FOTOgraphia 105 ottobre 2004

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Mensile, 5,70 euro, Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge il 27-02-2004, numero 46), articolo 1, comma 1 - DCB Milano

ANNO XI - NUMERO 105 - OTTOBRE 2004

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Canon Pixma PRONTO, SI STAMPI!

Polaroid International CONCORSO DI QUALITÀ

GIANNI BERENGO GARDIN


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Prima di cominciare

RICORDA, FIGLIO MIO Mio caro figlio, ho sognato di voi giorno e notte; non sapevo più se la mia era vita o morte. Volevo tornare a riabbracciarti, te e la tua mamma. Perdonami, bambino mio, per questa morte ingiusta, che ti toglie il padre quando sei ancora in così tenera età. Possono bruciare i nostri corpi, oggi; non possono distruggere le nostre idee, esse rimangono per i giovani del futuro, per i giovani come te. Ricorda, figlio mio, la felicità dei giochi non tenerla tutta per te. Cerca di comprendere con umiltà il prossimo, aiuta il debole, aiuta quelli che piangono, aiuta il perseguitato, l’oppresso. Loro sono i tuoi migliori amici. Nicola Sacco (Lettera inviata al figlio prima dell’esecuzione; Charlestown, Massachussets, Usa, 23 agosto 1927) FOTOGRAFIA DI GUERRA. Per certi versi, una identificata opposizione a parlare di fotografia di guerra, in contrasto/contrapposizione/equilibrio a coloro i quali (noi tra questi) ne hanno scritto molto (speriamo mai troppo), è assolutamente legittima: stabilisce una sorta di proporzione, ri/dando al linguaggio e lessico della fotografia contemporanea una stabilità di argomenti e momenti, che potrebbe essere compromessa da cronache invadenti. Tra quanti sulla fotografia di guerra hanno riflettuto, si alza la voce di Susan Sontag, sempre lei, una delle più note scrittrici contemporanee, attenta osservatrice della vita politica e culturale della nostra società. Autrice di saggi famosi, tra i quali Sulla fotografia del 1978, che riguarda da vicino il nostro mondo, Susan Sontag è arrivata recentemente in libreria con Davanti al dolore degli altri (Saggi Mondadori, Strade blu; maggio 2003; 13,00 euro). Le date sono confortanti, e rivelano che si tratta di un saggio antecedente la recente esplosione di considerazioni sulla fotografia di guerra, in un certo senso anticipatorio. Davanti al dolore degli altri è una lucida e avvincente disamina della fotografia di guerra e dintorni: «Le immagini di un’atrocità possono suscitare reazioni opposte. Appelli per la pace. Proclami di vendetta. O semplicemente la vaga consapevolezza, continuamente alimentata da informazioni fotografiche, che accadono cose terribili». L’abbiamo letto lo scorso anno, appena pubblicato; ora, alla luce dei più recenti casi fotografici, corre l’obbligo di una rilettura.

Ricorda, figlio mio, la felicità dei giochi non tenerla tutta per te. Cerca di comprendere con umiltà il prossimo, aiuta il debole, aiuta quelli che piangono, aiuta il perseguitato, l’oppresso. Loro sono i tuoi migliori amici. Nicola Sacco

COPERTINA Gianni Berengo Gardin e sue vecchie macchine fotografiche (Milano, 1998). All’occhio una Leica M6; quindi, si distinguono: Silvestri SLV, Linhof Super Technika IV, Nikon FE2, Nikon F4, Rolleiflex 2,8F, Rolleicord II (B), Rolleiflex Automat A, Nikon F / Photomic. Da pagina 34, segnaliamo le più recenti monografie di GBG, con contorno tecnico (da Leica e le altre)

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3 FUMETTO Dalla copertina di Il fotografo, edizione italiana (Lizard) dell’originario Le Photographe, storia a fumetti dei reportage di Didier Lefèvre in Afghanistan, dal 1986 al 2002. Ne scriviamo da pagina 26 7 EDITORIALE Come ogni editoriale di FOTOgraphia, anche questo richiama esplicitamente e volontariamente alcuni testi pubblicati questo mese. Al solito, e lo abbiamo già svelato e sottolineato, salvo manifeste dichiarazioni di intenti (come è capitato per fascicoli sostanzialmente monografici o con argomenti in effettiva consecuzione), ogni intervento redazionale della rivista è a se stante; però, alcune considerazioni scorrono trasversali tra le pagine. Per esempio, nel concreto, l’idea dell’odierno editoriale si scompone tra la conclusione verso la curiosità individuale, che dà corpo e anima all’essere fotografo e all’occuparsi di fotografia, e la sottile identificazione di una fotografia di impegno personale: per la vita e verso la vita. Quindi, seguiamo assieme il filo (rosso?) di congiunzione e collegamento, niente affatto casuale (anzi è vero l’esatto contrario) tra le opinioni espresse da James Nachtwey (da pagina 18), le considerazioni di Alessandra Alpegiani su una storia a fumetti (da pagina 26), la personalità del World Press Photo (da pagina 45), i consecutivi rimandi a Davanti al dolore degli altri di Susan Sontag (qui accanto e nell’ambito del World Press Photo) e, perché no?, gli irriducibili Sguardi su di Pino Bertelli (da pagina 65: Brassaï). 9 IL TEMPO DELLA NATURA Programma di Fotografia in Puglia 2004: mostre a Alberobello, Bari, Andria, Noci, Rutigliano e Bitonto

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12 NOTIZIE Attrezzature, vicende e altre segnalazioni


. OTTOBRE 2004

RRIFLESSIONI IFLESSIONI,, OSSERVAZIONI OSSERVAZIONI EE COMMENTI COMMENTI SULLA SULLA FFOTOGRAFIA OTOGRAFIA

16 ANCORA IN TRE DIMENSIONI

Anno XI - numero 105 - 5,70 euro

Torniamo sulla Stereo Realist degli anni Cinquanta

DIRETTORE

RESPONSABILE

Maurizio Rebuzzini

18 JAMES NACHTWEY

IMPAGINAZIONE

Incontro, in occasione della mostra Fotografo di guerra intervista di Giuliano Ferrari

Gianluca Gigante

REDAZIONE

22 PHOTO33.COM ON-LINE

FOTOGRAFIE

Servizio di stampa in Rete, con consegna a domicilio

SEGRETERIA

26 TRATTI DI REPORTAGE

Alessandra Alpegiani Angelo Galantini Rouge

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I reportage in Afghanistan di Didier Lefèvre (1986-2002) in una felice combinazione di fotografie e fumetto di Alessandra Alpegiani

29 SEMPRE IMMEDIATA! Vincitori del Polaroid International Photography Award, con commenti sul valore della fotografia... polaroid

34 L’OCCHIO COME MESTIERE Gianni Berengo Gardin ha superato la soglia di duecento volumi pubblicati. Con accompagnamento tecnico di Maurizio Rebuzzini

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Maddalena Fasoli

HANNO

COLLABORATO

Gianni Berengo Gardin Pino Bertelli Antonio Bordoni Elena Carotti Vincenzo Cottinelli Giuliano Ferrari Michele Morosi Polaroid Italia SpA Franco Sergio Rebosio Ciro Rebuzzini Natale Rebuzzini Antonella Simoni Alessandro Vicario Wolford AG Zebra for You Redazione, Amministrazione, Abbonamenti: Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano; 02-66713604, fax 02-66981643; graphia@tin.it.

41 CARTE IN TAVOLA Vivienne Westwood incontra Wolford, con citazioni

● FOTOgraphia è venduta in abbonamento

45 OCCHIO TESTIMONE

● FOTOgraphia è una pubblicazione mensile di Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano. Registrazione del Tribunale di Milano numero 174 del Primo aprile 1994. Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge il 27-02-2004, numero 46), articolo 1, comma 1 - DCB Milano.

Ancora, il World Press Photo prende atto che il fotoreportage contemporaneo è soprattutto guerra di Angelo Galantini

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50 SI STAMPI!

● A garanzia degli abbonati, nel caso la pubblicazione sia pervenuta in spedizione gratuita o a pagamento, l’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e in suo possesso, fatto diritto, in ogni caso, per l’interessato di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi della legge 675/96.

La linea Canon Pixma dà una sostanziale scossa al mondo della stampa digitale in proprio di Antonio Bordoni

● FOTOgraphia. Abbonamento 12 numeri 57,00 euro. Abbonamento annuale per l’estero, via ordinaria 114,00 euro; via aerea: Europa 125,00 euro, America, Asia, Africa 180,00 euro, gli altri paesi 200,00 euro. Versamenti: assegno bancario non trasferibile intestato a Graphia srl Milano; vaglia postale a Graphia srl - PT Milano Isola; su Ccp n. 28219202 intestato a Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano; addebiti su carte di credito CartaSì, Visa, MasterCard.

56 SU FOTOGRAFIA ITALIANA

● Nessuna maggiorazione è applicata per i numeri arretrati. ● È consentita la riproduzione di testi e fotografie, magari citando la fonte (ma non è indispensabile, né obbligatorio farlo). ● Manoscritti e fotografie non richiesti non saranno restituiti; l’Editore non è responsabile di eventuali danneggiamenti o smarrimenti.

Intervista a Nicoletta Rusconi, titolare della Galleria di Elena Carotti, fotografie di Alessandro Vicario

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Fotocomposizione DTP e selezioni litografiche: Rouge, Milano Stampa: Arti Grafiche Salea, Milano

60 AGENDA Appuntamenti del mondo della fotografia

65 BRASSAÏ (GULYA HALÁSZ) Sguardi su una fotografia sognata degli angeli di Pino Bertelli

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uriosamente, uno degli effetti paralleli, quanto inattesi, dei recenti venti di guerra, ai quali pure noi ci siamo riferiti in diverse occasioni, è la riflessione sui valori temporale e assoluto della Fotografia. La pagina precedente, nello spazio allargato del Sommario, ricordiamo ancora il fantastico saggio di Susan Sontag, che in Davanti al dolore degli altri approfondisce il senso terribile, ma palpitante, della fotografia di guerra, estendendone i contenuti impliciti (ed espliciti) alla Fotografia tutta. E proprio dalle immagini che stanno raccontando la presenza occidentale in Iraq, sulla cui legittimità non ci esprimiamo (è tutt’altra vicenda, da affrontare e trattare in ambiti adeguati), arrivano infinite sollecitazioni e innumerevoli spunti: sia che si tratti di reportage nel vero senso del termine, sia che si tratti di fotografie di bare che rientrano negli Stati Uniti (proditoriamente scattate e veicolate attraverso canali liberi da vincoli; FOTOgraphia, maggio 2004), sia che si tratti di fotoricordo di torture (FOTOgraphia, giugno 2004). Lasciamo là, dove devono rimanere, queste immagini, e partiamo per un viaggio conseguente, quasi parallelo, che non si richiude sulle sole considerazioni della fotografia di guerra, con tutti i richiami alla propria lunga storia, dal Vietnam alla Seconda guerra mondiale e ancora più indietro. Lasciamo là, dove devono rimanere, queste immagini, ma prima estraiamone lezione e consistenza, per allargare le considerazioni al valore e portata della Fotografia in quanto tale. Ovviamente, si tratta di riflettere sul Tempo, sullo Spazio, sul Ricordo che ogni immagine fissa ed evoca in modo indelebile, sia nella sfera privata di ciascuno di noi, sia in proiezione, diciamo così, collettiva. Del resto, come ben sappiamo, avendolo imparato sulla nostra pelle, i momenti della vita non si possono ripetere, e neppure dividere con altri. A meno che... l’istante fotografico non congeli la vita, consegnandola alla memoria perenne. Wim Wenders, come altri cineasti regista con profonde conoscenze e competenze fotografiche, ha spesso sottolineato, in molti suoi film, il rapporto esistenziale che ciascuno ha con lo scorrere del Tempo e lo svolgimento degli Eventi. Per quanto possa farlo, la fotografia del reale (reportage e dintorni) e quella ricostruita del fantastico (soprattutto moda e pubblicità) hanno questo delicato compito. Addirittura si potrebbe dire “incarico”: di lasciare gli attimi così come si sono vissuti, senza tentare di ripeterli o riviverli, ma conoscendoli e riconoscendoli. Non ci sono formule per la buona fotografia, casomai ce ne sono solo per la bella fotografia (tempi, diaframmi,composizione, inquadratura). Ma c’è qualcosa di più e migliore, che guida la mano di chi realizza fotografie, volendole condividere e assegnando loro valori in avanti nel Tempo (buone fotografie, con anima): l’irrinunciabile curiosità. Con Heinrich Böll: «Sono un clown, e faccio raccolta di attimi». Maurizio Rebuzzini

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Semiologia dell’immagine. Anni Trenta, sala di posa a Milano (F. Celso, corso XXII marzo 19: in rilievo), cerimonia del ritratto, abito della domenica, posa di rito. Momento straordinario: istante fotografico che congela la vita, consegnandola alla memoria perenne.

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IL TEMPO DELLA NATURA

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Tempo e Natura sono il filo conduttore della manifestazione Fotografia in Puglia 2004, estensione dell’originaria Alberobello Fotografia (FOTOgraphia, novembre 2001), nella quale la scena è appunto data al legame tra la rappresentazione della Natura e la sua dimensione temporale. Del resto, è grazie ai processi produttivi naturali legati alla chimica e alla magica alchimia della luce che la fotografia esiste e si può esprimere. Il Tempo, allo stesso modo, non è altro che se stesso, invariato lungo i percorsi dove incontra la Natura in un concetto lineare come lo scorrere della stessa vita. È inequivocabile che il Tempo produca sulla Natura i propri effetti, sia che si tratti di un attimo o di un secolo, tutto ciò che vive ne porta gli esiti. Tutto si definisce in funzione del trascorrere del Tempo. Ecco dove la fotografia manifesta una delle proprie preponderanti funzioni: rappresentare il Tempo, con la inconfutabile delineazione che le è propria. Rappresenta di

(a destra) Dal video d’autore Natura: The Merseyside case di Francesco Jodice, in programma ad Alberobello il 28 novembre.

Da Il Tempo della Natura di Toni Catany, esposta al Museo del Territorio di Alberobello, nell’ambito di Fotografia in Puglia 2004.

conseguenza la Vita (nel proprio binomio col Tempo) come mai prima nella storia dell’umanità. L’identità cronologica fornita dalla testimonianza fotografica rappresenta il Tempo nella propria essenza, il Tempo non solo come storia ma contemplando il Tempo come tempo reale, come stato di esistenza del soggetto riprodotto. Chi usa la lingua italiana può permettersi una doppia accezione del termine Tempo, che in fotografia è più che appropriato, data la coincidenza del concetto di kronos con quello meteorologico. Prestandosi a questo duplice utilizzo, è spontanea l’associazione allo svolgersi del Tempo nella Natura come movimento intrinseco alla modificazione dell’atmosfera, della luce e delle stagioni, dell’orario e del clima. È in questo complesso e articolato muoversi di elementi, eventi quotidiani, morfologie di anni, che la fotografia trova il proprio posto, opera con la proprietà di registrare attimi di esistenza per tradurli in brani di storia. L’attuale edizione di Fotografia in Puglia si sofferma appositamente su

tale riflessione e ricerca: la metamorfosi della Natura attraverso il Tempo. Non solo rappresentativa di una condizione umana dominata dalla tecnologia galoppante, ma, in contrapposizione, l’interesse degli autori si rivolge all’arcaico ritmo naturale del mondo vegetale e botanico, a ciò che è scandito dallo scorrere dei giorni, delle notti e delle stagioni. Fotografia in Puglia 2004 si distribuisce in sedi espositive ad Alberobello, Noci, Bari, Andria e Bitonto: direttore artistico Cosmo Laera, curatori e responsabili Antonella Pierno e Mimmo Ciocia (Associazione Culturale Nicéphore Niépce, via Pola 15, 70011 Alberobello BA; 080-4323291, anche fax; www.photomediterranea.it, info@photomediterranea.it).

ALBEROBELLO ❯ Tavola rotonda nella Sala Consigliare del Comune di Alberobello, piazza del Popolo 31; 27 novembre, 17,00: Il Tempo della Natura con il sindaco Bruno De Luca, l’assessore alla Cultura e al Turismo Gianpiero De Santis, l’assessore alla Cultura e al Turismo

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❯ Dino Cappelletti: Segni profondi del tempo. Galleria Kolt, Fotolaboratorio De Giglio, via De Samuele Cagnazzi 30/34; 16,00-18,00. ❯ Daniella Pusset: Natureza; a cura di Denis Curti. Galleria Arti Visive, via Palazzo di Città 50; 18,00-20,30. ❯ Daniela Cavallo: Tra Sesso e Castità. Foto Box-Acidi Colori, via Vallisa 81; 18,00-20,30.

MOSTRE AD ANDRIA

del Comune di Corigliano Calabro Gaetano Gianzi, Denis Curti (direttore della sede milanese dell’Agenzia Contrasto), Giovanna Calvenzi (photo editor di SportWeek), Maria Teresa Cerretelli (photo editor di Class e presidente GrinGruppo Redattori Iconografici Nazionale), Elena Ceratti (dell’Agenzia Grazia Neri), Vincenzo Velati (critico), Antonella Pierno (docente all’Accademia di Brera, Milano). ❯ Video d’autore: Francesco Jodice (Natura: The Merseyside case), Enrico Bossan (In cinque minuti di caffè), Francesco Radino (Storie di Terra e di Mare), Daniela Cavallo (Piedinterra); 27 novembre, 19,00. ❯ Alberobello Portfolio 2004. Sala Consigliare del Comune di Alberobello, piazza del Popolo 31. 28 novembre; 9,00-13,00 - 15,00-18,00. Con Denis Curti (direttore della sede milanese dell’Agenzia Contrasto), Camilla Invernizzi (responsabile Ufficio Pubblicità e Corporate della sede milanese dell’Agenzia Contrasto), Giovanna Calvenzi (photo editor di SportWeek), Tiziana Jelo (photo editor di SportWeek), Maria Teresa Cerretelli (photo editor di Class e presidente Grin-Gruppo Redattori Iconografici Nazionale), Elena Ceratti (dell’Agenzia Grazia Neri), Beppe Bolchi (fotografo e docente di tecniche creative polaroid), Enrico Bossan (fotografo) Jean-Claude Jost (responsabile premio Alberobello Portfolio), François Lotteau (presidente dell’Associazione Amici di Rully). Il Premio miglior Portfolio si concretizza in una borsa di studio di 1600,00 euro per realizzare una ricerca fotografica sulla vita e i luoghi

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Da Rully Grand Réserve di Mattia Insolera, simultaneamente esposta ad Alberobello e a Rully, in Francia.

di Rully, cittadina francese della Borgogna, tra Digione e Chalon sur Saône. A conclusione, viene prodotta una mostra che sarà esposta simultaneamente ad Alberobello e a Rully alla prossima edizione di Fotografia in Puglia 2005. I tre migliori portfolio sono presentati sul sito www.cultframe.com.

MOSTRE AD ALBEROBELLO Dal 27 novembre al 18 dicembre. ❯ Maurizio Galimberti: Galimbertigalimbalberobellato. Museo del Territorio, piazza XVII maggio; 18,00-20,00. Incontro con l’autore: 28 novembre, 10,00-12,00. ❯ Toni Catany: Il Tempo della Natura. Museo del Territorio, piazza XVII maggio; 18,00-20,00. ❯ Mattia Insolera: Rully Grand Réserve; in collaborazione con l’Associazione Amici di Rully, Francia. Galleria Comunale, piazza del Popolo; 18,00-20,00. ❯ Ninni Pepe: Verde Sangue. Galleria Trullo Sovrano, piazza Sacramento; 10,00-18,00. ❯ Vasiliki Tsoutsoura: Radici. Galleria Casa d’Amore, piazza Ferdinando IV; 10,00-13,00 - 15,00-18,30. ❯ Antonella Monzoni: Lalibela; in collaborazione con Internazionale di Fotografia di Solighetto. Casa della Cultura; via Pola 1a; 18,00-20,00;. ❯ Luigi Minerva: I Giardini del Re. Galleria Colle del Sole, via Indipendenza 62; 9,00-20,00.

MOSTRE A BARI Dal 26 novembre al 18 dicembre. ❯ Andrea Botto: Orizzonti. Galleria Antonelli, viale Unità d’Italia (piazza Galvani); 9,00-13,00 - 17,00-20,00.

Dall’11 dicembre al 6 gennaio 2005. ❯ Gianni Berengo Gardin: Andria d’Autore. Palazzo Ducale, piazza La Corte; 17,00-20,00. ❯ Marco Ambrosi: La Serra Oscura. Chiesa Sant’Agostino, piazza Sant’Agostino; 17,00-20,00. ❯ Stefano Di Marco: Ninfee. Galleria Cumbògrafo, via Pietro Micca 12; 17,00-20,00.

ALTRE MOSTRE ❯ Sguardi e riflessi: collettiva sul linguaggio fotografico di Marco Anelli, Antonietta Corvetti, Daria De Benedetti, Alessandra Dragoni, Luca Gabino, Luigi Gariglio, Vince Paolo Gerace, Francesco Giusti, Claudio Gobbi; in collaborazione con il Grin (Gruppo Redattori Iconografici Nazionale) e FotoGrafia (Festival internazionale di Roma). Palazzo Ex Pretura, via Plebiscito, Centro Storico, 70015 Noci BA. Dal 27 novembre al 6 gennaio 2005; 18,00-20,30. ❯ Maurizio Galimberti: Polaroid = Maurizio Galimberti. In collaborazione con MR Collection di Brescia. Palazzo Antonelli, via Porta Castello 4, 70018 Rutigliano BA. Dal 27 novembre al 6 gennaio 2005; 18,00-20,00. ❯ Instanteatroedintorni by Maurizio Galimberti. Palazzo di Città, 70032 Bitonto BA. Dal 14 dicembre all’8 gennaio 2005; 18,0020,00. ❯ Giovanni Chiaramonte: In Corso d’Opera. Palazzo di Città, 70032 Bitonto BA. Dal 14 dicembre all’8 gennaio 2005; 18,00-20,00. ❯ Mattia Insolera: Rully Grand Réserve; nell’ambito di Rully Fotografia Bourgogne, Francia. Caveau de l’Union des Producteurs; dal 22 novembre al 20 dicembre. Alessandra Alpegiani



SEMPRE IN MEMORIA. Bogen Imaging Italia avvia la distribuzione della gamma di schede di memoria e lettori di card PQI. In catalogo, Compact Flash card ad alta velocità (da 64 a 512Mb), CompactFlash F1 per applicazioni ad altissima velocità 40x (da 128Mb a 2Gb), SD (da 16 a 512Mb), Smart Media (da 16 a 128Mb) e Memory Stick (da 8 a 128Mb). Inoltre, sono disponibili Pen Drive, anche con lettore di scheda integrato e lettori di schede USB in formato multistandard. (Bogen Imaging Italia, via Livinallongo 3, 20139 Milano).

