Rigenerazione dell'Area "Ex Montecatini" a Porto Recanati

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Rigenerazione dell’Area “Ex Montecatini” a Porto Recanati: riuso “Capannone Nervi” e progettazione nuovo porto turistico Francesca Di Marco



Facoltà di Architettura Corso di Laurea Magistrale in Architettura a Ciclo Unico A.A. 2016/2017

RIGENERAZIONE DELL’AREA “EX MONTECATINI” A PORTO RECANATI: RIUSO “CAPANNONE NERVI” E PROGETTAZIONE NUOVO PORTO TURISTICO

Tesi di Laurea presentata da: Francesca Di Marco Relatore: Prof.ssa Arch. Anna Giovannelli Correlatore: Arch. Marcello Modica Sessione di laurea: Marzo 2017


In copertina: Vista nord est del “Capannone Nervi� Foto: Francesca Di Marco, Giugno 2016


INDICE Introduzione ai paraboloidi

Prologo...............................................................................................................7 Morfologia e funzionamento...............................................................................8 I silos parabolici Classificazione tipologica Il fenomeno in Italia

I paraboloidi di Pier Luigi Nervi.........................................................................14 Un protagonista dell’architettura industriale italiana

La Montecatini..................................................................................................15 L’industria del perfosfato minerale

Porto Recanati

Porto Recanati..................................................................................................18

Storia della città e dello stabilimento Montecatini

Storia della città................................................................................................19 Analisi del recente sviluppo urbano..................................................................20 Lo sviluppo industriale di Porto Recanati..........................................................24 Area ex Montecatini: evoluzione e decadenza.................................................26 Un porto per la città: la variante del P.R.G........................................................31

Il Paraboloide di Porto Recanati Il Capannone nervi: rilievo, ipotesi costruttiva e stato di conservazione

Il Capannone Nervi...........................................................................................34 Rilievo dell’edificio ed ipotesi costruttiva

Ipotesi progettuale

L’area di progetto: analisi e strategie................................................................40

Rigenerazione dell’area ex Montecatini Riuso del “Capannone Nervi” Nuovo porto turistico

Planivolumetria della proposta di progetto.......................................................42 Proposta di progetto

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Introduzione ai paraboloidi Prologo Il tema affrontato nella mia tesi parte da un caposaldo dell’architettura contemporanea “form follow function”, - la forma segue la funzione - perfettamente rappresentato da una specifica tipologia di architettura, quella industriale, e più nel dettaglio dai paraboloidi, anche detti “silos parabolici”. Questo particolare tipo di magazzino industriale dalle pareti inclinate viene usato, a partire dagli anni venti del Novecento, come deposito di stoccaggio di materiale in polvere, in quanto la naturale conformazione conica dei cumuli di materiale innescherebbe pericolose spinte se le pareti sul quale incidono fossero verticali, come nei più classici esempi di magazzino a forma basilicale. Definite le “cattedrali” del XX secolo, questi edifici sono l’emblema dell’immaginario industriale del Novecento, suscitando l’ammirazione di alcuni tra i più importanti teorici e architetti del “Movimento Moderno”, in particolare di Tony Garnier, Hermann Muthesius, Le Corbusier e Walter Gropius, e ispirando con le loro forme molti dei maggiori progettisti del secolo scorso quali Robert Maillart, Pier Luigi Nervi, Richard Buckminster Fuller, Ivan Leonidov, Felix Candela (maestro insuperato dei paraboloidi iperbolici) e Paolo Soleri. Ma cosa ci dicono oggi questi grandi contenitori di forma parabolica? Che la forma può seguire la funzione, ma che essa va oltre la mera traduzione di una necessità pratica attraverso la realizzazione di forme di “platonica” bellezza che ci sanno parlare anche dopo che la loro funzione è caduta in disuso.

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Morfologia e funzionamento Da sempre, l’arco è l’elemento strutturale più indicato per i manufatti in cemento armato, sia perché più adatto alla natura e al comportamento elastico del materiale, sia perché meglio si presta ad un risultato estetico soddisfacente. Questo ci consente ancora oggi di ammirare apprezzabili manufatti che manifestano il ricercato equilibrio tra 1le variabili fisiche dei materiali, la distribuzione dei carichi e le esigenze produttive imposte dalla committenza. Realizzare coperture a forma di paraboloidi iperbolici e paraboloidi ellittici è stato possibile proprio grazie alle qualità plastiche uniche del cemento armato, ma anche per l’economicità e la funzionalità di questo materiale; a limitarne la costruzione nel tempo è stato l’aumento dei costi di manodopera per la realizzazione delle centinature. Geometricamente, il silos a copertura parabolica viene definito un “cilindro parabolico”, ovvero una superficie rigata ottenuta da una generatrice (retta) e da una direttrice (parabola o pseudoparabola) e permette di sviluppare edifici particolarmente efficaci dal punto di vista statico e funzionale. L’arco parabolico, applicato non solo alle coperture ma anche ai ponti ed ai viadotti, ha consentito all’ingegneria italiana della prima metà del secolo di raggiungere eccellenti traguardi.

Fig. 1.1

Fig. 1.2

1

8

Da “L’architettura nei ponti italiani in cemento armato” di Ing. Luigi Santarella, in “Annali dei Lavori Pubblici”, Aprile 1930

Fig. 1.1 Fig. 1.2

Eugene Freyssinet, Hangar di Orly, Francia 1923 Danusso - Cavallazzi, Ponte della Vittoria, Cremeno (LC), 1921-1925


I silos parabolici

Fig. 1.3

L’arco parabolico, detto anche “Catenaria”, “arco catenario” o “funicolare”, viene scelto per la tipologia industriale dei magazzini di stoccaggio per precise ragioni: ottimizza l’uso del conglomerato nella copertura di superfici considerevoli la concavità verso il basso fa sì che l’arco sia sottoposto ai soli sforzi di compressione la morfologia è adeguata allo stoccaggio: l’accumulo di tonnellate di prodotti in granuli o polvere può provocare pericolose spinte lungo le pareti portanti longitudinali; la copertura parabolica si adatta in maniera ottimale alla disposizione naturale dei cumuli di prodotto La realizzazione avviene tramite una copertura a volta cilindrica sostenuta da archi, anche detti “nervature”, ad andamento parabolico di dimensioni variabili (mediamente 25 metri di luce per 15 di freccia, con dimensioni anche sensibilmente maggiori o minori - fino a circa 50 metri di luce per 35 di altezza). Lungo la chiave di volta troviamo una struttura che funge da involucro e supporto per il nastro trasportatore, generalmente una galleria a forma di parallelepipedo. Le fondazioni sono spesso realizzate su travi continue o su plinti con pali battuti o trivellati. Spesso la spinta dell’arco viene assorbita da un tirante in acciaio posto sotto il piano di calpestio o da una catena di cemento armato posta in prossimità dell’imposta dell’arco. La larghezza della sezione trasversale dell’arco è generalmente compresa tra 25 e 35 centimentri, per un’altezza della sezione variabile tra 60 e 80 centimetri. L’interasse tra gli archi è solitamente di 5/6 metri.

