FOTOgraphia 212 giugno 2015

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ANNO XXII - NUMERO 212 - GIUGNO 2015

Swpa 2015 È FOTOGRAFIA

Weimar MILLE LIBRI

Tipa Awards 2015 TECNOLOGIA ATTUALE

MASSIMO SESTINI MIGRANTI... VERSO LA STORIA


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prima di cominciare

2010

MARY ELLEN MARK (1940-2015). Lunedì venticinque maggio, è mancata Mary Ellen Mark, una delle più luminose personalità della fotografia contemporanea, che ha affrontato e realizzato appassionanti racconti della vita nel proprio svolgersi. Insignita lo scorso anno dell’autorevole Outstanding Contribution to Photography Award 2014, premio alla carriera che accompagna lo svolgimento dei Sony World Photography Awards [FOTOgraphia, giugno 2014], Mary Ellen Mark è stata una fotogiornalista capace di riflettere sulla propria missione. A questo proposito, riprendiamo da una sua dichiarazione, espressa nell’ambito del dibattito sull’essenza della fotografia dei nostri giorni.

L’avvenire appartiene a chi avrà avuto l’arditezza di fare della bellezza il princìpio di giustizia di un altro mondo. Pino Bertelli; su questo numero, a pagina 66 Per quanto ci riguarda, la pratica fotografica -qualsiasi questa sia- si offre e propone come uno dei criteri con i quali raggiungere il senso della realtà e della verità, ovvero l’autentica conoscenza del mondo esterno. Maurizio Rebuzzini; su questo numero, a pagina 7

DELL’OTTOBRE

Riferimenti che credevamo inviolabili... ma! mFranti; su questo numero, a pagina 9

FOTOGRAPHIA,

Copertina

MARY ELLEN MARK

IN COPERTINA DI

Oltre la fotografia dei migranti con la quale il talentuoso Massimo Sestini si è aggiudicato il Secondo Premio nella categoria General News Singles, alla recente edizione World Press Photo 2015, sul 2014, l’intero servizio realizzato nell’ambito dell’operazione Mare Nostrum, di salvataggio di naufraghi da parte della fregata Fremm Bergamini della Marina Militare Italiana, al suo primo impiego in questo tipo di operazioni, realizzato all’inizio di giugno 2014, include altre fotografie analoghe... zenitali: tra le quali, questa. In estratto dal servizio e commento da pagina 34 «Detesto fare ed esprimere distinzioni tra una fotografia che è utilizzata a fini giornalistici e un’altra catalogata a fini artistici. Per spiegarmi, faccio l’esempio di Larry Burrows, che è stato un grande fotografo [è morto in Laos, ai margini della guerra in Vietnam, il 10 febbraio 1971, quando l’elicottero dal quale fotografava è stato abbattuto]. Ha lavorato a lungo in Vietnam e la sua celebre fotografia del soldato ferito è vera e autentica arte. Infatti, evoca tutta una varietà di emozioni come fa l’arte: per questo è arte. «Perciò, non amo la distinzione tra art photography e documentary photography. Quando scatto una fotografia, non penso che “sto realizzando una immagine artistica”. Semplicemente, può darsi che mi accorga che sto scattando una grande fotografia o che almeno stia cercando di scattarla [queste sensazioni di pelle appartengono a tutti coloro che fotografano allineando il cuore con il cervello, in allegoria dell’allineamento analogo teorizzato da Henri Cartier-Bresson]. È difficile scattare grandi fotografie. Una fotografia è arte se è una grande fotografia, sia che si tratti di fotogiornalismo, di paesaggio o di una interpretazione concettuale». Mary Ellen Mark

3 Fotografia nei francobolli Dalla compendiosa analisi Fotografia nei francobolli, di Maurizio Rebuzzini, in corso d’opera e prossima pubblicazione, dettaglio da un francobollo della Nuova Zelanda, da una serie di tre valori a tema, emessi il 25 luglio 1979: con fotografia subacquea

7 Editoriale Una volta ancora, una di più, mai una di troppo: che la fotografia non sia mai arido punto di arrivo, ma fantastico e privilegiato s-punto di partenza

8 In parallelo In occasione del venticinquesimo anniversario TIPA (Technical Image Press Association), e dei collegati e ambìti TIPA Awards, un attraversamento sottolinea l’allineamento dell’autorevole associazione con la tecnologia via via in evoluzione: dal 1991

10 Notizie Attrezzature, vicende e altre segnalazioni

12 Di ventotto... Ce n’è un altro: Leica Summilux-M 28mm f/1,4 Asph


GIUGNO 2015

RIFLESSIONI, OSSERVAZIONI E COMMENTI SULLA FOTOGRAFIA

15 Nel ricordo

Anno XXII - numero 212 - 6,50 euro

Considerazioni dalla sceneggiatura e scenografia del film Amarcord, di Federico Fellini, del 1973 Ricerca iconografica di Filippo Rebuzzini

DIRETTORE

RESPONSABILE

Maurizio Rebuzzini

IMPAGINAZIONE

Maria Marasciuolo

18 Taschen a Milano

REDAZIONE

In centro città, Taschen Store Milano: che si aggiunge alle librerie monoprodotto presenti in tutto il mondo

FOTOGRAFIE

20 Ancora Serie X In incremento di offerta tecnico-commerciale, l’attuale Fujifilm X-T10 ribadisce il valore della propria famiglia

22 Premi TIPA: tecnologia di vertice I TIPA Awards pongono l’accento sull’evoluzione tecnologica dell’intero comparto della fotografia di oggi di Antonio Bordoni

32 Olympus-Pen F 1963: reflex mezzoformato a obiettivi intercambiabili di cura di New Old Camera

34 Verso la Storia Senso e spessore al reportage di Massimo Sestini sui migranti, realizzato la scorsa estate. Qualità di visione e raffigurazione di un fotogiornalista di straordinario valore, che proietta queste immagini oltre il loro svolgimento in cronaca contingente di Maurizio Rebuzzini (con Lello Piazza)

46 Soprattutto fotografia Ottimo premio fotografico, il convincente e qualificato Sony World Photography Award 2015 (ottava edizione) rivela qualcosa di più del suo solo svolgimento ufficiale

55 Rivoluzione culturale A cura di Jürgen Holstein, l’avvincente raccolta The Book Cover in the Weimar Republic presenta e commenta mille volumi rappresentativi dell’innovazione culturale tedesca degli anni Venti di Angelo Galantini

Filippo Rebuzzini Rouge

SEGRETERIA

Maddalena Fasoli

HANNO

COLLABORATO

Pino Bertelli Beppe Bolchi Antonio Bordoni Caterina De Fusco Alessando Di Mise mFranti Angelo Galantini Chiara Lualdi Amedeo Novelli Lello Piazza Franco Sergio Rebosio Massimo Sestini Ryuichi Watanabe (New Old Camera) Redazione, Amministrazione, Abbonamenti: Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano; 02-66713604 www.FOTOgraphiaONLINE.it; graphia@tin.it. ● FOTOgraphia è venduta in abbonamento. ● FOTOgraphia è una pubblicazione mensile di Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano. Registrazione del Tribunale di Milano numero 174 del Primo aprile 1994. Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge il 27-02-2004, numero 46), articolo 1, comma 1 - DCB Milano. ● A garanzia degli abbonati, nel caso la pubblicazione sia pervenuta in spedizione gratuita o a pagamento, l’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e in suo possesso, fatto diritto, in ogni caso, per l’interessato di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi della legge 675/96. ● FOTOgraphia Abbonamento 12 numeri 65,00 euro. Abbonamento annuale per l’estero, via ordinaria 130,00 euro; via aerea: Europa 150,00 euro, America, Asia, Africa 200,00 euro, gli altri paesi 230,00 euro. Versamenti: assegno bancario non trasferibile intestato a Graphia srl Milano; vaglia postale a Graphia srl - PT Milano Isola; su Ccp n. 28219202 intestato a Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano; addebiti su carte di credito CartaSì, Visa, MasterCard. ● Nessuna maggiorazione è applicata per i numeri arretrati. ● È consentita la riproduzione di testi e fotografie, magari citando la fonte (ma non è indispensabile, né obbligatorio farlo). ● Manoscritti e fotografie non richiesti non saranno restituiti; l’Editore non è responsabile di eventuali danneggiamenti o smarrimenti. Fotocomposizione DTP e selezioni litografiche: Rouge, Milano Stampa: Arti Grafiche Salea, Milano

Rivista associata a TIPA

62 Una storia vera Rievocazione della figura di Fidia Palla, di Pietrasanta di Caterina De Fusco

64 Bruce Weber Sguardo sulla fotografia dell’arte di gioire di Pino Bertelli

www.tipa.com



editoriale BEPPE BOLCHI

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iamo convinti che la parola abbia un grande valore... nonostante gli abusi che da molte parti la vorrebbero corrompere. Dunque, a conseguenza diretta, siamo convinti che la parola attorno la fotografia abbia altrettanto grande valore. Tanto che -come spesso ci è stato fatto notare- la nostra rivista dà significato e ruolo proprio alla parola : sia sollecitata dalla fotografia, sia declinata indipendentemente da questa (ma non è mai così: la fotografia rimane il referente unico, non solo principale, della nostra parola). Parole se ne possono dire tante, ma è opportuno stabilire (tra noi) di non pronunciarne di inutili. Quindi, riferiamoci al dibattito attorno l’essenza della fotografia, che rappresenta comunque il nostro comune mandato e rapporto. In questo senso, siamo consapevoli che serva qualcosa di più oltre il sacrosanto discorso attorno i massimi sistemi. Ovverosia, pensiamo che ciascuno di noi debba anche impegnare se stesso, mettendo in discussione -magari- le motivazioni e la sostanza della propria frequentazione fotografica: qualsiasi questa sia, dalla fotografia realizzata alla fotografia commentata, alla fotografia esaminata da ogni punto di vista possibile e plausibile. Una convinzione ci deve essere chiara, ci deve accompagnare: la conoscenza non può prescindere dalla natura sociale dell’esistenza e dall’evoluzione storica della società. Da cui: la conoscenza dipende dalla pratica, cioè dalla produzione e dalla propria attività professionale (o passione individuale). Non possiamo ignorare che l’attività produttiva di ciascuno di noi sia l’attività pratica fondamentale, che determina anche ogni altra forma di attività. La conoscenza umana dipende soprattutto dall’attività produttiva materiale: attraverso questa, ciascuno riesce a comprendere grado a grado i fenomeni, le proprietà e le leggi della natura, come pure i propri rapporti con la natura e la realtà; inoltre, attraverso l’attività produttiva (o passione individuale), a poco a poco, ognuno raggiunge i diversi livelli di comprensione di certi rapporti reciproci tra gli uomini. Tutte queste conoscenze non possono essere acquisite al di fuori dell’attività produttiva (o passione individuale). Nel corso della propria attività professionale, ogni persona collabora con altri, entra in determinati rapporti di produzione con il prossimo e s’impegna nell’attività produttiva per risolvere i problemi della vita materiale. Questa è la principale fonte di sviluppo della conoscenza umana, ed è logico ritenere che la conoscenza individuale evolva passo a passo, dagli stadi più bassi ai più alti, cioè dal superficiale al profondo, dall’unilaterale al multilaterale. Ovvero, per quanto ci riguarda, la pratica fotografica -qualsiasi questa sia- si offre e propone come uno dei criteri con i quali raggiungere il senso della realtà e della verità, ovvero l’autentica conoscenza del mondo esterno. Però, ciascuno di noi riceve la conferma della verità della propria conoscenza solo dopo che nel corso del processo esistenziale materiale ha raggiunto i risultati previsti: che la fotografia e la parola non siano mai arido punto di arrivo, ma fantastico e privilegiato s-punto di partenza. Maurizio Rebuzzini

Pistoia, piazzetta dell’Ortaggio, domenica 28 settembre 2014: a margine dello svolgimento del workshop Ritorno al grande formato, a cura di Giancarlo D’Emilio e Maurizio Rebuzzini, Gianni Berengo Gardin fotografa Maurizio Rebuzzini in mezzo a una quantità/qualità di apparecchi a banco ottico (più folding StenopeiKa 810S). Nella consapevolezza che la fotografia odierna e attuale sia altra e altrove, il Ritorno al grande formato (di Giancarlo D’Emilio e Maurizio Rebuzzini) invita in un mondo magico e incantato, nel quale «Quel tarlo dell’esistenza chiamato orologio non ha alcuna importanza» (in adattamento, da e con Georges Simenon, in L’enigmatico signor Queen). Ciò a dire e ribadire che la fotografia e la parola non siano mai arido punto di arrivo, ma fantastico e privilegiato s-punto di partenza.

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Attraversamenti Cinema di Maurizio Rebuzzini (Franti)

F

IN PARALLELO

Fortemente voluta da Juan Varela, allora editore e direttore del mensile spagnolo FV/Foto-Video Actualidad, e subito sostenuta da altri giornalisti europei (tra i quali, sopra tutti, Giulio Forti, editore e direttore di Fotografia Reflex), TIPA è un’associazione internazionale di riviste di fotografia nata nel 1991 (per ovvi motivi di avvio, FOTOgraphia ne fa parte dal 1995). Per un lungo periodo, la Technical Image Press Association ha riunito riviste europee; da qualche stagione, i confini si sono allargati a tutto il mondo: e attualmente sono comprese anche riviste statunitensi, canadesi, sudafricane, indiane, cinesi, australiane e brasiliane, in rappresentanza dei cin-

que continenti (con adesione del Camera Journal Press Club of Japan). Istituzionalmente, oltre proprie vicende interne, che risolvono e assolvono la sistematica informazione e formazione dei membri, ogni anno, TIPA - Technical Image Press Association assegna i propri prestigiosi, ambìti e autorevoli TIPA Awards (Premi TIPA), conferiti ai migliori prodotti introdotti sul mercato nella stagione in corso (su questo stesso numero, da pagina 22, relazioniamo sui TIPA Awards 2015). Dunque, a conti subito fatti, l’intervallo di tempo 1991-2015 stabilisce l’attraversamento consapevole di venticinque anni: peraltro sottolineati da per-

Fotogruppo dei soci TIPA (Technical Image Press Association), che hanno partecipato all’Assemblea Generale 2015, durante la quale sono stati assegnati i TIPA Awards 2015 [su questo numero, da pagina 22]: saluto per i venticinque anni dell’associazione e dei relativi premi alla tecnologica fotografica. Senza ordine rispetto l’immagine, ma in ordine per nazioni: Paul Burrows ( Camera, Australia), Mozart Mesquita ( Fhox, Brasile), Guy Langevin e Catherine Robitaille ( Photo Life, Canada), Liang Wenchuan e Zhai Xiaodong ( Chinese Photography, Cina), Renaud Marot ( Réponses Photo, Francia), Roland Franken ( digit!, Germania), Holger Hagedorn ( Foto Hits, Germania), Henning Gerwers ( Inpho Imaging & Business, Germania), Wolfgang Heinen ( Photo Presse, Germania), Frank Späth ( Photographie, Germania),

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Dalle proprie origini, nel 1991, al vertice dell’autorevole TIPA (Technical Image Press Association), si sono alternati due presidenti, qui al momento del passaggio di consegne, nel 2008: lo spagnolo Juan Varela, ideatore dell’associazione (a destra) e il tedesco Thomas Gerwers.

Thomas Gerwers e Petra Sagnak ( ProfiFoto, Germania), Yuki Imaura (Camera Journal Press Club, Giappone), Jean-Christophe Béchet ( Photo Business, Grecia), Shridhar Kunte ( Better Photography, India), Jonathan Adams ( Digital Photo, Inghilterra), Ben Hawkins ( Practical Photography, Inghilterra), Giulio Forti ( Fotografia Reflex, Italia), Maurizio Rebuzzini ( FOTOgraphia, Italia), Johan Elzenga ( Fotografie e FotoVisie, Olanda), Daimon Derk Xanthopoulos ( P/F, Olanda), Alfonso Del Barrio ( FV/Foto-Video Actualidad, Spagna), Louise Donald ( PiX Magazine, Sudafrica), George Schaub ( Shutterbug, Usa), András Bánkuti e Eva Bankutine Hajdu ( Digitális Fotó Magazin, Ungheria); quindi, Alison Davey, segretaria TIPA.


Attraversamenti tinenti annunci tabellari, ospitati anche dalla nostra rivista (quante altre componenti del mercato fotografico agiscono in analoga sintonia di intenti con il dare-avere che dovrebbe governare e dirigere ogni nostra esistenza?). Venticinque anni! Da e con Zucchero Kandinsky (Marilyn Monroe; in originale, Sugar Kane Kowalczyk), in A qualcuno piace caldo, di Billy Wilder (Some Like It Hot; 1959): «Sto per compiere venticinque anni. È un quarto di secolo... ti dà da pensare» / «A cosa?», risponde Joe, nei panni di Josephine (Tony Curtis). Venticinque anni! Un quarto di secolo! Torniamo alle origini. A specifica domanda, «Come avete deciso, venticinque anni fa, di creare una associazione di riviste fotografiche?», il fondatore Juan Varela, che ne è stato presidente fino al 2008, è stato esplicito: «Durante Photokina 1990, ci sono stati incontri tra redattori e editori interessati a fondare una efficace associazione di riviste di fotografia. Con colleghi francesi, tedeschi, italiani, olandesi, svedesi e inglesi ci siamo accordati sui princìpi fondamentali della costituente TIPA - Technical Image Press Association: associazione indipendente tra riviste fotografiche europee [ora, mondiali] senza scopo di lucro, che avrebbe investito l’eventuale reddito per promuovere la fotografia e i suoi valori e si sarebbe impegnata nell’indicazione dei migliori prodotti presentati sul mercato». In sostanzioso aggiornamento temporale, gli fa eco Thomas Gerwers, editore e direttore del prestigioso mensile tedesco ProfiFoto, attuale presidente TIPA: «I premi annuali che assegniamo sono di efficace orientamento ai consumatori. Ogni TIPA Award indica l’eccellenza di un prodotto nel proprio comparto tecnico-commerciale. Allo stesso momento, è gratificante sia per noi che lo assegniamo, sia per l’azienda che lo riceve. L’innovazione tecnologica è inarrestabile; in questo senso, quanto sottolineato dai nostri premi è assolutamente aderente alla realtà mercantile della fotografia. A conseguenza, e con orgoglio, possiamo affermare che al culmine dei propri primi venticinque anni (e altri ne seguiranno), la reputazione dei logotipi dei TIPA Awards si basa sull’integrità delle nostre considerazioni... indipendenti. Al presente, e a seguire, TIPA si propone anche come guida al “meglio del me-

Nella ricorrenza dei venticinque anni di TIPA Awards / Premi TIPA (1991-2015), assegnati ai migliori prodotti fotografici via via presentati sul mercato internazionale, visualizziamo l’apertura redazionale delle quattro più recenti relazioni pubblicate dalla nostra rivista: 2012, 2013, 2014 e 2015 (in cronaca, su questo numero, da pagina 22).

