Mensile, 6,50 euro, Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge il 27-02-2004, numero 46), articolo 1, comma 1 - DCB Milano
ANNO XXII - NUMERO 210 - APRILE 2015
Non è venduta in edicola. Per averla hai una sola possibilità: sottoscrivere l’abbonamento annuale. 12 numeri 65,00 euro
Abbonamento 2015 (nuovo o rinnovo) Betty Page (trentadue visioni più una) di Filippo Rebuzzini e Maurizio Rebuzzini Compilare questo coupon (anche in fotocopia), e inviarlo a: Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano MI (02-66713604; graphia@tin.it)
Abbonamento a 12 numeri (65,00 euro) ❑ Desidero sottoscrivere un abbonamento a FOTOgraphia, a partire dal primo numero raggiungibile ❑ Rinnovo il mio abbonamento a FOTOgraphia, a partire dal mese di scadenza nome
cognome
indirizzo CAP
città
telefono MODALITÀ DI PAGAMENTO
fax
❑ ❑ ❑
Allego assegno bancario non trasferibile intestato a GRAPHIA srl, Milano Ho effettuato il versamento sul CCP 28219202, intestato a GRAPHIA srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano Addebito su carta di credito ❑ CartaSì ❑ Visa ❑ MasterCard
numero data
provincia
firma
scadenza
codice di sicurezza
prima di cominciare TOUR FOTOGRAFICO. In sostanzioso anticipo temporale sull’appuntamento fieristico del PhotoShow, di Milano, dal ventitré al venticinque ottobre prossimi, nei padiglioni espositivi di Superstudio Più, il distributore torinese Fowa ha allestito un proprio autonomo Photo Tour 2015 - Professional Shooting itinerante per l’Italia. Nove le città coinvolte, in un programma che si allunga dal dieci aprile al sedici maggio: in ordine di date, Palermo (Villa Martorana), Catania (Una Palace Hotel), Napoli (Città della Scienza), Bari (Villa De Grecis), Roma (Spazio Cerere), Firenze (Uoll), Bologna (B Eventi), Padova (Centro Congressi Luciani) e Torino (presso la propria sede, casa della tecnologia del gruppo Fowa-Nital). Prima dei dettagli di svolgimento, che si basano soprattutto sulla prova sul campo delle attrezzature fotografiche distribuite, nel proprio insieme indirizzate sia all’impegno professionale sia all’autonomia non professionale, è opportuno sottolineare il senso e valore dell’appuntamento, che consente al pubblico (agli utilizzatori) di approfondire tematiche e sistemi nel conforto di un incontro dedicato e mirato. Ovverosia, con il sostegno di tecnici in grado di affrontare l’insieme delle problematiche tecniche che definiscono e caratterizzano un’offerta fotografica di alto pregio e sofisticate particolarità. La cadenza del Fowa Photo Tour 2015 Professional Shooting è scandito da avvicendamenti di consistenza: dalla valida reflex medio formato Pentax 645Z [FOTOgraphia, febbraio 2015], che stabilisce i termini di una interpretazione tecnica di eccellente efficacia, alla gamma Panasonic Lumix, che scandisce passi cadenzati della ripresa fotografica dei nostri giorni; dal sistema ottico Carl Zeiss, che rinnova una tradizione che affonda le proprie radici indietro nei decenni, alla funzionalità dei flash elettronici Metz, anche in configurazione monotorcia per la sala di posa. E poi, ancora, le novità tecnico-commerciali Ricoh, Samyang, Lytro, Kodak Alaris. Per le prove pratiche, è a disposizione una sala di posa attrezzata. Mentre una sala stampa innovativa consente di testare le attrezzature e i materiali di stampa Kodak. Ancora, in proiezione futuribile, viene affrontata la stampa 3D, con sistemi Sharebot. Per partecipare ci si deve registrare compilando l’apposito form al sito www.fowa.it/ phototour, con relativa stampa del biglietto di ingresso alla sessione scelta.
L’autoritratto allo specchio, o altra superficie riflettente, è trasversale a tanta fotografia: da quella professionale (tanti gli autoritratti d’autore) a quella non professionale. mFranti; su questo numero, a pagina 9
Copertina Fotoricordo dal Pday, che si è svolto il tredici marzo. Fantastico incontro riservato ai fotografi, in una serata a loro dedicata. Ne riferiamo da pagina 34
3 Fotografia nei francobolli Dalla compendiosa analisi Fotografia nei francobolli, di Maurizio Rebuzzini, in corso d’opera e imminente pubblicazione, dettaglio da una cartolina promozionale della pellicola fotografica Cappelli, degli anni Trenta
7 Editoriale La fotografia si esprime con linguaggio proprio. La sua efficacia risponde a canoni stabiliti dal suo lessico esplicito. Però, è sempre indispensabile una identificazione che ne sottolinei parametri di identificazione: al minimo, indicazione di luogo, data e situazione. Le circostanze... per capire
8 Autoritratti! Per quanto l’attuale fenomeno del selfie debba essere (possa essere) considerato in senso assolutamente positivo e affascinato, invitiamo a non applicare quella superficialità di intenti che considera selfie anche l’autoritratto convinto e consapevole
10 Notizie Attrezzature, vicende e altre segnalazioni
12 L’occhio dell’altro Complice l’accompagnamento di un banco ottico Sinar-f 4x5 pollici, il film francese L’œil de l’autre finalizza la fotografia a considerazioni sulla crescita individuale: incontro di sguardi e percorsi individuali Ricerca iconografica di Filippo Rebuzzini
14 In un lampo! Il flash Nissin Di700 Air mette a frutto la tecnologia Nas per garantire collegamenti wireless affidabili
16 Sempre senza obiettivo Giornata Mondiale della Fotografia a Foro Stenopeico: domenica ventisei aprile, per una arbitrarietà lenta di Beppe Bolchi
APRILE 2015
RIFLESSIONI, OSSERVAZIONI E COMMENTI SULLA FOTOGRAFIA
18 Valido monotorcia
Anno XXII - numero 210 - 6,50 euro
Il Broncolor Siros rinnova l’efficacia di un prestigioso sistema di illuminazione lampo professionale
DIRETTORE
RESPONSABILE
Maurizio Rebuzzini
IMPAGINAZIONE
20 Massima risoluzione
Maria Marasciuolo
Progettate con intendimento e indirizzo professionale, le reflex Canon Eos 5DS e Eos 5DS R si propongono come nuovo punto di riferimento nel comparto full frame
Filippo Rebuzzini
22 Italiani al WPP Dieci fotogiornalisti italiani sono stati premiati all’attuale edizione World Press Photo 2015 (per fotografie realizzate nel 2014); ma si riducono a nove, per una squalifica sancita e deliberata dopo l’annuncio dei vincitori. Da tempo, la presenza italiana nelle categorie è sostanziosa e significativa di Lello Piazza
32 Beseler Topcon Super D Versione per gli Stati Uniti della Topcon RE Super a cura di New Old Camera
34 Incontro fotografico Nella efficace documentazione fotografica degli attenti Alessandro Di Mise, Ilario Piatti e Francesco Zanet, album del seducente Pday, che si è proposto come momento riservato ai fotografi, in una serata a loro dedicata. Istantanee di un incontro conviviale di Maurizio Rebuzzini
44 Verso le stelle Derivata dalla efficace D810, la reflex specialistica e specializzata Nikon D810A è indirizzata all’astrofotografia di Antonio Bordoni
50 È cinema! In mostra a Modena, The Cinema Show presenta circa quaranta autori e un insieme di immagini affascinanti che compongono i tratti del sogno individuale di Angelo Galantini
58 Potenza del fumetto
REDAZIONE
FOTOGRAFIE Rouge
SEGRETERIA
Maddalena Fasoli
HANNO
COLLABORATO
Gian Paolo Barbieri Pino Bertelli Beppe Bolchi Antonio Bordoni Alessandro Di Mise mFranti Angelo Galantini Chiara Lualdi Ilario Piatti Lello Piazza Emanuel Randazzo Franco Sergio Rebosio Ryuichi Watanabe (New Old Camera) Francesco Zanet Redazione, Amministrazione, Abbonamenti: Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano; 02-66713604 www.FOTOgraphiaONLINE.it; graphia@tin.it. ● FOTOgraphia è venduta in abbonamento. ● FOTOgraphia è una pubblicazione mensile di Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano. Registrazione del Tribunale di Milano numero 174 del Primo aprile 1994. Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge il 27-02-2004, numero 46), articolo 1, comma 1 - DCB Milano. ● A garanzia degli abbonati, nel caso la pubblicazione sia pervenuta in spedizione gratuita o a pagamento, l’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e in suo possesso, fatto diritto, in ogni caso, per l’interessato di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi della legge 675/96. ● FOTOgraphia Abbonamento 12 numeri 65,00 euro. Abbonamento annuale per l’estero, via ordinaria 130,00 euro; via aerea: Europa 150,00 euro, America, Asia, Africa 200,00 euro, gli altri paesi 230,00 euro. Versamenti: assegno bancario non trasferibile intestato a Graphia srl Milano; vaglia postale a Graphia srl - PT Milano Isola; su Ccp n. 28219202 intestato a Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano; addebiti su carte di credito CartaSì, Visa, MasterCard. ● Nessuna maggiorazione è applicata per i numeri arretrati. ● È consentita la riproduzione di testi e fotografie, magari citando la fonte (ma non è indispensabile, né obbligatorio farlo). ● Manoscritti e fotografie non richiesti non saranno restituiti; l’Editore non è responsabile di eventuali danneggiamenti o smarrimenti. Fotocomposizione DTP e selezioni litografiche: Rouge, Milano Stampa: Arti Grafiche Salea, Milano
Rivista associata a TIPA
Continua l’esplorazione nel mondo dei supereroi a fumetti. Schedatura ragionata e commentata dei fantastici personaggi Marvel: appunto, 75 Years of Marvel Comics. From the Golden Age to the Silver Screen
65 Il sale della terra Il film che racconta la fotografia di Sebastião Salgado di Pino Bertelli
www.tipa.com
editoriale C
ome da programma, al quale ci atteniamo, su questo numero di FOTOgraphia commentiamo lo svolgimento del World Press Photo 2015, per fotografie realizzate nel 2014. Oltre la doverosa e sovrastante World Press Photo of the Year 2014, del danese Mads Nissen (Scanpix / Panos Pictures), anche Primo premio Contemporary Issues Singles [a pagina 22], visualizziamo e presentiamo alcune delle fotografie vincitrici di categoria, con relativa assegnazione di Primo, Secondo e Terzo premio. Tutto questo fotogiornalismo è specificato con propri rispettivi termini di identificazione: autore e vicenda. A questo proposito, anticipiamo eventuali osservazioni, che ci hanno raggiunto gli anni passati, nella stessa occasione del World Press Photo. Le precorriamo per chiarire una condizione che consideriamo fondamentale e per evitare equivoci. Vero è che l’efficacia di una fotografia non può basarsi sulla sua spiegazione (se la si deve spiegare, vuol dire che non è adeguata alle intenzioni dell’autore). Ma è altrettanto certo che ogni fotografia -soprattutto quella fotogiornalistica- necessita di contestualizzazione che ne stabilisca le relative circostanze: non tanto parole in aggiunta, che quando vengono espresse intendono sottolineare le vicende narrate; ma, al minimo, indicazione di luogo, data e situazione. Per esempio, è opportuno sapere che la World Press Photo of the Year 2014, di Mads Nissen (Scanpix / Panos Pictures), ritrae Jon e Alex, di ventuno e venticinque anni, coppia omosessuale di San Pietroburgo, Russia, in atteggiamento intimo. Da qui, ciascuno per sé proceda per ulteriori considerazioni sociali riguardo l’argomento presentato. In sintonia di intenti, dopo anni e anni di World Press Photo of the Year di guerra e dolore, anche lo scorso anno si affermò una immagine a sfondo “sociale”: il problema dei migranti visualizzato in una straordinaria immagine dello statunitense John Stanmeyer [FOTOgraphia, aprile 2014]. Anche in questo caso, identificazione e poi -se si vuole approfondire- considerazioni conseguenti e ispirate. Rispettando questo presupposto di base, come tradizione e consuetudine, le didascalie alle fotografie premiate al World Press Photo 2015 non si sovrappongono alla loro efficacia visuale originaria: molto più concretamente, esprimono la trama della vicenda, con conseguente comprensione ideale della stessa fotografia. Perché il fotogiornalismo non dipende tanto dai propri valori esteriori (che, comunque sia, sono opportuni: la fotografia è un linguaggio), ma dalla propria capacità di raccontare la vita nel proprio svolgersi. Eccellere in questo dovere è una delle missioni del fotogiornalismo, oltre che di tanta e tanta altra fotografia. In adattamento da e con Diane Arbus, controversa autrice statunitense degli anni Sessanta e Settanta: «In effetti, è impossibile mettersi nei panni degli altri. [...] La tragedia degli altri non è mai uguale alla propria». Ma è sempre possibile agire... per capire. Maurizio Rebuzzini
World Press Photo of the Year 2014 (e primo premio Contemporary Issues Singles): Mads Nissen (Danimarca), Scanpix / Panos Pictures. San Pietroburgo, Russia; Jon e Alex, di ventuno e venticinque anni, coppia omosessuale, in atteggiamento intimo.
World Press Photo of the Year 2013: John Stanmeyer (Usa), VII per National Geographic. 26 febbraio 2013, Djibouti City, Gibuti; migranti che stanno cercando campo telefonico per parlare con i loro cari rimasti a casa.
7
Cinema Parliamone di Maurizio Rebuzzini (Franti)
D
AUTORITRATTI!
Dal punto di vista soprattutto fotografico -che ci appartiene-, tra i tanti retrogusti amari che accompagnano l’evoluzione tecnologica e sociale dei nostri giorni ci sta un certo disordine di intenti. Una volta ancora, confermiamo come e quanto non confondiamo il valore della tecnologia con le sue applicazioni, neppure con quelle considerabili negative. Infatti, in ripetizione d’obbligo, siamo fermamente convinti che qualsiasi viaggio nella vita, se non fosse intrapreso per ragioni umane e con comprensione e amore, sarebbe un viaggio assolutamente inutile. Parliamo sempre di qualcosa che vale la pena ricordare, dal momento che la tecnologia trasforma in realtà antichi sogni. La fonte della tecnologia applicata -fosse anche soltanto fotografica- è quella stessa fonte che alimenta la vita e l’evoluzione. In questo senso, registriamo con tanto piacere e gradimento il fenomeno del selfie, per il quale non servono presentazioni e specifiche: autoritratto realizzato soprattutto (forse, soltanto) con smartphone, tablet e dintorni puntati verso se stessi. Come sappiamo bene tutti, il selfie si è affermato come autentica attestazione di esistenza, in tempo e luogo specificato. A parte altre intenzioni di modesta entità, il suo successo dipende in misura incondizionata dalla condivisione attraverso i diffusi e frequentati social network. Addirittura, va registrato che per l’esecuzione di selfie
8
Astrid Kirchherr, che ha caratterizzato l’origine dei Beatles, ad Amburgo, nel 1960 [ FOTOgraphia, dicembre 2008], in un autoritratto allo specchio, del 1960.
Irving Penn, autorevole fotografo di moda e altro, figura fondamentale del Novecento, in un autoritratto degli anni Cinquanta: palese omaggio a Weegee (Speed Graphic, flash e sigaro).
Recente scoperta, la statunitense Vivian Maier si sta imponendo all’attenzione fotografica planetaria: autoritratto riflesso in una vetrina sulla strada.
Parliamone
Prestigioso e stimato autore, il francese Willy Ronis ha frequentato la fotografia anche con ironia: autoritratto allo specchio, del 1951.
