FOTOgraphia 168 febbraio 2011

Page 1

Mensile, 6,50 euro, Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge il 27-02-2004, numero 46), articolo 1, comma 1 - DCB Milano

ANNO XVIII - NUMERO 168 - FEBBRAIO 2011

Lensbaby AUTOSFOCUS Paris Photo 2010 CON FOTOFEST


Non è venduta in edicola. Per averla hai una sola possibilitĂ : sottoscrivere l’abbonamento annuale. 12 numeri 65,00 euro

Abbonamento 2011 (nuovo o rinnovo) in omaggio 1839-2009

Dalla Relazione di Macedonio Melloni alla svolta di Akio Morita



prima di cominciare A PARLARE DI FOTOGRAFIA. Il Corriere della Sera è un nobile quotidiano italiano, che si pubblica da Milano, da ben oltre cento anni; per l’esattezza, dal 1876. Indipendentemente dalle sue vicende aziendali, che in attualità richiamiamo, su questo stesso numero, da pagina 15, è un quotidiano autorevole, che tra i suoi giornalisti ha annoverato e annovera firme e competenze di valore più che straordinario. Al minimo, è un quotidiano a respiro nazionale, che non si esaurisce nella sola città di pubblicazione, e che da tempo -come altri quotidiani altrettanto nazionali- si è differenziato con edizioni locali, arricchite di cronache geograficamente mirate. La fotografia, così la pensiamo noi, e molti altri la pensano alla stessa maniera, è una disciplina dai connotati forti, dalla personalità spiccata. Almeno questo. L’incontro tra Corriere della Sera, da una parte e per la propria parte, e la fotografia, dall’altra, dovrebbe produrre riflessioni e considerazioni di spessore, tali da arricchire chi, sempre noi tra questi, va alla ricerca disperata di parole qualificate e osservazioni di prestigio. Dovrebbe: abbiamo declinato correttamente. Se non che, a metà gennaio, le pagine milanesi del Corriere della Sera, quelle che danno visibilità a una cronaca sostanzialmente locale, si sono occupate di un commerciante della fotografia orientato nel solo collezionismo e antiquariato. Non importa di chi si tratti, perché un publiredazionale di questo tipo, impaginato su una intera facciata, fa comodo a chiunque e non si rifiuta mai: passerella privilegiata, con intuibili risvolti positivi nel proprio quotidiano. Piacevolmente colpiti dall’interessamento fotografico del quotidiano, incuriositi dal fatto che raramente la fotografia sollecita tante e tali premure, abbiamo cominciato a leggere, nella speranza di arricchire il nostro bagaglio individuale. Dopo poche righe, lo sconforto. Una volta ancora e una di più, a differenza di qualsivoglia argomento, la fotografia richiama soltanto banalità e piaggerie. Allora: viene sottolineato il fatto che il negoziante in questione (per se stesso incolpevole, lo ribadiamo) arriva in negozio prima dell’apertura, si intrattiene dopo l’orario di chiusura e la domenica è spesso nei locali, a saracinesche abbassate. Personalmente, conosco diversi negozianti di fotografia: tutti si comportano nell’identico modo. Lo stesso si faceva in un negozio di salumi e formaggi, nel quale fui coinvolto trent’anni fa: all’orario di apertura, tutta la merce era ben esposta, proprio perché chi di dovere aveva agito per tempo. Del concreto dell’attività fotografica e dei suoi risvolti, nulla. Insomma, la fotografia continua a non meritare attenzioni giornalistiche (e altro), altrove dedicate. Ci piaccia o meno, così è! Punto e basta.

4

La fotografia autentica è fatta dello stesso dolore o della stessa bellezza di cui sono fatti i sogni. Pino Bertelli; su questo numero, a pagina 65 Il fotografo (e scrittore di fotografia) possessore di visioni allargate ad altre discipline, apparentemente distanti, probabilmente estranee, è sicuramente avvantaggiato. Magari, non ne trarrà vantaggi concreti e tangibili, tradotti in redditività di impresa. Però, la differenza che queste conoscenze e competenze fanno nella sua vita è qualcosa di più, perché migliore, non pagabile, non acquistabile con altri sistemi che con la propria volontà e disponibilità. Maurizio Rebuzzini; su questo numero, a pagina 52

E qui, e ora, si impone la ripetizione di uno dei nostri motivi conduttori, tanti ne abbiamo. Via via richiamato a diverse visioni, tutte fotografiche, tutte rivolte nella stessa direzione: qualsiasi viaggio nella vita, se non fosse intrapreso per ragioni umane e con comprensione e amore, sarebbe un viaggio assolutamente inutile. Angelo Galantini; su questo numero, a pagina 37

Copertina In apparenza, un fiore. Nello specifico, un lilium. Avanti ancora, un fiore in bianconero. In approfondimento, una fotografia a foro stenopeico. Ma! Ma, in realtà, e nel concreto, ciò che rivela la fotografia: molto dell’autore, spesso tutto. Specchio fedele dell’animo, della serenità e della... bellezza di Danilo Pedruzzi. Ne riferiamo da pagina 22

3 Altri tempi (fotografici) Cartolina postale promozionale della pellicola fotografica Cappelli (ortocromatica), prodotta da Film: Fabbriche Riunite Prodotti Fotografici (Capelli-Ferrania). Eleganza di altri tempi, come certifica, testimoniandolo, l’annullo postale del 10 agosto 1938

7 Editoriale Video: parola d’ordine ormai irrinunciabile, declinata anche a partire da apparecchi fotografici, addirittura, soprattutto da questi, ormai. Siano compatte, siano reflex, non sono più tali se non consentono anche la videoripresa. E così, il gatto si morde la coda. Ma la coda è la sua!

8 Al PhotoShow 2011 Questa volta, dopo sei edizioni di volontaria assenza (indesiderati e sgraditi, sappiamo bene anche a chi, dal 2005, abbiamo tolto garbatamente il disturbo). Comunque, al solito, non stiamo zitti: che promozione grottesca! Ma chi vogliamo richiamare? Chi vogliamo avvicinare alla fotografia? Contenti loro...


FEBBRAIO 2011

R , RIFLESSIONI IFLESSIONI, OSSERVAZIONI E COMMENTI OSSERVAZIONI E COMMENTI SULLA FOTOGRAFIA SULLA FOTOGRAFIA

10 Notizie Attrezzature, vicende e altre segnalazioni

Anno XVIII - numero 168 - 6,50 euro DIRETTORE

RESPONSABILE

Maurizio Rebuzzini

12 Libertà di stampa

IMPAGINAZIONE

Dati e considerazioni dalla Relazione 2010 di Reporters sans Frontières, l’organizzazione che difende la libertà di stampa. L’Italia è messa così così

REDAZIONE

15 Ici Bla Bla Appunti e attualità della fotografia internazionale a cura di Lello Piazza

Maria Marasciuolo Angelo Galantini

FOTOGRAFIE Rouge

SEGRETERIA Maddalena Fasoli

HANNO

COLLABORATO

In apparenza e ufficialità, fotografie stenopeiche di Danilo Pedruzzi. Sottotraccia, tra i suoi tanti valori, la fotografia ne ha uno sovrastante: quello di rivelare molto dell’autore, spesso addirittura tutto. Dunque, in questo caso: specchio fedele del suo animo, della sua serenità, della sua... bellezza

Pino Bertelli Beppe Bolchi Antonio Bordoni Chiara Lualdi Danilo Pedruzzi Lello Piazza Franco Sergio Rebosio Ciro Rebuzzini Filippo Rebuzzini

32 Prezioso casellario

Redazione, Amministrazione, Abbonamenti: Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano; 02-66713604 www.FOTOgraphiaONLINE.it; graphia@tin.it.

22 Ciò che rivela la fotografia

La consistente monografia Fotografia. I maestri scandisce il corso degli eventi che hanno definito l’evoluzione del linguaggio fotografico, dalle origini. In abbinamento, anche un analogo L’uomo e la macchina di Angelo Galantini

38 Autosfocus! Arricchitosi di un versatile Tilt Transformer, il sistema ottico Lensbaby conferma la propria vocazione creativa di Antonio Bordoni

49 Rosso, giallo, blu (e nero) Avvincente e affascinante anastatica Taschen Verlag di una edizione vittoriana degli Elementi di Euclide. E la fotografia, cosa c’entra? C’entra, c’entra! Eccome! di Maurizio Rebuzzini

54 Parigi capitale Osservazioni e riflessioni da Paris Photo 2010 di Beppe Bolchi

● FOTOgraphia è venduta in abbonamento. ● FOTOgraphia è una pubblicazione mensile di Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano. Registrazione del Tribunale di Milano numero 174 del Primo aprile 1994. Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge il 27-02-2004, numero 46), articolo 1, comma 1 - DCB Milano. ● A garanzia degli abbonati, nel caso la pubblicazione sia pervenuta in spedizione gratuita o a pagamento, l’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e in suo possesso, fatto diritto, in ogni caso, per l’interessato di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi della legge 675/96. ● FOTOgraphia Abbonamento 12 numeri 65,00 euro. Abbonamento annuale per l’estero, via ordinaria 130,00 euro; via aerea: Europa 150,00 euro, America, Asia, Africa 200,00 euro, gli altri paesi 230,00 euro. Versamenti: assegno bancario non trasferibile intestato a Graphia srl Milano; vaglia postale a Graphia srl - PT Milano Isola; su Ccp n. 28219202 intestato a Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano; addebiti su carte di credito CartaSì, Visa, MasterCard. ● Nessuna maggiorazione è applicata per i numeri arretrati. ● È consentita la riproduzione di testi e fotografie, magari citando la fonte (ma non è indispensabile, né obbligatorio farlo). ● Manoscritti e fotografie non richiesti non saranno restituiti; l’Editore non è responsabile di eventuali danneggiamenti o smarrimenti. Fotocomposizione DTP e selezioni litografiche: Rouge, Milano Stampa: Arti Grafiche Salea, Milano

Rivista associata a TIPA

60 Una opinione forte Dopo Paris Photo 2010, anche FotoFest Paris 2010 di Beppe Bolchi

65 Manuel Álvarez Bravo Sguardi sulla fotografia della tenerezza e della grazia di Pino Bertelli

www.tipa.com

5



editoriale V

enti nuovi stanno soffiando nel mondo della tecnica fotografica contemporanea. Venti che imporrebbero considerazioni e valutazioni che dovrebbero andare oltre la sola e semplice annotazione di caratteristiche e prestazioni. Per quanto i valori sovrastanti, quelli finalizzati alla qualità delle singole prestazioni (a partire dalla risoluzione e gestione dei file acquisiti), siano assolutamente determinanti e discriminanti, c’è qualcosa di più, perché assolutamente diverso e innovativo, che si manifesta sottotraccia, che imporrebbe (impone) considerazioni in avanti e di lato. In definitiva, la base filosofica, se vogliamo considerarla in questo modo altisonante, è sempre la stessa: riguarda quel sottile filo che collega, unendole e definendole, ciascuna per sé, la tecnica alla creatività, la tecnica all’espressione. Da cui, in ulteriore allungo, l’espressione alle personalità del mestiere e alle proiezioni sulla società. Il rapporto non è mai statico, ma straordinariamente dinamico, con immutato percorso in avanti e indietro, lungo una via a doppio senso: da-a, senza alcuna soluzione di continuità. Detto questo, le reflex dell’ultima generazione offrono ormai tutte la consistente possibilità di registrazione video, addirittura in Full-HD. Questa utilità è inclusa anche in una miriade di compatte, forse in tutte. Nelle intenzioni non professionali, la ripresa video si sostituisce agli orrendi filmini familiari di tutti i tempi. Invece, e a sostanziosa differenza, in chiave professionale, questa opzione annulla la ripresa video con telecamere ufficialmente preposte. Incluso nelle caratteristiche di impiego delle reflex di origine fotografica, il video offre qualità addirittura maggiori, a fronte di impiego di sensori di prestazioni consistenti, processori di elaborazione perspicaci e obiettivi di qualità (formale) eccellente. Ecco qui la questione: il professionismo di settore sta acquistando e utilizzando reflex di origine fotografica. Addirittura, da ridere?, alcuni operatori del video neanche prendono in considerazione che queste reflex... scattino fotografie... sarebbero nate proprio per questo. Ora, la conclusione. Sì, possiamo essere soddisfatti questa evoluzione. Nella consapevolezza che il fotogiornalismo dei nostri giorni si accompagna anche con filmati trasmessi soprattutto in Rete, la proposta originaria di offrire ai fotogiornalisti la possibilità di registrare anche video ha superato i propri confini di partenza, per proiettarsi arditamente nel mondo video. Sì, ne siamo soddisfatti; ma anche preoccupati. Infatti, la precipitosa corsa tecnologica in avanti, che risolve molto a costi di vendita risibili, impoverisce l’industria produttrice, privandola di quei (legittimi) guadagni da investire in ricerca e sviluppo. Così che, non ci stupiamo che i volumi di vendita in crescita si accompagnino con redditività in riduzione e con conseguenti indebolimenti di tutta la filiera. Le comodità del presente esprimono i termini di uno svilimento commerciale, e dunque industriale, nel tempo. Maurizio Rebuzzini

Nel 1913 (altre fonti, dicono nel 1914), e ormai sono passati quasi cento anni, per realizzare il suo involucro portapellicola, che oggi conteggiamo come UR-Leica, Leica originaria, Oskar Barnack impiegò pellicola cinematografica 35mm. Da cui, dal 1925, nacque la Leica I, che fu preceduta da una Leica 0 (Nullserie), di trentuno prototipi operativi destinati alle prove sul campo. Qui visualizziamo la replica Leica 0 Prototyp 2, del 2004, coniata nel centoventicinquesimo dalla nascita di Oskar Barnack (1879-2004) [ FOTOgraphia, luglio 2004], che si accompagna con una fotografia scattata dallo stesso inventore: alluvione a Wetzlar, del 1920. Oggi, a distanza di un secolo, la fotografia incrocia ancora le proprie strade tecniche e tecnologiche con la ripresa cinematografica: le reflex di ultima generazione offrono tutte la registrazione video. Considerazioni in consecuzione.

7


Parliamone di Maurizio Rebuzzini

AL PHOTOSHOW 2011

D

Dal 2005, manchiamo dal Photo Show, la manifestazione fieristica della fotografia commerciale italiana, che si svolge ad anni alterni a Milano e Roma, rispettivamente negli anni dispari e pari. Abbiamo disertato la fiera per mille motivi, tutti personali, tutti legati a un modo di intendere la presentazione della fotografia che ci pare quantomeno grottesco, e che comunque non condividiamo. Nessuna polemica, sia chiarito subito, ma il rispetto sempre e comunque- delle opinioni altrui. Ma anche della nostra. Personalmente, pensiamo che i tempi che scorrono, segnando le epoche, tracciando strade e indicando percorsi, anche soltanto tecnologici, comportino altrettanti adeguamenti coerenti e allineati. Nello spirito di un giornalismo propositivo e di approfondimento, ne ho riferito, commentando, nella lunga e articolata riflessione Alla Photokina e ritorno, pubblicata alla fine del 2008, al rientro, per l’appunto, dal più significativo e consistente appuntamento fieristico internazionale della fotografia, con richiami e riferimenti che non si sono certo limitati, né esauriti, con il solo svolgimento della stessa Photokina. Se serve richiamarla, una annotazione è assolutamente indispensabile. Fatti salvi pochi riferimenti temporali, tecnici e di altre date, all’indomani della più recente Photokina 2010, edizione successiva a quella 2008 ispiratrice del saggio appena ricordato, quel testo è ancora immancabilmente di attualità. Senza alcuna autoreferenza (autoreferenzialità), ma con lucida onestà, ne consiglio vivamente la rilettura, ne vale la pena, soprattutto se, quando e per quanto si vive con intensità (o professione) la fotografia. Io l’ho riletto due volte: una, prima di partire per Colonia; e un’altra ancora, subito dopo avervi soggiornato per la settimana della Photokina, dal venti al ventisei settembre scorsi. Immancabilmente, spunti utili e proficui sia al comparto tecnico-commerciale sia al mondo della fotografia espressiva

8

e creativa, che si sono ripetuti, in conferma, nella relazione giornalistica d’attualità, pubblicata sul nostro numero dello scorso novembre. Dove sta il succo dell’intera questione, dal quale sarebbe opportuno e saggio ricavare indicazioni utili e proficue? Nel fatto che, considerate le trasformazioni tecnologiche e le at-

Al solito, non stiamo zitti. Avendo qualcosa da dire, lo diciamo esplicitamente. Indipendentemente dalla nostra adesione al PhotoShow 2011 (ritorno, dopo sei assenze, dal 2005: indesiderati e sgraditi a qualcuno -sappiamo bene a chi-, abbiamo tolto garbatamente il disturbo) e nel rispetto dell’operato altrui, che ci definisce e caratterizza, siamo perplessi sull’annuncio della fiera, che visualizza un cane San Bernardo con macchina fotografica al collo. La combinazione ci è chiara, e intuiamo perfino l’abbinamento all’headline La fotografia salva i ricordi (sulla cui declinazione avremmo pure da dire qualcosa d’altro). Nello specifico, ci sconcertano almeno due vicende, almeno due: la scelta di una Diana con flash (della quale sappiamo tutto, non soltanto molto), certamente equidistante da ogni marchio “reale” della fotografia, ma assai poco “ricordo”; e l’insieme dell’annuncio, che ha nulla di fotografico, nell’autentico termine. Comunque, contenti loro, contenti tutti. O no?

tuali modalità di informazione tecnica, da tempo, la Photokina ha un rapporto relativo con le novità che i produttori annunciano e presentano, pur offrendosi come straordinaria fiera commerciale di settore. Così che, in un tempo nel quale la tecnica fotografica è un divenire continuo e inarrestabile, è più che grottesco circoscrivere ancora e limitare a questo il valore di una fiera. Ripeto, ribadisco e concludo: la Photokina è oggi l’espressione più chiara, trasparente e concreta di tutti questi intrecci, legami e collegamenti. Photokina non sono i soli strumenti della fotografia. Alla Photokina e con la Photokina, l’intero mercato della fotografia manifesta spiriti e filosofie trasversali, da decifrare per allineare e finalizzare ogni personalità commerciale quotidiana; anche quelle giornalistiche, sia chiaro. Tutto all’opposto, l’italiano Photo Show ripete pedissequamente una formula fieristica del passato remoto, nello specifico ereditata dall’originario Sicof (Salone Internazionale Cine Foto Ottica e Audiovisivi), che Roberto Pinna Berchet fece nascere nel 1969. In un altro tempo, che non quello attuale, il Sicof ebbe successo in relazione a un clima estremamente diverso da quello odierno. Così che, eccoci, il nostro esilio volontario dai PhotoShow successivi al 2005; tra l’altro, personalmente sgraditi ad alcune componenti del mercato (niente nomi, per cortesia), abbiamo tolto garbatamente il disturbo. Ora, dal venticinque al ventotto marzo, torniamo al PhotoShow, di Milano, presentandoci alla nostra maniera: non passiva, ma attiva; non supina, ma propositiva. Nello specifico, oltre l’accoglienza conviviale al nostro stand, pubblichiamo una edizione speciale di aprile, che intende sollecitare considerazioni, riflessioni e parole. Diciamola soltanto così: non sarà possibile ignorarla. Ovviamente, ci saranno dissensi e consensi, distribuiti in parti proporzionali (o sproporzionate). Ma niente silenzio. ❖



Notizie a cura di Antonio Bordoni

OTTIMALE. Sinar eShutter: otturatore elettronico, che definisce nuovi standard. Un microprocessore integrato nel Sinar eShutter garantisce la massima precisione e fornisce tempi di otturazione fino a 1/250 di secondo. Una caratteristica unica riguarda la tecnologia a sette lamelle, che si traduce in regolazioni del diaframma quasi circolare. Compatto e flessibile è utilizzabile su ogni piastra porta obiettivo, anche quelle di dimensioni oggettivamente contenute; diametro allineato con la classe “0” degli otturatori centrali meccanici della fotografia grande formato.

Tramite interfaccia USB, il controllo e il funzionamento del Sinar eShutter sono regolabili da computer Macintosh e Windows. Regolazioni intuitive mediante up-to-date e strumenti di comunicazione, come iPhone, iPad e iPod Touch. (Mafer, via Brocchi 22, 20131 Milano).

Portra 400NC e 400VC, ed è disponibile nei formati 135, 120/220 e pellicola piana 4x5 pollici. (Kodak, viale Matteotti 62, 20092 Cinisello Balsamo MI).

EDIZIONE LIMITATA. Ancora una Leica speciale, in raffinato conio, come quelle che l’hanno preceduta nella lunga storia di Leica celebrative. Ancora e anche in epoca digitale. La versione/finitura Leica M9 Titanium è stata disegnata da Walter de’Silva, capo designer del gruppo Volkswagen. È una edizione speciale e unica, con una nuova interpretazione dei tratti caratteristici degli apparecchi a telemetro Leica M, che accosta assieme la meccanica di precisione, uno stile unico e il titanio, per definire uno straordinario disegno formale. Ne risulta un oggetto di pregio, esclusivo come pochi, particolarmente desiderabile sia per gli appassionati Leica sia per chi segue la storia evolutiva del design. Edizione limitata a cinquecento esemplari, confezionata in set con il Leica Summilux-M 35mm f/1,4 Asph, altrettanto in titanio. È altresì prevista una custodia a fondina, da spalla, nella stessa pelle delle più esclusive Audi. (Polyphoto, via Cesare Pavese 11-13, 20090 Opera Zerbo MI).