glio” della fotografia. Quantomeno dal punto di vista formale. Abbiamo risposte logistiche, alle quali ciascuno può attingere per alimentare la propria individualità e creatività fotografica». Nel 1991 di origine, furono assegnati cinque premi TIPA: alla reflex 35mm Contax RTS III, alla compatta Fujifilm DL-500 Mini Wide, al negativo colore Agfa Optima, all’innovazione tecnologica Kodak Photo CD e al camcorder Sanyo ES88P. Quanta acqua è passata sotto i ponti, da allora, in un lasso di tempo che ha introdotto innovazioni fotografiche quanto nessuna epoca precedente aveva mai fatto, nei centosettantacinque anni abbondanti di sua storia tecnologica, dal 1839 di origine! Contax, Agfa, Kodak... marchi e riferimenti allora leader, che credevamo inviolabili... ma! Il successivo 1992, in una cadenza confermata di cinque premi, la reflex Canon Eos 100 si impose nella propria categoria, seguìta, l’anno dopo, dalla Nikon F90: sempre e comunque, in cadenza di reflex per pellicola fotografica 35mm. I due marchi al vertice della tecnologia fotografica contemporanea, in un dualismo che da decenni sostiene l’intero comparto (magari condizionandolo anche), si ripropongono quest’anno, limitatamente alle configurazioni reflex, con le combinazioni aggiornate Canon Eos 7D Mark II (migliore Reflex expert) e Nikon D5500 e Nikon D810 (rispettivamente, migliore Reflex entry level e professionale): sta-

bilendo altresì i termini di pietre miliari della proposizione tecnico-commerciale della fotografia, capaci di attraversare il tempo e interpretare le evoluzioni che questo richiede ed esige. Quindi, a conseguenza diretta, quella TIPA è una storia che si è svolta in parallelo a quella del mercato fotografico di riferimento esplicito e dichiarato. Anche attraverso l’assegnazione dei propri ambìti TIPA Awards, ma non solo attraverso questi, nella cadenza dei suoi primi venticinque anni di attività, l’autorevole associazione ha messo in clamoroso risalto la sua capacità di affrontare con realismo il mercato della fotografia, comunque questo appaia e si evolva. Ai TIPA Awards, espressione pubblica più evidente del consorzio, va riconosciuta una particolarità che fa la differenza e stabilisce un parametro/riferimento di prestigio. Per propria natura e personalità professionale, i direttori e redattori delle riviste fotografiche internazionali della Technical Image Press Association (dai cinque continenti) sono allo stesso momento al vertice e alla coda del mercato. Al vertice, quando debbono intuire le evoluzioni tecnologiche in divenire; alla coda, quando debbono registrare, annotandole e magari commentandole (perfino motivandole, se non già giustificandole), le personalità del mercato: comunque questo si esprima. Stagione dopo stagione, nell’arco dei recenti venticinque anni, dal 1991 di origine. ❖

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Notizie

a cura di Antonio Bordoni

INNOVAZIONE. La configurazione Sigma dp3 Quattro stabilisce i termini di una nuova generazione del proprio sistema di compatte di alta qualità dotate dell’esclusivo sensore a immagine diretta Foveon, affermatosi ai TIPA Awards 2014 nella categoria Best Design [FOTOgraphia, giugno 2014]. Unico e particolare nella propria concezione, il sensore di immagine diretta Foveon è simile alla pellicola a colori tradizionale a strati multipli, capace di registrare tutte le informazioni trasmesse dalla luce visibile, con una risoluzione equivalente a trentanove Megapixel. L’attuale Sigma dp3 Quattro utilizza il nuovo sensore a immagine diretta Foveon X3 (generazione: “Quattro”), la cui struttura offre un rapporto tra i pixel 1:1:4 nei suoi strati, a partire dal basso verso l’alto. Questo sensore a immagine diretta registra una vasta gamma di lunghezze d’onda della luce. Lo strato superiore rileva luminosità e informazioni sul colore, mentre gli altri due strati acquisiscono solo le informazioni sul colore. Lo strato superiore è dedicato a luminanza e cromia; quindi, grazie alla loro ampia superficie, quelli mediano e inferiore catturano tutte le informazioni colore. Al momento dell’elabo-

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razione dei dati, quelli relativi alla cromia registrati dallo strato superiore sono anche applicati agli altri due strati. In questo modo, ogni singolo pixel fornisce tutti i riferimenti necessari: luminanza e cromia. Secondo il princìpio della struttura a tre strati, nella quale i colori sono divisi verticalmente, applicando i dati di luminosità catturati nello strato superiore agli strati sottostanti, si raggiunge alta risoluzione e alta velocità di elaborazione. Insieme alla tecnologia proprietaria di elaborazione delle immagini, questo stesso sensore offre una risoluzione ottimale, colori brillanti e una resa dell’immagine di alto e convincente realismo.

ravvicinata. In aggiunta a questo, con la lente addizionale FT-1201 (accessorio opzionale), si ottiene un ingrandimento 1,2x. A commento del sistema Sigma dp si possono conteggiare configurazioni indirizzate a ogni stile fotografico. Con ordine, in progressione: Sigma dp1 Quattro, per la fotografia grandangolare; Sigma dp2 Quattro, per la fotografia con obiettivo standard (circa 50mm equivalente) e Sigma dp3 Quattro per la fotografia con obiettivo medio teleobiettivo e a distanza ravvicinata. Ognuna di queste dotazioni fotografiche mirate propone la propria destinazione a immagini di alta qualità, ottenute per somma di caratteristiche e funzionalità mirate. In definitiva, per assicurare acquisizioni di fotografie formalmente efficaci, ricche di dettagli e colori, sono stati allineati elementi operativi basati sulle rispettive combinazioni ottiche. Nell’impiego, ogni Sigma dp, e dunque ancora e anche questa più recente Sigma dp3 Quattro, è in grado e condizione di elaborare grandi volumi di dati-immagine: con prestazioni equiparabili a quelle delle reflex di più alta fascia, ma in una costruzione sostanziosamente compatta. (M.Trading, via Cesare Pavese 31, 20090 Opera Zerbo MI; www.m-trading.it).

ANCHE FILMATI 4K. Evoluta La Sigma dp3 Quattro è completa di obiettivo 50mm f/2,8 di alte prestazioni (equivalente alla focale medio tele 75mm del formato fotografico 24x36mm, inevitabile riferimento d’obbligo), coordinato con le esigenze e necessità del sensore: da questa combinazione dedicata scaturiscono termini di massima nitidezza, a partire dalla confortevole apertura relativa. L’obiettivo è dotato di funzionalità macro, per inquadrature da distanza

interpretazione CSC a obiettivi intercambiabili, la nuova Nikon 1 J5 si propone per elevata velocità di scatto, eccellente qualità dell’immagine (20,8 Megapixel di risoluzione) e modalità di ripresa di filmati in 4K. Identificata con un raffinato design, dispone di un innovativo sensore in formato CX retroilluminato. Un rapido autofocus è performante anche in condizioni di scarsa illuminazione e in presenza di soggetti in movimento, che consente di registrare fino alla sequenza continua di venti fotogrammi al secondo. Il monitor touchscreen inclinabile e basculabile e la possibilità di impostare manualmente i parametri operativi consentono di mettere a frutto

ogni ipotesi creativa individuale. Per quanto riguarda la condivisione -argomento dei nostri giorni-, la Nikon 1 J5 è dotata di modulo Wi-Fi integrato e tecnologia NFC, per un trasferimento veloce delle immagini sul proprio smart device (smartphone e tablet). Dal punto di vista squisitamente fotografico, si tratta della prima Nikon 1 con ampio sensore in formato CX retroilluminato da un pollice, specificamente progettato per registrare la massima quantità di luce. Ogni pixel è riprodotto in maniera perfetta, per assicurare immagini da 20,8 Megapixel, ricche di colori e sottili dettagli. Grazie all’ampio intervallo di sensibilità, da 160 a 12.800 Iso equivalenti, e alle funzioni avanzate di riduzione disturbo del nuovo processore di elaborazione delle immagini Expeed 5A, sono annunciate acquisizioni fotografiche e video caratterizzate da una eccellente nitidezza, indipendentemente dalle condizioni luminose della scena inquadrata. (Nital, via Vittime di Piazza Fontana 52, 10024 Moncalieri TO; www.nital.it). ❖



Luminosità di Antonio Bordoni

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DI VENTOTTO...

Subito detto, non soltanto presto. Disponibile in finitura nera anodizzata -dopo essere stato incluso nei centouno set esclusivi Leica 100, celebrativi del centenario dal prototipo UR, insieme a due corpi macchina Leica M-A e Leica Monochrom personalizzati e agli omologhi Summilux-M 35mm f/1,4 Asph e 50mm f/1,4 Asph-, l’attuale versione commercialmente standard del convincente Summilux-M 28mm f/1,4 Asph conferma e ribadisce la vocazione tecnico-commerciale della famiglia ottica nella quale si inserisce: prezzo ufficiale di mercato, negoziazioni individuali a parte, 5670,00 euro. Ovvero, è un obiettivo di alto casato e nobile stirpe, progettato e costruito secondo princìpi ottico-meccanici inviolabili: famiglia Leica... hai detto tutto! Quindi, e per consecuzione logica e inevitabile, si tratta di un fantastico grandangolare che scandisce tempi e modi di una fotografia senza compromessi e senza concessioni mercantili:

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indirizzato all’utenza Leica che sa bene quale tavola sta frequentando. Da qui, i termini ufficiali e canonici, che stabiliscono il valore e la consistenza di un obiettivo di alta luminosità relativa, che iscrive il proprio nome e le proprie prerogative nel selettivo itinerario dell’evoluzione fotografica di classe e prestigio, che dalla cronaca di mercato approda imme-

Già incontrato nella versione celebrativa dei cento anni Leica -nell’esclusivo set di due corpi macchina e tre obiettivi, realizzato in centouno esemplari-, il grandangolare Leica Summilux-M 28mm f/1,4 Asph è ora disponibile nella sua livrea standard nera anodizzata. A un tempo, si arricchiscono la gamma Summilux-M, di generosa apertura relativa, e il sistema ottico Leica M, finalizzato alle attuali configurazioni ad acquisizione digitale di immagini con sensore full frame.

diatamente alla Storia: quantomeno delle configurazioni fotografiche di qualità assoluta e inviolabile e indiscutibile. Punto. Interamente “Made in Germany”, con quanto questo significa in termini concreti, il Leica Summilux-M 28mm f/1,4 Asph impreziosisce il sistema ottico di casa con la combinazione tra visione grandangolare e generosa luminosità relativa. In una genìa, come sono sempre state quelle dell’ottica tedesca, e ancora lo sono, scandita anche dall’identificazione ufficiale di famiglie ottiche, è fin scontato che il disegno Summilux-M sia ritmato sulla certificazione originaria della propria apertura massima, per l’appunto f/1,4: notazione d’obbligo per coloro i quali ancora non possedessero chiavi di interpretazione per orientarsi tra i disegni Leica, fino ai Summicron-M e Apo-Summicron-M f/2 e Super-Elmar-M f/3,8 (18mm) e f/3,4 (21mm), con compagnia del trifocale Tri-Elmar-M 16-1821mm f/4... e poi Noctilux-M 50mm f/0,95 Asph e qualcosa d’altro. Ovviamente, l’apertura relativa f/1,4 non è soltanto nominale, ma si offre e propone come autentico diaframma di lavoro, con prestazioni fotografiche di profilo alto e resa ottimale dal centro ai bordi dell’ampio angolo di campo (di 74 gradi sulla diagonale del formato 24x36mm, ribadito dalle dimensioni dei sensori full frame delle Leica M dei nostri giorni digitali). Il disegno ottico di dieci lenti divise in sette gruppi, con un elemento flottante, assicura le medesime prestazioni a tutte le distanze di accomodamento, a partire dalla minima distanza di messa a fuoco, da settanta centimetri. Ancora, la correzione cromatica e il contrasto ottimali sono garantiti dalla presenza di tre elementi ottici cementati, con dispersione parziale anomala: a cui consegue una eccellente riproduzione dei dettagli del soggetto fotografato. (Leica Camera Italia, via Mengoni 4, 20121 Milano; www.it.leica-camera.com). ❖




Cinema

di Maurizio Rebuzzini - Ricerca iconografica di Filippo Rebuzzini

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NEL RICORDO

Se anche così vogliamo vederla, per tanti versi, la presenza della fotografia nel cinema italiano rispecchia una condizione nazionale sovrastante e trasversale a molti riguardi. Modesta per quantità, diventa eminente ed esemplare per qualità. Infatti, due film di registi italiani hanno stabilito termini di considerazioni superlative, che non si sono esaurite nel solo svolgimento filmico delle rispettive vicende. Presto detto: ognuno per sé, ma clamorosamente entrambi in involontaria comunione di intenti, La dolce vita, di Federico Fellini, del 1960, e Blow-Up, di Michelangelo Antonioni, del 1966, hanno espresso un tratto comune. Ovvero, hanno attinto dalla realtà il proprio soggetto (rispettivamente, dalla socialità romana dei secondi anni Cinquanta, alimentata dalla centralità planetaria della cinematografia di Cinecittà, e dalla Swinging London dei primi anni Sessanta, con saporito contorno fotografico), restituendo poi alla vita attinenti neologismi (circa). Poi, hanno restituito alla realtà l’identificazione di “Paparazzo”, dal cognome dell’intrigante fotocronista di La dolce vita (interpretato da Walter Santesso), e il brutto stereotipo del fotografo di moda, che ha condizionato tanto pessimo cinema italiano immediatamente successivo, a scapito dell’intelligenza e dei dubbi del fotografo Thomas di Blow-Up (interpretato da David Hemmings). Dunque, modesta per quantità, la presenza della fotografia nel cinema italiano è straordinaria per qualità: un’eccellenza in assenza di qualsivoglia passo medio e cadenzato, come è -invece- per molte altre cinematografie nazionali, che comprendono spesso la fotografia nelle proprie sceneggiature e scenografie, con modulazione coerente. E questa della preminenza e autorità senza substrato è una delle nostre caratteristiche nazionali. Comunque, altro discorso, che non ci riguarda, né compete. Invece, ci interessa sottolineare come e quanto la fotografia si affacci in film italiani soprattutto per e con visioni stereotipate e imbarazzanti. Due

Nella sceneggiatura del film Amarcord, di Federico Fellini, del 1973, è compreso il momento della fotoricordo scolastica, che appartiene a una ipotetica e plausibile storia sociale della fotografia (ne abbiamo approfondito, nel luglio 2012). Scenograficamente, la sequenza scandisce i tempi dell’arrivo degli scolari e degli insegnanti e delle istruzioni impartite dal fotografo, dati i tempi (inizio anni Trenta), con imponente apparecchio fotografico in legno. Da notare, oltre l’evidenza scenografica, il recitato della maestra intimidita dalla situazione: si sminuisce, teme di non venir bene nella fotografia, fa appello a concordanze con gli allievi.

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Cinema Seconda presenza fotografica nel gustoso film Amarcord, di Federico Fellini, del 1973. Ancora una registrazione cinematografica fedele alla socialità della vicenda narrata. Il rituale gruppo fotografico durante un pranzo di matrimonio è accompagnato dalle buffonerie dei ragazzi che assistono alla cerimonia.

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titoli, sopra tutti: il terribile Paparazzi, di Neri Parenti, del 1998, con la coppia di richiamo (ai tempi) Christian De Sica e Massimo Boldi; e Ecco noi per esempio..., di Sergio Corbucci, del 1977, con Adriano Celentano nei panni del fotocronista Antonmatteo Colombo, detto “Click”. Però, come spesso accade, approfondendo tra le pieghe di tante sceneggiature e scenografie, anche nell’ambito del cinema italiano si incontrano pregevoli attraversamenti fotografici. A questo proposito, richiamiamo ancora, e anche qui, il cameo del fotografo fiorentino Maurizio Berlincioni, che interpreta il fotografo che dà avvio alla vicenda dell’ottimo La famiglia, di Ettore Scola, del 1987, che abbiamo commentato nell’ottobre 2008. Nel concreto, ora, ricordiamo l’anonimo fotografo che attraversa la sceneggiatura del film Amarcord, di Federico Fellini, del 1973 (anonimo, perché non accreditato in alcuna filmografia). Nell’ambito dell’avvincente narrazione, ambientata tra il 1932 e la primavera 1933, a Rimini, si racconta la vita nell’antico borgo e dei suoi particolari abitanti, tutti perfettamente caratterizzati. E la fotografia fa capolino in due occasioni: immancabile gruppo scolastico e a margine di una festa di matrimonio, sulla spiaggia. Entrambe le presenze sono adeguatamente “colorite”. Da una parte, per il gruppo scolastico, annotiamo soprattutto il recitato della maestra intimidita dall’imponente apparecchio fotografico in legno, su proprio robusto treppiedi: si sminuisce, teme di non venire bene nella fotografia, fa appello a concordanze con gli allievi (comunque, a integrazione, il fotogruppo scolastico rappresenta un capitolo sostanzioso di una latente storia sociale della fotografia, soprattutto nel nostro paese: abbiamo approfondito, nel luglio 2012). Dall’altra, anche durante il pranzo di matrimonio, alla fine del film, la presenza della fotografia non passa inosservata, e sollecita adeguati commenti in linea con la sceneggiatura di questo sogno di Federico Fellini, rivolto alle proprie origini romagnole. Allora: per quanto marginale, ancora una consistente presenza della fotografia nel cinema italiano. Ancora: una registrazione fedele alla socialità della vicenda narrata. ❖



Libreria di Angelo Galantini

TASCHEN A MILANO

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TASCHEN / MARK SEELEN (2)

N

Nel dicembre 2012 ci siamo occupati della catena di Taschen Store distribuiti nel mondo. L’occasione per farlo, e per farlo alla nostra maniera, fu offerta da un cameo televisivo: la fantasiosa presenza di un Taschen Store Springfield ipotizzato in un episodio della fortunata serie dei Simpson, andato in onda in quei giorni: The Day the Earth Stood Cool, settimo episodio della ventiquattresima stagione. Oggi, torniamo sull’argomento delle librerie Taschen nel mondo, per sottolineare che l’elenco va aggiornato: ufficialmente inaugurato a metà aprile, da fine dello scorso anno è operante il Taschen Store Milano, nella centrale via Meravigli 17, a due passi da piazza del Duomo (a ad altrettanti due passi dal Leica Store, di via Mengoni 4, angolo piazza del Duomo). Nello specifico, è doveroso sottolineare una volta ancora come e quanto Taschen Verlag, di Colonia, sia da considerare e conteggiare tra i più intraprendenti e convincenti editori di libri illustrati al mondo. Si merita la qualifica blasonata per almeno tre motivi, strettamente collegati ognuno agli altri. Con ordine. Uno: quantitativamente, le edizioni Taschen Verlag sono sia numerose sia capaci di osservare a tutto tondo tra le arti visive e qualcosa di più (appassionanti monografie fotografiche comprese, a proposito delle quali abbiamo relazionato in tante occasioni; quindi, su questo stesso numero, da pagina 55, presentiamo un titolo in qualche misura “parallelo”, relativo a un convincente casellario di copertine di libri pubblicati in Germania nel decennio abbondante della repubblica di Weimar). Due: qualitativamente, le stesse edizioni Taschen Verlag sono sempre prodotte in maniera formalmente impeccabile, oltre che arricchite di testi di primordine (spesso, molto spesso, addirittura in edizione italiana). Tre: i prezzi di vendita/acquisto dei libri Taschen Verlag sono i più convenienti dell’intero panorama editoriale internazionale, e italiano a conseguenza diretta. A tutto ciò, si aggiungono prestigiose edizioni speciali

Attivo dallo scorso dicembre, e ufficialmente inaugurato a metà aprile, il Taschen Store Milano è in centro città: via Meravigli 17, a due passi da piazza del Duomo. Al pari di tutti gli indirizzi mondiali di queste librerie monomarca, la proposta editoriale si accompagna con una galleria fotografica espositiva.

a tiratura limitata e numerata, che fanno corsa a sé: ne abbiamo riferito in tante occasioni, sottolineando anche le edizioni standard successive degli stessi volumi originari di prestigio. Aziendalmente, la sede principale della casa editrice è a Colonia; un secondo quartier generale agisce e opera da Berlino. Per la distribuzione internazionale, Taschen Verlag agisce con agenti locali (in Italia: Inter Logos, strada Curtatona 5/2, Località Fossalta, 41126 Modena; 059-412648; www.libri.it), oppure tramite proprie filiali dirette, là dove le consistenze commerciali lo richiedono e consentono: Taschen America, Taschen España, Taschen France, Taschen Hong Kong e Taschen UK.