Schema di funzionamento di un silos parabolico comune

3 2 5

1 4

Dagli impianti di produzione (1) il prodotto arriva al magazzino tramite un sistema di nastri trasportatori che terminano nel nastro di distribuzione (2), disposto sotto la chiave di volta per tutta la lunghezza dell’edificio. Il prodotto viene poi scaricato nel magazzino sottostante, andando a costituirsi in cumuli (3). Una speciale macchina, detta raschiatrice (4), preleva il prodotto dai cumuli e lo invia ad un nastro trasportatore disposto lateralmente. Infine, il prodotto arriva al reparto insaccaggio (5) per il confezionamento e la distribuzione. 2

2

Da “Paraboloidi - Un patrimonio dimenticato dell’architettura moderna” di M. Modica, F. Santarella, Edizioni Firenze, 2014

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In quasi tutti gli esempi conosciuti, dopo un certo numero di archi (generamente 10), risulta necessario scindere l’edificio in porzioni indipendenti, attraverso l’affiancamento di due archi ravvicinati uniti da giunti di dilatazione. Analogamente la continuità della volta è interrotta trasversalmente in corrispondenza del raddoppio dell’arco, oppure a metà dell’interasse tra un arco e l’altro. Le volte di copertura sono generalmente in cemento armato gettato in opera oppure in pannelli prefabbricati in laterocemento di spessore variabile tra gli 8 e i 15 cm. In alcuni casi troviamo pannelli ondulati di fibrocemento, specie negli esemplari realizzati dopo la metà del secolo scorso, che nei magazzini ancora in uso sono stati sostituiti con materiali diversi. Le testate sono uguali e presentano controventamenti costituiti da travi e pilastri in cemento, tamponati con laterizio o aperture vetrate. Vi sono tuttavia alcuni magazzini privi di ogni tamponamento frontale o addirittura laterale, presentando esclusivamente quello di copertura, come avviene nel caso studiato a Porto Recanati. All’imposta degli archi o nella volta si possono trovare altre aperAll’impost ture vetrate per l’illuminazione e l’areazione. Una guaina impermeabilizzante viene posta all’estradosso delle volte in laterizio o in cemento armato come finitura.

Classificazione tipologica Se vogliamo ordinare tipologicamente i diversi tipi di silos parabolici, risulta utile considerare i seguenti fattori: forma della sezione parabolica; conformazione della copertura; posizionamento del sistema di trasporto e scarico del prodotto stoccato. Quest’ultimo aspetto risulta particolarmente efficace come criterio ordinatore in quanto gli altri fattori possono esserne una conseguenza.

Nella pagina accanto: Fig. 1.4 3 1a: paraboloide comune 1b: paraboloide comune con chiave rinforzata 1c: paraboloide comune con chiave ribassata 1d: paraboloide comune tipo “Montecatini” 2: paraboloide a copertura continua 3: paraboloide a copertura lamellare 4: pseudo-paraboloide a sesto ribassato 5: pseudo-parabolide a sesto acuto

La spedizione finale dei sacchi avveniva spesso su rotaia, non è raro infatti che molti di quesi silos parabolici siano stati costruiti in prossimità di stazioni o serviti da vie d’acqua. Quasi sempre sono presenti una o più pensiline laterali, a sbalzo o su pilastri, costituite da nervature in cemento e solai in laterocemento o cemento. 3

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Da “Paraboloidi - Un patrimonio dimenticato dell’architettura moderna” di M. Modica, F. Santarella, Edizioni Firenze, 2014


Paraboloidi comuni

1a

1b

1c

1d

Paraboloidi e pseudo-paraboloidi

2

3

4

5

Fig. 1.4

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Il fenomeno in Italia Si può parlare di un vero e proprio fenomeno sviluppatosi in un periodo compreso tra gli anni Trenta e gli anni Settanta del Novecento, che ha interessato l’Italia da Nord a Sud. In circa quarant’anni sono stati costruiti circa 90 silos parabolici, di cui 85 ancora esistenti, sebbene gran parte di essi è attualmente dismessa o non ricopre più le funzioni originarie La maggior parte, a seguito della chiusura degli stabilimenti o la loro riconversione, risulta abbandonata al degrado e priva di interesse da parte della comunità e delle amministrazioni. Negli ultimi anni, l’impegno di associazioni e studiosi del settore ha contribuito alla nascita di un nuovo interesse verso la riqualificazione e la rifunzionalizzazione di questi edifici. Tra i casi di restauro meglio riusciti in Italia: l’Ex Montecatini ad Assisi, silos paraboloide trasformato in Teatro; l’Opificio Cimatoria Campolmi di Prato, diventato ora un Museo del Tessuto con annessa una Biblioteca cittadina; l’Ex Perfosfati a Cerea trasformato in un importante polo fieristico. Altri casi di restauro e rifunzionalizzazione, meno felici di quelli citati, vedono questi magazzini trasformati in ipermercati e centri commerciali.

Fig. 1.5

Paraboloidi presenti in Italia

5

17

5 7 4 9

2 3

6 2

3

18

Fig. 1.5 85 - Parabolidi esistenti oggi in Italia (non tutti accessibili) 13 - Sono i paraboloidi adibiti ad altri scopi rispetto a quello d’origine 28 - Sono i paraboloidi attualmente privi di funzione o abbandonati 7 - Paraboloidi come in origine

12

esistente demolito

2


Fig. 1.6 (a)

Fig. 1.8 (a)

Fig. 1.6 (b)

Fig. 1.8 (b)

Fig. 1.7 Fig. 1.6 (a,b) Fig. 1.7

S.M. Angeli (Assisi) - Restauro Ex Montecatini Prato - Prima e dopo Ex Opificio Campolmi

Fig. 1.8 (c) Fig. 1.8 (a,b,c) Cerea (Verona) - Restauro Ex Perfosfati, esterno e interno dei due paraboloidi.

