Aediteèlladiventato internazionale. Riservato a pubblicazioni a carattere fotografico nell’ultimo anno, ha visto la partecipazione di otre cinquanta opere. Coordinata da Adriano Scognamillo, la giuria è stata composta dalla fotografa Alberta Tiburzi (presidente), dall’editore Daniele Lupatelli, Susan Conlon, addetto culturale dell’Ambasciata di Irlanda, Olivier Bouin, addetto culturale dell’Ambasciata di Francia, e da Silvano Ricci, Assessore alla Cultura della Provincia di Perugia. ❯ Nella categoria Reportage è stata premiata la monografia Chernobyl: Ritratti dall’infanzia contaminata di Pino Bertelli (Tracce Edizioni): «Onestà e realtà che non si possono negare». [Attenzione: Pino Bertelli è l’autore della rubrica Sguardi su, che ogni mese pubblichiamo in chiusura di rivista, dedicata a individuali e particolari visioni di personalità di spicco della Fotografia]. ❯ Per la sezione del Libro d’arte è stato attribuito un ex-aequo tra Obiettivo in ascolto di Piero Principi (Editore Piero Principi) e Umbria Jazz 30 anni di autori vari (Editore Quattroemme): «Per aver saputo interpretare in maniera brillante il jazz nelle proprie sfumature bianconero e colore». ❯ Libro storico è risultato Fotografi Abruzzesi dell’Ottocento e primi del Novecento (Editore Edigrafital): «Interni, esterni, still life e fotografie d’arte di un’epoca».
ta alle mostre fotografiche proiettate verso il più ampio pubblico. Quindi, sono stati condotti in porto due significativi concorsi: il Premio Orvieto Fotografia per i Libri fotografi-
Tra i numerosi incontri d’autore, Giovanni Gastel.
❯ Tra le Antologie d’autore ha prevalso Pasquale De Antonis (Editore Edigrafital): «Per la riscoperta di un artista di rara ed emozionante duplicità». ❯ Nell’ambito della Fotografia naturalistica ha vinto Il tempo della luce di Luciano Cajelli e Claudio Ziraldo (Editore Damacom): «Il forte impatto visivo premia la tecnica, l’impegno e la forza del colore, uniti all’ottima ed elaborata qualità di stampa». ❯ Internazionale il Manuale di tecnica, a certificazione e testimonianza che in Italia non c’è spazio per questa editoria di settore; vincitore Wedding and Portrait Photography di Joel Lacey e John Henshall (Editore Rotovision): «Per la capacità di divulgare con semplicità ed efficacia tecniche di ripresa e stampa digitale». A seguire, una serie di Menzioni speciali: Paesaggio Italiano di Luciano Monti (Editore Centro Offset; «Nuove suggestioni visive del paesaggio»); Tables d’Amour di Norbert Maes (Editore Stichting Kunstboek; «Giocose impressioni del classico binomio cibo e seduzione»); e Linee architettoniche dell’edilizia laica del Novecento a Bologna di Franco Franceschi (L’Artiere Edizioni; «Piccolo e perfetto libro che regala silenziose e sensuali prospettive da scoprire guardandolo e riguardandolo»). Omaggio alla Carriera alla Retrospettiva di Franco Fontana (Logos Edizioni): «Per la voglia di mettersi in competizione, nonostante l’affermata e indiscussa professionalità».
ci, che dalle proprie origini è ora diventato internazionale (cinquanta opere in concorso, coordinamento di Adriano Scognamillo; riquadro qui sopra) e il Primo Concorso in-
ternazionale Orvieto Fotografia Professional Photography, coordinato da Enzo Variale (settecento fotografie inviate da sette paesi europei, oltre a Stati Uniti, Canada e Australia;
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Notizie
ANCORA RICONOSCIMENTI
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ignificativa novità della Sesta edizione di Orvieto Fotografia, il Primo Concorso internazionale Orvieto Fotografia Professional Photography (che in originale suona Orvieto Fotografia Professional Photography Awards) è stato condotto sulla consistente quantità di settecento fotografie, inviate da sette paesi europei, oltre a Stati Uniti, Canada e Australia, in forma digitale (indipendentemente dall’acquisizione o scatto originario su pellicola tradizionale). L’internazionalità della giuria ha garantito sia imparzialità di giudizio sia concreto confronto tra paesi diversi. Dopo di che, all’atto pratico, la sostanziale omogeneità dei giudizi espressi ha confermato, se mai ve ne fosse bisogno, che la fotografia è un linguaggio talmente universale e trasversale da risultare condivisibile al di là delle diverse scuole, stili e gusti individuali. Coordinata da Enzo Variale e presieduta dallo statunitense Bert Behnke, la giuria di Orvieto Fotografia Professional Photography ha impegnato Jim Di Vitale (Usa), Dave Montizambert (Canada), Jean Charles Castel e Janine Trevis (Francia), John Henshall (Inghilterra), Luc Peeters (Belgio) e gli italiani Adriano Scognamillo, Adria❯ Riconoscimenti
Nell’ambito del Premio, nel conteggio delle votazioni, una qualificata serie di fotografi ha ottenuto un punteggio corrispondente allo standard internazionale richiesto per le certificazioni di alta professionalità. Fotografia sociale Marcus Bell (Australia) Giuseppe Bertolucci (Italia) Allison Makeller (Australia) Valentina Ramacciotti (Italia) Fotografia commerciale Paolo Ranzani (Italia) Giuseppe Bertolucci (Italia) Ignacio Maria Coccia (Italia) Neil Warner (Irlanda) Reportage Ignacio Maria Coccia (Italia) Helen Meade (Irlanda) Mario D’Angelo (Italia) Open Peter Eastway (Australia) Thom Rouse (Usa) Neil Warner (Irlanda) Rebecca Haisma (Australia) Sonia Marin (Italia) Alan Moyle (Australia) Vincent O’Byrne (Irlanda) Daniel Vaccaro (Francia)
❯ Menzioni speciali A fotografi che hanno presentato almeno una immagine che ha ottenuto un punteggio superiore allo standard della qualità. Ancora nella divisione per categorie già ricordata. Fotografia sociale Vittorio Battellini (Italia) Bert Behnke (Usa) Paolo Cardone (Italia) Alison Makeller (Australia) Adriano Pugliese (Italia) Michael Taylor (Usa) Jeff Woods (Usa) Helen Yancy (Usa) Francesco Castagna (Italia) Vanessa Hall (Australia) Tommaso Morosetti (Italia) Anita Nouteau (Francia) Serena Parente Charlebois (Francia) Jacques Verschuren (Belgio) Paul Bates (Australia) Cindy Behnke (Usa) Marcus Bell (Australia) Luigi Fedeli (Italia) Grande e Perna (Italia) Joseph Koprek (Australia) Simon Mitrovich (Australia) Dave Montizambert (Canada) Giuseppe Nicoletti (Italia)
a Vincent O’Byrne, Irlanda, il titolo di Fotografo dell’anno; riquadro qui sopra). Quindi, come consuetudine, sono stati proclamati i fotografi QIP e QEP dell’anno (Qualified Italian Photographer Giuseppe Bertolucci
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no Pugliese, Licia Cappelli, Giuliano Ferrari, Lelle Zuppati e Guido Cecere. Le fotografie sono state suddivise in tre categorie definite, più una quarta categoria aperta, nella quale sono state incluse anche le immagini non commissionate; dunque: fotografia sociale (matrimonio e ritratto), fotografia commerciale (inclusa la moda), fotografia di reportage e Open. ❯ Vincitori Fotografia sociale Allison Makeller (Australia) Fotografia commerciale Paolo Ranzani (Italia) Reportage Mario D’Angelo (Italia) Open Vincent O’Byrne (Irlanda) Tra i quattro vincitori di categoria, è stato proclamato Fotografo dell’Anno (Orvieto Fotografia 2004 - Photographer of the Year) l’irlandese Vincent O’Byrne, che nella categoria Open ha presentato fotografie trasformate in francobollo. L’australiano Allison Makeller si è segnalato per una fotografia di matrimonio, nella cui categoria si è imposto, che è risultata l’immagine più votata dell’intera sessione giudicatrice. Adriano Scognamillo (Italia) Palmiro Stanzucci (Italia) Carmen Tomé (Canada) Enzo Varriale (Italia) Julia Woods (Usa) Fotografia commerciale Luigi Fedeli (Italia) Sonia Marin (Italia) Stefano Zardini (Italia) Giovanni Alfieri (Italia) Quirino Fulceri (Italia) Rebecca Haisma (Australia) Enrico Giudicianni / Piera Biffi (Italia) Vanessa Hall (Australia) Dave Montizambert (Canada) Enzo Varriale (Italia) Trudi Van De Wint (Belgio) Neil Warner (Irlanda) Ignacio Maria Coccia (Italia) Lorenzo Salemi (Italia) Giuseppe Bertolucci (Italia) Paolo Monci (Italia) Paolo Ranzani (Italia) Palmiro Stanzucci (Italia) Reportage Livio Senigalliesi (Italia) Roberto Colacioppo (Italia) Marco Bottani (Italia) Mario D’Angelo (Italia) Adriano Pugliese (Italia)
e Qualified European Photographer il belga Stephane Verheye). Orvieto Fotografia 2004 ha avuto particolare attenzione anche alle iniziative complementari: jazz, musica celtica e ritmi latini hanno animato tre
Cristopher Ng (Australia) Marco Menduni (Italia) Stefano Zardini (Italia) Ignacio Maria Coccia (Italia) Helen Meade (Irlanda) Open Paolo Spigariol (Italia) Paolo Cardone (Italia) Sonia Marin (Italia) Daniel Vaccaro (Francia) Gerard Cimetiere (Francia) Peter Eastway (Australia) Rebecca Haisma (Australia) Tim Mathiesen (Usa) Paolo Menchetti (Italia) Marco Menduni (Italia) Vincent O’Byrne (Irlanda) Valentina Ramacciotti (Italia) Thom Rouse (Usa) Graeme Taylor (Australia) Jacques Verschuren (Belgio) Neil Warner (Irlanda) Jim Fender (Usa) Stefano Gerardi (Italia) Rebecca Haisma (Australia) Alan Moyle (Australia) Cristopher Ng (Australia) Marc Parrone (Usa) Paolo Ranzani (Italia) Michela Zucchini (Italia)
coinvolgenti serate nei giorni degli incontri e seminari. In occasione della rituale fotografia di gruppo (a pagina 20), è stata espressa una sentita partecipare all’iniziativa benefica “Io aiuto un piccolo principe”. A.G.
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PERCEZIONE E VITA
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Soprattutto noto e riconosciuto per aver inventato la fotografia a sviluppo immediato, e fondato la Polaroid Corporation (FOTO graphia, febbraio 1997), come scienziato, lo statunitense Edwin H. Land (1909-1991) si è tenacemente occupato di colorimetria e percezione del colore. Tra gli innumerevoli studi ed esperimenti, si ricorda l’elaborazione di una affascinante teoria della visione dei colori, che prevede la presenza di due soli fotoricettori nella retina. In una proiezione pubblica in sintesi additiva, se ricordiamo bene, Edwin H. Land agì con due soli colori, lasciando aggiungere il terzo ai singoli osservatori (dei princìpi basilari e fondamentali del colore ci siamo occupati nel nostro numero speciale del marzo 2001). Così agendo, Land dimostrò la soggettività della percezione; e chi vuole approfondire la materia trova un esaustivo articolo dello stesso Edwin H. Land in Le Scienze del marzo 1978. Sulla stessa linea, anche la percezione delle parole e dello scritto segue i medesimi princìpi, oppure, comunque sia, si basa su analoghi “preconcetti”, che possiamo nobilitare come “previsioni” o “previsualizzazioni”. Tanto è vero, che i Fenici, già centinaia di anni prima della nascita di Gesù, elaborarono una particolare scrittura rapida che ignorava le vocali. Pur privati delle vocali, appunto, i termini e le parole scritti in grafia semplificata risultavano comprensibili, diciamo leggibili. Per estensione, è questa l’ipotesi base dell’indicazione di cognome e nome nel Codice fiscale: richiama-
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ti/certificati con le sole tre prime consonanti, in sequenza. Curiosamente, meglio di alcune terribili e inutili contrazioni della lingua italiana scritta (nella quale “c.so” starebbe per “corso”, “v.le” per “viale”), la grafia statunitense si presta meglio all’identificazione visiva dei termini; uno sopra tutti: in Times Square, a New York, al centro dell’area di maggiore concentrazione di teatri della città, “Tkts” identifica il botteghino
Il “4” è “four” e si legge, appunto, “for”, come nei casi “4 Sale” (ovvero in vendita) e “4 your Sales only” di Pentax, che documentammo nel luglio 2002. Ora, il capitolo della percezione visiva delle parole si arricchisce di uno studio dei ricercatori dell’Università di Cambridge, che, come stiamo per certificare, asseriscono che «non importa in quale ordine vengono scritte le lettere in una parola, è soltanto importante
Sceodno dei recaricorti dlel’Utievnsirà di Cmabrigde non iomrtpa in qlaue oidnre vnongeo sritcte le ltrteee in una proala, l’uicna csoa ipotamrnte è che la pirma e utilma lteetra saino al psoto gusito. Il rseto può esesre una cnuosifone ttaole ed è cmunoque psoibisle lgeerlgo sneza porlembi. Qusteo prcehé la mnete uamna non lgege ongi sngiola lteerta, ma la praloa nel suo isienme. Irecldinibe no? Videmao se cpaite acnhe qesuta: irei Rteulli ha dteto un’artla stnozatra. Jena centralizzato per la vendita di biglietti per gli spettacoli serali, appunto “tikets”. Analogamente, prima delle semplificazioni introdotte dalla attuale generazione degli Sms telefonici, ai tempi delle telescriventi (di antica memoria) la declinazione della cifra “4” sostituiva la preposizione di luogo “for” della lingua inglese (for uguale a “per”).
che la prima e ultima lettera siano al posto giusto; il resto può essere una confusione totale. Questo perché la mente umana non legge ogni singola lettera, ma la parola nel proprio insieme», inserendola e collocandola nel contesto noto, riconosciuto e condiviso. In questo senso sono favoriti i cultori di enigmistica, che sono allena-
ti a giocare con le lettere (per esempio, nei cruciverba bifrontali: nei quali «molte parole non vanno scritte da sinistra a destra o dall’alto in basso, come in un normale gioco di parole crociate, ma viceversa»). Analogamente si può dire per la grafia delle parole. È risaputo che, entro limiti ovvi, con lo stilema “Coca-Cola” si può scrivere ciò che si crede, e la gente legge comunque “Coca-Cola”. Ma qui c’entra anche, o forse soprattutto, la notorietà e personalità dell’inconfondibile logotipo. Efficace come ogni mini elzeviro pubblicato da alcuni quotidiani nazionali (quali sono state le mirabili Quattro righe che Indro Montanelli riportava sulla prima pagina di Il Giornale), alla fine dello scorso marzo, la rubrica di poche righe che Jena tiene sulla prima pagina del quotidiano Il Manifesto è stata scritta basandosi sulle conclusioni dei ricercatori di Cambridge, cui fa esplicito riferimento. Non entriamo nel merito del richiamo finale (riferito a Rutelli, esponente della divertente attuale sinistra politica italiana), ma consideriamo quelle originarie nove righe fantastico e straordinario esempio di tante considerazioni: giornalismo, ironia, sollecitazione, condivisione... e altro ancora. Le riportiamo testuali in centro pagina. Non pensiamo sia il caso di riscrivere il testo. Disponendosi per comprenderlo, si finisce per decifrarlo esattamente. Per estensione, nella Vita non è poi esattamente lo stesso? Si crede a ciò che si vuole credere, a ciò che si è disposti a credere, a ciò che fa piacere credere. Preconcetti? E la verità, dov’è? M.R.
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PROGETTO
di LIBERTÀ N el bel mezzo del deserto del Sahara, sotto il sole cocente, tra le dune, c’è una camera oscura. Non è un miraggio, non è un colpo di sole: è la realizzazione di un sogno da parte di tre ragazzi, fotografi professionisti, che hanno utilizzato la propria esperienza e le proprie conoscenze per dare voce a chi non ha a disposizione alcun mezzo di diffusione, per conoscersi e farsi conoscere da chi è escluso dal grande mondo dei media. Fotografi Senza Frontiere è il nome che hanno dato alla loro associazione, e i profughi Saharawi, un popolo in esilio che dal 1975 resiste all’occupazione marocchina, sono la testimonianza che la loro iniziativa non è tempo sprecato, ma un qualcosa di concreto cui dare seguito. Giorgio Palmera, Emiliano Scatarzi e Davide Fusco hanno creduto fermamente che la fotografia ha la possibilità di imporsi come mezzo espressivo dinamico e attuale, che attraverso le immagini sia possibile esprimersi e farsi conoscere fuori dai cliché dell’informazione prefabbricata, quella fornita dalla televisione e dalla carta stampata, stereoti-
R-ESISTENZE IN MOSTRA
Costituita unendo tre concrete esperienze sociali, Fotografi Senza Frontiere è un’associazione senza scopo di lucro che promuove e conduce progetti di sostegno a popolazioni disagiate. L’esperienza di un laboratorio fotografico creato con profughi Saharawi è indicativa di un intendimento e di un metodo: dare strumenti affinché i popoli si raccontino, raccogliendo proprie memorie
pata e soggetta a un egocentrismo culturale che cerca solo l’esotico e il sensazionale. Come è nata questa idea? Risponde Davide Fusco: «Ho conosciuto Giorgio Palmera sette, otto anni fa; mi era stato commissionato un lavoro in Palestina che non ho potuto seguire e che gli ho girato. Forte di esperienze maturate in altri paesi, Giorgio ha suggerito un reportage attraverso la voce dei bambini palestinesi, lasciando loro la parola. Ci è sembrato il modo migliore per abbattere una serie di pregiudizi che circonda quel popolo».
Giovani donne del campo profughi di El Ayoun, in Algeria, che hanno attivato il laboratorio fotografico indirizzato alla documentazione della condizione esistenziale del popolo Saharawi (fotografia di Emiliano Scatarzi).
