FOTOgraphia 172 giugno 2011

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Mensile, 6,50 euro, Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge il 27-02-2004, numero 46), articolo 1, comma 1 - DCB Milano

ANNO XVIII - NUMERO 172 - GIUGNO 2011

SONY AWARD 2011 PROMOZIONE DELLA FOTOGRAFIA


Non è venduta in edicola. Per averla hai una sola possibilità: sottoscrivere l’abbonamento annuale. 12 numeri 65,00 euro

Abbonamento 2011 (nuovo o rinnovo) in omaggio 1839-2009

Dalla Relazione di Macedonio Melloni alla svolta di Akio Morita M A U R I Z I O

R E B U Z Z I N I

1839-2009 Dalla Relazione di Macedonio Melloni alla svolta di Akio Morita

Come dire, dal dagherrotipo all’acquisizione digitale di immagini. E consecuzioni

INTRODUZIONE

DI

GIULIANA SCIMÉ

F O T O G R A P H I A L I B R I



prima di cominciare RICORDI. Il novantunenne Vasken Pambakian è uno dei benemeriti della fotografia italiana. Basti ricordare l’esperienza del suo laboratorio di sviluppo e stampa conto terzi, Color Record, che è stato pioniere in un settore estremamente prolifico e redditizio del commercio e mercato italiano della fotografia. Legato a doppio filo a questa fantastica esperienza, che ha illuminato i decenni dai Cinquanta (a partire da altre denominazioni e indirizzi originari), Vasken Pambakian ha attraversato il Tempo con discrezione e modestia, stando sempre di lato, evitando sempre le luci della ribalta (che ha meritato ampiamente). Non vogliamo aggiungere altro, non intendiamo stilare una cronologia di date ed esperienze, che da Venezia si sono allungate su Milano, influenzando tutto il paese. Non è né tempo, né luogo per farlo. In un certo senso, Vasken Pambakian è uscito dall’ombra entro la quale si è sempre volontariamente mosso, pubblicando una coinvolgente autobiografia, per il vero confezionata in forma privata, riservata agli affetti vicini (al caso, rivolgersi al figlio Onnik Pambakian, titolare di Image Consult, azienda di distribuzione fotografica: via Cavalcanti 5, 20127 Milano; www.imageconsult.it). Viaggiando nei miei ricordi è la storia di una vita, per la verità di tante vite, che si è intrecciata sia con vicende storiche planetarie (sopra tutte, la diaspora del popolo armeno, schiacciato e oppresso da molti), sia con momenti settoriali della fotografia: ci hanno appassionato entrambi, in molti casi fino alla commozione. Del resto, già dalla copertina, e in immediata ripetizione in incipit e in prologo, Vasken Pambakian è chiaro ed esplicito, come più e meglio non si può essere. Afferma che «Noi, nel bene e nel male, apparteniamo ai nostri ricordi». Sì, è proprio questo il senso di ogni esistenza: arricchirsi del proprio vissuto, di quel passato che «è un ampio orizzonte dove la tua mente naviga tra le cose fatte e vissute». Non aggiungiamo altro. Non serve farlo. Potendo accedere alla preziosa edizione libraria, è una lettura che ciascuno deve fare da sé, nell’intimità dei propri spazi e affetti, con il conforto dei propri ricordi. M.R.

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La fotografia seriale è per tutti, la fotografia autentica è destinata soltanto ad alcuni. Pino Bertelli; su questo numero, a pagina 65 Non esistono più linee nette di demarcazione, che distinguono tra loro le fotografie, ma tutto il linguaggio odierno della fotografia (soprattutto professionale) è un divenire continuo, con infiltrazioni evidenti e deviazioni di percorso consistenti. Maurizio Rebuzzini; su questo numero, a pagina 26 Complici mille fattori, oggigiorno le definizioni certe non sono mai tali (certe), e vacillano sotto il peso di influenze e contaminazioni irrefrenabili e irrinunciabili. Angelo Galantini; su questo numero, a pagina 36 La stupidità (elettorale, anche) minaccia chiunque e la stupidità, come sappiamo, è gradita al potere. Pino Bertelli; su questo numero, a pagina 65

Copertina Non una fotografia vincitrice, né finalista: ma! Ma una fotografia soltanto (?) segnalata al prestigioso e autorevole Sony World Photography Award 2011: 35mm, dell’inglese Joel Devlin, dall’ampio contenitore dello Still life - Commercial professionale (in ripetizione, a pagina quarantotto, tra le nostre preferite). Da pagina 24, quattro redazionali dal SWPA 2011

3 Altri tempi (fotografici) Copertina del dépliant Garanzia di successo, di presentazione della Exakta Varex IIa (1958-1960), considerata da molti una delle migliori reflex della storia evolutiva della tecnologia fotografica, in forma inviolabilmente meccanica: autocopertinato, trentasei pagine 14,7x21cm; realizzato nel 1960

7 Editoriale Qui e ora. Quattro articoli in successione e collegamento (tra loro) sono ufficialmente riconducibili allo svolgimento dell’autorevole Sony World Photography Award 2011. Non è proprio così: per quanto prestigioso e meritevole di attenzione, il fantastico concorso fotografico internazionale è spunto per altre riflessioni, osservazioni e commenti sulla Fotografia, nell’irrinunciabile intendimento di offrire sempre e comunque spunti utili e proficui sia al comparto tecnico-commerciale sia al mondo della fotografia espressiva e creativa

8 È morto: eccolo! Dall’esibizione del cadavere di Pancho Villa, nel 1923, la fotografia è spesso servita per comprovare l’avvenuta uccisione: prova oggettiva (?) per convincere gli scettici. E poi, Che Guevara, Benito Mussolini e Salvatore Giuliano


GIUGNO 2011

R , RIFLESSIONI IFLESSIONI, OSSERVAZIONI E COMMENTI OSSERVAZIONI E COMMENTI SULLA FOTOGRAFIA SULLA FOTOGRAFIA

10 Notizie Attrezzature, vicende e altre segnalazioni

Anno XVIII - numero 172 - 6,50 euro DIRETTORE

RESPONSABILE

Maurizio Rebuzzini

13 Dialoghi e dintorni

IMPAGINAZIONE

Dal film Vicky Cristina Barcelona, di Woody Allen Ricerca iconografica di Filippo Rebuzzini

REDAZIONE

16 Power House Mechanic Davanti alla nota fotografia di Lewis Wickes Hine, realizzata nel 1920. Considerazioni ad ampio giro di Andrea Villanis

18 Ici Bla Bla Appunti e attualità della fotografia internazionale a cura di Lello Piazza

24 Maturazione Rispetto gli svolgimenti delle edizioni originarie, dal 2008, il palcoscenico di Londra offre (ha offerto) maggiore visibilità al Sony World Photography Award 2011, avvincente concorso che di fatto promuove la Fotografia nel proprio complesso. Sottolineiamo soprattutto questo di Maurizio Rebuzzini

34 Qualche considerazione Dalle iscrizioni in categoria ai giudizi di merito del SWPA 2011 (in pretesto): tutto il linguaggio odierno della fotografia è un divenire continuo, con infiltrazioni evidenti e deviazioni di percorso consistenti di Angelo Galantini

42 Che bella fotografia! La componente non professionale del SWPA 2011 rivela lo spessore e qualità della fotografia internazionale, che occupa e impegna milioni di appassionati di Antonio Bordoni

48 Le nostre preferite Non tutte, ma molte fotografie, indipendentemente dalle rispettive affermazioni al SWPA 2011

56 Il meglio della tecnologia

Maria Marasciuolo Angelo Galantini

FOTOGRAFIE Rouge

SEGRETERIA

Maddalena Fasoli

HANNO

COLLABORATO

Pino Bertelli Antonio Bordoni Douglas Kirkland Chiara Lualdi Lello Piazza Franco Sergio Rebosio Ciro Rebuzzini Filippo Rebuzzini Andrea Villanis Silvia Zotti Redazione, Amministrazione, Abbonamenti: Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano; 02-66713604 www.FOTOgraphiaONLINE.it; graphia@tin.it. ● FOTOgraphia è venduta in abbonamento. ● FOTOgraphia è una pubblicazione mensile di Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano. Registrazione del Tribunale di Milano numero 174 del Primo aprile 1994. Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge il 27-02-2004, numero 46), articolo 1, comma 1 - DCB Milano. ● A garanzia degli abbonati, nel caso la pubblicazione sia pervenuta in spedizione gratuita o a pagamento, l’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e in suo possesso, fatto diritto, in ogni caso, per l’interessato di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi della legge 675/96. ● FOTOgraphia Abbonamento 12 numeri 65,00 euro. Abbonamento annuale per l’estero, via ordinaria 130,00 euro; via aerea: Europa 150,00 euro, America, Asia, Africa 200,00 euro, gli altri paesi 230,00 euro. Versamenti: assegno bancario non trasferibile intestato a Graphia srl Milano; vaglia postale a Graphia srl - PT Milano Isola; su Ccp n. 28219202 intestato a Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano; addebiti su carte di credito CartaSì, Visa, MasterCard. ● Nessuna maggiorazione è applicata per i numeri arretrati. ● È consentita la riproduzione di testi e fotografie, magari citando la fonte (ma non è indispensabile, né obbligatorio farlo). ● Manoscritti e fotografie non richiesti non saranno restituiti; l’Editore non è responsabile di eventuali danneggiamenti o smarrimenti. Fotocomposizione DTP e selezioni litografiche: Rouge, Milano Stampa: Arti Grafiche Salea, Milano

Rivista associata a TIPA

Autorevoli e ambìti TIPA Awards 2011: quaranta prodotti al vertice della fotografia (e video) dei nostri giorni di Antonio Bordoni

65 Cecil Beaton Sguardi sulla fotografia edonista (e androgina) di Pino Bertelli

www.tipa.com

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Q

uattro articoli in successione e collegamento (tra loro), riservati allo svolgimento del prestigioso Sony World Photography Award 2011, potrebbero sembrare molti, forse addirittura troppi: rispettivamente, dalle pagine ventiquattro (considerazioni generali sull’andamento del consistente concorso internazionale di fotografia), trentaquattro (riflessioni sul divenire del linguaggio fotografico contemporaneo, a partire dalle identificazioni dei propri soggetti espliciti), quarantadue (l’alta qualità, non soltanto formale, delle fotografie non professionali affermatesi nelle singole categorie preordinate) e quarantotto (alcune delle fotografie che abbiamo apprezzato, purtroppo, per motivi contingenti, non tutte, ma molte, indipendentemente dai relativi piazzamenti). In effetti, in fase di allestimento di questo numero della rivista, il dilemma è stato anche nostro, prima che vostro. Però, alla resa dei conti, non possiamo ignorare la personalità giornalistica (e altro) della testata, che si indirizza e rivolge esplicitamente alle riflessioni, osservazioni e commenti sulla Fotografia, come recita il sottotitolo riportato nel colophon, là dove si richiamano anche i dati ufficiali e burocratici di produzione (sempre a pagina cinque, sotto la ripetizione della testata). Una tale successione di interventi, di quattro intensi redazionali, si basa anche sull’effetto a cascata provocato dal nostro scorso numero di aprile (nero-su-nero: Vogliamo parlarne? ), particolare sia nella propria forma, sia per i contenuti proposti a sostegno di una ipotesi presto confermata: la volontà di spezzare quei vincoli e quelle incongruenze e discordanze che attraversano tutto il comparto fotografico italiano, dalle intenzioni del commercio alle (non) logiche degli addetti culturali, che si esprimono, ciascuno per sé e entrambi in comunione di disimpegni, con povertà di visioni, progetti e, perché no?, sogni e ipotesi. In definitiva, per quel poco che possiamo esprimere, per quel poco che ormai valgono le parole (che un tempo sono state anche “pietre”), questi nostri attuali quattro redazionali consecutivi e collegati sottolineano una volta di più la coesione che deve caratterizzare, fino a definirla, la promozione della fotografia, immediatamente successiva e conseguente ai singoli intendimenti originari: nel caso di Sony, a partire dall’efficacia imprenditoriale del proprio impegno commerciale. Da cui, non si tratta tanto, né soltanto, di applaudire il SWPA 2011 per se stesso, quanto sottolinearne il peso e valore esplicito che svolge nel senso e direzione della promozione fotografica. Come sempre, i nostri siano soprattutto intesi per ciò e quanto intendono essere: spunti utili e proficui sia al comparto tecnico-commerciale sia al mondo della fotografia espressiva e creativa. (Qui) e ora. Maurizio Rebuzzini

MAURIZIO REBUZZINI (3)

editoriale

La mostra delle fotografie vincitrici e segnalate al Sony World Photography Award 2011 è stata allestita nelle sale della autorevole Somerset House, nel centro di Londra, dal ventisei aprile al ventidue maggio. Magistrale passerella per Sony (in intenzione) e straordinaria promozione della fotografia nel proprio complesso (per conseguenza diretta e apprezzata).

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Parliamone di Lello Piazza e Maurizio Rebuzzini

È MORTO: ECCOLO!

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Nell’ambito delle numerose (e consistenti) segnalazioni riunite nel contenitore Ici Bla Bla, a pagina 18, su questo stesso numero, ci accordiamo al presidente statunitense Barack Obama, che ha vietato la pubblicazione delle fotografie dell’assalto al rifugio di Osama Bin Laden, nel quale il noto capo terrorista è stato trucidato. A differenza, all’opposto, nel dicembre 2003, quando Saddam Hussein fu rintracciato in un piccolo bunker scavato sottoterra, le crude immagini del suo esame corporale furono trasmesse in tutto il mondo. Lo stesso avvenne, tre anni dopo, nel dicembre 2006, con la sua esecuzione per impiccagione. Quello di irridere l’avversario sgominato è un male che attraversa i secoli, che arriva da lontano. E si estende a tutte le manifestazioni, tragiche o leggere, della vita quotidiana: persino nello sport, si gioisce più per la sconfitta altrui che per la vittoria propria. Da una parte, c’è il monito. Con ardito balzo temporale, passiamo dagli usi e costumi delle legioni romane alla barbarie dell’esercito tedesco nell’Italia occupata: dopo aver sconfitto gli schiavi ribelli di Spartaco, in Lucania, nel 71 avanti Cristo, la via Appia verso Roma fu costellata di ribelli crocifissi; altrettanto, i partigiani trucidati sono stati spesso esposti nelle piazze e strade delle città italiane (quanti cippi a ricordo si incontrano al Nord; sopra tutti, quelli dei trenta partigiani impiccati agli alberi e lampioni del corso principale di Bassano del Grappa, l’attuale viale delle Fosse, nel settembre 1944). Dall’altra parte, dopo il monito, c’è

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Il cadavere di Pancho Villa steso su un letto dell’Hotel Hidalgo, di Parral, nello stato di Chihuahua, nel Messico settentrionale, dove fu ucciso il 20 luglio 1923.

la certificazione dell’avvenuta uccisione. In un certo senso, la stessa crocifissione di Gesù può essere intesa sia come monito sia come prova. Curiosamente, questa immagine della divinità morta è stata assunta come simbolo del cattolicesimo, e viene riprodotta in miliardi di versioni, persino portata in collanine di raffinata eleganza e preziosa manifattura.

I PRIMI DUE Ucciso in Bolivia, il 9 ottobre 1967, Che Guevara fu fotografato cadavere con attorno i militari che lo avevano catturato.

Il presidente Usa Barack Obama ha proibito la diffusione delle fotografie dell’uccisione di Bin Laden, perché troppo cruente: valutazione soggettiva, oltre che politica. Nonostante i dubbi, le perplessità, le dietrologie e le controversie, che si sono estese a coloro i quali hanno contestato la veridicità dell’azione militare, Obama ha resistito (invece, Gesù comprovò all’apostolo san Tommaso la propria resurrezione). Dipendendo dalla data della sua invenzione (1839), quello della prova fotografica è un capitolo recente della storia del mondo. Per traverso, ricordiamo che una delle applicazioni più

consistenti della fotografia è stata proprio quella antropometrica, giudiziaria e segnaletica, utile all’identificazione certa di criminali ricercati. Ma oggi e qui, ci interessa ragionare d’altro. Tra i tanti possibili, isoliamo quattro casi di morti esibiti, procedendo in ordine cronologico. Il primo caso storicizzato di cadavere fotografato per convincere il popolo della sua avvenuta morte è stato quello di Pancho Villa, leggendario rivoluzionario e guerrigliero messicano (al secolo, Doroteo Arango Arámbula), eroe popolare della rivoluzione del 1910-1911, mito anche per il cinema (numerose le trasposizioni delle sue imprese). Fu assassinato il 20 luglio 1923, a Parral, nello stato di Chihuahua, Messico settentrionale. Di fronte all’incredulità popolare, che non ammetteva la possibilità di morte per l’eroe, le autorità fecero scattare una serie di fotografie del cadavere steso su un letto dell’Hotel Hidalgo, di Parral. Addirittura, di cinque pose, una fu pubblicata in forma di cartolina postale (non ci si inorridisca, alla luce della morale corrente, oppure sì: anche negli Stati Uniti sono state pubblicate cartoline illustrate di linciaggi di afroamericani, con tanto di folla a contorno, attorno al cadavere impiccato). Lo stesso è stato fatto per e con Che Guevara (Ernesto Guevara de la Serna), nell’ottobre 1967, dopo la sua cattura e uccisione in Bolivia. Anche in questo caso, le fotografie del cadavere steso su un lavatoio (da obitorio?), con intorno ufficiali e soldati dell’esercito e eleganti figuri della Cia (va detto), servirono a certificare la notizia della sua morte a coloro i quali, anche qui abbagliati dalla figura eroica, non volevano crederci. Sia per Pancho Villa, sia per Che Guevara, le pose fotografiche sono curiosamente coincidenti tra loro, e richiamano il celebre dipinto del Cristo morto, di Andrea Mantegna (o Lamento sul Cristo morto), del 14751478, conservato ed esposto nella Pinacoteca di Brera, a Milano. Del resto, non sono molte le alternative compositive di un cadavere steso.


Parliamone

In ogni caso, fotografie certificatorie. Infatti, anche se noi sappiamo bene quanto e come la fotografia documenti nulla in modo assoluto, non possiamo ignorare come la grande rivoluzione della fotografia sia stata quella di mostrare la realtà senza apparenti mediazioni, e da qui, forse, è nata la propria diffusione e popolarità anche come documento.

GLI ALTRI DUE Gli altri due corpi esposti e fotografati sono quelli di Benito Mussolini e del bandito siciliano Salvatore Giuliano. A differenza di Pancho Villa e Che Guevara, qui i fatti si sono manifestati per se stessi e non attraverso la fotografia: una fotografia di cronaca, che oggi leggiamo come storica. Giustiziato sommariamente a Giulino di Mezzegra, frazione in provincia di Como, il 28 aprile 1945, dopo essere stato catturato durante il tentativo di fuga, nascosto in una colonna di automezzi dell’esercito tedesco in ritirata concordata, Benito Mussolini fu portato a Milano. Una versione vuole che il suo cadavere,

quello della compagna Claretta Petacci (che ne ha voluto seguire il destino fino alla fine) e di alcuni gerarchi fascisti sarebbero stati appesi (per i piedi) alle intelaiature di un distributore di benzina di piazzale Loreto in ricordo di un eccidio fascista del precedente 10 agosto 1944. Un’altra versione è pragmatica. Diffusasi la voce che il cadavere di Mussolini stava arrivando a Milano, il convoglio partigiano è stato bloccato all’ingresso in città, da Nord, che allora era appunto piazzale Loreto. Ma non importa, o forse sì. L’esibizione dei cadaveri fu certificazio-

I cadaveri di Benito Mussolini, Claretta Petacci e gerarchi fascisti appesi per i piedi alle intelaiature di un distributore di benzina in piazzale Loreto, a Milano. La morte del bandito Giuliano, nella notte del 5 luglio 1950, a Castelvetrano, è il primo dei misteri dell’Italia repubblicana.

ne di morte realmente avvenuta e le fotografie giornalistiche che documentarono quel momento appartengono oggi alla Storia. Quindi, c’è la vicenda del cadavere del bandito Giuliano, ucciso a Castelvetrano, in provincia di Trapani, il 5 luglio 1950. In questo caso, le fotografie del cadavere steso a terra, nel cortile Di Maria, in canottiera, colpito a morte, sangue in evidenza, non soddisfecero alcun dubbio. Ma ancora oggi compongono le tessere di un puzzle non ancora rivelato. Primo grande pasticcio (diciamola così, in leggerezza) della Repubblica, il caso Giuliano è ancora tutto da districare: il cadavere sottolinea mille e mille contraddizioni della sua individuazione, del tentativo di fuga e dell’uccisione, sulle quali l’indagine giornalistica non è mai riuscita a fare luce. Sessant’anni dopo dobbiamo ancora e sempre richiamarci allo straordinario e lungimirante primo servizio scritto dal grande giornalista Tommaso Besozzi, pubblicato su L’Europeo, del sedici luglio: Di sicuro c’è solo che è morto. ❖

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Notizie a cura di Antonio Bordoni

BEL RITORNO! Attento distributore di materiale fotografico, Rinowa ha acquisito la rappresentanza degli obiettivi universali Tokina, che si offrono e propongono in montatura fissa per reflex Canon e Nikon (più l’AT-X Pro 11-16mm f/2,8 DX per Sony). Si tratta di una linea che si indirizza e rivolge a un pubblico di utilizzatori attenti alla qualità ottica e costruttiva. Tutti gli obiettivi in gamma sono stati progettati dopo l’avvento della tecnologia digitale; quindi, sono concepiti e realizzati tenendo nella indispensabile considerazione gli standard progettuali richiesti dai sensori di acquisizione, ai quali garantiscono una elevata qualità di immagine, raggiunta anche grazie a un diffuso impiego di lenti asferiche e vetri a basso indice di dispersione. L’attuale sistema ottico si articola su otto focali: cinque per sensori di dimensioni DX, inferiori al formato pieno 24x36mm, e tre per reflex “full frame”. Per i sensori DX sono disponibili due zoom grandangolari (Tokina AT-X Pro 11-16mm f/2,8 e AT-X Pro 12-24mm f/4), uno zoom standard (AT-X 16,5-135mm f/3,55,6), un particolare zoom fisheye 10-17mm f/3,5-4,5, che copre l’inquadratura intera, e il macro Tokina AT-X Pro 35mm f/2,8, in grado di arrivare al rapporto di riproduzione 1:1, al naturale.

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Analogamente, due zoom e un macro anche per il pieno formato 24x36mm: Tokina AT-X Pro 1628mm f/2,8 [a sinistra], AT-X 80400mm f/4,5-5,6 e 100mm f/2,8 (con rapporto di riproduzione 1:1). Tutti gli obiettivi Tokina sono realizzati con montatura metallica e finitura esterna “black-alamite”, che conferisce un look piacevole e un’ottima resistenza a graffi e abrasioni. (Rinowa, via di Vacciano 6f, 50012 Bagno a Ripoli FI; www.rinowa.it).

È POSSIBILE! Una delle più belle notizie dal recente PhotoShow 2011, a Milano, dal venticinque al ventotto marzo scorsi, riguarda il convincente apprezzamento di pubblico per le nuove emulsioni Impossible, che rilanciano la fotografia a sviluppo immediato soprattutto nell’ambito della creatività e arbitrarietà individuale: documentiamo qui accanto. A dispetto di coloro i quali tendono soltanto a dirne male (tanti ne conosciamo), i filmpack Impossible hanno dato straordinaria prova di consistenza fotografica e offerto eccellenti esempi di come sia sempre possibile interpretare la fotografia (chimica) pronta in una manciata di secondi. Di certo, più e diversamente che in passato (con le emulsioni polaroid della sua Storia), l’impiego delle pellicole Impossible presuppone applicazioni e capacità capaci di fare la differenza: tra chi c’è ed è, e chi spera di essere, adagiandosi soltanto su utilizzi banalizzati. Dunque, le affascinanti immagini realizzate da Beppe Bolchi, che ha guidato l’area Impossibile del distributore italiano Nital, esprimono questa sostanziosa differenza. L’autore è oggi più determinante che mai, più discriminante che mai, più presente che mai. Proprio l’abilità di Beppe Bolchi, sia in termini formali (sapiente uso dell’emulsione), sia nei contenuti espressivi (a ciascuno, i propri), ha dato senso e valore ai filmpack PX 680 Color Shade e PX600UV (rispettivamente, colore e bianconero per apparecchi Polaroid serie 600).

