Mensile, 5,70 euro, Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge il 27-02-2004, numero 46), articolo 1, comma 1 - DCB Milano
ANNO XI - NUMERO 106 - NOVEMBRE 2004
.
QUALCOSA DI TRAVOLGENTE
non è
venduta in edicola. Per averla hai una sola possibilità: sottoscrivere l’abbonamento annuale.
12 numeri
57,00 euro .
Solo in abbonamento Compilare questo coupon (anche in fotocopia), e inviarlo a: Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano MI (02-66713604, fax 02-66981643; graphia@tin.it)
.
Abbonamento a 12 numeri (57,00 euro) ❑ Desidero sottoscrivere un abbonamento a FOTOgraphia, a partire dal primo numero raggiungibile ❑ Rinnovo il mio abbonamento a FOTOgraphia, a partire dal mese di scadenza nome
cognome
indirizzo CAP
città
telefono MODALITÀ DI PAGAMENTO
fax
❑ ❑ ❑
Allego assegno bancario non trasferibile intestato a GRAPHIA srl, Milano Ho effettuato il versamento sul CCP 28219202, intestato a GRAPHIA srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano Addebito su carta di credito ❑ CartaSì ❑ Visa ❑ MasterCard
numero data
provincia
firma
scadenza
SCIENZA QUOTIDIANA «Molti esseri umani che ho conosciuto hanno un’opinione piuttosto negativa della scienza. Pensano che sia noiosa e astrusa, potenzialmente pericolosa. Ma tutti, anche su TERRA, sono scienziati. Sul serio, che uno se ne renda conto o meno. Chiunque si sia mai chiesto come fanno gli uccelli a volare, una foglia a dispiegarsi o che comunque si sia basato sulle proprie osservazioni per arrivare a una conclusione, è uno scienziato. La scienza fa parte della vita». Gene Brewer (da K-Pax - Da un altro mondo) ARRIVEDERCI. Nei giorni della Photokina, tra fine settembre e inizio ottobre, temevamo l’irreparabile. Al ritorno a casa, è successo. Luciano Scattolin, editore e direttore del periodico Foto-Notiziario, è stato sconfitto dal male che da tempo lo minava. Come al solito, i commiati richiamano ricordi personali e vicende intime. Siccome da tempo do particolare peso e significato ai saluti temporanei, che tali non sono necessariamente (personalmente li vivo in termini meno passeggeri e volanti), ricordo bene quell’istante di alcuni mesi fa, quando lo salutai per l’ultima volta, senza sapere che sarebbe stata l’ultima, ma con la concentrazione che per mille motivi -miei, non suoi- avrebbe potuto esserlo, l’ultima: è un’intimità tutta mia, che tengo nel mio cuore, oggi che Luciano ci ha lasciati. Allo stesso tempo, purtroppo non ricordo il nostro primo incontro; ma, allo stesso momento, ricordo tanti altri di momenti di vita professionale comune, che ho avuto il privilegio di condividere con tanti colleghi di questo bizzarro mondo fotografico italiano. In un momento di bilanci, cui tanti fatti -prima o poi- inducono ciascuno di noi, non voglio ricordare nulla di ufficiale o ufficioso, ma qualcosa di più intimo. Ecco dunque che nella mente affiorano lontane serate con le carte da gioco in mano. Anni fa, Luciano mi insegnò la Belote, interpretazione francese degli inderogabili princìpi (di vita?) del fantastico Tresette ciappa no, che lui conosceva grazie alle sue frequentazioni della confinante Valle d’Aosta. E di questo, come di altro, gli sono grato, pur non sapendo apprezzarne a fondo il significato e peso. Magari... domani. M.R.
4
Non ci si deve illudere, è inutile; bisogna essere realistici. Sarà impossibile ricominciare da dove si era smesso. Tutto sarà diverso da prima, anche se non sappiamo in che modo. Bisogna aspettare
COPERTINA Dalla Photokina 2004 ricaviamo una serie di indicazioni significative dell’attuale atteggiamento dell’industria fotografica, in equilibrio tra condizioni commerciali e sollecitazioni di mercato. Causa o effetto, oppure causa e effetto, constatiamo una rinnovata attenzione nei confronti dell’Immagine. Ne riflettiamo da pagina 34
8
3 FUMETTO Cartolina illustrata degli anni Quaranta della casa editrice Ballerini & Fratini di Firenze: «Asti, 5 agosto 1948; Presto arrivederci, Papà e Mamma» 7 EDITORIALE Osservare per raccontare, collegare per decifrare e scrivere per condividere è un dovere giornalistico che non può essere condizionato da nulla. Ma guidato 8 ANCH’IO SONO FOTOGRAFO Ricordo di Richard Avedon, mancato il Primo ottobre. Un aneddoto rivelatore di una grande personalità 12 NOTIZIE
55
Attrezzature, vicende e altre segnalazioni
17 LA LEZIONE DI SINAR Digital High-End Photography: manuale che affronta con chiarezza la complessa e intrigata materia (digitale)
20 INNATURAL (MA NON È VERO) In mostra, il più recente ciclo di opere non professionali di Gian Paolo Barbieri, a tutti gli effetti incontestabilmente uno dei più significativi fotografi contemporanei italiani
22 IN SCENA 50
Prestigiosa serie fotografica di Graziella Vigo: due anni di messe in scena del maestro Riccardo Muti alla Scala; appunto In scena - Verdi Muti La Scala
29 MATERIA DI SOGNO Con il tramite espressivo della fotografia polaroid, Euro Rotelli manifesta interpretazioni intimistiche, che disvelano l’uomo, raccontandone l’essenza di Alessandra Alpegiani
. NOVEMBRE 2004
RRIFLESSIONI IFLESSIONI,, OSSERVAZIONI OSSERVAZIONI EE COMMENTI COMMENTI SULLA SULLA FFOTOGRAFIA OTOGRAFIA
34 QUALCOSA DI TRAVOLGENTE
Anno XI - numero 106 - 5,70 euro
Due voci complementari dalla Photokina 2004: riflessioni tecniche e di socialità della fotografia
DIRETTORE
37 DAGLI STRUMENTI ALL’IMMAGINE
IMPAGINAZIONE
RESPONSABILE
Maurizio Rebuzzini
Dopo anni di incertezze, l’industria fotografica sta affrontando con chiarezza la propria personalità di Maurizio Rebuzzini
43
45 VITALITÀ DELLA FOTOGRAFIA
26
Tra esposizione merceologica e manifestazioni collaterali, un modo fresco di intendere la fotografia di Alessandra Alpegiani
Gianluca Gigante
REDAZIONE Alessandra Alpegiani Angelo Galantini
FOTOGRAFIE Rouge
SEGRETERIA Maddalena Fasoli
34 SILVESTRI AL VERTICE
HANNO
Silvestri Micron: banco ottico 6x7/6x9cm
COLLABORATO
Antonio Bordoni Franco Sergio Rebosio Ciro Rebuzzini Euro Rotelli Antonella Simoni Zebra for You
36 RITORNO AL TELEMETRO Zeiss Ikon ZI, Leica Oskar Barnack, Leica M7 Titanio, Leica À la Carte, Voigtländer Bessa R3A e Bessa R2A
38 PREMIAZIONE TIPA 2004 I migliori prodotti fotografici dell’anno
39 SEI GRANDE! Nikon F6: reflex analogica a sistema
40 DIGITALE IN MEDIO
Redazione, Amministrazione, Abbonamenti: Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano; 02-66713604, fax 02-66981643; graphia@tin.it.
Hasselblad H1D, Mamiya ZD, Mamiya RZ67 Pro IID
42 OCCHIO AL DESIGN Olympus µ-mini Digital, Pentax OptioX, Pentax Optio 750Z
● FOTOgraphia è venduta in abbonamento ● FOTOgraphia è una pubblicazione mensile di Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano. Registrazione del Tribunale di Milano numero 174 del Primo aprile 1994. Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge il 27-02-2004, numero 46), articolo 1, comma 1 - DCB Milano.
44 IMMANCABILMENTE REFLEX (DIGITALI) Konica Minolta Dynax 7D, Olympus E-300, Pentax *istDs, Nikon D2X, Canon Eos-1D Mark II
46 FOTOGRAFIA A CONTORNO Mostre fotografiche durante la Photokina
48 A SPASSO PER COLONIA Testimonianze fotografiche in città
50 TRA I PADIGLIONI Curiosità, osservazioni, allestimenti... ma non solo
20
● FOTOgraphia Abbonamento 12 numeri 57,00 euro. Abbonamento annuale per l’estero, via ordinaria 114,00 euro; via aerea: Europa 125,00 euro, America, Asia, Africa 180,00 euro, gli altri paesi 200,00 euro. Versamenti: assegno bancario non trasferibile intestato a Graphia srl Milano; vaglia postale a Graphia srl - PT Milano Isola; su Ccp n. 28219202 intestato a Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano; addebiti su carte di credito CartaSì, Visa, MasterCard.
53 CAMMINA, CAMMINA Dagli archivi Alinari, 150 anni di fotografia di bambini
57 RITORNO IN SVIZZERA Fotografie americane di Peter Schreyer esposte al Musée suisse de l’appareil photographique di Vevey
60 CELEBRAZIONE DEL VINO
● Nessuna maggiorazione è applicata per i numeri arretrati. ● È consentita la riproduzione di testi e fotografie, magari citando la fonte (ma non è indispensabile, né obbligatorio farlo). ● Manoscritti e fotografie non richiesti non saranno restituiti; l’Editore non è responsabile di eventuali danneggiamenti o smarrimenti.
Due progetti autonomi in sintonia di intenti: 11 fotografi 1 vino e L’Insieme - Il cerchio aperto di Mauro Vallinotto
64
64 CASELLARIO PENTAX
32
Asahiflex & Asahi Pentax 1952-1975 di Danilo Cecchi
66 MEMORIAL GIACOMELLI Quarta edizione del prestigioso Premio alla memoria
● A garanzia degli abbonati, nel caso la pubblicazione sia pervenuta in spedizione gratuita o a pagamento, l’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e in suo possesso, fatto diritto, in ogni caso, per l’interessato di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi della legge 675/96.
Fotocomposizione DTP e selezioni litografiche: Rouge, Milano Stampa: Arti Grafiche Salea, Milano
S
ono interista. La confessione è doppiamente disagevole: da una parte può innescare reazioni contrarie e antagoniste, ispirate dal tifo; dall’altra, visti i tempi che corrono, presta il fianco a sagaci ironie. La confessione è, però, discriminante, perché esprime una certezza assoluta: appunto quella dell’irrazionale, ma concreta, fede calcistica. Al di là dell’ammissione, che per se stessa lascia il tempo che trova, affermando che sono interista intendo puntualizzare, come ho appena annotato, una solida certezza, per certi versi una delle poche, se non già l’unica, della mia vita privata e professionale. Ovvero, so di essere interista, perché i sintomi sono certi, e -allo stesso momento- non so molto altro. Sono progressista? Direi di sì; ma poi, quando si affrontano tematiche vicine e intime, mi rivelo conservatore (soprattutto in fotografia). Sono altruista? Me ne faccio vanto; ma poi, quando si arriva al sodo, mi chiudo in egoismi inconfessabili. Non sono razzista? Questo sì, ma forse solo perché la vita non mi ha ancora posto di fronte a scelte autenticamente discriminanti, autenticamente personali. La questione, se di questo si tratta, è tutta qui. Riuscire a identificare confini certi all’interno dei grandi contenitori dell’esistenza quotidiana e di quella professionale. Così, affrontando l’appuntamento biennale con la Photokina di Colonia, dal cui palcoscenico riferiamo su questo stesso numero, da pagina 34, è necessario stabilire e riconoscere il proprio grado di educazione e disposizione professionale, che dovrebbe essere libera da preconcetti. Osservare per raccontare, collegare per decifrare e scrivere per condividere è un dovere giornalistico che non può essere condizionato da nulla, pur essendo guidato dalle proprie personalità ed esperienze costruite nei decenni. Oggettivamente, la trasmissione di informazioni, in chiave che non sia soltanto e banalmente casellaria (elenco di prodotti, magari in ordine alfabetico), presuppone proprio questo: un’onestà intellettuale di base non asettica, ma maturata ed educata. Così, nel concreto, la cronaca dalla Photokina, in equilibrio tra annotazioni tecniche e consecuzioni espressive, è stata compilata a quattro mani, da due punti di osservazione in un certo senso complementari. Come precisiamo in introduzione, a pagina 35, due voci ne riferiscono a partire da due esperienze fotografiche diverse, ma -speriamo- non divergenti. Una è radicata nei decenni, con il conforto (?) della conoscenza/testimonianza diretta di una lunga recente stagione tecnologica; l’altra è fresca e spontanea. Ne consegue un racconto su un doppio binario che scorre parallelo e si integra in una serie di considerazioni che non si riferiscono affatto alla sola Photokina (in retrospettiva), ma che si proiettano avanti nel tempo, verso le possibili/potenziali evoluzioni fotografiche, sia tecniche sia espressive. E non è certo poco. Anzi, è esattamente vero il contrario. Maurizio Rebuzzini
Vincenzo Silvestri con il suo banco ottico Micron, reflex analogica a sistema Nikon F6 e Voigtländer Bessa R3A: dalla Photokina 2004 tre significativi segnali di vitalità della tecnologia fotografica tradizionale.
7
ANCH’IO SONO FOTOGRAFO
V
Venerdì Primo ottobre, in un ospedale di San Antonio, in Texas, è mancato Richard Avedon, una delle più significative figure della fotografia del Ventesimo secolo. Magico interprete della fotografia di moda e del ritratto, Richard Avedon è stato un autore a tutto campo, capace di farsi coinvolgere negli avvenimenti del proprio tempo. A questo proposito, sono significative le prese di posizione nei tormentati anni Sessanta, quando fotografò i dimostranti per i diritti civili, impegnandosi attivamente contro il razzismo e le intolleranze, e quando realizzò un commovente lungo servizio negli istituti psichiatrici della Louisiana. Addirittura, nel 1972 venne arrestato e imprigionato per disobbedienza civile durante una manifestazione pacifista al Capitol Building di Washington. Quindi, non va dimenticata la serie di immagini che Richard Avedon realizzò in Times Square, a New York, la notte del 22 novembre 1963, alla notizia dell’assassinio del presidente Kennedy. Inventore di una fotografia di moda e ritratto su fondo bianco, realizzata soprattutto con il grande forma-
8
to 20x25m (8x10 pollici), ha attraversato mezzo secolo lasciando una impressionante quantità e qualità di immagini, molte delle quali appartengono alla storia evolutiva dell’espressione fotografica: citare i ritratti, i personaggi e le singole immagini sarebbe ora soltanto riduttivo. Basti pensare che la sua Autobiografia, pubblicata in Italia da Leonardo Editore nel 1993, non contiene parole, se non le rituali dediche e una brevissima introduzione, ma è formata esclusivamente di immagini: appunto, l’autobiografia consapevole e cosciente di un fotografo, che come tale si è espresso per tutta la vita. Tra tanto, e volendo alleggerire, una nota di colore. Nel 1956, Richard Avedon fu consulente per il film Cenerentola a Parigi di Stanley Donen (Funny Face, Usa 1957). A parte il ruolo ufficiale, e oltre le sue fotografie di moda che scorrono sui titoli di testa, non è difficile individuare una certa simbiosi tra il fotografo di fantasia del film, Fred Astaire nei panni di Dick Avery, e lo stesso Richard Avedon. La storia è poi esattamente ciò che ci si aspetta dal titolo: commessa di libreria e quindi modella, Audrey Hepburn fa innamorare il fotografo che l’ha creata. In Evidence 1944-1994, catalogo ragionato dell’omonima mostra itinerante, che arrivò a Milano all’inizio del 1995 (FOTOgraphia, febbraio 1995), Adam Gopnik racconta un curioso aneddoto. Attraversando con Richard Avedon il Central Park di New York, i due incontrano un ambulante che realizza fotobottoni immediati con ritratti polaroid (il fotobottone ha avuto anche una propria effimera stagione italiana: qualcuno può ricordarlo ancora). Se ne fecero uno insieme, da regalare a una comune amica e poi coinvolsero l’ambulante in una ulteriore sessione operativa con due ragazze di passaggio. Di fronte alla sua perplessità, Richard Avedon fu esplicito. Lo tranquillizzò, affermando «anch’io sono fotografo». M.R.
Tutte le fotografie sono fedeli, nessuna è la verità. Richard Avedon, 1984
Tre copertine dedicate a Richard Avedon: Newsweek del 16 ottobre 1978, United (mensile delle linee aeree United Airlines) del luglio 1986 e The Magazine (allegato domenicale del Sunday Times) del 26 settembre 1993. Nota parallela: una volta con Sinar Norma e due con Deardorff.
studiotto firenze
Quinon La prima reflex digitale al mondo con Anti-Shake integrato. Anti-Shake (Antivibrazione) Full-Time integrato nel corpo macchina.
Grande monitor LCD da 2,5 pollici con 207.000 pixel.
CCD di grande dimensione, mm 23,7x15,5, da 6,1 megapixel. Nuovo Chipset LSI per elaborazione immagini ad alta velocità. Tecnologia CxProcess™III. Corpo macchina in lega di magnesio per robustezza e affidabilità.
sitrema!
Reflex digitale a ottiche intercambiabili - Anti-Shake integrato - CCD da 6.1 megapixel - AF a 11 sensori Scatto continuo fino a 3 fot./sec, max. 15 JPG Fine - Pentaprisma in vetro ottico Compatibilità con tutti gli obiettivi Minolta serie AF.
ESIGETE GARANZIA ROSSI & C. SPA
PER UN’ASSISTENZA QUALIFICATA E RICAMBI ORIGINALI DIRECT LINE 055 32 31 41 www.konicaminoltaphoto.it info@rossifoto.it
SOLO PER DIGITALI. La copertura di campo del nuovo zoom grandangolare Tamron SP AF 11-18mm f/4,5-5,6 Di-II LD Aspherical (IF) è congeniale alle dimensioni dei sensori CCD delle reflex digitali di ultima generazione (circa 16,7x24,9mm), ereditato da quello che fu il formato C-Classic dello sfortunato standard fotografico APSAdvanced Photo System. Questo indirizzo tecnico, per la prima volta adottato dal celebre marchio giapponese di obiettivi universali, consente di contenere l’ingombro dell’obiettivo, senza alterarne le prestazioni ottiche ottimali: 78,6x82,2mm, per 375 grammi di peso e 77mm di diametro dei filtri. L’equivalenza alla variazione focale 17-28mm della fotografia 24x36mm (riferimento d’obbligo) definisce un impiego confortevolmente grandangolare, con assolvimento di una concreta serie di esigenze della ripresa. Allo stesso momento, è stato adottato un particolare disegno ottico di quindici lenti in dodici gruppi, finalizzato alle necessità del sensore digitale. Da una parte, l’escursione grandangolare è stata interpretata con una sequenza di lenti asferiche e di vetri alternati a alto e basso indice di dispersione -rispettivamente HID e LD-, adatti a ogni distanza di accomodamento, dalla messa a fuoco minima di 25cm; dall’altra è stato preordinato un percorso dei raggi immagine sul sensore digitale sostanzialmente paralleli, che evitano dispersioni angolari ai bordi. L’angolo di campo da 103 a 75 gradi, in
12
riferimento alla copertura di campo APS-C 16,7x24,9mm, si accompagna quindi con una confortevole uniformità di trasmissione della luce su tutta l’area immagine. Allo stesso momento, un esclusivo Trattamento Superfici Interne e una nuova tecnologia di rivestimento multistrato sugli elementi ordinari minimizzano i riflessi che si presentano quando la luce passa dall’elemento frontale, per ridurre gli effetti di disturbo dell’immagine provocate dai sensori stessi. In dotazione, lo zoom Tamron SP AF 11-18mm f/4,5-5,6 Di-II LD Aspherical (IF) viene fornito di paraluce a corolla per ridurre i riflessi. Il paraluce sagomato garantisce l’eliminazione ideale dai raggi di luce superflui che entrano dall’inquadratura, al di fuori del campo immagine. In montatura per Canon AF-D, Minolta AF-D e Nikon AF-D. (Rossi & C, via Ticino 40, 50010 Osmannoro di Sesto Fiorentino FI).
PERSONALIZZAZIONI. Una nuova configurazione Polaroid One 600 rivitalizza la personalità della fotografia a sviluppo immediato con apparecchi di taglio alto, cui conseguono risultati analogamente qualitativi. Come la sigla precisa e certifica, si tratta di una Polaroid per filmpack integrali a colori autosviluppanti della serie 600. Il flash incorporato e la dotazione completa di automatismi di esposizione garantiscono un impiego semplice. Per adattarsi a tutte le esigenza della fotografia a sviluppo immediato, dalla comune fotoricordo alla documentazione tecnica, agli intendimenti professionali e/o creativi (frequentati da una identificata schiera di autori contemporanei; FOTOgraphia,
ottobre 2004), la Polaroid One 600 è realizzata in quattro differenti versioni “a misura”. La Polaroid One 600 Classic è la dotazione tecnica base, con messa a fuoco da 91,4cm. La configurazione Polaroid One 600 Ultra consente l’inquadratura ravvicinata fino a 61cm, è provvista di dispositivo flash di riduzione/eliminazione dell’effetto degli occhi rossi ed è dotata di autoscatto a ritardo programmato, adatto all’impiego nella fotoricordo di famiglia. A seguire, la Polaroid One 600 Pro è indirizzata agli utilizzi nell’ambito delle applicazioni della fotografia a sviluppo immediato in appoggio a impegni professionali: documentazione tecnica, rilevazione di dati, archiviazione di informazioni; messa a fuoco da 61cm. Infine, la Polaroid One 600 JobPro ripropone lo stesso indirizzo sostanziale, in un corpo macchina rinforzato, adatto a impieghi in situazioni ambientali contrarie e particolari, soprattutto in esterni e in luoghi di lavoro particolari, per esempio nei cantieri, nella constatazione di incidenti stradali e simili. (Polaroid Italia, via Piave 11, 21051 Arcisate VA).