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ra i fondatori di Fotografi Senza Frontiere, associazione senza scopo di lucro che promuove un impegno fotografico rivolto alle popolazioni che vivono in condizioni sociali e politiche disagiate, Emiliano Scatarzi e Giorgio Palmera hanno documentato l’evoluzione di una delle iniziative avviate, tuttora operativa. Progetto di libertà, Sabbia negli occhi è svolto con il popolo Saharawi, attraverso il coinvolgimento di giovani donne del campo profughi di El Ayoun, in Algeria, sollecitate a presentare il proprio punto di vista sulla propria condizione esistenziale. A ogni coppia di allieve è stata consegnata/affidata una reflex 35mm. Quindi, Emiliano Scatarzi e Giorgio Palmera hanno allestito una camera oscura per lo sviluppo e stampa delle fotografie. Con un corso tecnico hanno reso le allieve autonome nella realizzazione di immagini fotografiche che rappresentassero la propria personale visione della vita nel campo di El Ayoun e della gente che lo abita. R-esistenze, reportage realizzato da Emiliano Scatarzi e Giorgio Palmera nel campo profughi di El Ayoun, in Algeria. La Segheria, via Meda 4, 20136 Milano. Dal 10 al 20 giugno; 14,00-21,00.
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FOTOGRAFI SENZA FRONTIERE - ONLUS
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ssociazione senza scopo di lucro, Fotografi Senza Frontiere è stata creata nell’agosto 2002 da tre fotografi, Giorgio Palmera, Emiliano Scatarzi e Davide Fusco, che si sono incontrati per realizzare assieme un discorso fotografico comune. In particolare c’è la volontà di utilizzare la fotografia come mezzo per diffondere cultura, comunicare e sensibilizzare l’osservatore al rispetto del “diverso” tramite una conoscenza visiva. Concretamente, Fotografi Senza Frontiere si adopera per fornire mezzi e formazione a soggetti svantaggiati, affinché possano compiere un percorso di autorappresentazione. Sollecitati a raccontare il proprio mondo e la propria esistenza, queste popolazioni hanno così modo di affrontare coscientemente i propri disagi quotidiani, intravedendo soluzioni e ragioni. Affrontando le logiche tecniche e contenutistiche della fotografia, imparano le basi per un mestiere ed educano la capacità di osservare il mondo circostante da differenti punti di vista. A seguire, si registra anche una crescita sociale, favorita dalla diffusione del materiale visivo prodotto. Le fotografie che raccontano queste esistenze in modo diretto, non interpretate da occhi estranei, ma vissute e narrate in prima persona dagli stessi protagonisti, aiutano l’osservatore (occidentale) ad abbandonare pregiudizi nei confronti di culture differenti; in particolare, lo sollecitano a conoscere e apprezzare realtà distanti, a considerare la vita di popolazioni svantaggiate, che appunto si rivelano con trasparenza. I finanziamenti necessari a realizzare questi progetti sono estremamente labili e incerti. Contributi e donazioni possono essere effettuati tramite la Banca Etica, via Rasella 14, 00187 Roma (Abi 05018, Cab 03200, Conto Corrente 507750 intestato a Fotografi Senza Frontiere). Per informazioni e approfondimenti: www.fotografisenzafrontiere.org, info@fotografisenzafrontiere.org.
Il progetto di Fotografi Senza Frontiere consiste nel fornire alle popolazioni che siamo soliti definire “altre” i mezzi necessari per raccontarsi da soli, per essere protagonisti principali e unici, e non oggetto della curiosità di passaggio di giornalisti ficcanaso. Il cambio di prospettiva di questa operazione è netto, l’oggetto che diventa soggetto, il “diverso” che parla di sé senza intermediari: un modo per aprirsi alla conoscenza di altre culture con uno sguardo dall’interno, attraverso gli occhi di chi vive e alimenta quella stessa cultura. Solo così si possono sconfiggere i tabù e le pauOltre all’assistenza, tecnica e di linguaggio fotografico, i Fotografi Senza Frontiere Giorgio Palmera, Emiliano Scatarzi e Davide Fusco seguono lo svolgimento del laboratorio fotografico delle giovani donne Saharawi, documentandone l’attività (fotografie di Emiliano Scatarzi).
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re che ora più che mai attanagliano l’occidente. L’idea di Fotografi Senza Frontiere nasce nell’estate 2002 dall’incontro di Giorgio Palmera, Emiliano Scatarzi e Davide Fusco, tre fotografi con esperienze e gusti diversi. Il desiderio è stato quello di trovare uno scopo per il lavoro di fotografo, che fosse più gratificante e in sintonia con le proprie rispettive sensibilità. Annota Emiliano Scatarzi: «In quel periodo ero in crisi, volevo capire cosa
fare della mia vita e della mia professione. Erano due anni che fotografavo solo per la pubblicità, e questo mi aveva svuotato di tutto quello che è la fotografia: ispirazione, immagine, documentazione, espressione personale. Cercavo uno scopo per il mio lavoro, così quando Giorgio Palmera mi ha chiamato, dicendomi che stava partendo per allestire un laboratorio nel Sahara, l’ho seguìto». Giorgio Palmera aveva già esperienze di questo tipo; per motivi analoghi, nel 1997 abbandonò lo
studio di fotografia che aveva a Roma e tramite l’ONG Terra Nuova ebbe modo di realizzare un reportage in Nicaragua. Ricorda: «L’esperienza in Nicaragua è quella che mi ha fatto capire che con la fotografia c’era la possibilità di fare informazione in modo diverso, di uscire dalle immagini artefatte dell’informazione di massa che si occupa di certe realtà solo se c’è il sensazionale, la notizia che fa scalpore e colpisce la sensibilità del pubblico occidentale. L’idea era quella di offrire a ragazzi in
Parallelamente al proprio impegno con il laboratorio fotografico allestito nel campo profughi di El Ayoun, in Algeria, Giorgio Palmera di Fotografi Senza Frontiere (con Emiliano Scatarzi e Davide Fusco) svolge un proprio progetto visivo, realizzato in efficace e coinvolgente inquadratura panorama.
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Fotografie realizzate dalle giovani donne del campo profughi di El Ayoun, in Algeria, presso il quale i Fotografi Senza Frontiere (Giorgio Palmera, Emiliano Scatarzi e Davide Fusco) hanno creato un laboratorio, sollecitando a presentare un punto di vista dall’interno sulla condizione esistenziale del popolo Saharawi, che dal 1975 resiste all'occupazione marocchina. L’élite politica Saharawi ha perfettamente capito le potenzialità mediatiche che la fotografia offre alla propria causa, tanto che il mantenimento del laboratorio fotografico è considerato fondamentale.
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condizione disagiata la possibilità di esprimersi, raccontarsi attraverso le immagini, non solo come profughi o ragazzi lavoratori, ma come bambini con gli stessi desideri e le stesse esigenze dei coetanei di tutto il mondo. La fotografia rappresentava il mezzo più diretto per dare loro voce, rendendoli protagonisti di tutto il processo tecnico che, dallo scatto allo sviluppo del negativo, alla stampa delle copie, porta alla magia dell’immagine». Nasce così il primo esperimento di un laboratorio fotografico a Managua, dove ragazzi da tutto il Nicaragua vengono istruiti sull’arte della fotografia. Non è una scuola, ma un luogo di incontro e confronto, dove questi giovani possono esprimersi. «Per il lavoro in Nicaragua mi sono avvalso dei suggerimenti di un sociologo molto rispettato in Centro America, che mi ha indicato le linee guida per intraprendere il lavoro. I ragazzi sono (stati) protagonisti dal primo all’ultimo passaggio del lavoro; si parte da un incontro preventivo, nel quale per votazione si stabiliscono gli argomenti da affrontare. Il mio compito è stato quello di spiegare i dettagli tecnici, la luce, l’inquadratura e così via; per il resto tutto è stato affrontato in comune. I risultati sono stati splendidi, e questa è rimasta la metodologia di fondo dei lavori successivi; ma soprattutto mi ha dato lo stimolo a riprovare la stessa esperienza in altri contesti». Da questa sperimentazione è nata la volontà di proseguire lungo la strada intrapresa, di insistere
sulle potenzialità della fotografia come ponte culturale, in grado di abbattere gli stereotipi e di mettere in contatto ragazzi che altrimenti non avrebbero altro modo di conoscersi veramente, per quello che sono e non per come qualcun altro li vede: «La fotografia ha un linguaggio universale -afferma Davide Fusco- non ha bisogno di traduzioni. È un linguaggio immediato, che rapporta direttamente all’uomo inteso come essere, e per questo spesso riesce a escludere i pregiudizi. L’immagine fissa dà il tempo di elaborare un’opinione, questo è uno dei grandi valori della fotografia». Infatti l’élite politica Saharawi ha subito intuito le potenzialità mediatiche che la fotografia offre alla propria causa, tanto che il mantenimento del laboratorio è considerato importantissimo. Utilizzare la fotografia come strumento di riscatto sociale, un mezzo facile e diretto per mettersi in contatto con il mondo, quel mondo che per i ragazzi lavoratori di Managua o per le ragazze Saharawi è lontano e sconosciuto. Conclude Emiliano Scatarzi: «Penso che il pregio di questa operazione stia nella possibilità per le ragazze Saharawi di occupare un posto di prestigio nella propria società, oltre alla possibilità di comunicare le proprie problematiche di profughi dimenticati». Gino Bianchi (Antropologo, volontario di Fotografi Senza Frontiere - Onlus)
Sviluppo dei negativi bianconero e visione dei provini a contatto al laboratorio fotografico delle giovani Saharawi.
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LA DEMOCRAZIA
Concentrate considerazioni sulla vicenda delle fotografie delle bare che riportano in patria i caduti statunitensi in Iraq, che hanno colpito le coscienze, non soltanto americane, più profondamente delle crude fotografie dei combattimenti. Soltanto note iniziali, a fronte di una questione di Fotografia, di comunicazione visiva, di significati impliciti ed espliciti, che per la propria portata richiede ulteriori riflessioni e considerazioni, che andremo a svolgere immediatamente nei prossimi numeri della rivista. Si tratta di affrontare e approfondire il valore e peso dell’Immagine nel proprio complesso, nel proprio insieme, che certamente non cambia lo svolgimento del Mondo, non può modificare lo svolgimento del Mondo, ma comunque contribuisce alla formazione delle coscienze: e non è certo poco. Inoltre, si tratta
«M
«Ma ora la politica del sudario ufficiale è stata sollevata dalla signora con la macchina fotografica. Poche ore prima della diffusione delle foto, inaspettatamente il Pentagono si era affrettato a mettere in Internet le proprie foto ufficiali del trasporto delle salme, che poi ha di nuovo oscurato. Un “riesame della decisione” è in corso, tra Casa Bianca, militari, sondaggisti, esperti di media, avvocati che hanno fatto ricorso ai tribunali per spezzare il blackout, per rompere anche questa dissennata bugia di guerra, incrinata da una donna di mezza età con una macchina fotografica». Così, sabato 24 aprile, in una delle sue brillanti cronache dagli Stati Uniti per il quotidiano La Repubblica, Vittorio Zucconi concludeva l’articolo riguardante le fotografie delle bare, finite sulla prima pagina del Seattle Times, poi riprese da altri quotidiani americani quindi lanciate in Rete. Non lo
anche di riferirsi a una sorta di fotogiornalismo composto da immagini quotidiane, originate in altri ambiti e con altre intenzioni, che finiscono per raccontare la Storia. Come riprendiamo nell’apposito riquadro, pubblicato nella pagina accanto, queste fotografie delle bare dei soldati uccisi in una guerra ufficialmente non tale (all’indomani della conclusione del conflitto originario) compongono un altro capitolo del lungo percorso dell’indelebile presenza della guerra in immagini “di profilo”, in immagini di apparente assenza di guerra. Le odierne considerazioni di Lello Piazza, magistrale osservatore del fotogiornalismo internazionale, capace di cogliere riferimenti, sottigliezze e richiami significativi non soltanto per se stessi, vadano intese come interlocutorie. Lo abbiamo appena annotato: sono anticipatorie di un imminente approfondimento. M.R.
scoop di un grande fotografo, non il segreto violato da una gola profonda, ma le fotoricordo di Tami Silicio, impiegata di una ditta che lavora per il Pentagono all’aeroporto internazionale di Kuwait City, avevano destabilizzato la politica di menzogne (almeno visive) del governo americano. Una semplice cittadina ha scattato queste fotografie e le ha passate a un giornale per la pubblicazione, non per denaro, ma per rispetto di altre madri, del loro dolore per i figli caduti. Ed è stata immediatamente licenziata. Nota bene: se parli delle bare succede poco, ma se fai vedere le fotografie ti si scagliano contro. Questo caso conferma la straordinaria importanza delle testimonianze fotografiche. Conferma anche l’esistenza di un potere, che comunque resta nelle mani di privati cittadini cui le circostanze permettono di svolgere quel ruolo fondamentale che da sempre spetta al
Le fotografie delle bare dei soldati uccisi in una guerra ufficialmente non tale compongono un inquietante capitolo del lungo percorso dell’indelebile presenza della guerra in immagini “di profilo” in immagini di apparente assenza di guerra. Le fotografie delle bare dei caduti in Iraq, ordinate per il ritorno in patria, sono state pubblicate in tutto il mondo.
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SALVATA DAI CITTADINI NELL’ASSENZA, PRESENTE
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ell’ottobre 2002 osservammo come la rappresentazione dell’autentica guerra, quella effettivamente combattuta su ciascuno/ognuno dei tanti fronti oggigiorno aperti, sia sostanzialmente penalizzata dall’inevitabile riferimento e richiamo al cinema. Cioè di fronte a un filmato giornalistico di guerra, piuttosto che a un fotoreportage di guerra, l’auspicabile orrore che si dovrebbe provare si confonde, compromesso com’è da tutto quello che, sull’argomento, ognuno ha già visto attraverso abili ricostruzioni sceneggiate. Insomma, non è facile distinguere il vero dall’affascinante raffigurazione del set, dalla sapiente finzione cinematografica. Così che, il più delle volte, è l’assenza (apparente) di guerra che ne fa intuire, sentire e cogliere l’effettiva portata. Alla fine si è colpiti, allo stomaco, al cuore e nella mente, soprattutto da immagini “di profilo”, che -abbiamo scritto- finiscono per essere autenticamente significative e significanti: occhi disperati, conseguenze della barbarie, vuoto negli spazi e negli animi. Le analisi di quell’intervento si focalizzarono, lo vogliamo ricordare oggi di fronte al dolore universalmente provocato dalle bare dei soldati statunitensi uccisi in Iraq (morti veri, non più abili raffigurazioni della morte finta), sulla formazione visiva dei nostri giorni: attribuirono all’estetica del cinema e della televisione la responsabilità, se di questo si tratta, di tanta/troppa sostanziale indifferenza nei confronti della realtà. Il realismo delle bare è mille anni distante dall’estetizzazione della sceneggiatura e scenografia del cinema. Queste bare portano alla ribalta l’idea di una assenza apparente, che diventa presenza incombente. Alla resa dei conti, si tratta di uno sguardo trasversale, diciamola così, che coglie i “punti di memoria”, indipendentemente dalla macroscopicità degli avvenimenti. Ovvero di una visione «che può fare la differenza, come insegnano quei fotogiornalisti che, costantemente testimoni della Storia, la “testimoniano” (appunto) con equilibrato senso delle proporzioni e sensibilità, nella ferma e convinta coscienza del proprio ruolo e -perché no?- delle proprie responsabilità e del proprio dovere» (FOTOgraphia, ottobre 2002). Ancora testuale: «Di morti ammazzati ce ne saranno sempre: ce ne sono stati nei decenni scorsi, non ce ne faremo mancare nei decenni prossimi. Invece, un certo racconto “di profilo” fa la differenza, e può sollecitare una riflessione più approfondita, che non si lascia prendere la mano dall’orrore oggettivo, dal macello esplicito (fine a se stesso e al più grossolano e ordinario gusto sadico), ma arriva a cogliere l’orrore esistenziale, la crudeltà della normalità. [...] La storia visiva delle guerre, da quando la fotografia ne registra la tragica realtà, è nota e riconosciuta [...]; oltre le concessioni alla morbosità del pubblico, con relative istigazioni all’incomprensione, c’è dell’altro: ci sono visioni “di profilo”, lontane dal macello ma vicine al cuore. [...] Possiamo esprimerci in termini di “guerra assente”, ben coscienti della propria presenza. Insolente». Ed è esattamente ciò che le fotografie delle ordinate e composte bare statunitensi rivelano. Non finzione, ma realtà. Non cifre statistiche, ma nomi e cognomi. Addirittura volti, intuiti e percepiti. M.R.
La vicenda delle fotografie delle bare dei soldati americani conferma l’importanza delle testimonianze visive. Conferma anche la possibilità che hanno i cittadini di svolgere un proprio ruolo “giornalistico”: informare il pubblico e controllare gli abusi e le menzogne dei governi.
giornalismo: informare il pubblico e controllare gli abusi e le menzogne degli apparati di governo. Nel 1968, Elsa Morante pubblica una raccolta di poesie che intitola Il mondo salvato dai ragazzini: per la scrittrice il mondo è profondamente malato e forse inguaribile. I bambini e gli adolescenti sono gli unici depositari di una purezza e di una fiducia nella vita che può rappresentare la salvezza del mondo. Più o meno negli stessi anni, Martin Luther King dice: «La cosa peggiore non è la violenza degli uomini malvagi ma il silenzio degli uomini giusti». Forse Tami Silicio rappresenta un cittadino che non è stato in silenzio, che mostra di avere la purezza dei ragazzini della Morante. Non il mondo, ma la democrazia salvata da cittadini. Lello Piazza
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Indipendenti una dall’altra, senza alcun punto di contatto preventivo, due esperienze fotografiche assolutamente diverse (in tutto e per tutto) possono essere associate tra loro. La combinazione tra 24 ore su Bolzano del Gruppo Fotografico Leica e Fotografa la tua Zona dell’Assessorato al Decentramento di Milano è ardita, ma non per questo fuori luogo. Anzi
VITA DI CITTÀ Arditamente, combiniamo assieme due diverse esperienze di fotografia di città: a un tempo divergenti e convergenti. Da 24 ore su Bolzano riprendiamo una visione di Enrico Stefanelli (qui sopra); da Fotografa la tua Zona (Milano) un panorama di Alberto Panzani (a lato).