AGFAPHOTO. Da novembre, la divisione Consumer Imaging di Agfa diventa gruppo indipendente di imprese, con nuovi proprietari e un nuovo nome: AgfaPhoto. La conversione è stata ratificata dal Consiglio di Amministrazione e dalla Giunta Direttiva di Agfa-Gevaert NV, così come dal Consiglio di Supervisione e dall’Assemblea degli Azionisti di Agfa-Gevaert AG. Il nuovo gruppo di imprese, con casa madre AgfaPhoto GmbH situata a Leverkusen, storica sede in Germania, abbraccia la totalità del business Consumer Imaging, vale a dire Film e Tecnologia Finishing. Tutte le attività passeranno a AgfaPhoto, in particolare tutti i centri di produzione, i marchi, i brevetti e le conoscenze tecnologiche. AgfaPhoto diventa la nuova impresa per tutto lo staff Consumer Imaging. La direzione della Divisione Consumer Imaging partecipa ad AgfaPhoto. Il 25 per cento è di proprietà di otto membri del gruppo direzionale Consu-

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mer Imaging, diretto da Eddy Rottie, attuale direttore generale della Divisione e nuovo presidente di AgfaPhoto GmbH. Il 55 per cento del capitale sociale di AgfaPhoto GmbH è della NannO Beteiligungsholding GmbH di Monaco, il cui azionista e direttore Hartmut Emans è ben conosciuto nel mercato fotografico e in Agfa. Negli anni Ottanta entrò in Agfa come consulente e nel 2001 prese parte alle negoziazioni di acquisto della divisione Consumer Imaging in qualità di socio collaboratore di quella che allora si chiamava Schroder Ventures (attualmente Palmira). Il 10 per cento è di proprietà della Highfields Capital di Boston, che già dispone di un’ampia partecipazione nell’Agfa-Gevaert NV. Il restante 10 per cento è della Abrams Capital di Boston, holding di grande reputazione, che in questo modo investe per la prima volta nel campo dell’industria fotografica. La pellicola Agfa continua a essere pellicola Agfa e si segnalano nuove iniziative per dare impulso alla rinnovata gestione aziendale. La leggerezza operativa di AgfaPhoto, che non dipende più da altri equilibri che non quelli fotografici sarà determinante. (AgfaPhoto Italy, via Grosio 10/4, angolo viale De Gasperi, 20151 Milano).

zoom 16-45mm f/4 ED AL (equivalente all’escursione 24,569mm sul formato fotografico 24x36mm), la cui variazione 3x (circa) copre le visioni dall’inquadratura fortemente grandangolare all’avvicinamento medio tele. Nel proprio disegno, lo zoom incorpora anche un elemento in vetro ED (Extra-low Dispersion) a basso indice di dispersione e due elementi asferici, per garantire una riproduzione fedele dell’immagine e dimensioni compatte. La sua progettazione semplice e funzionale, senza ghiera di controllo dei diaframmi, migliora notevolmente la maneggevolezza della reflex. (Protege Divisione Foto, via Pratese 167, 50145 Firenze).

DIMENSIONE DIGITALE. Nuova serie di obiettivi intercambiabili per le reflex digitali Pentax, compatti ad alte prestazioni. Il cerchio di copertura degli obiettivi serie SMC Pentax-DA corrisponde alle dimensioni del sensore solido CCD di acquisizione (23,5x15,7 mm), in modo da assolvere al meglio le esigenze della fotografia digitale reflex. Tra l’altro, il nuovo progetto contribuisce anche a una riduzione drastica di dimensioni, peso e costo di produzione, rispetto obiettivi simili/analoghi della fotografia tradizionale 35mm. Il primo obiettivo della famiglia ottica SMC Pentax-DA per reflex digitale Pentax *ist D è lo

DA FOTOCELLULARI. La nuova stampante digitale per cellulari Fujifilm MP-100 utilizza la trasmissione a infrarossi: permette di ottenere stampe da acquisizioni con fotocellulari in qualsiasi momento e luogo. Secondo le previsioni di Info Trends Research Group, nel corrente 2004 le vendite a livello mondiale di fotocellulari stanno raggiungendo 150 milioni di unità, vale

a dire oltre un quarto di tutti i cellulari venduti. Con la rapida espansione del mercato dei fotocellulari e l’introduzione di modelli di caratteristiche superiori con risoluzione da un Megapixel e oltre, cresce anche la necessità di stampare le fotografie realizzate. Per soddisfare questa esigenza, la stampante Fujifilm MP-100 è caratterizzata da un layout semplice e funzionale e design giovane, colorato (disponibile in due versioni blue e silver), estremamente compatto e leggero. Non rientrando nella categoria di altre stampanti domestiche (stampanti a getto di inchiostro) o dei servizi stampa in negozio, la MP100 crea una nuova categoria di mercato di soluzioni di stampa per fotocellulari. Dotata di un’interfaccia a infrarossi, la MP-100 è in grado di stampare immagini senza la necessità di collegare cavi o altri supporti. Il funzionamento è semplice: è sufficiente premere il pulsante di accensione Power, selezionare i dati dell’immagine da stampare e inviarli via raggi infrarossi dal fotocellulare alla stampante. La Fujifilm MP-100 stampa copie colore 46x61mm su supporto 54x86mm in ventun secondi (l’immagine inizia ad apparire dieci secondi dopo l’elaborazione della stampa), con un basso consumo energetico (circa 130 stampe standard con due batterie CR2 al Litio). Inoltre, la tecnologia Image Intelligence di Fujifilm (software di elaborazione delle immagini utilizzato nei Minilab digitali Fujifilm) garantisce la correzione dell’esposizione per immagini scattate in condizioni di scarsa illuminazione. (Fujifilm Italia, via De Sanctis 41, 20141 Milano).

ALTE COOLPIX. Le due nuove digitali a obiettivo zoom fisso Nikon Coolpix 8800 e Nikon Coolpix 8400, che condividono il sensore solido CCD di acquisizione con consistente risoluzione di otto Megapixel, offrono in-


Notizie

IN-OUT

dipendenti interpretazioni ottiche della propria rispettiva visione fotografica. Lo zoom 10x della Coolpix 8800 passa rapidamente dall’inquadratura moderatamente grandangolare, equivalente alla focale 35mm sul formato fotografico 24x36mm, riferimento d’obbligo, all’avvicinamento tele del lungo 350mm, nella medesima equivalenza. Per la prima volta, in una dotazione che non nasce nel delica-

to territorio della fotografia professionale, una configurazione digitale è arricchita della stabilizzazione Nikon VR, particolarmente utile agli ingrandimenti estremi del soggetto inquadrato, appunto propri e caratteristici di tanta interpretazione tele. All’opposto, quasi e per metafora, la Nikon Coolpix 8400 si muove invece in un altro ambito fotografico, quello dell’inquadratura grandangolare: con variazione focale limitata all’escursione paragonabile all’inquadratura da 24 a 85mm della fotografia 24x36mm. Nella Coolpix 8800, oltre la modalità Normale, che consente di ottenere immagini a mano libera straordinariamente “ferme”, è disponibile la modalità Attivo, che aiuta la ripresa in situazioni difficoltose (per esempio quando si fotografa da un veicolo in movimento o

in condizioni ambientali comunque sia disagevoli). Grazie al sistema VR, scattando a mano libera, il fotografo può ottenere immagini di qualità superiore in condizioni di luce debole, in riprese con focali tele e nella ripresa macro fino alla distanza di un solo centimetro dalla lente frontale. La stabilizzazione VR funziona anche con il Converter Tele, aggiuntivo ottico (accessorio opzionale) che spinge la focale dell’obiettivo a 600mm, sempre nell’equivalenza con la fotografia piccolo formato 24x36mm. Con il proprio zoom corrispondente alla variazione 2485mm della fotografia tradizionale 24x36mm, la Nikon Coolpix 8400 offre l’inquadratura grandangolare più spinta della propria famiglia digitale: consente la ripresa di un’ampia varietà di situazioni, dal pae-

saggio maestoso al ritratto in primo piano. La messa a fuoco minima a soli tre centimetri estende la versatilità al campo macro e permette di riempire l’inquadratura con soggetti di piccole dimensioni, ricchi di dettagli. Grazie al sofisticato sensore da otto Megapixel, la Coolpix 8400 offre immagini con una risoluzione sorprendentemente elevata. Inoltre, è possibile stampare le immagini direttamente, senza necessità di usa-

L’AZIONE IN PUGNO

322RC2 TESTA RAPIDA A SFERA

CARATTERISTICHE TECNICHE:

LA NUOVA 322RC2 È UNA RIVOLUZIONARIA TESTA FOTOGRAFICA A SFERA CHE UNISCE LA VELOCITÀ AL CONTROLLO. IL SUO SISTEMA D’IMPUGNATURA DINAMICA È IL COLLEGAMENTO PIÙ EVOLUTO FRA VOI E LA FOTOCAMERA, PER POSIZIONARE, INCLINARE, BLOCCARE E RILASCIARE CON PRECISIONE, SICUREZZA, RAPIDITÀ E CON UNA SOLA MANO. 3°

90°

90° 90°

ALTEZZA 10,3cm PORTATA MASSIMA 5kg PESO 0,7kg

MOVIMENTO PANORAMICO DI 360° INCLINAZIONE LATERALE -3° +90° INCLINAZIONE FRONTALE -90° +90°

LA RIDOTTISSIMA ALTEZZA MANTIENE IL PESO DELLA FOTOCAMERA PROSSIMO AL CENTRO DI GRAVITÀ DEL TREPPIEDI PIASTRA A SGANCIO RAPIDO CON FERMO SECONDARIO DI SICUREZZA CONTROLLO FRIZIONE REGOLABILE SECONDO IL PESO DELLA FOTOCAMERA LIVELLA A BOLLA INCORPORATA, DESIGN ERGONOMICO, CORPO IN MAGNESIO IMPUGNATURA POSIZIONABILE A DESTRA, SINISTRA O IN VERTICALE

Manfrotto è distribuito in esclusiva da:

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CONTROLLO COLORE. So-

re il computer, in quanto tra le caratteristiche dell’apparecchio è compresa la compatibilità PictBridge. In virtù dell’ampia gamma di converter ottici e altri accessori opzionali disponibili, la Coolpix 8400 si configura, inoltre, come una versatile digitale “a sistema”. (Nital, via Tabacchi 33, 10132 Torino).

OSSERVA E SCATTA. Nei decenni scorsi, in epoca di apparecchi fotografici camuffati, ci fu un binocolo che nascondeva in sé una macchina fotografica, ovverosia un apparato in grado di scattare fotografie con una certa discrezione; se non ricordiamo male, si chiamava Nicnon Binocular Camera (1968). Qualcosa di analogo, con altri intendimenti, tutti espliciti, tutti

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dichiarati, si presenta con l’attuale Bushnell Instant Replay 8x32, appunto un binocolo che permette di scattare anche fotografie e video digitali. L’Instant Replay 8x32 è un binocolo semplice, compatto, e potente (ben 8 ingrandimenti), che integra un sensore CCD di media risoluzione da 2,1 Megapixel. Si usa come un binocolo normale (traguardando attraverso i due oculari e regolando la messa a fuoco), e in più si può scattare fotografie o dare avvio alla ripresa, fino a trenta secondi: basta premere l’apposito pulsante. Immediatamente dopo, le immagini possono essere riviste sul display LCD a colori, integrato nello strumento. I file vengono memorizzati su una CompactFlash Card. Per il trasferimento al computer è disponibile la porta USB, e c’è anche la possibilità di rivedere tutto su un normale televisore, grazie all’uscita video. (Protege - Divisione Foto, via Pratese 167, 50145 Firenze).

prattutto nell’ambito della stampa colore in forti ingrandimenti, finalizzati a fiere o allestimenti scenici, si stanno affermando nuovi supporti, per i quali si richiedono comunque qualità e fedeltà cromatiche. Per questo è fondamentale creare profili ICC per poter applicare in modo adeguato il Color Management. Barbieri Electronic, costruttore di strumenti di misurazione colore da oltre vent’anni, ha progettato e prodotto un nuovo spettrofotometro dedicato, Spectro LFP (appunto Large Format Printing), che legge automaticamente in riflessione e trasmissione ed è adatto per misurare materiali pesanti o con spessore fino a 2cm. In questo modo possono essere controllati automaticamente tutti i materiali che sono stati lavorati su stampanti di grande formato: carta, vinile, stoffa, cartoni, lastre in materiale sintetico, cartongesso, legno, vetro, piastrelle in ceramica, e altro ancora. (Barbieri Electronic, via Seidner 35, 39042 Bressanone BZ; 0472-834024, fax 0472-833845; www.barbierielectronic.com, info@barbierielectronic.com).

BUONA MEMORIA. Consistenti novità in casa SanDisk: con ordine. Anzitutto si segnala la gamma SanDisk Estreme III, che si presentano come le card di memoria più veloci al mondo, adatte ai file di dimensioni sempre crescenti prodotti dagli apparecchi digitali di ultima generazione. Disponibili in formato Memory Stick e CompactFlash, le Extreme III sono

caratterizzate da rispettive velocità di lettura e scrittura minima di 18 e 20Mb al secondo. Questo si deve all’applicazione della nuova tecnologia ESP (Enhanced Super Parallel Processing), che sfrutta appieno le caratteristiche degli apparecchi digitali più attuali. Per garantire la massima sicurezza di uso, le nuove card SanDisk Extreme III sono fornite assieme a Photo RescuePRO, un programma in grado di recuperare i file eventualmente danneggiati o cancellati accidentalmente. A seguire, le CompactFlash Ultra II approdano alle capacità di 4 e 8Gb, con velocità in scrittura di 9Mb al secondo e in lettura di 10Mb al secondo. L’evoluzione in Ultra II rappresenta una significativa meta per la fotografia digitale professionale, che richiede sempre maggiore velocità di scrittura e lettura della scheda, minore usura e maggiore affidabilità. In dotazione, anche qui il software Photo RescuePRO. Infine, si registra l’attivazione del servizio Call Center per i prodotti SanDisk. Al telefonico 02-69682725 è possibile ricevere informazioni tecniche relative a qualsiasi prodotto in catalogo. (Mamiya Trading, via Cesare Pavese 31, 20090 Opera Zerbo MI).



ANCORA IN TRE DIMENSIONI

S

Sullo scorso numero di settembre abbiamo recuperato una testimonianza lontana cinquant’anni. In una copia di Life della primavera 1952, avvicinata per altri motivi -da una storia di baseball a un reportage di W. Eugene Smith, strillati in copertina-, abbiamo incontrato un servizio di David Douglas Duncan sul generale Dwight David Eisenhower, eroe del fronte occidentale

della Seconda guerra mondiale, che di lì a qualche mese sarebbe stato eletto trentaquattresimo presidente degli Stati Uniti, rimanendo in carica per due mandati successivi, fino al 1961 (quando avrebbe passato le consegne a John F. Kennedy; FOTOgraphia, novembre 2003). In particolare, abbiamo sottolineato che Ike Eisenhower fu fotografo 3D, come rivela l’uso di una efficace Stereo Realist, ben visibile tra le sue mani. Apparecchio stereo, appunto, la statunitense Stereo Realist visse una propria lusinghiera stagione tecnica e commerciale a cavallo degli anni Cinquanta. A questo proposito, abbiamo già ricordato le campagne pubblicitarie affidate a testimonial di grande richiamo popolare: il regista Cecil B. de Mille e gli attori Bob Hope, Fred Astaire e Ann Sothern, eroina delle prime sitcommedy televisive, direttamente ereditate dalla precedente stagione della radio (pagina accanto). In un’epoca nella quale la raffigurazione tridimensionale affascinò l’intero mondo del cinema, fino alla proiezione di film 3D da osservare con gli appositi occhialini di visione (anni Cinquanta, con reiterati tentativi nei decenni successivi, sempre esauritisi in se stessi), alcuni registi e attori frequentarono la

stessa rappresentazione tridimensionale anche nella vita privata. Una volta lasciato il cinema, Harold Lloyd, celebrità degli anni del muto, quando contese la scena a Charlie Chaplin e Buster Keaton, si dedicò interamente alla propria passione fotografica, e per due decenni documentò la vita dello star system hollywoodiano con apparecchi stereo. Nella monografia 3-D Hollywood, curata dalla nipote Suzanne Lloyd Hayes, pubblicata nel 1992 dall’editore newyorkese Simon & Schuster, sono raccolte affascinanti visioni in delicato equilibrio tra privato e pubblico. Tra tanto materiale, due segnalazioni sono doverose. Anzitutto rileviamo un ulteriore richiamo tridimensionale: una Stereo Realist tra le mani di Dick Powell in costume di scena, sul set di Mrs. Mike (1949; qui sotto). Attenzione: Dick Powell fu per anni vicepresidente del club di fotografi stereo, del quale Harold Lloyd era presidente. Quindi, registriamo un prezioso backstage della sessione fotografica di Philippe Halsman (pagina accanto) per la prima copertina che il 7 aprile 1952 Life dedicò all’allora venticinquenne Marilyn Monroe (curiosità: dialogo tra Marilyn/Zucchero e Tony Curtis/Josephine in A qualcuno piace caldo [FOTOgraphia, settembre 2002]: «Lo sai che

All’inizio degli anni Cinquanta, la Stereo Realist era molto in voga all’interno dello star system hollywoodiano: Humphrey Bogart in vacanza con la moglie Lauren Bacall; Richard Burton in privato (a sinistra si noti la cassetta portadiapositive stereo); Alfred Hitchcock con la moglie Alma Reville.

Da 3-D Hollywood, monografia di fotografie stereo realizzate da Harold Lloyd, curata dalla nipote Suzanne Lloyd Hayes: l’attore Dick Powell in costume di scena, sul set di Mrs. Mike (1949) con la propria Stereo Realist.


compio venticinque anni, a giugno? È un quarto di secolo, ti dà da pensare» «A cosa?»). E non è ancora tutto. Ci sono altri ritratti che certificano la combinazione tra cinema e fotografia ste-

Campagna pubblicitaria Stereo Realist pubblicata su National Geographic Magazine e American Photography nel 1949 e 1950: testimonial di richiamo il regista Cecil B. de Mille e gli attori Bob Hope, Fred Astaire e Ann Sothern. Backstage stereo di Harold Lloyd. Philippe Halsman fotografa la venticinquenne Marilyn Monroe per la sua prima copertina di Life (7 aprile 1952).

reo, sempre nel senso di Stereo Realist: Humphrey Bogart in vacanza con la moglie Lauren Bacall (pagina accanto, in alto); Richard Burton in privato (con tanto di cassetta portadiapositive stereo; pagina accanto, al centro); Alfred Hitchcock con la moglie Alma Reville

(pagina accanto, in basso). Solo nostalgia? Non proprio: immancabile curiosità per tutto quanto ha definito e ancora definisce il fantastico mondo della fotografia, senza soluzione di continuità. E la curiosità è una componente fondamentale dell’essere in fotografia. M.R.


JAMES NACHTWEY Una domanda che ti avranno fatto tante volte, per quale ragione sei diventato fotografo di guerra? «Già negli anni Ottanta avevo scritto un documento di intenti che spiegava il mio pensiero fotografico, ero giovane allora e pieno di ideali [a pagina 20]. Ancora oggi sono convinto che solo attraverso l’informazione si arrivi alla conoscenza, e solo la conoscenza aiuta a risolvere i problemi che affliggono l’umanità. Le mie fotografie da sole non bastano, ma ci sono tanti altri bravi fotografi che as-

LA MOSTRA

T

itola semplicemente Fotografo di guerra, la mostra dedicata a James Nachtwey, grande e coraggioso fotoreporter del nostro tempo: Palazzo Magnani, corso Garibaldi 29, 42100 Reggio Emilia; 0522454437, fax 0522-444436; www.palazzomagnani.it, info@palazzomagnani.it; dal 17 ottobre al 16 gennaio 2005; martedì-domenica 9,30-13,00 - 15,00-19,00 (Natale e Capodanno 15,00-19,00).

«Cerco di diventare il più possibile responsabile di fronte al soggetto. L’atto di essere uno che viene da fuori e che punta una macchina fotografica può essere una violazione dell’umanità».

«L’11 settembre non mi sono fatto sopraffare dall’emozione ma ho fotografato tutta la giornata. A casa non c’era corrente elettrica, acqua, telefono, l’illuminazione era fornita da alcune candele che avevo acceso. Mi sono reso conto di aver vissuto quella situazione altre volte, ma in quel momento ero a casa mia, non in qualche sperduto paese in guerra dall’altra parte del mondo».