Ancora, in diverse città di primaria importanza culturale, sono attivi i Taschen Store, punti vendita che presentano una panoramica completa dell’imponente catalogo. Anche qui, il relativo elenco, tra Europa e Stati Uniti: nelle immediate vicinanze della sede principale, c’è il Taschen Store Cologne; sempre in Germania, ma più a nord, è attivo il Taschen Store Hamburg; quindi, a spasso per l’Europa, Taschen Store London, Taschen Store Paris, Taschen Store Amsterdam, Taschen Store Brussels e Taschen Store Milano (via Meravigli 17, 20123 Milano); a seguire, negli Stati Uniti, Taschen Store New York, Taschen Store Miami, Taschen Store Hollywood e Taschen Store Beverly Hills. ❖



Evoluzione di Antonio Bordoni

ANCORA SERIE X

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Collocata su un gradino tecnico-commerciale inferiore alla X-T1 di vertice, che dispone ora della release aggiornata 4.0, che ne ridisegna i termini operativi, la nuova Fujifilm X-T10 ribadisce il senso e valore della propria famiglia di prestigio, identificata come Serie X. Di fatto, nel momento in cui si stabiliscono parametri tecnici innovativi, si rintracciano anche prerogative e prestazioni da ammiraglia di sistema: potere e meriti dell’evoluzione tecnologica, che risponde più al proprio tempo di attuazione che ad altri equilibri commerciali di mercato. Le note ufficiali della Fujifilm X-T10, che poi deve rispondere alle aspettative del pubblico potenziale al quale si rivolge e indirizza, sottolineano una rinnovata tecnologia di riproduzione colore, finalizzata a una alta qualità formale delle immagini. Parimenti orientata a fotografi non professionisti con atteggiamento concentrato e a fotografi professionisti (magari come secondo corpo macchina), la X-T10 unisce la propria compattezza e leggerezza a un nuovo sistema AF, eccellente nella ripresa di soggetti in movimento. Dotato di rapporto di ingrandimento 0,62x, l’efficace mirino elettronico Real Time EL ad alta definizione, da 2,36 Megapixel, è caratterizzato da un tempo di ritardo della visualizzazione di soli 0,005 secondi. Il sensore X-Trans Cmos II, in dimensione APS-C (23,6x15,6mm), da 16,3 Megapixel, agisce unitamente al processore di immagini EXR Processor II ad alte prestazioni e al sistema ottico Fujifilm XF e XC. La matrice filtro colore del sensore riduce l’effetto moiré e i falsi colori senza l’impiego di un filtro ottico passa-basso, con conveniente finalizzazione della luce e sostanziosa riduzione del rumore. Allo stesso momento, il rinnovato sistema AF offre una modalità da quarantanove punti, per la massima rapidità e precisione, e due nuove funzionalità: “Zone” (che consente di selezionare aree di 3x3mm, 5x3mm e 5x5mm sulla superficie di settantasette punti) e “Wide/Tracking” (che insegue il soggetto in movimento at-

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Nella propria crescita coerente, la Serie X di Fujifilm approda alla configurazione X-T10, che propone efficaci interpretazioni della tecnologia CSC (Compact System Camera, già Mirrorless). A partire dalla risoluzione di 16,3 Megapixel e da consistenti prerogative AF, questa dotazione si rivolge sia a un pubblico non professionale, sia a fotografi professionisti (magari come secondo corpo macchina).

traverso un’area più ampia, costituita da settantasette punti, migliorando significativamente le capacità operative). Fedele alla propria Serie X di appartenenza, in livrea nera o argento, la Fujifilm X-T10 ha un corpo macchina in magnesio pressofuso. Sulla parte superiore sono posizionati tre selettori in alluminio, attraverso i quali si regolano in modo intuitivo le combinazioni di apertura di diaframma, tempo di otturazione e funzioni di ripresa. Sul retro, un monitor LCD inclinabile da tre pollici e 920.000 pixel è agevole per le inquadrature dall’alto, o dal basso a livello del terreno. Il selettore “Auto Mode Switch” consente di impostare la modalità completamente automatica “Advanced SR Auto”, in base alla quale vengono automaticamente diretti i parametri corretti per la scena inquadrata.

Le due ghiere di comando e i sette tasti funzione possono essere personalizzati per adattare la X-T10 a eventuali esigenze fotografiche individuali. È disponibile anche un flash pop-up integrato, posizionato al centro della parte superiore (simil pentaprisma), che regola automaticamente la propria emissione luminosa grazie alla funzione dedicata “Super Intelligent Flash”. Ancora, ma altro tanto c’è, nelle riprese video, una pertinente finalizzazione dell’algoritmo consente un’azione dell’autofocus più morbida e naturale. Con la combinazione della messa fuoco automatica con rilevamento di fase e l’autofocus predittivo del movimento, la Fujifilm X-T10 consente lo scatto continuo AF-C fino a circa otto fotogrammi al secondo. (Fujifilm Italia, Strada Statale 11 - Padana Superiore 2b, 20063 Cernusco sul Naviglio MI; www.fujifilm.it). ❖



Quaranta prodotti, per altrettante merceologie. Come previsto, oltre che prevedibile, la segnalazione dei qualificati e prestigiosi TIPA Awards 2015, attribuiti dall’autorevole associazione di riviste mondiali di fotografia (cinque continenti), scompone il mercato nei propri indirizzi tecnici differenziati, che ogni anno richiedono considerazioni sempre più dettagliate. È scontato: nella propria rapida crescita ed evoluzione, l’attualità della tecnologia digitale impone suddivisioni sempre più pertinenti e identificatorie

TIPA AWARDS 2015: PREMI E VINCITORI

Reflex entry level ................................................................ Nikon D5500 Reflex advanced ................................................................... Pentax K-S2 Reflex expert ........................................................ Canon Eos 7D Mark II Reflex professionale .............................................................. Nikon D810 Obiettivo entry level .................................. Sigma 18-300mm f/3,5-6,3 DC Macro OS HSM / Contemporary Obiettivo expert .............. Canon EF 100-400mm f/4,5-5,6L IS II USM Obiettivo expert prime lens ........... Sigma 24mm f/1,4 DG HSM / Art Obiettivo professionale ......................... Canon EF 11-24mm f/4L USM Medio formato ...................................................................... Pentax 645Z CSC entry level ...................................................................... Sony α5100 CSC advanced ........................................... Panasonic Lumix DMC-GM5 CSC expert ............................................... Olympus OM-D E-M5 Mark ll CSC professionale .............................................................. Samsung NX1 Obiettivo CSC entry level ............. Tamron 14-150mm f/3,5-5,8 Di III Obiettivo CSC expert .................................. Fujinon XF 16-55mm f/2,8 R LM WR Obiettivo CSC prime lens .............................................. Zeiss Loxia Line Compatta easy ............................................ Canon Ixus 160 / 165 / 170 Compatta expert ................................................................... Fujifilm X30 Compatta superzoom .............................................. Nikon Coolpix P610 Compatta resistente (Rugged) ................... Panasonic Lumix DMC-FT6 Apparecchio di prestigio ................................................. Fujifilm X100T Stampante fotografica ........................................ Epson SureColor P600 Carta inkjet ........................................................... Canson Infinity Photo Lustre Premium RC 310 gsm Proiettore ................................................... Epson EH-LS10000 Projector Scanner ......................................................... Epson Perfection V850 Pro Software ................................................... Phase One Capture One Pro 8 Accessorio .................................................................. UniqBall Ball Head Treppiedi ............................................... Manfrotto Befree Carbon Series Dispositivo di archiviazione ........................................... Eyefi Mobi Pro Video / Camera expert .......................... Panasonic Lumix DMC LX100 Video / Camera professionale .................................................. Sony α7S Dispositivo mobile fotografico ..................................... Sony ILCE-QX1 Illuminazione professionale ................................................... Profoto B2 Flash portatile .............................................................. Nissin Air System Monitor .................................................. LG Digital Cinema 4K Monitor (Model 31MU97Z) Borsa fotografica ...................................................... Think Thank Photo Airport International LE Classic Servizio fotografico conto terzi ................................................. Zenfolio Actioncam .......................................................................... Ricoh WG-M1 Innovazione imaging ............................................................. Lytro Illum Design .............................................................................................. Leica T

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Canon Eos 7D Mark II ........................................................ Reflex expert Canon EF 100-400mm f/4,5-5,6L IS II USM .............. Obiettivo expert Canon EF 11-24mm f/4L USM ......................... Obiettivo professionale Canon Ixus 160 / 165 / 170 ............................................ Compatta easy Canson Infinity Photo Lustre Premium RC 310 gsm ......................................... Carta inkjet Epson SureColor P600 ........................................ Stampante fotografica Epson Perfection V850 Pro ......................................................... Scanner Epson EH-LS10000 Projector ................................................... Proiettore Eyefi Mobi Pro ........................................... Dispositivo di archiviazione Fujifilm X100T ................................................. Apparecchio di prestigio Fujifilm X30 ................................................................... Compatta expert Fujinon XF 16-55mm f/2,8 R LM WR ......................................................... Obiettivo CSC expert Leica T .............................................................................................. Design LG Digital Cinema 4K Monitor (Model 31MU97Z) .................................................................. Monitor Lytro Illum ............................................................. Innovazione imaging Manfrotto Befree Carbon Series .............................................. Treppiedi Nikon D810 .............................................................. Reflex professionale Nikon D5500 ................................................................ Reflex entry level Nikon Coolpix P610 .............................................. Compatta superzoom Nissin Air System .............................................................. Flash portatile Olympus OM-D E-M5 Mark ll ............................................... CSC expert Panasonic Lumix DMC-GM5 ........................................... CSC advanced Panasonic Lumix DMC-FT6 ................... Compatta resistente (Rugged) Panasonic Lumix DMC LX100 .......................... Video / Camera expert Pentax K-S2 ................................................................... Reflex advanced Pentax 645Z ...................................................................... Medio formato Phase One Capture One Pro 8 ................................................... Software Profoto B2 ................................................... Illuminazione professionale Ricoh WG-M1 .......................................................................... Actioncam Samsung NX1 .............................................................. CSC professionale Sigma 18-300mm f/3,5-6,3 DC Macro OS HSM / Contemporary ............. Obiettivo entry level Sigma 24mm f/1,4 DG HSM / Art ........... Obiettivo expert prime lens Sony α5100 ...................................................................... CSC entry level Sony α7S .................................................. Video / Camera professionale Sony ILCE-QX1 ..................................... Dispositivo mobile fotografico Tamron 14-150mm f/3,5-5,8 Di III ............. Obiettivo CSC entry level Think Thank Photo Airport International LE Classic .......................... Borsa fotografica UniqBall Ball Head .................................................................. Accessorio Zeiss Loxia Line .............................................. Obiettivo CSC prime lens Zenfolio ................................................. Servizio fotografico conto terzi


PREMI TIPA TECNOLOGIA DI VERTICE

All’Assemblea Generale TIPA 2015, durante la quale sono stati assegnati i TIPA Awards 2015, hanno partecipato rappresentanti di ventiquattro riviste internazionali di fotografia aderenti alla Technical Image Press Association (TIPA); gli assenti hanno votato per delega. Tradizionale, il gruppo fotografico (senza ordine rispetto l’immagine, ma in ordine per nazioni): Paul Burrows ( Camera, Australia), Mozart Mesquita ( Fhox, Brasile), Guy Langevin e Catherine Robitaille ( Photo Life, Canada), Liang Wenchuan e Zhai Xiaodong ( Chinese Photography, Cina), Renaud Marot ( Réponses Photo, Francia), Roland Franken ( digit!, Germania), Holger Hagedorn ( Foto Hits, Germania), Henning Gerwers ( Inpho Imaging & Business, Germania), Wolfgang Heinen

( Photo Presse, Germania), Frank Späth ( Photographie, Germania), Thomas Gerwers e Petra Sagnak ( ProfiFoto, Germania), Yuki Imaura (Camera Journal Press Club, Giappone), Jean-Christophe Béchet ( Photo Business, Grecia), Shridhar Kunte ( Better Photography, India), Jonathan Adams ( Digital Photo, Inghilterra), Ben Hawkins ( Practical Photography, Inghilterra), Giulio Forti ( Fotografia Reflex, Italia), Maurizio Rebuzzini ( FOTOgraphia, Italia), Johan Elzenga ( Fotografie e FotoVisie, Olanda), Daimon Derk Xanthopoulos ( P/F, Olanda), Alfonso Del Barrio ( FV/Foto-Video Actualidad, Spagna), Louise Donald ( PiX Magazine, Sudafrica), George Schaub ( Shutterbug, Usa), András Bánkuti e Eva Bankutine Hajdu ( Digitális Fotó Magazin, Ungheria); quindi, Alison Davey, segretaria TIPA.

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di Antonio Bordoni

B

isogna intendersi. Le assegnazioni annuali dei TIPA Awards / Premi TIPA, conferiti da una giuria composta da direttori e redattori di ventotto riviste fotografiche internazionali aderenti all’autorevole Technical Image Press Association (in cooperazione con il Camera Journal Press Club of Japan), non interferiscono minimamente con l’esercizio della fotografia. Esplicitamente, sono indicazioni di carattere tecnico e tecnologico che fanno il punto sul comparto commerciale, nel quale individuano e segnalano le preminenze, scandite sul ritmo serrato di quaranta merceologie di richiamo e riferimento. Dopo di che, sta all’intelligenza individuale e alle capacità singole declinare l’azione tecnica nel proprio impegno fotografico, sia professionale sia non professionale. Detta meglio, forse: i Premi TIPA possono tracciare il come (comunque sia, rilevante); gli utenti fotografi stabiliscono e decretano il perché. Scorrendo il consistente elenco dei Premi TIPA 2015, che sono approdati alla venticinquesima edizione, dal 1991 di origine (rievocazione temporale, su questo stesso numero, da pagina 8), balza evidente all’occhio un primo, immediato, valore oggettivo: nel corso del tempo, nello scorrere degli anni e -soprattutto- nella rapida trasformazione indotta dall’attuale applicazione tecnologica, i riferimenti della creazione e gestione di immagini si sono clamorosamente moltiplicati. Tanto da imporre minuziose osservazioni attraverso la selettiva lente di (ben) quaranta categorie. Nel continuo gioco di entrate e uscite, anno per anno, anno dopo anno, si è scomposta la totalità del mercato secondo dovere e necessità, individuando le merceologie che meritano attenzioni, diciamo così, cadenzate. Infatti, per quanto in tempi precedenti, neppure tanto lontani (forse più lontani di quanto indica l’imparzialità del calendario), ma ancora qui dietro l’angolo, molti confini merceologici erano chiari, palesi e inequivocabili, le attuali infinite sfumature impongono altre metodologie, altri ritmi, altre attenzioni, altre osservazioni e rilevazioni Nello specifico, la considerazione più evidente, da prendere a esempio di se stessa e della propria possibile proiezione sul macrocosmo dell’intera attuale realtà di mercato, riguarda specificamente l’acquisizione e gestione digitale di immagini. Così, nel concreto, la costruzione reflex degli apparecchi e la coincidente proposta CSC (Compact System Camera, già Mirrorless) debbono essere scandite oltre la sola definizione originaria e generale, che va stretta alla vastità ed eterogeneità dell’offerta tecnica e commerciale. Vasta ed eterogenea, va appuntato, non solo in termini quantitativi, che non sarebbero di competenza TIPA, ma soprattutto per princìpi qualitativi, che richiedono adeguate prese di posizione.

BEST DSLR ENTRY LEVEL NIKON D5500

Una reflex entry level è quella che offre facilmente tutti i vantaggi della fotografia con una reflex digitale anche agli utenti alle prime armi. La D5500 è una reflex leggera e compatta, con sensore Cmos APS-C da 24,2 Megapixel, che raggiunge i cinque fotogrammi al secondo a piena risoluzione e registra video Full HD con quattro diverse impostazioni di frame rate, da 24p a 60p. La gamma di sensibilità va da 100 a 25.600 Iso equivalenti. È anche la prima reflex Nikon con display LCD da 3,2 pollici touchscreen e orientabile. Utilizzando l’app Nikon wireless, gli utenti possono collegare la reflex con smartphone e tablet compatibili, senza necessità di un hot spot. Ideale anche per la fotografia d’azione: può raggiungere la velocità minima di otturazione di 1/4000 di secondo. Inoltre, molte modalità creative consentono al fotografo di personalizzare l’aspetto e lo stile di ogni immagine.

BEST DSLR PROFESSIONAL NIKON D810

COMPETENZA E PERIZIA In questa chiave, che mette in risalto la capacità della competente giuria TIPA di affrontare con realismo il mercato della fotografia, comunque questo appaia e si evolva, ai TIPA Awards / Premi TIPA va riconosciuta una particolarità che fa la differenza e stabilisce un parametro/riferimento di prestigio. Per propria natura e personalità professionale, i direttori e redattori delle ventotto riviste fotografiche internazionali della Technical Image Press Association (dai cinque continenti; riquadro alla precedente pagina 23) sono allo stesso momento al vertice e alla coda del mercato. Al vertice, quando debbono intuire le evoluzioni tecnologiche in divenire; alla coda, quando debbono registrare, annotandole e magari commentandole (perfino motivandole, se non già giustificandole), le personalità del mercato: comunque questo si esprima. (continua a pagina 31)

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La Nikon D810 full frame (FX) ha un sensore Cmos da 36,3 Megapixel senza filtro passa-basso. La reflex è in grado di scattare a una cadenza di cinque fotogrammi al secondo alla massima risoluzione, ha la modalità di riduzione del rumore lungo l’intera gamma di sensibilità (da 64 a 12.800 Iso equivalenti, espandibile da 32 a 51.200 Iso equivalenti) e offre qualità video broadcast Full HD. Il sistema di riconoscimento della scena Nikon con la misurazione 3D Color Matrix Meter III permette esposizioni equilibrate anche in situazioni di luce difficile, avendo anche AF, bilanciamento del bianco e flash i-TTL controllati. Per i registi, la D810 ha una presa HDMI, un intervallometro (per realizzare time lapse direttamente in camera), un microfono stereo incorporato, AF costante e tutti i controlli manuali. La reflex ha anche due slot per le schede di memoria, accettando sia SD sia CF.