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coprire, riconoscere, o anche solo individuare punti di contatto tra due vicende fotografiche originariamente autonome, quanto decisamente separate tra loro, quali sono le rassegne di 24 ore su Bolzano e Fotografa la tua Zona (a Milano) è più di un volo pindarico e oltre il passaggio brusco; addirittura può sembrare un puro azzardo. Ma così non è, nel concreto dei ragionamenti possibili attorno la Fotografia. Avvicinate da una curiosa concomitanza di date, considerato che le due esposizioni originarie sono entrambe in cartellone da fine maggio, le singole iniziative sono so-
prattutto caratterizzate da una stridente divergenza di intenti, che alla fine confluisce in una coincidenza di fondo: la cosciente, consapevole e ricercata visione della Città. Un taglio alto sulla questione, appunto Fotografare la Città, è stato espresso da Grazia Neri, titolare dell’omonima agenzia fotografica, in occasione di un convegno a tema (in questa stessa pagina ne pubblichiamo un consistente estratto). Qui ci preme invece sottolineare quel certo parallelismo che avremmo individuato, in base al quale accostiamo la vicenda di Bolzano a quella di Milano. Come abbiamo annotato, i presupposti e i princìpi caratteristici di 24 ore su Bolzano, che sottotitola Una Leica, 17 fotografi, una città, e Fotografa la tua Zona (a Milano) sono addirittura opposti. Da una parte abbiamo un identificato gruppo di autori, appartenenti al selettivo Gruppo Fotografico Leica, che svolge un’attività consapevolmente concentrata, con applicazione di un linguaggio visivo educato e maturo; dall’altra semplici cittadini, invitati a un Concorso senza alcuna selezione preventiva. Entrambe rivolte alla fotografia della città, in un caso Bolzano e nell’altro Milano, le due iniziative sono (state) diverse anche nella propria organizzazione e svolgimento. Nel caso di Bolzano è stato applicato il presupposto di “un giorno nella vita di”, in quello di Milano non sono stati fissati limiti di tempo, se non in relazione ai termini di consegna burocratica delle immagini per le selezioni del Concorso.
Allora, dove sta il minimo comune denominatore? Nella città, prima di tutto. E poi, a diretta conseguenza, nell’approccio fotografico alla città.
UNA CITTÀ RIVELATA
Da Fotografa la tua Zona (Milano): la stazione Bovisa Nord fotografata da Edmondo Biancu.
Il Gruppo Fotografico Leica ha dato una interpretazione, diciamo così, a sorpresa di Bolzano, dove è stato invitato dall’amministrazione locale, tramite l’Assessorato alla Cultura del Comune. Fotografi provenienti da diverse regioni hanno avvicinato e af-
FOTOGRAFARE LA CITTÀ
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el ricco catalogo della mostra tenutasi al Centre Georges Pompidou su La Ville nel 1993 c’è un articolo di Jean-Claude Lemagny, Metamorphoses des Regards Photographiques sur “La Ville”, che mi intrigò moltissimo all’epoca e che in un certo senso mi ha accompagnato in questi anni nelle riflessioni sul modo di fotografare le città. [...] Mentre sono d’accordo con Lemagny su quasi tutte le istanze proposte, diverso è il mio parere sull’origine di alcune riflessioni, e soprattutto sulla negazione di interesse per le città da parte dei fotografi. È ben vero che a partire dalla fine degli anni Cinquanta lo sviluppo dell’industria turistica ha creato e condizionato un mercato della fotografia geografica, tesa a “vendere” vacanze, a vendere “sogni di vacanze”, a usare le città non come vissuto ma come “prodotto da consumare”, nello spirito “Avere e non Essere”. Però, è vero anche che negli anni Cinquanta-Sessanta molti fotografi si limitavano a fotografare le città dal punto di vista architettonico e naturalistico per il piacere di rappresentarle a chi non le conosceva. E la curiosità insaziabile di quegli anni era il lascito del dopoguerra e del desiderio insito in ognuno di noi di conoscere il mondo. Ancor di più dagli anni Settanta. Adesso tutte le città sono state fotografate e si può dire che poco rimane di “inedito”. Credo che sia facile constatare che tutte le fotografie che si riferiscono a itinerari turistici non fanno che percorrere e celebrare gli stessi luoghi, gli stessi monumenti, le stesse “meraviglie”, e le fotografie delle città che vengono pubblicate non sono abitate dai residenti ma dai turisti, e lo stile è da cartolina illustrata. [...] Ma come si visita una città e come la si fotografa? «Per vedere una città, non basta tenere gli occhi aperti, occorre per prima cosa scartare tutto ciò che impedisce di vederla, tutte le idee ricevute, le immagini precostituite che continuano a ingombrare il campo visivo e la capacità di comprendere. Occorre sapere, semplificare, ridurre all’essenziale l’enorme numero
di elementi che ogni secondo la città mette sotto gli occhi di chi le guarda». (Italo Calvino, Una pietra sopra, Einaudi Editore, 1980, pagina 283). Non sapevo di questo testo, pubblicato recentemente in un libro di analisi sulle fotografie di Luigi Ghirri, ma altri testi hanno ingombrato la mia mente nel guardare le fotografie delle città e direi anche nel visitarle. Personalmente ho quasi paura della visione oleografica di una città celebrativa delle proprie meraviglie, visione che mi sembra tenermi lontana dall’eccitazione o la desolazione, dalla ricchezza o dalla miseria, dalla solitudine, dal quotidiano che la stessa città ospita, e sono curiosa di spazi, o anfratti o insiemi strutturali architettonici, brutti, curiosi, orrendi, dettagli di stratificazioni accidentali, che sono ovunque in una città, testimonianze di storia, di operosità, di difficoltà economiche, lasciti di guerre. Luoghi percorsi ogni giorno spesso senza osservarli da chi si reca al lavoro in periferie che non sono più periferie, ma estensioni di città, nelle quali si ritrova tutto, dagli ipermercati agli alloggi per immigrati, alle fabbriche con villetta, alla villa isolata con giardino privato che viene stretta tra casermoni. Marciapiedi, griglie, muri abbandonati, insegne, portoni, tombini, contaminazioni architettoniche. E mi piacciono le fotografie di monumenti o di costruzioni architettoniche legate al tessuto politico, sociale, direi anche climatico della città; confortata da Walter Benjamin, mi piace il fotografo flaneur [...]. Per me, la migliore rappresentazione fotografica della città nasce dal desiderio di documentare la sensazione che la città trasmette al di fuori di ogni pregiudizio, con una tensione interna che sappia realizzare l’incontro tra il proprio stato d’animo, la propria conoscenza delle cose e quel che vediamo davanti a noi, pronti a cambiare le nostre opinioni se la realtà è diversa da quella che ci aspettavamo, ed entrando in empatia con le persone che sono davanti a noi. [...] Grazia Neri
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(in senso orario, dall’alto) Da 24 ore su Bolzano del Gruppo Fotografico Leica, immagini di: Luigi Loretoni, Boris Gradnik, Aldo Ponassi, Mario Lasalandra e Giuseppe Vitale.
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frontato una realtà (probabilmente) sconosciuta, raccontando con un linguaggio fotografico conosciuto, capace di cogliere gli aspetti, le differenze e le contraddizioni che distinguono, qualificandolo, ogni ambiente urbano. In un soleggiato sabato dell’estate 2003 si sono mossi tra le strade della città, per raccogliere un insieme di immagini rappresentative della realtà e dello svolgimento della vita. Alternativamente con occhio discreto o indiscreto, a ciascuno il proprio, hanno fotografato spazi, persone e situazioni. Nell’eterogeneità di linguaggi visivi autonomi, espressi da variegate personalità d’autore, il Gruppo Fotografico Leica ha edificato una rappresentazione significativa della curiosità del visitatore esterno, proiettato in un mondo nuovo, appunto scoperto e decifrato con la controllata complicità del mezzo fotografico.
Forti del proprio strumento di osservazione (l’apparecchio Leica), accompagnati da abitanti del luogo oppure guidati esclusivamente del proprio istinto, diciassette fotografi hanno indagato l’anima di una città ricca di storia e tradizione, fantastica esperienza sociale, in equilibrio linguistico e culturale tra Italia e Austria. Come ha annotato Piergiorgio Branzi, membro del Gruppo Fotografico Leica e attento osservatore delle fenomenologie di immagine, «Immergere la mano, e la macchina fotografica, in una materia tanto labile e impalpabile come questa, e trarne una immagine che la rappresenti è tutt’altro che facile, forse impossibile». Ma, invece, è stato possibile. Tanto è vero che è stata allestita una mostra, appunto 24 ore su Bolzano - Una Leica, 17 fotografi, una città, che alla resa dei conti rivela una omogeneità di fondo: appunto quella dello stupore del visitatore esterno, capace di emozionarsi e farsi coinvolgere nella vita della città.
Ancora da 24 ore su Bolzano del Gruppo Fotografico Leica, immagini di Vanni Calanca (qui sopra), Antonio Auricchio (a sinistra, in alto) e Ernesto Fantozzi (a sinistra, al centro).
ZONA PER ZONA Completamente diversa è la combinazione di Fotografa la tua Zona, a conclusione di un particolare Concorso fotografico indetto dall’Assessorato al Decentramento, e svolto attraverso i nove Consigli di
GRUPPO FOTOGRAFICO LEICA
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ondato nel 1994 da Vanni Calanca, che ne è sempre stato il presidente, il Gruppo Fotografico Leica riunisce un qualificato e selezionato numero di fotografi che operano prevalentemente, se non già esclusivamente, con apparecchi Leica. A Bolzano hanno fotografato diciassette membri del Gruppo: Antonio Auricchio (Cremona), Gianni Berengo Gardin (Milano), Roberto Bianchi (Villafranca, Verona), Piergiorgio Branzi (Campagnano, Roma), Vanni Calanca (Mirandola, Modena), Giuseppe Cannoni (Montesilvano, Pescara), Gaetano Cavicchi (Poggio Renatico, Ferrara), Rino Di Maio (Perugia), Ernesto Fantozzi (Arese, Milano), Boris Gradnik (Milano), Caroline Groszer (Verona), Mario Lasalandra (Este, Padova), Luigi Loretoni (Narni Scalo, Terni), Aldo Ponassi (Genova), Francesco Sprocatti (Salara, Rovigo), Enrico Stefanelli (Lucca) e Giuseppe Vitale (Milano). Assenti giustificati: Giulio Benedicti (Modena), Renzo Caramaschi (Bolzano) e Luis Castañeda (Miami, Usa). Fanno parte del Gruppo anche il collezionista Luigi Benatti (Modena), lo storico Luigi Colonna (Torre del Greco, Napoli), Romolo Rappaini (Opera,
Milano; direttore responsabile di Magazine Leica) e Maurizio Rebuzzini (Milano). Presentando il Gruppo, Pierluigi Branzi ha scritto che «La fotografia, come la musica, è una singolare lingua geroglifica i cui segni hanno la capacità di suscitare emozioni, quanto il pentagramma di scavare nel sentimento e nell’inconscio. L’una quanto l’altra disciplina, ma in particolare la fotografia in quanto strumento di comunicazione visiva, rifugge da valenze autocompiacenti e abbisogna piuttosto di costanti parametri, verifiche, confronti che permettano una riflessione lucida sul proprio operare, per capirsi e farsi capire. «Da qui il successo di riviste, circoli, gruppi che da mezzo secolo a questa parte sembrano svolgere il ruolo che decenni prima fu dei “fogli letterari”. Il Gruppo Fotografico Leica [...] si muove proprio sul versante di un costante affinamento espressivo e linguistico. Lo si può paragonare, tanto per tornare al pentagramma, a un piccolo “complesso orchestrale”, nel quale i diversi elementi tendono ad esprimere al meglio il ruolo del proprio strumento [...]».
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Da Fotografa la tua Zona (Milano), immagini di Raffaella Calbiani (qui sopra), Guido Rossetti (a destra), Gruppo Scout Milano Gratosoglio (qui sotto), Gianluca Pieragostini (pagina accanto, in alto) e Davide De Paolis (pagina accanto, in basso).
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Zona (appunto) nei quali è suddivisa Milano. Il Concorso è stato lanciato in autunno, con esplicito invito alla cittadinanza. Formalmente, ogni Zona ha selezionato dieci immagini tra quante hanno partecipato (quindicimila in tutto). Quindi, una giuria centrale ha scelto nove fotografie rappresentative, una per ogni Zona. La mostra conclusiva, presentata a fine maggio a Palazzo Marino, sede politica di Milano, in occasione della cerimonia conclusiva, quindi esposta nella qualificata sede dell’Unione Commercianti, e successivamente itinerante nelle Zone (dal prossimo settembre), presenta tutte le novanta fotografie segnalate, attraverso le quali si ha una particolare visione della città. La particolarità è presto individuata e definita: sono raffigurazioni di Milano realizzate dai propri stessi cittadini, prevalentemente senza sovrastrati fo-
tografici (in maggioranza con apparecchi monouso), spesso di giovane età (non sono poche le scuole elementari e medie che hanno aderito e partecipato al Concorso). Comunque, nell’odierna differenza con il Gruppo Fotografico Leica a Bolzano, sono sempre fotografie “dall’interno”, addirittura con una identità di quartiere. Ed è questo che sollecita la combinazione tra le due visioni, appunto tanto distanti da comporre un curioso insieme. Le immagini di Fotografa la tua Zona (per regolamento comuni stampe colore standard 10x15cm) sono spesso ingenue, a volte concettualmente mo-
NOVE ZONE IN COMUNE
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deste, per lo più semplici nella propria proposizione... ma sempre vive e palpitanti di voglia di raccontare, mostrare, capire e far capire. Dunque, pur agendo con metodologie diverse, alla fine si realizza una fantastica e ammirevole comunità di intenti: osservare per vedere, vedere per comprendere, comprendere per coinvolgere. Se ci è concesso un giudizio di merito, non è certo una questione da poco. Anzi, a ben guardare, è l’essenza stessa della Fotografia e dell’esplicito uso dell’Immagine. Maurizio Rebuzzini
romosso e indetto dal Comune di Milano, Assessorato al Decentramento, il Concorso Fotografa la tua Zona è stato realizzato con la collaborazione di Ascofoto (Associazione Nazionale Commercianti Articoli Foto-Ottica-Video) e veicolato attraverso i nove Consigli di Zona nei quali è suddivisa Milano. Il tema ha identificato la natura e l’intento del Concorso: per fotografie scattate nel territorio circoscritto alla propria Zona, in stampa colore standard 10x15cm. In comunità di intenti, Agfa-Gevaert, Fujifilm e Kodak hanno sostenuto con un proprio tangibile contributo lo svolgimento del Concorso. Per l’occasione, ciascuna azienda ha fornito tremila apparecchi monouso, precaricati con pellicola colore da 24 più 3 pose. Questi novemila apparecchi monouso sono stati equamente suddivisi nelle nove Zone, mille per ognuna. A propria volta, anche Ascofoto ha aderito allo spirito del Concorso, che ha sollecitato la partecipazione dei cittadini alla vita sociale, culturale e storica del proprio quartiere, allargato nella città. I cinquantasette negozianti milanesi associati Ascofoto hanno sviluppato e stampato le fotografie riprese con i novemila apparecchi monouso forniti da Agfa, Fujifilm e Kodak a un prezzo agevolato. A conclusione, in collaborazione con i fotonegozianti associati Ascofoto, gli apparecchi monouso sono stati recuperati nel programma Obiettivo Ambiente, sottoscritto dalle aziende fotografiche produttrici di apparecchi monouso, aderenti a Federchimica e Aif-Associazione Italiana Foto&Digital Imaging (FOTOgraphia, giugno 2000). Una volta utilizzati, gli apparecchi monouso diventano rifiuti speciali e sono recuperati o smaltiti come previsto dall’apposita legislazione.
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Laura, di cinque anni, della Scuola Materna di via Pier Capponi, è stata la più piccola partecipante al Concorso Fotografa la tua Zona, indetto dall’Assessorato al Decentramento del Comune di Milano.
