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Comune di Parigi
La definita colonna Vendôme è una colonna coclide di Parigi, situata al centro della Place Vendôme, nel Primo arrondissement della città. Nel corso degli anni, ha assunto diversi nomi: “colonna d’Austerlitz”, poi “colonna della Vittoria”, prima di diventare “colonna della Grande Armata”. È stata fatta erigere sul modello della Colonna Traiana, a Roma. È una colonna di bronzo alta quarantaquattro metri e con un diametro medio di circa tre metri e sessanta centimetri, posata su un basamento e sormontata da una statua di Napoleone. Il sedici maggio, durante la Comune di Parigi, gli insorti abbatterono la colonna Vendôme per conto della rivoluzione in atto: «La Comune di Parigi considera che la colonna imperiale della Place Vendôme sia un monumento di barbarie, un simbolo di forza bruta e di falsa gloria, una affermazione di militarismo, una negazione del diritto internazionale, un insulto permanente dei vincitori ai vinti, un attentato continuo ad uno dei tre grandi principi della Repubblica: la fratellanza!». Per l’occasione, fu prevista anche una documentazione fotografica, per certi versi ufficiale: qui sotto, il pass di accesso di Gustave Lemaire; a destra, la piazza dopo l’abbattimento, con un apparecchio fotografico identificabile, in basso, puntato verso la colonna. Ovviamente, siamo in tempi lontani dall’istantanea fotografica.
di Rinaldo Capra
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Milleottocentosettantuno... centocinquanta anni fa. Il diciotto marzo è l’inizio della rivolta. Il detonatore è il tentativo del governo di (Marie Joseph Louis) Adolphe Thiers (1797-1877) di smobilitare l’artiglieria di Montmartre. Il generale Claude Lecomte (1817-1871) ordina ai militari di sparare sulla folla. Non è obbedito, ed è arrestato dai suoi stessi uomini. Così inizia la prima grande esperienza di autogoverno socialista e libertario: la Comune di Parigi.
Il generale (Jacques Léonard) Clément Thomas (1809-1871), già protagonista della sanguinosa repressione del precedente 1848, si aggira di nascosto nei pressi di una barricata, ma viene riconosciuto, arrestato e ucciso nel Jardin Francs Bourgeois -Rosiers, nel quartiere del Marais: è il primo morto della Comune; il suo corpo rimane esposto per due giorni in rue des Rosies (oggi, rue du Chevalier-de-la- Barre). Poco dopo, anche Claude Lecomte è fucilato nello stesso luogo. Dell’esecuzione nessuna immagine, ma, in seguito, dopo la repressione della Comune, nel giugno 1871, il fotografo Ernest-Charles Appert (1831-1890), interprete del “fotoritocco” / “fotomontaggio”, mette in scena le fucilazioni con attori recitanti, sui quali poi monta i volti dei due generali, ripresi da precedenti fotografie di repertorio.
Questa fotografia è un autentico falso (ossimoro!), ma assolve al proprio compito storico come fosse vera. Comunque, costituisce la nostra memoria visiva: è un’immagine falsa che criminalizza i comunardi, ma che va ben oltre le intenzioni dell’autore. Ancora oggi -come quelle del miliziano di Robert Capa e/o della bandiera statunitense issata sul monte Suribachi, nell’isola di Iwo Jima, di Joe Rosenthal-, questa fotografia che racconta il primo giorno della rivolta trascende le polemiche sulla sua verità documentale e si innalza a icona della rivoluzione.
La genesi di questa immagine obbliga a compilare considerazioni sul medium fotografico in sé, sulla sua validità documentale e sul proprio utilizzo, già così articolato a pochi anni dall’invenzione della stessa Fotografia.