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sieme a bravi giornalisti aiutano la gente comune a capire la realtà. «Anche i politici sono persone, leggono i giornali, guardano la televisione, provano le stesse emozioni della gente comune e quindi sono informati attraverso una visione diretta dei risultati delle loro scelte. La ex Jugoslavia è un chiaro esempio di come l’informazione, compresa quella fotografica, abbia contribuito a una più chiara visione del problema, aiutando a trovare una soluzione». Come ti poni davanti alle problematiche dei tuoi soggetti? «Le realtà che affronto mi consentono di fotografare persone in atteggiamenti che non potrei mai cogliere al di fuori di quella situazione. «Le persone si sentono vittime e capiscono che il mio lavoro rende partecipe qualcun altro dell’ingiustizia che loro stanno vivendo, e mi accettano come uno di loro. Ho sempre cercato di affrontare i vari punti di vista. In Cecenia, in Afghanistan, in Palestina, in Kosovo, in Sudan, in Brasile, in Iraq, come an-

GIULIANO FERRARI

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Da metà ottobre a metà gennaio, a Palazzo Magnani di Reggio Emilia viene esposta una compendiosa mostra di James Nachtwey, unanimemente considerato il più significativo fotografo di guerra del nostro tempo. Per l’occasione, Giuliano Ferrari, fotografo del quale abbiamo recentemente presentato un lavoro su Canossa (in FOTOgraphia del febbraio 2004), lo ha incontrato. Insieme hanno parlato di fotografia di guerra e di partecipazione del reporter agli avvenimenti che documenta e testimonia.


che in America, ho sempre fotografato entrambe le parti in causa, per una migliore e doverosa comprensione della situazione in cui esplodevano questi contrasti». L’11 settembre 2001 eri a New York, quale è stata la tua reazione il giorno dell’attacco alle Torri? «Io abito solamente a due isolati

dalle Torri gemelle e quando ho capito che stava succedendo qualcosa di gravissimo, ho preso la macchina fotografica e sono uscito di corsa. Sono abituato a situazioni estreme, quindi non mi sono fatto sopraffare dall’emozione ma ho scattato fotografie tutta la giornata, fino a sera, quando ho portato le pellicole alla redazione di Time. Poi

«Per me, la forza della fotografia sta nella propria capacità di evocare un senso di umanità. Se la guerra è un tentativo di negare l’umanità, allora la fotografia può essere concepita come l’opposto della guerra, e se usata bene può essere un ingrediente potente nell’antidoto alla guerra».

sono tornato a casa; nel tragitto sono stato fermato diverse volte in vari posti di blocco che si erano formati nel frattempo. A casa non c’era corrente elettrica, acqua, telefono, l’illuminazione era fornita da alcune candele che avevo acceso. Mi sono reso conto di aver vissuto quella situazione altre volte, ma in quel momento ero a casa mia, non

JAMES NACHTWEY

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ato a Syracuse (New York), nel 1948, e cresciuto nel Massachusetts, nella sua scelta di diventare fotografo, James Nachtwey è profondamente segnato, dalle immagini della guerra nel Vietnam e del movimento per i Diritti Civili. Autodidatta, comincia a lavorare nel 1976 come fotografo per i quotidiani nel New Mexico; dal 1980 è a New York City, dove inizia la carriera di fotografo freelance per l’editoria. Il suo primo compito all’estero è del 1981: in Irlanda, durante lo sciopero della fame di alcuni militanti dell’IRA (Irish Republican Army). Da allora, James Nachtwey ha dedicato la sua vita e la sua attività a documentare guerre e conflitti sociali, con immagini che sfidano la nostra indifferenza e passività, sia per la loro intrinseca bellezza, sia per la loro manifesta attenzione alla vita. «Io voglio registrare la storia attraverso il destino di individui. Io non voglio mostrare la guerra in generale, né la storia con la “s” maiuscola, ma piuttosto la tragedia di un singolo uomo, di una famiglia», sottolinea James Nachtwey. Altrettanto evidente è la tensione morale con cui il fotografo si immerge dentro la guerra, la fame, l’annientamento degli esseri umani: «Vorrei che il mio lavoro potesse appartenere alla storia visiva del nostro tempo, per radicarsi nella nostra memoria e coscienza collettiva. Sono stato un testimone e queste fotografie sono la mia testimonianza. Ho dato conto della condizione delle donne e degli uomini che hanno perduto tutto, le loro case, le loro famiglie, le loro braccia e le loro gambe, la loro ragione. E al di là e nonostante tutte queste sofferenze, ciascun sopravvissuto possiede ancora l’irriducibile dignità che è propria di ogni essere umano». Memorabili sono i suoi reportage da El Salvador, Nicaragua, Guatemala, Libano, Gaza, Israele, Indonesia, Thailandia, India, Sri Lanka, Afghanistan, Filippine, Sud Corea, Somalia, Sudan, Ruanda, Sud Africa, Russia, Bosnia, Cecenia,

Kosovo, Romania, Brasile, Stati Uniti, Iraq, Darfur. James Nachtwey lavora per Time Magazine dal 1984; è stato membro dell’Agenzia Magnum Photos dal 1986 al 2001, ed è tra i fondatori dell’Agenzia VII (FOTOgraphia, febbraio 2004). Tra i tanti riconoscimenti attribuitigli, è stato vincitore della Robert Capa Golden Medal per cinque volte, del Magazine Photographer of the Year per sei volte e dell’Eugene Smith Memorial Grant in Humanistic Photography. James Nachtwey è rimasto gravemente ferito da una granata, a Baghdad, nel dicembre 2003, mentre si trovava, con un collega di Time, su una jeep con alcuni soldati americani di pattuglia in un quartiere. Da FOTOgraphia del febbraio 2004: «L’11 dicembre scorso, James Nachtwey è stato gravemente ferito in Iraq, dove aveva appena concluso un incarico per Time, che ha pubblicato il servizio fotografico sul numero in edicola martedì 23 dicembre (in Italia è apparso su D-la Repubblica delle Donne). Insieme a un giornalista, James Nachtwey si stava muovendo a bordo di una autoblindo scoperta; improvvisamente una granata ha colpito il mezzo blindato. Passando sopra la spalla del fotografo, la bomba è caduta sul sedile davanti a lui, vicino al giornalista, che l’ha ributtata immediatamente via: molto probabilmente questo gesto ha salvato la vita a entrambi. Sia James Nachtwey sia il giornalista indossavano giubbotto antiproiettile ed elmetto, e anche questo ha rappresentato una provvidenziale protezione. Infatti il fotografo ha schegge dappertutto, fuorché nelle parti del corpo protette dal giubbotto e dall’elmetto. Ricoverato in un ospedale militare statunitense, James Nachtwey è stato successivamente trasportato in Germania, dove è stato operato. Gli sono state estratte schegge di bomba da entrambe le gambe, anca destra e braccio sinistro».

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PERCHÉ FOTOGRAFARE LA GUERRA?

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esto originale che James Nachtwey scrisse nel 1985, poco prima di diventare membro dell’Agenzia Magnum Photos (nella quale è rimasto fino al 2001): quasi un manifesto, un credo sul significato del suo essere un fotografo di guerra.

C’

è sempre stata la guerra. La guerra infuria in tutto il mondo ora. E non c’è motivo di credere che la guerra cesserà di esistere nel futuro. Dato che l’uomo è diventato sempre più civilizzato, i suoi mezzi di distruzione del proprio simile sono diventati ancora più efficienti, crudeli e devastanti. Con la fotografia, è possibile porre fine a una forma di comportamento umano che è esistita in tutta la storia? Le proporzioni di questa affermazione sembrano ridicolmente squilibrate. Tuttavia, mi ha motivato proprio questa idea. Per me, la forza della fotografia sta nella propria capacità di evocare un senso di umanità. Se la guerra è un tentativo di negare l’umanità, allora la fotografia può essere concepita come l’opposto della guerra, e se usata bene può essere un ingrediente potente nell’antidoto alla guerra. In un certo senso, se una persona assume il rischio di mettersi nel mezzo di una guerra per comunicare al resto del mondo ciò che accade, sta cercando di negoziare in favore della pace. Forse è la ragione per la quale quelli che sono responsabili di perpetuare la guerra non amano avere fotografi attorno. Se tutti potessero essere proprio là una volta, per vedere con i loro occhi che cosa fa il fosforo bianco al volto di un bambino, o che indicibile sofferenza è causata dall’impatto con una sola pallottola, o come un frammento seghettato di

in qualche sperduto paese in guerra dall’altra parte del mondo, stava succedendo nel mio paese, nella mia città, nel mio quartiere». Ti ritieni un uomo speciale per

granata può tagliare la gamba di qualcuno, se tutti potessero essere là per vedere con i propri occhi la paura e il dolore, solo una volta, allora capirebbero che non vale affatto la pena lasciare che le cose arrivino al punto in cui ciò accada a una sola persona, per non parlare di migliaia. Ma tutti non possono essere là, ed ecco perché i fotografi sono là: per fare loro vedere, per raggiungerli, afferrarli e fare loro smettere quello che stanno facendo e dedicare attenzione a ciò che succede, per dare vita a fotografie abbastanza potenti da sconfiggere gli effetti annacquanti dei mezzi di comunicazione di massa e scuotere le persone al di là della propria indifferenza, per protestare e con la forza di quella protesta fare sì che altri protestino. La peggiore cosa è sentire che come fotografo posso trarre beneficio dalla tragedia di qualcun altro. Questa idea mi tormenta. È qualcosa con cui debbo fare i conti ogni giorno, perché so che se mai permettessi alla mia sincera compassione di essere sopraffatta dall’ambizione personale avrei venduto la mia anima. La posta è semplicemente troppo alta per me per pensare in un altro modo. Cerco di diventare il più possibile responsabile di fronte al soggetto. L’atto di essere uno che viene da fuori e che punta una macchina fotografica può essere una violazione dell’umanità. Il solo modo in cui posso giustificare il mio ruolo è di avere rispetto per la situazione difficile dell’altra persona. La misura in cui io faccio ciò è la misura in cui vengo accettato dall’altro, e la misura in cui posso accettare me stesso. James Nachtwey

quello che fai? Un eroe? «Nelle situazioni straordinarie, chiunque agisce in modo straordinario. Durante un lavoro fotografico che documentava la vita dei campesinos «Le realtà che affronto mi consentono di fotografare persone in atteggiamenti che non potrei mai cogliere al di fuori di quella situazione».

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sudamericani, mi ricordo un padre che, durante una sparatoria, tentava in tutti i modi di proteggere con il suo corpo la propria figlia: per me si è comportato da eroe, ma credo che qualsiasi padre, in qualsiasi paese del mondo, in quelle condizioni si sarebbe comportato allo stesso modo». Sei stato ferito in Iraq [a pagina 19]. Questo ha cambiato il tuo modo di agire? «Sì, sono stato ferito mentre ero su una jeep con alcuni soldati americani e non sono ancora perfettamente guarito, non riesco ancora a correre e per andare nelle zone di guerra è necessario essere in piena forma. Comunque, in attesa di ristabilirmi completamente, continuo a fotografare problematiche sociali, e quindi il mio lavoro continua e spero che prosegua ancora per molti anni». Intervista di Giuliano Ferrari



PHOTO33.COM ON-LINE

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Con la complicità di giornate di sole pieno, all’inizio di settembre il Gruppo Dragoni, della provincia di Verona, ha presentato a un pubblico di addetti al settore Photo33.com, servizio di stampa colore da file attraverso la rete Internet. In campo internazionale esistono diverse iniziative del genere, per lo più avviate in situazioni geografiche e sociali particolari: grandi spazi, lontananza degli utenti dai riferimenti fotografici tradizionali, abitudine al servizio a distanza (indipendentemente dagli attuali collegamenti in Rete), consistente alfabetizzazione informatica. Anche in Italia, abbiamo registrato precedenti analoghi, forse attivati e attuati in tempi eccessivamente acerbi, che non hanno dato i frutti prospettati e sperati. L’efficace azione Photo33.com arriva sul mercato in un momento adeguatamente propizio, che registra una significativa quantità di apparecchi digitali in azione, tra le mani di milioni di utenti (le cifre sono

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queste), una adeguata diffusione di collegamenti Internet e una proliferazione di servizi conto terzi a distanza, che si estendono in un’ampia serie di forniture, dall’acquisto di libri o altri beni a infinite possibilità di dialogo privilegiato a distanza. Inoltre, la combinazione con attrezzature da stampa di ultima generazione, nello specifico Agfa d-lab (FOTO graphia, dicembre 2003), assicura prestazioni fotografiche di alta qualità formale.

Carlo Dragoni, titolare di Photo33.com, servizio on-line di stampa colore da file. Homepage del sito Photo33.com per la stampa colore da file. Inoltre si segnalano diversi servizi complementari.

Tra i propri plus, tutti verificabili al collegamento in Rete, con aggiornamenti di servizio in tempo reale, Photo33.com vanta la comunicazione diretta, senza che sia necessario attivare altre ulteriori combinazioni. In particolare, non è necessario scaricare alcun software, e l’utente può agire con le proprie dotazioni di base: invia il proprio file e sceglie il tipo di stampa fotografica desiderata, specificando il formato, le finiture e gli eventuali abbinamenti scelti (e sono previste anche lavorazioni supplementari, tipo stampa su tazza, cuscino, t-shirt, per portachiavi e altro ancora). Coerentemente, viene visualizzata la spesa, e il pagamento è effettuabile in diversi modi, dalla carta di credito a un credito proprio personale precedentemente avviato attraverso l’apposito servizio predisposto. La consegna delle stampe colore è effettuata con il servizio delle Poste Italiane, che da tempo può vantare un’efficacia che in passato non era certo caratteristica peculiare (tanto da tenere il nostro paese lontano dalle insidie di un servizio almeno discutibile: storia antica, da dimenticare). Se il buon giorno si vede dal mattino (orribile proverbio, come tutti del resto), la presentazione pubblica del servizio è garanzia di efficienza adeguata alle promesse. Solitamente, non si dovrebbe accennare all’infrastruttura del proprio mestiere, ma lasciare la parola ai fatti, agli svolgimenti. In questo caso è però opportuno spendere due parole anche per la presentazione. Non si tratta tanto di commentare e rendere pubblica la straordinaria accoglienza e l’abile organizzazione, che hanno fatto svolgere due intense giornate di fantastico coinvolgimento, con tempi e modi tra lo squisito e l’utile (tanto per quantificare si è trattato della più intelligente e concreta conferenza stampa tra quante abbiamo frequentato negli ultimi vent’anni, e forse ancora più indietro), quanto, più concretamente, di una affascinante sessio-


ne operativa allargata a giornalisti oltre lo stretto ambito di settore (fotografico). Presentando se stesso, Photo33.com ha dato enfasi e vigore all’intero gesto fotografico, spingendo soprattutto il concetto di stampa da file, per certi versi indipendentemente dal proprio servizio in Rete. Se servisse, ma nel settore della fotografia commerciale non capiamo più cosa serva, oltre l’insolenza diffusa, è stata una lezione di stile, di appartenenza a un mon-

Il listino prezzi di Photo33.com specifica con chiarezza sia le lavorazioni fotografiche standard della stampa colore, sia le lavorazioni aggiuntive e complementari.

do, di promozione a monte di una realtà, tra le cui pieghe esercitare il proprio mestiere. Infine, riguardo il servizio di stampa on-line non possiamo esimerci dall’esprimere la nostra ritrosia personale che riguarda l’idea, non le prestazioni di Photo33.com. Il mercato fotografico ha sì bisogno di più stampe su carta dai tanti file prodotti dai milioni di apparecchi digitali in circolazione, ma non dovrebbe rinunciare a quel rapporto diretto con il cliente, con l’utente che entra in negozio, che dà vita e senso allo stesso esercizio del commercio. Quindi, quanto tiene distante dal negozio di fotografia non produce altre sollecitazioni che lo stretto necessario, non coinvolge in altri aspetti della fotografia, che così rischiano di rimanere sempre più latenti e latitanti (ammesso, e non concesso, che il cliente che entra nel negozio fotografico venga accolto e coin-

volto in modo adeguato; e anche su questo abbiamo le nostre riserve). Ma! C’è sempre un ma! Se questo servizio a distanza avviene e si manifesta con l’efficienza di Photo33.com o con altre combinazioni, non possiamo pensare a una causa, ma a un effetto. Effetto di una situazione commerciale nella quale i fotonegozianti non si sono sempre dimostrati all’altezza del proprio compito. E la riflessione dovrebbe far... riflettere. M.R.


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TRATTI DI REPORTAGE

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Una vicenda attuale, una storia, se vogliamo, comune in questi anni di invasioni e guerre, presentate come “giuste” (FOTOgraphia, luglio 2004: Venti di guerra?), che stanno ormai diventando lunghi, troppo lunghi o, addirittura, solo troppi. Una storia raccontata, però, in modo del tutto insolito, quasi paradossale, se consideriamo l’argomento; ma forse proprio a questo deve la propria efficacia, la propria falsa irriverenza, per sottrarsi al fantasma delle vicende diventate abitudine, all’impotente risposta che ci riserviamo di non dare, col pretesto della consuetudine ad ascoltare ciò che è scomodo. Ecco comparire la storia contemporanea in una serie a fumetti, una pubblicazione che racconta attraverso la combinazione insolita di

Combinazione di fumetti e fotografia, la serie Le Photographe, in Italia Il fotografo, racconta le missioni in Afghanistan di Didier Lefèvre: dalla realtà alla fantasia per raccontare l’essenza dell’impegno personale di un reporter.

disegno e fotografia, due ambiti che francesi e belgi sanno declinare con precisione e alta qualità formale e di contenuto. Edito da Dupuis nella collana Aire Libre, la vicenda di Le Photographe è stata concepita e ideata da un fotografo (appunto), Didier Lefèvre, che racconta se stesso, la propria esperienza di vita e lavoro in Afghanistan in un lasso di tempo che va dal 1986 al 2002. Affiancato in questa impresa editoriale dal disegnatore Emmanuel Guibert e dallo sceneggiatore Lemercier, il fotografo dedica la storia all’équipe di Medici Senza Frontiere, che l’hanno veramente vissuta: Juliette, Robert, Régis, John, Mahmad, Sylvie, Évelyne, Odile, Michel e Ronald.

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Al momento, sono stati pubblicati due volumi di Le Photographe, semplicemente identificati con la progressione numerica di 1 e 2, reperibili nelle librerie internazionali e in quelle specializzate: 12,95 euro in Francia e Belgio, prezzi superiori negli altri paesi europei. In Italia è già stato tradotto il primo volume: Il fotografo; Lizard edizioni (vicolo Margana 15, 00186 Roma; www.lizardedizioni.com, lizarded@tin.it); 17,50 euro. E l’edizione italiana è ancora più meritevole dell’originaria in lingua francese, considerata la particolarità della materia, così distante dalla nostra tradizione del fumetto leggero. Sia in originale, sia in traduzione italiana, un esito editoriale al con-


tempo geniale, commovente e terribilmente drammatico: là dove il disegno (il fumetto) dà rilievo e leggerezza al valore estetico, resta sempre uno spazio in cui si incastra, con il proprio linguaggio reale e crudele, la verità di una fotografia. Dalle strisce dei provini a contatto delle fotografie con cui, in una sequenza di scatti, Didier Lefèvre saluta Parigi, città in cui vive e che sta lasciando, alle immagini di vero e proprio reportage di vita e guerra, che ricorrono in tutto il libro, il percorso visivo e narrativo fornito al lettore è sapientemente dosato, per dare corpo a questo

Prima delle avventure a fumetti, le otto missioni compiute da Didier Lefèvre in Afghanistan tra il 1986 e 2002 sono riunite nel libro Didier Lefèvre, photographe Voyage in Afghanistan Le Pays des citrons doux et des oranges amères, pubblicato nel 2003 dalle edizioni Ouest-France.

Le Photographe (Tome 1 e Tome 2), di Emmanuel Guibert, Didier Lefèvre e Lemercier; collana Aire Libre, Dupuis (www.dupuis.com); 80 e 64 pagine 23x30cm, cartonato; 12,95 euro in Francia e Belgio. Il fotografo (primo volume); Lizard edizioni (vicolo Margana 15, 00186 Roma; www.lizardedizioni.com, lizarded@tin.it); 17,50 euro.

singolare prodotto della comunicazione. Un fumetto? Una raccolta di immagini di reportage? Un racconto di Storia? Tutti e tre, probabilmente (o sicuramente?). E la loro

combinazione non stride. Chi sa vedere la verità, o meglio, chi vuole guardarla, non teme il mezzo con cui la si propone. Alessandra Alpegiani


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icca di oltre cinquant’anni di vita propria, con conseguenti evoluzioni tecnologiche, la fotografia polaroid a sviluppo immediato è sistematicamente arricchita da una qualificata serie di autori che elevano a stile ed evento le sue proprietà. Fantastico territorio di indagine e applicazione creativa, mai saturo, mai esaurito, ma sempre fertile, quello dell’immagine pronta una manciata di secondi dopo il rito dello scatto conserva inalterate le peculiarità formali ed espressive di un gesto fotografico comunque sia unico, caratteristico ed esclusivo. Le conferme sono quotidiane: arrivano sia dall’osservazione del mondo dell’arte sia dalla

SEMPRE I M M E D I ATA ! Una volta ancora e una di più lo svolgimento del prestigioso Polaroid International Photography Award, approdato alla quinta edizione, celebra la creatività applicata della fotografia contemporanea con materiali a sviluppo immediato. Si ribadisce una lezione di stile, concretezza e straordinaria intelligenza: ciò che non dovrebbe mai mancare all’esercizio consapevole della buona fotografia

frequentazione consapevole di quello della fotografia. Larga fascia dai contenuti inviolabili, l’immagine polaroid è di casa in entrambe le manifestazioni, da ognuna delle quali sconfina per approdare a nuovi traguardi: dall’arte alla fotografia pura, dalla fotografia pura all’arte. Coinvolgente testimonianza di questa affascinante bivalenza, che rimane una delle più autentiche manifestazioni dell’espressione visiva contemporanea, dal Duemila, anno della prima edizione, lo svolgimento del qualificato e prestigioso Polaroid International Photography Award testimonia la vitalità e l’inventiva creativa della fotografia a sviluppo immediato. Autorevole Concorso Polaroid, per proprio

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(pagina precedente) Grand Prize, primo premio assoluto all’edizione 2004 del Polaroid International Photography Award: Miriam Rousseau con una particolare visione del fiume Guadalquivir, al sud della Spagna. La stessa serie si è imposta anche nella categoria delle fotografie di Ricerca personale per l’area geografica Europa-Africa.

statuto indirizzato alla fotografia d’autore, da cinque anni questa selezione celebra e consacra la fotografia a sviluppo immediato, come abbiamo osservato, nello stesso momento in cui, con un magico gioco di intenti, arriva a rappresentare uno dei capisaldi della fotografia senza limiti di confini. Ovvero dà corpo e spazio a quell’esercizio creativo (la ripetizione è d’obbligo) che richiede ed esige una attenta applicazione dei princìpi fondamentali della comunicazione visiva, della comunicazione per immagini: colpo d’occhio, invenzione, sintesi, costruzione, composizione, inquadratura, messa a fuoco (oppure volontaria e controllata sfocatura), distribuzione delle luci, presenza di ombre e contrasti. Come abbiamo avuto già modo di rilevare e osservare, allo stesso momento la fotografia polaroid a sviluppo immediato anticipa tempi e modi della manipolazione in postproduzione, che ha consistenti debiti di riconoscenza con l’intervento sull’immagine che appare in tempo reale e che si sviluppa davanti agli occhi dell’autore.