STANDARD IN MEDIO. Pro-

NEGATIVO COLORE. Incredibile, ma vero. Kodak propone una nuova pellicola a colori, la Professional Portra 400, che si propone come l’emulsione con la struttura di grana più fine alla sensibilità di 400 Iso del negativo colore. La nuova pellicola incorpora la tecnologia Kodak Vision Film, incrementata nelle sensibilizzazioni al ciano e magenta. In traduzione: tonalità naturali dell’incarnato e eccellente riproduzione dei colori. La nuova emulsione sostituisce le precedenti

10

sibilità, aggiungendo una più ampia gamma di impostazioni. Il firmware di ampliamento delle funzioni e le relative istruzioni di uso possono essere scaricati gratuitamente dal sito di Ricoh: http://www.ricohpmmc.com/ uk/support/download/Drivers.asp. La Release 3 prevede l’aggiunta del Contrasto elevato B&N, del Trattamento incrociato, che attiva modalità simili alla tecnica fotografica del cross processing, della funzione Rapporto di ingrandimento su schermo (MF), per passare a un rapporto di ingrandimento di 4:1 (attualmente 2:1), per la visualizzazione su schermo quando si utilizza la messa a fuoco manuale, della funzione di eliminazione delle impostazioni personali e della funzione di inizializzazione delle impostazioni personalizzate dei tasti. (M.Trading, via Cesare Pavese 31, 20090 Opera Zerbo MI).

FIRMWARE GR DIGITAL III. Gli aggiornamenti consentono ai clienti possessori della compatta Ricoh GR Digital III di riqualificare il firmware e aggiungere le funzioni più recenti, potendo quindi godere di prestazioni superiori e maggiore fles-

gettato per l’impiego con le reflex digitali medio formato, lo standard a focale fissa SMC PentaxD FA 645 55mm f/2,8 AL[IF] SDM AW inaugura la nuova serie di obiettivi SMC Pentax-D FA 645. Non soltanto adotta un nuovo schema ottico, finalizzato per l’acquisizione digitale di qualità, ma fornisce anche la piena copertura del campo immagine delle reflex a pellicola del sistema 645. Grazie all’impiego di elementi ottici asferici ibridi, il nuovo SMC Pentax-D FA 645 55mm f/2,8

AL[IF] SDM AW (focale equivalente al grandangolare 35mm della fotografia 24x36mm, inevitabile riferimento d’obbligo) offre un eccezionale potere risolvente, con una straordinaria distribuzione della luce fino ai bordi del fotogramma/sensore, compensando anche le aberrazioni ottiche residue, per contenerle entro livelli minimi. Tutte le caratteristiche dell’obiettivo sono indirizzate all’assolvimento della fotografia digitale: per esempio, il flare e le immagini fantasma sono combattuti nel modo più efficace applicando trattamenti esclusivi agli elementi ottici e adottando materiali antiriflettenti all’interno del barilotto. (Fowa, via Tabacchi 29, 10132 Torino).

E (ANCORA) 5. Al top di gamma, la reflex professionale Olympus E-5, evoluzione consequenziale della premiata E-3. Corpo macchina in lega di magnesio a tenuta di polvere e spruzzi, in interpretazione tecnica QuattroTerzi con processore di immagine potenziato, in grado di fornire prestazioni al massimo livello. Insieme all’apprezzato sistema di obiettivi Zuiko Digital, il nuovo sensore High Speed Live MOS da 12,3 Megapixel e il processore TruePic V, con tecnologia Fine Detail Processing, acquisiscono immagini dettagliate e nitide. La Olympus E-5 propone nuovi standard di affidabilità, velocità e creatività. In aggiunta all’esclusivo sistema antipolvere Olympus Supersonic Wave Filter, dispone di un monitor LCD VGA orientabile da tre pollici, tempo di otturazione più rapido pari a 1/8000 di secondo, con sequenze a cinque fotogrammi al secondo, sensibilità fino a 6400 Iso equivalenti, filmati HD, flash wireless e dieci Art Filter. (Polyphoto, via Cesare Pavese 11-13, 20090 Opera Zerbo MI). ❖



Attorno a noi di Lello Piazza

S

LIBERTÀ DI STAMPA

Sulla pagina accanto, riportiamo la classifica, definiamola così, dei paesi del mondo, stilata secondo la libertà di stampa. La riprendiamo dalla Relazione 2010 di Reporters sans Frontières, l’organizzazione internazionale che ha come obiettivo (appunto) la difesa della libertà di stampa; chi fosse interessato a controllare come vengono attribuiti i parametri di questa classifica trova il documento esplicativo all’indirizzo web http://en.rsf.org/press-freedom-index-2010,1034.html. Una ulteriore sintesi è visualizzata nella mappa pubblicata qui accanto. L’Italia è stabile al quarantanovesimo posto, dopo Papua Nuova Guinea, Francia, Cipro, Taiwan e Burkina Faso, tanto per citare chi ci precede di qualche lunghezza, ma ben prima delle Maldive, della Romania e del Paraguay, che ci seguono di

Sintesi visiva della libertà di stampa nel mondo, con evidenziazioni a tinte forti dei paesi meno tolleranti nei confronti dell’informazione giornalistica: l’Italia è messa così così.

Album fotografici realizzati a sostegno di Reporters sans Frontières: fotogiornalismo senza soluzione di continuità. In attualità di pubblicazione, sono distribuiti nelle librerie ed edicole italiane da Intercontinental (via Veracini 9, 20124 Milano; www.intercontinental.it). Nel proprio insieme, sono ordinabili in Rete: http://en.rsf.org/ buy-the-photographybooks-05-062009,33282.html.

12

qualche punto. Oltre questo, in sintesi, ecco i numeri tragici del 2010, relativi a tutto il mondo. Cinquantuno reporter rapiti; erano stati trentatré nel 2009, per un incremento del cinquantacinque percento (+55%). Cinquantasette i giornalisti uccisi, contro i settantasei dell’anno precedente, con un calo sostanzioso del venticinque percento (-25%). Reporters sans Frontières (Rsf) sottolinea che, nonostante la diminuzione degli omicidi, il fenomeno più preoccupante rimane quello dei ra-

pimenti. Lì pescano organizzazioni criminali e governative di tutti i tipi: gruppi armati, gruppi religiosi a vario titolo, mafiosi, servizi segreti e polizie degli stati dittatoriali. Presentando il rapporto annuale dell’organizzazione umanitaria, il segretario generale di Rsf, Jean François Julliard, ha dichiarato che «I professionisti dei mezzi di comunicazione sono soprattutto vittime dei criminali e di trafficanti di ogni genere. Nel mondo, le mafie e le milizie sono i principali assassini di gior-


Attorno a noi Libertà di stampa nel mondo Paese 1 Finlandia Islanda Olanda Norvegia Svezia Svizzera 7 Austria 8 Nuova Zelanda 9 Estonia Irlanda 11 Danimarca Giappone Lituania 14 Belgio Lussemburgo Malta 17 Germania 18 Australia 19 Regno Unito 20 Stati Uniti d’America 21 Canada Namibia 23 Repubblica Ceca Ungheria 25 Giamaica 26 Capo Verde Ghana Mali 29 Costa Rica 30 Lettonia Trinidad e Tobago 32 Polonia 33 Cile 34 Hong Kong 35 Slovacchia Suriname 37 Uruguay 38 Sudafrica 39 Spagna 40 Portogallo 41 Tanzania 42 Papua Nuova Guinea Corea del Sud 44 Francia 45 Cipro 46 Slovenia 47 Bosnia-Erzegovina 48 Taiwan 49 Burkina Faso Italia 51 El Salvador 52 Maldive Romania 54 Paraguay 55 Argentina 56 Haiti 57 Stati dei Caraibi Orientali 58 Brasile 59 Guyana 60 Togo

Valutazione 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,50 1,50 2,00 2,00 2,50 2,50 2,50 4,00 4,00 4,00 4,25 5,38 6,00 6,75 7,00 7,00 7,50 7,50 7,67 8,00 8,00 8,00 8,08 8,50 8,50 8,88 10,50 10,75 11,50 11,50 11,75 12,00 12,25 12,36 13,00 13,33 13,33 13,38 13,40 13,44 13,50 14,50 15,00 15,00 15,83 16,00 16,00 16,25 16,35 16,38 16,50 16,60 16,63 17,00

Sul 2009 Uguale In ascesa In ascesa Uguale Uguale In ascesa In ascesa In ascesa In discesa In discesa In forte discesa In ascesa In discesa In discesa In ascesa In discesa In ascesa In discesa In ascesa Uguale In discesa In forte ascesa In ascesa In ascesa In discesa In forte ascesa In ascesa In ascesa In ascesa In forte discesa In discesa In ascesa In ascesa In forte ascesa In ascesa In ascesa In discesa In discesa In ascesa In forte discesa In forte ascesa In forte ascesa In forte ascesa In discesa In forte discesa In discesa In discesa In forte ascesa In ascesa Uguale In forte ascesa In discesa In discesa Uguale In discesa In ascesa Nuovo In forte ascesa In forte discesa In ascesa

nalisti. In futuro, la sfida sarà quella di frenare questo fenomeno. Le autorità hanno una responsabilità diretta nella lotta contro l’impunità che circonda questi crimini. Se i governi non fanno tutto il possibile per castigare gli assassini, diventeranno loro complici». Dal punto di vista degli omicidi

Paese 61 Cipro (Nord) 62 Botswana Croazia 64 Bhutan 65 Mauritius Seychelles 67 Guinea-Bissau 68 Macedonia 69 Repubblica Centro Africana 70 Benin Bulgaria Comore Grecia Kenya 75 Moldavia 76 Mongolia 77 Guatemala 78 Libano 79 Malawi 80 Albania 81 Panama 82 Zambia 83 Nicaragua 84 Liberia 85 Serbia 86 Israele 87 Kuwait Tonga Emirati Arabi Uniti 90 Lesoto 91 Sierra Leone 92 Kosovo 93 Senegal Timor-Leste 95 Mauritania 96 Uganda 97 Repubblica Dominicana 98 Mozambico 99 Georgia Usa (territori extra) 101 Armenia Ecuador 103 Bolivia 104 Angola Montenegro Niger 107 Gabon 108 Burundi 109 Peru 110 Djibouti 111 Samoa 112 Ciad 113 Guinea 114 Congo 115 Tagikistan 116 Madagascar 117 Indonesia 118 Costa d’Avorio 119 Nepal 120 Giordania

Valutazione 17,25 17,50 17,50 17,75 18,00 18,00 18,25 18,40 18,50 19,00 19,00 19,00 19,00 19,00 19,13 19,42 20,25 20,50 21,00 21,50 21,83 22,00 22,33 22,50 23,00 23,25 23,75 23,75 23,75 24,00 24,25 24,83 25,00 25,00 25,38 25,50 26,13 26,50 27,00 27,00 27,50 27,50 28,13 28,50 28,50 28,50 28,75 28,88 30,00 30,50 33,00 33,17 33,50 33,60 34,50 34,88 35,83 36,00 36,38 37,00

commessi, i paesi peggiori sono Pakistan e Messico, con undici morti, e Iraq (dopo la dipartita dell’esercito statunitense), con sette. Infine, Rsf segnala che anche nelle democrazie occidentali sono in atto tentativi per ridurre la libertà di informazione online. In favore dell’organizzazione Rsf,

Sul 2009 In forte discesa Uguale In forte ascesa In ascesa In forte discesa In ascesa In forte ascesa In forte discesa In forte ascesa In ascesa In discesa In forte ascesa In forte discesa In forte ascesa In forte ascesa In forte ascesa In forte ascesa In forte discesa In forte discesa In ascesa In forte discesa In forte ascesa In discesa In forte discesa In forte discesa In ascesa In forte discesa Nuovo In discesa In ascesa In forte ascesa In forte discesa In discesa In forte discesa In ascesa In forte discesa In ascesa In forte discesa In forte discesa In ascesa In forte ascesa In forte discesa In discesa In forte ascesa In forte discesa In forte ascesa In forte ascesa In discesa In forte discesa Uguale Nuovo In forte ascesa In forte discesa In ascesa In discesa In forte ascesa In forte discesa In forte discesa In discesa In discesa

121 122 123 124 125 126 127 128 129 130 131 132 133 135 136 138 139 140 141 142 143 144 145 147 148 149 150 151 152 153 154 155 156 157 158 159 160 161 162 163 164 165 166 167 168 169 170 171 172 173 174 175 176 177 178

Dalla Relazione 2010 di Reporters sans Frontières, classifica, definiamola così, dei paesi del mondo, stilata secondo la libertà di stampa.

Paese Valutazione Qatar 38,00 India 38,75 Zimbabwe 39,50 Oman 40,25 Gambia 40,50 Bangladesh 42,50 Egitto 43,33 Cambogia 43,83 Camerun 44,30 Iraq 45,58 Ucraina 46,83 Israele (territori extra) 47,00 Algeria 47,33 47,33 Venezuela Marocco 47,40 Messico 47,50 47,50 Singapore Turchia 49,25 Etiopia 49,38 Russia 49,90 Malesia 50,75 Brunei 51,00 Honduras 51,13 Bahrein 51,38 Colombia 51,50 51,50 Nigeria Afghanistan 51,67 Repubblica Democratica del Congo 51,83 Fiji 52,75 Territori Palestinesi 56,13 Pakistan 56,17 Azerbaigian 56,38 Thailandia 56,83 Bielorussia 57,00 Swaziland 57,50 Filippine 60,00 Arabia Saudita 61,50 Sri Lanka 62,50 Kirghizistan 63,00 Libia 63,50 Somalia 66,00 Kazakistan 68,50 Uzbekistan 71,50 Tunisia 72,50 Vietnam 75,75 Cuba 78,00 Guinea Equatoriale 79,00 Laos 80,50 Ruanda 81,00 Yemen 82,13 Repubblica Popolare Cinese 84,67 Sudan 85,33 Siria 91,50 Burma 94,50 Iran 94,56 Turkmenistan 95,33 Corea del Nord 104,75 Eritrea 105,00

Sul 2009 In forte discesa In forte discesa In forte ascesa In forte discesa In forte ascesa In discesa In forte ascesa In forte discesa In forte discesa In forte ascesa In forte discesa In forte ascesa In ascesa In discesa In discesa In ascesa In discesa In forte discesa In ascesa In forte ascesa In forte discesa In forte ascesa In forte discesa In forte discesa In forte discesa In forte discesa In ascesa In discesa In ascesa In forte ascesa In ascesa In discesa In forte discesa In discesa In forte discesa In forte discesa In ascesa In ascesa In forte discesa In discesa In ascesa In forte discesa In discesa In forte discesa In ascesa In ascesa In discesa In ascesa In forte discesa In discesa In discesa In forte discesa In discesa In discesa In discesa In discesa In discesa In discesa

molti fotografi hanno offerto gratuitamente le proprie immagini, con le quali sono stati realizzati album fotografici distribuiti nelle librerie ed edicole italiane da Intercontinental (via Veracini 9, 20124 Milano; www.intercontinental.it); oppure ordinabili a http://en.rsf. org/buy-the-photography-books-05❖ 06-2009,33282.html.

13



Ici Bla Bla a cura di Lello Piazza

COSA SUCCEDE A RCS MEDIAGROUP? Il diciassette dicembre, il

Questa rubrica riporta notizie che sono appartenute alla cronaca. Però, nel loro richiamo e riferimento molti motivi ci impediscono di essere tempestivi quanto la cronaca richiederebbe. Ciononostante riteniamo giusto proporle, perché siamo convinti che non abbiano perso la propria attualità, e continuino a offrire spunti di riflessione.

KODACHROME: ULTIMI SCAMPOLI. Come commemorato da FOTOgraphia, dello scorso dicembre, e ribadito in FOTOgraphiaONLINE, sulla cui homepage un contatore a ritroso ha conteggiato il tempo rimanente, la pellicola Kodachrome ha concluso il proprio iter fotografico. Dwayne’s Photo, di Parson, in Kansas, Stati Uniti, ultimo laboratorio autorizzato ad accettare rullini Kodachrome per lo sviluppo [e per questo evocato nel video-parodia elaborato sulla base di La Caduta - Gli ultimi giorni di Hitler; FOTOgraphia, ottobre 2009], lo ha segnalato sul suo sito (www.dwaynesphoto.com), lanciando contemporaneamente una T-shirt commemorativa da acquistare per dodici dollari e novantacinque centesimi [a destra].

T-shirt commemorativa del Kodachrome, realizzata da Dwayne’s Photo, di Parson, Kansas, Stati Uniti.

A VOLTE, L’ANORESSIA TI PORTA VIA. In FOTOgraphia del novem-

Isabelle Caro, la modella che ha posato per la campagna contro l’anoressia, realizzata da Oliviero Toscani, tre anni fa, è mancata il diciassette novembre, a Tokyo; se ne è avuta notizia solo il ventinove dicembre.

Angelo Mereu

bre 2007 abbiamo riferito di una campagna fotografica shock di Oliviero Toscani contro i regimi alimentari ai quali sono costrette a sottoporsi le modelle. Enormi e toccanti, le immagini dell’affissione hanno tappezzato Milano [qui sotto]. La campagna era stata presentata anche da Vanity Fair, con un servizio di sei pagine. Per Oliviero Toscani, aveva posato Isabelle Caro, una modella che, svelando coraggiosamente la propria nudità, mostrava i terribili segni che l’anoressia lascia sul corpo delle sue vittime. Isabelle Caro è mancata il diciassette novembre, a Tokyo; se ne è avuta notizia solo il ventinove dicembre.

Corriere della Sera ha pubblicato un comunicato del Comitato di Redazione che stigmatizza la drammatica situazione finanziaria che sta vivendo il gruppo, che controlla, oltre il celebre quotidiano, la Rizzoli Libri e tante altre iniziative editoriali. Ad andare male non è certamente il quotidiano, che continua a essere, con la Gazzetta dello Sport, una macchina da soldi, ma il gruppo nel proprio complesso. Nel comunicato del Cdr (che riportiamo integralmente qui a seguire) si legge che fino al momento dell’acquisto di alcune realtà editoriali spagnole, nell’aprile 2007, la situazione finanziaria del gruppo italiano era in attivo per 5,7 milioni di euro. Con quell’acquisto, il credito si è trasformato in un debito di 1076,6 milioni di euro (avete letto bene, più di mille milioni di euro!) e, a settembre 2010, rimane di 1035,3 milioni. Sembra una delle comuni storie di investimenti sbagliati di una delle tante aziende che vanno male. Ma si debbono esaminare le solite conseguenze importanti. Che elenchiamo. Uno. Si cercano di scaricare sui giornalisti e sugli altri dipendenti del gruppo gli effetti di scelte, apparentemente inspiegabili e molto penalizzanti per l’azienda, frutto delle decisioni di un amministratore delegato, Antonello Perricone, e del suo Consiglio di amministrazione. Due. È fuori di dubbio che una situazione finanziaria come quella della quale soffre Rcs rappresenta un’arma di ricatto nei confronti dei lavoratori: da tempo, vediamo questo tipo di ricatto materializzarsi in moltissime realtà imprenditoriali italiane. Tre. L’operato di Antonello Perricone e del suo Cda rientra in una di quelle numerose situazioni nelle quali l’incompetenza sembra prevalere sulla professionalità. Quattro. In ogni azienda, l’incompetenza dei vertici rischia di creare una reazione a catena nelle maestranze: vertici incompetenti (e più in generale potere incompetente) richiede che la composizione della piramide che regge il vertice sia composta da altrettanti incompetenti, legati al vertice da una specie di patto tribale. L’incompetente capo si

circonda di incompetenti sottoposti, che devono a lui e a lui soltanto le proprie possibilità di lavoro: non alla loro (inesistente) professionalità, dunque, ma alla fedeltà al capo. Nel caso delle case editrici, e più in generale dell’informazione, non vengono però prodotti, che so?, bulloni difettosi, ma è l’informazione che non vale niente o che, più probabilmente, è al servizio del capo e dei suoi amici. Per questo, un assalto di incompetenti a una casa editrice potrebbe nascondere un più vasto programma. Elaborate voi le riflessioni che volete. Tenete comunque presente che nel Cda, oltre ad Antonello Perricone, sono presenti, tra gli altri, i nomi di Luca Cordero di Montezemolo, Diego Della Valle, Cesare Geronzi, Marco Tronchetti Provera. Prima di riflettere, vi invito a leggere il comunicato del Cdr in versione integrale. Eccolo. I giornalisti del Corriere della Sera, che sempre hanno continuato con più lavoro, più impegno e più sacrifici a produrre un quotidiano competitivo (oltre che utili), restano al tavolo della trattativa fermi su questi presupposti e non più disponibili a pagare per responsabilità che non hanno. Oggi la Rcs Mediagroup presenterà il suo Piano strategico 20112013. In vista di questo appuntamento, i giornalisti del Corriere della Sera sottolineano quanto segue: 1) Da novembre 2009, la redazione sta pagando le pesanti conseguenze di uno stato di crisi causato prevalentemente da investimenti aziendali sbagliati. Nell’aprile 2007, Rcs Mediagroup acquistò Recoletos, oltre a Namesco, Digicast, il quarantanove percento di Blei (49%) e il dodici e ottantasei percento del Gruppo Finelco (12,86%). Fino a quel momento, l’indebitamento del gruppo era stato contenuto: la posizione finanziaria nel 2006 era positiva per 5,7 milioni di euro; dopo l’operazione spagnola, nel 2007, sprofondò a un indebitamento di 1076,6 milioni, con oneri finanziari per 22,5 milioni. Al settembre 2010, l’indebitamento resta elevato: a 1035,3 milioni, con oneri finanziari per 21,6 milioni. Intanto, l’area dei quotidiani spagnoli ha visto crollare il proprio risultato operativo a meno 26,5 milioni, nel 2009,