Tra i numerosi autoritratti di Richard Avedon, uno dei pilastri della Storia della Fotografia, uno del 1963 circa.
sono stati anche realizzati accessori dedicati: in particolare, l’asta di prolungamento, ad allungamento variabile, che permette di distanziare lo smartphone da se stessi più di quanto consenta il braccio proteso (con relative proibizioni all’interno di musei e gallerie d’arte, a tutela di usi sconsiderati e di disturbo). Però, a fronte di valori tecnologici e sociali, si debbono registrare applicazioni devianti, che propongono anche sostanziose superficialità di intenti. Una sopra tutte: si sta confondendo l’autoritratto d’autore con il selfie. Quindi, una chiarezza è necessaria: il selfie è fenomeno odierno, che scandisce il passo dell’attualità (in qualsiasi modo questa si esprima o sia intesa); l’autoritratto è una forma convinta e consa-
pevole della rappresentazione di se stessi. Nel caso dell’autoritratto fotografico, che dipende spesso (sempre) dalla partecipazione e complicità di superfici riflettenti, soprattutto allo specchio, si tratta addirittura della continuazione di una antica tradizione di autoritratto di pittore, che nel corso della Storia dell’Arte si è rivelato anche attraverso la raffigurazione comprensiva dei propri “utensili” espressivi: a partire dalla tela e dal pennello della pittura. L’autoritratto allo specchio, o altra superficie riflettente, è trasversale a tanta fotografia: senza alcuna soluzione di continuità, da quella professionale (tanti gli autoritratti d’autore) a quella non professionale. In effetti, forse, la tentazione di raffigurare se stessi
Lee Friedlander è un fotografo che si inserisce spesso nelle proprie inquadrature (in ombra, in riflesso). Autoritratto del 2007, dalla serie America by Car [ FOTOgraphia, dicembre 2011].
con l’apparecchio fotografico è irresistibile, oltre che attraente e affascinante. Così che, in altra diagonale, l’autoritratto rappresenta un capitolo consistente e convincente di due contenitori sovrastanti: la Fotografia, nel proprio insieme e complesso, e il ritratto posato, non certo in subordine. Quindi, e in definitiva, non si confondano mai tra loro termini che non hanno alcun elemento in comune. Il selfie è straordinario per ciò che rappresenta (accettando anche deviazioni di percorso e malcostumi conseguenti). L’autoritratto è altrettanto eccezionale se e quando non viene confuso con altro. Insomma, e concludiamo: si eviti sempre e comunque ogni possibile sostanziosa superficialità di intenti. ❖
9
Notizie
a cura di Antonio Bordoni
ASSOLUTAMENTE GRANDANGOLARE. Prima di tutto, una annotazione d’obbligo. Se in un passato remoto c’è stato un tempo nel quale gli obiettivi universali si sono imposti soltanto per la convenienza del loro prezzo di vendita-acquisto rispetto gli obiettivi dei relativi sistemi ottici “ufficiali”, da tempo, questa condizione non è più discriminante. Oggigiorno, ci sono obiettivi universali che vengono individuati e adottati per loro caratteristiche e prestazioni. Se servissero conferme, tra mille esempi possibili, troviamo riprova tra i dati tecnici delle fotografie che si sono affermate al prestigioso e autorevole concorso professionale BBC Wildlife Photographer of the Year 2013, del quale abbiamo riferito lo scorso ottobre. In un mondo nel quale la qualità formale viene prima di molto e in situazioni nelle quali la fotografia è interpretata anche con sostanziose peripezie individuali, due finalisti sugli undici presentati hanno dichiarato di aver usato il Tokina 1017mm f/3,5-4,5 DX Fish-eye: il canadese Mike Veitch, vincitore nella categoria The World in Our Hands Award, e l’inglese-australiana Julian Cohen, seconda classificata nella categoria Behaviour: Cold blooded Animals.
Ciò premesso, eccoci qui a registrare un’altra interpretazione ottica Tokina di personalità assoluta: lo zoom ipergrandangolare Tokina AT-X Pro 11-20mm f/2,8 DX, che deriva direttamente dal conosciuto AT-X 11-16mm f/2,8 (che resta nella gamma To-
10
kina). L’escursione focale “prolungata”, equivalente alla variazione 16-30mm della fotografia 24x36mm, conferma l’apertura relativa f/2,8 a ogni selezione. Lo schema ottico formato da quattordici lenti divise in dodici gruppi, con tre elementi asferici (due totalmente in vetro e uno “ibrido”), è stato finalizzato a una planarità di campo ottimale, che si abbina ai valori ideali di nitidezza e contrasto: 560g di peso per 92x89mm di ingombro. Le aberrazioni cromatiche sono state virtualmente eliminate grazie all’adozione di tre lenti SD (Super Low Dispersion). A fuoco da 28cm, in uno schema IF che non modifica le dimensioni fisiche dello zoom. La messa a fuoco automatica può essere rapidamente convertita all’accomodamento manuale. In baionetta Canon Eos e Nikon. (Rinowa, via di Vacciano 6f, 50012 Bagno a Ripoli FI; www.rinowa.it).
SECONDA GENERAZIONE. Come specifica la sigla identificativa, la reflex Olympus OM-D EM5 Mark II scandisce il passo di una evoluzione tecnica consequenziale della configurazione di partenza E-M5: con sensore di acquisizione Live Mos da sedici Megapixel. Si confermano le doti distintive di dimensioni compatte e leggerezza; il sistema originario di stabilizzazione (IS) su cinque assi è stato potenziato, e ora equivale all’impostazione di un tempo di otturazione cinque volte più rapido. La nuova modalità OM-D Movie offre numerosi frame rate video e video Full HD, fino a 77 Mbps. L’ampio monitor LCD orientabile da tre pollici e il brillante mirino elettronico dell’attuale configurazione OM-D E-M5 Mark II consentono una visione ottimale in ogni situazione di ripresa, sia fotografica sia video. Quindi, la versatilità operativa si conteggia anche sulla consistenza dell’ampio sistema ottico, che offre oltre quaranta obiettivi Zuiko. In assoluto, questa attuale Olympus OM-D E-M5 Mark II ribadisce il senso e valore di una scelta tecnico-commerciale di
fondo, che definisce l’intero sistema: la possibilità di viaggiare leggeri, pur disponendo di prestazioni operative di alto livello. Infatti, uno degli argomenti a favore del sistema CSC (Compact System Camera, già Mirrorless) Micro QuattroTerzi riguarda proprio le dimensioni ridotte delle reflex e il loro peso equilibrato, soprattutto in paragone a dimensioni e peso delle reflex tradizionali. L’intera gamma E-M5 è progettata per offrire dimensioni e peso minimi e la massima portabilità. Per questo, il corpo in magnesio risulta perfettamente a prova di polvere, infiltrazioni d’acqua e gelo. In livrea silver e black, l’Olympus OM-D E-M5 Mark II è commercializzata in solo corpo o kit comprensivi uno zoom Zuiko e il flash rimovibile FL-LM3. (Polyphoto, via Cesare Pavese 11-13, 20090 Opera Zerbo MI; www.polyphoto.eu).
GENEROSA LUMINOSITÀ. Subito annotato: la luminosità relativa del nuovo grandangolare Sigma 24mm f/1,4 DG HSM richiama interpretazioni ottiche che hanno stabilito passi fondamentali e fondanti nella storia evolutiva della tecnica/tecnologia fotografica. Oltre il proprio valore assoluto, f/1,4, si annota anche il suo riferimento all’ampia visione e inquadratura della focale 24mm. Iscritto nella linea Art dell’autorevole produttore giapponese, che ha scomposto in tre passi il suo sistema ottico (con Contemporary e Sports), questo grandangolare si aggiunge ai già conosciuti 35mm f/1,4 DG HSM e 50mm f/1,4 DG HSM: insieme, si propongono per utilizzi nei quali sia necessario affrontare e risolvere condizioni luminose particolarmente avare. In questo senso, sono congeniali le correzioni ottiche proclamate, che se-
gnalano la riduzione ottimale del coma sagittale, il perfezionamento dell’aberrazione cromatica e la risoluzione di distorsione e vignettatura periferica. In conseguenza della progettazione che ha posto una lente asferica posteriore e regolato l’angolo di incidenza dei raggi luminosi che entrano nell’obiettivo, il grandangolare Sigma 24mm f/1,4 DG HSM è predisposto per prestazioni fotografiche ideali a partire dalla massima apertura relativa, fino alla chiusura limite f/16. In un disegno ottico di quindici elementi divisi in undici gruppi, comprensivo di lenti in vetro ottico FLD (“F” Low Dispersion) e SLD (Special Low Dispersion), a basso indice di dispersione, la trasmissione della luce al piano focale (ormai, al sensore di acquisizione digitale di immagini) non risente di alterazioni dipendenti alla distanza di accomodamento, con motore ipersonico HSM (Hyper Sonic Motor) di autofocus. Ancora, non si registrano deterioramenti periferici, ai bordi dell’ampio angolo di campo. In baionetta Canon Eos e Nikon. (M.Trading, via Cesare Pavese 31, 20090 Opera Zerbo MI; www.m-trading.it). ❖
Cinema
di Maurizio Rebuzzini - Ricerca iconografica di Filippo Rebuzzini
L’OCCHIO DELL’ALTRO
F
Film che combina il paesaggio con la complessità della crescita, il francese L’œil de l’autre, del 2005, non ha varcato i propri confini nazionali. Così che, sia l’eccellente regia di John Lvoff sia l’ottima interpretazione della giovane Julie Depardieu, figlia d’arte, non sono facilmente avvicinabili: bisogna rivolgersi al mercato internazionale dei Dvd. La sceneggiatura ha una base fotografica, che motiva la nostra considerazione mirata e finalizzata... per l’appunto alla presenza coerente e persuasiva della fotografia nel cinema. Prima di altro e in anticipo sul doveroso approfondimento sotto traccia, è obbligatoria una registrazione leggera, che sottolinea la costante partecipazione al film di un affascinante banco ottico Sinar-f 4x5 pollici, costantemente presente anche nelle illustrazioni promozionali e sulle locandine: per certi versi, autentico leitmotiv che sottolinea la componente “fotografica” (a base “fotografica”) della vicenda. La giovane Alice, ottimamente caratterizzata da Julie Depardieu, è incaricata di documentare fotograficamente le Alpi francesi. Adempiendo il capitolato assegnato, svolge il suo mandato/compito ricalcando e ripercorrendo la personalità del suo predecessore, scomparso in circostanze misteriose. Fotografia dopo fotografia, inquadratura dopo inquadratura, finisce per essere ossessionata da questa assenza, così presente nel suo quotidiano fotografico. Per questo, e per altro ancora, abbiamo già annotato che L’œil de l’autre mette in scena ansie individuali, che si esprimono con i disagi dell’età, nel senso della crescita e dell’incontro con la vita adulta. Infatti, Alice è una giovane fotografa che viene assunta dal Ministero francese della Natura e l’Ambiente per censire il paesaggio montuoso della Haute Provence [tra l’altro, qui si sottolinea l’attitudine francese alla rilevazione “pubblica” del paesaggio, avviata addirittura con l’originaria Mission Héliographique, del 1851, che impegnò autori pionieri del calibro di Édouard Baldus, Hippolyte Bayard, Gustave Le Gray, Henri Le Secq e Auguste Mestral, e scandita da
12
Nel film francese L’œil de l’autre, Julie Depardieu, figlia d’arte, interpreta la fotografa Alice, incaricata di documentare le Alpi francesi. Nella sua rilevazione del paesaggio montuoso della Haute Provence, svolta con immancabile Sinar-f 4x5 pollici, incontra Juliette (interpretata da Dominique Reymond), compagna di vita del fotografo Peter Holm, che aveva svolto l’inizio del progetto. È questo il senso del film: confronto esistenziale con lo sguardo di un uomo maturo e più anziano ( L’œil de l’autre / L’occhio dell’altro).
Se anche così vogliamo vederla, una Sinar-f 4x5 pollici stabilisce i tempi scenografici del film francese L’œil de l’autre, del 2005, di John Lvoff: dalla locandina promozionale a fotografie di scena.
Cinema tante e tante “campagne”, tra le quali ricordiamo la recente Mission photographique de la Datar (Délégation interministérrielle à l’aménagement du territoire et à l’attractivité régionale), degli anni Ottanta, nella quale fu coinvolto anche l’italiano Gabriele Basilico)]. Nell’incarico, Alice sostituisce il fotografo inglese Peter Holm, che ha iniziato il progetto, sette anni prima, ma è improvvisamente scomparso, senza che nessuno sappia perché o dove. Alice deve ripetere esattamente le fotografie già realizzate dal suo predecessore, nello stesso giorno, con il medesimo clima e dalla identica posizione, per una registrazione fotografica finalizzata a una forma di salvaguardia del paesaggio. Dato il capitolato, lei arriva a considerarsi più come perito-esecutore che come fotografo-autore. Però, piano piano, lentamente -ma inesorabilmente-, comincia a osservare i propri dintorni: attraverso la proiezione dell’obiettivo sul brillante vetro smerigliato 4x5 pollici, riesce addirittura a vedere e percepire il paesaggio (ovvero, la vita) con altri occhi, con altro cuore. Nelle fotografie scattate dal predecessore Peter Holm, Alice individua dettagli che sollecitano la sua curiosità circa la scomparsa del fotografo (presente nella scenografia soltanto attraverso un ritratto, con il volto del celebrato regista, sceneggiatore e montatore di origine russa Otar Iosseliani: cameo!). Giusto uno di quei dettagli la avvicina a Juliette (interpretata dalla brava Dominique Reymond), la compagna di vita del fotografo. Conclusione. Proprio come i bei paesaggi che sta fotografando (per la seconda volta, dopo le prime fotografie originarie di Peter Holm), Alice matura un cambiamento sostanziale. In avvio, la sua azione è suggestionata da timidezza e testardaggine, che all’inizio condizionano il suo approccio fotografico, concentrato sull’apparenza dell’immagine e non sulla sostanza della composizione. Quindi, quando si confronta con lo sguardo di un uomo maturo e più anziano (eccolo qui, L’œil de l’autre / L’occhio dell’altro), Alice inizia a interessarsi alla vita che sta attraversando, nella quale sta entrando. Magia (e potere?) della fotografia. Da e con Edward Steichen, spesso evocato: «Missione della fotografia è spiegare l’Uomo all’Uomo, e ogni Uomo a se stesso». ❖
13
Illuminazione di Antonio Bordoni
I
IN UN LAMPO!
Integrando la nuova tecnologia Nas, con l’attuale versione Di700 Air, Nissin rinnova il suo lampeggiatore di fascia media, presente sul mercato da due anni, che si è affermato come “top selling” (al vertice delle vendite) nella propria gamma. Subito precisato: la definita tecnologia Nas (Nissin Air System) rende stabili e affidabili i collegamenti wireless nelle riprese con il flash elettronico portatile separato dalla macchina fotografica, qualsiasi questa sia. A conti fatti, i dispositivi wireless tradizionali consentono di controllare l’esposizione e le principali funzioni di uno o più flash non direttamente collegati alla macchina fotografica (flash “slave”) per mezzo di segnali IR emessi dallo stesso apparecchio, o da un flash “master” (montato sulla slitta Iso). Nella pratica fotografica, si tratta di un sistema per realizzare illuminazioni professionali che non garantisce sempre risultati affidabili, soprattutto in esterni. Infatti, la luce ambiente interferisce spesso con il segnale IR, pregiudicando il corretto scambio di dati. Con l’affidabilità totale del sistema Nas (Nissin Air System), i flash “slave” sono controllati attraverso segnali radio: più stabili ed esenti da disturbi. Il nuovo Nissin Di700 Air è il primo della convincente gamma a beneficiare di questa nuova tecnologia. Si completa con il Commander Air 1, il trasmettitore da posizionare sulla slitta Iso della macchina fotografica. Attraverso questo Commander Air 1, che è dotato di un ampio display a colori, è possibile controllare le modalità di esposizione (Auto TTL / Manuale), l’eventuale sovra
Flash di fascia media, il Nissin Di700 Air, con trasmettitore Commander Air 1, applica la tecnologia Nas (Nissin Air System) per garantire collegamenti wireless affidabili.
e sotto esposizione volontaria (+/- 2,0EV a passi di 0,5EV) e la posizione della parabola zoom di tutti i lampeggiatori collegati: fino a ventuno unità, ovviamente compatibili con il sistema Nissin Air. Di suo, il Nissin Di700 Air ripropone le caratteristiche qualificanti che hanno decretato il successo della configurazione tecnica dalla quale deriva e della
TIPA AWARD 2014: NISSIN i40
È opportuno ricordare che Nissin si è segnalata nel corso dei TIPA Awards 2014 [FOTOgraphia, giugno 2014]. Il flash Nissin i40 è stato premiato come Best Portable Lighting System. La motivazione: «Il piccolo e leggero Nissin i40 (8,5x6,1x8,5cm; 203g senza batteria e soft box) è disponibile nelle versioni dedicate Canon, Nikon, Sony, Fujifilm e configurazioni QuattroTerzi. Copre un angolo di illuminazione di 24-105mm, con 16mm addizionali, utilizzando il diffusore in dotazione. Il Numero Guida è 40 a 105mm e 27 a 35mm. Un innovativo illuminatore a LED si trova dove in passato veniva collocato il modulo per il flash di riempimento: la sua luce può essere sfruttata sia per le fotografie sia per la registrazione video. Il flash i40 ha la sincronizzazione con la tendina posteriore o con quella anteriore; può essere comandato wireless e può ruotare di 180 gradi a destra/sinistra e di 90 gradi verticalmente».