LINGUAGGIO Secondo premio assoluto e primo premio nella categoria Fine Art dell’Europa-Africa, il fiorentino Alessandro Chiarini si è affermato con un soggetto non facile, ma ricco di contenuti. Interpretata in PolaPan 55, con successiva intonazione in stampa, la sua Periferia osserva con coinvolgente partecipazione una condizione urbana allo stesso tempo unica e caratteristica.

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Alla propria quinta edizione, la recente selezione 2004 del Polaroid International Photography Award ha sancito un prestigio assoluto, che abbraccia l’intera materia della fotografia, inviolabilmente proiettata nel prudente mondo dell’arte, affascinata e coinvolta dall’abilità e creatività degli autori (artisti?) dello sviluppo immediato, capaci di eccellenti prestazioni dal doppio volto: che, come abbiamo appena osservato, nascono nel particolare e identificato mondo della fotografia per proiettarsi verso la comunicazione visiva senza confini, indipendente dal mezzo e dagli strumenti della propria espressione. Da una parte, il processo di trasmigrazione, se di questo si tratta, dipende dalla capacità creativa, intellettiva e di progettazione dei singoli autori; dall’altra non va ignorata, e neppure sottovalutata, la preziosa mediazione dei mezzi tecnici, alternativamente protagonisti attivi e/o passivi di una espressione artistica che agisce senza lasciarsi condizio-

nare, né intimidire, dalle singole prepotenti personalità. Per quanto tradizionale nella manifestazione fisica dei propri supporti, alternativamente cartacei (delle emulsioni “a strappo”) o plastificati (delle emulsioni a colori autosviluppanti, eredi della genìa avviata all’inizio degli anni Settanta dalla prima SX70), la fotografia polaroid a sviluppo immediato è definita da una evidenza che fa la differenza e che traccia un solco profondo: appunto dipendente dal proprio sviluppo autonomo, una manciata di secondi dopo la ripresa, senza bisogno di altri interventi e altri contributi tecnici di infrastruttura. Questa è la magia che ha guidato l’azione fotografica della grande quantità di autori che hanno partecipato alla quinta edizione del Polaroid International Photography Award, alla cui selezione sono arrivate ben duemilacinquecento immagini di seicentocinquanta autori.

QUINTA EDIZIONE Rispetto le edizioni precedenti, l’attuale quinta edizione del Polaroid International Photography Award ha registrato alcune sostanziali novità, aggiungendo premi e segnalazioni al cartellone originario. In particolare, sono stati previsti nuovi Secondo e Terzo Premio, oltre il Primo, un riconoscimento supplementare allo studente vincitore, una categoria relativa all’America centrale (ulteriore a quella dell’America, dell’Europa-Africa e dell’Asia), una menzione d’onore per l’area cinese di Taiwan e altre menzioni d’onore supplementari. Cinque qualificati giudici hanno visionato i lavori presentati, approdando alle classifiche finali: Reuel Golden, caporedattore dell’autorevole mensile newyorkese Photo District News e redattore di Photoserve.com (sempre a New York City); Roberto Mutti, direttore di Immagini FotoPratica, curatore di mostre, critico e insegnante di fotografia; Sara Frances Stevenson, curatrice della Scottish National Photography Collection alla National Galleries di Scozia, a Edinburgo; Stuart Strong, senior marketing manager del Polaroid Professional Imaging group con sede a Waltham, Massachusetts, Stati Uniti, e responsabile delle iniziative di sostegno alla fotografia professionale; Yuko Yamaji, curatore del Kiyosato Museum of Photographic Arts, a Yamanashi, Giappone. Le fotografie sono state distinte in base a cinque categorie: Fine Art, immagini commissionate o di ricerca personale; Professionali, in relazione a incarichi commerciali, per pubblicità, moda o editoriali; Ricerca personale, finalizzata alla preparazione di un portfolio o realizzata con intendimenti artistici; Assistenti, per collaboratori di studi fotografici professionali; Studenti, iscritti a corsi universitari o di fotografia. Sia le immagini premiate, sia una ampia selezione di immagini inviate al Concorso sono pubblicate sul sito dedicato www.polaroid.com/photoawards; la prossima primavera 2005 verranno altresì presentate nel numero 28 della qualificata pubblicazione P Magazine, curata dalla stessa Polaroid Corporation. Burocraticamente, il primo premio (Grand Prize) si concretizza in due giorni di lavoro con il leggen-


Riflettendo su Scarpa è un fantastico progetto fotografico dedicato all’architetto Carlo Scarpa (1906-1978), una delle figure fondamentali della cultura contemporanea italiana. Con questa serie, realizzata in PolaPan 665 esposta con foro stenopeico, Marzio De Santis ha ottenuto una menzione d’onore nella categoria Studenti del Polaroid International Photography Award 2004, per la regione Europa-Africa.

dario apparecchio Polaroid 50x60cm (FOTOgraphia, novembre 1996) in una delle due sale di posa dedicate, a New York City e Praga, con materiale sensibile per trenta riprese. Il secondo e terzo premio offrono visite agli stabilimenti Polaroid in Scozia e alla Collezione Polaroid di Waltham, Massachusetts, Stati Uniti, dove sono conservate migliaia di fotografie di autori contemporanei e del passato (non soltanto polaroid). I quattordici vincitori regionali ricevono mille dollari in materiale fotografico Polaroid; e poi, a finire, sono stati previsti attestati di merito per le menzioni/segnalazioni supplementari.

VINCITORI Il primo premio assoluto, il Grand Prize, è stato assegnato alla parigina Miriam Rousseau, professionista specializzata nell’architettura di interni, nel ritratto e nella fotografia corporate. Una serie di tre delicati paesaggi fotografati con l’emulsione bianconero PolaPan 55, con negativo recuperabile per la stampa all’ingranditore, rivela una particolare visione del fiume Guadalquivir, al sud della Spagna (a pagina 29). Prima anche nella categoria delle fotografie di Ricerca personale per l’area geografica Europa-Africa, questa interpretazione rivela un occhio e un’attenzione che supera l’apparenza del soggetto per approdare, come fa certo linguaggio fotografico, a una rappresentazione volontariamente onirica, nel quale la realtà è tale, pur slittando a lato i propri connotati visivi. A seguire, ancora con bianconero PolaPan 55, il fiorentino Alessandro Chiarini ha vinto il secondo premio assoluto, oltre il primo nella categoria Fine Art dell’Europa-Africa. Soggetto non facile, ma ricco di contenuti, la sua Periferia osserva con coinvolgente partecipazione una condizione urbana che allo stesso tempo è unica e caratteristica: unica del capoluogo toscano, quanto caratteristica di ogni città del mondo (pagina accanto). Anche la media-

zione fotografica è duplice: critica e accondiscendente allo stesso tempo, perché -vivaddio- la Fotografia è un esercizio che non può fare mai a meno di cuore e mente, di razionale e irrazionale, di distacco e partecipazione.

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Menzione d’onore per la Ricerca personale della regione Europa-Africa del Polaroid International Photography Award 2004, l’italiano Euro Rotelli rivela le proprie origini pittoriche. Lo attraggono allo stesso modo i paesaggi e le persone. Con i materiali polaroid a sviluppo immediato realizza completamente il proprio modo di sentire e interpretare la realtà come la percepisce.

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Ex aequo per il terzo premio: a Christopher Morgan, statunitense di Savannah (Georgia) e al norvegese Bjørn Sterri, della capitale Oslo. Primo premio nella categoria Studenti per l’area America, il giovane Christopher Morgan ha prevalso con un colore autosviluppante Polaroid 600 intitolato Magazine Street, che ha rivelato un colpo d’occhio di grandi promesse. Altro colore autosviluppante SX70, emulsione direttamente ereditata dalla prima pellicola integrale dell’inizio degli anni Settanta, per Bjørn Sterri: colori vividi, nitidezza e interpretazione cromatica di concentrata mediazione fotografica. Terzo premio ex aequo e primo premio EuropaAfrica nella categoria Ricerca personale. Ancora due autori italiani. Marzio De Santis, menzione nella categoria Studenti della regione Europa-Africa, e Euro Rotelli, menzione per la Ricerca personale, sempre della regione EuropaAfrica. Con ordine. Marzio De Santis ha presentato una serie di tre immagini che fanno parte di un insieme completo di dodici. Riflettendo su Scarpa è un fantastico progetto dedicato, come è dichiarato, all’architetto Carlo Scarpa, una delle grandi figure della cultura italiana del dopoguerra, proditoriamente dimenticato (e solo recentemente si sta invertendo la rotta: ricordiamo la grande retrospettiva Carlo Scarpa nella fotografia. Racconti di architettura - 1950-2004 al vicentino Museo Palladio fino al prossimo 9 gennaio 2005, che propone una lettura dell’opera dell’architetto [1906-1978] attraverso gli occhi di una prestigiosa serie di fotografi europei). Riconosciuto soprattutto per la capacità di combinare spazi e volumi, Carlo Scarpa è stato visitato da Marzio De Santis con un’intelligente operazione fotografica, che avrebbe meritato un riconoscimento maggiore [opinione personale, ndr]. Autentico maestro dell’accostamento di materiali moderni con antiche tecniche di costruzione, e viceversa, lo spirito di Carlo Scarpa è stato reso attraverso una altrettanto abile azione fotografica in pertinente equilibrio tra

presente e passato. Un foro stenopeico (FOTO graphia, maggio 1997 e luglio 1998) ha esposto il negativo bianconero a filmpack PolaPan 665: dalle origini della formazione di immagini “ottiche”, senza l’uso di obiettivi, all’impiego di un’emulsione tecnologicamente moderna, oltre che contenutisticamente affascinante (a pagina 31). Maremmano trasferitosi in Friuli, classe 1955, Euro Rotelli arriva alla fotografia di ricerca partendo da esperienze pittoriche. Fotografo pubblicitario, si dedica alla sperimentazione e all’espressione creativa. Lo attraggono allo stesso modo i paesaggi e le persone, che ritrae in bianconero con personali lavorazioni in camera oscura. Con i materiali polaroid a sviluppo immediato realizza completamente il proprio modo di “sentire” e “interpretare” la realtà come la percepisce (qui a sinistra). Interviene manualmente sulla superficie della fotografia, con risultati sempre diversi e originali. Ha realizzato diversi calendari dedicati al paesaggio e alla figura e fotografato diversi importanti artisti. Indaga e interpreta città e territori, sia su commissione sia per ricerca personale.

ALLA RESA DEI CONTI Come già le precedenti edizioni, ancora la quinta sessione del Polaroid International Photography Award deve essere soprattutto intesa come fantastico e significativo specchio del più attuale linguaggio espressivo, che fa onore e dà orgoglio alla fotografia creativa contemporanea. In questi momenti di adolescenziale confusione, in bilico tra le certezze del presente-passato (fotografia chimica tradizionale) e le incognite del presente-futuribile (fotografia digitale e dintorni), questa di Polaroid/polaroid è una lezione di saggezza e concretezza, capace di stabilire come e quanto i confini teorici siano soltanto tali: appunto “teorici”. Infatti, come spesso abbiamo affermato, non conta tanto come si fa e agisce, ma perché si fa e agisce. Quando si indica lo splendore della Luna, soltanto lo stolto si ostina a guardare il dito; il saggio, con la mente libera, sa vedere più avanti. Oltre quanto può esprimere la quantità di immagini inviate al Concorso, bisogna anche tenere in dovuto conto quanto rivelano le fotografie che si sono affermate, che sono state indicate dalla qualificata giuria selezionatrice. Il messaggio parallelo, non già subliminale, è più che confortante, e merita di essere ribadito ancora. Per quantità di immagini presentate, il Polaroid International Photography Award ha rivelato una straordinaria vitalità della fotografia internazionale, senza soluzione di continuità estesa a ogni continente, ogni fascia d’età e ogni intendimento espressivo (dalla fotografia professionale su commissione al libero esercizio individuale). Allo stesso tempo, per qualità fotografica, lo stesso Polaroid International Photography Award incide un segno indelebile e lusinghiero nel variegato e contraddittorio (oggi soprattutto) mondo della fotografia. Angelo Galantini


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Tra la fine dello scorso 2003 e l’attuale 2004, Gianni Berengo Gardin ha pubblicato nove monografie. In una combinazione di racconti a tema prefissato (da incarichi professionali), raccolte antologiche e riproposizioni d’annata, si erige la statura di un autore che ha superato la ragguardevole soglia dei duecento titoli. Una rievocazione in avanti e indietro nel tempo e nei ricordi sottolinea l’inviolabile va-

LEICA M6 E LE VECCHIE MACCHINE FOTOGRAFICHE - MILANO, 1998

lore del libro fotografico. Ma non solo questo


L’OCCHIO COME MESTIERE


EXAKTA VAREX XV - PARIGI, 1957

KODAK RETINA IA - VENEZIA, 1950

A

utore di spicco della fotografia italiana contemporanea, con prestigio e fama che non si limitano ai confini nazionali, tra i propri tanti meriti Gianni Berengo Gardin può vantare una bibliografia che nel corso degli ultimi dodici mesi ha superato la fatidica soglia dei duecento titoli: fatidica, perché numericamente significativa, oltre che evocativa. Ovviamente, le monografie d’autore sono sostanzialmente meno, si contano sulle dita di una mano, forse di due, e sintetizzano l’essenza di un percorso espressivo che ha lucidamente attraversato gli ultimi cinquant’anni, segnando un’epoca nello stesso momento in cui si è a propria volta riferito a esperienze visive altrettanto epocali. La quantità dei titoli di Gianni Berengo Gardin scandisce il ritmo di reportage declinati con grande attenzione e profonda capacità comunicativa, oltre che emotiva ed emozionante, capaci di lasciare una significativa traccia nel solco di quel tragitto cui riferiamo la sostanza delle nostre riflessioni sull’essenza del linguaggio fotografico. In questo senso, la memoria torna e ritorna a volumi che hanno posizioni di rilievo nella latente e virtuale biblioteca del fotografo, là dove sono ipoteticamente riuniti i libri illustrati autenticamente efficaci ed eloquenti, e collocazioni di spicco nella libreria personale della mia vita, dei miei ricordi, del mio intendere la Fotografia (maiuscola volontaria, maiuscola assoluta), del mio aver vissuto con la Fotografia e -speranza- per la Fotografia. Senza fare torto all’insieme della bibliografia di Gianni Berengo Gardin, la riflessione personale e individuale è d’obbligo, oltre che adottata per l’insieme di questa odierna presentazione. Per una serie di motivi tutti miei, sono particolarmente vicino ad alcuni titoli che si sono susseguiti negli anni, rincorsi nei decenni: L’occhio come mestiere (sul quale mi

HASSELBLAD 500C - PERUGIA, 1972

RIEDIZIONE Dall’elenco appena stilato manca il fondamentale Venise des Saisons, primo titolo di Gianni Berengo Gardin, pubblicato da Guilde du Livre di Losanna (Éditions Clairefontaine) nel 1965, con testi di Giorgio Bassani e Mario Soldati. Manca, perché -purtroppo!- il volume stesso manca dalla mia libreria, ed è anni che spero di trovarlo presso uno dei con-

SCATTI D’AUTORE

T

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soffermo più avanti); Morire di classe, reportage a quattro mani con Carla Cerati sulla condizione manicomiale (1969); Zingari a Palermo (1997; FOTO graphia, aprile 1998); Un paese vent’anni dopo, ritorno nella Luzzara fotografata da Paul Strand nel 1955 (Einaudi, 1976, e Federico Motta, 2002; FOTOgraphia, settembre 2002); Gianni Berengo Gardin Fotografo 1953-1988 (due versioni librarie immediatamente successive; 1988); © Copyright Gianni Berengo Gardin (2001; FOTOgraphia, giugno 2001).

ra i libri di Gianni Berengo Gardin non abbiamo menzionato Leica e le altre, prezioso e amabile volumetto dal titolo chiaro e inequivocabile, pubblicato da Peliti Associati nel 1998. Con la precisazione del sottotitolo Onesti tradimenti di Gianni Berengo Gardin, la successione delle pagine riunisce una serie di immagini storiche nelle quali il protagonista è raffigurato nel corso degli anni con le proprie macchine fotografiche: le stesse (immagini) che oggi riproponiamo in queste nostre pagine. Nata per essere confezionata in una quantità copie estremamente avara, con stampe fotografiche originarie, destinata ai più intimi amici, la raccolta ha finito per diventare un libro fotografico autentico (Peliti Associati, via Beata Vergine del Carmelo 12, 00144 Roma; 06-5295548, fax 06-5292351; www.peliti.it, inforoma@pelitiassociati.it). Iniziata a Venezia, in un tempo e in uno spazio che ormai non ci sono più, quando alla sera ci si trovava in quei negozi armeni che diventavano salotti di fotografia (gestiti dalla famiglia Pambakian, una delle più importanti della storia italiana del commercio fotografico), la carriera professionale di Gianni Berengo Gardin è stata lunga e prolifica. Alla serie dei suoi tanti

libri fotografici, si aggiunge questo dalla connotazione inconsueta. Pagina dopo pagina, si susseguono immagini nelle quali Gianni Berengo Gardin compare con i propri apparecchi fotografici. Gli anni passano, le macchine fotografiche cambiano, ma un lungo filo traccia il motivo conduttore di questa affascinante storia: appunto scandita dal ritmo delle diverse macchine fotografiche, Leica soprattutto, ma non soltanto, che si susseguono una dietro l’altra.


sueti e noti indirizzi del commercio di libri fotografici d’antiquariato (dove ho spesso rintracciato titoli fondamentali della storia evolutiva del linguaggio visivo, che ora posso consultare a piacere, quando voglio, perché sono qui a portata di mano). Per quanto bibliograficamente diverso, soprattutto per chi -come me- ama anche le edizioni in quanto tali, l’imminente pubblicazione annunciata di Gianni Berengo Gardin Venezia, uno di quei titoli dell’anno (a cavallo dell’anno) che fanno superare, come abbiamo annotato, la boa dei duecento volumi, sopperisce in qualche misura alla mancanza. Realizzata a cura di Paolo Morello per la prestigiosa collana dei Maestri della fotografia italiana del Novecento dell’Istituto Superiore per la Storia della Fotografia, questa monografia celebra un identificato periodo fotografico di Gianni Berengo Gardin, raccogliendone le immagini scattate a Venezia tra il 1953 e il 1964. Oltre il corpo delle fotografie che composero il citato Venise des Saisons, l’attuale selezione di settantaquattro immagini ha riflettuto diversamente sull’archivio dell’auto-

re, per portare alla luce anche alcuni inediti. Questa riflessione filologica è discriminante nella produzione fotografica di Gianni Berengo Gardin. I dieci anni trascorsi a Venezia, tra il ritorno da Parigi e il trasferimento a Milano, diedero avvio a una intensa ricerca espressiva. Si può collocare allora l’inizio di uno stile, in combinazione tra il bisogno di raccontare un’esperienza quotidiana vissuta e il rigore di una cifra stilistica che punta all’astrazione. Dall’introduzione di Paolo Morello: «Dell’urto, non conciliabile, tra questi due estremi, sono testimonianza le sue fotografie su Venezia: gradi di una messa a fuoco stilistica, ideologica, ma anche esistenziale, tanto più aspra, incoerente, in quanto più viva, sincera».

CON I LIBRI Il rapporto personale con i libri fotografici stabilisce linee demarcatorie entro le quali ciascuno di noi colloca la propria personalità. In parallelo, il discorso sui libri fotografici di Gianni Berengo Gardin annota e segnala due aneddoti, che qui porto a coincidere, o -quantomeno- incrociarsi. Negli incontri pubblici, sollecitato a ricostruire il proprio iter professionale, Gianni Berengo Gardin racconta spesso di un proprio lontano privilegio. Lui giovane, dice di aver avuto la fortuna di avere il classico zio in America, che per mestiere era vicino al mondo dell’arte e della fotografia newyorkese. Frequentando Cornell Capa, fratello di Bob e fondatore e direttore del prestigioso Icp (International Center of Photography di New York), lo zio gli chiese consigli per il giovane nipote che in Italia amava la fotografia. Gli vennero indicati libri da acquistare, e in anni durante i quali in Italia non esistevano testi fotografici, né libri illustrati degni di questa definizione, Gianni Berengo Gardin conobbe straordinarie edizioni statunitensi, sulle quali riflettere e far riflettere le proprie inclinazioni fotografiche. Anch’io posso parlare di libri, tornando indietro nei decenni. L’anagrafe me lo consente, così come me lo permette un’ormai lunga frequentazione fotografica. Oggi possiedo una consistente libreria, tale per quantità e qualità di titoli. Il primo libro fotografico che ho comperato, che è stata un’autentica folgorazione per la mia allora giovane età, è stato L’occhio come mestiere di Gianni Berengo Gardin, pubblicato nel 1970 da Il Diaframma, unico riferimento fotografico dell’epoca. Purtroppo, vicende della vita mi hanno fatto smarrire quella copia originaria (che so dov’è), ma il libro in quanto tale rimane tra i fondamentali della mia libreria e della mia vita (FOTOgraphia, marzo 2003), seppure non si tratti di quell’amato acquisto originario: sia per il proprio valore fotografico sia come partenza di una costruzione libraria intensificatasi negli anni. È a questo, anche a questo, che si deve il titolo di questo attuale intervento redazionale.