Sì, Impossible c’è. Ora, tocca ai fotografi rivelare e manifestare la propria creatività! (Nital, via Tabacchi 33, 10132 Torino; www.nital.it).

CHE LAMPO! A ridosso della sua commercializzazione, nei primi giorni dell’anno, il flash Metz Mecablitz 44 AF-1 digital ha subito trovato una esatta collocazione nel mercato fotografico. La qualità e quantità delle sue prestazioni hanno tanto impressionato, da imporlo all’attenzione generale. Potente e flessibile, dedicabile alle reflex Canon, Nikon, Olympus, Panasonic, Pentax e Sony, il Metz Mecablitz 44 AF-1 digital è anche elegante: immediata-

mente, afferma le sue prestazioni elevate (Numero Guida 44, a 100 Iso, in riferimento alla focale 105mm) e le opzioni dedicate all’illuminazione creativa; non certo in subordine, ribadisce i connotati del suo convincente design. Sul retro, un pannello di controllo di facile interpretazione e i tasti illuminati ne rendono l’impiego straordinariamente pratico. Numerose caratteristiche completano la sua dotazione tecnica: selezione zoom automatica, diffusore grandangolare incorporato per obiettivi di lunghezza focale a partire da 12mm (nel formato 24x36mm), pannellino riflettente estraibile e interfaccia USB per il rapido aggiornamento del software. Numerose funzioni consentono di dosare con precisione l’emissione luminosa per ciascun tipo di soggetto. La parabola completamente orientabile, con pannellino riflettente estraibile, offre la massima versatilità per l’impiego del lampo riflesso (bounce flash). In più, il diffusore grandangolare integrato è ideale per illuminare scene inquadrate con focali estremamente grandangolari. Ancora: grazie alla funzione servo-flash, il Metz Mecablitz 44 AF-1 digital può essere usato senza limitazioni anche in modalità TTL, secondo quanto previsto dalla reflex in uso. In manuale, in base alle esigenze e al gusto personale, si può regolare la potenza di emissione su quattro diversi livelli di luminosità parziale. (Fowa, via Tabacchi 29, 10132 Torino; www.fowa.it). ❖




Cinema

di Maurizio Rebuzzini - Ricerca iconografica di Filippo Rebuzzini

DIALOGHI E DINTORNI

L

Lo scorso dicembre, la brava Sara Polotti si è laureata in Storia e Conservazione dei Beni Culturali e Artistici, alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Brescia, con una tesi della quale abbiamo fatto prezioso tesoro: Fotografia tra arte e vita: riflessioni attraverso l’analisi di alcuni dialoghi cinematografici. Non c’è nel titolo, non avrebbe avuto motivo né senso esserci, ma, dal nostro punto di vista mirato (e viziato?), l’esclamativo si impone: Fotografia tra arte e vita: riflessioni attraverso l’analisi di alcuni dialoghi cinematografici! Lo giuro: l’argomento è stato indicato dalla studentessa, non imposto dal docente-relatore (scusate, io), né proditoriamente sollecitato dal correlatore, professor Massimo Locatelli, ricercatore e titolare di cattedre di filmologia. Lo giuro: nell’indirizzo della studentessa non hanno pesato in alcuna misura o in alcun modo le escursioni attorno la presenza della fotografia nel cinema che caratterizzano, definendola addirittura, la personalità redazionale-giornalistica-storica di questa testata, e neppure le escursioni che mi hanno portato a curare e allestire mostre a tema, sempre assieme a Filippo Rebuzzini, che rintraccia e archivia prezioso materiale a tema. Infatti, a ritroso, per forza di cose, queste visioni espositive si sono sempre indirizzate soprattutto alla segnalazione e approfondimento della presenza di apparecchi fotografici e/o situazioni adeguatamente fotografiche. Casomai, per propria conformazione e possibilità, soltanto FOTOgraphia ha avuto modo di sottolineare la sceneggiatura oltre la scenografia a tutti esplicita, approdando, per l’appunto, anche alle parole fotografiche del cinema.

DALLA TESI Tra tante osservazioni avvincenti, il capitolo La fotografia creativa, l’arte, della tesi Fotografia tra arte e vita: riflessioni attraverso l’analisi di alcuni dialoghi cinematografici, di Sa-

ra Polotti, si è allungato su un film in particolare, andando altresì a riprendere almeno un altro precedente “fotografico” dello stesso regista, Woody Allen. Rileva Sara Polotti: «Questo concetto di “artistico” è ricorrente nei film nei quali si fanno emergere la sensibilità, l’estro e la personalità di un qualche protagonista, non necessariamente quello principale. E spesso le considerazioni che emergono hanno spessore e verità». Sacrosanto, e si entra in tema: «Tra i film che esprimono giudizi su una fotografia creativa non più quotidiana ne ho selezionati due sopra tut-

Dal film Vicky Cristina Barcelona, di Woody Allen (2008). Esuberante e in cerca di stimoli, Cristina (l’attrice Scarlett Johansson) si muove in Spagna con la propria macchina fotografica, che in una situazione cede a Vicky (Rebecca Hall), per una immancabile fotoricordo con l’amico accompagnatore Juan Antonio (Javier Bardem).

ti, entrambi dell’intrigante Woody Allen. Inizio dal più recente. «Nel 2008, Woody Allen ha presentato sugli schermi Vicky Cristina Barcelona; la storia è semplice e moderna: passando l’estate a Barcellona, anche grazie alla conoscenza dell’artista Juan Antonio (l’attore Javier Bardem) e della complicata moglie Maria Eléna (Penélope Cruz), le statunitensi Vicky (Rebecca Hall), romantica e sul punto di sposarsi, e Cristina (Scarlett Johansson), esuberante e in cerca di stimoli, riscoprono loro stesse. «Se la trama può risultare scontata, non accade lo stesso con i dialoghi e le immagini, ricchi di spunti e riflessioni sulla fotografia e la sua arte, vicini alla realtà. Dalla successione delle parti narrative e dei dialoghi (che sto per riportare) emerge la trasformazione della protagonista, Cristina, che corrisponde alla sua scoperta dell’arte della fotografia creativa». In successione serrata, alcune parole esemplari. Voce narrante fuori campo: «Juan Antonio [...] si dimostrò un ottimo anfitrione, e nel pomeriggio le portò a vedere le bellezze del posto; loro adorarono la città e la fotografarono. [...] Continuarono a documentare la gita con montagne di foto[grafie]. Mentre Vicky rimaneva scettica, Cristina si divertiva un mondo». Ancora. Voce narrante fuori campo: «Cristina, in cerca di un modo per potersi esprimere, vagava per le strade di Barcellona sperimentando la sua ultima passione, la fotografia». Più avanti. Voce narrante fuori campo: «Juan Antonio e Cristina uscirono insieme diverse altre volte, lui [...] le fece vedere i posti della città che lui preferiva e lei li fotografò. Juan Antonio era amico di tutte le puttane, ed era convinto che costituissero un soggetto fotografico straordinario. Incoraggiava il lavoro di Cristina, anche se lei, per timidezza, non glielo faceva mai vedere».

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Cinema «Cristina cominciava a vedere se stessa come un outsider, non più soffocata da quella cultura americana che lei percepiva come puritana e materialista, e verso cui era insofferente. Vedeva se stessa come un’anima europea, in armonia con quei pensatori e quegli artisti che secondo lei esprimevano la sua stessa visione della vita, tragica, romantica e fatta di libero pensiero. Nel giro di amicizie di Juan Antonio, Cristina aveva modo di frequentare persone creative di ogni genere. Adorava la loro compagnia, e continuava a cimentarsi con la scrittura e la fotografia». Da cui, un dialogo vero e proprio. Cristina: «Purtroppo, ho dovuto affrontare il fatto che non sono dotata, ecco, io so apprezzare l’arte e adoro la musica, ma è triste, perché io sento di avere molto da esprimere, solo che non sono dotata». Maria Eléna: «Ma tu hai talento». Cristina: «E qual è il mio talento?». Maria Eléna: «Fai bellissime fotografie». Juan Antonio: «È vero, fa sempre fotografie, che poi mi nasconde». Cristina: « È perché non valgono niente». La sceneggiatura prosegue. Voce narrante fuori campo: «Il giorno seguente, Maria Eléna andò in giro a fare fotografie insieme a Cristina. Aveva un occhio formidabile, conosceva bene l’arte della fotografia e insegnò a Cristina molte cose sull’estetica e sulle sottigliezze dell’inquadratura. Le consigliò di sbarazzarsi della macchina digitale e di usarne una tradizionale. Le disse quanto fosse importante avere una camera oscura e si offrì di installarne una in cantina e di insegnarle le tecniche per sviluppare e stampare. Fotografarono di tutto, da cagnolini dall’aria scema a bambini imbronciati. Ma il soggetto migliore era Maria Eléna stessa». Conclude Sara Polotti: «Da quanto emerge dai dialoghi, il film inscena la ricerca di personalità di Cristina, la quale, dopo disparate (e sottintese) esperienze, approda alla fotografia quale mezzo di espressione, ricerca artistica e riflessione personale. Tutto questo rispetta un copione che potrebbe benissimo essere reale: la fotografia, oggi, avvicina molte persone all’arte,

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Incoraggiata da Maria Eléna (Penélope Cruz), Cristina abbandona la macchina fotografica digitale, per usarne una tradizionale, a pellicola, che dischiude la magica porta della camera oscura.

un’arte personale e meno esibita, ma che crea comunque un piacere estetico, riflessivo ed emozionale».

PRECEDENTI La frequentazione “fotografica” di Woody Allen si è rivelata anche in film precedenti, con consistenti annotazioni a margine perfino in Manhattan, del 1979. Tra tante, va ricordata una

riflessione sul mezzo fotografico in Io & Annie (Annie Hall), del 1977, pseudo-romantica e nevrotica storia d’amore tra un comico, Alvy Singer (interpretato dallo stesso Woody Allen), e una ragazza di buona famiglia, Annie Hall (Diane Keaton, che nella vita reale ha consistenti interessi fotografici; FOTOgraphia, novembre 2009). Nell’appartamento di Annie, Alvy vede delle fotografie appese alle pareti; per liberarsi dall’imbarazzo nel quale si trova, prende spunto dalle fotografie, e nasce un bizzarro e insensato scambio di battute. Alvin: «Chi sono quelli su quelle foto[grafie]?». Annie: «Oh, beh, vedi, ecco, allora... Quello è mio papà, mio padre, e quello mio fratello Dwaine». Alvin: «Dwaine?». Annie: «Sì, certo, Dwaine. E sopra c’è la nonna Hall. E quello è Sedi. Sedi è... Beh, Sedi conobbe la nonna attraverso il fratello di nonna, George. George era dolcissimo, aveva quella cosa... Qual è quella cosa che tu... Che tu ti addormenti nel mezzo di una frase, sai che cos’è?». Alvin: «La narcolessia». La conversazione prosegue. Alvin: «Senti le hai fatte tu quelle fotografie là dentro?». Annie: «Sì, sì, diciamo che mi diletto, sai». Alvin: «Sono stupende, sono belle, hanno...». Annie: «Beh, a me piacerebbe tanto fare un corso serio di fotografia». Alvin: «La fotografia è interessante, perché è una nuova forma d’arte e dei criteri estetici codificati non sono ancora emersi». Annie: «Dei criteri estetici? Vuoi dire per decidere se una fotografia è buona, o no?». Alvin: «Il mezzo si immette come condizione della forma d’arte stessa, appunto, ecco, sì». Annie: «Beh, ecco, vedi per me, io, insomma, cioè, è tutto istinto sai? Per me è qualcosa che io sento, capisci, io cerco di coglierne il senso e non sto a pensarci su tanto». Alvin: «Sì, comunque, cioè, sono necessari, cioè, dei canoni, cioè, estetici per operare, cioè, in una prospettica». Annie: «Be, non lo so, però, credo che rischi di far tardi». Belle parole. Punto. ❖



Davanti a una fotografia di Andrea Villanis

POWER HOUSE MECHANIC

S

Se la disciplina fotografica in sé ci pone vis-à-vis con la riflessione sul concetto di “scelta”, l’indagine su Lewis Wickes Hine non offre nessuna via di scampo. Nato nelle campagne del Wisconsin, il 26 settembre 1874, dopo aver lavorato a lungo in una fabbrica (sarà stata questa la cicatrice che segnò l’intero corso della sua esistenza?), ha studiato sociologia presso le University of Chicago, Columbia University e New York University. Successivamente, ha intrapreso l’attività di professore in un istituto di New York. Questo è il tempo in cui inizia a manifestarsi la “vocazione”: l’utilizzo della fotografia quale strumento d’elezione per una pedagogia sociale: «Se sapessi raccontare una storia con le parole, non avrei bisogno di trascinarmi dietro una macchina fotografica». Che la fotografia sia uno specchio altamente fedele o, meglio, una finestra sul mondo, è noto, come ancora più nota è l’eterna querelle tra oggettività e soggettività del mezzo; ma, nel momento in cui approcciamo la fotografia documentaria, tutto sembra ravvivarsi nuovamente. Tale è la complessità che un concetto come quello di “documento” porta quale fardello. Si potrebbe dire che su questa Terra esistono due tipi di viaggiatori: quelli che hanno gli occhi fissi sulla meta e quelli che durante il viaggio non badano alla destinazione, ma alla strada. Bene. Per entrambe le categorie (e abbiamo scelto appositamente due poli estremi), dato che di viaggiatori si tratta, il termine primo è il viaggio. In entrambe le categorie è insita una sorta di “vocazione”. Però, la declinazione di questo termine assume due forme totalmente differenti. I primi non divagano: con gli occhi fissi sul-

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Davanti a una fotografia la meta, puntano l’obiettivo e non hanno scelta, se non proseguire. Non è questione di “piacere”, di diletto, ma di imperativi categorici: la questione è centrare il punto! Questa tipologia di viaggiatore sposa una causa. La causa persegue un fine che, durante il cammino, si scopre essere più grande del “viaggiatore in sé”. Lewis W. Hine appartiene a questa categoria. Non è propriamente un ricercatore, ma un testimone. Il suo fine di viaggiatore: rivelare la verità. Naturalmente, questo tipo di atteggiamento comporta un tipo mirato di sguardo: nessuna digressione, nessuna distrazione, niente orpelli. L’insistenza, la sistematicità e la semplicità sono gli unici elementi essenziali ai fini della causa: “fare luce”. Trovo questa espressione particolarmente umoristica, tra le labbra di Lewis W. Hine... d’altro canto credo di non aver mai goduto di un’espressione più puntuale per riferirsi al lavoro fotografico! Difatti, prendendo in esame un’immagine tratta dall’opera Men at Work, Power House Mechanic, del 1920, subitaneamente si fanno avanti due considerazioni: senza dubbio, la fotografia appare significativa in sé, ma efficace solo

(non soprattutto) in relazione all’opera omnia di Hine. In ogni caso, inizieremo col dare un occhio a quella che, senza dubbio, è una “bella fotografia” (definizione, per noi, ben poco opportuna e calzante). A un primo sguardo, ciò che “balza all’occhio” è sintetizzabile nel binomio plasticità/meccanicità: la fisicità di questo uomo, la sua pelle, la sua carne bianca e levigata viene posta in risalto dal ferro, dalla meccanicità del corpo-ferro che gli fa da sfondo, che finisce col confinarla nel perimetro di se stessa. Ogni elemento di questa fotografia risulta essenziale, funzionale ai fini della comprensione della situazione: offre un punto di vista sulla realtà di “uno dei tanti” Men at Work newyorkesi. Volendo prescindere da giudizi di valore sulla maestria di uno sguardo che svela la sua sapienza, mostrando le cose per quelle che sono (da e con sir Francis Bacon, una volta di più, mai una di troppo), né più né meno di quelle che sono. Volendo prescindere dalla digressione sulla “puntualità” della distanza tra fotografo e soggetto (da parte del fotografo non c’è distacco e non c’è sovrapposizione, ma quella che ci piace definire una

“giusta distanza”). Volendo prescindere da tutti questi piccoli aspetti tecnici (in realtà notevoli e non marginali), questa fotografia assume valore assoluto in relazione a tutta l’opera di Lewis W. Hine, a tutta una vita spesa, votata alla denuncia di una condizione: la perdita di un “pezzo di umanità”, in favore di uno sfruttamento... ieri ad opera di una classe borghese (capitalistica), oggi (osservando, per esempio, la situazione particolarissima italiana) ad opera di una classe politica inetta, eppure così precisa, strategica nel disumanizzare e “passivizzare”: inno alla partitocrazia. Ma non parliamo di questo... o forse Hine presta (offre) il fianco per farlo! Guardare la lotta interna ed esterna di un uomo (una donna o un bambino), la rassegnazione e l’assuefazione individuale e sociale che ne deriva... l’urgenza di dire, di denunciare, di “far luce”. È questo che muove lo sguardo affilato dell’autore fotografo verso linee e volumi essenziali eppure scultorei... volumi che allontanano lo spettatore da quelli che sono i tempi e i luoghi esatti della storia raccontata, prendendo toni e tinte che sembrano appartenere a spazi e storie differenti... quasi

come se ci proiettasse contemporaneamente in tutti luoghi sempre diversi eppure sempre uguali, nei quali la storia dello sfruttamento si ripete di nuovo, ogni volta di-nuovo! L’insistenza, la ripetizione incessante di questo tema che lo accompagna lungo tutti i giorni della sua esistenza sono la prova più lampante dell’autenticità del suo viaggio e della consapevolezza circa il ruolo storico da lui svolto, caratteristica, questa, di molti altri grandi fotografi umanisti, quali Jacob A. Riis, Walker Evans, August Sander e via dicendo. Un autentico maestro di quello che è il precario equilibrio tra autore, macchina fotografica e soggetto; un autentico maestro che riuscì a vedere riconosciuto il proprio lavoro in vita, ma che una società stanca e troppo “nutrita” dimenticò al termine del suo viaggio, lasciandolo povero e isolato. «Forse voi siete stanchi di immagini di lavoro minorile. Anche noi lo siamo, ma ci proponiamo di rendere sia voi sia il resto del paese così stanchi di questa storia che, quando verrà il momento dell’azione, le immagini del lavoro minorile saranno solo documenti di un passato che non c’è più». ❖


Ici Bla Bla a cura di Lello Piazza

Questa rubrica riporta notizie che sono appartenute alla cronaca. Però, nel loro richiamo e riferimento molti motivi ci impediscono di essere tempestivi quanto la cronaca richiederebbe. Ciononostante riteniamo giusto proporle, perché siamo convinti che non abbiano perso la propria attualità, e continuino a offrire spunti di riflessione.

LA FOTOGRAFIA PIÙ COSTOSA. Eccoci qui per l’ennesima volta a sognare, come bambini davanti allo zucchero filato, di fronte ai tre milioni e quasi novecentomila dollari (3.890.500) spuntati da Untitled #96, di Cindy Sherman, a un’asta di Christie’s, mercoledì diciotto maggio [qui sotto]. Si tratta di un autoritratto scattato nel 1981: la stampa è stata messa in asta con una stima compresa tra il milione e mezzo e i due milioni di dollari, cifra che a me, sinceramente, pare già una mezza follia. L’acquirente è Philippe Segalot, mercante d’arte di New York, già responsabile del settore Arte Contemporanea da Christie’s, e ora esperto di fiducia per l’acquisto di opere in nome di ricchi collezionisti che vogliono mantenere l’incognito. A proposito di questa cifra, la più alta di tutti i tempi pagata per una fotografia (FOTOgraphia, dicembre 2010), alcune domande si rincorrono sui giornali americani: cosa ha di speciale Cindy Sherman? È morta? Ha smesso di fotografare? Considerato il femminismo del quale è pervaso il suo lavoro, l’alta valutazione è forse dovu-

ta al fatto che si tratta di una donna? La taglio qui con queste legittime domande, ricordando una famosa frase che una volta si diceva in condizioni di incertezza: Ai posteri l’ardua sentenza.

OBAMA: NON DARÒ LE FOTO[GRAFIE] DI BIN LADEN. A sei colonne, in prima pagina, a sottolineare l’assoluta importanza della affermazione, un titolo che più esplicativo non si può: «Obama: non darò le foto [grafie] di Bin Laden».

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Condivisibile e condivisa la posizione del presidente statunitense Barack Obama di non pubblicare le fotografie di Bin Laden ucciso.

Peace Reporter (www.peacereporter.net) ha rivelato la falsità della fotografia del cadavere di Bin Laden, diffusa dai media.

Venduta a un’asta di Christie’s New York per quasi quattro milioni di dollari (3.890.500), Untitled #96, di Cindy Sherman, si afferma come la più alta aggiudicazione fotografica di tutti i tempi, in aggiornamento a quanto segnalato in FOTOgraphia, dello scorso dicembre.

È a tutti nota la vicenda a cui si riferisce questo titolo, di Repubblica del cinque maggio [qui sopra]. Il primo maggio, un corpo speciale americano è entrato in un villone di Abbottabad, poco lontano dalla capitale del Pakistan, Islamabad, uccidendo il leader del terrorismo islamico mondiale, l’organizzatore, secondo i più (dei quali io però non faccio parte, tanto per essere chiaro), dell’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001. Comunque, non è di al-Qaeda o attentati che vogliamo parlare, ma di fotografie: fotografie che ritraggono guerriglieri o grandi delinquenti, o comunque grandi personaggi del male (almeno per alcuni), uccisi dalle forze del bene (sempre secondo alcuni) in scontri a fuoco. Cosa si deve fare con le immagini di questi corpi mutilati, maciullati da un mitragliatore o semplicemente finiti con un colpo piazzato nel centro della fronte? Non è una risposta facile da dare (e richiamiamo, su questo stesso numero, da pagina 8). Ho una piccola esperienza in proposito: il 20 maggio 1973, morivano a Monza due assi del motociclismo mondiale. Io e Sandro Bacchi siamo gli unici al mondo ad avere la sequenza dell’incidente mortale. Le fotografie testimoniano chiaramente che il vero responsabile della morte (non dell’incidente) è il circuito: chi cade non ha una via di fuga, ma rimbalza contro il guardrail e ritorna in mezzo alla pista. Così accadde quel giorno. Io e Sandro non facemmo pubblicare le nostre immagini, per una sciocca convinzione infantile che non si devono fare soldi con i morti. Purtroppo, quaranta giorni dopo, nella stessa curva e nello stesso modo, morirono tre piloti “gentlemen”, Carlo Chionio, Renzo Colombini e Renato Galtrucco. La col-

pa dell’autodromo era talmente evidente che, forse, se avessimo pubblicato le fotografie del primo incidente, la seconda corsa non avrebbe avuto luogo. Infatti, da quel secondo episodio, prima della modifica della Curva del Vialone (il toponimo del luogo dell’incidente), non si fecero più gare di moto a Monza. Dunque, in alcuni casi, le fotografie dei morti possono aiutare i vivi. Tornando a Bin Laden, confesso che condivido la posizione di Obama di non pubblicare le immagini di lui morto. Ma, per onestà intellettuale, devo anche ammettere che se fosse stato George W. Bush a decidere di non pubblicare queste immagini, forse non avrei condiviso. Non è giusto, ma si tende ad approvare quello che fa una persona della quale ti fidi e a condannare quello che fa qualcuno di cui non ti fidi. Ma, ovviamente, è un paradigma pericoloso: il potere va sempre controllato.