14
quale è evoluzione tecnologica consequenziale: a partire dal Numero Guida 54 (a 100 Iso), grazie al quale è possibile affrontare agevolmente impegni e indirizzi professionali. Il Di700 Air può agire in TTL e in manuale, può essere indirizzato in wireless TTL con i tradizionali impulsi IR e dispone di un ampio dis-
play a colori che visualizza tutte le funzioni operative, sia attive sia passive. Un selettore rotante consente una rapida navigazione nei menu del flash, che è altresì dotato di parabola motorizzata con copertura dall’angolo di campo grandangolare 24mm all’avvicinamento tele 200mm (riferiti al fotogramma 24x36mm e ai sensori di acquisizione digitale di immagini full frame). La vocazione “avanzata” dell’attuale flash portatile Di700 Air è riscontrabile anche per la presenza di un ingresso per l’alimentatore Nissin PS-8 e per il piedino di montaggio in metallo. Infine, si segnala e registra la combinazione con apparecchi fotografici dotati di sincronizzazione flash veloce (fino a 1/8000 di secondo). Inizialmente commercializzati nelle versioni dedicate ai sistemi Canon e Nikon, il Nissin Di700 Air e il Commander Air 1 sono disponibili sia in confezione separata sia in bundle. (Rinowa, via di Vacciano 6f, 50012 Bagno a Ripoli FI; www.rinowa.it). ❖
Pinhole Day 2015 di Beppe Bolchi
SEMPRE SENZA OBIETTIVO
A
Appuntamento consolidato. Dal 2001, ogni anno, la Fotografia Stenopeica si celebra in tutto il mondo, a fine aprile. In congiunzione di date, la quindicesima Giornata Mondiale della Fotografia a Foro Stenopeico, declinazione italiana della identificazione originaria Worldwide Pinhole Photography Day, è programmata per domenica ventisei aprile. Oltre numerose iniziative locali, alcune delle quali anche italiane, va registrato il coordinamento globale che fa capo al sito www.pinholeday.org, al quale si possono inviare fotografie stenopeiche scattate nel corso del ventisei aprile di riferimento. Tra tante considerazioni, ne spicca una. La Fotografia Stenopeica ha seguaci in tutto il mondo: appassionati di fotografia che hanno scoperto e scoprono un modo di fotografare in completa antitesi con la frenesia che impera nei social network. Proprio su queste stesse pagine redazionali, se ne è dibattuto in molte occasioni, durante le quali sono state commentate e condivise pratiche arbitrarie che portano a un “fare fotografia” in modo consapevole. Con aggiunta -nello specifico stenopeico- di una opportuna lentezza, alla ricerca di contenuti meditati. La tipologia e specificità della realizzazione di immagini con apparecchi “poveri” -spesso, auto costruiti- e con relative esposizioni lunghe... allarga gli orizzonti, piuttosto che restringerli. Attenzione, il discorso è relativo: non è detto che tutti gli autori e tutte le immagini arbitrarie (nello specifico, stenopeiche) siano necessariamente di spessore, ma è certo che la qualità del risultato dipende direttamente dalla profondità del contenuto. Ho sempre dichiarato che il mezzo non qualifica d’autorità il risultato, ma un buon risultato raggiunto con un mezzo “povero” diventa sicuramente più apprezzabile di quanto è ottenuto esclusivamente grazie alla tecnologia. Comunque, abbiamo avuto già modo di approfondire gli aspetti qualitativi della fotografia stenopeica; quindi, non servono ripetizioni, almeno per ora. In occasione della Giornata del ventisei aprile, è invece opportuno
16
Giornata Mondiale della Fotografia a Foro Stenopeico 2009, presso lo Spazio Forma, di Milano: presente una Camera Obscura di due metri per due metri. Zucche stenopeiche di Noris Lazzarini. Per realizzare il proprio apparecchio fotografico pinhole, non c’è limite a fantasia e creatività! Tra gli apparecchi presenti al WPPD 2009, presso lo Spazio Forma, di Milano, la scatola stenopeica 40x50cm realizzata artisticamente da Paola Gueriero.
analizzare questo straordinario rito, che avvicina e riunisce gli appassionati di tutto il mondo fino a persuaderli a condividere le proprie immagini realizzate nella Giornata stessa. Indetto nel 2001, negli Stati Uniti, il Worldwide Pinhole Photography Day (Giornata Mondiale della Fotografia a Foro Stenopeico) ha ottenuto subito un buon riscontro, raccogliendo duecentonovantuno adesioni (291), da ventiquattro paesi: solida base per incrementi sostanziosi, sistematicamente registrati nelle edizioni successive. In questo senso, i riferimenti della più recente edizione 2014 sono esemplari: tremilacinquecentodiciassette autori (3517), da settanta paesi, rappresentano uno spaccato (anche sociologico) di una realtà fotografica che afferma sempre più perentoriamente la propria autorialità. Certo, questi valori sono soltanto una goccia nel mare della produzione di immagini, ma credo
siano anche un distillato di chi è convinto che le proprie idee e intenzioni debbano essere difese e diffuse. Al proposito, è oltremodo difficile compilare una analisi a livello internazionale, ma vale assolutamente la pena esprimere alcune considerazioni sulla nostra realtà nazionale. Nessun Italiano si è avvicinato alla prima edizione del Worldwide Pinhole Photography Day, nel 2001; ma già nove italiani hanno partecipato alla seconda, il seguente 2002. Poi, in continua crescita, sedici, trentasei, cinquantatré, settanta... fino ai duecentodue della scorsa edizione. A complemento, sottolineo che fino a ieri (2014) hanno partecipato alla Giornata Mondiale della Fotografia a Foro Stenopeico oltre ottocentoventi autori italiani, che hanno inviato e condiviso le proprie immagini. Per quanto di nicchia, si tratta di un bel battaglione! In approfondimento, so per certo
Pinhole Day 2015 Dal sito del Worldwide Pinhole Photography Day (www.pinholeday.org), comparazione tra la partecipazione italiana alla precedente edizione 2014 e quella dell’edizione 2002, la seconda, dopo il 2001 di origine. Dai nove italiani che hanno partecipato al WPPD 2002, in continua crescita, si è arrivati ai duecentodue dello scorso anno: adesione consistente e significativa.
Fotografia stenopeica di Danilo Pedruzzi: Lilium, dalla serie dei fiori [ FOTOgraphia, febbraio e aprile 2011].
che molto spesso si tratta di collettività organizzate, ovverosia di fotografi che si ritrovano e riuniscono per condividere la passione comune, per programmare e realizzare insieme e con consapevolezza le proprie immagini. Rispetto il proverbiale isolamento dei fotografi, già questo rappresenta un valore aggiunto. La condivisione è anche allargata ai mezzi, soprattutto ai dispositivi autonomi, sempre costruiti con tanta attenzione, fantasia e creatività; e anche orgoglio, divertimento e sorrisi. E non è poca cosa! Trovo estremamente significativi anche altri dati. Anzitutto, sottolineo la partecipazione di uno zoccolo duro di un cinquanta percento di autori che onorano regolarmente l’appuntamento; quindi, registro che il restante cinquanta percento è composto da fotografi che si propongono per la prima volta, come a certificare che il coinvolgimento è in crescita costante. Immediatamente a
seguire, pongo l’accento sulla partecipazione femminile, che rappresenta quasi il quaranta percento del totale. In assoluto, la presenza italiana al Worldwide Pinhole Photography Day è sostanziosa e qualitativa, soprattutto se si tiene conto che non si tratta di una gara, non si accede ad alcun riconoscimento, né classifica, ma si aderisce soltanto per stabilire termini fotografici di riferimento, per sollecitare la crescita fotografica individuale, per sostenere la comunità della fotografia a foro stenopeico, senza obiettivo. Ovviamente, si censiscono presenze ricorrenti e ininterrotte. Dalla seconda edizione in poi, tre autori italiani hanno sempre partecipato: Paolo Aldi, Gioacchino Pagliuca Artesiano e Mario Beltrambini; immediatamente seguiti da Danilo Pedruzzi, con una presenza in meno [FOTOgraphia, febbraio 2011]. A quota undici partecipazioni, oltre al sottoscritto, ci sono Giuseppe Alzetta, Alessandra Capodacqua, Lia Grigoletti, Marcello Leopoldo, Raffaele Puce e Massimo Stefanutti; a dieci, incontriamo Claudio Bocchini, Gino Mazzanobile e Pietro Luigi Piccardo. Ancora avanti, si ripetono altre personalità degne di nota, tra le quali ne isoliamo tre (e mi perdonino tutti gli altri autori, tra i quali, ancora ottantadue con almeno quattro partecipazioni): Noris Lazzarini, che agisce con un camper stenopeico e propone ingegnose invenzioni e performance, quali quella dell’uovo di Pasqua stenopeico, in occasione del Worldwide Pinhole Photography Day 2011, in piazza del Duomo, a Milano; Samuele Piccoli, che si sta affermando con la sua gamma StenopeiKa di apparecchi pinhole; Marco Palmioli, che ha realizzato un fantastico furgoncino stenopeico, con il quale si muove per far apprezzare dal vivo il fascino dell’immagine che si forma da sé, la magia anti tecnologica della “luce che si fa di sé medesima pittrice”. Non c’è che dire: questa Fotografia -caratterizzata da tempi lenti, istanti di riflessione, approcci di educazione e attenzione- attira e affascina, al punto tale che molti vogliono coltivarla e farla crescere. Ahimè, il rovescio della medaglia è rappresentato da coloro i quali credono che il mezzo qualifichi il risultato, senza rendersi conto che, anche in questo caso, le immagini debbono esprimere un contenuto indirizzato al cuore dell’osservatore. ❖
17
Illuminazione di Antonio Bordoni
VALIDO MONOTORCIA
C
Con una durata del lampo fino a 1/13.000 di secondo, un tempo di ricarica rapido (da 0,02 secondi), la sincronizzazione in esterni con tempi di scatto veloci (fino a 1/8000 di secondo) e la possibilità di guida WiFi con App Bron Control, il flash monotorcia Broncolor Siros richiama l’attenzione su una delle più nobili e radicate produzioni dell’illuminazione fotografica contemporanea. Senza trasgredire i valori della propria storia, che ha contribuito a scrivere sostanziosi capitoli della fotografia professionale del secondo Novecento, si offre e propone come efficace risposta a talune identificate banalizzazioni che stanno attraversando i nostri confusi tempi fotografici, che paiono aver scordato valori e princìpi solidi, a favore di economie di scala di limitata personalità. Qui il gioco si fa duro: infatti, per quanto tante e tante proposte attuali, provenienti soprattutto dall’estremo oriente, siano adeguate ad applicazioni quotidiane di larga produzione, su scala professionale a basso reddito (bisogna prenderne atto), è altrettanto intangibile un altro richiamo e riferimento professionale che non dipende soltanto da un presente confuso e caotico (senza regole), ma da applicazioni che affondano le proprie radici nella solidità di una fotografia professionale che non si esaurisce in pochi attimi effimeri, ma propone l’autorevolezza di applicazioni e intendimenti profondi. Comunque, nessuna colpevolizzazione di nulla e/o nessuno; ma analisi di come si stanno svolgendo i nostri attuali tempi fotografici, compromessi da economie di scala altrettanto pregiudicate. Nello specifico, il sistema Siros, con unità da 400Ws e 800Ws, ognuna in configurazioni adeguate a interpretazioni fotografiche convenienti e personali, si inserisce nell’ampio programma Broncolor di illuminazione flash, edificato a partire dai generatori di potenza Senso, Scoro e Move (a batteria), con relative torce Pulso, Unlite, Picolite, Litos e MobilLed. Ciò a dire, che il parco accessori, formato da parabole e riflettori adatti a ogni possibile
18
Il flash monotorcia Broncolor Siros rinnova la versatilità e efficacia di un sistema di illuminazione lampo professionale tra i più prestigiosi del mercato: in due unità, da 400Ws e 800Ws, in configurazioni adeguate a interpretazioni fotografiche convenienti e personali.
circostanza fotografica, è in comune ed è assolutamente condivisibile. Come nei generatori di alte prestazioni Senso, Scoro e Move, anche nella nuova configurazione monotorcia Siros, la tecnologia Ectc controlla la curva del flash e garantisce una durata del lampo fino ad 1/13.000 di secondo (tempo di ricarica 0,5 secondi) e una temperatura di colore costante sull’intera gamma di regolazioni. In riduzione di potenza, si possono selezionare fino a nove stop, in modo da avere a disposizione una illuminazione fotografica adatta e adeguata a ogni possibile condizione e circostanza, con relative combinazioni all’apertura del diafram-
ma. Inoltre, il tempo di ricarica rapido, da 0,02 a 0,9 secondi -sempre in proporzione e dipendenza dalla potenza lampo selezionata- consente un ritmo di lavoro veloce e senza (inutili) attese. Per la combinazione di illuminazioni pertinenti, sono disponibili tutti gli accessori della gamma Broncolor, che si è recentemente arricchita di due nuovi riflettori: uno per ombrello, dotato di coperchio che agisce anche da protezione per il trasporto, e un riflettore con grandezza ottimizzata L40, con un sistema dedicato di innesto per il montaggio di griglie a nido d’ape. (Mafer, via Brocchi 22, 20131 Milano; www.maferfoto.it). ❖
Tecnologia di Antonio Bordoni
MASSIMA RISOLUZIONE
D
Due Eos di profilo alto accrescono il sistema reflex Canon, in proiezione professionale. Di fatto, e in combinazione, le Eos 5DS e Eos 5DS R si propongono come nuovo punto di riferimento per le reflex full frame. L’eccezionale e sorprendente risoluzione di 50,6 Megapixel si combina con corpi macchina che vantano un’efficace robustezza e una conveniente praticità di utilizzo. Per e con intenzione esplicita, le due configurazioni -che si aggiungono alla gamma Eos, senza pensionare nessuna altra reflex- sono indirizzate alla fotografia di paesaggio, architettura, moda e ritratto. Sia in impiego professionale, sia in esercizio fotografico non professionale, le prestazioni sono elevate: con la Eos 5DS R dotata di filtro che cancella l’effetto passa-basso, per mettere a
20
La caratteristica fondante e discriminante della combinazione reflex Canon Eos 5DS e Eos 5DS R è definita e identificata dalla risoluzione di 50,6 Megapixel, con sensore full frame. Indirizzate a impieghi professionali sostanziosi, con ampie possibilità di crop (ritaglio), le due reflex vantano un efficace sensore Cmos di nuova concezione.
maggiore frutto la risoluzione del sensore e la qualità visibile dell’immagine. Nel concreto, i 50,6 Megapixel di risoluzione definiscono una quantità/ qualità assoluta (per quanto imbarazzante, quando la fotografia professionale deve fare i propri conti con la trasmissione a distanza dei file e la loro gestione al computer). Nello specifico, quindi, il sensore Cmos di nuova concezione offre e propone una flessibilità ottimale per riprendere una vasta gamma di scenari e soggetti, interpretati in dimensioni fotografiche ideali per ingrandimenti di generose dimensioni -a partire dalle affissioni stradali-, per i quali ogni pixel è fondamentale. L’architettura avanzata del sensore affronta e risolve una gamma di sensibilità da 100 a 6400 Iso equivalenti (espandibile fino a 50 e 12.800 Iso equiva-
lenti), che si abbina a immagini di alta qualità con basso rumore, colori accurati e ampia gamma dinamica. Per una maggiore flessibilità, la risoluzione delle Canon Eos 5DS e Eos 5DS R consente tre nuove modalità di ripresa con fattore di crop selezionabile (ritaglio): 1,3x, 1,6x e 1:1. Visibili attraverso il mirino, le modalità di crop offrono risultati ottimali, con immagini da diciannove Megapixel, anche quando sono rifilate a 1,6x. Progettate e costruite per far fronte anche a situazioni avverse, le due reflex dispongono di doppio processore Digic 6, grazie al quale sono assicurate confortevoli prestazioni e reattività. Entrambi i processori sono progettati per gestire l’enorme quantità di dati proveniente dal sensore da 50,6 Megapixel, con simultanea
Tecnologia Progettate per far fronte anche a situazioni avverse e realizzate con una architettura di impiego fedele al proprio sistema reflex professionale, le Canon Eos 5DS e Eos 5DS R si propongono come nuovo punto di riferimento nel comparto full frame. Il mirino con copertura del cento percento e sovrimpressione elettronica può essere personalizzato secondo necessità o utilità. Il monitor LCD Clear View II antiriflesso da 3,2 pollici (8,11cm) riduce al minimo i bagliori in riproduzione e consente di accedere immediatamente alle impostazioni più utilizzate.