Il était une fois l’Europe, fotografie di Gianni Berengo Gardin; prefazione di Guy Mandery; Helio - Centre de Promotion du Langage Photographique, 2003; 130 rue d’Anvers, F-59200 Tourcoing, Francia (0033-3-20263087); 64 pagine 20x22cm; 15,00 euro. Viaggio a Corigliano, fotografie di Gianni Berengo Gardin; Contrasto Due, 2004: via dei Scialoia 3, 00196 Roma (06-328281, fax 06-32828240; www.contrasto.it); 200 pagine 24x32cm, cartonato con sovraccoperta; 35,00 euro. Miracolo a Pisogne Gianni Berengo Gardin fotografa l’incontro tra Adolf Vallazza, scultore contemporaneo, e Girolamo Romanino, pittore del Cinquecento; Comune di Pisogne, 2004; via Valle Camonica 2, 25055 Pisogne BS (0364-87601, fax 0364-87446;

EDIZIONI 2003-2004 Oltre la citata edizione di Gianni Berengo Gardin Venezia, del quale abbiamo appena riferito, la recente stagione di Gianni Berengo Gardin segnala

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NIKON F - MILANO, 1984 E

LEICA M3 LEICA M4-P E LEICA M6 - HONG KONG, 1986 LEICA M6 - AUSTRALIA, 1987 MARIO PELITI, 1998 CON

LEICA M6 E

LEICA M3

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una consistente quantità di libri che arricchiscono il suo lusinghiero curriculum d’autore. Senza rispettare alcun ordine cronologico segnaliamo e commentiamo i titoli. ❯ Dentro lo studio è un lungo racconto che Gianni Berengo Gardin ha riservato/dedicato a Ugo Nespolo, eclettico rappresentante dell’arte contemporanea, esordito nel panorama artistico italiano negli anni Sessanta e presto proiettatosi sulla ribalta internazionale. Senza inutili giri viziosi, lo svolgimento rivela subito il contenuto della monografia, che è appunto ciò che dichiara di essere: un lungo, dettagliato, scrupoloso e ben ritmato viaggio dietro-le-quinte della vita quotidiana di un artista senza confini, che vanta una fantastica capacità di ricerca, sperimentazione e invenzione. A un tempo, e nello stesso momento, l’insieme delle fotografie di Gianni Berengo Gardin prende per mano l’osservatore, e con ordine e disciplina lo conduce attraverso gli spazi di vita e lavoro di Ugo Nespolo, svelandone anche momenti di realizzazione del-

le proprie opere. Le immagini sono veramente tante, quantitativamente impegnative e qualitativamente di alto livello narrativo. L’azione del fotografo non è mai invadente, e si è abilmente scomposta tra una effettiva assenza/testimonianza, di lato, di fianco senza interferenza, e una consapevole presenza, propria e caratteristica delle rilassanti pose in favore dell’obiettivo: dell’artista solo, con i propri affetti, con i propri collaboratori. ❯ Viaggio a Corigliano si inserisce nell’ampio contenitore di Corigliano Calabro Fotografia, che da due edizioni dà vita a un concentrato programma di mostre e contorni con la direzione artistica di Cosmo Laera (FOTOgraphia, aprile 2003 e giugno 2004), cui si deve anche l’appuntamento di Fotografia in Puglia. La fotografia di Gianni Berengo Gardin è «esperienza del luogo che si traduce in riflessione e si offre nel segno di una visione. Itinerario di ricerca che non si perde nell’occasione del momento, ma diviene opera, narrazione e proposizione, un’affermazione di ciò che appare e che


l’occhio esperto di Gianni Berengo Gardin ha colto con precisione e maestria». ❯ Catalogo della mostra esposta alla Fondazione Ragghianti di Lucca, Toscana, gente e territorio conferma uno stile espressivo inconfondibile: l’attenzione per la presenza umana nell’ambiente. Visione limitata nello spazio, alla sola Toscana, ma estesa lungo tutto l’arco di una lunga produzione fotografica. Le une accanto alle altre, fotografie scattate nel corso di quarant’anni rivelano sia la maturazione di una personalità sia i cambiamenti nei luoghi. ❯ Fantastico occhio testimone (occhio come mestiere), Gianni Berengo Gardin ha fotografato l’incontro tra Adolf Vallazza, scultore contemporaneo, e Girolamo Romanino, pittore del Cinquecento. Miracolo a Pisogne, comune del bresciano dove le moderne sculture lignee dell’artista della Val Gardena sono state allestite nella splendida cornice della chiesa Santa Maria della Neve (nota come chiesa del Romanino), ricca di affreschi antichi, è un’esaltazione di un azzardo che non si limita alla sola e semplice documentazione. Più nel profondo, Gianni Berengo Gardin ha aggiunto del proprio, reinterpretando la combinazione, fino a immagini che sono, loro pure, opere visive autonome e indipendenti. ❯ Pubblicata dal francese Centre de Promotion du Langage Photographique, Il était une fois l’Europe è una raccolta di immagini europee, come richiede e rivela il titolo, scattate da Gianni Berengo Gardin nel corso degli anni (per certi versi da collocare in parallelo con il precedente Toscana, gente e territorio). La selezione è impreziosita, per quanto la Fotografia possa esserlo, da un testo introduttivo di Guy Mandery, figura di spicco della critica internazionale. ❯ Donne al Timone è la narrazione scritta di trenta storie di successo, soprattutto professionale, di esponenti del definito management nell’impresa al femminile. Le tante parole sono accompagnate da una serie di immagini di Gianni Berengo Gardin, che visualizzano il quotidiano di questo mondo, spesso

VERA FOTOGRAFIA

C

ari amici, ho constatato che veniamo sempre più “imbrogliati” dalla stampa e dall’editoria con la pubblicazione di una grande quantità di cosiddette “fotografie” che andrebbero invece definite “immagini”: perché adulterate, corrette, modificate, addirittura inventate grazie al computer e a programmi come Photoshop, senza però denunciarne la trasformazione. Pertanto ho deciso che d’ora in poi sul retro delle mie fotografie apporrò il timbro:

Questo perché chi le vede sappia che quello che riproducono è ciò che ho visto e non il frutto della mia fantasia. 10 settembre 2004

osservato e presentato ancora con diffidenza. In fondo, già la distinzione sessista è diffidente, comunque fedele al segno dei nostri tempi, per quanto dia fastidio ammetterlo oggettivamente maschilisti. ❯ Pur autonome e indipendenti, La fabbrica Scala all’Ansaldo e Viale della previdenza sociale hanno tratti fotografici comuni, che si ripetono nelle due monografie: due reportage a tema, per i quali la vicenda da narrare è specificata e definita. Appunto: le infrastrutture operative della Scala di Milano all’interno dell’area industriale che fu dell’Ansaldo e la trafila quotidiana dell’Inps, tra vicende proprie e rapporti esterni.

PERCHÉ LIBRI Se volete farmi un bel regalo, donatemi un libro. Non ricordo se è un’espressione mia originaria, oppure l’ho letta da qualche parte, o sentita e riferita. So solo che in un’occasione pubblica, alla fine di un incontro/dibattito, l’ho fatta mia, come mi ha recentemente ricordato un amico emiliano. In coincidenza con questa carrellata sulla considerevole serie di recenti pubblicazioni di Gianni Berengo Gardin, che si accodano a un patrimonio che definire solo ricco è perfino riduttivo, riflettiamo sul senso e valore del libro fotografico a tutto campo. In un mondo nel quale si spendono fior di quattrini per attrezzature, molte delle quali appagano soltanto un piacere individuale e non sono necessariamente finalizzate né indispensabili, una certa percentuale economica dovrebbe essere destinata al piacere dell’approfondimento culturale individuale, al dovere della conoscenza fotografica personale. Poco insegna a vivere la Fotografia come l’incontro diretto con autori e opere. Poco insegna a vivere la Fotografia come buone letture. Poco insegna a vivere la Fotografia come la vita quotidiana: una parola rubata, un’immagine folgorante, un colpo di sole, il sorriso di un bambino. La serenità dell’esistenza è Fotografia. Almeno così la penso, e spesso la sogno. Maurizio Rebuzzini

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Carte in tavola Una attuale comunicazione promozionale Wolford si iscrive nell’albo degli aspetti paralleli della fotografia, quelli che compongono il mosaico di citazioni e riferimenti propri e caratteristici di una socialità della quale siamo sempre attenti testimoni

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S

olitamente siamo estranei alle manifestazioni volanti ed effimere del mondo della moda, che legittimamente si esprime con un proprio lessico, che non è in discussione. Restiamo lontani/distanti dalla moda, perché non abbiamo competenza per valutare la potenziale e possibile evoluzione dal quotidiano ad altri spessori e significati avanti nel tempo. Quindi, aspettiamo lo scorrere degli anni, per osservare (passivamente, ma con attenzione) ciò che effettivamente matura verso e nella Storia. Nel frattempo, non risparmiamo uno dei nostri modi di considerare la fotografia, valutata ed esaminata anche attraverso espressioni che iscriviamo in quella socialità di gesti, parole, riferimenti e raffigurazioni che rappresentano un grande contenitore di presenza della fotografia nella vita quotidiana, indipendentemente dai più espliciti richiami propri degli addetti al lavoro. Quindi, a questo proposito, accendiamo ora i riflettori su una delle recenti comunicazioni pubblicitarie/promozionali/conoscitive di Wolford, prestigiosa e qualificata linea di biancheria femminile e

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VIVIENNE WESTWOOD INCONTRA WOLFORD

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er quanto interessati soprattutto, o forse soltanto, alla combinazione visiva dello scatto a distanza, reputiamo doveroso segnalare i dati della collezione autunno-inverno 2004-2005 cui ci riferiamo: appunto Vivienne Westwood incontra Wolford, dove il design si sposa con la lavorazione a maglia, in una combinazione di motivi, colori e tessuti. E ne scriviamo adottando il lessico/gergo originario. Come parte dello stile in pizzo, Orb, il logotipo di Vivienne Westwood, costituisce il motivo di punta della omonima linea composta da cinque articoli, cardigan, top, stringbody, gambaletti e collant, che culmina in un evidente gioco di elementi mascolini e al tempo stesso estremamente femminili. Il classico rigatino viene rivisitato e si trasforma in una raffinata costina, mentre le abbottonature e le chiusure lineari traggono ispirazione dalla Saville Row. Un contrasto perfetto tra i piz-

zi e i modelli aderentissimi, completato da scollature molto femminili. La lavorazione a maglia si rifà a un look délavé molto disinvolto, che armonizza perfettamente con i semplici bottoni a pressione. La particolarità è data dalle maniche extralunghe, da portare anche arrotolate. La scelta a chi lo indossa: mascolino e casual oppure femminile e seducente! La linea Poker invita al gioco. Cuori, fiori, picche e quadri decorano cardigan, maglie, stringbody e collant, in una disposizione assolutamente casuale. Coloratissimi sul fondo in pizzo o sulla lavorazione a maglia opaca/trasparente. Rosso e nero sono i colori classici che entrano in gioco. La particolarità dello stringbody risiede nei dettagli, i simboli delle carte si dissolvono sui lati e concludono il gioco: Stick or Twist!

dintorni. Soprassediamo su altre considerazioni (una su tutte, la fenomenologia della visualizzazione dell’intimo femminile, palesemente indirizzato e rivolto al pubblico maschile), per soffermarci sulla collezione autunno-inverno 2004-2005 Vivienne Westwood incontra Wolford, la cui comunicazione visiva è declinata nel segno del gioco: Stick or Twist (appuntare e contorcere?). Disponibile in commercio dalla fine di agosto, la collezione si manifesta nella linea Poker, identificata dal logotipo Orb (ne riferiamo nell’apposito riquadro, pubblicato qui sopra) e visualizzata da una serie di sei immagini coerenti tra loro, basate sul gesto fotografico dello scatto a distanza: ed è proprio questo che sottolineiamo, iscrivendo questa serie fotografica nella lunga vicenda del costume fotografico. Oltre il proprio valore indipendente e assoluto, queste fotografie hanno un altro riferimento, sicuramente involontario. Torniamo con la memoria e il richiamo (culturale?) agli autoscatti al femminile raccolti in Self-Images: 100 Women, ritratti liberatori di giovani donne berlinesi, pubblicato nel 1996 dall’attenta Edition Stemmle di Zurigo (FOTOgraphia, settembre 1996). Con intenzioni diverse e partecipazione differente, tanto da trasformare lo scatto a distanza perfino in microfono (ahinoi!), le sei illustrazioni Wolford riprendono inconsapevolmente quel cammino, andando ad aggiungere il proprio nome nella storia evolutiva del costume fotografico: quello del quale soprattutto noi (di FOTOgraphia) siamo testimoni, narratori e archivisti. M.R.

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OCCHIO TESTIMONE

Una volta ancora, e una di più, il World Press Photo prende atto che il fotoreportage contemporaneo non può fare a meno di documentare l’inesorabile svolgimento di mille guerre: «tragica miniera dove troppo spesso il fotogiornalismo è costretto ad alimentarsi» (Lello Piazza). Una volta ancora, e una di più, le indicazioni del Premio, riunite in mostre itineranti e raccolte in volume non lasciano indifferenti: colpiscono la mente, attraversando il cuore dell’osservatore

World Press Photo of the Year 2003: Jean-Marc Bouju (Associated Press). Nel campo di raccolta di prigionieri di guerra a Najaf, in Iraq, un prigioniero iracheno conforta il figlio di quattro anni (31 marzo 2003).

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Primo premio Portraits: Nick Danziger (Contact Press Images/NB Pictures per Saturday Times). Tony Blair e George W. Bush.

Primo premio Spot News Stories: Noël Quidu (Gamma per Newsweek). Liberia.

Primo premio Nature Stories: Paul Necklen (per National Geographic Magazine). Salmone atlantico.

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ell’evoluzione del pensiero fotografico, in un certo senso condizionato anche dalle stagioni della vita e della società, da tempo il fotogiornalismo sta vivendo una propria luminosa stagione. Non ci si riferisce più e tanto agli anni dei grandi periodici illustrati, del calibro di Life, Look, Paris Match, L’Europeo o Epoca (per arrivare anche al nostro paese), quanto a un fotogiornalismo che, incalzato dall’immagine televisiva, così tempestiva e a facile e comoda portata di tutti, approfondisce temi e argomenti, affronta tematiche altrimenti dimenticate e si impone con l’inevitabile forza dell’immagine fissa: da guardare, ciascuno per sé, nell’intimità dei propri tempi individuali. Analogamente, e in coincidenza, le onde del pensiero fotografico collettivo sono recentemente tornate a un fotogiornalismo di impegno, figlio dei nostri tempi (sollecitati da avvenimenti e accadimenti che richiamano l’attenzione, ammutoliscono e sconvolgono le coscienze), nipote del Concerned degli an-

ni Sessanta e Settanta, pronipote del fotoreportage degli anni precedenti la Seconda guerra mondiale.

WORLD PRESS PHOTO Costante e coerente testimonianza del fotogiornalismo internazionale, e delle proprie espressioni, l’annuale assegnazione dei premi del World Press Photo rappresenta sempre la costante mutazione dei tempi. Sul campo, il World Press Photo si è guadagnato un ruolo di primo piano, affermandosi come uno dei più importanti riconoscimenti nell’ambito del fotogiornalismo: specchio fedele, spesso inquietante, sia dei tempi sociali, sia della cronaca che diventa presto storia, scritta soprattutto sul ritmo di toccanti vicende umane. Ma anche specchio critico, come ha titolato la raccolta a tema pubblicata nel 1996 (FOTOgraphia, maggio 1996), dove sono state riunite e commentate le fotografie vincitrici dalle origini, alla resa dei conti legate tra loro da un sottile e presto individuato filo conduttore e narratore. Come tradizione, il World Press Photo attira l’attenzione sulla più eloquente ed espressiva produzione fotogiornalistica dell’anno, selezionata tra migliaia di immagini: per la più recente edizione 2004, appunto riservata al fotoreportage dello scorso anno, oltre ses-


santatremila fotografie. Le indicazioni del World Press Photo, statutariamente diviso in categorie di identificazione (come certifichiamo nell’apposito riquadro sui vincitori 2004 pubblicato a pagina 48), possono essere intese come il meglio della produzione fotogiornalistica internazionale, con relativa mostra delle immagini simultaneamente esposta in diverse nazioni (quest’anno ottanta indirizzi, con contemporanea di maggio a Milano e Roma, per quanto riguarda l’Italia; il catalogo è pubblicato da Contrasto).

ALLA MOSTRA Ogni anno, la mostra dei premi World Press Photo, che in Italia viene allestita con il contributo di Canon, rappresenta un appuntamento alto per quanti si interessano di fotografia, non necessariamente di fotogiornalismo in senso stretto. Si tratta di un’occasione opportuna per vedere raccolte insieme le immagini più rappresentative della vita contemporanea, che per un anno hanno accompagnato, documentato e illustrato gli avvenimenti del nostro tempo sui giornali di tutto il mondo. Senza troppi giri di parole, che in questi ambiti finiscono spesso per risultare inutili, la mostra titola World Press Photo: Fotografia e Giornalismo e mantiene esattamente quanto promette: presenta le immagini premiate nelle dieci categorie tematiche, con indicazione delle prime tre fotografie indicate, cui si aggiungono, in alcuni casi, ulteriori menzioni d’onore. Va osservato che il regolamento e gli accordi che vincolano tra loro l’organizzazione e i partecipanti impone che tutte le immagini vengano esposte senza alcun intervento, commento aggiuntivo, oltre quello originario, e -soprattutto- censura. Considerati i tempi giornalistici nei quali stiamo vivendo, spesso condizionati da opportunità di gestione (diciamola così), questo spazio libero è degno di attenzione e riconoscimento. Ovviamente, limitandoci al solo fotogiornalismo, stiamo pensando al recente caso, arrivato alle orecchie di tutti, del fotografo embedded, quello che nella recente Guerra del Golfo ha seguìto e segue le truppe dell’alleanza gestita dall’esercito statunitense garantendo di “stare al servizio”. Certo, la Storia della fotografia di guerra è nata con un caso quantomeno analogo. Indipendentemente dal concetto di fotoreportage, irrealizzabile ai tempi che stiamo richiamando, non ci riferiamo tanto alla partecipazione alla Guerra di secessione (1861-1865), tra gli stati americani del Nord e quelli del Sud, del gruppo di fotografi diretti da Matthew B. Brady (1823-1896), del quale fecero parte Alexander Gardner, Timothy H. O’Sullivan, Levin Handy, George S. Cook e Michael Miley. Più concretamente, pensiamo alla commissione assegnata a Roger Fenton (1819-1869) dalla regina Vittoria, che l’inviò a celebrare la grandezza dell’esercito inglese impegnato nella Guerra di Crimea (1853-1856).

EMBEDDED Sulla figura (anche morale) del fotografo embedded, riprendiamo quanto osservato da Jean-Fran-

çois Leroy, direttore di Visa pour l’Image, la più importante e qualificata manifestazione del fotogiornalismo internazionale (FOTOgraphia, dicembre 2003): «Sono anni che ci ripetiamo che la fotografia è morta. Sepolta dalla televisione. La guerra in Iraq ne è stata la più convincente smentita. È l’unico e magro vantaggio di questa triste attualità... È sotto gli occhi di tutti che la televisione è passata da reportage di valore -si pensi alla guerra del Vietnam- ai “non reportage” della prima Guerra del Golfo. E ora siamo arrivati ai reportage da majorettes di quest’ultimo conflitto [...]. Siamo seri: a chi si vuole far credere che le immagini delle webcam che abbiamo subìto per ventiquattro ore su ventiquattro siano della vera informazione? Al più si tratPrimo premio Contemporary Issues: Stephanie Sinclair (Corbis per Marie Claire). Autoimmolazione di donne afgane.

Primo premio General News Stories: Yuri Kozyrev (Time Magazine). Iraq.

È UNA FONDAZIONE

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reata nel 1955, la World Press Photo Foundation (www.worldpressphoto.nl) è un’istituzione internazionale indipendente per il fotogiornalismo, che ha base in Olanda e opera senza fini di lucro. Scopo principale della Fondazione è l’organizzazione del Premio annuale e della relativa mostra, ma anche la possibilità di riunire i più bravi fotogiornalisti del mondo e farli discutere sui principali temi di attualità, avvicinando nazioni diverse. Questo è reso possibile dall’indipendenza della Fondazione, efficace ponte tra le persone e le nazioni. Al proposito, ogni anno la premiazione viene preceduta da due giorni di proiezioni e seminari sulla fotografia, con l’intervento di esperti di settore. Un’occasione, questa, che permette a fotografi, photo editor e giornalisti provenienti da tutto il mondo di incontrarsi per discutere il presente e futuro del fotogiornalismo. Dal 1994, la World Press Photo Foundation propone un’iniziativa di alto contenuto formativo: il Joop Swart Masterclass, un corso gratuito di perfezionamento per fotografi giovani, selezionati da una giuria di esperti del settore. Il corso è tenuto in autunno a Rotterdam da insegnanti qualificati in diverse discipline del fotogiornalismo.

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I NUMERI DEL 2004

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ll’edizione 2004 del World Press Photo, che ha preso in considerazione fotografie scattate nel corso del precedente 2003, hanno partecipato 4176 fotografi provenienti da centoventiquattro paesi, con un totale di 63.093 immagini. Con costante incremento rispetto gli anni passati, l’80,7 per cento delle fotografie sono state presentate in formato digitale (furono il 57 per cento nel 2002 e il 69 per cento nel 2003). Nella selezione finale sono stati premiati sessantadue fotografi provenienti da ventitré paesi. La giuria del World Press Photo 2004 ha riunito tredici esperti accreditati in campo internazionale: Elisabeth Biondi (Germania; presidente), visuals editor The New Yorker; Elena Ceratti (Italia), international news editor Agenzia Grazia Neri; James K. Colton (Usa), photo editor Sports Illustrated; Steve Crisp (Inghilterra), editor Reuters News Pictures; Ruth Eichhorn (Germania), direttore della fotografia Geo Germany; Mark Grosset (Francia), consulente; Gary Knight (Inghilterra), fotografo dell’Agenzia VII; Herbert Mabuza (Sudafrica), photo editor The Sunday Times; Susan Olle (Australia), designer e art director; Swapan Parekh (India), fotografo; Reza (Iran), fotografo di National Geographic Magazine / Webistan; Dani Yako (Argentina), fotografo e direttore della fotografia Clarín; Aleksander Zemlianichenko (Russia), Associated Press Moscow. Segreteria: Stephen Mayes (Inghilterra), direttore Art+Commerce Anthology. World Press Photo of the Year 2003: Jean-Marc Bouju (Francia), Associated Press. Spot News: 1) Ahmed Jadallah (Palestina), Reuters News Pictures; 2) Atta Kenare (Iran), France-Presse; 3) Kuni Takahashi (Giappone), Reflex News per Boston Herald; menzioni d’onore) Tarmizy Harva (Indonesia), Reuters News Pictures; Chris Hondros (Usa), Getty Images. Spot News Stories: 1) Noël Quidu (Francia), Gamma per Newsweek; 2) David Leeson (Usa), per The Dallas Morning News; 3) Ilkka Uimonen (Finlandia), Magnum Photos per Newsweek. General News: 1) Jerry Lampen (Olanda), Reuters News Pictures; 2) Moises Saman (Spagna), per New York Newsday; Stefan Zaklin (Usa), Epa. General News Stories: 1) Yuri Kozyrev (Russia), per Time; 2) Kai Wiedenhöfer (Germania), Lookat Photos per Nzz / Newsweek / Greenpeace Magazine; 3) Dario Mitidieri (Italia), Katz Pictures. People in the News: 1) Jean-Marc Bouju (Francia), Associated Press; 2) Carolyn Cole (Usa), per Los Angeles Times; 3) Carolyn Cole (Usa), per Los Angeles Times. People in the News Stories: 1) Philip Blenkinsop (Australia), Vu per Time Asia; 2) Jan Grarup (Danimarca), Politiken/Rapho; 3) Erik Refner (Danimarca), Berlingske Tidende/Rapho; menzione d’onore) Olivier Pin-Fat (Inghilterra), Vu

(pagina accanto) Primo premio Sports Action: Tim Clayton (The Sydney Morning Herald). Yannick Bru in mischia alla Rugby World Cup. Primo premio Nature: Mark Zaleski (The Press-Enterprise). Elicottero sorvola una foresta in fiamme, California.