FALSO. Lo sappiamo: nel mondo digitale, i falsi sono all’ordine del giorno. Anche nel caso della morte di Bin Laden, è subito apparsa su vari siti una fotografia del suo cadavere. La notizia è stata considerata vera per meno di ventiquattro ore (se è facile falsificare, sono comunque tanti quelli che controllano che i falsi vengano denunciati abbastanza in fretta). Poi, interventi autorevoli hanno denunciato la contraffazione. Tra le tante denunce, riportiamo quella di Peace Reporter (www.peacereporter.net) [qui sopra]: «La prima fotografia del cadavere di Osama Bin Laden mostrata da tutte le televisioni del mondo e ripresa dai principali siti di informazione è un falso clamoroso. Si tratta di un’immagine evidentemente elaborata con un programma di editing,


Ici Bla Bla ripresa dal sito unconfirmedsources. Il nome del file, peraltro, 20060923torturedosama.jpg, dovrebbe bastare a chiarire l’equivoco: si tratta di una fotografia del 23 settembre 2006, il cui nome è “Osama torturato”».

MATRIMONIO REALE. Sotto il titolo «Balcony kiss seals royal wedding», il ventinove aprile scorso la BBC ha riportato: «Prince William and Kate Middleton have kissed twice on the balcony of Buckingham Palace after their wedding service in Westminster Abbey» (Il principe William e Kate Middleton si sono baciati due volte sulla balconata di Buckingham Palace, dopo il loro matrimonio nell’abbazia di Westminster). Ho capito che questi baci sono assurti a simbolo di tutta la confusione matrimoniale, misteriosamente seguita da milioni di spettatori nel mondo: ma vi sembra possibile che ben otto prime pagine di quotidiani italiani del trenta aprile, su tredici esaminati (il 61,53 percento), comprese le testate sportive, abbiano pubblicato tutte la medesima fotografia? Guardate qui accanto per credere. Complimenti alla Stampa, che ha impaginato l’immagine romantica dell’Aston Martin degli sposi, con vari ammennicoli appesi dietro, che si allontana (ma almeno non è il bacio); al Corriere dello Sport, che ha elevato a simbolo del matrimonio la gaffe del calciatore Beckham (che si è appuntato al tight la medaglia dell’Order of the British Empire, sbagliando il rever sul quale appuntare la spilla); e, soprattutto, al Mattino, che ha dato la notizia (inevitabile?) senza fotografia.

Oltre le fotografie ufficiali e accreditate del matrimonio del principe William con Kate Middleton, in Rete sono circolate altre inquadrature, ovviamente dissacranti: altra forma di bacio sul balcone reale.

Su tredici quotidiani italiani del trenta aprile, otto hanno pubblicato la medesima fotografia del bacio reale: il 61,53 percento. Complimenti alla Stampa, al Corriere dello Sport e al Mattino.

come altra forma di bacio sul balcone reale [qui sopra]. Potenza della fotografia: inquadratura, composizione e punto di s-vista. Del resto, come spesso rileviamo, «È solo occidentale l’idea secondo cui ciò che si trova davanti all’obiettivo deve essere vero, deve essere la realtà» (da e con Mary Warner Marien, da Photography: A Cultural History); ma anche «L’effetto di realtà della fotografia riguarda innanzitutto la propria aderenza formale a ciò che rappresenta, il suo contenuto può essere manipolato e selezionato senza inficiare il suo supposto valore di verità documentaria fondato sulla tecnica» (da e con Hubertus von Amelunxen, da The Century’s Memorial. Photography and the Recording of History). In conclusione, una volta ancora, una di più, mai una di troppo: la grande rivoluzione della fotografia è stata quella di mostrare la realtà senza apparenti mediazioni e da qui, forse, è nata la propria diffusione e popolarità anche come documento.

VENTICINQUE ANNI DA CHERNOBYL. Tutti ricordano cosa accadPer commemorare i venticinque anni da Chernobyl e documentarne lo stato dell’arte, Gerd Ludwig è tornato sul luogo del disastro.

de la notte del 26 aprile 1986. Un incidente alla centrale nucleare di Chernobyl, in Unione Sovietica, provocò la fuoriuscita di materiale radioattivo dal nucleo. Questo materiale colpì soprattutto la zona circostante, dove si ebbero morti e deformazioni, e la nube arrivò sull’Europa, Italia compresa. Si

MATRIMONIO REALE / 2. Intanto, oltre le fotografie ufficiali e accreditate del matrimonio del principe William con Kate Middleton, in Rete sono circolate altre inquadrature, ovviamente dissacranti (autentiche, manipolate o taroccate conta nulla). Una la proponiamo: viene irrisa

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Ici Bla Bla trattò dell’incidente a una centrale nucleare più grave di tutti i tempi. Mentre un rapporto delle Nazioni Unite testimonia la morte per cancro di quattromila persone, molte altre organizzazioni ambientaliste stimano in oltre centomila il vero numero dei morti a causa del disastro. Per commemorare la tragedia, il grande fotografo tedesco Gerd Ludwig, basato da molti anni a Los Angeles, specializzato in Russia, che a proprio tempo realizzò uno dei più avvincenti reportage sull’incidente (FOTOgraphia, luglio 2005), è tornato sul luogo del disastro per documentarne lo stato dell’arte e fare in modo che questa tragedia non sia dimenticata, ma costituisca, anzi, una lezione per tutti. Altre informazioni sull’iniziativa all’indirizzo web: www.longshadowofchernobyl.com.

tel Marinum di Alex Majoli, American Family di David Alan Harvey, Bangkok Saul di Andrea Pistolesi e Galapagos di Antonin Kratochvil [al centro]. Infine, citiamo Circuito Off, che trasforma la città in un grande spazio espositivo: ristoranti, bar, enoteche e altri luoghi pubblici proporranno al pubblico i lavori di giovani fotografi.

PREZZO/DIMENSIONE. Ovvero-

TPW E FOTOGRAFIA DI VIAGGIO. Come ogni anno, segnaliamo i workshop di fotografia che si tengono sotto l’egida del Toscana Photographic Workshop, magistralmente diretto da Carlo Roberti. Giunto alla diciottesima edizione, il TPW ha cambiato sede e si è trasferito nell’antica città etrusca di Cortona, in una delle più affascinanti aree della Toscana. I corsi si svolgono presso il Monastero delle Contesse: ciascuno della durata di una settimana, dal ventiquattro luglio al sei agosto (www.tpw.it; info@tpw.it). Tra i docenti, alcuni dei nomi più prestigiosi del fotogiornalismo e della fotografia a livello mondiale. Tra gli altri: Ed Kashi (agenzia VII e National Geographic), James Whitlow Delano, David Alan Harvey (agenzia Magnum Photos e National Geographic), Bob Sacha, Andrea Pistolesi, Stanley Greene (agenzia Noor), Antonin Kratochvil (agenzia VII), Franco Pagetti (agenzia VII), Vanessa Winship, Christopher Morris (agenzia VII), Sally Gall, Settimio Benedusi. Prima dell’inizio del TPW, dal ventuno al ventiquattro luglio, si svolge la quarta edizione di Passion & Profession: incontri durante i quali i partecipanti hanno l’opportunità di mostrare il proprio lavoro a esperti provenienti da importanti giornali italiani e stranieri (www.tpw.it/passion-profession). Dal ventuno luglio al quattro set-

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Fotografie di David Alan Harvey, Antonin Kratochvil, Alex Majoli e Andrea Pistolesi: in mostra a Cortona on the Move fotografia IN viaggio, dal ventuno luglio al quattro settembre.

tembre, si svolge Cortona on the Move - fotografia IN viaggio, un nuovo festival che si propone di diventare punto di riferimento per gli appassionati di viaggi e fotografia. All’interno del festival, una speciale area, E-magazine, è dedicata all’editoria online del settore. Sono previste anche dieci mostre, tra le quali segnaliamo: Ho-

sia, sul rapporto prezzo/dimensione delle fotografie. Parto da una riflessione che Paul Melcher esprime sul suo blog (http:// blog.melchersystem.com). Ecco cosa dice: un tempo, qualcuno (chissà chi?) stabilì che i diritti di riproduzione delle fotografie per la pubblicazione sulla stampa sarebbero dovuti essere prezzati in base alla dimensione finale delle stesse fotografie. Ricordo bene anch’io che questo era ed è vero. Come è ragionevole che sia, almeno dal punto di vista del photo editor di un giornale. A propria disposizione, infatti, il direttore assegna un budget per pagina. Anche se nel mio caso (per decenni photo editor dell’originario Airone) non c’è mai stata una rigida formula matematica da applicare a proposito, è chiaro che se dispongo di duecento euro a pagina e uso una sola immagine, posso anche pagarla duecento euro; ma se ne metto tre e le dovessi pagare duecento euro ciascuna, uscirei dal budget e, prima o poi, anche dalla finestra (in senso figurato, si intende). Comunque, concorda Paul Melcher, con la carta stampata la valutazione ha un certo senso. Oggi, invece, con gli editori che praticano sempre più un’informazione veicolata attraverso Internet, non si venderanno altro che fotografie “piccole” o addirittura “piccolissime”. E anche la pubblicità, che finirà soprattutto su Internet, richiederà immagini “piccole”. Che verranno pagate sempre meno. Per esempio, nel 2010 sono stati venduti più di quattordici milioni di iPad. E al recente Consumer Electronic Show, di Las Vegas, che si è tenuto agli inizi dello scorso gennaio, sono state annunciate altre ottanta configurazioni simil iPad. Per questo genere di “lettori” sono sufficienti immagini che non superano 1028 pixel nella propria dimensione maggiore.


Ici Bla Bla Perciò, le fotografie XXL sembrano destinate a scomparire. Ma, sempre utilizzando la terminologia delle taglie degli abiti, i costi e il tempo che un fotografo dedica, in generale, a produrre una fotografia Small, per Internet, sono gli stessi che dedica per produrre una XXL, per una doppia pagina su un mensile di qualità. Paul Melcher conclude ironicamente e paradossalmente. Dice che potremmo suggerire di rovesciare il ragionamento: far pagare poco le fotografie grandi (corrispondenti a grandi file, nel mondo digitale) e, viceversa, far pagare tanto quelle piccole (piccoli file). Infine, Paul Melcher sottolinea un altro paradosso. Si vendono in larghissima percentuale solo fotografie piccole, mentre i produttori di tecnologia si danno un gran da fare per realizzare reflex con un numero sempre più elevato di Megapixel!

CATO MAIOR, DE SENECTUTE. Catone il vecchio, sulla vecchiaia è il titolo di un’opera famosa scritta da Cicerone, nel 44 avanti Cristo, poco prima della sua morte. Quest’opera, nella quale l’illustre filosofo si inventa un dialogo immaginario tra Catone (noto anche come il Censore), il suo amico Gaio Lelio e il condottiero Scipione l’Africano, celebra la serenità con la quale Catone affronta la sua vecchiaia. Dunque, parte della grandezza di un uomo consiste nell’accettare ciò che è ineluttabile, come l’invecchiamento. Un proverbio delle mie parti (in Brianza) dice sük e melun gan la sua stagiun (zucche e meloni hanno la propria stagione; ovvero, ogni co-

Clint Eastwood non nasconde i suoi anni: fotografia di Demon Winter, del Los Angeles Times, terzo premio Portraits Singles al World Press Photo 2007, sul 2006.

sa alla propria stagione). Tutto questo preambolo per dire che vedere il ritratto di un bellissimo dello schermo come Robert Redford, dove è evidente la sua vecchiaia, serenamente accettata, è per me una gioia del cuore (La Domenica di Repubblica, del diciassette aprile). Con l’occasione, ricordo anche il ritratto di un altro grande del cinema statunitense, Clint Eastwood, con la stessa semantica (di Demon Winter, del Los Angeles Times, terzo premio Portraits Singles al World Press Photo 2007, sul 2006). Li propongo in questa pagina.

ANCORA A PROPOSITO DI QUOTIDIANI. In un vecchio (sì, di quasi vent’anni) pamphlet, Vero o falso?, pubblicato dal Cosv (Coordinamento delle Organizzazioni per il Servizio Volontario), a cura di Alessandro Boscaro, tra le altre rilevazioni interessanti, si faceva notare come i quotidiani utilizzassero la stessa fotografia di un improbabile guerrigliero per illustrare differenti guerre, in differenti posti del mondo, in differenti anni. Quello che succede con Repubblica, che, a commento visivo della scomparsa di Melania Rea, prima, e della scoperta del suo cadavere, poi, pubblica in continuazione le stesse immagini: quella della vittima (con diversi tagli, grandina, piccola, con un po’ di margine intorno, senza margine), e quella del marito, colto di sorpresa durante un’ispezione nel Bosco delle Casermette (Teramo), luogo del ritrovamento del cadavere [a destra]. Mi chiedo perché, se non c’è più niente da dire visivamente, si continua, come un disco rotto, a pubblicare le stesse immagini. Qual è il contenuto informativo? Non sarebbe meglio mettere una macchia di colore Pantone, se non si vuole una pagina solo piombo?

Dal ventitré aprile al tredici maggio, l’omicidio di Melania Rea su Repubblica: sempre con le stesse immagini a commento.

Da La Domenica di Repubblica, del diciassette aprile, un ritratto di Robert Redford, che accetta serenamente la propria vecchiaia.

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Ici Bla Bla

MA A REPUBBLICA SI FA ANCHE UN OTTIMO LAVORO. Per esempio, il reportage sugli sbarchi a Lampedusa, pubblicato il quattordici aprile, risolto in due pagine di immagini molto forti [qui sopra].

Ottimo reportage sugli sbarchi a Lampedusa, in Repubblica del quattordici aprile.

lare di D&G, ma di una campagna appena lanciata, che si basa su un’altra immagine, questa sì provocante (in aggiornamento alle controversie richiamate lo scorso maggio): si vede un bambino con il volto quasi mostruoso di un adulto. È stata realizzata dall’agenzia Armando Testa per la Fondazione Italiana Diabete Onlus, con l’intento di convincere i cittadini a versare alla fondazione stessa il cinque per mille della dichiarazione dei redditi: rappresenta un singolo fotogramma di un clip dove si vede una madre (la Ricerca) che toglie la maschera al bimbo, il cui volto però non esiste, perché si sta parlando di una malattia per la quale non esiste la cura, il diabete mellito di tipo 1 [qui sotto]. Gli accusatori (per tutti citiamo Antonio Cabras, presidente della Federazione Nazionale Diabete Giovanile) si sono scatenati sia su Facebook, segnalando la campagna, sia ai mi-

MANIFESTI. Quelli con immagini scioccanti sono definiti “provocazioni”. Oliviero Toscani è un maestro in questo. Talvolta, sono provocazioni al di là di ogni ragionevole dubbio, come nel caso di quello sull’anoressia (FOTOgraphia, novembre 2007). Altre volte, come per l’immagine della campagna pubblicitaria di Dolce & Gabbana della primavera-estate 2007, realizzata da Steven Klein, nutro seri dubbi. Si tratta di un’immagine nella quale una donna cerca di divincolarsi da un maschio a torso nudo che la tiene ferma a terra, mentre altri maschi osservano impassibili [qui sotto]. E soprattutto mi viene da ridere leggendo quanto Domenico Dolce e Stefano Gabbana avevano dichiarato a un giornale spagnolo, in difesa di quell’immagine. Dopo aver assicurato che avrebbero ritirato la fotografia solo dal mercato spagnolo, dove «sono rimasti un po’ arretrati», si sono chiesti: «Cosa ha a che vedere una fotografia artistica con un fatto reale?». Fotografia artistica? Ma andiamo! Comunque, non siamo qui per par-

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(a destra) Manifesti dalla recente campagna elettorale per l’elezione del sindaco di Milano: «Via le BR dalle procure» e «Idee che diventano azione!» (Marco Clemente inquisito per ’ndrangheta).

nisteri di Pari Opportunità e di Politiche Sociali, sia al Garante per l’Infanzia, sostenendo che questa campagna trasforma i malati in mostri. Però... intanto se ne parla, penso io. Ma lascio a voi una decisione sull’opportunità o meno di una campagna siffatta, non prima però di ricordarvi che la Fondazione è in cerca di fondi. Vi lascio le sue coordinate per eventuali donazioni: Fondazione Italiana Diabete, c/o Azienda Ospedaliera Ospedale Niguarda Ca’ Granda, piazza Ospedale Maggiore 3, 20162 Milano (02-72080336; info@fondazionediabete.org; Iban: IT69-Y-0516401614-000000000334).

Campagna D&G primavera-estate 2007: arte? neanche a parlarne!

ALTRI MANIFESTI. Nella recente campagna elettorale per l’elezione del sindaco di Milano, ne abbiamo viste di ogni. Per fare un regalo al suo capo, Silvio Berlusconi, che parla sempre del cancro italiano, individuando-

Armando Testa ha realizzato la campagna per la Fondazione Italiana Diabete Onlus.

lo nella magistratura, il candidato Pdl Roberto Lassini ha pensato bene di riempire la città di manifesti rossi con scritta in negativo: «Via le BR dalle procure» [qui sopra]. Non commento. Ma commento un altro manifesto dall’apparenza innocua, quello a sostegno della campagna elettorale di un altro candidato Pdl, Marco Clemente, ex collaboratore di Gianni Alemanno al ministero delle Politiche agricole, dal 2003 al 2006, e responsabile della segreteria politica di Angelo Giammario, consigliere regionale lombardo, anche lui del Pdl. Il suo manifesto elettorale mostra l’immagine di un giovinotto serio, che sembra quasi umano. Lo strillo è: «Idee che diventano azione!» [qui sotto]. Ma poi, tutti i giornali riportano un brano di una telefonata di Clemente, all’interno di una intercettazione ambientale sulla ’ndrangheta. Alle tre di notte, Clemente parla con Giuseppe Amato, considerato un boss affiliato alla cosca di Pepè Flachi. Amato si lamenta con altri interlocutori del titolare di un locale notturno che non ha pagato il pizzo alla cosca. Nell’ordinanza del gip Giuseppe Gennari, che ha portato all’arresto di Amato, Marco Clemente è indicato come colui che sostiene il discorso del mafioso, con una bella frase, che dà l’idea di come le sue idee possano trasformarsi in azioni: «Speriamo che muoia come un cane». Ovvie le proteste dell’opposizione, le richieste di espulsione del figuro dal partito, la sua estromissione dalla lista dei candidati. E noi che ci lamentavamo della Dc!


Ici Bla Bla ANCORA MANIFESTI. Facendo or-

In ripetizione dallo scorso ottobre: Rick Norsigian sostiene di aver recuperato una serie di negativi di Ansel Adams che si ritenevano perduti. Può vendere copie fotografiche «senza la garanzia che si tratti di materiale autentico del fotografo Ansel Adams».

dine in casa, ho trovato un manifesto dell’anno scorso, che avevo visto in molte bacheche del Politecnico di Milano. È datato, ma il concetto è sempre valido: corsi di fotografia proposti utilizzando un’immagine che solo il dilettante meno accorto può scattare [qui sotto]. In questo caso, si tratta di una fotografia troppo contrastata e sottoesposta nel suo soggetto principale, la barca in primo piano.

Ansel Adams, Oliviero Toscani (super ritratto di Andy Warhol con Polaroid SX-70) e Robert Frank nella Collezione Polaroid.

COLLEZIONE POLAROID INTERNATIONAL. Con il sostegno finanziario di Impossible, l’azienda che oggi produce pellicole a sviluppo immediato, il museo WestLicht - Schauplatz für Fotografie, di Vienna (www. westlicht.com), ha evitato che una parte della famosa Collezione Polaroid, quella identificata International, in deposito per un certo periodo presso il Musée de l’Elysée, di Losanna, in Svizzera, finisse smembrata attraverso la vendita a tanti piccoli acquirenti. Smembramento già capitato a un’altra parte della Collezione, circa mille opere, messe all’asta da Sotheby’s (Photographs from Polaroid Collection; New York, 21-22 giugno 2010), in una sessione di vendita che ha provocato la reazione di molti fotografi coinvolti, che a proprio tempo avevano donato loro immagini a Edwin H. Land, fondatore della Polaroid Corporation. Il WestLicht ha acquisito le oltre quattromilaquattrocento opere della International Collection, firmate da autori come Ansel Adams, Andy Warhol, Robert Mapplethorpe, Sally Mann.

Le vendite della Collezione Polaroid rappresentano una mera operazione di recupero fondi per risarcire i creditori della Corporation, dopo la sua bancarotta, avvenuta nel 2008.

I NEGATIVI PERDUTI. Lo scorso ottobre 2010, abbiamo raccontato il ritrovamento casuale, in una scatola acquistata a una vendita casalinga di oggetti usati, di sessantacinque negativi su lastra di vetro di (forse) Ansel Adams. Rick Norsigian, il (forse) fortunato, ha comperato la scatola per quarantacinque dollari; se attribuiti a Ansel Adams, i negativi contenuti al suo interno varrebbero, a prezzo di mercato, circa duecento milioni di dollari. Secondo alcuni studiosi, i negativi fareb-

(a sinistra) Corso di fotografia proposto utilizzando un’immagine che solo il dilettante meno accorto può scattare.

bero parte di quel materiale di Ansel Adams che si riteneva perduto a seguito di un incendio avvenuto nel 1937 nella sua camera oscura [qui sopra]. Naturalmente, la fondazione The Ansel Adams Publishing Rights Trust, la cui sede è presso il Center for Creative Photography, dell’Università dell’Arizona (www.creativephotography. org), ha immediatamente risposto, sentenziando che non si tratta affatto di negativi di Ansel Adams. L’8 agosto 2010, il quotidiano Los Angeles Times ha pubblicato una intervista a Marian Walton, ottantasettenne nipote del fotografo americano Earl Brooks, che ha affermato che quei negativi erano opera di suo zio. La situazione è arrivata a questo punto. Per bocca del proprio avvocato, Rick Norsigian ha rilevato che andare per tribunali è troppo costoso e time consuming. Quindi, ha cercato un accordo con la controparte. Il sedici marzo si è incontrato, davanti a un giudice, con il The Ansel Adams Publishing Rights Trust. Rick Norsigian ha rinunciato a usare il nome di Ansel Adams in collegamento a eventuali vendite di stampe o altri diritti legati ai negativi in discussione. Nel testo dell’accordo sta scritto che «Norsigian e il suo socio, PRS Media, ritengono che i negativi siano stati creati da Ansel Adams». Poi prosegue: «The Ansel Adams Publishing Rights Trust contesta questa loro convinzione». Infine conclude: «Norsigian può continuare a vendere stampe da quei negativi a patto di non attribuirli a Ansel Adams». Attualmente, sul suo website, Rick Norsigian continua le vendite. Sotto un banner che strilla «The Lost Negatives» (i negativi perduti), aggiunge «Le stampe dai Lost Negatives, che siano state ottenute in camera oscura, oppure con stampante digitale, sono in vendita senza la garanzia che si tratti di materiale autentico del fotografo Ansel Adams». La vittoria dell’Ansel Adams Trust sembra una vittoria di Pirro. ❖

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di Maurizio Rebuzzini enza ombra di dubbio, ancor prima di avvicinare le immagini premiate e selezionate al Sony World Photography Award 2011, bisogna sottolineare il valore, il peso e lo spessore della sede espositiva di Londra: dove le fotografie vincitrici sono state allestite in mostra, dal ventisei aprile al ventidue maggio, alla prestigiosa e autorevole Somerset House (prima del tour internazionale, che ha già programmato gli appuntamenti di New York, Shanghai e São Paolo: www.worldphoto.org). Infatti, per quanto la sede originaria di Cannes, dove si sono svolte le prime tre edizioni del SWPA, dalla prima del 2008 (FOTOgraphia, giugno 2008, maggio 2009 e giugno 2010), sia da considerarsi in certa misura autorevole, la Costa Azzurra rivela tutti i propri limiti oggettivi, se e quando intendiamo soprattutto la promozione della Fotografia, nel proprio complesso. I conti sono presto fatti, le conclusioni subito riferite. Nel momento nel quale si afferma come il più autorevole concorso fotografico internazionale (assoluto volontario e convinto), avvalorato dalla convocazione di giurie più che qualificate e definito da una alta qualità di immagini (con i soliti distinguo individuali sui vincitori: ma conta niente), il Sony World Photography Award non si esaurisce in se stesso, ma si offre e propone come fantastica occasione e opportunità di promozione in toto della Fotografia tutta (maiuscola volontaria, oltre che consapevole). Ciò a dire che, scandito nelle sue tre componenti fondamentali -professionale, non professionale e studenti-, di fatto, il SWPA rivela e proietta al pubblico una autentica passione per la fotografia, sottolinea curiosità e creatività della fotografia, dà fiato all’espressione più autentica di sensazioni ed emozioni. Da cui, eccoci, l’incantevole palcoscenico di Londra si orienta verso un pubblico di maggiore consapevolezza, rispetto a quello che frequenta la primavera in Riviera: un pubblico, esprimiamolo a chiare lettere, che è anche consumatore e che fa tesoro delle sollecitazioni che raccoglie e lo entusiasmano, appassionandolo in dimensioni e visioni fotografiche di profilo alto, toccate con mano.