ANCHE ALTRO
Insieme alle nuove reflex digitali Eos 5DS e Eos 5DS R, Canon ha introdotto sul mercato altre novità tecnico-commerciali. Nello specifico della fotografia, oltre il comparto delle stampanti Pixma Pro, della CSC M3 e delle compatte PowerShot e Ixus, si segnala l’eccellente zoom grandangolare Canon EF 11-24 mm f/4L USM, che afferma lo straordinario valore della variazione focale a maggiore angolo di campo presente sul mercato (attuale). L’escursione da 126 gradi a 84 gradi (sulla diagonale full frame) è riferita alla fotografia di paesaggio e architettura. Ma le vie della fotografia grandangolare... sono infinite. In un disegno ottico di sedici lenti in undici gruppi, la distanza di messa a fuoco da 28cm equivale a un rapporto limite di riproduzione 0,16x; 1,18kg di peso, in dimensioni sostanzialmente contenute (108x132mm). A seguire, si segnalano altre due reflex entry-level: Canon Eos 760D e Eos 750D, progettate per coloro i quali desiderano estendere la propria esperienza fotografica a un livello superiore. Indirizzate sia alla fotografia sia alla registrazione video Full HD, offrono una confortevole semplificazione di utilizzo abbinata all’efficacia di un potente sensore di acquisizione digitale di immagini da 24,2 Megapixel e al processore di immagine Digic 6. Per non perdere l’attimo e cogliere il momento perfetto, è possibile impostare la modalità di scatto continuo a cinque fotogrammi al secondo. Inoltre, le due reflex assicurano una messa a fuoco di precisione con un potente sistema AF a diciannove punti a croce.
riduzione del rumore dell’immagine e ampia autonomia di scatto fino a cinque fotogrammi al secondo. Un sistema AF avanzato a sessantuno punti, quarantuno dei quali a croce, raggiunge livelli ottimali di nitidezza e precisione su tutta l’area inquadrata. Finalizzando l’Eos Intelligent Tracking and Recognition AF (iTR), che si riferisce sia ai volti sia ai colori, entrambe le reflex mantengono comodamente a fuoco i soggetti in movimento. Per ridurre ulteriormente possibili (e non volute) sfocature dell’immagine, il sistema Canon di controllo delle vibrazioni dello specchio utilizza apposite camme per guidare lo specchio nelle due direzioni in modo altamente controllato, evitando gli arresti improvvisi a fine corsa e attenuando -nel contempo- il frastuono dello scatto. Inoltre, il sensore di misurazione della luce RGB+IR da 150k pixel (con Flicker Detection) delle Eos 5DS e Eos 5DS R assicura immagini con esposizioni costanti in diversi scenari di illuminazione, tra i quali la luce fluorescente. Ancora, sono state preordinate modalità e impostazioni personalizzabili, per garantire risultati di alto profilo. Per esempio, il nuovo Fine Detail Picture Style migliora il livello di dettaglio che può essere raggiunto dal sensore, consentendo la regolazione avanzata della nitidezza senza la necessità di un software di elaborazione. Quindi, si annotano modalità creative ormai inevitabili, tra le quali l’esposizione multipla e HDR (High Dynamic Range), che consentono una creatività immediata on-camera; mentre un timer incorporato consente di scattare a intervalli programmati, per creare efficaci video time-lapse, senza essere fisicamente vincolati alla reflex o dover utilizzare un software avanzato. Il mirino con copertura del cento percento e sovrimpressione elettronica rende agevoli le inquadrature e può essere personalizzato secondo necessità o utilità. Il monitor LCD Clear View II antiriflesso da 3,2 pollici (8,11cm) riduce al minimo i bagliori in riproduzione e consente di accedere immediatamente alle impostazioni più utilizzate. Grazie alle opzioni di personalizzazione rapida (Quick Control), le dimensioni, la posizione e la personalità delle icone possono essere configurate in base alle esigenze del fotografo utilizzatore o allo scenario di ripresa. ❖
21
ITALIANI AL WPP Annotazione sostanziosa, non di margine, a proposito dello svolgimento del World Press Photo. Dieci fotogiornalisti italiani sono stati premiati all’attuale edizione 2015 (per fotografie realizzate nel 2014); ma si riducono a nove, per una squalifica sancita e deliberata dopo l’annuncio dei vincitori. Da tempo, la presenza italiana nelle categorie è sostanziosa e significativa... arricchita altresì da due recenti World Press Photo of the Year
22
di Lello Piazza
N
on mi ritengo più un vero esperto di fotogiornalismo. Nel senso che, da qualche anno, non sorveglio più costantemente la produzione internazionale, i blog, le polemiche, il gossip. Mi sento, invece, costantemente coinvolto nelle vicende che riguardano lo stato generale dell’informazione nel nostro paese (per la quale il fotogiornalismo rappresenta uno degli aspetti più rilevanti). E mai e poi mai rinuncerei a esaminare con una curiosità irresistibile, i risultati del World Press Photo annuale. Proprio il World Press Photo è il mio punto di riferimento sia per quanto riguarda la scelta del fotogiornalista dell’anno, solitamente legata a un
tema sociopolitico, che la giuria ritiene di maggiore rilevanza, sia per lo studio delle immagini premiate nelle categorie del concorso, al fine di intuire come evolve e muta il linguaggio della fotografia. Dunque, non essendo quotidianamente sulla vicenda nel proprio dettaglio, rimango stupito dalle cifre. Nell’edizione World Press Photo 2015 (per fotografie realizzate nel 2014) sono stati premiati ben dieci fotogiornalisti italiani. Il massimo di sempre! O no? Incuriosito, contatto lo staff del World Press Photo, chiedendo se hanno dati a proposito. Mi rispondono: devi arrangiarti con quello che trovi sul nostro sito. Sono contento che non avessero già i dati. Così, ho potuto compiere un viaggio emozionante nell’arco di sessanta anni tra i lavori realizzati dai migliori fotogiornalisti di tutto il mondo (1955-2014,
Primo premio Portraits Singles: Raphaela Rosella, Australia, Oculi. Moree, Australia; Laurinda aspetta il bus per la scuola domenicale. World Press Photo of the Year 2014 e Primo premio Contemporary Issues Singles: Mads Nissen, Danimarca, Scanpix / Panos Pictures. San Pietroburgo, Russia; Jon e Alex, coppia omosessuale, in atteggiamento intimo.
23
Secondo Premio General News Singles: Massimo Sestini, Italia. Al largo delle coste libiche, profughi vengono tratti in salvo da una fregata della marina italiana.
Terzo premio Portraits Stories: Paolo Verzone, Italia, Agence Vu. Breda, Olanda; cadetto della Koninklijke Militaire Academie, una delle più importanti accademie militari d’Europa.
24
estremi inclusi, con le eccezioni del 1959, 1961 e 1970, in cui la competizione non ha avuto luogo). Ecco le cifre che ho raccolto. Cominciamo con i valori di base. Mi limito a citare i primi (1955) e i più recenti (2015, sull’anno di produzione 2014): nel 1955 di origine, hanno partecipato quarantadue fotogiornalisti, di undici nazioni, con trecento fotografie (42 11 - 300); all’edizione 2015, i fotogiornalisti sono stati cinquemilanovecentosessantadue, da centotrentuno nazioni, per un totale di novantasettemila novecentododici fotografie (5962 - 131 - 97.912). Facile e consequenziale: fotogiornalisti +13.552 percento (avete letto bene 13mila552 percento in più); nazioni +1191 percento; fotografie +32.637 percento. Impressionante! Altrettanto impressionante
è la quantità degli squalificati tra coloro che erano stati selezionati come finalisti: il venti percento, come segnala il New York Times. Si tratta sicuramente di decine di fotogiornalisti. Come sono stati scoperti? È consuetudine di tutti i concorsi seri che, prima di annunciare i vincitori, la giuria chieda ai potenziali premiati di esibire il file Raw dell’immagine scelta. A proposito dei risultati di questa indagine, Lars Boering, amministratore delegato del World Press Photo, ha dichiarato: «Le regole del nostro concorso stabiliscono chiaramente che il contenuto dell’immagine non deve essere modificato. La giuria di quest’anno è rimasta molto delusa nello scoprire la superficialità con la quale molti fotografi intervengono pesantemente nella fase di post-produzione delle immagini inviate al
PROGETTI A LUNGO TERMINE
concorso. Sembra proprio che alcuni non riescano a resistere alla tentazione di migliorare esteticamente le proprie fotografie, rimuovendo piccoli dettagli per ripulire l’immagine, provocando spesso un suo cambiamento sostanziale. Per noi, tutto ciò è inaccettabile: vogliamo che gli standard del concorso rimangano molto alti e i nostri giudizi assolutamente affidabili. Quindi, saremo sempre severissimi nell’escludere questi lavori». E proprio mentre sto scrivendo della squalifica di altri, arriva la notizia bomba della squalifica di Giovanni Troilo, dell’agenzia Luz Photo. Riferisco soltanto una breve sintesi dei fatti, perché approfondire mi porterebbe lontano dal filo del discorso che mi sono proposto di tenere sul World Press Photo, cioè la storia dei riconoscimenti del fotogiornalismo italiano tra i premiati.
Per la prima volta nella sua storia, l’edizione 2015 del World Press Photo (per fotografie realizzate nel 2014) ha previsto una categoria assolutamente avvincente, che spero venga mantenuta nelle edizioni future. Si tratta di Long-term Projects, creata per valorizzare l’impegno di un fotogiornalista che si dedica a un tema lungo un arco di anni. Il corpo di lavoro che si presenta può contenere da ventiquattro a trenta immagini, scattate durante un periodo di almeno tre anni. Inoltre, almeno quattro fotografie devono essere state realizzate nell’anno a cui il concorso si riferisce (il 2014, per l’attuale edizione 2015). Ancora: nessuna delle immagini del progetto può essere presa in considerazione in un’altra categoria. Il primo Long-term Projects ha premiato la statunitense Darcy Padilla (Agence Vu), fotogiornalista di San Francisco, che dopo varie esperienze nei quotidiani, tra i quali il New York Times e il Washington Post, nel 1991, è passata alla libera professione. Il lavoro premiato riguarda la vita e la famiglia di Julie Baird, che la fotografa ha conosciuto nel gennaio 1993. Da allora, per ventuno anni, ha continuato a seguire fotograficamente la sua vita travagliata, come ha raccontato in un appassionante incontro pubblico a Lucca, nel dicembre 2012, nell’ambito del Lumina Festival (trasformatosi nell’attuale PhotoLux Festival Internazionale di Fotografia), in accompagnamento al suo intenso workshop Il progetto di reportage: come si racconta una storia. Ottimo lavoro, ma -secondo me- abbastanza standard, déjà vu. Per questo, preferisco il Secondo classificato, il lavoro del polacco Kacper Kowalski (Panos Pictures), trentasette anni, fotografo e pilota. Nel 2006, Kacper Kowalski ha abbandonato l’architettura, alla quale sembrava destinato, per le sue vere passioni, il volo e la fotografia. Pur essendo declinate in un linguaggio più artistico che giornalistico, le sue immagini mi piacciono immensamente perché sono comunque immagini di cronaca, e quindi giornalistiche (riguardano soprattutto ambienti naturali e paesaggi urbani che mostrano aspetti ordinariamente invisibili da Terra). Le composizioni sono irreali, quasi di pura grafica, che rivelano simmetrie e asimmetrie create dagli esseri umani e dalla natura. Kacper Kowalski ha già vinto numerosi e prestigiosi premi. Tra questi, oltre ai World Press Photo 2014 e 2009, ci sono i Picture of the Year International - POYi (2012 e 2014), il National Press Photographers Association NPPA (2013) e il Sony World Photography Award (2014). Il suo primo libro di fotografia Side Effects (Migavka Editions; che è anche l’identificazione del lavoro premiato all’attuale World Press Photo) è stato pubblicato all’inizio del 2014. Le sue stampe artistiche sono acquistabili presso la Leica Gallery, di Varsavia.
25
Primo premio Spot News Singles: Bulent Kilic, Turchia, Agence France-Presse. Istanbul; ragazza ferita negli scontri al funerale di Berkin Elvan, il quindicenne morto per le ferite subite durante proteste anti-governative. Secondo premio Contemporary Issues Singles: Ronghui Chen, Cina, City Express. Yiwu, Cina; Wei, operaio in una fabbrica di decorazioni natalizie.
26
Le fotografie di Giovanni Troilo, Primo premio nella categoria Contemporary Issues Stories raccontano di Charleroi: La Ville Noir - The Dark Heart of Europe. Il lavoro riferisce di una cittadina belga vicino a Bruxelles, Charleroi appunto, descritta attraverso immagini buie: ritratti di miserabili che si muovono nella notte, che restituiscono la sensazione di un luogo maledetto. A nome della città, il sindaco di Charleroi, Paul Magnette, si è subito rivolto alla giuria dell’organizzazione, reclamando di «esaminare la possibilità di togliere il premio» a Giovanni Troilo, perché il suo servizio rappresenta «una grave falsificazione della realtà». Dopo aver riesaminato le fotografie, il cinque marzo, la giuria del World Press Photo ha raggiunto la conclusione «che la storia non è in conformità con le regole
di partecipazione al concorso, e per questo il premio viene revocato». Giovanni Troilo ha dichiarato: «Il mio lavoro non è un’inchiesta, è uno storytelling. Ma i miei scatti hanno seguito tutte le regole del reportage, o sono ritratti posati nei quali le persone non fanno altro che essere se stesse». Anche se ha ammesso che uno dei suoi ritratti non è stato scattato a Charleroi e che in un’altra fotografia, nella quale si vede un’auto parcheggiata dove una coppia sta facendo sesso, il protagonista è suo cugino, e l’immagine è stata ottenuta grazie a un flash sistemato dentro l’abitacolo. Che dire? Non ho elementi per aggiungere nulla. Il dibattito infurierà ancora a lungo. Tornando al filo del mio discorso, riparto da nove. I veri premiati italiani 2015 (sul 2014) sono Fulvio Bugani,
WPP 2015 (SUL 2014)
Turi Calafato, Giulio Di Sturco, Paolo Marchetti, Michele Palazzi (Contrasto), Andy Rocchelli (Cesura), Massimo Sestini (finalmente questo riconoscimento a uno dei più grandi reporter italiani [FOTOgraphia, maggio 2002 e settembre 2008]), Gianfranco Tripodo (Contrasto) e Paolo Verzone (Agence Vu). Giovanni Troilo è escluso. Ne consegue che il numero di premi assegnati a fotogiornalisti italiani non è il massimo di sempre. Infatti, nell’edizione 2010 (sul 2009), i premi assegnati agli italiani sono stati dieci: Tommaso Ausili, Michele Borzoni, Stefano De Luigi, Francesco Giusti, Alessandro Imbriaco, Pietro Masturzo (due, per una fotografia piena di poesia dei tetti di Teheran), Paolo Patrizi, Luca Santese e Marco Vernaschi. Ma per il fotogiornalismo italiano non sono state sempre vacche grasse. Ci sono voluti anni prima che i nostri
World Press Photo of the Year 2014 (e Primo premio Contemporary Issues Singles): Mads Nissen (Danimarca), Scanpix / Panos Pictures. Spot News Singles: 1) Bulent Kilic (Turchia), Agence France-Presse; 2) Tyler Hicks (Usa), The New York Times; 3) Bulent Kilic (Turchia), Agence France-Presse. Spot News Stories: 1) Jérôme Sessini (Francia), Magnum Photos per Time; 2) Jérôme Sessini (Francia), Magnum Photos per De Standaard; 3) Arash Khamooshi (Iran), Isna. General News Singles: 1) Sergei Ilnitsky (Russia), European Pressphoto Agency; 2) Massimo Sestini (Italia); 3) Gianfranco Tripodo (Italia), Contrasto. General News Stories: 1) Pete Muller (Usa), Prime per National Geographic / The Washington Post; 2) Glenna Gordon (Usa); 3) Sergey Ponomarev (Russia), per The New York Times. Sports Singles: 1) Bao Tailiang (Cina), Chengdu Economic Daily; 2) Al Bello (Usa), Getty Images; 3) Mark Metcalfe (Inghilterra). Sports Stories: 1) Kieran Doherty (Irlanda); 2) Sergei Ilnitsky (Russia), European Pressphoto Agency; 3) Non assegnato. Contemporary Issues Singles: 1) Mads Nissen (Danimarca), Scanpix / Panos Pictures; 2) Ronghui Chen (Cina), City Express; 3) Fulvio Bugani (Italia). Contemporary Issues Stories: 1) Giovanni Troilo (Italia), Luz Photo [premio successivamente revocato]; 2) Giulio Di Sturco (Italia); 3) Tomas van Houtryve (Belgio), VII per Harper’s Bazaar. Menzione d’onore: Fatemeh Behboudi (Iran). Daily Life Singles: 1) Cai Sheng Xiang (Cina), Fuzhou Ping Yi Environmental Art Design; 2) Åsa Sjöström (Svezia), Moment Agency / Institute for Socionomen / Unicef; 3) Malin Fezehai (Eritrea / Svezia), per Time. Daily Life Stories: 1) Michele Palazzi (Italia), Contrasto; 2) Sarker Protick (Bangladesh); 3) Turi Calafato (Italia). Portraits Singles: 1) Raphaela Rosella (Australia), Oculi; 2) Liu Song (Cina); 3) Lisa Krantz (Usa), San Antonio Express-News. Portraits Stories: 1) Sofia Valiente (Usa), The Clewiston News / Time; 2) Andy Rocchelli (Italia), Cesura; 3) Paolo Verzone (Italia), Agence Vu. Nature Singles: 1) Yongzhi Chu (Cina); 2) Ami Vitale (Usa), National Geographic; 3) Sandra Hoyn (Germania), per Geo. Nature Stories: 1) Anand Varma (Usa), per National Geographic; 2) Christian Ziegler (Germania), National Geographic / Geo; 3) Paolo Marchetti (Italia). Long-term Projects: 1) Darcy Padilla (Usa), Agence Vu; 2) Kacper Kowalski (Polonia), Panos Pictures; 3) Lu Guang (Cina).