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per Vsd / Time Asia / The Independent on Sunday Review. Contemporary Issues: 1) Stephanie Sinclair (Usa), Corbis per Marie Claire; 2) Jacob Ehrbahn (Danimarca), Politiken/Jyllands-Posten; 3) Felicia Webb (Inghilterra), Independent Photographers Group. Contemporary Issues Stories: 1) Lu Guang (Repubblica popolare cinese), Gamma; 2) Walter Schels (Germania), per Der Spiegel; 3) Tippi Thole (Usa); menzione d’onore) Lorena Ros (Spagna), Fotopress per La Caixa / Elle. Daily Life: 1) Bruno Stevens (Belgio), Cosmos per Stern / The New York Times; 2) Jorge López Viera (Cuba); 3) Qiu Yan (Repubblica popolare cinese), per Wuhan Evening News. Daily Life Stories: 1) Stanley Greene (Usa), Vu; 2) Erik Refner (Danimarca), Berlingske Tidende/Rapho; 3) Sandy Nicholson (Australia), Redux Pictures. Portaits: 1) Nick Danziger (Inghilterra), Contact Press Images/NB Pictures per Saturday Times; 2) Mike Moore (Inghilterra), per Daily Mirror; 3) Charles Ommanney (Usa), Contact Press Images per Newsweek. Portraits Stories: 1) Jan Banning (Olanda), Laif Photos per M Magazine / Nrc Handelsblad; 2) Lene Esthave (Danimarca); 3) Seamus Murphy (Irlanda), Redux Pictures per Algemeen Dagblad. Sports Action: 1) Tim Clayton (Australia), per The Sydney Morning Herald; 2) Al Bello (Usa), Getty Images; 3) Alexander Hassenstein (Germania), Bongarts Sportfoto. Sports Action Stories: 1) Henry Agudelo e Jaime Pérez (Colombia), per El Colombiano; 2) Adam Pretty (Australia), Getty Images; 3) Craig Golding (Australia), per The Sydney Morning Herald. Sports Features: 1) Adam Nadel (Usa), Polaris Images per The Christian Science Monitor; 2) Tom Reese (Usa), per The Seattle Times; 3) Vladimir Vyatkin (Russia), Ria-Novosti. Sports Features Stories: 1) Jakob Carlsen (Danimarca); 2) Jonas Lindkvist (Svezia), Dagens Nyheter; 3) Jan Sibik (Repubblica Ceca), per Reflex Magazine. Arts and Entertainment: 1) Sergey Maximishin (Russia), Izvestia; 2) Tim Clayton (Australia), per The Sydney Morning Herald; 3) Horst Wackerbarth (Germania), per Geo. Arts and Entertainment Stories: 1) Mary Ellen Mark (Usa); 2) Stephan Zaubitzer (Francia); 3) Raúl Belinchón Hueso (Spagna). Nature: 1) Mark Zaleski (Usa), The Press-Enterprise; 2) Gérard Julien (Francia), France-Presse; 3) Jon Lowenstein (Usa), Aurora Photos. Nature Stories: 1) Paul Nicklen (Canada), per National Geographic; 2) Olivier Grunewald (Francia), per Figaro Grands Reportages; 3) Tanya Lake (Australia).

ta di telesorveglianza. Può essere divertente per la tele-realtà, ma al limite dell’oscenità dal punto di vista dell’informazione. Sia che si tratti di Al-Jazira o Fox News, vediamo gli stessi filmati, solo il commento è un po’ diverso. «Non vorrei essere frainteso. Non voglio parlar male dei giornalisti che, sul campo, lavorano per la televisione, e che, sfortunatamente, pagano un prezzo pesante in termini di vite umane per informarci. Io voglio semplicemente dire che bisogna spesso aspettare il ritorno dei fotografi non embedded per avere delle immagini veritiere [...].Sono convinto che i non embedded riusciranno a scattare delle immagini senza la censura dei permessi e senza obbedire a nessuno, in base alle convinzioni personali di ogni fotografo, al proprio desiderio di essere testimone, secondo la propria visione del mondo [...]». Nel caso delle mostre internazionali delle foto-

grafie del World Press Photo, un rappresentante della Foundation segue direttamente le fasi di allestimento, verificando che tutte le fotografie siano effettivamente esposte in modo corretto, senza alterarne i princìpi originari.

NESSUNO RESTI INDIFFERENTE World Press Photo of the Year 2003, la qualificata Fotografia dell’anno, è stata proclamata un’immagine del francese Jean-Marc Bouju dell’Associated Press, due volte vincitore del premio Pulitzer, nel 1994 e nel 1996. L’abbiamo già commentata sul nostro numero dello scorso marzo, in occasione di una malaugurata serie di incidenti “fotografici” del quotidiano l’Unità: la fotografia è stata scattata il 31 marzo 2003 in un campo di raccolta di prigionieri di guerra a Najaf, in Iraq, e mostra un prigioniero iracheno nell’atto di confortare il figlio di quattro anni (a pagina 45). A seguire, ci sono poi tutte le altre indicazioni del


Premio, appunto riunite nella mostra World Press Photo: Fotografia e Giornalismo e nella raccolta annuale pubblicata dalle edizioni Contrasto di Roma, il cui insieme permette di rivivere eventi cruciali del nostro tempo. Volendolo sottolineare, il carattere internazionale dell’esposizione, le migliaia di persone che ogni anno visitano la mostra (le mostre presentate in diversi paesi del mondo) e il grande interesse suscitato dall’evento sono la dimostrazione del potere di cui le immagini fisse sono dotate. È questa l’innegabile e inviolabile forza del fotogiornalismo. Anche se l’insieme del World Press Photo non è solo cronaca e tragedia, ma comprende categorie più rassicuranti, come quelle indirizzate alla fotografia scientifica, alla fotografia di natura, allo sport e all’arte, la sensazione dominante, peraltro confermata ogni anno dalla World Press Photo of the Year, è condizionata dall’idea di un fotogiornalismo crudo e diretto: spesso un autentico pugno nello stomaco. Ma, in tutti i casi, si tratta di immagini che colpiscono la mente, passando attraverso il cuore. Non è difficile guardare, ma può essere difficile vedere. Ancora di più, può non risultare facile soffermarsi su ciò che risulta arduo accettare e comprendere, soprattutto per la tragicità del contenuto. Ci sono realtà da cui è meglio sentirsi esclusi, per poi assaporare la delizia di una vita quotidiana più tranquilla e serena, la nostra di tutti i giorni, che non impone sofferenze continue (?). Eppure, l’occhio corre verso le nefandezze di cui molti, purtroppo, sono vittime innocenti. L’attrazione verso le sventure altrui sembra incontenibile, forse perché permette di sfamare una controversa e contraddittoria curiosità per il male; o, forse, perché avvicina a mondi paralleli. Resta, però, che se pur sbirciando tra le dita della mano, finiamo col guardarlo, quel film che tanto terrorizza. Poi, forti di non essere stati i veri protagonisti di una violenza, ci rassereniamo confortati. La reazione è simile a quella che potrebbe essere sollecitata di fronte a un quadro dai toni angosciosi, come -perché no?- davanti a una fotografia che mortifica non solo la vista, ma anche l’anima (rimandiamo ancora al saggio Davanti al dolore degli altri, di Susan Sontag, pubblicato in Italia nella collana Strade blu di Mondadori). A differenza del Cinema o di una fiction televisiva, però, si tratta sempre di testimonianza diretta, presa nella vita reale. L’impatto con questo reportage è forte: violenza, dolore, lacrime, sangue. Troppa angoscia per una vita che non è la nostra. Sembrerebbe normale ritrarsi, non guardare, allontanarsi dall’orrore; invece le immagini trascendono differenze culturali e linguistiche per servirsi di livelli immediati di comunicazione e colpire direttamente cuore e mente. Il fotoreportage, di cui il World Press Photo è una delle massime celebrazioni internazionali, riflette la crudeltà delle guerre moderne, la devastazione e il dramma del dopoguerra, la fatica e il limite di vite stroncate; è un mezzo, forse dei più diretti e sinceri, per far riflettere. Peccato che, con l’inquadratura, non si possa cambiare la sorte delle vittime di una fotografia tanto vera. Angelo Galantini

L’edizione 2005 del World Press Photo Contest, per fotografie scattate nel corso del corrente 2004, conferma la divisione nelle categorie già note, con doppio indirizzo verso l’immagine singola e il racconto a più immagini (Stories): Spot News (Notizie flash), General News (Avvenimenti d’attualità), People in the News (Personaggi della cronaca), Contemporary Issues (Vita contemporanea), Daily Life (Vita quotidiana), Portraits (Ritratto), Sports Action (Manifestazioni dello sport), Sport Features (Mondo dello sport), Arts and Entertainment (Arte e spettacolo), Nature (Natura). Termine di partecipazione 13 gennaio 2005. World Press Photo Foundation, Jacob Obrechtstraat 26, NL-1071 KM Amsterdam, Olanda; 0031-20-6766096, fax 0031-20-6764471; www.worldpressphoto.nl, office@worldpressphoto.nl.

Terzo premio Sports Action Stories: Craig Golding (The Sydney Morning Herald). Sports portfolio.

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Al colpo d’occhio, prima di considerare le prestazioni in stampa, la linea Canon Pixma (qui la iP6000D) si segnala per l’accattivante design, adatto all’uso in ambienti domestici.

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ulmine a ciel sereno, oppure mossa strategica prevedibile, addirittura auspicabile? Con tutta la propria (dirompente) potenza commerciale, oltre che tecnologica, con la linea Pixma, sul mercato in tempi scanditi dall’autunno a fine anno, Canon avvia la trasformazione delle tecnologie di stampa in proprio. Caratterizzate da emissioni di inchiostro finemente calibrate, fino a un solo picolitro, le stampanti Canon Pixma mettono gli utenti in condizioni di produrre stampe fotografiche digitali di elevata qualità. Inoltre, i diversi multifunzione Pixma offrono prestazioni fax, scanner e copiatrici in un’unica unità compatta. Allo stesso momento, la natura e proiezione fotografica di Canon danno conforto al mercato fotografico tradizionale. Di fatto, l’azienda giapponese si presenta come interlocutore privilegiato del-

la lunga filiera commerciale della fotografia (tradizionale), per la quale sono giunti i momenti delle scelte. Non si può più osservare con distacco l’evoluzione tecnologica nel mondo dell’immagine, così come non c’è più tempo né modo di stare alla finestra in attesa. Rivolgendosi al pubblico consumatore, i fotonegozianti debbono intraprendere strade merceologiche che siano plausibili e al passo con i tempi. La sfida, se di questo si tratta, è affascinante, e per questo irrinunciabile!

STORIA E ATTUALITÀ Canon è fotograficamente nata negli anni Trenta. Nell’immediato dopoguerra sono stati progettati e prodotti fantastici apparecchi a telemetro (dati i tempi, ovviamente sulla lunga direttiva Leica), cui hanno poi fatto seguito affascinanti interpretazioni reflex

SI STAMPI! Con la linea Pixma, supportata da intense campagne promozionali e pubblicitarie, Canon dà una sostanziale scossa al mondo della stampa digitale in proprio. Oltre i valori tecnici di impiego, la nuova famiglia di stampanti e unità multifunzione segnala un accattivante design, che la rende adatta all’impiego in ambienti di lavoro e domestici

The Damm Family in their car, Los Angeles, California, 1987.

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tecnologicamente agguerrite: il ricordo va alla configurazione Canon Pellix (1964), il cui rivoluzionario specchio reflex semiriflettente fisso anticipò attuali soluzioni, alla Canon AE-1 (1976), la cui favorevole combinazione tra prestazioni ottimali e prezzo conveniente diede fantastico impulso all’intero commercio della fotografia di quegli anni, e alla più recente Canon Eos 300D (FOTOgraphia, ottobre 2003), con la quale è nata una nuova epoca tecnico-commerciale dell’acquisizione digitale reflex. Le innovazioni Canon nel campo dell’ottica, della stampa e della copiatura rappresentano il cuore delle odierne stampanti Pixma. La fusione dei tre aspetti rende questi prodotti esclusivi: tre tecnologie Canon lavorano come una sola; una sintesi equilibrata di immagini di alta qualità e di velocità di stampa elevate. Con le stampanti e i multifunzione Pixma, Canon dimostra tutta la propria esperienza per quanto concerne le stampanti Bubble Jet. Il cuore di ogni prodotto Pixma è rappresentato dall’esclusiva tecnologia della testina di stampa, un sistema considerato una vera pietra miliare nel mondo delle stampanti a getto d’inchiostro dei giorni nostri. Il processo di acquisizione ed elaborazione dell’immagine utilizzato dai multifunzione Pixma si basa sull’ampia esperienza di Canon nel settore della copiatura digitale a colori, mentre i sistemi di gestione carta si ispirano alla lunga storia di Canon nella creazione delle copiatrici personali.

DESIGN E STAMPA Pixma è sinonimo di un nuovo design “a cubo”, abilmente sintetizzato dalla visualizzazione in pubblicità e nelle comunicazioni promozionali, che accentuano l’incrocio a “Y” dei tre spigoli superiori, con pulsante di comando alla convergenza delle linee. Una sintesi di ammalianti estetiche, ergonomie ricercate e unità compatte è adatta alla collocazione e impiego sia in ambienti di lavoro (uffici, studi e laboratori) sia in ambiente domestico. La maggior parte dei modelli Canon Pixma può stampare, senza l’uso di computer, da apparecchi digitali e videocamere Pictbridge compatibili o da schede di memoria. Ogni elemento delle stampanti Pixma è stato progettato per fornire agli utenti la qualità e la versatilità tipiche di un laboratorio fotografico personale. Un eccellente realismo fotografico, stampe senza l’uso del computer e senza bordi e un’ampia gamma di software promettono risultati straordinari in modo rapido e facile. La nuova tecnologia Fine (Full-photolithography Inkjet Nozzle Engineering), frutto di Canon Advanced MicroFine Droplet Technology, è stata creata sfruttando i brevetti Canon per le lavorazioni di microprecisione. La nuova testina di stampa adottata dai prodotti Pixma è caratterizzata da un numero elevato di microugelli innovativi ad alta densità, in grado di emettere gocce d’inchiostro da due picolitri, così minuscole che non possono essere nemmeno identificate a occhio nudo. Ciò permette di ottenere alti risultati e raggiungere velocità di stampa eccezionali. Infatti, minore è il tem-

po impiegato da una testina di stampa per emettere ogni singola goccia, maggiore è la velocità di stampa. Le stampanti Pixma emettono la stupefacente cifra di 24.000 gocce al secondo per ugello (!). Moltiplicate per i 6144 ugelli di alcune testine di stampa Fine è possibile l’emissione di 147,5 milioni di gocce d’inchiostro al secondo.

SUPPORTI E ERGONOMIA La maggior parte dei prodotti Pixma include la funzione di stampa diretta su CD e DVD. Inoltre, i prodotti Pixma incorporano una gestione avanzata dei supporti per una massima produttività ed efficienza. Il doppio vassoio carta, che consente di mettere a frutto la capacità della carta comune e il caricamento simultaneo di diverse combinazioni di carta (per esempio carta comune A4/21x29,7cm e carta fotografica 10x15cm), assicurano una flessibilità ottimale. Alcuni modelli sono altresì dotati anche di un’unità duplex automatica integrata per stampe fronte-retro facili e immediate, su carta fotografica e comune. L’estetica della linea Pixma va oltre le apparenze. Canon ha riprogettato il design delle stampanti e dei multifunzione per garantire ai prodotti Pixma forme ed estetiche adatte all’uso domestico, lontane dalle comuni dotazioni di stampo “tecnico”. Un’altra caratteristica “salva-spazio” è rappresentata dalle porte per i cavi collocate lateralmente invece che posteriormente, che consentono di posizionare i prodotti contro le pareti. La facile installazione consente agli utenti di essere operativi nel giro di pochi minuti, mentre i ta-

L’identificazione del design “a cubo” delle stampanti colore Canon Pixma riprende la convergenza a “Y” dei tre spigoli superiori (qui la iP4000R), con pulsante di comando centrale.

Alcune stampanti della gamma Canon Pixma sono dotate delle funzioni di stampa fronte-retro e su CD e DVD (qui la iP5000).

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I multifunzione Canon Pixma offrono prestazioni differenziate, conservando il design adatto all’uso in ambiente domestico: la Canon Pixma MP130 (qui a lato) è stampante da 18 pagine al minuto, scanner, copiatrice e fax; inoltre offre la stampa diretta da apparecchi digitali PictBridge compatibili e schede di memoria.

Canon Pixma iP8500 e Canon Pixma MP780 sono, rispettivamente, le unità di punta della gamma di stampanti e della linea di multifunzione.

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sti delle funzioni sono ridotti al minimo, per semplificarne l’impiego. Un’operatività estremamente silenziosa e lo spegnimento automatico rendono questi prodotti ancora più facili da utilizzare.

CONTRAST PLUS La maggior parte dei prodotti Pixma è dotata della tecnologia Canon ContrastPlus, un sistema a cinque colori che include due tipi di inchiostro ne-

ro, uno fotografico e uno ad alta densità, che si fissa all’istante sulla pagina. Questa combinazione assicura contrasti elevati per stampe fotografiche di qualità e testi in bianconero estremamente nitidi e marcati, senza alcuna sbavatura. Allo stesso momento, Advanced Precision Color Distribution Technology di Canon impedisce la formazione di striature orizzontali sulle aree più estese di colore e assicura che la sequenza degli in-


LINEA PIXMA: COMINCIA DA QUATTORDICI

Canon Pixma MP430 con alimentatore automatico dei documenti.

E

sordio quantitativamente consistente. La linea Canon Pixma si presenta con quattordici unità, otto stampanti e sei multifunzione, con relative progressioni di prestazioni e caratteristiche. In questo modo, la famiglia si distende su un ampio intervallo commerciale, dall’entry level fino a esigenze e necessità di impiego più consistenti. Rapidamente, le otto stampanti Pixma vanno dalla iP1500 di esordio alla iP8500 a otto inchiostri. ❯ Pixma iP1500 velocità di stampa di 18 pagine al minuto. ❯ Pixma iP2000 velocità di stampa di 20 pagine al minuto, PictBridge compatibile, doppio vassoio carta. ❯ Pixma iP3000 velocità di stampa di 23 pagine al minuto, PictBridge compatibile, stampa su CD e DVD e fronte/retro, tecnologia Single Ink. ❯ Pixma iP4000 velocità di stampa di 25 pagine al minuto, qualità professionale, compatibile PictBridge, stampa su CD e DVD, cinque inchiostri. ❯ Pixma iP4000R connettività wireless (WiFi), velocità di stampa di 25 pagine al minuto, cinque inchiostri. ❯ Pixma iP5000 prima stampante al mondo che emette gocce di inchiostro di solo un picolitro, risoluzione di 9600x2400dpi, velocità di stampa di 25 pagine al minuto. ❯ Pixma iP6000D connessione diretta e lettore integrato compatibile con tutti i principali tipi di schede di memoria. ❯ Pixma iP8500 sistema ChromaPlus a otto inchiostri. A seguire, le sei Pixma multifunzione. ❯ Pixma MP110 stampante da 18 pagine al minuto, scanner, copiatrice. ❯ Pixma MP130 stampante da 18 pagine al minuto, scanner, copiatrice, stampa diretta da schede di memoria e funzione Index Sheet (foglio indice). ❯ Pixma MP410 stampante da 18 pagine al minuto, scanner, copiatrice, fax, stampa diretta da apparecchi digitali e schede di memoria, compatibile PictBridge. ❯ Pixma MP430 stesse caratteristiche del modello MP410, con in più l’alimentatore automatico dei documenti. ❯ Pixma MP750 stampante da 25 pagine al minuto, scanner, copiatrice, compatibile PictBridge, alimentatore automatico documenti, stampa su CD e DVD e fronte/retro, tecnologia Single Ink. ❯ Pixma MP780 stesse caratteristiche del modello Pixma MP750 con in più la funzione fax.

chiostri applicati durante la stampa rimanga la stessa durante il passaggio della testina di stampa. Con l’applicazione costante del colore si evita la comparsa di chiazze e sbavature che si può verificare con le stampanti bidirezionali a passaggio singolo. Advanced Precision Color Distribution Technology prevede il posizionamento degli ugelli a colori delle testine di stampa sotto gli omologhi del nero, in modo che l’inchiostro nero abbia il tempo di asciugarsi prima che i colori vengano posizionati sulla carta. Gli inchiostri colorati Canon originali, utilizzati con i prodotti Pixma, sono stati ideati per penetrare immediatamente nella carta, asciugarsi e fissarsi quasi all’istante per evitare macchie o sbavature di colore. Questi inchiostri assicurano tonalità accese sulla carta comune e sui supporti Canon inkjet per stampe, grafici e fotografie di adeguata profondità colore e brillantezza.