BEST DSLR ADVANCED PENTAX K-S2

BEST DSLR EXPERT CANON EOS 7D MARK II

Disponendo di un sensore Cmos da venti Megapixel senza filtro passa-basso, la Pentax K-S2 è un’ottima scelta per il fotografo entusiasta. Il corpo è resistente agli agenti atmosferici, ha un mirino ottico (cento percento del campo inquadrato) ed è la prima reflex Pentax con display LCD orientabile (3 pollici e 921.000 punti). Il corpo compatto è dotato del meccanismo Shake Reduction (SR), ed è compatibile con tutti i nuovi e molti dei vecchi obiettivi Pentax, anche se con alcuni può essere necessario un adattatore. L’otturatore della K-S2 raggiunge la velocità di 1/6000 di secondo e, in modalità di scatto continuo, permette fino a cinque fotogrammi al secondo. Tra le funzioni creative ci sono l’esposizione multipla, l’intervallometro, una modalità HDR avanzata e video Full HD; ancora, grazie al modulo WiFi integrato e l’app dedicata, si possono trasferire le immagini e gestire la reflex in remoto.

Con caratteristiche che richiamano l’attenzione dei fotografi che sanno cosa può offrire una reflex digitale, la Canon Eos 7D Mark II ha un sensore Cmos APS-C da 20,2 Megapixel e il doppio processore Digic 6 racchiusi in un corpo macchina in lega di magnesio resistente agli agenti atmosferici. La reflex raggiunge i dieci fotogrammi al secondo, ha un sistema AF a sessantacinque punti (tutti a croce) e nel mirino mostra il cento percento del campo inquadrato. Tra le efficaci funzioni di cui è dotata c’è l’HDR, la modalità di esposizione multipla, l’intervallometro con timer integrato per la posa B nelle lunghe esposizioni. La reflex ha un doppio slot per le schede di memoria SD e CF. Per supportare al massimo la qualità video Full HD, la Eos 7D Mark II è dotata del sistema AF Dual Pixel Cmos, ha un microfono stereo dedicato e una presa jack per le cuffie.

BEST ENTRY LEVEL DSLR LENS SIGMA 18-300mm f/3,5-5,6 DC MACRO OS HSM

BEST EXPERT DSLR ZOOM LENS CANON EF 100-400mm f/4,5-5,6L IS II USM

Dedicato ai fotografi che usano reflex con sensore APS-C e desiderano uno zoom in grado di gestire un’ampia varietà di situazioni, il Sigma 18-300mm f/3,5-6,3 DC Macro OS HSM / Contemporary offre una escursione focale equivalente 27-450mm (per il fattore di moltiplicazione del sensore APS-C). Lo zoom è dotato di un sistema ottico di stabilizzazione migliorato, molto importante in un obiettivo con tanta escursione focale. Strutturato con diciassette elementi divisi in tredici gruppi, ha una distanza minima di messa a fuoco da 39cm, da cui l’identificazione Macro. Forse, per un obiettivo di questo tipo, la caratteristica operativa più pratica riguarda le dimensioni e il peso contenuti (101,5mm alla focale minima e 585g), che lo rendono ideale e comodo da trasportare.

Progettato per le reflex full frame, ma anche per gli utenti di reflex APS-C che desiderano avere uno zoom potente, il Canon EF 100-400mm f/4,5-5,6L IS II USM integra uno stabilizzatore di immagine a quattro stop e un motore rapido e silenzioso, per la messa fuoco automatica (USM). Lo schema ottico è costituito da ventuno elementi divisi in sedici gruppi, tra i quali lenti alla fluorite e Super UD (Ultra-low Dispersion); ancora, rivestimento Canon Air Sphere Coating (ASC), per prevenire flare ed effetto fantasma. Il diaframma circolare a nove lamelle consente di ottenere un bokeh gradevole e omogeneo. La messa a fuoco posteriore, con un elemento flottante, amplia la velocità AF e garantisce uniformità nella qualità dell’immagine. Inoltre, è incluso un meccanismo per regolare la frizione dell’anello di comando dello zoom. Collare ruotabile, per collocarlo su treppiedi.

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BEST EXPERT DSLR PRIME LENS SIGMA 24mm f/1,4 DG HSM / ART

BEST PROFESSIONAL DSLR LENS CANON EF 11-24mm f/4L USM

Combinando un’elevata luminosità relativa (f/1,4!) a una visione grandangolare, il Sigma 24mm f/1,4 DG HSM / Art offre intriganti opportunità fotografiche. Progettato per sensori full frame, ha una struttura composta da quindici elementi divisi in undici gruppi, della quale fanno parte lenti FLD e SLD a basso indice di dispersione, che riducono le aberrazioni cromatiche, in particolare ai bordi. La distanza minima di messa a fuoco è da 25cm. Per migliorare le prestazioni alla massima apertura relativa (f/1,4), alcuni elementi asferici sono posizionati nella parte posteriore dell’obiettivo; inoltre, l’innovativo disegno ottico perfeziona la luminosità periferica. Il grandangolare è dotato del nuovo meccanismo per la messa a fuoco manuale, anche quando è attivo l’AF. Per assicurare la qualità della gamma “Art”, ogni obiettivo è sottoposto a severi test di misurazione Sigma MFT.

Ora, gli utenti Canon dispongono del più ampio angolo di campo mai raggiunto da uno zoom per reflex full frame. Con una distanza minima di messa a fuoco da 28cm, il Canon EF 11-24mm f/4L USM contiene al minimo le distorsioni delle immagini lungo tutta l’escursione focale. Lo schema ottico comprende sedici elementi divisi in undici gruppi, impreziosito da un sistema zoom a tre gruppi e messa a fuoco posteriore. Sono comprese quattro lenti asferiche, per ridurre le distorsioni dal centro ai bordi dell’inquadratura, e un sistema ottico che fornisce linee rette con una curvatura minima. Inoltre, lo zoom è caratterizzato da un elemento Super UD e uno UD, per limitare le aberrazioni cromatiche; mentre il rivestimento SWC (tecnologia proprietaria) riduce al minimo gli effetti fantasma e il flare. Si può eseguire la messa a fuoco manuale anche in modalità AF.

BEST CSC PROFESSIONAL SAMSUNG NX1

BEST CSC EXPERT ZOOM LENS FUJINON XF 16-55mm f/2,8 R LM WR

Veloce e reattiva, la Samsung NX1 è dotata di un sensore Cmos APS-C da 28,2 Megapixel e del processore DRIMe V, che permettono di registrare video 4K e immagini ad alta risoluzione a quindici fotogrammi al secondo, il tutto con AF attivo. Monitor touchscreen orientabile Amoled da tre pollici e 1,036 Megapixel e mirino ad alta risoluzione XGA Oled (da 2,360 Megapixel). Gamma di sensibilità da 100 a 25.600 Iso equivalenti (in modalità espansa, fino a 51.200 Iso equivalenti). Nuovo sistema AF ibrido, che combina il rilevamento di fase e a contrasto. Molte le funzioni video, dalle risoluzioni DCI 4K 4096x2160 pixel a 24p e UHD 4K 3840x2160 pixel a 24p/30p. Si possono acquisire fino a centoventi fotogrammi al secondo in Full HD. Connettività WiFi, NFC, Bluetooth e USB 3.0. App gratuita Samsung Camera Manager per trasferire le immagini e controllo remoto.

Un nuovo zoom nella gamma Fujifilm X resistente agli agenti atmosferici e alle infiltrazioni di polvere: è il versatile Fujinon XF 16-55mm f/2,8 R LM WR, costituito da diciassette elementi divisi in dodici gruppi, in un disegno ottico comprensivo di tre lenti asferiche e tre ED (a basso indice di dispersione). Lo zoom “standard” offre un’escursione focale equivalente a 24-84mm (inevitabile riferimento d’obbligo) e ha quattordici guarnizioni che lo proteggono dagli agenti atmosferici avversi. Ha un diaframma a nove lamelle e distanza minima di messa a fuoco da 30,4cm. La nuova tecnologia di rivestimento Nano-GI (Gradient Index) inibisce la creazione di immagini fantasma e riflessi. Il sistema alleggerito di messa a fuoco interna e il doppio motore lineare rendono silenziosa e rapida la regolazione della distanza di ripresa: 0,06 secondi.


BEST MEDIUM FORMAT CAMERA PENTAX 645Z

BEST CSC ADVANCED PANASONIC LUMIX DMC-GM5

Con un’area di 43,8x32,8mm, il sensore Cmos da 51,4 Megapixel della Pentax 645Z è 1,7 volte più grande di quelli che in dotazione alle reflex full frame. Questa medio formato può scattare fino a tre fotogrammi al secondo per dieci acquisizioni in formato grezzo Raw e fino a trenta immagini in formato compresso Jpeg Large. Il monitor LCD orientabile, da 3,2 pollici, ha una risoluzione di 1,037 Megapixel RGB e la sua costruzione “anti-gapless” riduce i riflessi e la dispersione della luce, ulteriormente trattenuta grazie al particolare rivestimento Anti-Reflection. Ovviamente, è presente anche un ampio e luminoso mirino ottico. Il sistema AF a contrasto di fase Safox 11 è dotato di ventisette punti, venticinque dei quali a croce; quando è utilizzato insieme al Live View, è possibile ingrandire l’immagine sul monitor. La sensibilità può essere portata fino a 204.800 Iso equivalenti.

Alta appena 59,5mm e larga 98,5mm, la Panasonic DMC-GM5 pesa 211g: è una CSC Micro QuattroTerzi davvero compatta. Il mirino Live View copre il cento percento del campo inquadrato e ha una risoluzione di 1,16 Megapixel RGB, mentre il sensore Digital Live View MOS offre sedici Megapixel. Per connetterla a un dispositivo come tablet e smartphone, per il controllo remoto, basta scansionare il QR Code che viene mostrato sul display. La Panasonic DMC-GM5 produce sia file compressi Jpeg sia file grezzi Raw e video, nei formati AVCHD e MP4. Sono disponibili tutte le funzioni di esposizione più una serie di modalità di misurazione, in riferimento a sensibilità che si estendono da 200 a 25.600 Iso equivalenti (in video, fino a 3200 Iso equivalenti). Infine, i tempi di otturazione vanno da sessanta secondi a 1/16.000 di secondo.

BEST CDC PRIME LENS ZEISS LOXIA LINE

BEST EASY COMPACT CAMERA CANON IXUS 160 / 165 / 170

Progettati per coloro i quali sono ancora fotografi appassionati secondo princìpi inviolabilmente classici, gli obiettivi Zeiss Loxia -in sistema ottico specifico per le Sony full frame E-mount- dispongono di impostazioni manuali di messa a fuoco e regolazione del diaframma. Al momento, la gamma offre due focali, entrambe con apertura relativa f/2: 35mm e 50mm. Lo Zeiss Loxia 35mm f/2 è basato sul disegno ottico Biogon, ed è costituito da nove elementi divisi in sei gruppi; distanza minima di messa a fuoco da 0,3m. Invece, lo Zeiss Loxia 50mm f/2 è basato sul disegno ottico Planar di sei elementi divisi in quattro gruppi, con una distanza minima di messa a fuoco analoga, da 0,37m. L’impostazione del diaframma “cliccabile” può essere utilizzata per le riprese video. Una ampia rotazione di centottanta gradi permette una messa a fuoco precisa.

Canon è andata controcorrente, contro tutti quelli che pensano non vi sia più possibilità per nuove ed entusiasmanti evoluzioni in questo comparto tecnico-commerciale. Lo ha fatto con configurazioni compatte e convenienti, che offrono quello che manca agli smartphone: buona escursione focale dello zoom ottico e ottima qualità di immagine. Per esempio, la Ixus 170 è incredibilmente sottile (solo 22,6mm di spessore), ma offre una consistente escursione focale: 12x (25-300mm equivalenti). Ha un sensore da venti Megapixel, l’Intelligent IS e lo stabilizzatore ottico di immagine Canon, che aiuta a registrare immagini e video HD a 720p privi di vibrazioni. La modalità Smart Auto seleziona automaticamente le migliori impostazioni per la scena inquadrata e offre una quantità di effetti creativi. Anche la Ixus 165 è dotata di Intelligent IS e, al pari della Ixus 160, è provvista di zoom 8x e sensore da venti Megapixel.

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BEST EXPERT COMPACT CAMERA FUJIFILM X30

BEST SUPERZOOM CAMERA NIKON COOLPIX P610

Spesso, durante una gita o per gli scatti delle vacanze, i fotografi desiderano una compatta che offra comunque caratteristiche e immagini di alta qualità. Assolutamente compatta nelle dimensioni (118x71x60mm) e leggera (423g), la Fujifilm X30 è dotata di sensore X-Trans Cmos II da 2/3 di pollice da dodici Megapixel: per fotografie in formati Raw e Jpeg e video in formato MOV con audio stereo. Lo zoom Fujinon 4x (28-112mm equivalente) ha una variazione di luminosità di un solo stop (f/2 - f/2,8), con una apertura minima di f/11. La compatta dispone di tempi di otturazione fino a 1/4000 di secondo e sensibilità che raggiunge i 12.800 Iso equivalenti. Consente una sequenza rapida fino a dodici fotogrammi al secondo e l’obiettivo integra uno stabilizzatore di immagine. Il mirino elettronico da 2,36 Megapixel ha un ritardo della visualizzazione di soli 0,005 secondi.

Con un notevole zoom Nikkor 60x integrato (24-1440mm equivalenti), con lenti ED, la Nikon P610 può scattare fino a sette immagini al secondo a piena risoluzione e riprende video Full HD utilizzando lo stabilizzatore di immagine da cinque stop Dual Detect Optical VR. La configurazione dispone di un sensore Cmos da sedici Megapixel, un mirino elettronico e monitor orientabile da tre pollici, entrambi con risoluzione da 921K pixel. Le funzionalità di scatto includono filtri e diversi effetti speciali, tra i quali la modalità macro e la registrazione di video time lapse. La P610 ha il GPS integrato e permette agli utenti di inviare facilmente le fotografie a smartphone e tablet compatibili, attraverso le connessioni WiFi o NFC. Se necessario, il fotografo può anche raddoppiare la lunghezza focale dell’obiettivo, impostando la funzione di zoom digitale Nikon Dynamic Fine Zoom.

BEST PHOTO PRINTER EPSON SURECOLOR P600

BEST PHOTO PROJECTOR EPSON EH-LS10000 PROJECTOR

Questa stampante fotografica a otto colori permette di stampare sia su fogli singoli sia su carta in bobina, su CD e Dvd e dispone di connessioni USB, Ethernet e WiFi. Gli inchiostri Epson UltraChrome HD sono stati prodotti con inchiostri pigmentati, che includono le cartucce aggiuntive Light Black, Light Light Black, Photo Black e Matte Black, che già indicano la propensione a soddisfare gli stampatori bianconero, sia su carta lucida sia su superficie opaca. La stampante Epson SureColor P600 è dotata anche del nuovo motore di stampa Epson e della nuova tecnologia di screening, così come di gocce di inchiostro grandi appena due picolitri, per migliorare la qualità di stampa. L’ampio e brillante display LCD touchscreen da 2,7 pollici permette il facile e semplice il controllo sulla stampante.

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In combinazione con quasi tutte le macchine fotografiche dei nostri giorni, che ormai producono video Full HD, molte anche in 4K, il versatile proiettore Epson EH-LS10000 soddisfa e appaga le esigenze della maggior parte degli spettatori più esigenti. Questo efficace proiettore offre una valorizzazione 4K per una maggiore nitidezza, un rapporto di contrasto del nero senza precedenti e propone Colori e Luminosità a 1500 lumen. Il proiettore vanta un’ampia gamma di colori, che produce tonalità più ricche e gradazioni più uniformi. Offre anche la tecnologia avanzata Epson 3LCD Reflective (tecnologia proprietaria) e ha la possibilità di movimento motorizzato dell’obiettivo, sia verticale sia orizzontale, che permette una più facile configurazione delle impostazioni in proiezione.


BEST RUGGED CAMERA PANASONIC LUMIX DMC-FT6

BEST PREMIUM CAMERA FUJIFILM X100T

La compattezza è ormai l’elemento più importante per le configurazioni “rugged”: la Panasonic DMC-FT6 racchiude tante funzioni in un corpo macchina di piccole dimensioni. Può arrivare fino a tredici metri sott’acqua, subire cadute da due metri e continuare tranquillamente a scattare fino a temperature pari a -10°C. Dispone anche di GPS, barometro e altimetro. La DMC-FT6 ha un sensore MOS da sedici Megapixel e uno zoom Leica DC Vario-Elmar 4,6x (28-128mm equivalenti). La gamma di sensibilità si estende da 100 a 3200 Iso equivalenti, e può essere espansa fino a 6400 Iso equivalenti, in alcune modalità. Può registrare video Full HD e scattare fino a dieci fotogrammi al secondo (per un massimo di sette fotografie, la cui quantità può aumentare a risoluzione inferiore). Sono presenti quattordici modalità creative, sedici modi scena ed è dotata di WiFi e NFC.

Il sensore APS-C X-Trans Cmos II da 16,3 Megapixel e il processore EXR della Fujifilm X100T offrono consistenti opzioni e capacità, in un corpo macchina compatto, nel quale è integrato anche un obiettivo equivalente a un 35mm f/2. L’alta risoluzione del mirino ibrido Advanced Hybrid Viewfinder (2,360 Megapixel) la rende simile a un apparecchio a telemetro. Sulla ghiera di messa a fuoco si possono selezionare le modalità di Focus Peaking e Digital Split Image, oltre l’ingrandimento dell’area di fuoco. Il mirino consente anche l’opzione “Correzione Real-Time del Parallasse”. Ancora: velocità massima dell’otturatore di 1/32.000 di secondo, sette tasti ”Fn” personalizzabili, video Full HD, con numerosi frame rate selezionabili, e modulo WiFi integrato per il trasferimento delle immagini e il controllo remoto tramite l’app Fujifilm Camera Remote.

BEST PHOTO SCANNER EPSON PERFECTION V850 PRO

BEST IMAGING SOFTWARE PHASE ONE CAPTURE ONE PRO 8

Per considerazioni tecniche, la categoria dei Photo Scanner è stata esclusa dai TIPA Awards per molti anni, ma l’introduzione dell’Epson Perfection V850 Pro ha portato i membri dell’associazione a farla rinascere. Il Perfection V850 Pro consente di acquisire ogni dimensione di pellicola fotografica, fino al 4x5 pollici (10,2x12,7cm), usando i supporti in dotazione, e fino all’8x10 pollici (20,4x25,4cm) senza. Utilizza una sorgente luminosa a LED, che amplia i valori tonali: lo si nota e apprezza particolarmente con i negativi bianconero. Le nuove cornici per pellicole sono molto robuste e tengono ben tese le strisce di pellicola. Una piastra anti anello di Newton aiuta a eliminare il moiré e la variazione del colore. In dotazione, i software LaserSoft’s SilverFast SE Plus 8, con tecnologia Digital ICE, Xrite i1 Scanner e IT8 Target.

I convertitori Raw dovrebbero ricavare il meglio da ogni file grezzo Raw, indipendentemente dalla macchina fotografica e dalle condizioni di scatto. Capture One Pro 8 gestisce la conversione Raw di più di trecento apparecchi, con una gestione vasta e completa degli strumenti digitali di regolazione, in un ambiente di lavoro flessibile. Phase One offre una conversione personalizzabile per ogni formato Raw, permettendo di gestire al meglio il colore e la riduzione del rumore. Si possono importare le immagini da schede di memoria o da hard disk, o -in sessioni in studio- si può anche realizzare direttamente lo scatto in remoto, tramite Live View; utilizzando Capture Pilot, anche i clienti possono seguire le riprese in diretta. Per la condivisione e la visualizzazione, il software permette di sviluppare diversi formati di immagine di visualizzazione e creare presentazioni e gallerie web.