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STORIE
YANNIS KONTOS (EPPA 2004: NEWS)
EUROPEE
O
riginariamente divisi in tre sezioni tematiche, News, Sport e Reportage in genere, dall’edizione 2000 gli Euro Press Photo Awards, organizzati e svolti dalla filiale continentale di Fujifilm, si sono allargati a quattro indirizzi, che vengono stabiliti di biennio in biennio (il Concorso è, appunto, biennale). L’undicesima edizione 2004 è stata indetta per le categorie del fotogiornalismo indirizzato a Natura, Sport, News e Design & Architettura. I dati di partecipazione sono consistenti, fino alla selezione finale che ha coinvolto venti nazioni, ognuna delle quali ha presentato la selezione dei propri vincitori, per un totale di ottanta autori, tra i quali sono stati scelti i quattro vincitori assoluti. In questa fase conclusiva, i singoli fotografi hanno presentato
Promossi e lanciati da Fujifilm nel 1992, gli Euro Press Photo Awards (EPPA) sono cresciuti in misura esponenziale. Oggigiorno è il Premio considerato e annoverato tra i più prestigiosi concorsi fotografici europei per il fotoreportage. I risultati dell’edizione 2004 43
OLIVIER CULMANN (EPPA 2004: NATURA)
un mini portfolio composto da tre immagini, sulle quali si è espressa la giuria internazionale, composta dai giornalisti di settore Gerhard Buchberger (Austria), Daniel Labours (Belgio), Gerhard Vormwald (Germania), Giulio Forti (Fotografia Reflex, Italia), Jan van der Schans (Olanda), Vaclav Macek (repubblica Ceca) e Urs Tillmanns (Svizzera). Come anticipato lo scorso marzo, l’Italia è stata rappresentata da Antonio Politano, romano, affermatosi nella categoria Natura; Mirco Lazzari di Imola, fotografo per la divisione Sport Shots dell’Agenzia Grazia Neri, che si è imposto nella categoria Sport (è ovvio); Pasquale Sorrentino, che vive a San Giorgio a Cremano, in provincia di Napoli, primo nella categoria News; e Giacomo Foti, catanese che vive e lavora a Roma, che ha primeggiato nella categoria Design & Architettura. Se è ammessa una identificazione geografica particolare, quanto un poco forzata (siamo sinceri), alla luce dei risultati europei finali si annota un significativo successo dell’area mediterranea, con quattro vincitori su cinque: al cui totale incrementato (da quattro a cinque, appunto) si è arrivati con l’ex-aequo per la categoria Sport. Nell’ordine, i vincitori degli Euro Photo Press Awards 2004 di Fujifilm, che ricevono ciascuno diecimila euro, sono il gre-
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co Yannis Kontos, nella categoria News, con una drammatica sequenza di cronaca dal fronte di guerra dell’Iraq (pagina precedente; di Kontos ricordiamo l’affermazione in ex-aequo anche all’edizione 2003 del Premio Yan Geffroy, indetto dall’Agenzia Grazia Neri di Milano; FOTO graphia, novembre 2003); il francese Olivier Culmann, per la categoria Natura, con una straordinaria personale visione del deserto della Namibia (qui sopra); lo spagnolo Raúl Belinchón, per Design & Architettura, con una serie di interpretazioni in inquadratura panorama delle metropolitane europee (pagina accanto); e il danese Lene Esthave e il greco Yannis Behrakis, ex-aequo nello Sport, rispettivamente con coinvolgenti ritratti di sollevatori di pesi e con un servizio sulle paraolimpiadi (ancora a pagina accanto). Tutte queste fotografie sono presentate sul sito della filiale italiana www.fujifilm.it. Inoltre, la giuria ha conferito menzioni d’onore a tre singole immagini: di Nicolas Gouhier (Francia, Sport), salto di un atleta ai campionati nazionali; di Janis Vitins (Lituania, Natura), ripresa dall’alto del letto di un fiume; Raúl Belinchón (Spagna, Design & Architettura), visuale insolita della metropolitana di Lisbona (che fa parte della serie che ha vinto nella stessa categoria). Oltre i dati oggettivi e i riscontri conclusivi, appunto stabiliti dal-
RAÚL BELINCHÓN (EPPA 2004: DESIGN & ARCHITETTURA) EX-AEQUO
SPORT)
sionale mondiale, sia giovani, che anche da questo trampolino sono partiti per affermare i propri valori espressivi. In questo senso, è confortante annotare la propositiva combinazione tra industria fotografica produttrice e applicazione del linguaggio visivo. In un momento nel quale si lamenta una recessione totale e complessiva, Fujifilm offre un segnale di senso opposto, addirittura controtendenza, continuando ad affrontare la materia fotografica a tutto campo: sia per i propri riferimenti commerciali immediati, sia verso i risvolti culturali e promozionali che esulano dallo specifico del marchio e dei prodotti, per approdare alla Fotografia in senso lato e globale. Angelo Galantini
LENE ESTHAVE (EPPA 2004:
YANNIS BEHRAKIS (EPPA 2004:
EX-AEQUO
SPORT)
la sequenza dei vincitori, gli Euro Press Photo Awards segnalano anche altri meriti, per certi versi soggettivi. Promossi e lanciati da Fujifilm nel 1992, i riconoscimenti sono via via cresciuti, fino a essere considerati e annoverati tra i più prestigiosi concorsi fotografici europei per il fotoreportage. Come abbiamo accennato, la formula, ereditata da esperienze consolidate, è allo stesso tempo semplice ed efficace. I vincitori delle selezioni nazionali si confrontano a livello continentale, e in questo modo si crea una veicolazione e un riconoscimento internazionale del fotogiornalismo, individuato in una identificata serie di categorie tematiche. Nel corso delle edizioni, si sono affermati sia autori di spicco, già significativamente presenti nel panorama profes-
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EDUCAZIONE AA
vviati nel 1993, nel volgere degli anni, i corsi fotografici del Toscana Photographic Workshop si sono differenziati, aggiungendo appuntamenti didattici primaverili e autunnali, soprattutto abbinati a particolari eventi, tradizionalmente graditi e gradevoli dal punto di vista (eccolo) fotografico: processioni pasquali in Sicilia (con Andrea Pistolesi), vita delle città (con Bob Sacha in Sicilia; Alex Majoli e Michael Ackerman a Genova, in aprile e maggio; David Alan Harvey a Roma, dal 2 al 9 ottobre prossimi), oltre a tre sessioni a Perpignan, a fine agosto, in occasione degli incontri annuali di fotogiornalismo Visa pour l’Image (FOTOgraphia, settembre 2001 e dicembre 2003). Caratteristica forte del TPW è il dichiarato spirito internazionale del programma, mantenuto e rafforzato nel corso del tempo: gli allievi e i docenti provengono da tutte le parti del mondo, contribuendo in questo modo a una esperienza di scambio culturale unica. A conseguenza, si asseconda il sottile princìpio della personalità individuale, che è sempre il prodotto di due forze convergenti: la mente che è dentro ciascuno di noi e la società (le influenze, gli esempi...) che è all’esterno. I fotografi che svolgono i propri workshop al TPW sono considerati tra i migliori professionisti della fotografia contemporanea: fotogiornalisti che scattano per National Geographic, New York Times, Newsweek; reporter di prestigiose agenzie giornalistiche, come Magnum Photos, VII, VU, Grazia Neri; professionisti impegnati in prestigiose campagne pubblicitarie; autori che espongono in gallerie e musei di tutto il mondo. Con il fattivo contributo di Canon, i corsi estivi, cuore dell’intero programma e identificazione forte del Toscana Photographic
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WORKSHOP E ALTRO
T
ra i tanti programmi didattici dell’estate fotografica italiana, quantitativamente ricca di appuntamenti piccoli e grandi, il Toscana Photographic Workshop si distingue per l’intensità dei propri corsi, che si allungano dall’inizio di luglio a metà agosto. Ma questa non è una chiave di lettura unica dell’odierna presentazione dettagliata, con commento per ogni sessione. Questa segnalazione con approfondimento sia intesa in due maniere: per se stessa, come informazione sulle intenzioni dei singoli workshop, e per l’approccio tematico di ciascuna sessione. Ovvero, indipendentemente dall’interesse personale a frequentare (eventualmente) i corsi, i singoli proponimenti, i singoli progetti siano intesi e interpretati anche per quanto riflettono sulla Fotografia, autonomamente dallo specifico riferimento al TPW. Un per l’altro, e tutti assieme, compongono un concreto riferimento al pensiero fotografico contemporaneo.
Workshop si svolgono in un casale a San Quirico d’Orcia, sulle colline a sud di Siena, nel cuore della splendida Val d’Orcia. Quest’area e questa combinazione offrono l’adeguato isolamento, e permettono di essere vicini ai maggiori centri d’arte della Toscana, da Siena a San Gimigniano, da Montalcino a Pienza. La particolarità di questi workshop, soprattutto a differenza di tanta leggerezza dei consueti appuntamenti estivi, è anche nel modo in cui studenti (in numero chiuso), staff ed insegnanti interagiscono durante i corsi, che si estendono nell’arco di una settimana, dalla domenica pomeriggio al sabato mattina. L’insieme dei programmi fotografici è idealmente scomposto in sette categorie, che certificano l’indirizzo specifico di ciascuna sessione
Arrivato all’undicesima edizione, il Toscana Photographic Workshop conferma la concretezza dei propri programmi estivi, cuore di una intensa attività didattica, nel momento in cui ha dato vita alla serie di progetti speciali, distribuiti nel corso dell’anno. Nell’affascinante cornice della senese Val d’Orcia, a luglio e agosto si vivono intensi momenti di alta fotografia. E, attenzione, il progetto delle singole sessioni non si esaurisce nell’estate toscana
BOB SACHA
C R E AT I VA didattica: Gente e luoghi, Fotografia documentativa, Professione e carriera, Paesaggio e natura, Ricerca personale, Ritratto, nudo e figura, Tecniche basilari della fotografia. Dall’inizio di luglio a metà agosto, tutte le settimane sono programmati workshop per ogni categoria, in un clima di immersione totale nel quale la Fotografia regna sovrana. L’offerta è ampia, la qualità alta, l’occasione ghiotta (051-6440048; www.tpw.it, info@tpw.it).
National Geographic Magazine dal 1979. Recentemente ha realizzato un complesso incarico fotografico, ripercorrendo i viaggi di Marco Polo; oltre alla pubblicazione sul celebre mensile geografico, questo reportage è stato raccolto nella monografia Marco Polo, pubblicata nell’ottobre 2002 (www.michaelyamashita.com). ❯ Bob Sacha: Spirit of People (18-24 luglio). Gente che racconta la propria storia. Anche autoritratti, ritratti formali e informali, ritratti ambientati e storie fotografiche. Fotogiornalista spesso impegnato per il National Geographic Magazine, Bob Sacha ha vinto numerosi premi internazionali: Picture of the Year, Alfred Eisenstaedt Award, Kodak Award of Excellence (www.bobsacha.com). ❯ Christopher Anderson: Soulful Photojournalism (25-31 luglio). Workshop concentrato sull’ipotesi concreta di andare oltre l’informazione letterale, in immagini giornalistiche o documentarie, per arrivare a comunicare un’informazione emoziona-
❯ William Albert Allard: The Personal View (4-10 luglio). «Durante questo workshop, voglio che gli studenti riescano ad avere un approccio più personale del proprio lavoro e realizzino immagini che rappresentino quello che sentono verso la gente che fotografano. Questo non vuol dire che non si potrà lavorare sul paesaggio o con composizioni che vertono soprattutto sulla combinazione grafica. Scattando in diapositiva, esamineremo soprattutto le possibilità che si creano quando si fotografa in luce limitata ed esposizioni lunghe, senza l’ausilio del treppiedi». William Albert Allard è fotografo della National Geographic Society, cui contribuisce anche come giornalista, dal 1964. Ha pubblicato cinque monografie, la più recente delle quali raccoglie trentasette anni del suo lavoro negli Stati Uniti: Portraits of America è stata esposta alla Leica Gallery di New York, al Festival Terre d’Images a Biarritz e presso il Museum of Contemporary Art di Teheran. ❯ Michael Yamashita: The Art of Story-Telling trough Pictures (11-17 luglio). Il workshop esplora il processo di narrazione per immagini: dalla contestualizzazione dell’idea di una storia alla ripresa, fino all’editing di presentazione finale. Si affronta il pensiero fotografico in modo visivo. Riprese in esterni, all’alba e al tramonto, per mettere a frutto le migliori luci della Toscana; quindi, le ore centrali della giornata dedicate all’analisi e critica delle immagini realizzate. Lo statunitense Michael Yamashita, del New Jersey, ha cominciato a fotografare nel 1971. Lavora regolarmente con il
ANDREA PISTOLESI
GENTE E LUOGHI
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MILANO
STANLEY GREENE
le: estetica e stile finalizzate sulle idee e sensazioni. Si aggiunge anima e energia alle proprie immagini: i partecipanti sono incoraggiati a cercare sia il lato visivo sia la composizione grafica. Dalla primavera 2002 ottavo fotografo dell’Agenzia VII (FOTOgraphia, settembre 2002 e febbraio 2004), Christopher Anderson lavora per le più rinomate riviste internazionali. Nato nel 1970, ha ricevuto numerosi premi, tra i quali vanno ricordati il Robert Capa Gold Medal, per le fotografie sugli immigrati haitiani che salpano in America, il Visa d’Or di Perpignan, per il lavoro sulla crisi dei rifugiati afgani, il Kodak Young Photographer of the Year, per un reportage sull’Intifada (www.viiphoto.com). ❯ Andrea Pistolesi: The Essence of a Place (1-7 agosto). «Ho passato questi ultimi anni chiedendomi che senso potesse avere il reportage di viaggio in questo mondo sempre più globalizzato. Neanche il linguaggio fotografico si è evoluto tanto quanto avrebbe dovuto. Per di più il reportage geografico è uscito dai propri templi preferiti, le riviste geo-turistiche e i grandi libri, per approdare tra le pagine di periodici femminili e rotocalchi vari, che richiedono minor specializzazione. Vorrei parlare delle mie esperienze e di come affronto un reportage per un libro o una rivista, ma anche dell’approccio alle singole situazioni e la reazione di chi deve essere fotografato. Quindi, sarà un’occasione per parlare non solo di quello che vogliamo raccontare, ma anche di come raccontarlo; cioè di quale evoluzione sia possibile nel linguaggio fotografico in un reportage geografico». Nato a Firenze nel 1957, Andrea Pistolesi ha studiato geografia alla locale università. Come evoluzione della propria incessante voglia di viaggiare, è divenuto fotoreporter specializzato nella documentazione umana e di ambiente. Ha pubblicato numerosi libri e ha tenuto mostre personali in Italia e all’estero; nel 1998 ha vinto la selezione italiana del Fuji Euro Press Photo Award [del quale riferiamo su questo stesso numero, da pagina 43].
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❯ Raghu Rai: The World in my Backyard (8-14 agosto). Visione di un mondo fotografico che evidenzia come l’“esotico”, una delle più forti motivazioni della fotografia, non sia necessariamente lontano, ma sia anche implicito nella propria cultura e all’interno della propria realtà quotidiana. Si scopre l’insolito a pochi passi da sé, in ogni momento dell’esistenza. Fotografo dell’Agenzia Magnum Photos dal 1977, l’indiano Raghu Rai pubblica su testate internazionali. Ha prodotto numerose monografie sul proprio paese, e ha esposto in tutto il mondo. Tra i premi si ricordano le numerose affermazioni nel Nikon Photo Award (www.magnumphotos.com).
FOTOGRAFIA DOCUMENTATIVA ❯ Stanley Greene: The Unseen Truth (4-10 luglio). «Come il cowboy e l’uomo di montagna del folklore western, oppure il soldato di fortuna che insegue cause perse, anche il fotografo indipendente vive una vita mitica. L’importante è essere capaci di raccontare storie difficili, andare in posti sconosciuti alla gente, svolgere storie mai viste. Fotografare è simile al racconto scritto: ci sono una sintassi e un ordine, che vanno applicati. Il fotografo di oggi deve capire il linguaggio visivo, la teoria e quanto contribuisce alla creazione della propria storia». Dopo aver studiato con W. Eugene Smith (!), Stanley Greene ha condotto anche studi tradizionali, indirizzati alla comunicazione visiva. Dal 1999 lavora con l’Agenzia VU (FOTOgraphia, giugno 2003); ha vinto il World Press Photo nel 1993 e 2002. ❯ Ivo Saglietti: Personal Documentary Photography (1117 luglio). «Quasi trent’anni fa, una mattina mi resi conto che il mestiere di “fare il cinema” mi aveva un po’ annoiato, e che era ora di cambiare. Su una bancarella di libri usati, incontrai W. Eugene Smith e il suo lavoro su Minamata. Così, con un poco di incoscienza e molta confusione, decisi di “farmi fotogra-
JEROME DELAY
LAUREN GREENFIELD
fo”. Cos’è un progetto fotografico, come nasce un’idea, come si prepara, quali letture aiutano, cosa raccontare?». Nel 1978, Ivo Saglietti lascia la regia, per dedicarsi alla fotografia. Dal 1986, per due anni, ha lavorato in Cile, documentando la situazione sociale durante la dittatura di Pinochet (da cui la monografia Chile: the Noise of the Sabres). Vincitore al World Press Photo nel 1992, per un reportage sulla situazione del colera in Perù, si è affermato anche nel Premio Fotografi a Servizio della Giustizia e della Libertà. ❯ Bob Sacha e Adrien Carter: Camera & Computer - Two Brains (11-17 luglio). Incontro tra due “cervelli” della fotografia contemporanea, che si basa sull’acquisizione digitale di immagini. Dalla teoria alla realtà. Insegnante di tecnica di computer alla rinomata Vevey School of Photography, in Svizzera, Adrien Carter fa coppia con un attento fotoreporter. ❯ Lauren Greenfield: The Photo Essay (18-24 luglio). Mezzo narrativo molto forte, il photo-essay interpreta le tendenze sociali e comunica l’esperienza di culture e sottoculture dei nostri giorni. È un processo documentaristico che scopre la società, per visualizzarla e farla capire. Sono assegnati progetti, da svolgere anche attraverso una accurata raccolta di dati, lezioni teoriche e discussioni di gruppo. Cresciuta a Venice, in California, Lauren Greenfield si è laureata all’università di Harvard nel 1987. Suoi celebri lavori fotografici sono Fast Forward: Growing up in the Shadow of Hollywood del 1997, uno dei best seller dell’editoria illustrata internazionale, e Girl Culture, che nel dicembre 2002 ha rivelato una socialità giovanile inattesa, oltre che controversa (www.laurengreenfield.com, www.girlculture.com). ❯ Jerome Delay: The Front Page Picture (25-31 luglio). «Ci chiamano i drogati della notizia, ma siamo soltanto fotografi con una passione». Workshop che si concentra sulla capacità di raccontare una storia attraverso una sola immagine, o una sola sequenza di immagini. Fotografo dell’Associated Press, Jerome Delay ha studiato comunicazione presso l’università francese di Grenoble; quindi, fotogiornalismo alla Columbia University del Missouri. I suoi servizi spaziano in ogni ambito del fotogiornalismo, espone in tutto il mondo e pubblica su testate internazionali. ❯ Alexandra Boulat: An Independent Life (1-7 agosto). Come ricercare e pianificare una storia fotografica, e poi la postproduzione, la gestione dell’archivio, l’utilizzo delle immagini e il relativo mercato. Giornalismo significa attenersi alla realtà, e questo lo si può applicare a tutti i soggetti, a ciascun progetto. Nata a Parigi nel 1962, Alexandra Boulat è uno dei sette fotografi fondatori dell’Agenzia VII (FOTOgraphia, settembre 2002
e febbraio 2004). Ha seguìto i più importanti eventi mondiali, raggiungendo anche fronti di guerra (www.viiphoto.com). ❯ Alex Majoli: Personal Photo-Journalism (8-14 agosto). «Spesso ho paragonato il fotografo al samurai, che compie rituali, gesti e movimenti per educare la propria tecnica e istinto. Camminare, attendere, ascoltare. Come il samurai, il fotografo è al servizio di qualcuno: che può essere se stesso (l’ego), oltre l’informazione (la testimonianza) e le persone che raccontiamo (il ricordo)». Nell’Agenzia Magnum Photos dal 2001, l’italiano Alex Majoli ha svolto intensi reportage in tutto il mondo (quello sull’ospedale psichiatrico di Leros, in Grecia, è stato raccolto in una monografia omonima). Da tempo lavora a un progetto di grandi dimensioni fotografiche, che approderà alla serie Hotel Marinum. (www.cestino.it/leros, www.magnumphotos.com)
PROFESSIONE E CARRIERA ❯ Machiel Botman: Rain on My Face (4-10 luglio). «Fantastico è il piacere di camminare sotto una pioggia spessa e lenta, inzuppati e guardare in alto con occhi chiusi, godendo di ogni secondo, amando davvero questa sensazione». Alla ricerca delle immagini che si trovano in noi stessi, ma soprattutto nella nostra immaginazione. Autore che racconta dal “di dentro”, fino a indagare nei propri sentimenti e rapporti di amore, Machiel Botman è uno dei più rappresentativi esponenti di una fotografia contemporanea che non basta definire intimistica. C’è dell’altro. C’è di più. ❯ Jim Goldberg: Photographic Project (11-17 luglio). Si affronta la pubblicazione e/o l’esposizione del proprio lavoro fotografico in mostra, guidati attraverso i passi necessari per svolgere un editing adatto. Il workshop approda alla creazione di un prototipo di libro, progetto di rivista o proposta di mostra. Artista e scrittore, lo statunitense Jim Goldberg è anche un eccellente fotografo, che ha maturato una vasta esperienza nella progettazione editoriale. ❯ Gianni Berengo Gardin: Being a Photographer: 50 Years of Photographs... (18-24 luglio). Un’esperienza lunga mezzo secolo (dà da pensare!) è la chiave privilegiata per affrontare l’argomento fotografico. Parole d’esordio e poi lavoro sul campo. Costruzione del reportage e tanto altro ancora. Nessuna presentazione per uno dei più significativi autori italiani contemporanei. Nulla può aggiungersi a una fantastica parabola esistenziale e fotografica. Chi non conosce Gianni Berengo Gardin (e sono fatti suoi), lasci stare. Non ci sono parole adatte per colmare l’eventuale vuoto.