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I paraboloidi di Pier Luigi Nervi Un protagonista dell’architettura industriale italiana Un importante protagonista di questo fenomeno di architettura industriale fu Pierluigi Nervi che, dal 1930 in poi, portò avanti la sperimentazione dei magazzini industriali a copertura parabolica. Questi calzano perfettamente la filosofia “nerviana” per cui il valore architettonico dell’edificio risiede nella sua concezione strutturale, che diventa poi l’architettura stessa. Tra le esperienze pilota degli anni Trenta si annovera quella di Margherita di Savoia, in Puglia, primo magazzino a copertura parabolica progettato da Nervi. A seguito della prima esperienza con i paraboloidi troviamo i celebri hangar per uso militare (Hangar per dirigibili di Orvieto e Orbetello). La ripresa dei lavori in ambito di paraboloidi industriali avviene nel corso degli anni Cinquanta, con varie committenze pubbliche in diverse città italiane. Per la particolarità delle loro strutture, vengono ricordati gli esempi di Tortona, in Piemonte, e di Bologna. Questa generazione di paraboloidi “nerviani” andrà a costituire un retroterra teorico e tecnico costruttivo per le successive innumerevoli realizzazioni in tutto il paese.

Fig. 1.9 Fig. 1.10 Fig. 1.11

14

Stabilimento Atisale, Margherita di Savoia (Barletta), 1933 - 35 Ex Deposito Sali e Tabacchi, Tortona (Alessandria), 1950 - 51 Ex Manifattura Tabacchi, Bologna, 1954

Fig. 1.9

Fig. 1.10

Fig. 1.11


La Montecatini L’industria del perfosfato minerale Un considerevole sviluppo del fenomeno dei silos parabolici si registra a partire dall’immediato dopoguerra, grazie al connubio di questi con l’industria del perfosfato. Questo fertilizzante diventa fondamentale durante la ricostruzione dell’attività agricola in Italia e successivamente per gli anni d’oro della ripresa economica. La Montecatini fu la maggiore esponente dell’industria del perfosfato ed operò una razionalizzazione del proprio sistema industriale concentrando la produzione in pochi stabilimenti radicalmente ristrutturati Infatti, oltre alla realizzazione di nuovi magazzini a copertura parabolica, la Montecatini, negli anni Cinquanta e Sessanta, procedette anche al recupero e ammodernamento dei propri impianti datati e di altri impianti esistenti dei primi del Novecento I 15 paraboloidi per perfosfato della Montecatini rappresentano una famiglia eterogenea di strutture ad arco parabolico di indubbio interesse documentale; sono infatti riconoscibili i fattori comuni sulle diverse costruzioni. In primo luogo, l’origine: come detto sopra, le costruzioni sono frutto di recupero e ammodernamento di stabilimenti preesistenti. In secondo luogo, la tipologia: sono prevalentemente paraboloidi di tipo comune, con significative varianti sul tema (il tipo “Montecatini”). Sono inoltre riconducibili a specifici cicli produttivi o “cicli di costruzione”, laddove la società investì contemporaneamente e con le stesse modalità in precisi stabilimenti Fig. 1.12 Fig. 1.13 Fig. 1.14

Ex Montecatini Fertilizzanti Fosfatici, S. M. Angeli (Assisi), 1948 Ex Montecatini Fertilizzanti Fosfatici, Castelfiorentino (FI), 1948 Ex Montecatini Fertilizzanti Fosfatici, Porto Recanati (MC), 1955 - 56

Fig. 1.12

Fig. 1.13

Fig. 1.14

15



Porto Recanati Storia della cittĂ e dello stabilimento Montecatini


Porto Recanati

Emilia-Romagna

Pesaro

Urbino Ancona

Toscana

Porto Recanati Macerata Fermo

Umbria

Ascoli Piceno

Abruzzo Lazio

Fig. 2.1

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Inquadramento geografico


Storia della città Porto Recanati è un comune in provincia di Macerata che conta circa 13.000 abitanti e si estende sulla costa adriatica in prossimità del monte Conero. La sua fondazione risale alla fine dell’Ottocento, con la sua indipendenza dalla più interna città di Recanati, ma la storia del suo territorio è ben più antica. Le sue origini risalgono ad una colonia romana fondata nel 184 a.C. conosciuta con il nome di Potentia, sorgendo essa sulla riva sinistra del Fiume Potenza. La colonia, perlopiù abitata da popolazioni indigene, fu costretta a fuggire nell’entroterra a causa delle invasioni barbariche del VI secolo d.C., fondando così il primitivo nucleo di Recanati. d.C. Nel 1199 Recanti riesce ad espandersi nuovamente verso la costa, conquistando così le terre marine e lo sbocco sul mare. Il primo nucleo, vero e proprio, attorno al quale si è sviluppata Porto Recanati, è quello del Castello Svevo, la cui fondazione risale al XIII secolo. Il Castello viene completato solo durante il XV secolo, anno in cui si inizia anche a parlare della costruzione di un porto per il carico e lo scarico delle imbarcazioni che fino ad allora erano obbligate ad approdare e ripartire dal castello.

Il porto tanto desiderato non fu mai costruito, nonostante l’impegno di Papa Giulio II della Rovere che, nel 1510, decide di elargire un importante contributo per l’inizio della costruzione del porto, che doveva prendere il suo nome. I lavori, iniziati ed interrotti numerose volte, non furono mai portati a termine. Negli stessi anni, un’incursione da parte dei Turchi mette a dura prova la città che solo nel 1575 riesce ad edificare, grazie a Roma, una Torre presso la foce del Potenza per delimitare il confine meridionale del territorio. La torre fu distrutta durante l’ultima guerra. Il 1700 vede una grande crescita delle comunità locali e vengono attuate importanti opere di bonifica che salvano il territorio dall’impaludamento e dalla malaria. A seguito degli scontri per l’unità d’Italia, che interessarono da protagonista anche questa zona, la popolazione di Porto Recanati conta un cospicuo nucleo che chiede fortemente l’autonomia da Recanati. Nel gennaio del 1893 viene finalmente concessa l’indipendeza a Porto Recanati, con un decreto firmato da re Umberto Fig. 2.2 Configurazione attuale del territorio comunale di Porto Recanati. Sono stati evidenziati: il Fiume Potenza, la ferrovia Adriatica, il centro cittadino corrispondente al Castello Svevo, l’area dell’Ex Montecatini.

Fiume Potenza

Ex Montecatini Mare Adriatico

19


Analisi del recente sviluppo urbano

1956 Fig. 2.3 Configurazione del centro di Porto Recanati ricavata da foto aeree: 1956. E’ presente il centro storico della città e, a nord, l’impianto industriale della Montecatini. Tutt’intorno vi erano solamente campi agricoli, fino al confine con il territorio di Loreto.

