FOTOgraphia 226 novembre 2016

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ANNO XXIII - NUMERO 226 - NOVEMBRE 2016

Photokina 2016 ALLA RESA DEI CONTI Hasselblad H6D e X1D 4116 AL CINEMA

GIORGIO CRAVERO HASSELBLAD MASTER 2016


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prima di cominciare SEMPRE, E COMUNQUE, LEI. Sinceramente, di Tina Modotti cominciamo ad averne abbastanza. Sinceramente, è troppo, non soltanto molto, quello che si è scritto su di lei: vuoi da un punto di vista “orgogliosamente” italiano, vuoi, anche, per dare spazio e valore alla partecipazione femminile alla Storia della Fotografia. Così che, si possono conteggiare decine di biografie, la maggior parte delle quali totalmente inutili, perché irrazionali e immotivate e, persino, incoerenti nei propri contenuti. Tra le tante parole inutili, spicca -però- una autentica perla: Tina Modotti. Sulla fotografia sovversiva. Dalla poetica della rivolta all’etica dell’utopia, di Pino Bertelli. Originariamente pubblicato in edizione 2008, da NdA Press (224 pagine 21x20cm; 17,00 euro), l’accreditato saggio esce ora in una nuova veste, definita economica, in seconda ristampa: 296 pagine 12x19cm; 10,00 euro. Caustico fustigatore della banalità di molti riti della critica fotografica e dintorni, Pino Bertelli conclude sempre (con qualche assenza ininfluente) la fogliazione della nostra rivista. Il suo Sguardo su è un contenitore redazionale di concentrata e autorevole analisi di personalità fotografiche.

Ogni fotografo contiene i propri precursori e la sua opera, quando è grande, modifica la nostra concezione del passato e le inclinazioni sociali del divenire. Pino Bertelli; su questo numero, a pagina 65 Ma! Lasciamo perdere. Angelo Galantini; su questo numero, a pagina 48 E poi... basta! mFranti; su questo numero, a pagina 12 Quanto, tanto tempo è trascorso... mai invano, mai a vuoto, mai senza lasciare traccia indelebile! Maurizio Rebuzzini; su questo numero, a pagina 35 Ogni vera fotografia ha la gioia o la paura dentro: ciò che si fa in amore della fotografia è sempre al di là del bene e del male. Pino Bertelli; su questo numero, a pagina 64

Copertina Ammirevole still life di Giorgio Cravero, da una serie di ortaggi e frutta in interpretazione a dir poco affascinante, con la quale e attraverso la quale il talentuoso autore torinese si è affermato agli Hasselblad Masters 2016, nella categoria Product: da cui, un ulteriore progetto Beautyfood, chiaro il gioco di parole, per la partecipazione/presenza nell’autorevole volume-catalogo Hasselblad Masters - Volume 5. Inspire. Rispettivamente, da pagina trentaquattro e cinquantasei

3 Fotografia nei francobolli Dalla compendiosa analisi Fotografia nei francobolli, di Maurizio Rebuzzini, in corso d’opera e prossima pubblicazione, dettaglio da un francobollo svedese in una serie filatelica di sei valori celebrativi di trecentocinquant’anni di storia nazionale. Ufficialmente, partecipazione svedese alle missioni spaziali della Nasa; ufficiosamente... Hasselblad Tina Modotti. Sulla fotografia sovversiva. Dalla poetica della rivolta all’etica dell’utopia, di Pino Bertelli; NdA Press, 2016; 296 pagine 12x19cm; 10,00 euro.

Nel proprio racconto, per Pino Bertelli sono concrete sia Tina Modotti donna, sia Tina Modotti feroce militante comunista, sia Tina Modotti fotografa. Però, allo stesso momento, nessuno di questi momenti, indivisibili tra loro, è determinante e forviante, nessuno basta per indurlo a prese di posizione preconcette. Così, con mente serena e sgombra, ha potuto volgere uno sguardo orbicolare, a trecentosessanta gradi, senza soluzione di continuità: partecipe osservazione da condividere con i propri lettori. mFranti

7 Editoriale Tatuaggi... forse, oppure pretesto. Cambiano le socialità, e la fotografia ha il proprio carico di partecipazione

8 Ancora... e poi, basta Siccome in questo numero della rivista rivolgiamo una attenzione particolare ad Hasselblad, che se la merita tutta, non possiamo ignorare l’epopea spaziale. Se non che, non ne possiamo più

14 Sondaggio TIPA 2017 Tra i lettori delle riviste associate a TIPA. Con premi


NOVEMBRE 2016

RIFLESSIONI, OSSERVAZIONI E COMMENTI SULLA FOTOGRAFIA

18 Gestualità Hasselblad

Anno XXIII - numero 226 - 6,50 euro

In scenografie cinematografiche. Un, due, tre gesti Ricerca iconografica di Filippo Rebuzzini

DIRETTORE

RESPONSABILE

Maurizio Rebuzzini

IMPAGINAZIONE

20 Tra le righe e sopra le righe

Maria Marasciuolo

A volte, tornano. A volte, torniamo: su argomenti e considerazioni già affrontate. Siamo stati richiesti Lettera di Lello Piazza

Filippo Rebuzzini

22 Alla resa dei conti Oggigiorno, per mille e mille motivi, due anni sono tanti. Dalla Photokina 2014, tornammo fiduciosi. Molto è cambiato: la Photokina 2016 rivela ben altro di Maurizio Rebuzzini

28 Personalità e prestigio Due convincenti configurazioni Hasselblad, la 6HD reflex e la X1D Mirrorless, animano il mercato fotografico che dal presente si proietta in avanti: al futuribile. Almeno di Antonio Bordoni

34 Osservazioni proficue Avvincenti e appassionanti progetti di Giorgio Cravero, che frequenta lo still life fotografico con caparbia volontà d’autore: Hasselblad Master 2016 di categoria di Maurizio Rebuzzini

46 4116 Per i propri settantacinque anni, dal 1941 di origine, da cui la sintesi numerica, Hasselblad ha predisposto una Collezione di alta personalità tecnica. Con partner

50 Spazio e Tempo In preziosa monografia, le fantastiche immagini riprese dal telescopio spaziale Hubble: capolavori fotografici

56 Hasselblad Masters 2016 Dieci vincitori di categoria, con progetti mirati. Bravi di Angelo Galantini

64 Elliott Erwitt

REDAZIONE

FOTOGRAFIE Rouge

SEGRETERIA

Maddalena Fasoli

HANNO

COLLABORATO

Pino Bertelli Antonio Bordoni Giorgio Cravero mFranti Angelo Galantini Andreas Ikonomu Altin Manaf Lello Piazza Franco Sergio Rebosio Redazione, Amministrazione, Abbonamenti: Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano; 02-66713604 www.FOTOgraphiaONLINE.com; graphia@tin.it. ● FOTOgraphia è venduta in abbonamento. ● FOTOgraphia è una pubblicazione mensile di Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano. Registrazione del Tribunale di Milano numero 174 del Primo aprile 1994. Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge il 27-02-2004, numero 46), articolo 1, comma 1 - DCB Milano. ● A garanzia degli abbonati, nel caso la pubblicazione sia pervenuta in spedizione gratuita o a pagamento, l’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e in suo possesso, fatto diritto, in ogni caso, per l’interessato di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi della legge 675/96. ● FOTOgraphia Abbonamento 12 numeri 65,00 euro. Abbonamento annuale per l’estero, via ordinaria 130,00 euro; via aerea: Europa 150,00 euro, America, Asia, Africa 200,00 euro, gli altri paesi 230,00 euro. Versamenti: assegno bancario non trasferibile intestato a Graphia srl Milano; vaglia postale a Graphia srl - PT Milano Isola; su Ccp n. 1027671617 intestato a Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano; addebiti su carte di credito CartaSì, Visa, MasterCard e PayPal (graphia@tin.it). ● Nessuna maggiorazione è applicata per i numeri arretrati. ● È consentita la riproduzione di testi e fotografie, magari citando la fonte (ma non è indispensabile, né obbligatorio farlo). ● Manoscritti e fotografie non richiesti non saranno restituiti; l’Editore non è responsabile di eventuali danneggiamenti o smarrimenti. Fotocomposizione DTP e selezioni litografiche: Rouge, Milano Stampa: Arti Grafiche Salea, Milano

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Sguardi su un visionario della fotografia di buoni cani di Pino Bertelli Nella stesura della rivista, a volte, utilizziamo testi e immagini che non sono di nostra proprietà [e per le nostre proprietà valga sempre la precisazione certificata nel colophon burocratico, qui accanto: «È consentita la riproduzione di testi e fotografie, magari citando la fonte (ma non è indispensabile, né obbligatorio farlo)»]. In assoluto, non usiamo mai propietà altrui per altre finalità che la critica e discussione di argomenti e considerazioni. Quindi, nel rispetto del diritto d'autore, testi e immagini altrui vengono riprodotti e presentati ai sensi degli articoli 65 / comma 2, 70 / comma 1bis e 101 / comma 1, della Legge 633/1941 / Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio.

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editoriale T

utto sommato, sono altri i veri problemi della vita, dell’esistenza individuale e collettiva. Ci sono problematiche e questioni che sovrastano sopra le nostre teste, condizionandoci nel quotidiano e nello scorrere di giorni, mesi e anni. Per cui, osservare e considerare qualcosa che nasce nel e dal nostro (piccolo) mondo fotografico può risultare paradossale. Però, diamine, non si può azzerare tutto, per rispettare i massimi sistemi della Vita. Quindi, eccoci qui, in piccolezza di pensiero, con una riflessione in attualità (di richiamo), con supporto e risvolto fotografico... finale: in adempimento al nostro compito istituzionale e statutario. Persino. Al giorno d’oggi, nel mondo occidentale, soprattutto a partire da personaggi socialmente evidenti ed esuberanti (calciatori, atleti vari e cantanti, in testa a tutti), è più che diffusa la pratica del tatuaggio. In quel mondo (di calciatori, atleti, cantanti e dintorni), chi non è tatuato, spesso clamorosamente tatuato, non è solo rarità assoluta, quanto -addirittura- eccezione additabile. Praticamente, e nel concreto di disegni esibiti con ostentazione, non di tratta di ritualità di radici culturali profonde, tipo tribali, tanto per semplificare, ma di sole e tante manifestazioni del proprio “io”, qualsiasi cosa ciò significhi per ciascuno di loro. [A proposito, e senza riferirci a periodici che celebrano il mondo attuale del tatuaggio -tanti ce ne sono-, richiamiamo qui la straordinaria monografia Tahiti Tattoos, di Gian Paolo Barbieri, che testimonia radici lontane, riti antichi e contemporaneità socio-culturale: in edizione originaria Fabbri Editori, del 1989, e in riedizione Taschen Verlag, del 1998]. Tanto che, nel proprio insieme e complesso, l’attualità di questi tatuaggi non sta scrivendo alcun capitolo storicizzabile, ma sta soltanto definendo una serie/quantità di sole individualità isolate e senza schema alcuno, che non quello dell’effimero. Tradizionalmente, culturalmente e antropologicamente, questi tatuaggi proliferati in tempi recenti sono insignificanti: come annotato, referenti al solo “io”. Non esprimono alcun pensiero coerente... se non, perfino, manifestano prepotente ignoranza simbolica. A conseguenza, consideriamoli soltanto fenomeno di costume, casomai frutto di tempi confusi, prima che controversi. Ovviamente, l’origine culturale dei tatuaggi è ben altra: dalle radici storiche più incisive -da cui, la rilevazione di Tahiti Tattoos, di Gian Paolo Barbieri, alla quale ci siamo appena riferiti- a un mondo occidentale parallelo, di emarginazione. Cioè, anche anni di mercantili che solcavano gli oceani e di carcerati annoiati nelle proprie celle: tutti desiderosi di portare su di sé traccia della propria esistenza terrena. Oggigiorno, nel nostro mondo occidentale, pensiamo che il tatuaggio non sia più elemento di distinzione e separazione tra buoni e cattivi. Il tatuaggio è trasversale e non più identificativo (segni particolari... nessuno). Così che -finalmente in fotografia- sorridiamo per l’invecchiamento dell’identificazione di una fotografia di Robert Doisneau, del 1952: I sogni di un tatuato. Ieri, identificativa di un mondo richiamato. Oggi, niente. Maurizio Rebuzzini

Robert Doisneau: I sogni di un tatuato; 1952 (Gelatina d’argento; 27,3x23,4cm; Collezione Museum Ludwig, Colonia, Germania; Fondo Fritz Gruber).

Gian Paolo Barbieri: da Tahiti Tattoos (in edizione Fabbri, del 1989, e Taschen Verlag, del 1998). In alterazione grafica volontaria e consapevole, in FOTOgraphia, dell’aprile 2011: numero nero... Vogliamo parlarne?

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Stregati dalla Luna di Maurizio Rebuzzini (Franti)

ANCORA... E POI, BASTA

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NASA

E

Effettivamente, non se ne può più. E penso (spero) che anche in casa Hasselblad siano nauseati dalla propria combinazione con le missioni spaziali della statunitense Nasa, per certi versi culminate con l’allunaggio del 20 luglio 1969 (ventuno luglio per l’Europa). Certo, questa gratificante collaborazione tecnica è fiore all’occhiello della casa fotografica svedese, però -attenzionel’eccesso di richiami e riferimenti, molti dei quali a sproposito, altrettanti dei quali senza altro dialogo, che questo solo, fine a se stesso, ha veramente stancato. Per una sorta di dovere, ancora oggi, anche noi torniamo sull’argomento; lo facciamo con una intenzione presto rivelata: che sia una volta ancora, e l’ultima. Poi, basta (a meno che...). Comunque, è una storia lunga. Da oltre cinquantacinque anni, la svedese Hasselblad è legata a doppio filo con il programma spaziale statunitense, che dopo le missioni Apollo ha adottato anche altri apparecchi fotografici, come le reflex Nikon e il grande formato folding Linhof. Ripercorriamo le tappe. I primi due voli orbitali Mercury con equipaggio umano non contemplarono la documentazione fotografica, e quindi -pur deludenti- le prime fotografie dallo Spazio si devono soltanto alle iniziative personali dei comandanti John Herschel Glenn, di Friendship 7 (tre orbite attorno la Terra), e Malcom Scott Carpenter, di Atlas 7 (tre orbite attorno la Terra), che il 20 febbraio e il 24 maggio 1962 portarono con sé apparecchi fotografici personali: rispettivamente, una Ansco Autoset 35 e una Robot Recorder 35, ha annotato la Storia. In entrambi i casi, gli astronauti tornarono a Terra con fotografie di nessun valore, totalmente inutilizzabili. Rispetto questa versione sempre ripetuta (da tutti), recentemente è stato divulgato un ulteriore aggiornamento/ capitolo, niente affatto secondario. L’autorevole The National Air and Space Museum, di Washington, ha rivelato che oltre alla Ansco Autoset 35 personale, John H. Glenn aveva con se anche una Leica fornita dalla Nasa [FOTOgraphia, dicembre 2014].

L’astronauta Alan L. Bean, di Apollo 12, con un’Hasselblad ancorata alla sua tuta; come in uno specchio, Charles Conrad Jr è riflesso nella visiera dorata. Alan L. Bean regge un contenitore speciale per campioni e sul polso sinistro della tuta è visibile l’elenco delle operazioni da svolgere.

A questo punto, il discorso si fa intrigante. Infatti, la Ansco Autoset 35 è una compatta ad esposizione automatica, con priorità all’apertura di diaframma; dunque, non richiede particolari attenzioni, soprattutto da chi (astronauta) è impegnato altrimenti. Soltanto, per renderla utilizzabile con gli ingombranti guanti della tuta, gli ingegneri realizzarono un supporto capovolto, in modo da poter collegare una impugnatura con comandi di controllo e avanzamento della pellicola dopo lo scatto. Anche l’oculare fu abbassato, in modo che John H. Glenn potesse indirizzare l’inquadratura verso la costellazione di Orione, per le fotografie ultraviolette spettrografiche previste dal capitolato (per le quali fu anche adattato un prisma dedicato davanti all’obiettivo).