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DAVID ALAN HARVEY
❯ David Alan Harvey e Kent Kobersteen: On Assignment for National Geographic (1-7 agosto). Più e diversamente che in altra rivista, al National Geographic Magazine la fotografia svolge un ruolo incomparabile. Due fotografi che lavorano spesso per la testata ne presentano la filosofia editoriale, cui consegue uno stile lavorativo ed espressivo. Membro dell’Agenzia Magnum Photos, David Alan Harvey ha realizzato oltre trenta servizi per National Geographic. In particolare, si ricorda un lungo soggiorno a Cuba, con relativa omonima monografia e mostra itinerante nel mondo. (www.magnumphotos.com). Redattore e direttore della fotografia del National Geographic, Kent Kobersteen ha maturato anche una considerevole esperienza didattica. Nell’ambito del reportage geografico, i suoi seminari e corsi sono considerati tra i più significativi. (www.nationalgeographic.com). ❯ David Alan Harvey: Creating a Photographic Book (8-14 agosto). Alla scoperta di una ipotesi perseguita da molti fotografi: la preparazione e realizzazione di una monografia illustrata. Dal concetto alla preparazione del materiale, alla ricerca di un editore (?!), un percorso non certo semplice, ma di sicuro appagamento.
❯ Willie Osterman: Defining Landscape (11-17 luglio). Definito come sezione di scenario che potrebbe essere osservato da un singolo punto di vista, il paesaggio può rappresentare una metafora della vita e degli interessi personali. La nozione tradizionale di paesaggio è una visione della natura (una fotografia) che rappresenta la vista di un individuo. Da cui, definizione e ridefinizione del termine di paesaggio, nella propria trasformazione attraverso reazioni personali. Professore di fotografia nel programma Fine Art Photography del Rochester Institute of Technology, Willie Osterman è stato assistente di stampa di Ansel Adams (!), con il quale si è avvicinato a una delicata e personale rappresentazione bianconero della realtà, o di ciò che ciascuno di noi percepisce come tale. Ha chiesto un anno sabbatico dalla docenza, per realizzate il progetto fotografico In Search of Myth. ❯ Erminio Annunzi: Landscapes from First Shigt to Interpretation (25-31 luglio). Cosa significa fotografare il paesaggio?
PAESAGGIO E NATURA Santioli: Seeing in Colour (4-10 luglio). «Tra tutti gli elementi formali della fotografia, il colore è quello che più cattura l’occhio. Il fotografo deve prestare attenzione al modo in cui il colore viene percepito e organizzato nell’immagine. La luce, prima di altro, influisce sul colore e sulla propria saturazione». Toscano di nascita e vita, Sandro Santioli è uno stimato e apprezzato fotografo di paesaggio. Pubblica con qualificati editori nazionali e internazionali e ha esposto in gallerie europee e statunitensi. A propria volta è editore specializzato nel settore turistico. (www.sandrosantioli.com, www.terraditoscana.com).
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SANDRO SANTIOLI
❯ Sandro
AMY ARBUS
Un luogo, un momento, un’atmosfera si presentano in tutta la propria magica bellezza; il fotografo deve decidere, agire, rappresentando l’attimo con la maggiore veridicità possibile. La bellezza parla da sola, oppure deve essere guidata da emozioni e personalità? Responsabile del Demo e Training Center di Agfa, Erminio Annunzi tiene corsi di tecnologia fotografica applicata e sviluppo e stampa bianconero e colore. Dopo una prima esperienza nella fotografia di sport, da anni si dedica al paesaggio. Con successo. ❯ Vittorio Bergamaschi: The Human Landscape (1-7 agosto). Non c’è forma architettonica che non parli dell’uomo che l’abita. Lo spazio rivela le tracce umane che lo attraversano e lo hanno attraversato. La campagna toscana è ricca di queste forme e tracce. Alla ricerca di orme: casolari isolati, chiese abbandonate, tranquilli cimiteri di campagna nascosti tra le colline. Fotografo di still life e architettura, Vittorio Bergamaschi è anche docente di Storia della fotografia e Fotografia in bianconero. Ha esposto in Italia, Francia (dove risiede) e Inghilterra. (www.vittoriobergamaschi.com, workshop@vittoriobergamaschi.com). ❯ Sandro Santioli: Light, Colour and Landscape (8-14 agosto). Molto tempo è dedicato alla fotografia sul campo. Dalle prime ore della giornata si cominciano a esplorare territori diversi, cercando fonti di ispirazione sia dai grandi paesaggi sia dai piccoli spazi naturali. E poi, critica alle immagini realizzate, scambio di opinioni, arricchimento collettivo.
RICERCA PERSONALE d’Agata: Until the World no Longer Exists (410 luglio). Ha scritto Fernando Pessoa: «Ciò che vediamo non è fatto da ciò che vediamo, bensì da ciò che siamo». Qualche mese fa, in FOTOgraphia riflettemmo su un concetto analogo. Per mille e mille contemplazioni, cominciammo a pensare che ci sia un senso proprio in ogni genere di fotografia. Non è detto che una fotografia dica qualcosa del proprio soggetto. Ma se la osserviamo attentamente, e se siamo stati noi a scattarla, può rivelarci molto su noi stessi. Colto autore francese, formatosi alla scuola contemporanea statunitense (Nan Goldin e Larry Clark), Antoine d’Agata è distante dalla consueta fotografia documentaristica. Non affronta lo sguardo che il fotografo posa sul mondo, ma gli intimi rapporti che ognuno stabilisce con la vita, con l’esistenza. Anche attraverso l’immagine. ❯ Arno Rafael Minkkinen: The Vision Inside You (11-17 luglio). L’obiettivo della macchina fotografica punta lontano dagli occhi, distante dal mondo che vedono. Però, la visione della macchina fotografica può anche puntare sul fotografo, rivelando la visione che è nel proprio intimo. Il workshop intende scoprire e nutrire questa visione. Fotografo finlandese-americano, professore di Arte alla University of Massachussetts Lowell, Arno Rafael Minkkinen è uno dei più significativi autori della fotografia concettuale contemporanea. Sue immagini sono conservate nelle più prestigiose collezioni museali e sono state esposte in tutto il mondo. La sua filosofia è raccolta in tre monografie: Waterline (1994), Frostbite (1997) e Body Land (1999). ❯ Claudio Amadei: Holga Mon Amour (18-24 luglio). Ne abbiamo scritto in precedenti occasioni. Forse potremmo addirittura vantare una sorta di paternità sulla presentazione del fenomeno Holga in Italia, che ha in Claudio Amadei uno dei propri protagonisti indiscussi. Nello specifico, la rappresentazione Holga è finalizzata a vedere, scoprire e progettare in modo diverso con la fotografia, più vicino all’emozione che alla ragione, al cuore che al cervello.
MICHAEL ACKERMAN
❯ Antoine
Professionista dello still life per pubblicità, Claudio Amadei frequenta la ricerca espressiva estranea a qualsiasi contenuto tecnologico. I suoi lavori Holga sono stati presentati in occasione delle rispettive pubblicazioni in libro o esposizioni: FOTOgraphia, febbraio 1998, giugno 2001 e marzo 2002. (www.cast-project.com, www.holgacamera.it). ❯ Laurence Leblanc: Photography is Memory (25-31 luglio). «Per me, la fotografia ha sempre a che fare con la memoria. Per questo motivo, prima di tutto affrontiamo il mio approccio personale alle immagini, la mia direzione e costruzione del lavoro. Quindi, indaghiamo le personali visioni e direzioni per il futuro, costruendo insieme una personale Identità Visiva». Nata a Parigi nel 1967, Laurence Leblanc arriva alla fotografia dopo esperienze nell’ambito della pittura. Fa parte di quella qualificata schiera di autori francesi che crescono (culturalmente e concettualmente) sotto la grande ala dell’Agenzia VU, capace di affrontare il più diretto fotoreportage e di promuovere un linguaggio fotografico svincolato da apparenti realismi (FOTOgraphia, giugno 2003). ❯ Michael Ackerman: Beyond Time & Space (1-7 agosto). Coinvolgente incontro con un metodo istintivo e visionario, con un particolare approccio alla fotografia. Rappresentazione fo-
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tografica estranea a canoni tradizionali, capace di estraniarsi dalla cronaca degli avvenimenti, pur raccontati. Ritmo quasi cinematografico, con immagini in sequenza, inquadrature apparentemente sbagliate o fuori luogo, fotografie di collegamento. Autore che in molti ambienti è considerato “proprio” (dal mondo del reportage a quello della ricerca espressiva), Michael Ackerman è soprattutto se stesso. Non è accondiscendente con le richieste del pubblico, non si sposta dal proprio percorso visivo. Incondizionatamente apprezzato (o il contrario, secondo i casi), ha esposto in tutto il mondo, e con il suo libro End Time City ha vinto due prestigiosi premi, l’Infinity Award dell’International Center of Photography di New York e il Premio Nadar. È rappresentato dall’Agenzia VU (FOTOgraphia, giugno 2003). ❯ Amy Arbus: The People of Siena (8-14 agosto). Alla vigilia del Palio, che si corre il 16 agosto, vita, ritratti, clima e antagonismi di una città storica, in una città storica. Emozioni e tensioni sotto la guida di una fantastica interprete della fotografia contemporanea. Professionista nell’ambito del fotogiornalismo, Amy Arbus è soprattutto nota e apprezzata per la capacità di realizzare ritratti che non si limitano all’apparenza dei volti, ma arrivano all’essenza delle personalità. A partire dall’originaria monografia No Place Like Home del 1986, ritratti di persone che vivono in case insolite, ha rivelato una particolare propensione alla partecipazione diretta con i propri soggetti.
RITRATTO, NUDO E FIGURA Farber: Capturing Beauty (4-10 luglio). Catturare la bellezza è molto più di scattare una bella fotografia. È raggiungere il proprio soggetto, per catturarne l’essenza. Per arrivare a questo, bisogna combinare la luce con la corretta ambientazione. Molto è, quindi, basato sullo stato d’animo. Lo stile di Robert Farber ha influenzato una generazione di fotografi. Ha pubblicato otto monografie, vendute in oltre mezzo milione di copie. Ha esposto in tutto il mondo, presentando sia lavori di ricerca pura, sia fotografie finalizzate a committenze pubblicitarie. (www.photoworkshop.com). ❯ John Goodman: Find your own Voice: a Personal Project (11-17 luglio). A volte, si parte con un’idea, per approdare a una conclusione completamente diversa. Nel workshop si affronta proprio il motivo per il quale ognuno ha cominciato con la fotografia. La visione può essere ostacolata dalle complessità della vita quotidiana, che offuscano la capacità di vedere. Cerchiamo di tornare alle concentrazioni originarie. Fotografo pubblicitario, John Goodman si divide con la fotografia fine-art. Da una parte ci sono le campagne per prestigiosi marchi internazionali, dall’altra la ricerca pura. In mezzo,
ROBERT FARBER
❯ Robert
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la Fotografia. Sempre e comunque. (www.goodmanphoto.com). ❯ Robert Maxwell: Form and Beauty (18-24 luglio). Si avvicinano due temi fondamentali dell’estetica del fotografo docente: la fotografia di figura, ritratto e nudo, e la tecnica fotografica. Insieme, si compie un percorso formale e contenutistico dall’approccio al soggetto alla corretta rappresentazione. E poi, come creare una adeguata combinazione tra erotismo, forma e bellezza. Autore di grande creatività, emerso nel mondo altamente competitivo della fotografia newyorkese di moda ed editoriale, Robert Maxwell rivela una particolare abilità nel combinare il linguaggio visivo contemporaneo con la grande tradizione americana. Di grande successo la monografia Photographs, pubblicata nel 2002 dal prestigioso editore Arena (FOTOgraphia, marzo 2002). (www.art-dept.com/maxwell). ❯ Philippe Pache: Mistery of Photography. Expression of Light (25-32 luglio). «Le vostre emozioni sono più importanti del soggetto. Prima di tutto devono dirvi che in Toscana si trova una luce davvero bella, ed è il posto migliore per maturare il modo di lavorare in luce naturale. Una bella fotografia è sempre un piccolo miracolo. Dobbiamo imparare a perfezionare la nostra tecnica, per essere sempre più in grado di catturare questi miracoli che ci rappresentano». Svizzero di Losanna, Philippe Pache ha studiato alla celeberrima scuola di Vevey. Soprattutto, opera nell’ambito della fotografia estetica e di ricerca, nel cui mercato e mondo è rappresentato da prestigiose gallerie di Parigi, Tokyo, Los Angeles, Londra, Berlino e Ginevra. (www.philippepache.com). ❯ Paul Elledge: Making Personal Portrait (25-31 luglio). Un’immagine è vitale quando riesce a esprimere un punto di vista personale. Ognuno ha una storia, un proprio punto di vista, una vicenda di vita unica. Liberando lo spirito creativo, lo si porta a un sentimento interiore. A un’immagine. Fotografo e regista, Paul Elledge vive a Chicago, dove collabora con agenzie pubblicitarie e case discografiche. Ha ricevuto numerosi premi professionali e ha recentemente pubblicato la monografia Luna Bella Luna, sulla gente di Vesale, in provincia di Modena. (www.paulelledge.com). ❯ Antonin Kratochvil: Portraits on the Edge of Light (1-7 agosto). Non si tratta di un tradizionale workshop sul ritratto, ma si incontra un particolare approccio alla figura, attualmente assai apprezzato dall’editoria internazionale. Ci si prepari a stravolgere una buona parte dei concetti classici. Tra i sette fondatori dell’Agenzia VII (FOTOgraphia, settembre 2002 e febbraio 2004), il ceco Antonin Kratochvil è considerato uno dei più significativi e rappresentativi esponenti del fotogiornalismo contemporaneo. Ha vinto numerosi premi, e la sua monografia Incognito è stata indicata come miglior libro dell’anno dalla prestigiosa selezione dell’International Center of Photography di New York. (www.viiphoto.com). ❯ Andreas Bitesnich: Form and Tension (8-14 agosto). La scoperta sempre nuova del corpo. Variazioni di forma, magico gioco di luci, sguardo soggettivo e proiezione verso il soggetto. In tre fasi successive, dall’avvicinamento al soggetto alla postproduzione del lavoro. Viennese, classe 1964, Andreas Bitesnich ha al proprio attivo quattro monografie, la più recente delle quali è On Form. Nel 1998, la sua prima raccolta Nudes si è aggiudicata il Kodak Photographic Book Prize. (www.bitesnich.com).
TECNICHE BASILARI DELLA FOTOGRAFIA ❯ Andrea Calabresi: Basic Black-and-White Photography (4-10 luglio e 25-31 luglio). Problematiche tecniche
ANDREAS BITESNICH
Notizie
GIANNI BERENGO GARDIN
ed espressive della fotografia bianconero, dalla previsualizzazione del soggetto alla relativa rappresentazione in toni di grigio controllati. Considerazioni tecniche e rilevazioni estetiche. Dalla forma al contenuto, in concentrazione di intenti. Il trentaseienne Andrea Calabresi alterna gli impegni profes-
sionali con la docenza presso la Scuola Romana di Fotografia. È attivo nel progetto Nuovafotografia, un gruppo di artisti fotografi rivolto sia all’insegnamento sia alla sperimentazione tecnica ed estetica. ❯ Erminio Annunzi: Introduction to Photography (11-17 luglio). Dalla competenza tecnica individuale alla ricerca della propria personalità fotografica. Dai fondamentali tecnici alla ricerca di situazioni e soggetti, seguendo il filo di progetti individuati durante il workshop. ❯ John Reuter: Polaroid Creativity and Digital Transformation (1-7 agosto). Concentrata esplorazione delle tecniche creative della fotografia polaroid a sviluppo immediato: dalle emulsioni a strappo alle pellicole integrali. Riprese fotografiche con successiva manipolazione volontaria e cosciente dei materiali, estesa anche alla gestione in postproduzione con software di editing dell’immagine. Docente presso qualificate istituzioni newyorkesi, John Reuter è stato direttore dello studio Polaroid 50x60 (centimetri), presso il quale hanno operato straordinari autori contemporanei. (www.johnreuter.com). ❯ James Megargee: Creative Darkroom, the Personal Print (8-14 agosto). A un certo punto della propria crescita come fotografi, diventa necessario capire non soltanto la tecnica, ma le relative applicazioni. Dal completo controllo della tecnica alla conseguente creatività individuale. Si approfondisce come operare, nell’indirizzo espressivo del perché farlo. Stampatore bianconero tra i più qualificati al mondo, James Megargee è consulente di autori statunitensi di spicco. Fantastico interprete del bianconero, combina l’apparenza della stampa con la consistenza del linguaggio fotografico. (www.mvlabs.com, www.jimmegargee.com). Alessandra Alpegiani
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archio storico tra i più nobili della lunga storia della fotografia, nel corso della quale ha contribuito a scrivere magistrali capitoli e straordinarie vicende tecniche, Voigtländer è stato recuperato e ripreso qualche anno fa per una affascinante linea di apparecchi 35mm non reflex, completamente meccanici. Tutto ha avuto avvio con una originaria Bessa-L in innesto a vite 39x1, che nell’estate 1999 si propose assieme a due obiettivi grandangolari Super Wide-Heliar 15mm f/4,5 e Snapshot-Skopar 25mm f/4, per i quali era superfluo qual-
e Bessa-R, con mirino di inquadratura, telemetro e innesto a baionetta Leica M degli obiettivi intercambiabili (FOTOgraphia, giugno e luglio 2001). Nel frattempo, anche la gamma ottica fu estesa, sia nell’ambito ancora più grandangolare (dall’Ultra WideHeliar 12mm f/5,6) sia verso le focali standard e medio tele della fotografia 24x36mm. Proposta da Cosina, fabbricante giapponese proprietario del marchio tedesco, questa gamma di interpretazioni della fotografia 24x36mm a telemetro, dichiaratamente declinata sull’onda lunga del leggendario sistema Leica, riferimento d’obbligo, sta vivendo
sati sia alle focali fortemente grandangolari, alcune delle quali assenti nel sistema ottico Leica (i citati 12 e 15mm, sopra tutti), sia alla possibile/potenziale sovrapposizione di alcuni obiettivi (per esempio del Voigtländer Nokton 50mm f/1,5 Aspherical, che fa esplicito riferimento all’originario Leica Noctilux 50mm f/1).