Multifunzione Canon Pixma MP410: stampante da 18 pagine al minuto, scanner, copiatrice, fax, stampa diretta da apparecchi digitali e schede di memoria, compatibile PictBridge.

Pamela Anderson, Los Angeles, California, 1998.

SPETTRO COLORI Le macchine fotografiche digitali registrano una gamma colore più ampia rispetto a quella riprodotta normalmente dalle stampanti. La tecnologia Fine e il software Canon Easy-PhotoPrint aiutano a ridurre tale differenza, consentendo la stampa di una gamma maggiore di colori per immagini autenticamente fedeli (anche per quelle catturate in spazi colore più ampi, come Adobe RGB). Si ottengono così riproduzioni fotografiche realistiche, dai colori intensi e profondi. La funzione Vivid Photo delle stampanti Pixma

Sue Gallo Baugher and Faye Gallo, Twinsburg, Ohio, 1998.


stampa, dall’alimentazione di linea al movimento del carrello, dall’alimentazione automatica del foglio al rilascio della carta stessa. Il sistema Single Ink di Canon riduce gli sprechi, perché ogni colore è inserito in un serbatoio trasparente separato. Perciò, quando un colore si esaurisce, non è necessario sostituire anche gli altri serbatoi, che continuano a essere utilizzati, minimizzando lo spreco di inchiostro. La trasparenza dei serbatoi consente di controllare in qualunque momento il livello d’inchiostro, mentre il sensore ottico di precisione e la tecnologia Canon di conteggio delle gocce monitorizzano costantemente i livelli, emettendo avvisi speciali quando i serbatoi sono esauriti.

MULTIFUNZIONE

Canon Pixma iP6000D e Canon Pixma MP750, due unità versatili della gamma di stampanti e multifunzione.

analizza ogni area dell’immagine per identificare quella che può beneficiare di colori più intensi, producendo tonalità più brillanti e vivaci, facendo apparire i blu e i verdi dei paesaggi più caldi e vibranti. I sistemi a motori multipli delle stampanti Canon Pixma finalizzano le prestazioni della carta a ritmi di lavoro elevati. Dai due motori della Pixma iP1500 ai quattro motori delle stampanti Pixma di medio e alto livello, questo processo accelera ogni fase di

LA PAROLA A (CHI DI DOVERE)

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atsuichi Shimizu è il responsabile della divisione Inkjet Products Operations di Canon. Ha diretto l’intero progetto Pixma, nelle proprie componenti tecnologiche e di design. La sua presentazione dei princìpi base del sistema è opportuna. «Abbiamo unito alte prestazioni e design sorprendenti in una nuova generazione di stampanti. Ho invitato i nostri migliori esperti a combinare eleganza e funzionalità, per creare prodotti che tutti desidereranno non solo per il design, ma anche per le proprie funzioni. Al di là di un look innovativo, le stampanti Pixma sono caratterizzate da funzioni particolari che le rendono adatte a qualunque ambiente. Per esempio, il doppio vassoio carta permette di posizionarle anche in spazi ristretti come le mensole o di “giocare” con spigoli e pareti. «Sono convinto che la linea di stampanti e multifunzione Pixma diventerà sinonimo di prestazioni elevate e design straordinario. Fondamentalmente Pixma racchiude il DNA di tre differenti linee di prodotti Canon: fotografia digitale Eos, copiatrici Image Runner e testine di stampa Bubble Jet. La fusione di queste tecnologie ha creato un livello di prestazioni tale da soddisfare tutte le esigenze dei consumatori. Tutti i prodotti Pixma sono contraddistinti da funzioni tipiche dei laboratori fotografici: fotografie dalla qualità straordinaria ottenute grazie alla Tecnologia Fine caratterizzata da gocce da due picolitri. «Grazie alla tecnologia Pixma, sul mercato è stata introdotta la prima stampante al mondo che emette gocce di inchiostro da un solo picolitro con una risoluzione di 9600dpi: una vera innovazione. Con una qualità e una velocità di stampa su carta comune davvero uniche, la tecnologia Fine offre anche eccezionali prestazioni per il business. In alcuni prodotti della gamma Pixma sono presenti funzioni come la stampa fronte-retro e su CD, che soddisferanno anche le esigenze più particolari del futuro mercato delle stampanti».

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Progettati per acquisizioni rapide e d’alta qualità, i multifunzione Pixma offrono risoluzioni elevate, adeguate tonalità e profondità colore per acquisizioni nitide. Tra le varie funzioni spiccano la connettività USB 2.0 Hi-Speed per acquisizioni rapide e il coperchio con “flexible lids” per acquisire da libri e riviste. Inoltre, il software OCR converte i documenti scritti in formato elettronico per una facile gestione ed elaborazione dei testi. Alcuni multifunzione Pixma sono dotati di un modem fax SuperG3, che assicura velocità di invio fino a tre secondi a pagina. Inoltre, i multifunzione con prestazioni per fax a colori consentono di inviare fax direttamente dall’apparecchio o dal computer, e sono caratterizzati da ampie memorie per conservare più fax in entrata. Tutti i multifunzione Pixma offrono copie ad alta risoluzione grazie alla tecnologia Fine per una riproduzione fotografica superba e la possibilità di duplicare e ingrandire le fotografie da stampare senza bordi. La copiatura istantanea a colori, la fascicolazione elettronica e la copiatura fronte-retro da fogli singoli aumentano ulteriormente l’efficienza di questi modelli. Tutti i multifunzione Pixma sono dotati di un avanzato sistema di gestione dei supporti, composto da alimentatori automatici di documenti e percorsi carta doppi per la massima capacità di caricamento dei supporti. Antonio Bordoni



SU FOTOGRAFIA ITALIANA

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Incontro Nicoletta Rusconi, titolare della Galleria Fotografia Italiana, nel suo appartamento di corso Venezia, a Milano, al piano di sopra di quella che diverrà la sede espositiva definitiva della Galleria stessa, che all’inizio della propria attività, dalla primavera 2003, ha usato spazi in via Matteo Bandello, sempre a Milano. In corso Venezia, arredi settecenteschi dialogano con immagini di artisti montate in Plexiglas: binomio coraggioso, che conferma la determinazione delle scelte della proprietaria, che ha dato vita a uno spazio interamente dedicato alla fotografia italiana contemporanea. In quasi due anni di vita, la Galleria ha allestito sei mostre con il dichiarato intento di promuovere artisti che, operando con il mezzo fotografico, sono stati fino ad ora penalizzati dal sistema italiano dell’arte. Dopo due anni di riconoscimenti, il prossimo 18 novembre la Galleria aprirà i nuovi e definitivi spazi di

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corso Venezia 22, presentando un lavoro di Silvio Wolf, Scala Zero, realizzato all’interno del Teatro alla Scala di Milano prima degli interventi di ristrutturazione.

Quali sono le motivazioni che hanno portato alla nascita di Fotografia Italiana e gli intendimenti che si vogliono raggiungere? «La mia passione per la fotografia è nata cinque-sei anni fa. Giravo per l’Europa, soprattutto mi trovavo spesso a Londra, e mi sono resa conto che nel panorama artistico internazionale i fotografi italiani erano completamente assenti. Sul mercato mancavano gli italiani. Mi trovavo sempre e soltanto di fronte ai soliti nomi, grandissimi, ma solo quelli, e soprattutto -ripeto- nessun italiano. Inizialmente pensavo di aprire una mia galleria a Londra, era lì infatti che trascorrevo la maggior parte del tempo. Poi, l’incon-

Nicoletta Rusconi, titolare della Galleria Fotografia Italiana, che il 18 novembre apre nella sua sede definitiva di corso Venezia 22 a Milano.

Le fotografie di queste tre pagine sono state realizzate da Alessandro Vicario.

tro con Fabio Castelli, responsabile della sezione di fotografia di FarsettiArte, mi ha fatto cambiare idea e mi ha indotto a spostare il progetto in Italia. È stato un incontro molto importante. Fabio Castelli ha iniziato a collezionare fotografie dal 1978 e ha una grande cultura in materia. «La Galleria, e il lavoro che comporta, rappresenta per me una scelta esistenziale. C’è una grandissima passione alla base di tutto questo. È un lavoro emozionante, che trasmette una enorme energia. Il mio intento è far conoscere al pubblico di appassionati e collezionisti i fotografi che più amo, che più mi piacciono, per farli apprezzare e riconoscere. Alla base delle mie scelte non c’è mai l’interesse economico, non riuscirei proprio a vendere i lavori di un artista con il quale non ho feeling. Certamente non posso sottovalutare l’aspetto economico, considerato che le spese di gestione sono tante, ma non è alla base delle mie scelte. «Per me è importante il rapporto diretto con i miei fotografi, la relazione che stabilisco con loro: in tal modo escludo automaticamente il mercato forte, le scelte di moda, se non sono sostenute da


Come certifica la denominazione, la Galleria Fotografia Italiana è interamente dedicata ad autori italiani contemporanei. Il nuovo spazio espositivo di corso Venezia 22, a Milano, è caratterizzato da affascinanti combinazioni architettoniche: arredi settecenteschi dialogano con immagini di artisti montate in Plexiglas.

un mio reale apprezzamento». Come sceglie gli artisti della Galleria? Qual è il collegamento che li lega? «Certamente il presente, l’attualità. Le fotografie storiche sono affascinanti, ma la mia attenzione è tutta rivolta al presente. Naturalmente, ho interesse anche per gli artisti storici, infatti desidero far conoscere la fotografia italiana a partire dagli anni Sessanta, ma è la contemporaneità il mio indirizzo principale. Le opere che scelgo mi trasmettono un grande senso di equilibrio: sono molto affascinata dalla luce, proprio perché spesso ha per me il significato simbolico di rispondere a bui profondissimi». Fin dalle prime mostre, Fotografia Italiana ha rivelato una particolare attenzione nei confronti degli autori giovani. Come avviene la prima selezione? E come nasce un progetto come quello che ha visto dialogare Mario Cresci con Davide Tranchina [FOTOgraphia, aprile 2004]? «Sicuramente Fabio Castelli, che oltre a essere un grande conoscitore è sempre molto aggiornato, costituisce un primo filtro. Io sarei più istintiva nelle mie scelte: diciamo che le nostre valutazioni si compensano. Quando ho conosciuto Davide Tranchina ho immediatamente apprezzato il suo lavoro. Quando conosco un artista voglio vedere l’insieme del suo lavoro, solo così posso fare delle scelte consapevoli, A Davide Tranchina ho chiesto di indicarmi un suo referente intellettuale, e lui mi ha indicato Mario Cresci. «A questo punto abbiamo chiesto a Mario Cresci se voleva confrontarsi con un giovane. Anche a lui è subito piaciuto il lavoro di Davide Tranchina e ha accettato il confronto, anzi direi la sfida. «È un tema interessante quello del confronto generazionale, perché alla fine lo scambio è reciproco. Si stabilisce una relazione complessa: il

giovane guarda al maestro e il maestro si sente messo in discussione, obbligato a riconsiderare il proprio lavoro attraverso le scelte di un giovane. Ho in progetto di dedicare una delle cinque mostre annuali della Galleria, molto probabilmente quella di maggio, proprio al confronto tra due personalità. Con la prossima mostra vorrei presentare Antonio Biasucci e Mario Giacomelli, per vederli interagire sul tema del paesaggio. Una relazione ancora più difficile da stabilire e affrontare considerando che di Mario Giacomelli, mancato nel 2000, rimangono solo le opere». Quali altre iniziative, oltre a quella espositiva, corredano l’attività della Galleria? «Innanzitutto l’impegno a portare avanti la pubblicazione Pagine di Fotografia Italiana, che esce con cadenza quadrimestrale. Questa iniziativa mi venne proposta da Pio Tarantini, un fotografo le cui opere mi emozionano davvero, e ne fui subito entusiasta [FOTOgraphia, ottobre 2003]. Conosco l’importanza che una pubblicazione dedicata ha per ogni esperienza; è un regalo che faccio non solo al pubblico ma a me

CRONOLOGIA

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all’inizio della propria attività, nella sede originaria di via Matteo Bandello 14, a Milano, la Galleria Fotografia Italiana ha realizzato sei mostre. Dal 18 novembre, la nuova sede di corso Venezia 22 apre con Scala Zero di Silvio Wolf. Ricordiamo la sequenza delle precedenti esposizioni. ❯ Silvio Wolf: Le due porte; maggio-giugno 2003; catalogo Charta. ❯ Luigi Ghirri: Polaroid; settembre-ottobre 2003; pubblicazione a cura di Fot.It.na. ❯ Pio Tarantini: L’ombra del vero; novembre-dicembre 2003; catalogo Charta [FOTOgraphia, ottobre 2003]. ❯ Francesco Pignatelli: Reversed Cities, febbraio-marzo 2004; catalogo Charta. ❯ Mario Cresci e Davide Tranchina: Analogie; aprile-maggio 2004; catalogo Charta. ❯ Patrizia della Porta: Mu-seum; settembre-ottobre 2004; catalogo Charta.

stessa, perché mi permette di approfondire maggiormente il mio lavoro. La rivista, coordinata in redazione appunto da Pio Tarantini, è uno strumento indispensabile per le

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Notizie

Gli spazi espositivi della nuova sede della Galleria Fotografia Italiana, in corso Venezia 22 a Milano, sono stati ristrutturati dal giovane architetto Fabio Azzolina.

altre attività della Galleria; per esempio stiamo programmando un ciclo di incontri che organizzeremo una volta al mese e che devono costituire proprio quel momento di scambio, di rapporto diretto tra pubblico e artista. «In progetto c’è pure un concorso per fotografi giovani: è un’iniziativa fondamentale, perché darà modo di scoprire e far conoscere nuovi talenti. Senza dimenticare, naturalmente, il catalogo che accompagna ogni mostra: ne abbiamo già pubblicati sei con la casa editrice d’arte Charta». Fotografia Italiana apre la sede definitiva di corso Venezia, a Milano, con la mostra Scala Zero di Silvio Wolf, una complessa lettura degli spazi del teatro milanese [Teatro alla Scala] prima della ristrutturazione. In combinazione multimediale verrà presentato anche un video. Può spiegare le ragioni di questa scelta? È significativa

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forse di nuove aperture, di un’attenzione rivolta non solo al mezzo fotografico? «Il mio interesse è verso la fotografia. Ritengo che questo video sia funzionale alle opere fotografiche esposte, e che in questo contesto le rafforzi. Non presenterei mai solo dei video. «Per rispondere invece all’altra parte della domanda, va detto che Silvio Wolf aveva nel cassetto questo lavoro sulla Scala di Milano prima della ristrutturazione, un lavoro che mi era piaciuto enormemente appena l’avevo visto. Mi piaceva molto l’idea che vi fosse coincidenza tra la riapertura della Scala [il prossimo 7 dicembre] e il trasferimento di Fotografia Italiana nella propria nuova e definitiva sede. Così facendo mi sembra che il mio progetto possa diventare anche un evento significativo per Milano». A distanza di due anni dalla nascita di Fotografia Italiana, qua-

le bilancio si sente di trarre? «Certamente un bilancio molto positivo, di grande soddisfazione e che mi dà enorme entusiasmo nel voler perseguire gli scopi prefissati e averne al contempo di nuovi. Per esempio, vorrei allestire mostre di largo respiro, non composte soltanto da un limitato numero di opere, ma, se necessario al senso di uno specifico progetto, da una quantità maggiore. Mi piace pensare che Fotografia Italiana possa offrire al pubblico che frequenta la Galleria l’opportunità di approfondire la conoscenza del lavoro degli artisti selezionati. I nuovi spazi, ristrutturati dal giovane architetto Fabio Azzolina, non vogliono essere un contenitore di eventi social-mondani. Poi vorrei riuscire a far entrare i fotografi italiani nei circuiti museali. «I progetti, insomma, sono tanti ed è ancora tutto in divenire». Elena Carotti



oco conosciuto, ma significativo, Vernon Richards (il cui vero nome era Vero Recchioni) fece dell’eclettismo uno stile di vita (FOTOgraphia, settembre 2003). Editore e giornalista libertario, figlio di Emidio e compagno di Maria Luisa Berneri, nasce a Londra e diventa una figura di spicco del movimento anarchico inglese e animatore del gruppo e della casa editrice Freedom e Freedom Press. Nel 1939 fonda la rivista Spain and the World, quindicinale inglese cui diede il proposito di dare voce a chi non l’aveva (ovvero gli anarchici), alla quale fecero seguito Revolt! e War Commentary. Nel 1946 riattiva Freedom, prosecuzione del periodico fondato

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(1874-1940), sociologo che si dedicò alla fotografia per documentare la vita degli immigrati e degli operai, e Paul Strand (1890-1976), la cui fotografia, spiccatamente sperimentale, gli fornì molti suggerimenti, Walter Rosenblum ha usato sempre con convinzione ed efficacia il formidabile potenziale espressivo di questo mezzo di comunicazione. Nato e cresciuto nel Lower East Side di New York City durante gli anni della Depressione, l’autore si è avvicinato alla fotografia precocemente, e nel 1937 si è unito al movimento Photo League, uno dei più significativi della foto-

Di un autore dalle radici profonde grafia americana di mezzosecolo. Ancora giovane, Walter Rosenblum ha realizzato un reportage di grande spessore umano: la serie Pitt Street documenta la vita quotidiana fatta di stenti e difficoltà di neri, ebrei e zingari europei all’ombra del Williamsburg Bridge. In Europa ha documentato lo sbarco in Normandia in qualità di fotografo dell’esercito degli Stati Uniti, con le cui truppe è entrato, primo tra i fotografi, nel

campo di concentramento di Dachau. Nel dopoguerra ha lavorato in tutto il mondo, realizzando significative serie fotografiche, una delle quali è stata insignita dal Guggenheim Felloship. Walter Rosenblum. Palazzo Mediceo, 55047 Seravezza LU; 0584-756100; palazzomediceo@comune.seravezza.lucca.it. Dal 15 gennaio al 27 febbraio 2005; martedì-domenica. vioberneri@hotmail.com. Fino al 30 novembre; mar tedì-domenica 9,30-12,30 - 16,00-19,00.

Immagini dal vero Vernon Richards fotografo anarchico da Pëtr Alekseevič Kropotkin. Nella varietà dei suoi entusiasmi fu anche fotografo: realizzò accattivanti ritratti di personaggi della cultura e politica, da George Orwell a Bertrand Russell, a Herbert Edward Read, a Jankel Adler. Rende merito a Vernon Richards una mostra personale organizzata dall’Archivio Famiglia Berneri - Aurelio Chessa, con il patrocinio del Comune, dell’Assessorato Cultura e Sapere e della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, a seguito di un’iniziativa di Massimo

MOSTRE

Matteo Danesin: Pentecostal Faithful. Gallerie Fnac: Napoli (dal Primo ottobre al 3 novembre), Verona (dal 12 novembre al 3 gennaio 2005), Milano (dal 7 gennaio al 15 febbraio) e Torino (dal 18 febbraio a fine marzo). Fotografie dell’autore premiato con menzione speciale al concorso Attenzione Talento Fotografico Fnac 2004. James Nachtwey: Fotografo di guerra. Palazzo Magnani, corso

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Sguardi americani

Mussini, docente di Storia di Arte moderna dell’Università di Parma. Con la collaborazione di Laura Gasparini, della Fototeca della Biblioteca Panizzi, e Fiamma Chessa vengono esposte fotografie selezionate dall’archivio di Vernon Richards, appunto donato dall’autore alla stessa Fiamma Chessa. Immagini dal Vero: Vernon Richards fotografo. Chiostri di San Domenico, via Dante Alighieri 11, 42100 Reggio Emilia, 0522-4393233; archi-

Garibaldi 29, 42100 Reggio Emilia; 0522-454437, fax 0522-444436; www.palazzomagnani.it, info@palazzomagnani.it. Dal 17 ottobre al 16 gennaio 2005; martedì-domenica 9,30-13,00 - 15,00-19,00 (Natale e Capodanno 15,00-19,00). «Vorrei che il mio lavoro potesse appartenere alla storia visiva del nostro tempo per radicarsi nella nostra memoria e coscienza collettiva. Sono stato un testimone, e queste fotografie sono la mia testimonianza». (Intervista su questo stesso numero, da pagina 18).

GEORGE ORWELL

ersonale del fotografo americano Walter Rosenblum all’interno della seconda edizione di Seravezza Fotografia. Cresciuto fotograficamente con gli insegnamenti di maestri poi divenuti amici Lewis W. Hine

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Mario Carrieri: Amata luce. A cura di Giovanni Chiaramonte. Palazzo delle Stelline, Sala del Collezionista, corso Magenta 61, 20123 Milano; 02-45462111, fax 0245462432; www.stelline.it/html/fondazione, aklimciuk@stelline.it. Dal 21 ottobre al 18 dicembre; lunedì 14,00-19,00, martedì-sabato 10,00-19,00. Per la prima volta in Italia viene presentata in modo organico l’opera di un grande autore, le cui immagini sono presenti soltanto nelle più qualificate collezioni statunitensi.


Notizie

Valore della fotografia

STEFAN BUZAS

Celebrato con un Premio alla memoria

Architettura e fotografia Folgorante incontro con Carlo Scarpa isione in chiave fotografica dell’opera del grande architetto veneziano Carlo Scarpa. La rilettura è affidata ai diversi “occhi” di fotografi europei che si sono misurati con la non facile rappresentazione di capolavori dell’ultimo esponente della generazione di architetti disegnatori, per i quali la comunicazione della propria opera è stata deputata alla matita e ai colori. La sfida dei fotografi è proporzionalmente grande, tenuto conto della diffidenza di Carlo Scarpa verso la capacità dell’interpretazione fotografica di entrare in competizione con le concezioni spaziali dell’architetto, ma stimolante proprio per la qualità intrinseca delle sue opere, il magistrale controllo della luce, l’uso dei colori, il contrasto tra materiali differenti, il gioco di riflessi delle superfici, tutte qua-

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lità che hanno reso le opere di Carlo Scarpa i soggetti architettonici più fotografati del Novecento. In mostra opere di Gianni Berengo Gardin, Aldo Ballo, Gabriele Basilico, Daniel Boudinet, Stefan Buzas, Guido Guidi, Luigi Ghirri, Pino Guidolotti, Ferruccio Leiss, Paolo Monti, Fulvio Roiter. Carlo Scarpa nella fotografia. Racconti di architetture (1950-2004). A cura di Italo Zannier e Guido Beltramini per la Regione del Veneto; realizzazione Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza; allestimento di Umberto Riva. Museo Palladio, Palazzo Barbaran da Porto, 36100 Vicenza; 0444323014, fax 0444-322869; www.cisapalladio.org. Fino al 9 gennaio 2005; martedìdomenica 10,00-18,00.