SOFTWARE DEDICATO. Epson AlbumMaker, che nasce con la release di partenza 1.0, è un software indirizzato al fotografo digitale professionista, finalizzato alla creazione di prodotti professionali di alta qualità. Pacchetto software realizzato come versatile strumento di produzione, permette a studi fotografici e fotografi professionisti di aumentare la propria offerta, proponendo ai clienti prodotti di stampa su misura, come album fotografici, calendari, poster e CD. Con la funzione “Drag-anddrop”, basta trascinare le fotografie su maschere predefinite per creare un’ampia gamma di prodotti in modo semplice e rapido. Grazie al “Template manager” integrato è possibile creare, importare ed esportare le maschere per offrire ai propri clienti soluzioni su misura. Un
plug-in permette la realizzazione di maschere personalizzate con Adobe PhotoShop. Software congeniale alla fotografia di ritratto e cerimonia, Epson AlbumMaker 1.0 è dotato di funzioni di editing delle immagini, per regolare la nitidezza e il colore e togliere l’effetto occhi rossi, nonché dell’opzione “Clonazione”. Avanti, l’opzione “Workflow / job list” assicura una gestione efficiente dei flussi di lavoro più complessi, anche ai fotografi con meno esperienza. Per la creazione avanzata di CD, l’Epson Photo memory player migliora la visualizzazione delle immagini, integrando automaticamente sul CD slideshow con effetti speciali e sottofondo musicale. È possibile scegliere tra diversi stili, display e colonne sonore, come anche tra le funzioni operative “A tutto schermo”, “Ripetizione”, “Selezione casuale” e “Sfoglia”. (Epson Italia, via Viganò De Vizzi 93-95, 20092 Cinisello Balsamo MI).
SCANSIONI RAPIDE. Durst Sigma 67 è un nuovo scanner di fascia media per pellicole, ideale per studi e laboratori fotografici professionali. Grazie alle proprie caratteristiche di versatilità, velocità e facilità d’uso si afferma nel settore della digitalizzazione di diapositive e negativi. Il nuovo Durst Sigma 67 è uno scanner professionale veloce per pellicole fino al medio formato 6x7cm, per la digitalizzazione da negativi a colori o bianconero e diapositive. Grazie al sistema digitale automatico Digital ICE per la rimozione della polvere e di graffi, le scansioni vengono automaticamente perfezionate senza ricorrere a complesse operazioni di ritocco delle immagini. Le pellicole in scansione vengono trasportate istantaneamente dall’apposito portapellicole a libro, che non richiede l’ausilio di vetri e garantisce, così, una totale nitidezza e un’estrema precisione. Il sistema di riconoscimento integrato consente un posiziona-
mento esatto della pellicola e offre il massimo livello di automazione. Durst Sigma 67 viene fornito con il software di Sigma Plus per l’installazione su PC Windows, che include la gestione del colore con soft-proofing per profili di colore ICC. La nuova tecnica a canale singolo per pellicole a colori, in bianconero e diapositive, nonché gli algoritmi dedicati di analisi e miglioramento delle immagini offrono una innovativa qualità di immagine innovativa e il massimo grado di realismo. Tutto ciò è possibile senza dover controllare, modificare o ritoccare le scansioni utilizzando altri programmi di elaborazione delle immagini. Se si desidera migliorare colore, densità o contrasto, Durst Sigma 67 facilita il lavoro e permette un risparmio di tempo: la mini-tastiera, il joystick o il mouse consentono all’operatore di accedere in modo semplice alla modalità di correzione rapida manuale. I tempi di scansione sono ridotti, e consentono di gestire file di oltre 200Mb al minuto garantendo la massima produttività. (Durst Phototechnik, via Vittorio Veneto 59, 39042 Bressanone BZ).
PER TRE. Il Nikon TC-E3PF è un avanzato moltiplicatore di focale 3x di nuova generazione, risultato di una tecnologia esclusiva e destinato alla nuova Nikon Coolpix 8400 da otto Megapixel (FOTOgraphia, ottobre 2004). Estremamente compatto e leggero, il nuovo triplicatore di focale, diciamola così, pone in evidenza uno degli aspetti della ricerca ottica Nikon: introdurre nuovi elementi di progettazione, che garanti-
14
scano la massima praticità d’uso per l’utente. Nei moltiplicatori di focale convenzionali, per un’elevata rifrazione della luce che passa attraverso la prima lente, viene utilizzata una lente fortemente convessa. Si ottiene così il rapporto di riproduzione desiderato, ma con il rischio che compaia una aberrazione cromatica residua. Invece, se come lente convessa viene utilizzato un elemento in vetro ED, l’aberrazione cromatica non si manifesta, ma le limitate caratteristiche di rifrazione, tipiche di questo tipo di vetro, rendono problematico mantenere le dimensioni generali a livelli accettabili. Per ovviare a questi problemi, Nikon ha messo a frutto il proprio know-how nella tecnologia ottica, ed è riuscita a progettare un nuovo tipo di lente in grado di assicurare costi ridotti e una mi-
glior efficienza nella produzione in serie, inserito in una combinazione di sei lenti in tre gruppi. Basato sulla tecnologia Phase Fresnel -una lente caratterizzata da una serie di cerchi concentrici incisi e da una superficie dentellata in sezione trasversale- il Nikon TC-E3PF si avvale di due di queste lenti saldate insieme, e riesce così ad annullare l’aberrazione cromatica allo stesso livello del vetro ED e contemporaneamente a ridurre la lunghezza complessiva della montatura. Ne risulta un moltiplicatore di focale molto compatto e significativamente più comodo da trasportare: 61x64,3mm, per 175 grammi di peso. La lente PF, appunto Phase Fresnel, assicura anche altri vantaggi, derivanti dalle stesse modalità della propria realizzazione. Siccome viene costruita unendo una singola lente Fre-
snel in vetro molato di precisione (PGM) con un altro elemento in resina di alta qualità, la precisione è assicurata dall’eliminazione di ogni spazio d’aria, mentre il perfetto allineamento viene mantenuto dallo stesso accoppiamento dei due elementi, con una consistente riduzione dei costi di produzione. (Nital, via Tabacchi 33, 10132 Torino).
ZOOM STANDARD. Progettato e realizzato per l’uso esclusivo con le reflex digitali Pentax, fino all’attuale *istDs del quale riferiamo dalla Photokina 2004 (su questo stesso numero, a pagina 44), l’SMC Pentax-DA Zoom 18-55mm f/3,5-5,6 AL è considerato uno standard compatto e leggero. Copre un cerchio di immagine corrispondente al sensore solido CCD di 23,5x15,7mm e dunque può vantare una costruzione meccanica sostanzialmente compatta, appunto sintonizzata con le dimensioni delle reflex digitali di ultima generazione, con le quali assicura un utilizzo comodo e un bilanciamento ottimale. Impiegato con la Pentax *istDs, lo zoom offre un campo inquadrato equivalente all’escursione grandangolare-medio tele 27,584mm nel formato fotografico 24x36mm, coprendo così tutte le focali di utilizzo più frequente. Gli elementi ottici asferici incorporati nel disegno non contribuiscono soltanto alla riduzione di ingombri e peso, ma compensano anche efficacemente le aberrazioni ottiche responsabili del decadimento della qualità dell’immagine. La ghiera dei diaframmi è stata eliminata dalla montatura, per semplificare l’utilizzo delle reflex, delegando al corpo macchina l’impostazione dell’apertura. Una volta che il soggetto è agganciato dal sistema autofocus, il dispositivo Pentax Quick-Shift consente al fotografo di passare istantaneamente al controllo manuale, senza la necessità di operazioni specifiche. (Protege - Divisione Foto, via Pratese 167, 50145 Firenze).
UN GIGA IN FORMA COMPATTA. Ribadiamo e confermiamo: le piccole Card crescono. Come da programma, e da annunci preventivi, continua il cammino delle xD-Picture Card, i supporti di memoria di dimensioni estremamente contenute studiati in collaborazione da Fujifilm e Olympus (FOTOgraphia, settembre 2002). Dopo la partenza con una gamma di capacità progressive da 16 a 128Mb, abbiamo già registrato le versioni da 256 e 512Mb (FOTOgraphia, aprile e luglio 2003): ora è la volta dell’ulteriore capacità ancora raddoppiata da un Gibabite, proposta da Olympus. Ancora, ribadiamo e ricordiamo che la creazione di queste nuove memorie di piccole dimensioni 20x25x1,7mm, la cui definizione ribadisce l’idea di “eXtreme Digital”, è stata dettata dall’esigenza di realizzare apparecchi digitali sempre più piccoli, senza peraltro penalizzare la capacità di memoria e archiviazione di immagini e, perché no?, dati. Allo stesso momento, le xD-Picture Card sono definite e identificate anche da un prezzo estremamente competitivo e da un’alta velocità di lettura/scrittura. La semplicità della propria struttura permette di ottenere un minor consumo di corrente, pari a 25mW, in un supporto meccanicamente ed elettricamente robusto e affidabile. La versatilità di impiego delle xD-Picture Card è altresì favorita dagli accessori dedicati, a partire dagli adattatori per altri supporti di memoria e dai lettori, semplici e doppi, che consentono anche il trasferimento di file tra diverse card. (Polyphoto, via Cesare Pavese 1113, 20090 Opera Zerbo MI).
EPSON® e Epson Stylus Photo™ sono marchi registrati di Seiko Epson Corporation.
Un colore può emozionare. Soprattutto se è l’unico che devi sostituire.
Ci sono cose insostituibili. E poi ci sono i Multifunzione Epson che, oltre ad avere le funzioni di una stampante, di uno scanner e di una fotocopiatrice, sono dotati di una particolare caratteristica: le cartucce di inchiostro singole. Stampare le tue foto non è costoso: ad esempio con Epson Stylus Photo RX425 puoi ottenere fotografie di alta qualità a soli € 0,39 l’una*. Per ulteriori informazioni sui Multifunzione Epson, visita www.epson.it o chiama il numero verde 800-801101. *Costo basato su una confezione di PhotoPack: € 39 Iva incl. - contiene 4 cartucce + 100 fogli carta fotografica 10x15
LA LEZIONE DI SINAR
P
Prendiamola larga e laviamocene le mani: ai posteri l’ardua sentenza. L’attuale stagione dell’acquisizione digitale di immagini è quantomeno confusa, sia in termini professionali, sia nella propria declinazione non professionale, rivolta ai più larghi consumi. Ognuno dice la propria, ognuno si esprime nei termini che ritiene opportuni, e che non rispondono ad alcuna logica autenticamente tale. Soprattutto, clamoroso errore di fondo, in troppi si esprimono con concetti e animosità di assoluta declinazione “da stadio”: aprioristicamente pro o contro, come se di questo si stesse parlando. Invece, il dibattito dovrebbe essere di tutt’altra natura, ma non possiamo lamentarci che così non sia. Soltanto, ne dobbiamo prendere atto. In pochi si muovono nel senso della chiarezza dei termini; i più declinano soltanto posizioni ideologicamente preconcette, trattando la fotografia digitale, straordinaria espressione tecnologica, degna di ben altri palcoscenici e dibattiti, come se si dovesse contrapporre, in una logica secolare, Coppi a Bartali, il diavolo all’angelo, il rosso al nero e via in questo senso. In tanta confusione di intenti, la svizzera Sinar si muove anche nel
senso della chiarezza, quantomeno di intenti. Oltre la propria produzione fotografica, che dal semplice banco ottico grande formato della genìa avviata dall’originaria Norma della fine dei Quaranta (FOTOgraphia, novembre 1996, marzo 2000 e giugno 2001) è approdata alle configurazioni p, p2 e p3 (FOTOgraphia, giugno 2003), Sinar arricchisce la propria collana di manuali tecnici con un titolo, finalmente!, dedicato all’acquisizione digitale di immagini in chiave dichiaratamente professionale: Digital High-End Photography, di Romano Padeste e Helmut Kraus, sesto titolo della prestigiosa collana Basics System Technology delle SinarEdition, temporalmente successiva agli originali manuali di uso dei corpi mobili grande formato nati alla fine degli anni Sessanta (titoli pietre miliari del settore: Das goldene Buch der Gebrauchsfotografie: Großformat, di Carl Koch, 1969; Il sistema Sinar Manuale dell’apparecchio fotografico professionale, di Carl Koch, 1974 e 1977; Il grande manuale del sistema Sinar, di Carl Koch, J.J. e C. Marchesi, 1982, 1986 e 1990; Photo Know-How - L’alta scuola del grande formato, di Carl Koch, 1972; Photo Know-How - Corso di fotografia in grande formato, di Carl Koch e Jost J. Marchesi, 1984). Testo in inglese, il manuale è doppiamente fondamentale. Anzitutto per la chiarezza con la quale affronta la complessa e intrigata vicenda
Digital High-End Photography, di Romano Padeste e Helmut Kraus; SinarEdition, Basics System Technology/6, 2004; (www.sinarcameras. com - Mafer, via Brocchi 22, 20131 Milano; 02-70638726, fax 02-2367977; www.maferfoto.it, mafer@maferfoto.it); 112 pagine 22x28cm; 44,00 euro.
(questione?); in secondo luogo per le indicazioni operative, utilitaristicamente proficue nella conduzione quotidiana della professione. Senza troppi giri di parole, come sollecita la concretezza di una lunga esperienza didattica, il manuale è autenticamente tale: manuale, nel più evidente e opportuno senso dei termini. Informazioni di base si assommano a considerazioni pratiche, e si collegano a esperienze sul campo delle quali fare prezioso tesoro. Curiosamente adatto sia a chi si avvicina alle logiche dell’acquisizione digitale di immagini in termini professionali, sia a chi da tempo frequenta con coerenza e costanza la sala di posa, il libro elargisce fantastiche visioni, che possono tradursi nella conduzione quotidiana del mestiere. Guida fondamentale, Digital HighEnd Photography non è certo parca di indicazioni e sollecitazioni. Soprattutto, la sequenza dei suoi sei capitoli rappresenta un approccio intelligente e finalizzato alla materia. Non ci sono prese di posizione preconcette, ma la sola e semplice ac-
17
Il manuale operativo Digital High-End Photography è equamente scomposto tra annotazioni tecniche basilari e annotazioni pratiche di uso.
cettazione di uno stato di fatto, con le relative conseguenze e consecuzioni: a ciascuno, la propria esperienza sul campo integrativa, da arricchire sulla consapevole conoscenza dei termini basilari e fondamentali, allo stesso tempo, dell’acquisizione digitale di immagini con intendimento e finalità dichiaratamente professionali. A.Bor.
apre la tua mente. Svela orizzonti sconosciuti grazie alle versatili funzioni fotografiche della nuova OLYMPUS C-70 ZOOM: fotocamera compatta da 7.1 milioni di pixel, zoom ottico 5x e ampio LCD da 5,1 cm. www.olympus.it
I T ’S
D I G I TA L .
NUOVA OLYMPUS C - 70 ZOOM
INNATURAL (MA NON È VERO)
C
Considerato tra i più espressivi autori del nostro tempo, Gian Paolo Barbieri appartiene a quella ristretta cerchia di fotografi che con concreta applicazione individuale alternano la ricerca estetica agli impegni professionali, senza peraltro farne bandiera, ovvero senza sovrapporre parole inutili ai propri efficaci gesti fotografici. Così, pur penalizzato dal passaporto italiano, Gian Paolo Barbieri sta a pieno diritto e alla pari in quei selettivi elenchi nei quali si annotano i nomi, facciamone un paio, di Richard Avedon e Irving Penn. [Attenzione, pur diffidando degli assoluti, così pieni di insidie, insieme a qualificati nomi della fotografia commentata, Maurizio Rebuzzini, direttore di FOTOgraphia, considera Gian Paolo Barbieri il più grande fotografo contemporaneo italiano, addirittura imbarazzantemente bravo, tanto da mettere a disagio]. Gian Paolo Barbieri approda agli spazi espositivi della Triennale di Milano con Innatural, il più recente ciclo di opere non professionali, tutto imperniato alla viva carnalità della natura tropicale. Con l’occasione, approfondendo la sequenza espressiva della fotografia di Gian Paolo Barbieri, emerge che larga parte della sua ricerca fotografica è incentrata proprio sul tema dominante dei tropici e della loro natura, intesa, sentita e ricercata in tutti i sensi: dalla Polinesia alle Seychelles, dall’Indonesia al Madagascar (FOTOgraphia, luglio 1995). L’anima dei soggetti rappresentati in Innatural è confezionata nella sostanza della stampa da negativi polaroid, di cui è volutamente reso visibile e parte integrante dell’opera lo “sporco di lavorazione” periferico (riconoscibile e riconosciuto dagli addetti), che rivela l’uso originario del procedimento a sviluppo immediato: consapevole mediazione, capace di rendere consistenza e immaterialità pittorica al contempo. In mostra Innatural si presenta con immagini fotografiche di varie dimensioni, splendidamente stam-
20
pate con procedimenti digitali da Patrizio Parolini, straordinario interprete (di sempre) dei negativi bianconero di Gian Paolo Barbieri, esposte anche in trittici o polittici; alle volte il soggetto è trattato in stampa con soluzioni formali diverse, tanto da fornire interpretazioni cromatiche alterate e sfumature percettive dalle molteplici suggestioni. Lavoro di sapore pittorico: sia per l’uso, sempre discreto ma vivo e presente, di delicate intonazioni cromatiche, che in fase di stampa si aggiungono alla sensibile consistenza dei soggetti fantasticamente composti e inquadrati, sia per l’attenzione rivolta a dettagli della natura di valenza simbolica, che riconducono alla memoria di cinquecentesche nature morte. È maestro di suggestioni, Gian
Con il proprio originale linguaggio, che esprime un altrettanto originale modo di vedere e guardare, attraverso la serie definita Innatural, Gian Paolo Barbieri trasmette e rende partecipi di una disincantata bellezza, la stessa che, ogni volta che la scorge, conquista la sua stessa attenzione.
Paolo Barbieri, uno sguardo insaziabile rivolto alla “bellezza” della natura, creatore e cultore raffinato di ricercate composizioni in perenne equilibrio tra l’artificiosità e la possibile “verità”. Il potere del dettaglio celebrato alla massima potenza e l’abilità di sviscerare l’anima valorizzando ogni impercettibile minuzia fanno di questo grande fotografo un riferimento di gusto, linguaggio e culto nell’espressione della nostra contemporaneità. D’altronde, è proprio sull’ambivalenza tra il perfetto e la propria in-naturalità che si fonda il senso di questa ricerca e raccolta (da cui il titolo Innatural). La natura di Gian Paolo Barbieri è meno naturale di come sarebbe più facile intendere; anzi, è costruita, non scevra da un po’ di irriverenza, come il più complicato dei set fotografici. La natura del fotogra-
La serie Innatural è composta anche da dittici, trittici o polittici. Alle volte il soggetto è trattato in stampa con soluzioni formali diverse, tanto da fornire interpretazioni cromatiche alterate e sfumature percettive dalle molteplici suggestioni.
fo è questa, non ne prescinde mai, non cambia mai atteggiamento, con qualsiasi soggetto abbia a che fare. Le immagini in mostra sussurrano tuttavia di soggetti incontaminati e lontani dalla presenza umana, lasciano intendere evocazioni lontane e ataviche: carnosi petali di orchidea, dettagli vibranti di foglie tropicali, texture esasperate di roccia. Con il proprio originale linguaggio, che esprime un altrettanto originale
Bigano & Maghenzani
Foto Roberto Bigano
A
modo di vedere e guardare, Gian Paolo Barbieri trasmette e rende partecipi di una disincantata bellezza, la stessa che, ogni volta che la scorge, conquista la sua stessa attenzione. Pur essendo solito a questo genere di immagini, Gian Paolo Barbieri è soprattutto altro. Il suo principale contributo fotografico arriva dalla moda, celebre icona di immagini perfette e raffinate, ma approccia tutto con lo stesso senti-
re: la Fotografia è comunque Fotografia, continua seduzione e ricerca interiore, evoluzione, studio, spunto per immaginare e richiamo del desiderio. Innatural è realizzata con la collaborazione dell’Agenzia Contrasto e la partecipazione di Pomellato, per cui già nel 1971 Gian Paolo Barbieri firmò una prima campagna pubblicitaria, ripetuta poi nel 1989. È nel naturale proseguire della filosofia che animò queste due campagne che si incastona l’attuale ricerca cui Innatural appartiene. A.Alp. Gian Paolo Barbieri: Innatural. Palazzo della Triennale, viale Alemagna 6, 20121 Milano; 02-724341; www.triennale.it. Dal 26 novembre al 9 gennaio 2005; martedì-domenica 10,30-20,30. Volume con testi di Martina Corgnati e Giusi Ferrè, pubblicato da Contrasto: 112 pagine 26,6x33,6cm; cartonato con sovraccoperta; 45,00 euro.
