C.U.cire il margine. Un progetto per il nuovo confine orientale della C.U. di Città del Messico

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C.U.cire il margine Un progetto per il nuovo confine orientale della Ciudad Universitaria di CittĂ del Messico

Laureande Francesca Fasiol Lisa Zanin Relatori Romeo Farinella Elena Dorato Correlatore Gabriel Villalobos

UniversitĂ degli Studi di Ferrara Corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in Architettura A. A. 2014/2015



Ai miei genitori,


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INDICE ABSTRACT 0_ PREMESSA INQUADRAMENTO 1. IL CONTESTO METROPOLITANO DI CITTÀ DEL MESSICO E L’UNAM 1.1 _ Città del Messico: la città senza limiti 1.2 _ La storia 1.3 _ L’ UNAM: dalle origini ad oggi 1.4 _ L’influenza della Ciudad Universitaria nella città metropolitana ANALISI 2. LA CIUDAD UNIVERSITARIA 2.1 _ Abitare C.U. 2.2 _ Una città nella città 2.3 _ Il Campus come condensatore sociale 2.4 _ La Ciudad Universitaria al limite 3. CRITICITÀ E POTENZIALITÀ DEL MARGINE ORIENTALE DELLA CIUDAD UNIVERSITARIA 3.1 _ Le barriere e la permeabilità 3.2 _ La viabilità integrata 3.3 _ Gli spazi pubblici 3.4 _ I servizi 5


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4. UNO SGUARDO OLTRE IL MARGINE 4.1 _Las colonias populares: il fenomeno dell’informalità 4.2_ Le trame urbane oltre il muro 4.3 _Le polarità dell’area 4.4 _La strada come spazio pubblico PROGETTO 5. C.U.CIRE IL MARGINE 5.1 _Da spazio di confine a confine come spazio 5.2 _Fruizione del margine 5.3 _Integrazione della mobilità 5.4_ Dotazione di spazi pubblici 6. UN SISTEMA INTEGRATO DI SPAZI 6.1_ La stazione metropolitana 6.2_ Un polo sportivo per tutti 6.3_ Rivivere la vegetazione del Pedregal 7. ATTREZZARE IL MARGINE 7.1_ I nuovi accessi 7.2_ Elementi di acupuntura urbana 7.3_ Uno spazio di qualità diffusa CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA ALLEGATI

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Biblioteca Centrale Unam

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ABSTRACT Nell’area metropolitana di Città del Messico, la cosiddetta città senza limiti, emerge la Città Universitaria (C.U.), ente amministrativamente autonomo rispetto alla città stessa. L’UNAM, Universidad Nacional Autonoma de México, è un’entità forte nella morfologia urbana della città e un elemento importante dal punto di vista storico e culturale per tutto il Paese, tanto che dal 2007 è diventata sito patrimonio UNESCO. La C.U. si inserisce in un contesto difficile e molto articolato poiché, pur essendo ben collegata con arterie viarie importanti al centro della città, è quasi totalmente isolata dai quartieri residenziali e popolari che confinano con essa. L’attenzione della tesi è posta proprio su questa linea di confine della città nella città, nell’area est della C.U. dove il Campus Universitario è a contatto con i quartieri di Copilco Universidad, Copilco Alto e il Pedregal di Santo Domingo. Il margine, 9


che in questa zona è rappresentato da un muro continuo in pietra, separa nettamente l’interno dall’esterno e tale elemento di demarcazione diviene più debole solo nella zona della stazione metropolitana, dove da linea di confine si trasforma in spazio di confine. E’ su questi elementi che il progetto vuole intervenire, proponendo una riqualificazione del margine, trasformando il confine da netta cesura a spazio terzo dotato di identità perché possa essere luogo di incontro e scambio tra interno ed esterno. La strategia di progetto si propone di aumentare la permeabilità della barriera, intervenendo sulla mobilità interna alla C.U., tramite la gerarchizzazione dei flussi esistenti, favorendo la mobilità lenta a discapito della carrabile e riorganizzando la polarità di metro Universidad, affinché possa diventare effettivamente quello che solo morfologicamente è già: un edificio ponte, uno spazio integrato con le aree pubbliche adiacenti, perché possa essere uno spazio non solo attraversato, ma concretamente 10


vissuto da studenti e residenti. L’apertura di nuovi accessi e la realizzazione di microinterventi di rigenerazione urbana in corrispondenza di questi, pur mantenendo l’autonomia del Campus, generano nelle intenzioni di progetto una maggiore permeabilità della barriera e nuovi flussi sia lungo che attraverso la linea di confine. C.U.cire il margine vuole disegnare un nuovo confine, uno spazio che non sia più una zona di conflitto e limitazione, ma di scambio e interazione reciproca.

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PREMESSA La tesi nasce dall’esperienza di un Workshop organizzato dalla collaborazione tra l’Università degli Studi di Ferrara, il centro di ricerca CITER e l’Universidad Nacional Autonoma de México UNAM svoltosi lo scorso aprile a Città del Messico. Il Workshop “Ciudad Universitaria y sus Relaciones Urbanas” prende in oggetto proprio il Campus de la UNAM, oggi patrimonio dell’umanità. La Ciudad Universitaria appare come un organismo isolato e ben definito a causa delle sue caratteristiche funzionali e morfologiche e si contraddistingue per la notevole qualità urbana e le dinamiche interne che si sono innescate nel corso degli anni, facendo di questo Campus quasi un’isola autonoma, ma che influenza fortemente le trame urbane della città che lo circonda. Il tema centrale del Workshop era quello degli spazi di confine e di transizione, propri di questa città nella città, e nostro compito era formulare ipotesi metaprogettuali per la risoluzione di queste aree di margine, 12


lavorando in gruppo con ragazzi italiani e messicani. Attraverso un’analisi della dimensione socio-culturale dei singoli quartieri e del sistema complesso della mobilità interna al Campus e di come questa si connetta a quella metropolitana esterna, dal Workshop è scaturita una serie di idee metaprogettuali riguardanti la connessione tra interno ed esterno, al fine di rafforzare il rapporto dell’Università con la città. Già dai primi sopralluoghi e dalle prime analisi è emerso come lungo lo stesso confine della Ciudad Universitaria si riscontrino situazioni molto differenti. Il margine occidentale, quello dei Jardines del Pedregal, gated community ad alto reddito, risulta essere estremamente chiuso, inaccessibile, quasi ermetico con tutti gli accessi sorvegliati,dotati telecamere e sbarre.I margini settentrionale e meridionale sono occupati da zone di servizi commerciali che si affacciano su un’arteria viaria di traffico importante, l’imponente asse di Avenida de los Insurgentes Sur. Il margine 13


orientale, invece, è la vera “porta” a C.U. , è il confine che presenta un maggiore flusso da e per il Campus anche se gli accessi sono presenti in numero insufficiente. La nostra tesi parte proprio da questa esperienza e procede con un’analisi più approfondita del contesto della Ciudad Universitaria e del tessuto urbano che la circonda, proponendo un’ipotesi proggettuale che possa facilitare un dialogo attivo tra il Campus e i quartieri del margine orientale.

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CIUDAD DE MÉXICO

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Confine della Ciudad Universitaria

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Il concetto di limite urbano e confine La città è da sempre il luogo in cui “leggere il tempo nello spazio”1, è la spazializzazione e la stratificazione delle esperienze, dei vissuti, delle trame urbane e delle trasformazioni che essa ha vissuto nel corso delle diverse epoche. Riprendendo le parole di Georg Simmel2, oggi più che mai attuali, la metropoli è la forma stessa della modernità, la sua espressione più emblematica. Infatti, dentro la città prendono corpo un insieme di processi, flussi, mobilità e reti che scaturiscono in trame spesso inattese o addirittura in forti tensioni nel tessuto urbano. Se in passato la città era concepita come un’entità compatta e ben delimitata nello spazio, basti pensare alla cinta muraria di molti centri, oggi, la cosiddetta città 1 Schrögel K., Leggere il Tempo nello Spazio. Saggi di storia e geopolitica, Bruno Mondadori, Milano, 2009 citato in Lazzarini A., Il Mondo dentro la Città. Teorie e Pratiche della Globalizzazione, Università Bruno Mondadori, Milano,2013 2 Simmel G., La Metropoli e la Vita dello Spirito, Armando Editore, Roma, 1995, citato in Lazzarini A., Il Mondo dentro la Città. Teorie e Pratiche della Globalizzazione, Università Bruno Mondadori, Milano,2013

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globale contemporanea sembra estendersi senza limiti, inglobando altri nuclei urbani, dissolvendo distanze, differenze e specificità territoriali, divenendo sempre più la città che sembra crescere con un ritmo inarrestabile. Si è assistito alla diffusione di una suburbanizzazione scomposta, casuale e frammentata, ma allo stesso tempo instabile e mutevole. Una vera e propria esplosione dello spazio urbano, con la dislocazione di servizi, funzioni e popolazione oltre i confini urbani. Tali limiti sono resi meno netti e l’intero processo non risulta avere un andamento né omogeneo né continuo. Si tratta di un continuo sviluppo, una continua metamorfosi, che dà vita a nuove forme urbane. Si assiste a una vera e propria riorganizzazione del territorio che diviene multipolare. Si parla di arcipelago metropolitano, un sistema di polarità distinte, ma integrate che si collocano su tutto il territorio. In questo contesto assumono un’importanza strategica la mobilità pubblica o privata che sia, la rapidità degli spostamenti, i flussi di persone, di prodotti, di denaro, di informazioni e la presenza di assi viari in grado di garantire scambi e traffici. Questa città prende il nome di città diffusa o città infinita, ovvero un continuum urbano e suburbano fatto di insediamenti, poli produttivi, infrastrutture, centri commerciali e una distesa senza fine di costruzioni ed edifici localizzati in modo casuale e anarchico che mancano di coerenza e contestualità.

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Nancy3, in riferimento al caso di Los Angeles, ma può benissimo riguardare anche Ciudad de Mexico, parla di una città che è un insieme di città, una noncittà, che corre in tutte le direzioni, sembra moltiplicarsi in una proliferazione frattale, in cui ogni parte, ogni quartiere, ogni nodo, ogni via di circolazione penetra entro spazi vuoti e tra le fenditure che incontra. Nancy osserva che si produce in questo modo una diffusione della città, la sua evaporazione, la sua dissipazione di funzione e di luoghi in spazi periferici che diventano sempre meno periferici nella misura in cui il centro si travasa in essi, senza però cessare di essere centrale. Come pura estensione, il “fuori dalla città” non è più campagna come un tempo, ma è al di fuori di una città indefinita che si estende, si allunga, arrivando a sfiorare altre città e successivamente ad assorbirle. Lo spirito della città è negoziante e negoziatore, la città mercanteggia, è incessante mobilitazione, attraversamento. Essa non è chiusa su se stessa, ma aperta in tutte le direzioni, impegnata in ogni forma di circolazione, traffico, passaggio. L’unico fine è sconfinare, crescere, debordare, la radice della città è mobile, la spinta è economico-funzionale, ma insieme civile; la città esprime la propria libertà nell’estendersi, nell’integrare luoghi, nel costruire reti. Da qui, il nome megacity, megacittà, agglomerati urbani in cui vivono 3 Nancy J.-L., La Città Lontana, Ombre Corte, Verona , 2002

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milioni e milioni di persone, costellazioni urbane, come le battezzò Manuel Castells,4 globalmente connesse e disconnesse localmente, fisicamente e socialmente; entità dalla struttura frammentaria, discontinua e policentrica. In generale, il problema della città infinita, e quindi anche di Città del Messico, sta proprio nell’individuare strategie di coordinamento e organizzazione che sappiamo contrastare la crescita incontrollata e la sostanziale accondiscendenza di fronte all’iniziativa privata. Sebbene gli interventi pubblici sulle grandi infrastrutture siano fondamentali all’interno della metropoli, persistono le gravi carenze in termini di funzionalità, che portano i cittadini stessi all’uso eccessivo dell’auto privata, alla perdita di molto tempo negli spostamenti, al degrado ambientale e ad un consumo energetico notevole. La sua “diffusione” andrebbe governata e progettata puntando sull’organizzazione e sull’integrazione funzionale, spaziale e sociale. Per questo progettare la città diffusa significa, oggi, investire sulla dotazione di servizi pubblici, sulla rigenerazione degli spazi pubblici, sulla valorizzazione del trasporto collettivo pubblico e su forme di integrazione sociale. E se, quando si parla di città infinita, la si pensa come una distesa metropolitana senza confini, si sbaglia, perché in realtà 4 Castells M., La nascita della Società in Rete, Edizioni Università Bocconi, Milano, 2002, pp.466

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questi ultimi non scompaiono, ma, anzi, si moltiplicano e si dislocano all’interno del tessuto urbano. Il concetto di confine, limite, racchiude in sé una connotazione marcatamente spaziale, quasi geografica. Infatti, delimitare un confine significa dare forma ad uno spazio, definirlo, creare una discontinuità con l’indefinito che gli sta attorno, segnare il luogo di una differenza. I confini, segnano l’inclusione di ciò che vi sta all’interno, ma soprattutto l’esclusione di ciò che sta al loro esterno. La tendenza diffusa nelle città contemporanee è quella di rompere i margini, spostare i confini urbani sempre più in là, fino a dissolverli progressivamente. Da una parte tendono a superare i propri confini, inglobando porzioni più ampie di territorio, dall’altra, invece, i confini tendono a farsi sempre più indefiniti ed a sparire entro quel continuum urbano e suburbano. La vita della città contemporanea è caratterizzata da un’incessante produzione di confini, detta bordering in inglese. Un moltiplicare, dislocare, e differenziare i confini materiali, immateriali, fisici e simbolici. Sono proprio la disseminazione e il moltiplicarsi a dismisura dei confini entro gli spazi urbani che esprimono la necessità di mettere in atto di ordinamento territoriale, di regolamentazione sociale che passano attraverso la disciplina dell’uso degli spazi. D’altro canto, però, lungo i confini si vengono a creare intensi transiti di significati, simboli, narrazioni e negoziazioni. Il confine prende forma come uno spazio intermedio, un interstizio creativo. I confini 23


sono oggetti misteriosi: nati per separare e distinguere, essi finiscono per essere incessantemente attraversati, dunque per congiungere, mettere in relazione, attraverso passaggi e trasposizioni. Lo scopo dei confini è l’istituzionalizzazione di una discontinuità spaziale, capace di enunciare una differenza, di costruire identità e alterità. Essi stabiliscono lo “spazioproprio”, istituendo al contempo lo “spazioaltro”. Negli spazi urbani tali dinamiche si esprimono in modo emblematico. Se i confini esterni si fanno più rarefatti, al suo interno la città non fa che moltiplicare, spostare , fortificare confini. Dall’organizzazione di spazi alle misure di contrasto contro forme di devianza, ai dispositivi per la sicurezza individuale e collettiva, fino agli interventi per la rigenerazione delle zone a rischio. La strategia d’azione è sempre la stessa: azioni di controllo, ordine, disciplina e sorveglianza della vita dei cittadini. Tutti i provvedimenti sono presi in nome della “sicurezza” e il controllo e la sorveglianza ne sono le garanzie. L’articolazione dello spazio urbano, quindi, si orienta sempre più verso la segregazione spaziale e sociale: si formano unità omogenee ( per etnie, culture, stili di vita e redditi), si costituiscono comunità chiuse, spazi uniformi, protetti attraverso fortificazioni fisiche ed elettroniche. Le forme più significative di segregazione riguardano le comunità chiuse, gated communities. Si tratta di vere e proprie zone di extraterritorialità, spazi urbani preclusi in cui i residenti provvedono a realizzare 24


infrastrutture e servizi. I punti di accesso di questi spazi residenziali sono rigidamente controllati da guardie e telecamere e il perimetro è delimitato da confini netti, recinzioni o mura, per enfatizzare anche esteticamente la loro natura di isole sicure entro un mondo, quello della città contemporanea, pericoloso e ostile. L’urbanesimo contemporaneo sembra, quindi, ossessionato dal problema della sicurezza urbana, soprattutto delle strade della città in cui si concentrano forme di emarginazione, devianza, povertà che sfociano spesso in violenza e criminalità, le “vie di scarto”, come le definisce Bauman5; effetti collaterali della globalizzazione. E’ in questo contesto della megalopoli contemporanea che si colloca Città del Messico, che con più di 22 milioni di abitanti è da considerarsi un perfetto esempio di città infinita.

5 Bauman Z., Vie di Scarto, Laterza, Roma-Bari, 2005

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Nella pagina seguente: Paesaggio metropolitano di Ciudad de México.


INQUADRAMENTO



Pensare il confine come uno spazio e non solo come la linea che lo istituisce univocamente è possibile solo cominciando a conoscere senza pregiudizi i confini, osservandoli un po’ meglio e un po’ più in profondità per poi cercare di dar loro una forma e un carattere nuovi. Non è sufficiente rimuovere la componente visibile di un confine per colmare la sfasatura che esso rende evidente. Ideare un confine come spazio di dialogo richiede allora l’impegno di tutti i nostri sensi, spinti all’estremo nel tentativo di percepire ciò che a volte c’è, ma non si vede. Inventare, o forse reinventare, questo confine significa provare a controllare queste figure in cui continuamente ci imbattiamo, per limitarne l’influenza sui nostri comportamenti e non subirne solamente il controllo. Allo stesso tempo è un esercizio fondamentale per stare all’erta, per non cadere nella trappola di vedere e costruire limiti e barriere là dove non sono mai esistiti.

Significati del confine, Piero Zanini

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Il contesto metropolitano di Città del Messico e l’UNAM sottotitolo 1.1_La cittàsenza senzalimiti limiti 1.1_la città 1.2_La 1.2_ Lastoria storia 1.3_L’ UNAM: dalle origini ad oggi 1.3_L’ UNAM: della dalle C.U. origini ad oggi 1.4_L’influenza nella città metropolitana

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Il conto dei chilometri quadrati l’hanno perso da tempo, perché El Monstruo si è ingoiato paesi, villaggi, pezzi di stati confinanti. Difficile definire dove finisce il Distrito Federal, la città-stato che da sola rappresenta quasi un terzo degli abitanti della nazione, e dove comincia Hidalgo, Morelos o l’Estado de México, che ha lo stesso nome solo sulla carta geografica: la capitale, per chi ci vive, è semplicemente el De-Efe, il DF.

La polvere del Messico, Pino Cacucci

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1.1_la città senza limiti Il Messico, terra dei Mexica, prende il nome dalla sua capitale e non viceversa. Appena prima della conquista spagnola e della distruzione della città nel 1521, Tenochtitlan e dintorni, l’allora centro religioso, militare e economico dell’Impero Mexica, contava tra i 200.000 e i 300.000 abitanti, rappresentando forse la più grande città dell’epoca. Dopo che Cortés costruì sulle rovine dell’antica città la nuova capitale del Vicereame di Spagna, il territorio delle colonie controllate si estendeva dal Centro America fino all’Oregon. Si trattava di una dominazione militare, tributaria e religiosa, in cui il sistema azteco economico fu rinforzato da un monopolio imposto dagli spagnoli tra Città del Messico e Cadiz, che durò fino al tardo ‘700. Dopo l’indipendenza dalla Spagna nel 1810 e il seguente periodo di guerra civile, la superiorità economica e politica di Città del Messico fu rafforzata soprattutto durante il Porfiriato, ovvero il regime dittatoriale di Porfirio Diaz, che durò dal 1870 al 1910, anni in cui la capitale messicana fu dotata di importanti infrastrutture. Ma fu durante la Rivoluzione del 1910-1917 che 31


la popolazione della città crebbe in modo esponenziale. In linea generale la città si sviluppò principalmente in senso orizzontale. La capitale messicana è storicamente collocata all’interno del DF, Distretto Federale. Da metà degli anni ’40, a seguito del divieto di nuovi sviluppi, la città si è espansa verso nord oltre i confini del DF, in alcune municipalità appartenenti allo Stato del Mexico. La situazione idrologica La capitale messicana sorge sul margine meridionale dell’Altopiano Centrale del Messico, ad un’altitudine di circa 2.277 m s.l.m., nella sezione sud-orientale di una vasta depressione, la Valle del Messico. Essa è circondata da alte sierre, tra le quali la Sierra de Guadalupe a nord e la Sierra Nevada verso sud-est e, grazie alla sua posizione, gode di un clima mite. Anche Città del Messico, come gran parte delle metropoli mondiali, è affetta da problemi di tipo ambientale e di povertà, che però sono accentuati dalla sua posizione geografica. Essa è una delle poche città al mondo a non avere un sistema di drenaggio naturale, essendo localizzata in un bacino chiuso sopra il letto di quella che, una volta, era una serie di laghi, tra cui anche il lago Texcoco, di cui rimangono le vestigia nella parte orientale della città. Questi avevano livelli d’acqua diversi a seconda della stagione delle piogge, da maggio a settembre, che ancora oggi crea non pochi 32



problemi di allagamenti, mentre poi per la restante parte dell’anno l’acqua scarseggia. Questo paradosso della presenza di troppa o troppo poca acqua a seconda del periodo dell’anno ha da sempre caratterizzato la storia di Città del Messico ed è divenuto un fattore determinante nella segregazione urbana e nella localizzazione degli slums, dei quartieri informali più poveri. Difatti, questi quartieri sorgono generalmente nelle aree meno appetibili per la speculazione edilizia perché più difficilmente raggiungibili dalle infrastrutture di trasporto, dalle forniture di acqua e luce e dalle fognature. Mentre le aree occidentali e meridionali della capitale messicana sono relativamente salve da allagamenti e hanno potuto godere di un quasi immediato accesso alla fornitura d’acqua, le aree a est, quelle anche più povere, sono più soggette, ancora oggi, ad allagamenti nella stagione delle piogge e a tempeste di sabbia nella stagione più secca. La soluzione adottata nel 1900 a questo principale problema ambientale fu creare un sistema di drenaggio artificiale della valle attraverso un canale lungo 40 chilometri che continua a funzionare ancora oggi, impedendo all'acqua di infiltrarsi nel sottosuolo della città. Gli ultimi resti del lago Texcoco si trovano a Xochimilco e Tláhuac. In condizioni normali le fognature e le acque di scarico sono pompate a nord-est, al di fuori dal fondo valle, sotto le montagne, mentre il 30% dell’acqua potabile che serve la capitale viene introdotto, anch’esso attraverso un canale, da fonti che si trovano 34


50Km 40Km 50Km 30Km 40Km 20Km 30Km 20Km

Teotihuacán Teotihuacán

Coyoacán Coyoacán Copilco Copilco

VIII sec d.C._Valle de México_lago Texcoco_fondazione dei villaggi Coyoacan Copilco

Città del Città del México MéxicoSan Angel San Angel

1824_Espansione dei laghi

Centro Storico C.U.

Xochimilco

2015_Configurazione attuale con i pochi bacini d’acqua rimasti.

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a più di 100 km di distanza. Il restante 70% proviene da pozzi artesiani posti all’interno della conca. L’eccessivo sfruttamento della falda acquifera ha causato una subsidenza, cioè un abbassamento del terreno della parte centrale di Città del Messico, che aggrava notevolmente il rischio di allagamento e mette in pericolo il funzionamento del sistema di drenaggio, causando perdite e contaminazioni nella fornitura di acque chiare. A parte la complessa situazione idrologica, un altro fattore che influenza la localizzazione e le condizioni degli slums o colonias populares è la conformazione geografica del territorio. I pendii scoscesi che circondano l’ormai estinto lago Texcoco poco si adattano agli usi abitativi convenzionali e quindi su di essi si arrampicano insediamenti alternativi, economici ed illegali. Demografia e segregazione sociale In generale, più denso è il quartiere, più basso è il reddito dei suoi abitanti. Tuttavia, mentre il pattern della segregazione urbana, determinato da fattori storici e fisici, rimane inalterato, i recenti cambiamenti demografici ed economici stanno pian piano trasformando la struttura sociale della città. La decelerazione della crescita della popolazione non ha frenato l’espansione della città, perché la domanda di abitazioni rimane molto alta con la conseguenza che le case divengono sempre più piccole e vecchie. L’età della popolazione, inoltre, è 36


un altro fattore che crea uno sproporzionato bisogno di lavoro e progressivamente di servizi dedicati agli anziani. Terzo, ma non ultimo, le donne hanno dedicato sempre meno tempo alla maternità e, come conseguenza, sono divenute molto più attive economicamente nel mercato del lavoro, incrementando ulteriormente la necessità di abitazioni. Il modello tradizionale dell’immigrazione dalle aree rurali alle città non è più applicabile nel caso di Città del Messico, in quanto i migranti dalle campagne sono oggi più propensi a spostarsi oltre confine. Si riscontra però un importante flusso di persone scolarizzate, che dalle città provinciali si spostano verso la capitale alla ricerca di un livello di formazione superiore o avanzamento professionale.

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QUERETARO

NUEVO LAREDO MONTERREY CIUDAD VICTORIA PACHUCA

2

8

7 5

2

TOLUCA

7

4 6

7

8

2

1 3

7

ACAPULCO

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2

2 6


Le periferie di Città del Messico Città del Messico, come molte altre megalopoli, deve la sua espansione urbana, per circa il 65%, alle sue periferie e ai quartieri informali, zone in cui solitamente si concentrano le fasce meno abbienti della popolazione, appropriandosi in modo più o meno lecito dei terreni e che a seguito di concessioni periodiche riescono a rendere definitiva la loro occupazione. Si tratta di distese di viviendas (abitazioni) senza rifiniture, in mattoni grezzi, cemento e lamiera. Negli anni i piani urbanistici hanno cercato di porre rimedio a tali insediamenti, intervenendo per fornire infrastrutture primarie (opere di urbanizzazione) all’interno di una serie di spazi già suddivisi in lotti definiti. Questi quartieri si sviluppano come un reticolo di strade e lotti quasi completamente saturati, in cui scarseggiano gli spazi verdi attrezzati, gli accessi ai servizi specializzati sono pochi e la strada diviene l’unico spazio fruibile dalla popolazione, sia per parcheggiare le auto, che per svolgere attività di svago e commercio. Il panorama grigio di queste zone diviene l’emblema della città stessa, che inghiottisce le aree residenziali di lusso, i centri di recente costruzione, le aree finanziarie e quelle dove sorgono grattacieli direttivi e università private, circondandole. Il notevole sviluppo, pressoché orizzontale, 39

Nella pagina accanto: Mappa dei principali assi viari di mobilità pubblica e privata e principali zone universitarie


di questi quartieri (le vivendas hanno solitamente 2 o 3 piani ciascuna) ha contribuito in modo determinante all’espansione della città dal XX secolo ad oggi. Conseguenza di ciò è stato l’aumento delle tempistiche per spostarsi all’interno della città, tanto che attualmente i pendolari devono viaggiare anche 3 ore per raggiungere il posto di lavoro. Si è quindi assistito ad un generale aumento del traffico metropolitano con, ovviamente, un aumento considerevole dell’inquinamento. Istruzione Secondo l’Encuesta Intercensal dell’INEGI, l’istituto nazionale messicano statistico e geografico, pubblicata nel dicembre 2015 il livello di analfabetismo nazionale in Messico è del 5,5%. Molto più basso risulta, però, essere tale tasso entro i confini del DF, Distreto Federal, dove si scende al 1,5%. Infatti l’istruzione primaria è gratuita e obbligatoria per i bambini dai 6 ai 14 anni di età. Il sistema dell’istruzione messicano di si divide in 3 step: la scuola primaria,della durata di 6 anni rispettivamente dai 6 ai 11anni, la secundaria dai 12 ai 14 anni e la preparatoria o bachillerato dai 15 ai 18 anni. Il bachillerato è, più precisamente un programma di formazione della durata di 3 anni con lo scopo di preparare gli studenti per un’eventuale continuazione degli studi all’università. Sempre secondo quanto riportato dalla sopracitata Encuesta Intercensal la percentuale di scolarizzazione di primo livello ( scuola primaria) è del 96%, 40


Patrimonio dell’umanità _ Xochimilco

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mentre del seconco livello del 57%. Per quanto riguarda coloro che proseguono gli studi poi anche all’università ( 3 livello) , si tratta di una esigua fetta della popolazione, solamente il 5%. La motivazione di ciò stà probabilmente nelle alte tasse universitarie e per questo la UNAM richiedendo agli studenti un contributo minimo annuale risulta essere un’eccezione incomiabile.

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1.2_la storia I più antichi accenni all'occupazione umana sul territorio del Distretto Federale vengono da San Bartolo Atepehuacán (Azcapotzalco), e si riferiscono al 9500-7000 a.C. In questo periodo, sotto l'influsso della cultura Olmeca, si svilupparono qui varie popolazioni importanti come i Cuicuilco. Verso la fine del periodo preclassico mesoamericano, l'egemonia di questo popolo cedeva davanti al sorgere di Teotihuacán, città localizzata nel nord-est del Lago Texcoco. Durante il periodo classico mesoamericano questa città fu il fulcro principale dell’impero e concentrò attorno a sé e alla zone lacustri la maggior parte della popolazione, isolando Azcapotzalco come una città satellite, dall'altra parte del lago. La decadenza di Teotihuacán cominciò verso l'VIII secolo. Alcuni dei suoi abitanti si trasferirono sulla riva del lago, dove fondarono villaggi come Culhuacan, Coyoacán e Copilco. La zona divenne la destinazione delle migrazioni degli abitanti di Teotihuacán durante l’VIII e il XIII secolo e dei popoli che avrebbero dato vita alle culture Tolteca e Mexica. Questi ultimi arrivarono verso il XIV secolo per stabilirsi 44


prima sulle rive del lago e poi nell'isola di Tenochtitlán, dove fondarono la loro capitale. Lo sviluppo di Tenochtitlán fu interrotto a causa della conquista spagnola. Tenochtitlán Città del Messico, l’antica Tenochtitlán, che fu la capitale dell'Impero azteco, venne fondata nel 1325 e in breve tempo divenne la città più importante della regione, sottomettendo tutte le popolazioni che la circondavano, e una tra le più grandi città del mondo di allora con una popolazione di oltre 500.000 abitanti. La città era governata da un imperatore chiamato Tlatoani, che esercitava la carica a vita. Secondo un antico documento dell’epoca6, gli aztechi uscirono da Aztlán comandati da Tenoch, il leader che avrebbe successivamente dato il nome alla città, verso il 1168, dopo la caduta di Tula, per mano di tribù nomadi. Secondo la mitologia mexica, Huitzilopochtli, 6 La Tira de la Peregrinación o Códice Boturini è un codice che si trova nella biblioteca del Museo nazionale di antropologia di Città del Messico e racconta l'uscita azteca da Aztlán e il suo cammino fino alla fondazione di Tenochtitlan.

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ordinò che la sua città fosse fondata sul luogo in cui "un'aquila appoggiata su un nopal stesse divorando un serpente", fatto che secondo la leggenda avvenne il 13 marzo 1325, avvenimento riportato anche sulla bandiera nazionale. La Città sorgeva nel centro del Lago Texcoco ed era collegata alla terra ferma da quattro grandi ponti in legno che potevano essere rapidamente smontati; era dotata di ampi viali e grandi canali attraversavano la città permettendo un continuo rifornimento. Nel 1519 Bernal Diaz del Castillo, uno dei conquistadores spagnoli guidati da Cortés, descrisse così nelle sue cronache la città di Tenochtitlán:

La grande città è costruita sulla laguna salata e dista, in qualunque punto, due leghe dalla riva. Vi si può accedere da quattro parti attraverso strade ben costruite, della larghezza di due lance. È grande come Siviglia o Cordova. La piazza più grande è due volte quella della città di Salamanca, interamente circondata di portici. Dove, ogni giorno, tra compratori e venditori, ci saranno più di sessantamila persone.

Bernal Díaz del Castillo, Conquista della Nuova Spagna

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Conquista Spagnola Gli spagnoli arrivarono sul territorio che attualmente è il Distretto Federale da Iztapalapa, nel luglio del 1519. Continuarono il loro cammino attraverso il viale di Itzatalapan fino alla capitale Tenocha, dove Hernán Cortés fu ricevuto da Motecuhzoma Xocoyotzin l'8 novembre 1519. Nel 1520, Pedro de Alvarado in assenza di Cortés si inimicò i Mexica con la Mattanza di Toxcatl. Da questo momento i Mexica iniziarono le ostilità contro gli invasori europei. In sostituzione di Motecuhzoma, ucciso dagli spagnoli, Cuitláhuac fu eletto tlatoani di Tenochtitlan. Messosi alla testa della resistenza contro l'occupazione spagnola il 30 giugno 1520, nella Notte Triste, sconfisse gli invasori. In quel periodo scoppiò anche una grave epidemia che fece migliaia di vittime, tra cui proprio Cuitláhuac. Il nuovo leader Cuauhtemoc tentò di resistere all'assedio degli spagnoli, ma si arrese dopo numerose sconfitte il 13 agosto 1521. L’epoca coloniale Visto che della città di Tenochtitlan erano rimaste solo macerie, Cortés decise di stabilire il governo spagnolo nella cittadina di Coyoacán7, da dove governò con il titolo di Capitano Generale e Giustizia Maggiore. Da Coyoacán partirono le spedizioni di conquista con il proposito di sottomettere i popoli indigeni di tutto il Vicereame 7 Attualmente Coyoacán è una delle delegazioni del D.F., localizzata a sud del centro storico della città.