1985 Fig. 2.4 Configurazione del centro di Porto Recanati ricavata da foto aeree: 1985. Il cambiamento più vistoso è relativo al nucleo di Scossicci, ancora più a nord dell’area industriale. Il centro della città risulta ampliato e “scavalca” anche il segno netto della ferrovia.

20



Ieri

Fig. 2.7

Castello Svevo, inizi del Novecento

Fig. 2.9

Cinema Kursaal sulla spiaggia, 1930

Fig. 2.8

Vista aerea di Porto Recanati, 1930

Fig. 2.10

Panorama (lato nord), 1941

Cartoline d’epoca di Porto Recanati

22


Oggi

Fig. 2.11

Castello Svevo, 2016

Fig. 2.12

Cinema Kursaal, 2016

Fig. 2.13

Nuovo borgo cittadino, 2016

Fig. 2.14

Via Lepanto, lungomare di Porto Recanati, 2016

Reportage fotografico, Luglio 2016, Francesca Di Marco

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Lo sviluppo industriale di Porto Recanati La storia industriale di Porto Recanati ha inizio nel 1907, anno in cui aprono ben due stabilimenti, progettati dallo stesso tecnico, l’Ing. Giuseppe Moro, che ne diventa anche socio in minoranza: lo “STABILIMENTO SCARFIOTTI DI CEMENTO PORTLAND”, situato appena fuori il centro geografico della città, oltre la ferrovia, e la “SOCIETA’ MARCHIGIANA DI CONCIMI E PRODOTTI CHIMICI”, a nord del centro di Porto Recanati, tra la linea ferroviaria e la costa. Lo sviluppo del settore industriale a Porto Recanati si deve a quello del settore agrario che, diventando capitalistico e servendosi di tecniche agrarie più moderne, riuscì a ridurre i costi di produzione e ad incentivare l’uso dei fertilizzanti. Fu una società romana di Colla e Concimi che, nel 1904, propose la costruzione di un impianto di perfosfati nelle Marche. 1907 Aprono a Porto Recanati la “SOCIETA’ MARCHIGIANA DI CONCIMI E PRODOTTI CHIMICI” e lo “STABILIMENTO DI CEMENTO PORTLAND”. Stabilimimenti costruiti in poco più di un anno ed entrambi progettati dall’Ing. Moro, che ne diventerà anche socio di minoranza.

1900

a)

24

L’impianto viene costruito a Porto Recanati, probabilmente per la sua posizione strategica, trovandosi essa al centro della regione, ma sulla costa e con una linea ferroviaria che la lambiva. (a) La costruzione dell’impianto iniziò nel 1905 e terminò l’anno successivo. Si trattava di edifici di notevole grandezza, per niente semplici dal punto di vista architettonico ma dai costi contenuti. Non si sa molto dell’evoluzione dell’impianto Montecatini perché non sufficientemente documentata a causa del fallimento dell’azienda stessa e della perdita dei suoi archivi, motivo per cui la maggior parte delle informazioni che abbiamo oggi sono frutto della memoria degli ultimi operai della fabbrica e dei familiari degli ex dipendenti. Durante la prima guerra mondiale vennero costruiti nuovi capannoni e impianti, data l’ingente richiesta di acido solforico per la

1915/1918

1930

La Prima Guerra Mondiale determina condizioni favorevoli per l’industria grazie alla grande richiesta di acido solforico, indispensabile per la produzione di esplosivi. In questo stesso periodo, lo stabilimento viene acquistato dalla MONTECATINI.

Non è conosciuto il motivo per cui fu scelta Porto Recanati per la costruzione dello stabilimento. Forse per la posizione centrale, raggiungibile via mare e via ferrovia, forse perché fu possibile acquistare il terreno ad un buon prezzo. Lo stabilimento misurava 17.800 mq e contava circa 90 operai.

b)

1950/1955

Periodo d’oro per la MONTECATINI che rafforzò il suo monopolio nel settore dei concimi e riuscì ad imporre a tutti le quote di produzione ed i prezzi.

c)

Risulta demolito l’edificio dello stabilimento dedicato alla produzione. Uniche testimonianze sono delle cartoline turistiche dell’epoca che riprendono la città dall’alto e in cui si intravedono soltanto i capannoni di deposito e stoccaggio.


produzione di esplosivi. In questo periodo di crescita lo stabilimento viene acquistato dalla Montecatini. (b) A seguito della guerra e dell’avvento del fascismo, nella seconda metà degli anni Venti l’industria guadagnò sempre più potere. Porto Recanati si sviluppò a gran velocità: il tessuto edilizio si era ampliato, i collegamenti potenziati, oltre al settore industriale si svilupparono anche quello agrario, commerciale, peschereccio e turistico. Negli anni Trenta la Montecatini era ormai una azienza affermata e consolidò il proprio monopolio nel settore dei fertilizzanti chimici. Durante la seconda guerra mondiale i magazzini della Montecatini furono utilizzati come asilo per l’antiaerea e tra gli operai della fabbrica vennero assunti dei partigiani con lo scopo di difendere lo stabilimento dalle razzie dei tedeschi. 1955/1956

Nei primi anni Cinquanta, alcune cartoline turistiche dell’epoca testimoniano delle variazioni nella forma del complesso industriale; risulta demolito lo stabilimento dedicato alla produzione, poiché sono visibili nella foto aerea soltanto i capannoni di deposito e stoccaggio. (c) Nel 1955 iniziò la costruzione del magazzino a copertura parabolica. Terminato l’anno dopo, diventerà l’unica testimonianza dello stabilimento Montecatini a Porto Recanati. Qualche anno dopo, la città subì una violenta mareggiata che trascinò via la spiaggia e il viale del lungomare e danneggiò numerose costruzioni. (d) In questi anni drammatici, lo stabilimento Montecatini rappresentò per la città più che un luogo di lavoro; fu il simbolo dello sviluppo tecnologico di Porto Recanati e luogo di aggregazione per i dipendenti

1966

Il silos parabolico, unico elemento oggi presente, viene costruito nell’arco di un anno. Presenta una serie di 12 archi parabolici autoportanti che hanno dimensioni di 35 m per 18.50 d’altezza, e un interasse tra loro di 6 m per il totale di 11 campate. Gli archi sono tenuti insieme da elementi trasversali incastrati all’estradosso.

La Montecatini si fonde con Edison, dando origine alla Montecatini Edison S.p.A. (Montedison S.p.A.).