S

La mostra delle fotografie vincitrici al Sony World Photography Award 2011, quarta edizione del più autorevole e qualificato concorso internazionale di fotografia (con benefica proiezione anche verso la fotografia non professionale), è stata allestita alla prestigiosa Somerset House, nel centro di Londra, dal ventisei aprile al ventidue maggio. Straordinaria passerella e promozione della Fotografia nel proprio complesso e intendimento.

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PREMESSA INDISPENSABILE Ovviamente, non possiamo ignorare le dietrologie che accompagnano lo svolgimento di qualsivoglia concorso fotografico, e che non hanno risparmiato i risultati del Sony World Photography Award 2011 (in puntuale ripetizione di quanto è già successo alle edizioni precedenti, da quella di esordio del 2008, con l’assegnazione dell’Iris d’Or al reportage Sweet

MATURAZIONE


MAURIZIO REBUZZINI (3)

Approdato alla quarta edizione, il Sony World Photography Award conferma la propria statura di straordinario e avvincente concorso fotografico. Suddiviso in tredici categorie professionali, ognuna con proprio vincitore, tra i quali è stato indicato anche l’autore dell’anno, premiato con l’Iris d’Or, comprende anche una sezione non professionale, con dieci vincitori di categoria, tra i quali è poi indicato, anche qui, il vincitore assoluto. A ciò si aggiungono un premio riservato alle scuole di fotografia, un altro per il video e, da questa edizione, un premio per l’editoria fotografica. Da cui, per diretta conseguenza, ne scaturisce una fantastica promozione della fotografia, della sua curiosità e creatività senza alcuna soluzione di continuità. Maturazione, abbiamo titolato: dalla sede originaria di Cannes, dove sono stati presentati ed esposti i risultati delle prime tre edizioni, dal 2008, il SWPA 2011 è approdato a Londra. Ben altro palcoscenico, ben altra visibilità. Per il concorso, prima di altro, ma soprattutto per la Fotografia, non certo in subordine 25


Nothings, di Vanessa Winship, originariamente vincitrice nella categoria Ritratto; FOTOgraphia, giugno 2008). Altrettanto ovviamente, noi pure possiamo aver avuto qualche perplessità, ed essere stati in disaccordo con i risultati, quest’anno soprattutto (ne riferiamo in articoli immediatamente a seguire, da pagina 34 e da pagina 42). Ma le nostre opinioni contano nulla, non soltanto poco, se e quando misuriamo la proposizione del SWPA 2011 così come l’abbiamo intesa: anche straordinaria promozione della Fotografia, nel proprio complesso.

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Del resto, lo sappiamo bene, i risultati finali dei concorsi fotografici dipendono in larga misura dalla composizione della giuria selezionatrice, che sentenzia in relazione alle proprie opinioni, maturate sulle rispettive esperienze individuali. Così che, registriamolo subito, dopo averlo già rilevato in altre occasioni, a questa precedenti, le iscrizioni in categoria da parte degli autori e i giudizi conseguenti espressi dai giurati sono sempre e comunque al passo con i tempi attuali, durante i quali non esistono più linee nette di demarcazione, che distinguono tra loro le fotografie, ma


sversalmente, fino a poter annotare che non tutto è esattamente ciò che sembra nella propria raffigurazione: da cui, al solito, è giocoforza considerare soprattutto la rappresentazione fotografica. Riprendendo e adattando quanto espresso in altri tempi e per altri riferimenti, oggi, più di quanto sia accaduto ieri, è sempre più legittimo e plausibile approdare a un effettivo riconoscimento di una fotografia che non vale solo per sé, e le proprie intenzioni e/o necessità di partenza, ma per qualcosa di altro, che ciascuno trova prima di tutto in se stesso.

SWPA 2011

tutto il linguaggio odierno della fotografia (soprattutto professionale) è un divenire continuo, con infiltrazioni evidenti e deviazioni di percorso consistenti. Certamente, non ci stiamo smarrendo nel paese delle meraviglie nel quale si perde l’Alice di Lewis Carroll, dove apparenza e realtà si fondono in uno, ma stiamo vivendo una fotografia che si esprime per algoritmi diversi dalle certezze assolute del passato, soprattutto remoto, durante il quale ogni genere non interferiva, né influiva sugli altri. Oggigiorno, il linguaggio fotografico scorre anche tra-

Come già annotato e rilevato, al giorno d’oggi, il Sony World Photography Award è un concorso fotografico di livello straordinariamente alto, certificato dalle giurie convocate per l’occasione e da tanto altro ancora, che conferma l’impegno di Sony nel mondo della fotografia consapevole (non solo fotoricordo: argomento per se stesso affascinante, ma estraneo all’azione fotografica riferita al proprio linguaggio espressivo), nel quale la casa giapponese è entrata all’indomani dell’acquisizione delle linee produttive Konica-Minolta, con la propria famiglia di reflex α / Alpha e dove ha espresso proprie interpretazioni esclusive: dalla genìa delle mirrorless Nex (FOTO graphia, dicembre 2010) alla recente Translucent Mirror Technology (TIPA Award 2011 per l’Imaging Innovation; su questo stesso numero, da pagina 56). Di più: considerati mille e mille fattori, è il più autorevole tra i concorsi non mirati, non specialistici, non indirizzati. Sì, il più autorevole e qualificato concorso fotografico internazionale, capace di rivolgere il proprio sguardo a tutto tondo. Al SWPA 2011 sono arrivati centocinquemila autori, provenienti da centosessantadue paesi, che significano un contatto stimato con circa settanta mi-

L’argentino Alejandro Chaskielberg, rappresentato dalla Michael Hoppen Gallery, di Londra, si è affermato nella categoria Photojournalism & Documentary - People con il reportage The High Tide (L’alta marea), realizzato tra i cacciatori del delta del fiume Paraná, che abbraccia tre nazioni: Brasile, Paraguay e Argentina. Da qui, il primo premio assoluto Iris d’Or 2011, del Sony World Photography Award 2011.

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Primo premio Photojournalism & Documentary Arts and Culture: Amit Madheshiya (India), People watching cinema at the nomadic talkies.

Primo premio Fine Art - Architecture: Alnis Stakle (Lettonia), Lost: Paris.

Come ad ogni altra edizione del concorso, anche il Sony World Photography Award 2011 si è accompagnato con il riconoscimento di un contributo straordinario alla fotografia. Nel 2008, è stato indicato Phil Stern; nel 2009, è stata la volta di Marc Riboud; lo scorso 2010, è stata segnalata Eve Arnold. Quest’anno, è stato premiato Bruce Davidson (1933, nell’agenzia Magnum Photos dal 1956), qui sotto durante la sua lettura a margine del Sony World Photography Award 2011. Dall’intervista rilasciata a Lello Piazza, in occasione della giuria del SWPA 2009, pubblicata in FOTOgraphia del giugno 2009. «Puoi definirmi e chiamarmi fotogiornalista, se vuoi; ma fotogiornalista significa che pubblichi sui giornali, e i giornali oggi non esistono più. Non mi va neppure di essere definito fotoreporter. Io sono semplicemente un fotografo. Non ho nulla contro il fotogiornalismo, ma l’unica etichetta che accetto è quella di fotografo». «Penso che le etichette non significhino nulla. C’è solo il fotografo. Proprio adesso sto lavorando sul paesaggio. Ciò non fa di me un fotografo di paesaggio. Le mie fotografie di Central Park non sono soltanto la natura di un luogo, ma anche uno studio sulla luce nel parco, sui chiari e le ombre, con lo scopo di fare sì che la gente, quando osserva le mie fotografie, esclami: “Oh, guarda, questo non l’avevo proprio notato”. Talvolta, quando chiedo ai miei studenti come si giudicano, rispondono: siamo fine art photographer. Allora, io replico: io non sono un fine art photographer, sono soltanto un fine photographer. Ecco quello che sono».

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lioni di appassionati di fotografia di tutto il mondo! Già da sole, queste cifre sarebbero impressionati, almeno quanto alto è lo standard dei finalisti arrivati alla selezione finale, dove sono stati proclamati i vincitori di ogni categoria prevista e il vincitore assoluto: Iris d’Or 2011 all’argentino Alejandro Chaskielberg, primo nella sezione Photojournalism & Documentary - People [a pagina 26]. Ma il conforto dei numeri, che sicuramente compensa l’investimento economico Sony, non è il solo valore della manifestazione, che -ribadiamolo ancora- non si impone nel panorama internazionale solo per la quantità, ma soprattutto per la qualità delle immagini: e ragioniamo alla luce dei finalisti, raccolti in un catalogo ben confezionato e riuniti nella avvincente e affascinante mostra allestita alla Somerset House, nel centro di Londra. I valori numerici del corrente 2011 confermano la crescita che si è registrata, edizione dopo edizione: sessantamila autori, da centotrentanove paesi, nel 2009; ottantamila, da centoquarantotto paesi, nel 2010. Anche la partecipazione degli studenti è progressivamente aumentata, passando dai dieci istituti del 2008 ai centoventi dello scorso 2010, ai duecento di quest’anno. Ma la differenza non la fa tanto la quantità, ripetiamolo, quanto la qualità. Congratulazioni e complimenti a Sony, che si muove nell’ambito della promozione della fotografia (oltre che di se stessa) con passo deciso e intelligente: dote rara nel commercio della fotografia.

CATEGORIE PROFESSIONALI In ripetizione della formula già sperimentata, la sezione professionale dell’avvincente Sony World Photography Award 2011 è stata scomposta in tredici


Primo premio Commercial - Lifestyle: Saja Seus (Germania), The Parting.

categorie, a propria volta suddivise in tre contenitori di prima intenzione e identificazione: ciascuna con tre finalisti, al primo, secondo e terzo posto (e sono proprio queste assegnazioni che hanno sollecitato dibattito e dissenso, magari anche il nostro): comunque, a pagina 30, segnaliamo le singole graduatorie. Con ordine, non prima di aver sottolineato un moderato slittamento rispetto le dodici categorie dello scorso anno (FOTOgraphia, giugno 2010) e a quelle delle edizioni ancora precedenti (FOTOgraphia, giugno 2008 e maggio 2009). Cinque sezioni di fotografia professionale Fine Art : Architecture, Conceptual (e qui ci sarebbe proprio molto da dire), Landscape, Portraiture e Still life. Tre sezioni di fotografia professionale Commercial: Campaign, Lifestyle e Travel. Cinque sezioni di fotografia professionale Photojournalism & Documentary: Contemporary Issues, Arts and Culture, People, Sport e Current Affairs. Ovviamente, alcune identificazioni sono state interpretate in modo individuale e personale, sia dai fotografi partecipanti, all’atto dell’iscrizione, sia dalle giurie che hanno valutato le immagini. Per esempio, People: cosa lo distingue dal ritratto puro e semplice e poi, in allungo, dal reportage? Ancora: tra Contemporary Issues e Current Affairs, il confine è sostanzialmente labile. Anche Lifestyle e Arts and Culture hanno punti in comune, così come li hanno Travel e Landscape. E, poi, in ogni caso, spesso le intenzioni degli autori hanno prevaricato il (buon) senso comune delle definizioni. Ma, tant’è! Dopo aver usato una fotografia segnalata, esclusa dal podio dei tre primi classificati, per la nostra attuale copertina (di Joel Devlin, dalla categoria Still life - Commercial ), non possiamo andare troppo sottotraccia, con la puntualizzazione di quanto bianco-

SWPA 2012: FOCUS AWARD

Mercoledì ventisette aprile, durante la cerimonia di assegnazione dei Sony World Photography Awards 2011, all’Odeon Leicester Square, di Londra, la World Photography Organisation (WPO) e Sony hanno annunciato la partnership con Save the Children, per il programma Focus Award 2012 (www.savethechilden.org / www.savethechildren.it). Ogni anno, la WPO collabora con un’associazione benefica internazionale per il premio speciale Focus, il cui intendimento è promuovere la consapevolezza su specifiche problematiche globali attraverso la fotografia. Nel 2012, la competizione si concentrerà sul prezioso lavoro svolto da Save the Children nelle situazioni di emergenza, per accendere i riflettori sui contesti critici meno considerati e sull’importanza del Fondo Emergenze per i bambini, che permette di agire immediatamente in caso di eventi catastrofici. Dopo aver osservato che in ogni disgrazia del mondo, compresa quella del recente terremoto in Giappone, sono soprattutto i bambini a soffrire, a pagare il prezzo più alto, Tatsuya Akashi, vicepresidente Digital Imaging di Sony Europe, ha affermato: «Siamo orgogliosi di sostenere l’inestimabile lavoro svolto da Save the Children e fornire una piattaforma fotografica per documentare il valore di questi interventi di soccorso». Il programma combinato con Save the Children inizia il Primo giugno, data di partenza del Sony World Photography Award 2012. Questa collaborazione consentirà di richiamare l’attenzione sui milioni di bambini coinvolti ogni anno in situazioni catastrofiche in tutto il mondo.

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SONY WORLD PHOTOGRAPHY AWARD 2011 Tredici categorie professionali (vincitore, secondo e terzo premio), dieci Open, studenti, video e libro fotografico: ecco in sintesi. Fine Art ❯ Architecture: Alnis Stakle (Lettonia) [a pagina 28], Frank Meyl (Germania) [a pagina 37], Frank Bayh & Steff Rosenberger-Ochs (Germania) [a pagina 52]. ❯ Conceptual: Paul Gisbrecht (Germania), Ana Cop (Canada), Zhongyin Gao (Cina) [a pagina 37]. ❯ Landscape: Florence Iff (Svizzera) [a pagina 32], Guido Castagnoli (Italia), Frank Day (Usa) [a pagina 51]. ❯ Portraiture: Alain Willaume (Francia), David Kretschmer (Germania) [a pagina 36], Paolo Verzone (Italia) [a pagina 36]. ❯ Still life: Renhui Zhao (Singapore) [a pagina 32], Peter Franck (Germania), Charles Emerson (Inghilterra) [a pagina 53]. Commercial ❯ Campaign: Adam Hinton (Inghilterra), Richard Bailey (Inghilterra), Tong Meng (Cina) [a pagina 38]. ❯ Lifestyle: Saja Seus (Germania) [a pagina 29], Frank Bayh & Steff Rosenberger-Ochs (Germania) [a pagina 34], Fabrizio Cestari (Italia) [a pagina 53]. ❯ Travel: Liz Loh-Taylor (Australia) [qui sotto], Javier Arcenillas (Spagna) [a pagina 38], Andrew McConnell (Irlanda). Photojournalism & Documentary ❯ Contemporary Issues: Javier Arcenillas (Spagna) [a pagina 31], Christian Lutz (Svizzera), Balazs Gardi (Ungheria). ❯ Arts and Culture: Amit Madheshiya (India) [a pagina 28], Tommaso Bonaventura (Italia) [a pagina 35], Mahesh Shantaram (India). ❯ People: Alejandro Chaskielberg (Argentina) [a pagina 26], Denis Rouvre (Francia), Lucia Herrero (Spagna) [a pagina 50]. ❯ Sport: Pavel Wolberg (Israele) [a pagina 31], Javier Arcenillas (Spagna), Palmer + Pawel (Inghilterra) [a pagina 39]. ❯ Current Affairs: Javier Arcenillas (Spagna) [a pagina 31], Robin Hammond (Nuova Zelanda), Ahmad Masood, (Afghanistan).

Primo premio Commercial - Travel: Liz Loh-Taylor (Australia), Co-Existence.

Nei giorni di esposizione delle fotografie vincitrici al Sony World Photography Award 2011, nella stessa Somerset House, di Londra, si sono svolti incontri e programmi fotografici curati da Sony, piuttosto che da partner tecnici e culturali. Ribadiamo: straordinaria promozione della Fotografia, con indiscutibili risvolti commerciali. Perché no? Perché altrimenti?

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Iris d’Or 2011 all’argentino Alejandro Chaskielberg, primo nella categoria Photojournalism & Documentary - People.

Dieci categorie Open, con unico vincitore assoluto: Chan Kwok Hung, di Hong Kong, primo nella categoria Action. ❯ Action: Chan Kwok Hung (Hong Kong) [a pagina 42]. ❯ After Dark: Chunlong Nikon (Thailandia) [a pagina 45]. ❯ Architecture: Marek Troszczynski (Polonia) [a pagina 44]. ❯ Arts and Culture: Hubert Januar (Indonesia) [a pagina 46]. ❯ Fashion: Edina Csoboth (Ungheria) [a pagina 46]. ❯ Nature and Wildlife: Andiyan Lufti (Indonesia) [a pagina 45]. ❯ People: Raghu Ranjan Sarkar (India) [a pagina 46]. ❯ Smile: Carlos Henrique Reinesch (Brasile) [a pagina 46]. ❯ Travel: James Chong (Singapore) [a pagina 44]. ❯ Panoramic: Wolfgang Weinhardt (Germania) [a pagina 44]. Student Focus: Louis Boulet (École nationale supérieure Louis Lumière; Noisy-le-Grand Cédex, Francia) [a pagina 45]. Moving Image Award: Migration, di Will e Matt Burrard Lucas (Inghilterra). Kraszna-Kraus Photographic Book Award: TJ Johannesburg Photographs 1948-2010, di David Goldblatt (testi di Ivan Vladislavic); edizione Contrasto (Italia). Kraszna-Kraus Moving Image Book Award: Disappearing Tricks: Silent Film, Houdini, and the New Magic of the Twentieth Century, di Matthew Solomon; edizione University of Illinois Press (Usa). Kraszna-Kraus Outstanding Contribution to Publishing: Steidl Verlag, di Göttingen (Germania).


Primo premio Photojournalism & Documentary Contemporary Issues: Javier Arcenillas (Spagna), Sicarios.

(In alto, a sinistra) Primo premio Photojournalism & Documentary - Current Affairs: Javier Arcenillas (Spagna), Citizens of Despair.

Primo premio Photojournalism & Documentary - Sport: Pavel Wolberg (Israele), Fat Man Competition.

nero sia ancora massicciamente presente nella fotografia professionale sintetizzata dal Sony World Photography Award 2011, soprattutto in ambito di fotogiornalismo, e quante tante composizioni quadrate esprimano valori e intenzioni fotografiche di radici storiche: trasversalmente a tutte le categorie, senza alcuna soluzione di continuità. Però, non possiamo non sottolineare come la graduatoria finale di ogni sezione ci sia spesso apparsa scombinata nelle attribuzioni, là dove e quando i secondi e terzi classificati ci sono sembrati più adeguati (in tema, in creatività e in emozione) rispetto al vincitore. Altrettanto, come approfondiamo altrove, su questo stesso numero, da pagina 48, dobbiamo dire per le segnalazioni: a volte, fotografie più meritevoli di quelle salite sul podio (giudizio assolutamente personale, così come sono altrettanto individuali quelli espressi dalle qualificate giurie, che non contestiamo minimamente; ma!). Ancora, e in conclusione, rimandiamo anche al-

le considerazioni specifiche sulla fotografia non professionale, Open nel lessico del SWPA 2011, che pubblichiamo da pagina 42. A completamento di queste considerazioni sovrastanti, soltanto la segnalazione che durante la serata di premiazione sono stati ricordati Tim Hetherington e Chris Hondros, tragicamente scomparsi il venti aprile, in Libia (FOTOgraphia, maggio 2011). Esauriti i vincitori delle categorie Fine Art e Commercial, prima di dare avvio alla tornata delle cinque sezioni di Photojournalism & Documentary, è salito sul palco il fotogiornalista Tom Stoddard, che ha parlato brevemente del sacrificio di coloro i quali, loro malgrado, muoiono per fotografare la storia. Una volta ancora, una di più, mai una di troppo, onore e merito (?) a Tim Hetherington e Chris Hondros, amaramente le due più recenti vittime di una storia di fotogiornalisti e giornalisti morti in guerra che è troppo lunga, di un elenco che è eccessivamente penalizzante.

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Primo premio Fine Art Landscape: Florence Iff (Svizzera), Post Arcadia. Primo premio Fine Art Still life: Renhui Zhao (Singapore), The Great Pretenders.

Pubblicato da Verlhac Édition, il catalogo del Sony World Photography Award 2011 (216 pagine 22x29cm, cartonato) comprende le fotografie selezionate nelle categorie professionali (per ogni autore, un cospicuo portfolio), e una consistente passerella non professionale ( Open). In particolare, oltre i dieci vincitori di categoria, proprio la sezione Open è arricchita da una consistente presentazione di fotografie segnalate, riprodotte in piccole dimensioni e alta quantità, che rivelano come e quanto sia fiorente l’esercizio della fotografia, come annotiamo ancora, da pagina 42.

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IN FINE

A giro tondo, riprendiamo le considerazioni iniziali, che hanno introdotto il commento sullo svolgimento del Sony World Photography Award 2011. La conclusione si riallaccia alla partenza e prende avvio dall’ufficialità della vicenda. A parte e oltre il nostro apprezzamento personale, già espresso, si impone una ulteriore riflessione: che riguarda l’impegno di Sony nella fotografia di alto profilo. A nostro giudizio, l’organizzazione e svolgimento di un evento di tanta e tale portata ha almeno due significati, due valori da sottolineare (e sottoscrivere). Da una parte, rivela come Sony intenda affermarsi nell’ambito della fotografia internazionale di qualità, nel cui comparto è entrata con un sistema reflex ben allestito, edificato attorno le prestazioni delle proprie configurazioni ad acquisizione digitale di immagini α (Alpha) e alle mirrorless Nex; dal-

l’altra, sottolinea la vocazione leader della stessa Sony. Cioè, per quanto ultima arrivata nel mondo della fotografia reflex, Sony è niente affatto intimidita dalla radicata storicità di altri marchi, e si offre e propone come interlocutore (almeno) alla pari, capace di sostenere un dialogo a tutto tondo, dal commercio quotidiano alla cultura dell’immagine. Quindi, rientrando tra i confini del concorso, un’ultima annotazione parallela. La presenza di fotografe tra i vincitori delle categorie professionali può essere letta in due maniere. La prima è che si tratta di una clamorosa eccezione, rispetto la regola quotidiana che registra soprattutto un lavoro/impegno al maschile. La seconda è che questo rapporto sta a indicare una nuova realtà della fotografia internazionale. Francamente, speriamo che sia giusta la seconda interpretazione. ❖


BENRO A1570T In alluminio + magnesio (oppure in carbonio + magnesio); tre sezioni; altezza massima 147cm (senza testa); per apparecchi fotografici fino a 6kg. Con borsa di corredo.