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BEST PHOTO-VIDEO CAMERA EXPERT PANASONIC LUMIX DMC LX100

BEST PROFESSIONAL LIGHT SYSTEM PROFOTO B2

Agli appassionati che cercano la qualità sia delle fotografie sia dei video, la Panasonic Lumix DMC LX100 offre un sensore 4/3 di pollice High Sensitivity MOS da 12,8 Megapixel e la possibilità di registrare video 4K. La configurazione è dotata di obiettivo Leica DC Vario-Summilux 24-75mm f/1,7-2,8 (equivalente) e dispone di numerose funzioni di controllo e ghiere per l’esposizione; c’è anche la possibilità di scattare fino a undici fotogrammi al secondo alla massima risoluzione. La modalità video è consistente: si può registrare in Full HD 1920x1080 pixel nel formato AVCHD Progressive o MP4 a 60p, ma anche in 4K a 3849x2169 pixel a 30 fotogrammi al secondo. Potendo estrapolare un’immagine da otto Megapixel da un video 4K, Panasonic ha anche proposto quello che definisce “4K Photo”. Altre funzioni includono WiFi e NFC e possibilità di scattare Raw+Jpeg.

Soprattutto nell’ambito della fotografia professionale, la flessibilità della luce consente risultati di illuminazione individuale e creativa: il versatile flash elettronico monotorcia Profoto B2 può essere utilizzato in molte diverse situazioni di illuminazione, gestibili sia dall’apparecchio fotografico sia con comandi accessori. Il B2 è compatibile con reflex Canon e Nikon, sia per la modalità TTL sia per quella HSS, ma opera anche in modalità manuale con gli altri apparecchi fotografici. La sua potenza di 250Ws può essere regolata per gestire fino a nove stop di gamma di luce, con un tempo rapido di ricarica che va da 0,03 a 1,35 secondi. Il B2 accede all’intero assortimento degli accessori Profoto Light Shaping Tools, potendo scegliere tra più di centocinquanta elementi per modellare la luce in massima libertà e secondo intenzioni creative individuali.

BEST ACTIONCAM RICOH WG-M1

BEST IMAGING INNOVATION LYTRO ILLUM

Questo settore tecnico-commerciale della fotografia dei nostri giorni è in continua crescita, e la Ricoh WG-M1 offre un design unico, impermeabile fino a 9,75m, senza la necessità di custodia, resistente a cadute da 1,8m e a temperature fino a -10°C. L’apparecchio è dotato di pulsanti di dimensioni generose e di un monitor LCD da 1,5 pollici. Il sensore da quattordici Megapixel e il processore permettono di registrare video Full HD e realizzare sequenze rapide fino alla cadenza di dieci fotogrammi al secondo: il tutto attraverso l’obiettivo grandangolare del quale è dotata. Per consentire di affrontare ogni azione, la Ricoh WG-M1 viene fornita con un adesivo per fissarla su diverse superfici; inoltre, si segnalano anche molti accessori opzionali: tra i quali, si registrano un cinturino da polso e il supporto per montarla su un casco e molto altro ancora.

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La configurazione “Light Field” Lytro Illum è un dispositivo fotografico unico, caratterizzato dal software che consente di selezionare la profondità di campo di un’immagine anche dopo averla scattata, potendo scegliere tra una gamma di diaframmi che va da f/1 a f/16. In post produzione, si regola il cursore per scegliere qualsiasi effetto di messa a fuoco desiderato. Per esempio, utilizzando l’ultimo aggiornamento del software (Lytro Desktop 4.2), si possono selezionare più soggetti e impostare per loro f/16, per averli a fuoco con lo sfondo sfocato, come se si fosse scattato a f/1. Il formato grezzo Raw nativo può essere condiviso sotto forma di animazione video o esportato in Jpeg, Tiff, 3D e MP4. Nuove innovazioni e applicazioni video vengono sistematicamente studiate dal produttore, e la giuria TIPA considera tutto ciò una affascinante evoluzione possibile e potenziale.


BEST PORTABLE FLASH NISSIN AIR SYSTEM

(continua da pagina 24) Dunque, per conseguenza, assegnati dai rappresentanti di ventotto riviste specializzate planetarie, i qualificati Premi TIPA sono frutto di una competente analisi complessiva del mercato fotografico. Come abbiamo appena annotato, lo slittamento di alcune categorie merceologiche -che dalle origini sono state adeguatamente interpretate- e l’estensione di altre ribadisce la concretezza di quel percorso tecnico che non sta più traghettando le tecnologie tradizionali della fotografia in una innovativa dimensione presente-futuribile, ma la sta esprimendo nel pieno della propria maturazione. Anche per l’attuale/odierna edizione 2015 dei Premi, l’accreditato e qualificato giudizio della giuria TIPA va considerato in due modi, coesistenti: anzitutto in quanto tale, ovvero per le proprie potenziali influenze sull’autorevole apprezzamento dei relativi prodotti indicati (e relativa vendita?), e poi in quanto competente specchio dei tempi, che dal presente si proiettano in avanti.

VISIONE INCORAGGIANTE

Il Nissin Air System è un impianto di illuminazione wireless che comprende il flash portatile Nissin Di700 Air e il Commander Air 1 (e anticipa altre configurazioni che sicuramente seguiranno questa origine/partenza). La trasmissione radio a 2,4Ghz ha una copertura di trenta metri e non subisce interruzioni, a differenza del classico trasmettitore ottico quando incontra degli ostacoli. Possono essere impostati differenti canali di trasmissione e ID radio, che assicurano di non perdere alcuno scatto a causa di altre unità operanti via radio nelle vicinanze. Il Nissin Commander Air 1 può gestire fino a tre gruppi di flash Di700 Air, potendo usare sia impostazioni manuali sia TTL. Il flash offre un tempo di sincronizzazione di 1/8000 secondo sulla seconda tendina, mentre la parabola elettronica finalizza la copertura luminosa di focali entro l’escursione 24-200mm.

BEST DESIGN LEICA T

Con un corpo macchina ricavato da un unico blocco di alluminio, lucidato a mano per quarantacinque minuti, secondo certificazione del produttore, e un design studiato in collaborazione con Audi Design, la Leica T è piacevole sia per gli occhi sia nell’uso. Questa CSC ha un sensore APS-C da 16,5 Megapixel senza filtro passa-basso e un monitor LCD touchscreen da 3,7 pollici, dal quale si possono impostare rapide modifiche alle impostazioni e passare alla visione delle immagini. Al momento, sono disponibili quattro obiettivi dedicati al sistema Leica CSC, ma utilizzando l’adattatore M-Adapter T possono essere usati anche gli obiettivi Leica M. È disponibile un mirino elettronico opzionale e il GPS integrato rende questa configurazione fotografica un’ottima compagna di viaggio. L’app gratuita Leica App T permette la condivisione e l’utilizzo di smartphone e tablet, per il controllo remoto.

Alla resa dei conti, la combinazione di riviste fotografiche tanto diverse ed eterogenee, sia per intendimento e finalità, sia per osservazione geografica del mercato, finisce per rappresentare una adeguata media planetaria. Ciascuna rivista è portavoce di propri punti di vista e osservazioni nazionali, oltre che di realtà commerciali determinate da particolari equilibri geografici e sociali; quindi, nel proprio insieme, la valutazione TIPA esprime sempre e comunque la più concreta e realistica essenza del mercato fotografico mondiale. Nella sessione giudicatrice, le discussioni tra i giurati nazionali, a volte persino animate, manifestano ed esprimono quella vitalità che dovrebbe dare lustro al mercato. L’affermazione finale arriva al culmine di un processo valutativo severo e approfondito. Nulla è lasciato al caso o è sottovalutato. Nel dettaglio, a partire dalle candidature per ogni categoria, l’affermazione finale può essere raggiunta per scarti minimi o per autentiche ovazioni, dipende sia dal tipo di prodotto sia dal valore implicito dei concorrenti. Svolgendo con doverosa serietà e adeguato scrupolo il proprio ruolo e mandato (statutario), intermediario tra le realizzazioni dell’industria e le aspettative del pubblico utilizzatore, ogni anno la giuria TIPA osserva il presente, tenendo aperti gli occhi anche sul possibile e potenziale futuro: avendo ben chiaro che ciò che conta non sono tanto le soluzioni che si risolvono in se stesse, seppur genialmente, quanto le intuizioni che sanno anche dare spessore generale all’intero mercato fotografico. Dall’aggiudicazione, alla quale fa seguito la cerimonia ufficiale della consegna dei Premi, per un anno, le aziende produttrici e distributrici possono combinare la presentazione dei relativi vincitori di categoria con l’identificazione ufficiale dei TIPA Awards. In assoluto, lo fanno in due maniere coincidenti e coabitanti: dalle confezioni degli utensili fotografici indicati (ciascuno con riferimento esplicito al proprio comparto) e in accompagnamento ad annunci pubblicitari. In origine, la specifica dei Premi sottolineava che «Quando il marchio dei TIPA Awards appare in un annuncio pubblicitario, un pieghevole o sulla confezione di un prodotto, potete esser certi che è stato meritato. I TIPA Awards sono un motivo di orgoglio per chi li attribuisce e per coloro che li ricevono». Ora, in occasione del venticinquesimo anniversario, l’aggiornamento recita diversamente, ma esprime lo stesso: «Dal 1991, i logotipi dei TIPA Awards identificano i migliori prodotti fotografici, video e imaging dell’anno in corso. Da venticinque anni, i qualificati e autorevoli TIPA Awards vendono assegnati in base a qualità, prestazioni e valore, tanto da farne i premi indipendenti della fotografia e dell’imaging dei quali potete fidarvi». Questo è! ❖

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1963. Reflex mezzoformato 18x24mm a obiettivi intercambiabili.


Olympus-Pen F

www.newoldcamera.com


VERSO LA STORIA 7 giugno 2014. Al largo delle coste della Libia, venti chilometri a nord, naufraghi vengono tratti in salvo a bordo di una barca da una fregata della Marina Militare Italiana. Dopo la morte di centinaia di uomini, donne e bambini, annegati nel 2013 al largo delle coste della Sicilia e di Malta, il governo italiano ha attivato una campagna di soccorso e salvataggio dei rifugiati, definita “Mare Nostrum”. Nel 2014, sono stati salvati e portati in Italia centosettantamila ottantuno (170.081) migranti. Questa fotografia di Massimo Sestini si è aggiudicata il Secondo Premio nella categoria General News Singles al World Press Photo 2015, per fotografie del 2014 [ FOTOgraphia, aprile 2015].

di Maurizio Rebuzzini (con Lello Piazza)

S

econdo Premio nella categoria General News Singles, alla recente sessione World Press Photo 2015, per fotografie scattate nel 2014, una immagine del talentuoso Massimo Sestini si sta imponendo all’attenzione generale. La riproponiamo qui in apertura, dopo averla già presentata nell’ambito della relazione giornalistica dal prestigioso e autorevole concorso del fotogiornalismo internazionale [FOTOgraphia, aprile 2015], e dopo averla finalizzata all’anticipazione di questo stesso intervento redazionale, sullo scorso numero di maggio. Nel farlo, e prima di approfondire altre considerazioni al proposito, è necessario sottolineare che -in anticipo sull’affermazione all’influente World Press Photo 2015questa stessa fotografia di Massimo Sestini era già stata presa in energica considerazione. Con ordine. A fine dicembre, il prestigioso e autorevole settimanale statunitense Time Magazine, inviolabile riferimento di merito/reputazione del fotogiornalismo mondiale, l’ha conteggiata tra le dieci fotografie più comunicative dell’anno (2014). Quindi, Elton John, che per quanto ci interessa è considerato tra i più attenti collezionisti di fotografia al mondo, ha acquistato una serie di fotografie di questo reportage di Massimo

Non sono tanto i riconoscimenti internazionali che danno senso e spessore al reportage di Massimo Sestini sui migranti, realizzato la scorsa estate: anche se sono questi riconoscimenti -a partire dal Secondo Premio di categoria al World Press Photo 2015- che compongono i tratti della sua fantastica proiezione internazionale. Soprattutto, è la qualità di visione e raffigurazione di un fotogiornalista di straordinario valore che proietta queste immagini oltre il loro svolgimento in cronaca contingente. Una volta ancora, una di più, mai una di troppo... missione della fotografia 34


Massimo Sestini fotografa da un elicottero AB-212 della Marina Militare Italiana in appoggio alla Nave Comandante Cigala Fulgosi, al largo del Canale di Sicilia, durante una operazione di salvataggio di migranti (2 luglio 2013).

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Operazione Mare Nostrum. Salvataggio di quattrocentoquarantatré naufraghi siriani a bordo di un peschereccio da parte della fregata Fremm Bergamini della Marina Militare Italiana, al suo primo impegno in questo tipo di interventi (5 giugno 2014). L’equipaggio di un elicottero di appoggio e il personale tecnico di gestione prima di un decollo.

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Sestini sui migranti, tra le quali -per l’appunto- questa simbolica e riassuntiva (da cui... General News Singles): ora incluse in una delle cinque collezioni fotografiche private più autorevoli al mondo. Ancora, a monte di tante altre considerazioni sociali, molte delle quali nel nostro paese vengono trattate con inconsistenti pregiudizi e prevenzioni, lo stesso reportage di Massimo Sestini sui migranti è stato allestito in una personale che l’ONU ha presentato a Ginevra, in Svizzera, alla fine dello scorso anno.

MISSIONE DELLA FOTOGRAFIA A questo punto, in commento a questo servizio di Massimo Sestini, uno dei grandi reporter italiani contemporanei, si impongono riflessioni sovrastanti. Considerazioni contingenti a parte, riferite da molte voci, che lamentano l’esaurimento di un certo giornalismo planetario, che pare sempre meno attento/interessato all’approfondimento fotogiornalistico di qualità e spessore e valore, non possiamo ignorare come e quanto continuino ad agire autori capaci di interpretare con piglio una delle missioni fondanti della fotografia che osserva la vita nel proprio svolgersi. Ne abbiamo riferito in occasioni precedenti, e qui si impone una doverosa ripetizione. Da e con Edward Steichen (nel 1969, in occasione del suo novantesimo compleanno): «Missione della fotografia è spiegare l’Uomo all’Uomo, e ogni Uomo a se stesso».


Ed è esattamente quanto composto da Massimo Sestini in questo reportage, realizzato lo scorso giugno 2014 al seguito della Marina Militare Italiana impegnata nelle operazioni di soccorso ai migranti provenienti dal Nord d’Africa. Qui non si tratta ancora di affrontare la socialità di questo fenomeno (fatto salvo il valore storico e culturale del movimento dei popoli: questioni di ordine pubblico a parte), che compete ad altri, ma -dal nostro punto di vista indirizzato- si deve affrontare il racconto fotografico di Massimo Sestini: un racconto che dalla cronaca contingente si proietta verso la Storia. Subito detto: nel proprio insieme e complesso, questo reportage antepone il senso della gente coinvolta (suo malgrado), sia come migrante alla ricerca di una vita decorosa e degna di essere vissuta, sia come soccorritore impegnato nel salvare vite ed esistenze. Trasversalmente al reportage di Massimo Sestini, percepiamo e respiriamo quel rispetto verso la Vita che dovrebbe essere uno dei pilastri del nostro tempo. A parte le parole in conseguenza che si possono esprimere, per comprensione o per avversione (a ciascuno, il suo), questa sui migranti è cronaca di vita, di esistenze, di speranze cercate, di vocazioni interrotte. È cronaca di persone, volti e sguardi.

MASSIMO SESTINI Estraneo a tanti circuiti della fotografia italiana, che danno rilievo e visibilità, Massimo Sestini è un foto-

In un elicottero di appoggio alla fregata Fremm Bergamini della Marina Militare Italiana in soccorso di naufraghi siriani (5 giugno 2014).

Sulla fregata Fremm Bergamini della Marina Militare Italiana in soccorso di naufraghi siriani (5 giugno 2014).

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Operazione Mare Nostrum. Salvataggio di naufraghi a bordo della fregata Fremm Bergamini della Marina Militare Italiana, al suo primo impiego in questo tipo di interventi (7 giugno 2014).

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giornalista del quale non si parla molto nel nostro paese, dove si dà soprattutto spazio ad altra fotografia... alla fotografia “di progetto”. Diversamente (?), Massimo Sestini è un fotocronista infaticabile e intramontabile: per esempio, capace di passare con bravura e disinvoltura dalla cronaca del G8, a Genova, all’eruzione dell’Etna, in una sola giornata (luglio 2001). È la vita che, poi, stabilisce la proiezione in Storia dei suoi servizi. Così, per trovare consistenti riconoscimenti al suo dinamico ed energico professionismo dobbiamo superare i nostri ristretti confini nazionali. Tra tanto, due segnalazioni d’obbligo. Nel marzo 2001, il prestigioso mensile inglese di costume e tendenza Arena gli ha dedicato un lungo articolo: sette intense pagine, sulle quali la personalità del bravo fotoreporter è stata ben presentata e adeguatamente commentata. Lo stesso, ha fatto The Sunday Times Magazine del precedente 10 agosto 2000, che gli ha riservato una intera pagina. Personalmente, abbiamo scritto di Massimo Sestini in due occasioni: nel maggio 2005, abbiamo presentato e commentato le sue fotografie dei solenni funerali di papa Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła), realizzate da un elicottero del servizio di sicurezza; nel settembre 2008, abbiamo anticipato la sua mostra News pictures, allestita presso la Galleria Grazia Neri, di Milano (trent’anni di storia italiana). Proprio in occasione della consistente mostra, Gra-


zia Neri, fondatrice e titolare dell’Agenzia che per quattro decadi ha portato il suo nome, personalità di spicco della fotografia italiana contemporanea, del cui mondo è una autorevole protagonista, annotò che «Massimo Sestini ha sempre cavalcato il nuovo nella forma e con duttilità; è entrato in ogni campo dell’immagine, sapendo combinare in modo straordinario contenuto, tecnica e composizione». Nella stessa circostanza, pubblicammo un’intervista di Lello Piazza, dalla quale ora estraiamo passaggi significativi della fotografia di Massimo Sestini. È la prima volta che vedo una panoramica completa del tuo lavoro. È veramente impressionante! Si accavallano gli stili più diversi: la cronaca, certo, ma anche ritratti, posati, sport, fotografia aerea, moda e news di estrema attualità. Da dove nasce questo desiderio di essere presente su tutti questi tanti fronti? È raro trovare un fotografo così poliedrico. «Puro istinto di sopravvivenza. Nel reportage, unito a un condimento di cronaca (paparazzata), bisogna poter essere da bosco e da riviera, cioè sapersela cavare nelle situazioni più diverse. Devi imparare ad andare in montagna e andare nel mare, devi saperti presentare davanti a persone che richiedono mise di un certo livello e ti devi anche saper mimetizzare come un incursore nascosto su un albero o dentro un sacco della spazzatura, sulla spiaggia».

Ancora a bordo della fregata Fremm Bergamini della Marina Militare Italiana, impegnata nell’operazione Mare Nostrum (7 giugno 2014).