1971

2002

Chiusura stabilimento. La Montecatini ne da notizia attraverso prepensionamenti e trasferimenti dei suoi operai.

La Soprintendenza Regionale per i Beni e le Attività Culturali delle Marche dichiara che l’edificio è di interesse particolarmente importante e viene, quindi, sottoposto a tutela come da Decreto legislativo 2017 490/99.

1959 Foto di repertorio della violenta mareggiata che colpì Porto Recanati trascinando con sé la spiaggia, il viale del lungomare e danneggiando molte costruzioni. Si intravede sul fondo l’edificio ad archi parabolici.

d)

e)

25


La fusione tra Montecatini ed Edison S.p.A. avviene nel 1966 dando luogo alla Montedison S.p.A.. La fabbrica cessò la sua attività qualche anno dopo, nel 1971, dandone notizia ai suoi operai ed impiegati attraverso prepensionamenti e trasferimenti in altri stabilimenti di proprietà. Dopo trent’anni di abbandono, di degrado e di utilizzo del sito come discarica e deposito di materiali da costruzione, nel 2002, la Soprintendenza Regionale per i Beni e le Attività Culturali delle Marche dichiara che l’edificio è di interesse particolarmente importante e viene, quindi, sottoposto a tutela come da Decreto legislativo 490/99.

Fig. 2.15 (a)

Area Ex Montecatini: evoluzione e decadenza La totalità degli eventi che si sono verificati nell’arco di un secolo in Italia e a Porto Recanati, hanno certamente contribuito a quella che è stata l’evoluzione morfologica dell’area dello stabilimento industriale. Analizziamo nel dettaglio l’architettura della fabbrica dall’anno della sua fondazione fino ad arrivare a come la vediamo oggi: la struttura originaria dello stabilimento presenta un fronte dedicato alla produzione e dei magazzini di stoccaggio alle spalle (Fig. 2.15 (a)); nel 1950 risulta demolita una parte degli stabilimenti di produzione (Fig. 2.15 (b)) e nel 1955 viene costruito il silos parabolico, oggi chiamato Capannone Nervi, perché attribuito alla progettazione dell’Ingegnere Pier Luigi Nervi. Alle sue spalle, sono ancora presenti elementi del vecchio stabilimento (Fig. 2.15 (c)). Non esiste certezza su come sia cambiato l’assetto della fabbrica dagli anni Cinquanta ad oggi. Fanno testimonianza soltanto poche foto e cartoline dell’epoca che, per casi fortuiti, inquadrano lo stabilimento. Ai nostri giorni arriva una vasta area vuota, abitata soltanto dal silos parabolico, fantasma di ciò che un tempo fu la Montecatini (Fig. 2.15 (d)

26

Fig. 2.15 (b)

Fig. 2.15 (c)

Fig. 2.15 (d)


Stato di fatto

Fig. 2.16

Capannone Nervi, lato sud, Luglio 2016

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Fig. 2.17

28

Capannone Nervi, lato nord, Luglio 2016


Fig. 2.18

Area ex stabilimento Montecatini, nord Capannone Nervi, Luglio 2016

29


Fig. 2.19

30

Area ex stabilimento Montecatini, stato attuale, Google, 2016


Un porto per la città: la variante del P.R.G. La città di Porto Recanati attende da secoli la costruzione di un porto. Dal progetto di Papa Giulio II della Rovere (1510) a decine di progetti redatti per le amministrazioni che si sono susseguite, l’unica svolta che si è ottenuta è quella di una variante al P.R.G., eseguita nel 2013, in cui si prescrive che l’area dell’Ex Montecatini, per la sua posizione e il suo stato di fatto, è destinata alla realizzazione di un porto turistico.

Il primo, Le Cinque Vele, si trova a 6 km da Porto Recanati, conta 264 bosti barca e può ospitare natanti fino ad una lunghezza di 15 m. Il secondo è quello di Civitanova Marche, a 9 km da Porto Recanati, più grande del primo, conta 707 posti barca per natanti fino a 35 m. La realizzazione di un porto turistico a Porto Recanati permetterebbe alla città di consolidare ed incrementare il proprio bacino di utenza tra pescatori, turisti ed amatori e, non meno importante, di rafforzare la zona nord della città, spesso soggetta a mareggiate

La regione Marche conta ben 16 porti turistici, ma soltanto 2 di questi si trovano in provincia di Macerata.

Vincolo indiretto Soprintendenza Vincolo diretto Soprintendenza Verde sottoposto a vincolo Nucleo residenziale di espansione Aree residuali edificabili Verde sportivo Vegetazione ripariale Area progetto porto turistico P P

Area di progetto

P

Strada extraurbana Ferrovia Ancona - Civitanova Marche Percorso ciclopedonale Accessi pubblici Accessi privati Strada chiusa

N Fig. 2.20

P

Parcheggi

Disposizioni P.R.G - Variante 2013

31



Il paraboloide di Porto Recanati Il Capannone nervi: rilievo, ipotesi costruttiva e stato di conservazione


Il Capannone Nervi Come detto in precedenza, il silos a copertura parabolica di Porto Recanati fu costruito in un anno esatto, tra il 1955 e il 1956, all’interno dell’area industriale Montecatini come magazzino per lo stoccaggio del perfosfato. Il suo funzionamento era quello tipico dei paraboloidi: le polveri venivano trasportate attraverso un nastro trasportatore posto al vertice degli archi e venivano depositate all’interno del silos per caduta formando dei cumuli che venivano poi grattati a mano o meccanicamente. La sua attribuzione a Nervi è sempre stata molto discussa.

Di recente si è ipotizzato che il manufatto non sia stato progettato direttamente dall’ingegnere (nessun disegno e nessun documento è stato mai trovato), ma che fu probabilmente progettato prendendo come esempio i magazzini a copertura parabolica progettati negli anni precendenti da Nervi. Indubbio è però che questa, seppur ipotetica, attribuzione abbia contribuito ampiamente nell’ottenimento del vincolo monumentale. Il Capannone nervi si trova, inoltre, in una posizione strategica dal punto di vista urbano: è perfettamente in asse con il Corso Matteotti, la strada principale della città, e ne costituiva, prima delle costruzioni degli anni Novanta e Duemila, il fuoco prospettico. La scelta della posizione del magazzino a copertura parabolica non era del tutto casuale all’interno dell’area poiché ne esaltava la valenza monumentale dell’architettura industriale del Novecento.