Per proprio mandato (?), la Fotografia racconta (anche) i cambiamenti del mondo, l’avanzare del capitalismo moderno e del suo metodo di produzione, ne è lo strumento più affidabile dell’epoca. Nata nel 1839, registra un’evoluzione rapidissima del suo utilizzo comunicativo, prima ancora che tecnico ed
Disamina sui rapporti complicati della Fotografia con moti rivoluzionari e, per estensione, con la fotografia di guerra, oggigiorno sempre più embedded, nel senso di allineata / asservita. Nel centocinquantenario dalla Comune di Parigi (18 marzo - 28 maggio 1871), fotografie autentiche (poche) e fotomontaggi finalizzati (tanti) si offrono e propongono come basi per considerazioni sul medium fotografico in sé, sulla sua validità documentale e sul proprio utilizzo, già così articolato a pochi anni dall’invenzione della stessa Fotografia
«Durante la Comune, per la prima volta, solo trentadue anni dopo la sua invenzione, la Fotografia viene usata come mezzo di identificazione per la repressione e le esecuzioni di massa culminate nella semaine sanglante (settimana sanguinante; da domenica ventuno maggio alla successiva domenica ventotto), che annientò la rivolta, e proseguite ancora a lungo. Le fotografie di reportage dei comunardi diventano un formidabile mezzo di delazione. Basta essere fotografati su una barricata per essere accusati e giustiziati». È sicuramente questo il destino che si è abbattuto sui comunardi orgogliosamente in posa dopo aver demolito la colonna Vendôme, il sedici maggio. Da momento di vittoria, o presunta tale, a delazione e persecuzione grazie all’“oggettività” della giovane Fotografia (dal 1839). Oggigiorno, il dibattito attorno il medium fotografico ha superato questa superstizione, è andato ben oltre, si esprime diversamente: ma, nel 1871... «Inoltre, si allestirono ricostruzioni fotografiche false e faziose, realizzate con attori in posa, di episodi realmente accaduti e di dominio pubblico, ma totalmente stravolti al fine di criminalizzare i comunardi; parallelamente, si avvia la campagna di schedatura fotografica di tutti gli arrestati nel campo di prigionia di Satory, nei pressi di Versailles, e nella Prison de Chantiers, a Versailles, eseguita da Ernest-Charles Appert, che applica le raffinate tecniche del suo affermato studio professionale». estetico, perché -per definizione e presupposto- certifica, documenta, rileva, ma -allo stesso tempo- distorce, semplifica e manipola. Già nel 1855, si pubblicano i primi fotomontaggi della Storia, che proseguiranno ad essere proposti in modalità sempre più sofisticate. Quindi, dopo soli sedici anni dall’invenzione di Louis Jacques Mandé Daguerre (dal 1839 di origine al 1855 in considerazione), la classe dominante è già padrona del mezzo e ha già concepito la necessità di controllarne l’uso e la diffusione.
Tutte le immagini (disegni, dipinti, fotografie) non rappresentano efficacemente gli eventi parigini della primavera 1871. L’esperienza comunarda è troppo breve e rivoluzionaria (diciotto marzo - ventotto maggio) perché si possano produrre opere che costituiscano uno stile: per realizzare dipinti ci vuole tempo e la più rapida fotografia è tecnicamente ancora troppo limitata. La maggior parte di immagini della Comune di Parigi è stata confezionata nei mesi successivi alla sconfitta; inoltre, gli autori in differita hanno dovuto fare i propri conti con la censura e i divieti imposti dal regime, dal novembre 1871, e con l’autocensura che molti hanno praticato per godere dell’amnistia del 1881.
L’ipotizzabile fotografia di reportage in cronaca racconta una Comune meno drammatica: barricate, strade, gruppi, Place Vendôme sono immagini essenziali, scarne, che non raccontano nulla dell’azione; mentre i falsi e i fotomontaggi, eseguiti dopo la caduta, sono altro. Sono strumentali: la bugia fotografica non può essere attribuita al mezzo, ma solo al proprio uso proditorio da parte di fotografi “bugiardi”.
Le poche immagini dei morti giunte fino a noi, delle migliaia scattate, sono quelle custodite negli archivi delle istituzioni, perché ne è vietata la diffusione e il commercio. Per questioni amministrative e per identificare i caduti, la Comune commissiona documentazioni fotografiche dei cadaveri; mentre il governo di Adolphe Thiers lo fa per schedare i comunardi giustiziati: si propone una sorta di fotografia segnaletica post mortem. Eseguite negli obitori e negli ospedali, le poche rese pubbliche sono censurate, perché attirano l’attenzione e lo sdegno dei borghesi.
Ai tempi, esistono già società di distribuzione delle fotografie e delle fotoincisioni, come l’antesignana Société Photoglytique Nanterre, e alcuni fotografi, come Hippolyte Vaudray, sono
anche editori, e sulle stampe commercializzate compaiono già i divieti di riproduzione e la rivendicazione della proprietà intellettuale delle immagini.
Durante la Comune, per la prima volta, solo trentadue anni dopo la sua invenzione, la Fotografia viene usata come mezzo di identificazione per la repressione e le esecuzioni di massa culminate nella semaine sanglante (settimana sanguinante; da domenica ventuno maggio alla successiva domenica ventotto), che annientò la rivolta, e proseguite ancora a lungo. Le fotografie di reportage dei comunardi diventano un formidabile mezzo di delazione. Basta essere fotografati su una barricata per essere accusati e giustiziati.
Inoltre, si allestirono ricostruzioni fotografiche false e faziose, realizzate con attori in posa, di episodi realmente accaduti e di dominio pubblico, ma totalmente stravolti al fine di criminalizzare i comunardi; parallelamente, si avvia la campagna di schedatura fotografica di tutti gli arrestati nel campo di prigionia di Satory, nei pressi di Versailles, e nella Prison de Chantiers, a Versailles, eseguita da Ernest-Charles Appert, che applica le raffinate tecniche del suo affermato studio professionale.