Prima accoglienza di migranti/naufraghi a bordo della fregata Fremm Bergamini della Marina Militare Italiana, impegnata nell’operazione Mare Nostrum (7 giugno 2014).

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Ancora operazione Mare Nostrum. Ancora salvataggio di quattrocentoquarantatré naufraghi siriani a bordo di un peschereccio da parte della fregata Fremm Bergamini della Marina Militare Italiana, al suo primo impegno in questo tipo di interventi [a pagina 36].

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Com’è il tuo rapporto con i giornali? Osservando le tue fotografie, si capisce che nelle redazioni devono conoscere le tue doti poliedriche, per assegnarti servizi così diversi. «Sì. Ma mi chiamano soprattutto quando bisogna lavorare di fretta, quando hanno magari bisogno di un ritratto molto importante di qualcuno che dice: “Va bene, fatemi ’sto ritratto, però vi do quattro minuti quattro”. «Vengo sfruttato principalmente in queste situazioni, perché pensano che ho la faccia tosta del paparazzo, trasportata nel ritratto. E sono sicuri che, per l’istinto di sopravvivenza che mi contraddistingue, sono capace di avere in un lampo un’idea vincente per realizzare il ritratto. Per convincere quel personaggio a fare, in quattro minuti, qualcosa che lui non farebbe di norma, perché si sentirebbe ridicolo. «Perché? Per una serie di perché. Io gli vado a spiegare: tu mi dai solo quattro minuti e vuoi fare una grande fotografia! Allora, dammi una mano, cerca di darmi qualcosa in più di quello che daresti normalmente». Qual è la tua fotografia più famosa? «Il primo bikini di Lady Diana. Si parla dell’estate 1991». E qual è l’esperienza che ti è più cara? «Un ritratto di mia figlia». Qual è il segreto del paparazzismo? «Nelle situazioni molto critiche, bisogna essere capaci di sparire, di diventare invisibili. Oppure, occorre avere tanta faccia tosta, anche se si è molto timidi. Per


esempio, se ti sei infilato in un matrimonio o in una festa di vip, per rubare qualche fotografia, e ti beccano e vogliono buttarti fuori, allora devi essere bravo a convincere i gorilla che tu sei lì assolutamente autorizzato, anche se non è vero. «Dipende sempre e tutto dalle tue doti di venditore di tappeti, diciamola così». Che cosa è per te la spregiudicatezza? Quando si infrange un limite sacrosanto e quando invece si compie un lavoro sacrosanto? C’è stata una volta in cui hai preferito rinunciare alla fotografia? Ti sei mai fermato? «Mi sono fermato, ma dopo, mai durante. «Mentre si scatta, bisogna essere sempre spregiudicati, perché nel momento in cui realizzi una fotografia importante devi catturare un attimo che scappa. «Io non credo esista nessun essere al mondo con una lucidità mentale tale da riuscire a essere ragionevole mentre scatta. Se c’è da fare qualcosa, si deve fare e basta, perché la fotografia va colta al volo. Al momento, non c’è tempo per pensare: se hai un attimo di titubanza, la fotografia scappa via, e in seguito potresti pentirtene amaramente. «Poi, a casa, tutti noi siamo giornalisti, anzi esseri umani; e abbiamo modo di pensare alla deontologia. Quando ci mettiamo con i piedi sotto il tavolo a editare le nostre fotografie, ci dobbiamo porre tutti gli scrupoli necessari a giudicare la paparazzata fatta all’arrembag-

Migranti/profughi/naufraghi siriani salvati dalla fregata Fremm Bergamini della Marina Militare Italiana nell’ambito dell’operazione umanitaria Mare Nostrum (5 giugno 2014).

Nell’ambito dell’operazione Mare Nostrum, il 5 giugno 2014, la fregata Fremm Bergamini della Marina Militare Italiana ha salvato quattrocentoquarantatré naufraghi siriani.

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Operazione Mare Nostrum. Al suo primo impegno in questo tipo di interventi, la fregata Fremm Bergamini della Marina Militare Italiana interviene con i propri mezzi di mare per il salvataggio di migranti/naufraghi (5 giugno 2014).

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gio. E a quel punto riusciamo a decidere: questo servizio non lo distribuisco, lo brucio o lo chiudo nel cassetto a chiave per sempre, perché non è giusto che esca. «Ma, attenzione! Spesso succede che tu la fotografia non solo la devi fare, contro tutto e contro tutti, ma poi la devi anche pubblicare: è il nostro mestiere, è dovere di cronaca. «Ti faccio un esempio: un terremoto con una famiglia sepolta sotto le macerie di una casa. I soccorritori stanno cercando le vittime e i sopravvissuti. Sul luogo, ci sono i soccorritori, i vigili del fuoco e i fotografi: ognuno fa il proprio lavoro (noi scattiamo fotografie). Se arrivano gli amici di questa famiglia, se la prendono in primo luogo con i fotografi, e gridano: “sciacalli, cosa fate?, non esiste che voi siate qui a scattare fotografie mentre i nostri cari soffrono”. Io invece dico che esiste, eccome!, che noi si sia lì a scattare fotografie! Come esiste il medico che cerca di salvare loro la vita. Ognuno svolge il proprio ruolo». Perché fai il fotogiornalista? O, meglio: qual è una professione diversa da questa che vorresti fare? «Solo questo vorrei fare, solo questo voglio fare, solo questo, con tutti i sacrifici che comporta. «Lo faccio perché non saprei fare altro. Fondamentalmente, lo faccio perché mi dà adrenalina. «Ogni giorno che passa, anche se sono nella professione da più di trent’anni [oggi, più altri sette],


quando scatto una fotografia provo i brividi, esattamente come quando ero all’inizio. «Alla sera, prima di addormentarmi, penso e progetto le fotografie che scatterò il giorno dopo, penso al ritratto che devo realizzare, al reportage che mi hanno commissionato. E in questi pensieri, in questi progetti, provo sempre emozione, sento l’adrenalina. «A volte, stimolare la mia creatività mi eccita; a volte, sono guidato da motivi più futili, persino infantili. Poi, quando sono sul campo, è ancora adrenalina pura: passo dal brivido di scaraventarmi giù da un aereo col paracadute a un giorno in cui sono a un matrimonio con lo smoking, a un momento nel quale scopro che non mi sono arrivate le luci, perse nell’ultimo cambio dell’aereo che ho preso: sono lì, su un’isoletta in capo al mondo, e non mi è arrivata l’attrezzatura per fare il servizio. Più adrenalina di così non si può e, per fortuna, tutti i giorni è la solita storia, che si ripete invariabilmente». A distanza di altri sette anni, e alla luce di questo attuale reportage sui migranti, odierno soggetto implicito/esplicito, sottolineiamo come e quanto il fotogiornalismo di Massimo Sestini, prolifico in quantità e -soprattutto- qualità di visione e raffigurazione, offra uno spaccato eccezionale sugli avvenimenti italiani dei recenti trentacinque anni: fotografie che non si esauriscono mai in cronaca, ma raccontano con il passo della Storia. Giorno dopo giorno. ❖

Un passo indietro, un passo che si ripete, che ripete i propri connotati. Una imbarcazione con duecentoventisette migranti provenienti dalla Libia a bordo di un barcone (2 luglio 2013). Massimo Sestini ha fotografato da un elicottero AB-212 della Nave Comandante Cigala Fulgosi.

Operazione Mare Nostrum. Veduta aerea zenitale di un cimitero di barconi di naufraghi migranti (Isola di Lampedusa, 29 maggio 2014).

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La fotografia come nessun altro l’ha mai raccontata.

luglio 2015

SETTIMIO BENEDUSI: MODA E DINTORNI, CON CONSAPEVOLEZZA. Della grande bugia


Sony World Photography Award 2015: primo premio Professional Current Affairs e Iris d’Or 2015 allo statunitense John Moore (Getty Images). Reportage forte e drammatico sull’epidemia di Ebola, in Liberia.

di Maurizio Rebuzzini

C

ommento d’obbligo, in estensione a quanto rilevato, lo scorso aprile, a proposito della sostanziosa presenza di fotogiornalisti italiani tra i vincitori e premiati di categoria al World Press Photo 2015 (continuiamo a conteggiarne dieci, perché insistiamo nel considerare deplorevole l’annullamento del premio a Giovanni Troilo / Luz Photo: sia per il fatto in sé, sia per l’imbarazzante svolgimento dell’intera vicenda). Allo stesso modo, e in analoga quantità/qualità, anche l’attuale ottava edizione del consistente Sony World Photography Award ha sottolineato la supremazia di professionisti italiani tra i premi/finalisti di categoria: sette presenze, due delle quali vincitrici. Subito i nomi, in sequenza graduatoria (con identificazioni di categoria non tradotte): Giovanni Troilo (eccolo ancora qui!), primo premio People; Riccardo Bononi, primo premio Sport ; Massimo Siragusa, secondo premio Architecture; Alessandra Bello, secondo premio Arts & Culture; Antonio La Grotta, terzo premio Architecture; Annalisa Natali Murri, terzo premio Contemporary Issues; Giulio Di Sturco, terzo premio Lanscape.

Ottimo premio fotografico, che si è guadagnato una posizione di rilievo tra i concorsi professionali, il Sony World Photography Award 2015 rivela qualcosa di più del suo solo svolgimento ufficiale. Volendola leggere anche in questo modo, l’insieme sotto tono delle fotografie segnalate (circa) è specchio di un tempo fotografico che, per cause infrastrutturali,

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SOPRATTUTTO


sta subendo eccessivi condizionamenti alla propria esecuzione. In ogni caso, e in cronaca, registriamo una gratificante quantità e qualità di fotografi italiani finalisti e vincitori e il confortante coraggio di assegnare il primo premio assoluto a un fotoreportage forte e drammatico: l’epidemia di Ebola, in Liberia, documentata dallo statunitense John Moore

FOTOGRAFIA

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Secondo premio Professional Arts & Culture: Alessandra Bello (Italia).

Secondo e terzo premio Professional Architecture: Massimo Siragusa e Antonio La Grotta (Italia).

Da cui, una nota doverosa aggiuntiva: Massimo Siragusa e Antonio La Grotta [immediatamente, qui sopra] tra i tre finalisti della categoria Architecture, nella quale si è imposto il rumeno Cosmin Bambut. E qui, esprimiamo la nostra opinione. Fatto salvo che siamo soliti accettare le conclusioni delle giurie dei concorsi, in questo caso non possiamo nascondere la nostra perplessità. Indipendentemente dal fatto che sono stati “penalizzati” autori italiani, e non certo per questo, registriamo l’alto tasso qualitativo delle loro due proposte fotografiche, rispetto la modestia (anche in riferimento al tema) di quella vincitrice. Comunque, niente di più, né diverso, di una dissociazione, che si allaccia a una considerazione che da tempo ci appartiene. Riguardo l’identificazione in categoria di molte fotografie iscritte a concorsi fotografici professionali recenti, una volta ancora, una di più, mai

una di troppo, annotiamo che spesso -troppo spesso-, a prescindere dal valore implicito dei rispettivi progetti fotografici, si incontrano identificazioni “fuori tema”. Tanto per precisare, è giusto il caso degli interni di camere da letto del rumeno Cosmin Bumbut, primo premio Professional Architecture, al Sony World Photography Award 2015, che si è affermato su due autentici progetti di fotogiornalismo in forma di architettura... per l’appunto degli italiani Massimo Siragusa e Antonio La Grotta, ciascuno per sé di impatto straordinario e svolgimento impeccabile. Analogamente, e sulla stessa lunghezza d’onda, l’incontro con le fotografie identificate Portrait / Ritratto è sempre più spesso imbarazzante: da tempo, la sola presenza di un volto nell’inquadratura ne motiva e giustifica la qualifica. Ma, ahinoi, sempre più raramente si tratta di ritratti negli autentici significato e

(pagina accanto) Primo premio Professional People: Giovanni Troilo (Italia). Primo premio Professional Sport: Riccardo Bononi (Italia).

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OPEN COMPETITION

Per quanto le note a commento dello svolgimento del Sony World Photography Award impongano di riferirsi soprattutto alle tredici categorie Professional, non bisogna dimenticare che il suo programma include anche altre categorie specifiche (non minori, solo “specifiche”): Student Focus Award, riservato agli studenti di istituti scolastici fotografici, Youth Award, per partecipanti tra dodici e diciannove anni, e Open Competition, di fotografia non professionale. La qualità fotografica formale dei vincitori delle dieci categorie Open è indiscutibilmente alta. Però, per proprio statuto e protocollo, si tratta di fotografie belle, da distinguere dalle fotografie buone

del fotogiornalismo, che svolge progetti, che affronta tematiche, che racconta l’esistenza. In questo senso, e a conferma, l’identificazione delle dieci categorie risponde anche a concetti fotografici diversi da quelli che scandiscono i tempi del professionismo. Tanto per dire, oltre alcune logiche sovrapposizioni (per esempio, Architecture, Arts & Culture e Travel), altre definizioni antepongono il gesto atletico della fotografia ai propri contenuti: per esempio, Low Light, Smile e Split Second. Ovvero, non il perché ma il come. E così è giusto che sia. In ripetizione d’obbligo: a ciascuno, le proprie intenzioni e le proprie volontà fotografiche.

Sony World Photography Award 2015: primo premio Open Architecture e Open Photographer of the Year 2015 al tedesco Armin Appel.

Sony World Photography Award 2015: primo premio Open Smile (categoria propria della fotografia non professionale) al cinese Wilson Lee.

valore del termine, dell’identificazione. Ovvero, ahinoi, sempre più spesso sono definite Ritratto fotografie di giornalismo, indagine, documentazione e tanto altro ancora. Pazienza (?).

COERENZA SWPA In assoluto, e prima di altre considerazioni, va certificato che l’insieme delle fotografie professionali vincitrici e finaliste di categoria al Sony World Photography Award 2015 è di profilo e spessore sostanziosamente alto, come è inevitabile che sia: tre finalisti per tredici categorie, individuati tra centosettantatremila quattrocentoquarantaquattro immagini, provenienti da centosettantuno paesi (173.444, da 171 paesi). Però, in valutazione relativa, complici mille e mille fattori contemporanei, che magari condizionano la stessa fotografia professionale, l’impressione generale è di uno svolgimento sotto tono. Senza nulla togliere ai vincitori e finalisti, senza nulla togliere allo spessore dei rispettivi e relativi progetti fotografici, il panorama complessivo risulta poco convincente. In alcuni casi, dissentiamo con le scelte della giuria (quantomeno in relazione alla rosa dei tre finalisti per ogni categoria); in altri, siamo consapevoli che si sia fatto di necessità virtù. Però le nostre opinioni contrarie, moderatamente contrarie (in assoluto, ben vengano concorsi fotografici di tanto alto profilo), non influiscono sulla coerenza del Sony World Photography Award, che osserva l’at-

tualità della fotografia professionale internazionale con occhio attento e mente serena. Analogamente, e in comunione di intenti, sottolineiamo il coincidente impegno verso la fotografia non professionale, Open Competition nella definizione ufficiale del Premio, scandita in dieci categorie, gli studenti di istituti scolastici indirizzati, Student Focus Award, e i più giovani esordienti, Youth Award. Nella propria riconosciuta e gradita coerenza, il Sony World Photography Award 2015 ha ribadito come e quanto nessun concorso possa essere considerato avanguardia di un comparto, ma debba comportarsi come testimone partecipe. Dunque, il sotto tono appena registrato non va tanto addossato al Premio, quanto, casomai, deve essere -purtroppo- attribuito a una fotografia professionale che patisce certamente l’impoverimento del valore dei propri compagni di viaggio (testate e photo editor) e la evidente contrazione degli investimenti economici degli editori (potenzialmente committenti).

COMUNQUE... ONESTÀ A questo punto, una considerazione di riguardo: non si intendano in modo soltanto negativo le nostre osservazioni odierne. Non sono affatto negative, non intendono esserlo, ma -al contrario, addirittura- vogliono essere (state) soltanto riflessive. A conferma, è obbligatoria una precisazione di merito: onore sia ai partecipanti (e vincitori e finalisti) del Sony World Photo-

Sony World Photography Awards 2015; World Photography Organisation, 2015; con le fotografie vincitrici, finaliste e segnalate; 216 pagine 22x29cm, cartonato; 34,99 sterline.

(pagina accanto) Terzo premio Professional Landscape: Giulio Di Sturco (Italia). Terzo premio Professional Contemporary Issues: Annalisa Natali Murri (Italia).

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ELLIOTT ERWITT (MAGNUM PHOTOS): AUTORITRATTO ALLO

SPECCHIO;

PARIGI, 1952

PREMIO ALLA CARRIERA: ELLIOTT ERWITT

Dalla sua prima edizione, il Sony World Photography Award assegna anche un premio onorifico alla carriera, ufficialmente identificato come Outstanding Contribution to Photography Award. Quest’anno, è stato insignito l’ottantasettenne Elliott Erwitt (nato il 26 luglio 1928), indiscutibilmente una delle personalità di spicco della fotografia del secondo Novecento... e oltre. A causa di un malaugurato incidente, Elliott Erwitt non ha potuto presenziare alla cerimonia di assegnazione, ma vi ha partecipato virtualmente con una gustosa intervista filmata. Al solito, ha affrontato l’argomento fotografico e la sua fotografia con garbo e passo lieve, costellando le sue osservazioni con il suo proverbiale senso dell’umorismo: lo stesso che traspare evidente in molte sue immagini. Non è questa la guida di tutto il fotogiornalismo di Elliott Erwitt, che nella sua carriera ha affrontato e svolto migliaia di incarichi. Ma è il filo conduttore di quella parte e porzione della sua fotografia lieve di osservazione disincantata della vita nel proprio svolgersi. Da cui, deriva quella che possiamo considerare come la sua lezione fotografica ed esistenziale fondamentale: non bisognerebbe mai prendersi troppo sul serio. Molto probabilmente, Elliott Erwitt non lo fa e non l’ha mai fatto. Attenzione, però (e sia chiaro!): di certo ci vuole serietà, costanza e coraggio per riuscire a raggiungere determinati risultati.