15


Ici Bla Bla per poi risalire faticosamente a 0,8 milioni, nel 2010, rispetto al risultato positivo per 65,7, registrato nel settembre scorso dai quotidiani italiani. Quindi, anche in un periodo di recessione, il Corriere della Sera (insieme con la Gazzetta dello Sport) si conferma la gallina dalle uova d’oro di tutto il gruppo. Mentre le perdite causate dall’operazione Recoletos appaiono ormai a un livello tale da richiedere alla proprietà un aumento di capitale e/o ingenti dismissioni. 2) La ristrutturazione ha comportato la perdita di posti di lavoro, con il conseguente forte aumento dei carichi lavorativi per chi è rimasto, e un considerevole taglio delle retribuzioni dei redattori. 3) Due mesi e mezzo fa, Azienda e Direzione hanno tentato di imporre alla redazione ulteriori sacrifici economici associati alla richiesta di un nuovo incremento “produttivo” legato alla multimedialità (una materia sulla quale, da quattro anni, i giornalisti del Corriere chiedono, invano, investimenti e impulsi). Insomma: ancora più lavoro, in cambio di ancora meno denaro, senza neppure un piano editoriale. 4) Come non bastasse, Azienda e Direzione hanno tentato di imporre la cancellazione dell’importante tutela contro i trasferimenti coatti dei giornalisti: arma fondamentale contro possibili azioni di mobbing; ma anche strumento indispensabile alla professionalità e alla libertà di espressione e di stampa; oltre che evidente caposaldo della credibilità e della qualità dell’informazione del Corriere della Sera. 5) Infine, ma non per ordine di importanza, Azienda e Direzione hanno tentato di imporre che la redazione concordasse sull’applicazione di contratti “discriminati” (niente integrativi, niente premio di produzione) per i nuovi assunti, cioè per quei “giovani” che pubblicamente si annuncia di voler aiutare. Una sorta di “attentato” al princìpio di eguaglianza e equità, volto solo ad ottenere un brutale abbattimento contabile. 6) Dopo due giorni di sciopero, a ottobre scorso, i giornalisti del Corriere della Sera si sono impegnati in una difficilissima trattativa sui temi sopra elencati. Una battaglia non per presunti privilegi, ma per la con-

16

ferma di princìpi irrinunciabili se si vogliono mantenere qualità e libertà di informazione: indipendenza dei giornalisti, anche attraverso la tutela da pressioni e mobbing; equità normativa e retributiva tra colleghi; retribuzione del lavoro. I giornalisti del Corriere della Sera, che sempre hanno continuato con più lavoro, più impegno e più sacrifici a produrre un quotidiano competitivo (oltre che utili), restano al tavolo della trattativa fermi su questi presupposti e non più disponibili a pagare per responsabilità che non hanno.

UNTERHINER ANCORA SU NATIONAL GEOGRAPHIC. Stefano Unterthiner è (forse) il più importante fotogiornalista italiano di natura; ne abbiamo già riferito, nel febbraio 2009, con sua copertina, e marzo 2010. Ora, la sua professionalità torna alla ribalta perché, per la seconda volta, un suo articolo è apparso sull’edizione statunitense originaria di National Geographic [qui sotto]. Se fino a qualche mese fa Stefano Unterthiner è stato il primo italiano a pubblicare un servizio completo sul National americano, dallo scorso dicembre, è il primo italiano ad averne pubblicati addirittura due. Stefano Unterthiner, quarant’anni, non è solo un fotogiornalista, è anche uno scienziato, con un dottorato in zoologia acquisito presso l’università scozzese di Aberdeen. La sua tecnica giornalistica è quella di studiare a fondo i propri soggetti, trascorrendo lunghi periodi immerso negli ambienti che lo interessano. Nel lavoro, lo accompagna spesso sua moglie Stéphanie, biologa e scrittrice. Per il servizio sul cigno selvatico, pubblicato con il titolo Whooper Swans [alla lettera, cigni comuni], su assignement per National Geographic, è stato in Giappone, Svezia e Finlandia.

Recentemente, Stefano Unterthiner ha avviato una Little Wild Gallery, nella fortezza di Bard, in Valle d’Aosta, gestita insieme alla moglie (o da Paolo Ciambi, quando loro sono in viaggio; www.stefanounterthiner.com). Lì è possibile acquistare stampe fine art firmate delle sue fotografie, anche in versione Digigraphie. La fotografie sono stampate con Epson Stylus Pro 7890. Nella galleria sono in vendita anche i suoi libri (sei titoli). Fotoricordo, o fotografia di testimonianza, dello scherzo noto come Dreadnought hoax, che sta (starebbe?) alla base dell’odioso “bunga bunga” dello scorso autunno.

Apertura su tre facciate del servizio Whooper Swans, di Stefano Unterthiner, su National Geographic di dicembre (con gatefold ripiegato all’interno). È la seconda volta che il fotografo italiano appare nell’edizione statunitense originaria della celebre testata di natura.

BUNGA BUNGA. È il ritornello che ha goduto momenti di gloria in tardo autunno, nato da una barzelletta di Silvio Berlusconi, in auge a seguito dello scandalo del salvataggio di Ruby, avvenuto il ventotto maggio, ma rivelato dai media solo cinque mesi dopo, alla fine di ottobre. L’allocuzione “bunga bunga” sembra però molto più antica e nata in seguito alla pubblicazione, nel 1910, da parte del Western Daily Mercury, quotidiano di Londra, di una fotografia a testimonianza di uno scherzo noto come il Dreadnought hoax. Secondo le cronache del tempo, lo scherzo sarebbe stato organizzato da un gruppo di studenti inglesi, tra i quali la scrittrice Virginia Wolf (allora ancora Virginia Stephen), che, travestiti da nobili abissini, si fecero ricevere, con cerimoniale ufficiale, a bordo della più potente corazzata britannica, la HMS Dreadnought. I commenti dei “nobili ospiti” agli ufficiali che li guidavano nella visita della nave, mostrandone le caratteristiche tecnologicamente più avanzate, si riducevano costantemente a un meravigliato (?!) «Bunga bunga». Per documentare quanto avvenuto, i ragazzi mandarono al Daily Mirror la loro fotografia in costume (ah, potere della fotografia come testimonianza di fatti realmente avvenuti [qui sopra]) e il Western Daily Mer-


Ici Bla Bla Fotografia di Paolo Silvestri, vincitrice nella sezione Natura del Concorso fotografico di National Geographic Italia.

cury la pubblicò con un articolo dal titolo Bunga Bungle!, letteralmente Bunga pasticcio!. Ecco invece il significato di “bunga bunga” secondo la barzelletta raccontata dal premier, nella versione di Noemi Letizia: «Due ministri del governo Prodi vanno in Africa, su un’isola deserta, e vengono catturati da una tribù di indigeni. Il capo tribù interpella il primo ostaggio e gli propone: “Vuoi morire o bunga bunga?”. Il ministro sceglie “bunga bunga”, e viene violentato. Il secondo prigioniero, davanti alla scena, non indugia: “Voglio morire!”. E il capo tribù: “Va bene, prima bunga bunga, poi morire”». Da sbellicarsi dalle risa!

Fotografia di Daniele Fiori, vincitrice nella sezione Luoghi del Concorso fotografico di National Geographic Italia.

CONCORSO FOTOGRAFICO. Unico nel proprio genere, riservato ai cultori della fotografia stile National, e diviso in tre categorie (Natura, Luoghi, Persone), più una ulteriore sezione speciale, Junior, riservata ai giovani (età compresa tra quindici e diciotto anni, a tema libero), l’edizione 2010 del Concorso fotografico di National Geographic Italia è stata giudicata da Guglielmo Pepe (direttore dell’edizione italiana del mensile), presidente, Marco Delogu (fotografo e critico), Roberto Mineo (fondatore e direttore dell’Accademia di Fotografia John Kaverdash, di Milano), Grazia Neri, Andrea Pistolesi (fotografo), Lello Piazza (fotografo) e Francesco Zizola (fotografo). Si sono affermati: Paolo Silvestri, ex commissario di polizia, che ha scattato la fotografia vincitrice nella sezione Natura con una macchina momentaneamente presa a prestito dalla figlia, durante una gita in barca in Istria [al centro, in alto]; Daniele Fiori, figlio di un fotografo professionista il cui sogno giovanile è sempre stato quello di pubblicare un’immagine su National Geographic (sezione Luoghi) [al centro, seconda immagine]; Davide Bozzalla, trentunenne di Torino, fotografo di matrimoni per mestiere e fotoreporter per passione (categoria Persone) [al centro, terza immagine]; e Federico Pratesi, al quale il padre ha insegnato la fotografia (categoria Junior) [al centro, ultima immagine]. Ancora, dati riguardanti il concorso 2010 (www.nationalgeographic.it). 15.808 fotografie ricevute, 5602 delle quali sono state scartate (35,4 percento) e 10.206 accettate (64,6 per-

Fotografia di Davide Bozzalla, vincitrice nella sezione Persone del Concorso fotografico di National Geographic Italia.

Fotografia di Federico Pratesi, vincitrice nella sezione Junior del Concorso fotografico di National Geographic Italia.

cento): Natura, 3086 (30,2 percento, delle accettate); Luoghi, 4032 (39,5 percento); Persone, 1890 (18,5 percento); Junior, 1198 (11,8 percento). 3196 partecipanti: uomini, 1835 (57,4 percento); donne, 1096 (34,3 percento); junior, 265 (8,3 percento; 96 ragazzi e 169 ragazze: 36,0 e 64,0 percento). Divisione geografica: nord, 51,7 percento; centro, 30,3 percento; sud, 11,7 percento; isole, 6,3 percento.

TENSIONE ALLA PHILIP JONES GRIFFITHS FOUNDATION FOR THE STUDY OF WAR. Philip Jones Griffiths è stato un grande fotogiornalista inglese, uno dei mitici inviati in Vietnam, dove arrivò nel 1966 per Magnum Photos. Il suo libro Vietnam Inc., pubblicato nel 1971 (seconda edizione Phaidon, del 2001, con prefazione di Noam Chomski), rivelò agli americani le sofferenze del popolo vietnamita e contribuì a modificare l’opinione pubblica statunitense nei confronti della guerra [qui sotto]. Philip Jones Griffiths è morto di cancro, il 19 marzo 2008, dopo aver nominato le sue due figlie, Katherine Holden e Fanella Ferrato, sue esecutrici testamentali. Alla scoperta della malattia che lo avrebbe sconfitto, creò la Fondazione che porta il suo nome, con lo scopo di conservare i suoi archivi e contribuire alla formazione di nuovi, giovani fotogiornalisti. È del sedici dicembre scorso la notizia che Katherine e Fanella hanno escluso dal Consiglio di amministrazione della Fondazione il terzo membro, Neil Burgess, già direttore di Magnum Photos. Il disaccordo nasce dalla vendita di alcune stampe, sgradita a Neil Burgess, che addirittura contesta il testamento di Philip Jones Griffiths, secondo lui firmato sul letto di morte, in una fase terminale della sua malattia, quando era forse troppo debilitato e confuso. Brian Harris, l’avvocato londinese che si è occupato dell’ultima stesura del testamento, ha reagito alle accuse, affermando che mettono in dubbio anche la sua serietà professionale. A proposito della vendita, Katherine Holden ha affermato: «Stiamo tentando di mantenere intatti gli archivi di nostro padre, ma se c’è un’offerta da parte di un acquirente serio, dalla quale la Fondazione può

Da Vietnam Inc., di Philip Jones Griffiths: «Per il Vietcong catturato... non c’è equivoco. La sua è un’azione concreta, nella tradizione onorevole di sacrificare la propria vita per la patria».

17


Ici Bla Bla trarre beneficio, riteniamo che vendere qualcosa sia una scelta percorribile. Lo faremo raramente». Per mantenere equilibrata la conduzione della Fondazione, è stata contattata Brigitte Lardinois, già capo del Dipartimento Culturale di Magnum Photos, affinché prenda il posto di Neil Burgess nel Consiglio.

JAMES BALOG VINCITORE. Con il progetto Extreme Ice Survey, composto di fotografie e filmati, che mostra gli effetti del riscaldamento globale sui ghiacciai del mondo [al centro], James Balog si è aggiudicato i centomila dollari dell’Heinz Award Climate Photo Project 2010, premio istituito nel 1993 da Teresa Heinz, che ogni anno distribuisce circa un milione di dollari a progetti nel campo dell’arte, dell’ambiente, degli aiuti umanitari, dell’economia, della tecnologia, e di provvedimenti per l’occupazione. Il premio è in memoria del marito John

Vincitore dell’ Heinz Award Climate Photo Project 2010, Extreme Ice Survey, di James Balog, sottolinea gli effetti del riscaldamento globale sui ghiacciai del mondo.

da Pelikan, e hanno compreso pannelli solari, batterie potenziate e altre componenti elettroniche aggiuntive. La sistemazione in loco è avvenuta utilizzando treppiedi Bogen [Manfrotto], sia in carbonio, sia in alluminio, controventati solidamente per garantirne l’assoluta stabilità. Ogni complesso-scatola pesava circa trentacinque chilogrammi [a sinistra]. Il progetto è la prosecuzione di un lavoro sulla natura, che James Balog sta conducendo dal 1981. «Ciò che mi motiva nel mio lavoro è il fatto di essere presente nei momenti decisivi della storia della Terra e dell’Umanità. James Nachtwey ha detto: “Io sono qui a testimoniare, questo mi spinge a continuare”. Io provo esattamente lo stesso spirito: lavorare per testimoniare», ha dichiarato James Balog, che con i suoi collaboratori sta cercando fondi per proseguire il progetto Extreme Ice Survey fino al 2014.

DALLA TIGRE ALLA MADONNA. Heinz, senatore americano repubblicano, molto popolare anche tra i democratici, morto prematuramente nel 1991. John Heinz era un filantropo, amante dell’arte e ambientalista appassionato. Erede della importante H.J. Heinz Company, entrò in politica con lo scopo di servire la gente. Per la realizzazione del progetto, James Balog ha utilizzato trentanove reflex Nikon D200 sistemate in custodie protette, via-a-vis di ghiacciai in molte parti del mondo: Groenlandia, Nepal, Islanda, Alaska, Montana, Bolivia e Montagne Rocciose. Ogni reflex ha scattato circa quattromila fotografie nell’arco di un anno, immagini che poi sono state montate con la tecnica del time-lapse video. Le custodie, impermeabili a polvere e acqua, sono state realizzate

18

James Balog con parte della consistente attrezzatura fotografica utilizzata per il progetto Extreme Ice Survey.

Abbandonato l’originario indirizzo editoriale verso la natura, Airone ha notevolmente ampliato la propria visione: fino a rivelare Il grande segreto della Madonna, sul quale stendiamo un pietoso velo (è il caso).

Il noto mensile Airone, pubblicato dall’Editoriale Giorgio Mondadori, fino al marzo 2007 il più consistente periodico italiano dedicato alla natura e al mondo delle culture tradizionali, la cui linea editoriale è drasticamente cambiata con il numero di aprile 2007, ha sorpreso un poco tutti con la storia Il grande segreto della Madonna, strillata in copertina nell’edizione dello scorso settembre [qui sotto]. Insomma, un grande tragitto editoriale: dalla tigre alla Madonna.

GRAND PRIZE. Blurb (www.blurb. com), la multinazionale che mette a disposizione di chiunque un software online per autoconfezionarsi libri fotografici (immagini, impaginazione e grafica), sponsorizza il Photography Book Now, giunto quest’anno alla terza edizione. Il primo premio, di venticinquemila dollari, è andato alla tedesca Judith Stenneken, di Berlino, per il suo libro fotografico Last Call, sull’aeroporto di Tempelhof, chiuso nel 2008, che durante la Guerra Fredda rappresentò il collegamento di Berlino con l’Occidente. Questo reportage è stato selezionato tra più di duemilatrecento libri provenienti da quaranta paesi. Oltre ad essere acquistabili presso il bookstore online di Blurb, da quest’anno, i tredici vincitori e le oltre trenta honorable mention entreranno nelle collezioni permanenti dell’International Center of Photography, dell’Annenberg Space for Photography e della George Eastman House. AURORE POLARI. Dal ventotto gennaio, e fino cinque febbraio, si sta svolgendo a Tromso, in Norvegia, il Northern Light Festival (www.northern-lights-festival.com). Per chi ama la fotografia di viaggio, quella delle aurore polari è sempre stata una sfida tra le più affascinanti e coinvolgenti [pagina accanto]. Ovviamente, occorre cielo sereno; poi, non sempre le aurore si manifestano. Tutto dipende dall’intensità del vento solare, una specie di flusso di elettroni emessi dal sole durante intense tempeste magnetiche, che devastano la sua superficie. Poi, le condizioni ambientali estreme nelle quali si fotografa, ovviamente di notte, preferibilmente dalle dieci di sera alle due del mattino successivo, a temperature solitamente inferiori ai meno dieci gradi, fanno di questo genere di fotografia un terreno riservato agli indomiti appassionati della natura. Fino all’avvento della fotografia digitale, c’erano anche difficoltà di esposizione. Per ottenere una buona diapositiva di aurora, occorreva utilizzare una pellicola di bassa sensibilità, non oltre i 100 Iso; e con un obiettivo di f/2 di luminosità si rendevano necessari tempi di posa di circa mezzo minuto. Oggi, le reflex digitali fotografano senza rumore a 6400 Iso,


Ici Bla Bla riducendo a circa sette secondi il tempo di otturazione, e permettendo così di realizzare molti più scatti in una sezione di ripresa. E i risultati, dal punto di vista di scrivere il paesaggio con la luce, sono fantastici.

EUGENE SMITH 2010. La statunitense Darcy Padilla si è aggiudicata l’ambìto riconoscimento dello Eugene Smith Grant for Humanistic Photography per il suo lavoro, che dura da diciotto anni, su Julie Baird, incontrata a San Francisco nel 1993 e da allora seguita costantemente. Attraverso The Julie Project, Darcy Padilla esplora il mondo americano dei malati di Aids, dei poveri e dei drogati [qui sotto]. Per l’edizione 2011: http://www. smithfund.org/apply/smith.

Per chi ama la fotografia di viaggio, quella delle aurore polari è sempre una sfida affascinante.

The Julie Project, di Darcy Padilla, si è affermato all’ Eugene Smith Grant for Humanistic Photography.

FOTOGRAFIA DI NUDO: LE CASCATE DEL NIAGARA. Il sito www.repubblica.it propone ai lettori/visitatori gallerie fotografie spesso molto interessanti. È il caso di quella dedicata a un evento verificatosi nel 1969 e che riguarda le famose cascate del Niagara, situate sul corso d’acqua che collega il Lago Ontario, a cavallo del confine tra gli Stati Uniti e il Canada, con il Lago Eire, nello stato di New York [qui sotto]. Per controllare le condizioni del salto roccioso sopra il quale fluisce l’acqua (oltre centocinquantamila metri cubi al minuto, nel regime di piena), in quell’anno e per sei mesi, l’Army Corps of Engineers spense le cascate, deviando il corso d’acqua che le alimenta. Di questo fatto, Russ Glasson ha appena rintracciato una serie di immagini scattate dai suoi genitori: fotografie che erano rimaste in un cassetto per quarantuno anni [in basso]. Ah, fotografia, testimone a volte sorprendete e comunque insostituibile!

fila nel controllo delle attività degli attivisti dei diritti civili e dei pacifisti». Mancato nell’ottobre 2007, a ottantacinque anni, Ernest Withers fu testimone dei momenti più intensi della storia americana del dopoguerra, dal processo per l’omicidio di Emmett Till, nel 1955, all’assassinio di Martin Luther King, nel 1968. Il suo archivio contiene una delle più ampie documentazioni sulla società afroamericana. Il suo lavoro è stato pubblicato su Time, Newsweek, Ebony e The New York Times. Le sue immagini sulle battaglie per i diritti civili sono state raccolte nel volume Pictures Tell the Story: Ernest C. Withers Reflections in History, pubblicato nel 2000 dal Chrysler Museum of Art, di Norfolk, Virginia, Stati Uniti.