Invece, l’astronauta non ha mai raccontato nulla riguardo la Leica Ig con ampio mirino, a regolazione completamente manuale, con la quale avrebbe scattato con pellicola bianconero tradizionale, senza alcun impegno scientifico e/o documentativo. Rispetto ogni dotazione standard, qui si annota proprio il mirino particolare, estraneo al catalogo Leica, adatto al traguardo con l’incombente visiera spaziale. Proseguendo in cronologia, il terzo americano del programma spaziale Mercury, Walter Marty Schirra Jr (“Wally”), era un fotografo dilettante. La propria particolare competenza tecnica venne quindi tenuta in debito conto; accogliendo una specifica richiesta, la Nasa -l’ente spaziale statunitense- gli fornì una Hasselblad


ARCHIVIO FOTOGRAPHIA (3)

Stregati dalla Luna

Il 29 marzo 1988, la fotografia dell’astronauta Alan L. Bean sulla Luna (secondo sbarco: Apollo 12, dal 14 al 24 novembre 1969) è stata usata per realizzare il soggetto di uno dei sei francobolli svedesi che celebrano la proiezione nazionale sulla storia universale. Il bozzettista Czezlaw Slania ha adattato la raffigurazione originaria alle esigenze del francobollo. Quindi, busta con annullo del primo giorno di emissione, completa dei sei soggetti.

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Stregati dalla Luna 500C. Comperata in un normale negozio di Houston, la macchina fotografica venne modificata soltanto per renderne più comodo l’utilizzo all’interno del ristretto spazio della cabina di pilotaggio. Con il volo Mercury / Sigma 7 (Atlas 8), del 3 ottobre 1962, sei orbite attorno la Terra, Hasselblad entra così nella storia delle missioni spaziali, salendo a bordo della navicella assieme al comandante Wally Schirra. La qualità delle fotografie riprese, magari frutto della particolare abilità dello stesso astronauta, convinsero l’ente spaziale statunitense a impegnarsi anche nella sistematica documentazione visiva dallo Spazio.

La stretta collaborazione con Hasselblad iniziò allora, e sarebbe successivamente culminata con la predisposizione delle macchine fotografiche destinate all’allunaggio. Nel corso del progetto Gemini di missioni con equipaggio di due uomini, la Nasa cominciò a distribuire alla stampa alcune delle fotografie riprese dagli astronauti (196566), quelle più spettacolari, anche se meno scientifiche. Il continuo coinvolgimento emotivo del pubblico proseguì con il successivo progetto Apollo di avvicinamento alla Luna, che raggiunse l’apice con il primo allunaggio del 20 luglio 1969 (alle 22,56, ora di New York; in Italia, 4,56 del ventuno luglio).

All’inizio del programma Gemini, vennero usati soltanto apparecchi fotografici Hasselblad 500C; successivamente, la Nasa si orientò anche sulla grandangolare SWC, destinata a diventare involontariamente famosa. Nel corso della missione Gemini 10, nel luglio 1966, Michael Collins (nato a Roma, in via Tevere 16, che tre anni dopo avrebbe fatto parte dell’equipaggio di Apollo 11, il primo con destinazione Luna) uscì dalla navicella per scattare alcune fotografie. In collegamento radio con Houston, divulgato a tutto il mondo, improvvisamente Collins si lasciò scappare una imprecazione: «Maledizione! -disse- L’ho lasciata ca-

CHE DIAMINE FAI, TU LUNA IN CIEL?

Gli astronauti Frank Borman, James Lovell e William Anders si commossero. Il migliore luogo del Cosmo era “home”. Guardando la sferetta colorata, si poteva immaginare che tutte le creature viventi ci potessero vivere in simbiosi (John Lennon cantava Imagine). Gli allarmi ecologici che si sarebbero diffusi negli anni seguenti erano stati preparati da quell’impressione di delicatezza: era facile immaginare che il sottile alone azzurrino potesse bucarsi. Certi slogan politici non si sarebbero espressi come progetti “globali” se non ci fosse stato quello sguardo rivolto alla Terra da lontano. “L’uso razionale delle risorse”, “il governo mondiale”, “lo sviluppo sostenibile” e altre utopie divennero credibili perché le fotografie arrivate dallo Spazio le aiutavano. Era il Natale del 1968, quando arrivarono. Piero Raffaelli (in estratto, da FOTOgraphia, luglio 1994)

NASA (5)

Otto mesi prima dell’allunaggio, arrivarono dallo Spazio fotografie straordinarie, che si imposero nella memoria di tutti. Nel corso della missione Apollo 8, gli astronauti si allontanarono dalla Terra tanto da poterla inquadrate tutta intera sullo sfondo nero. E poi, raggiunta l’orbita lunare, dopo aver sorvolato l’emisfero nascosto, videro e fotografarono la Terra che “sorgeva” sopra la Luna. Con questo primo controcampo, lo sguardo umano non si volgeva più verso l’infinito, bensì verso il luogo finito, lì dove c’erano le radici. Quella piccola sferetta bianca-azzurra-verde-giallina, sospesa sopra il deserto lunare, apparve in tutta la sua preziosa anomalia. Teschi corrosi, come quelli della Luna, dovevano essercene molti nel Cosmo; la Terra era forse unica. Forse non si sarebbe mai visto un posto più bello. Tutti gli esploratori, Cristoforo Colombo compreso, espressero meraviglia per i nuovi luoghi scoperti.

Aneddoto, leggenda, storia: questa celebre sequenza fotografica stava per non essere realizzata. Frank Borman, il comandante di Apollo 8, vide che la Terra stava per sorgere e chiese a William Anders, l’esperto fotografico della missione, di scattare. Questi si rifiutò, dicendo che quanto gli veniva richiesto non era previsto dal protocollo operativo. Lo stesso Borman prese allora l’Hasselblad di Anders e scattò lui stesso.

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Stregati dalla Luna

ARCHIVIO FOTOGRAPHIA (3)

Astronauti con Hasselblad, in missione sulla Luna, fino a Apollo 17 (ma senza Apollo 13, il cui rientro anticipato a Terra tenne in apprensione il mondo: omonimo film, diretto da Ron Howard, del 1995). Foglio Souvenir statunitense, dell’8 luglio 2000, con immagine di sfondo e francobollo in ologramma. Due valori dell’Isola di Man, del 12 aprile 2009, nel quarantesimo anniversario di Apollo 11.

dere! Ho lasciato cadere la mia Hasselblad!». In Svezia, un quotidiano titolò subito che «Una Hasselblad è il primo satellite spaziale svedese»; Victor Hasselblad, sempre pronto alla battuta di spirito, commentò che «l’ancoraggio della macchina fotografica non è di nostra produzione». Oltre questa SWC involontariamente sfuggita al controllo, altre Hasselblad sono non sono tornate a casa. Per lasciare posto ai reperti recuperati sulla superficie della Luna, le missioni Apollo, da 11 a 17, ad esclusione di Apollo 13 (che dovette rientrare alla base, senza raggiungere la Luna: è tutto raccontato nel film Apollo 13, per l’appunto, di Ron Howard, del 1995, con Tom Hanks nei panni del comandante Jim Lovell, sceneggiato dal libro-ricordo Apollo 13: Lost Moon, scritto dallo stesso astronauta), hanno specificamente previsto l’abbandono volontario di una parte delle attrezzature tecniche, tra le quali anche gli apparecchi fotografici (non i dorsi portapellicola, ovviamente). Complessivamente, sono rimaste sulla Luna dodici Hasselblad 500EL prive di magazzino portapellicola. In ordine sparso, questi apparecchi fotografici si trovano nel Mare Tranquillitatis (Apollo 11), nell’Oceano Procellarum (Apollo 12), presso il Massiccio di Fra Mauro (Apollo 14), vicino alla Cresta di Hadley negli Appennini (Apollo 15) e vicino al punto di allunaggio Descartes (Apollo 16). Si tratta sempre di corpi macchina motorizzati 500EL, che Hasselblad ha modificato per l’uso in assenza di gravità e in presenza di forti oscillazioni della temperatura. Oltre gli apparecchi fotografici che possiamo definire sostanzialmente standard, sulla Luna, la Nasa ha utilizzato soprattutto Hasselblad complete di una piastra reseau, il cui reticolo a croci -impressionato sul fotogramma- ha consentito una perfetta misurazione delle dimensioni del soggetto inquadrato. Questa attrezzatura HDC (Hasselblad Data Camera) fu dotata di un Carl Zeiss Biogon 60mm f/5,6 altrettanto particolare, a propria volta adatto alla più pertinente restituzione fotogrammetrica. Come tutti gli obiettivi adattati da Zeiss alle esigenze e necessità della fotografia nello Spazio, anche il Biogon speciale venne costruito tenendo conto del comportamento in assenza di

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ARCHIVIO FOTOGRAPHIA

Stregati dalla Luna

gravità. Le tolleranze per gli otturatori -con tempi di 1/60, 1/125 e 1/250 di secondo- vennero ridotte; e in più fu studiata una particolare lubrificazione delle parti meccaniche. Per altra parte, Kodak produsse pellicola invertibile 70mm a strato estremamente sottile, in modo da consentire di scattare fino a quattrocento fotografie con un tradizionale dorso portapellicola, che in condizioni normali ha una autonomia di novanta fotogrammi 6x6cm. All’indomani della missione di Apollo 12 (Charles “Pete” Conrad Jr, Richard Francis Gordon Jr e Alan LaVern Bean; 14-24 novembre 1969), un’Hasselblad è diventata in qualche modo celebre per essere stata raffigurata al petto di Alan L. Bean. Lontana dal rigore delle documentazioni scientifiche di protocollo, al pari dell’immagine-simbolo di Apollo 11 (dell’Uomo sulla Luna: ritratto di Buzz Aldrin con Neil A. Armstrong riflesso nella visiera), anche questa fo-

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Fronte e retro di una cartolina celebrativa della partecipazione Hasselblad alla missione spaziale Apollo 11, realizzata dal distributore italiano Fowa e annullata a Göteborg, sede storica della nobile e leggendaria produzione fotografica svedese, il 20 luglio 1979, nel decennale.

tografia è analogamente curiosa, perché raffigura due astronauti simultaneamente: Charles Conrad Jr è riflesso nella visiera dorata, come in uno specchio. Attenzione: l’affascinante monografia Luna, pubblicata in Italia da Mondadori, ha svelato che gli astronauti sbarcati sulla Luna hanno spesso deviato dagli incarichi ufficiali, per lasciare tracce personali del proprio passaggio; per esempio, Charles Moss “Charlie” Duke Jr, di Apollo 16 (16-27 aprile 1972), ha posato sulle alture lunari di Cartesio una propria istantanea di famiglia, e prima di andarsene ha fotografato la stampa abbandonata sul terreno, in ricordo... intimo. Per tanti versi, la doppia raffigurazione di Alan L. Bean con Charles Conrad Jr riflesso nella propria visiera è emblematica delle missioni lunari. Hasselblad a parte, che richiama soprattutto l’attenzione del mondo fotografico, l’inquadratura sintetizza il senso delle rilevazioni scientifiche assegnate agli

astronauti. Alan L. Bean regge un contenitore speciale per campioni, appositamente studiato per l’analisi dell’ambiente lunare. Insieme a Charles Conrad Jr, l’ha appena riempito di sabbia del Cratere Sharp, nell’Oceano delle Tempeste. Sul polso sinistro della tuta è visibile l’elenco delle operazioni da svolgere; l’Hasselblad sul petto è agganciata al quadro di controllo. Una interpretazione adattata di questa fotografia è stata usata per un’emissione filatelica svedese del 29 marzo 1988: sei soggetti dedicati al contributo svedese alla storia universale. Le missioni spaziali statunitensi debbono non poco alla propria documentazione fotografica, realizzata appunto con apparecchi Hasselblad, prodotti in Svezia. Il bozzettista Czeslaw Slania ha adattato la fotografia originaria alle esigenze del valore postale, per esempio eliminando il riflesso nella visiera. E poi... basta! ❖



tipa.com La Technical Image Press Association (TIPA) è un’associazione non-profit registrata in Spagna.

SETTIMO SONDAGGIO TIPA 2017 Sondaggio tra i lettori delle riviste internazionali associate alla Technical Image Press Association

LA VOSTRA OPINIONE VALE

Ogni due anni, TIPA rileva e valuta le opinioni e tendenze dei lettori delle riviste associate, in tema di fotografia. Partecipare al sondaggio significa fornire all’Associazione utili spunti e importanti informazioni, che -analizzate dall’istituto WIP, di Colonia, Germania- saranno presentate alle maggiori industrie del settore, per sottoporre alla loro attenzione l’orientamento dei clienti finali. Tra tutti i lettori delle riviste TIPA partecipanti al Sondaggio 2017 saranno estratte a sorte, presso uno studio notarile di Madrid, tre macchine fotografiche* insignite dei TIPA Awards 2016. * le reflex Nikon D500 e Pentax K-1 e la Mirrorless Sony α7R II in palio sono solo corpo: quindi, senza obiettivo, che appare nelle illustrazioni per motivi estetici. Eventuali tasse o imposte sono a carico del vincitore; regolamento completo sul sito www.tipa.com.

TRA TUTTI I PARTECIPANTI AL SONDAGGIO TIPA 2017 IN PALIO TRE MACCHINE FOTOGRAFICHE PREMIATE CON I TIPA AWARDS 2016

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Best Full-Frame DSLR Expert Pentax K-1 (solo corpo)

Best APS-C DSLR Expert Nikon D500 (solo corpo)

3 Le reflex e la Mirrorless sono visualizzate complete di obiettivo per motivi puramente estetici

Estratto dal regolamento. Al Sondaggio TIPA 2017 partecipano i lettori della riviste associate alla TIPA, compilando il presente questionario (anche in fotocopia) o rispondendo ai quesiti online direttamente su https://presseforschung.de/fotographia, entro il 27 gennaio 2017. Tra i partecipanti verrano estratti i tre premi sopra indicati. Non è ammesso l’invio per email. TIPA garantisce la privacy e si riserva il diritto di sostituire il premio con prodotto di analogo valore e prestazioni, in caso di in-

Best Mirrorless CSC Professional Sony α7R II (solo corpo)

disponibilità di quello proposto, e di sospendere limitare, modificare o cancellare l’iniziativa in qualunque momento. TIPA e FOTOgraphia (Graphia srl) non sono responsabili per qualsivoglia disguido, perdita o danno riconducibile al sondaggio o a qualunque altra circostanza o inconveniente. L’elenco dei vincitori sarà disponibile sul sito tipa.com e pubblicato su questa rivista. Eventuali tasse o imposte relative ai premi vinti, a seconda della legislazione del paese di residenza, sono a carico del vincitore.


SETTIMO SONDAGGIO TIPA 2017 COMPILA IL QUESTIONARIO (ANCHE IN FOTOCOPIA) E INVIALO PER POSTA. PARTECIPI ALL’ESTRAZIONE DI UNA DELLE TRE MACCHINE FOTOGRAFICHE* PREMIATE CON I TIPA AWARDS 2016.

* le reflex Nikon D500 e Pentax K-1 e la Mirrorless Sony α7R II in palio sono solo corpo: quindi, senza obiettivo, che appare nelle illustrazioni per motivi estetici. Eventuali tasse o imposte sono a carico del vincitore; regolamento completo sul sito www.tipa.com.

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01 Come fotografo, mi definisco

❏ ❏ ❏ ❏ ❏ ❏ ❏

05 Mi informo regolarmente sui prodotti fotografici su

(Sono possibili più risposte)

(Sono possibili più risposte)

Generico, senza indirizzo principale Fotografo amici, familiari... Amo temi precisi (natura, moda...) La fotografia è l’attività preferita Sono un fotografo esperto È la mia professione primaria Fotografo per mia professione (grafico, media, architetto...)