AMEDEO NOVELLI (4)

Rituali fotoricordo di Maurizio Rebuzzini, inviato alla premiazione del Sony World Photography Award 2015: con il cinese Li Fan (primo premio Lifestyle), Giovanni Troilo (primo premio People), Alessandra Bello e Antonio La Grotta (secondo premio Arts & Culture e terzo premio Architecture) e Maurizio Beucci (shortlist Arts & Culture).

graphy Award 2015, sia all’organizzazione del Premio. Se poi, il suo svolgimento rivela un clima sotto tono, magari in riferimento a quanto espresso nelle precedenti sette edizioni (puntualmente recensite sulla nostra rivista), non è affatto causa... ma effetto. Ovvero, coerentemente, il concorso, al pari di ogni altro analogo, è specchio dei tempi. Da cui, registriamo la coincidenza di rispettive onestà intellettuali di intenti e tesi: sia dei fotografi partecipanti, sia della giuria che ha vagliato i progetti, segnalandoli e premiandoli. Tanto che, va rilevato, l’Iris d’Or 2015, assegnato al fotogiornalista statunitense John Moore, originariamente vincitore nella categoria Current Affairs, è stato conferito senza alcun condizionamento sovrastante. Tenuto conto che per mille e mille motivi (tutti leciti) Sony potrebbe avere bisogno di accostamenti fotografici accomodanti (per esempio, dalle categorie “leggere” dell’architettura, dello still life, del paesaggio e del ritratto), premiare un reportage di dolore e tragedia, come è questo vincitore di John Moore, relativo all’epidemia di Ebola, in Liberia, certifica una straordinaria libertà e onestà di pensiero e azione. In questo senso, è doverosa una ulteriore annota-

zione, magari di chiusura (al positivo!). Curiosamente, da due edizioni il prestigioso e autorevole World Press Photo, indiscutibilmente il Premio più significativo del fotogiornalismo internazionale, ha scartato a lato la fotografia del dolore assoluto, che ha caratterizzato tante e tante World Press Photo of the Year degli ultimi anni, a favore di problematiche sociali: i migranti di John Stanmeyer, per il 2014, e l’omosessualità evocata da Mads Nissen, per il 2015 [per fotografie scattate negli anni precedenti: rispettivamente, in FOTOgraphia, dell’aprile 2014 e aprile 2015]. In simultanea, il Sony World Photography Award ha percorso un cammino inverso e opposto: da due edizioni sottolinea con il proprio primo premio assoluto Iris d’Or la fotografia del dolore. Lo scorso anno fu il caso della violenza domestica (più tragica, che sociale) di un reportage di Sara Naomi Lewkowicz (anche primo premio Professional Contemporary Issues; anche primo premio Contemporary Issues Stories al World Press Photo 2014, sul 2013 [FOTOgraphia, giugno 2014]); quest’anno, in ripetizione e ribadendo, è la volta dell’epidemia di Ebola, in Liberia, in un fantastico e toccante reportage di John Moore. A conferma: onore e merito. ❖

Due progetti di spessore, che si sono affermati in categorie Professional del Sony World Photography Award 2015, in ambiti che ci paiono forvianti dei rispettivi valori fotogiornalistici... comunque: le bottiglie Molotov confezionate nei giorni della rivolta di Kiev, fotografate da Donald Weber (Canada), per lo Still Life; il consistente progetto etnico su una comunità cinese, svolto da Li Fan (Cina), per Lifestyle.

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RIVOLUZIONE CULTURALE C di Angelo Galantini

uriosamente, oggi, in un tempo nel quale qualcuno vorrebbe farci credere che la conoscenza dai libri sia vicenda ormai superata, da pensionare e abbandonare, stanno crescendo le monografie che ne raccolgono lo spessore e valore culturale... senza tempo, senza dubbi. In questo senso, l’argomento fotografia ha ampiamente detto la sua. Quindi, in sciagurato anticipo rispetto l’argomento attuale -in commento e presentazione dell’ottimo The Book Cover in the Weimar Republic, al quale approderemo- scandiamo subito questo ritmo, questa cadenza. In tempi recenti, l’apprezzato editore tedesco Taschen Verlag, ha pubblicato la consistente raccolta Fotografi A-Z, a cura di Hans-Michael Koetzle: prezioso casellario di ben trecentonovantotto autori della

Storia della Fotografia (quattrocento, con le coppie Bernd e Hilla Becher e Gabriele e Helmut Nothhelfer), presentati in relazione e dipendenza di rispettivi titoli bibliografici degni di attenzione e considerazione. Ne abbiamo ampiamente riferito, in FOTOgraphia, del maggio 2011, e qui non è il caso di andare oltre: fatta salva la doverosa segnalazione che la raccolta è disponibile anche in edizione italiana e che le sue autorevoli quattrocentoquarantaquattro pagine 25x31,7cm sono vendute a soli 49,99 euro (quantità e qualità di informazione a braccetto).

UN PASSO A LATO Volendo ora storicizzare, indipendentemente dalle attinenti date di pubblicazione, ma considerandone il peso e l’ideologia, le edizioni di raccolte di fotografie presentate nella propria pubblicazione originaria parte alla fine del 2005, con la significativa selezione Things

Libri tedeschi degli anni Venti e Trenta del Novecento, dalla collezione di Jürgen Holstein, sulla quale è stata edificata l’edizione dell’attuale The Book Cover in the Weimar Republic, pubblicato da Taschen Verlag.

Avvincente e convincente casellario della materia proposta e promessa (copertine di libri nella repubblica di Weimar), la raccolta The Book Cover in the Weimar Republic, a cura di Jürgen Holstein, presenta e commenta un migliaio di volumi, a proprio modo, ciascuno rappresentativo dell’innovazione culturale tedesca cresciuta nel corso degli anni Venti del Novecento: un lasso tempo eccezionalmente prolifico e fertile. Quindi, è una raccolta che testimonia anche di momenti di sogni e promesse. È un racconto che celebra l’ambizione, l’inventiva e la bellezza del libro

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Klassischer Journalismus, di Egon Erwin Kisch; Rudolf Kaemmerer, Berlino, 1923; illustrazione di George G. Kobbe.

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as They Are - Photojournalism in Context Since 1955, grandioso volume pubblicato in occasione del cinquantesimo anniversario del World Press Photo, del quale abbiamo riferito nell’aprile 2006: itinerario storico scandito attraverso una sequenza di periodici di prima divulgazione dei servizi fotogiornalistici presi in considerazione. Curata da Mary Panzer, storica della fotografia, e arricchita da una postfazione di Christian Caujolle, direttore dell’agenzia fotografica e della galleria VU (FOTOgraphia, giugno 2003), critico fotografico di fama mondiale, la monografia è stata pubblicata da Chris Boot (2005; 384 pagine 23x30cm, cartonato con sovraccoperta; 68,00 euro). Riprendendo una altra precisazione già riferita, confermiamo l’interpretazione critica del titolo, estrapolato

da un aforisma tratto dall’opera The new organon or true directions concerning the interpretation of nature, del filosofo sir Francis Bacon (1561-1626), pubblicata nel 1620: «The very contemplation of things as they are, without superstition or imposture, error or confusion, is in itself more worthy than all the fruit of inventions» (La semplice contemplazione delle cose così come sono, senza superstizioni o inganni, errori o confusioni, vale di più di tutti i frutti dell’invenzione). Le sottolineature sono nostre, ad evidenziare che il casellario di Things As They Are ripercorre e interpreta cinquant’anni di fotogiornalismo all’interno di una impalcatura e struttura dichiaratamente preconcette, nella propria onesta dichiarazione di intenti: appunto, le cose così come sono.


Erste russische Kunstausstellung, Galerie van Diemen & Co, Berlino, 1922; Verlag Internationale Arbeiterhilfe, Berlino; illustrazione di El Lissitzky.

Emil und die Detektive (Ein Roman für Kinder), di Erich Kästner; Williams & Co, Berlino, 1931; illustrazione di Walter Trier.

Altri titoli analoghi sono presto segnalati, nell’ordine nel quale stanno nella nostra capace biblioteca personale: The Book of 101 Books, a cura di Andrew Roth, che si offre e propone come Seminal Photographic Books of the Twentieth Century (catalogazione dei libri fotografici del Ventesimo secolo, diciamola così), antepone la meta dei centouno titoli a qualsiasi e qualsivoglia altra identificazione (comunque sia, preziosa sintesi); con sequenza cronologica, il tedesco Kiosk, pubblicato da Steidl, nel 2001, catalogo dell’omonima mostra al Museum Ludwig, di Colonia, dal ventinove giungo al sedici settembre, afferma di essere Eine Geschichte der Fotoreportage 1839-1973 (facile: una storia del fotogiornalismo definito e identificato dalle date di riferimento dal 1839 [ma quale

giornalismo?] al 1973); tra autori, movimenti e testate giornalistiche, in rigoroso alfabetico, lo spagnolo Fotografía pública sintetizza la storia della fotografia attraverso pubblicazioni periodiche o in volume, dal 1919 al 1939; ancora, e in fine, sono confortanti i tre consistenti volumi The Photobook: A History, curati da Martin Parr (fotografo Magnum Photos, attento osservatore delle fenomenologie fotografiche e curioso collezionista di libri fotografici) e Gerry Badger, pubblicati da Phaidon Press nel 2004, 2006 e 2014, censimenti per generi e movimenti.

E, ORA... WEIMAR Quindi, al pari dei titoli a cadenza fotografica appena ricordati, anche l’attuale e affascinante The Book Cover

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Mit dem rechten Auge, di Polyphem; Der Deutschenspiegel, Berlino, 1925; illustrazione di Garvens.

Wir vom Film, di Stefan Lorant; Theater und Film Verlagsgesellschaft, Berlino, 1928; illustrazione di Dugo (András Szenes).

Um uns die Stadt, a cura di Robert Seitz e Heinz Zucker; Sieben Stäbe-Verlag, Berlino, 1931; illustrazione di Martin Weinberg.

in the Weimar Republic (Copertine di libri nella repubblica di Weimar) scandisce il passo della presentazione ragionata e motivata di libri storici, datati agli anni della vitale repubblica di Weimar, dal 1919 al 1933 (dalle ceneri della Prima guerra mondiale, in questi tempi beatificata [!], in occasione del centenario dell’inizio -1914, per tutti, dal 24 maggio 1915, per l’Italia-, all’affermazione elettorale del nazionalsocialismo), durante i quali nacquero fondamentali opinioni circa il ruolo della cultura nella vita quotidiana (un richiamo, sopra tutti, per l’esperienza della Bauhaus, la fantastica scuola di architettura, arte e design fondata da Walter Gropius, proprio nel 1919, che operò a Weimar, fino al 1925, poi a Dessau, fino al 1932, per concludere la propria vicenda a Berlino, quando venne chiusa, nel 1933).

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Altre considerazioni a parte, che qui non hanno motivo di essere affrontate, non possiamo sottovalutare, né -tantomeno- ignorare come e quanto gli anni immediatamente seguenti la Prima guerra mondiale furono fecondi e creativi per la cultura tedesca, di antiche e nobili radici. Con la capitale Berlino come epicentro di tutto, fu un decennio abbondante caratterizzato da una ricerca scientifica avanzata, dibattito politico appassionato (ahinoi, finito male), letteratura rivoluzionaria, filosofia e arte entusiasmanti. Al centro di questa promessa intellettuale e prolifica si collocano a pieno diritto rilevanti progetti e interpretazioni grafiche di libri della storia moderna. E qui, si pone una domanda: perché avvicinare questa esperienza, partendo dal punto di vista statutariamente


Sacco und Vanzetti; Mopr-Verlag, Berlino, 1928; illustrazione di Pewas.

fotografico, quale è quello che accorda i nostri interessi specifici? Perché pensiamo che la conoscenza e la cultura siano componenti discriminanti di qualsivoglia impegno, anche di quello fotografico, comunque venga espresso: occupandosi di linguaggio, piuttosto che realizzando fotografie per proprio conto, piuttosto che seguendo le sue dialettiche. In ripetizione dovuta: perché la fotografia non sia mai arido punto di arrivo, ma sempre e comunque fantastico s-punto di partenza [ribadiamo anche e ancora in Editoriale, su questo stesso numero, a pagina 7]. Realizzato a partire dalla sua notevole collezione di libri e basandosi su questa, l’accreditato Jürgen Holstein ha realizzato una catalogazione e presentazione a dir poco superlativa. The Book Cover in the Weimar

Republic presenta e commenta un migliaio di volumi, a proprio modo, ciascuno rappresentativo dell’innovazione culturale tedesca cresciuta nel corso degli anni Venti del Novecento. Pagina dopo pagina, esempio dopo esempio si compongono i tratti di un tempo eccezionalmente prolifico e fertile: per quantità, in relazione a parametri oggettivi, ma -soprattutto- per qualità, in merito al rinnovamento della grafica anticipatrice dei contenuti dei singoli volumi. Purtroppo per noi, gli ottimi testi a corredo sono disponibili nelle sole edizioni in inglese e tedesco. Se anche così intendiamo vederla, e pensando al rogo dei libri che accompagna ogni dittatura (senza alcuna soluzione di continuità, dal fascismo al presunto comunismo), rivedere una dopo l’altra queste

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G. Zeitschrift für elementare Gestaltung, a cura di Hans Richter; Film 5-6, Berlino, 1926; illustrazione di Paul Leni.

Berlin Alexanderplatz. Die Geschichte vom Franz Biberkopf, di Alfred Döblin; S. Fischer, Berlino, 1931; illustrazione di Georg Salter.

The Book Cover in the Weimar Republic, a cura di Jürgen Holstein; Taschen Verlag, 2015 (distribuzione Inter Logos, strada Curtatona 5/2, Località Fossalta, 41100 Modena; 059-412648; www.libri.it); 452 pagine 25x31,7cm, cartonato; 49,99 euro.

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copertine e le relative promesse di contenuti culturali (del libro) stabilisce un altro prezioso termine di giudizio sulla violenza del nazismo/fascismo (/comunismo), capace di calpestare, bruciare e espellere lo spirito libero che accende la conoscenza e la cultura individuale... in proiezione collettiva. The Book Cover in the Weimar Republic è stato compilato da Jürgen Holstein senza vincoli pregiudiziali: senza alcuna soluzione di continuità, ma in ordine disciplinato e rispettoso (manco a dirlo), si incontrano libri illustrati per bambini e romanzi, saggi di analisi politica e monografie d’arte. La cultura del libro, che qui si respira a pieni polmoni, è altresì scandita dalla forma, oltre che dai contenuti. Quindi, annotazione anche per le tecniche da stampa che guidarono (con-

dizionarono?) i singoli progetti grafici, alcuni dei quali sostanziosamente audaci: da valutare e apprezzare soprattutto oggi, in un tempo nel quale un certo livellamento tecnologico appiattisce l’attuale personalità delle arti grafiche in un vincolo di mediocre uniformità convenzionale (progetti specifici/mirati a parte, che possono ancora essere declinati con altra raffinatezza, altra cadenza, che non la stucchevole omogeneitàmedia-diffusa-standardizzata). A conseguenza diretta, oltre i propri meriti canonici, che abbiamo già sottolineato, The Book Cover in the Weimar Republic è una raccolta che testimonia anche di un tempo di sogni e promesse. È un racconto che celebra l’ambizione, l’inventiva e la bellezza del libro. Tout court! ❖



Da una mostra di Caterina De Fusco

UNA STORIA VERA

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Un’intitolazione può essere punto di partenza: svoltasi lo scorso febbraio, la mostra Una storia vera ha condotto nell’immediato lo spettatore all’interno dell’accaduto nelle botteghe di scultura di Pietrasanta e della relativa tradizione artistica. L’esposizione ha raccontato del laboratorio di scultura di Ferdinando Palla e di Fidia, suo figlio. Una consistente serie di fotografie ha illustrato gessi, bozzetti e copie di statuaria classica, su cui giovani adolescenti hanno imparato il mestiere di scultore. I maestri, nello specifico Ferdinando Palla, insegnavano le tecniche del mestiere che permettevano alla tradizione artistica di avanzare. Non Fidia, figlio di Ferdinando, perché il padre, geloso del suo talento, ha

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provveduto a distruggere ogni suo pezzo plastico. Giunse al punto di rinchiudere il figlio nel manicomio di Maggiano, in provincia di Lucca, nel 1925, dove Fidia morì nel 1944. Storia di altri tempi, storia comune a molti artisti poco compresi del primo Novecento italiano. Infatti, di Fidia scultore non v’è memoria: rimangono solo alcuni segni grafici che rivelano la “grandezza” nel suo dire, del suo realizzare. Nei disegni a pastello si scorge quanto Fidia -che pur viveva nella provincia versiliese-, per propria sensibilità, coniugasse in qualche modo la sua impronta alle novità dell’arte di Paul Cézanne e Vincent van Gogh e dell’espressionismo tedesco di Otto Dix e George Grosz.

Inizio Novecento: gruppo fotografico davanti al Laboratorio di scultura di Ferdinando Palla, a Pietrasanta (dal 1870).

(pagina accanto) Cartoline illustrate di Pietrasanta, in provincia di Lucca, dei primi decenni del Novecento.

Sono proprio le testimonianze grafico-pittoriche ad avermi condotta ad approfondire il contesto storico delle tradizioni artistiche di Pietrasanta, nella prima metà del Novecento. La Biblioteca di Sant’Agostino, che sorge su un lato di piazza del Duomo, contiene una suggestiva documentazione fotografica che ha arginato il desiderio di conoscenze più profonde. La “storia vera” di Fidia si inserisce e chiarisce attraverso le immagini del Laboratorio di Ferdinando Palla. In città, la lavorazione del marmo si serviva di maestranze altamente specializzate, come scalpellini e pannisti. Ma tradizione vuole che non può esservi lavorazione senza materia prima, il marmo. Fotografie d’epoca palesano


Da una mostra buoi che trasportano blocchi di marmo di Carrara in piazza Carducci. Lo scultore nacque a Valdicastello, ma la famiglia abitò per lunghi anni a Pietrasanta, come rivelano intitolazioni a piazze e vie date dalla città. In una cartolina, nella parte alta, si ravvisa lo stemma della cittadina (appunto, di Pietrasanta). Un blocco di notevoli dimensioni si osserva proprio sotto il Palazzo del Cavalier Ferdinando Palla (con annesso Laboratorio di scultura, dal 1870). In un’altra immagine scendiamo più in profondità circa gli attrezzi che servivano a scolpire: si vede il “palo”, la lunga leva con la quale “si solleva il mondo”, accanto al “martino”, strumento raffigurato in primo piano, a terra (la binda). Altre testimonianze d’epoca mostrano i cittadini di Marina di Pietrasanta che si recano ad aderire compatti al Governo Fascista. Ai tempi, la cittadina versiliese contava millecentottantadue iscritti al Partito Nazionale Fascista. Pochi anni dopo l’internamento in manicomio di Fidia Palla, il 24 marzo 1929, si registra un’elezione plebiscitaria, con quattromiladuecentosettantatré voti favorevoli al Fascismo: tutti i votanti, nessuno escluso. Il Regime fece costruire nella cittadina versiliese il Palazzo Littorio e il Teatro Comunale. Del Palazzo Littorio, si cominciò a parlare sin dal 1926, e fu edificato solo nel corso degli anni Trenta sul terreno rilevato dal Comune alla Posta Vecchia. Fotografie d’epoca mostrano il suo disegno e le fasi iniziali di realizzazione. In combinazione, sono significativi i contrasti chiaroscurali di pietrasantini sotto le mura del Teatro Comunale, in altre fotografie del tempo. In conclusione, attraverso affascinanti e coinvolgenti testimonianze fotografiche, la mostra Una storia vera organizzata a Palazzo Panichi, di Pietrasanta, in provincia di Lucca, ha mosso curiosità per comprendere quali furono le tradizioni scultoree della cittadina all’interno del periodo fascista. Congiunture storiche di sofferenza e crudeltà si sono incrociate alla storia individuale di Fidia Palla, che -attraverso questa esposizione, uscendo dal “buio” in cui fu gettato dal suo stesso genitore- ha potuto rendere manifesto e condiviso il suo reale potenziale artistico. ❖

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Sguardi su

di Pino Bertelli (Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 1 volta maggio 2015)

O

BRUCE WEBER

Ogni fotografia è la confessione autobiografica del proprio autore. Fotografare significa, appunto, farsi beffe della fotografia: meglio una bella fotografia falsa che una brutta fotografia vera. L’adagio di Ando Gilardi (con la complicità di Nadar) sulla stupidità fotografica è più che mai attuale: «La Fotografia è quel mezzo che consente anche a un idiota di ottenere qualcosa per cui prima occorreva del genio. [...] La Fotografia è anche quel mezzo che costringe un genio a ottenere qualcosa per cui può bastare un cretino» (Ando Gilardi: La stupidità fotografica; Johan & Levi Editore, 2013). Tutto vero. La salvezza della Fotografia è fuori dall’idealismo mercantile, e nel crimine di lesa maestà dell’ordine costituito annuncia la più grande felicità per il maggior numero. Nella fotografia della stupidità divinizzata a mercimonio basta essere un po’ meno stupidi, per sembrare intelligenti e passare alle cronache del fariseismo galleristico e nel glossario balordo della storiografia fotografica. Di fronte all’universale dilettantismo della fotografia, la sola consolazione è quella che fino a vent’anni tutti scattano fotografie, poi restano i poeti e gli imbecilli. La fotografia senza slanci né inchini porta con sé i riflessi della propria nullità o indignazione. Nella civiltà dello spettacolo, fluttua tra l’industria del falso Io; e, nella desolazione dell’avvenire, la mediocrità delle evidenze non si può nascondere a lungo. Solo i fotografi che rifiutano di strisciare alla corte del consenso, del successo e del riconoscimento da quattro soldi liberano l’originalità passionale, e nella burrasca dei sentimenti struccati danno inizio allo smantellamento di una menzogna -quella fotografica dell’apparenza-, che ha fatto più stupidi di quanti ne hanno prodotti (nel tempo) le fedi, le ideologie e le pagliacciate sul “buon governo”.