A FAVORE DEI FOTOGRAFI. Dal

INFORMATORE DELL’FBI. Ernest Withers, noto fotogiornalista afroamericano, annoverato tra i grandi testimoni della battaglie per i diritti civili degli Stati Uniti, negli anni Sessanta, durante i quali, proprio per merito della fiducia che godeva, aveva accesso a tutti i dati più riservati degli attivisti, era, allo stesso tempo, era un informatore dell’Fbi. Lo ha rivelato il quotidiano The Memphis Commercial Appeal, basandosi su documenti certi: «Come informatore di J. Edgar Hoover [direttore dell’Fbi dal 1924 al 1972, che fece spiare personaggi come Martin Luther King, ma che anche eliminò John Dillinger e combattè organizzazioni come il Ku Klux Klan], Ernest Withers aiutò l’Fbi ad avere un posto in prima

Le cascate del Niagara: centocinquantamila metri cubi al minuto, nel regime di piena. Nel 1969, per sei mesi, le cascate del Niagara furono spente, deviando il corso d’acqua che le alimenta. Russ Glasson ha ritrovato una serie di immagini scattate dai suoi genitori: fotografie che erano rimaste in un cassetto per quarantuno anni.

sito del noto Paul Melcher (http:// blog.melchersystem.com/) leggiamo, traduciamo e proponiamo il suo Manifesto. A cavallo tra il Diciannovesimo e il Ventesimo secolo, sotto la spinta di grandi cambiamenti economici, i lavoratori di tutto il mondo cominciarono a migrare verso le grandi città, dove, per sopravvivere, si videro costretti ad accettare condizioni di lavoro durissime. Alcuni di questi lavoratori erano altamente qualificati e contribuirono al successo delle aziende per le quali lavoravano. Ciononostante, non riuscirono mai a ottenere condizioni retributive decenti. A cavallo tra il Ventesimo e il Ventunesimo secolo, moltissimi fotografi professionisti stanno vivendo un’esperienza analoga. Per sopravvivere, sono costretti ad accettare paghe da fame, condizioni di sfruttamento, e orari di lavoro orribili. È arrivato il momento di rivelare il loro scontento, e di puntualizzare le loro richieste per un lavoro più umano. Eccole. I fotografi di tutto il mondo chiedono il diritto di: ❯ fotografare quello che vogliono, dove vogliono e quando vogliono; ❯ lavorare per qualunque casa editrice o azienda senza correre il rischio di perdere il lavoro con una casa editrice o azienda concorrente; ❯ essere compensati in maniera equa per il proprio lavoro;

19


Ici Bla Bla ❯ poter vivere dignitosamente del proprio lavoro; ❯ distribuire le loro immagini dove e quando desiderano; ❯ ricavare un’adeguata remunerazione dalle case editrici o aziende al cui successo contribuiscono; ❯ avere accesso a strumenti di vendita adeguati; ❯ poter crescere una famiglia in modo dignitoso; ❯ essere riconosciuti come lavoratori altamente specializzati; ❯ essere protetti da severe leggi sul copyright; ❯ poter lasciare in eredità ai propri figli il copyright sul proprio lavoro; ❯ avere le proprie immagini pubblicate accanto a un credito che ne confermi la paternità; ❯ oltre al compenso, ottenere una speciale provvigione per coloro che sono liberi professionisti [e devono provvedere alla propria assistenza medica e pensione]; ❯ poter viaggiare dove devono, per svolgere il loro lavoro; ❯ essere protetti quando è in pericolo la loro salute o incolumità; ❯ vedere il loro lavoro pubblicato quando è attuale e pertinente. Noi suggeriamo la creazione dell’organismo Photographer’s International, una comunità globale di fotografi professionisti che si riuniscano sotto la spinta della passione. Questo organismo dovrebbe avere il compito di portare alla luce le misere condizioni di lavoro dei fotografi e di fare gruppo affinché le richieste riportate qui sopra siano soddisfatte. Fotografi di tutto il mondo, unitevi!

Studio del Fondo Monetario Internazionale sull’andamento della crescita economica di centottanta nazioni nel mondo (2000-2010): l’Italia è al penultimo posto, seguita solo da Haiti.

ticolo a firma del noto etologo Danilo Mainardi, dal titolo Se il passero canta come un canarino. Invece di un passero è stato pubblicato un picchio muratore [al centro, in basso]. Danilo Mainardi non si è mai peritato di sottolineare l’errore. Che non si sia accorto neppure lui?

Corriere della Sera, del venti settembre: ritratto di Oriana Fallaci e suo dettaglio.

BRACCINO CORTO (?). Lo scorso venti settembre, il Corriere della Sera ha pubblicato un lungo e intenso articolo dedicato a Oriana Fallaci, a firma di Ermanno Paccagnini. Ma non è del testo che vogliamo occuparci, quanto della scelta fotografica. Avvincente l’immagine (comunque pubblicata senza credito), che ritrae una giovane Oriana Fallaci mentre intervista Gina Lollobrigida; ma perché ripetere, più sotto, un particolare della stessa inquadratura [qui sopra]? Per risparmiare? [speriamo di sì] O perché nell’archivio Rizzoli hanno smarrito le migliaia di fotografie di Oriana certamente presenti? [speriamo di no].

IL PICCHIO CHE DIVENTÒ PASSERO. Può capitare a un redattore non esperto di ornitologia di dover pubblicare una fotografia di zigolo dal collare, di un uccellino, insomma, non comune. Può capitare che l’agenzia gli fornisca l’immagine sbagliata, e lui poveretto che ne sa? La pubblica. Ma, cielo! Se deve pubblicare la fotografia di un passero... non lo ha mai visto un passero? Non si accorge che quello nell’immagine che ha per le mani non può essere un passero? È quello che è capitato in Sette, l’allegato del Corriere della Sera che accompagna il quotidiano al giovedì, nella sua edizione dello scorso trenta settembre, a corredo di un ar-

20

ANCHE SE NON È FOTOGRAFIA... Riguarda anche la fotografia Picchio per passero, su Sette dello scorso trenta settembre.

italiana e tutti noi. Il ventiquattro ottobre, il quotidiano spagnolo El Pais pubblica una rielaborazione di uno studio del Fondo Monetario Internazio-

nale presentato nello stesso mese: World Economic Outlook - Recovery, Risk, and Rebalancing [qui sopra]. Si tratta di un esame dell’andamento della crescita economica di centottanta nazioni nel mondo, nel periodo 2000-2010. Ne risulta una classifica nella quale l’Italia figura in posizione centosettantanove, la penultima, seguita solo da Haiti. Purtroppo, non ho visto un ampio spazio dedicato a questa notizia né nei quotidiani italiani, né nei talk show televisivi. Ma perché? Perché fa paura? ❖



DERVIO (LECCO), LAGO DI COMO

CIÃ’ CHE RIVELA LA FOTOGRAFIA

22


di Maurizio Rebuzzini

S

CURON VENOSTA (BOLZANO), LAGO DI RESIA

LAGO DI SANTA GIUSTINA (TRENTO)

enza farne bandiera o sovrastruttura sbandierata, Danilo Pedruzzi fotografa con metodologie antiche e passi cadenzati: con pellicola bianconero, trattata secondo i più rigorosi princìpi formali della fine art, in medio e grande formato: 6x6cm e 13x18cm. Scatta in medio formato quadrato quando affronta soggetti del reale e dal reale; e questo, se servisse sottolinearlo, è un altro indizio di lentezza e serenità d’animo: composizione quadrata (se ne dovrebbe parlare ancora, e molto, soprattutto a dispetto dei confusi tempi attuali, durante i quali è sempre meno comprensibile il sottile legame che lega, collegandola inviolabilmente, tecnica con creatività). Ma scatta anche in grande formato, con pellicola piana, quando può agire nella compostez-

MONASTEROLO DEL CASTELLO (BERGAMO), LAGO DI ENDINE

Assolutamente vero, oltre che sacrosanto. Tra i suoi tanti valori, alcuni dei quali entusiasmanti, la fotografia ne ha uno assolutamente sovrastante: quello di rivelare molto dell’autore, spesso addirittura tutto. I soggetti raffigurati, molti con intenzione rappresentativa, al di là della sola apparenza a tutti evidente, sono certamente determinanti, ma non sempre in quanto tali -soggetti espliciti-: più spesso per ciò che contengono e includono sotto la propria superficie. Ciò premesso, ciò detto, ciò considerato, la fotografia di ricerca di Danilo Pedruzzi, nel quotidiano professionista a Bonate Sotto, in provincia di Bergamo, è specchio fedele del suo animo, della sua serenità, della sua... bellezza

23


CALLE

discorso creativo: la nobiltà del foro stenopeico diventa alibi dietro il quale celare l’assoluta assenza di valori, intenzioni e capacità. Troppo spesso, ahinoi, il foro stenopeico è l’ultima spiaggia di approdo di individuati imbecilli. E ce ne sono! Per fortuna, in contraltare, ancora ai nostri giorni, soprattutto ai nostri giorni (pare incredibile, ma è così), la fotografia a foro stenopeico impegna di nuovo eccellenti autori, che declinano con intelligenza la profondità culturale e creativa dell’esposizione senza obiettivo. In questo senso, non è il caso di richiamare esperienze intenzionalmente artistiche (a partire dall’italiano Paolo Gioli, la cui personalità è al di sopra di ogni sospetto); e neppure torniamo all’azione dell’affascinante Camera Obscura, di Abelardo Morell, della quale abbiamo dettagliatamente riferito in FOTOgraphia del luglio 2006. Però, è doveroso sottolineare il valore di coloro i quali agiscono con il foro stenopeico per realizzare immagini fotografiche con alto senso visivo: immagini che si affermano e impongono per la propria indiscussa espressività, che scarta a lato la forma (per quanto indispensabile e qui applicata con ricercata volontarietà), per portare in primo piano i contenuti. Ed è il ca-

CRISANTEMO

za della propria sala di posa. Da una parte, per esempio, la serie dei laghi; dall’altra, quella dei fiori. Ripetizione d’obbligo: senza farne bandiera o sovrastruttura sbandierata, Danilo Pedruzzi fotografa con metodologie antiche e passi cadenzati: con il foro stenopeico. Qui e ora è necessaria una considerazione che reputiamo assolutamente indispensabile. Troppo spesso svilito a solo giochino fine a se stesso, altrettanto frequentemente adottato da fotografi privi di talento e capacità, alla spasmodica ricerca di una personalità creativa mai meritata, applicato alla ripresa (ed espressività), il foro stenopeico è una costante che ha attraversato indenne i secoli e le tecnologie, tanto da essere anche abbinabile (e abbinato) agli attuali e futuribili sensori ad acquisizione digitale di immagini. Così che si palesa un certo sconforto per le frequentazioni di quei fotografi che approdano all’uso del foro stenopeico come ultima spiaggia di controversi e contraddittori percorsi individuali, totalmente privi della minima coscienza e coerenza espressiva. In molti casi, che abbiamo anche avvicinato e incontrato personalmente, si finisce per confondere i termini del

24



GAVIRATE (VARESE), LAGO DI VARESE

TORBOLE (TRENTO), LAGO DI GARDA

GRAVEDONA (COMO), LAGO DI COMO

so, tra i tanti, del bravo e coinvolgente Danilo Pedruzzi. Allo stesso momento, la magia del foro stenopeico, che forma immagini proiettate di straordinario fascino, conferma ancora indiscutibili manifestazioni del sentimento individuale (dell’autore, prima di tutto). Per un attimo, che si fissa indelebilmente nel cuore e animo di ciascuno, dove rimarrà custodito per sempre, pronto a tornare in superficie per evocare vibranti emozioni, la proiezione del foro stenopeico, così come la creazione di una immagine fotografica (chimica o digitale, poco conta), surclassa tutto. Non ci sono più esuberanze e velocità (almeno superflue) dei nostri giorni, quali sono, senza soluzione di continuità, i telefonini portatili, i lettori di musica, gli effetti speciali e i programmi televisivi: c’è solo la natura che si fa di sé medesima pittrice. No, Danilo Pedruzzi non celebra la sua fotografia con foro stenopeico. Afferma soltanto di fotografare. La forma arriva dopo, molto dopo, spesso mai, nonostante nel suo agire sia determinante e discriminante: (in ripetizione e anticipo) specchio fedele del suo animo, della sua serenità, della sua... bellezza. Questa è una osservazione perentoria, che risponde alle fo-

26


GAVIRATE (VARESE), LAGO DI VARESE

BELLAGIO (COMO), LAGO DI COMO

MOLINA DI LEDRO (TRENTO), LAGO DI LEDRO

GRAVEDONA (COMO), LAGO DI COMO

tografie di Danilo Pedruzzi, i cui bianconeri sono fonte di “stati d’animo” e “atmosfere”. Quindi, in definitiva, è questo che rende particolarmente intense le sue immagini. A volte, il risultato dipende dalla delicatezza della luce e dei toni, altre volte, invece, dalla durezza dei contrasti. Comunque, le fotografie di Danilo Pedruzzi possiedono sempre una qualità emotiva ed evocativa difficile da descrivere, ma impossibile da negare. Certamente, è anche l’assenza di colore, e il conseguente distacco dalla realtà cromatica di tutti i giorni, che dà personalità a queste raffigurazioni/rappresentazioni, tanto lontane dall’esperienza esistenziale quotidiana da offrirsi quale oggetto remoto, a un tempo e allo stesso tempo mistico e universale. Da qui, l’attrazione individuale e la concreta consapevolezza che in queste immagini esista qualcosa di più vero del reale, quasi una dimensione emotiva e spirituale. Non è facile dire da dove provenga questo potere evocativo, da dove scaturisca la “fede” in questa fotografia di Danilo Pedruzzi. Forse una risposta si trova nel richiamo alle prime fotografie, alle fotografie delle origini, che trasmette un senso di continuità e legame con le esperienze storiche. O forse dipen-

27



FELCE

MAGNOLIA

LILIUM

de dalla consolidata tradizione nell’utilizzo di immagini bianconero, che continua ad avere i propri fedeli seguaci. Spostandoci su un livello più prosaico, una diversa risposta a una possibile doppia domanda originaria -“perché bianconero? perché stenopeico?”- può essere suggerita dalle connotazioni formali di questa mediazione tecnica adottata da Danilo Pedruzzi: come la grana visibile sulle copie, la resa tonale, il tratto, la forma e la trama delle stampe. Si tratta di proprietà che possiedono anche le fotografie a colori scattate con obiettivo, ma il bianconero stenopeico confida maggiormente nell’apparenza formale e grafica della propria visualizzazione, che finisce per enfatizzare elementi fortemente espressivi, come la silhouette del soggetto e la grana della pellicola (a tutti gli effetti, meno estetiche nelle copie a colori). Alla fine, in conclusione, l’immagine bianconero di Danilo Pedruzzi risulta altresì affine alla matita del disegnatore, che non si serve del colore, ma che definisce il proprio soggetto concentrandosi sulla forma, la composizione, la trama e l’ombreggiatura: specchio fedele del suo animo, della sua serenità, della sua... bellezza. ❖

29


Mi trovo in piazza del Duomo, in una Milano sottozero, e incontro Fabio Iacuitti, che sta “cercando” Babbo Natale. Come lo definiresti il tuo “essere fotografo”? «Pur avendo iniziato da giovane, non mi sento fotografo di architettura, né di ritratti o paesaggio. Preferisco pensare di essere un fotografo di... fantasia. «Scopo principale delle mie immagini è quello di indurre emozioni in chi guarda, mai banali, mai scontate. Recentemente, ho coniato uno slogan: senza cuore, saremmo solo macchine... fotografiche». Come nasce la passione polaroid? «Sono passato a polaroid (della cui fotografia sono poi diventato anche collezionista di macchine, libri e immagini) circa dodici anni fa, quando a una manifestazione fotografica ho ritrovato Maurizio Galimberti. «Ho sperimentato alcune tecniche da solo, poi ho scoperto il Gruppo Polaser, e mi sono iscritto (vinsi il premio per il primo biglietto natalizio, in quanto unico a partecipare). L’estate successiva, approfondii la fotografia polaroid con un workshop di Maurizio Galimberti, al Toscana Foto


Festival. Lì ebbi modo di conoscere autori per me molto importanti, tutti grandi esperti di polaroid: Beppe Bolchi, Gigi Vegini e proprio tu, Pino. «Oltre a condividere la comune passione fotografica, mi onoro di essere diventato amico di tutti voi. «Con il Polaser ho vissuto momenti significativi: tanti progetti, tante mostre e -nei momenti clou- qualche viaggio in Romagna, con l’amico Gigi Vegini, per le riunioni. Che sensazioni, che emozioni, quanti amici...». E ora, che Polaroid ha cessato la produzione? «Oggi, per me, la fotografia polaroid è congelata. Possiedo ancora un buon quantitativo di pellicole, che, stupidamente, esito a utilizzare. Così scadranno (anzi, lo sono già), e quando le userò non si vedrà più nulla, saranno evanescenti (o sarà fotografia “sussurrata”, come amo pensare). «Ho visto, ma non provato, le pellicole Impossible. Il mio giudizio è contrastato. Occorre troppa tecnica [?], forse a scapito dell’immediatezza; ma sono sicuro che il progetto migliorerà, e tutti noi torneremo a manipolare le Image, o come le vorranno chiamare.

«Non ci resta che aspettare, avere fede. Nel frattempo, mi godo la mia collezione di SX-70; e sogno il Polaser che sarà!». Tra le tante fotografie che hai realizzato, ce n’è qualcuna in particolare che ricordi con più piacere? «Sono tante. Le immagini dei progetti Campana e Burri, che ho realizzato con il Polaser, i miei Portraits, le polaroid di tre miei progetti del 2007 e 2008, Venezia Sussurrata, Storie minime e Tunisia Sussurrata, la serie I miei ricordi (ritratti di Monica; Pereto, dove è nato mio padre; una delle ultime fotografie di Collemaggio, a L’Aquila, prima del terremoto del 2009); poi, ancora, la Strada, il Natale, l’Architettura. Ma l’immagine più importante

non è pubblicabile, perché si tratta di quattro fotografie dei miei due figli, in distacco di pellicola polaroid, montate su un vaso in modo che i loro sguardi si fondano e incrocino allo stesso tempo. È il risultato di uno degli splendidi workshop organizzati a Valverde di Cesenatico dall’amico Claudio Bocchini». Fabio Iacuitti è nato a Torino, nel 1963; risiede in Brianza. È fotografo dagli anni Ottanta. Subito sperimentatore in bianconero, con laboriose sessioni di camera oscura, successivamente approfondisce le applicazioni del colore, su temi tradizionali, quali paesaggio, ritratto e viaggio. Dalla fine degli anni Novanta, affianca la reflex digitale con il supporto polaroid, del quale sperimenta ogni tecnica creativa, in ogni formato e verso i temi più svariati, ricercando sempre originalità, fantasia e un adeguato... “punto di vista”. È socio del Gruppo Polaser e del Circolo Fotografico Desiano; combina spesso la fotografia con la sua passione per lo sport (tennis, in particolare). Pino Valgimigli

www.polaser.org

«La limitazione dei mezzi determina lo stile, dà vita a nuove forme e dà impulso alla creatività» Georges Braque Questa citazione dal pittore Georges Braque aiuta a comprendere lo slancio e spirito che guida e ispira gli artisti del Gruppo Polaser, eterogenei per interessi artistico-culturali e per provenienza da molte città italiane e anche dall’estero, accomunati dalla ricerca e sperimentazione di nuove possibilità espressive nelle molteplici forme dell’arte, dalla fotografia alla pittura, scultura, design, architettura, ceramica, letteratura, teatro, a altro ancora.


PREZIOSO CASELLARIO La raccolta storica Fotografia. I maestri, consistente anche per forma oltre che per straordinario contenuto, si offre e propone come autentico casellario eccezionalmente utile, che svolge esattamente il compito prestabilito: quello di sillabare il corso degli eventi che hanno definito l’evoluzione del linguaggio fotografico, dalle origini fino ai nostri tempi. O quasi

di Angelo Galantini

A Fotografia. I maestri; Logos, 2010; testi in italiano, spagnolo, portoghese e inglese; 528 pagine 29x29cm, cartonato con sovraccoperta; 49,95 euro.

32

bbiamo bisogno di libri. Ne abbiamo bisogno in assoluto; ancora di più, ne abbiamo bisogno in fotografia. Anche attraverso i libri circolano le idee, si formano le opinioni, si consolidano le conoscenze. Infatti, ne dobbiamo essere certi, non se ne sa mai abbastanza. Per questo motivi, ma tanti altri ce ne sono ancora, accogliamo con piacere l’ottimo Fotografia. I maestri, che il modenese Logos ha pubblicato in una preziosa edizione multilingue (oltre l’italiano, evviva!, spagnolo, portoghese e inglese, che ne favoriscono la distribuzione in altre geografie). È una monografia di sostanza e peso; del contenuto stiamo per riferire, la forma è presto svelata: (ben) 528 pagine 29x29cm, a soli 49,95 euro (cifra risibile, in relazione al modo di offrire l’argomento). Sia chiarito subito, non soltanto presto. Non si tratta di uno studio originario, di quelli che indagano tra le pieghe della Storia e lungo le sue innumerevoli trasversalità, ma di una sintesi onesta e didattica, che scandisce tempi certi, personalità accertate e consolidate, successioni confortanti. Di fatto, si tratta di un casellario eccezionalmente utile, che svolge esattamente il compito prestabilito: quello di sillabare il corso degli eventi che hanno definito l’evoluzione del linguaggio fotografico, dalle origini fino ai nostri tempi. O quasi.