ROUNDSHOT: TOP GUN A 360 GRADI L'orizzonte non è più un segreto con le geniali fotocamere orbicolari Roundshot (analogiche 35mm/220 e digitali), che garantiscono straordinarie riprese panoramiche e assicurano immagini mozzafiato fino a 360°. Le Roundshot sono eccellenti e uniche, basi ideali per applicazioni in Virtual Reality.
Roundshot è distribuito in esclusiva da:
Bogen Imaging Italia Via Livinallongo, 3 20139 Milano Tel. 02 5660991 Fax 02 5393954 www.bogenimaging.it info.foto@it.bogenimaging.com
Esposta fino al 10 gennaio nelle eleganti sale di Palazzo Trussardi Marino alla Scala, dirimpetto al Teatro, una prestigiosa serie fotografica di Graziella Vigo racconta due anni di messe in scena del maestro Riccardo Muti. Coincidente con la riapertura del Teatro alla Scala dopo il noto restauro, la mostra -che successivamente verrà esposta in altre sedi italiane e internazionali- si accompagna con un volume fotografico arricchito da qualificati testi. Appunto: In scena - Verdi Muti La Scala
vviamente, l’inaugurazione della mostra di Graziella Vigo In scena - Verdi Muti La Scala non può che essere coincidente, per date e spazi espositivi, con la prima del Teatro alla Scala, che dopo due anni di straordinari lavori di restauro, riapre i propri saloni nel centro di Milano: attraversata la strada, le fotografie sono esposte a Palazzo Trussardi Marino alla Scala dal Primo dicembre al successivo 10 gennaio (ovviamente, la prima della Scala è il tradizionale 7 dicembre: festa di Sant’Ambrogio, protettore di Milano). A seguire, con il sostegno di UniCredit, major sponsor, la mostra andrà in tour, con sedi espositive italiane e internazionali: ne riparleremo. Oltre la mostra degli originali, la serie fotografica realizzata da Graziella Vigo, che per un anno e mezzo, dal 2001, ha seguìto le produzioni del maestro Riccardo Muti, è raccolta in un volume di grandi dimensioni, pubblicato da Electa (a pagina 24). La storia è presto raccontata. Per celebrare il primo centenario della morte di Giuseppe Verdi, nel 2001 il maestro
O
22
Riccardo Muti avviò una serie di produzioni liriche: Macbeth, Rigoletto, Otello, Falstaff (in due edizioni), Il Trovatore, La Traviata e Un Ballo in maschera. Graziella Vigo ha fotografato con occhio attento e presenza “invisibile”, senza interferire nella messa in scena. Ha trasformato in immagine viva la musica, cogliendo quei particolari, anche minimi, che nessuno vede mai dal punto di vista del pubblico, sempre estratti da un insieme e definiti dalla forte personalità dei protagonisti: piccoli particolari ed espressioni perdute che restituiscono emozioni fortissime. Il volume In scena - Verdi Muti La Scala, che mantiene e ribadisce il titolo della mostra, è arricchito da una prefazione di Natalia Aspesi e testi di Pierluigi Petrobelli e Quirino Conti, curatore dell’allestimento scenico della mostra di novantaquattro immagini selezionate, proposte in formati diversi, anche di grandi dimensioni, su supporti particolari, come una tela creata da Agfa. A seguire, proponiamo proprio la presentazione di Quirino Conti. A.G.
IN SCENA
Q
uando, lontano dall’inizio di una recita, ci si aggiri fra le deserte scenografie di un palcoscenico appena illuminato dalle sole luci di servizio e davanti alla densa penombra della sala vuota -là dove i palchi, ancora più scuri e fondi, appaiono come enormi colombari o più simili all’interno di un Colosseo immerso nella quiete e nel buio- quando tutto in mezzo a quelle magnifiche finzioni non è che vastità e silenzio, da quella convenzionale porzione di vita e di realtà appare ancora più evidente, desolante e insostituibile l’assenza di quell’unico sole che, illuminando per il breve tempo della rappresentazione quel paesaggio smorto, a tutto restituirà d’improvviso una forma, e proporzioni ora inerti, paesaggi lacustri, costruzioni neoclassiche, interni fiamminghi, brumose distese di nebbia, riac-
23
Macbeth, Atto I, Paoletta Marrocu.
In scena - Verdi Muti La Scala, fotografie di Graziella Vigo; prefazione di Natalia Aspesi, testi di Pierluigi Petrobelli, Quirino Conti; Electa, 2004; via Trentacoste 7, 20134 Milano (02-215631, fax 02-21563314; www.electaweb.it); 278 pagine 25x32cm, cartonato con sovraccoperta; 95,00 euro. (doppia pagina precedente) Un ballo in maschera, Atto III. (pagina precedente) Falstaff, Atto II, Ambrogio Maestri.
24
quisteranno finalmente il loro senso più intimo, la loro vita più vera del vero, quella che, messa in scena, viene dalla musica e dal canto. Prima di una recita, o subito dopo, nulla è mai tanto sentimentalmente assente da una scenografia e da un palcoscenico quanto quell’intenso flusso di mimata vitalità virtuale. È grazie a esso che tutto poi riprenderà senso, anima, unità e compiutezza. Realtà, anche se trasfigurata e acuita proprio dal soffio vitale che dal golfo mistico risalirà verso quella sintetica frazione di iper-realtà ridandole, seppur fittizia, la vita. E non può esser condiviso, quanto meno con le parole, ciò che per qualche attimo unirà in un vincolo inesprimibile suono, canto e immagini; in una intensità che è solo del più perfetto spettacolo totale, escogitato per riconsegnare alla sensibilità uno stato di beatitudine e di appagamento talora assai prossimi alla percezione della perfezione, o per lo meno alla sua nostalgia: quando musica e voci da quell’antro rilucente arrivano come la più innaturale delle espressioni, eppure tra le più efficaci nel rivelare allo spettatore un’emozione tanto densa e toccante da commuovere e trascinare in quel luogo convenzionale, dove la passione come l’ira, la tenerezza come l’eroicità, l’odio come l’amore, senza difficoltà alcuna, possono essere mescolate alle note e, ripetute da un coro, apparire totalmente credibili e condivisibili, anzi le sole a somigliare davvero alle nostre stesse passioni, ire, tenerezze, amori. Tutto, dentro quella porzione esemplificativa e metaforica, è eccitato ed eccitante; tutto è esaltato, modificato e piegato al fine di sembrare ve-
ro, di una verità diversa, a propria volta assoluta e immutabile. E tutto appare plausibile, anche il pianto recitato oltre le lacrime, talvolta vere. Poi il sipario si chiude e si spengono anche gli applausi, crudeli -anche i più entusiastici ed esaltati- con gli artisti perché sempre tributati con quelle crudeli luci di sala. Ciascuno torna al proprio camerino e gli alberi, le colonne, le maree e i monumenti, le arene e i precipizi, e ognuna di quelle scintillanti vetrate, rientrano nella loro grigia finzione. Così la perfetta convenzione si scioglie e ogni cosa torna al proprio sonno, prima di riprendere nuovamente la propria effimera vita alla rappresentazione successiva. Ogni cosa torna come se dentro quella visione, in quell’immenso spiraglio di bellezza, nulla fosse mai accaduto. Nel ricordo, i tuffi al cuore e quel tanto di inconfessabile e di incomunicabile che ci hanno inchiodato alla poltrona appaiono d’improvviso perfino eccessivi e poco sinceri. Eppure restano indelebili, come un attimo incondivisibile, irraccontabile, perché totalmente intimo e senza un proprio schema di comunicazione completo e accertato. Le fotografie di Graziella Vigo hanno il talento di registrare, come un sismografo sensibilissimo, proprio quelle tempeste di emozioni e di restituircele, con il loro linguaggio, miracolosa-
Un ballo in maschera, Atto III.
Falstaff, Atto I, Inva Mula.
25
FOTOGRAFA E GIORNALISTA
M
ilanese, Graziella Vigo ha iniziato la sua carriera professionale come giornalista di moda. Contemporaneamente attratta dalla fotografia, a un certo punto della vita professionale, le si impone la scelta tra la macchina per scrivere e la macchina fotografica. Ha prevalso la fotografia. Si è specializzata dapprima nella fotografia di moda a New York e nel ritratto in bianconero con gli insegnamenti di un grande fotografo, allora quasi sconosciuto, Robert Mapplethorpe. Tornata a Milano ha avviato un proprio studio fotografico, continuando a collaborare con numerose testate nazionali ed internazionali, tra le quali Vogue, Uomo Vogue, Harper’s Bazaar, Anna, Gioia, Amica, Grazia, Donna, Burda, Il Corriere della Sera, Sette, Manner Vogue, Daily News Record, Children’s Businnes. Partecipe attiva anche nell’ambito del fotoreportage, ha realizzato importanti servizi: a Washington, durante la presidenza Carter; ancora alla Casa Bianca sotto l’amministrazione del Presidente Reagan; quindi è stata invitata dal Patriarcato di Mosca a documentare chiese e monasteri russi, alcuni aperti per la prima volta a un fotografo occidentale; a Pechino ha partecipato alla IV Conferenza Mondiale della Donna, dove ha realizzato il materiale fotografico raccolto nella mostra e nella monografia Cento immagini da Pechino, promosse dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Commissione Pari Opportunità. Nel 1999 ha pubblicato una selezione di ritratti, Portrait edito da Electa, che raccoglie vent’anni di ritratti ai protagonisti del mondo della moda, dell’arte, della finanza, del teatro, del cinema, della cultura internazionale. Ne è seguita una grande mostra allestita al Museo della Permanente di Milano. Interessata al teatro, ha documentato il dietro le quinte del Teatro alla Scala in tournée in Giappone. A Tokyo ha cominciato un lungo e intenso lavoro fotografico che è continuato al Teatro alla Scala a Milano: due anni di riprese, culminate nell’attuale mostra In scena - Verdi Muti La Scala e nella relativa monografia.
26
mente intatte; di conservarle oltre quelle del ricordo. Nulla hanno a che vedere con la tradizionale fotografia di scena, o con qualsiasi altra testimonianza visiva del genere. Sospendono ogni condizionamento spazio-temporale e, per un attimo, rubano il suono. Come un sensore, vibrano di voci e di musica e, dentro il loro gracile supporto, catturano intatta una scintilla di quell’emissione sonora ed emozionale che non dura che il tempo di un’aria e, dentro quell’aria, lo spazio di un passaggio per una corrispondenza sentimentale che è per ciascuno diversa e personale. Mentre i colori, le luci, le ombre, la recitazione e i gesti -e tutto ciò che è per convenzione il palcoscenico- erano lì solo per coadiuvare l’emissione schioccata dalla bacchetta del Maestro, Graziella Vigo, scomposte e sovvertite le consuete tecniche fotografiche teatrali, si arma di quelle della registrazione emotiva e persegue lo scopo di stendere sulle sue immagini la vertigine incomunicabile di una rapida, breve, intensa emozione. E la rilucenza di un decoro, la complessità di una composizione, la penombra di un fondale, sono in un blow-up ritagliati proprio sulla misura di quel fulmineo coinvolgimento, né si curano di una consuetudine di mestiere, volendo solo rubare a ogni oscurità la sua densità sentimentale, a ogni gesto il proprio senso compositivo e a ogni parola, a quel canto e a quella musica, l’estasi concentrata di un’espressione. Poiché il teatro d’opera, fra le moltissime altre cose, è soprattutto questa volontà: stratificare e sovrapporre infinite tecniche, specialità, competenze antiche rese ora tecnologicamente perfette, come veicolo di quel solo unico cuore musicale. Immagini e musica hanno in sé qualcosa di inspiegabilmente unitario e di totalmente anomalo, sembrano fatte l’una per l’altra e quasi cercarsi per il loro reciproco perfezionamento; come talora nei film di Federico Fellini la calda, evocativa musica di Nino Rota riesce a condurre l’immagine di una scenografia appena illuminata all’assoluta perfezione e al suo “per sempre”. Uno dei privilegi di fare attivamente il teatro musicale, oltre a quello di poter scrutare tra le quinte ogni segreto, è anche quello di maneggiare questi attimi e perfino predisporli con lucidità e premeditazione. Questo è quanto svelano le fotografie di Graziella Vigo: un meccanismo creativo al servizio di un’esecuzione, un perfetto ingranaggio per un’interpretazione. L’art director, lo scenografo, il costumista, insieme al regista e al talento narrativo del lightdesigner, sono proprio questo: i costruttori di un supporto e di una struttura concettuali sui quali musica, voci e parole possano traghettare integre e, forse talvolta persino amplificate, raggiungere così la platea. Da una tale complicità, armonizzata dal talento del Maestro Riccardo Muti, nasce l’anomalia irripetibile di questo particolarissimo spettacolo.
Dalle sue infinite competenze, dalle sue specializzazioni che non aspettano che quel gesto per divenire una sola cosa, come ora appaiono da queste fotografie. Che non vogliono registrare una serata, tanto meno un successo, quanto piuttosto strappare a quelle immagini allontanate dai velatini, a quei movimenti preordinati da sapienti geometrie, il loro più generale progetto, la loro intenzione, il loro fine. Nascosta nel buio di quella platea, Graziella Vigo racconta non solo ciò che su quel palcoscenico si muove e si anima, ma la quantità di stupore, partecipazione, plauso e coinvolgimento che da lì si indirizzano verso ciò che ha dinanzi. I suoi “scatti” mantengono in tutta la sua vitalità proprio questo stupore partecipe, questo plaudente coinvolgimento. Ed è proprio di chi in queste fotografie è totalmente assente, il pubblico, che queste immagini riferiscono fedelmente lo sguardo e il respiro. Il suo “obiettivo” diviene così un ulteriore “sintetizzatore”, testimone anche di questa scena invisibile. Nessun altro scopo dovrebbe avere chi, con le perfette luci di Vinicio Cheli, costruisce un palcoscenico perché, per il lavoro del Maestro Riccardo Muti, la pesante leggerezza di Falstaff scateni quel doppio movimento emozionale. Graziella Vigo, con talento da rabdomante, tutto questo ha carpito per poi, sulle gracili superfici delle sue immagini, trasformarlo in un vitale impasto visivo, una specie di volumetria espressiva. Non troppo distanti dal lavoro di Julian Schnabel, le sue fotografie -in sé e per sé, qua-
si matericamente- rasentano la stratigrafia di quel particolare teatro che è l’opera lirica. Dell’esperienza di giornalista e fotografa di moda Graziella Vigo conserva l’agilità del taglio; della ritrattista, la capacità rapida e sintetica di catturare una fisionomia, un carattere, un’espressione, anche se qui sonori e narrativi. È tutta la perfezione dello spettacolo scaligero -dal Macbeth al Rigoletto-, la continua sperimentazione nella tradizione -come in Otello, Falstaff e Trovatore-, il rispetto per la misura e la forma -come in Traviata e nel Ballo in maschera- che le sue fotografie identificano e precisano. È la complessità e la molteplicità delle sue esperienze, lontane da qualsiasi abitudine, che la rendono così sorprendentemente nuova, come dentro una gigantesca wunderkammer, e di quelle meraviglie la più attenta cronista, senza alcuna traccia di mestiere e sovrabbondante di entusiastica verità poetica. Con la fedeltà filologica e intellettuale di Riccardo Muti che, impresse in questi rilievi, mantengono ancora palpabili tutta la qualità e le emozioni. Quirino Conti (Le fotografie di Graziella Vigo in In scena - Verdi Muti La Scala, edizione Electa)
Il Trovatore, Atto IV, Barbara Frittoli.
(pagina accanto) La Traviata, Atto III, Tiziana Tramonti.
Graziella Vigo: In scena - Verdi Muti La Scala. Palazzo Trussardi Marino alla Scala, piazza Scala 5, 20121 Milano; 02-8068821, fax 02-80688281; www.fondazionenicolatrussardi.com, info@fondazionenicolatrussardi.com. Dal Primo dicembre al 10 gennaio 2005; 10,00-21,00.
27
FOTOLABORATORIO PROFESSIONALE E AMATORIALE SERVICE COMPUTER GRAFICA • Sviluppo e stampa amatoriale a colori e bianconero • Stampe professionali a colori e bianconero • Sviluppo e stampa diapositive • Gigantografia su carta e pellicola • Montaggi e plastificazioni • Riproduzioni • Riversamenti • Immagine elettronica • Service per sistemi MS-DOS, Windows, Macintosh • Fotoritocco • Montaggio tavole di aerofotogrammetria • Scansione di originali trasparenti e opachi, positivi e negativi fino a 5000dpi • Restituzione su negativo o diapositiva di immagini elettroniche e pellicola piana 10x12cm • Masterizzazione su CD-ROM • Stampa gigantografie con sistema Lambda 130 • Stampa di qualsiasi formato da file
Fratelli De Giglio snc - via De Samuele Cagnazzi 34a - 70125 BARI 080.5013811 - fax 080.5020206 - www.degiglio-kolt.it - cg@degiglio-kolt.it
M AT E R I A
DI SOGNO La fotografia di Euro Rotelli è fatta di sogno. Ne possiede la materia. Sono numerose le ricerche e interpretazioni fotografiche dell’autore sempre intimistiche, che disvelano l’uomo, raccontandone l’essenza. Non a caso il suo tramite espressivo è la fotografia polaroid. La peculiare delicatezza di questa immagine, così capace di declinare un linguaggio onirico, unita alla particolare abilità del fotografo, che ne sa cogliere l’essenza profonda, consente la realizzazione di opere ricche di tutte le sfumature dell’irreale e dell’immaginario
29
T
utti i soggetti e i temi fotografici di Euro Rotelli non tradiscono gli intenti del racconto onirico: sono situazioni interiori, che si avvalgono dell’oggettività necessaria per renderli materia. Ed ecco apparire i territori della laguna, nella ricerca Lagoon appunto, dove l’autore rappresenta con il mezzo fotografico, non tanto quello che vede, ma quello che sente, quasi fisicamente in quel momento, il proprio vissuto emotivo, i propri pensieri (in questa pagina). È grazie alla fotografia polaroid, ricca di possibilità interpretative e di lavorazione individuale, e a un procedimento particolare di sua invenzione (appunto!) che Euro Rotelli interviene manualmente sulla copia fotografica, sulla quale riproduce, intatte, le sensazioni provate davanti al paesaggio lagunare, facendo rivivere sulla superficie del colore riflessi d’acqua, giochi di luci e ombre, malinconici tramonti. Se si riesce a entrare in un’immagine, e fare del proprio sguardo un tramite, si può anche sentire il grido del gabbiano e il sus-
30
surro del vento tra le canne. La superficie materica delle immagini di Euro Rotelli crea l’illusione di poter sfiorare il soggetto rappresentato, non solo raffigurato, presente in una sinestesia che intreccia e coinvolge più sensi contemporaneamente. Invece è più concettuale, e quasi metafisica, l’intima ricerca Theatron (pagina accanto), che parte da una riflessione sull’uomo e il proprio spazio, nata come esigenza interiore di ritrovare
31
una giusta dimensione e un equilibrio alla realtà quotidiana, in cui l’uomo, un tempo protagonista all’interno dell’ambiente costruito secondo le proprie esigenze, si ritrova oggi in una posizione ribaltata: costretto a doversi misurare con le architetture da lui stesso costruite, ma che hanno smarrito il senso originario di rispondere a bisogni specifici. L’uomo che racconta Euro Rotelli in questa raccolta di immagini è un uomo che si riprende le proprie origini, è alla ricerca di una propria identità e libertà, senza i condizionamenti che da tempo l’hanno costretto a confrontarsi con contesti urbani e sociali fuori dalla propria dimensione interiore, con spazi e tempi avulsi anche a se stesso. Ridiventa protagonista. La scelta del collage, dove vengono usati due diversi tipi di
32
polaroid, sottolinea il distacco dalla scena dei personaggi nella propria cosciente individualità, riuscendo nel contempo a ristabilire e rafforzare un rapporto critico e dialettico con la realtà. Ogni intervento è esclusivamente manuale, a sottolineare energicamente la valenza e la dimensione corporea del messaggio, dove l’uso del computer, o di un ritocco pittorico successivo, non potrebbero trovare alcuna giustificazione. L’utilizzo dell’immagine polaroid esalta, infine, il risultato dell’indagine (sempre difficile) sul corpo, che Euro Rotelli ha realizzato in Vibrazioni (in questa pagina), dove i nudi fotografati rappresentano non soltanto i corpi che sono ma suggestioni che assumono sembianze di sculture, pitture antiche o dagherrotipi, forme arcane non svelate che racchiudono qualcosa di segreto, quasi un sotteso invito a penetrarne il mistero. Come scrive il critico Roberto Mutti a proposito di Vibrazioni (la superficie del nudo) «per quanto sia un argomento che la fotografia ha frequentato fin dagli inizi della propria storia, quello del nudo non è certo un tema facile da affrontare: si può rischiare di scontrarsi con la banalità, si può scivolare nella volgarità, ci si può immobilizzare nelle secche del dejà vu. Invece, Euro Rotelli ha percorso una strada diversa, il cui punto forte è costituito dall’originalità della scelta tecnica, che ben si sposa con il suo gusto compositivo e con l’attenzione che presta all’armonia dell’insieme. Il ricorso al riporto da pellicola polaroid gli permette, infatti, di ottenere immagini la cui superficie è caratterizzata da una matericità che ricorda quella della pelle e, nel contempo, di creare atmosfere delicate e misteriose. Nelle proprie posture, i corpi ricordano la classicità delle statue greche e l’analogia è ribadita dalla visione leggermente indefinita e dalla frammentazione della superficie riportata su carta, che fanno pensare alla pietra e al marmo corrosi dal tempo. È proprio in virtù di tutto ciò che le fotografie di nudo di Euro Rotelli sanno dialogare con chi le osserva, proponendosi per la propria bellezza essenziale e per ciò affascinante». Esattamente: una lezione affascinante, il lavoro di Euro Rotelli, di come la tecnica sappia essere al servizio della creatività. Conoscere a fondo la tecnica (in questo caso polaroid, ma la regola si presta alla generalizzazione) significa dominarla (o incantarla, scegliete voi), per estrapolarle i suoi preziosi saperi, che si traducono alla fine nella realizzazione di una visione del tutto nuova. Alessandra Alpegiani
è la chiave del successo. Scegli la nuova OLYMPUS C-8080 Wide Zoom: 8.0 milioni di pixel e obiettivo grandangolare con zoom ottico 5x. Performance professionali in un corpo compatto in lega di magnesio. Perché tu sai qual è il tuo obiettivo. www.olympus.it
I T ’S
OLYMPUS C-8080 WIDE ZOOM
D I G I TA L .