27
Secondo premio General News Stories: Glenna Gordon, Usa. Abuja, Nigeria; grembiuli scolastici appartenenti a tre delle trecento bambine rapite dai militanti islamici di Boko Haram, il 14 aprile 2014, dal loro dormitorio, nella scuola di Chibok, un remoto villaggio nel nord della Nigeria. Terzo premio Contemporary Issues Stories: Tomas van Houtryve, Belgio, VII per Harper’s Bazaar. El Dorado County, California, Usa; studenti nel cortile della propria scuola. Dal 2004, negli Stati Uniti, migliaia di persone sono state uccise da attacchi di droni. Per questo, il fotogiornalista ha indagato il territorio nazionale con droni fotografici.
28
Primo premio Long-Term Projects: Darcy Padilla, Usa, Agence Vu. Family Love 1993-2014 The Julie Project; «Ho incontrato la diciottenne Julie il 28 gennaio 1993: era nella hall dell’Ambassador Hotel, a piedi nudi, i pantaloni decompressi e un bambino di otto giorni in braccio. Viveva nel San Francisco’s SRO District, un quartiere degradato. Nei successivi ventuno anni, ho fotografato Julie Baird, seguendola nella sua vita di povertà, alle prese con le cure per l’Aids, attraverso le sue relazioni... le nascite, le morti, le privazioni, le perdite e gli affetti ritrovati».
Primo premio Nature Singles: Yongzhi Chu, Cina. Suzhou, provincia di Anhui, Cina; durante l’addestramento per essere usata nei circhi, una scimmia si rannicchia davanti al suo istruttore.
reporter venissero riconosciuti. Per questo, i grandi vecchi reporter italiani, come Gianni Berengo Gardin, Letizia Battaglia, Mario De Biasi, Giorgio Lotti, Ferdinando Scianna, Uliano Lucas, per citarne alcuni, non hanno mai ricevuto un riconoscimento dal World Press Photo. Il primo italiano premiato è stato il grande Gianfranco Moroldo, reporter dello staff del mitico Europeo, quello diretto da Tommaso Giglio (dal 1966 al 1976). Nel 1968, Gianfranco Moroldo è stato Secondo premio nella categoria Color Pictures, categoria che oggi può apparire bizzarra, ma si deve tenere conto che c’è stato un tempo nel quale il colore era rarissimo nelle fotonews. Bisogna poi aspettare il 1973 per vedere premiato Elio Vergati, Secondo premio nelle Spot News con una fotografia riguardante il dirottamento di un aereo Luf-
thansa, realizzato nell’aeroporto Leonardo da Vinci, di Roma. Nel 1982, viene premiato Enrico Ferrorelli, un italiano basato negli Stati Uniti (quindi, di fatto, un americano), che intascò due premi, Secondo posto nella categoria Arts and Sciences Stories e Sports. Poi c’è stato un altro grande italiano, Gianni Giansanti [FOTOgraphia, aprile 2009], premiato nel 1988, 1991 e 1992; in quest’ultimo anno, in compagnia di Ivo Saglietti, che si è affermato anche nel 1999 e 2011. È a partire dalla fine degli anni Ottanta che il World Press Photo si accorge della qualità del fotogiornalismo italiano. Scommetto che questa attenzione sia dovuta al fatto che membri italiani cominciano a far parte della giuria. E non certo per motivi di parrocchia, ma semplicemente perché qualcuno può spiegare
29
Secondo premio Daily Life Stories: Sarker Protick, Bangladesh. Nonno John indossa la bombetta di sua nipote.
Primo premio General News Stories: Pete Muller, Usa, Prime per National Geographic / The Washington Post. Freetown, Sierra Leone; il personale medico dell’Hastings Ebola Treatment Center recupera un uomo in preda al delirium indotto dal virus Ebola, fuggito dal reparto di isolamento.
30
Secondo premio Nature Singles: Ami Vitale, Usa, National Geographic. Lewa Downs, nord del Kenya; per la prima volta nella loro vita, giovani guerrieri Samburu incontrano un rinoceronte. In Kenya, la maggior parte della popolazione non ha l’opportunità di vedere la fauna del paese, controllata da sofisticate reti criminali, pesantemente armate e sostenute dalla forte domanda che arriva da milionari di nuovo conio nei mercati emergenti.
agli altri la qualità e tradizione del lavoro italiano. Grazia Neri è stata la prima, tra i giudici nel 1988 e 1989; poi, Giovanna Calvenzi, nel 1993; quindi, e forse il più incisivo, Roberto Koch, presidente dell’Agenzia Contrasto, fondatore di Spazio Forma di Milano e di una bellissima casa editrice dedicata alla fotografia (ContrastoBooks): è stato in giuria nel 1995, 1996 e 1998. Dalla metà degli anni Novanta, la presenza italiana tra i premiati diventa massiccia, con due World Press Photo of the Year : Francesco Zizola (1996) e Pietro Masturzo (2009, l’anno dei dieci premi agli italiani). Concludo con un breve commento sulla World Press Photo of the Year 2014 (indicata all’inizio del corrente 2015). Si tratta di una testimonianza del danese Mads Nissen (Scanpix / Panos Pictures). La fotografia raffigura
Jon e Alex, una coppia di omosessuali russi, «ripresi in un momento di intimità». Certamente, si tratta di una fotografia staged (allestita, teatralizzata). Ipotizzo che la giuria l’abbia scelta non per la qualità straordinaria dello scatto, ma per la grande attualità del tema trattato. Anche la fotografia di Massimo Sestini, Operation Mare Nostrum - Boat refugees rescued by the Italian Navy, Secondo premio nella categoria General News Singles, riguarda un tema di rilevanza umanitaria e universale, altrettanto pregnante. Ma si sa, cambia giuria, cambiano i vincitori. Ed è anche vero che al problema dei migranti era dedicata la straordinaria immagine di John Stanmeyer, World Press of the Year 2013, che abbiamo presentato e commentato lo scorso aprile 2014. ❖
Primo premio General News Singles: Sergei Ilnitsky, Russia, European Pressphoto Agency. Donetsk, Ucraina; merci avariate in una cucina nel centro di Donetsk. Operai, minatori, insegnanti, pensionati, bambini e anziani sono coinvolti nel conflitto in Ucraina orientale.
31
dal 1963, versione per gli Stati Uniti della Topcon RE Super
Beseler Topcon Super D
www.newoldcamera.com
INCONTRO FOTOGRAFICO di Maurizio Rebuzzini
P
resto detto. Svoltosi venerdì tredici marzo, presso lo studio di Gian Paolo Barbieri, a Milano, il Pday ha inteso celebrare la fotografia e i fotografi in una serata a loro dedicata. È stato organizzato e indetto per anticipare i progetti che da FOTOgraphia cartacea si stanno evolvendo e progredendo nel web, a partire dalla presenza nei social network. Al Pday hanno partecipato personalità di spicco della fotografia italiana, coinvolte in un incontro conviviale che intende ripetersi periodicamente, al-
meno una volta all’anno, per sottolineare come e quanto la stessa fotografia italiana sia particolarmente associata all’attualità del linguaggio visivo contemporaneo, soprattutto nella propria personalità professionale, rivolta sia al fotogiornalismo, sia alla moda, sia alla pubblicità. Oltre le ufficialità d’obbligo, risolte in rapidità, il Pday ha composto i tratti di un appuntamento nel quale sono state scambiate opinioni e visioni fotografiche. In questo senso, è stato ottimamente interpretato ed espresso lo spirito della riunione, per l’appunto allestita per offrire una opportunità conviviale al ragionamento fotografico interpersonale.
Gruppo fotografico al Pday (lo scorso tredici marzo): Maurizio Galimberti, Uliano
34
Nella efficace documentazione fotografica degli attenti Alessandro Di Mise, Ilario Piatti e Francesco Zanet, album di un incontro fotografico organizzato e svolto per presentare i progetti web scanditi a partire dal sito FOTOgraphiaONLINE.com. In ordine con quelle intenzioni esplicite che intendono sottolineare il pregio e valore della fotografia italiana, verso la quale indirizziamo le nostre riflessioni e considerazioni, il seducente Pday si è proposto come momento riservato ai fotografi, in una serata a loro dedicata. Istantanee di un ritrovo conviviale, al quale ha partecipato una qualificata qualità di professionisti di alto profilo
Lucas, Gianni Berengo Gardin, Gian Paolo Barbieri, Oliviero Toscani e Settimio Benedusi.
aver accompagnato i post in Facebook, postati in tempestività. In supplemento, ancora qualche annotazione, per sottolineare le presenze. Cominciamo con i fotografi, che hanno animato l’appuntamento. Ovviamente, passerella d’onore per l’ospite Gian Paolo Barbieri, con il concentrato e accorto assistente Manuel Randazzo, la cui fotografia di moda (e altro ancora [la nostra considerazione più recente sui suoi fiori inediti, in FOTOgraphia, dello scorso marzo, con lancio dalla copertina]) si è idealmente incontrata con quella di Settimio Benedusi, Giovanni Gastel e Oliviero Toscani, straordinari comunicatori. Il fotogiornalismo di (continua a pagina 41)
ILARIO PIATTI
Ovviamente, e a complemento, non sono mancate le fotoricordo posate, complementari alla documentazione della serata (ritratti colti al volo), svolta da Alessandro Di Mise, Ilario Piatti e Francesco Zanet, e alla diretta streaming, curata e gestita da Roberto Ghislandi e Sauro Sorana. Proprio la cordialità di queste fotoricordo -in posati davanti ai banner ufficiali della serata, con segnalazione delle contribuzioni, partecipazioni e collaborazioni tecniche- esprime il clima della serata, il piacere di incontrarsi, la soddisfazione per la situazione che si è andata creando. La combinazione tra queste fotoricordo posate e i ritratti colti al volo scandisce il ritmo del Pday : in estratto su queste pagine, dopo
35
Gian Paolo Barbieri, Marirosa Toscani Ballo e Oliviero Toscani.
Pday (13 marzo 2015): in allestimento, presso lo studio di Gian Paolo Barbieri, a Milano.
36
FRANCESCO ZANET (2) / ILARIO PIATTI
ILARIO PIATTI (2)
Giovanni Gastel, Gian Paolo Barbieri e Oliviero Toscani.
Maurizio Galimberti e Gianni Berengo Gardin in posa, per fotoricordo.
Oliviero Toscani, Giovanni Gastel e Antonio Mecca.
Mauro Mori, Gian Paolo Barbieri e Manuel Randazzo.
ALESSANDRO DI MISE ILARIO PIATTI
ILARIO PIATTI (2) / FRANCESCO ZANET
Gianni Berengo Gardin firma il banner del Pday.
Ryuichi Watanabe e Gianni Berengo Gardin.
37
ILARIO PIATTI
Marirosa Toscani Ballo e Settimio Benedusi.
Dal countdown di avvicinamento al Pday (13 marzo 2015): Filippo Rebuzzini con Maurizio Galimberti (-9), Settimio Benedusi (-7) e Uliano Lucas (-4).
38
ILARIO PIATTI (6)
ALESSANDRO DI MISE
Giovanni Gastel.
Oliviero Toscani.
ALESSANDRO DI MISE
Uliano Lucas e Gianni Berengo Gardin.
ILARIO PIATTI
Ancora countdown di avvicinamento al Pday: con Gian Paolo Barbieri (-1). E, poi, con Oliviero Toscani e Antonio Rao.
39
Chiara Lualdi, Manuel Randazzo, Filippo Rebuzzini, Amedeo Novelli, Elisa Contessotto, Maurizio Rebuzzini e Gian Paolo Barbieri.
Avvio del Pday (lo scorso tredici marzo): introduzioni di Maurizio Rebuzzini e Filippo Rebuzzini; adesione di Giovanni Gastel, presidente Afip.
40
ILARIO PIATTI (3)
ILARIO PIATTI (2)
Photo editor: Mariella Sandrin, Elena Ceratti, Mariateresa Cerretelli, Luciano Bobba e Lello Piazza.
Sandrin e Luciano Bobba, con Elena Ceratti, per decenni nello staff dell’Agenzia Grazia Neri, che ora coordina le attività della qualificata associazione di categoria (tra le quali si segnala l’autorevole Premio Ponchielli, i cui primi dieci anni sono stati raccontati in una avvincente monografia; FOTOgraphia, marzo 2015). Ancora dal mondo fotografico italiano e dintorni: Fabio Novembre (architetto e designer), Marcello Carino (MyLoft, di Milano, spazio polifunzionale), Andrea De Polo (Fratelli Alinari), Giancarlo D’Emilio (FOTOgeniaCOM), Marika Gherardi e Matilde Cicchelli (Fujifilm Italia), Maurizio Garofalo (photo editor e critico), Roberto Marini e Massimo Pinciroli (ApromaStore), Fiorella Butti (dalla storia del commercio), Mauro Mori (designer di mobili e complementi d’arredo), Kevin McManus (Università Cattolica del Sacro Cuore), Marco Lamberto (Instagramers Italia), Roberto Spaiardi (stampatore, Laboratorio Parolini, di Milano), Antonio Mecca (CNA - Professioni), Ryuichi Watanabe e Giordano Suaria (New Old Camera, di Milano), Giada Triola e Andrea Pacella (Leica Italia), Jacopo Peretti Cucchi (Orgoglio Nerd) e Barbara Gemma La Malfa (Poli.Radio). In ultimo, lo staff redazionale: Beppe Bolchi, Elisa Contessotto, Chiara Lualdi, Amedeo Novelli, Lello Piazza e Filippo Rebuzzini (che ha ideato l’incontro). Appuntamento al prossimo Pday. ❖
Il Pday (13 marzo 2015) si è svolto a Milano, presso lo studio di Gian Paolo Barbieri.
Maurizio Galimberti e Settimio Benedusi.
Settimio Benedusi e Oliviero Toscani.