STORIA ILLUSTRATA I testi di Fotografia. I maestri si riducono a ben poco, nulla addirittura: breve introduzione di rito, titoli dei capitoli e didascalie alle tante immagini (trecen-


tosessantasette: vogliamo vederla anche così?, una al giorno, per un anno intero!). A questo, si aggiunge un glossario che sintetizza in brevità gli stili della fotografia e i sistemi di stampa fotografica che si sono alternati e susseguiti dalle origini (gli essenziali). Se proprio dobbiamo rilevarlo, sentiamo la mancanza di un indice alfabetico degli autori presentati, da rintracciare (con qualche disagio) tra le pieghe dei crediti finali, questi sì estremamente dettagliati (oppure, da marzo, al sito www.unicattolica.it, nell’aula virtuale di Maurizio Rebuzzini, docente di Storia della Fotografia, alla Lezione 10, è pubblicato l’elenco completo degli autori, per cronologia di presentazione sulla monografia e ordine alfabetico;

lavoro certosino, realizzato da Chiara Lualdi). Di modo che il racconto è lasciato tutto alla successione delle immagini, presentate in sostanziale cronologia e scomposte in sette capitoli tematici adeguatamente didascalici: La nascita della fotografia, Tra Ottocento e Novecento, I primi decenni del nuovo secolo, Protagonisti degli anni Trenta, Gli anni Quaranta e Cinquanta, Gli anni Cinquanta e Sessanta e Dagli anni Sessanta a oggi. A tutti gli effetti, si tratta di una tempistica che nella propria ovvietà ha un che di tranquillizzante. Non si rivolge, né indirizza, a un pubblico selezionato di conoscitori della materia, per i quali sono a disposizione altri studi, altre sintesi, ma (continua a pagina 37) Edward Steichen: Lo stagno. Luna che sorge ( The Pond. Moonlight ); 1904 (The Metropolitan Museum of Art, New York).

33


L’UOMO E LA MACCHINA (ALTRO PREZIOSO CASELLARIO)

Sottotitolo: Diario di un’avventura. Altra straordinaria raccolta storica, che si allinea a Fotografia. I maestri, aggiungendovi un punto di vista mirato e finalizzato: appunto quello della raffigurazione del rapporto secolare tra l’uomo e l’industria. Ancora con cadenza cronologica, si passa dalle raffigurazioni epiche di fine Ottocento, inizio Novecento, alle origini dell’industrializzazione, per approdare alla metà del secolo scorso. Immagini spesso curiose, altrettanto frequentemente emblematiche. Trasversale a tutto, una sostanziale filosofia di fondo, che sottolinea come l’Uomo sia comunque grande rispetto i propri manufatti, che possono sovrastarlo soltanto dal punto di vista squisitamente fisico. Tema addirittura filosofico, affrontato anche da certo cinema delle origini: come non menzionare l’indimenticabile operaio Charles Chaplin, di Tempi moderni, del 1936?, autentico archetipo di una genìa che ha avuto proprie raffigurazioni anche in fotografia (tra le tante immagini allineate, una sopra tutte: quella di Lewis Wickes Hine, scattata nel 1920, dell’operaio meccanico alle prese con bulloni sovradimensionati [certificato Pompa a vapore, centrale elettrica, in questa edizione L’uomo e la macchina; e indicato Power House Mechanic, nella raccolta Photography from 1839 to today, di Taschen Verlag, dalla Collezione della George Eastman House]). In ogni caso, oltre che in assoluto, anche L’uomo e la macchina si offre e propone come casellario storico della fotografia, da intendere, acquisire e recepire come prezioso sillabario. Percorso tematico, scomposto in otto consistenti capitoli-contenitori: Industria, Imbarcazioni, Energia, Ferrovia, Visioni (fotografi al lavoro, e dintorni), Ruote, Comunicazione e Aviazione. Ancora, pochi testi, fotografie presentate in riproduzioni di dimensioni generose e stampa litografica assolutamente conveniente all’avvicinamento e comprensione del linguaggio espressivo della Fotografia: al solito, e mai in sovrabbondanza, maiuscola volontaria e consapevole.

L’uomo e la macchina; Logos, 2010; testi in italiano, spagnolo, portoghese e inglese; 600 pagine 29x29cm, cartonato con sovraccoperta; 49,95 euro.

34


Lewis W. Hine: Addetto alla manutenzione dei treni; Usa, 1925. Raduno di un motoclub; Matchless, Essex, Inghilterra, 1908. James E. Phillips: Eliche di bronzo massiccio per il transatlantico Queen Mary; Southampton, Inghilterra, 1936. Il ritratto piÚ noto di Weegee, del 1944, che è diventato il suo stesso simbolo.

35


36


(continua da pagina 33) accoglie coloro i quali, e sono molti di più, si accostano alla materia senza eccessive preinformazioni, ma con la sana voglia di conoscere, per capire, per approfondire (se sarà il caso farlo). A questo proposito, la riproduzione litografica delle immagini è a dir poco superlativa: sulle pagine in successione, ogni fotografia è presentata in dimensioni generose e stampata con impeccabile qualità formale. Così che l’avvicinamento all’espressione implicita (oltre che esplicita) è assecondato e guidato.

STORIA RACCONTATA Se di storie della fotografia ce ne sono già tante, non tutte impeccabili, non tutte attendibili (e pensiamo a qualche testo italiano, millantatore quanto inattendibile: diversi, ce ne sono), di racconti per immagini altrettanto consistenti non ce ne sono molti. Non soltanto a memoria, ma consultando la nostra libreria personale e individuale (di qualità, oltre che quantità), abbiamo rintracciato pochi titoli meritevoli di stare accanto all’attuale Fotografia. I maestri. Infatti, la cadenza di queste pagine è talmente pertinente, esatta e pedagogica, da risultare assolutamente educativa e istruttiva. Alla resa dei conti, si tratta di un casellario prezioso, addirittura indispensabile per la comprensione di quel tragitto espressivo che ha stabilito i tempi e modi del linguaggio fotografico. Tra i suoi tanti meriti, che abbiamo appena annotato, sottolineandoli, questa monografia ne ha poi un altro: quello di essere meno americanocentrica di tante altre raccolte. Il suo sguardo è adeguatamente (più) ampio, e abbraccia la Fotografia nel proprio insieme. Ovviamente, e al solito, mancano le esperienze che si sono manifestate in geografie solitamente escluse dal racconto della Storia (oriente e paesi dell’Est europeo, soprattutto). Ma, per tanti versi, molti dei quali ampiamente giustificati, è una carenza addirittura legittima, se si tiene conto che, volente o nolente, il linguaggio espressivo della fotografia è stato tracciato dal pensiero occidentale. Per quanto significative, oggi e con il senno di poi, per quanto avvincenti e convincenti, altre esperienze non hanno influito sul percorso globale, rapportandosi soltanto entro i propri confini geografici. Volendolo affrontare, questo è, non soltanto sarebbe, un discorso di approfondimento, da addetti e studiosi. Ed è quanto sta effettivamente accadendo, soprattutto in merito alla fotografia giapponese, storica come anche contemporanea, che da tempo sta vivendo una propria luminosa stagione internazionale. Lo testimoniano e certificano molte iniziative espositive e museali, tra le quali è d’obbligo ricordare il consistente programma Ineffabile perfezione. La fotografia del Giappone. 1860-1910, in cartellone a Villa Ciani, di Lugano, in Svizzera, dallo scorso ventitré ottobre (fino al prossimo ventisette febbraio): «articolata riflessione multidisciplinare esercitata su più livelli. I tre temi protagonisti della riflessione attuata dall’équipe di ricerca del Museo delle Culture, che ha lavorato per tre anni, sono: la visione occidentale, la

visione giapponese e il mezzo fotografico, che interagiscono tra loro per creare le condizioni per la rivelazione di una fenomenologia che ha come oggetto l’esplorazione della realtà giapponese e, come motore, il bisogno di conservare il ricordo di un viaggio» (dalla presentazione, in catalogo). Da questa deviazione di percorso, necessaria per identificare uno dei connotati discriminatori di qualsivoglia racconto della Storia della fotografia, compreso anche l’attuale Fotografia. I maestri, qui in passerella, prendiamo a prestito un’espressione che calza alla perfezione: “ricordo di un viaggio”. E qui, e ora, si impone la ripetizione di uno dei nostri motivi conduttori, tanti ne abbiamo. Via via richiamato a diverse visioni, tutte fotografiche, tutte rivolte nella medesima direzione, anche se via via riferite a condizioni espressive come anche a situazioni tecnologiche: qualsiasi viaggio nella vita, se non fosse intrapreso per ragioni umane e con comprensione e amore, sarebbe un viaggio assolutamente inutile. Il viaggio di Fotografia. I maestri, che possiamo compiere rimanendo nella confortevole protezione e gradito conforto delle pareti domestiche, sfogliandone le pagine, è assolutamente utile, dal momento che dà corpo e consistenza ad antichi sogni (degli autori che hanno scritto la Storia della fotografia), permettendo a noi di parteciparvi, condividendone ancora oggi le emozioni ispiratrici. Vogliamo sintetizzare in una espressione il valore di questa monografia? Facile: sillabario indispensabile, non soltanto utile, per avvicinare e conoscere la storia evolutiva del linguaggio fotografico. Hai detto poco!? ❖

Clarence Hudson White: Nudo; 1909 circa (Museum of Modern Art MoMA, New York).

Andy Warhol: Liza Minelli; 1977 (Hamburger Kunsthalle, Hamburg).

37


di Antonio Bordoni

N Muse (e Muse Double Glass), Composer e Tilt Tansformer sono i prodotti di punta del sistema Lensbaby, proiettato e orientato verso una certa interpretazione arbitraria dell’inquadratura fotografica (analogica e digitale), sia professionale sia non professionale, con distribuzione volontaria di sfocature consapevoli all’interno della composizione.

ovità dell’ultima ora, o della più recente mezz’ora, il Tilt Transformer di Lensbaby estende le possibilità espressive del sistema ottico originario -finalizzato soprattutto a sfocature volontarie all’interno di composizioni fotografiche consapevoli- alle digitali mirrorless di ultima generazione (o quasi: in questo senso, il tempo scorre straordinariamente veloce). Due le configurazioni: una per apparecchi Micro QuattroTerzi (Olympus Pen e Panasonic Lumix G Micro) e l’altra per Sony Nex [FOTOgraphia, dicembre 2010]. Entrambe per l’uso della parte ottica dell’obiettivo Lensbaby Composer o di obiettivi Nikkor. Dispositivo soltanto meccanico, il Lensbaby Tilt Transformer introduce la variante basculaggio dell’obiettivo di ripresa (Lensbaby Composer o Nikkor), che sta alla base del sistema [a pagina 41]. Dunque, alla luce delle tecnologie attuali, date le caratteristiche dei corpi macchina, si estende dalla ripresa fotografica alla registrazione video: anche di queste accelerazioni espressive possibili e potenziali debbono tenere conto coloro i quali, sprovveduti e ignoranti della materia (quanti ce ne sono!), continuano a contrapporre la tecnologia analogica all’attualità digitale, spendendo soltanto parole di assoluta incompetenza. Personalmente, noi non sposiamo alcuna teoria, almeno a priori; però, amiamo essere coscienti e informati dei termini delle singole questioni: anche di questa! La recente soluzione/interpretazione Lensbaby Tilt Transformer si aggiunge a una offerta fotografica consistente. Per quanto giovane di una mezza dozzina di anni, soltanto, Lensbaby è già una solida realtà della fotografia, soprattutto in geografie nelle quali alla inutilità di certe parole (italiane, so-

Evolutosi anche (soprattutto?) verso l’acquisizione digitale di immagini, con accessori mirati, sia in ambito professionale, sia nella fotografia di ricerca (individuale), il sistema di obiettivi Lensbaby conferma la propria vocazione creativa: ovverosia, di interpretazione personalizzata della raffigurazione fotografica, in proiezione di avvincente rappresentazione visiva. Allo stesso momento, ribadisce una sostanziosa sollecitazione verso applicazioni intelligenti dell’esercizio fotografico. E poi, sottolinea come e quanto la differenza la faccia sempre e comunque il fotografo, a dispetto di coloro i quali, non certo noi, continuano a elevare l’apporto formale degli strumenti ben oltre ciò che effettivamente possono valere ed esprimere. Diamine

38

AUTOSFOCUS!


Fotografia realizzata con Lensbaby Tilt Transformer e AF-S Nikkor 50mm f/1,4G (fotografia di Keri Friedman).

Fotografia realizzata con Lensbaby Tilt Transformer e Carl Zeiss ZF Distagon T* 25mm f/2,8 (fotografia di David Akoubian).

39


(centro pagina) Fotografia realizzata con Lensbaby Tilt Transformer e AF-S Nikkor 50mm f/1,4G (fotografia di Keri Friedman).

prattutto) si preferisce la positività dell’azione fotografica reale: inquadratura, composizione e scatto in relazione al princìpio espressivo basilare che alla resa dei conti è determinante soltanto perché lo si fa, indipendentemente dal come.

ALLA BASE Fotografia realizzata con Lensbaby Tilt Transformer e AF Nikkor 20mm f/2,8D (fotografia di Jamie Bosworth).

(a destra) Fotografia realizzata con Lensbaby Tilt Transformer e AF-S Nikkor 50mm f/1,4G (fotografia di Craig Strong).

(pagina accanto) Fotografia realizzata con Lensbaby Tilt Transformer e AF-S Nikkor 50mm f/1,4G (fotografia di Tyson Robichaud).

40

Gli obiettivi Lensbaby capostipiti sono realizzati in tre versioni differenti. Si tratta di una produzione fotografica statunitense, da Portland, nell’Oregon. L’annotazione non è secondaria, né, tantomeno, superflua: in ripetizione e conferma, sottolinea subito uno spirito leggero, ma consistente, nei confronti dell’immagine e della tecnica, del quale si faccia prontamente tesoro, dando spazio e merito

a quell’atteggiamento concreto e pragmatico che antepone i contenuti alla forma (apparente). Per certi versi, il sistema ottico Lensbaby appartiene alla fantastica e affascinante genìa di strumenti creativi per vocazione e intenzione esplicita, tutti proiettati ad approfondimenti di linguaggio e fantasia applicata, della quale fa parte, tanto per esemplificare, la coinvolgente e prolifica esperienza Holga e dintorni (FOTOgraphia, febbraio 1998, settembre 1998, giugno 2001, marzo 2002 e settembre 2005). In pratica, al pari di altre dotazioni tecniche di spiccata personalità, gli obiettivi Lensbaby proiettano lo scatto fotografico verso interpretazioni par-

ticolari nella forma, quanto significative nei contenuti. Sottolineiamolo: non è soltanto un gioco fine a se stesso, pure se per qualcuno potrebbe anche esserlo (e sono fatti suoi), ma una fonte espressiva da mettere proficuamente a frutto. Un per l’altro, con proprie configurazioni ottiche e costruzioni meccaniche autonome, i tre Lensbaby sono obiettivi per reflex 35mm (a pellicola, piuttosto che ad acquisizione digitale di immagini: a ciascuno, la propria), in montatura flessibile a messa a fuoco e sfocatura controllata. Appunto costruito soprattutto sulla sfocatura volontaria di porzioni del soggetto inquadrato, l’effetto fotografico finale si basa sulla pertinente combinazione di due componenti ottiche: l’accomodamento selettivo della mes-


sa a fuoco e il basculaggio meccanico/ottico (inclinazione) rispetto il piano immagine, appunto governato sulla montatura flessibile dell’obiettivo. Il princìpio ottico e fotografico è noto e conosciuto. L’alterazione della posizione originaria e basilare dell’obiettivo di ripresa, non più rigorosamente perpendicolare al piano immagine, al centro della sua area, modifica la proiezione ottica. In molti casi, questa inclinazione (o basculaggio) è pertinentemente finalizzata all’estensione della nitidezza: per e con soggetti collocati su piani successivi. Quindi, in applicazione opposta e volontaria, può essere interpretata all’esatto contrario: per la contrazione consapevole della nitidezza, limitata a un solo piano del soggetto inquadrato.

TRE VOLTE LENSBABY

Lensbaby è il prodotto. Lensbabies, l’azienda produttrice. Lensbaby è l’obiettivo in montatura flessibile, per reflex 35mm (a pellicola) e reflex digitali derivate. Lensbaby è disponibile in tre diverse versioni. Quello che oggi viene definito Muse, un tempo identificato come l’Originale, è l’obiettivo Lensbaby a una sola lente, con lunghezza focale prossima a 50mm (che diventano 65mm con le reflex di maggiore tiraggio tra la montatura dello stesso obiettivo e il piano immagine). L’estensione della sua montatura flessibile in gomma consente un accomodamento da ventitré centimetri, che si combinano con la simultanea inclinazione possibile rispetto al piano immagine, Lensbaby Muse e Muse Double Glass sono gli obiettivi a una e due lenti, rispettivamente, per conseguenti distribuzioni con lunghezza focale prossima ai 50mm. volontarie e arbitrarie La montatura flessibile in gomma consente della nitidezza. Diaframmi mobili, sia la massa a fuoco, da 23cm, da collocare manualmente sia il basculaggio rispetto il piano immagine. sulla lente frontale, controllano Per sfocature orientate volontariamente. la luminosità in entrata: f/2, f/2,8, f/4, f/5,6 e f/8. In montatura per reflex 35mm e digitali Canon e Nikon. Nella propria sostanza, la versione Lensbaby Muse Double Glass, già Lensbaby 2.0, riprende i termini tecnici caratteristici del precedente: focale 50mm; a fuoco da 23cm; set di diaframmi mobili, a collocazione magnetica, per aperture relative nell’identica sequenza fotografica; in montatura fissa per reflex 35mm e digitali in gamma uguale al successivo Composer. La differenza fotografica riguarda il gruppo ottico, formato da un doppietto (due lenti, da cui la definizione “Double Glass” e la precedente identificazione “2.0”), con identica scala dei diaframmi: f/2, f/2,8, f/4, f/5,6 e f/8. Quindi, da tempo annullata la versione Lensbaby 3G, che riprendeva la costruzione ottica dell’obiettivo 2.0/Double Glass, in una montatura dotata di fini regolazioni micrometriche, lo spirito originario non è stato tradito dal Composer. La montatura flessibile su sfera è sempre a movimento libero; però, una volta raggiunta la regolazione desiderata, l’operatore può bloccarla definitivamente, senza doverla mantenere “a mano”. Con una messa a fuoco da 46cm, la collocazione dei diaframmi mobili alla lente frontale è magnetica, con scala estesa: f/2, f/2,8, f/4, f/5,6, f/8, f/11, f/16 e f/22. Come il Lensbaby Muse Double Glass, Lensbaby Composer è dotato di montatura in montatura per reflex 35mm flessibile su sfera, sempre a movimento libero. e digitali Canon, Nikon, Olympus E, Pentax e Sony (in baionetta utilizzabile Una volta raggiunta la regolazione desiderata, l’operatore può bloccarla definitivamente, con reflex delle precedenti genìe senza doverla mantenere “a mano”. Konica-Minolta e Minolta). Infine, per i tre Lensbaby sono disponibili kit ottici aggiuntivi, da collocare al posto dei gruppi ottici originari, rispettivamente indirizzati alla fotografia macro, all’inquadratura macro grandangolare e alle conversioni grandangolare e tele. Ma anche, e ancora: Soft, sostanzialmente etereo, ribadito dalla versione Double Glass, con spot di fuoco nitido, circondato da una diffusione fino ai bordi dell’inquadratura; Fisheye, per visioni a occhio di pesce; Pinhole semplice (f/177) e Zone Plate, che aggiunge la resa a fuoco morbido in una composizione comunque sia a foro stenopeico (Pinhole f/19) [esempi sono pubblicati a pagina 44]. Distribuzione: RaMa, via Aldo Moro 5/2, 35027 Noventa Padovana PD; www.ramaidea.it, info@ramaidea.it.

41


BASCULAGGIO MIRRORLESS

Tilt Transformer è un dispositivo meccanico in montatura per digitali mirrorless della genìa Micro QuattroTerzi (Olympus Pen e Panasonic Lumix G Micro) e Sony Nex [FOTOgraphia, dicembre 2010]. Può utilizzare sia la componente ottica Composer Front Focus del Lensbaby Composer, sia obiettivi Nikkor (e Zeiss ZF): in entrambe Baionetta Nikon Pulsante di blocco dell’obiettivo

Anello di blocco del basculaggio Lensbaby Tilt Transformer

le combinazioni -gruppo ottico Composer o obiettivi Nikkor-, per fluidi movimenti rotatori di basculaggio controllato e bloccabile in posizione raggiunta, fino a 12,9 gradi di inclinazione, in ogni direzione, senza soluzione di continuità. La sua sfera di rotazione è ereditata dall’obiettivo Composer.

Ghiera di messa a fuoco Gruppo ottico

Baionetta Nikon Lensbaby Composer (gruppo ottico)

Lensbaby Tilt Transformer con Composer

Su digitali mirrorless Micro QuattroTerzi e Sony Nex

Lensbaby Tilt Transformer più gruppo ottico Composer (in baionetta Nikon): uguale sistema di basculaggio per digitali mirrorless Micro QuattroTerzi e Sony Nex. Baionetta Nikon

Ghiera di messa a fuoco

Pulsante di blocco dell’obiettivo

Anello di blocco del basculaggio Lensbaby Tilt Transformer

Obiettivo Nikkor

Lensbaby Tilt Transformer con obiettivo Nikkor

Su digitali mirrorless Micro QuattroTerzi e Sony Nex

Lensbaby Tilt Transformer più obiettivo Nikon Nikkor: uguale sistema di basculaggio per digitali mirrorless Micro QuattroTerzi e Sony Nex.