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della Nuova Spagna. Nel 1519 Juan de Zumarrága fu il primo vescovo del Messico e nel 1523 venne creato il vicereame di Nuova Spagna, anche se il primo viceré Antonio de Mendoza arrivò in Messico solo nel 1535. Città del Messico venne divisa in barrios che vennero localizzati sopra la struttura territoriale già presente. Le terre situate intorno al lago furono divise in encomiendas che successivamente si trasformarono in ayuntamientos. I popoli indigeni erano isolati e relegati al di fuori delle città spagnole, anche se con il passare del tempo la divisione fu sempre meno chiara e gli indios arrivarono a vivere nelle città spagnole, quasi sempre per ragioni di lavoro. Allo stesso tempo si fondarono diverse istituzioni politiche nei nuovi domini spagnoli ed ebbe inizio un processo di alfabetizzazione dei nativi, guidata dai francescani che si stabilirono nel collegio di Santa Croce di Tlatelolco. I nobili indigeni impararono il latino, la 48


dottrina cattolica e numerose altre nozioni. Durante l'epoca coloniale, Città del Messico si arricchì di sontuose costruzioni per il culto religioso, per l'amministrazione politica e per le residenze dei nobili spagnoli, questi ultimi in forte contrasto con la maggior parte della popolazione indigena, che viveva nella miseria della periferia. Mentre il centro della città era soggetto a continui abbellimenti, nei margini della città la gente viveva in baracche. Nel 1583 esistevano a Città del Messico sei ospedali, ognuno specializzato in una determinato cura o, più frequentemente, dedicato ad una specifica etnia. La città fu oggetto di numerose inondazioni nel 1555, 1580, 1607, 1629, 1707, 1714 e 1806, risultato della distruzione delle protezioni di Tenochtitlán. Tra le inondazioni, la più grande e distruttiva fu quella del 1629, che portò alla decisione di prosciugare il sistema lacustre attraverso un canale. “Non fu sconfitta e non fu vittoria, ma la dolorosa nascita del popolo meticcio”, questa l’iscrizione sulla lapide di Tlatelolco, dove si combatté l’ultima battaglia contro i conquistadores. Indipendenza Durante l'occupazione francese in Spagna, il governo del Messico si dichiarò favorevole alla creazione di una Giunta Sovrana che governasse la Nuova Spagna durante l'occupazione. I membri più radicali come Francisco Primo de Verdad y Ramos e Melchor de Talamantes, pensavano che l'indipendenza dovesse essere definitiva. In 49


ogni caso un movimento reazionario arrestò i membri del governo il 15 settembre 1808 e destituì il viceré. L'inizio della Guerra d’Indipendenza del Messico, con il Grito de Dolores a Dolores, Guanajuato, aveva come obiettivo la presa della capitale. Il suo cammino arrivò nelle vicinanze della città. Hidalgo e il suo esercito arrivarono a Cuajimalpa poco tempo dopo aver proclamato l'indipendenza a Dolores. Sconfissero gli spagnoli nella battaglia del Monte de las Cruces, ma decisero di non prendere la capitale tornando nel Bajio. A partire da allora, la valle del Messico non è più stata un obiettivo militare degli indipendentisti, e si convertì nella roccaforte dell'esercito realista. Fino al 1820, quando la rivoluzione popolare era quasi estinta, la città tornò a essere la sede di nuovi movimenti contro il governo spagnolo. Il 27 settembre 1821 l’esercito guidato da Iturbide entrò in città, e poco dopo si fece proclamare primo imperatore dell’Impero Messicano e venne incoronato nella Cattedrale di Città del Messico. XIX secolo Dopo l'indipendenza Città del Messico diventò ufficialmente la capitale dello Stato del Messico. Il 18 novembre 1824 il Congresso decise di creare il Distretto Federale o D.F., un'entità distinta dagli altri Stati che sarebbe stata la sede dei poteri federali. Il territorio del Distretto Federale comprendeva Città del Messico e altri sei comuni. Il 20 febbraio 1837 il Distretto Federale venne soppresso per essere 50


ristabilito successivamente nel 1846. Durante il XIX secolo Città del Messico fu lo scenario centrale di tutte le dispute politiche del Paese. Fu capitale imperiale in due occasioni, di due Stati federalisti e di due Stati centralisti che si succedettero dietro numerosissimi colpi di stato nello spazio di mezzo secolo prima del trionfo dei liberali dopo la Guerra di Reforma. Fu anche obiettivo di una delle due invasioni francesi in Messico (18611867), e occupata per un anno dalle truppe statunitensi durante la Guerra messicano statunitense (1847-1848). Solo alla fine del XIX secolo il governo del Messico decise di realizzare numerose opere urbanistiche, che, anche se avevano come finalità il centro della città, finirono per riguardare tutto il Distretto Federale. Tra di esse si conta anche la costruzione del Gran Canale, che terminò il prosciugamento del lago. In quest’epoca si sviluppò molto la cultura messicana in diversi campi, quali l’arte, la letteratura e la botanica. XX-XXI secolo Si può far coincidere l’inizio del XX secolo in Messico con l’inizio della Rivoluzione Messicana. Questa guerra civile pose fine al periodo conosciuto come Porfiriato. In quell'epoca, il Distretto Federale fu occupato da Francisco Madero e successivamente da Emiliano Zapata e Francisco Villa, e alla fine da Venustiano Carranza, quest'ultimo venne sostituito da ciò che portò alla nascita 51


del Partito Rivoluzionario Istituzionale che governò il Messico dal 1929 fino all'anno 2000.Nel 1929 furono soppressi i 13 comuni presenti nel distretto. Più tardi la città venne divisa in 16 delegazioni politiche, i cui abitanti non potevano eleggere i propri rappresentanti, e fu così fino al 2000. Con il periodo conosciuto come il Milagro Mexicano, (letteralmente "il miracolo messicano"), ossia quel periodo tra i decenni del 1950 e 1960, la città visse un'epoca di urbanizzazione senza precedenti nel Paese. La sua popolazione raddoppiò in meno di vent'anni e iniziò ad assorbire le cittadine vicine, fino ad uscire dai confini del D.F. Furono inaugurate numerose opere pubbliche, tra le quali il Campus della Ciudad Universitaria dell’UNAM e lo Stadio Azteca. A partire dal 1950, la città fu lo scenario di numerose espressioni di contrasto con il governo. Nel decennio del 1950 ebbe luogo la protesta dei ferrovieri che terminò con l'arresto di numerosi capi. Nel 1968 ebbe luogo il Massacro di Tlatelolco. Tre anni dopo una manifestazione di studenti della scuola normale superiore fu attaccata dall'esercito in quello che è conosciuto come la Strage del giovedì del Corpus. Il 19 settembre 1985 la città venne semidistrutta da un terremoto. Nelle elezioni del 1988 prevalse ampiamente il fronte democratico e nel 1997 il DF elesse il suo sindaco per la prima volta dal 1929. Quest’ultimo secolo è un periodo di grandi cambiamenti politici per Città del Messico, che è stata scenario di grandi manifestazioni in massa. 52


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Palazzo dell’Academia San Carlos_ originaria sede de la UNAM

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1.3_L’ UNAM: dalle origini ad oggi Fondazione dell’Università La storia dell’Università Nazionale Autonoma del Messico (UNAM) all'interno della vita di Città del Messico ha inizio circa 450 anni fa. Le prime notizie circa l’interesse di Mons. Fray Juan de Zumarraga verso la presenza di una Università nella Nuova Spagna sono datate attorno al 1536. Ben presto a questo intento si è unito il Viceré Antonio de Mendoza e la Corona Spagnola ha finalmente dato un riscontro positivo nel 1547, ma solo il 21 settembre del 1551 è stato emesso il decreto reale di fondazione della Real y Pontificia Universidad de México. Nei primi anni del ventesimo secolo le scuole, le facoltà e gli edifici amministrativi dell'università erano concentrati nel centro di Città del Messico, in quello che è comunemente conosciuto come il "quartiere universitario", e le strutture erano prive di collegamenti tra gli edifici stessi (tra gli altri, spiccano gli edifici dell’Antiguo Colegio de San Ildefonso, il Palazzo dell'Inquisizione, l'Accademia di San Carlos, la chiesa di Sant'Agostino e il Palacio de Mineria), e più volte è stato proposto un progetto per 55


trasferirli in un unico Campus, esterno alla città, per integrare la vita universitaria. Nel 1910 l’Università nazionale divenne indipendente dalla corona spagnola e laica. La prima notizia concreta riguardante l’idea di un progetto per la Città Universitaria risale al 1928, quando Mauricio de Maria y Campos e Marcial Gutiérrez Camarena, studenti dell'allora Scuola Nazionale di Architettura, presentarono come tesi di laurea questo argomento. Un anno dopo, nel 1929, l’università si dichiara ente autonomo. Dopo 15 anni quest’idea ha cominciato a crescere e a svilupparsi. Nel 1943, durante il cancellierato di Rudolph Brito Foucher, è stato scelto il luogo più adatto per la fondazione della nuova Ciudad Universitaria: il Pedregal de San Angel, una zona con terreno prevalentemente vulcanico, a causa delle eruzioni di diversi vulcani. Durante l'amministrazione del Presidente della Repubblica Manuel Avila Camacho e il rettorato dell’UNAM di Genaro Fernandez McGregor, l'Università ha presentato al governo federale una proposta per la Legge sulla Fondazione e la Costruzione della Città Universitaria, la stessa che è stata approvata dal Congresso dell'Unione il 31 dicembre 1945. L'anno successivo, il rettore Salvador Zubirán procedette con l'acquisto dei terreni scelti, circa sette milioni di metri quadrati, e l’11 settembre 1946 il presidente Avila Camacho emise un decreto di esproprio dei terreni, per la costruzione della Ciudad Universitaria (CU). 56


L’Università, al tempo, non disponeva di risorse finanziarie sufficienti per continuare il piano di costruzione del Campus e la situazione è rimasta tale fino alle fine del 1946, quando, con la salita di Miguel Aleman alla carica di Presidente della Repubblica, vennero fornite le risorse per risolvere il problema economico. Grazie a questi fondi ricominciarono i lavori che avrebbero portato alla formulazione di un programma generale che sarebbe stato alla base del progetto. La Commissione dell’Università organizzò un concorso di idee per la realizzazione di un disegno complessivo per la C.U., al quale invitò a partecipare la Scuola Nazionale di Architettura, la Società Messicana degli Architetti e l’Associazione Nazionale degli Architetti de Messico. A causa del suo stretto rapporto con la realizzazione del nuovo Campus, la Scuola Nazionale di Architettura decise di lanciare un ulteriore concorso di idee tra i suoi docenti, per sviluppare il disegno di base che era stato definito dalla Commissione, e i progetti elaborati vennero trasmessi da Enrique de Moral, il direttore della Scuola. Al concorso parteciparono molti architetti, tra i quali emersero i nomi di Augusto H. Alvarez, Mauricio M. Campos, Enrique del Moral, Xavier García Lascuráin, Marcial Gutiérrez Camarena, Vladimir Kaspe, Alonso Mariscal, Mario Pani e Augusto Perez Palacios. La giuria, composta dagli stessi partecipanti, decise a favore del lavoro presentato dagli architetti Mario Pani ed Enrique del Moral, 57


Vista aerea del Campus de la UNAM_1952

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ai quali fu affidata la direzione del progetto definitivo, come era stato previsto dal concorso. Importante segnalare che nel gruppo venne incluso anche l’architetto Mauricio M. Campos, che è stato invitato a causa degli interessi che tempo prima aveva dimostrato nella realizzazione di questo Campus. L'entusiasmo generato presso la Scuola Nazionale di Architettura ha portato non solo a sviluppare il disegno di progetto generale, ma anche a progettare nello specifico ciascuno degli edifici che avrebbero integrato il progetto. Così, per la progettazione di ogni edificio fu designato un team guidato da uno o due insegnanti con la collaborazione dei migliori allievi. I progetti universitari e il progetto realizzato dalla Società degli Architetti furono presentati alla giuria presieduta dal Rettore dell’UNAM, dai presidenti dell'Associazione Nazionale degli Architetti del Messico e della Società Messicana degli Architetti. La giuria decise a favore del progetto della Facoltà di Architettura. Pochi mesi dopo, il Rettore Zubirán fu l’organizzatore e il presidente della Comisión Técnica Directora che sostituì la Commissione che era stata in carica fino alla fine del regime del presidente 59


Avila Camacho. La nuova Commissione era costituita dall'architetto Jose Garcia Villagran, l'avvocato Diaz Canovas, il rappresentante personale del Presidente, l’ingegnere Alberto J. Flores, direttore della Scuola Nazionale di Ingegneria, e l'architetto Enrique del Moral, direttore della Scuola Nazionale di Architettura. La Commissione nominò gli architetti de Moral, Pani e Campos come direttori e coordinatori del progetto, e diede loro il potere di designare tutti gli architetti che avrebbero preso in carico i progetti delle diverse facoltà, scuole e istituti e gli altri edifici indispensabili per la Ciudad Universitaria. Nel 1948 iniziarono le prime opere infrastrutturali: le fognature, i sottopassi e i ponti. Purtroppo i lavori furono sospesi per diversi mesi per l’uscita di scena del Rettore Zubirán, e non furono ripresi prima del 1949, anno della la nomina del Rettore Luis Garrido. Il susseguirsi dei lavori fu molto influenzato dalla scarsità dei fondi disponibili, per cui lo svolgimento dei lavori fu molto lento e varie volte interrotto; tuttavia, le circostanze favorirono l'avanzamento del progetto. A causa dell’interesse espresso da parte del Presidente della Repubblica, l’UNAM decise di riorganizzare il Consiglio Universitario, del quale fu nominato presidente il Sig. Carlos Novoa, allora direttore del Banco de México, esperto di finanza. Le sue grandi capacità nel ramo economico aiutarono l’UNAM a raccogliere i fondi necessari per realizzare il progetto e convinsero il governo 60


federale a fornire le risorse per i lavori. Nel marzo del 1950 il Consiglio creò l’organismo denominato “Ciudad Universitaria de México”, presieduto da Carlos Novoa e il cui direttore generale era l’architetto Carlos Lazo, che si assunse la responsabilità di trasformare in realtà i progetti che erano stati allora proposti. Il Consiglio poteva godere anche della collaborazione dell’architetto Gustavo García Travesi, come responsabile dei piani di gestione e di investimento. Il 5 giugno del 1950 fu posta simbolicamente la prima pietra di quello che sarebbe diventato il primo edificio della Città Universitaria, la torre delle Scienze, con una cerimonia presieduta dal Rettore Luis Garrido e il Ministro dell'Interno Adolfo Ruiz Cortines. Il lavoro di tutta la squadra, guidata dall'architetto Lazo, fu molto positivo ed efficace e portò a risultati esemplari. L'eccellente coordinamento tra tutti i partecipanti fece sì che i lavori fossero eseguiti in economia, ordine e velocità insolita, permettendo il loro completamento entro tre anni. Nessuna opera messicana aveva mai goduto della collaborazione di così tanti professionisti e operai: erano più di sessanta progettisti, duecento residenti, imprenditori e supervisori e circa diecimila lavoratori. I progetti per le diverse aree e i singoli edifici furono eseguiti seguendo le direttive dettate dal Progetto Comune della Direzione Generale, al fine di ottenere una corretta organicità ed armonia dell’intero 61


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progetto. Per rendere possibile questa intenzione furono organizzati molteplici seminari tra le varie squadre partecipanti. Il progetto fu suddiviso in diverse aree: la zona scolastica, la zona sportiva, l’area dedicata alla cultura e alle mostre, lo Stadio e la zona dei servizi comuni, ed era pensato per accogliere fino a 25.000 studenti, in un’epoca in cui l’UNAM ne contava meno di 15.000. Il 20 novembre del 1952 venne inaugurata ufficialmente la Ciudad Universitaria, con una cerimonia presieduta dal Presidente Miguel Aleman. Nel 1953 si proseguirono i lavori nella zona delle facoltà, sotto il coordinamento del nuovo Rettore, Dr. Nabor Carrillo, che dovette affrontare due problemi principali: il completamento degli edifici della Città Universitaria e la conclusione delle opere infrastrutturali ad essi collegate. Lo svolgimento regolare delle attività universitarie ebbe inizio nel 1954.8

8 100 UNAM, Bitacora Arquitectura, Facultad de Arquitectura, UNAM, n.21.

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1.4_ L’influenza della C.U nella città metropolitana

La Ciudad Universitaria fin dalla sua fondazione rappresentò, per il Messico e per Città del Messico in particolare, un simbolo di modernità sia in ambito urbano-architettonico che in ambito della conoscenza multidisciplinare che la distingueva. Localizzata al di fuori della zona urbana di Ciudad de México, era connessa alla città attraverso la grande arteria a scorrimento veloce Avenida Universidad. Era il 1953-54 e da quel momento in poi la C.U. sarebbe stata il motore di una notevole crescita nella parte meridionale della città. Oggi lo sprawl urbano cresce vertiginosamente sui versanti scoscesi delle alture della Cuenca de México, e il Campus risulta ormai inghiottito all’interno dell’enorme megalopoli che è la Zona 65

Nella pagina accanto: spazio pubblico progettato da L.Barragán


Metropolitana della Valle del Messico ( ZMVM). Può sembrare che nel corso dei decenni Città del Messico sia cresciuta e si sia sviluppata senza un vero e proprio piano urbanistico definito, frutto di un’addizione pragmatica di infrastrutture. Praticamente fin dalla fondazione del Campus, C.U. ha segnato i suoi confini, chiudendo gli accessi nelle ore notturne, rendendosi un ente autonomo non solo nelle questioni prettamente accademiche, ma anche in altri casi: un esempio particolarmente significativo è il fatto che la Polizia Federale non entri all’interno del Campus Universitario a meno che non sia richiesto un loro intervento da parte delle autorità universitarie. Tale limite tra la Ciudad Universitaria e la città fu fortemente voluto dall’architetto Eugenio Peschard Delgado quando era ancora direttore delle opere di costruzione presso l’UNAM. Egli ordinò la costruzione di un muro che circondasse la C.U. rendendola quasi un enclave nella città. Se tale barriera non fosse stata eretta probabilmente oggi il Campus sarebbe invaso da bancarelle di commercio informale. Questo è il caso del ‘Paseo de la amiba’ nella parte settentrionale del Campus, appena oltre il muro di confine.9 L'urbanistica e l'architettura del Campus costituiscono un esempio eccezionale di applicazione dei principi del modernismo 9 S. Lizàrraga Sanchez e C. Lopez Uribe (a cura di), Living CU. 60 years. Ciudad Universitaria UNAM 1954-2014, UNAM, Mexico, 2014

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del 20 ° secolo, fuso con caratteristiche derivanti dalla tradizione messicana preispanica. La loro unione è diventata una delle icone più significative dell’urbanistica e dell’architettura moderna in America Latina, riconosciuta a livello universale. Dal 2007 la Ciudad Universitaria è iscritta nell’elenco dei Siti Patrimonio UNESCO, con una superficie di 177 ettari e una buffer zone di 1.102 ettari. Il Campus è stato annoverato tra i patrimoni dell’umanità in base ai criteri I-II-IV ed è riconosciuto come un bene di tipologia culturale. I criteri che giustificano l’iscrizione: - criterio (i)

Per rappresentare un capolavoro del genio creativo dell’uomo 10

La Ciudad Universitaria dell’UNAM testimonia la modernizzazione del Messico post-rivoluzionario nel quadro di ideali e valori universali relativi alla cultura, la formazione, il miglioramento della qualità di vita, l'educazione intellettuale e fisica e l'integrazione tra le diverse discipline dell’urbanistica, l’architettura il paesaggio e le arti. Si tratta di un lavoro collettivo, al quale 10 Ufficio Patrimonio Mondiale UNESCO, criterio (i).

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più di sessanta architetti, ingegneri e artisti hanno lavorato insieme per creare spazi e strutture atti a contribuire al progresso del genere umano attraverso l'educazione.

- criterio (ii)

Per mostrare un importante in terscambio di valori umani, in un lungo arco temporale o all’interno di un’area culturale del mondo, relativamente agli sviluppi dell’architettura o della tecnologia, delle arti monumentali, della pianificazione urbana o della progettazione del paesaggio11

I principi più importanti del pensiero architettonico del 20° secolo convergono nel Campus Universitario: l'architettura moderna, il regionalismo storico e l'integrazione plastica, gli ultimi due di origine messicana. Fin dalla sua concezione, la C.U. ha promosso la maturità dell’architettura moderna in 11

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Ibidem, criterio (ii).


Campus Central de la UNAM_ Biblioteca centrale

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America Latina con accenti locali legati alla tradizione, ed è diventata un elemento fondamentale che ha potenziato la crescita dell’ingegneria verso la costruzione non fine a sé stessa, ma in relazione alla qualità dei materiali e ai metodi per la pianificazione, il controllo e lo sviluppo di grandi complessi. Il valore di monumentalità del Campus è dovuto alla sua enorme scala e alla disposizione dei suoi elementi architettonici, gli edifici, le piazze, le scalinate e i giardini, che rimandano costantemente all'architettura precolombiana, nonché per l'inserimento puntuale dei temi base dell’Architettura Moderna. L’impostazione del progetto urbano del complesso segue le basi contenute nella Carta d’Atene, la cui ideologia sostiene la rivalutazione dell’essere umano all’interno delle nuove città, aspetto che è reso possibile in questo caso anche grazie ai continui rimandi all’uso degli spazi dell’epoca precolombiana. Questo dimostra che, anche se il Messico ha uno sguardo sempre spinto in avanti e i piedi ben radicati nel presente della cultura moderna, la comprensione della sua storia rimane comunque un aspetto fondamentale ed insostituibile per il suo sviluppo. Il progetto dell’Architettura di paesaggio del Campus è opera di Luis Barragán, personalità importante nella cerchia di architetti e paesaggisti messicani, ma anche a livello mondiale, per aver introdotto influenze del razionalismo europeo in America Latina, come anche elementi di neoplasticismo e architettura costruttivista, 70


che vengono a fondersi con i tipici elementi della tradizione messicana. La progettazione del paesaggio proposta da Barragán per la zona centrale del Campus ha coinvolto due aspetti unici: l'utilizzo della vegetazione autoctona ed esotica dalla zona vulcanica e l'uso dell’astrazione, come qualità dell’arte d’avanguardia del 20° secolo, come strumento di composizione. - criterio (iv)

Per costituire un esempio straordinario di una tipologia edilizia, di un insieme architettonico o tecnologico, o di un paesaggio, che illustri uno o più importanti fasi nella storia umana 12

La Ciudad Universitaria è uno dei pochi modelli in tutto il mondo in cui sono stati totalmente applicati i principi proposti dalla moderna architettura e urbanistica, il cui scopo ultimo era quello di offrire all'uomo un notevole miglioramento della qualità della vita. 12 Ufficio Patrimonio Mondiale UNESCO, criterio (iv).

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Si tratta di uno straordinario esempio di architettura moderna e di soluzioni locali ispirate alla particolare storia culturale del soggetto. L'importanza di entrambi gli aspetti sta nella loro contestualizzazione in precisi momenti storici del 20° secolo, che hanno visto la fine di una guerra, e la maturità della generazione che è nata sotto la Rivoluzione Messicana. Il Campus è inoltre un esempio di avanzamento dell'ingegneria nazionale che ha reso possibile, senza l'intervento esterno, il dominio sul territorio del Pedregal, e la realizzazione completa dell’intero complesso in un periodo di soli tre anni. L'immagine del suo paesaggio, composto dalla sagoma architettonica degli edifici e dalla peculiarità degli spazi aperti, fa parte dell'immaginario collettivo e ne riconosce la validità nei valori di modernità, cultura e società, arte e collettività, pluralità di pensiero. Il Campus dell’UNAM è di eccezionale e universale valore, a causa della presenza al suo interno di numerosi simboli, diretti e materici, che rimandano alla storia dell’Università Nazionale Autonoma del Messico, prima università del continente americano, fondata nel 1554, e da allora divenuta la colonna portante della cultura messicana, di grande influenza per la maggior parte delle Università del continente. Fin dalla sua origine, l’UNAM ha occupato i primi posti tra le università del mondo ispanico, dimostrando di recente la sua 72


leadership educativa e culturale di alta qualità, entrando di merito nel gruppo delle 100 migliori Università internazionali e in cima alla lista delle Università ispaniche. Il suo simbolismo rimanda costantemente alla qualità di pensiero della grande scienza, dalle arti alla celebrazione umanistica nel panorama nazionale ed internazionale. Numerosi studenti di questa Università ne hanno portato alto il nome in diversi campi del sapere e sono stati insigniti dei più importanti premi internazionali, come il Nobel per la Pace e per la Letteratura, ed altri ancora, che sono entrati in contatto direttamente con l’Università, sono stati personaggi fondamentali per la diffusione della cultura in Messico. Dichiarazione di eccezionale valore universale Dopo aver analizzato i diversi processi storici, culturali, sociali e politici che hanno portato dalla concezione del Campus dell’UNAM nel 1946, alla sua costruzione e infine alla sua apertura nel 1952, è possibile ora identificare i diversi campi in cui la Ciudad Universitaria si dimostra essere di eccezionale valore universale. Storico Il Campus Universitario rappresenta il desiderio più volte espresso da molti accademici di unificare tutte le strutture universitarie che un tempo erano disseminate in tutto il centro storico di Città del Messico, fin dalla loro origine nel periodo ispanico. Esso rappresenta la presenza dell’Università Nazionale Autonoma del Messico nel Paese 73


da più di 450 anni. E’ il Campus della più antica Università del continente americano e la sua influenza su tutta l'America Latina rimane costante anche nel presente. Urbanistico - architettonico Lo spazio aperto, la disposizione e la relazione spaziale tra gli edifici del Campus appaiono come un omaggio alla civiltà preispanica del Messico, e anche come una promessa per il futuro del Paese. L’organizzazione del Campus mantiene alcune somiglianze con diversi elementi delle città pre-ispaniche, come l'asse principale del complesso di Teotihuacán, l'equilibrio asimmetrico della piazza principale di Monte Albán e la continua tensione degli edifici tra l'esterno e l'interno. I paradigmi della moderna urbanistica della prima metà del 20° secolo sono esemplificati in questo Campus, ma tuttavia, dietro a questa estetica astratta e razionalista, prevalgono ancora i valori nazionali e la moderna ricerca di identità. Il Campus ha valore architettonico eccezionale dovuto al sincretismo dei suoi edifici, nei quali la grande tradizione messicana è armoniosamente fusa con i principi dell’Architettura Moderna Internazionale, generando così un’integrazione che diventa identità. Insieme a Brasilia e Chandigarh, il Campus è uno dei pochi siti in tutto il mondo in cui la dottrina dell’architettura moderna è totalmente espressa, così come è descritta nei documenti internazionali di base della 74


Carta di Atene. Oltre all'Università Centrale del Venezuela a Caracas, il Campus è l'unico complesso urbano costruito in America Latina per scopi educativi durante il decennio del 1940. A differenza dell’Università del Venezuela, la Ciudad Universitaria è stata costruita ininterrottamente nel corso di 3 anni, grazie alle strette relazioni e ai frequenti accordi tra il governo, gli artisti, i tecnici e i membri dell’Università stessa. Quest’ultima rappresenta ancora oggi un eccezionale ed unico esempio di perfetta relazione tra architettura, contesto urbano e paesaggio, e mentre negli anni la crescita di Città del Messico non si è mai fermata, il rispetto dell’autonomia e dei terreni del Campus non è mai venuto meno. Sociale La Ciudad Universitaria è di per sé un’evocazione dell'uomo moderno, del luogo e della sua storia. La sua creazione riflette la continuità del processo postrivoluzionario, in cui la modernità nazionalista si fonde con gli ideali del mondo moderno e con l'Uomo Universale. Il Campus ha un valore di eccezionalità sociale perché rappresenta l'importanza degli accordi e delle relazioni tra i soggetti che hanno reso possibile la sua costruzione. Tutto il Paese ha accettato di contribuire alla sua progettazione e costruzione, dal momento che il Campus stesso simboleggiava il rinnovamento nazionale, promosso tramite l’educazione, la cultura e la libertà di pensiero. 75


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Ecco allora che il Campus diventa un notevole esempio di come un progetto architettonico possa collegare e sviluppare contemporaneamente un progresso culturale e un obiettivo di politica nazionale: “raggiungere la modernità tramite un’istruzione di qualità”. Il Campus persegue tre obiettivi principali, oggi come al tempo della sua fondazione: l’educazione dei propri studenti, la ricerca nei diversi campi del sapere e la diffusione della cultura in tutto il Paese. In America Latina il Campus rimane un simbolo dello sforzo intellettuale e artistico, durante il secondo lustro del 1940, per consolidare l’indipendenza culturale del Messico attraverso il linguaggio dell’Architettura Moderna. Questo progetto si conferma oggi una prova significativa dell'importanza che ha avuto, per l'America Latina, la sua storia, perché anche dopo cento anni di indipendenza essa si rinnova grazie alla fiducia posta nelle proprie forze economiche, tecnologiche e all’impegno sociale. La Ciudad Universitaria non è un simbolo solo per il Messico, ma a livello internazionale rappresenta un esempio universale per la trasmissione della cultura nel tempo. Il Campus, inoltre, ha un valore di eccezionalità regionale in campo sociale perché rappresenta il desiderio regionale di separarsi dai modelli architettonici del Nord America, al fine di ottenere un giusto riconoscimento per la propria cultura e arte locale, e in particolare per l’espressione artistica dell’integrazione plastica. 77

Nella pagina accanto: Plaza 2_spazio pubblico progettato da L.Barragán


Simbolico - estetico L’importanza dell’aspetto simbolico - estetico del Campus è dato dall’integrazione plastica, che entra in contatto con l’architettura moderna degli edifici dell’Università: il Muralismo diventa un elemento integrante dell’architettura e posiziona il Campus tra le opere più moderne del tempo. Come nel passato erano utilizzati i codici, così nel Messico moderno di oggi si utilizzano le pitture - sculture murali, e la fusione di Arte e Architettura nel Campus diventa una metafora della vita e della conoscenza. Il Muralismo messicano è una chiara rappresentazione artistica della ricerca di una nuova identità nazionale e le facciate degli edifici del Campus trattate in questo modo sono una chiara trasgressione al purismo dello stile internazionale, in un momento storico e sociale molto critico per il Messico. Il Campus possiede un valore estetico universale perché in esso convivono diverse correnti artistiche, che non si annullano a vicenda, ma che anzi, grazie al loro contrasto, fanno emergere in maniera più decisa le singole specificità: - Internazionalismo (Architettura Moderna europea) - Regionalismo (l'uso di materiali locali) - Rigore della geometria Mesoamericana (rimandi alla tradizione Messicana) - Astrattismo (masterplan di progetto e progetto del paesaggio)

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Intangibile La Ciudad Universitaria è direttamente collegata al lavoro e all’operato di personalità molto importanti nei campi dell’arte, della cultura, dell’ingegneria e dell’architettura. Molte personalità che sono entrate in contatto con l’UNAM hanno poi ricevuto riconoscimenti internazionali importanti per i loro contributi nei diversi campi del sapere. Scienziati e umanisti hanno ricevuto il Premio Nobel e numerosi artisti hanno lasciato il segno con le loro opere nel panorama artistico e culturale messicano ed internazionale. Il Campus ha un valore universale intangibile, poiché dimostra l’assoluta importanza rappresentata dalle istituzioni culturali e scolastiche all’interno dei cambiamenti storici, sociali e politici subiti da un Paese. Alcuni edifici, in particolare la Biblioteca Centrale del Campus, sono diventati visivamente dei simboli riconoscibili e conosciuti in tutto il mondo, dei paradigmi universali di modernità, conoscenza, cultura e progresso. Tecnologico Il Campus Universitario, dalla sua progettazione fino alla costruzione e realizzazione finale, è stato un esempio mirabile di collaborazione tra architetti e ingegneri. Senza l’aiuto dei tecnici, gli architetti che avevano disegnato il masterplan non sarebbero mai stati in grado di ammirare l’opera completa. Più di cinquant’anni dopo la sua creazione, il Campus continua ad essere un esempio 79


di collaborazione interdisciplinare decisamente positivo, che mette a confronto specialisti di ogni campo del sapere e della conoscenza. Agli Architetti spetta ancora il compito di progettare e realizzare gli edifici che saranno occupati dai più grandi professionisti messicani, professori che a suo tempo studiarono in queste strutture. Ambientale La Città Universitaria sorge su un terreno di origine vulcanica, una terra inospitale che, fin dai tempi antichi, invitava i curiosi ad osservare ed ammirare quel paesaggio esotico e il cielo trasparente. L'eccezionale valore ambientale del Campus si riferisce all’incredibile esempio che esso rappresenta nei campi della sostenibilità e dello sviluppo ecologico di fronte ad una città come Città del Messico. L’Università possiede, infatti, al suo interno una riserva ecologica unica nel suo genere: la Riserva Ecologica del Pedregal, che ospita una vastissima flora protetta. Lo spazio centrale del Campus, inoltre, permette la convivenza della comunità universitaria in contatto con le condizioni naturali originarie del sito.

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Murales: El pueblo a la universidad, la universidad al pueblo_ D. Alfaro Siqueiros

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Stato di conservazione del Patrimonio Per quanto riguarda lo stato attuale di conservazione del complesso, a seguito di uno studio generale sul comportamento dei materiali, delle reazioni ai programmi di manutenzione correttiva e preventiva e di una esaustiva ispezione fatta dal Work and Preservation General Office e da una commissione per lo Special Project Office, è stato determinato che: lo stato generale di conservazione degli edifici del Campus originario, costruiti prima del 1954, è accettabile, considerando il loro uso e la manutenzione; gli edifici del Campus centrale costruiti prima del 1954 mantengono la loro originaria caratteristica fisica in un'alta percentuale, più del 90% (in relazione a un cambiamento di uso di alcuni spazi e la sostituzione di arredi fissi); ad oggi non ci sono state importanti o notevoli demolizioni; inoltre, nessuna struttura è crollata o è a rischio (questo si riferisce ai più gravi terremoti subiti da Città del Messico negli anni 1957, 1979 e 1985). I fenomeni erosivi e le condizioni meteo del sito sono le principali ragioni della maggior parte delle criticità rilevate. Inoltre, l'uso intensivo delle strutture provoca un lieve danneggiamento e di conseguenza sono stati osservati nelle strutture del Campus tre tipi di lieve indebolimento, inerenti ai materiali e alle strutture: indebolimento fisico; indebolimento chimico; 82


indebolimento meccanico. Indebolimento fisico: in questa categoria sono state rilevate le seguenti condizioni: parti mancanti/ parti sovrapposte/costruzioni inadeguate/ integrazioni/umidità capillare/infiltrazioni/ alterazioni cromatiche/demolizioni/ manutenzione inadeguata. Indebolimento chimico: in questa categoria sono state rilevate le seguenti condizioni: ossidazione/ corrosione/presenza di organismi/ fluorescenza. Indebolimento meccanico: In questa categoria sono state rilevate le seguenti condizioni: rotture/fessurazioni/ fratture/sedimentazioni/deformazioni/ erosioni. I continui programmi di manutenzione, applicati da l’University Works and Preservation General Office, hanno permesso la sua conservazione, dovuta anche alla qualità dei materiali da costruzione che fin dall'inizio sono stati scelti per la loro grande durabilità, come le rocce vulcaniche, il cemento armato, l'acciaio, il vetro e i blocchi di argilla vetrata e colorata. I provvedimenti considerati per il prossimo futuro includono: una manutenzione più preventiva che correttiva; l’applicazione del Mayor Maintenance 83


Program indicato dal “Global Plan for the Campus Central”, coordinato dallo Special Projects Office (questo programma ha l'approvazione dei direttori e il patrocinio dell'Università, con un budget iniziale e annuale di 2 milioni di dollari americani); analisi sistematiche delle anomalie e dell'indebolimento non visibile dei laboratori di ricerca dei materiali dell'Istituto di Ingegneria. Fattori che insistono sul Patrimonio: - Pressioni esterne I terreni occupati dalla Città Universitaria, quando furono scelti, erano localizzati alla periferia di Città del Messico, in particolare a sud-ovest, in un'area considerata inospitale. Questa condizione rese impossibile immaginare che la città crescesse in quella direzione. Dopo 51 anni di attività del Campus, Città del Messico è cresciuta enormemente in ogni direzione; questi terreni considerati inospitali sono oggi completamente popolati e ricoprono la totalità del Campus. Nonostante questa crescita straordinaria, il perimetro della Città Universitaria rimane intatto, i suoi confini sono perfettamente definiti e appaiono riconoscibili prima di tutto dagli abitanti di Città del Messico. La Città Universitaria, come quartier generale per dell’UNAM, è il più importante centro educativo e di ricerca del Paese. La C.U. era formata inizialmente da una zona centrale, poi da una buffer zone di protezione urbana che la circondava con 84


più di 70 ettari e finalmente da una buffer zone di valore ambientale di 237 ettari. Questa istituzione riceve ogni anno i migliori studenti del Paese e per questa ragione sono sviluppate continuamente attività che la mantengono viva e funzionante, come una città veramente consacrata all'educazione, alla ricerca e alle arti. A causa soprattutto di questa condizione, il rischio di un'invasione dovuta alla crescita di Città del Messico è quasi nullo; essendo un così importante centro educativo per il Paese, le attività che si svolgono sono indispensabili e allo stesso tempo sono facilitate. The Chart for the Use of Land (Coyoacán District Plan for the Use of Land) è uno strumento che regola il tipo di costruzioni che possono essere eseguite a Città del Messico; esso prevede che i terreni della Città Universitaria non possano essere invasi e non può essere posizionata nessuna costruzione che differisce dalle attività universitarie al suo interno. Prima di realizzare ogni costruzione all’interno dei suoi confini, infatti, è necessaria l'approvazione delle autorità dell'Università. D'altro canto i 237 ettari definiti come una buffer zone di valore ambientale sono già dichiarati come riserva ecologica protetta e al loro interno sono state rilevate 16 specie endemiche, oltre ad essere una delle più importanti aree verdi del sud di Città del Messico. - Pressioni ambientali Città del Messico soffre di un alto tasso di inquinamento ambientale, principalmente 85


dovuto al grande numero di abitanti. Quest'inquinamento riguarda anche la Città Universitaria, anche se il Campus contribuisce con una significativa risorsa di ossigeno per la città con i suoi 237 ettari dichiarati riserva ecologica. In riferimento ad altri tipi di inquinamento, come l'inquinamento dell'acqua, nella Città Universitaria e nella buffer zone di protezione urbana esiste un piano di trattamento delle acque di scolo che produce acqua sufficiente alle necessità per l’irrigazione, e questo rappresenta un importante risparmio. - Disastri naturali e previsione del rischio Le caratteristiche geologiche di Città del Messico la rendono soggetta a dover affrontare disastri naturali. Fondata originariamente vicino ad un lago, era soggetta a continue inondazioni dovute all'innalzamento del livello del lago durante la stagione delle piogge. Negli anni successivi alla conquista spagnola fu deciso che il lago sarebbe stato prosciugato e che nel tempo i fiumi e i canali rimasti sarebbero stati prosciugati o deviati per far defluire le acque superficiali. Tuttavia, le piene e le inondazioni continuano ancora oggi ad interessare non tanto il centro della città, quanto piuttosto le estese aree suburbane. La città è anche collocata sul cosiddetto “Pacific Ring of Fire” (o anche “cintura sismica del Pacifico”), una regione dove si verifica la maggior parte dei fenomeni sismici e vulcanici. Questi fenomeni sono causati dalle stesse forze ed entrambi hanno 86


influenzato la zona dove Città del Messico è localizzata dai tempi pre-ispanici. Sono proprio le eruzioni vulcaniche che hanno dato questa morfologia ai territori dove si trova il Campus, nella zona conosciuta come Pedregal (terra rocciosa) a causa delle sue larghe strisce di rocce vulcaniche. Il sottosuolo di queste terre ha una maggiore resistenza rispetto alle zone centrali di Città del Messico e questo aspetto permette alla Città Universitaria di non soffrire di inondazioni e in caso di sisma è considerata una zona sicura. Fin da quando il Campus iniziò a funzionare, nel 1954 sono stati registrati a Città del Messico tre sismi di grande scala (negli anni 1957, 1979 e 1985). L'ultimo, il 19 settembre del 1985 con un livello di 8.1° sulla scala Richter, è stato il terremoto con la più grande magnitudo registrata nella città e che ha determinato le peggiori conseguenze nell’ambito metropolitano. In queste tre situazioni critiche la Città Universitaria, anche grazie alle particolari caratteristiche del suo sottosuolo, non ha sofferto di alcun tipo di danno. Per quanto riguarda invece il rischio derivante da un'eventuale eruzione vulcanica, il Campus è vulnerabile tanto quanto il resto della città. - Pressioni dei visitatori Recentemente, è stato sviluppato e approvato il Global Plan for the Campus Central come strumento per risolvere problemi di vario carattere generale che potrebbero presentarsi nel Campus; uno dei punti più importanti di questo piano riguarda 87


l’utilizzo dei mezzi di trasporto. Il documento propone un sistema di collegamenti con navette dotate di una bassa piattaforma che si muovono sul Circuito Escolar e mettono incomunicazione i parcheggi con le zone al di fuori del perimetro del Campus, al fine di risolvere i problemi di parcheggio e di traffico. I visitatori sono considerati dal piano allo stesso modo degli studenti, degli insegnanti o dei ricercatori di altre istituzioni nazionali o internazionali che visitano il sito per scopi accademici. Si prevede, inoltre, che il percorso seguito da questo sistema di trasporto si collegherà con il trasporto turistico offerto da Città del Messico. Il piano considera anche la creazione di un sistema per le mense per dotare ogni facoltà del servizio e la creazione di uno spazio che fornirà informazioni relative al Campus e sarà destinato anche alla vendita di prodotti

dell’Università. 13

13 Technical file for the nomination of Campus Central de la Ciudad Universitaria de la UNAM for the inscription in the UNESCO World Heritage List, México, Dicembre 2005