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Beh! Stile di vita. Secondi nella categoria Commercial - Lifestyle, del Sony World Photography Award 2011, con la serie Don’t touch my universe, i tedeschi Frank Bayh e Steff Rosemberger-Ochs hanno interpretato il tema con un connotato forte, al passo con il costume attuale (soprattutto in riferimento allo stile di vita che rivelano i nostri governanti, ahinoi, a partire dal primo ministro). Uno stile di vita di tendenza. Che non condividiamo, né sottoscriviamo, ma neppure ignoriamo.

QUALCHE CONSIDERAZIONE R (pagina accanto) Già primo premio Fine Art - Portraiture alla scorsa edizione SWPA 2010, con la serie dei sosia di Mao, quest’anno l’italiano Tommaso Bonaventura ha conquistato il secondo posto in Photojournalism & Documentary Arts and Culture. Le sue Miss Me sottolineano la (sotto)cultura dei concorsi di bellezza, ai quali le aspiranti miss partecipano sull’onda della (sotto)cultura televisiva, e dintorni.

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di Angelo Galantini

iprendiamo testualmente dal precedente intervento redazionale di commento e presentazione del Sony World Photography Award 2011 (da pagina ventiquattro), nel cui ambito, di traverso, è stata sottolineata anche una attuale realtà del linguaggio fotografico. Riprendiamo, per approfondire l’ipotesi secondo la quale al giorno d’oggi «non esistono più linee nette di demarcazione, che distinguono tra loro le fotografie, ma tutto il linguaggio odierno della fotografia (soprattutto professionale) è un divenire continuo, con infiltrazioni evidenti e deviazioni di percorso consistenti». Ovvero, in replica: «Certamente, non ci stiamo

smarrendo nel paese delle meraviglie nel quale si perde l’Alice di Lewis Carroll, dove apparenza e realtà si fondono in uno, ma stiamo vivendo una fotografia che si esprime per algoritmi diversi dalle certezze assolute del passato, soprattutto remoto, durante il quale ogni genere non interferiva, né influiva sugli altri. Oggigiorno, il linguaggio fotografico scorre anche trasversalmente, fino a poter annotare che non tutto è esattamente ciò che sembra nella propria raffigurazione: da cui, al solito, è giocoforza considerare soprattutto la rappresentazione fotografica. Riprendendo e adattando quanto espresso in altri tempi e per altri riferimenti, oggi, più di quanto sia accaduto ieri, è sempre più legittimo e plausibile approdare a un effettivo riconoscimento di una fotografia che non vale solo per


Come già annotato nel corso del precedente intervento redazionale, di commento e presentazione del Sony World Photography Award 2011, questo fantastico contenitore rivela anche uno degli aspetti attuali della fotografia contemporanea. Per il vero, lo sta facendo fin dal proprio esordio, con l’edizione 2008 di partenza: lo abbiamo sottolineato in altre occasioni, a questa precedenti, e qui corre l’obbligo dell’approfondimento. Le iscrizioni in categoria da parte degli autori che inviano le proprie fotografie ai concorsi e i giudizi conseguenti espressi dai giurati rivelano anche che non esistono più linee nette di demarcazione, che distinguono tra loro le fotografie, ma tutto il linguaggio odierno della fotografia (soprattutto professionale) è un divenire continuo, con infiltrazioni evidenti e deviazioni di percorso consistenti

sé, e le proprie intenzioni e/o necessità di partenza, ma per qualcosa di altro, che ciascuno trova prima di tutto in se stesso».

DA CUI Ancora un passo indietro, all’edizione originaria del Sony World Photography Award 2008, quando l’inglese Vanessa Winship, dell’Agence VU, vinse l’Iris d’Or assoluto con la serie Sweet Nothings, prima nella categoria Ritratto (FOTOgraphia, giugno 2008). Eccoci qui: si tratta di ritratto di stampo e intendimento giornalistico, non certo ritratto classico, a dispetto della categoria nella quale ha primeggiato e dalla quale si è proiettata verso il primo premio assoluto. Con franchezza, è più giornalismo di quanto sia ritratto; tanto che registriamo che pri-

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Rispettivamente secondo e terzo nella categoria Fine Art - Portraiture, nella quale si è affermata una serie a dir poco sconcertante, il tedesco David Kretschmer e l’italiano Paolo Verzone (Agence VU) rivelano di aver compreso che non avrebbe dovuto trattarsi di ritratto nel senso classico del termine. Ma il contenitore Fine Art richiede di più e, sicuramente, meglio: rispettivamente, le serie Mirrors e Red Hat Society Convention, Netherlands. Più che ammirevoli, una per l’altra.

ma di questa affermazione lo stesso servizio ha ottenuto il primo premio nella categoria Portraits Stories, all’edizione 2008 del World Press Photo, contenitore assoluto del fotogiornalismo internazionale, scomposto in tematiche di riferimento e richiamo, ma inviolabilmente fotogiornalismo. Dunque, non si trattò tanto di ritratto classico, quanto di ritratto fotogiornalistico, di un servizio fotografico di profilo e svolgimento alto, che fa tesoro e valore delle lezioni di quel linguaggio fotografico riconducibile all’originaria esperienza degli Uomini del XX secolo di August Sander, straordinario interprete, in questo caso applicato alle allieve di una scuola di un villaggio rurale della Turchia. Niente da eccepire sullo spessore di questo reportage... scusate, di questi ritratti. Ma non possiamo igno-

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rare che siano fotogiornalismo. Giusto questo. Così che, annotiamo come e quanto, edizione dopo edizione, l’organizzazione del Sony World Photography Award metta a punto moderate trasformazioni delle proprie categorie, in modo da focalizzare al meglio sia gli indirizzi dei partecipanti, sia la competizione in se stessa, che deve svolgersi per confronti e incontri omogenei. Con tutto, e nonostante tutto, non si riesce a circoscrivere entro confini netti, certi e definiti una materia, come è quella del linguaggio fotografico contemporaneo, tanto eterogenea e in continua trasformazione evolutiva. No! Complici mille e mille fattori, oggigiorno le definizioni certe non sono mai tali (certe), e vacillano sotto il peso di influenze e contaminazioni irrefrenabili, oltre che irrinunciabili.


Nel momento nel quale Architecture è una categoria di Fine Art, non si tratta di interpretarla alla maniera professionale canonica, ma con uno scarto volontario di visione. La Midcentury modern architecture, del tedesco Frank Meyr, secondo nella categoria, è adeguatamente in linea, e avrebbe meritato di più: colpo di colore, macchia di colore in evidenza.

Nella propria forma (a tutti evidente), la componente Conceptual della serie Images of Muslem in Tongxin, Ninxia, China, di Zhongyin Gao, terzo posto di categoria, si basa sulla combinazione di quadrato-su-quadrato: dalla composizione completa alla sottolineatura in cornice. E poi, anche, sull’alternanza bianconero-colore. Ma non è sola apparenza: osservare sotto la superficie apparente.

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Trasversale a tutto il Sony World Photography Award 2011 (due primi posti e due secondi!), lo spagnolo Javier Arcenillas ha ottenuto la piazza d’onore nella categoria Commercial - Travel, con la serie Transilvania. A tutti gli effetti, la sua fotografia è poco commerciale e tanto fotogiornalistica: anche primo premio in Contemporay Issues e Current Affairs, secondo in Sport.

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Sì, è Campaign (terzo posto), in quanto redazionale Wella per Marie Claire. Ma queste fotografie del cinese Tong Meng (modella Josh Wood) sono anche ritratti e moda, in relazione alla contaminazione continua dei generi della fotografia professionale contemporanea.

CATEGORIE PROFESSIONALI

Quindi, il ritratto, per fare un esempio, è ora inserito nell’ambito della fotografia Fine Art, oggettivamente distante da qualsivoglia intenzione concretamente altra (soprattutto lontana dal fotogiornalismo); che poi, il giornalismo possa anche fare tesoro della fotografia Fine Art è tutto un altro discorso, e riguarda le veicolazioni della fotografia nella propria “riproduzione tecnica” di visualizzazione e presentazione al pubblico (con annessi e connessi: interessi, attualità, competizione tra testate e tanto altro ancora). Nella Fine Art del Sony World Photography Award 2011, Portraiture è stato in compagnia di ben altre quattro sezioni: Architecture (intesa, dunque, non nella propria espressione professionale ufficiale, ma per quanto di ricerca possa esprimere sottotraccia), Conceptual (tutto e niente, allo stesso tempo; come dire, varie ed eventuali), Landscape (ancora un paesaggio non geografico, non oleografico, non convenzionale, non manierato: forse) e Still life (eterno migrante, che non trova collocazione incontestabile: e gli still life segnalati sono adeguatamente contestabili). Poco da eccepire per i contenitori Commercial, in tre categorie, e Photojournalism & Documentary, in cinque. Se non, ancora, che si possono intuire accavallamenti impliciti. Domande legittime: alla resa dei conti, cosa distingue il Travel (in Commercial ) dal Landscape (in Fine Art )?, il Contemporary Issues da Courrent Affairs (entrambi in Photojournalism & Documentary )? Cosa stabilisce il Lifestyle (curiosamente, in Commercial )? E poi, ancora, lo Sport (in Photojournalism & Documentary ) continua a ignorare il gesto atletico in se stesso e per se stesso, come dovrebbe essere?, per esprimersi in una sorta di ricerca espressiva e di contenuti: roba da Fine Art ? Altro discorso, con riflessioni proprie, per la fotografia non professionale, attorno la quale riflettiamo qui a seguire, da pagina 42. Confortati dallo svolgimento

del Sony World Photography Award 2011 dell’espressività della fotografia professionale, il giro è assolutamente tondo e autoconclusivo, su se stesso. Dalla partenza alla conclusione (inevitabile?): «non esistono più linee nette di demarcazione, che distinguono tra loro le fotografie, ma tutto il linguaggio odierno della fotografia (soprattutto professionale) è un divenire continuo, con infiltrazioni evidenti e deviazioni di percorso consistenti. Oggigiorno, il linguaggio fotografico scorre anche trasversalmente, fino a poter annotare che non tutto è esattamente ciò che sembra nella propria raffigurazione: da cui, al solito, è giocoforza considerare soprattutto la rappresentazione fotografica. Riprendendo e adattando quanto espresso in altri tempi e per altri riferimenti, oggi, più di quanto sia accaduto ieri, è sempre più legittimo e plausibile approdare a un effettivo riconoscimento di una fotografia che non vale solo per sé, e le proprie intenzioni e/o necessità di partenza, ma per qualcosa di altro, che ciascuno trova prima di tutto in se stesso». Così è! ❖

Quando accettiamo che Sport non debba necessariamente raffigurare il gesto atletico, l’azione in quanto tale, perché non applaudire i Boxers degli inglesi Palmer + Pawel (terzo posto)? Come non farsi coinvolgere dall’avvincente combinazione bianconero con colore, azione con dettaglio? L’indifferenza non è ammessa.

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Douglas Kirkland con FOTOgraphia di aprile 2011 ne abbiamo parlato


di Antonio Bordoni

S Chan Kwok Hung, di Hong Kong: primo nella categoria Action e vincitore assoluto della sezione Open del Sony World Photography Award 2011. Niente da discutere: fotografia di grande impatto e fantastica maestria.

olitamente (sempre!), non parliamo e scriviamo per sentito dire, ma confortati dall’esperienza diretta, dall’approfondimento e, perché no?, dalla competenza. Così, quando approdiamo alla fotografia non professionale, come stiamo per fare a commento della straordinaria personalità dei vincitori delle dieci apposite categorie del Sony World Photography Award 2011, sappiamo di cosa effettivamente si tratta: di quel fantastico esercizio che attraversa l’intero comparto con convinzione consapevole. È una fotografia tanto silenziosa quanto viva negli intenti di chi la frequenta e realizza. Nascosta tra le pieghe di attenti autori non professionisti, questa fotografia è un patrimonio insostituibile, del quale non si può fare a meno. Si esprime in diverse forme ed è guidata da diversi generi (tutti ereditati dal professionismo, sia chiarito subito, ovverosia dal linguaggio esplicito), che testimonia la socialità di tutti i giorni, che dalla cronaca (o in assenza di cronaca), complice il trascorrere del Tempo, matura in Storia. Si tratta sempre di fotografie, ribadiamo, non professionali nell’incarico (non certo nello svolgimento), che aiutano a scrivere pagine di grande valore, sia nella storia della fotografia sia in quella del costume sociale. Combinando assieme la fotografia non professionale con quella professionale anonima, estranea ai grandi schemi ed equilibri, nel febbraio 2008 abbiamo dato visibilità a queste fantastiche visioni (trasversali?), sottolineando il peso, valore e spessore

Per quanto in subordine alle tredici categorie professionali, scomposte in tre contenitori principali di identificazione, la componente non professionale del Sony Photography Award 2011, per l’occasione definita Open, rivela lo spessore e qualità della fotografia internazionale, che occupa e impegna milioni di appassionanti. Gratificante come nessuna altra, la passione fotografica si manifesta in osservazioni a tutto tondo che sottolineano il suo carattere propositivo e attivo. Dieci vincitori di categoria, tra i quali un vincitore assoluto (meritevole, ma quanto deve essere stato difficile confrontare tra loro fotografie tanto diverse per genere e realizzazione). Dieci straordinari esempi di fotografia. Dieci avvincenti visioni che promuovono la fotografia. Più di quanto possano farlo mille parole 42

di fantastiche raccolte monografiche. Ricordiamole ancora qui, in anticipo su altre considerazioni specifiche a proposito delle fotografie Open del Sony World Photography Award 2011: Anonymous Enigmatic Images from Unknown Photographers (Anonimo - Immagini enigmatiche di autori sconosciuti; a cura di Robert Flynn Johnson; Thames & Hudson, New York, 2004), Photo trouvée (Fotografie ritrovate; a cura di Michel Frizot e Cédric de Veigy; Phaidon Francia, 2006), Picture Machine (che prende in esame la fotocronaca statunitense; a cura di William Hannigan e Ken Johnston; Harry N. Abrams, New York, 2004) e Snapshots - The Eye of the Century (Istantanee - L’occhio del Secolo; a cura di Christian Skrein; Hatje Cantz Verlag, 2004). Trasversalmente, e senza alcun effettivo punto


CHE BELLA

FOTOGRAFIA!

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Averne di fotografie di viaggio di questa potenza: di James Chong, di Singapore, primo nella categoria Travel con Going to Work, andando al lavoro.

Bella inquadratura del polacco Marek Troszczynski, capace di intravedere e rappresentare l’affascinante ordine architettonico del Natural History Museum, di Londra: vincitore nella sezione Architecture.

originario di contatto, le quattro monografie sottolineano una prospettiva omogenea e comune. È un affascinante e particolare modo di guardare la Fotografia, la sua storia e la sua influenza sulla e dalla società. In definitiva, è una avvincente visione esterna al proprio privato, osservata dalla consecuzione di fotografie che appartengono a un casellario latente di arte accidentale.

SWPA 2011: OPEN Come annotato, la selezione finale della fotografia non professionale del Sony World Photography Award 2011, identificata Open, è stata scomposta in dieci categorie, ognuna con un proprio autore vincitore (elenco completo a pagina 30). Tra queste, è stato indicato un vincitore assoluto: Chan Kwok Hung, di Hong Kong, dalla selezione Action [a pagina 42]. Vittoria meritata, vittoria incontestabile, nella comprensione di quanto sia sicuramente stato laborioso, se non già difficile e problematico, valutare dieci immagini tanto diverse, ciascuna per sé meritevole di affermazione assoluta. Infatti, nella propria quantità esuberante e composizione eterogenea, l’apparato non professionale del SWPA 2011 è attraversato da una qualità for-

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Bella idea, istituire una categoria del dopo buio. After Dark ha dato modo di inviare al SWPA 2011 eccellenti immagini: (nonostante il cognome) si è affermato il thailandese Chumlon Nikon, con una visione di lanterne a Chiang Mai, nel suo paese, che fluttuano al vento.

male di prima grandezza. Ma non solo qualità formale, che oggigiorno è alla pratica portata di qualsivoglia apparecchio fotografico di ultima tecnologia (e anche di penultima): soprattutto, qualità di contenuti, come non è sempre facile incontrare. Alla luce della nostra esperienza professionale, che comprende anche laboriose sessioni di lettura di portfolio in giro per l’Italia, incontriamo tanta “bella fotografia inutile”, specchio e conseguenza dei nostri giorni. “Bella fotografia”, nel senso della correttezza dei parametri formali dell’inquadratura, composizione e scatto; “inutile”, per l’assenza di quell’anima che fa l’autentica differenza, oggi come sempre.

STUDENT FOCUS

Dieci istituti scolastici di fotografia in finale, selezionati tra i duecento partecipanti: da Argentina, Australia, Bangladesh, Finlandia, Francia (due), Inghilterra, Russia, Sudafrica e Stati Uniti. Tra tutti, che hanno espresso creatività ispirate alle correnti più seguite della fotografia contemporanea di ricerca, ha prevalso il francese Louis Boulet, dell’École nationale supérieure Louis Lumière, di Noisy-le-Grand Cédex, alle porte di Parigi. Dal suo portfolio di recitazioni, estraiamo la citazione del celebre Le Baiser de l’Hôtel de Ville, di Robert Doisneau, del 1950, rivisitato in chiave attuale: bacio omosessuale, con fotocronisti a contorno.

Invece, favorita dalla quantità di materiale tra il quale selezionare, la passerella conclusiva della fotografia Open del Sony World Photography Award 2011 ha sottolineato, rivelandola, una fantastica qualità di intenti e realizzazioni, certificata altresì dalle fotografie soltanto selezionate e menzionate, opportunamente riportate in quantità sul volume-catalogo della manifestazione. Evviva!

UN NOSTRO CONVINCIMENTO

Come annotato, queste fotografie non professionali, identificate per autore e iscritte in categorie di riferimento, non fanno parte della linea evolutiva del linguaggio fotografico, ma a questo si riconducono, essendo state inquadrate, composte e scattate con le attenzioni di chi ne conosce la grammatica espressiva. Quindi, non appartengono alla storia della fotografia, quanto, più ampiamente, alla storia del mondo, raccontato da visioni private guidate da emozioni personali e non condizionato da preconcetti di ordine professionale e/o culturale. Per quanto a questo sia doveroso riferirsi e richiamarsi, il risultato è a dir poco entusiasmante: dischiude le porte di un universo che rivela quanto la Fotografia sia effettivamente l’autentico linguaggio del-

(pagina accanto, in basso) Un tempo selettiva, anche per via degli apparecchi di ripresa specialistici, oggigiorno la visione panoramica (non più a obiettivo rotante) è una delle funzioni alla comoda portata delle macchine fotografiche di ultima generazione. Ma bisogna sempre saper vedere e comporre: primo premio Panoramic al tedesco Wolfgang Weinhardt, con una rappresentazione ad ampio respiro di Agra, in India.

Non sempre compresa, la fotografia di natura è frequentata con consapevolezza da molti appassionati di entrambe (fotografia e natura). Meritevole il vincitore di Nature and Wildlife, l’indonesiano Andiyan Lutfi.

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Nessun compiacimento, nessuna finta pietà. Il sorriso laico di un uomo con le gambe amputate: primo classificato in Smile, il brasiliano Carlos Henrique Reinesch.

(al centro) Inquadratura e geografia a parte, chi conosce la Storia della fotografia è tornato indietro nei decenni: ai bambini afroamericani che giocano con lo spruzzo d’acqua di un idrante, sulla strada, ad Harlem, fotografati da Leonard Freed, nel 1963. Amen. Qui siamo altrove, in India, con Raghu Ranjan Sarkar, primo classificato in People.

A ciascuno, le proprie arti, la propria cultura: l’indonesiano Hubert Januar, vincitore nella categoria Arts and Culture, ha svolto un argomento (non condiviso da tutti) legato alle tradizioni di Tenganan, villaggio del Bali.

Come questa vincitrice, dell’ungherese Edina Csoboth, molte fotografie Fashion del contenitore non professionale ( Open), del SWPA 2011 hanno rivelato una capacità espressiva e di ricerca di livello decisamente alto: vogliamo dirlo, professionale.

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la modernità, entrato di forza e diritto nel panorama culturale dell’uomo contemporaneo. È fotografia da ogni luogo e in ogni situazione, che mette sapientemente a frutto quello che è il princìpio originario del suo stesso criterio: superare Tempo e Spazio per mostrare ciò che c’è e avviene, senza alcuna barriera. Che racconti straordinari si alzano da queste immagini! Fotografia dopo fotografia, siamo come presi per mano e accompagnati a comprendere situazioni e realtà precedentemente ignorate: magia e fascino della fotografia anonima (e privata), che compensa il racconto professionale di avvenimenti annunciati e previsti, sui quali si sono accesi i riflettori dell’attenzione pubblica e globale. Nel proprio insieme, si tratta di fotografie scattate con e per la curiosità di osservare oltre la propria sfera personale. Non semplici fotoricordo, altro fantastico capitolo possibile e potenziale di una autentica storia sociale, ma appassionanti racconti di situazioni e luoghi interpretati con partecipazione convinta: quindi, fotografie intenzionalmente destinate ad essere mostrate ad altri per condividere insieme esperienze ed emozioni. Tra l’altro, e in sovramercato, quante capacità espressive si manifestano tra le pieghe di queste fotografie. La pensiamo così: averne di racconti di viaggio, come quelli selezionati nella apposita categoria Travel ; averne di fotografie di moda a livello di quella vincitrice (assai più performante di tante analoghe immagini professionali [qui accanto, in basso]); averne di queste panoramiche; averne di osservazioni della vita, come quelle della sezione Smile, così laiche e lontane da qualsiasi pietismo di maniera [in alto]; averne di queste capacità! Ancora in ripetizione, d’obbligo: ecco qui fotografie che non valgono solo per sé, e le proprie intenzioni e/o necessità di partenza, ma per qualcosa di altro, che ciascuno trova prima di tutto in se stesso. E non è certo poco! ❖



LE NOSTRE Nessun commento ulteriore, abbiamo già detto molto (non troppo) sullo e dallo svolgimento del Sony World Photography Award 2011. Dal generale allo specifico, abbiamo esternato il nostro punto di vista, che assegna alla manifestazione sia il grande valore di essere il concorso fotografico internazionale di più alto prestigio, sia l’autorevolezza di svolgere una fantastica promozione della Fotografia nel proprio complesso. Da cui, il nostro insieme di interventi redazionali in concatenazione e a conseguenza diretta. Ora, ci consentiamo di segnalare alcune fotografie professionali e Open che più ci sono piaciute (poche, purtroppo), selezionandole sia tra i classificati di categoria, sia tra le menzioni d’onore. Soprattutto tra queste, abbiamo riconosciuto fotografie che avrebbero meritato di più, molto di più. Esprimiamo una individualità di giudizio, dopo quella delle accreditate giurie del concorso. Nessuna contrapposizione, ma soltanto la voglia e intenzione di non lasciare perdere fotografie degne dell’attenzione di tutti. Passerella senza altre parole che non i termini indispensabili di attribuzione e identificazione

di Antonio Bordoni, Angelo Galantini e Maurizio Rebuzzini

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TOMASZ SLUPSKI (POLONIA): PROFESSIONAL FASHION (SEGNALATA)

JOEL DEVLIN (INGHILTERRA): PROFESSIONAL STILL LIFE - COMMERCIAL (SEGNALATA)

DEJAN KUTIC & ROMANO DECKER (CROAZIA): PROFESSIONAL FASHION (SEGNALATA)

PREFERITE

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LUCIA HERRERO (SPAGNA): PHOTOJOURNALISM & DOCUMENTARY - PEOPLE (TERZO POSTO)

JEHAD NGA (KENYA): PROFESSIONAL TRAVEL (SEGNALATE)

TOMMASO BONAVENTURA (ITALIA): PROFESSIONAL PEOPLE (SEGNALATE)


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FRANK DAY (USA): FINE ART - LANDSCAPE (TERZO POSTO)


52 FRANK BAYH & STEFF ROSENBERGER-OCHS (GERMANIA): FINE ART - ARCHITECTURE (TERZO POSTO)


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LUCA NEVE (INGHILTERRA): OPEN NATURE AND WILDLIFE (SEGNALATA)

ALEX BERNASCONI (ITALIA): OPEN NATURE AND WILDLIFE (SEGNALATA) CHARLES EMMERSON (INGHILTERRA): FINE ART - STILL LIFE (TERZO POSTO)

FABRIZIO CESTARI (ITALIA): COMMERCIAL - LIFESTYLE (TERZO POSTO)


Parliamo invece dell’altra tua grande passione, la fotografia. Quando e come hai iniziato a fotografare? «La fotografia mi è sempre piaciuta, e in generale ogni forma d’arte visiva, ma ho iniziato a fotografare “tardi”, nel 2000, quando i miei genitori mi regalarono un Nikon F60. Da lì è stato un crescendo». Qual è il genere fotografico che prediligi maggiormente? Hai autori di riferimento? «Se devo identificarmi in un genere, direi la fotografia di paesaggio e naturalistica; potrei citare Ansel Adams, Michael Yamashita, Michael Orton e John Shaw, ma non mi piace etichettarmi». Come nasce la tua passione per la fotografia polaroid? «Quasi per caso. Quando iniziai a fotografare, cominciai a leggere di tutto sulla fotografia e scoprii le tecniche di manipolazione delle pellicole polaroid. Mi si aprì un mondo. Studiai le fotografie di Maurizio Galimberti, lo contattai e lui mi parlò del Gruppo Polaser». Hai sempre usato pellicole integrali, oppure hai usato anche pellicole “a strappo”, per transfer o distacchi di emulsione? «Principalmente, ho usato (e utilizzo) pellicole integrali, ma mi sono cimentato anche con transfer e distacchi di emulsione». Sei socio del Polaser da anni, e hai partecipato a tutti i progetti.