1. Riviste di fotografia 2. Altre riviste tecniche 3. Presso il mio negoziante 4. Alle fiere specializzate 5. Sui dépliant delle case 6. Su internet Tra tutte, mi fido di più della fonte numero ....................

02 La mia attrezzatura fotografica Per le riprese uso N. .................... macchine fotografiche diverse

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06 FOTOgraphia pubblica dieci numeri all’anno Leggo .................... numeri all’anno Questa è la prima volta che la leggo

07 Ottengo FOTOgraphia Sono abbonato Come saggio promozionale La leggo quando altri l’hanno già letta

❏ ❏ ❏

(Inserire il numero) da completamente vero

Non esco mai senza macchina fotografica Tengo l’attrezzatura tecnologicamente aggiornata Spendo in accessori quanto per la fotocamera/e Acquisto prodotti di una certa marca Do consigli di acquisto ad altri

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a non vero

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ogni tanto

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ogni tanto

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mai

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03 Scatto le mie fotografie con (dimensioni del sensore) spesso

Macchine fotografiche Micro QuattroTerzi Macchine fotografiche con sensore APS-C Macchine fotografiche reflex “full frame” Macchine fotografiche con sensore medio formato ... in particolare Con pellicola In formato RAW In formato JPEG

08 Sfoglio o leggo ogni numero di FOTOgraphia circa .................... volte 09 Di ciascun numero di FOTOgraphia, leggo Tutte / quasi tutte le pagine Circa tre quarti Circa la metà Circa un quarto Solo poche pagine

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10 Leggo una copia di FOTOgraphia per un totale di .................... minuti 11 Oltre a me, altre .................... persone leggono ogni numero di FOTOgraphia

04 Uso le seguenti funzioni della macchina fotografica spesso

Modo Manuale (M-mode) Automatismo a priorità (Tv-Mode o AV-Mode) Video WiFi/WLAN

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continua

PER LA PRIVACY, L’AREA TRATTEGGIATA CON I DATI PERSONALI VERRÀ SEPARATA AL RICEVIMENTO SE NON VOLETE RITAGLIARE QUESTE PAGINE, FOTOCOPIATE LE DUE FACCIATE IL QUESTIONARIO (FRONTE E RETRO) DEVE PERVENIRE ENTRO IL 27 GENNAIO 2017 È POSSIBILE INVIARE IL QUESTIONARIO IN FORMA ANONIMA, RINUNCIANDO ALL’ESTRAZIONE Potete evitare di fornire i vostri dati (che comunque non sarebbero riferiti a terzi). Però, in questo modo, rinunciate alla possibilità di partecipare all’estrazione di una delle sei macchine fotografiche in palio. L’anonimato è garantito, perché questa parte del questionario verrà separata dalle risposte.

Elaborati dall’istituto WIP, di Colonia, i risultati saranno pubblicati sul sito tipa.com e su FOTOgraphia. L’estrazione delle tre macchine fotografiche avverrà presso uno studio notarile a Madrid, in Spagna. Eventuali tasse o imposte sono a carico del vincitore).

Regolamento sul sito www.tipa.com


12 Considero FOTOgraphia Rivista importante ❏ Fonte di ispirazione ❏ Competente ❏ ❏ Di grande utilità Chiara ❏ Indipendente ❏ Attuale ❏ D’intrattenimento ❏ Gradevole ❏ Varia ❏

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Non importante Non ispira Incompetente Poco utile Confusionaria Dipendente Non attuale Noiosa Sgradevole Monotona

13 Se FOTOgraphia non fosse più pubblicata molto

poco

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18 Leggo la pubblicità che appare su FOTOgraphia sempre ❏ spesso ❏ di rado

da molto importante

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16 Nei prossimi 24 mesi, intendo acquistare Digitale reflex Digitale medio formato Compact System Camera Compatta digitale Software gestione colore Obiettivi intercambiabili Software foto/grafica Luci Scanner Stampante Treppiedi Accessori Action Cam Drone

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AWARDS 2016

telefono

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Associo questi logotipi a

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Un’associazione globale non-profit di riviste fotografiche e imaging Premi attributi a strumenti fotografici e imaging di alta qualità Raccomandazioni di acquisto dei redattori TIPA Nulla: il loro significato mi è sconosciuto

21 In generale, quando ho intenzione di acquistare prodotti di alta qualità ❏ I test e l’assegnazione di premi mi forniscono una indicazione utile ❏ I test e l’assegnazione di premi sottolineano una qualità elevata ❏ I test e l’assegnazione di premi sostengono la mia intenzione di acquisto 22 «Se dovessi scegliere tra due prodotti fotografici, uno dei quali ha vinto un TIPA Award, deciderei in favore di quello segnalato con il TIPA Award» Quanto si applica a voi questa dichiarazione di intenti? Per il sondaggio, si valuti lungo una scala da 1 («Si applica pienamente») a 10 («Non si applica a tutti») 1 10 Si applica pienamente ❏ ❏ ❏ ❏ ❏ ❏ ❏ ❏ ❏ ❏ ❏ Non si applica a tutti 23 Visito il sito “FOTOgraphiaONLINE.com” di FOTOgraphia Giornalmente / più volte al giorno ❏ Ogni mese Più volte la settimana ❏ Meno spesso Ogni settimana ❏ Mai Più volte al mese ❏ 24 Informazioni personali Sono maschio ❏ Ho .................... anni

femmina

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Grazie per aver partecipato al SONDAGGIO TIPA 2017

cognome

indirizzo CAP

(Sono possibili più risposte)

PER LA PRIVACY, L’AREA SOTTOSTANTE VERRÀ SEPARATA AL RICEVIMENTO DEL QUESTIONARIO COMPILAZIONE FACOLTATIVA (rinunciando all’estrazione dei premi) nome

mai

a non importante

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15 L’edizione digitale di FOTOgraphia (se ci fosse) La leggerei regolarmente In generale, potrebbe soddisfarmi L’acquisterei al posto di quella cartacea L’acquisterei con un supplemento, se avesse servizi o altre caratteristiche

da completamente vero

Per me ha valore informativo Mi ha già spinto a chiedere più informazioni Mi ha già spinto a fare un acquisto

14 Argomenti che desidero leggere su FOTOgraphia Dettagliati test di fotocamere Test comparativi di fotocamere Consigli per gli accessori Test di accessori Informazioni di mercato Consigli di tecnica Fotografi / Arte Mostre Concorsi

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19 La pubblicità che appare su FOTOgraphia

moltissimo

Mi mancherebbe...

17 Ogni anno, investo in attrezzatura fotografica Meno di 2000,00 euro Da 2000,00 a 3999,00 euro Da 4000,00 a 5999,00 euro Da 6000,00 a 7999,00 euro Da 8000,00 a 9999,00 euro Da10.000,00 a 11.999,00 euro Oltre 12.000 euro

città

provincia fax

e-mail

INVIATE LE DUE PAGINE DEL QUESTIONARIO A

FOTOgraphia - Sondaggio TIPA via Zuretti 2a - 20125 MILANO MI



Cinema

di Maurizio Rebuzzini - Ricerca iconografica di Filippo Rebuzzini

GESTUALITÀ HASSELBLAD

T

Tra tante che ce ne sono, la presenza Hasselblad al cinema è significativa in almeno tre scenografie, assolutamente distanti tra loro, sia per spessore di film, sia per passaggio sullo schermo. Ovviamente, per quanto esteticamente affascinante, tanto da essere considerata tra le più attraenti e seducenti della storia evolutiva degli apparecchi fotografici (magari, accanto a Nikon F, Leica M3, Asahi Pentax Spotmatic, Kodak Bantam, Rolleiflex 3,5F, Sinar Norma, Linhof Master Technika... secondo nostra opinione), la medio formato Hasselblad è comunque configurazione impegnativa, che presuppone vicenda cinematografica in raffigurazione professionale. Da cui e per cui, per l’appunto, le tre scenografie appena anticipate. In ordine temporale. Film mille e mille volte evocato e richiamato, sia per la propria fama assoluta sia per il proprio valore di elemento spartiacque della presenza convinta e consapevole della fotografia nel cinema [a questo proposito, soprattutto in FOTOgraphia, del settembre 2012 e aprile 2014], dal punto di vista degli apparecchi fotografici, Blow-Up è sempre e soltanto riferito alla Nikon F. Addirittura, si è soliti conteggiare proprio da questo film epocale, di Michelangelo Antonioni, del 1966 (giusto cinquant’anni fa), l’avvio del luminoso cammino commerciale della stessa Nikon F. Però, quando il protagonista Thomas (interpretato dall’attore David Hemmings) lavora su un set di moda, allestito nello spirito e sapore di quei secondi anni Sessanta della Swingin London, sull’immancabile treppiedi è collocata una Hasselblad 500C: la classica, la seducente, l’incantevole, forse, addirittura, l’inebriante. Per certi versi, questa scena è meno fondante di altre, che definiscono spessore e profondità della sceneggiatura, che lo stesso regista Michelangelo Antonioni, Tonino Guerra e Edward Bond hanno ripreso dal racconto Le bave del diavolo, di Julio Cortázar (altrove, La bava del diavolo), che racconta di un fotografo di moda londinese che crede di aver visto (e fotografato) un omicidio,

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componendo i tratti di «Una riflessione sull’impossibilità del cinema di “dire il vero” e sui rapporti complessi tra arte e realtà, tra ciò che si vede e ciò che si capisce» (Paolo Mereghetti: Dizionario dei film; Baldini & Castoldi, dal 1993). È sicuramente una scena minore, che -comunque- nel proprio svolgimento definisce la personalità del protagonista, così allineato al divismo fotografico di quegli anni Sessanta, nevrosi comprese. Tanto che, ricordiamolo, da autentica primadonna isterica, abbandona il set, lasciando le cinque modelle immobilizzate in posa.

Gestualità Hasselblad: avanzamento disinvolto e smaliziato, con il palmo sulla leva di ricarica. Ovviamente... David Hemmings, nei panni del protagonista Thomas, in Blow-Up, di Michelangelo Antonioni, del 1966.

Prima, però, con camiciola azzurra con motivi bianchi, diversa dalla camicia blu delle scene epiche durante le quali fotografa la modella Veruschka (top model del tempo; al secolo, Vera Gottliebe Anna von LehndorffSteinort), Thomas usa con estrema disinvoltura l’Hasselblad 500C, applicando un raffinato gesto, che qui registriamo: con spigliatezza da fotografo esperto e smaliziato, agisce sulla leva di avanzamento della pellicola dopo lo scatto con il palmo della mano, senza distogliere l’attenzione dall’osservazione costante del set. Sinceramente, nella rapidità del film, questo dettaglio (feticistico? perché no?) sfugge e si perde a lato, essendo altresì l’attenzione visiva dello spettatore rivolta ad altro e concentrata altrimenti. Personalmente, l’abbiamo notata e apprezzata -va detto- sulla scorta dei fotogrammi che siamo soliti isolare dai film. Da cui, in una osservazione sequenziale serrata, propria di qualsivoglia software di anteprima file, la cadenza è stata sottolineata nella sua essenza e per il suo valore estetico e formale. Affascinante! Analogamente è “gesto” Hasselblad anche nel magistrale 2001: Odissea nello spazio, di Stanley Kubrick, del 1968, sceneggiato a partire da un racconto di Arthur C. Clarke [nostre rievocazioni in FOTOgraphia, del dicembre 2014 e novembre 2015, in presentazione di avvincenti monografie pubblicate da Taschen Verlag]. Ahinoi, è gesto non visualizzabile, perché si svolge in una scena buia, e di spalle rispetto al pubblico. Si tratta del ritrovamento del monolite lunare, cinematograficamente allestito negli studi inglesi di Shepperton e registrato il giorno di Natale del 1965. Nella scenografia, un addetto alla documentazione dell’evento usa una Hasselblad del futuro, rispetto le date delle riprese cinematografiche. “Hasselblad”, in ordine con i capitolati della Nasa, l’ente spaziale statunitense [su questo stesso numero, da pagina 8]. “Del futuro”, nel senso che si prevede un’evoluzione tecnologica del 2001 di ambientazione e svolgimento, e -dun-


Cinema

que- l’avanzamento della pellicola dopo lo scatto non è più comandato da una leva, ma da una ipotesi di “motore”: dopo lo scatto, l’operatore rovescia l’apparecchio, in un gesto che, per l’appunto, fa avanzare la pellicola. Altrettanto “gestuale”, in terza e ul-

Gestualità Hasselblad: otturatore centrale del Carl Zeiss Makro-Planar T* 120mm f/4, nel film Closer, di Mike Nichols.

tima segnalazione odierna, è la presenza di una fascinosa Hasselblad 503CW nelle scene iniziali di Closer, convincente commedia di Mike Nichols, del 2004 [FOTOgraphia, ottobre 2006]. Interpretato da Jude Law (che ha incrociato la fotografia anche

in Era mio padre, del 2002, nel ruolo del killer e fotografo Maguire, e in Sky Captain and the World of Tomorrow, del 2004, in ruolo protagonista), il giovane scrittore Dan è in posa nello studio della fotografa Anna Cameron, caratterizzata da Julia Roberts, che -come anticipato- scatta con Hasselblad 503CW su treppiedi Manfrotto Triman, con testa 3D Super Junior. Nella sessione di ritratto, apprezziamo/abbiamo apprezzato due sequenze scenografiche di garbo. Una riguarda la gestualità del volet, che viene inserito e disinserito dal magazzino portapellicola (a rullo 120); l’altra visualizza lo scatto dell’otturatore centrale dell’Hasselblad 503CW, in evidenza nelle inquadrature del film, a tutto schermo/monitor televisivo, attraverso la trasparenza dell’obiettivo Carl Zeiss Makro-Planar T* 120mm f/4. Annotiamo anche la leggibilità dei dati identificativi dello stesso obiettivo: matricola 8907922. Fine: un, due, tre gesti. ❖


Parliamone di Maurizio Rebuzzini

TRA E SOPRA LE RIGHE

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ARCHIVIO FOTOGRAPHIA

O

Ognuno ha il diritto/dovere di leggere la nostra rivista, FOTOgraphia, con l’attenzione e dedizione che ritiene necessarie. Secondo propri intendimenti, tutti possono sorvolare via, sfogliandone distrattamente le pagine, oppure avvicinarsi con decisione e intimità agli argomenti affrontati e trattati. In effetti, forse a sopruso della promessa implicita in testata, FOTOgraphia è più una rivista di parole che di immagini. Certo, le illustrazioni non mancano, ma -come spesso rileviamo e riveliamo, in molte occasioni (speriamo non troppe)- le stesse illustrazioni servono a sostegno, supporto e motivazione dei testi. E i testi, ahinoi, non possono essere sorvolati, ma richiedono di essere affrontati. Sempre declinati per offrire spunti utili e proficui verso considerazioni individuali, fotografiche ma non necessariamente soltanto fotografiche, per quanto sempre ispirati dalla fotografia, i testi compongono l’autentica ossatura e nucleo vitale delle nostre edizioni, mese dopo mese, anno dopo anno. Con questo, riconosciamo di essere magari fuori sintonia con i nostri tempi attuali, che imporrebbero altre rapidità, altre genericità, altre facilonerie. Però, che volete farci, questa è la nostra personalità... ovvero, irrinunciabile personalità. Forse. Così, a volte, durante incontri privati, ci capita di tornare sulle opinioni espresse, sulle posizioni assunte. In genere, questo accade quando e per quanto avviciniamo ritrovi frequentati da coloro i quali non solo esercitano professioni fotografiche, o parallele, ma danno senso e valore all’arricchimento in ascolto d’altri. Siccome tutto si conclude in conversazioni, non abbiamo mai ritenuto di dover tornare su argomenti già trattati. Oggi, invece, siamo indotti a farlo, avendo ricevuto una lettera ufficiale e formale (nella propria sostanza) da Lello Piazza, che spesso frequenta le nostre pagine con acuti interventi, assai apprezzati, che arricchiscono il nostro bagaglio redazionale. Anzitutto, la lettera, che si riferisce a tre interventi pubblicati sullo