FRANCESCO ZANET
ILARIO PIATTI (2) / ALESSANDRO DI MISE
(continua da pagina 35) Gianni Berengo Gardin, Uliano Lucas e Francesco Zanet, in una confortevole successione generazionale, si è “alternato” allo still life di food di Renato Marcialis (Calendario Epson 2015: Luci e ombre), alla esuberante creatività espressiva di Maurizio Galimberti (eloquente Instant Artist che anima la fotografia contemporanea) e alla compostezza della fotografia di design e arredamento di Marirosa Toscani Ballo (che con il marito Aldo Ballo, nello studio Ballo + Ballo, ha definito sia un irripetibile cammino fotografico sia la storia del design nel nostro paese). Quindi, il fotografo di viaggi Stefano Zarpellon, il fotogiornalista Emiliano Scatarzi (Fotografi Senza Frontiere) e il fotocronista Alessandro Di Mise (con visioni fotografiche di ampia progettualità) hanno fatto paio con fotografi di sala di posa, per pubblicità e catalogo, che stanno anche sostenendo l’attualità associativa dell’Afip (Associazione Fotografi Professionisti International), nella sua dinamica consistenza propositiva: Roberto Ghislandi, Andreas Ikonomu, Altin Manaf e Sauro Sorana. Ancora: costruttiva e esemplare l’esperienza di Antonio Rao e Umberto Ciprì, di Tokay Creative Studios, di Palermo. Per il Grin (Gruppo Redattori Iconografici Nazionale), sono stati presenti al Pday i photo editor Mariateresa Cerretelli, Mariella
Oliviero Toscani e Maurizio Rebuzzini.
41
Nel 2006, il versatile banco ottico Silvestri S5 Micron è stato incluso nel selettivo novero degli oggetti di design insigniti del prestigioso e autorevole Premio Compasso d’Oro ADI. Onore a Vincenzo Silvestri e al designer Gabriele Gargiani. Il Premio Compasso d’Oro si offre e propone come il maggior riconoscimento alla progettualità e alla produzione italiana, e mantiene nel mondo un’elevata considerazione, dimostrata anche dal continuo successo delle mostre della Collezione storica.
*Ovviamente, non è vero: si tratta di stare insieme... con intelligenza
offerta unica a MILLE EURO!* Silvestri S5 Micron schiccolata
Derivata dalla efficace D810, la reflex specialistica e specializzata Nikon D810A è indirizzata all’astrofotografia. Grazie al filtro rivolto e indirizzato al taglio ottico (perfezionato nella banda iR 656nm), offre e propone una sensibilità alla gamma di spettro H-alfa quattro volte superiore, rispetto ogni configurazione fotografica convenzionale e tradizionale. Nello specifico, la D810A assicura la registrazione nitida, fedele, autentica e realistica dei colori delle nebulose, emessi sulla lunghezza d’onda idrogeno-alfa, senza necessità di alcuna modifica e/o adattamento al corpo macchina. Le sue caratteristiche finalizzate si combinano insieme per consentire e assicurare immagini dell’Universo spettacolari e dettagliate di Antonio Bordoni
Sulla base delle prestazioni fotografiche originarie della D810, la Nikon D810A è una reflex specialistica e specializzata indirizzata all’astrofotografia. Dispone di funzioni specifiche e dedicate alla più pertinente ed efficace registrazione di fotografie del cielo (dello Spazio, dell’Universo), con predisposizione alla fotografia notturna di ampi campi. La sua ragguardevole risoluzione di immagine di ben 36,3 Megapixel si combina con il formato di ripresa FX (full frame) e con sensibilità fino a 12.800 Iso equivalenti, che si possono estendere fino a 51.200 Iso equivalenti, con efficace riduzione disturbo 3D per immagini definite anche alle più alte sensibilità Iso equivalenti.
O
vvio. Perfino scontato. Proseguendo con la propria linea di richiami personalizzati “I AM” (io sono), Nikon certifica in modo energico e perentorio la personalità esplicita della nuova reflex D810A... studiata per l’astrofotografia. Da cui: I AM INTERSTELLAR. Subito specificato: reflex in formato FX (full frame), la Nikon D810A dispone di funzioni specifiche e dedicate alla più pertinente ed efficace registrazione di fotografie del cielo (dello Spazio, dell’Universo), con una ragguardevole risoluzione di immagine di ben 36,3 Megapixel. Facile a dirsi, si tratta di una versione derivata e finalizzata della reflex Nikon D810, che sta scandendo tempi tecnico-commerciali di prestigio e alto valore. Grazie al filtro rivolto e indirizzato al taglio ottico (perfezionato nella banda iR 656nm), la D810A offre e propone una sensibilità alla gamma di spettro H-alfa quattro volte superiore, rispetto ogni configurazione fotografica convenzionale e tradizionale. Quindi, e a conseguenza diretta, per la prima volta, una reflex Nikon è in condizioni ideali (e perfette) per una applicazione fotografica tanto specifica, quanto mirata. In traduzione, la D810A assicura la registrazione fedele, autentica e realistica dei colori delle nebulose, emessi sulla lunghezza d’onda idrogeno-alfa, senza necessità di alcuna modifica e/o adattamen-
VERSO LE STELLE ASTROFOTOGRAFIA DI TAKAYUKI YOSHIDA
TAKAYUKI YOSHIDA (2) DI
ASTROFOTOGRAFIE
to al corpo macchina. Insieme al nuovo filtro appena richiamato, una sensibilità confortevolmente elevata, l’eccellente risoluzione e una vasta gamma di funzioni caratteristiche si combinano insieme per consentire e assicurare spettacolari e dettagliate immagini dell’Universo.
NOTE UFFICIALI
Dotata di filtro rivolto e indirizzato al taglio ottico (perfezionato nella banda iR 656nm), la Nikon D810A offre e propone una sensibilità alla gamma di spettro H-alfa quattro volte superiore, rispetto ogni configurazione fotografica convenzionale e tradizionale.
46
A proposito di questa configurazione, tanto specifica, tanto poco rivolta al più ampio mercato, tanto blasonata all’interno di un sistema fotografico di prestigio, tanto meritevole di attenzione (indipendentemente dalla sua possibile e potenziale redditività tecnico-commerciale), con sacrosanto orgoglio, Nikon ha dichiarato: «La D810A è un potente strumento nato per realizzare immagini straordinarie dello Spazio, anche quello più remoto. La D810, che già ha presentato vantaggi rispetto gli altri modelli precedenti, viene -dunque- proposta anche in versione “A” dedicata alla fotografia astronomica. D’altronde, in questo particolare segmento della fotografia, i dettagli e la precisione assoluta sono fondamentali... e la D810A li garantisce entrambi». Studiato per garantire la registrazione/ripresa fino ai minimi dettagli, il sensore di acquisizione digitale di immagini in formato FX / full frame della Nikon
D810A (ereditato dalla D810, per quantità/qualità di pixel) consente di ottenere fotografie da 36,3 Megapixel caratterizzate da contrasto elevato e con minimo sfalsamento dei colori. La sensibilità standard da 200 a 12.800 Iso equivalenti può essere estesa fino a 51.200 Iso equivalenti; mentre la riduzione disturbo 3D assicura immagini precise ed estremamente definite, anche con elevate sensibilità Iso equivalenti. In combinazione, il rapido e potente processore di elaborazione di immagini Expeed 4 perfeziona le prestazioni complessive della reflex e riduce al minimo le aberrazioni cromatiche. Nella propria configurazione specialistica e specializzata, la Nikon D810A garantisce risultati impossibili da ottenere con una reflex digitale consueta (e standard). Non per caso, deriva dalla D810, che ha conquistato una particolare fama e autorevolezza nel mondo degli astrofotografi, soprattutto in relazione alla sua particolare potenza... adatta e adeguata a fotografare il cielo notturno. Però! Però, è stato necessario intervenire sul sensore di acquisizione, perché la sua configurazione standard non garantisce la registrazione ottimale delle nebulose, che emettono radiazioni nella lunghezza d’onda H-alfa. Ancora, e in combinazione, per evi-
FOTOGRAFIA DI TOSHIO USHIYAMA (AF NIKKOR 14mm f/2,8 - 3200 ISO - f/2,8)
tare dominanti rosse causate da radiazioni iR, i filtri ottici delle reflex digitali tradizionali limitano la trasmissione della luce nell’intervallo del visibile. Per cui le caratteristiche del filtro ottico della Nikon D810A sono state modificate per aumentare la trasmissione di luce rossastra dalla gamma spettrale idrogeno-alfa di circa quattro volte (rispetto la D810). Di conseguenza, e come già anticipato, si può registrare il meraviglioso rosso delle nebulose -emesso sulla lunghezza d’onda H-alfa- senza modifiche supplementari. Ancora, i vantaggi della configurazione dedicata D810A sono evidenti anche nelle fotografie notturne di ampi campi e di paesaggi stellari.
IN PARTICOLARE La reflex specializzata Nikon D810A assicura la registrazione fedele, autentica e realistica dei colori delle nebulose, emessi sulla lunghezza d’onda idrogeno-alfa, senza necessità di alcuna modifica e/o adattamento al corpo macchina.
48
Dotata di sostanziose funzioni individuali, particolari e dedicate, la Nikon D810A risolve in modo efficace le problematiche specifiche dall’astrofotografia. Oltre le impostazioni temprate di posa B e posa T, la rinnovata modalità di esposizione lunga manuale consente di effettuare esposizioni fino a novecento secondi. Quindi, per ridurre al minimo le vibrazioni interne durante l’esposizione, si può attivare l’otturazione elettronica sulla prima tendina e ridurre il rischio di micro mosso, al fine di garantire la restituzione ottimale fino ai più minuti dettagli del soggetto.
Durante le riprese in Live View, l’anteprima dell’esposizione virtuale delle impostazioni posa B e T facilita la messa a fuoco e l’inquadratura. Al pari di quanto accade con la D810 (di origine), l’immagine visualizzata in Live View può essere ingrandita fino a 23x, consentendo di controllare i connotati fondamentali della messa a fuoco. Quando si inquadra con il mirino reflex, un orizzonte virtuale rosso permette di verificare che la composizione sia in piano (in bolla). Studiata per riprese prolungate, l’elettronica a risparmio energetico della Nikon D810A garantisce l’acquisizione di migliaia di immagini con esposizioni lunghe. La batteria EN-EL15 ad alta capacità fornisce una consistente autonomia, fino a tremilaottocentosessanta fotografie (3860) con una singola carica; e altre soluzioni consentono di aumentare ulteriormente l’autonomia: per esempio, il Multi-Power Battery Pack Nikon MB-D12 (opzionale) consente di acquisire fino a diecimilaseicentosessanta immagini con una singola carica (10.660). Ovviamente, non manca la registrazione video: D-Movie multi-area, per filmati Full HD (1080p) in formato FX e DX a 50p/60p. Durante le riprese è possibile accedere all’intervallo completo di sensibilità Iso equivalenti e controllare il tempo di posa, l’apertura e i livelli audio. ❖
GALLERIA CIVICA DI MODENA (2)
Giovanni Cozzi: l’attore Carlo Verdone (1998).
di Angelo Galantini onsistente e invitante, l’allestimento della mostra The Cinema Show, nella Sala Grande di Palazzo Santa Margherita, a Modena, fino al prossimo sette giugno, consacra la raffigurazione fotografica alla rappresentazione e documentazione del cinema. Organizzata e prodotta dalla autorevole Galleria Civica di Modena Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, la selezione delle immagini è stata curata da Daniele De Luigi e Marco Pierini. Un nucleo consistente attinge al fondo Franco Fontana, altre numerose fotografie provengono da nuove acquisizioni, che stanno arricchendo il patrimonio complessivo della Galleria. Al proposito, e in anticipo sui contenuti di questo avvincente appuntamento, è doveroso ribadire considerazioni sulla specificità di ruolo del fotografo di scena (che in Italia può riconoscersi nell’associazione di categoria Afs - Associazione Fotografi di Scena). Con la sua sapiente azione, discreta e riservata, il fotografo di scena svela fantastici dietro-le-quinte della definita fabbrica dei sogni. Testimone di affascinanti avventure, è un tramite che racconta emozioni, ma anche lavoro e applicazione.
C
I FOTOGRAFI DI SCENA
Pino Settanni: il regista Mario Monicelli, dalla serie Lo sguardo del cinema (2003).
50
Per puntualizzare la personalità fotografica di questi straordinari autori, che agiscono lontano dalle luci della ribalta, pur lavorando sotto quei riflettori cinematografici accesi sull’incantevole e meravigliosa fabbrica di sogni, sono illuminanti alcune rivelazioni/rilevazioni di addetti al lavoro, che sanno dar peso e valore al contributo visivo dei fotografi di scena. Il regista Pasquale Squitieri ha osservato che «Il fotografo di scena è il testimone unico dell’avventura di un film. Il suo lavoro paziente documenta emozioni, disagi, magie amori e discordie. Spesso, quei documenti resteranno il solo ricordo di quei giorni, di quegli uomini e donne, di quella storia da raccontare». La trascrizione fotografica è emblematica e simbolica, oltre che ricca di significati propri autonomi, come ha annotato il montatore Roberto Perpignani:
È CINEMA! Un consistente corpus di immagini, in equilibrio tra posati, cronaca e dietro-le-quinte, dà rilievo all’affascinante avventura del cinema. In pertinente combinazione con ritratti e momenti privati, la fotografia di scena è un tramite che racconta emozioni, ma anche lavoro e applicazione. In mostra a Modena, The Cinema Show presenta circa quaranta autori e un insieme di immagini affascinanti, che compongono i termini e tratti del sogno individuale. Forse
51
Claude Nori: Robert De Niro sul set di Novecento (1976).
Douglas Kirkland: l’attore Dustin Hoffman (1988).
(centro pagina, in alto) Pierluigi Praturlon: l’attrice Carroll Baker nella sua casa di Hollywood (1964).
(centro pagina, in basso) Leigh Wiener: Marilyn Monroe (1958).
52
«Ogni volta che ci disponiamo a definire qualcosa, dovremmo essere consapevoli di rischiare di cadere in una trappola. Come si può descrivere qualcosa, come la fotografia di scena, che appare così contraddittoria nei termini stessi attraverso i quali si cerca di nominarla? La fotografia è nata all’insegna della cattura del reale, e ha sempre giocato sul valore prevalente, sino a divenire sinonimo di testimonianza oggettiva. La scena è il luogo della rappresentazione, della proiezione di se stessi prendendo a pretesto delle forme condivisibili. Combinare questo strabismo in una dote professionale sembra paradossale ma, come tutte le sfide, è misterioso e attraente». La domanda è di sostanza, e si rivolge alla capacità professionale e interpretativa dei singoli operatori, dei singoli autori. Al proposito, il critico Morando Morandini
arriva al punto: «Le centinaia di fotografie di film che, in allegro e calcolato disordine, si erano accumulate nel mio archivio soffrivano -come dire?- di ambiguità genetica: erano riproduzioni di fotogrammi di film, come avevo sempre creduto, oppure fotografie di scena, cioè scattate subito dopo la ripresa di un’inquadratura o di una scena dal punto di vista della macchina da presa?». Qui sta una delle discriminanti. Infatti, Morando Morandini prosegue affermando che proprio questa questione «fu l’inizio di una serie di domande: che differenza c’è o può esserci tra un fotogramma e la fotografia di scena che gli corrisponde? quante delle illustrazioni che sono comprese nei libri di cinema sono fotogrammi e quante fotografie di scena? si fanno ancora i “si gira”, cioè le fotografie di lavorazione, nelle quali il campo ripreso è più ampio della corrispondente
GALLERIA CIVICA DI MODENA (8)
inquadratura del film? in quali casi il fotografo di scena può ottenere dall’operatore una modifica all’illuminazione di una scena affinché la fotografia risulti migliore o, comunque, più illuminata? nel proprio lavoro qual è il margine di creatività possibile per un fotografo di scena? Hanno compiti diversi, in fondo: un cineoperatore lavora sul movimento, mentre la fotografia è statica: deve cogliere l’attimo fuggente». In un certo senso, risponde il direttore della fotografia Ennio Guarnieri, quando rileva che «Nella fotografia, a volte, un solo fotogramma può contenere un’immagine piena di vita; nel cinema, molto spesso, migliaia di fotogrammi racchiudono il nulla». L’osservazione non va intesa nella propria apparente drasticità, quanto, più opportunamente, nell’allegro paradosso che introduce e sul quale attira l’attenzione.