YELLOW CABS 1 (DA NY IN POLAROID )

IN THE VILLAGE (DA NY IN POLAROID )

Se passate da Carpi, il più grande comune della “bassa” modenese, e incontrate un ragazzone che corre e ogni tanto si ferma per “cogliere l’attimo” con la sua compatta, sicuramente è Massimo Vaccaro, podista per passione, ingegnere nella vita e cultore di fotografia polaroid... e non solo. Lo incontro a Cesenatico, in pantaloncini e scarpe da running ai piedi, mentre si sta allenando per una nuova maratona. Come mai da queste parti? «Ho scoperto la Romagna molto tardi, ne apprezzo lo spirito, il cibo e, soprattutto, l’aria di mare che si assapora correndo sul lungomare». Qualche anno fa, hai corso la maratona di New York. Pensi di tornarci? «Sì, sono stato a New York nel 2007. È stata un’esperienza meravigliosa. Trovarsi sul ponte di Verrazzano con altri trentamila maratoneti, attendere trepidanti il via, correre per quarantadue chilometri attraverso le strade di una città in festa, incontrare gli sguardi della gente che incita e sostiene, sono emozioni uniche. In particolare, ricordo quando ho attraversato Harlem, più o meno al trentaduesimo chilometro, su un marciapiedi, appena fuori da una casa, c’era un bambino che offriva aranciata agli atleti; nessuno gli dava retta, ho accettato la sua offerta e ha ricambiato con un sorriso che mi ha emozionato profondamente e ridato energia».


Cosa puoi raccontare del Gruppo (come sai, Polaser è stata la prima associazione regolarmente costituita in Italia, e forse anche nel mondo, ad avere, nello statuto, la clausola dell’utilizzo esclusivo di pellicola a sviluppo immediato)? «Posso dire una sola cosa: se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo. Credo che questa associazione sia unica e inimitabile, e possiede caratteristiche non comuni: modestia, umiltà e voglia di sperimentare, qualità, queste, che possono portare a grandi risultati, e i dieci anni che abbiamo festeggiato lo scorso ottobre ne sono la prova». Attualmente (maggio 2011), a ArtePhoto 2011 - Biennale d’Arte Fotografica, di Cento, in provincia di Ferrara, il Gruppo Polaser espone il progetto dal titolo La mia terra, dedicato al centocinquantesimo dell’Unità d’Italia. Il progetto è nato dalla lettura di versi di Pier Paolo Pasolini, legati al dialetto [la posizione di Pasolini sul dialetto ha una duplice motivazione: la prima, affettivo-romantica, è legata al carattere bucolico dell’ambiente con-

tadino delle origini; l’altra, politica, di opposizione al paradigma che recita: dialetto uguale autonomia regionale uguale frammentazione nazionale; invece, il dialetto è una ricchezza culturale, è il cuore pulsante e l’anima nobile di un popolo; il dialetto è una lingua che è esistita prima di noi, quindi guai a cancellarlo]. «Ho partecipato con molto entusiasmo. Un’altra mia passione è la poesia, che permette di “fermare l’attimo” con la parola. Questo progetto mi ha dato la possibilità di fotografare i miei versi, composti subito dopo lo scatto, e il dialetto ha legato ancora di più il risultato al tempo e al luogo». A proposito di poesia, so che in questi giorni, al Salone del Libro di Torino, verrà presentata la tua raccolta Giorni, Stagioni, Emozioni, edita da Rupe Mutevole. «Sì. Una grande soddisfazione. In passato, ho pubblicato online un paio di libri di poesie (Il frastuono del silenzio e Exuvia), ma questo è con una casa editrice vera! «In particolare, Il frastuono del silenzio nacque come progetto fotografico: si trattava di una raccolta di haiku associati a immagini polaroid che, tra l’altro, sono state oggetto della mia prima mostra personale alla Fotogalleria Italia, di Faenza». Come sappiamo, le pellicole polaroid (anche quelle scadute) ormai non si trovano più. Però si possono sempre utilizzare le Fuji e le nuove Impossible, che hanno sostituito le polaroid. Le hai già utilizzate? «Ho avuto solo il (dis)piacere di utilizzare le prime versioni Impossible, esprimendo il mio parere negativo in altri contesti; ma, da quanto sento in giro, le ultime versioni sono notevolmente migliori. «Per mia fortuna, ho ancora una scorta di vecchie Image e 600!». Pino Valgimigli

www.polaser.org

«La limitazione dei mezzi determina lo stile, dà vita a nuove forme e dà impulso alla creatività» Georges Braque Questa citazione dal pittore Georges Braque aiuta a comprendere lo slancio e spirito che guida e ispira gli artisti del Gruppo Polaser, eterogenei per interessi artistico-culturali e per provenienza da molte città italiane e anche dall’estero, accomunati dalla ricerca e sperimentazione di nuove possibilità espressive nelle molteplici forme dell’arte, dalla fotografia alla pittura, scultura, design, architettura, ceramica, letteratura, teatro, a altro ancora.


IL MEGLIO DELLA

TECNOLOGIA di Antonio Bordoni

N Quando il marchio dei TIPA Awards appare in un annuncio pubblicitario, un pieghevole o sulla confezione di un prodotto, potete esser certi che è stato meritato. I TIPA Awards sono motivo di orgoglio per chi li attribuisce e per coloro che li ricevono.

ata esattamente venti anni fa, nel 1991, come associazione di riviste europee di fotografia, oppure associazione europea di riviste di fotografia (cambiando l’ordine dei fattori, il risultato è lo stesso), da un paio di stagioni, la Technical Press Image Association ha allargato i propri confini, andando ad abbracciare tutto il mondo. Alla recente Assemblea Generale, dello scorso aprile, durante la quale si è svolta anche la giuria di assegnazione degli ambìti TIPA Awards (ne stiamo per riferire) si è avuta una visione assolutamente planetaria. Al nucleo storico continentale (Francia, Germania, Grecia, Inghilterra, Italia, Olanda, Polonia, Spagna e Ungheria), si sono aggiunti i soci aderenti provenienti da Australia, Canada, Cina, Giappone, Sudafrica e Stati Uniti: insomma, tutti i cinque continenti. In ordine geografico, le presenze: Jez Ford, di Camera (Australia); David Tanaka, di

Photo Life (Canada); Wen Danqing, di Chinese Photography (Cina); Jean-Christophe Béchet, di Réponses Photo (Francia); Roland Franken, di Digit!, Martin Knapp, di Foto Hits, Henning Gerwers, di Inpho Imaging & Business, Frank Späth, di Photographie, Wolfgang Heinen, di Photo Presse, Thomas Gerwers, di ProfiFoto (Germania); Makoto Shibata, del Camera Journal Press Club (Giappone); Panagiotis Kaldis,

Assegnati dall’autorevole giuria formata da direttori e redattori di trenta qualificate riviste internazionali di fotografia che compongono la Technical Image Press Association, come ogni anno, da due decenni, gli attuali TIPA Awards 2011 indicano i quaranta migliori prodotti del mercato fotografico. Al solito, un moderato slittamento tecnologico, definito dallo svolgere del tempo, assesta le indicazioni su categorie che sono effettivamente indice tecnico-commerciale dei nostri tempi, ma la sostanza rimane inviolata e solida: a partire dalla ripresa fotografica (e video), via via fino alla gestione e trasformazione dell’immagine, in stretta attualità. Di fatto, e a conti fatti, si tratta indiscutibilmente dei più prestigiosi, qualificati e ambìti premi della fotografia. Eccoli qui 56


di Photographos, Dimitris Tzimas, di Photo Business (Grecia); Jonathan Adams, di Digital Photo, Grant Scott, di Photography Monthly e Professional Photographer, Andrew James, di Practical Photography (Inghilterra); Giulio Forti, di Fotografia Reflex, Maurizio Rebuzzini, di FOTOgraphia (Italia); Johan Elzenga, di Fotografie F+D e FotoVisie, Jan van der Schans, di P/F (Olanda); Joanna Sabat, di Foto (Polonia); Antonio Cabello, di Arte Fotográfico, José Alcocer, di Diorama, Juan M. Varela, di FV / Foto Video Actualidad, Isabel Cortés, di La Fotografia Actual (Spagna); Louise Donald, di PiX Magazine (Sudafrica); George Schaub, di Shutterbug (Stati Uniti); István Dékán, di Digitális Fotó Magazin (Ungheria).

GIUDIZIO AUTOREVOLE Da una parte, se servisse ribadirlo (e ribadiamolo!), lo spessore del giudizio espresso dalla giuria dei TIPA Awards si può conteggiare sulla straordinaria qualifica dei giornalisti facenti parte della accreditata Technical Image Press Association, che osservano il mercato con doppia attenzione analogamente indirizzata: sia verso l’espressione tecnologica vera e propria, sia verso la sua effettiva proiezione nell’esercizio quotidiano della ripresa fotografica (dal punto di vista formale; diversamente, i contenuti espressivi sono tutt’altra questione, e non dipendono da alcun rapporto statico con gli strumenti, casomai da una consecuzione dinamica, della quale non discutiamo in questo ambito). Dall’altra, non va sottovalutata la distribuzione geografica degli stessi giornalisti in giuria, che compone i tratti di esperienze personali adeguatamente diverse e integrate tra loro. Da cui consegue una visione media e ponderata (come la valutazione dei più efficaci esposimetri, in similitudine). Come già rilevato in altre occasioni, e la ripetizione si impone, statisticamente parlando, l’eterogeneità dei punti di vista dei membri TIPA (Technical Image Press Association) assicura la fondatezza dei giudizi espressi e meriti accordati, che appunto derivano e dipendono da una confortevole e concentrata osservazione tecnica a giro tondo, senza soluzione di continuità. La configurazione TIPA evita ogni possibile predominanza e preconcetto. Addirittura, risulta benefica, oltre che straordinariamente efficace, la comunione di intenti tra riviste dichiaratamente tecniche, che con competenza elevano le relative condizioni a valore assoluto e inviolabile, e riviste rivolte all’immagine, che subordinano il momento originariamente tecnico all’interpretazione creativa (se proprio vogliamo rilevarlo, FOTOgraphia, che porta in TIPA la propria particolare esperienza e visione, è ancora altro: riflessione, analisi, approfondimento anche del linguaggio e degli stilemi espressivi). Confermiamo, ribadendolo, che le riviste TIPA rivendicano un ruolo di competenza fuori dal comune, capace di analizzare il mercato fotografico che dal proprio presente si proietta in possibili e potenziali scenari del futuro, immediato ma anche più

Pentax 645D: Reflex professionale.

lontano. A diretta conseguenza, così profondamente studiati e motivati, i TIPA Awards si affermano come i più qualificati e prestigiosi premi della tecnica e tecnologia fotografica, e per questo sono ambìti. Ogni anno, i TIPA Awards scompongono il mercato, identificando al proprio interno categorie merceologiche significative per se stesse e nell’insieme che disegnano e definiscono. A differenza delle analisi commerciali compilate su schemi adeguatamente oggettivi -magari per scomposizioni percentuali delle vendite-, il punto di osservazione dei vivaci e brillanti TIPA Awards è assolutamente meno asciutto: soprattutto, è guidato da una competente visione reale e realistica del mercato fotografico, che dalla tecnica si proietta all’uso e, quindi, all’espressione creativa individuale. (continua a pagina 60)

Nikon D7000: Reflex advanced.

Sony SLT, Translucent Mirror Technology: Innovazione imaging.

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tografano in esterni; mentre il mirino a pentaprisma trapezoidale, in vetro ottico, garantisce un’esperienza di ripresa grandiosa. Operativamente, un’altra caratteristica sorprendente è la compatibilità sia con i nuovi obiettivi autofocus della gamma D-FA sia con quelli delle dotazioni Pentax 645 analogiche.

Quando il marchio dei TIPA Awards appare in un annuncio pubblicitario, un pieghevole o sulla confezione di un prodotto, potete esser certi che è stato meritato. I TIPA Awards sono un motivo di orgoglio per chi li attribuisce e per coloro che li ricevono. ■ Best D-SLR Entry Level Canon Eos 600D La Eos 600D prosegue nella logica della facilità di uso e dell’elevata funzionalità. I giornalisti TIPA sono rimasti molto colpiti dalle sue caratteristiche, tra le quali il sensore Cmos da diciotto Megapixel, la registrazione video Full-HD (1080p), la modalità di scatto Live View, la ripresa fotografica con flash wireless e il monitor LCD orientabile da tre pollici. Dotata di scatto continuo di 3,7 fotogrammi al secondo, velocità massima dell’otturatore di 1/4000 di secondo e sensibilità fino a 6400 Iso equivalenti (espandibile a 12.800 Iso equivalenti), assicura una vera esperienza reflex grazie alla sua facilità di impiego: è ideale per chi desidera fare un significativo passo avanti rispetto le compatte. ■ Best D-SLR Advanced Nikon D7000 La Nikon D7000 ci ha impressionato come punto di riferimento nel formato DX (APS-C), con un sensore Cmos da 16,2 Megapixel, scatto continuo da sei fotogrammi al secondo, fino a cento acquisizioni in rapida successione, e video Full-HD (1080p) con autofocus continuo. Dotata di doppio slot per schede SD, mirino con copertura al cento percento e display LCD luminoso da tre pollici per la modalità Live View, questa reflex è estremamente versatile. La calotta superiore e il dorso in lega di magnesio, la tropicalizzazione per proteggerla da polvere e umidità e l’otturatore con un ciclo di vita da centocinquantamila scatti le conferiscono qualità professionali. ■ Best D-SLR Expert Olympus E-5 A un prezzo decisamente contenuto, la Olympus E-5 offre caratteristiche all’altezza di alcune reflex professionali: protezione totale da polvere, pioggia e agenti atmosferici, ampia gamma di funzioni, eccellente reattività, mirino con copertura al cento percento, buon controllo del rumore, due slot per schede CF/SD, stabilizzatore di immagine incorporato. Il tutto racchiuso in un corpo macchina robusto, in lega di magnesio. A ciò si aggiunge il sistema Olympus di riduzione della polvere, che si è rivelato una delle soluzioni più efficaci presenti sul mercato. Combinato con il processore di immagine TruePic V+, il sensore Live MOS da 12,3 Megapixel garantisce immagini simili e analoghe a quelle acquisite dalle configurazioni dotate di una quantità decisamente superiore di pixel. ■ Best D-SLR Professional Pentax 645D I giornalisti TIPA hanno apprezzato il design, la struttura e le specifiche di questa configurazione digitale medio formato da quaranta Megapixel. Il corpo macchina in lega di magnesio assicura una protezione totale da polvere, pioggia e agenti atmosferici, rendendola la scelta ideale per i professionisti che fo-

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■ Best Compact System Camera Entry Level Samsung NX100 L’innovativo design della Samsung NX100 rivede drasticamente il concetto “tipo reflex” di altre compatte a obiettivi intercambiabili, e rappresenta un significativo passo avanti rispetto le precedenti NX10 e NX11. Questo la colloca in concorrenza diretta con le altre compatte a sistema (CSC) presenti sul mercato. Le notevoli caratteristiche includono il display luminoso Amoled da tre pollici, il sensore APSC e la gamma degli obiettivi iFunction ad alta tecnologia. Proprio questa promettente serie di obiettivi consente modalità innovative di utilizzo e controllo, permettendo di accedere a numerose funzioni direttamente dallo stesso obiettivo. ■ Best Compact System Camera Expert Panasonic Lumix DMC-GH2 La Panasonic Lumix DMC-GH2 è una autentica compatta “ibrida”, per la quale la ripresa video non è più una funzione secondaria. Prima tra le configurazioni della categoria e oltre l’ottima qualità fotografica, la Lumix DMC-GH2 consente video Full-HD (1920x1080 pixel), 50i (PAL), con un’uscita a 50p (PAL). Può essere controllata dal monitor touch control intuitivo. Per esempio, basta sfiorare un soggetto sul display, affinché la compatta lo metta a fuoco con una velocità tipica delle migliori reflex presenti sul mercato. ■ Best General Compact Camera Nikon Coolpix P300 La Nikon Coolpix P300 è un’elegante compatta dotata di un luminoso obiettivo f/1,8, con zoom 4,2x partire da 24mm (equivalente). Inoltre, il vetro ad alto indice di rifrazione del suo disegno ottico garantisce immagini nitide e contrasto elevato. Con il notevole sensore Cmos retroilluminato da 12,2 Megapixel, questa compatta assicura un’eccellente qualità di immagine perfino in condizioni di scarsa luminosità. La P300 registra video Full-HD (1080p), anche al rallentatore, a una velocità massima di centoventi fotogrammi al secondo.

dinamico di immagine, la nuova funzione GPS (con software Map Utility) e il sensore ad alta sensibilità abbinato al processore Canon Digic 4, che riduce i livelli di rumore anche alle sensibilità più elevate (fino a 3200 Iso equivalenti). ■ Best Rugged Compact Camera Panasonic Lumix DMC-FT3 La Panasonic Lumix DMC-FT3 [identificazione italiana] è impermeabile fino a una profondità di dodici metri e resistente alla polvere secondo gli standard IPX8 e IP6X. È dotata di una funzione GPS integrata, ideale per chi desidera fotografare all’aperto e registrare l’esatta posizione della ripresa. La compatta incorpora una bussola, un altimetro e un barometro, per indicare e registrare altitudine, pressione atmosferica e dati relativi all’orientamento. Il barometro indica anche la profondità subacquea. Grazie all’identificazione del luogo, l’orologio interno si regola automaticamente in base all’ora locale. ■ Best Digital Camera Back Phase One IQ series Rispettivamente, i dorsi digitali Phase One IQ180, IQ160 e IQ140 sono dotati di 80, 60,5 e 40 Megapixel di risoluzione, per acquisizioni in alta qualità. I dorsi di vertice IQ180 e IQ160 acquisiscono immagini nel formato 645 full-frame (4,5x6cm). Progettato per apparecchi medio formato, il display da 3,2 pollici dei sistema IQ ha una risoluzione di 1,15 Megapixel, con funzionamento touch screen, per ingrandire e sfogliare le immagini, ed è definito da un ampio angolo di visione di 170 gradi. Inoltre, i dorsi IQ sono i primi dotati di connessioni USB3 e FireWire 800, per una elevata velocità di trasferimento. ■ Best Premium Camera Fujifilm FinePix X100 Grazie al sensore Cmos formato APS-C e all’obiettivo Fujinon 23mm f/2, la Fujifilm FinePix X100 offre una qualità di immagine davvero unica per una compatta. Il mirino ibrido combina la classica “cornicetta luminosa” delle macchine fotografiche analogiche a telemetro al mirino elettronico delle compatte digitali con obiettivo fisso o intercambiabile, per offrire all’utente “il meglio di entrambe le modalità”. È dotata del nuovo processore EXR, che racchiude tutte le più recenti tecnologie Fujifilm di elaborazione dell’immagine.

■ Best Expert Compact Camera Olympus XZ-1 La Olympus XZ-1 è dotata di uno degli zoom più luminosi della sua classe tecnica: iZuiko 6-24mm f/1,8-2,5 (28-112mm equivalenti). Invece di cedere alla corsa ai Megapixel, è stata raddoppiata la dimensione dei pixel del sensore CCD da dieci Megapixel, da 1/1,63 di pollice. L’illuminatore AF, il doppio stabilizzatore di immagine, la modalità Low Light che regola automaticamente la sensibilità fino a 3200 Iso equivalenti e le dimensioni compatte fanno della XZ-1 una praticissima macchina fotografica dotata anche di controlli manuali avanzati.

■ Best Entry Level Lens Tamron SP 70-300mm f/4-5,6 Di VC USD Questo tele zoom all’avanguardia fornisce numerose funzioni agli utenti delle reflex con sensore APS-C o a pieno formato, che lo differenziano dagli altri della sua categoria. Costruito sullo standard SP (Super Performance), per la prima volta adotta la tecnologia Tamron USD (Ultrasonic Silent Drive), per una velocità migliorata e una efficace risposta dell’autofocus. Per supportare la ripresa a mano libera e in condizioni di scarsa luminosità, lo zoom SP 70-300mm adotta il sistema Tamron VC (Vibration Compensation) di stabilizzazione dell’immagine su tre piani a basso attrito.