Speciale del periodico francese Historia, titolato Été 36: La parenthèse enchantée (Estate 36: La parentesi incantata), nell’ottantesimo del Front populaire. In copertina, raffigurazione di un imponente fotografo in riva al mare, ripreso dal ricordo di “tempi felici”.

scorso numero di ottobre, e in questo Lello Piazza è esplicito; quindi, nostri ulteriori commenti a margine. Caro Maurizio, caro direttore, ti scrivo a proposito del numero più recente (e non “ultimo numero”, come ci tieni a sottolineare), per tre ringraziamenti e una richiesta. Primo ringraziamento. Nella presentazione del servizio dedicato al Wildlife Photographer of the Year, pur ammettendo che una qualunque esperienza naturalistica, come passare tempo in palude, morsicati dai tani, per vedere o fotografare cavalieri d’Italia o avocette, ti inorridisce, annoti: «Quindi, so individuare il bello (qualsiasi cosa ciò possa significare e identificare). Ignorata dalla Storia della Fotografia, indirizzata verso altre visioni, la fotografia naturalistica è più che straordinaria: per quanto mi riguarda, indipendentemente dal mio rapporto personale con il soggetto». Bene, queste parole mi ricordano quella frase che Voltaire non ha mai né pronunciato né scritto, ma che

tanti gli attribuiscono (in questa forma o in altre similari): «Monsieur l’abbé, je déteste ce que vous écrivez, mais je donnerai ma vie pour que vous puissiez continuer à écrire» (Signor abate, detesto quello che scrivete, ma darò la mia vita perché voi possiate continuare a scrivere). È una citazione non autentica, apocrifa, ma mi piace, chiunque l’abbia detta o scritta. Secondo ringraziamento. Per aver scritto un Editoriale che richiede infinite riflessioni e che lascia intravedere orizzonti inquietanti. Aggiungo che non sempre hanno torto i laudator temporis acti [lodatori del tempo passato], dei quali il poeta latino Orazio parlava descrivendo gli anziani che non sanno adeguarsi al progresso (Ars poetica, 173). Mi capita spesso di discutere della pessima qualità alla quale sono arrivati gli studenti che approdano ai miei corsi all’università (Ingegneria, Politecnico Milano). Qualche collega mi dice: non sai adeguarti al progresso. Rispondo per difendermi: se qualcuno, nel 1928, avesse detto che si stava meglio nel 1901 era qualcuno che non sapeva adeguarsi al progresso? E sottolineo che, la più bella definizione di Fotografia che ho mai letto/sentito è quella che scrivi in chiusura del tuo Editoriale e che qui riporto, perché bisognerebbe impararla a memoria [reinterpretata a quattro mani con Pino Bertelli, va riconosciuto]: «Oltre la nostra convinzione sempre sottolineata, che interpreta e abita la fotografia non come arido punto di arrivo, ma fantastico e privilegiato s-punto di partenza, rimangono altri valori: la fotografia è sempre e comunque un atto d’amore; con la fotografia tutta, è legittimo e indispensabile approdare a un effettivo riconoscimento di una fotografia che non vale solo per sé, e le proprie intenzioni e/o necessità di partenza, ma per qualcosa di altro che ciascuno trova prima di tutto in se stesso; la fotografia educa alla comprensione del diverso, qualsiasi questo sia; solo i poeti


Parliamone sanno veramente parlare della libertà, dolcissima e inebriante; ciascuno detiene il coraggio di ciò che veramente sa, o è solo poca cosa di fronte all’inavvertenza di tutte le cose; il fascino estraniante e stregato della fotografia rimanda alla parola mai detta, all’infelicità mascherata, alla violenza esasperante della quotidianità mai affrontata; ciascuno diventa colui che la vita non gli ha consentito di essere. Fine». Terzo ringraziamento. Riporto l’incipit del Prima di cominciare, dello stesso ottobre scorso. «MAGNIFICA ILLUSIONE. Ottanta anni fa, alle elezioni politiche francesi del 3 maggio 1936, il Front populaire si impose con trecentottantasei seggi, sui seicentootto disponibili (386 su 608, pari alla maggioranza assoluta). Formato da una coalizione di partiti di sinistra, composta dal Partito Comunista Francese, Sezione Francese dell’Internazionale Operaia (Sfio), e dal partiti Repubblicano, Radicale

e Radicale Socialista, fu al governo fino al 1938, con la guida di Léon Blum, leggendario leader comunista, Clamorosamente, in un tempo nel quale le donne non avevano diritto al voto, il suo governo fu il primo ad avere donne ministro, tre in totale». Non ricordavo (e forse non ho mai saputo) di questa magnifica illusione. Sono convinto che sarebbe possibile ancora oggi: quante risorse ci sono, delle quali ci negano l’esistenza, alle quali ci negano l’accesso. “NON SI PUÒ FARE!”, vogliono convincerci. Grazie per avermela ricordata (fatta conoscere). La mia richiesta. Si può vedere più in grande la copertina di Historia, «con raffigurazione di un imponente fotografo in riva al mare, ripreso dal ricordo di “tempi felici”»? Grazie. Lello Piazza Beh, grazie a te, Lello, per tanta e tale attenzione nei nostri confronti. Quindi, c’è nulla da aggiungere ai tuoi

graditi ringraziamenti, se non un paio di osservazioni: le nostre di sempre. Anzitutto, come spesso annotiamo, nulla di quanto pubblicato sulle nostre pagine è casuale, sia nel proprio contenuto sia anche per l’inevitabile forma. Dunque, anche quella colonnina di Prima di cominciare ha sempre un proprio senso, che parte dalla fotografia, magari per approdare ad altro. Quindi, altrettanto in ripetizione dovuta e doverosa, rispondiamo alla domanda che può essere sorta spontanea a molti... e che può accompagnare alcuni nostri interventi redazionali. Risposta: siamo persone che non sappiamo davvero cosa pensiamo, finché non lo scriviamo. Ecco qui. Tutto qui. Ovviamente, sei accontentato (e speriamo che tu non sia il solo ad aver sentita questa esigenza) per quanto riguarda la copertina di Historia francese, della scorsa estate, con raffigurazione fotografica. O giù di lì. ❖


KOELNMESSE

Il mercato fotografico deve riflettere, forse deve anche pagare le conseguenze del proprio operato. Premesso che al pubblico non interessa, non dovrebbe interessare l’infrastruttura commerciale che fa arrivare i prodotti sui banchi di vendita (e acquisto), è comunque doverosa una riflessione sullo svolgimento della Photokina 2016, fiera mercantile di maggior richiamo della fotografia: a Colonia, in Germania, lo scorso settembre (dal venti al venticinque). Registriamo, dunque, che alla luce di fatti riscontrati da ognuno, i sostanziosi oneri per svolgere un appuntamento fieristico globale sono stati messi in discussione dall’industria produttrice. Dovendosi oggi rivolgere a un pubblico possibile e potenziale proveniente dal pianeta smartphone e dintorni, l’infrastruttura di annuncio e presentazione di novità tecniche ha perso ogni proprio motivo di esistere, quantomeno nella formula -pur vivacizzata a modernizzata- di una gravosa kermesse, che sempre meno aggiunge alla sostanza del commercio. Si dibatte il contenitore. Per i contenuti... altro discorso. Forse, sarebbe il caso di occuparsi di immagine, di ciò che le macchine fotografiche consentono di realizzare, ciascuna con le proprie intenzioni, più che degli oggetti/strumenti in quanto tali. Forse

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ALLA RESA DEI CONTI di Maurizio Rebuzzini

F

inché è stato il caso; finché abbiamo potuto invitare al dialogo e alla riflessione, magari offrendo anche spunti utili e proficui; finché è stato doveroso farlo, anche in consapevole sostegno del comparto tecnico-commerciale entro il quale agiamo; finché un barlume di possibile vita (oltre la sopravvivenza generica) è rimasto acceso; finché... abbiamo sostenuto l’esigenza e necessità

di una passerella mercantile sostanziosa e avvincente. Cioè, abbiamo supportato e puntellato l’impianto Photokina, con il proprio svolgimento canonico ad anni alternati, nell’autunno dei pari, a Colonia, in Germania. Addirittura, unici ad averlo fatto (oltre che pensato) -e questo va rilevato e sottolineato-, nel 2008 scrivemmo e pubblicammo perfino un libro, con capitoli consequenziali e coerenti di analisi e commento fenomenologici. Oggi, a distanza di altri otto anni, che per i momenti che viviamo sono un lasso di tempo estremamente lun-

Visualizzazione dell’appuntamento Photokina 2016 sulle rive del Reno, a Colonia, in Germania, nei giorni di svolgimento della Fiera mercantile della fotografia: purtroppo, sulla riva meno visibile. Fotografia notturna che, forse, sottolinea anche tempi bui.

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KOELNMESSE (4)

Rituale fotoricordo dei vincitori dei prestigiosi e ambiti TIPA Awards 2016.

Grande richiamo per quelle attrezzature fotografiche meno consuete: è il caso di un lungo teleobiettivo Sigma a disposizione del pubblico.

Tra allestimenti appariscenti, ancora e sempre una straordinaria declinazione a tema: Carl Zeiss Apo Planar T* 85mm f/4 in configurazione scenica.

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go, non rinneghiamo alcuna parola di quanto compilato in quel Alla Photokina e ritorno, che merita ancora tanta considerazione: lo annotiamo senza alcuna piaggeria, senza nessuna autoreferenzialità, ma con inderogabile onestà intellettuale. Sostanzialmente, quella di sempre. Però, alla resa dei conti, dopo lo svolgimento della recente Photokina 2016, dobbiamo ammainare bandiera. Rileggiamo e citiamo dal capitolo E venne il giorno (?), il sesto dei tredici capitoli più uno dell’appena ricordato Alla Photokina [2008] e ritorno: «Allo stesso tempo, penso a una educazione commerciale che si estenda oltre i soli riferimenti tecnici, per comprendere la definizione di un commercio rivolto all’applicazione attiva di un interesse [...]: sia che si tratti di semplice fotoricordo domenicale, sia che si tratti di impegno individuale più sostanzioso (quel fotoamatorismo, anche organizzato, frequentato da molti), la fotografia è un hobby diverso dagli altri. Diverso, perché migliore: sempre e comunque attivo e non passivo. Il valore del Tempo che l’attraversa non è certo questione da poco. «Ripeto, ribadisco e concludo: la Photokina è oggi

l’espressione più chiara, trasparente e concreta di tutti questi intrecci, legami e collegamenti. Photokina non sono i soli strumenti della fotografia. Alla Photokina e con la Photokina, l’intero mercato della fotografia manifesta spiriti e filosofie trasversali, da decifrare per allineare e finalizzare ogni personalità commerciale quotidiana; anche quelle giornalistiche, sia chiaro». All’alba di ventitré edizioni frequentate, dalla prima nostra visita, nel 1974, siamo convinti che alla Photokina più che guardare, sentire e osservare, si deve soprattutto annusare: sollevare la superficie per vedervi sotto, per trarre altre deduzioni e, addirittura, conclusioni. Da cui e per cui... eccoci qui, all’indomani della recente edizione 2016, dello scorso settembre, dal venti al venticinque. Come constatato in diverse occasioni, la più recente delle quali sul nostro numero dello scorso settembre, in anticipo ragionato, da tempo la Photokina non è più Fiera di novità tecniche: che ci sarebbero state anche senza mettere in piedi una tale kermesse e che si sarebbero conosciute comunque, indipendentemente dall’appuntamento ufficiale di Colonia. Insom-


ANTONIO BORDONI (2)

ma, non è più un problema di novità di mercato, come è stato fino a qualche anno fa, quando si andava in Photokina per annotare le nuove interpretazioni fotografiche realizzate e proposte dall’industria, che avrebbero caratterizzato il mercato dei mesi/anni immediatamente a seguire. Le novità tecniche non attendono più l’appuntamento biennale della Photokina per essere annunciate e, addirittura, proposte al mercato. Per quanto riguarda la comunicazione, il tempo reale della rete Internet assolve egregiamente e risolve. Però, fino a ieri, si è mantenuto lo spirito secondo il quale -ammessa e concessa la trasformazione dei tempi-, oltre lo svolgimento fisico localizzato, la Photokina poteva vantare un ulteriore sostanzioso rimbalzo avanti nel tempo e negli interessi... attraverso le cronache giornalistiche e i relativi corollari. Ma oggi, alla luce dell’edizione 2016, quale cronaca giornalistica può essere accettabile e plausibile, oltre la rapidità della Rete, con tutto il carico di informazioni che comporta, l’una che si sussegue all’altra in pochi secondi e presto scompare? Ma oggi, sempre alla luce dell’edizione 2016, quale cronaca

giornalistica può essere accettabile e plausibile, se il pubblico al quale l’industria intenderebbe rivolgersi non palpita in attesa della Photokina, come -invece- accadeva ed è accaduto nei decenni scorsi, quando la Fiera era un mito e una meta irraggiungibile, se non proprio attraverso le cronache giornalistiche? Ma oggi, immancabilmente alla luce dell’edizione 2016, quale cronaca giornalistica può essere accettabile e plausibile, se anche gli espositori mettono in discussione il contenitore, peraltro impoverendolo e privandolo di contenuti? Eccoci qui, quindi, a ipotizzare il plausibile esaurimento di un tragitto, di un percorso tecnico-commerciale non più idoneo allo svolgimento dei tempi attuali. Per cui, non ci stupiamo quando negli stand di alcuni marchi primari abbiamo rilevato la presenza di dépliant in solo tedesco, così come accettiamo che si siano spezzate consuetudini radicate negli anni: io (industria produttrice) ti invito alla mia conferenza stampa; tu (giornalista accreditato) partecipi, magari simulando stupore e meraviglia; alla fine, con il tuo bel comunicato stampa... te ne vai a stendere la tua relazione. Bene,

Onore e merito a Leica Camera, che ha allestito una propria Gallery, intitolata ai Masters of Photography, di grande fascino e valore.

Altrettanto onore e merito a Jason Guo, titolare di Guangzhou Shansheng Trading, in Photokina con complementi per il grande formato fotografico e con una linea di configurazioni a foro stenopeico.

Ovviamente... droni.

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a parte ciò che effettivamente interessa il pubblico (magari estraneo all’infrastruttura della comunicazione), ci sono state conferenze stampa senza comunicati... ma da scaricare dalla Rete. Lo sappiamo bene, che questo è pratico e attuale, ma -diamine- ci eravamo accordati altrimenti. Ci eravamo accordati sullo svolgimento ciascuno di propri mandati ufficiali e canonici. Da cui e per cui, nella consapevolezza che «alla Photokina e con la Photokina, l’intero mercato della fotografia manifesta spiriti e filosofie trasversali, da decifrare per allineare e finalizzare ogni personalità commerciale quotidiana; anche quelle giornalistiche, sia chiaro», non siamo noi a mettere in discussione l’apparato e la kermesse, ma lo ha fatto, ma lo sta facendo, l’industria, che deve legittimamente fare i conti con i propri bilanci aziendali: è evidente che i milioni di euro che si mangia l’allestimento scenico della Photokina possono essere investiti altrimenti che non per impiantare stand sempre meno frequentati (e, comunque sia, da un pubblico dichiaratamente locale). Salvo qualche eccezione, presto identificata,

alla Photokina 2016, abbiamo spesso incontrato il vuoto pneumatico: assenza totale di quella frenesia che ne ha caratterizzato edizioni precedenti, ormai lontane nel tempo, oltre che nello spirito. Da parte nostra, in definitiva, cosa possiamo raccontare, concentrandoci su relazioni tecniche? Ormai, tutto corre rapido, così che ogni novità viene oggi presentata in tempo reale dai produttori, che la scorsa estate hanno annunciato senza attendere le date Photokina di settembre. Sì, qualcosina d’altro c’è pure stata, magari in forma di annuncio con mock up in accompagnamento e supporto, ma la sostanza delle considerazioni non cambia e non varia di uno spillo. Il contenitore Fiera è formula da mettere in discussione. L’industria ha cominciato a farlo, rivelandolo con propri atteggiamenti tiepidi e disincantati. L’intera filiera si deve ora interrogare al proposito. Certo, queste considerazioni possono non interessare il pubblico di appassionati e utilizzatori, anzi proprio sono loro estranee, ma il dibattito e le decisioni sono ormai inderogabili. Siamo alla resa dei conti. ❖

ANTONIO BORDONI

Rivediamoci alla Photokina 2018: dal venticinque al trenta settembre. Ottimismo e ipotesi di continuità, in un momento nel quale, anche alla luce dello svolgimento della Photokina 2016, il comparto fotografico sta interrogandosi sulla effettiva necessità di questo appuntamento. Staremo a vedere.