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ANALISI



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La Ciudad Universitaria sottotitolo

2.1_ Il concetto di limite urbano e confine 2.2_Abitare C.U. 2.3_Una cittĂ nella cittĂ 2.4_Il Campus come condensatore sociale 2.5_La Ciudad Universitaria al limite


2.1_ Il concetto di limite urbano e confine Il confine è un concetto antico, ben presente nell’immaginario di tutti, ma ricco di differenti sfumature. Il dizionario Devoto-Oli definisce il confine come una “linea costituita naturalmente o artificialmente a delimitare l'estensione di un territorio o di una proprietà, o la sovranità di uno Stato. […] Pietra, barra, steccato, che delimita una proprietà da quella attigua. Limite, termine (talvolta con sfumatura d’incertezza o lontananza): sterminato, illimitato”.14 Ma questo concetto, che sembra apparentemente semplice e univocamente definito, apre le porte a molti scenari e a varie domande. Questa linea, è effettivamente una linea? Da chi e come viene tracciata? Perché? Cosa succede al di qua e al di là della linea stessa? Lo spazio che prima era unico, diventa ora doppio? Il confine ha un forte rapporto con la terra, e proprio su di essa è stato segnato, storicamente, per la prima volta. Proprietari terrieri e contadini segnavano il proprio campo e ne definivano i confini, facendo un solco con l’aratro, un segno netto sul terreno che definiva un nuovo spazio, una nuova 14 Devoto G., Oli G.C., Dizionario Devoto Oli, Le Monnier, 2014

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proprietà. Allo stesso modo i sacerdoti lo segnavano sulla terra, mediante l’uso della regula, una linea dritta, rectus, che determinava non solo una regione spaziale, un territorio, ma anche una regola, cioè una norma da seguire per restare nel giusto. Il semplice segno sulla terra aveva quindi una quadrupla valenza: spaziale, indicando una separazione tra due differenti luoghi; religiosa, definendo la netta distinzione tra un luogo sacro e un luogo profano; temporale, individuando un prima e un dopo e morale, introducendo una distinzione tra ciò che è “retto” e ciò che è “storto”. La linea di confine diventa un mezzo, uno strumento, per modificare la connotazione di un luogo. Questa linea diventa così un limite, e spetta a chi lo traccia definirne le regole, decidere se sarà un limite valicabile o invalicabile, identificare chi può stare all’interno e chi è relegato all’esterno. Nasce in questo momento il contrasto tra dentro e fuori, tra inclusione ed esclusione, ma anche tra mio e tuo, tra pubblico e privato. Molto spesso, infatti, un confine è tracciato per stabilire un diritto di proprietà. Quando un privato percepisce la necessità di uno spazio proprio, ben definito, separato da ciò che è altro, allora traccia un segno, erige un muro, una staccionata, un cancello, e si separa da 95


ciò che è pubblico. Da questo momento in poi lo spazio interno è regolato da norme diverse, dettate dal proprietario stesso, che può decidere chi e quando può essere parte del suo spazio, perché potrà aprirlo e chiuderlo a suo piacimento. Se non si considerano i confini naturali, come gli oceani o le grandi catene montuose, “l’occupazione della terra è il primo atto che si deve compiere per poter essere in grado di tracciare successivamente un confine di qualunque tipo”15, confine che può avere lo scopo di difesa, protezione dall’esterno, o di recinto, contenimento all’interno. L’uomo ha paura di ciò che non conosce o, se lo conosce e ne ha motivo, se ne vuole separare, tramite un’incessante ricerca di sicurezza, tanto che “il catalogo da cui scegliere le nuove forme per il disegno territoriale e architettonico appare costruito attorno a una nuova discriminante: la paura, l’ossessione della sicurezza personale, dell’autoisolamento all’interno di un contesto spaziale personale”.16 Lo spazio pubblico, comune, quello non marchiato da linee e confini, quello dei parchi, delle strade e delle piazze, viene trasformato sempre più frequentemente in spazio privato, chiuso. Il timore del contagio, del contatto con l’altro, ci spinge sempre più a chiuderci all’interno, tirandoci fuori da 15 Zanini P., Significati del confine, Mondadori, Milano 1997, cit., p.10. 16

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Ivi, cit., p.19.


una comunità, sia essa la nazione, la città o altro, per costruire un’altra comunità che la sostituisca, rimanendo come sospesa dentro la regola, dove solo chi vi abita può definire il grado di eccezione. Nelle nostre città sempre più caotiche, sempre più grandi e sempre più insicure, ci arroghiamo sempre più spesso il “diritto di recinzione”. La linea di confine separa due spazi, due persone, due ideologie, ma a volte non è esattamente una linea, non è un segno netto e ben definito, si sfrangia a creare una zona di confine, chiamata anche frontiera: mentre il confine separa due spazi, la frontiera vi si interpone, definendo un terzo spazio, una fascia più o meno larga in funzione dei rapporti che intercorrono tra una parte e l’altra della stessa. Questa diventa il luogo dove rifugiarsi quando nessuna delle due sponde ci piace oppure dove cercare qualcosa di diverso, un luogo di scambio di opinioni, merci, esperienze o idee. Confine e frontiera sono concetti sensibilmente distinti, “ecco perché rompere i confini non implica necessariamente la cancellazione delle frontiere”.17 Il rischio della frontiera è che diventi un corridoio asettico, uno spazio senza identità contenuto tra due spazi dotati di una forte identità, una terra di nessuno schiacciata tra i margini, un luogo dove le regole e le norme si annullano, dove il giudizio viene 17 P. Zanini, Significati del confine, Mondadori, Milano 1997, cit., p.23.

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sospeso. Ed è allora, in quel momento, che deve emergere il suo valore aggiunto, quello di essere uno spazio non con qualcosa in meno, ma con qualcosa in più, poiché è vero che separa, ma separando mette in contatto due luoghi, e dal contatto può nascere qualcosa di nuovo: lo spazio di confine può e deve diventare confine come spazio. E’ proprio questa riflessione su margine, il limite urbano, come spazioattivo di confine che caratterizza la C.U.

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2.2_ Abitare C.U. La Città Universitaria si trova nella zona denominata "El Pedregal", nella parte meridionale di Città del Messico. È un luogo che nei secoli è stato completamente coperto dalla lava derivante da diverse eruzioni del vulcano attivo "Xitle", che iniziò ad eruttare più di sei mila anni fa. In questo luogo all’apparenza inospitale si insediò una delle più antiche culture precolombiane. Questo paesaggio roccioso, caratteristico ed esotico è composto da una flora unica nella Valle del Messico, tra cui si trovano principalmente licheni, felci, muschi, palo-bobo e peppertrees. Questo sito ha attratto molti artisti di fama mondiale come il pittore e muralista Diego Rivera e l'architetto Luis Barragán. Quest'ultimo ha concepito quello che è stato poi conosciuto in tutto il mondo come il “giardino messicano", elemento contemporaneo per eccellenza presente nel complesso residenziale denominato "Jardines del Pedregal de San Angel”, che divenne, come anche il Campus, un paradigma di progettazione urbana in Messico e in tutto il continente americano. Nel 1942 è stato deciso che la Città 99


Pianta del nucleo originario di C.U.

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Universitaria sarebbe stata costruita su questo paesaggio vulcanico. Il terreno si trovava nella zona settentrionale di quella zona rocciosa, la parte più vicina alla zona metropolitana della città a quel tempo e consisteva in sette milioni di metri quadrati ed era attraversato dalla grande arteria di traffico Av. Insurgentes, che attraversa Città del Messico da nord a sud e collega il Campus al sistema stradale di tutto il Paese, ponendolo quindi in una posizione privilegiata in tutta la città. La Città Universitaria è stata edificata su una serie di "piattaforme rocciose", che hanno definito spazi ben precisi. Queste piattaforme hanno suggerito il masterplan, ad opera degli architetti Mario Pani ed Enrique del Moral nel 1951, un lavoro che unisce architettura, urbanistica e studio del paesaggio. L'elemento principale del progetto è un asse est-ovest che si sovrappone in modo perpendicolare all'asse nord-sud di Insurgentes. Più di sessanta architetti della modernità messicana hanno lavorato insieme al progetto, al fine di creare uno dei complessi più emblematici del Messico moderno. Il Campus Centrale dispone di ampi spazi aperti che permettono l’apprezzamento degli edifici da grandi distanze, rafforzando il loro rapporto con il luogo, e riprendendo una concezione spaziale propria delle grandi civiltà preispaniche, come il complesso di Monte Albán, dove la connessione 101


tra grandi edifici e spazi aperti si fonde mediante scale, rampe e diversi livelli per raggiungere l’armonia tra architettura, paesaggio e scala umana. Questa relazione tra spazio aperto e costruzione trova un riferimento immediato ai paradigmi urbani e agli ideali della modernità, proposti da Le Corbusier e Hilberseimer. Tutti gli edifici centrali del Campus sono disposti intorno a grandi spazi aperti, spianate, cortili e giardini a diversi livelli, che rappresentano la conquista dello spazio da parte dei pedoni, lasciando la circolazione dei veicoli sugli anelli esterni. Le variazioni della pavimentazione e dei suoi diversi livelli rispecchiano i diversi utilizzi degli spazi aperti pubblici. Luis Barragán, responsabile della progettazione paesaggistica, ha usato materiali diversi, enfatizzando il loro valore plastico, in pieno stile messicano; piazze e scalinate hanno una pavimentazione di roccia vulcanica che integra la superficie costruita con il sito di progetto, il marciapiede dedicato ai percorsi pedonali è in cemento rosso o realizzato con grosse lastre di mattoni pressati che facilitano la percezione dei percorsi anche grazie alla loro visibilità, mentre le zone di relax e contemplazione sono coperte da ampi spazi erbosi. Il sistema stradale è strutturato in circuiti, il principale, il Cto. Escolar, circonda la zona scolastica e la zona dello Stadio Olimpico Universitario, un secondo circuito, il Cto. Exterior, si snoda tutto attorno al Campus nella zona meridionale ed è integrato dal 102


circuito di Investigación Científica nella zona della ricerca, dal Cto. Interior e dal Cto. Mario della Cueva che abbraccia la zona culturale. Questi circuiti sono attraversati da cavalcavia pedonali e sottopassi, indispensabili al fine di non interrompere né le vie ad alto scorrimento carrabile, né i percorsi pedonali. Oltre ad essere contenute da circuiti veicolari, le tre grandi aree del complesso universitario sono strettamente collegate tra loro, generando così una rete di traffico carrabile e pedonale integrata che caratterizza il Campus dalla sua concezione originaria fino al giorno d’oggi. Gli edifici e gli spazi aperti centrali del Campus sono divisi in tre zone principali, denominate come: - zona scolastica; - zona sportiva; - zona dello Stadio Olimpico. Zona Scolastica Fin dal progetto originale gli edifici occupati dalle scuole e dai servizi principali sono edifici a cluster che si rivolgono verso una grande piazza centrale che funziona come un elemento di spina; questi edifici possono essere suddivisi per materie in cinque gruppi: i servizi e gli edifici destinati a Lettere, Scienze, Scienze biologiche e Arti. L’intera zona è circondata da viabilità carrabile; internamente gli edifici sono collegati da percorsi pedonali, ed esternamente sono collegati ad altre strutture universitarie da strade e numerosi percorsi pedonali. 103


Schema delle macrofunzioni della Ciudad Universitaria


- Servizi Gli edifici di questa zona sono vicino a viale Insurgentes, e sembra quasi che siano posti lì per fare da guardia al Campus e proteggerlo dalla città. Questo gruppo è composto dalla sede centrale dell'Università stabilita presso la Torre de Rectoría, accanto alla Biblioteca Centrale. Attorno alla Torre de Rectoria il Campus si articola in diversi livelli, che accentuano l’asse centrale. Perpendicolarmente a viale Insurgentes si articola il secondo asse del Campus, che lo attraversa completamente da ovest a est, dallo Stadio Olimpico universitario all’edificio della facoltà di medicina. - Lettere Situato sul lato nord dell'asse principale e parallelamente ad esso, questo è un corpo di grandi dimensioni che comprende le facoltà di Lettere e Filosofia, Diritto ed Economia. - Scienze biologiche In questo gruppo di edifici si trovano le facoltà di Odontoiatria e di Medicina. Questi edifici sono disposti intorno ad una spianata inferiore alla piazza centrale, che si trova ad est, che accentua l'assialità del Campus. - Scienze Questo gruppo era originariamente composto dalla Facoltà di Scienza e dagli Istituti, ma anche dalle facoltà di Chimica 105


e Ingegneria. Attualmente la facoltà di Scienza si è trasferita alla periferia della zona centrale; nel gruppo in questione sono rimaste le facoltà di Chimica e di Ingegneria, insieme alla Escuela de Posgrado. - Arti Composto dalla University Sciences and Art Museum (MUCA) e dalla Facoltà di Architettura, quest’ultimo gruppo conta una serie di piccoli edifici chiamati "talleres" (laboratori) disposti in uno spazio stretto tra l'edificio principale di Architettura e la Facoltà di Ingegneria. Zona sportiva Fin dal disegno originale questa zona mantiene una stretta relazione con la zona scolastica. La zona sportiva si trova a sud ovest della zona centrale ed è costituita da piattaforme a diversi livelli particolarmente adatte per l'insediamento dei campi sportivi. Qui sono collocati anche la piscina olimpica e i campi da pallamano. L'edificio che nel progetto originale era stato adibito a dormitorio si trova ad ovest e si affaccia sull’intero Campus. Zona dello Stadio Olimpico Lo Stadio Olimpico è stato concepito per adattarsi al paesaggio unico del Pedregal, cercando di evocare l'idea di un cratere vulcanico. E’ situato al termine dell’asse centrale sul lato ovest ed è circondato da una zona pedonale che permette ai pedoni di entrare e lasciare la costruzione in un breve periodo di tempo. Lo stadio è 106


diventato un punto di riferimento all'interno del Campus e, insieme con la Torre Dean, è un riferimento importante per tutta Città del Messico. L'architettura del Campus è la trasposizione fisica della politica culturale e sociale postrivoluzionaria messicana e riflette l'interesse nazionale per lo sviluppo sociale attraverso l'istruzione e la cultura. Il Campus mostra chiaramente come i postulati del Movimento Moderno Internazionale e l’architettura tradizionale messicana possano essere integrati e si possano esaltare vicendevolmente. La scelta dei materiali è stata fatta sulla base di criteri di durabilità e di unità di progetto; essi sono stati utilizzati da ogni architetto intervenuto nella realizzazione del Campus in modo singolare e creativo e rappresentano allo stesso tempo modernità e tradizione. Usata quasi come una texture e come parte integrante della struttura di alcuni edifici, la roccia vulcanica evoca la forza concreta dello strato di terreno di origine vulcanica, la vera origine del sito e il passato millenario messicano. Anche nella zona sportiva si possono riconoscere dei chiari richiami alla tradizione messicana: i campi da pallamano evocano il tradizionale gioco della palla preispanica e lo Stadio nasce come "cratere" all'interno di questo paesaggio vulcanico. Tutta la roccia utilizzata per la costruzione è stata direttamente estratta da una cava all'interno del sito stesso. L'utilizzo diffuso di acciaio e vetro testimonia 107


la ricerca di innovazione tecnologica e tali materiali sono esemplificativi del momento di modernità che il Paese stava vivendo. Il cemento armato è spesso combinato con altri materiali e il suo utilizzo vuole sintetizzare l'influenza dei modelli di Le Corbusier, che nel Campus sono portati al loro limite plastico, come anche le opere dell’architetto Felix Candela, che realizza strutture in calcestruzzo e luce, presenti nella Ciudad Universitaria come in tutto il Messico. - La Torre de la Rectoría Progettata dagli architetti Mario Pani, Enrique del Moral e Salvador Ortega, la Torre Dean (o Torre de la Rectoría) si trova nella piazza più importante del complesso, quella d’accesso. La torre è uno degli edifici più alti del Campus e domina tutta la zona scolastica, quasi a controllarla e proteggerla, e rappresenta l’amministrazione dell’intera Università. Situata sul lato est di Insurgentes Avenue, sottolinea anche l'asse principale est-ovest longitudinale al Campus. L’edificio che si erge in altezza per diversi piani è circondato sui quattro lati da grandi passeggiate pedonali a diversi livelli, attentamente studiate e messe in evidenza da scale che abbracciano lo spazio urbano e rimandano alle grandi scalinate presenti 108


Museo Universitario delle Scienze e delle Arti_ Spazio pubblico de las Islas

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nella tradizione dei centri cerimoniali pre-ispanici. Uno stagno d'acqua rivolto ad ovest, infine, riflette la torre sulla sua superficie orizzontale. Il valore plastico dell'edificio è stato raggiunto contrassegnando sulla superficie esterna del volume la funzione di ogni elemento architettonico, mediante una grande varietà di materiali utilizzati: pietra onice, acciaio, vetro e argilla smaltata, che ha dato all’edificio il carattere tipico messicano. Il basamento è un volume sviluppato in senso orizzontale, i suoi prospetti laterali sono coperti da un materiale roccioso traslucido caratteristico in Messico chiamato onice, che fornisce una tonalità ocra e una luce singolare ai suoi interni. Il piano terra è utilizzato in parte come spazio pubblico, mentre i 12 piani della torre sono dedicati a uffici e sale di rappresentanza. Tre facciate dell’edificio, a nord, sud e est, sono realizzate interamente in acciaio e vetro, mentre la facciata occidentale, che copre le zone dedicate ai servizi e ai collegamenti verticali, è rivestita da vetro e mattoni di argilla. E’ su questo lato che si trova l'emblema dell’UNAM, realizzato da artisti messicani su richiesta del Rettore Jose Vasconcelos e di Jorge Enciso. La facciata rappresenta il motto dell’Università: "Por mi raza hablará el Espíritu" (Lo spirito parlerà a nome della mia razza), accanto ad una mappa dell'America Latina, un’aquila americana e un condor andino. La Torre Dean mostra tre murales di David Alfaro Siqueiros realizzati tra il 1952 e il 111

Nella pagina accanto: Torre della Rectoria


1956. Il più importante dei tre, nella parte meridionale del basamento, rappresenta una sintesi di scultura e pittura ed è intitolato "El pueblo a la universidad, la universidad al pueblo. Por una cultura neo humanista de profundidad universale “(Il popolo all’università, l'università al popolo. Per una cultura neo-umanistica di profondità universale). Il secondo si chiama: "Las fechas en la historia de México o el derecho a la cultura" (Le date nella storia messicana o il diritto alla cultura), posto sul lato nord della torre, affianca l'asse centrale di accesso al Campus che proviene dallo Stadio Olimpico e introduce nella grande piazza centrale. Il terzo copre completamente la Sala del Consiglio dell’Università ed è denominato: "Nuevo simbolo universitario" (Nuovo simbolo dell’università). Qui Siqueiros riprende l'aquila e il condor dello stemma dell'Università e li rende geometricamente stilizzati. - La Biblioteca centrale Questo è indubbiamente l'edificio che meglio rappresenta la modernità del Messico. Qui la dicotomia tra tradizione e modernità è superata grazie ad una mescolanza di elementi di architettura internazionali ed elementi regionali. Progettata dall'architetto e pittore Juan O'Gorman, la Biblioteca Centrale è (insieme alle case-studio di Diego Rivera e Frida Kahlo) l'edificio che a livello internazionale meglio esprime gli intenti del Moderno Stile architettonico messicano: sotto il nome di integrazione 112


plastica si viene a creare un’unità totale estetica, composta da diverse discipline, quali l’architettura, la pittura, la scultura e l’arte. La volumetria dell'edificio è composta fondamentalmente da due corpi: un basamento seminterrato che si estende orizzontalmente verso il centro del Campus, disegnando una delle più monumentali scale della piazza centrale, dove è possibile trovare l'ingresso dell’edificio e un imponente patio esterno sorretto da enormi pareti di roccia vulcanica, e il corpo principale realizzato come un prisma quadrangolare di dieci piani che emerge dal basamento. Questo edificio rappresenta lo scrigno del sapere ed è posizionato a nord est della Torre de Rectoria, così da creare una gerarchia nella zone principale del Campus tra gli edifici che rappresentano l’amministrazione e la cultura e le ordinarie facoltà. Ogni facciata della biblioteca è coperta da un grande mosaico realizzato con pietre naturali colorate raccolte da O'Gorman stesso durante diversi viaggi in tutto il Paese. In quattro mila metri quadrati, Juan O'Gorman rappresenta la concezione dei due mondi: il mondo pre-ispanico, rappresentato dallo spirito festoso e terribile degli antichi messicani e dal simbolo della fondazione di Tenochtitlán, e il mondo ispanico, rappresentato tramite stemmi e forme convenzionali, che esprimono la peculiare dualità della conquista e dell'evangelizzazione. Questi due mondi si sono riuniti a nord per conto della 113


Specchio d’acqua della Biblioteca Centrale

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nazionalità e, a sud, a nome dell’Università. La Biblioteca Centrale può essere frequentata da tutti gli studenti e gli accademici del Campus, ma rappresenta anche un polo importante per la cultura dell’intera metropoli, offrendo il servizio di consultazione anche a tutti gli studiosi e i ricercatori di Città del Messico. Il corpo verticale della Biblioteca è dedicato alle sale di lettura, aventi una capacità di 200 lettori, alle sale bibliografiche e alla sezione dei prestiti. Queste aree sono illuminate nelle ore diurne da una luce naturale che entra, si diffonde, e acquisisce una tonalità unica dovuta al rivestimento di onice dell’edificio. Ai livelli superiori si possono trovare gli uffici amministrativi della biblioteca. Il volume verticale è suddiviso in dieci piani uguali, e contiene circa due milioni tra libri e riviste. Ogni sala ha un affaccio all’esterno ed è realizzata per avere illuminazione ed umidità costanti, al fine di migliorare la conservazione dei libri. E’ presente, inoltre, un’area di circolazione centrale che consente il deposito di 170 mila volumi per piano distribuiti in scaffali metallici su entrambi i lati di questa zona centrale.

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- Facoltà di Lettere A nord del Campus il complesso della Facoltà di Lettere è un volume unico esteso in senso longitudinale, lungo più di 300 metri, orientato in direzione est-ovest. L’edificio è diviso in tre parti di dimensioni simili, nelle quali sono situate le Facoltà di Arte e Filosofia, Giurisprudenza, Economia e Lettere. La struttura di questo volume è costituita da un singolo modulo di cemento ripetuto longitudinalmente, che genera nel piano principale una sorta di corridoio, che si traduce in uno spazio fluido e transitorio, permettendo una relazione spaziale tra il Circuito Escolar, i parcheggi e la grande piazza centrale, evidenziando i postulati moderni degli edifici sopra pilotis. La facciata sud è caratterizzata da lastre di cemento che hanno però raggiunto una grande trasparenza, mentre nella facciata nord vi sono blocchi di argilla smaltata che lasciano spazio a poche finestre, al fine di proteggere dal freddo; accanto a questa facciata sono posti i corpi scala con superfici esterne in vetro. Collegata al corpo longitudinale principale in modo perpendicolare, si trova la Torre Lettere e un volume rettangolare sopra pilotis, quest'ultimo originariamente usato per la Scuola di Scienze Politiche e Sociali, ora utilizzato dalla Facoltà di Lettere e Filosofia. - Facoltà di Arte e Filosofia e Torre di studi umanistici Questa struttura si trova nella parte orientale del complesso degli studi umanistici. E’ stata progettata dagli architetti Enrique de la 116


Mora, Manuel de la Colina e Enrique Landa e può essere divisa in tre unità principali. Nella prima unità si trovano 27 aule di diverse dimensioni destinate a classi variabili fra circa quindici e un centinaio di studenti. La seconda unità si trova ad ovest rispetto alla prima ed è il collegamento principale con la Biblioteca Centrale; qui ci sono aule e la biblioteca della facoltà con una capienza di 40 mila volumi. Infine, al primo piano si trovano gli uffici amministrativi e principali, mentre al piano terra un portico comunica con l’auditorium. Al primo piano della Torre di studi umanistici, si trova il Dipartimento di Psicologia e al piano inferiore si trovano gli uffici. L'auditorium principale di questo complesso si trova a nord della torre; riconosciuta anche come una delle sale più importanti di tutto il Campus, ha accesso indipendente, parcheggi e una capacità totale di 630 spettatori. La Torre della facoltà di lettere è un prisma quadrangolare di sette piani, posizionato da nord a sud longitudinalmente, con facciate poste ad est e ad ovest con grandi superfici vetrate e parti metalliche lavorate. Essa contiene gli spazi destinati alla ricerca filosofica, storica, estetica, filologica e sociale, riservando anche aree per amministrazione, uffici, sale riunioni, magazzino, biblioteca di lavoro e cabine di ricerca.

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- Giurisprudenza Prima di essere trasferita nel Campus centrale la vecchia Scuola nazionale di Giurisprudenza era stata considerata una delle più importanti e tradizionalmente rispettate strutture dell'Università; ora occupa la parte centrale del complesso degli studi umanistici. Lo spazio è suddiviso in tre aree: quella delle aule, 30 sale conferenze da 64 studenti ciascuna; una zona annessa è distribuita su due piani con otto sale per seminari da 30 studenti ciascuna; infine, la biblioteca locale che ospita cinque mila volumi e la zona di dottorato di ricerca. Questa parte del complesso, progettato dagli architetti Alonso Mariscal e Ernesto Gómez Gallardo, comprende l'ingresso principale e una grande sala con patio, così come l'area amministrativa e l'accesso alla sala da 250 spettatori. - Economia Situata nella parte orientale del complesso degli studi umanistici, questa scuola chiude il complesso ed è composta da due principali sezioni: aule e servizi annessi. Le aule che si affacciano a sud sono distribuite nei primi tre piani dell'edificio. La sezione annessa si compone di quattro elementi: un auditorium da 200 spettatori, che è situato perpendicolarmente al corridoio 118


Spazio Pubblico_ las Islas

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delle aule. Sul lato orientale del primo piano, rispetto al corridoio delle aule, si trova l'amministrazione, circondata dagli uffici principali di facoltà e i principali uffici dell’Economical Research Institute. La biblioteca con il proprio magazzino, contenente otto mila volumi, e la sala di lettura si trovano al secondo piano. Infine, al terzo piano si trovano il laboratorio e quattro studioli per laureandi. La progettazione di questi edifici è stata eseguita dagli architetti Vladimir Kaspe e José Hanhausen, entrambi famosi designer di altri locali della scuola e molto noti in tutto il Paese. - Biologia Questo gruppo si trova ad est del Campus accanto ad una seconda piazza aperta, di dimensioni più piccole rispetto alla grande piazza centrale. La Scuola di Odontoiatria, la Scuola di Medicina e l'Istituto di Ricerca Biomedica fanno parte di questo gruppo, pur situati in diversi edifici. In origine l’edificio ora occupato dall'Istituto di Ricerca Biologica era la Scuola di Medicina Veterinaria e Zootecnica, successivamente trasferita in un altro impianto posto nel secondo anello della Città Universitaria, al fine di soddisfare le necessità di maggior spazio per nuovi laboratori. Questo gruppo si trova in una delle tre piattaforme 120


evidenziate nel masterplan centrale del Campus; un importante percorso pedonale collega questa piattaforma con la grande piazza centrale, superando mediante rampe i dislivelli presenti. - Odontoiatria Progettata dagli architetti Jesús Aguilar, Silvio A. Margain y Carlos Reigadas, questa Scuola si sviluppa principalmente in senso longitudinale in direzione estovest, con altri due corpi di fabbrica posti perpendicolarmente su entrambi i lati; uno di questi volumi contiene l'accesso all'edificio al piano nobile e nel livello superiore l’Auditorium, l'altro ospita l'Anfiteatro. Il volume longitudinale è dedicato alle aule e la sua facciata meridionale si apre con un grande nastro di finestre che consente di creare una connessione visiva diretta con la piazza aperta. La parete sud dell’Anfiteatro è coperta da un murale chiamato "La superacion del hombre por medio de la cultura " (“Il miglioramento dell’uomo per mezzo della cultura”) ed è realizzato con piastrelle smaltate colorate dell'artista Francisco Eppens. Il volume principale si sviluppa su quattro piani, oltre al piano terra e al piano interrato. Vi si trovano le cliniche di diagnosi, endodonzia e radiodonzia. L’edificio contiene anche sale operatorie, 121


con tutte le funzioni collegate annesse. Inoltre, contiene i servizi amministrativi e nove laboratori connessi alle aule, di cui due hanno una capienza di 180 studenti e altre due di 100 studenti; dal portico d’ingresso sono poi raggiungibili la biblioteca e la sala espositiva. - Medicina Questa straordinaria struttura, opera degli architetti Roberto Álvarez Espinoza, Pedro Ramírez Vázquez y Ramón Torres, si trova alla fine dell'asse principale centrale del Campus ad est, all’opposto dello Stadio Olimpico. L'edificio principale è allungato in direzione nord-sud e un altro edificio con l'asse perpendicolare ad esso si sovrappone a nord. Gli edifici sono collegati tra loro da una serie di rampe che iniziano al piano terra e finiscono al quarto; questi elementi di collegamento ricordano le moderne idee di architettura introdotte nel Campus centrale, ottenendo l'effetto di un "edificiomacchina", ma anche il mantenimento di un legame con la tradizione attraverso un murale posto sul secondo edificio accanto alle rampe, opera di Francisco Eppens. Questo murale, così come i murales della Biblioteca Centrale di Juan O'Gorman, si pone come uno delle più rinomate opere d’arte moderna in Messico. 122


Spazio Pubblico_ las Islas_pertinenza delle facoltĂ di Odontoiatria e Medicina

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La Scuola di Medicina si trova sulla strada che collega direttamente con il centro medico; la Scuola è composta da tre unità principali: gli anfiteatri, le aule e i laboratori. Il primo volume è orientato in direzione nord-sud e ha otto piani. Servizi, magazzini, lavanderia e impianti si trovano al piano seminterrato. Il piano principale si presenta con arcate nelle sale e nell’ingresso. Nei successivi sei piani in elevazione sono dislocati gli uffici principali e l'amministrazione; le aree della biblioteca, di accoglienza e di studio sono nei primi due livelli. I tre livelli intermedi ospitano gli anfiteatri per 25 studenti ciascuno; infine, sul retro si trova la sala conferenze principale con la caratteristica forma di ventaglio, con una capacità di circa 1000 spettatori. Il secondo volume situato a nord è collegato con rampe al primo. Si tratta di un modulo di forma allungata che si ripete in otto livelli e che ospita venticinque laboratori per 60 studenti ciascuno, le aule, di cui due per 300 studenti e sette per 150 studenti ciascuna; vi si trovano, infine, 45 laboratori di ricerca. - Istituto biomedico Questo edificio progettato dagli architetti Fernando Barbará Zetina, Felix Tena e Carlos Solórzano, è uno dei più luminosi e colorati progetti architettonici del complesso ed 124


è caratterizzato da un grande dinamismo architettonico. La sua struttura dialoga con uno dei vertici della parte orientale del Campus, nonché con le Scuole di Medicina e Chimica. Il volume principale dell’edificio è sviluppato da est a ovest; ha cinque livelli ed è intersecato da un blocco a due piani quadrangolare, che si articola con l'edificio principale di Medicina. Questo corpo principale, parallelo alla parte sud dell'asse principale Campus, dà inizio ad un altro complesso longitudinale, simile a quello di Lettere, ma in questo caso con un elemento di equilibrio all'interno del nucleo; in questo corpo allungato è compresa anche la facoltà di Chimica. La prima area ospita i servizi di governo e l'amministrazione, la biblioteca con una capienza di 20 mila volumi, dodici aule per 60 studenti, undici laboratori, e una sala conferenze per 200 persone; la seconda area è costituita da due corpi disposti perpendicolarmente tra loro e ospita i servizi generali, aule per ricercatori e laboratori. - Scienze Questo gruppo è posto al centro - sud del Campus centrale. Esso ospita le Scuole di Chimica e Ingegneria, la seconda Torre di scienze umane, la scuola di Posgrado di Architettura e il Cosmic Ray Pavilion. 125


Questa è l'unica area del masterplan originale che è sostanzialmente modificata dal progetto originale, perché a quel tempo la facoltà di Scienza si trovava al di fuori della zona centrale, a sud-est della Città Universitaria. La modifica di localizzazione dell’Istituto di Ricerca è dovuta alle nuove continue esigenze di spazio conseguenti alla crescente domanda tecnologica e scientifica degli anni sessanta. Tuttavia, le facoltà di Chimica e Ingegneria rimangono ancora nella loro originale collocazione. - Chimica Il volume principale è disposto su un prolungamento dell'asse segnato dalla costruzione principale Biomedical Research Institute, da est a ovest nella parte meridionale del Campus. Questo edificio è intersecato da un basso volume che contiene i servizi, la biblioteca e l'amministrazione scolastica; ad ovest del primo edificio vi è un altro volume che contiene le aule. Il modo in cui sono collocati in pianta questi edifici produce uno spazio centrale, una sorta di cortile principale, che diventa il luogo di incontro per la comunità e che collega anche l'ingresso dei due principali auditorium con le sale lettura. Gli edifici sono isolati e progettati apparentemente in contrasto con la geometria generale del complesso; essi infatti hanno struttura in conglomerato cementizio armato con pareti perimetrali realizzate con materiali provenienti da roccia vulcanica e si distinguono per la loro forma non convenzionale. Si tratta del principale lavoro di costruzione realizzato dagli 126


architetti Enrique Yáñez, Enrique Guerrero y Guillermo Rosell. Il primo edificio è distribuito come segue: al piano principale con portici ci sono due sale per 30 studenti ciascuna e ciò è ripetuto per quattro livelli; su tutti i livelli vi è un corridoio a sud che corre lungo tutto il volume con finestre in tutta la facciata nord. L’edificio contiene complessivamente ventiquattro laboratori per 32/64 studenti, oltre a dodici aule studio. Sul lato nord ci sono i principali uffici e servizi generali, così come la biblioteca con 15 mila volumi e le sue aule e laboratori di ricerca. Il secondo edificio, che si trova più a sud, ospita le aule per conferenze e i laboratori di specializzazione; i saloniauditorium hanno una capacità di 125 persone ciascuno e possono essere uniti per creare un unico auditorium con una capacità di 250 spettatori. - Torre di Lettere II e Scuola post-laurea di Architettura Si tratta della vecchia sede della Scuola di Scienze. Oggi questa struttura comprende la Torre degli studi umanistici II, l’auditorium Alfonso Caso e la Scuola di Architettura post-laurea. Posizionato tra due corridoi di edifici scolastici disposti a cerchio, l’edificio divide lo spazio centrale del Campus in due: la grande piazza centrale e una seconda piazza più piccola, delimitata dal complesso di Scienze Biologiche. La Torre di studi umanistici II è un grande volume e la sua altezza è paragonabile a quella della Torre de la Rectoría. L’edificio ha un 127


piano allungato rettangolare che si apre verso est e ad ovest presenta facciate in vetro e acciaio in tutta la sua superficie, con parti di pareti perimetrali in argilla smaltata a nord e sud. Questo edificio è un riferimento alla modernità internazionale, e lo si può ritenere vicino allo stile di Le Corbusier in quanto elevato su pilotis e finito in sommità con una copertura piana. Ad ovest della torre si trova un auditorium, anch’esso poggiato su colonne in cemento armato, creando trasparenza al piano terra, dove trovano spazio solo un ingresso e una piccola sala. Questo edificio è noto come auditorium Alfonso Caso e ha una capacità di 500 spettatori. Assieme all’auditorium di Arte e Filosofia (Justo Sierra) è considerato uno fra gli ambienti principali dell’intero Campus. L'auditorium ha una parete semicurva all’ingresso ove vi è un murale, creato da Jose Chavez Morado che segue l'idea di integrazione plastica apprezzabile in tutto il complesso, denominato "La conquista de la energía, la ciencia y el trabajo" (“La conquista dell’energia, scienza e lavoro”). Collegato all’auditorium è l'edificio di Specializzazione post-laurea di Architettura, 128


un edificio con pianta quadrangolare con tre livelli (lo schema originale dell'edificio aveva una forma ad "u" o forma a ferro di cavallo, aperta verso sud) e un patio centrale; vicino a questo patio c’è la biblioteca che contiene oltre 20 mila volumi, con una struttura realizzata su cinque telai in cemento armato. Particolare elemento architettonico di rilievo è un murale, anche’esso opera di Jose Chavez Morado, chiamato, "El Retorno de Quetzalcoatl" (il ritorno di Quetzalcoatl), che si riflette in una vasca d'acqua sottostante. A ovest, sul piano principale formato da un portico di colonne di cemento, si trovano su altri due livelli una serie di aule tipo auditorium, protette dalla luce del sole grazie ad una facciata ricoperta da lamelle verticali colorate in terra cotta rossa. Questa unità è stata progettata da Raul Cacho, Eugenio Peschard e Félix Sánchez. - Padiglione Raggio Cosmico Accanto alla Scuola di Odontoiatria si trova una struttura nota come Padiglione Raggio Cosmico. Si tratta di una piccola parte della Scuola di Scienze che svolge qui attività di ricerca sulle radiazioni. Questa struttura è il risultato di una fusione di idee di Jorge Gonzalez Reyna con la consulenza del noto architetto Félix Candela, famoso sia a livello nazionale che internazionale per la realizzazione di edifici con coperture a guscio in cemento alleggerito. Questo edificio sorge su una superficie di 10 metri di ampiezza per 12 di lunghezza, e 129

In alto a destra: Padiglione del Raggio Cosmico; a sinistra scuola di posgrado di Architettura


Las Islas di C.U.