PRIMA Ex Montecatini

Tessuto città consolidata

Fig. 3.1

Rapporto tra edificio e città: Fino alla metà degli anni Novanta

Fuoco prospettico del corso

DOPO Tessuto città consolidata

Tessuto città in evoluzione

Ex Montecatini

Oggi

ALTEZZE MEDIE: 15 / 18 m

Fig. 3.2

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Rapporto tra edificio e città: le alzezze


Rilievo dell’edificio ed ipotesi costruttiva Il Capannone Nervi, magazzino a copertura parabolica dell’ex Montecatini di Porto Recanati, è un edificio realizzato interamente in cemento armato. I suoi archi sono disposti in successione secondo l’asse nord-sud della città ed è posizionato a metà tra i binari della linea ferroviaria locale e la costa. Il manufatto conta 12 archi posti tra loro ad un interasse di 6 m e misura 66,35 m in lunghezza, 18,50 m in altezza, con una larghezza interna di 32,50 m ed esterna di 51,40 m, rientrando così perfettamente nelle dimensioni standard dei paraboloidi di tipo comune. Attraverso lo studio di documenti tecnici di edifici simili si è Attravers potuto ipotizzare che le fondazioni siano state realizzate con travi continue perimentrali con sezione di 300 x 150 cm, in corrispondenza delle imposte degli archi, e di 150 x 150 cm per i pilastri che formano i portici. Queste travi di fondazione dovrebbero essere collegate tra loro attraverso delle catene poste in corrispondenza degli archi, quindi seguendo l’interasse dei 6 m. Le singole arcate presentano una sezione variabile tra i 25 e i 30 cm e seguono lo schema statico dell’arco a due cerniere. Partendo da sud, il nono arco presenta una sezione più piccola Partend ed un secondo arco giuntato seguito poi dagli altri tre. Questo perché, con molta probabilità, il magazzino doveva essere originariamente più corto e sono stati aggiunti solo in un secondo momento gli altri archi, raddoppiando e giuntando la nona arcata. Questa ipotesi è rafforzata dal fatto che il portico orientale è molto più corto di quello opposto e si interrompe proprio all’altezza del raddoppio. I 12 archi sono collegati tra loro in chiave tramite una galleria che ospitava il nastro trasportatore ed è appesa a tiranti in

cemento armato. A collegare gli archi sono presenti anche delle travi secondarie di collegamento con sezione di 5 x 25 cm e degli elementi di irrigidimento. Questo sistema funge sia da controventamento che da appoggio per i pannelli di copertura. Il rivestimento di copertura è costituito da pannelli di fibrocemento, attualmente in processo di rimozione a causa dell’alto contenuto di eternit Come anticipato, sui lati lunghi dell’edificio sono presenti dei portici coperti con un innovativo sistema di solette a livelli diversi che consentiva alla luce di entrare filtrata. Il piano di calpestio dell’intero edificio non è altro che una soletta di calcestruzzo di 15 cm rivestita da 2 cm di pavimento antiacido. Fasi costruttive (sempre ipotizzate su documenti di edifici simili): realizzazione dello scavo e getto in opera delle travi continue di fondazione, forse realizzate in due momenti diversi, come per la galleria; realizzazione degli archi attraverso l’utilizzo di centine lignee per contenere il getto in calcestruzzo. Il disegno dell’arco è stato probabilmente fatto a terra utilizzando un sistema cartesiano di punti tra loro connessi; produzione seriale degli archi: le centine realizzate per il getto sarebbero state due o tre al massimo; i travetti di collegamento tra i singoli archi sarebbero stati posizionati e fissati solo alla fine con un getto di completamento sull’estradosso; la struttura dei portici è integrata a quella dell’arco, le coperture sono state realizzate in c.a. alleggerito con laterizi; per finire, sono stati montati i pannelli di copertura sui travetti di collegamento degli archi. Da “Concimaru de pogu guadagnu (La fabbrica di concimi chimici a Porto Recanati, 1907 1971)” di Lino Palanca, in Potentia, Archivi di Porto Recanati e dintorni, anno VI, n.19, speciale 2005, Centro Studi Portorecanatesi, Fondazione Mengoni.

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Esploso assonometrico Ingrandimento singolo pannello

0,45 m

Pannelli di rivestimento in fibrocemento

6.00 m

Disposizione dei pannelli: L’arcata prefabbricata è dotata sul dorso esterno di una risegatura apposita per ospitare l’aggancio del pannello in fibrocemento. Volte paraboliche: Sono gli elementi strutturali principali e presentano una chiave rinforzata, punto in cui si posiziona il piano di scarico del materiale.

Arcate: elementi prefabbricati in cls

Fotografie d’epoca di alcuni esempi realizzati con il metodo delle centine lignee, in Italia e all’estero.

Travi di irrigidimento: Si trovano sul punto in cui la volta incontra le pensiline. Sono gli unici cordoli di collegamento tra le volte e sono realizzate in cemento armato. Un altro collegamento tra le volte è il cordolo passante tra i portali del nastro trasportatore. Fig. 3.3

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Schema assonomentrico strutturale del paraboloide


Sezione tipo della galleria parabolica

Ingrandimento delle risegature dell’arco per il montaggio dei pannelli

0

Fig. 3.4

5

Cumuli di prodotto scaricato dall’alto (funzione originaria del magazzino) I cumuli potevano raggiungere i 10 m di altezza

10

Sezione trasversale del paraboloide

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Stato di conservazione

Fig. 3.5

Aggancio del nastro trasportatore in chiave d’arco

Fig. 3.7

Pilastri del portico e travi di collegamento

Fig. 3.6

Solaio alleggerito del portico

Fig. 3.8

Portico est e raddoppio dell’arco

Documentazione fotografica sopralluogo, Luglio 2016

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Ipotesi progettuale Rigenerazione dell’area ex Montecatini Riuso del “Capannone Nervi” Nuovo porto turistico


L’area di progetto: analisi e strategie Analisi dell’area L’area si trova al termine del lungomare cittadino, ma non ne è il proseguimento, né la conclusione. Arrivati al termine di Corso Matteotti e di Via Lepanto (lato nord) i percorsi si confondono in stradine che si perdono nel fitto tessuto edilizio che affaccia sulla costa e termina con un nuovo complesso residenziale ed alberghiero costruito a ridosso dell’ area dell’ex Montecantini. L’area si presenta con il grande stabilimento in testata e si apre alle sue spalle tra cumuli di detriti di materiali edili, sabbia e verde incolto. Sullo sfondo, a terminare il grande spazio, il ponte della statale che separa Porto Recanati dalla frazione di Scossicci. La ferrovia Adriatica lambisce l’edificio e l’area alle sue spalle e non permette alcun tipo di attraversamento sul versante opposto, dove troviamo un’altra area residuale inutilizzata che verrà integrata nella proposta di progetto.