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SULLA FOTOGRAFIA DELL’ARTE DI GIOIRE

La fotografia dell’arte di gioire trapassa il pudore dei propri limiti; e la trasparenza del bello che affabula fuori da generi, etichette e griffe le permette di diventare un fatto culturale. Lo stile, la forma, l’enunciazione e anche il vocabolario dell’immaginario (mai stampato) esprimono la verità di un artista e, al contempo, disseminano poetiche (e politiche) di fraternità nel mare morto del conformismo sociale. Una storia della fotografia che contiene l’arte di gioire riabilita la tradizione edonista e materialista, resuscita le intemperanze illuminate degli gnostici, libertini, dionisiaci, eretici... liberi spiriti che mettono la propria opera al servizio dell’umanità. Una fotografia asservita è una fotografia malata. Oliata da quella dei critici del sofà, la censura del mercato ha cercato invano di impedire la fioritura di talenti impetuosi che -disertando gli imperativi del presente- hanno fatto dell’eleganza, della tenerezza e della finitezza, l’atanòr della bellezza arcaica della quale parlava Pier Paolo Pasolini: e cioè della trasformazione dell’amore estetico per la bellezza in amore etico per il diverso a sé (Pier Paolo Pasolini: Saggi sulla politica e sulla società, a cura di Walter Siti e Silvia De Laude; Mondadori, 1999). L’artista procede dall’immagine al vissuto, e ciò che ne consegue è la compiutezza dell’opera che diventa destino del genere umano. L’arte di gioire della fotografia fuoriesce dall’immagine che dai figli di Atget al Terzo Millennio va oltre la raffigurazione fotografica o meccanica del mezzo, ma è una vera e propria scrittura (non importa se argentica o numerica) di ciò che l’occhio umano percepisce. Il pudore dell’immagine fotografica muore con l’innocenza dell’amore, e la conoscenza dell’amore (e del dolore) si trasforma

in coscienza attraverso l’amore. L’impudore del vero, non solo in fotografia, disvela la bellezza del giusto, che non si trova nella Bibbia, ma nella strada; e il furore dionisiaco che accompagna il suo percorso accidentato contiene quell’energia, quello slancio, quella cattiva reputazione che infrange l’ignoranza, il silenzio e l’accidia che abitano l’entusiasmo degli imbecilli. Vi è più ragione in un corpo ignudato (fotografato fuori dalla volgarità) che nelle menzogne codificate dei politici: come mostrano le immagini di Robert Mapplethorpe, Gian Paolo Barbieri e Bruce Weber. Dove Dioniso regna, tutto il resto è trucco o indecenza. La gaia scienza edonista esprime la pelle del reale e non importa se nella galleria degli edonisti si incontrano «esibizionisti, ubriaconi, pederasti, sodomiti, monache e monaci atei, musicisti vagabondi, medici in esilio, libertini in galera, sognatori di città ideali, mangiatori di sperma, poeti che muoiono di indigestione o si battono a duello, travestiti che si cospargono di profumi» (Michel Onfray: L’arte di gioire. Per un materialismo dialettico; Fazi Editore, 2009): sono gli stessi che professano l’ateismo, il materialismo, il vitalismo, l’estetica della bellezza che contiene la giustizia e, più di ogni cosa, turbano l’ordine sessuale stabilito. La loro filosofia materica implica un reale totalmente privo di sacro, e sul princìpio di piacere costruiscono un’erotica del corpo che demolisce venti secoli di repressioni e le gogne dell’educazione a vivere nel nichilismo della carne. La fotografia dell’arte di gioire lavora sui fuochi della passione ludica e mostra che la dissolutezza libera più dell’ascesi. Solo la trasvalutazione dei valori accettati può permettere di ritrovare il viatico che porta alla liberazione, e il corpo nudo è la cartografia sulla quale si imprimono le filosofie, le

poetiche, le concezioni del mondo che praticano la libertà senza sensi di colpa. Per praticare la fotografia del gioire occorre liberarsi di tutti i dogmi che asserviscono paradisi, inferni, mercati... e denunciare il ruolo nefasto della fotografia come musa adulatrice della politica, della dottrina e di qualsiasi potere. La fotografia edonista esprime la misura del vero, del buono, del bene: e unicamente in funzione della propria compiutezza estetica figura la sessualità/sensualità in base al princìpio del piacere e fuori condizionamenti della realtà. Noi che facciamo parte della Confraternita della bottiglia siamo inclini a credere che non c’è strada più onorevole per arrivare alla felicità, oltre a quella della distruzione degli idoli. Entrare nella storia della fotografia presuppone un minimo d’impazienza, di vivacità, di follia... tutte qualità (?) opposte alla regolamentazione dei sentimenti. I parvenu dell’immagine lo sanno: eredi della desolazione accademica o del fotoamatorismo demenziale, i fotografi sono sempre in anticipo sui propri escrementi. La lebbra delle loro immagini percorre il mondo, e non è mai troppo tardi rinunciare a dirigere i nostri istinti di rivolta contro il cattivo gusto degli appestati di ottimismo. Gli esulcerati della fotografia lavorano sulla disfatta del provvisorio; drogati di rimpianti, di successi e di crocifissioni imbarazzanti, sono incapaci dell’impudenza dei poeti maledetti di ogni arte a dare inizio a una notte di San Bartolomeo della fotografia insegnata, effimera e più in profondità dell’industria dell’immagine consacrata all’istupidimento delle masse.

SULLA FOTOGRAFIA DI BRUCE WEBER Di Bruce Weber. Il fotografo americano è autore di immagini edoniste che hanno pochi eguali.


Sguardi su È un artista che esprime il rifiuto di ogni autorità in materia di fotografia, e all’interno del suo immaginale pagano dà libero corso a tutte le passioni, voluttà, piaceri che si riversano nelle fotografie che fabbrica. La sua architettura fotografica (anche quella richiesta dai committenti) è liberata nella fantasia libertina e libertaria e non si preoccupa per nulla di ciò che insegnano le autorità morali, religiose e consumistiche del suo tempo. L’omoerotismo, la frenesia giovanile, il piacere sfrenato -che emergono dalle sue immagini- figurano una costellazione di raffinate visioni dell’esistere: dove l’arte di godere e di far godere si trascolora in pensiero. Di più... l’atlante fotografico di Bruce Weber contiene un’anarchia vitalista che fa del corpo senza veli un effluvio di turbamenti e il reale è percepito come ricerca della felicità. Lasciamo ad altri le (eventuali) annotazioni sulla vita di Bruce Weber, magari a partire e riferendoci principalmente alla convincente videointervista della gentile Alessia Glaviano (www.vogue.it; Filmed and edited by Marco Morona, Special thanks to Four Season Hotel Milano). La nostra ricerca -invece- parte da una esplorazione più introspettiva e filosofica della fotografia del gioire di Bruce Weber. Cerchiamo di entrare nelle pieghe del discorso fotografico del fotografo statunitense, e andare al di là della committenza, in un gioco di specchi e linguaggi visuali che manifestano una fenomenologia dell’immagine, una “calligrafia” dell’inconscio ottico e una pulsionale che strucca la realtà e riporta la Fotografia nell’alveolo della Storia.

SULLA FOTOGRAFIA DELL’EROS SENZA PECCATO L’eros senza peccato è al fondo dell’immaginale fotografico di Bruce Weber. La tessitura alchemica che costruisce è in apparenza semplice, ma -a ben vedere, ad entrare nella complessità delle posture, degli sguardi, dei ritrattati- si avverte la forza espressiva del fotografo, che -specie

quando si avvale della figurazione straniante- incide nell’immagine la presenza dell’autentico. È stato detto (sarebbe stato detto) che «L’analfabeta del futuro non sarà chi non conosce la scrittura, ma chi ignora la fotografia» (László Moholy-Nagy): non è più così. L’analfabeta del futuro è, invece, chi fa della fotografia la riproduzione della pestilenza spettacolare/consumerista senza mai accorgersi che è un atto di prostrazione e alienazione finora sconosciuto. Più la fotografia si acquisisce come merce, più la poesia dell’immaginario imputridisce.

sto Henri Cartier-Bresson, uno dei suoi fondatori e dimissionario con una lettera feroce contro l’imborghesimento montante della combriccola) al suo interno ci sono piccoli, insignificanti fotografi che si fregiano di questo marchio... hanno sostituito la poetica (se l’hanno mai conosciuta) con la merce e leccano il culo a chi acquista le loro sciocchezze senza rimedio (quando non sono infamie). Le immagini della genuflessione seguono il destino degli imperi: prima o poi finiscono nell’immondezzaio. La bibliografia di Bruce Weber

«Una società capitalistica esige una cultura basata sulle immagini. Ha bisogno di fornire quantità enormi di svago per stimolare gli acquisti e anestetizzare le ferite di classe, di razza e di sesso. E ha bisogno di raccogliere quantità illimitate di informazioni, per meglio sfruttare le risorse naturali, aumentare la produttività, mantenere l’ordine, fare la guerra e dar lavoro ai burocrati» Susan Sontag La sciatteria smisurata del consumo di fotografie figura una pochezza senza precedenti e si appresta a disfare allegramente l’immaginario dal vero che poeti libertari e dannati -come Henri Cartier-Bresson, August Sander e Diane Arbus- hanno inciso su secoli di banalità sacralizzate. Perfino la leggendaria Magnum Photos si è fatta complice degli orchi del mercato: (come aveva ben vi-

è vasta, e anche la filmografia/videoclip è corposa... non si è fatto mancare nemmeno il calendario Pirelli (1998), che proprio non aggiunge nulla alla sua formidabile produzione artistica (se non l’aumento del conto in banca). Tra i film, ci piace ricordare Let’s Get Lost - Perdiamoci (1988), uno stupendo ritratto di Chet Baker: il magnetismo malinconico del trombettista debor-

da in ogni sequenza, e la cinecamera di Bruce Weber s’addossa alla sua disperante esistenza con l’intimità di chi ha compreso che gli angeli esistono e qualche volta scendono in Terra a suonare My Funny Valentine per un amico appena conosciuto davanti al mare di una città-fabbrica. [Mi ricordo, sì, mi ricordo di Chet Baker: abbiamo passato una notte e un giorno insieme, in compagnia di un fiasco di vino, altre cose che ho dimenticato e il pollo fritto di un’osteria di porto. Realizzai diversi ritratti... aveva un maglione arancione, i pantaloni a quadri e un sorriso sdentato da fine del mondo. Data la mia condizione un po’ traballante sulle gambe, la riuscita delle fotografie fu un vero miracolo del diavolo. La fraternità non s’arresta davanti alle tombe dei poeti]. L’iconografia di Bruce Weber si dispiega in tutta la sua voluttà e potenza descrittiva, a partire dalle campagne per i “sarti” che giocano in borsa e vestono i semidei della tristezza astratta (politici, preti, giornalisti, sportivi, star del cinema, della televisione, del cafàrnao dello spettacolo), quanto i naufraghi delle periferie, che fanno di tutto per somigliare al boia che l’impicca all’architrave del mercato globale, li addomestica a servire e li spinge nel vicolo cieco della felicità omologata. Il fascino provvisorio della fotografia del ridicolo si consegna al tempo di simbologie dell’incompiutezza, senza interrogativi e senza risposta. Una fotografia che è incapace di cogliere il vero e smascherare l’inautentico fuori-e-dentro la vita quotidiana, e si fa complice della fioritura euforica della propria vendibilità, è una fotografia fallita. C’è da dire, però, che ci sono fotografi (pochi) che, al di là del privilegio dal quale partono, non tradiscono la nobiltà del fotografico: lo eternizzano nel bello, nel gioco, nel diverso come suggestione epopeica, e le loro immagini (quali che siano) evocano istanti apicali. Bruce Weber è uno di questi. Le sue fotoscritture travalicano la proposta commercia-

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Sguardi su

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le dalla quale partono e riflettono il senso della presenza... quell’aura luminosa che detta forme e contenuti. La scenografia è ridotta all’essenziale: le posture, i gesti, i corpi s’accostano a una dialettica del disincanto e a una epifania del ludico che poco hanno a che vedere con l’estetizzazione dell’immagine ruffiana, prona alla cartellonistica pubblicitaria, quanto alla sacralizzazione dell’idiozia di massa. Poiché Bruce Weber sa che il vero volto della creatività imperante è «la réclame o l’associazione, la sua legittima controparte è lo smascheramento o la costruzione» di dissociazioni impertinenti (Walter Benjamin: Piccola storia della fotografia; Skira, 2011; Abscondita, 2015). Le fotografie soggettive di Bruce Weber non tradiscono l’offerta (di Gianni Versace, Calvin Klein, Elizabeth Arden, Ralph Lauren o Salvatore Ferragamo), ma nemmeno l’avvolgono in un simulacro. La sensualità impudica e la gioia erotica dei corpi di Bruce Weber (uomini e donne) sono feconde di voluttà, seduzione, trasgressione, e respingono dappertutto l’infelicità. Il desiderio di

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vivere è dappertutto -nei ritrattati e in ciò che vogliono rappresentare-, e ogni sguardo, atteggiamento, ammiccamento è trasformato in piacere della vita. Fotografare nella debolezza della ragione è imparare a morire. Fotografare nella psicologia del profondo è imparare a vivere. Fotografare fuori dall’impostura del caritatevole, delle convenzioni, degli eccessi d’illusione è autobiografia del mondo. Le inquadrature di Bruce Weber sono “leggere”, foglianti, libertine: formulano una cosmogonia eversiva della sessualità... non ci sono barriere amorose... ciascuno ama chi sente di amare (se poi è del medesimo sesso, va bene ugualmente... per l’amore, come per la libertà, non ci sono catene... solo momenti di bellezza sublime che hanno infranto la carneficina di coscienze istituzionalizzate). La distruzione del peccato porta con sé quella del pregiudizio. I momenti di raffinatezza nascono sulle rovine del conformismo: niente è più libero e illuminante della finezza che contiene la rivolta!... la più bella e antica delle nostre vitalità archetipiche. La libertà, come l’a-

more, rifiuta l’obbedienza: ecco perché è sempre altrove! Bruce Weber fa a meno di tutte le virtù disegnate dai trasgressori da confessionale: la sua ritrattistica gioca sull’ironia, lo straniamento, la seduzione. Ancora, i nudi maschili abbacinano per la promessa sessuale che contengono, e qui l’inconscio ottico si dischiude nell’inconscio pulsionale del quale hanno recitato Walter Benjamim, Rosalind Krauss e John Berger: l’evento e l’idea sono attivamente connessi... e l’istante fotografato (con il proprio carico di straordinaria ambiguità) riporta la bellezza nella vivenza mentale del visibile. I ritratti di Chet Baker, Robert Mitchum e Bruce Springsteen, ad esempio, appartengono a una visione percettiva dell’uomo che supera il mito e spezzano il monopolio dell’illusione. Un capolavoro assoluto di fotografia dell’umano (che entra nella storia dell’immagine senza chiedere permesso) è il ritratto di uno dei cani di Bruce Weber. Il cane è di pelo chiaro, avvolto in un telo scuro guarda l’obiettivo e il mondo... la sua serietà tragica sembra dire che se le nazioni avessero un governo di cani, e non di cimici e serpi, non ci sarebbero volgarità, violenza, oppressione con le quali i governanti portano il pianeta alla catastrofe. Per Bruce Weber, la visione del femminile è frizzante, licenziosa, ammiccante con grazia: le donne sono avvolte in un alone di mistero, profanazione, eresia... sembrano visitate dal Duende (daimon o angelo necessario) di Federico García Lorca, che presuppone associazioni, fantasticherie, motti di spirito, enuncia cambiamenti radicali di forme ed emozioni, dà sensazioni di freschezza del tutto inedite ed è un aiuto alla comprensione e alla lotta per l’espressione liberata da qualsiasi vincolo sociale... a volte, acquisisce caratteri di rotture epiche. Le donne di Bruce Weber (siano modelle, attrici o volti sconosciuti, o addirittura anonimi) accolgono l’uomo sui loro seni nudi, baciano un nero in una vasca da

bagno, si fanno amare in gruppo o nell’acqua, gridano spettinate alla felicità e fumano falsamente la pipa. Insomma, infrangono l’impermeabilità dei codici, dei valori, delle morali e affermano la verità dell’istante trasfigurato. L’estetica trasversale del fotografico di Bruce Weber disorienta, si distende sul guardare il diverso da sé e -senza darla troppo a vedere- elabora un’organizzazione formale che trasforma il particolare in universale: giunge alla medesima concezione del fotografico di Walter Benjamin, Roland Barthes e Susan Sontag. Cioè, che di fatto ogni fotografia è un mezzo per raccontare, verificare, costruire una visione profonda della realtà. La fotografia è uno strumento e un’arma che possiamo usare con intelligenza e che può essere usata con violenza contro di noi (John Berger diceva). La fotografia è un portolano di conoscenze, e quando evita il pittoresco, il formalismo, l’insensato, trasforma i soggetti della propria attenzione in protagonisti della storia. Va detto. Il caravanserraglio della moda meraviglia e stupisce gli spiriti ingenui; il più delle volte, i giornalisti specializzati parlano di sovversione, trasgressione, rivoluzione (in sartoria), e gli stilisti sono elevati a profeti del sublime... le loro creazioni vestono regine, principesse, regnanti, capi di stato, generali, dittatori, puttane dello spettacolare integrato... in borsa, valgono quanto il mercato delle armi, della droga e dei giocattoli... il fac-simile è destinato ai grandi magazzini e centri commerciali, dove gli operai passano la domenica. La bellezza parla a chi l’ascolta e la sa comprendere, e non ha nulla a che fare con una sfilata di anoressiche, un paio di scarpe di coccodrillo, una borsetta di serpente o un cappello fatto con le lacrime dei bambini morti per fame ai quattro angoli della Terra. Va detto, ribadito, confermato. L’avvenire appartiene a chi avrà avuto l’arditezza di fare della bellezza il princìpio di giustizia di un altro mondo. ❖




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