L’approfondimento spetta a Elisabetta Bruscolini, responsabile della Fototeca della Scuola Nazionale di Cinema: «Sono queste immagini che, più di ogni parola o saggio critico, rendono giustizia al lavoro del fotografo di scena, mostrando a un osservatore attento quanto la fotografia si discosti dalla ripresa e si conquisti una propria autonomia, lontano dall’essere una banale riproduzione di quello che il direttore della fotografia ha illuminato, il regista deciso, gli attori interpretato. Alcune fotografie sono vere e proprie opere artistiche, poiché il fotografo ha impresso nello scatto una propria particolare sensibilità nel riprodurre l’atmosfera di quel particolare film, lo spirito di una inquadratura, l’anima segreta di uno scorcio. La “realtà” scenica che il fotografo rappresenta è frutto di una creatività, che riesce a essere in sintonia con il lavoro
Gina Lollobrigida: Eduardo De Filippo in camerino (1970).
(in alto) Tazio Secchiaroli: il regista Federico Fellini sul set di 8½ (1962).
(centro pagina, in alto) Ugo Mulas: Totò (1957).
(centro pagina, in basso) Jean-François Bauret: l’attore Klaus Kinski con suo figlio Nanoï (1979).
53
Giovanni Cozzi: l’attrice Cristiana Capotondi (2007).
(centro pagina, in alto) Giovanni Cozzi: l’attrice Claudia Gerini (2001).
(centro pagina, in basso) Horst P. Horst: Marlene Dietrich (1947).
54
del regista e dell’operatore, e al contempo a infondere alla fotografia un che di unico e personale». Proprio Elisabetta Bruscolini definisce la figura del fotografo di scena, che si presenta nella attuale selezione modenese The Cinema Show : «Mestiere che è sempre stato fondamentale per promuovere e far conoscere i film ben prima che escano nelle sale, e che consente ancor oggi di illustrare libri e riviste, di studiare la storia del cinema, anche in assenza della pellicola, scoprendo talvolta film perduti, scene mai montate o presenze di attori poi parzialmente o totalmente ignorati nel montaggio finale». Annotazione aggiuntiva e conclusiva del regista Ferzan Özpetek, lapidaria e assoluta nella propria espressione: «I fotografi di scena, ovviamente se sono bravi, forse sono gli unici che riescono a leggere l’a-
nima del film. Io ho avuto la fortuna di avere bravi fotografi di scena, che tante volte mi hanno suggerito anche le inquadrature».
THE CINEMA SHOW Nello specifico del consistente e invitante allestimento scenico della mostra The Cinema Show, a Modena, fino al prossimo sette giugno, a cura di Daniele De Luigi e Marco Pierini, il percorso espositivo abbraccia un secolo di cinema: dal cortometraggio sperimentale Thaïs, di Anton Giulio Bragaglia, del 1917, lungo tutto il Novecento fino ai film italiani e internazionali degli ultimi anni e ai relativi protagonisti, da Woody Allen a Bill Murray, da Nanni Moretti a Paolo Sorrentino. Fotografie di scena, ritratti in studio, scatti eseguiti durante le pause sul set, oppure di sorpresa, restitui-
GALLERIA CIVICA DI MODENA (6)
scono un affresco variopinto del mondo del cinema e la sua dimensione sospesa tra realtà e immaginario. Celebri registi sono rappresentati sui set dei loro film, in momenti di concentrazione (Luchino Visconti, Michelangelo Antonioni), impegnati in intense conversazioni con gli attori (Bernardo Bertolucci con Gérard Depardieu, in Novecento; Pier Paolo Pasolini con Maria Callas, in Medea) o intenti a illustrare l’esecuzione della scena (Federico Fellini, in 8½; i fratelli Paolo e Vittorio Taviani, in Kaos). The Cinema Show è scandita con opere di circa quaranta fotografi, alcuni dei quali hanno dedicato un’intera vita professionale al cinema, altri che nel corso della propria carriera ne hanno ritratto i protagonisti in modo occasionale. Tra gli autori, Philippe Antonello, Enrico Appetito,
Franco Bellomo, Anton Giulio Bragaglia, Jean-François Bauret, Giovanni Cozzi, Chico De Luigi, Franco Fontana, David Gamble, Marcello Geppetti, Pino Guidolotti, Horst P. Horst, Emilio Lari, Erich Lessing, Gina Lollobrigida, Umberto Montiroli, Luciana Mulas, Ugo Mulas, Claude Nori, Gabriele Pagnini, Federico Patellani, John Phillips, Roger Pic, Pierluigi Praturlon, Paul Ronald, Gianfranco Salis, Tazio Secchiaroli, Pino Settanni, Angelo Turetta, Mario Tursi. ❖ The Cinema Show, a cura di Daniele De Luigi e Marco Pierini. Galleria Civica di Modena Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, Sala Grande di Palazzo Santa Margherita, corso Canalgrande 103, 41121 Modena. Fino al 7 giugno; fino al 17 aprile, mercoledì-venerdì 10,30-13,00 - 15,00-18,00; sabato, domenica e festivi 10,30-19,00; dal 18 aprile al 7 giugno, mercoledì-venerdì 10,30-13,00 - 16,00-19,30; sabato, domenica e festivi 10,30-19,30.
Anton Giulio Bragaglia: nel lungometraggio Thaïs, l’attrice Thaïs Galitzky davanti a un fondale decorato da Enrico Prampolini (1917).
(centro pagina, in alto) Gabriele Pagnini: il regista John Huston.
(centro pagina, in basso) Pino Guidolotti: l’attore Gérard Depardieu all’Hotel Excelsior, Venezia (1985).
55
La fotografia come nessun altro l’ha mai raccontata.
maggio 2015
MAURIZIO GALIMBERTI: RICERCA PERSONALE E CREATIVA A MARRAKECH. In Fuji Instax
POTENZA DEL FUMETTO
The Incredible Hulk / 1, settembre 1962; disegno di Jack Kirby. Even an Android Can Cray!, in The Avengers / 58, novembre 1968; sceneggiatura di Roy Thomas, disegno di John Buscema. Venus / 11, novembre 1950.
If This Be Modok!, in Tales of Suspense / 94, ottobre 1967; sceneggiatura di Stan Lee, disegno di Jack Kirby.
58
di Angelo Galantini
C
onsiderazione d’obbligo. Fin dalle proprie origini, nel 1939, Marvel Comics si è offerta e proposta come autentica e inviolabile Casa delle Idee: diciamola così. Alla corte dell’artefice Martin Goodman, i creatori di fumetti hanno interpretato un’ipotesi (fantastica) di salvaguardia del mondo, della civiltà (occidentale), così come si intende mantenere, proteggere e preservare. Il clima temporale non è secondario: quantomeno, la leggiamo anche in questo modo, all’alba annunciata e prevista di uno spaventoso sconvolgimento planetario, innescato dai propositi di espansione e dominio territoriale della Germania del Terzo Reich. La risposta a fumetti, nella docile complicità dei fu-
metti, si è affidata a supereroi dotati di capacità oltre l’umano... invincibili nel mondo reale: da Human Torch (torcia umana) all’implacabile signore del mare SubMariner, all’inesorabile Capitan America, Marvel Comics ha creato un universo mitologico sulla Terra, in un mondo che i lettori hanno potuto riconoscere come il più vicino/prossimo alla propria vita quotidiana, in equilibrio tra angoscia e humour. A seguire, nei primi anni Sessanta, questo approccio audace ha portato alla creazione di altri eroi, che si sono presto imposti come personaggi simbolo della casa editrice: sopra tutti, Spider-Man, The Incredible Hulk, i Fantastic Four, Iron Man, gli Avengers, Thor e X-Men, in una stringa di singolare grandezza e valore. Da cui, non certo per caso, ma per conseguenza diretta, quell’epoca è celebrata e storicizzata come
© MARVEL / COURTESY TASCHEN (4)
Continua l’esplorazione nel mondo dei supereroi a fumetti, molti dei quali (tutti?) sono peraltro trasmigrati al cinema. Dopo i casellari dedicati alla DC Comics, il solerte editore tedesco Taschen Verlag, con mirabile proiezione internazionale, affronta anche la schedatura ragionata e commentata di Marvel Comics e dei suoi fantastici personaggi. Una volta ancora, ci esprimiamo soprattutto a parole, per rilevare, sottolineandole, le peculiarità del racconto illustrato, fondato sulla riflessione indotta al lettore, che ci influenza tanto quanto la fotografia ci accompagna
Marvel Tales / volume 1, numero 6, dicembre 1939; di J.W. Scott.
God and Country, in Daredevil / 232, luglio 1986; sceneggiatura di Frank Miller, disegno di David Mazzucchelli.
la Marvel Age, l’Epoca Marvel dei comics, un’epoca popolata da un pantheon di eroi senza macchia, mostri incompresi e personalità dal cuore nobile.
INTENSO CASELLARIO
Lo statunitense Roy Thomas, che ha curato l’edizione di 75 Years of Marvel Comics. From the Golden Age to the Silver Screen è un fumettista, scrittore di fumetti e curatore editoriale; è subentrato a Stan Lee nel ruolo di capo redattore alla Marvel Comics (dal 1972 al 1974). Dal 1965, ha scritto per il cinema, la televisione e libri. Attualmente, dirige la rivista a fumetti Alter Ego.
60
1939-2014: in occasione del settantacinquesimo anniversario della casa editrice, la corposa monografia 75 Years of Marvel Comics. From the Golden Age to the Silver Screen, a cura di Roy Thomas, si offre come grande opera di analisi dei più influenti supereroi del secondo Novecento. Fantastica rassegna che non si limita alla passerella e analisi dei (tanti) personaggi, ma si allunga sulle personalità, particolarità e individualità dei creatori (sceneggiatori e illustratori), le cui identità sono celebri e familiari almeno tanto quanto sono compresi gli elementi distintivi degli stessi personaggi pensati e inventati: Stan “The Man” Lee e Jack “King” Kirby sopra tutti; quindi, Steve Ditko, John Romita, John Buscema, Marie Severin e tanti altri (biografie di trecento autori). Comprensivo di sostanziosi saggi del curatore Roy Thomas, già capo redattore di Marvel Comics (e altro ancora), 75 Years of Marvel Comics. From the Golden Age to the Silver Screen penetra nel cuore di migliaia di personaggi in costume che continuano a combattere la buona battaglia della vita nei fumetti, in film e nelle trasposizioni in giocattoli venduti in tutto il mondo.
(ANCORA) A PROPOSITO DI FUMETTI Già ne abbiamo riferito, nell’aprile 2013, e qui è richiesta una ripetizione, in forma ribadita. In tempi sostanzialmente recenti, la letteratura a fumetti ha offerto numerose e consistenti sceneggiature al cinema, che ne ha trasposti molti: alcuni in maniera egregia, altri senza alcun sapore effettivo. Allo stesso momento, praticamente tutti i supereroi hanno avuto la propria brava trasposizione cinematografica: anche qui, alcuni
© MARVEL / COURTESY TASCHEN (2)
CAMERA COMICS
La positività dei supereroi dei fumetti Marvel Comics, censita in misura pertinente dalla sontuosa monografia 75 Years of Marvel Comics. From the Golden Age to the Silver Screen, a cura di Roy Thomas, risponde a un motivo conduttore trasversale alla cultura statunitense, oltre che alla sua proiezione planetaria. In questo senso, rientrando in un territorio fotografico specifico e ufficiale, non possiamo ignorare l’esperienza di una collana di fumetti, dichiaratamente finalizzata, esplicitamente fotografica. Riprendiamo, ripetendole, note già registrate nel giugno 2012, in un richiamo specifico e dedicato: pubblicato negli Stati Uniti dall’ottobre 1944 all’estate 1946, Camera Comics è stato un fumetto che ha declinato il supereroe fotografico in chiave di supporto e sostegno all’impegno bellico (Seconda guerra mondiale). Al pari di altri fumetti, per questo Camera Comics (in traduzione logica Fumetti fotografici), la sola componente fotografica, che pure lo definisce, non è sufficiente. In approfondimento necessario, il fumetto richiede ed esige una propria collocazione storica e sociale, alla quale la fotografia ha offerto efficaci spunti scenografici. Camera Comics è stato pubblicato in nove fascicoli periodici, che si sono allungati dall’ottobre 1944, di origine, all’estate 1946, di inevitabile conclusione. Realizzato dallo stesso editore del mensile specializzato U.S. Camera, è stato un fumetto di tipo propagandistico, che ha sostenuto a proprio modo e con i propri mezzi (popolari) lo sforzo bellico degli Stati Uniti, ai tempi impegnati sui fronti della Seconda guerra mondiale. Non certo per caso, la copertina del primo fascicolo di partenza raffigura un gesto fotografico che ha stretti legami di parentela, quantomeno visiva, quantomeno logistica, con una azione di guerra. Infatti, per quanto attribuibile alla genìa di una vasta serie di configurazioni tecniche analoghe e coincidenti, a partire da quella più nota, prodotta dalla statunitense Fairchild Aerial Camera Company, l’apparecchio fotografico tenuto tra le mani dall’intrepido aviatore ha tratti in comune con una qualsivoglia mitragliatrice: da cui, l’identificazione rapida potrebbe essere stata sviata dall’argomento fotografico annunciato all’azione di guerra evocata. Non certo per caso, ancora, nella fascicolazione delle cinquantadue pagine dello stesso primo numero (e la fogliazione è rimasta immutata per tutti i nove numeri di Camera Comics) si alternano soprattutto, e quasi soltanto, storie di guerra, che danno gloria a gesti eroici. Così che, deduciamo con facilità e probabilità: Camera Comics si profila come una delle tante iniziative a sostegno e supporto di uno sforzo bellico, quello della Seconda guerra mondiale, che nell’autunno 1944 cominciava ad avere il fiato corto. Di fatto, pur divagando ad ampio raggio, ognuno dei nove numeri di Camera Comics ha mantenuto alta l’attenzione sulle vicende belliche, con storie sceneggiate a misura: citazione d’obbligo per la copertina del numero Tre del fumetto, sulla quale un’intrepida fotografa militare statunitense abbatte un soldato tedesco, colpendolo con la propria macchina fotografica usata in “offesa”. In tutti i casi, la struttura di ogni numero si è replicata costantemente, con coerente presenza dei personaggi ricorrenti nelle sceneggiature a fumetti: Jim Lane, investigatore assicurativo con abbondante uso di macchina fotografica; Kid Click (onomatopeico), attento fotografo della vita quotidiana; Linda Lens (ancora onomatopeico, quasi), fotogiornalista professionista (in anticipo su altre eroine fotografe che sarebbero arrivate nei decenni a seguire: sopra tutte, Valentina, di Guido Crepax); Art Fenton, in sicuro omaggio al primo fotografo di guerra, accreditato come tale, l’inglese Roger Fenton, della guerra in Crimea, di metà Ottocento (in tempi di collodio umido). Ovviamente, l’intento propagandistico ha sostanzialmente condizionato le sceneggiature delle singole storie a fumetti, che dopo settant’anni mostrano l’implacabile azione del tempo: sono così lontane dai fumetti attuali, da apparire grottesche nel proprio ricercato eroismo senza macchia, né paura.
61
© MARVEL / COURTESY TASCHEN (2)
Tavola interna da Strange Tales / 128, gennaio 1965; disegno di Steve Ditko. Dettaglio dalla copertina di Mystic / 3, luglio 1951; disegno di Mike Sekowsky e Carl Burgos.
75 Years of Marvel Comics. From the Golden Age to the Silver Screen, a cura di Roy Thomas, art direction di Josh Baker; Taschen Verlag, 2014 (distribuzione: Inter Logos, strada Curtatona 5/2, Località Fossalta, 41126 Modena; www.libri.it); in italiano; duemila illustrazioni; 712 pagine 29x39,5cm, cartonato; 150,00 euro.