INSERIMENTO EPSON Tutto questo parlare, ribadiamo concentrato nell’animato e animoso mondo Leica (fertile di infinite posizioni e prese di posizione: basta seguire il Forum del sito www.leica-italia.it), è stato ulteriormente vivacizzato dall’annuncio della configura-
logie originali per la produzione di obiettivi e di apparecchi. Dall’altra, Epson manifesta l’insieme della propria personalità elettronica. Insieme, Epson e Cosina hanno messo a frutto la piattaforma digitale a telemetro. Così che l’avanzata tecnologia di elaborazione digitale dell’immagine sintetizzata da Epson si sposa con la tecnologia meccanica e ottica di Cosina, in una soluzione e proposta fotografica completamente nuova e, diciamolo!, innovativa. Sorprendentemente, la Epson R-D1 unisce la più attuale/futuribile creazione e formazione di immagini con la storia dell’evoluzione tecnica
ELEGANZA DIGITALE
siasi sistema di valutazione della messa a fuoco (FOTO graphia, settembre 1999). Appunto priva di mirino e di accoppiamento alla messa a fuoco, la rinata Voigtländer Bessa-L tenne a battesimo un sistema fotografico, che in seguito si arricchì di altri due corpi macchina: Bessa-T, con accoppiamento al telemetro,
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una avvincente stagione. Allo stesso momento, avendo sfiorato l’universo Leica, si sono innescate reazioni a catena, particolarmente vivaci nella nicchia tecnica dei puristi del marchio di Solms, che hanno dovuto giocoforza confrontarsi soprattutto con le nuove proposte ottiche. Tanti i dibattiti teorici, che si sono interes-
zione digitale Epson R-D1. Si tratta di un apparecchio ad acquisizione digitale di immagini (appunto) di straordinaria personalità e coraggio. Infatti, la dotazione digitale, nel proprio insieme al passo con gli attuali tempi tecnologici, è confezionata nel corpo macchina ampiamente classico della Voigtländer Bessa-R. Cioè, la Epson R-D1 è una digitale meccanica, con messa a fuoco a telemetro, otturatore a tendina e obiettivi intercambiabili, in innesto a baionetta Leica M, accordabile con obiettivi in innesto a vite 39x1 (mediante l’apposito e previsto anello adattatore vite-baionetta). La combinazione è sorprendente. Da una parte, Cosina (Voigtländer) offre i termini di una irrinunciata tradizione fotografica, che si manifesta con attuali e avanzate tecno-
dei mezzi di produzione (delle immagini). La sigla stessa, che riprende l’originaria identificazione Cosina/Voigtländer, è significativa del senso della storia: infatti, gli alfabetici “R” e “D” sono acronimi di Rangefinder (ovvero mirino, e per estensione telemetro) e Digital.
ECCOCI QUI La Epson R-D1 va controcorrente rispetto le consuete configurazioni digitali elettroniche, completamente automatiche. Come abbiamo sottolineato, è una digitale che nell’uso riprende e ripropone i termini tecnici di una convenzionale macchina fotografica analogica, con mirino di inquadratura e messa a fuoco a telemetro.
Espressamente destinata a un pubblico (quantomeno) particolare, si rivolge a chi apprezza la soddisfazione che si ricava nel regolare l’apparecchio in modo tradizionale (e sul piacere dell’uso, come anche sul rito dei gesti abbiamo riflettuto in tante occasioni). In altre parole, la Epson RD1 si presenta come apparecchio digitale all’avanguardia, con adeguate prestazioni e qualità di acquisizione dell’immagine, offrendo anche il sapore e gusto di un ritorno al passato, che agli amanti della fotografia e dei propri gesti conseguenti dà le stesse sensazioni che si provano utilizzando una classica macchina fotografica a pellicola. In questo senso, si annota un primato, che si aggiunge a quelli che tracciano la personalità Epson nel proprio insieme e nel globale di una fantastica identità produttiva: l’attuale R-D1 è la prima telemetro digitale al mondo; e non
siamo lontani dal vero, quando pensiamo che manterrà questa esclusività per lungo tempo. Addirittura, potrebbe restare l’unica, e non soltanto la prima, della categoria. Analogamente, la Epson RD1 è la prima digitale compatibile con gli obiettivi in innesto a vite 39x1 e Leica M, la cui gamma storica si perde indietro nei decenni e segnala una infinita serie di interpretazioni ottiche da parte di molti produttori europei (Ovest e Est), statunitensi e giapponesi. Come dire, che la storia della fotografia si proietta nell’era digitale, rivivendo epopee di straordinaria e fantastica vivacità. (Attenzione: il corpo macchina Epson R-D1 non è compatibile con obiettivi di ingombro ottico interno (non retrofocus) superiore a 20,5mm e con particolari disegni; di certo non si possono usare il raro e prezioso Hologon 15mm f/8, iperquotato nel particolare mondo del collezionismo,
entrambe le versioni SuperAngulon 21mm f/4 e f/3,4, i primi Elmarit 28mm f/2,8, il Summicron 50mm f/2 a doppio anello, l’antico Hektor 50mm f/2,5 e l’Elmar 50mm f/3,5 rientrante). La Epson R-D1 utilizza inoltre il primo mirino 1x del mondo, la cui visione corrisponde all’osservazione diretta al naturale, particolarmente confortevole nella valutazione della messa a fuoco a telemetro. In relazione al sensore solido CCD di acquisizione digitale di immagini da 6,1 Megapixel, di dimensioni fisiche 23,7x15,6mm (equivalenti allo standard APS), il rapporto focale con gli obiettivi originariamente destinati al fotogramma fotografico 24x 36mm è 1,53x. Come a dire che nell’applicazione digitale dell’Epson R-D1, l’estremo Voigtländer Ultra Wide-Heliar 12mm f/5,6 realizza un’inquadratura paragonabile all’angolo di campo di un 18mm sul fotogramma piccolo formato 24x36mm.
In arrivo sul mercato internazionale della fotografia nei primi giorni dell’estate, la digitale Epson R-D1 è stata annunciata con un significativo anticipo, già dall’inizio dello scorso marzo. Subito ha sollecitato interessi, commenti e prese di posizione: alcune a favore, altre contrastanti. È questo l’inesorabile destino di tutte le soluzioni fotoNELL’USO DIGITALE grafiche che escono dal seminato, con in- Memorizzando in file Jpeg (Exif 2.21), la digitale Epson R-D1 può registrare in qualità alterpretazioni di spiccata personalità. Infat- ta/massima High 3008x2000 pixel o standard Normal 2240x ti, le dotazioni digitali di questa configura- 1488 pixel, oppure registra in formato non elaborato RAW, zione sono racchiuse in un corpo macchi- sempre su schede SD - SecuSi possono impostana di tecnologia diametralmente opposta: rere Digital. sensibilità equivalenti a 200 Iso (standard) o 400, 800 e meccanico, a obiettivi intercambiabili, con 1600 Iso, con relativo bilanciamento del bianco: automatico messa a fuoco (addirittura) a telemetro oppure personalizzato (luce na-
turale, ombra, nuvole, luce incandescente, luce fluorescente). Le modalità di registrazione in bianconero, opzione indispensabile in una simile configurazione, che si distende sulla lunga e diversificata storia tecnica ed espressiva della fotografia, prevedono anche possibili inserimenti di filtri elettronici per selezioni di verde, giallo, arancio e rosso. Il display da due pollici sul retro, ruotabile, è soprattutto indicato per la visione e gestione delle immagini acquisite (per la ripresa e inquadratura si traguarda dal mirino esterno). La selezione dei menu è guidata dal bottone che simula la leva di riavvolgimento della pellicola fotografica esposta, propria e caratteristica degli apparecchi tradizionali (dei quali è stato conservato l’aspetto). Per la stampa sono previste le opzioni DPOF, Exif Print e, ovviamente, Epson Print Image Marching 2.6. Le dotazioni fotografiche originarie della Voigtländer Bessa-R di partenza sono rimaste immutate: mirino con correzione automatica del parallasse in relazione alla distanza di accomodamento, con cornici di inquadratura a commutazione 28, 35 e 50mm; otturatore meccanico con tempi da un secondo a 1/2000 di secondo e sincro flash a 1/125 di secondo; regolazione manuale dei valori di esposizione con misurazione TTL e indicazioni Led. (Epson Italia, via Viganò De Vizzi 93-95, 20092 Cinisello Balsamo MI). Antonio Bordoni
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econda generazione: definizione alla quale la rapidità delle applicazioni tecnologiche ci sta abituando. La seconda generazione Konica Minolta Dîmage A2, subito certificata dal valore numerico nella sigla identificatoria, precisa immediatamente la propria linea evolutiva, avviata con l’originaria Dîmage A1 (FOTOgraphia, ottobre 2003), della quale eredita le concezioni di base, in una interpretazione tecnicamente evoluta. Anzitutto, il sensore CCD di acquisizione delle immagini registra l’alta qualità di otto Megapixel; quindi, si annotano ulteriori progressioni, a partire dal nuovo mirino elettronico EFV Super Fine, quattro volte più potente del precedente: per una visione estremamente chiara sia allo scatto sia in visione. Con ordine.
PER LA NITIDEZZA Come appena annotato, la digitale Konica Minolta Dîmage A2 dispone di un sensore solido CCD di acquisizione del-
le immagini da otto Megapixel a scansione interlacciata, le cui dimensioni ripropongono il rapporto tra i lati “2 a 3” del fotogramma fotografico 24x36mm. Questa alta risoluzione, di 8,04 Megapixel effettivi, riproduce con la massima fedeltà anche il più piccolo dettaglio, fino a ingrandimenti in formato Uni A3 (29,7x42cm) a 200dpi. Allo stesso tempo, l’alto numero di pixel si combina con l’escursione supplementare dello zoom digitale, per una nitidezza in stampa sia dell’inquadratura completa sia di dettagli selezionati dal file. L’eccellente riproduzione del colore è garantita dall’uso di un filtro per i colori primari. Anche la funzione Anti-Shake, tecnologia proprietaria, contribuisce alla nitidezza della ripresa, consentendo al sensore CCD di stabilizzare l’immagine nel caso di micromossi dell’apparecchio durante lo scatto; alla resa dei conti, si tratta (e offre) come un modo altamente efficace di affrontare il problema delle vi-
brazioni implicite nell’uso dell’apparecchio (digitale), una delle cause principali dei risultati non soddisfacenti, specialmente nelle acquisizioni in posizione tele dello zoom, oppure in condizioni luminose precarie. Di fatto, si possono evitare impostazioni a sensibilità Iso equivalenti più alte (a 400 e 800 Iso), e si può scattare comunque a mano libera, senza dover necessariamente usare un treppiedi, restando nella gamma bassa di sensibilità di 64, 100 e 200 Iso. La Konica Minolta Dîmage A2 dispone di un meccanismo di spostamento del sensore CCD per stabilizzare le immagini, che compensa i movimenti naturali e involontari al momento dello scatto. Rispetto le dotazioni digitali standard, prive della funzione Anti-Shake, il meccanismo permette una stabilità fino a tre tempi di otturazione più lunghi, alla maniera della differenza che nella fotografia analogica distingue e qualifica -al momento dello scatto- gli apparecchi a telemetro da quelli reflex.
NELL’USO
Progettato specificatamente per la fotografia digitale, l’obiettivo GT della Konica Minolta Dîmage A2 è uno zoom apocromatico (APO) in vetro, la cui escursione focale originaria 7,2-50,8mm equivale alla variazione grandangolare-tele 28-200mm della fotografia 24x36mm (riferimento d’obbligo); in aggiunta, sono disponibili i convertitori ottici Tele 1,5x e Grandangolare 0,8x, accessori opzionali che estendono la capacità dello zoom nelle due direzioni. Il disegno ottico di sedici elementi in tredici gruppi comprende anche due lenti in vetro AD a dispersione anomala e due lenti asferiche, che si combinano per benefici fotografici ovvi: le immagini sono nitide, chiare e prive di qualsiasi aberrazione cromatica, anche alle massime aperture del diaframma, a partire dalla luminosità relativa f/2,8-f/3,5. Nell’impiego, si segnala anche una nuova modalità anteprima, per controllare la profondità di campo.
Evoluzione consequenziale dell’originaria reflex digitale a obiettivo zoom fisso Dîmage A1, l’attuale Konica Minolta Dîmage A2 ne eredita le qualità di uso e l’efficacia delle prestazioni, con la risoluzione incrementata a otto Megapixel. L’insieme delle dotazioni tecniche è adeguatamente aggiornato
A LTA
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EFFICACIA
A fuoco da 50cm dal sensore CCD, lo zoom GT è altresì dotato di accomodamento macro: da 30 a 60cm dal sensore alla focale grandangolare di esordio 7,2mm (equivalente al 28mm, nella fotografia 24x36mm; da 21 a 51cm dalla lente frontale), e da 25 a 60cm nella gamma focale da 47,7 a 50,8mm (da 165 a 200mm; da 13 a 50cm dalla lente frontale). A conseguenza, si ottiene un ingrandimento massimo 0,177x, pari all’ingrandimento 0,7x della fotografia 24x36mm, con copertura relativa di un campo-soggetto di 39x52mm. L’esclusivo sistema di messa a fuoco con AF 3D, introdotto con la dotazione Dîmage A1, è estremamente rapido e mantiene a fuoco i soggetti in movimento. Si tratta di una innovativa interpretazione dell’algoritmo di rilevazione del soggetto, che continua a mantenerlo a fuoco anche nei propri movimenti lungo gli as-
si ortogonali e diagonali dell’inquadratura, solitamente indicati e identificati come X, Y e Z. Quando viene premuto il pulsante di scatto, l’AF 3D avvia il Controllo 3D Predictive della messa a fuoco, che attiva l’algoritmo incorporato, che compensa l’intervallo tra il rilascio del pulsante di scatto e lo scatto effettivo, per assicurare che il risultato finale sia ben a fuoco. Konica Minolta ha inserito una lettura da otto Megapixel a un “frame rate” superiore, e una migliore sequenzialità del software, portando a una straordinaria velocità di autofocus.
GESTIONE Grazie alla tecnologia di elaborazione dell’immagine CxProcess II, la resa dei colori risulta efficacemente reale. Ancora un algoritmo esclusivo bilancia diversi fattori concomitanti, per rendere colori brillanti, che riproducono la scena fotografata esattamente fedele. Per
aumentare la densità dell’immagine, unitamente al maggior numero di pixel, è stata riprogettata la riproducibilità nell’area delle alte luci. Poiché ogni scena è diversa, e conseguentemente richiede un differente tipo di elaborazione dell’immagine, la digitale Konica Minolta Dîmage A2 dispone di un LSI avanzato: circuito che allinea con estrema precisione il bilanciamento del bianco, il contrasto, e la riproduzione del colore, riducendo al contempo il rumore che tende a presentarsi nelle aree a basso contrasto delle immagini digitali. Inoltre, la propria efficienza nei consumi aiuta ad allungare la durata delle batterie di alimentazione. Il display ad alta densità progettato a misura della Konica Minolta Dîmage A2 è superiore all’EVF da 235mila pixel dei modelli precedenti, in relazione e misura alla quadruplicazione degli stessi pixel. L’EVF
della Dîmage A2 permette di vedere immagini sempre nitide e dai contorni decisi: propri di un LCD TFT da 922.000 pixel. Inoltre, è chiarissimo e facile da mettere a fuoco; ed è perfettamente visibile anche in posizione inclinata, fino a un angolo di 32 gradi. Quindi, l’EVF offre altri benefici, compresa la visibilità del soggetto in ambienti scuri, la possibilità di controllare l’esposizione e le altre impostazioni prima dello scatto e il controllo di tutte le informazioni operative durante la composizione. Oltre la propria dotazione propriamente fotografica, la digitale Konica Minolta Dîmage A2 dispone anche di una funzione registrazione filmati. Grazie alla capacità di registrare a 544x408 pixel con audio a 30 fotogrammi al secondo, il filmato ha un aspetto naturale quando viene rivisto in monitor televisivi. (Rossi & C, via Ticino 40, 50010 Osmannoro di SeA.Bor. sto Fiorentino FI).