QUALCOSA DI Silvestri al vertice zionale medio e grande formato, sia nel mondo digitale, ha realizzato un banco ottico 6x7/6x9cm equamente rivolto all’esposizione di pellicola a rullo 120/220 (a sinistra) e all’adozione di dorsi ad acquisizione digitale di immagini (qui sotto). Identificazione provvisoria Silvestri Micron, tanto per stabilire subito i connotati di regolazioni micrometriche di ogni movimento rotatorio di basculaggio e lineare di decentramento, questo banco ottico si presenta con una dotazione tecnica di tale prestigio e concretezza da vantare di essere il logico e intelligente punto di arrivo di una lunga vicenda fotografica, animata nei decenni da straordinari marchi internazionali. Sogno per molti fotografi, la Silvestri Micron, o come verrà ufficialmente identificata dall’inizio del prossimo anno, quando sarà disponibile sul mercato, è il banco ottico per eccellenza: è ciò che ogni operatore della sala di posa ha sempre sperato di avere tra le mani, e ora l’ha! Può averlo! Come abbiamo appena annotato, tutti i movimenti sono rigorosamente micrometrici, in modo da aggiustare i corpi dell’apparecchio, anteriore e posteriore, per il più pertinente controllo della nitidezza e della prospettiva, sia nella ripresa di still life sia negli eventuali impieghi esterni alla sala di posa: architettura, paesaggio, fotografia industriale e altro ancora. Il dorso è configurato in attacco Graflok per magazzini portapellicola a rullo 120/220 e relative esposizioni 6x7 o 6x9cm; l’innesto dedicato Graflok/Silvestri permette poi inquadrature e riprese panorama
on orgoglio e stima (del personaggio) registriamo che la costruzione fotografica a banco ottico, da tempo compromessa da una cattiva concezione della tecnologia di acquisizione digitale di immagini, apre un nuovo capitolo di impagabile efficienza. Il fiorentino Vincenzo Silvestri, cui dobbiamo l’omonimo versatile sistema di apparecchi grandangolari a obiettivo decentrabile, declinato sia nell’ambito della fotografia tradi-
C 34
TRAVOLGENTE Due voci complementari dalla Photokina 2004. Più e diversamente che in altre recenti edizioni, a partire dalla sovrapposizione di tecnologie di registrazione di immagini (dalla pellicola tradizionale alle espressioni digitali, in ripresa e in gestione), l’appuntamento internazionale di Colonia si segnala soprattutto per una caratteristica fondamentale: quella di essere specchio della realtà. In questo senso, l’interpretazione giornalistica ha modo di svolgere il proprio compito di osservazione e deduzione. Non più di intenzioni “a venire”, quanto di manifestazioni vive e palpitanti, che danno senso e corpo all’intero mondo della fotografia: dagli strumenti al proprio consapevole utilizzo. Due voci complementari, quanto autonome: una forte di un’esperienza di settore radicata nei decenni, l’altra ricca di benefica spontaneità e freschezza. A seguire, i rispettivi commenti, da integrare l’uno all’altro. Due voci complementari: Maurizio Rebuzzini, alla propria sedicesima Photokina, e Alessandra Alpegiani, per la prima volta a contatto con la fiera internazionale della fotografia.
Costruttore italiano proiettato sul palcoscenico internazionale, dove occupa una posizione di assoluto rilievo, Vincenzo Silvestri è l’autentico inventore della moderna interpretazione fotografica grandangolare medio e grande formato a obiettivo (finemente) decentrabile. Ora ha realizzato un banco ottico di fantastica versatilità.
6x12cm con l’apposito magazzino realizzato, appunto, da Silvestri su base Horseman. In alternativa alla fotografia tradizionale, l’innesto a slitta Hasselblad, con passaggio rapido dal vetro smerigliato di inquadratura e composizione al dorso ad acquisizione digitale di immagini, trasforma la Silvestri Micron in banco ottico digitale, cui si abbinano gli eventuali controlli remoti abbinati alla memorizzazione in stazioni computer. In questa combinazione, gli obiettivi specificamente disegnati per la fotografia digitale dialogano con ogni elemento dedicato. Costruttivamente, la Silvestri Micron, punto di arrivo (tutto italiano!) di una lunga storia fotografica, offre versatili accomodamenti dei propri piani. Anzitutto, il banco ottico a segmenti multipli è configurato per consentire il massimo avvicinamento dei due corpi, fino al proprio contatto fisico. I decentramenti verticale e orizzontale si estendono fino a 30mm in ogni direzione: alto/basso e destra/sinistra, per entrambi i corpi (anteriore e posteriore). La rotazione di basculaggio attorno gli assi verticale e orizzontale è di 15 più 15 gradi nelle stesse due direzioni, avanti/indietro e destra/sinistra. Compatta e leggera, solo 1,9kg di peso, la Silvestri Micron ha un ingombro contenuto entro le dimensioni 33x21x21cm.
35
Ritorno al telemetro egli ultimi anni, la tedesca Carl Zeiss è stata presente nel mercato fotografico soltanto con forniture conto terzi: famiglie di obiettivi per i sistemi medio formato Hasselblad e Rollei, per le reflex 35mm Contax e Yashica, per il sistema medio formato Contax 645, per l’esclusiva interpretazione Alpa, per la cinematografia professionale (con relativi premi conquistati, sopra tutti due Scientific and Engineering Award, assegnati dall’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, più nota per i mondani Oscar), per la combinazione digitale professionale Sinar e per la gamma di digitali Sony di taglio alto. Ora, Carl Zeiss torna in prima persona sul mercato fotografico, presentando una configurazione più che classica. La Zeiss Ikon ZI (pagina accanto) si basa su una dotazione originaria Cosina-Voigtländer, che nell’estate 1999 ha avviato la genìa delle attuali Bessa (FOTOgraphia, settembre 1999, aprile 2000, giugno e luglio 2001). Analogamente, la Zeiss Ikon ZI è un apparecchio a telemetro per fotografia 24x36mm con innesto Leica M degli obiettivi intercambiabili. Può così accedere all’ampio parco obiettivi Leica M e Voigtländer, oltre che alla moltitudine di obiettivi in innesto a vite 39x1, utilizzabili tramite appositi anelli adattatori (centinaia di obiettivi degli anni fino ai Sessanta, reperibili sul mercato dell’antiquariato e collezionismo, e interpretazioni più recenti). Ovviamente, la Zeiss Ikon ZI non si riferisce soltanto al proprio esterno, ma nasce dotata di un efficace sistema ottico autonomo, a propria volta utilizzabile da tutti gli altri apparecchi a telemetro in innesto Leica M del presente: sistema Leica M, prima di tutto, quindi Voigtländer Bessa (in proprio e con marchio Rollei) e digitale Epson RD1 (FOTOgraphia, maggio 2004). Gli attuali Zeiss Planar 50mm f/2 ZM, Biogon 35mm f/2 ZM, Biogon 28mm f/2,8 ZM e Biogon 25mm f/2,8 ZM, presentati assieme al corpo macchina, saranno presto seguiti dai già annunciati Biogon 21mm f/2,8 ZM, Distagon 15mm f/2,8 ZM e Sonnar 85mm f/2 ZM (definizioni riprese dalla nobile e leggendaria storia ottica Zeiss). Nulla si crea e poco si distrugge, viene da pensare. Assieme l’attuale contrapposizione tra le dotazioni ottiche delle digitali Sony e Panasonic, rispettivamente Carl Zeiss e Leica, l’antagonismo storico tra i due marchi tedeschi si ripropone anche in prima persona, a decenni dall’originario dualismo che negli anni Quaranta e Cinquanta contrappose gli apparecchi a telemetro Leica alle Contax, altrettanto a telemetro. Siamo sicuri che questo faccia bene al mercato, pure se in una attuale dimensione commerciale di nicchia, e
N
Annotazione complementare: il mondo della fotografia a telemetro sconfina nell’acquisizione digitale di immagini. La Epson R-D1, che si basa su un corpo macchina a telemetro (Cosina-Voigtländer), meccanico e manuale, con consistenti prerogative digitali ( FOTOgraphia, maggio 2004), è distribuita in Italia a cura di Nital.
36
animi di sano spirito di concreta concorrenza tecnica il mondo fotografico nel proprio complesso. Ovviamente, Leica continua nella propria strada, periodicamente animata da celebrazioni che soddisfano l’appetito di quel pubblico che esalta l’oggetto fotografico, proiettandolo subito nel collezionismo. Nel centoventicinquesimo anniversario della nascita (1879-2004), una edizione speciale Leica Oskar Barnack celebra l’inventore del sistema fotografico con il quale è altresì nata la combinazione con la pellicola 35mm per esposizioni 24x36mm. Un omaggio particolare, che ripropone valori storici, attraverso una replica funzionante della Leica 0 Prototyp 2 (FOTOgraphia, luglio 2004; pagina accanto), storicamente successiva alla primordiale UR e precedente la prima Leica messa in commercio nel 1925, appunto Leica I. Analogamente, dopo la celebrazione dei quarant’anni di Leica M, ricordati dall’edizione Leica M6J del 1994 (FOTOgraphia. ottobre 1994), la fatidica tappa dei cinquant’anni approda a un autentico conio. Due esclusivi set Leica M7 Titanio commemorano i cinquant’anni del sistema Leica M, avviato nel 1954 con l’originaria M3 che rivoluzionò la tecnologia degli apparecchi a telemetro e obiettivi intercambiabili. Il corpo macchina in titanio è rivestito in una esclusiva pelle nera di vitello e sulla calotta superiore è inciso il motivo della celebrazione: “1954-2004 50 Jahre M-System”, appunto “1954-2004 50 anni di Sistema M” (pagina accanto). I due set si distinguono per la dotazione ottica in combinazione. Soltanto cinquanta confezioni super esclusive propongono la Leica M7 Titanio dei cinquant’anni di Leica M con tre obiettivi asferici, pure in montatura Titanio: Summicron-M 28mm f/2 Asph, SummiluxM 50mm f/1,4 Asph (nuovo disegno ottico; FOTOgraphia, settembre 2004) e Apo-Summicron-M 90mm f/2 Asph. La prima Leica M7 Titanio della serie, che in realtà porta a cinquantuno gli apparecchi commemorativi, è fuori quota: è dedicata a Nelson Mandela ed è identificata dalla matricola 3.000.000. I cinquanta apparecchi del set vanno dalla matricola 3.000.001 a 3.000.050. La Leica M7 Titanio dei cinquant’anni accompagnata da tre obiettivi asferici è confezionata in una valigetta Rimowa in titanio con interno sagomato. In combinazione anche la cinghia in pelle dedicata e il libro The Men who Made the Leica di Günther Oster-
Dagli strumenti all’immagine L’incontro tra tecnologie del presente, con inviolabili radici nella storia evolutiva della fotografia, e proiezioni in avanti è avvincente. Dopo anni di incertezze, indecisioni e inesattezze perfino sostanziali, l’industria fotografica è avviata lungo una direttiva chiara e inequivocabile. Oggi è chiaro come l’industria produttrice possa dare risposte soddisfacenti; rimane da individuare la domanda potenziale. Siamo al cospetto di un’industria fotografica capace di modificare la propria proposizione per preparare il terreno a un mercato che nei prossimi anni possa essere solido, perché edificato su fondamenta consapevoli: da cui un cosciente uso degli strumenti. In una consistente misura, la parola passa all’Immagine, ovverosia al valore aggiunto che la fotografia può vantare, sia nell’esercizio non professionale sia nell’impegno professionale. A conseguenza, l’iniziativa spetta, quindi, agli interlocutori nazionali, che debbono tradurre le indicazioni originarie sui propri rispettivi mercati locali.
loh (in inglese). Stessi abbinamenti anche per il secondo set Leica M7 Titanio, in confezione nera di lino e raso. Dal numero di matricola 3.000.051 alla matricola 3.000.550 sono previsti cinquecento apparecchi commemorativi dei cinquant’anni di Leica M con obiettivo standard Summilux-M 50mm f/1,4 Asph. Infine, si segnala il programma Leica À la Carte, che permette a ciascuno di personalizzare la propria Leica. Sul sito www.leica-italia.it sono codificati i termini dell’iniziativa. A partire dalle configurazioni base Leica M7 e Leica MP, si possono selezionare finiture proprie e individuali per arrivare alla dotazione tecnica desiderata (ne riparleremo sul prossimo numero). Oltre le produzioni conto terzi, da Zeiss a Rollei, a Epson, Voigtländer sta brillantemente animando questo particolare segmento fotografico (di nicchia) con le affascinanti dotazioni Bessa, che dal proprio apparire hanno addirittura rivitalizzato l’intera interpretazione fotografica 35mm a telemetro. Ora viene proposta una doppia versione Bessa R3A e Bessa R2A (pagina accanto), due configurazioni che si distinguono per la dotazione di cornici di inquadratura attraverso il mirino-telemetro: rispettivamente con visione dalla focale 40mm e 35mm.
A
nno dopo anno, il tempo passa, portando con sé i relativi carichi: a ciascuno i propri. Così, anche l’appuntamento biennale con la Photokina di Colonia, riferimento tecnologico internazionale della fotografia (e dintorni, ormai), in Germania nell’autunno degli anni pari, ha via via assunto nuovi connotati e diversi valori. C’è stato un tempo, ormai lontano, nel quale la Photokina faceva il punto sullo stato della fotografia. Allora, fino all’e-
37
Premiazione TIPA 2004 ome consuetudine, nel corso della Photokina sono stati consegnati i premi TIPA alle aziende i cui prodotti sono stati segnalati dall’autorevole associazione di categoria Technical Image Press Association, che riunisce trentun riviste specializzate continentali. Ancora ricordiamo che gli ambìti e accreditati premi TIPA sono frutto di una competente visione complessiva del mercato fotografico internazionale (FOTOgraphia, giugno 2004). Tra le trentun riviste di settore che compongono il cartello TIPA, che si estende su undici paesi europei, l’Italia è rappresentata dalla nostra testata e da Fotografia Reflex di Roma, mensile diretto da Giulio Forti. Per l’assegnazione dei premi, ogni anno i rappresentanti delle singole testate, riuniti in Assemblea Generale, analizzano i valori tecnici del mercato fotografico e indicano quali sono, a proprio giudizio, i migliori prodotti della stagione. I TIPA Awards 2004 sono stati assegnati dalla giuria formata da rappresentanti delle trentun riviste associate: Photo Video Audio News (Belgio); Réponses Photo e Chasseur d’Image (Francia); Inpho, Photographie, Photopresse, Pixelgui.de, ProfiFoto e Digit! (Germania); Photographos e Photo Business (Grecia); Digital Photo FX, Practical Photography, Professional Photographer e Which Camera? (Inghilterra); Fotografia Reflex e FOTOgraphia (Italia); Foto, Fotografie, Fotovisie, P/F - Professione-
C
Pietra miliare: Canon Eos 300D (FOTOgraphia, ottobre 2003). Reflex digitale amatoriale: Nikon D70 (FOTOgraphia, febbraio 2004). Reflex digitale professionale: Canon Eos1D Mark II (FOTOgraphia, giugno 2004). Compatta digitale di fascia economica: Olympus Camedia C-310 Zoom (FOTOgraphia, aprile 2004). Compatta digitale di fascia media: Sony Cybershot DSC-T1 Compatta digitale di fascia alta: Konica Minolta Dîmage A2 (FOTOgraphia, maggio 2004). Dorso digitale: SinarBack 54M. Supporto di memoria: SanDisk serie Ultra II.
38
Quando il marchio dei TIPA Awards appare in un annuncio pubblicitario, un pieghevole o sulla confezione di un prodotto, potete esser certi che è stato meritato. I TIPA Awards sono un motivo di orgoglio per chi li attribuisce e per coloro che li ricevono.
le Fotografie e Digitaal Beeld (Olanda); Foto (Polonia); Foto/Vendas Digital (Portogallo); Photo Magazin (Russia); Arte Fotografico, Diorama, Foto/Ventas, FV/Foto Video Actualidad e La Fotografia Actual (Spagna); FOTOintern (Svizzera).
Accessorio digitale: Lexar Jump Drive. Scanner per pellicola: Nikon Coolscan V ED (FOTOgraphia, dicembre 2003). Scanner piano: Epson Perfection 4870 Photo. Stampante a sublimazione: Kodak Photo Printer 6800. Stampante Inkjet: Epson Stylus Photo R800. Stampante di grande formato: HP DesignJet 130. Videocamera professionale: Sony DSRPD170. Software: Adobe Photoshop CS. Reflex 35mm: Canon Eos 30v/33v. Compatta 35mm: Olympus µ[mju] III 80. Pellicola: Kodak Professional BW 400CN
(FOTOgraphia, aprile 2004). Apparecchio professionale: Imacon Flextight 949 (FOTOgraphia, maggio 2004). Obiettivo 35mm / Digitale: Sigma 1735mm f/2,8-4 Asph EX DG AF (FOTOgraphia, marzo 2004). Obiettivo di alte prestazioni: Olympus Zuiko Digital 150mm f/2 (FOTO graphia, marzo 2004). Design: Panasonic SV-AV50 D-Snap. Tecnologia: Canon Data Verification Software kit DVK-E2 Minilab digitale: Agfa d-lab.1 (FOTOgraphia, dicembre 2003). Medaglia d’oro: 50 anni del Kodak Tri-X (FOTOgraphia, maggio 2004).
sordio degli anni Novanta, se la memoria non tradisce, si andava in Photokina per fare il conto delle novità: per considerarle per se stesse e per collegarle tra loro in modo da avere il polso commerciale dell’intero settore. Oggigiorno, tutto è cambiato: gli equilibri sono slittati altrove. Ormai, le novità tecniche si alternano con un ritmo tale da non consentire a nessuno, né produttore né pubblico, di aspettare la cadenza biennale. Complice la rete Internet, le novità tecniche sono oggi annunciate in tempo reale e arrivano sul mercato a immediata conseguenza. Quindi, il ruolo delle fiere merceologiche è analogamente mutato, assumendo valori diversi per indicazioni altrettanto differenti. Per quanto alcune fonti cerchino di spostare altrove l’equilibrio ideologico/filosofico del mercato fotografico, soprattutto verso la presunta nuova centralità dello statunitense Pma di fine febbraio, appuntamento annuale, la Photokina di Colonia svolge un ruolo insostituibile. Infatti, il Pma è decisamente una fiera squisitamente merceologica (buona per la compilazione di copia commissioni), mentre alla Photokina si esprimono ancora valori infrastrutturali, sui quali costruire e basare riflessioni e annotazioni che non si esauriscono/esauriscano nel solo elenco di prodotti e relazione di prezzi di vendita/acquisto. Con l’occasione della Photokina, l’intera industria fotografica riflette su se stessa e si confronta a tutto campo, rivelandosi oltre l’apparenza, per quanto significativa non determinante, dei rispettivi cataloghi. Così, alla Photokina dello scorso fine settembre non si sono visti soltanto prodotti fotografici, che pure hanno tenuto banco e hanno ben interpretato quel barlume di ruolo residuo in chiave di novità commerciale, alcune autenticamente tali, altre rimediate per non sfigurare sotto le luci della ribalta. Alla Photokina 2004 si è respirato e annusato, non solo osservato. Eccola qui la vera sacrosanta novità di questa tornata, che più di quanto avessero già fatto le precedenti edizioni dei più recenti anni Duemila ha stabilito il nuovo valore e ruolo dell’appuntamento internazionale della Photokina, non più caotica kermesse, ma analitica passerella da decifrare, appunto, oltre la facciata.