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presenta una copertura a forma di iperboleparabolica sapientemente dimensionata: lo spessore di copertura arriva infatti soltanto sino a 15 millimetri ed il suo peso è inferiore a 40 kg/mq. - Ingegneria Questo edificio è stato progettato dagli architetti Francisco J. Serrano, Fernando Pineda e Luis MacGregor. E’ costituito da tre edifici. Il primo è posizionato in direzione nord-sud e contiene su tre livelli ventisette aule per una capienza di 50 studenti, tutte illuminate verso sud-est grazie ad una parete vetrata. Oltre all’ingresso e ad un collegamento con un volume a sud tramite un ponte, vi si trovano una sala principale, gli uffici amministrativi, una biblioteca, una sala lettura e una sala riunioni. Il piano terra dispone di una sala conferenza per 500 spettatori. Il secondo volume, a nord, è legato al primo a est, con pilastri ogni dieci metri in doppia altezza sormontati da cupole che permettono l’illuminazione con luce zenitale. Tale soluzione richiama i soffitti a volta del periodo ispanico, costituiti da piccole cupole, come ad esempio nel convento di San Gabriel di Cholula. I laboratori di geologia, topografia, studi sanitari, ingegneria meccanica, elettrica ed aeronautica si trovano in questa zona dell'edificio. Un giardino, compreso fra la parete nord di quest’edificio e la grande piazza centrale, è utilizzato per test di energia idroelettrica. Il terzo edificio si trova a sud, ha una parete completamente vetrata 131


ed è supportato da pilotis. Questo corpo di fabbrica è collegato al primo piano da un ponte situato sopra una depressione a livello del suolo, tipica della conformazione topografica naturale della zona Pedregal. Questo edificio ospita otto sale nei primi due piani e nel terzo si trovano i laboratori di progettazione. - Arte Questo gruppo è formato dalla Scuola di Architettura e dal Museo Universitario delle Arti e delle Scienze (MUCA). Si trova ad ovest dell’area scolastica e vicino alla Torre de Rectoría, vicino ad Av. Insurgentes. Tutti gli edifici del complesso delle Arti sono stati progettati dagli architetti José Villagrán Garcia, Alfonso Liceaga e Xavier García Lascuráin. - Scuola di Architettura e Museo universitario delle Arti e delle Scienze (MUCA) La facoltà di Architettura è divisa in due settori: uno comprende l'unità di laboratorio e l'altro è formato da aule, uffici, teatroauditorium, un museo e una biblioteca. Per l’insegnamento dell’architettura fu deciso di costruire otto padiglioni di laboratori isolati, conosciuti come "los Talleres" (laboratori). Ciascuno ha due piani e sono connessi tra loro e con il resto del complesso da passaggi in quota. Ogni laboratorio è costituito da sale per 50 studenti, una sala-laboratorio per diversi scopi e una sala audiovisivi. Il piano terra e il piano superiore hanno stanze da disegno per 20/50 studenti. Il secondo settore è un'unità con biblioteca, 132


Ingresso Faculdad de Arquitectura_ UNAM

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collegato all’ingresso tramite un chiostro, dov’è posizionata la caffetteria. Questa sala regola le entrate alla biblioteca, al teatro Carlo Lazo e al Museo Universitario delle Arti e delle Scienze (MUCA). L’edificio è costituito da due volumi longitudinali collegati ai loro estremi così da formare un quadrato, dove si trovano le classiauditorium e gli uffici amministrativi. I campi sportivi Lo sport e lo sviluppo del benessere fisico dell’uomo sono un aspetto fondamentale per il Movimento Moderno. Considerato questo e il grande interesse che i giovani messicani hanno dimostrato e dimostrano tuttora verso lo sport, il Campus conta un numero enorme di campi sportivi, e si distingue dalle altre Università proprio a causa della grande varietà e qualità delle sue strutture. Fin dall’origine del progetto e dalla stesura del masterplan è stata dedicata alla zona sportiva la grande area al di sotto della zona scolastica, che forma una superficie triangolare integrata a ovest con lo Stadio Olimpico, all’estremità dell’asse principale del Campus. Gli impianti principali dell’area sportiva sono: la piscina olimpionica, i campi da pallamano e lo Stadio di allenamento. I campi da pallamano Queste strutture uniche mostrano l’unione di elementi architettonici messicano e tradizionali con l'architettura contemporanea. Pur mantenendo invariati 134


1.

2.

3.

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1_ Sito Archeologico Precolombiano del Monte Albรกn_Valle di Oaxaca 2_ Frontones nella Ciudad Universitaria_ architetto Alberto T. Arai 3_Estadio Universitario Olimpico


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i requisiti fondamentali del campo da pallamano, l’architetto Alberto T. Arai realizza degli elementi di grande plasticità che esprimono la forza della sua architettura al contempo moderna e tradizionale. I campi da pallamano formano una linea diagonale, un allineamento unico nel suo genere all'interno del complesso, che limita la zona dei campi sportivi. Ogni campo da pallamano è realizzato come una piattaforma con una pendenza, un elemento architettonico frequentemente usato nell’architettura mesoamericana, un'immagine che naturalmente ricorda le piramidi pre-ispaniche e i campi da gioco della palla. Le tribune dei campi sono, insieme alla Biblioteca Centrale e allo Stadio Olimpico, una delle costruzioni architettoniche più apprezzate dai critici di architettura moderna e dalla storiografia Lo Stadio Olimpico Progettato dall'architetto Augusto Pérez Palacios, lo Stadio Olimpico "nasce nel terreno seguendo la stessa logica dei coni vulcanici che formano il paesaggio in cui si trova", è veramente "un cratere architettonico". Lo stadio è la prima costruzione realizzata del complesso della Città Universitaria. E’ stato progettato per tutti i tipi di attività sportive e si è distinto per la sua prestazione durante i Giochi Olimpici nel 1968. La pista esterna è stata decorata con un 137

Nella pagina accanto: Piscina presente nel’area sportiva di C.U.


murale dal nome "La Universidad, la familia y el deporte en México " (L'università, la famiglia e lo sport in Messico), realizzato con pietre colorate in altorilievo del famoso pittore e scultore messicano Diego Rivera. L'accesso dall'esterno è reso possibile per mezzo di rampe che permettono ai tifosi di arrivare direttamente in mezzo alle tribune per prendere posto. Il sistema di costruzione adottato per realizzare la sua forma unica è molto particolare. Per prima cosa è stato realizzato un profondo scavo nella terra e nella roccia al fine di posizionare il campo di gioco ad un livello inferiore rispetto agli ingressi. La roccia basaltica estratta dal terreno è stata utilizzate per realizzare la muratura dello Stadio stesso e i muri di sostegno. Successivamente la superficie esterna è stata decorata con i tradizionali murales messicani. La struttura, inoltre, è attraversata da diversi tunnel ad uso esclusivo degli 138

Sopra: Murales di Diego Riveira _La Universidad, la Familia y el Deporte en México


Lo Stadio Olimpico Universitario è decisamente del Messico. Tra tutte le strutture che compongono la Città Universitaria, ce ne sono molte che rappresentano la notevole dignità dell’architettura messicana e la sua grande tradizione. Tra queste la prima è lo stadio. Possiamo vedere qui la grande e vecchia tradizione messicana che onora i tempi moderni. Tuttavia, questa struttura non è un’imitazione ma una creazione, nel senso più autentico ed è chiamata ad occupare un posto tra le grandi opere del presente e del futuro dell’architettura [...] .

Frank Lloyd Wright


atleti, che collegano gli spogliatoi al campo da gioco. L’entrata principale si trova sull’asse centrale del Campus. Lo Stadio ha una capienza di 80 mila persone. L’area delle cabine per la stampa, chiamata "la piccionaia", si trova nella parte più alta delle tribune, così da dominare l'intero Stadio e la zona centrale del Campus. La sua qualità architettonica è un risultato senza precedenti di commistione di elementi messicani e dell’architettura moderna Il movimento dell’Integrazione Plastica all’interno del Campus L’Integrazione Plastica è un movimento artistico - architettonico che si è sviluppato in Messico a partire dagli anni ’50. Questo particolare movimento unisce tra loro diversi campi dell’arte, come l’architettura, la scultura e la pittura, formando la nuova personalità del cosiddetto architetto artista. Gli interventi di integrazione plastica non sono, come si potrebbe pensare, un’aggiunta postuma per completare il rivestimento di una costruzione già realizzata, o un mero espediente estetico, ma vengono invece progettati e definiti in contemporanea alla progettazione dell’intervento stesso dell’opera architettonica. Questa corrente ha provocato grandi dibattiti, discussioni e critiche da parte di chi la riteneva soltanto una moda passeggera, non un serio intento artistico e culturale. Nel 1954 Enrique de Moral risponde ad un articolo contrario al movimento, pubblicando uno scritto intitolato “Modernidad vs tradición. ¿ 140

Nella pagina accanto: Murales della Facoltà di Medicina



Integración?”. Le conclusioni dell’articolo così critico affermavano che l’integrazione plastica fosse sempre esistita nella storia dell’architettura, ma de Moral sostiene, con il suo scritto, la fondamentale importanza di questo movimento per la storia e la cultura messicana: esso risponde a condizioni sociali, è ricco di significati e ricerca un’architettura che rispecchi l’identità nazionale e la modernità. Anche Bruno Zevi si schierò nel 1957 contro questo movimento, pubblicando “Grottesco Messicano”. Secondo il suo parere, il Campus della C.U. aveva ripreso degli elementi dell’architettura di Le Corbusier e li aveva semplicemente arricchiti con sculture e dipinti per conferire loro un accento messicano, senza quindi far nascere un nuovo movimento, degno di questo nome. Probabilmente, Bruno Zevi rischiava di leggere un totalitarismo in ogni movimento di identità nazionale. Gli antecedenti a questa corrente si possono sicuramente riconoscere nel movimento muralista, guidato da Diego Rivera, con forte impulso nazionalista, e nel funzionalismo sociale degli anni ’30. L’Integrazione Plastica, fondendo questi principi, vuole combattere la perdita dell’identità nazionale sotto la pressione dell’Architettura Nazionale, ma solo molto più tardi venne riconosciuta e apprezzata. I principali edifici del Campus che propongono questa corrente sono la Biblioteca centrale, con i suoi 4.000 mq di mosaico, lo Stadio Olimpico Universitario, che mostra il bellissimo murale incompleto 142


realizzato da Diego Rivera e le facciate della Torre de Rectoría. 18 La trasformazione della C.U. negli anni La vita di comunità della Città Universitaria si svolge non solo all'interno delle aule, ma anche all'esterno in un’ampia varietà di spazi aperti, come i campi sportivi, i grandi cortili delle facoltà, gli ampi giardini verdi che si distribuiscono generosamente tra gli edifici del Campus. La Città Universitaria svolge un servizio educativo e culturale di carattere pubblico e può essere considerata nel suo insieme un grande spazio pubblico composto da spazi aperti, semichiusi e chiusi, questi ultimi delimitati da barriere fisiche e restrizioni di utilizzo specifico. Nel corso degli anni gli spazi pubblici del Campus universitario si sono trasformati. L'enorme crescita del numero degli studenti ha reso indispensabile la presenza di nuovi servizi complementari a quelli presenti nel progetto originario, e quindi, di conseguenza, gli spazi aperti hanno dovuto adattarsi e diversificarsi per accogliere le nuove pratiche proprie della vita studentesca. Las Islas è l'unico spazio verde che non è stato modificato rispetto al progetto originario, e rappresenta ancora oggi come allora lo spazio aperto più emblematico del Campus, un luogo di libertà e tolleranza metropolitana.

18 100 UNAM, Bitacora Arquitectura, Facultad de Arquitectura, UNAM, n.21.

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La Città Universitaria dell'UNAM è un progetto che rispose alle richieste di garantire uno spazio comune per l'insegnamento superiore. Prima della sua costruzione le diverse scuole e le differenti facoltà universitarie erano localizzate nel centro storico della città, e questa situazione generava una grande vitalità in un quartiere conosciuto come il barrio universitario, nel quale erano presenti diversi caffè, librerie, ristoranti, bar, abitazioni di differenti tipologie per gli studenti e diversi servizi commerciali che erano quotidianamente utilizzati dalla comunità universitaria. La sua ubicazione centrale la rendeva accessibile da parte di tutti gli studenti della città, che al tempo contava 3 milioni di abitanti, e i cui limiti si estendevano da San Angel a Azcapotzalco. La diversità degli spazi pubblici presenti nel centro storico permetteva agli studenti di trascorrere gran parte del loro tempo in questo barrio universitario. L'idea di creare un Campus per ospitare l'Università Nazionale coincise con il processo di autonomia che stava attraversando in quel periodo l'istituzione universitaria. In questa epoca l'ideale del Movimento Moderno cominciò a esercitare maggior influenza sulla produzione architettonica: per l'architetto moderno il progetto architettonico doveva essere in grado di trasformare la condotta e il comportamento sociale, ecco perché il nuovo Campus doveva riflettere il progresso sociale ed economico del Paese. Un altro fattore determinante che influì 144


sulla decisione di spostare l'università dal centro storico della città al di fuori di esso fu la minaccia rappresentata dagli studenti, che molto spesso organizzavano manifestazioni e proteste nel centro storico. Il raggruppamento della comunità universitaria nel Campus favorì lo scambio di idee tra i diversi settori universitari e fornì maggiori opportunità di apprendimento e progresso sociale. In questo modo l'università collaborò con il Paese sostenendo le idee nazionaliste e il progresso sociale dell’epoca.

Il masterplan originale presentato da Mario Pani e Enrique de Moral nel 1947 era basato su un asse principale lungo il quale si disponevano gli edifici amministrativi e le facoltà. Il disegno del Campus fu un'opportunità per applicare i principi del Movimento Moderno scritti nella Carta di Atene: la separazione delle funzioni e dei flussi e la distribuzione degli edifici immersi in grandi spazi aperti. La Città Universitaria fu progettata per 25.000 alunni, calcolando la crescita prevista negli anni successivi, in un'epoca in cui l'Università contava meno di 15.000 studenti. Durante la prima decade della sua esistenza (1952-1962) la connessione principale tra il Campus e la città era Av. Insorgente Sur, tanto per il trasporto pubblico come per quello privato. Successivamente, Av. Universidad assicurò


una connessione con i quartieri residenziali sorti attorno al Campus. Altra considerazione importante è che la capacità economica della maggior parte degli studenti dell'Università era medio-alta, e per questo molti di loro utilizzavano l'auto come mezzo di trasporto per raggiungere il Campus: per quei tempi, i parcheggi esistenti erano sufficienti, ma, al giorno d’oggi, questo non risulta più essere vero. La principale fermata del trasporto pubblico secondo il progetto originale si trovava nel luogo dove ora è posizionato il Museo Universitario de Ciencias y Arte (MUCA) ed era attorniata da una zona commerciale che trasformava questo punto nel principale nodo di attività del Campus. Con il passare degli anni e con l’aumento del numero degli studenti, molto superiore a quanto non si fosse previsto, i servizi presenti cominciarono a rivelarsi insufficienti. Il Campus stesso subì delle trasformazioni importanti, sempre nel rispetto del masterplan originale, e l’esempio più lampante di queste trasformazioni fu che la zona pianificata per diventare area residenziale e dormitorio per gli studenti non fu mai costruita. Nel 1968 la popolazione raggiunse i 61.709 studenti e per questo fu necessario ampliare il Campus al di fuori del primo circuito, costruendo la prima facoltà del circuito esterno. Nel 1980 si terminò la costruzione del Centro Cultural Universitario (CCU) nel terzo circuito del Campus, e la zona considerata riserva naturale della C.U. fu aperta come spazio pubblico per la 146


popolazione studentesca. Negli ultimi dieci anni il numero degli studenti si è stabilizzato circa su 230.000 alunni con un tasso medio annuale di crescita dello 0,3%. Alla crescita esponenziale della popolazione studentesca ne sono conseguite una modifica e una trasformazione degli ambienti interni e adiacenti al Campus universitario. Le vie e i quartieri attorno a questo si sono modificati per soddisfare in maniera informale le richieste della popolazione studentesca, che non erano state considerate nel progetto originario. I nuovi nodi del trasporto, come le due nuove stazioni della metro, accelerarono negli ultimi anni la trasformazione di queste zone, tanto che si vennero a creare in maniera spontanea nuove aree dedicate ai servizi nei quartieri di Copilco e Santo Domingo. In particolare, nelle immediate vicinanze delle stazioni di Metro Copilco e di Metro Universidad esistono autentici quartieri commerciali dedicati agli studenti, con seri conflitti e irregolarità derivati dalla loro nascita spontanea. D'altra parte, la grande quantità di studenti e la limitazione dello spazio costruito hanno ridotto considerevolmente la quantità di superficie libera all’interno del Campus. “La forma segue la funzione” ci dice che l'obiettivo del progetto architettonico moderno è quello di dare una risposta alle necessità esistenti, ricercando un purismo delle forme costruite. Nella Carta di Atene è ben espressa l'importanza conferita 147


allo spazio pubblico per il Movimento Moderno. Per prima cosa, nel processo di creazione di una città, bisogna dotarla di spazio pubblico dedicato agli ambienti residenziali, in seguito si possono risolvere i problemi della circolazione: le aree verdi ricreative possono essere un'ottima soluzione agli effetti di inquinamento della città storica compatta. Al fine di generare maggiori spazi aperti si incrementarono in altezza gli edifici residenziali e lo spazio aperto risultante divenne un’appendice dell’abitazione. La ricerca del benessere collettivo e dell'individuo era il punto di partenza, secondo il Movimento Moderno, per migliorare la qualità di vita delle città. Lo spazio pubblico moderno fu concepito a partire da una standardizzazione delle necessità umane: avere una casa, un lavoro, riposarsi e spostarsi nello spazio e, solo in seguito, lo spazio stesso venne disegnato negli aspetti più specifici delle singole e differenti attività. L’aspetto positivo degli spazi così progettati è che essi rispondono tutti ad una comune armonia e omogeneità caratteriale e ambientale, ma spesso mancano di quella scala umana che è così necessaria perché essi vengano vissuti pienamente dalla popolazione, mancano, cioè, di identità. Lo spazio pubblico moderno fu un elemento importante nella costruzione dei nuovi campus universitari, poiché rappresenta un'opportunità diversa di sperimentazione, rispetto ai quartieri residenziali. Nel disegno specifico degli spazi pubblici dei campus 148


moderni si seguì, però, una generalizzazione che risultò in molti casi carente di scala umana. Un esempio interessante è il campus dell’Istituto Tecnologico dell’Illinois (IIT) di Mies Van der Rohe, un progetto sperimentale dei principi architettonici moderni. La ricerca della sistematizzazione dello spazio interno, a partire dall'uso di uno stesso modulo costruttivo in tutte le sue aree e la creazione di spazi pubblici omogenei provocarono una decrescita del numero di studenti del Campus, che in trent'anni diminuì del 50%: da sempre gli studenti si sono lamentati della sua monotonia. Un esempio diametralmente opposto in America Latina è, invece, il campus della Università Centrale del Venezuela (UCV), considerato una delle opere più importanti dell'architettura moderna regionale. I suoi spazi aperti posseggono una qualità differente dagli altri progetti simili, poiché si applicò il principio dell'integrazione plastica, includendo opere di diversi artisti che conferirono identità a ogni spazio e invertirono la tendenza alla standardizzazione. Allo stesso tempo la scala urbana di progetto si è ben integrata con gli spazi aperti e il risultato è che gli spazi di questo campus diventarono importanti luoghi di aggregazione per la comunità universitaria e la città tutta. Similmente alla Ciudad Universitaria della UCV, la Ciudad Universitaria dell’UNAM fu costruita in terreni totalmente indipendenti dalla città. Entrambi i campus, infatti, incorporano il principio urbano della 149


separazione delle funzioni, principio che implica quindi grandi distanze da percorrere da parte degli utenti. Lo spazio del Campus è suddiviso in grandi aree da circuiti veicolari, che creano al loro interno grandi spazi aperti dotati di permeabilità pedonale, nei quali la monotonia è evitata grazie all'inserimento di elementi differenti in base alla specifica destinazione dello spazio.

La percezione dello spazio pubblico della Città Universitaria Non tutti gli spazi pubblici del Campus sono utilizzati alla stessa maniera e con la stessa intensità, proprio perché vennero disegnati per soddisfare un uso specifico. L’utilizzo degli spazi, inoltre, non dipende solamente dalla conformazione degli stessi, ma anche dalla categoria degli utilizzatori. Sono state definite, tramite un sondaggio19, tre categorie di studenti-utilizzatori, analizzando il tipo di utilizzo che essi esercitano degli spazi del Campus e il tempo di permanenza in essi. Gli studenti, infatti, utilizzano in maniera differente lo spazio del Campus universitario: mentre alcuni lo occupano per svolgere obbligatorie attività accademiche, altri lo vivono per scelta propria, dedicando il tempo del relax. Le categorie emerse sono le seguenti: - utilizzatori che restano tutto il giorno negli 19 cfr. sondaggio100 UNAM, Bitacora Arquitectura, Facultad de Arquitectura, UNAM, n.21.

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Spazio de Las Islas

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ambienti universitari per studiare (22%); - utilizzatori che trascorrono solo il tempo necessario alle lezioni nella Città Universitaria (20%); - utilizzatori che occasionalmente usano gli ambienti universitari in orari extrascolastici e per motivi non inerenti allo studio (56%). Lo spazio pubblico generalmente apprezzato da tutti gli studenti del Campus è Las Islas. Questa grande area verde di quasi 70.000 m² è un luogo fondamentale per la vita della comunità universitaria, e può essere considerata come uno degli spazi aperti più riusciti dell'intero Campus, poiché crea al suo interno condizioni eterogenee che permettono a diversi utilizzatori di praticare attività differenti in simultanea: solitamente le aree senza vegetazione sono utilizzate per la pratica sportiva, mentre le aree verdi e alberate sono dedicate al relax. Al contrario di altri spazi pubblici moderni, il suo disegno non è omogeneo e non ricerca la standardizzazione delle funzioni, esso rappresenta invece una discontinuità nel tessuto del Campus e, proprio per questo, in esso si svolgono le attività più disparate, dallo sport allo studio, dal relax a concerti all'aria aperta. In circostanze particolari lo stesso spazio può essere utilizzato per riunioni o manifestazioni di massa. Altri luoghi pubblici molto sfruttati dagli studenti del Campus sono le caffetterie e i bar presenti vicino alle facoltà. Nel Campus solo le facoltà di Lettere e Filosofia, Architettura, Medicina e Odontologia hanno una propria caffetteria e la più frequentata dagli studenti è quella della facoltà di Architettura, poiché è dotata anche di un servizio di mensa ed è 152


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ubicata in uno spazio accogliente. Il Campus universitario offre un’ampia varietà di spazi aperti che hanno permesso, durante gli anni, di risolvere il problema della carenza di servizi complementari a quelli presenti nel progetto originario e hanno potuto far fronte all'emergenza di nuove esigenze. Attualmente esiste un insieme eterogeneo di attività e servizi formali e informali all'interno del Campus, che arricchisce la vita studentesca, ma spesso genera anche problemi difficili da gestire. Secondo il sondaggio realizzato tra gli studenti del Campus i servizi che potrebbero essere implementati sono le caffetterie e le aule studio, ed è questa la nuova sfida dell’università. Un’ultima interessante considerazione riguarda tutti i servizi indispensabili per la vita del Campus, ma non realizzabili all'interno di esso, presenti effettivamente all'esterno dei circuiti, nei quartieri popolari sorti attorno all’università, o nell'area di confine tra i quartieri e l'università stessa. Questa zona di servizio complementare al Campus è diventata uno spazio pubblico addizionale, localizzato in corrispondenza dei nodi di trasporto pubblico: se per alcuni utilizzatori quest'area è semplicemente una zona di transizione, per altri rappresenta un luogo di aggregazione fondamentale. Nonostante la differenza di percezione di questi spazi, l'università non può non curarsene, poiché sono luoghi pubblici esterni, ma essenziali per il funzionamento della Città Universitaria. 154


Spazio pubblico di C.U._ sullo sfondo murales di D.A. Siqueiros

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La vegetazione del Pedregal Negli anni ’40, quando venne scelto il terreno che avrebbe ospitato la nuova Ciudad Universitaria, si individuarono i terreni della Reserva Ecológica del Pedregal de San Angel. Questa è una riserva unica nel suo genere, perché è un enorme polmone verde in una delle città più inquinate del mondo, e rappresenta un patrimonio inestimabile per il suo ecosistema e per i suoi aspetti di biodiversità del paesaggio naturale. La riserva è sopravvissuta negli anni a molti cambiamenti della città e a differenti pressioni, tra queste difficoltà riconosciamo le pressioni antropologiche della città stessa, che anno dopo anno si è espansa sempre di più, arrivando a spingersi fino al margine del Campus, le numerose frammentazioni interne della riserva, dovute alla costruzione del Campus e dei suoi circuiti viari, la contaminazione di 156


piante autoctone con altre piante di specie importate e diversi incendi. Nonostante tutto ciò, il valore estetico e ambientale di questi luoghi è rimasto invariato. Il terreno su cui insiste la riserva è di natura vulcanica a causa delle eruzioni del vulcano Xitle, che è al margine della conca della Valle del Messico, la cui lava ha coperto circa 80 Kmq e si è infiltrata nel terreno, per poi solidificarsi e creare una base rocciosa e irregolare sotto la superficie. In questo particolare suolo cresce il cosiddetto Matorral Xerofilo, che può essere definito quasi come la macchia mediterranea, con caratteristiche però più aride e desertiche, nel quale cresce una grande varietà di flora per lo più composta da bassi arbusti che resistono ai duri periodi di siccità e alle grandi piogge, che non hanno bisogno di molta acqua e le cui radici non si inoltrano troppo in profondità nel sottosuolo, a causa del terreno roccioso. In alcune zone della riserva, inoltre, le rocce scure vulcaniche emergono al di fuori della superficie, e assomigliano quasi ad un rivestimento della pavimentazione. La vegetazione più frequente in queste zone è composta da varie specie della famiglia delle felci, da piante a fiore arbustive e da agavi. Questa vegetazione è l’habitat di scoiattoli, numerosi roditori, procioni, mustelidi, conigli, pipistrelli, talpe, topi, ratti, piccoli marsupiali e puzzole. Solo dal 1983 la riserva interna al Campus è riconosciuta come tale e quindi protetta e conservata nei suoi aspetti ecologici, paegistici ed ambientali.20 20 La Reserva ecologica del Pedregal de San Angel. Aspectos floristicos y ecologicos, Departamento de Ecologia y Recursos Naturales, Facultad de Ciencias, UNAM, 2007

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2.2_ Una città nella città

La Ciudad Universitaria è in tutto e per tutto una città nella città, poiché è una città murata, con dei confini ben definiti, all’interno di una città senza limiti come è Città del Messico. Inoltre, il Campus universitario è un ente autonomo, quindi, nonostante sia localizzato all’interno della delegazione di Coyoacan, a sud del centro storico di Città del Messico, esso non risponde direttamente a tale delegazione. La C.U. è comunque un elemento di fondamentale importanza per la città, perché racchiude al suo interno un enorme patrimonio umano e materiale, che appartiene tanto all’Università quanto alla città e al Paese stesso. Attorno al Campus gravitano più di 350.000 persone, tra studenti, docenti, impiegati e altri, che rappresentano una risorsa umana incredibile; l’UNAM conta, inoltre, un vastissimo patrimonio immobiliare, considerando sia gli edifici interni al Campus centrale che le quattro zone distaccate nell’area metropolitana, che dipendono da questo, oltre agli innumerevoli immobili presenti in tutto il 158


Paese, come osservatori e vari laboratori, il cui insieme rappresenta le risorse materiali dell’Università. Quest’ultima, infine, possiede anche numerose risorse tecniche, che sono trasversali all’università stessa e alla città, come l’organizzazione logistica, il calendario scolastico, i vari documenti e i piani di studio, i servizi e le convenzioni, senza contare l’incredibile patrimonio artistico che essa racchiude e contemporaneamente offre alla città. Nonostante la sua autonomia, quindi, la Città Universitaria è perfettamente integrata nella vita della città e grazie ai suoi simboli l’UNAM è presente nell’immaginario di tutto il Paese e nella coscienza di ogni messicano. Autonomia La storia dell’autonomia dell’università ha inizio quando essa si trova ancora nel centro storico di Città del Messico. L’Università, come si è precedentemente detto, è erede della Real y Pontificia Universidad de México, fondata nel 1551, ma nel 1910, per la prima volta, essa si dichiara indipendente e laica, separandosi nettamente dalla corona 159


reale e dalla sfera cattolica, ereditando il liberalismo positivista del tempo. Successivamente, nel 1929, l’Università si dichiara autonoma, e questo è un periodo d’oro per la sua storia, poiché l’UNAM riflette perfettamente il sogno messicano, quello di fare del Messico un paese moderno e progressista, e diventa un baluardo di identità nazionale, garante di libertà individuali e della vita pubblica. Tutti i figli legittimi dell’Università, da allora, si riconoscono nell’imperativo categorico dell’istituzione: l’Università ha il triplice scopo di educare gli studenti per la pubblica utilità della Nazione, fare ricerca per collaborare al progresso e diffondere la cultura. Studenti e docenti hanno l’incarico di incarnarne i valori e di esserne i garanti, esaltando il motto dell’Università che recita:

Por mi raza hablará el espíritu.21

L’autonomia universitaria è definita nel terzo articolo della Constitución Política de México nei seguenti termini: Las universidades y las demás instituciones de educación superior a las que la ley otorgue autonomía tendrán la facultad y la responsabilidad de gobernarse a sí mismas; 21 100 UNAM, Bitacora Arquitectura, Facultad de Arquitectura, UNAM, n.21., pp. 98-105

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realizarán sus fines de educar, investigar y difundir la cultura de acuerdo con los principios de este artículo, respetando la libertad de cátedra e investigación y de libre examen y discusión de las ideas; determinarán sus planes y programas; fijarán los términos de ingreso, promoción y permanencia de su personal académico; y administrarán su patrimonio. Las relaciones laborales, tanto del personal académico como del administrativo, se normarán por el apartado A del artículo 123 de esta constitución, en los términos y con las modalidades que establezca la Ley Federal del Trabajo conforme a las características propias de un trabajo especial, de manera que concuerden con la autonomía, la libertad de cátedra e investigación y los fines de las instituciones a que esta fracción se refiere.22 L’UNAM è quindi una corporazione pubblica, un organismo decentralizzato dello Stato, dotato di piena capacità giuridica verso il raggiungimento dei suoi tre scopi principali.

22 icanos)

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OEI (Organizacao dos Estados Ibero-Amer-


2.4_ Il Campus come condensatore sociale

C.U. è una città nella città, un condensatore sociale con non pochi problemi lungo i suoi confini, una città che viene attraversata, ma anche fruita da quella che possiamo chiamare la popolazione virtuale della Ciudad Universitaria. Con questo termine ci vogliamo riferire al fatto che i fruitori di C.U. non sono veri e propri abitanti in quanto, non essendoci dei dormitori all’interno del campus, questi “abitanti” non pernottano nel campus, ma vi accedono al mattino per poi ritirarsi in fascia serale. Città ponte C.U. è una delle maggiori università della Nazione con i suoi 342.54223 studenti, 38.793 accademici e professori e 28.392 lavoratori in ambito amministrativo ai quali vanno aggiunti tutti gli impiegati negli ambiti della sicurezza e delle pulizie, la sua popolazione virtuale supera le 400.000 persone. A questi “abitanti virtuali” si 23 ia/

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http://www.estadistica.unam.mx/numeral-


aggiunge la cosiddetta ”popolazione fluttuante”, ossia tutte le persone che giornalmente attraversano i cancelli di C.U., come per esempio i tassisti, i rifornitori, i venditori, ecc. C.U. è diventata negli anni una cittàponte che collega il centro città, attraverso Avenida de los Insurgentes Sur, con la parte meridionale della Zona Metropolitana di Valle del Messico (ZMVM) e con le principali arterie di traffico ad alto scorrimento che portano fuori da Città del Messico. La Ciudad Universitaria è quasi una città che viene attraversata da migliaia di persone dirette verso sud, verso Acapulco e la costa Pacifica. Così quando C.U. chiude i suoi cancelli il traffico, che normalmente ruota attorno ai confini del campus, finisce per congestionare tutte le aree limitrofe. Infatti, il numero di automobilisti che sfruttano i circuiti di C.U. come un ponte per evitare gli ingorghi stradali e per non finire bloccati 163


nel traffico metropolitano è enorme. A ciò si aggiunge il problema dei taxi che venendo dalla città trasportano gli abitanti virtuali all’interno della Ciudad Universitaria, in quanto la scarsità di parcheggi e il conseguente rischio di non ritrovare un posto libero per l’auto al proprio ritorno, costringe molte persone ad utilizzare questi mezzi per muoversi al suo interno. Infatti, durante la giornata è quasi impossibile trovare un posto per parcheggiare e se a questo motivo si aggiunge il fatto che gli edifici al suo interno sono, il più delle volte, troppo lontani tra loro per poter camminare e che il sistema di trasporto universitario, i Pumabus, è discontinuo e spesso in ritardo, si conclude che nessuno vuole muovere la propria auto e, quindi, i taxi di Città del Mexico circolano costantemente all’interno del Campus per compensare questi inconvenienti. Di qui la presenza controversa dei taxi diviene sia un beneficio alla mobilità interna della popolazione virtuale sia uno svantaggio in termini di congestione delle strade. Città virtuale Come già accennato, la Ciudad Universitaria non è un vero e proprio campus secondo il modello americano, in quanto, sebbene nel progetto originale fossero previsti degli 164


Lungo il margine di C.U.