Disponibile in due versioni, rispettivamente da cinquanta e cento Megapixel, l’attuale Hasselblad H6D dispone di sensori Cmos di dimensioni generose: 43,8x32,9mm (H6D-50c) e 53,4x40mm (H6D-100c), presto disponibili anche in dorsi digitali per il Sistema V (di apparecchi originariamente per pellicola a rullo). Ovviamente, le prestazioni fotografiche e video sono di alta qualità formale... al vertice dell’offerta tecnologica dei nostri giorni.

Mirrorless medio formato, con sensore di acquisizione digitale ereditato dall’Hasselblad H6D-50c (43,8x32,9mm; da cinquanta Megapixel), l’Hasselblad X1D avvia un nuovo comparto tecnico-commerciale. Nuovo quanto affascinante e avvincente: da seguire con concentrazione.

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di Antonio Bordoni onteggiati dal 1941 di origine, i settantacinque anni di Hasselblad (per l’appunto, 1941-2016, con acronimo 4116) sono commentati su questo stesso numero, da pagina 46: là dove non ripercorriamo alcuna cronologia, con contorno di apparecchi fotografici che si sono susseguiti gli uni ai precedenti, ma sottolineiamo come la celebrazione sia stata definita da una identificata serie di prodotti finalizzati, alcuni dei quali realizzati con collaborazioni di sostanza. In aggiunta a quelle note, che a propria volta si congiungono a queste, è doveroso sottolineare come e quanto anche le due sostanziose novità tecniche esordite nel corso di quest’anno, a proprio modo e misura, si allineano alla medesima ricorrenza: nello specifico, Hasselblad H6D e Hasselblad X1D alla soglia dei settantacinque anni di innovazioni continue, con dovuto passaggio dalla fotografia chimica all’attualità ad acquisizione e gestione digitale di immagini. Ciò annotato, in incipit dovuto, prima ancora del successivo commento tecnico -opportunamente cadenzato-, è appropriato richiamare una leggenda originaria. Ce ne sono per ogni produzione fotografica storica, e ognuna -a proprio modo- ha stabilito termini di autentico mito. Eccoci qui: il tragitto di Hasselblad avrebbe avuto inizio quando il suo fondatore, Victor Hasselblad, rifiutò categoricamente di copiare una macchina fotografica su richiesta del governo svedese,

C

che gli aveva chiesto se avesse le capacità necessarie a produrre un apparecchio identico a uno confiscato dall’esercito. Si vuole che Victor Hasselblad avesse risposto «No... ma posso crearne una migliore». Con ordine: Hasselblad H6D e Hasselblad X1D.

HASSELBLAD H6D Tra l’attualità tecnologica dell’innovativa Hasselblad H6D e l’originaria Hasselblad 1600F, presentata all’Athletic Club, di New York, il 6 ottobre 1948, alla presenza di una ventina di quotati fotogiornalisti internazionali, scorre molto e molto più tempo fotografico di quanto conteggiato ufficialmente. Non ci riferiamo tanto ai decenni fino a fine Novecento, di cadenze preordinate, quanto all’accelerazione temporale innescata dal passaggio dalla pellicola fotosensibile al sensore di acquisizione digitale di immagini. Per quanto ancora oggi si mantengano sostanziosi legami con il (tra)passato -per esempio, attraverso le versioni per System V (meccanico) degli odierni dorsi digitali-, l’attualità tecnologica della H6D va conteggiata dalla H1, del 2002, quando è stato avviato il programma digitale medio formato, con relative cadenze numeriche in avanti: H2 (2006), H3D (autunno 2006), H4D (2009) e H5D (2013). Nella propria sostanza, più che costituire un miglioramento ritmato e modulato, come da progressione numerica, l’attuale Hasselblad H6D, in duplice versione, da cinquanta e cento Megapixel, è stata completamente ricostruita con nuovi componenti tec-


PERSONALITÀ E PRESTIGIO In primavera, nell’anno del proprio settantacinquesimo compleanno, dal 1941 di origine, Hasselblad ha completamente rinnovato l’essenza del proprio sistema fotografico medio formato. La generazione H6D, in due configurazioni, rispettivamente da cinquanta e cento Megapixel di risoluzione, rappresenta una interpretazione delle esigenze e necessità della fotografia professionale di credito assoluto, in ordine con lo stato dell’arte e in predisposizione alle possibili e potenziali evoluzioni futuribili. Immediatamente a seguire, all’inizio dell’estate, è stata annunciata anche e addirittura la prima Mirrorless medio formato: dotata dello stesso sensore di dimensioni generose e prestazioni esuberanti del sistema reflex medio formato, la X1D annuncia una innovativa stagione della fotografia professionale

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Hasselblad H6D-50c Sensore Dimensioni del sensore Acquisizioni Definizione del colore Sensibilità Misurazione esposimetrica Memoria Capacità di memoria Velocità di acquisizione Gestione colore Monitor (Touch Screen) Feedback con istogramma Obiettivi Messa a fuoco Flash Otturatore Mirini Software Supporto piattaforma Connessione host Compatibilità banco ottico Alimentazione Dimensioni e peso Sintetizzate nelle tabelle pubblicate in questa doppia pagina, le caratteristiche operative dell’Hasselblad 6HD, in duplice versione 6HD-50c e 6HD-100c, da cinquanta e cento Megapixel, stabiliscono valori operativi di dotazioni fotografiche di vertice, in linea e ordine con la lunga e nobile tradizione della casa svedese, approdata ai propri settantacinque anni di fotografia, conteggiati dal 1941 di origine.

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Cmos da 50 Megapixel (8272x6200 pixel), con filtro IR 43,8x32,9mm Fotografia: Raw (65MB), Tiff (154MB) | Video: HD (1920x1080p) 16 bit; Gamma dinamica 14 stop Da 100 a 6400 Iso equivalenti Spot; a Prevalenza centrale; Spot centrale Schede CFas e SD o collegamento in tethering 240 immagini (circa) su scheda da 16GB 1,7-2,3 al secondo Hasselblad Natural Colour Solution TFT da 3 pollici (colore a 24bit; 920K pixel) Sul monitor posteriore e sul display dell’impugnatura (e acustico) Sistema Hasselblad H, con otturatore centrale integrato Sensore centrale passivo del tipo a croce TTL automatico a prevalenza centrale Da 60 minuti a 1/2000 di secondo, sincro flash totale HVD 90x, HVD 90x II, HVM Hasselblad Phocus per Mac e Windows Macintosh: OSX 10.9 | PC: XP, Vista Windows 7 Usb 3.0 tipo C; Mini HDMI; ingresso/uscita audio Otturatori meccanici controllati dal sincro flash, elettronici da Phocus Batteria ricaricabile agli Ioni di Litio; Presa per alimentazione esterna (con HC80 - 80mm f/2,8) 153x131x205mm, 2115g

nici e una piattaforma elettronica totalmente rinnovata. Il tutto su e con una livrea che conferma elementi iconici di design proprio, che è arrivato alla consistenza dei nostri giorni, declinandosi a partire dalle proprie stesse radici lontane. Con le H6D-100c e H6D-50c, Hasselblad approda al sensore Cmos di acquisizione digitale, nelle due opzioni già anticipate di cento e cinquanta Megapixel, certificati nella propria sigla identificativa. Quindi, immediatamente a seguire, si registrano anche una più ampia gamma di tempi di otturazione, da sessanta minuti a 1/2000 di secondo, una gamma incrementata di sensibilità Iso equivalenti e uno scatto più rapido, con connettore Usb 3.0 di tipo C, che consente un trasferimento di file straordinariamente veloce. Il sistema di obiettivi H preesistenti è interamente compatibile e, con la scelta di tempi di otturazione


Hasselblad H6D-100c Sensore Dimensioni del sensore Acquisizioni Definizione del colore Sensibilità Misurazione esposimetrica Memoria Capacità di memoria Velocità di acquisizione Gestione colore Monitor (Touch Screen) Feedback con istogramma Obiettivi Messa a fuoco Flash Otturatore Mirini Software Supporto piattaforma Connessione host Compatibilità banco ottico Alimentazione Dimensioni e peso

Cmos da 100 Megapixel (11.600x8700 pixel), con filtro IR 53,4x40mm Fotografia: Raw (120MB), Tiff (289MB) | Video: HD (1920x1080p) , UHD (3840x2160p) 16 bit; Gamma dinamica 15 stop Da 64 a 12.800 Iso equivalenti Spot; a Prevalenza centrale; Spot centrale Schede CFas e SD o collegamento in tethering 120 immagini (circa) su scheda da 16GB TBD Hasselblad Natural Colour Solution TFT da 3 pollici (colore a 24bit; 920K pixel) Sul monitor posteriore e sul display dell’impugnatura (e acustico) Sistema Hasselblad H, con otturatore centrale integrato Sensore centrale passivo del tipo a croce TTL automatico a prevalenza centrale Da 60 minuti a 1/2000 di secondo, sincro flash totale HVD 90x, HVD 90x II, HVM Hasselblad Phocus per Mac e Windows Macintosh: OSX 10.9 | PC: XP, Vista Windows 7 Usb 3.0 tipo C; Mini HDMI; ingresso/uscita audio Otturatori meccanici controllati dal sincro flash, elettronici da Phocus Batteria ricaricabile agli Ioni di Litio; Presa per alimentazione esterna (con HC80 - 80mm f/2,8) 153x131x205mm, 2130g

più rapidi, può essere sfruttato più a fondo rispetto le configurazioni precedenti. L’Hasselblad H6D-100c apporta al medio formato una funzionalità video 4K. Il monitor LCD touch screen posteriore, ad alta definizione, offre una notevole nitidezza con Wi-Fi di serie, mentre un connettore HDMI per monitor esterno completa il set di strumenti operativi. Gli slot integrati per due schede di memoria consentono funzionalità ottimali: uno slot CFast, per le acquisizioni ad alta velocità, e uno slot per una scheda SD, per la massima compatibilità. La piattaforma completamente rinnovata è in grado di gestire volumi di file più grandi in modo rapido e semplice, utilizzando algoritmi ottimizzati per file di alta qualità. Il software di elaborazione immagini Hasselblad Phocus è stato potenziato con la nuova release 3.0, che presenta e offre funzionalità aggiuntive che permettono di applicare regolazioni locali all’immagine e una nuova interfaccia grafica che migliora il flusso di lavoro e l’esperienza del fotografo. Quindi, oltre il sensore Cmos della precedente Hasselblad H5D-50c, per i prossimi dorsi digitali per il Sistema V (di apparecchi originariamente per pellicola a rullo) saranno presto disponibili le versioni derivate da H6D-50c e H6D-100c.

HASSELBLAD X1D Al momento del suo annuncio, alla fine dello scorso giugno, l’Hasselblad X1D ha avviato un nuovo comparto tecnico-commerciale: Mirrorless medio formato, con sensore di dimensioni generose e prestazioni avvincenti. Si tratta dello stesso sensore della reflex H6D-50c, del quale vanno ripetuti i parametri operativi: sensore Cmos da 50 Megapixel (8272x6200 pixel), con filtro IR, dimensioni fisiche 43,8x32,9mm, per riprese fotografiche (Raw, 65MB; Tiff, 154MB) e Video HD (1920x1080p). Nella propria configurazione Mirrorless, la X1D può

essere definita compatta, a partire dai suoi soli settecentoventicinque grammi (725g), che è metà del peso delle reflex più diffuse. Quindi, si presenta con una livrea che ripropone in termini moderni e contemporanei disegni già incontrati nel sistema Hasselblad senza tempo. Chi ha questa memoria, chi ha questa conoscenza, chi conosce anche il passato tecnologico... non può non tornare con il proprio pensiero alla genìa delle grandangolari SWC, con Carl Zeiss Biogon 38mm f/4,5 fisso. Tanto che, personalmente, speriamo proprio di vedere presto una ammaliante Hasselblad X1D Super Wide, con un grandangolare equivalente fisso. Per ora, non disdegniamo la disponibilità dei primi due obiettivi del sistema ottico dedicato XCD, nelle focali 45mm f/3,5 e 90mm f/3,2. Così come segnaliamo la possibilità di utilizzare obiettivi Hasselblad H, mediante apposito anello adattatore.

(prossima pagina) Nella propria configurazione Mirrorless, la medio formato Hasselblad X1D può essere definita compatta, a partire dai settecentoventicinque grammi (725g), che è metà del peso delle reflex più diffuse. In assoluto, è una medio formato digitale compatta e portatile, persino user-friendly, a obiettivi intercambiabili, per fotografia e video.


Hasselblad X1D Sensore Dimensioni del sensore Acquisizioni Definizione del colore Sensibilità Misurazione esposimetrica Memoria Capacità di memoria Velocità di acquisizione Gestione colore Monitor (Touch Screen) Feedback con istogramma Obiettivi Messa a fuoco Flash Otturatore Mirino Software Supporto piattaforma Connessione host Alimentazione Dimensioni e peso

Cmos da 50 Megapixel (8272x6200 pixel), con filtro IR 43,8x32,9mm Fotografia: Raw (65MB), Tiff (154MB), Jpeg compresso | Video HD 16 bit; Gamma dinamica 14 stop Da 100 a 25.600 Iso equivalenti Spot; a Prevalenza centrale; Spot centrale Doppio slot per schede SR 240 immagini (circa) su scheda da 16GB 1,7-2,3 al secondo Hasselblad Natural Colour Solution TFT da 3 pollici (colore a 24bit; 920K pixel) Sul monitor posteriore (e acustico) Sistema Hasselblad XCD, con otturatore centrale integrato Automatica mediante rilevamento di contrasto (possibilità di intervento manuale) TTL automatico a prevalenza centrale (slitta alimentata compatibile con Nikon) Da 60 minuti a 1/2000 di secondo, sincro flash totale (con obiettivi XCD) Elettronico XGA da 2,36MP Hasselblad Phocus per Mac e Windows Macintosh: OSX 10.10 | PC: Windows 7, 8, 10 Usb 3.0 tipo C Batteria ricaricabile agli Ioni di Litio (solo corpo) 150x98x71mm, 725g (con batteria)

Ideata per gli appassionati di fotografia, siano professionisti o non professionisti, la X1D declina l’immediatezza della ripresa a mano libera, con mirino portato all’altezza dell’occhio (stile reflex e telemetro, tanto per intenderci), con il rigore formale del sensore medio formato di acquisizione digitale di immagini. Soprattutto con l’obiettivo XCD 45mm f/3,5, questa combinazione, questo connubio, è a dir poco stu-