Galleria Tina Modotti. Piazza Montessori 25, 80011 Acerra NA; fax 081-8850793; piero.borgo@libero.it. ❯ Gianpaolo Duse: Donna, semplicemente donna. Dal 24 al 30 ottobre. ❯ La foto archeologica. Opere premiate e segnalate al Concorso fotografico nazionale. Dal 7 all’11 novembre. ❯ Lea Coviello: Ritratti. Dal 21 al 27 novembre. ❯ L’erotismo femminile: nudo, glamour, lingerie. Opere premiate e segnalate al Concorso fotografico

econda edizione del Premio dedicato alla figura di Amilcare G. Ponchielli, photo editor prematuramente scomparso che ha lasciato grande eredità di esperienza e conoscenza, organizzato dal Grin (Gruppo Redattori Iconografici Nazionale). Nato a Milano nel 1946 e mancato nel 2002, Amilcare G. Ponchielli ha lavorato dapprima in Argentina, cominciando nel settore pubblicitario, per poi impegnarsi nell’editoria, a Parigi e Milano. La fotografia, in tutta la sua carriera, ha sempre avuto un ruolo dominante. All’interno delle redazioni nelle quali ha lavorato, si è sempre battuto affinché l’immagine fotografica avesse la dignità che le spetta e le venisse riconosciuto il proprio potere informativo. Negli anni ha costituito un’importante biblioteca dedicata alla fotografia, oggi conservata presso il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo, alle porte di Milano. È nel proseguo di questi valori che si colloca l’iniziativa del Grin, ideatore e organizzatore del Premio Amilcare G. Ponchielli 2005 con il sostegno di Pirelli: rico-

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nazionale. Dal 12 al 18 dicembre. Photo Market Video Gallery. Via Giustizia 49, 30172 Mestre VE; 041-915444, fax 041-917050. ❯ Roberto Alberti: Personale. Dal 29 ottobre al 30 novembre. ❯ Sergio Sartori: Personale. Dal 3 dicembre al 4 gennaio 2005. Gruppo Fotografico Le Gru. ❯ Giuseppe Fichera: Il Papavero - Messaggio di primavera. Sala Espositiva Le Gru, via Bellini 118, 95025 Valverde CT; 095-524187,

noscimento di 3000,00 euro per il miglior progetto fotografico, riservato a fotogiornalisti italiani o residenti in Italia. Come per l’edizione originaria 2004 (FOTOgraphia, febbraio 2004), nella quale è stato premiato Alessandro Scotti, il progetto deve essere pensato e ideato per la pubblicazione su un giornale, un libro o un sito di informazione Internet, comprendente una selezione di non oltre quindici immagini e una presentazione scritta. Nell’anno successivo al conferimento del Premio, un’apposita commissione del Grin è a disposizione del vincitore per agevolare l’effettiva realizzazione del progetto. Termine di partecipazione 7 febbraio 2005. Responsabile della Commissione Premio: Kitti Bolognesi, corso Garibaldi 34, 20121 Milano; www.grinphotoeditor.it, www.fotoinfo.net.

A seguire 62 Per un libro 62 Colore e bianconero 62 In doppio 63 Per la dignità della vita 63 Paesaggio in movimento

fax 095-7210294; www.fotoclublegru.it, presidenza@fotoclublegru.it. Fino al 5 novembre. ❯ Alfio Pulvirenti: Namasté. Sala Mostre Le Gru, corso Vittorio Emanuele 214, 95025 Valverde CT. Dal 12 dicembre al 20 gennaio 2005. Gruppo Fotografico Le Gru, via Nuova 32, 95025 Valverde CT; 095524187, fax 095-7210294; www.fotoclublegru.it, segreteria@fotoclublegru.it. Fragments of Urban Life. A cura di Mariella Poli con la collaborazio-

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Per un libro Premio europeo di case editrici odicesima edizione del concorso organizzato da sei case editrici europee: European Publishers Award

D

for Photography 2005. È premiato il progetto di un libro di immagini, che viene simultaneamente pubblicato nei ri-

spettivi paesi: Inghilterra (Dewi Lewis Publishing), Germania (Edition Braus), Francia (Actes Sud), Spagna (Lunwerg Editores), Grecia (Apeiron Photos) e Italia (Peliti Associati, l’editore che ha ideato il Concorso). Nel corso degli anni, il concorso ha puntualizzato il proprio obiettivo

GIAMPIETRO AGOSTINI

Colore e bianconero In antiche geografie lombarde

ema di indagine, da cui parte il progetto di documentazione fotografica di Giampietro Agostini e Vittore Fossati, è l’evoluzione del territorio rurale e del paesaggio della pianura lombarda, rappresentata in un’ampia se-

lezione di fotografie estratte dal volume (edito da Diabasis) che porta lo stesso titolo della mostra di cui sono oggetto: Il Campo e la Cascina, in due visioni personali, una a colori l’altra in bianconero. All’interno di un più ampio progetto multidisciplinare (Osserva. Te.R), l’attenzione dei due fotografi si rivolge ai segni

e alle presenze naturali e culturali di indubbio valore storico, fortemente minacciati dalle mutazioni socio-economiche.

In doppio

S

celta che dà rilievo a una condizione individuale: Priscilla Rattazzi, fotografa italiana che vive a New York, presenta una retrospettiva che esprime un forte legame tra arte, famiglia e natura, facendo trapelare il senso di appartenenza alle due geografie della sua personalità. Accostati senza timore di stridori, i ritratti di personaggi legati al mondo del cinema e della cultura si alternano a istantanee stradali e paesaggi senza tempo. Le

immagini sono frutto di una tecnica denominata Iris, che prevede la digitalizzazione del negativo 35mm e la successiva stampa a inchiostro su carta d’acquerello.

T

Tra Italia e America

ne di Filippo Maggia. City Hall Art Space, San Francisco, Usa. Dal 17 novembre al 16 gennaio 2005. Scambio con l’esposizione a Modena degli allievi del San Francisco Art Institute: undici autori italiani. Museo Ken Damy di Fotografia Contemporanea. Corsetto Sant’Agata 22, Loggia delle Mercanzie, 25122 Brescia; 030-3750295, fax 030-45259; www.museokendamy. com, info@museokendamy.com. Martedì-domenica 15,30-19,30. ❯ Luciano Monti: Paesaggio ita-

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Giampietro Agostini e Vittore Fossati: Il Campo e la Cascina. Palazzo Affari ai Giureconsulti, via Mercanti 2, 20121 Milano. Dal 18 novembre al 10 dicembre; 9,00-19,00.

Priscilla Rattazzi: A rivederci Roma. Associazione Culturale Valentina Moncada, via Margutta 54, 00187 Roma, 06-3207956, fax 063208209, www.valentinamoncada.com. Dall’11 novembre al 10 gennaio 2005; lunedì-venerdì 16,00-20,00.

liano. Fino al 25 novembre. Immagini in bianconero che fondono interpretazione artistica e forza poetica in brillanti opere d’arte. ❯ Fabrizio Buratta: Acquaria… ed altre storie. Dal 28 novembre al 12 gennaio 2005. Ermetica produzione fotografica sul confine tra due visioni del mondo, una che sfuma nell’altra, la rabbia che cede il posto alla delusione, alla riflessione. Photographier. Galleria Cà di Frà, via Farini 2, 20159 Milano; 0229002108; composti@inwind.it. Dal

dichiarato: diffondere la cultura fotografica, offrendo al vincitore una distribuzione autenticamente europea. Il progetto deve essere inedito e non antologico (per esempio la raccolta delle fotografie di una carriera). All’autore vincitore viene assegnata una somma pari a 12.000,00 euro come diritti sulle prime ottomila copie pubblicate e come rimborso delle spese sostenute per la stampa delle fotografie. Nelle precedenti edizioni si sono segnalati: Dario Mitidieri, I Bambini di Bombay (1994; FOTOgraphia, ottobre 1994); Shanta Rao, Donne d’Africa (1995); Bruce Gilden, Haiti (1996); Toni Catany, Nature in posa (1997); Dean Chapman, Karenni. La guerra dimenticata di una nazione assediata (1998); Jeff Mermelstein, SideWalk. Per le strade di New York (1999); Alfons Alt, Bestiae (2000); David Farrell, Paesaggi Innocenti (2001); Simon Norfolk, Afghanistan Zero (2002; FOTOgraphia, giugno 2003); Haris Kakarouhas, Il tempo sospeso. Un ritratto di Cuba (2003); Harri Kallio, Il dodo e l’isola di Mauritius. Incontri immaginari (2004). Termine di partecipazione 31 gennaio 2005. Peliti Associati, Simona Caroselli, viale Beata Vergine del Carmelo 12, 00144 Roma; 06-5295548, fax 06-5292351; www.pelitiassociati.it/.com, caroselli@peliti.it.

17 dicembre al 5 febbraio 2005. Sei interpreti contemporanei utilizzano la fotografia come strumento di comunicazione artistica. Espongono: Gian Paolo Tomasi, Giovanni Sesia, Milena Barberis, Riccardo Gusmaroli, Enzo Obiso e Luisella Torreforte.

INCONTRI

Memorial Mario Giacomelli. Sala Conferenze del Museo del Sannio, 82100 Benevento, sabato 27 novembre, 18,00, cerimonia di premiazione del Concorso, nel quale


Notizie

Per la dignità della vita Alle radici di storie antiche

rtista noto in Italia e all’estero, Giovanni Sesia realizza opere che si manifestano in scatti fotografici rielaborati a olio, ai quali viene aggiunta la scrittura che diventa

A

ndagine sul territorio di Alberto Mileti, in equilibrio tra ricordo e tradimento del ricordo. Visioni del paesaggio pugliese, dove l’autore ha vissuto. Il lavoro racconta le alterità ignorate nel confronto tra l’immagine del ricordo e la realtà nuova dei luoghi. Tornarvi dopo essere mancato a lungo è stato un po’ come non riconoscere l’immagine di sé nello specchio. Emerge la sua sensazione di essere stato tradito dal ricordo, oppure dai riflessi nello specchio. Il nuovo paesaggio è altro: non è né panorama della meravigliosa terra di Puglia, sulla costa come nell’entroterra, né abusivismo edilizio del lungomare barese. È quasi un sogno, un desiderio, una ricerca di un mondo che è stato. Alberto Mileti ha ripreso nel piccolo, nel quotidiano, le tracce antiche di Svevi,

I

l’immagine umana, perché un volto non si riduce mai a una posa fissa e immutabile. Gli uomini, le donne o i bambini, sempre, vivono le differenti stagioni.

altro segno pittorico. L’origine va ricercata in una discarica, dove Giovanni Sesia ha trovato lastre di vetro dell’archivio di un manicomio lombardo dei primi Novecento. Nella personale Storie Minori, l’opera d’arte esordisce e non muore poiché la fine, che è memoria, ritorna a essere ini-

zio. La mostra presenta lavori recenti, tra cui due opere inedite in bronzo. In ogni proprio lavoro, l’autore restituisce dignità ai suoi protagonisti, come fosse il diario di un adolescente che sfoga l’ansia vitale non compresa dal mondo adulto. Non rischia la ripetitività l’opera che riprende

Normanni, Turchi e Saraceni sovrapposte a quelle più nuove di barbari che depredano ugualmente il territorio, lasciandolo esangue. Le fotografie di Immagini in costa registrano i simboli dell’abbandono, i segni della storia e della stratificazione delle varie civiltà che si sono incrociate in quest’angolo di Mediterraneo partendo dal filtro di un ricordo, lungo un percorso che riporta all’oggettivo. La mostra è scandita al ritmo di dodici stampe composte in sei dittici di grandi dimensioni.

Paesaggio in movimento

Giovanni Sesia: Storie Minori. Fabbrica Eos, piazza Baiamonti 2, 20154 Milano; 02-6596532; www.inforel.it/fabbricaeos, fabbricaeos@libero.it. Dal 18 novembre all’8 gennaio 2005; martedì-sabato 10,00-13,00 - 16,00-19,00.

Tra il ricordo e il reale in Puglia

Alberto Mileti: Immagini in costa. Libreria MiCamera Bookstore, via Cola Montano, angolo piazza Fidia, 20159 Milano; 02-45481569; www.micamera.com, info@micamera.com. Dal 12 al 31 gennaio 2005; martedì-sabato 10,0013,00 - 15,30-19,30.

ha primeggiato Angela Maria Antuono. In contemporanea, assegnazione dei premi speciali: Undicesimo Trofeo Internazionale Una vita per la fotografia a Joe Oppedisano, Undicesimo Trofeo Internazionale Alla migliore fotografa o donna impegnata nella fotografia a Maria Vittoria Corradi Backhaus, Undicesimo Trofeo Nazionale Gran Premio 3M Italia a Daniele Manuel Dallerba, Undicesimo Trofeo Nazionale Per la critica o la stampa specializzata a Laura Leonelli, Quarto Trofeo Nazionale Osvaldo Buzzi a Shobha.

Circolo Fotografico Sannita, via Pianello 10, Casella Postale 37, 82026 Morcone BN; 0824-957042; www. circolofotograficosannita.too.it, circolofotograficosannita@hotmail.com.

partecipazione 31 gennaio. Agenzia Grazia Neri, via Maroncelli 14, 20154 Milano; 02-625271, fax 02-6597839; www.grazianeri.com, photoagency@grazianeri.com.

CONCORSI

Città Morciano di Romagna. Due temi: libero, per stampe a colori o bianconero; e In fiera, per solo stampe a colori. Termine di partecipazione 10 febbraio. Giancarlo Pari, via dei Platani 9, 47833 Morciano di Romagna RN; 335-5222857; giancarlopari@hotmail.com.

Premio Yann Geffroy. Assegnato dall’Agenzia Grazia Neri, è riservato a servizi fotografici di autori under 35 (anni): per reportage che interpretino al positivo problemi sociali, politici o scientifici (FOTOgraphia, novembre 2003). Termine di

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Nel centro storico di Milano, a due passi dal Duomo, il piÚ grande negozio Canon d’Italia


BRASSAÏ (GULYA HALÁSZ)

B

Brassaï (Gyula Halász) nasce nel 1899 a Braşov (in Transilvania, regione situata nella Romania centrale), ma non si considerava né ungherese né rumeno; scompare a Nizza nel 1984. Brassaï è stato uno dei più grandi fotografi del proprio tempo. Aveva la curiosità universale dell’artista che sta fuori dal coro ma non si lascia sfuggire nulla del quotidiano. Non è stato solo uno sciamano della fotografia di strada, ma anche un eccellente pittore, disegnatore, scultore, cineasta e scrittore. Brassaï arriva a Parigi nel 1929, voleva fare il pittore. Incontra André Kertész (un maestro della fotografia magica [FOTOgraphia, febbraio 2003]), e un po’ per campare, un po’ perché in fondo è un mestiere da ladri e da figli di puttana si dedica alla fotografia. Brassaï si avvicina al gruppo dei surrealisti, ma non si lascia tentare né dalla fotografia “concettuale”, apprezzata molto dalla “crema intellettuale” parigina, né si abbandona ai “grafismi” estetizzanti che molto piacciono ai fotografi del “banale d’arredamento”, che -ieri come oggifrequentano i cessi delle gallerie per un po’ di celebrità da “saldi di fine stagione” o sono “carta da parati” nelle miserevoli scuole serali dove si “insegna” a pensare e lavorare sui crinali dell’immaginario assoggettato; e proprio lì muore la fotografia. Gli amici fraterni di Brassaï sono Henry Miller, Pablo Picasso, Jacques Prévert, Paul Éluard, Pierre Reverdy, JeanPaul Sartre, Albert Camus, Jean Cocteau, Henri Michaux, Salvador Dalí, Daniel-Henry Kahnweiler, André Kertész, e negli anni Trenta scopre i percorsi estetici ai quali resterà af-

francato tutta la vita. Prima di altro è la serie Paris de nuit, ed è subito grande fotografia. Per Brassaï la fotografia non è un’“arte”, ma un mezzo per mangiare e, qualche volta, anche un linguaggio poetico non proprio infame. Inizia a lavorare con una Voigtländer Bergheil 6x9cm con Heliar 105mm f/4,5, sviluppa le pellicole e stampa i negativi nella sua camera d’albergo. Un aneddoto (riportato da chiunque abbia studiato Brassaï): a proposito del tempo

Brassaï si aggirava per Parigi con l’apparecchio fotografico come un gatto randagio al mercato del pesce. Di giorno riesce a cogliere situazioni intime, minimali, surreali, sequenze di gesti e corpi che si trascolorano in una specie di “film di carta” e raggiungono una ricchezza artistica che ha pochi eguali nella storia autentica della fotografia (tutta ancora da scrivere). Per trent’anni, Brassaï fotografa anche i graffiti sui muri parigini (esco-

Non sono i sociologi che penetrano le cose, ma i fotografi: che sono osservatori della sostanza dei nostri tempi. Brassaï di esposizione delle sue fotografie notturne, Brassaï era solito affermare che all’inizio della posa accendeva una sigaretta e tappava l’obiettivo quando aveva fino di fumarla.

LE NOTTI BIANCHE DI BRASSAÏ Paris de nuit è il rapporto del suo vagabondare nei caffè, nei locali frequentati dalla buona borghesia parigina e dagli apache, i teppistelli dei quartieri sotto Senna. Alle sessanta fotografie della prima edizione del 1932, se ne aggiungeranno poi altre (negli anni Settanta), e a vedere in profondità le feste notturne, le puttane di strada che sembrano madri di famiglia e le madri di famiglia puttane di strada restiamo fulminati dallo sguardo fermo e al contempo tenero di Brassaï: è lui, come nessuno mai, che è riuscito a restituire alla storia ciò che vi è di più autentico: la bellezza della diversità.

no in volume nel 1960: appunto Graffiti) e dice: «Il muro, zona franca per tutto ciò che è proibito, dà voce a chi senza di esso sarebbe condannato al silenzio». Tutto vero. Per la fotografia libera da ogni marchio ideologico o mercantile non ci sono catene. La scrittura fotografica di Brassaï è legata allo sguardo irriverente, curioso, metonimico di un cantastorie radicale della fotografia di strada; nelle sue immagini di nomade o apolide della bellezza celata nelle periferie invisibili quanto nel privato di artisti celebri, Brassaï mostra l’infinitezza del vuoto e l’incertezza del destino che accomunava la Banda di Albert alla bellezza sfiorita nel vino di Bijou, le nudità disinibite di Kiki e Conchita alle coppie in amore nei bordelli riflesse nello specchio. Ogni icona che fissava in quel bianconero sensuale, romantico e malin-

conico lo proietta fuori dai paesaggi delle rovine e lo affranca ai sogni di eternità che nascono nel giardino incantato dei poeti maledetti d’ogni arte.

LA FOTOGRAFIA SOGNATA DEGLI ANGELI

L’intera opera fotografica di Brassaï si dipana oltre il dolore degli esclusi e dice che la fotografia sociale non è fotografia finché non ci ha bruciato l’anima. Nell’affabulazione artistica di Brassaï c’è il canto o la vita sognata degli angeli ribelli, dove sovvertire significa disgelare gli spazi truccati del conforme e del sempre uguale; la fotografia che ignora la libertà è solo adulazione che sa di tradimento. In Brassaï c’è una sensibilità dell’immagine infedele al reale che scippa, che è ri/scrittura limpida e irriverente dell’ordine stabilito. Negli anni Sessanta, Brassaï collabora con Pablo Picasso, dalla loro amicizia esce il libro Conversations avec Picasso del 1965, e successivamente pubblica les Artistes de ma vie (1978). Il privato di Picasso, come quello degli artisti più importanti degli anni Trenta, ai quali Brassaï rivolge il proprio sguardo, è riversato in ritratti austeri, non sempre perfetti, anzi quasi mai, ma tutti legati a un rispetto degli altri sovente sacrale. Per Brassaï fotografare una persona è come fotografare un “oggetto”, il fotografo pensa prima di tutto alla forma e fa uscire dall’immobilità del viso o dalla solitudine del gesto ciò che è eterno. Nel dopoguerra, Brassaï realizza diverse scenografie fotografiche per spettacoli teatrali, da En passant di Raymond Queneau a Phèdre, balletto di Jean Cocteau e Georges Auric, e nel 1956 gi-

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ra il film Tant qu’il y aura des bêtes. Di là da ogni forma espressiva codificata, Brassaï è un creatore di immagini che non commenta la realtà, la “inventa”, o -meglio- la reinventa in una estraniazione etica dove ogni fotografia è rigorosa e nel contempo libera da ogni inclinazione mondana o ideologica, tanto da fare di Brassaï un maestro di/sconosciuto (o quasi) da molti che operano, insegnano o praticano il linguaggio fotografico. I clochard e le puttane delle notti parigine, gli esclusi sui marciapiedi della Terra e gli amori omosessuali disvelati, gli operai nei bistrot e gli intellettuali nelle case di prostituzione sono scippati alla quotidianità con un filo di ironia e deposti su un proscenio pubblico che rivela la condizione umana. Le situazioni estreme fotografate

da Brassaï mostrano la “piccola felicità” di un’umanità differente, che grida il proprio desiderio a vivere il tutto e il niente sottratti al tempo e al sogno. Brassaï testimonia i fiammeggiamenti dell’esistenza bastonata, scava buchi nell’ordinario, e nella solitudine autoriale -che gli è propria- ha messo fine ai veleni dell’indifferenza “colta” e ha fatto dell’interrogazione e dell’immagine radicale, visionaria, la rottura dei confini provvisori di tutti i pensieri insensati. La fotografia di Brassaï diffida dell’estrema chiarezza perché sa che nel mistero, nella magia e nell’ombra risplendono i segreti d’ogni poeta che sfugge alla menzogna per donare a chi lo vuole la bellezza dell’amore e l’interrogazione della verità in forma di poesia. Pino Bertelli (2 volte settembre 2004)


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