OLTRE LA FACCIATA A dispetto di facili liquidazioni in superficie, la Photokina 2004 è stata autenticamente fantastica. Senza temere dibattiti sul tema, è stata la più bella Photokina tra quante viste negli ultimi trent’anni! Siamo pronti a difendere questa nostra visione, che qui andiamo a spiegare. Per la prima volta il mercato fotografico non ha presentato soltanto prodotti, più o meno nuovi, dipende dai punti di vista, ma ha addirittura rivelato la propria anima più profonda. Nel momento in cui alcune aziende produttrici hanno palesato un proprio affanno, che si manifesta in scelte tecniche e commerciali prive di reale fondamento, tanto da riversare la propria confusione sull’intero mercato internazionale, altre, la maggior parte, hanno maturato visioni chiare riguardo il sottile e delicato rapporto che lega, inviolabilmente!, l’oggetto fotografico al proprio utilizzo e alla gratificazione dell’esercizio della fotografia, dalla semplice fotoricordo agli impegni più specificatamente professionali. Il discorso è chiaro: prima degli equilibri di settore, con quote commerciali che ciascuno cerca di ingrossare per se stesso nella più autentica e trasparente logica di concorrenza, le vere insidie ai consumi fotografici non arrivano da partner orizzontali ma da scontri verticali. Il concorrente di ogni reflex digitale non è l’analoga inter-
Sei grande! orpresa! In un tempo e momento nel quale la fotografia analogica pareva destinata a essere relegata, se non già abbandonata, a una propria sorte di inesorabile tramonto, ecco che Nikon dà un segnale forte, inequivocabile, di straordinario valore, non soltanto tecnico/tecnologico. Non devono far paura le parole, non si deve aver timore di usare termini assoluti e inderogabili. Usiamoli! Apoteosi di una lunga vicenda tecnologica, di casa propria ma non soltanto, la nuova reflex Nikon F6 è una autentica ammiraglia, degna erede della fantastica genìa avviata all’inizio degli anni Sessanta con la prima/originaria Nikon F a sistema (1959, Nikon F; 1971, Nikon F2; 1980, Nikon F3; 1988, Nikon F4; 1996, Nikon F5). Un'opera d'arte dell'ingegneria, capace di offrire un'esperienza entusiasmante, frutto della più pertinente combinazione tra tecnologia, prestazioni e design. Il potenziale della nuova Nikon F6 è evidente. Châssis in lega di alluminio e magnesio, protezioni in gomma per un’eccellente aderenza ed ergonomia, nuovo sistema di otturazione che assicura il superamento dei centocinquantamila scatti, anche nelle condizioni di impiego più estreme. Le novità tecniche più rilevanti sono costituite dal sistema autofocus a undici aree di funzionamento veloce e preciso, dal sistema di illuminazione creativa per riprese flash senza precedenti e dal sistema Color Matrix 3D. Insomma, caratteristiche superlative con una potenza controllabile in qualsiasi momento. Un'ulteriore innovazione è costituita dalla dotazione di quarantun pratiche impostazioni personalizzabili, per sintonizzare la reflex in base alle preferenze e abitudini operative del fotografo. Nel dorso macchina è stato inserito un sistema di registrazione che permette di memorizzare i dati di ripresa. La nuova Nikon F6 si rivela un'offerta unica e di primissimo livello nel segmento delle reflex 35mm di vertice, destinata a chi per piacere o necessità desidera utilizzare la massima definizione dell’immagine, l’emozione e la concretezza.
S
Dopo gli anni del telemetro, rievocati da una riedizione Nikon S3 commemorativa ( FOTOgraphia, maggio 2001), il sistema reflex Nikon prese avvio nel 1959 con l’originaria Nikon F. Rimasta sul mercato per tutti gli anni Sessanta, ha contribuito a definire una luminosa stagione del fotogiornalismo internazionale, divenendone uno dei simboli.
39
Digitale in medio nnunciato in estate, l’accordo aziendale che unisce Hasselblad a Imacon (marchio primario nell’ambito dell’acquisizione digitale di immagini: dorsi dedicati e scanner professionali) ha subito prodotto nuove strategie tecniche e commerciali, che si proiettano in tempo reale sul mercato fotografico. Anzitutto, l’integrazione tra i due mondi fotografici attuali, quello tradizionale/analogico e quello digitale, si concretizza nel nuovo Imacon Flextight Roll Film Scanner, il primo scanner per pellicola a rullo con prestazioni finalizzate alla resa ottimale con pellicola medio formato, diapositiva e negativo. Quindi, si registra la messa a punto di una configurazione Hasselblad H1D, reflex medio formato che nasce in chiave dichiaratamente digitale, con dorso di acquisizione dedicato (pagina accanto). Il sensore da 22 Megapixel si combina con un hard drive di archiviazione con ampia capacità di memoria. Nel sistema fotografico svedese, questa nuova soluzione, che annuncia un prezzo di vendita/acquisto particolarmente conveniente (soprattutto rispetto ogni altra soluzione analoga oggi possibile), si abbina alla versione H1 già nota, specificatamente orientata sia verso la fotografia tradizionale, con consueti magazzini
A
40
portapellicola a rullo 120/220, sia nell’ambito dell’acquisizione digitale, con dorsi appositi favoriti dall’abbinamento i-Adaptor: tra questi si segnalano gli innovativi Hasselblad Ixpress 132C e 528C da 22 Megapixel. Allo stesso momento, ricordiamo ancora l’adattatore CF, che consente di usare gli obiettivi Carl Zeiss della linea 6x6cm, altrimenti identificata come sistema V, con la reflex medio formato 4,5x6cm Hasselblad H1 (FOTOgraphia, novembre 2002). L’adattatore CF conserva l’indicazione elettronica di messa a fuoco all’interno del mirino, che agevola l’accomodamento del soggetto inquadrato. Con l’anello, sull’Hasselblad H1 si possono usare gli obiettivi 6x6cm delle linee Carl Zeiss CF, CFE e CFi, potendo impostare tutti i tempi di otturazione dell’otturatore centrale, compresa la posa B. Con gli obiettivi Carl Zeiss CFE, che dispongono di contatti elettrici nell’innesto a baionetta (al corpo macchina), si può impostare la lettura esposimetrica a priorità dei diaframmi, visualizzando nel mirino il tempo di otturazione conseguente, da impostare manualmente sull’apposita ghiera. Invece, per la lettura esposimetrica sull’Hasselblad H1, gli obiettivi Carl Zeiss CF e CFi vanno usati in stop down, alla chiusura effettiva del diaframma. A seguire, si possono usare anche molti obiettivi Carl Zeiss C. Per le Hasselblad H1 e H1D arrivano anche tre nuove focali: HC 100mm f/2,2, HC Macro 120mm f/4 e HC 300mm f/4,5. Mentre per il sistema Hasselblad 6x6cm si segnala la nuova configurazione del dorso ad acquisizione digitale Hasselblad Ixpress V96C da 16 Megapixel. In consecuzione commerciale e tecnica, la giapponese Mamiya approda alla medio formato digitale Mamiya ZD compatta e agile, paragonabile a una reflex 35mm, con obiettivi intercambiabili del sistema 4,5x6cm (in questa pagina). È dotata di dorso digitale fisso, con sensore CCD 36x48mm da 22 Megapixel, la cui versione intercambiabile è utilizzabile sui precedenti corpi macchina medio formato Mamiya 4,5x6cm (fino alla più attuale 645AFD), oltre che su una imminente RZ67 Pro IID (ne riferiamo a parte, sulla pagina accanto). Il Mamiya ZD Back, integrato alla nuova reflex o intercambiabile utilizzato su altri corpi macchina, è configurato con MSCE (Mamiya Serial Communication for External) per dialogare con le funzioni fotografiche dell’apparecchio sul quale viene usato. L’acquisizio-
pretazione reflex digitale di altro marchio, e lo stesso si può dire per tutte le attuali merceologie della fotografia: dalle compatte digitali alla consistenza della ripresa analogica su pellicola. I concorrenti si chiamano in altro modo, e sono esterni al nostro mondo: per esempio, si chiamano televisione (ormai a pagamento) e www, riferimenti sopra tutti, che allo stesso pubblico consumatore potenziale chiedono denari, e non è il solo problema, ma anche tempo. E il tempo passato davanti a uno schermo televisivo o a un monitor è potenzialmente tempo sottratto anche alla fotografia. Così, l’industria fotografica nel proprio insieme, fatte salve le eccezioni di confusione mentale cui abbiamo accennato, sta accelerando sul senso di gratificazione della fotografia, che è un bene e valore sul quale fare leva e pressione. Proprio questo valore aggiunto è discriminante per sollecitare i consumi, meglio di quanto non possano farlo sterili e spesso incomprensibili elencazioni di caratteristiche tecniche. Fotografate per il piacere di farlo, con il piacere di farlo, è una sottile parola d’ordine che sta per attraversare il mercato, sempre che i distributori nazionali sappiano cogliere l’idea, da declinare in forma di investimento e non da scrivere e considerare a quella voce di “spese”, che è la prima a essere compressa nel momento in cui gli utili si vanno assottigliando. Non si tratta tanto di promuovere una latente e improbabile kultura sovrastante (che poi cultura non è), ma di dare senso e misura a una fotografia di larghe masse, promossa con l’intento dichiarato (quantomeno tra operatori commerciali del settore) di sollecitare consumi consapevoli e gratificazioni irrinunciabili. Questo è quanto hanno detto, neanche tanto tra le righe, le industrie produttrici nel corso della Photokina 2004. Quindi, per la prima volta, la fotografia fa i conti con se stessa, andando a individuare la sostanziale differenza con altri aspetti del tempo libero. Di fatto si sta per dare senso e peso alla differenza con gli hobby passivi, quali sono nella propria sostanza tutti gli altri, per valorizzare questo hobby “attivo” e ricco di soddisfazioni, che non si esauriscono nell’attimo della creazione ma si allungano in avanti nel tempo: nel piacere della fotoricordo, nell’essenza stessa dell’istante congelato in una visione personale.
ne a 14 bit A/D, convertibile in memorizzazione a 12 bit per ogni canale colore, è integrata alla funzione ASIC (Application Specific Integrated Circuit), che elabora l’immagine in tempo reale. Per il sistema fotografico Mamiya è disponibile un nuovo software dedicato Mamiya Digital PhotoStudio di facile gestione. Collegata al computer tramite cavi IEEE 1394, la dotazione di ripresa è governabile direttamente dalla tastiera, con visualizzazione sul monitor.
RITORNO AL FUTURO (?) Data per morta, prematuramente data per morta, la fotografia analogica, con pellicola tradizionale, si è mostrata in grande stile alla Photokina 2004, presentando le novità tecniche oggettivamente più significative (anche perché la tecnologia digitale sta da tempo ruotando attorno temi noti e conosciuti). L’accostamento è ardito, ma la Nikon F6 di vertice (a pagina 39), fantastica interpretazione di quella genìa reflex nata all’inizio degli anni Sessanta con l’originaria Nikon F (di buona memoria), è la punta di diamante di quel movimento che segnala il ritorno di Zeiss Ikon alla fotografia, con una configurazione meccanica a telemetro (esplicitamente e dichiaratamente derivata da Cosina-Voigtländer; a pagina 36), la personalità dell’italiano Silvestri, che ha realizzato il più efficace banco ottico 6x9cm oggi disponibile sul mercato (seppure in proiezione digitale; a pagina 34), e la nuova tappa del cammino Cosina-Voigtländer, che ha realizzato nuove configurazioni Bessa a telemetro con innesto Leica M degli obiettivi intercambiabili (a pagina 36). A proposito, anche la tedesca Leica ha rivelato una nuo-
RZ67 Professional IID (RZ67 Pro IID) è la nuova imminente versione della conosciutissima Mamiya 6x7cm. L’alfabetico “D” certifica la disposizione per il dorso digitale Mamiya ZD Back, da 22 Megapixel. Grazie al sistema MSCE, la Mamiya RZ67 Pro IID guida dal dorso digitale la velocità dell’otturatore, l’esposizione e i propri parametri di regolazione.
41
Occhio al design ulla base di sottili e concentrate ricerche di mercato, risulterebbe che il primo oggetto di desiderio del pubblico (potenzialmente) consumatore è il telefono cellulare, non importa in quale configurazione (che dipende dalle aree geografiche). Il secondo è, attenzione!, un apparecchio fotografico digitale, indipendentemente dalla possibilità di avere e possedere telefoni cellulari con funzioni fotografiche. A conseguenza, si ipotizza una fotografia digitale facile da realizzare, con apparecchi di impiego semplice (magari semplificato al massimo) e design appagante. La categoria merceologica che interessa è esplicita: compatte digitali easy class, che assolvano tre esigenze fondamentali: soddisfare l’emozione, consentire di identificare i dati soggettivi del dove e quando è stata realizzata la fotografia. Più delle funzioni, e relative o corrispondenti caratteristiche tecniche, che pure si presume non manchino mai, il potenziale cliente desidera oggetti “belli”, di dimensioni contenute. A fronte, buone notizie per il mercato. Lo stesso cliente pare essere poi disponibile a tre atteggiamenti di gestione dell’immagine: stampa in proprio, condivisione in Rete e stampa attraverso i canali tradizionali dei fotonegozianti.
S
Altro design. La Pentax Optio 750Z è una compatta digitale dichiaratamente indirizzata a un pubblico con un rapporto consolidato con la ripresa fotografica. I suoi sette Megapixel effettivi e il suo zoom ottico 5x si accompagnano con un design classico e con regolazioni anche manuali dei parametri della ripresa.
Tra le tante risposte possibili, se ne segnalano due soprattutto. Una arriva da Olympus, che nell’ambito digitale si muove con disinvoltura a tutto campo, dal sistema professionale QuattroTerzi della genìa E-1 e E-300 (al momento attuale) alle compatte di diversa fascia commerciale, e l’altra da Pentax, analogamente
42
uno dei più qualificati e significativi marchi della fotografia. La famiglia Olympus µ-mini Digital si accoda a una gamma di compatte digitali di particolare successo commerciale. Per certi versi le sue prestazioni e caratteristiche fotografiche
passano come in secondo piano, ma non sono secondarie. Si tratta di una serie di compatte digitali con corpo macchina in metallo a tenuta di umidità (standard IEC 529 IPX4) e copriobiettivo di sicurezza, che ne assicurano la solidità di impiego anche tra le mani di utilizzatori (casuali? neofiti?) meno attenti di quelli che arrivano alla fotografia digitale potendo vantare proprie precedenti frequentazioni tecniche (pagina accanto). L’eccellente risoluzione di quattro milioni di pixel si accompagna con uno zoom ottico 2x f/3,54,9, la cui escursione focale equivale alla variazione grandangolare-medio tele 35-70mm della fotografia 24x36mm (consueto riferimento d’obbligo). Il monitor da LCD da 1,8 pollici (134.000 pixel) assicura una visione completa anche da osservazioni angolate, fino a 160 gradi in ogni direzione. Dotate di processore di immagine TruePic Turbo, direttamente ereditato dalle configurazioni di più alto livello tecnico, le Olympus µ-mini Digital offrono tredici programmi automatici di esposizione, dedicati a particolari quanto consuete situazioni ambientali e di luce. Per riprese/acquisizioni di altra personalità, si possono selezionare la visione fish-eye oppure la resa morbida soft focus. Oltre la possibilità di registrazione di filmati con audio, le compatte digitali supportano il sistema PictBrige di stampa diretta standardizzata senza computer. Quindi, eccoci al design, il concetto di forte richiamo estetico si concretizza in un’offerta di sei corpi macchina Olympus µ-mini Digital distinti per il colore delle relative finiture: argento, bianco, nero, blu cristallo, rosso vivo e arancio (ancora pagina accanto). A ciascuno, la propria scelta, in una chiave fotografica che considera l’apparenza determinante quanto lo è la sostanza delle prestazioni. Anche la Pentax OptioX assolve prima di altro, prima di offrire prestazioni fotografiche e digitali adeguate, il piacere del proprio design applicato, in grado e condizione di attirare a sé, su di sé, quella consistente fascia di pubblico che dà valore anche all’estetica degli oggetti. In una affascinante combinazione, il corpo mac-
va personalità tecnica e commerciale. Accanto al dorso digitale intercambiabile Digital-Modul-R per le proprie reflex R8 e R9 (del quale abbiamo anticipato in FOTOgraphia di settembre), che consente il rapido passaggio dalla fotografia tradizionale all’acquisizione digitale di immagini (e viceversa), Leica ribadisce sia la celebrazione della propria storia, sia la conoscenza del proprio pubblico potenziale. Da una parte, la replica funzionante della Leica 0 Prototyp 2 festeggia i centoventicinque anni della nascita di Oskar Barnack, il geniale inventore della stessa Leica (la cui definizione combinò, nel 1925, l’identificazione del costruttore Leitz con la qualifica Camera; FOTOgraphia, luglio 2004), quindi, due composizioni Leica M7 Titanio arrivano per i cinquant’anni di Leica M, conteggiati dalla prima Leica M3 del 1954. Dall’altro, l’ardito programma À la carte permette a ciascuno di avere una Leica M7 o una Leica MP di stretta attualità personalizzata seguendo (in Internet) un iter di scelte per finitura, incisioni e dotazioni tecniche (a pagina 36). C’è da scommettere sul successo di questa proposta, appetibile al particolare “popolo Leica”, cui non fanno certo difetto le disponibilità economiche (ne riferiremo il mese prossimo). Infine, ponte di collegamento tecnologico senza soluzione di continuità dal passato (?) al presente (?) al futurofuturibile (?), la configurazione Epson R-D1 (anticipata in FOTOgraphia dello scorso maggio), che verrà distribuita da Nital, è una digitale di grande efficacia, in un corpo macchina, ancora, a telemetro e meccanico/manuale. Una volta di più la derivazione è Cosina-Voigtländer, e anche qui le prestazioni squisitamente fotografiche si basano sul consapevole utilizzo di obiettivi in innesto a baionetta Leica M, piuttosto che a vite 39x1 (Leica, Cosina-Voigtländer e poi tutte le famiglie ottiche dei decenni tra-passati).
china di soli 18mm di spessore è diviso in due sezioni. A sinistra, dal punto di vista dell’utilizzatore, si trova l’obiettivo, che può essere ruotato di 180 gradi verso l’alto e 90 in basso. Sull’altro “segmento” c’è l’ampio monitor LCD TFT a colori al polisilicio da ben due pollici, con circa 210.000 pixel, che può rimanere stabile indipendentemente dal movimento dell’obiettivo (pagina accanto). I cinque Megapixel effettivi di risoluzione, che stabiliscono una classe digitale alta, si combinano con l’escursione 3x dello zoom ottico. Ma ciò che effettivamente fa la differenza, all’interno di un’offerta merceologica che vanta tante analoghe interpretazioni, è proprio il design, composto da elementi ispirati agli anni Cinquanta, così di moda, così apprezzati (nel pallido ricordo collettivo): come le forme rettangolari con spigoli arrotondati. Schemi di colorazioni singolari e forme geometriche essenziali sono combinate nell’estetica della Pentax OptioX, in modo da soddisfare il gusto dei nostri giorni.