CINQUANT’ANNI
Il bianconero Kodak Tri-X raggiunge il mezzo secolo. Nella successione dei decenni, i suoi toni di grigio hanno definito i termini della ripresa in bianconero, sia in campo professionale sia nell’ambito non professionale. Ancora oggi è sinonimo di fotografia tradizionale
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SPESI BENE
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on siamo affatto lontani dal vero, quando affermiamo che il bianconero Tri-X rappresenta l’autentica e indiscussa “icona” della gamma di pellicole Kodak, ma non solo: è uno dei riferimenti più solidi e consolidati dell’intera fotografia. In questo 2004 ricco di cinquantenari, non soltanto fotografici (come deve essere stato vivace il 1954: dall’Alfa Romeo Giulietta alla Leica M3, da Playboy alle prime trasmissioni Rai, a New York di William Klein, a tanto d’altro), per contrassegnare il cinquantesimo anniversario dell’emulsione Kodak Tri-X (appunto!), sulle confezioni in distribuzione commerciale è stampata la dicitura commemorativa “50 Anniversario” (in più lingue). Buon compleanno. In cinquant’anni di mercato, la pellicola bianconero Ko-
dak Tri-X da 400 Iso è diventata il prodotto di riferimento in tutti i settori della fotografia professionale (pubblicità, natura, arte, ritratto, editoria, didattica) e delle applicazioni non professionali, affermandosi come la più venduta in tutto il mondo. «Cinquant’anni fa, l’emulsione Tri-X ha creato una categoria a sé, con una rapidità (allora) senza pari e una resa tonale unica. Ancora oggi continua a distinguersi, in quel mercato fotografico tradizionale che si esprime in bianconero», ha affermato Miriam Quinones, Product Manager del settore pellicole Kodak Professional. «Se un fotografo desidera comunicare potenza, bellezza, intensità o grazia, il tutto in assenza di colore, la pellicola Tri-X è in grado di rappresentarle più di ogni altra. La resa tonale della Tri-X non ha eguali, per questo è rimasta la pellicola in bianconero preferita dai fotografi professionisti e dai non professionisti». Quando è stata introdotta, il Primo novembre 1954, era l’emulsione bianconero più rapida dell’intera offerta fotografica. I propri 400 Iso (ai tempi 400 Asa/27 Din) hanno suggestionato il modo di fotografare, l’interpretazione tonale del bianconero fotografico, lo stesso linguaggio espressivo della fotografia, influenzato da una resa che poteva, e può ancora, essere indirizzata verso la completa distribuzione della scala dei grigi o nel senso di un volontario contrasto alterato e interpretato dall’autore. Ricordiamo qui il fan-
tastico reportage New York di William Klein, appena citato, raccolto in una monografia epocale (FOTOgraphia, febbraio 1997), che ha letteralmente influito su generazioni di fotogiornalisti, introducendo un nuovo modo di avvicinare e raffigurare il soggetto. Inoltre, in termini oggettivamente utilitaristici, l’alta sensibilità di 400 Iso (400 Asa/27 Din) spinse la fotografia bianconero in luce ambiente, senza uso di flash, verso situazioni in precedenza proibitive. Da allora, luoghi di scarsa luminosità e azioni/movimenti hanno potuto essere fotografati con risultati eccellenti. Fotografi professionisti ed esperti del settore hanno esaltato la pellicola Kodak Tri-X per la propria varietà tonale straordinaria, l’ampia latitudine di esposizione e sviluppo e la peculiare struttura della propria grana, mai invadente, mai sovrapposta alla raffigurazione del soggetto fotografato. Nei formati dal rullo 35mm al medio formato 120/220 alle piane grande formato (dal 4x5 pollici in su), la pellicola Tri-X ha documentato il mondo, negli apparecchi fotografici di grandi autori, interpreti e reporter degli ultimi cinquant’anni. «Quasi tutto quello che ho fotografato nella mia vita, è stato immortalato sulla pellicola Tri-X», ha dichiarato Sebastião Salgado; «sono così legato al Tri-X, che anche quando cerco di immaginare tutte le possibili sfumature di grigio, materializzo i miei pensieri con le tonalità riprodotte da questa fantastica emulsione». A.Bor.
rogetto avviato all’inizio della scorsa primavera, Open Mind School si presenta come spazio e momento di coltivazione della passione della e per la fotografia: dove si può sentire il profumo, il suono e il sapore di una fotografia (appunto), come recita una serie di visualizzazioni coscientemente stuzzicanti, realizzate per la presentazione dell’iniziativa. Testuale: «Open Mind School è un luogo dove imparare a creare immagini significa soprattutto immaginare. È un luogo dove lo sguardo è protagonista non solo del vedere, ma del sentire, ascoltare, percepire quello che un’immagine sa dirti». L’amore per la fotografia è il sentimento comune che ha fatto incontrare coloro che hanno dato avvio e animano questa
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Profumo, suono, sapore Li hai mai sentiti in una fotografia? esperienza, che ha avvalorato il loro entusiasmo, fino a rendere reale un sogno: fare della fotografia uno spazio condiviso e condivisibile, uno spazio dove lo studio del mondo fotografico è fatto di emozioni, immagini e confronti. La meta esplicita e dichiarata di questa nuova scuola è fornire a ognuno le capacità di rendere immagine il proprio immaginario. Per raggiungere tale meta, viene proposto un percorso fatto di preparazione tecnica, studio degli strumenti fotografici e analisi del linguaggio e della comunicazione visiva. Grazie all’intervento di profes-
Ryuichi Watanabe. Il collegamento con la Galleria Open Mind è esplicito: la scuola si proietta sull’attività espositiva del qualificato e affascinante spazio del centro di Milano, creato da Ryuichi Watanabe accanto la propria attività commerciale nell’ambito del collezionismo e antiquariato fotografico (New Old Camera, via Dante 12, 20121 Milano; 0289011338, fax 02-72014649; www.newoldcamera.it, newoldcamera@newoldcamera.it). Inoltre, Open Mind School si avvale della preziosa collaborazione di Roberto Mutti, apprezzato critico fotografico.
sionisti sono organizzati seminari e workshop per entrare nel merito di aspetti che l’infinito mondo fotografico offre. Nella prima fase sono stati allestiti e svolti corsi di Fotografia base (quaranta ore) e Camera oscura (base e avanzato da ventiquattro ore); allo stesso tempo, i definiti Percorsi d’autore hanno presentato le personalità fotografiche di Ansel Adams, Man Ray, Mario Giacomelli e Diane Arbus. La scuola Open Mind School è stata creata ed è condotta da Alessandra Alpegiani, Cristina Pavesi, Alberto Pellegrinet e
Open Mind School, corso di Porta Romana 57, 20122 Milano; 02-5513451; www.openmindschool.it, info@openmindschool.it.
Dal 23 giugno al 24 luglio; lunedì-venerdì 9,00-13,00 - 14,3018,00; sabato 10,00-12,30 -
15,00-17,00. Dal 17 agosto al 3 settembre; lunedì-venerdì 9,0013,00 - 14,30-18,00.
Guerre nel mondo Dai reporter dell’Agenzia France Presse ieci anni di conflitti nel mondo, attraverso le immagini dell’Agence France Presse. Immagini tratte dal lavoro di oltre cinquanta fotografi documentano gli sconvolgimenti geopolitici di alcune delle più tormentate aree del pianeta: Il mondo in conflitto dalla Cecenia al Kosovo, dal Ruanda al Congo, dagli stati latino-americani fino alle ultimissime vicende in Iraq. L’esposizione, omaggio al coraggio e alla professio-
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nalità dei corrispondenti di guerra, è stata prodotta in Francia in occasione del decimo anniversario del Prix Bayeux-Calvados des Correspondants de Guerre, ed è ora proposta alla Galleria Grazia Neri, in collaborazione con Fujifilm. AFP: Il mondo in conflitto. Galleria Grazia Neri, via Maroncelli 14, 20154 Milano; 02625271; www.grazianeri.com, photoagency@grazianeri.com.
MOSTRE
Sandro Freina: Tratti & Ritratti. Muflone Rosa, via della Roggia 22, 39100 Bolzano. Dal 22 maggio al 26 giugno; lunedì-sabato 10,00-20,00. Un anno di vita. Volti, strade, istanti congelati in un pellegrinaggio quotidiano per Bolzano. Circolo Fotografico Tina Modotti, via della Roggia 22, 39100 Bolzano; pp.leni@libero.it. Luigi Pompili: Vita in movimento. Libreria Fahrenheit 451, piazza Campo de’ Fiori 44, 00186 Roma; luigipompili@ti-
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scali.it. Dal 5 al 25 giugno; lunedì-domenica 9,00-24,00. Prima personale di Luigi Pompili, che propone uno studio sul movimento svolto durante viaggi in Italia e all’estero. L’attenzione è incentrata su differenti istanti di vita dell’uomo e delle proprie attività, legati agli eventi atmosferici e agli elementi naturali. Salvo Badalà: Il protagonismo eroico nelle feste religiose siciliane. Sala Mostre, corso Vittorio Emanuele 214, 95028 Valverde CT. Dall’11 giugno al 16 luglio. Gruppo Fotografico Le Gru, via Nuova
32, 95025 Valverde CT; 095-524187, fax 095-7210294; www.fotoclublegru.it, segreteria@fotoclublegru.it. Antonio Fracassi: La Luce delle Cose. Perlarte, via Giovanni da Cermenate 42, 22063 Cantù CO; 031-7073102, fax 0317090324; www.perlarte.com, info@perlarte.com. Dal 12 giugno al 3 luglio; lunedì-sabato 9,00-12,30. A cura di Anna Fracassi e Renata Casartelli, panoramica in differenti sezioni: dalla costante indagine sulla luce al senso dell’ombra, da geografie e paesaggi culturali ai luoghi del colore, alle emozioni del grigio.
Espressività a confronto Dichiarato riferimento a Mario Giacomelli ne in volontari e ricercati contrasti di tono alla rappresentazione della condizione umana, tema centrale dell’espressività fotografica di Mario Giacomelli. L’intenzione di Uno sguardo italiano, con esposizione torinese, è ambiziosa, oltre che ardita. Curata dal Circolo Fotografico Lo Scatto di Rivoli, in provincia di Torino, con la collaborazione delle associazioni locali La Meridiana e Col Del Lys, la selezione evidenzia una tradizione culturale antica, nella quale si riconoscono gli autori invitati, tutti fotografi fedeli a una visione sostanzialmente intimistica.
Incontri d’estate Nella cornice della Toscana esta edizione di FoianoFotografia a Foiano della Chiana, in provincia di Arezzo. Mostre, incontri, corsi e lettura di portfolio a cura di Roberto Mutti. ❯ Mostre riunite nel contenitore Reportage, la realtà raccontata, allestite in prestigiosi palazzi e complessi monumentali del centro storico, dedicate a fotografi di fama internazionale e a talenti emergenti, tra le quali si segnala la personale di Francesco Cito sul Palio di
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Siena (World Press Photo 1996). La manifestazione si apre con una iniziativa di grande respiro, riflesso dell’inscindibile connubio tra fotografia e cinema (che pare essere il tema di quest’anno: ricordiamo il programma di Obiettivo Immagine 2004, lo scorso marzo a Roma, appunto focalizzato sulla fotografia del cinema; FOTOgraphia, marzo 2004): tre personali dedicate a straordinari fotografi di scena: Tazio Secchiaroli, Ser-
Uno sguardo italiano; fotografie di Mario Giacomelli e altri autori in sintonia di intenti. Casa del Conte Verde, via Fratelli Piol, 10098 Rivoli TO. Dal
28 giugno al 25 luglio. Circolo Fotografico Lo Scatto, corso De Gasperi 20, 10098 Rivoli TO; 011-9533481; r.arosio@virgilio.it.
gio Strizzi e Mario Tursi, collaboratori di grandi registi del cinema italiano e internazionale. ❯ Workshop nel suggestivo paesaggio toscano, ricco di arte e tradizioni. • Francesco Cito: Reportage. 28 giugno - 4 luglio. • Maurizio Galimberti: Fotoinstantemozionaldadasguardoso. 28 giugno - 4 luglio. • Giovanni Cozzi: Bellezza e Luce. 2-4 luglio. • Claudio Marcozzi: L’anima del paesaggio e il paesaggio dell’anima. 5-11 luglio.
Foto Club Furio Del Furia, via Indipendenza 40, 52045 Foiano della Chiana AR; 0575649240, www.foianofotografia.com, annafoiano@libero.it.
FoianoFotografia. 52045 Foiano della Chiana AR. Dal 26 giugno all’11 luglio.
Foto Flash. Punto vendita con spazio espositivo. ❯ Elio Guidi: Magico suono, musiche mani. Dal 16 giugno al 31 luglio. ❯ Alessandro Orselli: Casentino: atmosfere invernali. Dal Primo agosto al 15 settembre. Foto Flash, via Gulli 161a, 48100 Ravenna; 0544-420263, fax 0544426007; www.fotoflash.ws.
sa Centro 1, 44020 Pomposa - Codigoro FE; 0533-719110. Dal 18 giugno al Primo agosto; 9,00-13,00 - 15,3019,00. Con il patrocinio dell’Università di Ferrara, la Fondazione Giorgio Bassani e l’Agenzia Meridiana Immagini presentano fotografie di Andrea Samaritani che accostano il testo del romanzo di Giorgio Bassani, L’airone (1968): tragitto del protagonista da Codigoro a Volano.
Andrea Samaritani: I luoghi dell’Airone. Il paesaggio letterario di Giorgio Bassani a Codigoro. Galleria dell’Ufficio Informazioni Turistiche, via Pompo-
Le Opere e i Giorni: La Vanitas. Certosa di San Lorenzo, 84034 Padula SA; 0975-77745; www.comune.padula.sa.it. Dal 18 giugno al 30 settembre; lune-
FRANCESCO CITO
otografie note e inediti di Mario Giacomelli, provenienti dal Museo Ken Damy di Brescia, sono messe in relazione a immagini di altri autori. In particolare si sottolinea la combinazione originaria tra visione “formalista” (che privilegia l’immagine sul contenuto) e visione “contenutista” (nella quale il messaggio sotteso prevale sull’immagine), propria della parabola espressiva di Mario Giacomelli, indiscutibilmente il più significativo fotografo italiano degli ultimi decenni. L’abbinamento è a doppio strato: dai grafismi dell’immagi-
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A seguire 62 Dolce vita e contorni 62 La Folla Nascosta 63 Ancora FuoriScena
dì-domenica 9,00-20,00. Per la terza e ultima edizione della mostra curata da Achille Bonito Oliva, le celle dei monaci della Certosa si trasformano in atelier, dove gli autori elaborano opere sul tema prescelto: dopo il Verbo e il Precetto, la Vanitas.
CONCORSI
Dalle terra al calice. Un percorso tra viti, uva, feste e folklore. Due sezioni: stampe colore e bianconero 30x40cm o 30x30cm a tema obbligato; solo colore per il tema libero. Termi-
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Dolce vita e contorni Itinerario fotografico di Tazio Secchiaroli ra i maggiori autori italiani del Ventesimo secolo, grande interprete della cronaca rosa, Tazio Secchiaroli (1925-1998) ha debuttato nel secondo dopoguerra come fotografo di strada, seguendo l’evolversi della socialità fino a tutti gli anni Settanta, osservata dal punto di vista particolare del mondo del cinema. La consacrazione e celebrità arrivano sul finire degli anni Cinquanta, sull’onda lunga della mondanità romana vicina alle vicende di Cinecittà. Con Tazio Secchiaroli, e altri fantastici foto-
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grafi di quel tempo e clima, nasce la figura di Paparazzo, all’indomani della Dolce vita di Federico Fellini e Ennio Flaiano (FOTOgraphia, giugno 2000). Proprio il connubio sui set di Federico Fellini lo proietta dalla cronaca alla fotografia di scena del cinema, interpretata con magistrale personalità, tanto da diventare un esempio per le generazioni a seguire (FOTOgraphia, marzo 2004). Anche se la fama di Tazio Secchiaroli è legata a doppio filo al matrimonio di intenti con Federico
Fellini, fino al punto che l’Hotel Boscolo Exedra di Roma è allestito e arredato con espliciti riferimenti alla fantastica coppia (appunto Secchiaroli-Fellini), è doveroso annotare le sue altre collaborazioni: con Pier Paolo Pasolini (Accattone e Medea), Luchino Visconti (Rocco e i suoi fratelli) e Michelangelo Antonioni (Blow up). Centocinquanta fotografie di Tazio Secchiaroli, sia in stampa vintage sia in copie attuali, sono allestite in una esaustiva mostra a cura di Giovanna Ber-
telli, che si completa con una fantastica carrellata delle sue macchine fotografiche: in combinazione, un significativo frammento di storia italiana, con l’emozione della cronaca. Tazio Secchiaroli. Comparse in strada divi sul set. Spazio Oberdan, viale Vittorio Veneto 2, 20124 Milano; 0277406300; www.provincia.milano.it/cultura. Dal 23 luglio al 19 settembre; martedì-domenica 10,00-19,30, martedì e giovedì fino alle 22,00.
La Folla Nascosta Dietro il restauro del Duomo di Milano opo l’esperienza sulla facciata della Basilica di San Pietro, Marco Anelli si trova sui ponteggi che coprono la facciata del Duomo di Milano, sottoposta a un nuovo lifting da parte della Veneranda Fabbrica del Duomo, in collaborazione con EniTecnologie. Da una posizione di privilegio, fotografa ciò che rimane spesso nascosto. Sotto i bianchi teloni c’è fervore d’opere, ma accanto a coloro che si occupano del restauro dell’edificio, l’autore incontra una folla di figure marmoree, sorprendenti e silenziose, che osservano il tempo che scorre nella quotidianità del luogo.
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ro del Duomo di Milano. Dal Primo luglio al 29 agosto. ❯ La Feltrinelli, piazza Piemonte 2, 20145 Milano; 02433541. ❯ La Feltrinelli, via Manzoni 12, 20121 Milano.
Marco Anelli: La Folla Nascosta. Immagini dal restau-
ne di partecipazione 15 ottobre. Premiazione e relativa mostra a novembre. Luciano Masini, via fratelli Bandiera 85, 80038 Pomigliano d’Arco NA; 081-8845837, 338-24966691; lucianomasini@libero.it, asfoto@libero.it. L’erotismo femminile, Nudo, Glamour e Lingerie. Concorso nazionale a tema per fotografie a colori, bianconero e immagini digitali. Termine di partecipazione 30 novembre. È previsto anche un Premio Giovani (under 25 anni), dedicato a Marilyn Monroe. Piero Borgo, via Zara 45, 80011 Acer-
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ra NA; 081-8850793, anche fax; piero.borgo@libero.it. Premio Yann Geffroy. Assegnato dall’Agenzia Grazia Neri, è riservato a servizi fotografici di autori under 35 (anni): per reportage che interpretino al positivo problemi sociali, politici o scientifici (FOTOgraphia, novembre 2003 e aprile 2004). Termine di partecipazione 31 gennaio 2005. Agenzia Grazia Neri, via Maroncelli 14, 20154 Milano; 02-625271, fax 026597839; www.grazianeri.com, photoagency@grazianeri.com.