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edifici adibiti a dormitorio, in realtà, questi furono occupati da altre funzioni per gli studenti. Perciò, tutte le persone che attraversano o che lavorano al suo interno e che vivono la C.U. giornalmente senza risiedervi vanno a costituire un’enorme “popolazione virtuale”24 che ovviamente necessita di servizi di vario tipo e generalmente non forniti da C.U. Di conseguenza, si sono sviluppati nei quartieri che circondano il campus tutta una serie di funzioni, alcune più strutturate altre più informali, a servizio di questi abitanti virtuali e quindi anche degli studenti: dormitori, bar, ristoranti, tavole calde, bancarelle di cibo per strada (sia fisse che mobili), librerie, cartolibrerie, copisterie, stamperie, negozi di modellistica, studi professionali, dentistici, internet café, corsi di computer, di musica, etc. E’ sorto persino un centro culturale e religioso, il CUC, cioè il Centro Universitario Culturale, che offre molte attività culturali per gli studenti. In sunto si può trovare tutto all’interno e nelle immediate vicinanze di Ciudad Universitaria. L’area con maggiori influenze e interazioni tra i confini delle due città è il quartiere di Copilco Universidad, dove in direzione da e per la stazione della metro Copilco si genera un intenso traffico pedonale rafforzato dalla presenza del già citato Paseo de la amiba 24 C. Farìas-van Rosmalen, A City Within Another City, in S. Lizàrraga Sanchez e C. Lopez Uribe (a cura di), Living CU. 60 years. Ciudad Universitaria UNAM 1954-2014, UNAM, Mexico, 2014, pp.317327

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anche detto Paseo de la Salmonela. La zona di funzioni commerciali a servizio del Campus è integrata anche dalla presenza di due centri commerciali: Superama e WalMart, uno su Avenida Universidad e l’altro su Eje 10. Città dormitorio Quando scende la notte la stragrande maggioranza degli abitanti di C.U. rientra nelle proprie case. Alcuni vivono in prossimità del Campus, altri invece hanno una, due o addirittura tre ore di viaggio per raggiungere la propria abitazione. Infatti, il bacino di influenza di C.U. si espande su tutto il territorio di Città del Messico. Eccetto coloro che risiedono negli edifici per appartamenti, progettati in origine per professori, nessuno abita all’interno della Ciudad Universitaria e di conseguenza tutti gli abitanti virtuali devono cercarsi una stanza nelle zone limitrofe. Per questo motivo l’area di Copilco Universidad, che inizialmente era una zona residenziale per la di classe media, oggi è principalmente composta da case per studenti e lavoratori che gravitano attorno a C.U. Questa invasione di dormitori e case in cui si affittano stanze si è espansa in tutte le zone vicine alle fermate della linea della metro 3 Universidad-Indios Verdes; più ci si allontana dal Campus più il costo degli affitti diminuisce.

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Un centro culturale e sportivo per Città del Messico Non va certamente dimenticato il ruolo di centrale importanza di C.U. nel contesto culturale della capitale messicana, per non parlare del raggio di azione dell’università e tutti i servizi da questa forniti come, per esempio, corsi di aggiornamento, librerie, musei, sale concerti, mostre, teatri, biblioteche cinematografiche e tutte le attività sportive che sono praticamente aperte al pubblico. Un emblema di ciò è l’ondata di persone che ogni giorno entra in C.U. per fare jogging, per passeggiare con i propri cani negli spazi verdi del Campus, per giocare a calcio, palla basca e gli innumerevoli sport che si possono praticare all’aria aperta nelle immense aree di C.U. Per questo la Ciudad Universitaria non è mai vuota; ci sono infiniti modi per viverla. C.U. può essere considerata una città specchio, perché riflette la milite sociale che caratterizza la grandi metropoli della Cuenca de la Valle de México. Essa, infatti, fornisce uno spettro completo di attrezzature culturali, sportive o connesse all’istruzione, e si caratterizza per essere una composizione determinata di attività, di enti di ricerca, di scuole, di istituti, strutture sportive. E’ una giustapposizione di attività e persone provenienti da diversi background e da diverse zone del territorio. Basti pensare che gli studenti di C.U. pagano un cifra irrisoria di tasse universitarie l’anno e ciò permette a tutti coloro che superino il test d’ingresso di iscriversi e frequentare 168


i corsi di studio. Nonostante sia una delle università più quotate nel Sud America, non si tratta di un’istituzione elitaria come possono essere altre Scuole di istruzione superiore a Città del Messico. Rem Koolhaas afferma in riferimento ai grattacieli di Manhattan, quanto può essere applicato anche nel caso della C.U., ovvero che:

It is a constructivist social condenser: a machine to generate and intensify desirable forms of human intercours.25

Delirious New York, Rem Koolhaas

25 R. Koolhaas, Delirious New York: A Retroactive Manifesto for Manhattan, The Monacelli Press, New York, 1994, p.152

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2.4_ La Ciudad Universitaria al limite

Come afferma il professore e storico dell’architettura Peter Krieger, la Ciudad Universitaria è un monumento urbanoarchitettonico di valore mondiale. All’interno di Città del Messico essa risulta visibile grazie alla sua chiarezza spaziale e alle vaste aree verdi. Di fronte al contesto iper-urbano e decisamente inquinato della capitale messicana, C.U. rappresenta un modello di estetica sostenibile, oltre ad offrire spazi di elevata qualità urbana e strutture di alta formazione. Visto dal satellite il Campus è facilmente riconoscibile come un’oasi di verde immersa in un formicaio brulicante di umanità. Infatti, le aree che circondano C.U. possiedono caratteristiche socio-spaziali differenti; dalla zona popolare autocostruita, a quella residenziale di lusso, passando per le abitazioni per il ceto medio-basso e persino i cluster di edifici con piano terra commerciale risultano quasi in contrasto con il concept di C.U., basato sull’abbondanza degli spazi pubblici. 170


Una collisione, quasi strutturale, quella tra il paesaggio verde e all’aria aperta e il grigio predominante del panorama urbanocommerciale oltre il limite del Campus. Ciò indica una contrapposizione di valori e concetti spaziali, che così può essere espressa, sempre usando le parole di Krieger:

C.U. is a compensating enclave in a paradigmatic megalopolis that drastically exhibits its ecological, socio-spacial and aesthetic crisis.26

E’ un privilegio per studenti, professori, ricercatori, amministratori e lavoratori dell’Universidad Nacional Autonoma 26 P. Krieger, Ciudad Universitaria at the limit in S. Lizàrraga Sanchez e C. Lopez Uribe (a cura di), Living CU. 60 years. Ciudad Universitaria UNAM 1954-2014, UNAM, Mexico, 2014, p.261

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del Mexico “entrare“ ogni giorno in un mondo altro, lontano dalla congestionata, frammentata e violenta megacity. Ciò nonostante, questa entità non sia slegata e indipendente dal suo contorno, dalle aree circostanti. Infatti, ad esempio, la stessa viabilità interna alla C.U. è notevolmente influenzata dal traffico metropolitano. La città tra implosione ed esplosione Allo stesso modo va evidenziato il pattern socio-psicologico che si è profondamente instaurato a Città del Messico e in altre megacities americane. Il caos dell’immagine urbana, l’estetica dell’imperfezione, l’erosione dei valori storici e la disintegrazione dello spazio pubblico sono riscontrabili, in scala molto minore, anche all’interno di C.U. Esiste un eterogeneo e conflittuale rapporto sia visuale che fisico tra C.U. e i quartieri subito a ridosso del limite perimetrale, tanto che si può parlare di una doppia pressione esercitata sulla Ciudad Universitaria: una interna e una esterna. Un’implosione plastico-spaziale all’interno dell’area di sua giurisdizione e un’esplosione urbana che oltrepassa i suoi confini. Entrambe mettono in discussione l’eccezionale autonomia estetica di C.U., partendo dai lotti edificati durante gli anni ’70 e che si trovano disseminati attorno all’area delle scuole e il circuito Mario de la Cueva. Qui fu introdotto un tessuto spaziale differente con i nuovi edifici che danno il retro verso lo spazio pubblico, ridotto a spazio di transito per le automobili. Viene così meno la logica di base dell’intero 172


progetto originario di C.U., che consisteva in una serie di super-manzanas, ovvero super-isolati completamente pedonali al loro interno e circondati da circuiti stradali con annessi parcheggi per il traffico carrabile del campus universitario. Quindi, tutti gli edifici erano introversi, pensati orientati verso degli spazi pubblici aperti interni. A quell’epoca anche la Ciudad Universitaria rifletteva la passione contemporanea per l’automobile, caratteristica tipica di una nazione che produce petrolio. Ciò nonostante, si riscontano anche interventi positivi, quali la pianificazione del Centro Culturale, circondato da una riserva naturale, che, con lo spazio per le sculture e il “paseo de la esculturas”, produce un clusterpolarità all’interno di un sistema di percorsi pedonali dall’elevata qualità paesaggistica. Il riferimento è all’area protetta in cui ancora si conservano l’ecosistema autoctono e le innumerevoli trasformazioni subite nel corso dei secoli dall’eruzione del vulcano Xitle ad oggi. Nonostante l’estetica tardo modernista del Centro Culturale con il suo linguaggio beton brut, lo spirito degli anni ’70 è stato alterato da un concept diverso, quello dell’architettura-monumento delle prime due decadi del XXI secolo. E’ il caso dell’edificio sede, dal 2008, del MUAC, Museo Universitario di Arte Contemporanea, che si differenzia radicalmente dalle altre architetture del Campus. Appare evidente, prima di tutto, una mancanza di contestualizzazione urbano-ambientale all’interno di CU della riserva ecologica di questi interventi recenti, oltre ad un 173


progetto compiuto per i pedoni, i ciclisti e i fruitori del trasporto pubblico, che risultano essere, in realtà, la maggioranza degli utenti della Ciudad Universitaria; a ciò va aggiunto una scarsa attenzione al concetto di risparmio energetico in un periodo in cui la situazione ambientale è piuttosto critica e l’architettura ideale da perseguire sarebbe quella a zero emissioni e zero sprechi. Infine, il MUAC appare caratterizzato da un linguaggio architettonico povero, che non riesce a comunicare i valori di un’università libera, secolare, non-commerciale e di eccellenza formativa, quale è l’ UNAM. Basandosi sulla storia del progetto di C.U. alla fine degli anni ’40, un cambio di strategia non rappresenta altro che la perdita di valori e la mancanza di dialogo con la comunità universitaria nel processo di concettualizzazione e progettazione architettonica. Ciò produce un’implosione plastica dei valori spaziali di C.U. e con essa il rischio di una riconfigurazione della Ciudad Universitaria come se fosse un qualsiasi spazio frammentato, disintegrato e commerciale della megalopoli. In ogni caso C.U. non soffre solo gli effetti di questa implosione, ma pure le conseguenza di un’esplosione esterna. Ai limiti del Campus, nel contesto urbano nelle immediate vicinanze, cresce enormemente il numero di edifici banali e poco sostenibili. La fiera concezione dello spazio urbano espressa in C.U., in parte protetta come patrimonio dell’umanità, viene, inevitabilmente, messa in discussione dal moltiplicarsi senza sosta di edifici commerciali e per uffici con più 174


di venti piani che emergono in un settore della città dove le costruzioni sono invece piuttosto basse, con un massimo di 3 piani. Nasce quindi una tensione tra la presenza scenica e simbolica dei due monumenti che spiccano all’interno del Campus, la Biblioteca Centrale e la Rectoria. Infatti, gli spazi aperti che circondano l'entrata nord di C.U., in modo particolare lo stadio e l'emblematica biblioteca centrale, soffrono anch'essi gli effetti esplosivi, quali, ad esempio, quelli connessi all’utilizzo dei percorsi pedonali, citàmbulo27, attraverso il Parque Tamayo. L'apparenza estetica non è di per sé causa dello stato di desolazione che accompagna la transizione dalla città agli spazi di C.U., quanto, piuttosto, il muro che circonda il cimitero e le piante ornamentali che creano la scritta “Gracias México”, dando involontariamente un’aurea surrealista e, addirittura, melanconica all’insieme. Si riscontrano attorno alla Ciudad Universitaria altri due tipi di tensione differenti. Da una parte l’eterogeneità caotica degli edifici che circondano la stazione della metro Copilco e che con le loro facciate degradate e il notevole inquinamento visivo, dato da cavi elettrici, cartelloni, ecc., appare completamente in contrasto con il minuzioso controllo 27 A. Alvarez, V. Rojas Loa, C. von Wissel, Citàmbulos. Guia de asombros. El trascurrir de lo insolito, Oceano, Mexico, 2006, pp.346-359; citato in S. Lizàrraga Sanchez e C. Lopez Uribe (a cura di), Living CU. 60 years. Ciudad Universitaria UNAM 1954-2014, UNAM, Mexico, 2014, p.263

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degli eccessi visivi tipico di C.U. Dall'altra parte, edifici auto-costruiti del Pedregal di Santo Domingo, eretti senza l'intervento di architetti o di altri specialisti che finiscono per avere un grande impatto. Essi, difatti, confinano direttamente con la porzione orientale della C.U. Nonostante questo quartiere si sia consolidato come un habitat accettabile per gli strati più bassi della popolazione, è innegabile che al suo interno ogni elemento di confine, ogni patchwork di mixitè sociale è in realtà l'espressione spaziale dell'incompetenza delle autorità federali e del settore privato nel fornire abitazioni degne ad una grossa fetta della popolazione. Il margine come spazio di sperimentazione Le concezioni spaziali e architettoniche tipiche della città metropolitana si scontrano, inevitabilmente, con quelle urbane presenti nella prima istituzione universitaria del Paese. L'estrema commercializzazione (Murano Tower), estetica di un Nirvana scultoreo che caratterizza il Parque Tamayo, la saturazione e disintegrazione dell’immagine urbana nell’area di Copilco, assieme alla prova del fallimento di qualsiasi politica socio-urbana, materializzatosi nel quartiere di Santo Domingo, genera una sinergia quasi aggressiva contro la quale la Ciudad Universitaria non può difendersi. Dal punto di vista di un'estetica urbana e sostenibile, i confini di C.U. emergono come semplificazione spazio-simbolica di una 176


condizione critica nella quale la maggior parte della città si trova. La collisione tra diversi sistemi urbani, tra tessuti estremamente differenti è proprio ciò che ispira un intervento collettivo nei processi di sviluppo urbano. Nell’attuale contesto della megalopoli di Valle del Messico, C.U. risulta essere un gioiello urbano-architettonico, conservato dall’Unesco e che tende a diventare uno spazio-museo, senza però ricadere nella categoria di spazio-morto. Questa condizione estetico-ambientale è una vera e propria sfida per una nuova produzione architettonica all'interno e all'esterno della Ciudad Universitaria, al fine di creare un dialogo spazio-visivo tra le diverse parti.

To that end, the boundaries, besides being a monument “on the edge”, serve as valuable space for experimentation. They allow revising and reorganizing the increasing non-places — the insignificant transition spaces — into cultural sustainability territories.28

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P. Krieger, op. cit., p.270


Colonia populare del Pedregal de Santo Domingo

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Pertanto, i limiti, oltre a essere un monumento al margine, possono essere considerati quale valido spazio di sperimentazione. Permettono, infatti, di rivisitare e riorganizzare un non-luogo, un insignificante spazio di transizione, e trasformarlo in un territorio di sostenibilità culturale. Ciononostante, va sottolineato che questi spazi limite non sono laboratori che i vari ricercatori sfruttano per i loro esperimenti e poi abbandonano, quanto piuttosto degli spazi urbani, un terreno-vergine per sperimentare interventi duraturi che ne migliorino la qualità. Tali progetti di tipo architettonicoambientale che sfruttano la creatività umana includono, sicuramente, anche la revisione del sistema della mobilità. E’ sottinteso un ripensamento dell’utilizzo onnipresente dell'automobile privata. È noto a tutti che il carattere spaziale della paradigmatica megacity messicana è fortemente determinato dei flussi carrabili e dal fatto che l’infrastruttura viaria è predominante rispetto a quella ciclo-pedonale. Un aspetto interessante è la subordinazione dello spazio urbano all'organizzazione del traffico, tale da garantire una mobilità senza restrizioni a chi si muove con la propria auto. In conclusione, è necessaria una cultura in cui l'Università Nacional Autonoma de México sia considerata come luogo in cui formare un pubblico critico, che sia in grado di sfruttare il suo essere autonoma e 179



3

Criticità e potenzialità del margine orientale 3.1_ La barriera e la permeabilità 2.2_ La viabilità integrata 2.3_ Gli spazi pubblici 2.4_I servizi


3.1_ Le barriere e la permeabilità

riflettere sulle alternative all’attuale sviluppo autodistruttivo della megalopoli. Per questo la Ciudad Universitaria appare un contromodello ai tipici edifici del settore privato che stanno invadendo Città del Messico. La principale istituzione universitaria nel Paese è quindi uno strumento, un simbolo, che fornisce un feedback virtuale ai suoi utenti e li trasforma in osservatori critici, attori responsabili all'interno del loro ecosistema urbano. Il margine orientale della Città Universitaria che confina direttamente con i quartieri popolari di Città del Messico è il confine più permeabile e urbano del Campus. Infatti, se nel bordo occidentale e meridionale l'università confina con una comunità chiusa, rappresentata dal quartiere dei Jardines del Pedregal, e con la riserva ecologica, a oriente il Campus si apre alla città e trova nuovi scambi e nuove relazioni con essa. Ecco perché il margine orientale diventa un ambito molto interessante per un intervento urbano. Nonostante la presenza di accessi e flussi 182


pedonali e carrabili in ingresso e in uscita dal Campus, la barriera che racchiude i terreni dell’Università è sempre presente, perché deve garantire costantemente l’autonomia dell’UNAM. Gli accessi presenti in questo margine, come del resto tutti quelli della C.U., sono aperti negli orari diurni, durante le normali attività del Campus, ma negli orari notturni e nel week-end questi accessi restano chiusi: l’unico accesso sempre percorribile del Campus, sia di notte che nei weekend, è Av. Insurgentes Sur. Il muro Le barriere fisiche e visive che si incontrano nel margine orientale sono di diversa natura. L’elemento principale che si snoda qui per oltre 1,6 Km è il muro che corre proteggendo la zona scolastica delle facoltà e che racchiude, a sud della stazione metropolitana Universidad, la zona della riserva. Questo muro in pietra scura vulcanica è alto circa 3m per tutta la sua lunghezza e non permette permeabilità fisica o visiva, se non nei singoli accessi al Campus. Essi si concentrano nell’area nord, in corrispondenza delle facoltà. In 183


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quest’area sono presenti, da nord a sud, un accesso carrabile in corrispondenza di Av. Universidad, quattro accessi pedonali, un secondo accesso carrabile in corrispondenza di Calle Ingeniería e altri due accessi carrabili e pedonali nella zona della stazione metropolitana. I quattro accessi pedonali sono indispensabili per il Campus, poiché sono in diretto contatto con i quartieri abitati prevalentemente da studenti, e quindi risultano essere gli accessi con maggior flusso. Una considerazione importante, però, è il fatto che essi sono in numero insufficiente, considerato il numero sempre crescente degli studenti del Campus, e rischiano di diventare dei veri e propri imbuti negli orari di punta. La Salida 1: Calle comercio y admón mette in comunicazione la zona delle facoltà di Diritto e di Lettere e Filosofia a sud, con il parco presente nel quartiere di Copilco Universidad a nord, al termine della via pedonale, detta Canale della salmonella. Tra i quattro accessi pedonali qui presenti, questo è forse il meno utilizzato dagli studenti, proprio perché non è in diretto contatto con le abitazioni in affitto occupate dagli stessi. Il parco, inoltre, è una zona verde molto estesa, ma priva di servizi di base che ne aumenterebbero la fruizione. La Salida 2: Centro Universitario Cultural, poco più a sud della precedente, mette in contatto il Campus con un servizio esterno ad esso, ma indispensabile per l’Università: il Centro Universitario Culturale. Questo centro è molto utilizzato dagli studenti, proprio perché è nelle immediate vicinanze 185


1_Salida Calle Comercio y Admòn

2_Salida CUV_ Centro Universitario Cultural

3_Salida Calle Odontologia

4_Salida Calle Medicina

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di un accesso importante, è dotato di wi-fi e possiede aule studio, anche se il numero di queste sembra non soddisfare la grande richiesta. La Salida 3: Odontologia mette in comunicazione la zona della facoltà di Odontologia con l’area residenziale abitata dagli studenti. Per questo è uno degli accessi più utilizzati del Campus. L’accesso viene anche percorso da chi non abita nelle immediate vicinanze o nel quartiere di Copilco Universidad, ma da chi deve raggiungere a piedi la fermata della metro Copilco. La Salida 4: Calle Medicina, infine, è senza dubbio quella più utilizzata, essendo in una posizione decisamente favorevole alla zona delle facoltà, al centro del quartiere di Copilco Universidad e alla stazione della metropolitana sopra citata. Questi quattro accessi presentano un’apertura sul muro di confine, di circa 5-6 metri, e tutti presentano un dislivello tra la zona universitaria e il quartiere residenziale, che si trova circa 1,50 metri al di sotto. Uscendo dal Campus e scendendo le scale, gli studenti si trovano nel Canale della Salmonella, una via pedonale che corre lungo il muro all’esterno dell’Università e che col tempo è diventata una zona commerciale, che ha attirato bar e commercio informale, a causa dell’ingente flusso che la attraversa. Nella parte interna della barriera, invece, i pedoni non hanno a disposizione un’area di sfogo in corrispondenza degli accessi o lungo il muro: in ingresso alla C.U., infatti, 187


gli studenti possono solo oltrepassare il Cto. Escolar, strada ad alto scorrimento, che rischia di diventare una seconda barriera, e raggiungere l’area delle facoltà. Lungo il muro non è nemmeno presente un marciapiede e molti studenti si ritrovano a camminare sul bordo della carreggiata, con notevoli problemi per la sicurezza. Inoltre, i percorsi pedonali e ciclabili non sono continui attraverso gli accessi, cioè tra l’interno e l’esterno del Campus: l’Università deve necessariamente mantenere la sua autonomia, ma questo non significa richiudersi all’interno, nella piena indipendenza, non curandosi delle aree limitrofe, tanto più che queste sono indispensabili per la vita del Campus stesso, perché molte volte ospitano i servizi necessari agli studenti, ma non presenti all’interno. In generale, questi accessi mancano di gerarchia, ma soprattutto di identità: sono vissuti solamente come luoghi da attraversare, e non da vivere. Nella zona a contatto con Copilco Alto, il muro di separazione non viene mai interrotto da nessun accesso e, anzi, è utilizzato dagli abitanti del quartiere come muro di costruzione, cioè come vera e propria parete delle abitazioni a contatto con esso. La ringhiera Nella zona della facoltà di Odontologia, a sud del quartiere Copilco Alto, la barriera del Campus si trasforma da muro in pietra, a ringhiera. Questa separazione, sempre 188


molto netta e impenetrabile, è alta circa 5 metri e permette la permeabilità visiva tra l’interno e l’esterno. Questa visibilità, però, non accresce il grado di interazione tra la Città Universitaria e la città esterna. Anche più a sud della stazione della metropolitana, in vari punti, il muro è integrato ad una ringhiera o, in altri casi, da essa sostituito. Il queste zone dall’esterno del Campus è possibile ammirare la vegetazione della riserva, ma non è possibile accedervi. Le strade Nella zona orientale del Campus un ulteriore elemento di barriera è rappresentato dalle strade ad alto scorrimento, difficili da attraversare per i pedoni e i ciclisti. Se all’interno del Campus il Cto. Escolar rappresenta una barriera sovrapposta, che si va ad aggiungere a quella già esistente del muro, all’esterno l’Av. Delfin Madrigal è un ostacolo quasi insuperabile. Questa importante arteria di traffico ospita il CE.TRA.M. (Centro di Trasporto Modale), nel quale si concentrano i principali trasporti pubblici della città. La strada presenta 14 corsie di marcia, delle quali 5 provenienti da nord e 9 provenienti da sud. L’unico modo per oltrepassare questa barriera, fonte di inquinamento acustico e visivo, è attraversare l’edificio ponte della stazione metropolitana, che con due bracci dotati di passerelle scavalca interamente gli 80 metri di strada occupati da auto private, taxi e bus. 189


3.2_ La viabilità integrata

Tutte queste varie barriere che si vengono a sovrapporre tra loro, creano numerosi spazi residuali nella zone di margine tra l’interno e l’esterno. Questi spazi diventano terra di nessuno, perché sono schiacciati tra due entità molto forti, la C.U. e i quartieri informali, e non possiedono un’identità propria. Al momento, le possibilità per queste aree sono due: o vengono abbandonate a se stesse, col rischio di generare delinquenza e criminalità, o vengono invase dal commercio informale, che diventa a sua volta una barriera per il flusso in attraversamento. Ecco allora che si rende indispensabile la rigenerazione di queste aree, in un’ottica di permeabilità condivisa, perché esse possano diventare zona di scambio e relazione tra l’interno e l’esterno. Mobilità privata Nell’area orientale del Campus i circuiti ad alta percorrenza sono il Cto. Escolar, che abbraccia la zona delle facoltà, il Cto. Exterior, che si snoda al margine esterno della Ciudad Universitaria, il Cto. Interior e il Cto. de Investigación Científica che circondano la 190


zona della ricerca. Queste strade erano state realizzate nel progetto originale seguendo i principi della carta d’Atene, per generare al loro interno delle supermanzanas, cioè mega isolati pedonali, nei quali le auto non potessero accedere. Nei primi decenni di funzionamento del Campus questi principi vennero rispettati, ma in seguito, con l’aumento del numero degli studenti e le nuove esigenze di parcheggi, molte delle aree libere destinate a spazio pubblico all’interno dei circuiti vennero trasformate in parcheggi, e, nonostante questo, al giorno d’oggi i parcheggi sono ancora in numero insufficiente. Il Cto. Escolar e il Cto. Exterior hanno sei corsie di marcia, tre in un senso e tre nel senso opposto, delle quali due dedicate al transito delle auto e una per il transito del trasporto pubblico interno al Campus (Pumabus). Il Cto. Interior e il Cto. de Investigación Científica, invece, hanno solamente due corsie per senso di marcia, ma la larghezza della carreggiata è così ampia che permette il parcheggio alle auto su ambo i lati della strada. In riferimento al delicato tema dei parcheggi, per comprendere la problematica, basti 191


pensare ad un semplice confronto: Las Islas, l’enorme spazio verde attorno al quale sono disposte le facoltà, ha una superficie di 71.500 mq, mentre l’insieme dei parcheggi dell’intera aree della ricerca, sommati al parcheggio di medicina e di odontoiatria occupano una superficie di 89.385 mq, per non parlare di tutte le auto che occupano costantemente l’ampia carreggiata della zona della ricerca. A causa di queste importanti arterie di traffico, e del problema dei parcheggi, l’area della ricerca rischia di diventare un recinto posto all’interno di un altro recinto. Gli accessi principali per raggiungere la zona orientale del Campus dall’esterno sono Av. Insurgentes, Av. Universidad, Av. Delfin Madrigal e Av. de Ingeniería, tutte arterie di traffico ad altissimo scorrimento, che rischiano di diventare delle vere e proprie barriere. Il problema principale della viabilità carrabile interna al Campus è la carenza di parcheggi, che porta con sé un utilizzo inappropriato delle carreggiate e degli spazi. Questo incredibile numero di auto che percorre ogni giorno le strade del Campus provoca un alto inquinamento atmosferico e visivo e, anche se formalmente i principi originari del progetto sono ancora validi, poiché le auto non entrano con strade all’interno delle supermanzanas, si può senza dubbio affermare che le auto hanno invaso il Campus, che da parte sua non era adeguatamente pronto ad accoglierle. Alla viabilità carrabile interna si vanno, inoltre, ad integrare quella ciclabile e quella 192


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pedonale. Se il Campus è poco permeabile tra l’interno e l’esterno, esso invece è quasi totalmente permeabile al suo interno. La Ciudad Universitaria, infatti, è pensata per i pedoni ed essi sono i primi utilizzatori degli spazi. Tutte le aree interne al Campus sono attraversabili a piedi, seguendo una varietà di percorsi che non annoiano mai: si incontrano grandi spazi pedonali pavimentati, grandi aree verdi, specchi d’acqua, scalinate e dislivelli che aiutano a distinguere le diverse aree con differenti funzioni, e infine numerosi sovrappassi, come le passerelle che oltrepassano Av. Insurgentes e i sottopassaggi, come quelli in corrispondenza dello Stadio Olimpico. I pedoni possono attraversare tutto il Campus e il loro libero spostamento viene interrotto solo là dove incontrano le grandi vie di scorrimento. Un ulteriore punto critico, per i pedoni, è la linea di confine del Campus, poiché lungo il muro nella maggior parte dei casi non è presente un marciapiede e, dove questo è presente, raramente supera i 60 cm di larghezza. Anche la viabilità ciclabile della zona orientale della Ciudad Universitaria è disegnata abbastanza attentamente, e sono presenti diverse piste ciclabili. Esse sono facilmente riconoscibili grazie ad una pavimentazione di colore verde, e collegano, attorno alla Isla e alle facoltà, numerosi punti di bike sharing, che offrono questo servizio agli studenti. Queste vie ciclabili, però, non sono continue, in molti tratti sono interrotte e in corrispondenza degli accessi 194


non proseguono oltre il limite marginale del Campus. Solo in corrispondenza della stazione metropolitana Universidad, i ciclisti trovano un luogo per loro, il BiciPuma, un edificio realizzato nel 2010 che è un enorme deposito di biciclette, utilizzabili all’interno delle aree universitarie. Un altro aspetto molto importante in relazione alle piste ciclabili è quello dell’illuminazione. Essa, infatti, è carente e non copre tutte le piste presenti, per questa ragione tutti i centri di bike sharing vengono chiusi alle 16.00 e in orari serali non possono essere utilizzati. Mobilità pubblica La mobilità pubblica all’interno del Campus nella zona orientale si serve, come l’intera Ciudad Universitaria, del sistema Pumabus, il sistema pubblico di autobus interno. Questi bus (13 linee) coprono per intero le aree della C.U., ma non possono, ovviamente, uscire al di fuori del suo perimetro. L’area delle facoltà, cioè il Cto. Escolar, è servita dalle linee 1,2,5 e 9, la zona della ricerca è servita dalle linee 1 e 5, mentre l’area della Metro è raggiunta dalle linee 1,2,3,4 e 5. Le fermate dei Pumabus, delle semplici pensiline coperte a lato della strada, non sono integrate con altri servizi, e sono abbastanza ravvicinate tra loro, circa ogni 300-500 metri. Questo servizio pubblico è molto utilizzato da tutti gli utenti della C.U., ma non è del tutto affidabile. La frequenza dei bus dovrebbe aggirarsi attorno ai 5-10 minuti ma, molto spesso, può capitare di aspettare anche 20 minuti ad una fermata, senza 195


vedere passare alcun autobus. L’aspetto decisamente positivo di questo servizio è che, all’interno dei circuiti che delimitano le aree della C.U., una carreggiata è sempre dedicata al transito del trasporto pubblico, e questo permette che i bus non siano bloccati dal traffico e possano compiere la loro corsa indisturbati. La mobilità pubblica del Campus comprende, inoltre, anche il gran numero di taxi che arrivano dall’esterno della C.U. per raggiungere le diverse aree o che si muovono all’interno di esse. I tassisti utilizzano i circuiti come delle vere e proprie circonvallazioni, e li percorrono usualmente ad alta velocità. Il trasporto pubblico interno è ben integrato con quello esterno, rappresentato fondamentalmente dai Metrobus e dalla Metropolitana. La linea 1 del Metrobus, che proviene da Indios Verdes, attraversa tutta Av. Insurgentes, e qui ha due fermate di interscambio all’interno della C.U. In riferimento, però, al margine orientale, è molto più interessante approfondire gli aspetti connessi alle fermate della metropolitana: Metro Copilco e Metro Universidad. Esse si trovano sulla linea 3 della metropolitana della città, sono state inaugurate nell’agosto del 1983 e conducono nei pressi del Campus tutta la popolazione residente a Città del Messico. Il flusso pedonale che dal Campus si dirige verso la stazione di metro Copilco è diventato talmente ingente che i pedoni hanno invaso la strada e le auto sono obbligate a rallentare e procedere a passo 196


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d’uomo. Il nodo di metro Universidad, invece, è un incredibile esempio di nodo di interscambio tra trasporto pubblico esterno - interno e privato. Un ulteriore elemento del trasporto pubblico esterno è rappresentato dal sistema dei microbus. Questi autobus sono più piccoli di un normale bus e hanno una capienza di circa 20 persone, quasi un pulmino. Essi hanno uno stradario e delle linee di percorrenza da rispettare, ma molto spesso gli autisti modificano la loro tratta, per percorrere le strade con maggior flusso e poter caricare più persone. I microbus, inoltre, non hanno delle fermate precise, ma vengono fermati con un cenno del capo o della mano dai passanti interessati. Alcune “fermate”, come quella di Metro Universidad, sono considerate fisse, poiché è certo che ogni giorno e ad ogni ora del giorno ci sono persone che richiedono questo servizio. Le linee dei microbus che interessano i quartieri del bordo orientale della C.U. sono la 2-52, 59, 45, 52, 34, 1-12. Esse attraversano completamente i quartieri di Copilco Universidad, Copilco Alto e Santo Domingo e nella maggior parte dei casi collegano le due fermate della metropolitana. Questo particolare servizio di trasporto pubblico, sebbene attraversi i quartieri immediatamente al di fuori della C.U., non è minimamente integrato al trasporto interno del Campus, ma, al contrario, ne è totalmente indipendente.