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pefacente, tanto da dischiudere la porta a un innovativo modo di affrontare, avvicinare e svolgere la fotografia dei nostri giorni, in acquisizione digitale di immagini. Certo, lo sappiamo bene, e ne siamo consapevoli: ai tempi di fotografia chimica, di pellicola fotosensibile, non sono certo mancate configurazioni fotografiche medio formato a mirino esterno, sia con messa a fuoco a telemetro, sia autofocus, sia a obiettivi intercambiabili, sia a obiettivo fisso. Ne abbiamo avute per formati di ripresa variati su pellicola a rullo 120 (e, a volte, persino 220): dal 4,5x6cm al quadrato 6x6cm, dal 6x7 e 6x9cm alle inquadrature panorama 6x12 e 6x17cm, con interpretazioni standard e configurazioni particolari (tra le quali, possiamo conteggiare addirittura le Camogli di tante stagioni fa [in un passato remoto, ne abbiamo riferito in FOTOgraphia dell’aprile, luglio e novembre 1996]). Però la personalità dell’Hasselblad X1D è altro, e forse addirittura di più, e forse sicuramente di più e meglio, perché si esprime in tempi nei quali la tecnologia digitale presenta e offre anche (ma non solo!) retrogusti amari di improvvisazione, disattenzione e altro tanto ancora. Così, in riconoscimento, una medio formato digitale compatta e portatile, persino user-friendly (si dice proprio così), a obiettivi intercambiabili, con sensore da cinquanta Megapixel, avvia un nuovo percorso, indica un nuovo tragitto, coinvolge / può coinvolgere autori di raffinata capacità osservativa e visuale. Il tutto, sia per fotografia, sia in video HD. Hai detto poco! ❖




dalla radice la sintassi fotografica che stabilisce passi e cadenze dello still life, approdando a invenzioni e composizioni che uanto, tanto tempo è trascorso ne tracciano una personalità prepotente, da fantastiche stagioni durante ovvero una personalità inconfondibile... le quali si è celebrato il più congiusto perché sua e sua soltanto. E così, centrato e avvincente (e contra tanto altro, è stata riconosciuta nell’amvincente) still life fotografico! bito dei prestigiosi e autorevoli Hasselblad Quanto, tanto tempo è trascorMasters 2016: vincitore di categoria, come so da momenti coinvolgenti durante i quali annotiamo in altra parte della rivista, su l’attenta e disciplinata presentazione foquesto stesso numero (da pagina 56). tografica di oggetti (spesso, prodotti comSì, lo sappiamo bene, i suoi richiami ispimerciali) è stata anche linea demarcatoria Come da regolamento del prestigioso concorso che ha addirittura tracciato linee discri- Hasselblad Masters, Giorgio Cravero si è affermato ratori si perdono nella notte dei tempi, ma mintatorie dell’esercizio e linguaggio fo- nella categoria Product con la qualità e originalità il Tempo stesso ha una tanta e tale malsuoi still life di frutta, vediamola così. leabilità, che tutto avvolge e nulla perde. tografico applicato! Quanto, tanto tempo Adeiseguire, ha realizzato un nuovo progetto finalizzato Così, e in conseguenza, ciò che compie è trascorso... mai invano, mai a vuoto, mai alla pubblicazione sul volume-catalogo Giorgio Cravero è un gesto-in-sintesi che senza lasciare traccia indelebile! Hasselblad Masters - Volume 5. Inspire dal presente, di propria ideazione ed eseOra e oggi, a distanza di anni e anni -va [su questo numero, da pagina 56]. rilevato-, con il proprio impegno e la propria Qui, apriamo con due still life di frutta, per proseguire cuzione, si proietta oltre: fino a stabilire princìpi e connotati capaci di tracciare linee affascinante concentrazione d’autore, di con Beautyfood, che abbina cosmesi e cibo. fantastico autore, il talentuoso Giorgio Cravero risveglia ricordi indelebili nel solco delle esistenze individuali, quantomeno di ed emozioni. Nella modernità delle sue interpretazioni, nell’at- quelle che si alimentano -come la nostra, del resto- anche con tualità delle sue composizioni -dalle quali isoliamo ricerche vi- convinte e consapevoli frequentazioni della fotografia, qualsiasi sive estranee allo svolgimento di commissioni professionali cosa queste possano significare per ciascuno di noi. Ciò rilevato, tocca anche riconoscere come e quanto l’incontro (peraltro declinate, queste di mestiere, con analogo impeto)-, si incontra e ritrova uno spirito senza data, che allinea il pensiero tra forme molteplici di espressione e creatività sia sempre affaindividuale con storie visuali endemiche nel cuore di coloro i scinante. Quando poi lo spazio e il momento di incontro si risolquali -noi, tra questi- si sono educati alla fonte aromatica di vono tra giochi misteriosi, che si sfiorano e rincorrono, tra ipotesi una cultura (anche fotografica, da poco più di centosettanta- appena percepibili, allora, si può anche individuare una autentica cinque stagioni) senza alcuna soluzione di continuità dalle magia. Qui, con i perentori still life fotografici di Giorgio Cravero, le rivelazioni in gioco sono quella illusoria -visiva, quanto sensoorigini del Tempo e dell’Uomo. Se avessimo bisogno di riscontri, magari perfino di conferme, riale, morbida e lieve- e quella fotografica (per l’appunto): assosaremmo soddisfatti e appagati: nella propria convinzione con- lutamente visiva, rigida e immota, propria di una forza che solo temporanea, composta in eguale misura da cultura individuale l’apparente immobilità e stabilità dell’immagine sa dare. e padronanza progettuale ed esecutiva, Giorgio Cravero rinnova (continua a pagina 43)

di Maurizio Rebuzzini

Q

Lo diciamo spesso, e qui lo affermiamo una volta ancora, una di più, mai una di troppo. Indipendentemente dal pretesto dei propri soggetti espliciti, la fotografia sollecita anche tratti di percorsi individuali, educati con caparbia volontà d’autore. È il caso degli still life di Giorgio Cravero (meritato Hasselblad Master 2016), qui e oggi in versione di ricerca visuale personale, non in veste di mestiere, che non si esauriscono nella rigorosa e perfetta apparenza a tutti visibile, a tutti evidente, ma -addirittura- inducono a considerare persino l’Ordine delle Cose. Così che, ammirevolmente, l’autore invita a osservare, piuttosto che giudicare

OSSERVAZIONI PROFICUE

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(continua da pagina 35) Entrambe, visioni. Diverse e complementari. La prima -quella illusoria- è magistrale e potente regina dell’istante ricostruito; la seconda -quella fotografica- è significativa dell’assoluto in divenire. Ancora: la prima emoziona con la riproducibilità sempre pertinente, sempre diversa, senza tempo; la seconda coinvolge con la fissità, la riproducibilità infinita di un attimo scippato al tutto, regalato per sempre all’infinito. In questo esatto spazio di colloquio tra i due istanti, in questo preciso punto di incontro si genera la Magia. Oltre che bravo fotografo professionista, Giorgio Cravero è un autore. Attento. Disinvolto e severo al contempo: osserva e vede oltre la superficie a tutti apparente; con sguardo vivace e fresco, coglie sfumature di colte rappresentazioni fotografiche che non avremmo mai ipotizzato, perché appartengono a istanti e valori che non connotano l’evidenza, ma a congetture che si definiscono nell’animo. Diciamolo a chiare lettere... nel suo animo. Giorgio Cravero progetta un apice assoluto e inviolabile, che confeziona perfettamente nello spettacolo finale che mette in

scena. Attraverso il filtro della propria sensibilità, rende viva la materia inerme, dischiude l’uscio del lavoro invisibile che sta dietro ogni azione fotografica, e che la rende ricca: e, di volta in volta, più densa di valore espressivo. Se è vero, come del resto è effettivamente vero, che l’autentico luogo natio di ciascuno di noi sarebbe quello dove per la prima volta si è posato lo sguardo consapevole su se stessi, la sua prima (e unica?) patria è la sala di posa, è il silenzio della creazione, è la fantastica combinazione di cultura e istinto e cognizione. Ancora, e poi basta (forse), Giorgio Cravero è perfettamente consapevole di se stesso: detiene il coraggio di ciò che veramente sa, e con le sue costruzioni rimanda alla parola mai detta, alla riflessione edificante. Applicando con maestria l’essenza del linguaggio fotografico, che è affascinante e straordinaria combinazione di regole logiche e usi arbitrari, la sua immagine insegna ad ascoltare le voci dentro di noi. Osservare, questo è il suo imperativo. Piuttosto che giudicare. ❖

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TERMOUTILIZZATORE

DI

BRESCIA (2016)


La fotografia come nessun altro l’ha mai raccontata.

.

dicembre 2016

FRANCESCO RADINO: LE CATTEDRALI DELL’ENERGIA. OLTRE L’OVVIO E ATTESO E, anche... storia


La 4116 Collection prevede accordi tra Hasselblad, al suo settantacinquesimo (1941-2016, da cui “4116”), e partner fotografici di prestigio: dorsi digitali su configurazioni Alpa (qui sopra), Mobile Photography con Motorola (qui sotto), linea di borse Sandqvist (pagina accanto).

di Antonio Bordoni

S

ettantacinque anni ai vertici della fotografia professionale non sono certo pochi. Hasselblad li conteggia dal 1941 di fondazione, alla quale avrebbe fatto seguito la prima 6x6cm reflex monobiettivo, Hasselblad 1600F, presentata all’Athletic Club, di New York, il 6 ottobre 1948, alla presenza di una ventina di quotati fotogiornalisti internazionali. Tra l’altro, volendolo fare,

l’attuale settantacinquesimo anniversario si potrebbe anche accodare a un’altra data “tonda”: centosettantacinque anni dalla fondazione dell’azienda commerciale F.W. Hasselblad & Co, nel 1841, che presto si sarebbe indirizzata anche verso la fotografia, annunciata e presentata soltanto due anni prima, nel 1839. In sintesi numerica, i settantacinque anni Hasselblad sono identificati dalla cifra 4116, che -per l’appunto- scandisce il tempo trascorso: dal 1941 all’attuale e corrente 2016. Per celebrare la data, la ricorrenza, il sostanzioso anniversario, è stata preordinata una gamma di prodotti, alcuni in collaborazione qualificata, riuniti nel contenitore di prestigio 4116 Collection. Ovviamente, lo sguardo è retrospettivo soltanto in relazione alla sequenza di date, perché l’intento tecnico-commerciale è sempre e comunque quello di rivolgersi in avanti, verso il futuro.

DESIGN ICONICO Attingendo dalla filosofia di Victor Hasselblad, il leggendario fondatore, nei primi mesi di quest’anno sono state presentate configurazioni completamente rinnovate, addirittura nuove. Lo scorso aprile, ha visto la luce la reflex medio formato Hasselblad H6D (in passerella, da pagina 28, su questo stesso numero), nata da un progetto che si basa su una piattaforma elettronica esclusiva e innovativa. Immediatamente a seguire, con una mossa che ha pia-

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4116

Sequenza numerica da decifrare... forse. In un momento di rinnovamento tecnico-commerciale, al seguito di un passato prossimo che non ha saputo interpretare l’attualità della fotografia professionale contemporanea, con “4116”, Hasselblad rilancia la propria immagine, mettendo a frutto una cadenza storica che si offre e presenta opportuna: nel corrente 2016, settantacinque anni, dal 1941 di origine. Con una Collezione a misura della propria personalità, inviolabilmente di vertice. Appunto, 4116 Collection


Partner di spicco della 4116 Collection, Sandqvist è una produzione di borse di prestigio ed eleganza, che interpreta la filosofia distintiva nordica, fortemente ispirata dai paesaggi naturali della Svezia, che caratterizzano anche la personalità Hasselblad, orgogliosa delle proprie origini a Göteborg.

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cevolmente sorpreso il mercato, a giugno, è stata la volta di un annuncio totalmente originario: l’Hasselblad X1D è la prima Mirrorless sostanzialmente compatta con sensore di acquisizione digitale di immagini medio formato (43,8x32,9mm), ereditato e mutuato dal sistema reflex 6HD. In sintesi da quanto approfondito in altra parte della rivista, su questo stesso numero (ancora, da pagina 28), sottolineiamo anche qui che si tratta di una dotazione da cinquanta Megapixel, di piccole dimensioni, peso contenuto e efficace maneggevolezza, ispirata al tradizionale design iconico della casa svedese. Coloro i quali hanno questa “memoria”, possono evocare la leggendaria grandangolare SWC, e evoluzioni a seguire, con Carl Zeiss Biogon 38mm f/4,5. Addirittura, c’è chi, noi tra questi, sogna una X1D... con altrettanto grandangolare fisso. Ma! Lasciamo perdere. In aggiunta all’ampliamento della gamma prodotti, per la propria 4116 Collection, Hasselblad ha coinvolto altri partner fotografici/imaging animati dalla medesima filosofia tecnico-commerciale, dando vita a convincenti collaborazioni finalizzate alla medesima solenne celebrazione del settantacinquesimo anniversario dalla fondazione. Con ordine. Moto per Hasselblad è la coincidenza Mobile Photography Hasselblad e Motorola, che si sono accordate per trasformare la mobile photography con la configurazione dedicata Hasselblad True Zoom: modulo zoom ottico 10x Moto Mod, compatibile con gli smartphone Moto Z. Attraverso magneti strategicamente disposti, la dotazione si applica automaticamente al dorso dello smartphone Moto Z. È dotata di otturatore, flash e zoom, e consente la ripresa di immagini confortevolmente dettagliate, in qualsiasi ambiente. Hasselblad True Zoom è stato progettato da Hasselblad, in Svezia, in collaborazione con Motorola, a Chicago, e offre una esperienza fotografica accatti-

vante, accoppiata a un design ergonomico, per una maneggevolezza e un controllo ottimali. Si possono acquisire immagini in formato grezzo Raw, da gestire con il software Hasselblad Phocus, intuitivo e facile da usare. Ovviamente, il software prevede tutti gli strumenti di elaborazione digitale, per ottenere i migliori risultati fotografici.

ACCORDI CONVERGENTI Sempre nell’ambito della 4116 Collection, un protocollo congiunto Hasselblad e Alpa, marchio svizzero di raffinati apparecchi fotografici a obiettivo decentrabile, è approdato a un proficuo scambio di conoscenze tecniche e know-how specifici. Una filosofia condivisa, che si basa anche sul rigore di un design ai massimi livelli e una precisione ingegneristica senza compromessi, ha consentito la coerente combinazione operativa tra le esclusive dotazioni Alpa e gli elementi qualificanti del sistema Hasselblad: soprattutto, dorsi digitali H System e CFV e obiettivi Hasselblad HC / HCD; oltre quanto potrà arrivare in futuro. Analogamente, ma su un piano diverso, complementare e non strutturale, è stato stipulato un accordo tra Hasselblad e Sandqvist, produzione svedese di accessori per fotografia. In particolare, in incontro tra design e funzionalità, è stata predisposta una nuova linea di borse in perfetto equilibrio di forma e contenuto: ovverosia, aspetto e praticità operativa. Sandqvist è un marchio che interpreta la filosofia distintiva nordica, fortemente inspirata dai paesaggi naturali della Svezia, che caratterizzano anche la personalità Hasselblad, orgogliosa delle proprie origini a Göteborg. L’attuale concomitanza delle due firme si concretizza in una linea di tre borse di alta qualità, definite anche da una affascinante eleganza di linee minimaliste e efficienza ottimale. ❖



di Maurizio Rebuzzini

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Expanding Universe. Photographs from the Hubble Space Telescope, a cura di Owen Edwards e Zoltan Levay; Taschen Verlag, 2015 (distribuzione: Inter Logos, strada Curtatona 5/2, Località Fossalta, 41126 Modena; www.libri.it); multilingue inglese, francese e tedesco; 260 pagine 30x30cm, cartonato, con pagine fold-out; 49,99 euro.