Fig. 4.2 (a) Stato di degrado e abbandono, bordi indefiniti

Fig. 4.2 (b) Cesura: la ferrovia taglia a metà l’area di progetto

Fig. 4.2 (c) Discontinuità con la città ed il suo lungomare

Rimessa barche Capannone Nervi

Fig. 4.2 (d) Presenza di un edificio di interesse particolare (vincolato)

Fig. 4.1

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Analisi planimetrica dell’area di studio


Strategie di progetto L’individuazione dei punti di forza dell’area è frutto di un’accurata conoscenza del sito, della sua evoluzione e della città che la ospita. Fondamentale sarà la connessione tra la città e il nuovo intervento, sia geografica che filologica. Il nuovo polo portuale avrà il dovere di raccontare ai cittadini ed ai turisti la storia e gli avvenimenti di un eccezionale passato industriale legato a questo luogo. Successivamente alla risistemazione strutturale dell’edificio di interesse e alla rimozione dall’area di ciò che è superfluo, il primo obiettivo sarà quello di individuare a scala urbana i nuovi assi di relazione tra l’area e la città, per facilitarne l’interazione. Traspare la necessità di ridefinire i contorni e di cercare una nuova continuità con il lungomare cittadino e con gli assi principali della città, che hanno andamento longitudinale e seguono quello della costa. I nuovi percorsi consentiranno linearità nel raggiungimento e negli attraversamenti e saranno intervallati da numerosi spazi verdi che, collegandosi con quelli già presenti sul lungomare, genereranno un vero e proprio parco costiero che arriva sino al porto. Questo nuovo sistema sarà il punto di partenza per la nuova vita del Capannone Nervi che diverrà il landmark del porto e ospiterà al suo interno un centro dedicato agli sport acquatici, alla formazione in materia nautica ed al ricordo dell’ex stabilimento Montecatini attraverso eventi ed esposizioni sul tema Il parco costiero sarà intervallato da spazi di relazione, piccoli edifici ed un terminal passeggeri. All’estremità nord troverà invece spazio un’officina con rimessa per le imbarcazioni. Il porto sarà chiuso alle estremità con dei moli foranei ed avrà una capacità di circa 200 posti barca per natanti fino a 20 m.

Fig. 4.3 (a) Risistemazione degli edifici di interesse e demolizione di quelli superflui

Fig. 4.3 (b) Individuazione di nuovi assi di relazione

Fig. 4.3 (c) Ridefinizione dei contorni in continuità con il lungomare cittadino

Fig. 4.3 (d) Rifunzionalizzazione e nuova progettazione

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Planivolumetria della proposta di progetto

6

5 1

3

4 2

Fig. 4.4

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Planivolumetrico dell’intervento


Proposta di progetto Tra l’amore e l’odio dei portorecanatesi, l’ex Montecatini oggi non è altro che uno scheletro abbandonato, sommerso dai detriti e circondato dalla crescente speculazione edilizia. Salvo dalla demolizione, ma dimenticato dalle amministrazioni locali e dai cittadini. L’area nella quale si trova è ormai considerata “residuale”, a ridosso di una costa completamente edificata a scopo residenziale e turistico, che fa gola ai costruttori privati, considerata un ulteriore spazio da riempire con strutture residenziali e/o commerciali. Nella quasi totalità delle opinioni si evince una mancanza di sensibilità nei confronti di un manufatto che è patrimonio collettivo e culturale ed un ormai simbolo consolidato del paesaggio di Porto Recanati. La strategia di recupero degli edifici industriali è oggi una pratica molto diffusa, soprattutto fuori dall’Italia, che permette la riconversione degli spazi e la proliferazione delle idee volte alla crescita del territorio. Quando si arriva nel centro di Porto Recanati, che sia con l’auto o con il treno, la prima sensazione è quella di trovarsi in un posto in cui la vita segue ritmi lenti. Pochi abitanti utilizzano la macchina al centro della città e, soprattutto nel periodo estivo, in cui la città vede un aumento consistente della sua popolazione, ci si sposta a piedi o in bicicletta. Raggiungere l’edificio è molto semplice, basta percorrere il corso principale o il lungomare in direzione nord e lo si trova appena fuori dal centro storico della città e a ridosso della frazione di Scossicci.

A lato dell’edificio corrono i binari della linea ferroviaria Adriatica, che separa in due la città, ed è costeggiata per alcuni tratti da percorsi sterrati ciclopedonali di cui uno che, passando accanto all’ex Montecatini, arriva a Scossici. L’edificio è raggiungibile anche in auto e la strada termina esattamente di fronte ad esso. Alle spalle dell’ex Montecatini vi è una vasta area, su cui un tempo sorgevano i primi edifici della fabbrica. Intento del progetto non è solo riqualificare l’area e il suo edificio ma, soprattutto, reinserirla in un piano cittadino e renderla fruibile. L’ex Montecatini (1) ospiterà un centro dedicato agli sport acquatici che comprenderà una piscina coperta, delle aule per la formazione e lo studio, una sala multimediale e degli spazi espositivi e di relax I nuovi spazi ricavati nel grande volume esistente, si sviluppano su più livelli attraverso piani orizzontali e volumi scatolari, il tutto supportato da una maglia di travi e pilastri in acciaio che si “appoggiano” alla struttura esistente senza modificarla, in previsione di una futura e possibile rimodulazione dello spazio interno. La spiaggia sottostante (2) verrà attrezzata per i bagnanti e per l’esercizio degli sport acquatici, quali surf e windsurf. In adiacenza al capannone, prima dell’area destinata a porto, si trova una vasta area attraversata da un rivolo d’acqua e abitata da vegetazione spontanea e sabbia. Il ridisegno di contorni e percorsi e il rinfoltimento della vegetazione permetterà la realizzazione di un parco alberato che ospita delle piscine all’aperto e dei piccoli edifici turistici per le informazioni e il noleggio di biciclette (3)