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Studenti di medicina che giocano nelle pause

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3.3_ Gli spazi pubblici

Una delle caratteristiche fondamentali della Ciudad Universitaria è proprio l'abbondanza di spazi pubblici aperti. Il più importante tra questi è certamente “las Islas”, simbolo emblematico della UNAM, considerato luogo di libertà e tolleranza a livello metropolitano. Il disegno del Campus fu un'opportunità per mettere in pratica i principi del movimento moderno definiti nella carta di Atene del 193129: la separazione delle funzioni e dei flussi all'interno della città e la distribuzione degli edifici in grandi spazi aperti, con il fine di generare aree all’aperto di qualità urbano-architettonica migliore. Per questo motivo si aumentarono le altezze degli edifici all'interno del Campus, in modo che lo spazio aperto risultasse quasi come una prolungamento degli edifici. Lo spazio pubblico nel movimento moderno fu concepito a partire da una standardizzazione delle necessità umane: abitare, lavorare, 29 Quiroz Rothe H., Sandoval Olascoaga C.E., Uso y Percepcìon de los Espacios Publicos de Ciudad Universitaria, in “Bitacora Arquitectura”, n.21, 2010, pp. 16-25

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riposarsi, muoversi. Le sue implicazioni nelle trasformazioni sociali furono generalizzate in spazi per determinate attività con caratteristiche precise e omologate. La principale critica mossa agli spazi pubblici progettati dal movimento moderno sta proprio nel loro risultare generici e per nulla a scala umana, di conseguenza poco vissuti. Ciò che differenzia, e per questo rende unici, gli spazi pubblici della Ciudad Universitaria è la loro eterogeneità e varietà, contribuendo a ridurre, notevolmente, l'impatto dovuto all'incremento del numero gli studenti sugli spazi pubblici all'interno del Campus. In conclusione, l'ampia offerta di aree pubbliche ha permesso nel corso degli anni di attenuare la carenza dei servizi complementari del progetto originario e la necessità di nuove funzioni accessorie. Attualmente, esiste nel Campus una mescola eterogenea di attività, servizi, tanto formali quanti informali, che arricchiscono la vita studentesca. Si vuole qui evidenziare la completa permeabilità che caratterizza il sistema di super-manzanas della CU, sul cui perimetro sorgono gli edifici delle facoltà, esternamente corrono i circuiti carrabili, mentre all’interno si riscontra una quasi totale permeabilità pedonale. Se si analizzano più approfonditamente gli spazi pubblici presenti lungo il margine orientale di CU, ci si rende conto che essi sono per la maggior parte spazi interstiziali, di risulta, quali per esempio aree verdi spartitraffico o di pertinenza delle singole facoltà. Certamente, la presenza di molto verde 204


all'interno del Campus universitario e la possibilità di usufruire di questi spazi di aggregazione per attività sociali, sportive, ecc., risulta essere sicuramente un punto di forza. Va aggiunto, però, che all'interno dell’UNAM esistono anche grandi aree incolte che, in alcuni casi, finiscono per essere dei veri e propri ostacoli, barriere non solo fisiche, ma anche visuali. È il caso delle sopraccitate isole spartitraffico, utili per i cambi di direzione, ma che impediscono una continuità di percorsi ciclo pedonali. La situazione oltre il muro di confine appare, invece, molto diversa: nei quartieri auto-costruiti di Santo Domingo e Copilco Alto gli spazi verdi sono quasi del tutto assenti. In queste aree, ormai quasi completamente saturate, l’unico spazio pubblico disponibile risulta essere la strada. A differenza del margine occidentale della Ciudad universitaria, quello dei giardini del Pedregal, dove ogni singola villetta è dotata il giardino verde privato, qui tutti i lotti sono occupati da abitazioni, costruzioni, negozi,… unica eccezione in questo contesto è la striscia di campetti sportivi e il parco giochi presente nell’area interstiziale tra le due carreggiate di Delfin Madrigal; si tratta, comunque, di spazio sicuramente fondamentale per Santo Domingo, anche se non sufficiente alla popolazione del quartiere. Ciò che colpisce maggiormente camminando per le vie delle aree limitrofe alla Ciudad universitaria, oltre il suo confine orientale, è quanto importante sia per la vita sociale e le attività commerciali la presenza di una ampia sezione della sede 205


stradale. Non è per nulla inusuale vedere bancarelle di cibo e bevande che invadono i marciapiedi e addirittura le carreggiate, persone che camminano in mezzo alla strada, intere vie chiuse al traffico carrabile perchÊ occupate dal mercato giornaliero o da bambini che giocano a calcio.

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3.4_ I servizi

Fin dalle origini Ciudad Universitaria ha sempre vissuto un rapporto di interdipendenza con i quartieri limitrofi. Infatti, il progetto era originalmente pensato per una popolazione studentesca di circa 25 000 persone30 e quindi con i servizi necessari per quel determinato numero di fruitori. Se si tiene conto che al momento del primo masterplan firmato da Mario Pani ed Enrique del Moral, intorno al 1947, gli studenti immatricolati erano all’incirca 15 mila, mai ci si sarebbe aspettati che ad oggi la UNAM conta 342.542 iscritti. Conseguentemente, i già scarsi servizi commerciali, di ristorazione, culturali e sportivi dell’epoca non sono, attualmente, sufficienti a reggere il carico studentesco attuale. E’ certamente da sottolineare il fatto che con l’aumento esponenziale della popolazione virtuale di C.U. alcuni degli spazi originariamente comuni sono 30 Quiroz Rothe H., Sandoval Olascoaga C.E., Uso y Percepcìon de los Espacios Publicos de Ciudad Universitaria, in “Bitacora Arquitectura”, n.21, 2010, p. 18

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tramutati in attività di supporto alla vita studentesca. Non essendo ciò abbastanza, si sono andati creando nelle aree appena oltre il confine attività commerciali di tipo formale e informale per supportare quelle già esistenti all’interno di C.U. Sono sorti così bar, ristoranti, tavole calde, bancarelle di cibo per strada (sia fisse che mobili), librerie, cartolibrerie, copisterie, stamperie, negozi di modellistica, studi professionali, dentistici, internet cafè, corsi di computer, di musica. L’area che più si può considerare a servizio di C.U. è, sicuramente, il quartiere di Copilco Universidad, che, grazie al costante e abbondante flusso di persone che a tutte le ore del giorno si dirigono verso la metro Copilco, ha visto l’apertura di molti esercizi commerciali proprio in funzione del passaggio di questi studenti. Emblematico è il caso del già citato Paseo de la amiba o anche detto Paseo de la Salmonela, una striscia di spazio interstiziale, a destinazione commerciale, di circa 10 metri di larghezza, compreso tra il muro di confine della Ciudad Universitaria della UNAM e gli edifici residenziali multipiano (5-6 piani) dell’area di Copilco Universidad. In questo spazio filtro e soprattutto in prossimità degli accessi si sono addensate bancarelle di tipo informale che forniscono tutto ciò che possa servire agli studenti. Per esempio, all’altezza della Salita 4 di Medicina si possono trovare bancarelle che vendono camici per gli studenti o nelle vicinanze della Salita 3 di Odontoiatria si trovano laboratori di protesi dentali o ancora copisterie per stampare tesi. Diversa è la situazione in prossimità di Metro Universidad dove non esistono veri e propri servizi commerciali fissi, a parte 208


alcune eccezioni, quali le bancarelle che si sono appropriate degli spazi prossimi alle fermate dei microbus e i baracchini in lamiera presenti all’interno della stazione della metro. Si tratta, però, per lo più di venditori ambulanti che si muovono sulla banchina dei bus interni ed esterni a Ciudad Universitaria e attorno agli accessi, dove il flusso delle persone è maggiore e dove queste si fermano in attesa dei mezzi di trasporto pubblico. Non va comunque dimenticata la presenza all’interno del Campus di zone sportive, quali campi da calcio, palla basca, baseball, tennis, tiro con l’arco, piscine, lo stadio e di zone di tipo culturale come l’area museale con i suoi Musei della Scienza de la UNAM e quello universitario dell’Arte Contemporanea, il CUC Centro Culturale Universitario, varie sale e auditorium, librerie, lo spazio espositivo con le sculture e il Centro Universitario di Teatro che si affacciano su Avenida de Insurgentes Sur, di cui si è descritto con maggior dettaglio in precedenza. A questi si aggiunge tutta l’area della riserva ecologica nella parte meridionale del Campus, anche se quest’area, conservando ancora l’ecosistema autoctono del Pedregal, risulta essere pericolosa per la fauna e la flora presente e poco accessibile al pubblico, se non lungo i percorsi tracciati. In conclusione, Ciudad Universitaria ha instaurato nel corso dei decenni un rapporto di servitù con i quartieri vicini, i quali forniscono i servizi che mancano all’interno del Campus e senza i quali C.U. non potrebbe esistere. 209


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Uno sguardo oltre il margine sottotitolo

4.1_ Las colonias populares: il fenomeno dell’informalità 4.2_ Le trame urbane oltre il muro 4.3_ Le polarità dell’area 4.4_La strada come spazio pubblico


4.1_ Las colonias populares: il fenomeno dell’informalità

In termini generali il Paese ha assistito ad un incremento costante della popolazione dall’inizio del 1900 ad oggi. Una crescita che riguarda principalmente la popolazione urbana, che oggi raggiunge ben il 79,2% di quella totale31, e che è artefice dello sviluppo della maggior parte delle città della Repubblica degli Stati Uniti Messicani. Storicamente, più del 60%32 della popolazione ha un reddito minore a 3 salari minimi e rimane esclusa dai il cosiddetti Programas Institucionales de Suelo Urbanizado y de Viviendas e quindi dà vita a fenomeni di autocostruzione e processi irregolari di popolamento. Senza dubbio questo tipo di insediamenti informali rappresenta più del 65%33 delle abitazioni del Paese. 31

CIA World Factbook, 2015

32 J. Andrade Narvàez, E. Carballo Cruz, Pensar el Futuro de México.La Vivienda Popular en México. Retos para el siglo XXI, UAM, México, 2011 33

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Ibidem


Con “vivienda” di autocostruzione si definisce quell’abitazione costruita per l’abitante stesso, senza alcun fattore politico, legale e economico che lo influenzi anche in minima parte. Queste autocostruzioni e la mancanza di infrastrutture pubbliche vengono definite viviendas informales, che si caratterizzano per la scarsa qualità dei materiali con cui sono costruite. Le viviendas si vanno costruendo progressivamente per ragioni economiche, dato che il fattore monetario è la principale causa degli insediamenti autocostruiti. A ciò contribuiscono tuttavia anche altri fattori, quali: la mancanza di abitazioni sociali per le fasce più povere che non possono permettersi una casa adeguata; il desiderio di abitare in prossimità dei centri città. La necessità di avere un’abitazione propria fa sì che queste autocostruzioni invadano spesso zone limitrofe a ferrovie, a vie ad alto scorrimento e a corsi d’acqua, terreni di poco valore, aree rurali e/o di proprietà del governo locale e i pendii Da evidenziare è l’abilità con cui ogni comunità per ciascun insediamento, pur in assenza di una pianificazione urbanistica 215


o di un intermediario politico, riesce comunque a organizzarsi per l’uso del suolo a fini residenziali e commerciali. Difatti, le comunità funzionano come enti a sé stanti, con una forte collaborazione tra i suoi membri e altrettanto forti relazioni di vicinato. Tutto ciò contribuisce a rafforzare ulteriormente il sentimento di identità e appartenenza della colonia popolare stessa. Il trasporto dell’acqua, l’allacciamento abusivo alla linea elettrica e la mancanza di connessioni alla rete fognaria sono una costante in questi contesti, anche se, a volte, risulta pericoloso e dannoso per la salute e l’igiene dei suoi abitanti. E’ in questi casi che talvolta interviene il Governo per dotare il barrio dei servizi essenziali per una qualità di vita adeguata. Le viviendas informales consistono in un processo graduale che si caratterizza per la sua precarietà e irregolarità. Per prima cosa la popolazione si appropria dei terreni che andrà ad occupare ed erige abitazioni di fortuna fatte con materiali di riciclo. In un secondo momento, tali costruzioni si ampliano in modo lento e progressivo sia orizzontalmente fino a saturare l’intero lotto e successivamente anche in alzato. Attualmente, in Messico, organismi come il INVI per il DF e il CONAVI danno un appoggio, in unione con altri organismi non federali, al settore di produzione di viviendas. Altri enti, invece, tra i quali FONHAPO, FEXAC e CENVI propongono programmi per l’autoproduzione di abitazioni con l’aiuto di finanziamenti statali. Gli obiettivi principali sono il miglioramento, 216


la riqualificazione e riedificazione degli asentamientos populares (insediamenti popolari) esistenti, fornendo servizi pubblici e in prossimità anche centri produttivi, culturali e di formazione. Uno dei problemi principali che affliggono queste colonie autocostruite sono la presenza in esse della criminalità organizzata e il completo controllo che questa esercita sul territorio e sui suoi abitanti, decidendo chi può vivere nella colonia, chi vi può entrare e le decisioni che si prendono nella comunità. In queste situazioni lo Stato difficilmente riesce ad intervenire riguardo a decisioni, legalità e compravendita di proprietà immobiliari. L’informalità urbana può declinarsi in molte forme e in differenti aspetti, ed è presente in tutte le grandi metropoli mondiali, tanto che sia posta al centro della scena come nel caso delle favelas brasiliane, quanto che sia ai margini della città, quasi all’oscuro del grande ed incessante pulsare della città. Il termine informale, però, non è da opporre strettamente al termine formale, poiché se si pensa a questi due come ad una dicotomia tra opposti, si cade in errore; la loro differenza è netta, ma se formale ci indica la norma, la regola, ciò che è in quanto deve essere, informale non è banalmente la deviazione dalla norma, è qualcosa di più complesso e sottile. Lo sviluppo di una città, infatti, sta proprio nell’equilibrio tra questi due grandi concetti, che non si escludono a vicenda, ma possono convivere, e spesso lo fanno. Questa loro delicata relazione può essere 217


reciprocamente valorizzata al meglio, o al contrario portata al peggio. Il primo caso si manifesta quando i due soggetti sono complementari tra loro, quando cioè l’informalità presente nella scena urbana permette il normale svolgimento e lavoro delle istituzioni; al contrario, il secondo caso appare evidente quando i due soggetti sono tra di loro supplementari, e quando nello specifico è l’informità a supplire alla formalità, quando cioè l’informale sostituisce le istituzioni formali, o per una loro mancanza o per una loro debolezza. Da queste osservazioni si può dedurre una prima descrizione di informalità, parziale e non totalmente corretta, che vede questo fenomeno presente laddove ci sia una mancanza di potere statale che filtri adeguatamente attraverso le istituzioni, la società ed il mercato. La separazione tra questi due concetti viene spesso definita da due fattori: una categorizzazione spaziale e la forma organizzativa. Per quanto riguarda la prima, essa sostiene che in una città gli spazi formali si localizzino sempre in centro, mentre gli ambienti informali stiano in periferia, ma questo non è sempre corretto. La seconda sostiene che le istituzioni formali siano sempre regolate, normate, ben definite e organizzate, e questo, almeno in linea teorica, sembra essere corretto, ma sostiene anche che l’informità sia sempre priva di regole, spontanea e non organizzata. Questo non è del tutto vero, poiché molto spesso alle spalle di grandi espressioni informali si celano importanti organizzazioni. 218


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Un’osservazione corretta e sempre valida, però, è che all’aumento della privatizzazione dei servizi statali si accompagna sempre una crescita dell’informalità. Nel complesso contesto urbano si inserisce lo strumento governativo, importante spartiacque che divide in categorie e definisce ciò che è formale, e ciò che non lo è, come un dispositivo organizzativo che permette determinati interventi e ne vieta altri. La distinzione, però, non è sempre così netta e spesso le categorie possono confondersi: lo Stato, infatti, può proibire, ma anche accettare nuove iniziative provenienti dalla sfera dell’informale, e allo stesso tempo può bandire, ma anche formalizzare delle istituzioni informali. Ecco allora che l’informità non è esterna alla città, ma ne diventa il cuore pulsante, tanto quanto gli interventi formali. L’informità è un idioma urbano, un diverso modo di leggere la città, è uno sguardo che lavora con, attraverso e contro le modalità formali di conoscenza della città. Insediamenti informali Gli insediamenti informali si riconoscono da alcune comuni caratteristiche, legate alla loro nascita, crescita e gestione. Questi insediamenti sorgono in maniera spontanea o organizzata al di fuori delle norme e delle regole del governo e in tutte le loro fasi si autogestiscono in maniera indipendente, dalla occupazione dei terreni alla lottizzazione, dalla costruzione degli edifici alla realizzazione delle opere infrastrutturali. Molto spesso in questi 220


ambienti le condizioni igieniche e la qualità di vita sono molto scarse, come anche la presenza di servizi e risorse. Osservando più in profondità ci si rende conto che ciò che sta alla base di questi insediamenti non è una mera logica di sopravvivenza, ma una logica urbana differente da quella abituale, una logica fatta di trasporti di base, servizi di base e lavoro informale. Non si può pensare che tutti gli insediamenti informali siano nati per una mancanza di controllo da parte del Governo, ma si può sicuramente affermare che questi insediamenti sorgono laddove i Governi volgono un occhio cieco, pur essendone completamente a conoscenza. L’informalità non è un sistema unregulated, ma è un sistema deregulated, come anche possiamo affermare che informale non è sinonimo di povertà. Una comune credenza, che però in questo caso si rispecchia molto spesso nella realtà, è che al concetto di informale si accompagni spesso quello di criminalità. Il Governo e lo Stato sono spesso estranei alle attività informali; quindi, anche il loro controllo e la loro vigilanza in questi luoghi si sente meno, e per questo può nascere e crescere più indisturbata la criminalità, che sia piccola criminalità o costituita in gruppi più organizzati.

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Commercio informale L’economia degli insediamenti informali molto spesso gira attorno al commercio informale, che si declina in diverse maniere e per il quale valgono le medesime osservazioni fatte per gli insediamenti. Il commercio informale più sviluppato è quello dello street-food, che si insinua nelle strade di moltissime città, ed è molto presente anche nelle strade di Città del Messico. I principali problemi legati a questo tipo di commercio sono: l’occupazione di suolo pubblico da parte dei venditori che spesso impediscono il passaggio ai pedoni, posizionando i loro banchi di vendita sui marciapiedi, e costringendoli a camminare per strada; l’assenza di licenza per molti di essi; un’assenza di controllo sulla qualità e l’igienicità del cibo venduto. Se a questi motivi si aggiunge la considerazione che Città del Messico è una tra le metropoli più inquinate e trafficate al mondo, si può capire come questo commercio sia problematico per la città. Questi problemi, d’altro canto, sono affiancati da una grande e longeva tradizione di mercati informali, che da sempre animano le strade della città e fanno girare l’economia del Paese. Negli anni i venditori informali hanno lottato molto per ottenere il loro “right to the city” e trovare un modo per regolamentare la propria 222


presenza, con tutti i diritti, sul territorio. I venditori di strada, però, non sono l’intero meccanismo del commercio informale, che in realtà è molto più complesso ed articolato; essi sono solo l’ultimo ingranaggio di una grande organizzazione. Possiamo forse pensare che i loro grossisti non rientrino nella sfera dell’informalità? Che essi paghino regolarmente licenze e tasse? I commercianti di strada ricevono la merce dai grossisti, che a loro volto fanno riferimento ad una posizione organizzativa intermedia che gestisce questo commercio. Tutto ciò è reso possibile dallo Stato stesso, che ne è a conoscenza e, se ufficialmente bandisce questo tipo di economia, concretamente non ne proibisce l’operato.34 “Informality is a generalized mode of urbanization.” (Urban informalities. Reflections on the formal and informal, GB 2012) Il fenomeno del commercio non autorizzato è sviluppato al di fuori del Campus Universitario, e la sua economia è garantita dal grande flusso di popolazione in entrata e in uscita dal Campus. I luoghi di maggior concentrazione sono le aree delle due stazioni metropolitane, a nord la stazione di metro Copilco, nel quartiere Copilco Universidad, e a est la stazione di metro Universidad, al confine col quartiere di Santo Domingo, le strade in ingresso al quartiere di Santo Domingo e il Paseo de 34 C. McFarlane,M. Waibel, Urban informalities. Reflections on the formal and informal, 2012

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la Salmonela, area pedonale interamente occupata da venditori ambulanti, che intercettano gli studenti nel tragitto C.U. stazione metropolitana. I prodotti del commercio non autorizzato presente nell’area sono: libri, giornali, periodici, schede telefoniche, materiale scolastico, prodotti per la rilegatoria, materiale da copisteria, cibo confezionato, frutta, caffè, gelati e cibo cucinato al momento. Nel corso degli anni la Ciudad Universitaria ha subito diverse pressioni fisiche sui suoi confini, a causa dell’espansione continua e implacabile della città che la circonda, non progettata e pianificata per supportare questa espansione. Negli anni ’70, prima della crescita e della speculazione immobiliare che si verificò nel quartiere ovest Jardines del Pedregal, si decise di costruire nuovi edifici perché facessero da ulteriore barriera e schermo, e perché potessero difendere i terreni interni alla C.U. in corrispondenza del giardino botanico. La stessa procedura è stata realizzata sul confine est, nella zona della ricerca scientifica, dove molti nuovi edifici sono sorti con lo scopo di bloccare l’espansione del quartiere informale di Santo Domingo, che si stava espandendo anche oltre l’asse viario di Delfin Madrigal. Nonostante tutti i confini della C.U. debbano 225


4.2_ Le trame urbane oltre il margine

far fronte a questo comune problema, essi si differenziano fortemente per la loro morfologia, il loro grado di permeabilità e la loro relazione con la città. L’area occidentale della Ciudad Universitaria presenta degli elementi forti e importanti, come lo Stadio Olimpico Universitario, la Riserva Ecologica e gli edifici amministrativi dell’Università. Quest’area confina con la colonia Jardines del Pedregal, ed il suo confine è delimitato da un muro di pietra continuo. Si può dire che il rapporto della C.U. con la città, lungo questo confine, sia quasi assente, poiché gli unici accessi carrabili sono a nord, in corrispondenza dello stadio, e a sud, in corrispondenza della riserva. L’intero quartiere residenziale è isolato dalla C.U. e non presenta nessun accesso, né carrabile né pedonale, all’università. Il quartiere in questione non è chiuso solamente nei confronti dell’università, ma anche nei confronti della città stessa; è infatti uno dei quartieri residenziali più ricchi ed esclusivi di Città del Messico. 226


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Costruito tra il 1947 e il 1952 da una coralità di architetti, tra i quali emergono Luis Barragán e Max Cetto, il quartiere è un perfetto esempio di modernismo messicano e di città-giardino, realizzata su un terreno profondamente inospitale, perché vulcanico. L’area ovest della Ciudad Universitaria è perfettamente servita dalle linee di trasporto pubblico interno del Pumabus, che collegano lo stadio ad ogni punto della C.U. L’unico trasporto pubblico esterno all’università che serve indirettamente l’area ovest è la linea 3 del Metrobus, che ha due fermate sull’asse Insurgentes. Una terza fermata di trasporto pubblico esiste tra la Av. Revolución e San Jeronimo, ma risulta essere sconnessa al trasporto pubblico interno al Campus. Il problema principale di questo confine è l’assenza di relazioni tra l’interno del Campus e l’esterno; a questo si va ad aggiungere una difficoltà, se non impossibilità, di percorrerne a piedi il perimetro, causa l’assenza di marciapiedi che incentiva sempre più l’utilizzo dell’auto privata sulle vie ad alto scorrimento. A nord e a nord-est la C.U. confina con la colonia di San Angel e il quartiere di Copilco Universidad, delimitati da Av. Universidad e l’asse 10 Sur. Anche questa zona è separata dalla C.U. da un muro di pietra per proteggere i terreni universitari dall’espansione residenziale e commerciale dei quartieri. Il rapporto tra città esterna e città interna, però, risulta essere molto più 228


interessante e vario, perché il muro presenta tre accessi carrabili, in corrispondenza dell’asse Insurgentes, Av.Universidad e la Calle Cerro del Agua, e quattro accessi pedonali, così da creare un importante flusso interno-esterno, che influisce sia sulla vita dei quartieri residenziali, sia sulla vita universitaria. Le principali vie di accesso carrabili a quest’area sono le tre già nominate, ma a queste si va ad aggiungere un importante nodo di trasporto pubblico che completa la rete di trasporto terrestre: la stazione della metro Copilco, sulla linea metropolitana n. 3, che collega Universidad (a sud) a Indios Verdes (a nord). Questa stazione sotterranea è stata inaugurata il 30 agosto 1983 e presenta un’affluenza media giornaliera feriale di 50.495 utenti, principalmente studenti universitari. La zona presenta un grave problema relativo alla regolamentazione dell’utilizzo del suolo, attualmente molto confuso: grandi superfici di terreno pubblico sono occupate dal commercio informale, che trova un’importante utenza nel flusso in entrata e in uscita. Il problema dell’informità, a sua volta, porta con sé altri problemi, come quello della vendita di alcool non autorizzata e quello dei rifiuti. Il confine meridionale della C.U., dove sono localizzate la zona amministrativa e parte della Riserva Ecologica, è delimitato dall’Anillo Periferico e, più a sud, Av. del Iman la separa dalla colonia Pedregal de Carrasco, quartiere quasi completamente residenziale. La barriera fisica è creata da 229


un’alternanza di muro in pietra e ringhiere, che permettono la visibilità. Un’ulteriore barriera è creata da alcuni dislivelli importanti della Riserva Ecologica e dalla vegetazione spontanea della stessa. Av. del Iman è la via d’accesso principale a questa zona, con un flusso veicolare particolarmente intenso nelle ore di punta, sia di auto private, che di trasporto pubblico in direzione Insurgentes o Anillo Periferico. Questa zona meridionale non ha una forte identità propria e, a causa dell’eccessiva velocità sugli assi carrabili principali e della insufficiente illuminazione sui percorsi pedonali, è riconosciuta come una zona insicura. L’area orientale è delimitata dalla Av. Delfin Madrigal, che prosegue dall’asse 10 Sur all’Av. del Imán. Il margine è fisicamente composto da muro in pietra, ringhiere, dislivelli e dall’area della fermata della metro Universidad, che di per sé crea un’ulteriore barriera. La fermata in superficie della metro, inaugurata il 30 agosto del 1983, è il capolinea della linea 3, proveniente da Indios Verdes, e rappresenta un importantissimo nodo urbano di interscambio del trasporto pubblico e privato. In corrispondenza della fermata, infatti, si possono trovare le fermate del Metrobus, del Pumabus e del servizio Bicipuma interno alla C.U., di microbus e camiones e numerosi taxi (nucleo di trasporto urbano CE.TRA.M., Centro de Transferencia Modal). Questo margine è particolarmente importante perché separa e mette in contatto due entità dotate di 230


un’identità molto forte: l’area della C.U. occupata dalla zona della ricerca e da parte della Riserva Ecologica, con la colonia di Santo Domingo, un densissimo quartiere residenziale informale, privo di spazi verdi, in netto contrasto con la Riserva Ecologica e con la Cantera che con esso confina. Un grande flusso di persone si dirige giornalmente alla metro (media di 84.640 in giorno feriale) e al nodo CE.TRA.M., proveniente da tutta la città, e un secondo importante flusso, rappresentato da studenti e professori, attraversa l’edificio ponte della metro per recarsi a piedi dalla colonia di Santo Domingo all’università. Questo importante nodo urbano soffre però l’assenza di una gerarchia di flussi, che lo rende poco funzionale e poco sicuro, anche a causa del commercio informale qui presente e della delinquenza. L’area di contatto, stretta tra due identità molto forti, non ne ha una propria, e risulta essere una terra di nessuno, esclusa, sottovalutata e non vissuta. - Tipos de poblamiento en la Ciudad de México L’urbanizzazione di Città del Messico, continua ed inarrestabile, è definita da precisi criteri che ne differenziano le tipologie in base a: - data di urbanizzazione; - morfologia dello spazio residenziale, a sua volta definito da aspetti socio-demografici, qualità strutturale delle abitazioni, densità di urbanizzazione. 231


La classificazione delle aree urbanizzate viene realizzata in base a: - grado di urbanizzazione della zona, a sua volta definita dalla porzione di superficie urbanizzata nei diversi anni e dalla data di urbanizzazione; - ritmo di crescita/decrescita della densità; -livello economico della popolazione residente. Le categorie identificate da questo metodo di classificazione sono le seguenti: a- Centro Historico il centro più antico e tradizionale della città b- Pueblos Conurbados aree residenziali sorte tra il 1950 e il 1990 al di fuori del centro storico, ma perfettamente collegate ad esso a formare l’area urbana della ZMCM (zona metropolitana di Città del Messico) c- Colonias Populares interventi diretti di costruzione da parte di promotori privati o pubblici c.1- Colonias Populares de baja densidad o “en formación” colonie popolari dotate di opere di urbanizzazione minime, scarsi servizi ed edifici provvisori, con una densità minore di 50 ab/ha c.2- Colonias Populares de densidad media o “en proceso de consolidación” colonie popolari dotate di opere di urbanizzazione non complete, abitazioni eterogenee (provvisorie, in costruzione o terminate) c.3- Colonias Populares de alta densidad o “consolidadas” 232


colonie popolari dotate di opere di urbanizzazione complete ed abitazioni definitive c.4- Colonias Populares en la ciudad central, o “zona de vecindades” colonie popolari sorte tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX in periferia della città d- Los conjuntos habitacionales quartieri sorti nella seconda metà del XX secolo, dotati di abitazioni multifamiliari modulari e isolati progettati e- Colonias residenciales de nivel alto quartieri residenziali costruiti e finanziati da agenti immobiliari privati. In particolare, le colonie popolari sono identificate tali da alcune caratteristiche comuni: irregolarità di occupazione del suolo assenza di titoli di proprietà e carattere non autorizzato di urbanizzazione (violazione delle norme) carattere progressivo delle costruzioni, delle opere di urbanizzazione e dei servizi. Mediamente i lotti delle colonie popolari misurano 90/200 mq.

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Quartiere Copilco Universidad Il quartiere di Copilco Universidad (Conjunto habitacional medio) è un quartiere residenziale sorto negli anni ’60, oltre il margine nord-est della Città Universitaria. Negli anni ’80, in seguito all’inaugurazione della fermata di metro Copilco del 30 Agosto 1983, il flusso in attraversamento di questo quartiere aumentò notevolmente, e si assistette alla trasformazione funzionale del piano terra dell’intero quartiere, che da residenziale diventò commerciale. Al giorno d’oggi il quartiere presenta abitazioni plurifamiliari modulari, la maggior parte delle quali affittate a studenti universitari. Gli edifici più vicini al Campus arrivano anche a 5 piani; all’interno, invece, le abitazioni sono più basse, con una media di due piani fuori terra. L’urbanizzazione di questo quartiere ha visto la definizione di tracciati principali e secondari perfettamente ortogonali tra loro, che hanno messo così in evidenza i diversi isolati. Essi sono stati suddivisi in lotti perpendicolari ai tracciati, con i lotti più grandi situati con l’affaccio sulle vie principali e i lotti in angolo dotati di doppio accesso, sulla via principale e su quella secondaria. Le abitazioni sorgono in corrispondenza del filo esterno dei lotti, così da lasciare l’interno dell’isolato libero e adibito a spazio verde privato. Il commercio presente ai piani terra si rivolge esclusivamente alla popolazione universitaria, offrendo caffetterie, cartolerie, bar, tipografie ecc… Tutte le opere di urbanizzazione e le costruzioni sono definitive e realizzate con 234


materiali durevoli. Il quartiere gode di un accesso carrabile alla C.U. (Av. Cerro del Agua) e di quattro accessi pedonali alla C.U. in corrispondenza della facoltà di Medicina, della facoltà di Odontologia, del Centro Universitario e della Calle Comercio y Admon. Secondo la normativa, l’uso del suolo dovrebbe essere destinato alla funzione residenziale, e commerciale limitativamente al piano terra degli edifici e destinato a servizi di quartiere, con un’altezza massima degli edifici di 2 piani fuori terra e una percentuale pari al 40% di area libera (HC 2/40, CB).

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Quartiere Copilco Alto Il quartiere di Copilco Alto (Colonia popolar de densidad media o “en processo de consolidacion”) nasce alla fine degli anni ’60 a causa di un decreto di esproprio di alcune abitazioni situate sul terreno della Ciudad Universitaria. L’abitato si è autocostruito, in tempi lunghi e con molte difficoltà, su una terra vergine profondamente inospitale come quella del Pedregal, dove il terreno vulcanico rende difficile ogni tipo di lavorazione al suolo (rete fognaria, fondazioni). Oggi l’estensione del quartiere è di 120.008 mq per un totale di 4.890 abitanti; le opere di urbanizzazione non sono totalmente complete e ancora oggi molte abitazioni non sono servite dalla rete fognaria e non hanno il privilegio di avere acqua potabile. Gli edifici presentano una grande varietà costruttiva, sia di materiali che di tecniche: si possono trovare costruzioni definitive realizzate con materiali durevoli, ma anche case provvisorie o in costruzione realizzate con cartoni e lamiere. Nel 1966 è nato il CAS (Centro de Accion Social) che rispondeva alle necessità degli abitanti del quartiere, promuovendo campagne igienico-sanitarie, per la diffusione della rete fognaria e per la raccolta dei rifiuti. Oggi le difficoltà del quartiere sono leggermente mutate rispetto a quelle degli anni ’60 e ’70, e sono difficoltà sociali radicate: molte bande di giovani hanno lasciato la scuola, non studiano e non lavorano, ma fanno uso di alcool e droghe, molte donne sono senza opportunità di lavoro e ci sono molti casi di bambini con 236


difficoltà di apprendimento. La colonia conta un accesso pedonale e carrabile alla Ciudad Universitaria, ma per il resto ne è completamente esclusa dall’alto muro in pietra che gli abitanti hanno anche utilizzato come muro portante delle proprie abitazioni a ridosso del confine. Secondo la normativa, l’uso del suolo dovrebbe essere destinato alla funzione residenziale, e commerciale limitativamente al piano terra degli edifici, con un’altezza massima degli edifici di 3 piani fuori terra e una percentuale pari al 30% di area libera (HC 3/30).

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Quartiere Santo Domingo Il quartiere di Santo Domingo (Colonia popular de alta densidad o “consolidada”) sorge il 3 settembre del 1971, dopo una migrazione di massa di 100.000 abitanti e 11.000 famiglie al grido di “Tierra para vivir y libertad para construir!”. Questa immensa migrazione interna di un popolo alla ricerca di una nuova terra per la propria casa, scelse un terreno inospitale, occupato al tempo solo da pietre e serpenti. Fu l’invasione più grande dell’America latina, occuparono 2 milioni di mq e, nel giro di un decennio si autocostruirono tutte le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, senza l’aiuto del Governo o della delegazione. Non fu un processo facile e per più di due anni molte abitazioni restarono senza acqua e senza corrente elettrica, e ancora oggi numerose case sono senza bagno. Nel corso degli anni il quartiere si costruì e alle prime vie transitabili fecero seguito le prime scuole e i primi trasporti pubblici, seguiti poi dalla nascita del Centro Cultural de Artes y Officio Esculenta Emiliano Zapata ed altri centri di interesse metropolitano. Oggi le costruzioni e le opere di urbanizzazione sono concluse e definitive, esclusi isolati casi. Il quartiere gode di due accessi pedonali e carrabili alla Ciudad Universitaria, anche se l’accesso principale e più utilizzato resta la stazione di metro Universidad. Secondo la normativa, l’uso del suolo dovrebbe essere destinato alla funzione residenziale, e commerciale limitativamente al piano terra degli edifici, con un’altezza 238


massima degli edifici di 3 piani fuori terra e una percentuale pari al 30% di area libera per servizi di quartiere e servizi pubblici metropolitani (HC 3/30, CB 3/30, E).

El valor de las piedras. Porque cada colonia e cada barrio trae consigo impregnada una historia, una cultura con características propias que las hace distintas unas de otras y que son su aporte al mundo mas complejo y diversificado, la Ciudad de México. Los Pedregales, Coy., Abril 7.