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GALASSIA A SPIRALE 2MASX J00482185-2507365 / 780.000.000

LY DALLA

Con le proprie investigazioni dell’Universo, il telescopio spaziale Hubble non ha cambiato solo il volto di astronomia, ma anche la nostra sensazione di esistenza nel cosmo infinito. Ha esplorato tutto, dai buchi neri agli esopianeti, che orbitano attorno Stelle lontane. Da ventisei anni, sta riprendendo spettacolari immagini dello Spazio profondo, eccezionalmente utili all’analisi scientifica. Immagini che si offrono anche come capolavori fotografici, ora raccolti in straordinaria monografia Taschen: Expanding Universe. Photographs from the Hubble Space Telescope

TERRA (NASA / ESA / THE HUBBLE HERITAGE)

ersonalmente, siamo convinti che -nella propria rappresentazione lessicale- tutta la fotografia, proprio tutta la fotografia, raffiguri sempre e comunque qualcosa di particolare, che appartiene più all’autore, qualsiasi questo sia, che al soggetto, qualsiasi questo sia. Già con la fotografia dal/del vero, ci troviamo spesso (sempre?) di fronte a fotografie scartate a lato rispetto l’accadimento: capacità e portata di coloro i quali -autori, per l’appunto- sanno vedere oltre ciò che tutti guardano. Figuriamoci, poi, con le ricostruzioni in sala di posa: dalla figura, a partire


SPAZIO E TEMPO


ARCHIVIO FOTOGRAPHIA

NEBULA M16 EAGLE / 6500

LY DALLA

TERRA (NASA / ESA / THE HUBBLE HERITAGE)

Foglio filatelico statunitense, emesso il 10 aprile 2000, celebrativo delle fotografie riprese dal telescopio spaziale Hubble (cinque soggetti ripetuti) e del richiamo all’astronomo americano Edwin Powell Hubble (1889-1953).

dal ritratto, agli oggetti, in forma di still life. Per non parlare, ancora e specificamente, della fotografia scientifica, che supera a piè pari le portate visive dell’occhio fisiologico, andando a registrare l’infinitesimamente piccolo (macro e micro fotografia), lo smisurato grande (fotografia astronomica) e i movimenti rapidi (scomposizione del gesto, rilevazione del microsecondo). Proprio al vertice di questa cadenza scientifica, a un suo certo apice, si possono collocare e considerare le grandezze visuali del telescopio spaziale Hubble (in originale, Hubble Space Telescope / HST), lanciato in orbita il 24 aprile 1990, ventisei anni fa, con lo Space Shuttle Discovery, come progetto comune della Nasa, l’ente spaziale statunitense, e dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), così chiamato in onore dell’astronomo americano Edwin Powell Hubble (1889-1953).

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Evidentemente, è importante “vedere” anche quei corpi che emettono radiazioni nelle bande invisibili all’occhio umano, all’occhio fisiologico. Spesso, le riprese in bianconero sono indirizzate soltanto all’interno di certe lunghezze d’onda: Hubble è dotato di una serie di filtri per tagliare le lunghezze d’onda indesiderate o, al contrario, isolare quelle che interessano. Una volta ottenuta la fotografia, gli scienziati intervengono con il colore. Lo fanno principalmente con i tre scopi. Uno: trasformare gli scatti originari in bianconero in una fotografia che rappresenti proprio quello che vedremmo se i nostri occhi fossero potenti come il telescopio spaziale Hubble. Due: rendere visibili oggetti o particolari di un oggetto che emettono luce in lunghezze d’onda non visibili all’occhio umano. Tre: evidenziare visivamente alcuni dettagli di un oggetto che

VARIABLE STAR RS PUPPIS / 6500

LY DALLA

TERRA (NASA / ESA / THE HUBBLE HERITAGE)

Nel concreto, e a conti fatti, oltre i propri meriti scientifici specifici, che competono ad altri, il telescopio spaziale Hubble è l’“autore” di alcune delle immagini più straordinarie della Storia della Fotografia. Hubble non fotografa a colori: i suoi sensori vedono solo in sfumature di grigio, e l’aspetto finale delle sue immagini è il risultato di un intervento sulle riprese in bianconero, che vengono “colorate artificialmente”. Ciò ha motivate ragioni scientifiche. Infatti, la luce viene riflessa dai corpi celesti in una grande varietà di radiazioni, e soltanto alcune delle quali sono visibili: quelle con lunghezza d’onda compresa tra i 380 e i 750 nanometri (nm, un miliardesimo di metro). Per esempio, prima dei 380nm ci sono gli ultravioletti, i Raggi X e i Raggi Gamma, oltre i 750nm ci sono l’infrarosso, le microonde e le onde radio, tutte radiazioni invisibili.

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TERRA (NASA / ESA / THE HUBBLE HERITAGE) LY DALLA

NEBULA M1 CRAB SUPERNOVA / 6500

altrimenti non apparirebbero con il risalto dovuto e necessario. Anche le fotografie in colori veri sono, dunque, risultato di un intervento: un classico sandwich di tre riprese nelle bande RGB, rosso, verde e blu. In merito al telescopio, nella propria concezione ottica assoluta e inderogabile, oltre che non negoziabile, va rilevato che è nato molto prima della fotografia: possiamo conteggiarne oltre quattrocento anni di vita. Nel 1608, l’olandese Hans Lippershey (15701619) chiese il brevetto di uno strumento «che permettesse di osservare gli oggetti lontani come se fossero vicini». I documenti ufficiali parlano di questo strumento come di un apparecchio dedicato allo studio delle stelle. La genealogia di Hubble ha perciò inizio oltre quattrocento anni fa, e non dimentichiamoci dei perfezionamenti sostanziali del telescopio applicati da Galileo Galilei

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(1564-1642), fisico, astronomo, filosofo e matematico italiano, considerato il padre della scienza moderna. Una cospicua selezione di fotografie riprese dal telescopio spaziale Hubble, che ha indagato lontano nello Spazio e, perfino, indietro nel Tempo (!), sono state riunite in una affascinante monografia, pubblicata dal sempre attento Taschen Verlag, di Colonia: Expanding Universe. Photographs from the Hubble Space Telescope (Espansione dell’Universo. Fotografie dal telescopio spaziale Hubble) presenta e offre immagini fantastiche, uniche, in ultra-alta risoluzione, che hanno dato risposte certe ad alcune delle domande più appassionanti dello Spazio e del Tempo. Ancora, queste stesse immagini fantastiche hanno altresì svelato misteri neppure immaginati prima, come l’espressione di “energia oscura”, che vede l’Universo in espansione


TERRA (NASA / ESA / THE HUBBLE HERITAGE) LY DALLA

DARK NEBULA BARNARD 33 HORSEHEAD / 1600

continua e costante, a un ritmo sempre più accelerato. Quindi, osservazione niente affatto secondaria -anzi, è addirittura vero l’esatto contrario-, la precisione del telescopio spaziale Hubble si allinea con l’accuratezza editoriale della stampa delle monografie Taschen Verlag, fino al punto che le immagini che incalzano dalle pagine di Expanding Universe. Photographs from the Hubble Space Telescope ipnotizzano nei propri colori cangianti di vaste forme fragili, seducendo l’osservatore... mai distratto. La galleria fotografica è accompagnata da un consistente saggio dell’accreditato critico fotografico Owen Edwards (che da trent’anni scrive per numerose pubblicazioni, tra le quali American Photographer, New York Times Magazine, e Smithsonian) e un colloquio con Zoltan Levay, dello Space Telescope

Science Institute, nel quale opera a stretto contatto con astronomi e comunicatori in tutto il mondo per far conoscere i risultati scientifici del progetto Hubble Space: su queste pagine, entra nel dettaglio formale e tecnico dell’esplorazione visiva dello Spazio. Quindi, a complemento, gli astronauti-veterani Charles F. Bolden Jr (quattro missioni Space Shuttle, nel 1986, 1990, con lo Space Shuttle Discovery che mise in orbita il Telescopio Spaziale Hubble, 1992 e 1994, le ultime due come comandante), dal maggio 2009 Amministratore della Nasa, e John Mace Grunsfeld (cinque missioni Space Shuttle, nel 1995, 1997, 1999, 2002 e 2009) offrono le loro qualificate sensazioni sulla esperienza ed eredità dell’investigazione scientifica a partire dalle immagini realizzate da Hubble. Dunque: Spazio e Tempo. ❖

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Dieci vincitori di Angelo Galantini

HASSELBLAD MASTERS 2016

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Come accenniamo (soltanto), in presentazione dei suoi coinvolgenti still life, il talentuoso Giorgio Cravero si è affermato in una delle dieci categorie dell’autorevole e prestigioso Hasselblad Masters 2016, ufficialmente identificata come Product, che sottintende l’esecuzione di adeguati ed efficaci still life: per l’appunto, presentati da pagina 34, su questo stesso numero della rivista. Al proposito, va subito rilevato che l’attuale edizione del concorso internazionale si è richiamata alla premessa che definisce la presenza del celebrato marchio svedese nel mercato della fotografia dei nostri giorni, sempre più spesso identificato come imaging: nello specifico, interpretato senza compromessi, amore per la materia, eccellenza tecnica e creatività. Quindi, da Create to Inspire a... Inspire, ovverosia Ispirare. Fin dalla propria origine, in stagioni lontane, con il proprio svolgimento, il premio internazionale Hasselblad Masters offre opportunità e visibilità a professionisti affermati e fotografi emergenti, che possono segnalare il proprio lavoro nel mondo della fotografia di alto livello. La competizione di quest’anno ha raccolto l’adesione di diecimila partecipanti, valutati con severità e competenza da una giuria di esperti e pubblico online. I criteri di selezione dei lavori sottoposti hanno tenuto conto di parametri sostanziosi della progettualità e realizzazione fotografica, dal proposito all’immaginazione, fino all’inevitabile (sia chiaro e chiarito subito, non soltanto presto!)... padronanza tecnica. Una volta individuati i dieci vincitori di categoria, che stiamo per elencare, a ogni Hasselblad Master -che si è altresì aggiudicato una reflex Hasselblad- è stato richiesto di realizzare un ulteriore progetto (a tema) da riunire e pubblicare nella sostanziosa monografia di presentazione Hasselblad Masters - Volume 5. Inspire, pubblicata dall’autorevole editore tedesco teNeus [qui accanto], che ha pubblicato anche i risultati delle quattro edizioni precedenti. (continua a pagina 62)

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Swee Oh (Usa): Architecture.

Johan Paul Evans (Inghilterra): Wedding.

(pagina accanto) Giorgio Cravero (Italia): Product.

(prossima doppia pagina) David Peskens (Olanda): Wildlife.

Hasselblad Masters Volume 5. Inspire, selezione esaustiva dei progetti a tema svolti dai dieci Hasselblad Masters 2016 appositamente per questa pubblicazione, volume-catalogo dell’omonima mostra itinerante; teNeus, 2016; 120 illustrazioni; testi introduttivi in inglese, francese, tedesco, spagnolo e giapponese; 240 pagine 27,5x34cm, cartonato con sovraccoperta; 79,90 euro. Lo stesso editore teNeus ha pubblicato anche i precedenti quattro volumi, ancora disponibili in distribuzione libraria.





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Dieci vincitori (continua da pagina 56) Ovviamente, il capitolato 2016 ha tenuto conto della realtà fotografica di nostri tempi, così che per la prima volta dalle origini dell’Hasselblad Masters è stata introdotta la fotografia Street / Urban, che sta esprimendo una propria consistente vivacità di intendimenti e svolgimento, certamente interpretata in termini contemporanei e Inspire, secondo statuto. Perry Oosting, Ceo di Hasselblad, ha commentato: «In Hasselblad, siamo estremamente orgogliosi di offrire una grande piattaforma di visibilità a professionisti affermati e giovani fotografi emergenti. Quest’anno, siamo stati positivamente sorpresi non solo dal grande numero di partecipanti, ma anche dall’alta qualità dei lavori inviati. In questo senso, la raccolta Hasselblad Masters - Volume 5. Inspire racchiude e rappresenta l’autentico talento e creatività dei dieci Masters, oltre a rappresentare una testimonianza di un momento di espansione dell’industria fotografica mondiale». In ordine di presentazione sulla monografia appena ricordata, i dieci Hasselblad Masters 2016 sono: Swee Oh (Usa; www.sweeoh.smug mug.com), Architecture; Roy Rossovich (Svezia; www.royrossovich.com), Fashion / Beauty; Katerina Belkina (Germania; www.belkina.ru), Fine Art; Lars van de Goor (Olanda; www.lars vandegoor.com), Landscape; Jake Reeder (Australia; www.jakereeder. com), Project 21; Natalia Evelyn Bencicova (Slovacchia; www.evelynben cicova.com), Portrait; Giorgio Cravero (Italia; www.giorgiocravero.com), Product [nel senso di still life, straordinariamente interpretato dal bravo autore torinese; su questo stesso numero, da pagina 34]; Ali Rajabi (Iran; www.ali-rajabi.com): Street / Urban [in prima presenza tra le categorie del premio]; John Paul Evans (Inghilterra; www.johnpaulevans.co.uk), Wedding; David Peskens (Olanda; www. davidpeskens.nl), Wildlife. Insomma: dieci eccellenze della fotografia internazionale, una delle quali (orgogliosamente) italiana, proiettate su e da un palcoscenico prestigioso e autorevole. Sempre e comunque nell’ipotesi che richiederebbe all’industria produttrice anche una propria partecipazione alla materia istituzionale. Perché no? Alla fotografia. ❖

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Natalia Evelyn Bencicova (Slovacchia): Portrait.

(a pagina 60) Lars van de Goor (Olanda): Landscape. Ali Rajabi (Iran): Street / Urban. (a pagina 61) Roy Rossovich (Svezia): Fashion / Beauty. Jake Reeder (Australia): Project 21.

Katerina Belkina (Germania): Fine Art.


TAU Visual si presenta

Ciao! Probabilmente ci conosci già, ma ci presentiamo ugualmente: l’Associazione Nazionale Fotografi Professionisti TAU Visual è un’associazione di fotografi professionisti che lavora per offrire strumenti concreti di lavoro. L’obiettivo principale dell’Associazione consiste nell’aiutare il fotografo nelle sue necessità professionali di ogni giorno, con consulenza, informazioni, incontri, testi, documentazione e attività gratuite, per risolvere i problemi immediati della professione. Nel medio termine, poi, lavoriamo assieme per elevare la cultura e la preparazione specifica di tutti gli operatori del settore. Ci sforziamo di affrontare i problemi in chiave positiva: più che contrastare gli aspetti negativi, lavoriamo per favorire gli elementi positivi della vita professionale di tutti.

Diventare Socio TAU Visual

Per avere un’idea delle attività dell’Associazione, la cosa migliore sarebbe che tu chiedessi a qualche collega già Socio, in modo da avere un parere diretto, e non una “pubblicità”. Puoi associarti solo se eserciti l’attività fotografica con una corretta e definita configurazione fiscale. Se sei un professionista, puoi presentare domanda partendo da: www.fotografi.org/ammissione.

Un regalo utile per i lettori di

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Come accennavamo, lavoriamo moltissimo per supportare i Soci nella loro attività, ma produciamo anche documentazione utile per il settore fotografico nel proprio complesso. Fra le altre cose, esiste un volumetto di 125 pagine, che raggruppa le risposte ad alcune delle tematiche su cui ci vengono poste domande con maggior frequenza. Se desideri ricevere via email il file in pdf di questo volumetto, è sufficiente che tu ce lo richieda mandando un’email alla casella associazione@fotografi.org, scrivendo nell’oggetto: “FOTOgraphia - Mandatemi il volume in pdf Documentazione TAU Visual per il Fotografo Professionista”. Indice dei contenuti del volume che ti invieremo Copyright diritto d’autore Tesserini, Pass e Permessi di ripresa Menzione del nome dell’autore Esempi di contratti standard Proteggibilità delle idee Tariffe professionali Pubblicabilità del ritratto Compendio documentazione sulla postproduzione fotografica


Sguardi su

di Pino Bertelli (Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 14 volte ottobre 2016)

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La fotografa ha le sue (buone?) ragioni, che la ragione non conosce, specie se dice qualcosa su qualcosa e possibilmente contro qualcuno. Ogni vera fotografia ha la gioia o la paura dentro: ciò che si fa in amore della fotografia è sempre al di là del bene e del male. Beati i fotografi che si baciano sempre oltre il permesso e violano il confine del consenso per cibarsi dei sogni: non la ricchezza, né la potenza, né il successo, ma la dignità di tutti gli uomini -che passa soprattutto attraverso la figurazione fraterna dell’immaginale- deve essere il vero fine della buona fotografia. Non si deve temere di sporcarsi le mani stringendo una macchina fotografica... l’importante è sempre ragionare, avendo in testa la verità e il bene comune. Dell’opinione di storici, critici, galleristi, mercanti, fotografi è bene non curarsi in modo eccessivo, in quanto -solitamente- sono incolti, mediocri, stolti senza rimedio; per loro (e anche per noi), una fotografia vale quanto la firma del banchiere sull’assegno... basta vedere una serigrafia, un film o una fotografia di Andy Warhol per capire cosa non si deve fare e che l’arte è un bordello senza muri delle idee dominanti. Ogni forma d’arte che non sia in difesa delle cause perse non vale niente. Ogni tanto, da qualche parte, vengono stilati elenchi dei cento più influenti milionari, stilisti, cuochi, cantanti, sportivi, registi, attori, politici, criminali della Terra; di recente, abbiamo scorso una lista dei cento migliori fotografi (testuale): c’è da ridere (o piangere), e molto. Nell’elencario c’è proprio di tutto, a parte i grandi randagi della storiografia fotografica (selezionati per averli studiati male a scuola, si vede), l’accozzaglia di cortigiani e palafrenieri della fotografia mondana è preponderante. Tra le perle del corollario fotografico c’è anche Elliott Erwitt, abi-

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ELLIOTT ERWITT le confezionatore di fotografie, non solo di cani, ma anche notevole dispensatore di amenità metropolitane. Ho sempre pensato che la fotografia di Elliott Erwitt sia la più grande trovata dopo l’invenzione dell’orologio a cucù.