TECNOLOGIE (?) Si parla sempre meno di progetti, di risultati tecnici da raggiungere, di mete in grado di offrire soluzioni. Viviamo un presente tecnologico nel quale tutta l’industria fotografica è ricca di risposte, per le quali cerca di individuare le domande appropriate. Il parallelo è inevitabile. Chi per diritto di anagrafe ha vissuto lo scorrere degli anni, dei più recenti decenni, ricorda bene come in fotografia ci siano stati momenti nei quali le possibilità tecniche erano oggettivamente limitate, a fronte di un consumatore dalle richieste senza limiti. Oggi, l’equilibrio -se di questo si tratta- si è come invertito: illimitate possibilità progettuali e costruttive, ma limiti pratici nell’assolvimento di richieste da decifrare. Quindi, la parola passa alle statistiche di vendita, alle proiezioni, alle considerazioni sull’evoluzione dei paesi pilota, proiettabili senza alcuna modifica in ogni nazione. Sarà, poi, vero? Sarà effettivamente così? La parola al mercato, nel quale, come abbiamo appena annotato, si pensa di agire con sollecitazioni diverse da quelle della sola presentazione di possibilità operative. L’Immagine sta per passare davanti a tutto, per portare al piacere della fotografia un pubblico sempre più vasto nei propri numeri e, soprattutto, consapevole nelle proprie scelte, in modo che queste stesse scelte non siano effimere, ma solide e allungate avanti nei consumi: la Photokina 2004/World of Imaging si è presentata come Imaging is more, che gratifica, appunto, l’immagine realizzata. La filiera deve essere consapevole di questo e deve agire di conseguenza. A ciascuno il proprio lavoro, a ciascuno le proprie competenze. Maurizio Rebuzzini
43
Immancabilmente reflex (digitali) uovo ingresso nell’offerta tecnico-commerciale di reflex ad acquisizione digitale di immagini, la Konica Minolta Dynax 7D si presenta con caratteristiche di impiego esclusive, capaci di attirare su di sé l’attenzione e l’interesse di un pubblico potenziale. La risoluzione di 6,1 Megapixel del sensore solido CCD offre la tecnologia Anti-Shake, che compensa gli eventuali movimenti dell’apparecchio, per assicurare la massima nitidezza dell’acquisizione in ogni condizione di uso, anche nelle situazioni estreme (qui sotto, a destra). Come l’identificazione specifica, la reflex digitale si inserisce nel sistema fotografico Dynax, del quale utilizza l’insieme degli accessori qualificanti e, soprattutto, l’ampia gamma di obiettivi autofocus intercambiabili (a proposito: nel 1985, l’originaria Minolta 7000 fu la prima reflex autofocus al mondo). Oltre ai valori digitali ormai acquisiti, la nota che qualifica e distingue la Konica Minolta Dynax 7D è proprio la configurazione Anti-Shake, soprattutto utile con i lunghi teleobiettivi e nelle condizioni particolari di ripresa, quale l’inquadratura a mano libera a distanza ravvicinata. L’ampio monitor LCD da 2,5 pollici, sul retro del corpo macchina, è il consueto pannello di controllo attivo e passivo della ripresa: dai menu di regolazione alla previsualizzazione delle immagini acquisite e memorizzate. Allo stesso tempo, anche il sistema Olympus E, con il quale è nato lo standard digitale QuattroTerzi, segnala una seconda reflex E-300, che si accoda all’originaria E-1. La risoluzione di otto Megapixel è il valore distintivo di una configurazione che replica i valori portanti del sistema Olympus E: pertinente combinazione con obiettivi specificatamente progettati per l’acquisizione digitale, con raggi-immagine che raggiungono parallelamente il sensore CCD (costruzione telecentrica finalizzata alla massima qualità digitale), e dispositivi dedicati, quale il sistema antipolvere Supersonic Wave Filter, che rimuove eventuali depositi sul sensore ogni volta che si accende l’apparecchio. La reflex digitale Olympus E-300 (in alto, a destra) replica il sensore CCD Full Frame Transfer (FFT): un sensore specificamente progettato e costruito per l’acquisizione digitale di immagini in alta qualità. Paragonato al sensore interlacciato, usato dalla maggior parte degli apparecchi digitali, il sensore CCD FFT di Olympus si distingue per una più ampia area del pixel, con fotodiodi più grandi e trasmissione ottimale. Questo permette di elaborare più elettroni; allo stesso momento, è inoltre possibile ottenere un conveniente rapporto tra segnale e rumore, combinato a un’ampia gamma dinamica. Il risultato finale beneficia di una latitudine di esposizione più estesa, maggiori dettagli nelle aree immagine e una maggiore e conveniente riduzione del rumore di fondo. Insieme alla Olympus E-300 sono state presentate nuove interpretazioni ottiche, che si aggiungono al sistema originario: Zuiko Digital 14-45mm (obiettivo economico, in dotazione nella confezione kit dell’apparecchio) e Zuiko Digital 40-150mm. Con l’occasione ricordiamo che il sensore solido CCD QuattroTerzi ha un valore
N
44
2x rispetto il fotogramma 24x36mm della fotografia tradizionale, così che questi due nuovi zoom hanno una corrispondenza 28-90 e 80-300mm. Anche il sistema reflex digitale Pentax approda a una seconda dotazione, che conferma l’orientamento verso un pubblico che desidera semplicità di uso e comoda trasportabilità. La Pentax *istDs (a sinistra) è esattamente questo, in una misura ancora più pronunciata rispetto la *istD di partenza: corpo macchina di 505g, 125mm di larghezza, 92,5mm di altezza e 66mm di spessore. Un mirino a elevato ingrandimento e un ampio monitor LCD da due pollici sono elementi qualificanti, che si abbinano alla modalità operativa Auto Picture per la selezione del programma di esposizione più indicato. Il sensore solido CCD da 6,1 Megapixel mette a frutto le inquadrature degli obiettivi intercambiabili del sistema ottico, ora arricchito dalla gamma SMC Pentax-D FA di focali progettate e disegnate sia a misura dell’acquisizione digitale di immagini sia per la fotografia tradizionale 24x36mm. La misurazione esposimetrica della *istDs incorpora un evoluto sistema a sedici segmenti, che analizza l’area inquadrata anche nelle condizioni di illuminazione più impegnative. Per applicazioni specifiche, sono disponibili anche la lettura media ponderata al centro e la misurazione spot. L’autofocus Safox VIII è dotato di undici sensori AF, nove dei quali costituiscono un ampio sensore a griglia al centro, con lettura a croce per dettagli a sviluppo orizzontale o verticale. Oltre la messa a fuoco di precisione, si può selezionare uno qualsiasi dei sensori per rispondere a particolari esigenze di messa a
Vitalità della fotografia Prima visita alla Photokina. Una concentrata e attenta partecipazione al mondo della fotografia si incontra con la più evidente delle manifestazioni commerciali del settore, che rivela un’anima più profonda, che non si esaurisce nella sola passerella tecnica. Tra esposizione merceologica e intelligenti manifestazioni collaterali, collegamenti culturali e contrapposizioni geografiche con la situazione italiana fanno da sfondo a un modo di vivere l’essenza della fotografia che è fresco e dinamico. Lontani dai formalismi del nostro paese, si è vissuta un’esperienza che dà senso di appartenenza e rincuora: soprattutto coloro che amano e frequentano la fotografia senza pregiudizi e con il solo e dichiarato piacere della condivisione e della curiosità.
fuoco selettiva, legata alla composizione dell’immagine inquadrata. Ovviamente, all’appello non può mancare Nikon, la cui nuova D2X ad alta velocità è caratterizzata da un innovativo sensore di acquisizione digitale da 12,4 milioni di pixel e una rapidità di scatto di cinque fotogrammi al secondo. Di fatto questa dotazione si offre come nuova ammiraglia professionale del prestigioso sistema reflex digitale Nikon D, che nel corso del tempo ha segnato tappe fondamentali nel settore: con la Nikon D1, lanciata nel 1999, nacque un nuovo modo di vivere la fotografia digitale; con le versioni Nikon D1X e D1H (2001) sono state colmate rispettivamente le esigenze di velocità e risoluzione dei fotografi professionisti; con la D2H, del 2003, Nikon ha fatto un ulteriore passo avanti, unendo funzioni innovative a un corpo macchina decisamente più leggero e maneggevole rispetto ai precedenti modelli. Seguendo le orme della D2H (FOTOgraphia, settembre 2003), l’attuale Nikon D2X (qui sopra) si presenta con un sensore di immagine CMOS formato DX da 12,4 milioni di pixel (Complementary Metal Oxide Semiconcuctor), unito a una velocità di ripresa impressionante, in virtù dei quattro canali indipendenti di output, conversione A/D e a una elevatissima rapidità di scrittura/lettura. Queste caratteristiche permettono alla D2X di “catturare” immagini da 12,4 milioni di pixel nei formati RAW-NEF, Jpeg o Tiff alla cadenza di cinque fotogrammi al secondo, in modalità di scatto continua. L’esclusivo sistema di scarico dati dal sensore permette inoltre di sostenere la cadenza di otto fotogrammi al secondo, utilizzando l’innovativa funzione High Speed Cropped, che sfrutta la porzione centrale del fotogramma corrispondente a 6,8 milioni di pixel. Il ritardo allo scatto è impercettibile: soli 37 millisecondi! Un risultato eccezionale a questi livelli di risoluzione. Sempre in tema di rapidità occorre ricordare che la Nikon D2X può utilizzare schede di memoria Compact Flash con velocità di lettura e scrittura impressionanti. Anche la velocità di trasferimento con connessione a computer è ulteriormente migliorata, grazie all’interfaccia USB 2.0 Hi-Speed.
P
hotokina. Punto di partenza e arrivo internazionale. Miraggio per gli appassionati, come me, della fotografia. Non così lontano da rappresentare un sogno irraggiungibile e non così vicino da essere proponibile in un pacchetto andata e ritorno in giornata (anche se, in tempi di fretta, quali sono gli attuali, ci sono operatori commerciali che, dall’Italia, si fermano in Photokina un solo giorno, completando da mattina a sera il proprio mirato iter di visite finalizzate: senza aver tempo per alcuna altra riflessione). Così il sogno è rimasto per anni lì, sospeso tra il possibile e il rimandabile, senza mai appartenere, fino a questo 2004, alle mie esperienze. Il lungo tempo di attesa, coltivato in anni di frequentazione della fotografia, mi ha premiato, consentendomi di essere presente all’edizione 2004 della Photokina non come visitatrice, bensì come giornalista-inviata, con tutto ciò che ne consegue in più: soprattutto frequentare l’esposizione tecnico-commerciale oltre la vetrina, accedendo a quel dietro-le-quinte rivelatore, capace di sollecitare concrete riflessioni, necessarie per il mio lavoro, da trascrivere e trasmettere.
Da non dimenticare, oltre le novità dell’ultima ora, l’efficacia di altre recenti configurazioni professionali. Soprattutto: la Canon Eos-1D Mark II ( FOTOgraphia, giugno 2004), premio TIPA 2004 come reflex digitale professionale: «apparecchio che cambia il concetto di reflex digitale professionale, definendo nuovi parametri di riferimento».
45
IN
VETRINA:
LEICA M3
DI
ELLIOTT ERWITT
VISUAL GALLERY : WALTER SCHELS, LEBENSZEIT
Fotografia a contorno
bolita da tempo quella che fu la fantastica Sezione Culturale, organizzata dal qualificato Fritz Gruber, personaggio di spicco della cultura fotografica contemporanea, che fino a tutti gli anni Settanta (e oltre?) ha accompagnato l’esposizione merceologica della Photokina, da un paio di edizioni l’appuntamento di Colonia è tornato a esporre fotografie all’interno dei propri padiglioni. La definita Visual Gallery è parte integrante di quell’Internationale Photoszene Köln, che si estende per tutta la città. L’attuale diciassettesima replica dell’Internationale Photoszene Köln ha presentato ottantadue appuntamenti fotografici di diverso peso e taglio: trenta mostre allestite in musei e gallerie ufficiali (a partire dalla prestigiosa retrospettiva James Abbe: Shooting Stalin al Museum Ludwig, fino al 9 gennaio 2005), ventotto esposte in sedi di istituzioni pubbliche, tre realizzate all’interno di indirizzi culturali e diciassette in spazi alternativi (tra i quali la Galerie engelelf dell’Auto-Reflex di Jan Knoff; pagina accanto, in alto). I restanti quattro programmi sono autenticamente tali: Visual Gallery all’interno della Photokina (sedici mostre, tra personali e collettive), Photofaircologne (altre diciassette mostre in Photokina a VISUAL GALLERY: ALLESTIMENTO SCENOGRAFICO
A
46
cura di gallerie fotografiche!), POC in Town (workshop e incontri a tema), DGPh auf der Photokina (tre mostre all’interno della Photokina, a cura dell’associazione dei fotografi professionisti tedeschi: personali di Will McBride, Premio Salomon 2004, e Daido Moriyama, Kulturpreis 2004, e collettiva dell’associazione DGPhDeutsche Gesellschaft für Photographie). Workshop e incontri a parte, settantotto mostre più sedici più diciassette più tre uguale centoquattordici mostre distribuite in un arco di tempo a cavallo della Photokina, con volumetto catalogo di presentazione: 160 pagine 10,5x16,5cm, a distribuzione gratuita. Dal 28 settembre al 3 ottobre, date della Photokina, la Visual Gallery ha rappresentato l’evento espositivo top del salone. Nel padiglione 7, su una superficie espositiva di quasi quattromila metri quadrati, tra personali e collettive sono state allestite sedici mostre, in cui sono stati esposti i lavori fotografici di centocinquantatré autori. L'afflusso ha superato tutte le aspettative: hanno visitato la Visual Gallery circa centoventimila persone, centodiecimila delle quali migrate dai padiglioni merceologici della Photokina (ingresso 12,00 euro). Ciò significa che quasi il 70 per cento degli oltre centosessantamila visitatori registrati alla Photokina hanno sfruttato non solo la possibilità di informarsi sull’offerta attuale di tecnologie e applicazioni per la produzione e l’elaborazione di immagini, ma si sono interessati anche dell’eccezionale parte espositiva del salone. Secondo Gerard Goodrow, direttore del settore commerciale Come ogni visitatore di Auto-Reflex, personale di Jan Knoff alla Galerie engelelf, Alessandra Alpegiani, inviata di FOTOgraphia alla Photokina, è stata invitata a realizzare il proprio autoritratto su un set appositamente allestito accanto la mostra degli originali fotografici. Serenità fotografica: poche parole e tanti fatti. Anche questi.
JAN KNOFF, AUTO-REFLEX
Cosa mi aspettavo non lo so dire. In genere, in ogni esperienza, se riesco, mi impongo di non avere aspettative precise né disegni precostruiti, per poter vivere le novità nel modo più pulito possibile, non inficiato da preconcetti, da esprimere poi in lucidi giudizi. Cosa ho trovato, invece, adesso lo so. Innanzitutto la Fotografia, quella che intendo io. L’ho respirata, assaporata, l’ho sentita aleggiare in superficie e nell’approfondimento dell’esposizione tecnica (ma non solo), che si è presto rivelata qualcosa di più di una semplice passerella commerciale. Anche se la scena ufficiale spetta alle attrezzature in quanto tali, la Fotografia è comunque trasversale, ovunque a ogni situazione, e non mi riferisco solo ai padiglioni fieristici di Colonia.
Arte & Cultura della Koelnmesse, direttore di ArtCologne e curatore dell’esposizione, l’enorme successo riscosso dalla rassegna fotografica conferma che la Visual Gallery contribuisce in modo decisivo all’ambiente unico del World of Imaging, autodefinizione da tempo adottata dalla Photokina. Sono state accolte con grande entusiasmo soprattutto le fotografie di Anton Corbjin, Elliott Erwitt e Alberto Venzago (Voodoo). Inoltre, molti visitatori sono rimasti profondamente colpiti dall’affascinante mostra dei fotografi cinesi contemporanei e dalle angosciose documentazioni fotografiche dei reporter dell’Agenzia VII, presentate nell’esposizione War Envoys (in Italia: Inviati di guerra, al Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri di Verona all’inizio dell’anno; FOTOgraphia, febbraio 2004). I visitatori hanno apprezzato anche l’architettura espositiva della Visual Gallery, per mezzo della quale è stata messa in risalto l’unicità della rassegna fotografica. Sotto la direzione di Thomas Schriefers, e in stretta collaborazione con la commissione di selezione e la Koelnmesse, gli studenti del corso di studi Corporate Architecture (Facoltà di Architettura dell’Accademia Tecnica di Colonia) hanno elaborato una concezione espositiva armonica e ingegnosa. Basata su tramezzi mobili disposti a raggiera, hanno creato una cornice particolare per la presentazione delle immagini e al tempo stesso una struttura adattata elegantemente al padiglione espositivo a semicerchio (pagina accanto). Il successo riscosso dalla Visual Gallery deve molto a diversi partner; per esempio, la rivista Stern, che ha portato a Colonia la mostra di Anton Corbjin Mortals, e Leica Camera Group, che ha presentato le Magic Hands di Elliott Erwitt (e la sua Leica M3 terzo tipo nera; pagina accanto). Inoltre hanno contribuito alla riuscita del prestigioso progetto espositivo soprattutto Kodak AG, Fujifilm, BFF (Associazione dei fotodesigner liberi professionisti) e la Fondazione Reinhart Wolf. La Visual Gallery è stata organizzata da Bilder.Bilder eV, un’associazione fondata nel 2002 dai promotori della Photokina-Koelnmesse GmbH e Prophoto GmbH, che in questo modo hanno fuso il proprio impegno sia culturale sia professionale nel campo della comunicazione per mezzo di immagini. Bilder.Bilder eV è stata creata allo scopo di collocare la fotografia e i mezzi mediali che utilizzano l’immagine in un adeguato contesto culturale. Con l’organizzazione e la realizzazione di rassegne fotografiche associate alla Photokina è stato sostenuto attivamente il mondo internazionale dell’Imaging e si è contribuito ad assicurare a Colonia il ruolo di punto di riferimento del mondo della fotografia e dei mezzi mediali legati all'immagine. L’esposizione di Visual Gallery è riunita in un volume-catalogo di 160 pagine 24x17cm, che presenta una selezione delle opere esposte (www.visualgallery.de; 19,00 euro).
Fuori dai saloni espositivi, ho trovato una città in movimento, che fa combaciare il proprio ritmo con quello dell’evento fieristico in programma, rivelando l’anima di un esercizio creativo che nasce dall’uso consapevole e intelligente degli stessi strumenti. Una città predisposta e disposta a ospitare l’evento fotografico senza soluzione di continuità, ma con inattesa (questa sì!) intelligenza pubblica e privata (che mi ha costretta al confronto con l’Italia, e ne sto per parlare). A Colonia, nei giorni della Photokina, e proprio per la presenza della Photokina, ho sentito fluire energie nuove, a me sconosciute. E ho visto, con i miei occhi, come una manifestazione a carattere prevalentemente tecnica e di scambio commerciale possa contaminare altri aspetti e fornire nuovi impulsi in una reazione a catena: soprattutto rivolta e declinata nel senso della creatività applicata e della cultura senza confini, né limiti precostituiti. Io vivo a Milano, che per molti è comunque città viva (in confronto ad altre). Comunque, io non sono abituata a questo. Mi sembra irreale. Forse esagero. Il mio vissuto è italiano, e in un territorio geograficamente e culturalmente non mio (non appartenente alla mia cultura/esperienza diretta) ho sperimentato altre dinamiche, interazioni e democrazia (rapporto tra stato e cittadino, rispetto per il cittadino, assolvimento del proprio compito istituzionale). Ognuno qui si occupa di Fotografia come può, come è capace, ma nessuno in subordine ad altri: a ogni espressione è concessa la propria dignità. Il famoso Museum Ludwig, immenso nella propria autorità culturale e istituzionale, ricco di una fantastica collezione d’arte moderna, oltre a una consistente collezione fotografica (beati loro!), è preparato con le dovute proporzioni a proporre mostre di enorme portata e richiamo, studiate per la combinazione con il mondo fotografico della Photokina. Proseguendo una strada intrapresa negli anni scorsi, con analoghe produzioni di taglio alto, quest’anno è stata la volta dell’antologica di James Abbe (1883-1973), con arguto richiamo alla sua serie fotografica di ritratti di Stalin; appunto: James Abbe: Shooting Stalin, ovvero i meravigliosi anni di James Abbe, in cartellone fino al 9 gennaio 2005. Poco lontano, nelle strade pedonali del centro cittadino, con allestimento scenico ineccepibile, l’enoteca Fegers und Berts si trasforma in galleria vera e propria, che con classe ed eleganza espone ritratti di personaggi della città realizzati da Sebastian Basta, tra cui Fritz Gruber, leggendaria figura della fotografia internazionale, per de-
SEBASTIAN BASTA, PHOTOGRAPHIERT...
FOTOGRAFIA IN CITTÀ
47
A spasso per Colonia ittà che fa della propria Fiera un bene, con gli indotti di conseguenza, in concorrenza nazionale con Francoforte e Hannover, dove si svolgono altri appuntamenti internazionali di spicco, Colonia interpreta senza riserve il proprio ruolo. Come abbiamo avuto già modo di osservare e puntualizzare in precedenti relazioni, in occasione della Photokina l’intera città declina in chiave fotografica la propria personalità, quantomeno quella apparente. Oltre gli appuntamenti ufficiali, quelli nei padiglioni espositivi e quelli programmati in spazi cittadini, si segnalano altri tanti momenti fotografici, diciamo così, quotidiani: dall’allestimento a tema dei negozi delle strade commerciali (che presentano vetrine nelle quali fanno spicco apparecchi fotografici d’epoca, piuttosto che fotografie ben presentate) a tanto altro: fino ai piatti dedicati, presenti nei menu dei ristoranti (turistici) del centro cittadino. Ovunque ci si giri, c’è fotografia; in molti casi questa presenza è curata dalle case produttrici, che predispongono proprie presenze pubblicitarie, in altri è, ribadiamo, spontanea e finalizzata. In tutti i casi, nessuno è all’oscuro che in città si stia svolgendo la fiera merceologica della fotografia. Ne vogliamo parlare? Vogliamo visualizzare qualche esempio incontrato a caso, semplicemente camminando per strada? Ma sì: richiamo Polaroid sulla nave-quartier generale (a destra); bandiere Olympus e Olympus µ-mini Digital sul leggendario ponte pedonale/ferroviario (Hohenzollernbrücke; pagina accanto) che collega il Duomo con la Fiera (e ci perdoni Nikon, per la mancanza di documentazione fotografica delle proprie analoghe bandiere sull’automobilistico Deutzer Brücke); taxi con pubblicità Nikon, Konica Minolta e Agfa (qui sotto); richiami alla Photokina alle fer-
C
48
cenni direttore della sezione culturale della Photokina. Da negativo polaroid, stampe incorniciate e gigantografie appese a fili tesi per il locale (a pagina 47). Ancora, lontano dal centro, passeggiando una sera per il quartiere universitario, meno frequentato dal turismo e dagli operatori della Photokina, trovo un curioso spazio espositivo, trenta metri quadrati, forse. È tardi rispetto i consueti orari delle gallerie, ma è aperto. Entro, mi accoglie l’autore delle fotografie esposte, Jan Knoff, classe 1968, che illustra la propria opera, l’esposizione autoprodotta, in parte installazione video, in parte stampe appese alle pareti: Auto-Reflex. Ho un moto di invidia bonaria. Il clima della Galerie engelelf è familiare; seduti su cuscini disposti sul pavimento, amici o visitatori (?) salutano sorseggiando birra. L’autore stesso, con tranquilla dignità segnala il costo di ogni opera, porgendo il listino prezzi. Come una galleria di tutto rispetto ci sono birra e bibite a disposizione dei visitatori, previo piccolo contributo economico per la consumazione. Quindi, vengo invitata a un autoritratto per la galleria dei visitatori (a pagina 46).