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4.3_ Le polarità dell’area

Tra le principali polarità dell’aria riscontriamo le due stazioni della metropolitana della linea 3 Indios Verdes-Universidad: metro Copilco e Universidad, quest’ultima capolinea della linea verde. Questa porzione meridionale della linea metropolitana fu costruita attorno agli anni ’80 e inaugurata nel 1983 come conseguenza alla nascita delle colonias populares, i quartieri auto-costruiti di Copilco Universidad, Copilco el Alto e Pedregal de Santo Domingo, formatisi tra degli anni ’60 e’70. Oltre a questi due poli di trasporto pubblico attraverso cui, ogni giorno, la popolazione virtuale di Ciudad Universitaria giunge al Campus troviamo la riserva ecologica della Cantera, ecosistema naturale, uno dei pochi frammenti rimasti dell’originario paesaggio del Pedregal. Metro Copilco Metro Copilco è la penultima stazione della linea 3 della metropolitana di Città del Messico e si colloca nella delegazione di Coyoacan, nella parte meridionale della metropoli messicana, su Avenida Enríquez Ureña (Eje 10 Sur). La stazione sotterranea 240


di Copilco aprì il 30 Agosto del 198335 e fu costruita su un terreno di roccia vulcanica formatosi a seguito dell’eruzione del vulcano Xitle nel 500 a.C. Per questo motivo quando si procedette con gli scavi per la sua realizzazione furono ritrovati molti scheletri e reperti in ceramica, che secondo gli archeologici sono testimonianza di offerte funerarie risalenti al 500 a.C. La particolarità di questa stazione metropolitana sta nel fatto che possiede, al suo interno, sulle pareti delle banchine degli esempi di muralismo messicano. Si tratta dell’opera dell’artista Guillermo Ceniceros; un murales di 100 mq di superficie, El perfil del tiempo, che rappresenta scene della storia messicana e mondiale. Il logo di questa stazione metropolitana è un’immagine della cultura Olmeca del periodo Preclassico medio (1100-600 a.C.) relativa alla pioggia e fusa con un serpente d'acqua che si traduce in una sorta di drago celeste, diventato poi il Dio dell’Acqua. Infatti, Copilco, sta a indicare “en la corona 35 http://www.metro.cdmx.gob.mx/operacion/cronologia.html

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real”, nella corona del dio, in dialetto mexica, ulteriore prova del fatto che essa sorge su un luogo sacro. Questa stazione della metropolitana serve i quartieri di Copilco Universidad, Romero de Terreros e Copilco El Alto, come anche svariate unità residenziali (gruppi chiusi di edifici residenziali ad alta densità) come Integración Latinoamericana e Copilco 300. Si trova, inoltre, nelle vicinanze del Campus Central de la UNAM, particolarmente delle Scuole di medicina e odontoiatria, e della Scuola di musica G-Martell, e per questo è soprattutto frequentata da studenti. La sua affluenza media nei giorni feriali è di circa 50.495.36

La stazione metro di Universidad, anche chiamata metro C.U., è il capolinea a sud della linea 3 della metropolitana. Si colloca all’interno della delegazione di Coyoacan e prende il suo nome dal fatto che si trova su margine della Ciudad Universitaria de la UNAM. Infatti, il suo logo è proprio lo scudo simbolo dell’Universidad Nacional Autonoma de Mexico. E’ una stazione di superficie e fu inaugurata, come del resto tutto il tratto meridionale della linea 3 da Zapata a Universidad, il 30 Agosto del 1983. Questa metro è un terminal intermodale che connette il sistema metropolitano su rotaie con la stazione di mobilità pubblica 36 http://www.metro.cdmx.gob.mx/operacion/estacmayaflu.html

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su gomma, CETRAM, da dove partono le linee dei microbus che servono le zone di Tlalpan, Ajusco, Milpa Alta and Contreras. Da qui partono anche i pumabus interni al Campus de la UNAM. Tale metro, oltre alla Ciudad Universitaria, serve anche i quartieri di Santo Domingo e Copilco El Alto. Al suo interno si trovano svariate opere pittoriche, in particolare il murales di 55 mq del pittore Arturo García Bustos “La Universidad en el umbral del siglo XXI”, che ritrae scene che attestano l’influenza dell’università sul Paese, raffigurando personaggi ed eventi storici noti. Questa stazione è uno dei principali accessi, se non il principale accesso, alla Ciudad Universitari e, infatti, i suoi fruitori sono principalmente gli “abitanti virtuali” di C.U. che ogni giorno muovono dalla città verso il Campus de la UNAM. La metro Universidad ha registrato un affluenza media giornaliere durante la settimana di ben 85.42437 persone. All'interno e in prossimità di questo polo intermodale è possibile trovare una quantità enorme di commercio informale fatta di bancarelle, fisse o meno, e di venditori ambulanti che fanno a gara urlando il prezzo più vantaggioso. Ne scaturisce caos non soltanto visivo, ma anche di suoni che si sovrappongono l'uno all'altro. A ciò si aggiunge la scarsa disponibilità di sosta per microbus e taxi nelle zone adiacenti alla metro Ciudad Universitaria. Nonostante tutto ciò, questa fermata della metropolitana rimane 37

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Ibidem


un'importantissima polarità non soltanto per il margine orientale della C.U,. ma anche per la città. Altra polarità dell’area, anche se, ovviamente, meno frequentata rispetto alle due stazioni metropolitane, è la Cantera, riserva ecologica che ancora oggi conserva un ecosistema autoctono, in cui possiamo ritrovare la vegetazione tipica del Pedregal. Essa racchiude in sé una serie numerosa di specie vegetali e animali. Questa proprietà, dalle caratteristiche singolari, immersa nel tessuto di Città del Messico, fu sfruttata per anni come cava per l’estrazione della roccia vulcanica, ideale per la produzione di asfalto per la città.38 Nell’aprile 1970 fu concesso, da parte dell’UNAM, alle autorità della capitale messicana l’utilizzo di questa area e cominciò, così, l’estrazione di roccia lavica che nel corso dei 25 anni di attività, finì per generare uno scavo con dislivello di circa 20 metri rispetto al piano di campagna. Attualmente, la Cantera è un parco di quartiere, anche se tale scavo le dette la conformazione tipica di un canyon. Come conseguenza di questa fase, si generò una condizione molto particolare: da un lato fu portato alla luce il suolo antecedente l'eruzione del vulcano Xitle risalente a 3 milioni di anni fa ricco di minerali e attualmente utilizzato per studi 38 I.Graf Noriega, Tesis: Centro para el Ocio, Borde Oriental de Ciudad Universitaria, UNAM,Mexico, 2004

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dal punto di vista “edafologico”; dall’altra parte si sono formati tre grandi bacini, che hanno favorito la nascita di un ecosistema del tutto singolare, con la fauna e la flora proprie della Valle del Messico inserite in un contesto lacustre. Perciò, la Cantera è, attualmente, un caso a parte in termini di conformazione del paesaggio. Non soltanto vi si trova il carattere di riserva ecologica federale, protetta da un imponente muro di pietra, ma vi sono anche bacini d'acqua e vegetazione incontaminata. Ciò è stato sufficiente a dare inizio alla battaglia legale tra la popolazione di Santo Domingo e l’UNAM per il possesso della zona, prima che quest’ultima la occupasse basandosi su un editto del 1994. Al momento, all'interno di questa riserva si collocano il Centro de Desarrollo Comunitario di Santo Domingo, il Parque Ecologico Experimental e una zona sportiva propria dell'Università Nazionale Autonoma de Mexico.

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Sopra: vista su La Cantera


4.4_ La strada come spazio pubblico

Uno degli aspetti che più differenziano il tessuto della Ciudad Universitaria dai tessuti dei quartieri residenziali limitrofi è la densità. Seguendo i principi della Carta d’Atene, che aveva come obiettivo quello di fornire all’uomo uno spazio con un’alta qualità della vita, all’interno del Campus gli edifici sono stati disseminati tra grandi aree verdi, utilizzate in diversa maniera, ma tutte destinate a suolo pubblico. Al contrario, i quartieri al di fuori del bordo orientale sono sorti nel corso di pochi anni in maniera del tutto spontanea ed informale, senza un piano precedentemente progettato che destinasse parte della superficie a spazio pubblico, che fosse area verde o piazza pavimentata. Così sono nati e si sono sviluppati questi quartieri, che hanno cercato di fornire un’abitazione al più alto numero possibile di abitanti. La superficie è stata totalmente occupata dagli edifici e gli unici spazi pubblici sono rimaste le strade. Il Campus, dalla sua nascita ad oggi, è sempre stato considerato un enorme polmone verde per la città, poiché le sue aree pubbliche non sono ad uso esclusivo 246


di studenti e professori, ma possono essere utilizzate anche da tutta la popolazione. Molto spesso, quindi, i residenti dei quartieri di Copilco Universidad, Copilco Alto e Santo Domingo attraversano gli accessi nel muro o l’edificio ponte della metro Universidad solo per poter godere dell’aria aperta e delle distese verdi del Campus. Capita anche, però, che i residenti di questi quartieri vogliano praticare le attività, che solitamente si praticano in ampi spazi pubblici, all’interno del loro quartiere, e allora non resta che la strada ad ospitarli. Proprio la strada è diventata il loro luogo di aggregazione e di socialità, il loro spazio pubblico, ed essa viene utilizzata per le attività più disparate che, in molti casi, impediscono o limitano il reale utilizzo della carreggiata da parte degli automobilisti. Anche gli stessi pedoni, in realtà, non vedono rispettati i loro diritti, perché ai lati di quasi tutte le strade non sono presenti i marciapiedi e, dove presenti, sono spesso di larghezza irrisoria. Ecco allora che i pedoni sono costretti a camminare per strada, riducendo così la sicurezza della circolazione stradale. Un esempio molto chiaro di questa 247


Creazione informale di uno spazio pubblico di svago nella colonia di St. Domingo

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problematica si può riscontrare nella via di Copilco Universidad parallela al Cto. Escolar. Questa via conduce dagli accessi pedonali del Campus alla stazione di Metro Copilco ed è quotidianamente invasa da un flusso di studenti in ingresso e in uscita dal Campus: le auto si devono adattare alla loro presenza. Questo grande flusso di pedoni, inoltre, ha richiamato in quest’area un gran numero di commercianti abusivi o informali, che hanno posizionato il loro banco di vendita proprio sulla strada, e hanno rallentato ancor più il transito delle auto. Nel quartiere di Copilco Alto la situazione è leggermente diversa, poiché quest’area residenziale non ha accessi diretti attraverso il muro alla C.U., ed è priva di un nodo attrattore, come invece è la stazione della metro per Copilco Universidad. I pedoni che occupano le strade di Copilco Alto sono i residenti del quartiere, non solo ragazzi che frequentano l’università, ma anche bambini, giovani, anziani e famiglie. Le abitazioni sono letteralmente costruite una sull’altra, anche a ridosso del muro di confine con la C.U., e gli unici spazi ricreativi sono le strade. Qui si radunano bande di ragazzi, come se fossero al bar. Molti di loro non hanno un lavoro, hanno smesso di studiare e trascorrono le loro giornate per strada, rischiando di essere coinvolti in bande criminali. Il quartiere che più di tutti vive la strada come luogo pubblico è Santo Domingo. È un quartiere molto attivo e uno dei più densamente popolati di Città del Messico. Gli abitanti non hanno a disposizione alcuno 249


spazio pubblico, né una piazza, né un parco. Gli unici ambienti dedicati al commercio e alla socialità sono i grandi mercati che si trovano nella zona nord del quartiere. In quest’area così densamente popolata della città, la strada può diventare qualsiasi cosa e viene utilizzata per le attività più diverse. Durante la settimana molte strade sono “informalmente” chiuse per la presenza di mercati che vendono prevalentemente generi alimentari e oggettistica; soprattutto nei periodi estivi le strade meno trafficate vengono utilizzate dai bambini per giocare a calcio ed altri sport e le linee del campo da gioco vengono fisicamente tracciate con vernice bianca sullo scuro asfalto, trasformandolo in un campo sportivo improvvisato. La stessa associazione di quartiere organizza feste per i bambini e manifestazioni per le strade, improvvisando una discoteca all’aperto o comizi agli angoli delle vie. Recentemente, le strade di questo quartiere sono state invase da cortei di abitanti che protestavano per ottenere l’acqua potabile, che non sempre arriva nelle loro abitazioni. Nelle notti d’estate, infine, il quartiere si anima e le strade si trasformano per ospitare palchi per concerti e feste. Gli abitanti ormai vivono questa condizione in maniera del tutto naturale, ma la sicurezza di questa realtà e la qualità di vita degli abitanti può essere migliorata, concedendo loro degli spazi adibiti alla socialità, dove semplicemente i bambini possano giocare tranquilli e i ragazzi possano incontrarsi per trascorrere i pomeriggi. 250


Creazione informale di un mercato in strada

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PROGETTO



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C.U.cire il margine sottotitolo 5.1_Da spazio di confine a confine come spazio 5.2_Fruizione del margine 5.3_Integrazione della mobilitĂ 5.4_ Dotazione di spazi pubblici


5.1_ Da spazio di confine a confine come spazio

L’obiettivo di questa tesi è la trasformazione di uno spazio, la realizzazione di un nuovo tipo di confine, attraverso macro e micro interventi di rigenerazione urbana. Il confine che si intende trasformare non è univoco, ma presenta diverse specificità, che verranno trattate con modalità differenti, al fine di raggiungere un medesimo risultato. Il nuovo confine che si intende realizzare non è una linea netta, che divida l’interno dall’esterno, ma uno spazio ulteriore, interstiziale tra la Ciudad Universitaria e i quartieri di Città del Messico, un’area utilizzabile sia dagli studenti che dai residenti, dotata di una propria identità. Il problema più grave di quest’area, infatti, è la sua mancanza di identità: è una lingua di terra schiacciata tra due entità molto forti, come il Campus e i quartieri informali, e per questo non si è mai imposta con un proprio carattere, ma si è sempre nascosta nel mezzo, una terra di nessuno rifiutata da entrambi gli schieramenti, un insieme di spazi residuali non sfruttati e non apprezzati a dovere, un terreno da attraversare per raggiungere altro. L’obiettivo è quello di far guadagnare a questi spazi una propria 258


dignità e diventare quindi aree vissute, non solamente attraversate. Il confine del margine orientale della C.U. si presenta sotto due forme diverse: la zona del muro, nella parte settentrionale, con i suoi accessi pedonali e il suo rapporto con i quartieri di Copilco, e la zona di frontiera più sfrangiata della stazione della metropolitana, dove la linea netta di confine si perde e l’area di Delfin Madrigal diventa un enorme confine da oltrepassare per raggiungere il quartiere di Santo Domingo. Lungo il muro sono proposti degli interventi di agopuntura urbana, utili per la riattivazione della frontiera, vengono aperti dei nuovi accessi, posizionate nuove funzioni in corrispondenza del muro e viene ripensato il sistema della mobilità interna ed esterna, perché questo possa trovare sulla linea di confine un punto di incontro per possibili nodi di interscambio. Le aree in corrispondenza degli accessi nuovi ed esistenti vengono ripensate come spazio pubblico di qualità diffusa, ad utilizzo degli avventori del Campus e dei residenti. Nella zone di frontiera della stazione metropolitana la situazione attuale è molto 259


differente: la linea di confine non è un alto muro di pietra che non permette la visione e l’accesso, ma una strada ad alto scorrimento. L’edificio stesso della metro diventa un ponte per superare questa barriera e raggiungere il Campus. Questo edificio, però, sembra pensato veramente solo come una passerella, utile per superare l’arteria di traffico e per raggiungere i binari della metro. Nel progetto questo edificio è pensato per diventare uno spazio integrato con gli ampi spazi pubblici già esistenti all’interno del Campus, può restare aperto e praticabile anche dopo la mezzanotte, risultando esso stesso uno spazio pubblico per la comunità. Ecco allora che obiettivo di questo progetto è quello di creare spazi di qualità diffusa per la comunità, che presentino una continuità di percorsi ciclabili e pedonali, aree pubbliche pavimentate dedicate al ristoro e al relax, aree verdi ombreggiate per il gioco dei bambini, percorsi adeguatamente illuminati e percorribili in sicurezza anche nelle ore serali. Il nuovo confine è uno spazio di scambio e di relazione, non un luogo di separazione e limitazioni. Questo obiettivo verrà realizzato lavorando principalmente su tre aspetti: - aumentando la fruizione del margine; - intervenendo sulla mobilità interna ed esterna al Campus; creando spazi che favoriscano l’aggregazione comunitaria. La sfida del progetto è riuscire a raggiungere questi obiettivi mantenendo inalterata l’autonomia e l’indipendenza del Campus. 260


L’apertura di nuovi accessi, la fruizione dell’edificio della metro anche nelle ore notturne, l’inserimento di nuove funzioni e nuovi servizi sull’asse del muro non devono in alcun modo rendere permeabile questo confine negli orari extrascolastici del Campus, ma lo devono rendere un margine condiviso durante gli orari diurni. Come dice Piero Zanini nel suo libro “Significati del confine”, “Rompere i confini non implica necessariamente la cancellazione delle frontiere”. Nel nostro caso la frontiera della città nella città resterà evidente e chiara a tutti, ma col nostro progetto infrangeremo quel confine che oggi molto divide e poco mette in contatto le due sfere che su esso si affacciano.

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5.2_ Fruizione del margine

Uno degli obiettivi principali della strategia di progetto è quello di aumentare la fruizione del margine, a favore sia degli abitanti dei quartieri popolari al confine con esso, che degli utilizzatori della Ciudad Universitaria. Il margine di oggi è uno spazio attraversato per raggiungere l’Università o per andare verso l’area residenziale. Solamente in un punto, a nord della stazione metropolitana di Metro Universidad, gli spazi residuali tra le carreggiate di Av. Delfin Madrigal sono stati riconvertiti in spazio pubblico, ospitando un parco giochi per bambini e dei campetti da calcio. Per il resto, i quasi 2 Km di margine orientale sono vissuti dalla popolazione come un muro da attraversare, una limitazione all’espansione dei loro quartieri, un margine che riconosce la netta differenza tra lo spazio della cultura dell’Università e l’area dell’informale dei loro quartieri. Aumentare la fruizione del margine significa trasformare questo spazio, per concedergli una connotazione positiva, perché studenti e residenti lo vogliano vivere, vogliano cioè trascorrere del tempo in questo luogo, perché ha delle caratteristiche altre rispetto 262


a quello che già si può trovare nella C.U. e nei quartieri. Questo è reso possibile grazie a quattro macro azioni: aumentando il numero degli accessi, creando uno spazio pubblico che si snodi lungo il confine, attrezzando il margine con poli attrattivi e servizi e, infine, migliorando la visibilità e la sicurezza degli accessi. Aumentare il numero degli accessi è un’azione che va a vantaggio sia dei residenti che degli studenti. Gli accessi esclusivamente pedonali in questa zona al momento sono solo quattro e rischiano di diventare degli imbuti, perché il flusso che giornalmente li attraversa è molto consistente. Nuovi accessi, soprattutto nell’area a confine con Copilco Alto, dove al momento non ne sono presenti, possono dare sfogo alla Ciudad Universitaria, possono aumentare le possibilità di interazione tra l’interno e l’esterno e contemporaneamente possono aumentare le occasioni di scambio. Un aspetto molto interessante, infatti, del rapporto tra le aree interne ed esterne al confine è osservare come la C.U. sia 263


indispensabile ai quartieri residenziali adiacenti, e come gli stessi quartieri siano indispensabili per la vita del Campus: essi non possono restare indifferenti gli uni agli altri. La Ciudad Universitaria, infatti, viene costantemente utilizzata dai residenti dei quartieri limitrofi, ma anche dagli abitanti di Città del Messico che raggiungono l’area meridionale della città soprattutto grazie al trasporto pubblico della metropolitana, come grande spazio pubblico, come area verde a servizio della comunità. A loro volta i quartieri esterni sono utilizzati da studenti e docenti perché in molti casi ospitano servizi che non trovano spazio all’interno del Campus. Ecco allora che il margine diventa un luogo fondamentale di contatto tra questi due mondi, e aumentare la sua permeabilità diventa un obbligo se si vogliono incrementare e rafforzare le relazioni tra l’interno e l’esterno. La seconda azione prevede la creazione di uno spazio pubblico pedonale e ciclabile che si snodi lungo il confine. Il nuovo margine che si vuole creare non è più un muro da attraversare oltrepassando dei singoli accessi, non è un elemento bidimensionale da vivere in senso trasversale, ma diventa una fascia di terreno da vivere anche parallelamente al confine stesso. Se attualmente i pedoni sono costretti a camminare per la strada, grazie a questa azione essi avranno a disposizione degli spazi dedicati, che non si limiteranno ad essere dei semplici marciapiedi, ma si arricchiranno di aree di sosta, pavimentate 264


o aree verdi ombreggiate. Questa area pedonale andrà ad integrarsi, al di là del muro, con le aree pedonali del Paseo de la Salmonela, formando insieme un’unica area pedonale, destinata a studenti e residenti, in una continua relazione tra l’interno e l’esterno. La creazione di una pista ciclabile lungo il confine della C.U., inoltre, andrà ad implementare quel servizio ciclabile che già esiste nel Campus. Questo percorso ciclabile sarà continuo lungo tutto il margine orientale e si integrerà con i percorsi già esistenti che si snodano attorno alla Isla e negli spazi verdi tra le facoltà. Il confine, inoltre, verrà attrezzato con poli attrattivi e servizi che possano essere di pubblica utilità per studenti e residenti, come delle caffetterie, delle aule studio o 265


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delle aree sportive. Questi servizi verranno posti esattamente sulla linea di confine e potranno essere usufruiti in contemporanea dall’interno o dall’esterno del Campus negli orari settimanali diurni e in modo indipendente dagli utilizzatori esterni negli orari serali e durante i fine settimana. Il nuovo edificio della metro, inoltre, diventerà esso stesso un polo attrattivo dotato di nuovi servizi a disposizione della popolazione; sarà un edificio, posto sul confine, che contemporaneamente supera e rivitalizza il confine stesso, offrendo agli abitanti nuove aree di incontro e scambio. Gli accessi verranno resi più evidenti e visibili attraverso l’utilizzo di totem, elementi di elevata altezza che a colpo d’occhio indicheranno la presenza di un ingresso al (uscita dal) Campus. Questi elementi concorreranno ad attribuire un’identità nuova al margine. Gli stessi accessi, inoltre, verranno resi più sicuri attraverso una nuova illuminazione a terra e nuovi attraversamenti pedonali e ciclabili. L’intero margine ne risulterà valorizzato e rivitalizzato e sarà a servizio tanto del Campus quanto dei quartieri limitrofi, grazie ad un nuovo sistema di spazi che metterà al centro la persona, come era negli obiettivi originari della Ciudad Universitaria.

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5.3_ Integrazione della mobilità

L’obiettivo principale del progetto è quello di cucire il margine tra la Ciudad Universitaria e la città e, come afferma Peter Krieger39, per fare ciò è necessario un ripensamento del sistema della mobilità.

Such a call to creativity in environmental architectural design includes the revision of established mobility modes - mental and practical especially the omnipresent fixation on private automobile.

Per poter rivitalizzare, anche in piccola parte, il confine di Ciudad Universitaria appare indispensabile procedere con un 39 P. Krieger, Ciudad Universitaria at the limit in S. Lizàrraga Sanchez e C. Lopez Uribe (a cura di), Living CU. 60 years. Ciudad Universitaria UNAM 1954-2014, UNAM, Mexico, 2014, p.270

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potenziamento dei percorsi ciclo-pedonali, a discapito di quelli carrabili che, ormai, hanno preso il sopravvento all’interno del Campus. Per questo motivo proponiamo di favorire la mobilità pubblica e lenta, garantendo la fruizione esclusiva del cosiddetto Circuito Interior de Investigaciòn Cientìfica al solo trasporto pubblico, Pumabus e taxi e alle auto con permesso di transito. Si propone, quindi, un sistema intermodale su due livelli differenti: uno a scala macro, che consiste nella collocazione di parcheggi multi-piano in punti strategici e uno a scala micro, che prevede la concentrazione in prossimità degli accessi alla C.U. di postazioni bike sharing, percorsi pedonali e ciclabili e fermate dei bus, sia del sistema interno universitario, che di quello esterno urbano. Un sistema di macro-nodi intermodali Verranno posti all’inizio e alla fine del Circuito Interior de Investigaciòn Cientìfica due parcheggi multi-piano di interscambio modale in cui i fruitori di questa zona possano lasciare la propria auto e proseguire con i bus interni a C.U. o con la bicicletta. In prossimità di questi futuri nodi intermodali si troveranno anche le fermate dei Pumabus e le postazioni di bike sharing. Per garantire il funzionamento di questo sistema si prevede l’aumento del numero delle fermate dei Pumabus, una fermata ogni 300-400 metri, e della frequenza di transito dei bus, per accorciare notevolmente i tempi di attesa che attualmente superano i venti minuti. Diminuendo il traffico carrabile di questo Circuito sarà possibile ridurre la sua sezione 270


stradale, ricavando cosÏ lo spazio sufficiente per i percorsi ciclabili e pedonali lungo il muro e per attrezzare quest’ultimo con panchine, aree ombreggiate, rastrelliere, pensiline in corrispondenza delle fermate dei Pumabus e aree verdi. In dettaglio il numero di corsie verrà ridotto dalle attuali tre a due per ogni senso di marcia, una per la fermata e una 271


per lo scorrimento. A questo intervento va, sicuramente, affiancato il potenziamento di tutta quella che è la mobilità lenta e, quindi, di percorsi pedonali e ciclabili che “irrorino” come capillari non soltanto il margine, ma anche le aree ad esso limitrofe. L’obiettivo è quello di raggiungere una permeabilità e una fruizione dello spazio di confine maggiore possibile. Altro aspetto è la presenza più diffusa di postazioni di bike sharing e di illuminazione lungo il muro e in corrispondenza di tutti i percorsi ciclopedonali. Una serie di micro-polarità modali In secondo luogo, sempre riferito alla linea strategica di integrazione della mobilità, il progetto prevede la creazione di micro nodi di interscambio lungo il margine in prossimità dei nuovi accessi. Per fare ciò si propone di deviare leggermente il percorso dei microbus, mezzi di trasporto esterni al Campus, che attraversano i quartieri di Copilco Universidad e Copilco El Alto e collegano la stazione della metro Copilco con il quartiere di Santo Domingo e la stazione della metro Universidad. Lo scopo principale di questo intervento è avvicinare il più possibile al muro di confine le fermate di entrambi i sistemi di autobus interni ed esterni alla C.U., dei micro poli intermodali. Oltre alle macro polarità delle due stazioni metropolitane, lungo tutto il margine orientale si verranno a creare delle micro polarità in prossimità di ogni accesso con servizi e attrezzature, al fine di creare uno spazio di confine che abbia una migliore 272


qualitĂ architettonico-urbana e che sia fruibile sia dalla popolazione virtuale di Ciudad universitaria che dagli abitanti dei quartieri che la circondano.

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5.4_ Dotazione di spazi pubblici

All’interno della strategia di progetto per rivitalizzare e ricucire il margine tra C.U. e Città del Messico la terza linea strategica prposta riguarda la creazione di spazi pubblici lungo il confine. Le azioni progettuali si possono dividere in due differenti tipologie di interventi a scale completamente diverse. Da una parte, verso il muro di confine si tratta di microinterventi puntuali specifici che messi a sistema attraverso percorsi e relazioni possano innescare un riverbero positivo sia nell’intera fascia del margine, che nei quartieri vicini. Dall’altra parte, invece, nella zona della stazione metropolitana Universidad, le azioni consistono nella creazione di un macro-sistema integrato di spazi pubblici che ha come scopo principale quello di connettere tante aree, attualmente frammentate e slegate tra loro.

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Micro urbanistica puntuale La volontà di supportare il disordine sociale positivo e le singolarità delle diverse trame come elementi di valore e identità, oltre alla necessità che questi fenomeni generino dinamiche di riattivazione e riappropriazione del margine, ha portato a preferire alle grandi azioni dell’urbanistica tradizionale, riscontrabili anche negli interventi della zona della stazione Universidad, delle azioni di portata più contenuta, ma altrettanto mirate. Come primo punto, si procederà a rivitalizzare e a creare una rete di aree in disuso e vuoti urbani che verranno riconvertiti in luoghi di aggregazione e socialità. Per raggiungere tale obbiettivo la proposta è quella di trasformare alcuni dei parcheggi, non più necessari data l’esclusività del C.to Interior de Invesigaciòn Cientìfica alla mobilità pubblica, in spazi pubblici di pertinenza delle singole facoltà, aree verdi o pavimentate, spazi di sosta e relax per la popolazione virtuale del Campus. Inoltre, in tutte le aree abbandonate - con costruzioni pericolanti o ricavate dalla, precedentemente citata, 275


riduzione della sezione stradale e localizzate nelle vicinanze del margine - saranno creati degli spazi pubblici fruibili sia dagli studenti che dagli abitanti dei quartieri circostanti. Con ciò non si intende solo la creazione di spazi all’aperto, ma anche la dotazione di “box bilaterali”, cioè posti a cavallo del muro e quindi accessibili sia da C.U. che dai quartieri limitrofi e che funzionano come un’entità unica e permettono il passaggio negli orari di apertura dell’UNAM, mentre come appaiono come due edifici del tutto separati (di cui quello verso il Campus chiuso, mentre quello verso i quartieri aperto e funzionante) negli orari notturni e durante i week-end. Inoltre, in corrispondenza dei nuovi accessi, specialmente lungo il margine di Copilco El Alto, le porzioni di strada che al momento sono vicoli ciechi saranno riconvertite in zone pedonali con sedute e spazi pubblici attrezzati per gli abitanti del quartiere stesso.

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Un macro-sistema integrato di spazi Totalmente diverso risulta essere l’approccio utilizzato per l’area attorno alla stazione della metro Universidad. In questo caso si utilizza il mezzo dello spazio pedonale continuo per operare sulla diffusa frammentazione, sulle relazioni tra parti eterogenee a diverse scale, su diverse entità, quali la metro, le banchine degli autobus, lo stazionamento dei taxi, le aree verdi, e attraverso uno spazio fluido omogeneo si propone di metterle in connessione e dare loro un’unità visiva oltre che fisica. Si tratta certamente di un intervento mirato a dare un nuovo volto alla polarità della metropolitana, principale porta orientale della Ciudad Universitaria. Una nuova rete di spazi pubblici a destinazione sportiva, di relax, commerciale o sociale non solo per la popolazione virtuale di C.U., ma anche per gli abitanti del quartiere Santo Domingo. Il progetto consiste “nell’appoggiare” sopra l’edificio ponte esistente della metro una maglia di percorsi caratterizzati da zone di sosta, zone per il commercio informale e zone di servizio per i viaggiatori da e per la Ciudad Universitaria, che attraversando l’intera sezione stradale ne permette il passaggio da un lato all’altro. Tale spazio fluido va a collegare il polo sportivo, il centro di quartiere e il mercato dalla parte di Santo Domingo con la distesa verde e il supermercato Tienda UNAM presente dalla parte di C.U. con la zona dei campetti e del parco giochi sorta nello spazio interstiziale tra le due carreggiate di Delfin Madrigal. 278


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Altro elemento importante di questo macro-sistema di spazi integrati sta nel riconoscere l’impossibilità per un quartiere di alta “marginalidad” (ceto basso) di provvedere alla manutenzione e gestione di spazi verdi trattati a prato inglese, o che comunque necessitino di una costante cura e irrigazione. Se a ciò si aggiungono i problemi di siccità presenti a Città del Messico e di rifornimento dell’acqua tipici di questi quartieri autocostruiti, appare naturale la proposta di riproporre la vegetazione autoctona di queste aree, del Pedregal, costituita da specie vegetali quali cactus, agave, palo loco40, ecc. che necessitano di pochissima acqua e resistono molto bene all’alta esposizione al sole e al vento.

40 P. Camarena Berruecos, Xerojardineria. Guía para el diseño de los jardines de Ciudad Universitaria, REPSA UNAM, México, 2010

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Un sistema integrato di spazi sottotitolo

6.1_ La stazione metropolitana 6.2_ Un polo sportivo per tutti 6.3_ Rivivere la vegetazione del Pedregal


6.1_ La stazione metropolitana

La polarità della stazione di Metro Universidad è un elemento fondamentale per il funzionamento del Campus e per il trasporto pubblico della città. Questa fermata attira ogni giorno circa 80.000 utenti ed è un importantissimo collegamento tra il centro di Città del Messico e l’area meridionale della città, dove è localizzato il Campus. La maggior parte del flusso che utilizza questa stazione rappresenta studenti e docenti che trascorrono la giornata all’interno del Campus, ma un gran numero di utilizzatori sono anche quelli che, pur non studiando o lavorando al Campus, lo vivono come spazio pubblico. La stazione, oltre ad essere un importante nodo che collega due parti così distanti della città, è un nodo fondamentale che collega l’interno del Campus con l’esterno, con il quartiere di Santo Domingo. L’edificio è un enorme ponte, posizionato esattamente sopra il confine del Campus, rappresentato dalla Av. Delfin Madrigal, un’importante arteria di traffico. Le due passerelle, collegate dal corpo centrale, incanalano il flusso pedonale al suo interno e lo conducono o alle banchine della metropolitana, o all’estremità delle 284

Ambito della Metro Universidad


passerelle che scendono in un’area occupata dal commercio informale, al confine con Santo Domingo. Il nuovo edificio di progetto vuole essere effettivamente, e non solo morfologicamente, un edificio ponte. L’attuale edificio, infatti, si limita a collegare due parti che sono spazialmente separate dalla strada, ma concretamente non crea una fusione di spazi e funzioni, non integra le aree tra di loro, non si pone come spazio terzo con un’identità forte. Le uniche funzioni che offre sono quelle di trasporto pubblico e di passerella. Il nuovo edifico vuole essere tutto quello che l’esistente ancora non è: vuole trasformarsi in uno spazio pubblico di connessione tra le aree adiacenti, vuole richiamare a sé non solo il flusso di pedoni che desidera prendere la metropolitana, ma anche il flusso di pedoni e ciclisti che vogliono godere di uno spazio di aggregazione e di socialità. Per prima cosa si sono considerate le polarità esistenti attorno a quest’area, che sono state riconosciute nella stazione stessa della metro, nell’edificio BiciPuma (un enorme punto di bike sharing su due 285


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livelli), nei campi sportivi ubicati nell’area di risulta tra le carreggiate di Av. Delfin Madrigal e nell’area verde del Campus al di fuori della zona della ricerca, utilizzata come area di ristoro e relax, attrezzata con diversi percorsi, alberata ed ombreggiata in alcune zone, lasciata a prato in altre. Una volta riconosciute le polarità esistenti si sono andati ad individuare gli spazi che avrebbero potuto ospitare le nuove polarità, come l’area verde precedentemente descritta e l’area semi abbandonata destinata al deposito dei taxi inutilizzati. Quest’ultima è un’area enorme al confine con il quartiere di Santo Domingo e non è assolutamente sfruttata per il proprio potenziale. Analizzando i principali flussi pedonali e ciclabili esistenti e previsti per il futuro, si è venuta a delineare una forma tentacolare per il nuovo edificio, come una piattaforma che copre la metropolitana e l’arteria di traffico e con i suoi bracci collega alle principali polarità. Il corpo principale di questa nuova stazione è posizionato sopra le banchine della metropolitana ed è l’unica area coperta e chiusa del nuovo intervento. Esso si “appoggia” sui muri preesistenti della metro e racchiude al suo interno le funzioni principali, come la biglietteria, una zona ristoro, la sala d’attesa e i collegamenti verticali che conducono alle banchine. Dal corpo principale si espande una grande piattaforma che si modella in base ai flussi e presenta tre bracci principali: un braccio collega il corpo centrale al parco verde della Ciudad Universitaria e da un livello di circa 287


sei metri scende con rampe e gradinate, percorribili da ciclisti e pedoni, fino al livello della C.U.; il secondo braccio scende alla stessa maniera dal corpo centrale e arriva nel quartiere di Santo Domingo, all’interno dell’attuale parcheggio dei taxi, che sarà trasformato in spazio pubblico di quartiere; il terzo braccio si differenzia dagli altri perché si estende alla stessa quota del corpo centrale e si appoggia sugli attuali muri della metropolitana, coprendo i suoi binari fino a che questa non scende sotto la superficie del piano campagna. Quest’ultimo braccio diventa una passeggiata in quota, modellata per ospitare aree di relax, di sosta, aree verdi e spazi che si affacciano sui campetti sportivi e sul parco giochi esistenti di Delfin Madrigal. In aggiunta a questi tre bracci, la struttura si articola con altri due bracci ciclabili che collegano l’edificio del PumaBici al nuovo edificio ponte. La grande piattaforma tentacolare che si viene a creare non è lasciata intatta, a coprire le 14 corsie di marcia sottostanti, ma è modellata ed erosa, sempre seguendo la logica dei percorsi pedonali e ciclabili. Sulla sua superficie vengono infatti identificate delle zone che possono essere forate, così da far arrivare aria e luce agli ambienti sottostanti, delle zone che possono diventare aree verdi di relax e altre destinate al commercio. Questa grande varietà di spazi e funzioni crea un ambiente vario e in movimento, che non incanala il flusso forzatamente, ma lo lascia libero di muoversi nello spazio. Sulla piattaforma, 288

Nella pagina accanto: esploso delle funzioni della metro


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inoltre, vengono individuati dei punti per localizzare i collegamenti verticali che conducono da questa quota all’asse viario sottostante, dove sono presenti le fermate di taxi e autobus. L’edifico che si viene così a creare è un vero edificio ponte, che collega le diverse aree tra loro e diventa esso stesso un luogo pubblico per gli abitanti e gli studenti. L’edificio sarà fruibile tutti i giorni della settimana e a qualsiasi orario del giorno e della notte, non interferendo con gli orari di chiusura della C.U. e della stazione metropolitana: questo sarà possibile chiudendo il braccio che scende nell’area verde del Campus e il corpo centrale della biglietteria che conduce alle banchine della metro. Gli abitanti dei quartieri limitrofi potranno quindi godere di questi spazi anche nel weekend e l’edificio ponte potrà continuare a svolgere la sua funzione di spazio pubblico.