■ Best Superzoom Camera Canon PowerShot SX230 HS La Canon PowerShot SX230 HS adotta un sensore Cmos HS System da 12,1 Megapixel e uno zoom ottico 14x (28-392mm equivalenti), con stabilizzatore ottico di immagine. Il display LCD da tre pollici, con copertura al cento percento, garantisce buona visibilità e facile controllo dei menu. I giornalisti TIPA sono rimasti colpiti da funzioni che la caratterizzano e definiscono, come la registrazione video Full-HD (1080p) con stabilizzatore

■ Best Expert Lens Sigma Apo 70-200mm f/2,8 EX DG OS HSM Luminoso e di alta qualità, questo tele zoom ha un disegno ottico di ventidue elementi in diciassette gruppi, comprensivo di tre lenti in vetro SLD e due FLD, a basso indice di dispersione. L’obiettivo copre i sensori digitali pieno formato 24x36mm ed è dotato di stabilizzatore ottico di immagine (OS), che compensa circa quattro stop. La funzione HSM assicura una messa a fuoco silenziosa e

regolare. L’aberrazione cromatica è ridotta al minimo, mentre la nitidezza è molto elevata sull’intera gamma di focali. ■ Best Professional Lens Canon EF 70-200mm f/2,8L IS II USM Nel nuovo Canon EF 70-200mm f/2,8L IS II USM è migliorata la velocità dell’autofocus, la stabilizzazione ottica dell’immagine e la qualità ottica del suo leggendario predecessore, il che non è poco (anzi, è vero l’esatto contrario). Grazie a una lente alla fluorite e a cinque lenti UD, il Canon EF 70-200mm f/2,8L IS II USM vanta una qualità ottica maggiore ed è caratterizzato da una minore aberrazione cromatica. Recentemente riprogettato, lo stabilizzatore ottico di immagine garantisce una compensazione fino a quattro stop a tutte le lunghezze focali. Non è cambiata la struttura robusta, resistente alla polvere e all’umidità, da usare nelle condizioni di ripresa più estreme. ■ Best Expert Photo Printer (A3/A2) Epson Stylus Photo R3000 Questa stampante di largo formato da tredici pollici sembra pensata per il fotografo che desidera stampe da mostrare e condividere. L’unità è caratterizzata da cartucce ad alta capacità, connettività di rete e wireless, oltre a quella che Epson definisce “Gestione avanzata dei supporti”, sinonimo di facilità e convenienza per chi stampa. Siamo rimasti molto colpiti anche dalle stampe in bianconero, una funzionalità non comune in questa categoria di stampanti, che piacerà sicuramente a molti appassionati di fotografia. ■ Best Multifunction Photo Printer Canon Pixma MG8150 La Canon Pixma MG8150 offre un’avanzata tecnologia di stampa in un configurazione definita da un elegante design in nero. Con il nuovo Intelligent Touch System e l’accesso Flickr, direttamente dal software Canon Easy-PhotoPrint EX, realizzare stampe fotografiche da sorgenti diverse è davvero semplice per qualunque fotografo. La nuova funzione FullHD Movie Print permette di stampare i propri momenti preferiti scegliendoli dai filmati in Full-HD, una possibilità entusiasmante che rispecchia i progressi delle macchine fotografiche digitali. ■ Best Large Format Printer Epson Stylus Pro 4900 La Stylus Pro 4900 grande formato ci ha colpiti per essere una stampante capace di suscitare ampio interesse presso fotografi fine art e commerciali. Le sue funzioni permettono di ottenere il massimo anche a chi ha scarsa esperienza di stampa. Questa versatile stampante da diciassette pollici per fogli e/o rulli è dotata di una taglierina esterna e di un pannello LCD, per controllare inchiostri e carta ed eseguire manutenzione e test. Undici cartucce di inchiostro a pigmenti UltraChrome HDR da 200ml garantiscono una gamma cromatica estremamente ampia, con stampe che, conservate in modo adeguato e sul giusto supporto, vengono definite capaci di durare duecento anni. ■ Best Fine Art Inkjet Paper Hahnemühle Harman series La gamma Harman Professional Inkjet di Hahnemühle offre un’ampia varietà di straordinarie carte baritate, cotone e tela, nelle varianti calde e fredde. Il fotografo può scegliere il supporto che meglio soddisfa i propri gusti visivi e le sue necessità. I giornalisti TIPA sono rimasti impressionati dalle carte stesse, oltre che dall’interesse degli stampatori di camera oscura, perché, su questi supporti, le più apprezzate caratteristiche delle migliori carte all’alogenuro d’argento di un tempo sono ora disponibili anche per la stampa a getto d’inchiostro.


■ Best Photo Projector Mitsubishi HC9000D Con Diamond HC9000D Full-HD (da 1080p), Mitsubishi porta l’esperienza del 3D negli home theatre. Il proiettore ha una frequenza di refresh di 120Hz, per passaggi omogenei e immagini naturali, mentre una funzione di gestione versatile permette di regolare i singoli colori senza dover intervenire sulle altre tonalità. Inoltre, Mitsubishi impiega vetro a bassissimo indice di dispersione per ridurre al minimo l’aberrazione cromatica. HC9000D non è solo un proiettore eccellente per le immagini in 3D, ma anche un miglior prodotto per la visione in 2D. ■ Best Photo Software Nik Software Complete Collection I programmi ausiliari di Photoshop eliminano alcuni dei ritocchi fotografici più complessi, sostituendoli con “script” o impostazioni predefinite più semplici da usare. I plug-in Nik vanno oltre, mettendo a disposizione dell’utente l’esclusiva tecnologia “U-Point”, che consente la personalizzazione di singoli parametri. Tutte le impostazioni predefinite possono essere impostate in base al gusto di ciascun fotografo. Vogliamo ricordare in particolare la recente creazione, da parte della stessa Nik, di esclusivi software HDR e di conversione bianconero. ■ Best Photo Scanner Epson Perfection V330 Photo Lo scanner Epson Perfection V330 Photo vanta un’impressionante risoluzione ottica di 4800x9600 dpi, quattro semplici pulsanti one-touch personalizzabili, un’unità incorporata per la scansione di pellicole e del coperchio ribaltabile di 180 gradi per la scansione di oggetti di grandi dimensioni. Lo scanner usa la tecnologia ReadyScan LED, per la maggiore velocità, non richiede pre-riscaldamento e ha consumi ridotti. La tecnologia Easy Photo Fix Epson permette all’utente di ripristinare i colori delle fotografie sbiadite, rimuovere gli effetti della polvere sulle pellicole scansite e ridurre la visibilità della grana. ■ Best Accessory Kodak Pulse Digital Frame W1030S Grazie a una connessione WiFi, la cornice digitale Kodak Pulse consente agli utenti di ricevere fotografie via e-mail, perfino da cellulari e Facebook. Il pulsante Quick Comment permette di rispondere ai mittenti, con brevi frasi, direttamente dal display. Per ridurre i consumi, Pulse è dotata di un sensore incorporato di attività, che accende automaticamente la cornice quando qualcuno si trova nelle vicinanze e la spegne quando non c’è nessuno. ■ Best Tripod Vanguard Auctus Plus 323CT I giornalisti TIPA sono rimasti sorpresi dalla versatilità del treppiedi Vanguard Auctus Plus, che può essere usato comodamente e proficuamente sia in studio sia in esterni. Incorpora una ghiera a doppia funzione, che regola l’altezza della colonna centrale in totale sicurezza e supporta attrezzature fotografiche particolarmente pesanti. Ancora, sistemi resistenti di blocco delle gambe, piedini adatti a qualunque terreno (che da punte anti-ruggine si trasformano in gommini inclinati), gambe che prevedono angolazioni di 25, 50 e 80 gradi, da regolare su terreni irregolari o riprese dal basso. La confezione include perfino racchette da neve. ■ Best Imaging Storage Media Panasonic “Gold Pro” SDHC UHS-I Memory Card Caratterizzate da velocità di lettura e scrittura rispettivamente di 95MB/s e

80MB/s, le schede Panasonic “Gold Pro” SDHC UHS-I sono ideali per le riprese continue ad alta velocità in HD con apparecchi reflex. Il Super Intelligent Controller (SICS) protegge i dati da improvvise cadute di potenza, mentre la funzione Smart Data Writing minimizza il rischio di difetto causato da una scrittura intensiva. Inoltre, sono dotate della protezione “Proof 5” (acqua, urti, magneti, raggi X e temperatura), per funzionare anche in condizioni proibitive. ■ Best Entry Level Camcorder Samsung HMX-Q10 La Samsung HMX-Q10 è la prima videocamera al mondo dotata di Switch Grip, l’impugnatura adatta alle due mani. Finalmente, i registi mancini godranno della stessa facilità di uso dei destri! In base alla posizione, il sensore magnetico all’interno della HMX-Q10 riconosce l’angolazione e ruota l’immagine sul display LCD, anche per il controllo delle funzioni. La HMX-Q10 acquisisce video in FullHD (1920x1080/60i) e vanta un avanzato stabilizzatore ottico di immagine, per compensare le vibrazioni della videocamera anche se l’operatore cammina durante le riprese. ■ Best Expert Camcorder Sony Handycam Nex-VG10E Questa videocamera potrebbe essere considerata il perfetto sistema imaging di “convergenza”, poiché è adatta sia per video sia per fotografia. La nuova Nex-VG10E usa gran parte dell’elettronica della Sony Nex-5 CSC (mirrorless), lo stesso sensore Cmos Exmor HD (formato APS-C) e lo stesso innesto E per gli obiettivi intercambiabili. Tuttavia, la sua architettura e il suo layout favoriscono chiaramente la ripresa video, con prestazioni davvero notevoli grazie al formato AVCHD, da 24Mbps. ■ Best Pocket Camcorder Jvc Picsio GC-WP10 La crescente popolarità di questa nuova categoria di dispositivi imaging ha reso difficile la scelta tra i candidati, ma alla fine abbiamo premiato la Picsio per l’efficace combinazione tra corpo robusto e impermeabile e la ripresa video FullHD (1080p), nei formati MPEG-4 e H.264. Oltre a essere una potente videocamera tascabile, è anche una macchina fotografica da cinque Megapixel. I giornalisti TIPA sono rimasti colpiti anche dal display da tre pollici, con funzione touch control. ■ Best Retail Finishing System Fujifilm Frontier DL 600 Il minilab Fujifilm Frontier DL 600 è stato progettato per rispondere alla crescente domanda di un’unità di stampa inkjet versatile da parte dei negozi di fotografia di piccole e medie dimensioni. DL 600 è caratterizzato da una risoluzione di 720dpi per la stampa standard e di una modalità di stampa di alta qualità (1440dpi); inoltre, è dotato di una nuova testina di stampa progettata per gestire cinque colori. La tecnologia Intelligence Image Fujifilm assicura stampe di qualità elevata fino al formato dodici pollici. ■ Best Photo Kiosk Mitsubishi Gift Kiosk Espandere l’uso dell’immagine da parte dei consumatori è sempre stato uno degli intendimenti dell’industria e dei rivenditori. Pensare a un chiosco con il quale poter realizzare oggetti regalo non solo permette di mettere a frutto la versatilità delle immagini digitali, ma aiuta anche i consumatori nella creazione di articoli unici, partendo dalle proprie immagini. Questo chiosco self-service è adatto a tutti i formati di stampa, stampe indice,

calendari, cartoline, masterizzatori di CD/Dvd, album, photo-box e non solo. ■ Best Professional Flash System Broncolor Senso series La gamma Broncolor Senso combina il pratico controllo della potenza del flash da studio e dimensioni compatte. Il generatore Senso è disponibile in due potenze: 13-1200Ws e 26-2400Ws, per tre torce in due canali. Tra le caratteristiche discriminanti, la temperatura colore costante oltre i tre stop e il ricevitore radio incorporato. Progettata per i generatori Senso, la torcia flash Litos offre grande flessibilità, con un coperchio protettivo che può essere convertito rapidamente in ombrello o riflettore standard. ■ Best Photo Bag Vanguard Skyborne series Gli zaini ergonomici Vanguard Skyborne offrono molto spazio, a disposizione di macchine fotografiche e obiettivi, e hanno numerose tasche per i piccoli accessori. Abilmente progettati, i vani superiore e inferiore ad accesso rapido permettono di iniziare a fotografare in pochi secondi, senza doversi togliere lo zaino dalla spalla. Gli spallacci sono inclinati alla base, per appoggiarsi sulle spalle in modo più confortevole e consentire di usare lo zaino a lungo. Il design avanzato, con cuscinetti d’aria nelle zone critiche, garantisce una migliore protezione dell’attrezzatura, mentre il sistema ergonomico con spallacci facilmente regolabili lo rende uno zaino davvero comodo. ■ Best Entry Level Photo Monitor LG IPS236 / IPS231 Una precisione dei colori elevata è fondamentale per i fotografi professionisti e non professionisti, che così possono apprezzare appieno il potenziale qualitativo delle proprie immagini. La serie dei monitor LG IPS da ventitré pollici offre una eccellente qualità di immagine a un prezzo conveniente. Rispetto alla tecnologia tradizionale, i pannelli IPS mostrano una resa dei colori precisa e consentono una migliore impressione dei colori, indipendentemente dall’angolo di visione. Il rapporto 16:9 e la risoluzione di 1920x1080 pixel sono perfetti per le immagini in Full-HD. ■ Best Expert Photo Monitor Nec SpectraView Reference 271 I monitor professionali sono fondamentali per la qualità dell’immagine, e i giornalisti TIPA sono rimasti colpiti dal Nec SpectraView Reference 271, da ventisette pollici formato wide. La funzione di calibrazione è potenziata dal pannello P-IPS a 10 bit, in grado di riprodurre 1,07 miliardi di colori e uno spazio colore Adobe RGB utilizzabile al 97 percento. Con una risoluzione di 2560x1440 pixel, la funzionalità professionale è garantita da una tabella colore 3D LUT, per emulazioni separate dello spazio colore, da una LUT a 14 bit, per una calibrazione dei colori accurata tramite la correzione della gamma, e dal software L*ab “Profiler”, per la creazione del profilo ICC a 16 bit. ■ Best Photo TV Display LG Infinia PZ950 series Il 3D è diventato una caratteristica sempre più importante per gli appassionati dell’home cinema, oltre che per i contenuti in 3D creati dai fotografi che utilizzano macchine fotografiche e videocamere adatte. LG PZ950 utilizza l’avanzata tecnologia dei display al plasma, riuscendo a raggiungere uno standard significativamente elevato per video e fotografie in 2D e 3D. Le sue tecniche di miglioramento dell’immagine determinano una resa dei colori molto precisa.

LG PZ950 vanta anche la certificazione 3D THX. Impiega la tecnologia active shutter e consente la conversione di contenuto 2D in 3D. Grazie alla sofisticata tecnologia del filtro TruBlack, è in grado di riprodurre immagini brillanti perfino in ambienti particolarmente luminosi. ■ Best Photo Service Fujifilm 3D Print service Fotografie e video in 3D rappresentano un settore in crescita, ma poter solo vedere le fotografie in ambiente domestico, su un televisore 3D, ne limita le potenzialità. Con l’introduzione del sistema di stampa in 3D, Fujifilm fornisce nuovi stimoli e apre una nuova via nell’era del digitale. I giornalisti TIPA danno il benvenuto all’engineering e al risultato finale del sistema di stampa a sublimazione termica Fujifilm, che trasferisce le immagini direttamente su supporti lenticolari, per creare un avvincente effetto 3D. ■ Best D-SLR Video Accessory Redrock nano DSLR rigs Con il maggiore interesse video delle reflex digitali, i giornalisti TIPA riconoscono che per alcuni fotografi il “costo di ingresso” può essere troppo elevato. Ciò ha reso gli accessori e i supporti micro Redrock particolarmente meritevoli di attenzione, perché sono progettati per un fotogiornalismo/documentario entry-level dai costi contenuti e perfino per utenti occasionali. TIPA tiene a sottolineare che i supporti micro sono realizzati secondo standard professionali e che, se necessario, possono essere facilmente riadattati e accessoriati per nuovi utilizzi. ■ Best Film Kodak Professional Portra 160 Kodak Portra 160 è la dimostrazione che l’arte dei produttori di emulsione sensibile non è andata perduta, ma continua a perfezionarsi. La pellicola negativa a colori è caratterizzata da una grana significativamente più fine, per scansioni e ingrandimenti migliori. Portra 160 garantisce una riproduzione dell’incarnato eccezionalmente uniforme e naturale, e, grazie agli ottimi risultati di scansione, è la scelta ideale nel mondo dei ritratti, della moda e della fotografia commerciale. ■ Best Imaging Innovation Sony SLT Translucent Mirror Technology Sony ha elaborato la tecnologia dello specchio semitrasparente fisso (SLT), per un nuovo livello di funzionalità. I vantaggi di questa tecnologia sono ben evidenti nell’autofocus a rilevamento di fase in tempo reale (disponibile anche in modalità Movie) e nella maggiore velocità delle sequenze rapide a raffica. Grazie alla SLT, le reflex possono essere più piccole, riducendo peso e dimensioni, senza dover rinunciare alla funzionalità e ai vantaggi della tecnologia avanzata. ■ Best Innovative Design Casio Exilim Tryx EX-TR100 Il TIPA Design Award segnala prodotti innovativi, che combinano forma e funzione in un modo nuovo e unico; da cui, l’indicazione di Casio Exilim Tryx EXTR100. Per una fotografia “freestyle”, questa compatta può essere usata sia dai fotografi destri sia mancini, e può essere orientata in qualsiasi direzione. Il grandangolare da 21mm (equivalenti) suggerisce nuove modalità di visione, mentre i controlli touch screen sono semplificati. Grazie al sensore Cmos ad alta sensibilità, da dodici Megapixel, la Tryx EX-TR100 è in grado di acquisire video in Full-HD (1280p) e fotografie; include anche un’uscita HDMI, per chi ama la condivisione delle immagini in TV.

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Nik Software Complete Collection: Software.

(continua da pagina 57)

REFLEX E COMPATTE

Canon Eos 600D: Reflex entry level.

Nikon Coolpix P300: Compatta.

Olympus XZ-1: Compatta expert.

Olympus E-5: Reflex expert.

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A diretta conseguenza, le categorie individuate e sottolineate non procedono soltanto per parametri freddamente numerici, ma in qualche misura sono trasversali. Nel proprio insieme, le categorie indicate nella consistente sequenza dei quaranta TIPA Awards 2011 (elenco completo sulla pagina accanto e relative motivazioni da pagina 58) definiscono il grande mondo della fotografia dei giorni attuali, che si rivolge sia ai professionisti (della ripresa come anche del trattamento conto terzi) sia al pubblico potenzialmente più ampio (il più vasto possibile), verso i quali indirizza una diversificata serie e quantità di prodotti. Dall’origine dei TIPA Awards, nel lontano 1991, venti anni fa (pochi o tanti, dipende dai riferimenti), sono trascorse stagioni di stravolgente trasformazione tecnica e tecnologica, che si è altresì proiettata sulle indicazioni degli stessi Premi. Il mercato attuale è diverso da quello di venti anni fa, almeno tanto quanto siamo, a propria volta, diversi tutti noi. Allora vivevamo e lavoravamo in altro cli-

ma tecnologico, che oggi appare assolutamente remoto: pochi i computer in uso quotidiano (e oggi nessuno si muove senza il proprio portatile in valigia, soprattutto iPad), niente telefoni cellulari, assenza di globalizzazione immediata e, soprattutto, vivacità di una fotografia saldamente vincolata all’esposizione di pellicola fotosensibile, che i TIPA Awards analizzavano, ricordiamolo, scomponendola tra bianconero, colore negativo e invertibile (!). La progressione della tecnologia ad acquisizione e gestione digitale delle immagini ha via via determinato e definito anche il cammino dei TIPA Awards, che -stagione dopo stagione- hanno registrato la sistematica identificazione e distinzione di categorie merceologiche. Attualmente, la scomposizione degli apparecchi ad acquisizione digitale di immagine scandisce il ritmo di quattro categorie reflex: Entry Level (Canon Eos 600D, al top della propria gamma di partenza), Advanced (Nikon D7000, in pertinente equilibrio tra fun-


TIPA AWARDS 2011: PREMI E VINCITORI

Reflex entry level .................................................................. Canon Eos 600D Reflex advanced .......................................................................... Nikon D7000 Reflex expert ................................................................................ Olympus E-5 Reflex professionale .................................................................... Pentax 645D Compatta entry level ............................................................ Samsung NX100 Compatta expert (sistema) ............................. Panasonic Lumix DMC-GH2 Compatta .......................................................................... Nikon Coolpix P300 Compatta expert ....................................................................... Olympus XZ-1 Compatta superzoom ..................................... Canon PowerShot SX230 HS Compatta resistente (Rugged) ......................... Panasonic Lumix DMC-FT3 Dorso digitale ............................................................................... Phase One IQ Apparecchio di prestigio ............................................ Fujifilm FinePix X100 Obiettivo entry level .............. Tamron SP 70-300mm f/4-5,6 Di VC USD Obiettivo expert ................. Sigma Apo 70-200mm f/2,8 EX DG OS HSM Obiettivo professionale ................. Canon EF 70-200mm f/2,8L IS II USM Stampante fotografica expert ........................... Epson Stylus Photo R3000 Stampante fotografica multifunzionale ................ Canon Pixma MG8150 Stampante grande formato ...................................... Epson Stylus Pro 4900 Carta inkjet Fine Art .................................................... Hahnemühle Harman Proiettore ......................................................................... Mitsubishi HC9000D Software ................................................... Nik Software Complete Collection Scanner ............................................................ Epson Perfection V330 Photo Accessorio ............................................ Kodak Pulse Digital Frame W1030S Treppiedi .......................................................... Vanguard Auctus Plus 323CT Dispositivo di archiviazione .............. Panasonic “Gold Pro” SDHC UHS-I Camcorder entry level .................................................... Samsung HMX-Q10 Camcorder expert ............................................. Sony Handycam Nex-VG10 Camcorder pocket .......................................................... Jvc Picsio GC-WP10 Sistema photofinishing .......................................... Fujifilm Frontier DL 600 Chiosco fotografico ....................................................... Mitsubishi Gift Kiosk Flash da studio ....................................................................... Broncolor Senso Borsa fotografica ............................................................. Vanguard Skyborne Monitor entry level ......................................................... LG IPS236 / IPS231 Monitor expert ........................................... Nec SpectraView Reference 271 Display fotografico .............................................................. LG Infinia PZ950 Servizio fotografico conto terzi ........................... Fujifilm 3D Print service Accessorio video ..................................................... Redrock nano DSLR rigs Pellicola .......................................................... Kodak Professional Portra 160 Innovazione imaging .............. Sony SLT, Translucent Mirror Technology Design ............................................................... Casio Exilim Tryx EX-TR100

Broncolor Senso ....................................................................... Flash da studio Canon Eos 600D .................................................................. Reflex entry level Canon PowerShot SX230 HS ..................................... Compatta superzoom Canon EF 70-200mm f/2,8L IS II USM ................. Obiettivo professionale Canon Pixma MG8150 ................ Stampante fotografica multifunzionale Casio Exilim Tryx EX-TR100 ............................................................... Design Epson Stylus Photo R3000 ........................... Stampante fotografica expert Epson Stylus Pro 4900 ...................................... Stampante grande formato Epson Perfection V330 Photo ............................................................ Scanner Fujifilm FinePix X100 ............................................ Apparecchio di prestigio Fujifilm Frontier DL 600 .......................................... Sistema photofinishing Fujifilm 3D Print service ........................... Servizio fotografico conto terzi Hahnemühle Harman .................................................... Carta inkjet Fine Art Jvc Picsio GC-WP10 .......................................................... Camcorder pocket Kodak Professional Portra 160 .......................................................... Pellicola Kodak Pulse Digital Frame W1030S ............................................ Accessorio LG Infinia PZ950 .............................................................. Display fotografico LG IPS236 / IPS231 ......................................................... Monitor entry level Mitsubishi HC9000D ......................................................................... Proiettore Mitsubishi Gift Kiosk ....................................................... Chiosco fotografico Nec SpectraView Reference 271 ........................................... Monitor expert Nik Software Complete Collection ................................................... Software Nikon D7000 .......................................................................... Reflex advanced Nikon Coolpix P300 .......................................................................... Compatta Olympus E-5 ................................................................................ Reflex expert Olympus XZ-1 ....................................................................... Compatta expert Panasonic Lumix DMC-FT3 ......................... Compatta resistente (Rugged) Panasonic Lumix DMC-GH2 ............................. Compatta expert (sistema) Panasonic “Gold Pro” SDHC UHS-I .............. Dispositivo di archiviazione Pentax 645D .................................................................... Reflex professionale Phase One IQ ............................................................................... Dorso digitale Redrock nano DSLR rigs ..................................................... Accessorio video Samsung NX100 ............................................................ Compatta entry level Samsung HMX-Q10 .................................................... Camcorder entry level Sigma Apo 70-200mm f/2,8 EX DG OS HSM ................. Obiettivo expert Sony Handycam Nex-VG10 ............................................. Camcorder expert Sony SLT, Translucent Mirror Technology .............. Innovazione imaging Tamron SP 70-300mm f/4-5,6 Di VC USD .............. Obiettivo entry level Vanguard Auctus Plus 323CT .......................................................... Treppiedi Vanguard Skyborne ............................................................. Borsa fotografica

zioni di base e prestazioni elevate), Expert (Olympus E-5, in rappresentanza di una particolare interpretazione tecnologica applicata) e Professional (Pentax 645D, che ripresenta lo storico marchio giapponese in un ambito nel quale ha espresso tanto con le proprie lontane configurazioni reflex medio formato). Il discorso della ripresa professionale si completa con l’attribuzione del Premio per il migliore dorso di acquisizione: Phase One IQ. E di profilo alto è anche la definita Premium Camera, Fujifilm FinePix X100, che approda al presente-futuribile con un design adeguatamente storico (diciamola così). A seguire, si è sostanziosamente dilatata la scomposizione delle compatte digitali, la cui merceologia sollecita ogni anno, ogni stagione, classificazioni nuove, che rispecchino la suddivisione tecnologica espressa dall’industria produttrice: non si tratta più e soltanto di identificazioni economiche, per fasce di prezzo a salire, ma anche di configurazioni via via mirate e dedicate. Così, sono so-

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Tamron SP 70-300mm f/4-5,6 Di VC USD: Obiettivo entry level.