LEZIONE DI STILE Resto allibita, modalità impensabile in Italia, paese così ricco di cultura artistica e così provinciale nelle proprie arcaiche formalità e formalismi. Allora: un autore-gallerista-artista chiede con naturalezza di essere riconosciuto, visibile per quello che produce, niente altro; e chiede, con altrettanta naturalezza, i cinquanta centesimi di euro che lui ha speso per ogni birra offerta. Un rapporto diretto improponibile in Italia, dove sopravvive intatto l’arcaico tabù del denaro, ma così abbondante di “cultura artistica” che se non fai parte di un preciso circuito sei già tagliato fuori in partenza. Grande lezione tedesca di altra democrazia e altra modalità, che se non impariamo a riconoscere come l’unica possibile, lasciamo che i “piccoli” i “fuor circuito” si autoescluderanno dalla partita inevitabilmente, ancor prima di aver potuto cominciare il gioco. Non voglio togliere nulla agli imperi di grandi bellezze italiane, auspicherei solamente un’evoluzione nel comune modo di intendere: esiste il grande, ma non sottovalutiamo le piccole realtà, un connubio non difficile, tanto nessuna realtà “minori” potrebbe scavalcare l’altra, non ne avrebbe il potere. In assoluto, non sono credibili velleità diverse dalla grandezza di cui si è capaci; e allora, ci devono poter essere, questo sì, vari momenti e vari livelli, distinguibili in assoluto ma sempre in relazione, perché comunque parlano lo stesso linguaggio. E parlano di Fotografia. Propongono Fotografia.
ARIA FRESCA
mate dei tram e in affissione strategica sui raccoglitori del vetro (qui sotto); vistosi richiami presso i negozi di souvenir (in alto); pubblicità Foto Lambertin in stazione (pagina accanto). E poi, ancora, vanno citate l’edizione di Stern, diffuso settimanale illustrato, con esplicito richiamo alla Photokina (esposizione merceologica e contorno fotografico in città), e la locale Stadt Revue, appunto Kölnmagazin, in declinazione dichiaratamente fotografica (pagina accanto). Tra tanta esplosione di tecnologia, tanta proiezione in avanti, una lezione commerciale da Foto Gregor, noto indirizzo di fotografia di Colonia, la cui fama si estende oltre i confini nazionali. Accanto le mirabili vetrine di materiale nuovo e d’occasione (in quantità e qualità), all’ingresso del negozio sono presentate bacinelle per camera oscura!
A Colonia, fuori e dentro i padiglioni espositivi della Photokina, ho respirato un clima culturale diverso, mi sono emozionata e un po’ intristita allo stesso tempo. Ho un’ulteriore, amara conferma della posizione, in ordine di arrivo, del mio paese: la fiera merceologica in quanto tale. Una sequenza infinita di prodotti nuovi sono presentati negli stand. Non hanno il potere di farmi stupire più di tanto. C’è poco che non avessi già intuito. Tutto cambia così in fretta, in tecnologia e innovazioni, che ciò che è stato capace di emozionarmi (e di destabilizzarmi sinceramente) è stata la presentazione della nuova ammiraglia Nikon F6 di tecnologia analogica (qualcosa mi sfugge nell’andamento delle cose!); però la tentazione di possederla è forte.
49
Tra i padiglioni ote di colore. Note complementari e conclusive, per certi versi ininfluenti sull’andamento tecnico della Photokina, significative soprattutto per la storia del costume, anche solo di quello squisitamente fotografico. Tra i tanti allestimenti scenici ne scegliamo tre di alta personalità, significativi dell’attenzione generale rivolta verso l’accoglimento e il coinvolgimento del pubblico. Come sempre, Kodak ha personalizzato con gusto il proprio spazio espositivo esterno, quello di facciata, con una combinazione di
N
Non siamo autorizzati a rivelare l’essenza di questa personale interpretazione dell’Hasselblad XPan (in Giappone, Fujifilm TX-1; FOTOgraphia novembre 1999) da parte di Yoshiyuki Akutagawa, fotografo e designer (in queste rispettive vesti: FOTOgraphia, luglio 2000 e marzo 1999). Speriamo di poterlo fare quanto prima.
fotografie che hanno simboleggiato campi di fiori. L’effetto visivo di innumerevoli stampe colore di diverse dimensioni, ottimamente disposte, è stato fantastico, con colpo d’occhio da diverse prospettive (la documentazione fotografica qui accanto, per forza di cose limitata, non dà giusto risalto all’effetto al naturale: facciamo a fidarci). Quindi, segnaliamo l’ottima realizzazione della piscina virtuale che introduceva allo stand Epson, con un sofisticato software ad effetto realistico. Anche Agfa ha adottato la medesima combinazione, ma nel caso di Epson si segnala un tocco in più, con i branchi di pesci rossi messi in fuga dal calpestio dei visitatori (a sinistra). Su un altro versante, Konica Minolta ha giocato in doppio. An-
50
Mi hanno quasi commosso, con la tenerezza e la tenacia di chi crede in quello che fa, le presenze di produttori di apparecchi grande formato a banco ottico artigianale, i sognatori del foro stenopeico e della fotografia tridimensionale e altro ancora. Non sono una nostalgica, ma mi rassicura il contatto con l’origine, con la storia come senso di continuità. Il resto, il nuovo... non so... l’aggettivo che mi viene da attribuire d’istinto è “molto”, fortunatamente non “troppo”. Ho come percepito esistere uno spasmodico bisogno di novità. Nelle rispettive conferenze stampa, nessun produttore ha mancato di sottolineare la propria dedizione e ricerca alle continue richieste dell’utente. E qui, qualcosa mi punge come una contraddizione o forse solo una confusione personale. Non mi è ben chiaro quali siano le continue esigenze sempre nuove degli utenti. Io lavoro con la fotografia e vivo di fotografia, la frequento anche come utente, ho relazioni con altri utenti e mi sembra piuttosto che mi vengano estorte le esigenze piuttosto che ascoltate. Mi sento un po’ strumento. Non sarà che queste continue proposte nuove, non sia a me che servono ma alle aziende produttrici per cercare convulsamente rimedi a una crisi di settore?
SEMPRE FOTOGRAFIA Grazie di cuore a tutti per il raffinato design, per la facilità d’uso con cui mi proponete i nuovi prodotti, la simpatia dei colori e la semplificazione massima degli elementi. Però, perché mi togliete il mirino senza chiedermelo?! Il monitor mi può servire, va bene, se lo dite voi, ma il piacere! Il piacere intimo di guardare attraverso un mirino, anche nelle più semplici versioni, no, non me lo potete togliere! E allora, mi domando: non si corre il rischio di discostarsi un po’ troppo dal senso della fotografia? O meglio: la fotografia resta fotografia comunque, ma mi preoccuperei di non far passare il messaggio sbagliato, di non far diventare l’immagine il mezzo, mentre l’immagine deve essere sempre il risultato ottenibile con un mezzo. La mia devozione verso la fotografia mi consente di manifestare una certa apprensione: capisco che il business è padrone (è un’area di competenza che non mi appartiene, quindi la rispetto), ma temo che cada il riguardo per la fotografia, ritengo che l’educazione all’immagine rimanga un concetto imprescindibile. Dal fondo di questa mia riflessione emerge però altro. Un’ultima osservazione mi si impone con un’evidenza che non posso ignorare (e che mi dà speranza, ragione per cui all’inizio ho parlato di contraddizione). Accanto alla linea di continua evoluzione produttiva tenuta dalle case fotografiche non posso non notare anche un’attenzione al prodotto degli strumenti, cioè la Fotografia (appunto), incarnata per esempio nelle numerose esposizioni allestite negli stand. Forse la mia apprensione è esagerata: può essere anche vero che chi produce ha capito l’importanza del battersi per il piacere di fotografare, dell’atto attivo di cui l’utente è protagonista, del risultato del proprio sguardo prima di considerarlo risultato del proprio mezzo. È il nucleo cui si deve arrivare, non scostarsi mai dall’importanza di tale considerazione. Se la Fotografia non muore è proprio perché la vita è la sua materia, lo sguardo sempre attivo la sua sostanza. Non ci sarà prodotto nuovo capace di competere con questa verità, ciò che è vivo appartiene solo all’Uomo. Alessandra Alpegiani
zitutto ha vestito le hostess che distribuivano sacche sponsorizzate con un costume dalla bordatura fluorescente, con particolare risposta all’illuminazione flash (qui sopra). Quindi ha inscenato periodiche esibizioni di un qualificato gruppo di parrucchieri capaci di combinare pettinature/parrucche a sfondo fotografico, arricchite con elementi peculiari della fotografia (appunto): pellicole, rullini, flash elettronici e dintorni (tutti analogici?!). Per le proprie standiste, ma anche per il pubblico visitatore (pagina accanto). Infine, prima di annotare l’appuntamento all’edizione prossima della Photokina 2006 (dal 26 settembre al Primo ottobre), non possiamo ignorare, una volta ancora, una segnalazione che già abbiamo riportato due anni fa: quella dei marchi Mikona e Civica a palese ispirazione (plagio?) Nikon e Canon (qui sotto). Tant’è!
51
www.photo.it
Attrezzature e materiali per la fotografia digitale e professionale via Stradivari 4 (piazza Argentina 4), 20124 MILANO Tel. (02) 29405119 - Fax (02) 29406704 LunedĂŹ: 15,00-19,30 MartedĂŹ - Sabato: 9,00-12,30 - 15,00-19,30
accontare frammenti di storia, mettere insieme e collegare momenti, istanti di vita, tasselli di vissuto -non importa se ufficiali, piuttosto che individuali-, affiancarli con ordine, tanto da costituire un percorso narrativo, è sempre un’esperienza complessa e gratificante allo stesso tempo. Intanto, perché parlare di storia comporta sempre una rivisitazione del passato, comporta farlo rivivere, prenderlo in considerazione in modo tale da renderlo strumento di comprensione del presente. In secondo luogo, perché uno dei compiti della storia è dare senso al presente. Alla resa dei conti non dobbiamo mai sfuggire alla consapevolezza di avere a che fare con un argomento potente e delicato, che merita lucida dedizione e attenzione estrema alle sfumature. Maneggiare il passato è un rischio molto grosso. In questo senso, chi si occupa di fotografia ha una certa coscienza: in quanto, per propria natura, la fotografia ha una stretta interdipendenza con la storia e il passato. La fotografia è storia. La fotografia è passato. La fotografia registra un momento che è stato e che non sarà più, come invita a riflettere Roland Barthes. Nell’istante in cui l’otturatore scatta e la pellicola rimane impressionata (o l’attuale sensore ad acquisizione digitale registra l’immagine), si verifica il legame tra passato, presente e futuro. L’attimo è
R
Ennesimo allestimento scenico realizzato attraverso una lettura mirata del capace archivio fotografico dei Fratelli Alinari di Firenze. All’Istituto degli Innocenti del capoluogo toscano viene presentato un ragionato percorso storico dalle origini: visioni dell’infanzia, con manifestazioni e animazioni collaterali Giuseppe Borra; Madre con bambino osserva copertine di riviste appese in strada, circa 1955.
Andrea Samaritani; Madre e figlia, 1995 (Meridiana Immagini, Bologna).
CAMMINA CAMMINA
stato catturato. La storia, legata a quell’attimo, è lì, per sempre, su un negativo pronto a raccontare nel tempo a venire istanti passati (e lo stesso è per la memorizzazione su file). Tra le proprie tante funzioni, ecco che la fotografia, rivestita elegantemente con gli abiti della narrazione, compare in un vasto progetto espositivo e didattico che ha per soggetto esplicito la storia dell’infanzia e l’affermazione dei suoi diritti, dalla fine dell’Ottocento ai giorni nostri. Il titolo della mostra storica, dalla quale prendono spunto altre manifestazioni collaterali è Cammina, cammina. 150 anni di fotografie di bambini nelle collezioni Alinari. Curata dal vicepresidente del Museo di Storia della Fotografia Fratelli Alinari, Charles-Henri Favrod, e da un comitato scientifico composto da esperti dell’Istituto degli Innocenti (Giuseppe Assenza, An-
53
William Zanca; Giochi pericolosi di bambini, 1963. Autore anonimo; Famiglia fugge in campagna dopo l’eruzione del Vesuvio, 1944. Studio Villani; Alunni di una scuola elementare affacciati alle scale, circa 1955. Studio Villani; Un bambino gioca piegandosi su se stesso, circa 1960. F. Fossi; Bambini e balie sul terrazzo dell’Istituto degli Innocenti, 1914 (Istituto degli Innocenti, Firenze).
Andrea Samaritani; Piscina interna dell’Hotel Schneeberg, Vipiteno, 2002 (Meridiana Immagini, Bologna).
54
na Maria Bertazzoni, Enzo Catarsi, Alessandra Maggi, Lucia Nencioni e Roberto Volpi), la mostra racconta l’infanzia con duecento immagini che percorrono cronologicamente un arco di tempo vasto quanto la storia della fotografia stessa. Due compiti assolti egregiamente, grazie proprio alla compenetrazione dei diversi ruoli assunti dalla fotografia: da un lato, il valore storico e artistico delle numerose stampe che portano in superficie l’evoluzione dei procedimenti fotografici, chimici e ottici soprattutto; dall’altro, l’evoluzione sociale, di costumi, condizioni, consuetudini, riguardanti -appunto- la vita dei bambini nello scorrere del tempo. Il risultato è un pezzo di storia raccontato. Non con parole, ma con il potere evocativo della comunicazione visiva, capace di restituire particolari altrimenti non riconoscibili, persi per sempre se non fissati su una fotografia e dalla fotografia (il punctum specifico e identificabile in ciascuna fotografia, come è sta-
LABORATORI DIDATTICI
R
to teorizzato dal filosofo Roland Barthes, già ricordato, nel suo celebre saggio La camera chiara, pubblicato in Italia da Einaudi). La parola ha un potere, l’immagine ne ha un altro, senza essere in competizione tra loro; semplicemente parola e immagine si integrano quando necessario o devono essere capaci di farsi da parte a vicenda, quando un ruolo spetta di diritto a ciascuna individualmente. L’articolata selezione Cammina, cammina. 150 anni di fotografie di bambini nelle collezioni Alinari è allestita nel Salone Brunelleschi dell’Istituto degli Innocenti di Firenze, con percorso espositivo pensato sia per il pubblico adulto, sia per i visitatori bambini, per i quali sono state anche previste facilitazioni di spostamento: a partire da Trenitalia, che offre il trasporto gratuito dei ragazzi su treni regionali all’interno della Toscana nella giornata internazionale dei diritti dell’infanzia (20 novembre) e il sabato mattina alle scuole che vogliono visitare la mostra. Si segnala anche la partecipazione degli sponsor tecnici Kodak e Fila-Giotto, che forniscono i materiali per i laboratori didattici, come raccontiamo a parte, in questa stessa pagina. La mostra è posta sotto l’Alto Patronato del presidente della Repubblica Italiana, ed è promossa dall’Istituto degli Innocenti, al quale è devoluta la metà del ricavato per progetti di accoglienze e per i diritti dell’infanzia, dalla Fratelli Alinari-Fondazione per la Storia della Fotografia, in collaborazione con Fila-Giotto. Come accennato, l’esposizione fotografica si accompagna con manifestazioni collaterali, tra le quali si segnalano soprattutto laboratori didattici per avvicinare i ragazzi alla conoscenza e all’esperienza della fotografia e del disegno. Un itinerario specifico per adulti include servizi fotografici presso la sala di posa Alinari. A.Alp.
ivolta sia agli adulti, cui viene presentata una possibile evoluzione visiva della rappresentazione fotografica dell’infanzia, dalla metà dell’Ottocento, sia ai più piccoli, richiamati da sollecitazioni forti, la mostra Cammina, cammina. 150 anni di fotografie di bambini nelle collezioni Alinari si completa con manifestazioni parallele. Sostenuti da contributi degli sponsor tecnici Kodak e Fila-Giotto, nei pomeriggi dei fine settimana sabato e domenica (gli altri giorni si va a scuola), i Laboratori didattici mettono in scena animazioni riferite sia alla fotografia sia al disegno: a cura dell’Associazione Culturale L’immaginario e Spark Comune di Firenze, Assessorato alla Pubblica Istruzione Interventi Educativi e Scambi Culturali. ❯ Atelier. Tre diversi itinerari tematici, che prendono spunto dai soggetti delle fotografie esposte in mostra per dare risalto agli aspetti peculiari di diversi linguaggi. Il percorso inizia nel Salone Brunelleschi e conduce verso i laboratori: dopo aver avvicinato il potere espressivo della fotografia, si usa la creatività come motore di ricerca per assecondare altri approfondimenti, trovando infine la gioia della libertà di esprimersi: ciascuno con la propria abilità. ❯ Tre dimensioni. Laboratorio impostato per riflettere su particolari fenomeni ottici. Con procedimenti sperimentali si impara la prospettiva; quindi, attraverso dimostrazioni pratiche ed esercizi che mettono in gioco spirito d’osservazione e fantasia, come restituire profondità all’immagine. ❯ Negativo/positivo. Si lavora con il mistero e la suggestione del negativo fotografico: l’immagine latente, cioè invisibile, si rivela attraverso sostanze chimiche simili a pozioni magiche. Utilizzando tecniche e materiali sofisticati è prevista la realizzazione di una matrice da cui si ricavano una serie di stampe, sperimentando direttamente la caratteristica di ripetibilità del negativo. ❯ Impressioni colorate. Il colore come linguaggio capace di evocare emozioni. La fotografia colorata a mano non è caratteristica solo dei propri esordi, quando le immagini sono ancora in bianconero, ma anche successivamente, attribuendo al ritocco significati via via differenti. Si lavora sul proprio ritratto fotografico, esprimendo le sfumature della propria personalità attraverso le svariate possibilità espressive ottenibili solo con la variazione di colore. (Alinari, 055-2395200; info@alinari.it. Associazione Culturale L’immaginario, 055-4620077).
Cammina, cammina. 150 anni di fotografie di bambini nelle collezioni Alinari. A cura di Charles-Henri Favrod; comitato scientifico: Giuseppe Assenza, Anna Maria Bertazzoni, Enzo Catarsi, Alessandra Maggi, Lucia Nencioni e Roberto Volpi. Istituto degli Innocenti, Salone Brunelleschi, piazza Santissima Annunziata, 50122 Firenze; 055-2037310, fax 055-241663; info@istitutodeglinnocenti.it. Dal 13 novembre al 16 gennaio 2005; lunedì-venerdì 9,00-18,00, sabato 10,00-22,00, domenica e festivi 10,00-19,00. ❯ Sala di Posa Alinari: venerdì 14,00-18,00 o su appuntamento (055-2395200; info@alinari.it). ❯ Laboratori didattici su prenotazione (minimo quindici partecipanti): sabato, domenica e durante le vacanze natalizie 14,00-18,00 (Associazione Culturale L’immaginario, 055-4620077).
Studio Villani; Bambini di una colonia estiva all’arrivo in stazione (1940). (in alto, a sinistra) Estate 1954 (?): prima testimonianza (indiretta) con la fotografia.