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Sopra: sezioni dell’edificio della metro Universidad Nella pagina accanto: masterplan dell’area di metro Universidad


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6.2_ Un polo sportivo per tutti

L’area a est della nuova stazione metropolitana, quella attualmente adibita a deposito di taxi fuori servizio, viene identificata come area di fondamentale importanza per il progetto. Essa si trova in una posizione molto appetibile, perché è direttamente in contatto con la stazione, al confine con la Ciudad Universitaria e con il quartiere di Santo Domingo. Quest’area può diventare lo spazio pubblico che il quartiere popolare oggi non possiede, può ospitare tutte quelle attività che oggi vengono svolte dai residenti per le strade. Essendo sul confine tra il Campus e la città, inoltre, può acquisire un valore aggiunto: essere, cioè, non solo un’area pubblica per Santo Domingo, ma un’area pubblica ad uso sia dei residenti che degli studenti, come anche di chi arriva qui grazie alla metropolitana. L’area verrà liberata da tutti i taxi ora presenti e verrà riqualificata, eliminando l’asfalto che ora la ricopre interamente. Verrà ripavimentata per ospitare funzioni sportive e di svago, e in parte verrà applicata la tecnica del depaving, per permettere un riutilizzo della vegetazione autoctona, 292


che crescendo su un terreno composto da scaglie di asfalto e zolle di terra, non avrà quasi bisogno di manutenzione. L’area di quasi 40.000 mq è stretta tra le abitazioni del quartiere di Santo Domingo e la Av. Delfin Madrigal, e proprio da questa si deve proteggere e schermare. Se vuole diventare, infatti, un’area pubblica e un nuovo polo sportivo, deve essere una zona protetta, e non direttamente in contatto con un’arteria di traffico così importante. Per questo motivo la parte occidentale dell’area viene rialzata con un terrapieno, e questo viene ricoperto con la tecnica del depaving, che collabora al miglioramento della qualità dell’aria; la vegetazione che qui crescerà aiuterà a schermare maggiormente dal rumore e dall’inquinamento della strada. Sul margine orientale dell’area, invece, il quartiere popolare viene integrato maggiormente a questo nuovo spazio tramite due nuovi accessi che vengono aperti. L’area ospiterà un nuovo centro sportivo, una nuova struttura adibita a centro di quartiere, un parco giochi per bambini, un’area dedicata al commercio, aree di relax 293


e svago e uno spazio dedicato a esposizioni, spettacoli o manifestazioni, il tutto in vista di una riappropriazione degli spazi da parte della comunità. In prossimità della rampa che conduce all’edificio ponte della stazione sarà posizionato il centro di quartiere, una struttura semplice nelle forme che ospiterà al suo interno sale polifunzionali per congressi o mostre, un’area di ristoro, e una zona dedicata agli spogliatoi per il nuovo polo sportivo. In posizione protetta, tra il centro di quartiere e le abitazioni del quartiere stesso, verrà localizzato un parco giochi per i bambini, che potranno giocare in ambienti pensati appositamente per loro, in un contesto sicuro e tranquillo, dove svolgere quelle attività per le quali oggi non trovano uno spazio adatto. Nella zona sottostante il centro di quartiere troveranno spazio i nuovi campi sportivi: un campo da calcetto, due campi da basket, due campi da bocce, due da pallavolo e un’area attrezzata a palestra all’aria aperta. Queste zone saranno pavimentate con una superficie adatta alla pratica dello sport e tra loro ci saranno dei minimi dislivelli che aiuteranno a definire le aree e dedicheranno degli spazi a tribune tra i campi. Nell’area più a sud, in corrispondenza dell’ultimo accesso che viene aperto verso il quartiere, troverà posto uno skate park, per rispondere alle esigenze di quei ragazzi che spesso si ritrovano a praticare questo sport nelle zone residuali di Av. Delfin Madrigal. Il grande terrapieno che viene realizzato per schermare dalla strada, inoltre, verrà 294


modellato per ospitare delle gradonate che fungeranno da tribune per i campi sportivi. Nell’area delle gradonate, infine, troveranno posto quattro podi, simili a dei palchetti, che potranno essere utilizzati all’occorrenza come zona di relax, ulteriori spalti per lo sport, aree dedicate all’esposizione o veri e propri palchi in occasione di spettacoli e manifestazioni. Un’ultima zona verrà attrezzata, a nord della rampa della metropolitana, per ospitare la funzione commerciale. Quest’area sarà delimitata da un piccolo dislivello che ne delimiterà l’estensione e al suo interno i commercianti informali potranno vendere la propria merce, senza interferire col flusso pedonale e ciclabile dell’area. Grazie a questi interventi l’area che ora è praticamente abbandonata verrà restituita alla popolazione e acquisterà una nuova identità. Tramite l’edificio ponte della metro, inoltre, verrà inserita in un sistema di spazi comuni e dialogherà con essi per offrire agli utenti uno spazio pubblico e di aggregazione sociale di qualità.

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6.2_ Rivivere la vegetazione del Pedregal

La Reserva Ecológica del Pedregal è un elemento fondamentale all’interno del Campus Universitario. Quest’ultimo si è insediato sui terreni lavici e rocciosi che ospitavano una grandissima ricchezza e varietà di flora e fauna. Solo nel 1983 è stato riconosciuto il suo immenso valore di biodiversità e l’area è diventata una zona protetta, che contava all’epoca 237,3 ettari di superficie. All’esterno del Campus è possibile riconoscere una zona simile alla Reserva, ovvero caratterizzata dalla stessa vegetazione: è la Cantera, la buffer zone della Reserva vera e propria. I quasi 140.000 mq di terreno che essa occupa sono ricchi di specie animali e vegetali e i suoi bacini d’acqua ospitano moltissime specie diverse di microalghe. Questo gioiello ambientale ed ecologico, situato in una conca del terreno che scende vertiginosamente di oltre 20 metri, è totalmente recintato e i suoi cancelli restano quasi sempre chiusi: per preservare le sue qualità e il suo valore non è aperta al pubblico. Gran parte della popolazione non è a conoscenza della grande ricchezza che si trova molto vicina al 296


proprio quartiere. Dal nuovo edificio della metropolitana, che sale ad una quota di circa 6 metri, sarà quindi possibile almeno osservare la Cantera dall’alto e riconoscere in essa un importante luogo di biodiversità. Questo però potrebbe non essere abbastanza, ecco perché la nuova struttura della stazione vuole fare rivivere e toccare con mano la vegetazione autoctona di queste zone. Sia nel terrapieno della zona sportiva, che sui bracci e sul corpo centrale del nuovo edificio, tramite la tecnica del depaving, verranno riportate e reimpiantate quelle specie che crescono naturalmente in queste zone: la vegetazione che non può essere vissuta all’interno della Cantera viene riproposta all’esterno. Le specie arboree più frequenti sono di bassi arbusti e piante grasse, che non necessitano di molta acqua e resistono a climi inclementi come quelli messicani, dalle stagioni di pioggia ai terribili mesi di siccità. Queste piante non hanno bisogno di alcun sistema di irrigazione e nemmeno di una gestione costante e sono adatte a quelle aree esterne alla C.U. dove le delegazioni non avrebbero le risorse per gestire la 297


manutenzione di vegetazione piÚ delicata. Le specie che il progetto intende riproporre nell’area sportiva e sul nuovo edificio appartengono alle diverse famiglie di felci, botrichio, pteridacee, polipodiacee e del genere delle selaginellacee. Oltre a queste, anche numerose specie di piante a fiore arbustive, come le amarantacee, le anacardiacee e le asteracee, ma anche le diverse specie di agavi e di orchidee che naturalmente crescono in questi luoghi. Tramite questo intervento del verde, non solo la popolazione torna a riappropriarsi dei luoghi di confine, ma anche la vegetazione.

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7

Attrezzare il margine

sottotitolo

7.1_I nuovi accessi 7.2_Elementi di acupuntura urbana 7.3_Uno spazio di qualitĂ diffusa


7.1_ Attrezzare il margine

Come già accennato nei capitoli precedenti, la strategia si impone come obiettivo quello di avviare una rigenerazione e cucitura del margine orientale della Ciudad Universitaria. Le azioni consistono in una serie the micro-interventi puntuali di agopuntura urbana. Prima di poter dare vita ad azioni atte a fornire spazi pubblici e attività che coinvolgano attivamente la comunità e inneschino una riappropriazione dei luoghi di confine tra il Campus e la città, risulta necessario prevedere l'aumento considerevole della permeabilità dello spazio di confine. Per questo motivo, sono stati aggiunti lungo il muro all’altezza del quartiere Copilco el Alto e Pedregal de Santo Domingo, cinque nuovi accessi alla C.U. Per quanto riguarda le connessioni tra il quartiere Copilco Universidad e la Ciudad Universitaria già esistenti, la strategia di progetto prevede un miglioramento della qualità urbana degli spazi, andando a fornire con interventi puntuali tutta una serie di attrezzature. In questa porzione di confine le possibilità di accesso al Campus sono notevoli. Infatti, attualmente, esistono quattro salidas 302

Ambito di Copilco Universidad


pedonali: 1_Calle comercio y admòn, 2_Centro Universitario Cultural, 3_Odontologìa, 4_ Medicina. Tutte queste uscite di C.U. confluiscono nel cosiddetto Paseo de la Salmonela, un percorso con funzioni principalmente commerciali collocato appena fuori dal confine della Ciudad Universitaria. Gli unici accessi carrabili di questa zona risultano essere quello da Avenida Universidad e quello antistante la facoltà di medicina, proveniente da via Cerro del Agua. Quest’ultimo, oltre a quello su Avenida de los Insurgentes Sur è uno dei principali accessi carrabili a tutta l’area delle facoltà e della ricerca. Nel settore del Campus confinante con i quartieri di Copilco Alto e Santo Domingo esistono solamente due accessi carrabili, uno in prossimità della facoltà di Ciencia Forense e l’altro della Tienda UNAM, ma ciò che più colpisce è la presenza di un’unica entrata pedonale, quella della stazione metropolitana Universidad. Alla 303


notevole permeabilità esistente nella parte settentrionale della C.U. contrasta una chiusura, quasi totale, del confine meridionale. E’ emblematico come in un tratto lungo circa 600 m tra Copilco Universidad e la C.U., in corrispondenza del Paseo de la Salmonela, ci siano ben 4 accessi, mentre più a sud la situazione di permeabilità risulta essere critica; infatti, in circa 1,4 km si trovano solamente due salidas e la sproporzione appare più che evidente. Per tale motivo la proposta di progetto è quella di migliorare la permeabilità di questo margine, andando a creare dei nuovi accessi pedonali in posizioni strategiche del confine. In realtà, vi sono poche possibilità di accesso a causa del fatto che quasi tutte le costruzioni al confine tra C.U. e Copilco El Alto sfruttano il muro di confine del Campus come parete portante e quindi aprire nuovi accessi risulta molto difficile. I soli punti strategici sono quelli ove si trovano dei vicoli ciechi che terminano contro il muro o dei vuoti interstiziali che possono essere riconvertiti in salidas della C.U. e in piccoli spazi pubblici di qualità, fruibili sia dagli abitanti del quartiere sia da quelli di C.U. Questi nuovi accessi, come del resto anche quelli già esistenti, chiuderanno nelle ore notturne e durante i week end, come la Ciudad Universitaria de la UNAM. Il primo accesso che si incontra provenendo da las Islas è l’accesso 5, che si trova in prossimità della facoltà di Psiquiatria e presenta sul lato di C.U. una vasta area verde, trattata a prato inglese, 304


Box tematici collocati a cavallo del muro

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mentre sul lato di Copilco El Alto si trova vicino all’Istitutos de las Mujeres del Distrito Federal, sezione di Coyoacan. Tale apertura sarebbe particolarmente vantaggiosa per questo istituto, in quanto potrebbe godere, nelle ore diurne, degli spazi aperti limitrofi. Proseguendo lungo il margine del C.to Interior de Investigacion Cientifica si trova la salita 6 di Anatomia Patologica che andrà a mettere in comunicazione l’area di pertinenza della facoltà sopra citata e del parcheggio intermodale multi-piano con il vuoto urbano interstiziale che è presente tra il muro e la Chiesa di San Alberto Magno in Copilco El Alto. L’accesso 7 di Veterinaria sorge sul sedime di una costruzione pericolante e degradata che verrà espropriata dalla delegazione di Coyoacan. Tale posizione è particolarmente favorevole perché permetterà di creare una delle fermate di interscambio tra mobilità interna al Campus e quella, sempre su gomma, esterna della città. In questo caso, infatti, il tragitto del microbus 45 passa esattamente lungo il margine. La salita 8, all’altezza della facoltà di zootecnica, consiste nell’apertura di un vicolo cieco già esistente. Anche in questo caso, si presenta l’opportunità per la creazione di micro polarità di interscambio tra i diversi sistemi di trasporto pubblico e di spazi pubblici di socialità e aggregazione. L’ultimo accesso pedonale proposto è quello in corrispondenza della Facultas de Odontologia, Division de Studios de Postgrado y Investigacion dalla parte della C.U. e di un altro vicolo cieco che si immette nella grande arteria di traffico a scorrimento 306


veloce, che è Delfin Madrigal. Ulteriore elemento positivo di questa salita sta nella sua vicinanza a uno dei pochi sovrapassaggi che permettono di oltrepassare le 6 corsie carrabili. Da qui proseguendo verso la metro Universidad si incontrano l’accesso carrabile della facoltà di Ciencia Forense che verrà riconvertito in accesso ciclo-pedonale, in quanto tutto il C.to Interior de Investigacion Cientifica da progetto sarà riservato alla mobilità pubblica e lenta. L’apertura di tutti questa accessi ciclo-pedonali ha come scopo principale quello di aumentare sia la permeabilità del margine che la fruizione dello stesso da parte della “popolazione virtuale” di Ciudad Universitaria e degli abitanti dei quartieri ad essa limitrofi, favorendo l’instaurarsi di una relazione di cooperazione tra le due parti.

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7.2_ Elementi di acupuntura urbana

Con il termine acupuntura urbana Jaine Lerner intende un nuovo modo di comprendere la rigenerazione urbana. Si tratta di una strategia basata su una serie di azioni sul tessuto urbano che hanno un impatto diretto sulle zone immediatamente circostanti ma che producono anche un effetto a larga scala, data la loro coordinazione. È un insieme di interventi strategici, sistematici e indipendenti il cui campo d’azione, come lo definisce Manuel de Solà-Morales è urban skin41, in italiano l’epidermide urbana. Esistono centinaia di interventi sullo spazio pubblico della città ma possono essere classificati in quattro differenti tipologie: parchi all'interno della città, piazze e giardini, parchi attrezzati e assi urbani 42. Parafrasando le parole 41 H.Casanova, J. Hernandez, Public Space Acupuncture, Actar Publishers; New york, 2014, pp.4-13 42 Joan Busquets, Barcelona: The Urban Evolution of a Compact City, Nicolodi Editore, Rovereto,2005

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di Richard Sennett, lo spazio pubblico morto non è altro che lo spazio dedicato alla circolazione di veicoli e persone. Egli afferma che tale spazio ha perso il suo carattere di luogo in cui sostare, conversare, trascorrere del tempo. Sennett sostiene che la “cancellazione di uno spazio pubblico vissuto” è conseguenza dell’idea ancora più perversa che lo spazio pubblico sia un’area da attraversare e non in cui sostare.43 La mancanza di spazio pubblico può, in alcuni casi, risultare una percezione generalizzata di sicurezza tra i cittadini, rendendoli diffidenti nei confronti di un luogo pubblico da loro considerato pericoloso. In altri casi, sebbene lo spazio pubblico venga ancora utilizzato, esso non rappresenta più uno spazio collettivo per condividere attività, per connettere e fare incontrare nuove persone. La tendenza attuale dello spazio pubblico è di perdere, progressivamente, la propria funzione pubblica e di disattivare, 43 R.Sennett, The Fall of Public Man, Knopf, New York, 1977 citato in H.Casanova, J. Hernandez, Public Space Acupuncture, Actar Publishers; New york, 2014, pp.10-13

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in parte, la capacità di socializzare proprio della città. Lo spazio pubblico come sede per la coabitazione contribuisce a insegnare ai cittadini a essere tolleranti e a creare una certa coesione sociale. Il sociologo Zygmunt Bauman difende il fondamentale ruolo giocato dallo spazio pubblico come regolatore delle relazioni sociali affermando: “Public places are the very spot where the future of urban life (and given that the growing majority of the planetary population is made up of urban dwellers, also the future of planetary cohabitation) is being at this very moment decided.” Per far rivivere lo spazio pubblico si è preferito utilizzare degli strumenti lontani 310


degli interventi a macro-scala tipici dell'urbanistica tradizionale. Il riferimento è alla cosiddetta agopuntura dello spazio pubblico, una serie di azioni indipendenti e catalizzatrici applicabili esclusivamente agli spazi pubblici e che possono essere realizzate in tempi brevi. Questi interventi sono in grado di creare un effetto positivo immediato nelle zone circostanti, ma essendo un sistema coordinato e integrato tra di loro hanno anche l’obiettivo di riattivare, rivitalizzare e rigenerare la vita urbana a più larga scala, per esempio di un intero quartiere. La metafora dell’agopuntura, come terapia urbana dello spazio pubblico, suggerisce l'utilizzo di soluzioni per stimolare o completare le già esistenti attività urbane, evitando così cambiamenti 311

Sopra: zoom degli accessi di Copilco Universidad


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drastici e traumatici. L'approccio è quello di minimizzare ogni azione lavorando sull'esistente e ideando nuovi modi per risolvere problemi che non necessariamente debbano essere interventi fisici permanenti sullo spazio pubblico, ma piuttosto una serie di interventi temporanei facilmente modificabili e rimovibili o persino azioni senza alcuna componente fisica. L'obiettivo principale del progetto è quello di creare degli spazi che assecondino i bisogni dei loro fruitori, studenti o abitanti dei quartieri vicini; aree intelligentemente non progettate, cioè che siano caratterizzate da una notevole flessibilità per potervi svolgere le più svariate attività e per consentire, con pochi minimi interventi futuri, di essere trasformate in spazi con caratteristiche diverse. L’agopuntura dello spazio pubblico è uno strumento utile specialmente in contesti di segregazione sociale e di recessione economica, in quanto si tratta di strategie temporanee e/o low cost, capaci di avere un impatto positivo sull'habitat urbano. L'obiettivo dell'intervento è quello di creare uno spazio pubblico vibrante, con una vita pubblica ricca e attiva che possa aiutare a prevenire la segregazione, a promuovere l'interazione tra cittadini e lo sviluppo di una coesione sociale. Proprio la sua rapidità, flessibilità e velocità nel produrre effetti sul contesto urbano e sociale garantisce la possibilità di correggere le azioni strategiche in corso d’opera, anche a seconda della risposta dei cittadini. Ogni strategia di agopuntura urbana consiste in una serie di azioni o interventi che possono 313


essere eseguiti indipendentemente, ma coordinati all'interno di una serie di linee guida che stabiliscono in modo preciso l’esatta collocazione nello spazio e nel tempo. Così facendo, tali interventi nel complesso possono avere un effetto positivo più ampio. Si tratta quindi di una procedura che deriva da un’approfondita analisi della realtà esistente e necessita di una grande sensibilità per l’individuazione dei metodi diagnostici utili per sanare le criticità rilevate. La città, come il corpo umano, possiede i propri meccanismi di difesa e le sue patologie non sono altro che una metafora del malfunzionamento urbano. “ The notion of restoring the vital sign of an ailing spot with a simple healing touch has everything to do with revitalizing not only that specific place but also the entire area that surrounds it”.44 Il progetto per ricucire il margine orientale della Ciudad Universitaria consiste proprio in un intervento di agopuntura urbana per lavorare sulla creazione di spazi pubblici di qualità per la popolazione virtuale del Campus e dei quartieri limitrofi. Come già abbondantemente spiegato nel paragrafo precedente, si intende aumentare la permeabilità del margine, introducendo cinque nuovi accessi all'altezza di Copilco 44 J.Lerner, Urban Acupuncture. Celebrating Pinpricks of Change that Enrich City Life, Island Press, Washington, 2014.

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El Alto, che si vanno ad aggiungere alle salidas esistenti. Totem Per aumentare la visibilità di tali accessi sono stati previsti dei totem alti circa 7 metri che possano segnalare la presenza dell’accesso anche da una distanza notevole. Tali elementi, costituiti da uno scatolare in corten, riporteranno il nome dell’accesso, così da poterlo identificare in modo univoco. In corrispondenza di ogni accesso si verranno a creare delle mini polarità urbane date dalla concentrazione in questi punti di postazioni per le biciclette, panchine e aree di sosta. Box tematici Nelle vicinanze degli accessi, poi, sono stati effettuati degli interventi di micro-cucitura tra la C.U. e il resto della città, ponendo dei box tematici che possano, con la loro presenza, contribuire in maniera significativa alla rivitalizzazione di questo spazio di confine. Si tratta di box posizionati a cavallo del muro, che durante le ore diurne funzionano come un edificio unico, e che, quindi, rafforzano la permeabilità del margine fornendo un ulteriore punto di attraversamento. Invece, durante le ore notturne o nei week end, quando l’università chiude, le due parti del box agiscono come due entità separate: quella del box sul versante del Campus resta chiusa, mentre quella verso i quartieri sarà fruibile da tutti. Le destinazioni di questi box sono aula studio, caffetteriabar e asilo per i bambini del quartiere e 315


per i figli di coloro che studiano o lavorano all’interno di C.U. Tali edifici sono concepiti come delle scatole con un rivestimento in corten e vetro; quest’ultimo leggermente arretrato per garantire lo sporto necessario all’ombreggiatura. Naturalmente nella parte di Copilco Universidad, essendovi un salto di quota di circa un metro e mezzo tra C.U. e il Paseo de la Salmonela, tali box saranno a loro volta caratterizzati da una differenza interna del piano di calpestio. Attrezzabilità del muro Altro intervento fondamentale del progetto consiste nell’attrezzare il muro di confine con sedute integrate in un sistema di spazi pavimentati, spazi verdi, percorsi ciclopedonali e accessi che, oltre a garantire ombreggiatura nelle ore più calde della giornata, crei uno spazio pubblico fluido, un percorso che si snoda lungo il margine orientale della Ciudad Universitaria e che abbia una certa qualità urbana e architettonica. Al muro verranno, inoltre, applicati cestini per i rifiuti, pensiline in prossimità delle fermate degli autobus interni ed esterni al Campus e verrà “scavato” per creare rastrelliere per le biciclette, in quanto ogni accesso risulta essere un punto di interscambio tra i diversi sistemi di mobilità dolce (ciclo-pedonale), carrabile interna ed esterna alla C.U. Sempre lungo questa fascia di spazio pubblico sarà disposto il sistema di illuminazione che consiste in una serie di spot a terra lungo i percorsi ciclo-pedonali, per garantire una fruizione di queste aree anche dopo il calar 316


del sole. In conclusione, il progetto mira a creare uno spazio attrezzato di qualità urbana che inneschi delle dinamiche di rigenerazione e rivitalizzazione del margine orientale di C.U. e che, come una serie di reazioni a catena, possa migliorare anche le condizioni dei quartieri circostanti la Ciudad Universitaria. Illuminazione L’intero percorso pedonale e ciclabile che si snoda lungo il muro di confine, al di qua e al di là dello stesso, verrà illuminato grazie a dei faretti posti a terra, che renderanno sicuro e percorribile il tragitto anche nelle ore serali e notturne.

Pensiline del trasporto pubblico In corrispondenza degli accessi, dove necessario, si creeranno delle fermate intermodali del sistema di mobilità pubblica interna, i Pumabus, e di quello di trasporto pubblico su gomma esterno, i microbus. Le fermate dei due sistemi di trasporto pubblico, interno ed esterno, si trovano al di qua e al di là del muro di confine, e saranno collegate visivamente e fisicamente da una pensilina in vetro e corten per accentuarne il diretto collegamento.

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7.3_ Uno spazio di qualità diffusa

Il progetto mira a creare uno spazio attrezzato di qualità urbana che inneschi delle dinamiche di rigenerazione e rivitalizzazione del margine orientale di C.U. e che, come una serie di reazioni a catena, possa migliorare anche le condizioni dei quartieri circostanti la Ciudad Universitaria. L’intenzione è quella di rafforzare, con microinterventi di acupuntura urbana, il senso di identità di quartiere, la fruizione degli spazi pubblici e quindi la coesione sociale, cercando di creare una interrelazione tra gli abitanti dei quartieri popolari e quelli “virtuali” del Campus de la UNAM. Il nuovo confine che si disegna ha delle qualità e delle caratteristiche ripetute che collaborano alla creazione di questi spazi: - l’ombreggiamento, così necessario in questo contesto, effettuato grazie alla presenza di alberi lungo il muro e di pensiline coperte agli accessi in corrispondenza delle fermate del trasporto pubblico - le aree di sosta, che si snodano lungo il percorso pedonale, sono aree attrezzate per il riposo o per differenti attività, con panchine, cestini per la raccolta differenziata, 322


porta biciclette a muro e altri elementi - l’attenzione verso la mobilità lenta a discapito di quella carrabile è fondamentale. Il margine diventa lo spazio del pedone e del ciclista, che possono godere di percorsi a loro dedicati continui e fluidi, senza interruzioni e correttamente illuminati affinché possano essere fruibili a qualsiasi ora del giorno. La sicurezza del pedone, inoltre, è garantita dai nuovi attraversamenti pedonali in corrispondenza degli accessi e delle fermate dei bus. - la presenza di spazi dedicati a diverse categorie di fruitori, che fanno di quest’area una zona pubblica destinata veramente a tutti, come i box bilaterali, che presentano delle funzioni ben precise, ma anche di spazi volutamente non progettati, lasciati alla libera iniziativa di ragazzi, bambini, adulti ed anziani, che hanno la possibilità di appropriarsi dello spazio seguendo le proprie inclinazioni.

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CONCLUSIONI

C.U.cire il margine è un progetto che si confronta con una realtà metropolitana, uno sviluppo urbanistico, economico e sociale e una cultura molto complessi. L’intervento vuole recuperare i principi cardine del progetto originario del Campus, senza snaturarlo, adattandoli e plasmandoli ad un contesto che si è profondamente modificato negli ultimi cinquant’anni, a causa della straordinaria espansione urbanistica di Città del Messico. L’Università mantiene la sua storica autonomia amministrativa, ma non può considerarsi indipendente dalla città metropolitana che si è spinta fino alle sue mura, e che in questo luogo di confine vive anche grazie alla sua stretta relazione col Campus. Gli interventi volti a cucire il margine orientale rigenerano uno spazio urbano che oggi non è adeguatamente valorizzato, e che tuttavia possiede grandi potenzialità se correttamente relazionato alle due entità urbane che su di esso si affacciano. La netta cesura del muro si traduce in un’area fluida di coesione, scambio e identità sociale, che lascia spazio e iniziativa alla libera espressione ed appropriazione da parte 326


di studenti, docenti, residenti dei quartieri popolari e più in generale di tutti coloro che a vario titolo utilizzano quotidianamente le strutture e gli spazi pubblici del Campus. Il disegno urbanistico di questo margine, semplice e leggero nei micro-interventi lungo il muro, incisivo e massiccio nell’intervento della stazione, desidera innescare una serie di dinamiche urbanosociali, al fine di migliorare la qualità di vita degli abitanti dei quartieri popolari, sviluppare l’economia locale e fornire funzioni di supporto storicamente non presenti all’interno dell’area universitaria.

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ALLEGATI

332


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C.U.CIRE IL MARGINE

la strategia di progetto

1

AUMENTARE LA FRUIZIONE DEL MARGINE

-Aumentare la permeabilità

-Attrezzare il muro con poli attrattivi e servizi

INTERVENTI aumentare il numero di accessi

5

6

inserire edifici bilaterali a cavallo del muro

attrezzare il muro con arredo urbano ( sedute, cestini per rifiuti, portabici,...)

-Migliorare la visibilità degli accessi

2

RIORGANIZZARE LA MOBILITA’

-Limitare l’uso di auto private a favore di mobilità lenta e pubblica

inserire un sistema di segnaletica (totem) che caratterizzi ogni accesso

riconvertire parte della sezione stradale in corsie preferenziali per il transito di bus e ricavare spazi per piste ciclabili e percorsi pedonali garantire la fruizione esclusiva dell’anello nella Zona de Investigacion per il trasporto pubblico Aumentare la frequenza e le fermate dei pumabus interni alla CU

P

Potenziare percorsi pedonali Potenziare percorsi ciclabili e fornire postazioni di bike sharing

Garantire illuminazione lungo il percorsi

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-Creare nodi intermodali tra differenti tipologie di mobilità

collocare in posizioni strategiche 2 parcheggi multipiano che fungano da interscambio tra i diversi sistemi di mobilità Collegare fermate “interscambio” tra mobilità interna ed esterna al campus

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CREARE UN SISTEMA DI SPAZI PUBBLICI TRA C.U. E QUARTIERII

-Riattivare e mettere a sistema i vuoti urbani/le aree in disuso

Creare spazi pubblici verdi o attrezzati per studenti e fruitori esterni riconvertire i parcheggi in spazi pubblici di pertinenza delle singole facoltà

-Rafforzare l’identità del luogo

legenda

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-attrezzabili

fornire una sede per le associazioni di quartiere presenti sul territorio

access

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access

spazio margi

Garantire nuovi spazi attrezzati per il commercio di strada

-Migliorare della qualità degli spazi

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Ripavimentare le aree degradate ( depaving)

Dotare spazi di arredo urbano e attrezzature

Recuperare il legame con la vegetazione autoctona ricavando delle aree dedicate a queste specie.

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Università degli Studi di Ferrara | Corso di Laurea Magistrale a ciclo unico | Tesi di Laurea | A.A. 2014/2015 | Relatori: R. Farinella, E. Dorato | Correlatore: G. Villalobos | Laureande: Francesca Fasiol, L


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-mobilitĂ fermate bus esistenti

itĂ del muro

fermate bus di progetto

si esistenti

bike sharing di progetto

si di progetto

Lisa Zanin

bike sharing esistenti P

o pubblico sul ine

parcheggi intermodali corsia privilegiata per mobilitĂ pubblica percorso pedonale da progetto percorso ciclabile esistente percorso ciclabile da progetto

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C.U.cire il margine | Un progetto per il nuovo confine orientale della Ciudad Universitaria a CittĂ del Messico

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RINGRAZIAMENTI

Grazie al Prof. Romeo Farinella per la disponibilità, il sostegno, e le critiche costruttive con cui ci ha seguito in questi mesi. Grazie a Elena Dorato per la costanza, la pazienza e la passione, per averci, con i suoi lucidi consigli, spronato e indirizzato verso il traguardo. Grazie a Gabriel Villalobos per averci aiutato durante il periodo a Città del Messico e per l’entusiasmo con cui,poi, ci ha seguiti anche da lontano. Grazie al responsabile INEGI Blas Alejandro Martinez Cruz per l’aiuto paziente fornitoci nella ricerca del materiale. Grazie a Sara,Elena, Angel, Omar, Prof. Ronan Bolaños, il dipartimento di Architettura de la UNAM e il Citer, e tutti coloro che hanno contribuito ad organizzare questo workshop sulla Ciudad Universitaria perchè è da lì che è iniziato tutto. Grazie a tutti i compagni di viaggio per essere stati i nostri fotografi ufficiali per il supporto morale e perché senza di voi non sarebbe stato lo stesso! Un particolare grazie a Veronica che con la sua reflex a bloccato istanti di Messico.

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Francesca Grazie ai miei genitori, per il sostegno costante e l’appoggio che giorno dopo giorno, durante questi cinque anni, mi hanno dato. Perché mi hanno insegnato ad affrontare gli ostacoli col giusto spirito e hanno creduto in me anche nei momenti più difficili. Grazie alla mamma, che non si arrende mai e cerca sempre dentro di me la gioia e il sorriso, perché mi ha trasmesso la grinta necessaria per affrontare ogni situazione. Grazie al papà, silenzioso e attento, perché con il suo esempio mi ha insegnato a dare il giusto peso alle cose. Grazie ad Anna, sorella e amica, perché anche senza tanti abbracci io so che c’è, sempre. Grazie alla mia grande e straordinaria famiglia, a zii, zie, cugini, cugine e nonne, perché ogni ritrovo con voi è una festa, e il vostro calore mi riscalda da anni. Grazie agli amici di Ferrara, a chi ha condiviso lunghe serate di festa o interminabili nottate di lavoro. Grazie a quelli dell’Ariosto e alla compagnia di Via del Campo, perché casa vostra è stata un po’ anche casa mia. Grazie a Eleonora, insostituibile compagna di viaggio e di avventure, perché quando si trova un’amicizia così è destinata a durare a lungo. Grazie a Lisa, perché ce l’abbiamo fatta, insieme. Grazie agli amici di casa, a quelli vicini e a quelli lontani, ma sempre presenti. Grazie al gruppo Scout, alla Ddg dei sabato mattina e alle pattu del giovedì sera, perché abbiamo imparato insieme che “un sorriso fa fare il doppio di strada di un brontolio”, e di Strada insieme ne abbiamo fatta parecchia, e molta ne faremo ancora. Grazie a Davide, per la pazienza e la fiducia riposta in ogni mia decisione, perché senza di lui, nulla sarebbe lo stesso. 357


Lisa Grazie alla mia famiglia perchè questa laurea è un pó anche loro. Grazie a mamy e papy per il supporto e la pazienza, per essermi stati affianco, in punta di piedi,con la discrezione che li distingue. Perchè sono due persone straordinarie e uniche e che mi hanno appoggiato in ogni momento anche quando procedevo a tentoni, aiutandomi a trovare la mia direzione. Senza di voi non so come avrei fatto. A Fiore, grazie per esser semplicemente la mia sister, per le docce fredde che spalancano gli occhi, per i tè della domenica e per avermi sempre spronata a non arrendermi mai, a smetterla di lagnarmi e andare avanti. Grazie alle mani grandi che afferrano le stelle, al sorriso ultimamente sgangherato e agli abbracci calorosi, ai libri di storia e al profumo di dopobarba. Grazie per avermi accompagnata quasi fino al traguardo, per essere sempre stato fiero di me, per aver assecondato la mia curiosità e per avermi regalato tanto. A Jack perchè abbiamo aggiunto un posto a tavola e ora, che c’è un amico in più, i weekend hanno un sapore diverso. A Paloma perchè a modo suo ha riempito la nostra casa. A Francesca per avermi traghettata fin qui, per avermi aiutato a rimettere assieme i cocci. A Giulia va un ringraziamento speciale. Grazie per essere un’amica leale e insostituibile, per essere stata al mio fianco fin dal primo giorno ad architettura. Grazie per la schiettezza e la sincerità, per le risate, l’allegria, la spensieratezza e perchè a un abbraccio non si rinuncia mai. Grazie perchè non importa se saremo ai poli opposti del mondo, so che avrò sempre un’amica! A Enrico grazie per le risate, per le chiacchiere e gli scoop e perchè mi hai insegnato che, ogni tanto, è giusto avere dei momenti lime, ma soprattutto per i sonnellini sul divano più comodo di Ferrara! Grazie a Paolina, perchè per me sarà sempre una delle Charlie’s angels! grazie perchè sei stata una dose di dolcezza e pacatezza, necessaria in questi 5 anni. 358


Ma soprattutto grazie a Fra per aver condiviso con me quest’avventura, perchè alla fine ce l’abbiamo fatta! Agli amici di università, a chi è di pedala e ai “freelance”, a chi ha condiviso nottate insonni, pause pranzo cortissime e lezioni estenuanti, a chi si è scoperto amico a chilometri di distanza, a chi ha cercato la propria strada altrove, a chi mi sta ancora vicino, a Ericuccia, Vero, Alice, Linda, Fede Vit, Rigo, Simone, Michi, Francesca, a quelle della biblio per aver condiviso questi mesi #nofilter e a tutti coloro che hanno reso la permanenza a Ferrara più divertete e meno pesante.

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