I suoi sono ritratti essenziali e molto lontani dal pittorialismo in auge allora, e costituiscono una nuova estetica. Immagini che restituiscono volti intensi, consapevoli e mai domi dei rivoluzionari e che completano le loro biografie. Basta osservare i ritratti di Luise Michel, della vedova di Albert Leroy e di Louis Auguste Blanqui, così come quelli dei popolani, per superare lo stereotipo del rivoluzionario come invasato idealista o disperato lumpen [disinteressato all’avanzamento rivoluzionario] e rendersi conto che i comunardi sono stati altro. Hanno posato e firmato una liberatoria d’uso delle loro immagini, in cambio di un certo numero di stampe in formato carte-de-visite da distribuire autografate a parenti e amici.
Esemplare e drammatico è il caso di Bruno Braquehais (1823-1875), primo fotogiornalista francese autenticamente tale, forse l’unico fotografo schierato apertamente con i comunardi. È in strada e fotografa le barricate, le persone durante gli eventi (in particolare il rovesciamento della colonna Vendôme), e pubblica l’opuscolo Paris pendant La Commune de Paris, con centocinquanta fotografie (oggi, se ne conoscono soltanto centonove). I suoi ritratti di grup-
(Jean Désiré) Gustave Courbet (1819-1877) è stato un acclamato e autorevole pittore francese della metà dell’Ottocento. È considerato e conteggiato padre del “realismo” in pittura; fu tra i primi a riprendere la vita quotidiana, soprattutto degli umili. Questo anche in corrispondenza di un suo dichiarato impegno sociale.
Nei primi anni Settanta dell’Ottocento, divenne presidente della Federazione degli Artisti, battendosi per liberare l’arte dalla censura. La sua attività, che univa arte e politica, lo portò a ricoprire un ruolo di spicco negli anni della Comune di Parigi.
Accusato di aver preso parte all’abbattimento della colonna Vendôme, venne condannato a sei mesi di reclusione nella prigione di Sainte-Pélagie. Nel maggio 1873, il governo francese lo sanzionò per trecentoventitremila franchi, per il rimborso delle spese di ricostruzione della colonna stessa.
Dell’esecuzione dei generali Claude Lecomte e Clément Thomas non esistono immagini “vere”. Dopo la repressione della Comune di Parigi, nel giugno 1871, il fotografo Ernest-Charles Appert ha organizzato e svolto una messa in scena con attori-interpreti.
(centro pagina) La fotografia Dominicans d’Arcueil échappés au massacre (scampati alla strage) è uno dei fotomontaggi riuniti nella serie Les crimes de La Comune, di Ernest-Charles Appert. L’artificio fotografico si rivela in molti dettagli, a partire dalle fisicità dei personaggi, assolutamente improbabili: le teste sono sproporzionate tra loro.
(in basso) Giustamente acclamato dalle Storie della Fotografia in quanto inventore del sistema a obiettivi multipli per carte-de-visite (ritratto socialmente discriminante nella Storia), André Adolphe Eugène Disdéri (1819-1889) ha collaborato con la repressione della Comune di Parigi realizzando pose di cadaveri di insorti giustiziati, utilizzate poi come monito.
Del tutto opposto, è il caso di Bruno Braquehais (1823-1875), primo fotogiornalista francese autenticamente tale, forse l’unico fotografo schierato apertamente con i comunardi. È in strada e fotografa le barricate, le persone durante gli eventi (come il rovesciamento della colonna Vendôme), e pubblica l’opuscolo Paris pendant La Commune de Paris, con centocinquanta fotografie. po sono chiari e nitidi, anche per la sua adesione alla Comune, che gli permette di avvicinare i comunardi senza riserve.
A seguire, ahinoi, queste immagini sono state tutte utilizzate dalla repressione governativa proprio per la loro qualità fotografica: i comunardi sono tutti perfettamente riconoscibili.
Nella Comune, tutte le contraddizioni dell’uso delle immagini fotografiche si concretizzano in modo violento e drammatico. Nessuna rivoluzione ha più avuto un rapporto così problematico e complicato con le proprie immagini e la relativa funzione repressiva e punitiva come la Comune di Parigi.
In una delle più clamorose e simboliche azioni rivoluzionarie, l’abbattimento della colonna Vendôme, l’otto maggio, si pone la questione del controllo della diffusione delle fotografie; e la Comune limita l’accesso dei fotografi alla piazza. Ad alcuni fotografi, viene rilasciata una tessera di libera circolazione dal Major de Place Vendôme (il comandante di piazza): tra questi, Gustave William Lemarie (corrispondente del periodico francese L’Illustration), André Adolphe Eugène Disdéri e Bruno Braquehais. Nel pomeriggio, la colonna è abbattuta, la statua di Napoleone rotola a terra, mentre la gente intona il Chant du départ [Canto di partenza, motto rivoluzionario e di guerra scritto da Étienne Mèhul e Marie-Joseph Chénier, nel 1794].