62
con successo, spesso proporzionale alla propria qualità formale e di contenuto, altri senza lode né merito. Insomma, tutto nelle regole dei giochi. A questo punto, dopo aver sottolineato che la distinzione per case editrici (nell’attuale specifico, Marvel Comics) interessa solo l’aspetto imprenditoriale della vicenda, che riguarda gli addetti, rileviamo come il pubblico percepisca soltanto i personaggi, senza alcuna forma di antagonismo. Al pari del cinema, della narrativa, della musica, ognuno non legge solo un fumetto, ma ne frequenta la totalità. È soltanto un’analisi dall’interno che valuta la loro provenienza, sia nazionale sia editoriale: come è per le produzioni cinematografiche, la pubblicazione di libri, il mondo della musica. A diretta conseguenza, cosa definisce la letteratura a fumetti statunitense, il suo racconto/romanzo illustrato, rispetto quella di altri paesi? Siccome ciò che conta è la storia, in analisi critica bisogna considerare come viene raccontata. A partire dai supereroi, che oggi richiamiamo con l’occasione della fantastica monografia 75 Years of Marvel Comics. From the Golden Age to the Silver Screen, la narrativa statunitense a fumetti è da tempo definita -non solo caratterizzata- da una schiera di eroi positivi in perenne conflitto con nemici negativi. E qui si colloca la caratteristica in base alla quale il fumetto statunitense si svolge, offrendo spazio individuale alla riflessione personale del lettore. A differenza, i fumetti italiani, sia storici sia contemporanei, sono altro: autoespressivi e basati su simbologie e ripetizioni stereotipate, dalle caratterizzazioni ai modi di dire. Anche i celebrati fumetti francesi sono altro, così come -per versi propri,- lo sono i Manga giapponesi. Eredi di una forma culturale fresca e senza radici antiche, i fumetti statunitensi pescano la propria struttura anche dalla storia del cinema americano, dove i problemi -quando si presentano- vengono affrontati con la frase
giusta al momento giusto e il piglio dell’avventura guardata direttamente negli occhi. Ecco come e quanto i fumetti statunitensi fanno ragionare, proponendo personaggi in critica o armonia con il proprio mondo. Per esempio, Hulk, della scuderia Marvel Comics, non può arrabbiarsi in una società che obbliga ad arrabbiarsi continuamente (e a indignarsi, anche). Per esempio, Superman, della scuderia DC Comics, si offre e propone come critica alla natura umana. La sua identità segreta Clark Kent rispecchia come il supereroe arrivato dallo spazio vede l’uomo: miope, codardo e debole. Per esempio, Iron Man, ancora Marvel Comics, è un costruttore di armi che rinnega la propria vita per dedicarsi alla soluzione positiva delle controversie sociali. Del resto, anche le strisce giornaliere, altro aspetto della letteratura illustrata, in questo caso in forma di riflessione caustica, arrivano dal quotidiano e si proiettano sul quotidiano. Basti pensare all’inserimento di Piperita Patty nel cast dei Peanuts, del compianto Charles M. Schulz: che all’alba dei secondi anni Settanta è la prima ragazzina del gruppo che possiede le chiavi di casa (perché i genitori debbono lasciarla sola, quando vanno al lavoro), che si muove con disinvoltura tra le pieghe dei propri impegni, che induce il lettore ad ammirarne la libertà e freschezza. Insomma, il fumetto statunitense incarna uno spirito sociale e di costume che propone. Certo, al pari di altro (cinema, letteratura, musica), è anche portatore di una cultura esportata a piene mani. Ma, attenzione, si sa dove e quando la riflessione individuale può partire, ma non si conosce affatto fin dove riesce ad approdare. E la curiosità e la conoscenza sono elementi portanti e irrinunciabili della nostra vita. Come e quanto i fumetti ci influenzano? Tanto quanto la fotografia ci accompagna. Giorno dopo giorno. ❖
Sguardi su
di Pino Bertelli (Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 14 volte febbraio 2015)
I
IL SALE DELLA TERRA
Il cinema, quando è grande, figura lo spirito corrosivo e le speranze tradite di un’epoca. Il film Il sale della terra. In viaggio con Sebastião Salgado, di Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado (figlio del fotografo), del 2014, contiene il gusto della bellezza, della raffinatezza, del coraggio propri a quanti fanno dell’arte di comunicare la denuncia della barbarie. Come sappiamo, Sebastião Salgado è un fotografo che incendia i tumulti dello sguardo e parla la lingua degli Ultimi, degli Esclusi, degli Offesi. Al tempo delle costruzioni delle nuove cattedrali (i centri commerciali), i talenti autentici sono rari; purtroppo, i fotografi esistono: si occupano di ornamenti e minuetti... e di sterilità felice richiesta da mecenati, caimani, politici indissociabili dalle casistiche della rapina neoliberista. In fotografia e in ogni forma d’arte, lo stile è l’espressione diretta della maestria svincolata da aberrazioni galleristiche o riconoscimenti prezzolati: è un’architettura dello spirito, una genialità che bene si accorda con le idee che irrompono nel razionale e lo ignudano di verità. L’entusiasmo degli ignoranti “colti”, disseminato nelle cloache della cultura servente, va combattuto; si tratta di amare il diverso da sé e rendere la vergogna di ogni potere ancora più vergognosa. La sovversione non sospetta della società consumerista e la pratica della verità dei libertari d’ogni-dove è sempre attuale: respingere dappertutto l’infelicità (Contro l’infelicità. L’internazionale situazionista, a cura di Stefano Taccone; Ombre corte / Cartografie, 2014). Il film-documentario di Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado è la raffigurazione commovente di uno dei più grandi fotografi dei nostri giorni: è una testimonianza radicale e una rifles-
sione profonda sulla condizione disumana nella quale versa l’intera umanità. L’aroma della fotografia autentica trabocca da ogni immagine di Sebastião Salgado, e afferma con sdegno salutare che gli uomini non vedono le cose nel modo in cui sono, ma le vedono nel modo in cui vivono, cioè da beoti dell’illusione elettorale o schiavi dell’ideologia comunista. Il mondo mantiene il proprio delirio sul fiato morente dei bambini. Le armi si sono sostituite alle parole, e in questo fiorente mercato di morte, gli uomini (specie i più ossequiosi a Dio e allo Stato) sono incapaci di comprendere che il povero fa più bene a se stesso e al proprio figlio, non quando bacia la mano al ricco, ma quando lo prende a calci in culo.
divenire di un’infinita malinconia, che anticipa catastrofi ecologiche e l’indifferenza deplorevole della società contemporanea. L’immensità estetica che raggiunge lascia negli occhi dei lettori una sorta d’intimità, di complicità, di pietà laica indissociabile con la ricerca del buono, del bello e del bene comune. Le fotografie di Sebastião Salgado contengono un’alta capacità di stupire e meravigliare, non solo per la loro austera compiutezza estetica, ma anche per quella politica della bellezza che persegue il medesimo fine della giustizia, appicca il fuoco della verità ai saperi prezzolati e squarcia le ombre funeste dei palazzi, delle chiese, delle guerre, delle ferite inflitte all’ecosistema da una cosca di saprofiti. Questa foto-
«L’uomo libero è colui agli occhi del quale i filosofi sono superstiziosi, e i rivoluzionari conservatori. Vi è un diritto che prevale su tutti gli altri, è il diritto all’insurrezione» Émile Henry La visione tragica di Sebastião Salgado s’aggancia alla ricerca della maggior felicità per il maggior numero, e sottolinea che il neoliberismo genera, alimenta e accresce la povertà e la distruzione del pianeta. La sua iconografia sottolinea che l’ipocrisia istituzionale ha sempre la meglio sulla verità e va combattuta, disvelata, disobbedita. Le sue fotografie contengono la medesima conflagrazione poetica di Keats, Kleist, Rilke, Pound, Brodskij, Pasolini... accorpano l’intensità del bello alla pienezza del sublime: ogni immagine è un apologo in
grafia accosta l’idea di destino degli uomini all’incomprensibilità dei predicati mercantili che determinano il consenso a tutte le manifestazioni di dominio dell’Uomo sull’Uomo. Senza la poesia in eresia che l’accompagna, la fotografia si dissolve nel nulla. Il sale della terra è un film epico e tragico insieme. È il ritratto storico, politico, creativo di un gigante della fotografia sociale: come le gesta dei cavalieri che fecero l’impresa, le sue icone d’indignata tenerezza si trascolorano in cantici d’eternità. La macchina da presa di Wim
Wenders e Juliano Ribeiro Salgado ripercorre il lavoro fotografico di Sebastião Salgado in ventisei paesi; attraverso la lettura delle sue immagini in superbo bianconero, si comprende che il fotografo costruisce un mondo degli espropriati come atto di sfida al mondo degli espropriatori e dei parassiti. I registi lo seguono nel suo viatico, nella sua erranza, nella ricerca di ciò che genera dolore e disuguaglianze, amore e fraternità, e autorizza ciascuno a prendersi cura di tutto quanto limiti l’uomo all’esercizio della libertà. Sebastião Salgado racconta la sua vita e quella della sua famiglia in maniera pudica, in punta di fotografia. Da un lato, le sue immagini sono il florilegio fotografico tra i più sublimi che un uomo abbia mai dedicato alla bellezza della Terra; di contro, esprimono una denuncia profonda della politica schizofrenica con la quale la rapacità del potere oltraggia da secoli l’intera umanità. Sebastião Salgado nasce nel 1944, a Minas Gerais, in Brasile, in una famiglia della buona borghesia terriera. Nel film, parlano il padre, la moglie, il figlio, Wim Wenders. In maniera piuttosto schiva, Sebastião Salgado racconta l’infanzia felice e le turbolenze della giovinezza; negli anni caldi della contestazione, partecipa a manifestazioni di sinistra contro la dittatura nel suo paese, poi va in esilio... tornerà alla sua terra, ormai erosa dalla siccità e dal degrado, solo dopo la caduta del regime. Insieme alla moglie, piantano milioni di alberi e fanno rifiorire l’antica foresta. Restano a vivere lì, nelle tracce dei padri; e -come gli alchimisti che volevano ridare vita alla materia- si sono meritati ciò che hanno sognato. La fotografia della rêverie di Sebastião Salgado è scritta con la luce dei corpi derisi, umiliati, defraudati di ogni sorriso. I pae-
65
Sguardi su
saggi sono gravidi di magnificenze ed epifanie materiche, e figurano una fragile finezza che appartiene all’intelligenza dell’uomo o al suo disprezzo del meraviglioso. Il patronato della Provvidenza e la perdizione nel Paradiso dei mercati, che gli “illuminati” dei governi predicano ai miserabili, contiene un fascino sinistro: quello dell’arroganza economica/politica di una civiltà esausta che nel suo declino inarrestabile cerca, senza mai riuscirvi, una qualche opportunità per non finire nella farsa. «Una civiltà esiste e si afferma soltanto grazie ad atti di provocazione» (Emil M. Cioran): quando comincia ad erigere templi della partitocrazia, allargare il mercato delle armi e saccheggiare le ricchezze del pianeta, è segno che si sgretola. Le immagini si Sebastião Salgado sono un’esplosione di poesia eidetica, «Egli appartiene al paese della dinamite e proietta ovunque stelle» (Gaston Bachelard: Lettere a Jean-Clarence Lambert (1953-1961); Il Nuovo Melangolo, 2013). Nel film di Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado, la sua cartografia fotografica si dipana in un rizomario d’immagini icastiche. I cercatori d’oro affondati nella più grande miniera a cielo aperto del mondo s’intrecciano ai genocidi africani, ai mas-
66
sacri della guerra del golfo, ai pozzi di petrolio incendiati, ai cadaveri accatastati nelle strade del Rwanda, alle tribù indio ancora ingenue o non contaminate dalla cupidigia dei mercati globali... la commozione prende alla gola. Le fotoscritture di Sebastião Salgado denunciano la volgarità del potere e rivendicano soggettività radicali che si oppongono a ordinamenti, codici e valori delle ideologie del sopruso. Fanno comprendere che lavorare a fianco dei violentati significa contribuire alla salvezza e alla felicità della comunità che viene. La scrittura fotografica di Sebastião Salgado si abbandona alla gioia figurale/surreale delle foreste tropicali dell’Amazzonia, del Congo, dell’Indonesia, della Nuova Guinea: verità e umanità si riflettono in quelle visioni amorose dell’esistenza, e sembrano accusare di scarsa attenzione alla bellezza e alla giustizia i profeti dell’indecenza politica. Il pianeta muore... e liberare la bellezza dalla repressione e dallo sfruttamento intensivo dei “tesori ancestrali” della Terra, significa aprire l’anima al piacere, alla grazia, alla delizia e decretare la fine dell’utilitarismo. L’inclemenza dei potenti governa l’universo e poggia sulla servitù volontaria (oltre che sulla forza delle armi), e solo quando la ragione degli eccessi e delle grandi abdicazioni dei popoli in rivolta metterà fine alla secolarizzazione delle lacrime, si potrà giungere alla felicità comune. Lo sguardo in utopia di Sebastião Salgado s’invola sulle bellezze incontaminate dei ghiacciai dell’Antartide, percorre deserti africani, le montagne dell’America, del Cile, della Siberia: ovunque, testimonia l’aggressività dell’uomo alla natura e smaschera le leggi di sopraffazione, rapina, devastazione dell’economia politica. La cosmogonia fotografica che ne consegue deflagra, fuoriesce, irrompe nella detestazione di terrori di prima qualità... si ribella all’asineria del fatalismo e configura nel giusto, nel buono, nel bello il desiderio di un nuovo mondo amoroso, nel quale ogni
autoritarismo è bandito e il sapere precede il potere. L’immensa ricchezza di pochi genera l’impoverimento di molti, e il cammino della liberazione non può che essere opera di uomini e donne che con tutti gli strumenti utili conquisteranno la verità, la libertà e la pace nel mondo. Il soggetto e la sceneggiatura di Il sale della terra sono di Wim Wenders, Juliano Ribeiro Salgado, David Rosier e Camille Dalafon; l’ossatura filmica si avvale delle presenze di Sebastião Salgado, Wim Wenders (se stesso; narratore), Juliano Ribeiro Salgado (se stesso; narratore); Hugo Barbier (se stesso), Jacques Barthélémy (se stesso), Lélia Wanick Salgado (moglie e collaboratrice del fotografo). Ciascuno esprime sentimenti incrociati, intuizioni poetiche, ricordi personali, e tutti si legano alla fotografia archetipale di questo Maître-à-penser per immagini che è Sebastião Salgado. La mano di Wim Wenders si riconosce nella sapiente architettura filmica già incontrata in documentari come Nick’s Movie Lampi sull’acqua (1980), TokyoGa (1985), Buena Vista Social Club (19989) e Pina (2011). Non importa se questo film sarà coperto di premi (oltre la Nomination di categoria ai recenti Oscar 2015)... tutte questioni secondarie, rispetto la portata eversiva e il grido di salvezza che contiene: il messaggio dell’uomo in libertà, che si oppone al male assoluto del sistema mercantista e innesca i presupposti sociali per mettere fine della sofferenza. La fotografia di Hugo Barbier e Juliano Ribeiro Salgado avvolge il film in un’aura d’identificazione proiettiva, e sembra che ogni inquadratura porti al reincanto del mondo. La musica di Laurent Petitgand s’accorda bene alla percezione magica di Il sale della terra e sottolinea con delicatezza i mutamenti degli scenari, senza mai abbandonarsi a ricami sull’estetica della visione. Il montaggio di Maxine Goedicke e Rob Myers è una sorta di sinfonia filmica: intreccia
colore e bianconero, conversazioni, interviste, riflessioni del fotografo, della troupe con la forza espressiva delle immagini di Sebastião Salgado, e l’intero film si pone come una critica profonda dei vangeli ipocriti del liberismo. La bellezza di ogni opera dello stupore e della meraviglia, che disfa millenni di bruttezza del potere, è il punto più vicino fra il genere umano e l’eternità. Va detto. Il sale della terra è un canto libertario contro la perversione rappresentativa di quanti esercitano il potere, chiunque essi siano... fossero pure capi di stato, papi o primi ministri... che si dicono interessati alle sofferenze profonde delle genti: il loro disegno comporta un’addomesticazione della ragione pubblica e in bella evidenza s’intreccia con gli affari criminali delle mafie e forma una reticolazione onnipotente che sollecita guerre, saccheggi, repressioni. Ancora: è un sistema molecolare, una casta di governanti (destra e sinistra, non fa differenza) che elabora regole, leggi, balzelli ed estende il dominio poliziesco sui sudditi, amministrati, elettori. Sotto ogni aspetto del governare, democrazie dello spettacolo e regimi comunisti sono del tutto simili e integrati nella feticizzazione mercantile dello stato. La società di controllo, disciplinare e liquida ha costruito il divenire gregario degli individui e l’oligarchia finanziaria che si arroga il potere di decidere l’atlante della sopravvivenza e ricompensa in modo non trascurabile i fautori di povertà, vessazioni, olocausti. Restano le energie ribelli delle giovani generazioni che si battono contro la violenza costituita della realtà quotidiana: sacche di resistenza e insubordinazione che con tutti i mezzi necessari- attentano alle insignificanze teologiche della partitocrazia. Poiché ogni potere è marcio e sanguinario, ogni forma di insurrezione popolare -anche la più estrema- è giustificata dall’innocenza del divenire che contiene, e -in ogni caso- senza nessun rimorso. ❖