Basculaggio del Lensbaby Tilt Transformer attorno l’asse verticale; con AF-S Nikkor 24mm f/1,4G ED (fotografia di David Akoubian). (a sinistra, in alto) Basculaggio del Lensbaby Tilt Transformer attorno l’asse orizzontale; con AF-S Nikkor 50mm f/1,4G (fotografia di Keri Friedman). (a sinistra) Basculaggio combinato del Lensbaby Tilt Transformer attorno gli assi orizzontale e verticale (diagonale); con AF-S Nikkor 50mm f/1,4G (fotografia di Tyson Robichaud). Lo stesso effetto (espressivo? creativo?) di sfocatura volontaria e consapevole, distribuita all’interno della composizione fotografica, si ottiene con i Lensbaby Muse a una lente (con reflex 35mm e digitali Canon e Nikon), Muse a due lenti e Composer (entrambi con reflex 35mm e digitali Canon, Nikon, Olympus E, Pentax e Sony).

42


IN ATTUALITÀ (DAL PASSATO) In definitiva, come hanno insegnato le lezioni specifiche della fotografia a corpi mobili (soprattutto con apparecchi grande formato a banco ottico e/o folding), si tratta di orientare diversamente il piano di messa a fuoco, per svincolare l’estensione avanti-indietro della profondità di campo dall’originaria distribuzione perpendicolare/parallela al piano immagine. L’intenzione Lensbaby, che ne fa bandiera e motivo conduttore, è completamente rivolta alla interpretazione creativa del soggetto, costruito in inquadrature e composizioni di forte connotazione visiva: distribuzione volontaria di una nitidezza estremamente selettiva all’interno di sfocature arbitrarie. Il tutto, va sottolineato una volta ancora, sia con pellicola chimica tradizionale 24x36mm sia in più probabile acquisizione digitale di immagini, con sensori di dimensioni inferiori o uguali, che tra l’altro permette la verifica immediata del risultato. E che, con reflex di ultima generazione, estende questa creatività potenziale anche alla ripresa video, addirittura in HD! La differenza tra la famiglia Lensbaby e gli obiettivi basculabili e decentrabili presenti in taluni sistemi ottici di profilo alto è sostanziale. Anzitutto, riguarda la pratica e agevole azione diretta sulla montatura flessibile, che attiva immediatamente infinite interpretazioni del campo inquadrato; in secondo luogo, non certo secondario, si basa su una economia di spesa estremamente contenuta. Rispetto gli obiettivi specialistici, che si accompagnano con costi di vendita sempre impegnativi (proporzionali alle raffinate prestazioni fotografiche che offrono e consentono), gli

Fotografia realizzata con Lensbaby Muse Double Glass (fotografia di Peggy Dyer).

Fotografia realizzata con Lensbaby Tilt Transformer e AF-S Nikkor 35mm f/1,4G (fotografia di Tyson Robichaud).

43


ALTRO ANCORA

Allineato allo spirito della fotografia arbitraria, estranea alle dotazioni ottiche di maggiore prestigio, il sistema Lensbaby offre altre opportunità. Plastic Optic realizza un effetto soft, sostanzialmente etereo, ribadito dalla versione Double Glass Optic, con spot di fuoco nitido, circondato da una diffusione fino ai bordi dell’inquadratura.

Fotografie realizzate con Lensbaby Pinhole (dall’alto: fotografie di Craig Strong, Jerome Hart e Keri Friedman).

44

Quindi, lo rivela presto la definizione, Fisheye Optic si aggiunge al Composer, per visioni a occhio di pesce. Infine, due interpretazioni della fotografia senza obiettivo: Pinhole semplice (f/177) e Zone Plate, che aggiunge la resa a fuoco morbido in una composizione comunque sia a foro stenopeico (f/19).

obiettivi Lensbaby sono economicamente confortevoli. Costano poche centinaia di euro e sono estremamente agili.

VALORE PROFONDO A parte, sintetizziamo le note tecniche dei tre obiettivi Lensbaby (Composer, Muse e Muse Double Glass; a pagina 41), mentre qui è doveroso ribadirne i contenuti qualificati. Come visualizzano gli

esempi pubblicati in queste pagine, si tratta di interpretazioni arbitrariamente personali e personalizzate della realtà. Ovverosia, di una fotografia che acquisisce i termini della propria vantata “creatività” nell’alterazione volontaria dei soggetti inquadrati, sistematicamente esaltati in composizioni costruite con abili e intelligenti piani selettivi di nitidezza e sfocatura. È una moda? Magari, vorremmo che lo diventas-


Fotografia realizzata con Lensbaby Muse (fotografia di Jerome Hart).

Fotografia realizzata con Lensbaby Muse Double Glass (fotografia di Lisa Smith Studios).

se anche; ma non nei termini della propria espressione effimera, quanto in quelli di una ragionata e consapevole costruzione fotografica orientata verso stagioni espressive che diano piacere e gioia individuale e collettiva all’esercizio stesso della fotografia. Ăˆ un momento passeggero? Non sia mai! La fotografia ha tanto bisogno di invenzioni e creazioni, sia nella propria personalitĂ chimica (argentica), sia in quella digitale. Inoltre, come spesso annotiamo

Fotografia realizzata con Lensbaby Muse Double Glass Macro (fotografia di Kai Godehusen).

45


46


e sottolineiamo, l’intero mondo della fotografia non può che trarre proficui e concreti benefici da proposte e proposizioni che sollecitano la mente e il cuore di chi scatta, quali sono quelle indotte dall’uso accorto e avveduto degli obiettivi Lensbaby. Infatti, a ben guardare, un mondo che può contare anche su queste espressioni tecniche è un mondo ricco e vivace. Invece, e al contrario, un mondo che rifiuta l’arbitrarietà espressiva non può che richiudersi in se stesso e nei propri sterili piagnistei commerciali. Una volta ancora, mai una di troppo: a ciascuno, le proprie intenzioni. A qualcuno, l’esercizio attivo della fotografia, con gratificazioni conseguenti; ad altri, il piagnisteo. Noi stiamo con coloro i quali agiscono, invece di parlare soltanto. Con coloro i quali esercitano la fotografia, professionale e individuale non importa, ne traggono gratificazione e ne distribuiscono attorno a loro. A piene mani. ❖

Fotografia realizzata con Lensbaby Muse e grandangolare 0,6x (fotografia di Luca Lacche). (pagina accanto, dall’alto) Fotografia realizzata con Lensbaby Muse (fotografia di Oliver Tudoras). Fotografia realizzata con Lensbaby Muse Double Glass e grandangolare 0,6x (fotografia di Lisa Smith Studios). Fotografia realizzata con Lensbaby Composer (fotografia di Peggy Dyer). Fotografia realizzata con Lensbaby Muse (fotografia di Heather Jacks).

47



ROSSO GIALLO BLU (E NERO) di Maurizio Rebuzzini

E

ccoli! Rosso, giallo, blu (e nero, naturalmente) sono i colori che Oliver Byrne ha utilizzato per dare evidenza e risalto, oltre che facilità di lettura, alle figure e schemi della più insolita tra le traduzioni (e adattamenti) delle considerazioni matematiche e geometriche di Euclide, pubblicata in Gran Bretagna, nel 1847, da William Pickering, con stampa di Chiswick Press. Riproposte in avvincente anastatica dal colto e temerario Taschen Verlag, sempre lui!, immancabilmente lui!, queste tavole (antiche/rivisitate) spingono e costringono a pensare alla pittura moderna successiva, da Mondrian, prima di altri, al suprematismo russo (Kazimir Malevich e seguaci): The Elements of Euclide, con edizione Los Elementos de Euclides comprensiva di testi in italiano (e spagnolo e portoghese), a cura di Werner Oechslin. L’autore Oliver Byrne, del quale è stato rispettato lo spirito e sono stati mantenuti i propositi, mette presto in chiaro di aver adottato una misura didattica, destinata a distinguere la sua da ogni altra edizione di Euclide. Nel sottotitolo, annuncia esplicitamente di essersi limitato ai primi sei libri degli Elementi, che ne comprendono tredici [al proposito, in italiano: Euclide. Tutte le opere, a cura di Fabio Acerbi; Bompiani, 2008; 2720 pagine 15x21cm, cartonato con sovraccoperta; 41,00 euro]; dunque, in questa autorevo-

Avvincente e affascinante anastatica Taschen di una edizione vittoriana degli Elementi di Euclide, che il curatore originario Oliver Byrne ha realizzato colorando in modo vistoso gli schemi e la simbologia, per facilitarne l’apprendimento. Alla resa dei conti, ciascuna per sé e tutte in combinazione, l’insieme delle tavole spinge e costringe a pensare alla pittura moderna, da Mondrian al suprematismo russo di Kazimir Malevich. E la fotografia? È perfino scontato (?): il fotografo (e scrittore di fotografia) possessore di visioni allargate ad altre discipline, apparentemente distanti, probabilmente estranee, è sicuramente avvantaggiato. Forse. Almeno, lo speriamo 49


Gli Elementi di Euclide: Libro IV - VIII. Nel quadrato dato inscrivere un cerchio.

le interpretazione degli Elementi di Euclide (lo scriviamo in italiano) gli schemi colorati e la simbologia interpretata sono finalizzati alla migliore facilità di apprendimento. Ma quella di Oliver Byrne non è stata soltanto un’azione formale, di forma, ma si è allungata sui contenuti, ai quali ha offerto un’apparenza esplicita e inequivocabile, oltre che fascinosa. Non si è limitato alla supposta struttura intuitiva “logica” del pensiero di Euclide, ma ha dato corpo sostanzioso ai suoi teoremi. Alzi la mano chi non conosce i primi due teoremi di Euclide, sui quali si basa tutta la geometria, così come ancora oggi l’intendiamo. I due teoremi dipendono da cinque postulati: Uno, È sempre possibile tracciare una retta tra due punti qualunque; Due, È sempre possibile prolungare una linea retta; Tre, È sempre possibile costruire una circonferenza di centro e raggio qualunque (ossia è sempre possibile determinare una distanza maggiore o minore); Quattro, Tutti gli angoli retti sono tra loro congruenti; Cinque, Data una retta Gli Elementi di Euclide; anastatica dell’edizione 1847, di Oliver Byrne; a cura di Werner Oechslin; Taschen Verlag, 2010 (distribuzione Inter Logos, strada Curtatona 5/2, Località Fossalta, 41100 Modena; 059-412648; www.books.it); testi critici in italiano (spagnolo e portoghese); 300 più 96 pagine 18,7x23,3cm, cartonato, in cofanetto; 39,99 euro.

50


e un punto a lei esterno, esiste un’unica retta parallela passante per detto punto. Da cui (illustrazione rosso, giallo, blu e nero, di Oliver Byrne, in frontespizio [a pagina 49], oltre che in copertina, che non possiamo non riferire alla pittura moderna successiva di Mondrian e Kazimir Malevich, sopra tutto e tutti): ❯ Primo teorema di Euclide: In un triangolo rettangolo, il cateto è medio proporzionale tra la sua proiezione sull’ipotenusa e l’ipotenusa stessa [ovvero, In un triangolo rettangolo, il quadrato costruito su un cateto è equivalente al rettangolo che ha per dimensioni la sua proiezione sull’ipotenusa e l’ipotenusa stessa]. ❯ Secondo teorema di Euclide: In un triangolo rettangolo, l’altezza relativa all’ipotenusa è medio proporzionale tra le proiezioni dei cateti sull’ipotenusa [ovvero, In ogni triangolo rettangolo il quadrato costruito sull’altezza relativa all’ipotenusa è equivalente al rettangolo avente i lati congruenti alle proiezioni dei cateti sull’ipotenusa]. Ora, non stiamo qui a evocare stagioni fotografiche durante le quali una certa consapevolezza geometrica è arrivata anche a definire talune differenze, per esempio nell’uso certo e consapevole dei corpi mobili degli apparecchi grande formato, siano stati a banco ottico piuttosto che folding (a base ribaltabile). Però! Però, le lezioni antiche di Euclide (ancora: Un punto è ciò che è privo di parti; ancora: Una linea è una lunghezza senza larghezza) non si esauriscono nella propria referenza matematica e geometrica originaria: si proiettano nella filosofia dell’esistenza. In allungo, sul pensiero della fotografia. Perché no? Da cui, la traduzione di Oliver Byrne in diagrammi colorati e riferimenti semplificati equivale alla sequenza dei gessi colorati che sulla lavagna dell’età scolare ci hanno introdotti alla Vita. Se ci pare poco!

UN COLORE DOPO L’ALTRO Rimarchevole esempio di manualistica (?) vittoriana, Elementi di Euclide (in italiano) è considerato come uno dei più singolari e incantevoli libri del Diciannovesimo secolo. Oltre l’anastatica dall’originaria redazione di Oliver Byrne (probabilmente 1810-1880, scrittore irlandese e ingegnere civile della cui vita si sa poco), l’attuale affascinante edizione di Taschen Verlag comprende un secondo volume in accompagnamento, con due saggi esplicativi dello storico svizzero dell’arte Werner Oechslin: testi dei quali fare tesoro. Nell’opera originaria, ora in fedele anastatica, il testo inglese (esistono traduzioni italiane di facile reperimento) si accompagna con un affascinante tripudio di rosso, giallo e blu. In alcune pagine, solo lettere e numeri sono stampati a colori, e vivacizzano le facciate come piccoli fiori selvatici. Altrove, solidi quadrati, triangoli e cerchi sono stampati in colori accesi (rosso, giallo e blu), fino a manifestare una coinvolgente miscela di brio, vivacità e spigliatezza, che sono la

Gli Elementi di Euclide: Libro VI - I. I triangoli e i parallelogrammi che sono sotto la stessa altezza sono tra loro come le basi.

base concettuale ed espressiva di tanta arte moderna, che si sarebbe manifestata decenni dopo (il 1847 di edizione originaria) e millenni dopo le schematizzazioni di Euclide. Adesso, possiamo interpretare anche così la successione di queste pagine, ovvero l’inseguimento delle tavole che si rincorrono una dopo l’altra, una a conseguenza della precedente, una a introduzione della successiva. È arte, quella che ispirano questi schemi, perlomeno nei termini e riferimenti già riportati (sopra tutto Mondrian e il suprematismo russo di Kazimir Malevich)? Richiamando princìpi di estetica, comunicazione, linguaggio e quanto altro interviene nel processo creativo, sono autentiche opere d’arte! (Vincent Van Gogh: «Spesso le persone fanno arte, ma non se ne accorgono»; Albert Einstein: «L’arte suprema di un maestro è la gioia che si risveglia nell’espressione creativa e nella conoscenza»; Paul Klee: «L’arte non riproduce il visibile; piuttosto, crea il visibile»; Theodor W. Adorno: «Il compito attuale dell’arte è di introdurre il caos

(pagina successiva, in alto) Gli Elementi di Euclide: Libro I - XXXIX. I triangoli uguali che sono sulla stessa base e dalla stessa parte sono anche nelle stesse parallele.

A CURA DI

Werner Oechslin (1944), che ha curato l’anastatica Taschen Verlag degli Elementi di Euclide (una volta ancora, in italiano), compilando altresì due consistenti saggi di accompagnamento, ha studiato storia dell’arte, archeologia, filosofia e matematica. Dopo il dottorato a Zurigo, nel 1970, ha insegnato all’autorevole MIT (Massachusetts Institute of Technology, di Cambridge, alle porte di Boston, Stati Uniti) e alla celebre Harvard University. Dal 1985, è stato professore presso lo Swiss Federal Institute of Technology, dove ha diretto l’Istituto per la Storia e Teoria dell’Architettura. La sua ricerca si concentra sulla teoria e la storia culturale dell’architettura, sapendo conciliare tra loro discipline che la cultura occidentale tende a separare: filosofia, umanesimo, matematica. Recentemente, ha pubblicato Palladianismus. Andrea Palladio Kontinuität von Werk und Wirkung (Gta Publishers, 2008); ha fondato e dirige la Bibliothek Werner Oechslin, di Einsiedeln, nel Canton Svitto, Svizzera.

51


CHI ERA, COSTUI?

Euclide è stato un matematico greco antico, che molto probabilmente visse durante il regno di Tolomeo I (si presume dal 367aC al 283aC). Sicuramente, è stato il più importante matematico della storia antica, e uno dei più importanti e riconosciuti di ogni tempo e luogo. Euclide è noto soprattutto come autore degli Elementi, la più importante opera di geometria dell’antichità; tuttavia, di lui si sa pochissimo. È menzionato in un brano di Pappo, ma la testimonianza più importante, sulla quale si basa la storiografia che lo riguarda, viene da Proclo, che lo colloca tra i più giovani discepoli di Platone. Testuale: «Non molto più giovane di loro, Ermotico di Colofone e Filippo di Medma, è Euclide; egli raccolse gli Elementi, ne ordinò in sistema molti di Eudosso, ne perfezionò molti di Teeteto, e ridusse a dimostrazioni inconfutabili quelli che suoi predecessori avevano poco rigorosamente dimostrato. Visse al tempo del primo Tolomeo, perché Archimede, che visse subito dopo Tolomeo primo, cita Euclide; e anche si racconta che Tolomeo gli chiese una volta se non ci fosse una via più breve degli Elementi per apprendere la geometria; ed egli rispose che per la geometria non esistevano vie fatte per i re. Euclide era dunque più giovane dei discepoli di Platone, ma più anziano di Eratostene e di Archimede, che erano tra loro contemporanei, come afferma in qualche luogo Eratostene. Per le idee, Euclide era platonico e aveva molto familiare questa filosofia, tanto che si propose come scopo finale di tutta la raccolta degli Elementi la costruzione delle figure chiamate platoniche» (Proclo, Comm. Eucl., II, 68). Particolarmente significativa è la circostanza che lo accosta a Tolomeo I, perché induce a collocarne l’attività principale all’inizio del Terzo secolo avanti Cristo e fa supporre che Tolomeo stesso lo abbia chiamato ad operare nella Biblioteca di Alessandria e nell’annesso Museo. Controversa è invece la notizia secondo la quale sarebbe stato un platonico convinto. Oggi prevale la tendenza a considerare questo giudizio come privo di fondamento e dettato verosimilmente dal desiderio di Proclo di annettere il più grande matematico dell’antichità alla schiera dei neoplatonici, alla quale lui stesso apparteneva.

Gli Elementi di Euclide: Libro V - Termini. Rapporto di due grandezze omogenee è la maniera di relazione secondo il valore. Gli Elementi di Euclide: Libro III - XXII. Gli angoli opposti dei quadrilateri nei cerchi sono uguali a due retti.

52

nell’ordine»; Thomas S. Eliot: «L’arte non migliora mai, ma... il materiale dell’arte non è mai esattamente lo stesso»; Eugene Ionesco: «Un’opera d’arte è soprattutto un’avventura della mente»; Neal Cassady: «L’arte è buona quando muove dalla necessità; questo tipo di origine ne garantisce il valore, e nient’altro»; Lindsay Anderson: «L’arte è esperienza, non la formulazione di un problema»; Henry Miller: «L’arte non insegna niente, tranne il senso della vita»).