55
RITORNO IN SVIZZERA
P
Peter Schreyer, fotografo di personalità e scelte decise, naturalizzato cittadino statunitense dal 1978, quando si trasferì in Florida, torna ai luoghi delle proprie origini, in Svizzera. Torna con una mostra di sue opere esposte al qualificato Musée suisse de l’appareil photographique di Vevey, luogo espositivo prestigioso, un gioiello di alto valore culturale, capace di affiancare la storia della fotografia, la cui testimonianza è affidata a una attenta sequenza di apparecchi, alle espressioni della contemporaneità, attraverso mostre e esposizioni di foto-
Publix Market, Orlando, Florida, 1991.
grafie di autori attuali. Un fluire logico della storia, in fondo. In questa visione, è la volta della proposta dell’espressione visiva di Peter Schreyer, appunto. Il contatto con le proprie origini ha sempre un grande significato, anche per uno spirito libero, che non ha esitato a seguire il fascino seduttivo di un paese lontano e straniero, tanto da eleggerlo a propria dimora, ma che, tuttavia, nella rappresentazione fotografica ha lasciato così ampio spazio alle proprie radici. Raccontando per immagini il paese d’adozione, nella serie Small
Stories from a big Country Peter Schreyer rivela uno sguardo principalmente etnografico, e il percorso e linguaggio adottati possono raffrontarsi a quelli dei maestri documentaristi americani, come Walker Evans o Dorothea Lange negli anni Trenta: una sorta di inchiesta fotografica che prende la forma di ritratti di gruppi familiari e individui nel proprio ambiente quotidiano, nel lavoro, nella vita di ogni giorno. Peter Schreyer documenta genti e documenta luoghi, non perdendo mai di vista il filo conduttore che percorre tutto il suo lavoro:
57
e cioè la memoria, la storia. La sua visione si accende, ogni volta sollecitata da un interrogativo essenziale: qual è il rapporto tra la cultura e la storia americana e gli effetti che questi fattori lasciano impressi nel paesaggio. Tutto si trasforma in fretta; ciò che il fotografo vuole congelare nel tempo è un attimo di vita, prima che si muova di nuovo, che cambi sembianza col mutare delle inevitabili azioni umane. È ciò che lo affascina nel profondo: la mobilità del paesaggio è intimamente legata a quella della gente che lo abita. Però, nello svolgersi del proprio percorso fotografico, Peter Schreyer non si dedica a documentare sola-
IL MUSEO
A
Primo gennaio, Taos Pueblo, New Mexico, 1999. Cementery, Wagon Mound, New Mexico, 1996.
ll’interno di un edificio del Diciottesimo secolo, una architettura assolutamente contemporanea ospita una straordinaria collezione di apparecchi fotografici. Quattro piani di esposizione permanente coprono l’intera storia della fotografia, con la testimonianza di apparecchi, materiali e accessori. Dalla camera obscura originaria, il percorso del Musée suisse de l’appareil photographique porta fino all’immagine digitale del presente-futuro. Video e CD interattivi, ma anche simulazioni al computer, spettacoli audiovisivi e iniziative di volta in volta diversificate accompagnano ogni visita alle esposizioni, sia temporanee sia permanenti. Dal successo di una retrospettiva che Vevey, amabile cittadina sul lago di Losanna (dove si ritirò anche Charlie Chaplin), dedicò nel 1971 alla storia della fotografia osservata dal punto di vista della famosa collezione di Michel Auer, raccolta anche in prestigiose monografie, nacque l’idea e l’intenzione di dare vita proprio a un autentico Museo, che fu quindi realizzato e fondato da Claude-Henry Fourney nel 1979. Dopo una prima sede provvisoria, dal 1989 il Musée suisse de l’appareil photographique ha sede definitiva nell’antico palazzo appena ricordato, appositamente ristrutturato dall’architetto Hugo Fovanna, ed è diretto da Pascale e Jean-Marc Bonnard Yersin. Musée suisse de l’appareil photographique, ruelle des Anciens-Fossés 6, CH-1800 Vevey, Svizzera; 0039-21-9252140, fax 0039-21-9216458; cameramuseum@bluewin.ch; da marzo a ottobre martedì-domenica 10,30-12,00 14,00-17,30, da novembre a febbraio solo pomeriggio.
mente un paese e i suoi abitanti, ma aspira a far prendere coscienza della propria storia, della propria eredità culturale, che ha lo scopo di dare un senso alla vita e a condurre a una
58
migliore comprensione del prossimo, di tutti i popoli del pianeta. Dal 1980, Peter Schreyer insegna fotografia a giovani e adulti, e nei suoi corsi sottolinea proprio
Daniel e Anna Trevino, figli di un operaio messicano, Mount Dora, Florida, 1998. Coniugi Booker Washington, Taft, Florida, 1998.
questo concetto, questo ideale fotografico; non si tratta solo di educare la sensibilità visiva ma aiutare gli allievi a realizzare, attraverso la fotografia, una presa di coscienza sullo spazio-tempo. La fotografia è un punto di partenza privilegiato per comprendere a fondo il senso di ogni valore esistenziale, sia per il luogo in cui si vive sia per le proprie radici. A.G.
Peter Schreyer: Small Stories from a big Country. Musée suisse de l’appareil photographique, ruelle des AnciensFossés 6, CH-1800 Vevey, Svizzera;
0039-21-9252140, fax 0039-21-9216458; cameramuseum@bluewin.ch. Dal 13 novembre al 6 marzo 2005; martedì-domenica 11,00-17,30.
BIANCO E NERO laboratorio fotografico fine - art solo bianco & nero
UMICINI GIOVANNI VIA VOLTERRA 39 - 35143-PADOVA
PH.& FAX 049 720 731 e-mail : gumicin@tin.it
CELEBRAZIONE DEL VINO
M
contano ciascuno il proprio rapporto col vino e/o la propria tradizione. Mentre un solo fotografo, Mauro Vallinotto, documenta con proprie visioni l’esperienza di nove viticoltori uniti in un’unica e solidale produzione, che si riconosce nell’identità comune di L’Insieme, da cui il progetto fotografico identificato come Il cerchio aperto.
le presenza delle italiche tradizioni, privilegio antico regalatoci dalla terra, fluido magico che richiama arcani e sacri misteri. A celebrarlo, in questa duplice occasione, è la fotografia. Autonomi e indipendenti l’un l’altro, inconsapevolmente complementari o speculari, i due progetti fotografici raccontano il vino con spiccata personalità. Undici famosi fotografi si confrontano nel progetto 11 fotografi 1 vino, nel quale con sguardo libero rac-
SGUARDI MOLTEPLICI Nella forma definitiva di uno straordinario volume illustrato, che fa seguito e sopravvive alla mostra allestita alla Triennale di Milano dal 20 ottobre al 7 novembre, undici fotografi internazionali si sono misurati in un ambizioso progetto: loro stessi, il proprio sguardo, la propria libertà di sentire per restituire con la materia visiva di una fotografia, la consistenza senza tempo del Vino. Flavio Bonetti, Franco Fontana, Georg Gerster, Ralph Gibson, Eikoh Hosoe, Mimmo Jodice, William Klein, Don McCullin, Helmut Newton, Ferdinando Scianna e Alice Springs, appunto 11 fotografi 1 vino (raccolto
FRANCO FONTANA
WILLIAM KLEIN
Minimo comune denominatore: il Vino (anche in questo caso, si impone la maiuscola). Due progetti fotografici autonomi, che si manifestano attraverso altrettante esperienze editoriali distinte, che differiscono negli intendimenti ma dedicano la medesima attenzione, sia pur con letture diverse, alla celebrazione del divino nettare. Il Vino è protagonista, questa volta in modo un po’ meno consueto di come è abituato a esserlo: nobi-
60
11 fotografi 1 vino, fotografie di Flavio Bonetti, Franco Fontana, Georg Gerster, Ralph Gibson, Eikoh Hosoe, Mimmo Jodice, William Klein, Don McCullin, Helmut Newton, Ferdinando Scianna e Alice Springs; introduzione di Giorgio Soavi; Skira editore, 2004; Palazzo Casati Stampa, via Torino 61, 20123 Milano (02-724441, fax 02-72444219; www.skira.net, skira@skira.net); 232 pagine 28x36cm, cartonato con sovraccoperta; 70,00 euro.
HELMUT NEWTON FLAVIO BONETTI
RALPH GIBSON ALICE SPRINGS
in volume da Skira), si misurano in un’originale avventura fotografica dalla quale ne è derivata una affascinante collezione di immagini, di diversa interpretazione, dalle quali traspare vivamente l’occhio e il taglio tipico di chi le ha concepite, nonché la realtà di cui sono materia: volti, paesaggi, gesti, situazioni, frammenti di
vita che scorre attorno al vino. Non è facile credere che fotografi provenienti da paesi tanto diversi per cultura e tradizioni abbiano saputo cogliere aspetti così svariati della medesima tradizione, da secoli consolidata nelle nostre terre, ma non così ovvia per altri. Tutti i fotografi che hanno contribuito alla
61
realizzazione di questo volume hanno dedicato il proprio lavoro a Helmut Newton, scomparso prima della pubblicazione.
UNO SGUARDO L’occhio scrutatore è di Mauro Vallinotto, dagli anni Sessanta fotoreporter inviato di note testate italiane, nonché attuale photo editor del settimanale Lo Specchio. Il suo racconto fotografico è quello di un insieme. Non un insieme qualunque: L’Insieme è un cerchio aperto di so-
62
lidarietà attivato da un qualificato gruppo di viticoltori piemontesi. Gianfranco Alessandria, Elio Altare, Beppe Caviola, Giuliano e Renato Corino, Federico Grasso, Mauro Molino, Giulio e Paolo Morando, Carlo e Lorenzo Revello, Mauro Veglio sono tutti nomi ben noti al pubblico degli appassionati (e intenditori) di vino. Insieme hanno trovato un modo diverso e particolare di essere viticoltori: intrecciando le proprie storie, legate da antica tradizione alle Langhe, a più
L’Insieme Il cerchio aperto, fotografie di Mauro Vallinotto; testi di Sergio Miravalle; Sorì Edizioni, 2004; via Roma 41a, 12040 Piobesi d’Alba CN (0173-619941, anche fax); cofanetto di dieci fascicoli di 16 pagine 23x29cm ciascuno, uno per ogni viticoltore ( Insieme a... Gianfranco Alessandria, Elio Altare, Beppe Caviola, Giuliano e Renato Corino, Federico Grasso, Mauro Molino, Giulio e Paolo Morando, Carlo e Lorenzo Revello, Mauro Veglio) più uno introduttivo.
tristi vicende internazionali. Ciascuno produce una propria interpretazione di un rosso da tavola L’Insieme, con etichetta comune (che distingue solo il nome del viticoltore), venduto in una cassetta comune. La terra e il proprio prodotto, curato da generazioni con la dedizione propria di chi conosce il valore e il rischio di lavorare con la natura e con le proprie sorprese, diventa protagonista di un progetto ambizioso e altruistico, portatore di valori solidali. Un progetto di enosolidarietà piccolo e concreto. Ogni anno, l’undici novembre, alla chiusura dell’anno agrario, una consistente parte dei ricavi viene destinata a esigenze diverse: un aiuto alla costruzione di un ospedale di Emergency, il salvataggio di un pezzo di terra della foresta amazzonica in Ecuador, un ponte di solidarietà per portare corrente elettrica a un villaggio della Bolivia o una scuola nei villaggi del Kenia. Anche questo è un modo nuovo di guardare i possibili futuri assetti delle produzioni mondiali, dove le regole del mercato non debbano necessariamente sovvertire le condizioni della vita. Mauro Vallinotto è stato acuto osservatore nello scorgere e dare visibilità a tutto ciò con l’eloquenza espressiva di fotografie da autore. Alessandra Alpegiani
PROFESSIONISTI PER L’IMMAGINE Unionfotomarket Unionfotomarket èè stato stato ilil primo primo cash cash & & carry carry fotografico fotografico in in Italia Italia e, e, forte forte dell’esperienza dell’esperienza acquisita acquisita ee dell’organizzazione dei suoi punti vendita, offre un’ampia disponibilità di tutti i migliori dell’organizzazione dei suoi punti vendita, offre un’ampia disponibilità di tutti i migliori marchi marchi fotografici, fotografici, video, video, digitali digitali ee della della telefonia. telefonia. Una Una rete rete di di informazioni, informazioni, servizi servizi ee pronta pronta assistenza, assistenza, strategie strategie commerciali commerciali d’avanguardia, d’avanguardia, iniziative iniziative promozionali promozionali uniche uniche nel settore: sono questi i capisaldi su cui si basa la leadership Unionfotomarket. nel settore: sono questi i capisaldi su cui si basa la leadership Unionfotomarket. www.unionfotomarket.com ● MILANO, tel. 02 39277.1 ● TORINO, tel. 011 2614911 ● GENOVA, tel. 010 513132 ● BERGAMO, tel. 035 256377 ● VERONA, tel. 045 8203740 ● BOLOGNA, tel. 051 6013572 ● ANCONA, tel. 071 7108658-9 ● UDINE, tel. 800.00.76.16
La forza dell’organizzazione.
GRAPHICArt Lodi
Un’immagine innovativa ma anche tradizionale, un’immagine unica ma organizzata e diversificata, un’immagine grande ma attenta alle più piccole esigenze, un’immagine per tutti ma anche esclusiva: la nostra immagine, la nostra forza... perché voi possiate realizzare e rendere indimenticabili le “vostre immagini”.
CASELLARIO PENTAX
S
Sistema tra i più nobili della storia evolutiva degli strumenti fotografici, quello Pentax, in origine Asahi Pentax, vanta una nota distintiva unica: nel 1952 è nato subito con costruzione reflex, in piena epoca di interpretazioni a telemetro (Asahiflex I: prima reflex 35mm giapponese). E soltanto reflex Pentax è rimasta per decenni, fino all’alba dell’indirizzo di mercato verso le compatte di largo consumo, segnando con le proprie soluzioni una luminosa epoca tecnologica. L’originario innesto a vite 42x1 degli obiettivi intercambiabili fu uno degli standard della fotografia reflex per tutti gli anni Sessanta, e lo stesso accadde, in tempi successivi, per la baionetta Pentax K, pure adottata da una identificata serie di altri produttori. Questa fantastica epopea è raccontata, in rigorosa sequenza cronologica, dal bravo Danilo Cecchi, che pubblica la storiografia Asahiflex & Asahi Pentax 1952-1975 per conto delle edizioni Il giardino del libro fotografico. Il sottotitolo Sistemi reflex a vite e prototipi rivela subito la sostanza della materia, affrontata con rara e fantastica competenza dall’autore, che certifica di essersi avvalso della preziosa collaborazione dell’italiano Asahi Optical Historical Club, l’attenta associazione che «promuove la conoscenza, l’utilizzo e la conservazione dei sistemi Asahiflex, Asahi Pentax e Pentax di tutti i formati fotografici» (e che ogni anno organizza un coinvolgente Pentax Day, che nella primavera 2005 approderà alla propria decima edizione; www.aohc.it). L’intervallo temporale del testo di Danilo Cecchi, 1952-1973, è significativo, perché concentra l’attenzione sulla lunga evoluzione delle reflex a vite, antecedenti quel passaggio all’innesto a baionetta Pentax K, che rappresenta una seconda fase produttiva, da affrontare e considerare in proprio. (Attenzione, però, che Danilo Cecchi ha già compilato una storiografia Pentax più allungata negli anni: Asahi Pentax and Pentax SRL
64
35mm cameras - 1952-1989, Hove Photo Books, 1990; in inglese). Ovviamente, come si conviene a ogni narrazione del tipo, l’attuale Asahiflex & Asahi Pentax 19521975 affronta e presenta la storia evolutiva per capitoli ordinatamente consequenziali. Si comincia con una sorta di preistoria, a partire dall’Asahi Kogaku (definizione originaria, adottata alla fondazione, nel 1919), per approdare alle Asahiflex che danno avvio alla interpretazione reflex 35mm sotto la guida di Saburo Matsumoto, uno dei più significativi personaggi della progettazione fotografica giapponese. A seguire, dopo gli anni di reflex senza esposimetro a lettura diretta attraverso l’obiettivo di ripresa (TTL), arriva l’era/epopea delle Spotmatic, efficaci dal punto di vista tecnico, quanto definite da un design di insuperata modernità ed eleganza (FOTOgraphia, giugno 1996). Riprendendo quanto espresso in apertura, la costruzione reflex Asahiflex del 1951-52 arriva in anni nei quali l’industria giapponese era ancorata alla costruzione a telemetro, derivata soprattutto dalle linee conduttrici Leica (Canon, sopra tutti) e Contax (Nikon; FOTOgraphia, maggio 1997).
Asahiflex & Asahi Pentax 1952-1975 - Sistemi reflex a vite e prototipi, di Danilo Cecchi in collaborazione con Asahi Optical Historical Club; Il giardino del libro fotografico, 2004; via Europa, Prima traversa 20, 84083 Castel San Giorgio SA (Casella Postale 36; 081-953136, fax 081-953136; www.ilgiardinodel librofotografico.it, info@ilgiardinodel librofotografico.it Asahi Optical Historical Club, via Badiali 138, 48100 Ravenna; www.aohc.it, info@aohc.it); 224 pagine 17x24cm; 35,00 euro.
A seguire, nella cavalcata storica di Danilo Cecchi non mancano le segnalazioni dei prototipi che non sono arrivati alla produzione (in particolare si torna a parlare dell’Asahi Pentax Metalica) e ci si sofferma anche sugli elementi complementari: obiettivi Takumar, Auto Takumar, Super Takumar e Super Multi Coated (SMC) Takumar e accessori del sistema reflex. Quindi, una identificata Seconda parte, curata dall’Asahi Optical Historical Club, è confezionata in proiezione collezionistica e di utilizzo. Qui si trovano la schematizzazione dei modelli in schede di facile consultazione, l’opportuna segnalazione dei primati Pentax raggiunti e conseguiti nel corso del tempo e segnalazioni attuali: dai centri di assistenza ai siti dedicati, dai Pentax Club alle Gallerie e ai Musei che offrono particolari passerelle privilegiate all’evoluzione storica del marchio. Indispensabile al “popolo Pentax”, che in Italia è consistente, anche se meno appariscente di altri (per esempio del “popolo Leica”), Asahiflex & Asahi Pentax 1952-1975 di Danilo Cecchi non può mancare nelle librerie personali di coloro i quali sanno guardare al passato non per sola nostalgia, ma per quel senso di comprensione della Storia, seppure di quella evolutiva della tecnologia fotografica, che rivela le sostanziose radici del presente. A.Bor.
Nel centro storico di Milano, a due passi dal Duomo, il piÚ grande negozio Canon d’Italia
MEMORIAL GIACOMELLI
S
Scomparso quattro anni fa, il 25 novembre 2000 a settantacinque anni, Mario Giacomelli proietta la propria opera fotografica oltre il Tempo. Inoltre, la sua personalità d’autore, così forte e ben considerata, sia dal pubblico sia dalla critica nazionale e internazionale, si allunga con una serie di iniziative che ne richiamano i valori portanti: graffiante e poetica visione di sogno. Per quanto i sogni, come si sa, non siano ripetibili, e dunque la fotografia di Mario Giacomelli resti inimitabile, non si può ignorare la sua influenza su una identificata fotografia contemporanea, italiana ma non soltanto. Con chiaro intento di non voler intaccare questa considerazione basilare, che -anziviene sottolineata, il Premio fotografico Memorial Mario Giacomelli è arrivato alla quarta edizione, che una volta ancora richiama i termini espressivi della personalità fotografica di questo grande e unico autore italiano. Organizzato dal Circolo Fotografico Sannita di Bene-
vento, il Memorial prevede due borse di studio: una di mille euro offerta dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Morcone e una seconda con il patrocinio dell’Università degli Studi del Sannio di Benevento. La giuria ha valutato una consistente serie di ricerche fotografiche su un unico tema, composte da quindici-venti immagini ciascuna, tutte contraddistinte da un’alta qualità formale e contenutistica, che riconferma l’indirizzo già delineato nelle edizioni precedenti. Nel proprio insieme, tutte opere che denotano una sensibilità spiccata nel riconoscere il valore intimo dell’espressione fotografica tracciata da Mario Giacomelli. Composta da Grazia Neri, titolare dell’omonima Agenzia, Gianni Berengo Gardin, fotografo, Roberto Mutti, critico, Maurizio Rebuzzini, direttore di FOTOgraphia, Luigi De Francesco, assessore alla Cultura del Comune di Morcone, e Cosimo Petretti, presidente del Circolo Fotografico Sanni-
ta, la giuria ha concentrato le proprie attenzioni sul portfolio di Angela Maria Antuono intitolato Farfanella. La narrazione è coinvolgente: con appropriato linguaggio visivo, una serie di immagini scattate tra il cortile e il portico di una casa rurale del Sud, racconta la Vita usando la fotografia come strumento di sublimazione del vissuto e come luogo eletto della conservazione della Memoria. Vince un’atmosfera intima ma senza sentimentalismi, in un percorso compositivo di grande forza. Con la raffigurazione (non priva di una certa ironia) del rapporto di amicizia tra un bimbo e una fanciulla, l’autrice Angela Maria Antuono richiama suggestioni derivanti dal passato, declinando un linguaggio e stile compositivo assolutamente contemporanei e vicini alle interpretazioni fotografiche di stile giacomelliano (come ormai si può dire). Inoltre, tra i lavori dei partecipanti al Memorial sono stati segnalati il work in progress di
Tim Hetherington, Blind Sight, progetto educativo multimediale e interattivo sul tema dei non vedenti, il reportage Farrington Night Commuters di Sthephen Blake, realizzato in un campo di accoglienza in Uganda, l’Etiopia di Antonella Monzoni e il Vietnam di Mattia Insolera. In conclusione, come già osservato, l’alto contenuto dei lavori fotografici indirizzati al Memorial denota un entusiasmo di fondo sempre vivo per l’opera di Mario Giacomelli, che induce parte dei linguaggi contemporanei a perseverare a esprimersi con i difficili codici espressivi di una rappresentazione fotografica unica. Annota Grazia Neri, presidente di giuria, «Vorremmo ricordare Mario Giacomelli premiando ogni anno e segnalando fotografi ricchi di talento e di utopie, che fotografano guardando il mondo con incanto, pietà, commozione, razionalità ma sempre rispettando la persona fotografata e chi guarderà le fotografie scattate». A.Alp.