L’UMANO, TROPPO UMANO DELLA FOTOGRAFIA

Ma è bene partire dal principio... come sempre. Elliott Erwitt (Elio Romano Erwitz) nasce a Parigi, il 26 luglio 1928, da genitori ebrei di origine russa. Vive in Italia, fino al 1938. Dopo l’emanazione delle leggi razziali fa-

[A proposito di adesione colpevole al delirio nazista, anche qui, e con l’occasione, è doveroso ricordare il rastrellamento del ghetto di Roma, perpetuato dall’esercito tedesco e dalla famigerata Gestapo, la crudele polizia segreta del Nazismo, tra le 5,30 e le 14,00 di sabato 16 ottobre 1943, circa tre mesi dopo la caduta di Mussolini. Furono prelevate milleduecentocinquantanove cittadini italiani di religione ebraica (1259): seicentottantanove donne (689), trecentosessantatré uomini (363) e duecentosette tra bambini e

«In un angolo remoto dell’universo scintillante e diffuso attraverso infiniti sistemi solari c’era una volta un astro, su cui animali intelligenti scoprirono la conoscenza. Fu il minuto più tracotante e più menzognero della storia del mondo: ma tutto ciò durò soltanto un minuto. Dopo pochi respiri della natura, l’astro si raggelò e gli animali intelligenti dovettero morire» Friedrich Wilhelm Nietzsche sciste (volute da Hitler, con l’assenso di Mussolini e il velato consenso di papa Pio XI), la famiglia emigra negli Stati Uniti d’America.

bambine (207). Alle 14,05 di lunedì diciotto, diciotto vagoni piombati partirono dalla Stazione Tiburtina; dopo un viaggio di sei

giorni, il convoglio raggiunse il campo di concentramento di Auschwitz, in territorio polacco. Si sono salvati soltanto quindici uomini e una donna (Settimia Spizzichino, mancata nel 2000); nessuno degli oltre duecento bambini è mai tornato]. Negli Stati Uniti, Elliott Erwitt studia fotografia al Los Angeles City College (1942-1944) e cinema alla New School for Social Research (1948-1950). Negli anni Cinquanta, è in Francia e Germania al seguito dell’esercito americano come assistente fotografo. La conoscenza dei fotografi Edward Steichen e Robert Capa e di organizzatori, quale fu Roy Striker, leggendario direttore del dipartimento di fotografia della Farm Security Administration (che ha lasciato un archivio fotografico collettaneo mai superato), proiettano Elliott Erwitt nella direzione fotografica giusta, forse. Lo stesso Roy Striker (nel frattempo, passato alla Standard Oil) lo assume per un progetto con la multinazionale del petrolio. Niente di male. Elliott Erwitt è bravo. Se lo merita. Come freelance, inizia a lavorare per le riviste Collier’s, Look, Life e Holiday e aziende come Air France e KLM. Continua ad essere bravo. Nel 1953, entra a far parte della “grande famiglia” di Magnum Photos (un’agenzia fotografica della quale, qui, non ci importa ricordare meriti, né demeriti) e la visibilità di Elliott Erwitt diviene planetaria. Dal 1970, firma spot pubblicitari, realizza documentari e film di un certo interesse: Arthur Penn: The Director (documentario; 1970), Beauty Knows No Pain (documentario; 1972) e The Great Pleasure Hunt. Japan (Film Tv; 1985). Nel 1977, vince il premio Glassmakers of Herat; è accreditato come operatore addetto alla camera per Gimme Shelter (1970), fotografo di scena per


Sguardi su Bob Dylan (No Direction Home; 2005) e fotografo aggiunto per Get Out Yer Ya Ya (2009). Nel 2011, una collezione di film di Elliott Erwitt è stata proiettata in un evento a lui intitolato, An Evening with Elliott Erwitt, al DocNYC Festival. Inoltre, ha interpretato se stesso in un film documentario di Douglas Sloan, che è stato proiettato allo nello stesso festival: Elliott Erwitt: I Bark at Dogs. Il fotografo dei cani raggiunge qui il tributo più alto alla sua fortunata carriera. Libri, riconoscimenti, ovazioni al suo fare-fotografia lo proiettano nel Pantheon dei “grandi maestri” o, più ancora, nell’effimero d’autore. Non ci sono cazzi! Porcaccia boia! Miseria cane! Puttanaccia della malora! ci sono due cose che ci fanno incazzare neri... il sorriso degli stupidi e la seriosità degli artisti (che è la medesima cosa)... solo i politici e i preti sanno essere entrambe le cose insieme: il sale degli idioti è sempre amaro, come le loro parole. Elliott Erwitt è un buontempone. Fotografa Marilyn Monroe, il presidente John Fitzgerald Kennedy, sua moglie Jacqueline, Khrushchev, Richard Nixon, Fidel Castro, Ernesto Che Guevara (che non gli viene proprio bene), Lyndon Johnson, Marlene Dietrich, i soldati in Vietnam, i bambini, i poveri, un ragazzino nero che finge di spararsi alla testa, per gioco: il sorriso è eloquente, le inquadrature sono solide, il bianconero asciutto. Anche la distanza tra fotografo e soggetto è accorta: si vede una certa ricerca estetica e la freddezza del “quanto basta” a non “tirare troppo la corda” delle emozioni. Insomma, la sua fotografia “fa fine”, ma non s’impegna più di tanto! Il fotografo di valore conosce ciò che è giusto e lo disvela! Il fotografo dappoco non conosce che il proprio vantaggio e ne fa la sua gloria! L’esistenza dell’uomo è onestà intellettuale: senza di questa, è fortunato chi si salva!, diceva. Chiunque discrimini tra gli uomini, senza considerarli tutti uguali, tutti fratelli, tutti dotati della medesima possibilità di amare e essere amati, non è degno di con-

siderazione. Si tratta di vivere consapevoli della propria umanità. Che c’entra la fotografia di Elliott Erwitt in tutto questo? Nulla! Come la pubblicità delle patatine fritte di uno chef con la faccia da stupido, accompagnato dalla magia della musica di Il flauto magico, di Mozart! Il linguaggio è arte... il parlare, come fotografare, «è una follia bella [...]; non son forse, parole, suoni, arcobaleni, [immagini] e parvenze di ponti tra ciò che è separato dall’eternità?» (si chiedeva lo Zarathustra di Nietzsche). Non si tratta di perseguire la verità, né l’illusione dell’arte, per riconoscere l’allegrezza e il dolore degli altri: sotto qualsiasi taglio del comunicare, la “follia bella” è al fondo di tutta la civiltà. L’umano, troppo umano della fotografia è nell’uomo che sogna sapendo di sognare. «Lasciatelo stare, grida l’arte di fronte all’uomo che sogna. Risvegliatelo!, esclama invece il filosofo, incoraggiando la “libera menzogna”» (Friedrich W. Nietzsche: Su verità e menzogna in senso extramorale; Adelphi, 2015). Non si tratta di distruggere la realtà, bensì di disvelarla! Non è la saggezza che Prometeo ha rubato agli dèi, ma il fuoco della verità... e lo ha dato agli uomini, anche se questi lo dimenticano facilmente.

SULLA FOTOGRAFIA DEI BUONI CANI Nell’uomo, e nei fotografi in particolare, l’illudere, l’adulare, il mentire, l’ingannare, il mascherarsi, il rappresentare, il vivere in uno splendore preso a prestito -in breve, il continuo svolazzare sul sagrato del mondano e nel marcitoio del servile- costituisce a tal punto la regola e la legge, che nulla -si può dire- è più incomprensibile del fatto che tra gli uomini possa sorgere un impulso onesto e puro verso la verità. Per fare un film, diceva JeanLuc Godard, bastano una donna, un’automobile e una pistola. Per fare una fotografia, occorrono un faccia, un corpo e le mani poste da qualche parte... poi ci sono gli oggetti, i paesaggi, i fiori, le farfalle, le piante, i leoni, i gatti, i cani, le guerre, le fantasticherie concettuali: ciascuno ha i suoi mercati

-anche virtuali, fa lo stesso-. Ciò che importa è scivolare sulla superficie delle cose, e fare apparire come arte ciò che è spazzatura. Ogni fotografo contiene i propri precursori e la sua opera, quando è grande, modifica la nostra concezione del passato e le inclinazioni sociali del divenire. Ecco perché il terrorismo delle belle arti è così fiorente: è la violenza dell’ordine esistente che continua a sussistere in forme di surrogati della libertà creativa. Per quel che vale, della fotografia di Elliott Erwitt ci piace approfondire quella che riguarda i cani: non soltanto perché ci piacciono molto i cani randagi, ma perché nei cani perduti, senza collare, c’è quella estraneità al giardino, al sofà e alle passerelle di bellezza che li rendono liberi di scegliere il proprio destino. I cani fotografati da Elliott Erwitt sono simpatici e burloni, quanto i loro padroni. Ma sono anche ironici, come il fotografo. Elliott Erwitt è abile, capace, istintivo, anche: la sua fotografia abbaia la fascinazione del vero, ma resta in margine alle pedate dell’addomesticazione a una vita da cani. Un’annotazione fuori margine. Nel 2009, sono sbarcato a New York con una manciata di pellicole scadute, una mappa di Berlino (alla maniera dei situazionisti) e insieme a mia moglie e mia figlia ci siamo avventurati in una flânerie in black & white della grande mela. Avevo in testa la mia maestra in TUTTO, Diane Arbus, e pensavo a lei, a lei soltanto, mentre fotografavo a Central Park. Ero commosso di essere lì... sentivo i suoi passi, il suo fiato, l’odore di mughetto che veniva dai suoi abiti sgualciti. Poi, l’ho vista sul volto di un barbone dalla bellezza fulminante, e mi ha detto: «La fotografia non sta nel distruggere i miti, gli idoli, gli oracoli... sta nel non crearne mai». Poi ho ricordato che si era uccisa, nel 1972, forse per coraggio, forse per poesia, forse perché vivere in un mondo disabituato all’amore, alla fraternità e alla condivisione è difficile quanto trovare un uomo onesto in parlamento. Nulla è più sospet-

to dei partiti, delle religioni, dell’alta finanza: sono i nuovi feudatari e governano l’universo col ferro, il fuoco e la menzogna. A Central Park, sotto la neve, ho visto una signora che portava al guinzaglio un cane disabile, che si aiutava con le ruote per zampettare. Le chiedo la fotografia. Il cane mi guarda. Ci diciamo qualcosa in cagnese e, infine, assume una postura nobiliare. Porco Giuda, mi sembra venuto bene, ma non ricorda affatto i cani di Elliott Erwitt, penso. Questo è un cane serio, più umano, meno cane. Compiliamo la liberatoria, e la signora mi dice essere collaboratrice del celebre fotografo Elliott Erwitt, che abita lì vicino. Qualche giorno dopo, una e-mail della signora avverte che il dott. Erwitt non vuole che il suo cane sia in alcun modo pubblicato da qualche parte, specie se è stato fotografato da un visionario fotografo di strada. Mi dispiace un po’ per il cane. Dei cani di Elliott Erwitt. La sua ironia fotografica non è mai in cagnesco; il fotografo costruisce analogie, simbologie, clownerie di notevole efficacia estetica: cani col cappellino, cani che saltano, cani che guardano il mare, cani di qui, cani di là. Sovente, dei loro padroni si vedono solo le gambe (e sono le cose migliori); tuttavia, le immagini conservano un’affabilità popolare che poco ha a che vedere con la vita da cani che il fotografo sembra aver colto. Elliott Erwitt ha fotografato un atteggiamento con schietta sincerità personale, forse; ma la felicità di un cane, come di un uomo, non può mai essere tenuta a guinzaglio da nessuno, e là dove non c’è un cane che morde in difesa della propria sopravvivenza, non ci può essere che costrizione, adattamento o servitù. I cani di Elliott Erwitt sono ben pettinati, siedono accanto alle signore dabbene, qualcuno tiene in bocca un rametto come fosse un gelato, altri imperano sull’auto parcheggiata, guardano curiosi da una staccionata o chiedono l’elemosina col cappellino sotto la pioggia. Tutti i cani di Elliott Erwitt destano simpatia, stupore,

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meraviglia, anche. Nessuno è mai nella posizione sbagliata. I suoi cani si comportano come persone educate e sono fotografati da un uomo educato. Si vede. L’ambiguità della cortesia c’è tutta! Il massimo della persona educata sta nel verso di una canzone di John Lennon, Working Class Hero: «Devi imparare a sorridere mentre uccidi». In fotografia è la medesima cosa. La sincera ipocrisia della fotografia di costume è che è scostumata, ma sembra tutto il contrario. Quando tutte le fonti di originalità sono esaurite, il solo modo per rompere il soffocamento della noia in ciascuno è proporre gli stessi atteggiamenti conformisti come una nuova “trasgressione”. Ogni cane vuole un padrone e ogni padrone vuole dal cane solo obbedienza, in cambio di qualche crocchetta, un tozzo di pane e una frustata. Ma l’obbedienza non è mai stata una virtù. È l’obbedienza al padrone che Elliott Erwitt fotografa: naturalmente, con straordinaria leggerezza autoriale. Nei suoi cani la felicità è vista come un riflesso della felicità del padrone, ci ricordano la Lettera al padre, di Franz Kafka, quando scrive: «L’anima governata dagli occhi è piena di bruttura» (Franz Kafka: Lettera al padre; Einaudi, 2011). Più anco-

ra, l’iconografia canina di Elliott Erwitt ci riporta alla lezione hegeliana di tutti gli atti eroici della storia ricondotti a bassi o vili motivi privati di coloro che li hanno compiuti: «Non c’è eroe per il suo cameriere [o per il suo cane], e non già perché quello non sia un eroe, ma perché questo è un cameriere [o un cane]; con il quale l’eroe non ha a che fare come eroe, ma, in generale, nella singolarità del bisogno e della rappresentazione» (Georg W. F. Hegel: La fenomenologia dello spirito; Einaudi, 2000). Quindi, fotografare un cane davvero... significa fotografare anche l’eroe o il despota che lo alleva alla sottomissione. Il buon Elliott Erwitt è sagace con i cani, quasi un entusiasta di tanta partecipazione emotiva dei cani. Però, c’è qualcosa che resta a mezz’aria, un nascondimento dell’autentico in favore dell’armonia edulcorata: il sacrificio della libertà naturale al ruolo di paggio designato alla corte dei miracoli di ogni reggente. In una buona società, un cane, come un uomo, non potrà mai essere suddito di alcuno: è falso ogni discorso in favore dei cani e dei popoli, da parte di chi governa, finché anche solo un cane o una sola persona è tenuta in povertà o è uccisa dalla fame e dalle guerre. Buona visione. ❖




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