FOTOGRAFIA? Cosa ha a che fare tutto questo con la fotografia, oppure la Fotografia? Forse poco, se non già nulla del tutto. Ci si può occupare di fotografia e Fotografia senza conoscere Euclide, e magari ignorando pure Mondrian e Kazimir Malevich, ai quali ci siamo esplicitamente richiamati, in allungo. Si può essere bravi fotografi e eccellenti scrittori di fotografia, senza dover necessariamente incappare in tali e tante figure. Ma! Ma il fotografo (e scrittore di fotografia) possessore di visioni allargate ad altre discipline, apparentemente distanti, probabilmente estranee, è sicuramente avvantaggiato. Magari, non ne trarrà vantaggi concreti e tangibili, tradotti in redditività di impresa. Però, la differenza che queste conoscenze e competenze fanno nella sua vita è qualcosa di più, perché migliore, non pagabile, non acquistabile con altri sistemi che con la propria volontà e disponibilità. Del resto, il ragionamento è sempre lo stesso, ed è immancabilmente trasversale a questa edizione giornalistica. La fotografia non sia mai arido punto di arrivo ma straordinario s-punto di partenza. Tra insegnamento e apprendimento della Fotografia (sì, maiuscola), verso la Vita (sì, ancora maiuscola), si deve essere coscienti e consapevoli che nessuno di noi è stato obbligato (da vicende avverse) ad occuparsi di fotografia. Non cerchiamo mai parole, persone ed esperienze altrui che facciano la differenza nelle nostre esistenze. A volte, però, le incontriamo. Altrimenti. Da e con Enzo Jannacci: «Come gli aeroplani, che si parlano tra di loro / e discutono e non si dicono mai niente». ❖


trentadue visioni più una dalla Collezione di Maurizio Rebuzzini fotografie di Irving e Paula Klaw a cura di Filippo e Maurizio Rebuzzini responsabile del progetto e art director Gaetano La Mantia

via San Giorgio 3, 40121 Bologna 340-0710216 www.contemporaryconcept.it info@contemporaryconcept.it

Con il contributo di

Dall’11 dicembre all’11 febbraio 2011 lunedì-venerdì 9,30-13,00 - 15,30-19,00 sabato 10,00-19,00 domenica su appuntamento

I AM BETTY PAGE


BEPPE BOLCHI DELPHINE WARIN / PARIS PHOTO

54

Torno a Paris Photo per l’edizione 2010, dello scorso novembre, dal diciassette al venti, dopo qualche anno di assenza, ma con l’entusiasmo di sempre, per verificare cosa sia cambiato nel mondo della fotografia fine art, oppure, meglio, nel mercato della fotografia d’autore. In questi ultimi tempi, ho sofferto (come tanti) la situazione economica generale, sopravvivendo grazie a diversificazioni e sacrifici, ma non rinunciando alla ricerca personale, linfa vitale per chiunque voglia mantenersi vivo e aggiornato


PARIGI CAPITALE di Beppe Bolchi

T

orno a Paris Photo, combinandola con l’evento di FotoFest Paris [pagine a seguire]: un esame di coscienza, un esame di maturità, per chi voglia continuare e continuare a crescere. Sono stato a Paris Photo 2010 da Fotografo (maiuscola volontaria e consapevole), e esprimo le mie impressioni e opinioni da Fotografo. Ho già avuto modo di spiegare le mie motivazioni in altri tempi [soprattutto, al rientro dalle edizioni 2002, 2003 e 2004 dell’appuntamento parigino; rispettivamente, in FOTOgraphia dell’aprile 2003, marzo 2004 e dicembre 2004], ma la ripetizione si impone: fondamental-

mente, sento il bisogno e la necessità di sapere cosa succede, dove la Fotografia è regina e non trascurata, come da noi in Italia. Poiché nessuno, o quasi, ne parla, informa, documenta, mi arrangio da solo, e spero di essere utile a chi, come me, sa di poter produrre immagini degne di attenzione e stimolanti, ma non trova sbocchi locali, se non limitati, pur se moralmente gratificanti, ma assolutamente deludenti dal punto di vista economico. Sono andato a Paris Photo 2010 anche per gustarmi la più grande, più importante e avvincente mostra di Fotografia che si riesca mai a organizzare e visitare. È vero che è una mostra mercato,

(pagina accanto) L’accesso al Carrousel du Louvre, in rue de Rivoli, dove si è svolto Paris Photo 2010. All’interno, elegante percorso, con prestigiose presenze commerciali, fino all’ingresso del Musée du Louvre, con gli spazi riservati alla prestigiosa manifestazione fotografica.

Gustave Le Gray: Salves de la flotte française à Cherbourg; agosto 1858. Stampa all’albumina 22x28,5cm, da due negativi al collodio umido (uno per le alte luci, uno per le basse luci); quotazione centocinquantamila dollari.

Abelardo Morell: Camera Obscura: View of the Roman Forum in the City Hall Office; 2010 (cortesia Bonni Benrubi Gallery, New York).

55


August Sander: View from the Wolkenburg at the Loewenburg; 1930; stampa vintage (© Die Photographische Sammlung / SK Stiftung Kultur - August Sander Archiv, Köln; VG Vild-Kunst, Bonn).

(pagina accanto) Michael Eastman: Elevator Altar, Toronto; 2008 (cortesia Barry Friedman, New York).

André Kertész: Montmartre; 31 ottobre 1963 (© Estate of André Kertész / Higher Pictures; cortesia Stephen Bulger Gallery).

ma dove e quando c’è mai la possibilità di vedere quasi quattromila fotografie, tutte insieme, le une accanto alle altre? Tutte stampate in modo superlativo, magari ammucchiate, ma tutte ben godibili, ben illuminate, ben documentate, ben presentate: come dovrebbe essere sempre. Ma! Dagli albori ai nostri giorni, dai pionieri agli sperimentatori, attraverso tutti i generi e tutti i temi, è un appuntamento che meriterebbe escursioni in massa e visite guidate, coinvolgendo scuole, istituzioni e stampa specializzata. E non si tratta solo di cultura, come ho appena accennato: c’è un mercato da esplorare e sfruttare. Penso al Ministero dello Sviluppo Economico - Commercio internazionale, al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, sopra tutti, e giù attraverso le istituzioni locali e le associazioni di categoria. Penso, e basta, perché solo qualche volenteroso italiano si sobbarca l’onere del viaggio e della visita? Oltretutto, come ho fatto io, la maggior parte lo fa per puro interesse personale, senza poi offrirne nessuna goccia agli altri. Ma chi parla e scrive di fotografia, non dovrebbe essere aggiornato? Non sente il bisogno e il dovere, magari anche il piacere, di capire, vedere, approfondire e divulgare? Domande senza risposta, purtroppo.

A PARIGI Mi ritrovo al Carrousel du Louvre solo, ma non sperduto, per godermi questa scorpacciata di Fotografie e me le godo tutte. Quasi quattromila, ho conteggiato; basandomi sulla documentazione disponibile, rilevo che sono di circa seicentocinquanta autori, il che significa una media di sei opere esposte per ciascuno. Non male, anche per avere una idea abbastanza probante del lavoro di ognuno di loro. Certo, se quattromila fotografie possono apparire tante, seicentocinquanta autori sono una folla, anche perché,

56


EDIZIONE DI PRESTIGIO

ovviamente, la maggior parte è poco conosciuta. È anche vero che la presenza di autori da venticinque paesi, pur frammentando oltremodo l’offerta, consente di dare e avere una visione talmente ampia da lasciare disorientati. Forse. Così, per non perdere il filo del discorso, individualmente e personalmente mi sono soffermato soltanto sulle immagini che avrebbero potuto coinvolgermi, attirandomi per la propria bellezza estetica e/o per il messaggio implicito che contengono; volutamente, ho trascurato i nomi conosciuti e celebrati, per privilegiare i contenuti di una fotografia ad ampio raggio. Potrebbe sembrare un paradosso, considerato che il mercato è prevalentemente scandito proprio dai nomi conosciuti e celebrati, ma io non sono stato a Paris Photo 2010 per comprare, bensì per capire.

IN DETTAGLIO Le mie fotografie favorite? Facile, per chi mi conosce. Le nuove immagini di Abelardo Morell [autore già presentato da FOTOgraphia, nel luglio 2006, unica rivista fotografica italiana ad essersene occupata, a conoscere i suoi straordinari progetti] mi hanno lasciato senza fiato. La Camera Obscura è sempre al centro delle sue intuizioni e intenzioni, ma questa volta ha abbandonato il foro stenopeico e il bianconero, per dedicarsi al colore e alla ricerca di superfici autenticamente inusuali, che hanno fatto da supporto alle sue visioni paesaggistiche. Oltre le tradizionali pareti, con la pienezza del colore e raddrizzando l’immagine con prismi ottici, Abelardo Morell è andato alla ricerca e scoperta di pavimenti, terrazzi, prati, superfici che sublimassero la realtà proiettata all’interno della Camera Obscura, realizzata e posizionata ad hoc. Il suo successo è stato così grande, che si è permesso di allestire ben due personali in contemporanea, in altret-

Secondo gli organizzatori, Paris Photo 2010 è stata l’edizione migliore in quattordici anni. Puntata l’attenzione sull’Europa Centrale -Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Slovenia e Slovacchia-, ha coinvolto centosei espositori, da venticinque paesi. Sono stati accolti trentottomila visitatori, in calo rispetto agli oltre quarantamila del 2009, dovuti al fatto che quest’anno non ci sono state aperture serali. Le vendite sono decollate, con un volume di affari superiore al passato, specialmente per quelle gallerie le cui opere hanno coinciso con alcune delle mostre in corso a Parigi (Heinrich Kühn al Museo dell’Orangerie, André Kertész al Jeu de Paume, i Precursori della fotografia alla Biblioteca Nazionale di Francia); successo anche per l’asta di fotografie di autori dell’Europa Centrale. All’asta di Sotheby’s, una fotografia del ceco Josef Sudek (1896-1976), proposta dalla galleria Johannes Faber, ha raggiunto il record di 300.750 euro; un’altra sua immagine è stata battuta a centonovantamila euro. Nel contempo, la Edwynn Houk Gallery, di New York, ha venduto una copia di Arles (1929), dell’ungherese László Moholy-Nagy (1895-1946), per duecentosessantacinquemila dollari. La Vintage Gallery, di Budapest, ha messo in mostra autori ungheresi moderni, vendendo ventidue vintage per cinquantottomila euro. La galleria francese Françoise Paviot ha venduto un autoritratto di Man Ray (1890-1976) per settantacinquemila euro e una serie di piccole stampe a contatto di Brassaï (1899-1984), del 1958, per cifre da duemilacinquecento euro a quattromila euro ciascuna. La Galerie Obsis, di Parigi, ha venduto l’intera collezione delle immagini della mostra coloniale del 1931, a Parigi, a un museo della capitale francese, per centomila euro. E poi, ancora, si registra la straordinaria sessione d’asta Avedon: Photographies provenant de la Fondation Richard Avedon, di Christie’s, che ha stabilito un record mondiale per un’asta di fotografie in Francia: sono stati sfiorati cinque milioni e mezzo di euro (5.467.250 euro, per l’esattezza, equivalenti a 4.674.499 sterline e 7.495.600 dollari), con la vendita di tutti i sessantacinque lotti presentati, il più consistente insieme di opere di Richard Avedon proposto al mercato. Nella sessione di vendita, una stampa della celebre Dovima with Elephants, la sedicesima dell’asta, ha raggiunto la quotazione di ottocentoquarantunomila euro (equivalente a un milione e centocinquantunomila dollari abbondanti), superando di molto le aspettative (con stima di partenza da quattro a seicentomila euro) [FOTOgraphia, dicembre 2010]. Anche la vendita di libri ha registrato ottimi risultati. Toluca ha venduto venti delle sue ventotto copie di What Man is Really Like, di Rachel Whiteread, Ingo Shulze e Naoto Fukusawa, per settemila euro ciascuna. La Librairie 213 ha ceduto venti edizioni rare, la più costosa delle quali è stata acquistata per dodicimila euro. Electricity, di Man Ray, del 1932, è stato venduto per trentacinquemila euro. Il prossimo novembre, dal diciassette al venti, Paris Photo 2011 avrà come motivo conduttore Da Bamako a Città del Capo, la fotografia africana (qui, a destra). Con il supporto del consulente artistico Simon Njami, verranno create sei piattaforme per accendere i fari sulle differenze di creatività, sia storica sia contemporanea, nell’Africa Sub-Sahariana Paris Photo 2011, dal diciassette al venti novembre: attenzione sulla fotografia africana. (www.parisphoto.fr).

57


Michael Kenna: Charles Bridge, Study 9, Prague, Czech Republic; 2007 (© Michael Kenna; cortesia Bernheimer Fine Art Photography, Monaco).

tante gallerie di New York City, proprio nelle settimane che hanno preceduto Paris Photo 2010. A seguire, un gioiello assolutamente imperdibile: una stampa all’albumina, ottenuta da due negativi al collodio umido stampati a registro, per offrire una visione che oggi ci fregiamo di poter ottenere con la più evoluta tecnologia digitale, che permette di estendere la gamma tonale delle nostre immagini. Gustave Le Gray, nel 1858, a soli diciannove anni dalla nascita ufficiale della fotografia, praticava già con successo la stessa tecnica per compensare l’inesistente latitudine di posa dei negativi al collodio, realizzando due riprese a registro della stessa scena, regolando alternativamente l’esposizione sulla luminosità del suolo e, poi, su quella, maggiore, del cielo con nuvole: da combinare insieme per una copia positiva nella quale entrambe le situazioni, originariamente diverse, risultano adeguatamente leggibili. Il risultato è affascinante, sia per l’epoca nella quale è stato realizzato, sia per la qualità, il dettaglio e l’ampiezza tonale delle stesse. Oltre la forma, il contenuto: immagine avvincente per i propri alti valori espressivi [a pagina 55]. Per il resto, tante belle fotografie, ma anche tante, troppe, immagini banali.

PERPLESSITÀ Sembra che la fotografia contemporanea (e concettuale) soffra di mancanza di idee. Piuttosto di cercare il lato bello e positivo, oltre che chiaro ed esplicito, si preferisce rappresentare l’ovvio, magari forzando su risvolti concettuali (?), ma negandogli spesso l’evidenza, quasi che sia un obbligo che chi legge capisca ciò che non è scritto, ma solo sottinteso, senza alcuna spiegazione in merito. Una sorta di politichese applicato all’immagine: se tu non capisci, è colpa tua; se vuoi dimostrare di aver capito, inventati un significato. Temo sia così che proliferano i filosofi in fotografia. Non ho nulla contro la filosofia e i filosofi, mi domando solo perché, per parlare di fotografia, non sia

58

indispensabile sapere di fotografia e praticare la fotografia, come avviene in qualsiasi altra disciplina. Allora, e a conseguenza, non mi spiego le immagini (provocatorie?) di cardinali, a sedere scoperto e con tutto in bella (?) vista (di Andres Serrano), di radiografie di un rapporto orale, di persone sedute sul water, ma anche di una carota e del-


la coda di un pesce morto. Cosa hanno a che vedere con l’espressione artistica? C’è davvero qualcuno disposto a pagare, per mettersele in salotto? Che dire, poi, dei riflessi sull’acqua, visti e rivisti migliaia di volte (dove sono le immagini di Fulvio Roiter)? E il tromp-l’œil di un corridoio servirà a coprire la porta dello sgabuzzino?

Poi mi rinfranco; altre belle immagini soddisfano il piacere di goderne. Tante quelle di André Kertész, esposte in ben otto gallerie, oltre alle diverse mostre allestite per il Mois de la Photo. Poi, August Sander, gli italiani Giorgia Fiorio e Olivo Barbieri, Michael Eastman, Michael Kenna, Philippe Chance. Fotografie da ammirare e ammirate, sono state le visioni stenopeiche, al negativo, in dimensioni esuberanti, di Vera Lutter, i primi “disegni fotogenici” di William Henry Fox Talbot, le visioni notturne di Sonja Braas e di Irene Kung, le luci di Naoya Hatekeyama. Che bella, la Fotografia! Se ben realizzata, trasmette veramente emozioni, sensazioni, suggestioni, che aprono il cuore, che nutrono la mente, che aiutano a crescere. Questa è la Fotografia che mi piace e sono felicissimo di essere andato a Parigi per goderne appieno. Prima di concludere questo percorso, esprimo le mie solite considerazioni sulla presenza (assenza) italiana. A Paris Photo 2010 è stata esposta la miseria di quattordici autori italiani, poco più del due percento del totale; tre le gallerie italiane (su novantacinque), che però hanno presentato autori internazionali. Perché non valorizzare il nostro di patrimonio? Torniamo alle considerazioni iniziali. Rientro da Parigi sicuramente più ricco di prima, non importa quanto mi sia costato in termini di denari e tempo; sicuramente, ho guadagnato in tantissimi altri sensi, e ho racconto tanto per arricchire il mio sito www.farefotografie.it. Ancora, sono anche felice di poter condividere le mie esperienze su queste pagine, che mettono al primo posto il rispetto per la Professionalità in Fotografia, a tutto campo, a trecentosessanta gradi, dalla cultura alle problematiche tecniche, dai risvolti interpretativi alle tematiche (apparentemente) leggere, dalla conoscenza della fotografia alla sua finalizzazione. ❖ A seguire: Una opinione forte. Beppe Bolchi al FotoFest Paris 2010: considerazioni a tutto tondo sullo stato della fotografia italiana. Cosa non si fa, cosa si potrebbe (dovrebbe?) fare.

Irene Kung: Torre Velasca, Milano; 2010 (cortesia Galleria Forma, Milano).

Sonja Braas: The Quiet of Dissolution, Firestorm; 2008 (cortesia Tanit, Monaco). Vera Lutter: Ca’ del duca Sforza, Venice, XXXI; 14 luglio 2008 (copia unica 142x203cm; © Vera Lutter; cortesia Galerie Xippas, Parigi e Atene).

59


BEPPE BOLCHI

Purtroppo, unica carenza effettiva di FotoFest Paris 2010: spazi ristrettissimi per la serata dedicata alla esposizione pubblica delle opere degli autori che hanno partecipato alla lettura portfolio.

60

di Beppe Bolchi

S

iamo a giugno 2010. Bisogna decidere in pochi giorni. La fama acquisita da FotoFest, di Houston, negli Stati Uniti, sottolinea che non c’è tempo per cincischiare, perché i posti disponibili si esauriscono molto in fretta. La sostanziale contemporaneità con Paris Photo 2010 [della quale ho appena riferito, da pagina 54], per una edizione allestita in Europa, mi spinge a decidere positivamente: i classici due piccioni con un viaggio solo. Via, si va: dal quindici al diciassette novembre, per FotoFest Paris 2010, che si presenta come Lens Culture, per poi continuare con Paris Photo 2010, dal diciassette al venti. Una autentica immersione totale di fotografia. È un poco costoso. Pur con qualche titubanza, confermo e pago (anticipatamente, ovvio!), prenoto volo e hotel. È una bella salassata, ma ne varrà certamente la pena. Una settimana a Parigi vale sempre la pena, comunque. Ho tempo per pensare e preparare il mio, anzi i miei portfolio. L’occasione è da sfruttare, e poiché avrò l’opportunità di incontrare lettori di diverse estrazioni, voglio poter ricevere pareri su tutto (o quasi) quello che ho prodotto finora. Perché? Già, di pareri ne ho raccolti tanti, in occasione di mostre, letture portfolio, incontri, pubblicazioni, però sono stati pareri e valutazioni da parte di chi vive la Fotografia solo in Italia. Ma la Fotografia, quella fine art, quella

L’occasione è di quelle ghiotte. Dopo aver anelato andare a Houston, negli Stati Uniti, per una delle più importanti manifestazioni dove potersi mettere in gioco, fotograficamente parlando, scopro che a Parigi si programma qualcosa di simile e da parte degli stessi organizzatori americani: FotoFest Paris 2010. Da cui, considerazioni a tutto tondo sullo stato della fotografia italiana. Cosa non si fa, cosa si potrebbe (dovrebbe?) fare che attrae galleristi, musei, collezionisti, le più prestigiose testate internazionali e, ultimo ma non ultimo, quella che si vende e compra, consentendo di recuperare i notevoli investimenti di produzione, questa Fotografia risiede soprattutto fuori dall’Italia. Il nostro paese rappresenta una ben minima parte di quel mondo, a dispetto della capacità, dell’estro, della professionalità di tanti bravi e ottimi autori, magari riconosciuti a livello internazionale per i propri lavori commerciali ed editoriali, ma assolutamente lontani dal mercato del collezionismo.

IN ITALIA, NO A conseguenza, ci si domanda perché avviene questo, perché non siamo considerati in confronto ai fotografi stranieri? Non credo si tratti di meritocrazia, e cerco la risposta altrove. Prima di tutto, rilevo che i nostri critici e i nostri giornalisti, insomma coloro i quali sono preposti a parlare di fotografia, non vanno mai, o quasi mai, all’estero. Il che è una vera sciagura; non solo non si peritano di sconfinare geograficamente, per parlare e promuovere la fotografia italiana d’autore, ma non ritengono doveroso andare e incontrare le proposte internazionali, allargare le esperienze individuali, preferendo curare il proprio orticello nazionale, accontentandosi e richiudendosi in se stessi. Che tristezza! Decisamente meritiamo/meriteremmo qualcosa di più, e meglio! Altro importante motivo della poca considerazio-

UNA OPINIONE


ne internazionale per la nostra fotografia è la latitanza quasi assoluta degli enti pubblici, delle istituzioni preposte, delle associazioni di categoria. Fotografia non è solo arte, come pure è, ma soprattutto cultura; per cui e da cui, sarebbe necessaria, non soltanto utile, una maggiore educazione all’immagine. Il linguaggio espressivo della fotografia non è materia di insegnamento nei percorsi scolastici primari, secondari e superiori; solo qualche sporadico accenno in corsi di specializzazione e universitari. Così che, la promozione della fotografia e la sua incentivazione sono affidate a iniziative private, scuole e associazioni locali, che si autofinanziano tra molte difficoltà, e che hanno ben poche possibilità di allargare i propri orizzonti a livello internazionale. Chi potrebbe, e dovrebbe, darsi da fare sono invece le associazioni nazionali. Soltanto la Fiaf (Federazione Italiana Associazioni Fotografiche), che rappresenta e coordina i circoli fotografici, ha una certa proiezione internazionale, dove raccoglie anche sostanziosi e numerosi successi, ma, purtroppo, il suo intendimento statutario e ufficiale è limitato al mondo non professionale, con concorsi e mostre che non abbracciano la fine art, e che quindi non generano conoscenza da parte di chi frequenta regolarmente il mercato. Quindi, cosa fanno stato, regioni, province e comuni? Fotografia è anche mercato: è merce che si vende e compra, potrebbe essere promossa anche solo in questa chiave. Perché, oltre e/o insieme ad altri “prodotti”, non si considera la fotografia? Siamo esuberanti di opere d’arte? Sarebbe come scartare le mele, perché abbiamo tante arance. Non c’è mercato in Italia? Maggior ragione per andare all’estero, dove questo mercato è fiorente. Esportiamo di tutto, anche i prodotti della nostra creatività, perché non impegnarsi con la fotografia? Forse perché nessuno se ne preoccupa? Chi dovrebbe farlo? Chi dovrebbe stimolare? Sono domande che ho già posto, giusto su queste pagine, in occasioni precedenti, e che continuo a porre negli incontri e seminari ai quali partecipo, o che svolgo: nessuno risponde.