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Attraversando l’intero parco si giungerà al porto turistico (4). Una grande pensilina ondulata ospiterà il terminal passeggeri. con spazi d’attesa interni ed esterni. Superato il terminal ci si troverà in una seconda area di parco dalle dimensioni più ridotte, punteggiata da piccoli edifici per il commercio e la ristorazione che affacciano sul bacino del porto. L’estremità nord del porto sarà attrezzata per il rimessaggio, il rifornimento e la riparazione delle imbarcazioni e sarà raggiungibile anche via auto passando dalla sopraelevata di Scossicci (5). Ad ovest, dei sottopassaggi pedonali collegheranno il porto con l’area al di sopra della ferrovia che ospiterà un parco sportivo con campi da gioco e palestre, verde pubblico ed aree di parcheggio (6). Quasi tutti gli edifici proposti saranno di cubatura contenuta e se ne ipotizza la costruzione con materiali e tecnologie leggere per agevolare future riconversioni dell’area e un sempre nuovo utilizzo degli spazi. Si propone, inoltre, di dedicare molto spazio al verde ed alle attività all’aperto, a fronte di una costa interamente edificata ad uso residenziale e ricettivo. L’obiettivo è rendere godibile uno spazio dove oggi quasi nessuno si reca, di cui non si parla perché indesiderato. Restituire questi spazi ai cittadini e ai turisti, permettendogli di terminare la propria passeggiata sul lungomare in un luogo pensato per loro, con un parco attrezzato, un terminal e degli spazi per le attività sportive e il relax, che cerca di ricreare un legame positivo con la memoria industriale, commerciale e marittima di Porto Recanati, di un posto che a suo tempo contribuì alla crescita e alla ricchezza di tutta la città.

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Francesca Di Marco

Fig. 4.5

Vista a volo d’uccello del Porto Turistico

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Francesca Di Marco

Fig. 4.6

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Capannone Nervi, prospetto est


Francesca Di Marco

Fig. 4.7

Capannone Nervi e piscine esterne, prospetto nord

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Francesca Di Marco

Fig. 4.8

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Terminal passeggeri, vista nord ovest


Francesca Di Marco

Fig. 4.9

Capannone Nervi, intervento interno, ingresso Sud

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Porto Recanati (Mc) - Rigenerazione dell’area Ex Montecatini, Capannone Nervi

Francesca Di Marco

Fig. 5.1

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Capannone Nervi, piscina interna, ingresso Nord


Francesca Di Marco

Fig. 5.2

Capannone Nervi, intervento interno, ultimo livello

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BIBLIOGRAFIA L. Santarella, “L’architettura nei ponti italiani in cemento armato” , in “Annali dei Lavori Pubblici”, Aprile 1930 M. Modica, F. Santarella, “Paraboloidi - Un patrimonio dimenticato dell’architettura moderna” , Edizioni Firenze, 2014 L. Palanca, “Concimaru du pogu guadagnu - La fabbrica di concimi chimici a Porto Recanati, 1907 - 1971”, in “Potentia - Archivi di Porto Recanati e Dintorni”, anno VI, n. 19, speciale 2005, Centro Studi Portorecanatesi, Fondazione Mengoni A. Giovannelli, “Esercizi di riuso dell’architettura”, Edizioni Kappa, 2013 L. Franco, R. Marconi, “Porti turistici - Guida alla pianificazione, progettazione e costruzione dei marina”, Maggioli Editore, 2003 L. Coppola, A. Buoso, “Il restauro dell’architettura moderna in cemento armato”, Hoepli, Luglio 2015

SITOGRAFIA http://www.lifemarche.net/porto-recanati-la-cattedrale-dei-gabbiani.html http://www.portorecanatesi.it/POLIT_SOCIETA/PAGINE/capannonenervivannini.htm http://www.viveremarche.it/2007/11/06/porto-recanati-lex-montedison-perla-dellarcheologia-industriale/156639/ http://www.portiditalia.it/porti-delle-marche/ https://www.facebook.com/Cartoline-Porto-Recanati-368048713338201/

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ICONOGRAFIA Immagine di copertina: Foto scattata dall’autrice della tesi Fig. 1.1, pag.8: http://arquiscopio.com/archivo/2013/02/02/hangares-para-dirigibles-de-orly/?lang=it Fig. 1.2: http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/LC120-00602/ Fig. 1.3, 1.4: “Paraboloidi - Un patrimonio dimenticato dell’architettura moderna” di M. Modica, F. Santarella, Edizioni Firenze, 2014 Fig. 1.5: Schema dell’autrice Fig. 1.6 (a - b): http://www.bellaumbria.net/it/teatri/teatro-lyrick/ Fig. 1.7: https://divisare.com/projects/343708-marco-mattei-architetto-centro-culturale-e-biblioteca-della-citta Fig. 1.8 (a - b - c): http://www.cereafiere.it/it/public/areaexp Fig. 1.9, 1.10, 1.11: Paraboloidi - Un patrimonio dimenticato dell’architettura moderna” di M. Modica, F. Santarella, Edizioni Firenze, 2014 Fig. 1.9, 1.10, 1.11: Paraboloidi - Un patrimonio dimenticato dell’architettura moderna” di M. Modica, F. Santarella, Edizioni Firenze, 2014 Fig. 1.9, 1.10, 1.11, 1.12, 1.13: Paraboloidi - Un patrimonio dimenticato dell’architettura moderna” di M. Modica, F. Santarella, Edizioni Firenze, 2014 Fig. 1.14: Foto dell’autrice Fig. 2.1, 2.2, 2.3, 2.4, 2.5, 2.6: Schemi dell’autrice Fig. 2.7, 2.8, 2.9, 2.10: https://www.facebook.com/Cartoline-Porto-Recanati-368048713338201/

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ICONOGRAFIA Fig. 2.11, 2.12, 2.13, 2.14: Foto scattate dall’autrice Immagini timeline (a - b - c - d): https://www.facebook.com/Cartoline-Porto-Recanati-368048713338201/ Immagine timeline (e): Foto scattata dall’autrice Fig. 2.15 (a - b - c - d): Schemi dell’autrice Fig. 2.16, 2.17, 2.18: Foto scattate dall’autrice Fig. 2.19: https://www.google.it/maps, coordinate: 43°26'33.3"N 13°39'31.8"E Fig. 2.20: Schema dell’autrice su base cartografica P.R.G. Fig. 3.1 (a - b), 3.2, 3.3, 3.4: Schemi dell’autrice Fig. 3.5, 3.6, 3.7, 3.8: Foto scattate dall’autrice Fig. 4.1, 4.2, 4.3: Schemi dell’autrice Fig. 4.4: Planivolumentrico di progetto dell’autrice, estratto delle tavole di presentazione della tesi Fig. 4.5, 4.6, 4.7, 4.8, 4.9, 5.1, 5.2: Rendering di progetto dell’autrice, estratto delle tavole di presentazione della tesi

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Lavoro terminato a Marzo 2017. Ulteriori ricerche ed ampliamenti sono stati messi a punto a Luglio 2017. francesca.dimarco85@gmail.com Grazie. Francesca Di Marco

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