Epson Stylus Photo R3000: Stampante expert.

prattutto commerciali i riconoscimenti Entry Level (Samsung NX100), sistema Expert (Panasonic Lumix DMC-GH2), General (Nikon Coolpix P300) e Expert (Olympus XZ-1). Invece, sono tecnologiche e operative le sottolineature di Superzoom (Canon PowerShot SX230 HS) e Rugged (Panasonic Lumix DMC-FT3). Un’altra compatta è stata premiata per il Design: Casio Exilim Tryx EX-TR100. E il totale delle compatte approda a ben sette indicazioni; forse troppe, ne siamo più che convinti, ma non si può ignorare la realtà commerciale del mercato fotografico dei nostri giorni.

OBIETTIVI (E CONTORNO) Epson Stylus Pro 4900: Stampante grande formato.

Epson Perfection V330 Photo: Scanner.

Vanguard Skyborne: Borsa fotografica.

Vanguard Auctus Plus 323CT: Treppiedi.

Canon EF 70-200mm f/2,8L IS II USM: Obiettivo professionale.

In un certo senso, gli obiettivi intercambiabili per reflex possono essere considerati e conteggiati anche come ponte di collegamento tra le tecnologie conseguenti della pellicola fotosensibile (fotografia argentica) e dell’acquisizione digitale di immagini. Da cui, sono inevitabili tre categorie: Entry Level (Tamron SP 70-300mm f/4-5,6 Di VC USD), Expert (Sigma Apo 70-200mm f/2,8 EX DG OS HSM) e Professional (Canon EF 70-200mm f/2,8L IS II USM). A differenza di precedenti assegnazioni, negli anni scorsi, questa volta si registra una sostanziale omogeneità di intenti, indirizzata agli zoom tele, con generose escursioni: specchio dei tempi? tendenza di mercato? assolvimento di richieste che provengono dagli utilizzatori? Domande senza risposte certe, ma che aprono uno scenario del quale il commercio deve tenere conto, per proporre qualcosa che vada oltre le sole dotazioni standard di partenza, appunto rivolte alla fotografia tele: quella dei viaggi, delle vacanze, delle escursioni, dello sport e di altro ancora. Tradizionalmente fotografiche sono anche le categorie che riguardano i treppiedi (Vanguard Auctus Plus 323CT), le borse (ancora Vanguard, con la gamma Skyborne) e la pellicola (residua: Kodak Professional Portra 160).

TUTTO DIGITALE Sigma Apo 70-200mm f/2,8 EX DG OS HSM: Obiettivo expert.

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Da qui, parte il nutrito gruppo(ne) di segnalazioni che riguardano le sottili distinzioni della gestione dell’immagine. Sopra tutto: stampa e scansione, nel cui ambito la

fa da regina Epson. Anzitutto, con le stampanti delle categorie Expert e Large Format, rispettivamente con le convincenti configurazioni Stylus Photo R3000 e Stylus Pro 4900, a riprova e conferma di una autentica e meritata leadership di settore. Attenzione: Epson è sempre stata presente nei TIPA Awards per le stampanti. A ritroso, di sei anni: Stylus Pro 3880 (Expert, 2010); Stylus Photo PX800FW (Multifunzione, 2009); Stylus Pro GS6000 (Grande formato, 2009); Stylus Photo R1900 (Expert, 2008); Stylus Pro 11880 (Grande formato, 2008); Stylus Pro 3800 (Expert, 2007); Stylus Photo RX640 (Multifunzione, 2007); Stylus Photo RX640 (Multifunzione, 2006); Stylus Photo R1800 (Formato A3, 2005).


TIPA: TRENTA RIVISTE, TRENTA

All’Assemblea Generale 2011 della Technical Image Press Association (TIPA) hanno partecipato rappresentanti delle trenta riviste associate (compreso Makoto Shibata, del Camera Journal Press Club). In ordine alfabetico geografico: Jez Ford, di Camera (Australia); David Tanaka, di Photo Life (Canada); Wen Danqing, di Chinese Photography (Cina); Jean-Christophe Béchet, di Réponses Photo (Francia); Roland Franken, di Digit!, Martin Knapp, di Foto Hits, Henning Gerwers, di Inpho Imaging & Business, Frank Späth, di Photographie, Wolfgang Heinen, di Photo Presse, Thomas Gerwers, di ProfiFoto (Germania); Panagiotis Kaldis, di Photographos, Dimitris Tzimas, di Photo Business (Grecia); Jonathan Adams, di Digital Photo, Grant Scott, di Photography Monthly e Professional Photographer, Andrew James, di Practical Photography (Inghilterra); Giulio Forti, di Fotografia Reflex, Maurizio Rebuzzini, di FOTOgraphia (Italia); Johan Elzenga, di Fotografie F+D e FotoVisie, Jan van der Schans, di P/F (Olanda); Joanna Sabat, di Foto (Polonia); Antonio Cabello, di Arte Fotográfico, José Alcocer, di Diorama, Juan M. Varela, di FV / Foto Video Actualidad, Isabel Cortés, di La Fotografia Actual (Spagna); Louise Donald, di PiX Magazine (Sudafrica); George Schaub, di Shutterbug (Stati Uniti); István Dékán, di Digitális Fotó Magazin (Ungheria).

Ancora Epson tra gli scanner, in unica categoria: Epson Perfection V330 Photo. Insomma, non male e affermazione di leadership assoluta: ribadiamo. Il resto del comparto digitale di gestione e/o trasformazione e del video è elencato alla sintesi tabellare di pagina 61 e alle motivazioni dei singoli TIPA Awards, da pagina 58.

COSÌ CHE I quaranta TIPA Awards 2011 sono stati assegnati a ventitré marchi della fotografia. Come al solito, più marchi si sono affermati in più categorie. Per un anno intero, i vincitori dei prestigiosi e ambìti TIPA Awards possono vantare questa asse-

gnazione, che impone la ripetizione della conclusione che riferiamo ogni anno in occasione della presentazione commentata dei qualificati Premi. Dall’aggiudicazione, alla quale fa seguito la cerimonia ufficiale della consegna dei premi, per un anno, fino a marzo 2012, le aziende produttrici e distributrici possono combinare la presentazione dei relativi vincitori di categoria con l’identificazione ufficiale dei TIPA Awards 2011: «Quando il marchio dei TIPA Awards appare in un annuncio pubblicitario, un pieghevole o sulla confezione di un prodotto, potete esser certi che è stato meritato. I TIPA Awards sono un motivo di orgoglio per chi li attribuisce e per coloro che li ricevono». ❖

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AUSTRALIA Camera CANADA Photo Life CINA Chinese Photography FRANCIA Réponses Photo GERMANIA Digit! • Foto Hits • Inpho Imaging & Business • Photographie • Photo Presse • ProfiFoto GRECIA Photographos • Photo Business INGHILTERRRA Digital Photo • Photography Monthly • Practical Photography • Professional Photographer ITALIA Fotografia Reflex • FOTOgraphia OLANDA Fotografie F+D • FotoVisie • P/F POLONIA Foto SPAGNA Arte Fotográfico • Diorama • Foto/Ventas • FV / Foto Video Actualidad • La Fotografia Actual SUDAFRICA PiX Magazine STATI UNITI D’AMERICA Shutterbug UNGHERIA Digitális Fotó Magazin

Se volete sapere quali siano i migliori prodotti fotografici, video e imaging, o avete bisogno di un consiglio da esperti, cercate i qualificati e autorevoli logotipi dei TIPA Awards. Ogni anno, i direttori di trenta riviste di fotografia e imaging, leader in Europa, votano per stabilire quali nuovi prodotti sono davvero i migliori nelle proprie rispettive categorie. I TIPA Awards vengono assegnati in base a qualità, prestazioni e valore, tanto da farne i premi indipendenti della fotografia e dell’imaging dei quali potete fidarvi.


Sguardi su

di Pino Bertelli (Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 6 volte febbraio 2011)

N

CECIL BEATON

Nella colonizzazione dell’immaginario (non solo) fotografico, i cattivi demiurghi al potere esercitano un fascino perverso e dispongono del successo, del consenso o della celebrazione sacrale (televisiva, principalmente), per tenere a guinzaglio la bellezza convulsiva della fotografia edonista, che è una visione dell’esistenza più vicina alla surrealtà che al naturalismo estetizzante d’autore, molto richiesto nei musei, gallerie e cenacoli dell’arte concepita come investimento economico. Al tempo della domesticazione sociale, la fotografia è parte della costruzione violenta e autoritaria dell’ordine costituito. La civiltà dell’immagine è divenuta un campo di macerie, e ovunque l’ovvio e l’ottuso hanno preso il posto del bello e del vero; la stupidità (elettorale, anche) minaccia chiunque e la stupidità, come sappiamo, è gradita al potere.

SULL’ASSASSINIO DELLE BELLE ARTI La fotografia ha un ruolo importante nella pianificazione dei gusti e dei costumi. Da sempre, i fotografi sono dalla parte delle forche; la fotografia mercantile è dappertutto, ma da nessuna parte in particolare... è una metafora dell’ignoranza e si realizza in piena uniformità sui cadaveri dell’intelligenza. A partire dalla propria nascita, la fotografia è sempre stata al servizio dei dominatori, e fotografi, storici, critici stipendiati dai “produttori di menzogne” hanno sovente disconosciuto la fotografia che rivela la detestazione della vita imposta, e celebrato gli esteti della genuflessione. La fotografia autentica non è nell’autorità che la reprime, ma nel rizoma dell’anomalia che dissemina sulle strade della Terra. La fotografia edonista di grande fattura, che non si piega, come sembra, all’infamia dell’im-

postura e alle cristologie dell’emarginazione, lavora sulla grazia libertina, sovente libertaria, come assassinio delle belle arti. I maestri immortali di questa corrente agnostica non sono molti: Lewis Carroll, E.J. Bellocq, Robert Mapplethorpe e pochi altri. Tra questi, c’è Cecil Bea-

Whistler contiene già tutta la sua scrittura fotografica a venire. Pubblica presto le sue fotografie su Photograms of the Year (1922) e lo studio La duchessa di Malfi, realizzato in complicità con l’amico George Rylands, che appare su Vogue (1924), lo consacra poeta del disincanto.

«Chi conosce la forca, non sempre sa fotografare. E chi fotografa, non sempre conosce la forca, anche se qualche volta la meriterebbe» Anonimo toscano Manuale eversivo della fotografia di strada ton, aristocratico della fotografia androgina, uno dei pochi artisti che ha fotografato regine, re, la nobiltà, la borghesia, la “diversità” sessuale con l’insolenza -tutta inglese- di chi antepone il piacere dei propri desideri all’affabulazione creativa, magnificando il maschile e il femminile privi di sensi di colpa. La fotografia seriale è per tutti, la fotografia autentica è destinata soltanto ad alcuni. Qualche cenno biografico. Cecil Beaton nasce a Londra, il 14 gennaio 1904. La famiglia è di buona levatura, il padre (Ernest Walter Hardy) commercia in legname, la madre (Etty Sissons) bada alla servitù e mette al mondo tre figli. Nel 1915, Cecil Beaton riceve in dono una macchina fotografica (Kodak 3A a soffietto, sembra) e con l’aiuto della bambinaia (appassionata di fotografia, forse) realizza i primi ritratti familiari. A Cambridge studia storia, arte, architettura. Inizia a fotografare i giovani della “buona società”. Il ritratto effeminato di Rex

Cecil Beaton non si laurea. Lavora un poco con il padre (scrivono), ma impiega molto del proprio tempo a fotografare artisti, attori, giovani di bella presenza. Nel 1926, lascia tutto e inizia a fare il fotografo sul serio (poi prenderà a disegnare costumi e scenografie per la televisione e il cinema). Gli storici gli attribuiscono una qualche adesione alla fotografia pittorialista e alla corrente della Photo-Secession: vero niente. Cecil Beaton non ha mai avuto nulla a che fare con l’estetismo mondano di Alfred Stieglitz e Edward Steichen. Semmai, l’iconografia che lo appassiona si lega all’estetica della grazia (decadente) del Barone Adolf de Meyer, una sorta di profeta del bello che incensa la moda e il ceto nobiliare nel più alto dei cieli dell’edonismo blasonato. E ogni fotografia che scatta è anche una sorta di autoritratto al femminile. Negli anni Trenta, Cecil Beaton frequenta il fotografo George Hoyningen-Huene; vagabondano insieme in Nord Africa, e la tessitura della sua fotografia in-

treccia il (falso) reportage con il surrealismo e un sorta di romanticismo elitario. Tuttavia, il fotografo inglese tradisce tutti i linguaggi e le teoriche del tempo, anche quando lavora a New York (Vanity Fair e Vogue). La bellezza emozionale (non proprio tecnica) delle sue immagini è a dire poco singolare: cerca il bello ovunque, mai l’immediato o lo stupefacente. Esteta dell’eleganza e perfezionista del gusto, porta nel proprio stile di “fuori gioco” di ogni società (anche nella scrittura, nel disegno, nell’allestimento di mostre) la dolcezza di un dandy raffinato, in contrasto con il pensiero ordinario. Eccentrico sempre, le sue fotografie di ricchi, attori, cantanti, amici -icone baciate dal successo- non sono però prone al personaggio... talvolta lo restituiscono alla realtà. Nel corso della Seconda guerra mondiale, Cecil Beaton è inviato “speciale” al fronte. Lavora per il ministero britannico dell’Informazione (qualcuno dice per i servizi segreti). Fotografo ufficiale della corona, lascia ritratti imponenti della regina Madre, della regina Elisabetta, del duca e della duchessa di Windsor, ma non sarà mai, a tutto tondo, un artista di corte. Quando fotografa i semidei dello spettacolo, modelle famose, artisti e i rampolli della società rampante (Katherine Hepburn, Nancy Beaton, Coco Chanel, Truman Capote, Mick Jagger, Andy Warhol, Elizabeth Taylor, Pablo Picasso), l’aura delle sue immagini comunica qualcosa di ricercato, una voluttà dell’amore per tutto ciò che non è scontato. Tuttavia, le sue fotografie sono imperfette, sovente anche “truccate”, “artificiate” (fondi dipinti, filtri pesanti, effetti di luce, fotoritocco): il peggio che possa capitare di fare a un fotografo di talento. La sua scrittura fotografica si accosta al sarcasmo, al paradosso, all’humour e riesce

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Sguardi su a costruire l’istante (anche con l’uso di apparecchi di grande formato e della Rolleiflex), nel quale la libertà è sovrana. Negli anni Cinquanta, lavora a New York, per Harper’s Bazaar. Nel 1958, disegna le scene e i costumi del film Gigi, di Vincente Minnelli, e vince l’Oscar. Nel 1964, gli viene assegnato un secondo Oscar, per le scene e i costumi di My Fair Lady, diretto da George Cukor. Nel 1968, le sue fotografie sono esposte alla National Portrait Gallery, di Londra, e quattro anni più tardi viene nominato baronetto. Nel 1974, l’Imperial War Museum allestisce una mostra delle sue fotografie di guerra; nello stesso anno, Cecil Beaton è colpito da un ictus, resta paralizzato sul lato destro del corpo: non si deprime, impara a disegnare, scrivere, fotografare con la mano sinistra. Negli anni Settanta, la casa d’aste Sotheby’s si occupa di vendere (in parte) il suo archivio. Continua a fotografare per Vogue. Muore a Reddish Manor, la sua casa nel villaggio di Broad Chalke, nel Wiltshire, il 18 gennaio 1980. Cecil Beaton lascia una produzione fotografica che è una lunga confessione edonistica, nella quale l’autonomia della diversità e la dissolutezza dalla gioia sono vie d’accesso alla dimora dell’arte.

SULLA FOTOGRAFIA EDONISTA Nella fotografia di Cecil Beaton, la morale, la politica, l’etica sono intrecciate nel piacere, nell’ironia, anche, e non tengono molto conto della salvezza e della dannazione. La particolarità della fotografia edonista appartiene al mistero e alla magia, e mostra quanti siano gli imbecilli incapaci di pensare e realizzare fotografie al di fuori delle categorie artistiche imposte dalla propria epoca. La fotografia edonista si affranca da tutti i piaceri, senza distinzione: qualifica tutte le turbolenze dell’anima in volo e il solo vero bene al quale aspira è l’edificazione di situazioni nelle quali la bellezza,

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la magnificenza, la tenerezza si fanno portatori di una rêverie alchemica che non appartiene a Dio, ma all’Uomo. Per tutti e per nessuno, la fotografia edonista impara a vivere, come a morire, di verità false, porta con sé il pensiero della differenza e la malinconia di una poetica dell’anima che è sovra-maschile e sovra-femminile, una iconologia androgina che è espansione e sostegno dell’essere “diverso”. Sotto un certo taglio, la fotografia edonista non ostacola il potere più di quanto sia necessario, né lo deride: lo denuda dei suoi simulacri e, in qualche modo, ne canta le cadute o la volgare inumanità. A leggere in profondità le immagini di Cecil Beaton -figure regali, giovani (in pose accattivanti), Marilyn Monroe, Gary Cooper, Francis Bacon, Marlene Dietrich, Greta Garbo, Audrey Hepburn, Leslie Caron, gli autoritratti... ma anche soldati e gente “comune”si avverte il vissuto di una sessualità ludica, gioiosa, che obbedisce ai propri desideri e se ne frega del discredito. Nel suo fare-fotografia si “odora” l’intelligenza del gusto, e l’amore dei piaceri deborda oltre il vestito di moda, la bellezza di un viso o la scelleratezza della mascheratura. Per Cecil Beaton non esistono l’inferno né la dannazione; abolisce il peccato, in arte e in ogni luogo, perché offende tutti coloro che in nome della morale dominante cercano d’impedire l’uso della libertà libera (Rimbaud, diceva). La psicologia del profondo che fuoriesce dalle fotografie di Cecil Beaton è deposta in un’etica dell’ineffabile, dell’affermativo, del temperamento artistico ludico, volitivo, se si vuole libertario, che mira alla costruzione di uno spazio etico come forma di sé e -nelle macerazioni ascetiche che si porta dentro- magnifica le virtù del contrario, la saggezza del dispendio come rottura della finzione. L’eresia edonista di Cecil Beaton è quella del superamento delle forme, e nella dialettica tra significante e significato mette il significante

al servizio del significato. La sua fotografia ha l’audacia di non professare l’impunità delle apparenze (anche sessuali), dà dignità ai corpi, alle emozioni, alle seduzioni e dice che l’esistenza del vero è subordinata a quella del senso che gli corrisponde. La scrittura fotografica di Cecil Beaton ama le differenze e le coltiva. La sua filosofia dionisiaca affascina, incuriosisce, qualche volta induce al disgarbo. Pratica l’arte di piacere senza steccati; le sue immagini traboccano di regalità, di generosità, di complicità. Non riguardano la coscienza ordinaria: sono lucentezze, ossessioni, intenzioni raffinate, che esprimono un’identità forte e fragile al contempo... un impulso al gioco, alla bella individualità armoniosa, che accede alla libertà solo attraverso la trasgressione spirituale, epica o semplicemente della sessualità senza limiti: dove la fotografia è specchio di qualcos’altro (lo è sempre!) e l’audacia compositiva si spezza (o s’invola) nel proprio sguardo e diventa pelle del reale. Ogni forma d’arte che non include la bellezza, l’eleganza, la verità non può raggiungere nessuna pienezza estetica. La fotografia della modernità sa di morte e spesso non è altro che autocompiacimento. Le fotografie di Cecil Beaton (benché baciate dal successo e dal rispetto critico, solo in parte) sono di una cortesia libertina che implica l’elogio della differenza, la manifestazione di uno stile e la provocazione di un evento. Germinano una frammentazione dei segni, un’estetica dell’impensabile, un’archeologia dei sentimenti che diventano teatro delle parti, anche maledette, dove l’amorevolezza androgina dell’immaginale va al di là dell’opera fotografica: sono figurazioni di una lingua senza generi... emergono da un’estetica della libertà che non giustifica nulla se non l’inclinazione ad amare il diverso da sé. Ama chi vuoi, nei modi che credi, non importa quale sesso abbia, ciò che importa è amare e tutto ciò che fai lo de-

vi fare con amore, diceva... questa è l’innocenza del divenire. Nella sua esaltazione consumerista, la fotografia dello spettacolo è una categoria in perpetua servitù dell’impero dei segni... il servizio funebre all’incapacità dei fotografi di distinguere l’arte dalla merda! La sola fotografia che conta è quella che riesce a fiorire nell’epifania del meraviglioso e si chiama fuori dalle latrine dello spettacolare integrato. Sono pochi i fotografi che riescono a stare nel flusso della fotografia che conta (Cecil Beaton, Oliviero Toscani, Gian Paolo Barbieri) senza leccare il culo a nessuno. In tutti i luoghi e in tutte le epoche, gli imbecilli (specie in fotografia) s’incensano a vicenda per avere uno straccio di riconoscimento nella società che li ha addomesticati a dovere. Non hanno compreso, né mai lo comprenderanno, che l’eleganza, la grazia e la maniera non si possono insegnare, né conoscere, se non sono parte della propria coscienza. Il vero artista è colui il quale conosce la propria intelligenza e si prende gioco anche di quella. La fotografia edonista di Cecil Beaton esonda nella rêverie, per niente innocente, di una situazione costruita... intreccia etica ed estetica dei corpi, gesti, comportamenti e li riveste di un tempo e uno spazio che risvegliano l’antico e al contempo è un invito a godere la felicità del mondo. La densità artistica di Cecil Beaton si esprime al meglio nella prodigalità del segno altro... nell’eccedente che dissipa la misura e l’abitudinario. La cartografia della sua opera è aperta a ricchezze emozionali: nelle variazioni “surreali” dell’immagine come fenomenologia della coscienza denudata o rottura dell’assoggettamento al linguaggio dominante esprime le raffinatezze di una fotografia onirica che fonde memoria e immaginazione. In arte tutto è permesso, e non ci può essere nessun rinascimento senza una rivoluzione del linguaggio e della vita quotidiana. ❖




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