VOLONTÀ E VOLONTARIATO In Italia, qualcuno si dà da fare, allestendo e svolgendo iniziative personali, condotte con grande fatica e dispendio di energie. È il caso dei vari FotoFestival, soprattutto in provincia, il cui orientamento è però prevalentemente rivolto alla fotografia di ricerca e amatoriale, senza un vero respiro internazionale, se non per ospitare autori di grido, che possano attirare visitatori. È fortunatamente il caso di una affascinante e convincente iniziativa promossa da Fabio Castelli, dinamico e competente collezionista, impegnato a far

FORTE

emergere la fotografia fine art dalle nebbie dalle quali è avvolta. A primavera, verrà allestito un appuntamento mirato, Milan Image Art Fair, che si propone di offrire a galleristi e collezionisti la possibilità di vedere, valutare, acquistare, opere di fotografi attraverso spazi dedicati e mostre personali, organizzate come stand espositivi di prodotti tradizionali (www.fabiocastelli.it/mia-milan-image-art-fair.htm). A tempo debito, si conteggerà la risposta del “mercato”, sperando già da ora che gratifichi chi investirà tempo, denari e impegno, oltre a mettere in gioco la propria creatività e professionalità.

ANCORA A PARIGI Dopo dovute digressioni, torno ora alle mie motivazioni sulla partecipazione al FotoFest Paris 2010, ribadendo una valutazione già espressa, ma la ripetizione si impone: perché sobbarcarsi costi e tempo per mostrare le mie fotografie a esperti internazionali? La risposta è ovvia: ho desiderato che qualcuno mi dicesse, non semplicemente se sono belle o brutte, buone o cattive, ma se hanno mercato oppure no, se meritano un pubblico più vasto o se devo accontentarmi delle piccole/grandi soddisfazioni che posso ottenere attorno casa mia. Anche così si diventa cittadini del mondo! Mi preoccupo che sia veramente un appuntamento serio, come lascia intendere l’elenco degli esperti che formano la compagine dei lettori di portfolio. Vengo rassicurato dalla abbondanza di notizie, informazioni e dati che l’organizzazione invia regolarmente, rispettando le scadenze e rispondendo prontamente alle richieste. È già un buon inizio [che rivela altresì, che non siamo in Italia. mR]. Con l’approssimarsi della manifestazione, vengo invitato a indicare chi vorrei incontrare. Ovviamente, prediligo chi, negli Stati Uniti, in Inghilterra, Francia e Germania, è vicino alle tematiche delle mie fotografie. Li scelgo, e me ne vengono confermati la maggior parte; altri sono imposti dall’organizzazione, e mi sta bene anche questo, che comunque mi offre un ampio ventaglio di valutazioni. Comunque, si è trattato di personaggi altamente e internazionalmente qualificati: quarantotto in totale, critici, galleristi, photo editor, curatori, conservatori, direttori artistici. Tre gli Italiani, una dei quali vive e lavora a Parigi; nessun nome riguarda i nostri più celebrati esperti. Finalmente parto, e raggiungo la sede della manifestazione, i locali di Spéos, una scuola di fotografia ben strutturata, dove ricevo tutte le informazioni necessarie per mettere opportunamente a frutto i miei giorni. Siamo arrivati al FotoFest Paris 2010 in tanti; alla lettura di portfolio si sono iscritti oltre centosessanta fotografi, provenienti da trentadue paesi. Circa il venticinque percento arriva dagli Stati Uniti: fotografi che hanno attraversato l’oceano, sulla convinzione del proprio impegno! Ma ne sono arrivati da paesi ancora più lontani: Argentina, Brasile, Canada, Hong Kong, Messico, Singapore, Sudafrica. L’Europa è presente al completo. Me compreso, gli italiani sono sei; me ne sarei aspettati di più, ma

Il sito di FotoFest Paris 2010, sistematicamente aggiornato, è stato fonte preziosa di informazioni attente e puntuali (imparate, italiani, imparate). Lettura portfolio con quarantotto critici, galleristi, photo editor, curatori, conservatori e direttori artistici internazionali. Tre gli italiani.

61


percorso fotografico. Tranne in un paio di casi, ho ricevuto da tutti indicazioni e suggerimenti utili, comprese le stroncature, che mi aiuteranno nel proseguire le mie ricerche e le mie attività. Alcuni hanno escluso di poter pubblicare o utilizzare le mie immagini, ma sono stato anche invitato ad allestire mostre a Boston e a Portland, negli Stati Uniti. Chissà... staremo a vedere. Purtroppo, è stata deludente la tanto sbandierata Meet the Artists Night, programmata per creare contatti tra gli autori e gli esperti esterni alla manifestazione, ma presenti in città per Paris Photo 2010. È stata deludente perché, oltre qualche lettore già accreditato e ai numerosi allievi della scuola ospite, non si è visto nessuno, e comunque si è stati accalcati in spazi ristrettissimi, non certamente confacenti alla presentazione dei propri lavori.

chi ne era al corrente? Nessuno ne ha parlato in Italia, né riviste, né critici; dove sono i nostri mentori? L’agenda degli incontri è molto severa, non si sgarra; assicurato da volontari della Spéos, un attento servizio d’ordine controlla che tutti rispettino orari e appuntamenti. Un poco carente è la logistica: gli spazi per le attese sono ristretti e i cambi un poco caotici, ma nel complesso tutto ha funzionato egregiamente.

IN LETTURA

NEL PROSIEGUO

BEPPE BOLCHI (2)

La sala di posa della scuola di fotografia Spéos, di Parigi, al cui interno si è svolto FotoFest Paris 2010, e l’ingresso dei locali riservati all’accoglienza dei partecipanti.

L’esperienza individuale è stata appagante: quindici incontri, nell’arco delle tre giornate, di venti minuti ciascuno (poco tempo, per i miei gusti e parametri), in certi casi anche pressanti, dovendo dispiegare e recuperare velocemente le proprie fotografie. Comunque, tutti incontri di valore, durante i quali ho ottenuto valutazioni a volte contrastanti, ma sempre dettate da conoscenza e professionalità, mirate a far crescere, a offrire indicazioni sul proseguimento e sulle eventuali finalizzazioni del mio

62

Adesso ragiono sugli esiti delle mie letture di portfolio, valutando cosa mi conviene portare avanti, cosa abbandonare, cosa tenere per me. Le idee e i progetti sono sempre tanti; come sempre, scarseggiano tempo e risorse. Però, ho sicuramente acquisito maggiore consapevolezza e ho valide indicazioni verso dove indirizzare i miei percorsi fotografici. Chi, come me, ha la fotografia nel sangue, ne ha assoluto bisogno. È sempre facile considerare i propri lavori migliori di altri, e dunque reputarli assolutamente degni di attenzione. Difficile è prendere atto che il successo dipende in larghissima misura da quello che gli altri vedono nei nostri lavori, se sono disposti ad accettarli, metterli in mostra, pubblicarli, collezionarli, comprarli. Ho già tentato di organizzare incontri italiani, durante i quali mettere in mostra, scambiare, comprare e vendere fotografie. Tutte le volte, ho suscitato perplessità, quasi che nessuno voglia mettersi in gioco. Altrettanto nessuno è poi neanche disposto a considerare che le fotografie altrui possono essere belle e buone, a prescindere dalla notorietà o meno dell’autore. Senza il parere di un esperto nostrano, più o meno autorevole, pare che da soli non riusciamo a capire il valore di una fotografia, o la sua mancanza di valore. Questo rafforza la convinzione che tutti dovremmo frequentare opportunità fotografiche del calibro di FotoFest Paris. È in queste occasioni che si impara, capisce, ci si fa vedere, ci si mette in mostra (e discussione), ci si fa valere. Se chi potrebbe e dovrebbe aiutarci in questo senso non se la sente, o non ne è capace, ebbene dovremo cavarcela da soli. Personalmente, sono convinto che siano notevoli le potenzialità dei fotografi italiani di produrre immagini di qualità, che affrontano temi importanti, che comunicano emozioni e riflessioni, che sono degne di essere collezionate, esposte e ammirate. Ma dobbiamo essere in tanti, per colmare le lacune strutturali; dobbiamo collaborare e mettere da parte paure e gelosie, dimostrare di essere vivi, attivi, propositivi. Chi ci sta, si faccia avanti (www.farefotografie.it; info@farefotografie.it). ❖




Sguardi Cinema su

di Pino Bertelli (Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, sette volte gennaio 2011)

MANUEL ÁLVAREZ BRAVO

L

La fotografia autentica è fatta dello stesso dolore o della stessa bellezza di cui sono fatti i sogni. Non importa scomodare Shakespeare, per comprendere che la grazia della fotografia è disincarnata nell’immaginazione libertaria: dove la verità della fotografia cessa di essere principio, cessa anche di essere fine. La fotografia della tenerezza è sempre legata al desiderio di bellezza e grazia che si contrappongono alla stupidità mercantile contemporanea. La fotografia che non si affranca all’uomo che soffre (o a quello in rivolta) non vale nulla. Soltanto la fotografia autentica ha diritto alla bellezza: si tratta di rifiutare la cultura dell’ostaggio e aderire al negativo che la spezza. L’arte senza museo è nella strada: lì si trova il divenire della conoscenza e solo un’estetica sovversiva trasfigura il vero nella poesia o nella derisione dell’arte. La fotografia in forma di tenerezza rivendica la vita autentica tutta intera, qui e ora, e con la tenerezza che è propria ai fuoriusciti e agli eretici di ogni potere indica o figura il rovesciamento dell’esistente. Al tempo dell’inganno universale, fotografare la tenerezza dell’uomo senza catene è un atto rivoluzionario. L’ubriacatura del potere richiede nuovi schiavi e l’omologazione mercantile, che è alla base del consenso delle democrazie spettacolari e della soggezione dei regimi comunisti, riproduce su larga scala i fasti e le terribilità della domesticazione sociale. Chi controlla gli strumenti del comunicare, controlla il presente e dispone il futuro degli uomini secondo le imposture e le falsità dei mercati globali, delle borse internazionali, del mercimonio delle armi. Ovunque i diritti degli uomini sono calpestati, derisi, violentati... le giovani generazioni in rivolta chiedono di passare dalla resistenza

sociale all’azione comunitaria e invocano la possibilità di conoscere (almeno una volta) elementi di democrazia partecipata. Non sarebbe male iniziare a occupare le fabbriche, le scuole, gli edifici pubblici, i luoghi dell’informazione, alzare le barricate nelle strade e prendere a calci in culo quella minoranza di saprofiti (banchieri, capitani d’industria, politici, sindacalisti, giornalisti, professori universitari, mafiosi che risie-

pertutto viola e calpesta la dignità, la cultura e la sopravvivenza di interi popoli. Auspichiamo una resistenza di anime e coscienze che impediscano il trionfo della barbarie. Anche se la forza crea il diritto, l’amore dell’uomo per l’uomo non sarà mai sconfitto.

SULLA FOTOGRAFIA DELLA TENEREZZA

La fotografia della tenerezza di Manuel Álvarez Bravo si chiama fuo-

«La parola del mozzo bretone al giornalista che gli chiedeva come avesse fatto a compiere quella certa azione [è la stessa domanda che fecero i nazisti al partigiano che aveva fatto saltare un ponte con una camionetta di SS sopra, prima di impiccarlo col filo spinato a un lampione della mia città]: “Bisognava!”. Eroismo purissimo. Lo si trova soprattutto nel popolo» Simone Weil dono in parlamento) che provoca crisi finanziarie, guerre per la conquista del petrolio, dei diamanti, dell’oro, dell’acqua... ferisce a morte l’intero pianeta e dap-

ri dai vezzeggiativi dell’immagine riciclata: c’è amore, c’è accoglienza, c’è bellezza eidetica nella sua poetica della grazia. Le cose, la natura, il tempo che ferma

nelle sue immagini sono frammenti di antiche malinconie e sferzanti indignazioni contro la volgarità dei poteri, delle fedi, dei governi che assoggettano l’uomo ai propri voleri e lo riducono a schiavo. Manuel Álvarez Bravo non lo dice/comunica così, tuttavia a vedere bene l’insieme del suo lavoro non è difficile scorgere all’interno della sua iconografia popolare l’indignazione contro le brutture dell’arte e della politica. Le feste di piazza, i bambini addossati a muri, porte, gli uomini ai banconi delle osterie, donne con cesti di fiori sulla testa o in abiti folcloristici, la ritrattistica da studio sono intagliati in una composizione estetica difforme, ma di straordinaria capacità introspettiva; e qui la sua fotografia raggiunge i vertici poetici più alti. Invece, non ci sembrano così importanti (quanto la critica afferma) i nudi, che, anzi, troviamo abbastanza convenzionali, perfino troppo estetizzanti: tagli di luce su corpi di donne sovente inerti o abbacinati dalla composizione forzata, che li riduce a sola forma o poco più. Quando fotografa una bambina trasognata, appoggiata a un balcone, una venditrice di fiori (un capolavoro della storia della fotografia sociale) o Frida Kahlo nella propria altera dignità di donna “diversa”, proprio Manuel Álvarez Bravo insegna che la bellezza dello stile è la distinzione suprema, l’atto di battesimo dell’arte che rompe l’imbecille fatuità degli sciocchi che fanno del narcisismo volgare lo specchio bugiardo del loro successo. Una annotazione. Manuel Álvarez Bravo nasce a Città del Messico, il 4 febbraio 1902, da una famiglia di artisti non proprio ricchi. Studia pittura e musica all’Academia Nacional de Bellas Aries; i lavori di Diego Rivera lo affascinano, ma è Tina Modotti che lo fulmina sulla stra-

65


Sguardi su da della fotografia personale e d’impianto civile. Si accosta alle tematiche del movimento surrealista; anche se non ne farà mai parte, l’insieme del suo fare-fotografia contiene molto della ventata anticonformista portata dai padri del Surrealismo contro la decadenza borghese. Manuel Álvarez Bravo è stato un testimone autorevole della rivoluzione messicana, non solo per la grande immagine dell’operaio assassinato durante uno sciopero, nel 1934 (Obrero en huelga, asesinado), ma per avere condiviso con lavoratori, artisti e rivoluzionari il diritto degli ultimi a conquistare una vita più giusta e più umana. Quando muore, il 19 ottobre 2002, a cento anni compiuti, lascia in eredità alle giovani generazioni l’opera monumentale di un fuori gioco, di un poeta eversivo, di un cantore di bellezza mai prono al consenso e al successo fomentati dalla civiltà capitalistica. La sua libertà libertaria tracima in ogni immagine e ovunque si legge che dietro i moralismi di ogni epoca si cela la forca dell’arte.

SULLA FOTOGRAFIA DELLA GRAZIA Il pane degli ultimi è amaro, come la violenza dei padroni che violentano i popoli impoveriti e la falsità delle chiese monoteiste, che sono complici di tutti i genocidi della storia. La ritrattistica di Manuel Álvarez Bravo canta appunto la fame dei poveri. Però, la grazia del suo sguardo registra un’eleganza, uno stile, una verticalità estetica che sprigiona la prodigalità, la magnificenza, il meraviglioso che “accade” di fronte alla sua macchina fotografica. In principio, l’influenza dell’immagine passionale, abrasiva, anche, di Tina Modotti è forte e indicativa nella sua opera (le citazioni di Henri Cartier-Bresson sono minori), tuttavia Manuel Álvarez Bravo accorda la propria fotoscrittura in altri anfratti della quotidianità. Le linee, le forme, le angolazioni delle sue immagini riflettono situazioni di purezza emozionale, che si collocano nell’avvenire. I nudi di donna, come ab-

66

biamo detto, sovente ingenui, certi paesaggi “lunari”, bambini di strada restituiscono una visione intima del fotografo che va oltre la specificità messicana o latinoamericana. Diciamo subito che la fotografia di Manuel Álvarez Bravo non ha nulla a che vedere con l’estetica del vuoto di Edward Weston (della quale molti hanno scritto), né, tanto meno, ha qualcosa a che fare con tutta quell’iconografia pittoricista legata all’estetismo burocratico di Alfred Stieglitz, che altri sostengono. No, la scrittura fotografica di Manuel Álvarez Bravo esprime, invece, una visione poetica/surreale dell’esistenza e non poco riflette il saccheggio e la distruzione della civiltà dello spettacolo che determina il rapporto mercantile tra culture e segni, come definizione della disumanizzazione dell’uomo. Lo sguardo di Don Manuel (come i messicani chiamano Manuel Álvarez Bravo) disvela la menzogna redditizia e l’umiliazione sociale. Le sue fotografie respingono la rassegnazione e le promesse di felicità di un divenire senza amore né sentimento per la bellezza. Sotto qualsiasi forma, la fotografia dominante ha visto crescere la propria inutilità ogni qual volta i modi di produzione/comunicazione/ricezione sono stati specchio/gesto/comportamento della religione protezionistica della merce soltanto. Come tutti i mezzi di comunicazione di massa, la fotografia consumata e riprodotta secondo gli oracoli dei nuovi imperativi dell’economia, anche artistici, non autentica i desideri creativi, ma alleva i falsi bisogni dell’immaginale sistemati sugli scaffali dei grandi magazzini. La vendita promozionale del pensiero si è sostituita alla conoscenza, alla coscienza di abolire la dialettica dell’immobilismo e il cattivo edonismo (che è il prodotto putrefatto della filosofia consumistica) si è sostituito al godimento dei piaceri e nessuno più riesce a esprimere la seminagio-

ne degli strappi eversivi contro la politica autoritaria che priva gli uomini di libertà autentiche. Anche la fotografia partecipa all’instaurazione dello spirito d’impresa, che è al fondo della sozzura sulla quale si sostiene il mercato. Non c’è più bisogno né di fotografia né di dissenso, per continuare a sperare una vita meno disumana. La felicità si paga; abbiamo disimparato a vivere al momento che l’onnipresenza della merce si è appropriata dei nostri sogni. La fotografia non è più niente, i fotografi schiavi sono dappertutto. Anima sensibile alle arti, Manuel Álvarez Bravo si è avvicinato alla letteratura, alla musica, alla pittura: ha abbandonato presto la scuola. Autodidatta in tutto, approfondisce i percorsi espressivi della fotografia, fatica a essere riconosciuto come uno dei grandi della fotografia (non solo) messicana, raggiunge comunque un certo apprezzamento (non sempre interpretato nelle giusta maniera) tra gli addetti ai lavori, ma non si scompone. Continua a lavorare, documentare, fissare sulla pellicola le sue emozioni profonde. Le immagini che fabbrica si accostano alle radici popolari messicane, agli splendidi murales di Diego Rivera, alla cultura indigena del suo paese. Il realismo magico di Tina Modotti è ripreso in tutta la sua opera e l’uso sapiente della luce, la composizione musicale delle forme, la plasticità fenomenica dei corpi mostrano l’attenzione alla vita quotidiana, nella quale il particolare o la grazia dell’insieme si trascolorano nell’universale sognato. È il taglio di uno stile, una maniera, qualcosa che somiglia a un respiro del tempo che ferma con la macchina fotografica e restituisce alla storia dell’eternità. A vedere con attenzione le fotografie di Manuel Álvarez Bravo -vecchi, bambini, donne, gente di strada, specialmente- non è difficile scorgere la libertà poetica che si prendeva (anche nelle didascalie) e lasciava a briglia sciolta l’importanza dello sguar-

do liberato da ogni costrizione culturale. Infatti, nei suoi corsi di fotografia sosteneva che la tecnica viene dopo il cuore e il sentimento: il senso del vedere è frutto della cultura dell’uomo, e il cinema, la pittura, la letteratura sono strumenti di educazione all’immagine. Senza assumere mai una militanza espressa, Manuel Álvarez Bravo attraversa le passioni rivoluzionarie del proprio tempo; non si è interessato solo all’arte (come alcuni biografi hanno scritto), è stato interprete di un afflato popolare che lo ha spostato su piani differenti dalle contingenze politiche del suo paese. Quando fotografa l’operaio assassinato (dalla polizia) -nel quale qualcuno ha visto un uomo addormentato in una pozza di sangue!-, lascia un’icona del dolore degli ultimi e mostra che non c’è giustificazione, né perdono, per l’uccisione di un uomo in lotta per i propri diritti. L’estetica della libertà che è al fondo dell’opera di Manuel Álvarez Bravo è una sorta di canzoni di gesta, dove la situazione costruita si riappropria del tempo e dello spazio che sovverte l’ordine delle cose nel modo più alto possibile. La densità artistica delle sue fotografie contiene il riso, le lacrime, lo stupore, e mostra che l’arte autentica è nella strada: non ci sono rinascimenti senza rivoluzioni, e solo l’arte di sé riattualizza il sogno antico del rovesciamento di prospettiva dell’ordine del discorso. La poetica fotografica di Manuel Álvarez Bravo libera i sogni, architetta uno stile e dà consistenza all’insieme. Tutto è a disposizione della poesia e nulla è innocente in arte. La fotografia non la si cerca, non la si sogna, non la si desidera: la si esercita contro la falsificazione e l’impostura: è una virtù eversiva o non è niente! La fotografia è sempre legata a un’utopia, cioè a un valore universale! Ogni fotografia che vale si colloca nell’avvenire, nel debutto di una comunità che viene. ❖




Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.