WORKSHOP
ClicK Art’s. Tra cultura e formazione. ❯ Innocenzo Pedretti: Fotografia infrarosso. 11, 12, 13 e 19 giugno. ❯ Nudo e Glamour. 27 giugno e 2 luglio. ❯ Base. Sette incontri teorici e uscita sul campo. ❯ Fotonatura. Quattro giorni e tre notti nel Parco del Ticino. ❯ Enrico Lonati: Fotografia digitale. Incontri serali. Associazione Culturale ClicK Art’s fotografia, piazza Soldini 8, 21053 Castellanza VA; www. clickarts.info.
MARIO CERAGIOLI) DI
1965 (FOTO LUGLIO
TOTÒ, ROMA,
Ancora FuoriScena Cronaca rosa dall’Archivio Begotti riginariamente esposta a Roma nell’ambito del programma Obiettivo Immagine 2004, promosso da Aif e curato da Tita Beretta, Giulio Forti e Maurizio Rebuzzini, in occasione del recente PhotoShow merceologico (FOTOgraphia, marzo 2004), FuoriScena viene riproposta in forma allargata alla Galleria Agfa. La combinazione non è casuale, perché nel proprio catalogo, la casa tedesca ha pellicole cinematografiche, da cui il concentrato tributo al mondo del cinema e ai propri riti. Dall’immenso patrimonio dell’Archivio Begotti di Milano,
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composto da milioni di immagini di cronaca rosa dagli anni Cinquanta, sono stati individuati tredici soggetti, quattro in più rispetto i nove presentati a Roma, significativi di un’epoca e un clima. Nella propria essenzialità, FuoriScena, che sottotitola Personaggi del cinema internazionale a spasso, è una sintesi emblematica. In un momento di tante confusioni, queste immagini raffigurano e ripropongono simboli di un tempo, rappresentativi dei personaggi che hanno interpretato. Attori e registi, personaggi pubblici e mondanità in movimento, star-
system radicato nella società o effimere meteore sono figuranti della storia di un costume che oggi rileggiamo negli abiti, nelle auto casualmente inquadrate e negli atteggiamenti. A distanza di tanto tempo, queste immagini hanno superato la fragilità della frazione di secondo dell’esposizione fotografica per diventare frammenti di storia visiva. Una storia custodita e raccontata da quegli archivi, quale è il fantastico insieme del milanese Paolo Begotti, abilmente costruiti anno dopo anno, decennio dopo decennio.
Poesia visiva - Visual Poetry. Approfondimento a cura di Keith Carter (www.keithcarterphotographs.com) e Mauro Fiorese (www.maurofiorese.it): lago di Garda, 18-24 luglio. Rossana Galbiati 338-4187378; mauro.fiorese@fastwebnet.it.
nomico: 17 ottobre, Municipio di Farigliano CN. ❯ Illuminazione professionale. Seminario di fotografia in studio: 13 novembre, Milano. Michele Vacchiano: 011-4371674; iscrizioni@michelevacchiano.com.
Michele Vacchiano. Programmi fotografici teorici-pratici. ❯ Dalla ripresa alla stampa. Seminario di camera oscura: 18-19 settembre, Vicoforte di Mondovì CN. ❯ Le Langhe tra vigne e castelli. Annuale appuntamento foto-eno-gastro-
Deaphoto. Associazione Culturale Fotografica con sede a Bagno a Ripoli, in provincia di Firenze, che organizza corsi di fotografia a diversi livelli, con frequentazioni settimanali: ripresa, camera oscura, tecnica digitale e workshop a tema.
FuoriScena - Personaggi del cinema internazionale a spasso; dall’Archivio Begotti (via Mercadante 3, 20124 Milano; 02-66711400; gianpaolo.begotti@fastwebnet.it); ingrandimenti e montaggi Fotolaboratorio De Giglio, Bari; mostra promossa da Aif (Associazione Italiana Foto&Digital Imaging), a cura di Tita Beretta, Giulio Forti e Maurizio Rebuzzini. Galleria Agfa, spazio espositivo nella sede della filiale Agfa-Gevaert, via Grosio 10/4, angolo viale De Gasperi, 20151 Milano; 02-3074377. Dall’8 giugno al 10 settembre; lunedì-venerdì 9,00-18,00.
Deaphoto, Associazione Culturale, Didattica, progettazione, documentazione fotografica, via di Quarto 47, 50012 Bagno a Ripoli FI; 055-631898, anche fax; www.deaphoto.it, deaphoto@tin.it. Digitale. Dlight di Milano propone una serie di argomenti rivolti a diversi livelli di preparazione preventiva (richiedere il dettaglio degli orari e costi): base, Adobe Photoshop, Color management ICC, fotografia di architettura e museale, Digital Culture. Dlight, via Boncompagni 57, 20139 Milano; 02-5394265.
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Nel centro storico di Milano, a due passi dal Duomo, il piÚ grande negozio Canon d’Italia
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Paul Strand nasce a New York nel 1890 (muore a Orgeval, in Francia, nel 1976, mentre prepara un fotolibro sul suo giardino). Nel 1907, il suo professore alla Ethical Culture School, Lewis H. Hine, uno dei più grandi autori della fotografia sociale, lo inizia alla fotografia. Hine gli mostra non solo le tecniche essenziali, ma anche l’umanità che la scrittura fotografica può esprimere contro i valori e i codici dominanti. Paul Strand conosce Alfred Stieglitz, entra a far parte del gruppo di Camera Club (New York), e nel 1917 la rivista Camera Work, diretta da Stieglitz, dedica l’ultimo numero al giovane Strand. In quelle fotografie nasce un modo diverso di vedere (e di fotografare) il mondo. Qualcuno dice che Paul Strand era «profondamente devoto a Stieglitz» [Jan Jeffrey, Fotografia, Rizzoli 2003, pagina 157]. Vero niente. Paul Strand non solo aveva sconvolto il “pittorialismo” della fotografia ottocentesca, caro alla “buona borghesia” frequentata da Stieglitz, ma cominciava a lavorare contro la minaccia della società del possesso, che produceva guasti e devastazioni in molta parte dell’umanità più indifesa. Per Paul Strand, l’artista è un creatore di immagini, poetiche, passioni con le quali accendere i propri sentimenti e le proprie idee: contro ogni forma di contemplazione della vita quotidiana. Dietro le più elevate certezze accademiche si celano le cadute della storia.
DELL’ICONOGRAFIA MATERICA L’iconografia materica di Paul Strand è elaborata su problematiche sociali (trattate anche, in maniera non molto dissimile, da Lewis H. Hine e Walker Evans), ma il suo lavoro non contiene nulla dell’estetismo
PAUL STRAND letterario di Alfred Stieglitz e di quelli legati a Camera Work: Robert Adamson, David Octavius Hill, Julia Margaret Cameron, Edward Steichen e gli altri appartenenti al gruppo Photo-Secession [Sappiamo di toccare qui uno dei numi tutelari della storia della fotografia. La fama di Alfred Stieglitz come mentore della fotografia “impegnata” o “artistica” è una sciocchezza che si portano dietro gli storici accademici o i coglioni che li adorano senza
esprimono un’estetica della bellezza che molti hanno definito “astratta” o “formale”, ma a noi appare semplicemente “materica”; e non troviamo poi molta differenza tra la visualità del sogno di Wire Wheel (1920) o White Pence (1916) e l’essenzialità del segno di Blind Woman (1916) o Man (1916). Sono opere contigue, che superano le tematiche dalle quali partono, per mostrare una concezione radicale della fotografia di rara potenza costruttiva.
Paul Strand trasformò il lirismo di Stieglitz in un realismo senza compromessi. Fu come se avesse spazzato via l’artistico flou ottocentesco dagli obiettivi, per dar loro l’incisivo fuoco del ventesimo secolo. Milton W. Brown ritegno. Stieglitz (e i propri collaborazionisti, la cosa non riguarda Paul Strand, evidentemente) rappresentano una scrittura fotografica formalista, che vedeva la povertà estrema come effetto estetico e non si ponevano in contrasto con l’origine di tanta miseria]. In Stieglitz e i propri adepti, la fotografia è “arte del mondano” o poco meno, in Paul Strand un grande strumento di comunicazione, con il qualche entrare nelle pieghe più povere, umiliate e offese della realtà. Le fotografie di Paul Strand, prima della guerra mondiale,
Dopo il primo conflitto mondiale, Paul Strand lavora come fotografo pubblicitario. Contemporaneamente, si rivolge alle potenzialità espressive del cinema. Nel 1920 realizza il primo film, Mannhatta (co-regia di Charles Sheeler). È un film d’avanguardia, e annuncia i modi e i percorsi di tutti i cityfilm a venire. Dopo il 1922 acquista una cinepresa Akeley 35mm e inizia a produrre cinegiornali indipendenti (manifestazioni sportive, notiziari, eventi quotidiani). Fotografa soltanto nei fine settimana. Continua a fissare paesaggi
sulla pellicola, e questi saranno, con profonde varianti creative, uno dei temi ai quali lavorerà per tutta la vita. Tra il 1925 e il 1930, i paesaggi di Paul Strand si popolano di figure; e il fotografo americano sconvolge l’affermazione accademica di molti storici della fotografia, che sostengono settorialità e categorie espressive che non possono essere profanate o divelte. La fotografia di Paul Strand non guarda i dogmi che calpesta, né si sottrae agli anatemi istituzionali o dell’avanguardia: si spinge fin dove la tenerezza del cuore e la dignità dell’uomo può penetrare, e infrange il sacrario della fotografia insegnata. Quando Paul Strand conosce Harold Clurman, critico dell’individualismo occidentale (estetizzante, narcisista), sostenitore dell’arte comunarda (non proprio sovietica, come qualcuno ha scritto), filosofo del Group Theatre, matura la propria visione dell’esistenza, e la gente comune entra da protagonista dentro le sue costruzioni iconografiche. Tra il 1934 e il 1935 realizza per il governo messicano un film di forte impatto estetico, culturale, politico, I ribelli di Alvarado (Redes - The Wave; in collaborazione con Fred Zinnemann ed Emilio Gómez Muriel). Tratta di uno sciopero di pescatori che finisce in rivolta, e gli autori stanno dalla parte dei pescatori. La figurazione del film si richiama molto all’opera (rimasta incompiuta) di Sergej Michajlovič Ejzenštejn, che aveva girato in Messico Que viva Mexico! (1930-1932). L’influenza estetica, sovente spinta sino al “formalismo”, di Ejzenštejn e Paul Strand sul cinema messicano si vedrà nei cinedrammi di Emilio Fernández, Messico insanguinato (Flor sil-
vestre, 1943), La passionaria (La escondida, 1955) di Roberto Galvadon o Tarahumara, la vergine perduta (Tarahumara, 1965) di Luis Alcoriza, che insieme alla “surrealtà” velenosa dei film di Luis Buñuel (I figli della violenza, L’isola che scotta, L’angelo sterminatore) vanno a disseminare sullo schermo le irrequietezze ancestrali e le passioni libertarie della rivoluzione messicana. Nel 1936, Paul Strand e un gruppo di cineasti progressisti fondano la Frontier Film della Scuola di New York; ne fanno parte Fred Zinnemann [premio Oscar per la regia di Da qui all’eternità (1953)], Irving Lerner, Elia Kazan [premio Oscar per le regie di Barriera invisibile (1947) e Fronte del porto (1954)], Sidney Meyers, Pare Lorentz, Herbert Kline, Leo Hurwitz, Ralph Steiner: le loro idee per un cinema più umano, più vero, più sociale si contrappongono alle dolcificazioni di Hollywood, e sono sostenute in alcuni film che ancora oggi lasciano sbalorditi per la propria bellezza etica ed estetica. The Plow that Broke the Plains, (1936) e The River (1937) di Pare Lorentz, Heart of Spain (1937), Return of Life (1938) e The Forgotten Village (1941) di Herbert Kline [Return of Life firmato a quattro mani con Henri Cartier-Bresson], Native Land (1942) di Paul Strand e Leo Hurwitz, Strange Victory (1946) di Hurwitz o The Land (1942) di Robert J. Flaherty (il cui assistente fu Irving Lerner) sono documentari che rispecchiano nel profondo la realtà contemporanea ed esprimono una critica trasversale della società (non solo) americana. Qualcuno ricorda Paul Strand come “marxista dogmatico” (Fred Zinnemann), altri lo descrivono, non a torto, come un maestro insuperato del rigore fotografico, cultore della forma profonda, e anche, segretamente, un romantico fino quasi al limite del sentimentale [Renzo Chini, Il linguaggio
fotografico, Sei 1968]. Per noi è un costruttore radicale del linguaggio fotografico e un “incisore” della realtà, che denuda attraverso la visione materica della fotografia diretta o Straight Photography.
DELLA FOTOGRAFIA DIRETTA La fotografia diretta di Paul Strand è un vedere dentro ciò che fotografa, l’intuizione correlativa al soggetto fotografato e conoscenza del sé come interiorizzazione della comunità. La poetica della forma o, se vogliamo, l’estetica della bellezza che Paul Strand metteva in poesia dalla ripresa fotografica alla stampa, fino alla composizione dei propri fotolibri, ha indotto molti critici a parlare di “approccio religioso” dell’autore nei confronti del mondo attuale, che i suoi ritratti sono «immagini preconcette di un grande formalista» o che le «persone rappresentate da Strand sono avulse dalla realtà». Qualcuno scrive che Paul Strand «nel 1916 scatta istantanee nelle strade di New York, ritraendo personaggi dei bassifondi che immagina come caricature». Vero niente. L’arte della fotografia di Paul Strand si annoda non solo nell’essenzialità icastica dei “ritrattati”, ma entra anche nella disseminazione della sensualità dei segni che sono alla radice compositiva delle proprie immagini austere. Il libro al quale lavora con Nancy Newhall, Time in New England (1950) segna l’apice epico della fotografia di Paul Strand. Insieme, i due compongono una specie di “film di carta”, intrecciano la singolarità dei soggetti fotografati con l’acutezza dei testi storici, e ciò che ne viene fuori è un iconotesto di indiscutibile bellezza poetica e sociale. Non crediamo che le immagini di Paul Strand possano essere viste come «un tentativo di raggruppare politicamente varie vicende storiche sotto un’unica idea patriottica» [Ute Eskildsen, Paul Strand. Il mondo davanti
alla mia porta, pagina 128]; anzi, nell’universalità della scrittura fotografica del maestro americano possiamo cogliere l’assenza di qualsiasi celebrazione della tradizione come istituzione della verità. Nel 1950, negli Stati Uniti sono in atto la “caccia alle streghe” delle presunte organizzazioni sovversive e le persecuzioni dei comunisti. Paul Strand si autoesilia in Francia. Nel 1952 esce La France de profil, un fotolibro che contiene anche testi manoscritti, versi poetici, interventi grafici; i ritratti dei francesi a ridosso dei muri, o quelli ai davanzali delle finestre, sono di una freschezza affabulativa, di una dolcezza complicitaria che restano incollati allo sguardo dei lettori più attenti e descrivono l’anima di un popolo. Il lavoro d’insieme è anomalo, quasi sperimentale. La forza delle fotografie di Paul Strand è accostata a scritture visive autonome (care ai surrealisti degli anni Trenta) e sembrano anticipare di non poco l’importanza delle contaminazioni situazioniste (fuoriuscite dal Maggio Sessantotto) di tutte le forme espressive, al fine di ricreare nuove forme d’arte. L’incontro di Paul Strand con Cesare Zavattini (al Festival cinematografico di Perugia) è di quelli fulminanti. Paul Strand lavora in Italia dal 1952 al 1954. Fotografa Luzzara, il paese natale di Zavattini. Nel 1955 esce il volume Un paese. La realtà del profondo fotografata da Paul Strand è solare, una specie di continuazione forte del Neorealismo che ancora attanaglia l’immaginario eversivo del cinema italiano. Paul Strand fotografa la semplicità di una piccola comunità, e Cesare Zavattini racconta le loro storie ordinarie. Paul Strand penetra l’anima di un posto che comprende attraverso i volti che lo abitano, Cesare Zavattini toglie a quei volti il peso dell’ordinarietà: e insieme li conducono nella storia dell’arte. La ragazzina col cappello di paglia, la famiglia sulla soglia della casa
o il vecchio “bifolco” rinchiuso in un Ricovero rimandano a una politica della bellezza che riflette il bisogno di bellezza che è proprio dell’anima. L’intera opera di Paul Strand (passando per i lavori realizzati in Africa, Romania, Francia, Italia) racconta un mondo violentato dalla civilizzazione, una realtà sacrificata alla mercificazione delle idee e la ricerca di una comunità possibile fuori dalle trasformazioni mercantili della società dell’apparenza. Il linguaggio universale di Paul Strand non lascia spazio a contraddizioni né a camuffamenti. Le sue immagini non sono adatte all’anonimia pubblicitaria profusa dai mass-media, né corrispondono alla richiesta d’arredamento d’autore che insegue i gusti, le tendenze e i desideri indotti della richiesta di massa. La fotografia diretta di Paul Strand si lega a una filosofia della bellezza, della purezza, della ferma opposizione a tutti i tentativi di recupero dell’arte nella politica istituzionale. Paul Strand vede nella grandezza dell’estetica ciò che resta della “vivezza” dell’uomo, e si accosta ai corpi, ai paesaggi, ai segni del tempo della gente semplice, non per celebrarli né per renderli altro da ciò che non sono, ma per ricordare, nel breve passaggio sulla Terra, la dignità dei padri. A Paul Strand non interessa fotografare l’uomo nei supplizi dell’esistenza, ma il suo rapporto con la natura, la comunità, le cose che lo circondano. Cerca una società meno feroce al fondo del dolore dell’umanità intera e lascia nei sentieri in utopia della bellezza (cioè, nelle sue icone dell’esilio) il senso della meraviglia o lo stupore dell’innocenza, che fanno di una fotografia, un libro o un gesto estremo, il “mondo nuovo” da conquistare. Il destino dell’uomo è nelle sue mani e nell’immagine/traccia che lascia di sé su questa Terra. Pino Bertelli (5 volte dicembre 2003)
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