Le donne hanno partecipato attivamente alla vita della Comune di Parigi, formando associazioni e combattendo sulle barricate; hanno suscitato sconcerto tra i borghesi, che inventarono il mito delle pétroleuse, le incendiarie. Per i borghesi, le donne in armi furono segno del crollo della moralità e dell’ordine sociale, perché le donne che bruciano le chiese evocano cupidigia e pregiudizio, sono cittadine assetate di sangue.
Non esistono fotografie delle pétroleuse, ma solo incisioni e caricature sprezzanti, perché sono un’invenzione di Versailles. Ma i fotografi riescono a fare peggio: la velenosa didascalia in calce a fotografie segnaletiche di donne in carcere, a Versailles, recita: Incendier. La didascalia attribuisce all’immagine un significato altro, è manipolatoria e -purtroppo- efficace.
Come già rilevato, caduta la Comune, l’azione mediatica per addossare ai comunardi tutta la responsabilità delle efferatezze e la mancanza di fotografie d’azione degli episodi più cruenti spinge i fotografi Ernest-Charles Appert e Hippolyte Vauvray a ricostruirli con at-
tori, in faziose messe in scena e poi con la tecnica del “fotoritocco” / “fotomontaggio”, inserendo nelle stampe i volti dei rivoluzionari e delle vittime.
La serie fotografica più famosa è Les crimes de La Commune, di Ernest-Charles Appert: composta da sette messe in scena e una fotografia -Dominicans d’Arcueil échappés au massacre (scampati alla strage)-, realizzate nell’arco di un anno, a partire dal 29 luglio 1871.
Le fotografie di questa serie interpretano la memoria visiva della Comune e riescono nell’intento: sono fotomontaggi che imitano la registrazione fotografica di scene reali nelle quali la Comune è ristretta a un regno di violenza e ferocia criminale, che, con il ripristino dell’ordine borghese, espierà le proprie colpe con le esecuzioni e le deportazioni di massa.
Il fotomontaggio pone innanzitutto problemi di credibilità: nella scena dei domenicani di Arcueil, appena evocata, il fotografo dovrebbe stare sotto il fuoco dei comunardi e le fisicità di diversi personaggi non appaiono realistiche (per esempio, le teste sono sproporzionate tra loro). Ancora, la prospettiva di Assassinio di Gustave Chaudey è tanto distorta ed è talmente ritoccata da sembrare un’illustrazione.
Del resto, Ernest-Charles Appert è più interessato alla drammatizzazione che alla veridicità. Anche se è ispirato a un’incisione di L’Illustration, il fotomontaggio più verosimile, in termini formali, è quello dell’esecuzione dei generali Clément Thomas e Claude Lecomte, che dà l’impressione di una fucilazione ufficiale.
L’autore di queste sceneggiate equivoca tra lo statuto dell’oggettività legata al medium fotografico e quello della narrazione soggettiva, consentita dalle ricostituzioni e dal fotomontaggio. Questa pretesa di oggettività non cambia la natura della serie, che rimane propaganda, nella quale la figura centrale è quella dell’esecuzione.
La serie riesce a screditare la Comune di Parigi nel lungo periodo, tanto è vero che per il centenario, nel 1971, la Germania ha ripubblicato le immagini dei Crimini della Comune senza specificare il loro status di fotomontaggio.
Nel 1972, in Francia, alcune edizioni hanno presentato le ricostruzioni di Ernest-Charles Appert come “documenti autentici”; e, nel 2016, il quotidiano Ouest-France ha riutilizzato alcune immagini senza certificare la loro realizzazione in fotomontaggio.
Fine. ■ ■
Serie di quattro francobolli celebrativi del centenario della Comune di Parigi emessi dalla Repubblica Democratica (?) Tedesca / DDR il 9 marzo 1971. Sequenza di accadimenti e rievocazioni: folla in piazza, di fronte al Municipio di Parigi, al momento della proclamazione della Comune; barricata sulla Place Blanche, difesa dalle donne; incisione di Théophile Alexandre Steinlen (1859-1923) per un’edizione dell’Internationale; frontespizio del saggio La guerra civile in Francia, di Karl Marx (in edizione italiana degli Editori Riuniti, a cura di Palmiro Togliatti, con copertina evocativa “Vive la Commune!”).
Altre rievocazioni analoghe, ovviamente limitate a paesi dell’area un tempo socialista, a partire dall’Unione Sovietica, non sono state altrettanto cadenzate.