ttt
Francesca Addario
Claudia Sansò, Francesca Solaro, Antonella Spaduzzi
Il
lavoro presentato in questo libro racconta l’esperienza di tesi che le autrici hanno svolto a conclusione di un percorso di studi condiviso. L’occasione che questa pubblicazione ha rappresentato, a distanza di qualche anno dalla redazione del progetto, è stata di fondamentale valore per rivivere con rinnovata consapevolezza la ricerca svolta nell’ambito della riqualificazione dei quartieri d’autore della periferia napoletana, confermando quanto il valore degli edifici collettivi come “elementi primari” del tessuto urbano resti un principio imprescindibile per la configurazione delle nostre città.
EDIFICI COLLETTIVI
La riqualificazione dei quartieri di edilizia residenziale pubblica a Barra
Claudia Sansò, Francesca Solaro, Antonella Spaduzzi, condividono il percorso universitario presso il DIARC dove, nel 2013, si laureano con una tesi congiunta in Composizione Architettonica e Urbana sotto la guida di Federica Visconti e Renato Capozzi. Claudia Sansò è dottoranda in Composizione Architettonica e Urbana a Napoli. Francesca Solaro, Antonella Spaduzzi svolgono attività professionale in diversi ambiti della progettazione architettonica ed urbana.
31
Francesca Claudia Sansò, Addario Francesca Solaro, Antonella Spaduzzi
I quartieri di edilizia residenziale pubblica EDIFICI COLLETTIVI La riqualificazione dei quartieri di edilizia residenziale pubblica a Barra Il caso studio di Barra
I QUADERNI DI ARCHITETTURA 03
Direzione Scientifica Olimpia Niglio (Kyoto University, Japan) Federica Visconti (Università di Napoli “Federico II”) Comitato scientifico Michele Caja Politecnico di Milano
Ferruccio Canali Università di Firenze
Renato Capozzi Università di Napoli “Federico II”
Franco Defilippis Politecnico di Bari
Damiano Iacobone Politecnico di Milano
Giovanni Multari Università di Napoli “Federico II”
Sergio Russo Ermolli Università di Napoli “Federico II”
Michele Sbacchi Università di Palermo
Comitato editoriale Francesca Addario Università di Roma “La Sapienza”
Mirko Russo Università di Napoli “Federico II”
Claudia Sansò Università di Napoli “Federico II”
I QUADERNI DI EdA La Collana I Quaderni di EdA nasce per favorire un dialogo tra nuovi ambiti di ricerca dell’architettura che sempre più si stanno consolidando nei diversi ambienti culturali e differenti discipline: dalla conservazione, alla progettazione, dalla storia dell’architettura alla pianificazione urbana. La collana intende documentare progetti di conservazione e valorizzazione del patrimonio architettonico e paesaggistico, nonché di progettazione di nuove opere architettoniche e infrastrutturali che trasformano adeguatamente il territorio, con l’obiettivo di contribuire alla conoscenza e diffusione dei percorsi progettuali che gli ‘operatori del progetto’ quotidianamente affrontano per costruire un futuro migliore del nostro habitat. Dal 2016 la Collana, in affiancamento al progetto della rivista internazionale EdA presso Aracne Editrice, amplia il suo campo di interesse anche a quei lavori che vengono prodotti in ambito accademico, in particolare nelle occasioni che, per lo più al termine dei percorsi formativi degli studenti (tesi di laurea, workshop, corsi di tirocinio curriculare), costituiscono il momento finale di massimo avvicinamento al mondo reale della pratica del progetto che, come ormai è da più parti riconosciuto, può costituire, quando risponda a determinati requisiti, uno specifico prodotto scientifico di ricerca nel campo dell’architettura e delle trasformazioni urbane. I Quaderni di EdA – Collana editoriale internazionale con obbligo del Peer review (SSD A08 – Ingegneria Civile e Architettura), in ottemperanza alle direttive del Consiglio Universitario Nazionale (CUN), dell’Agenzia Nazionale del sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR) e della Valutazione Qualità della Ricerca (VQR). Peer Review per conto della Direzione o di un membro della Redazione e di un Esperto Esterno (clear peer review).
Claudia Sansò, Francesca Solaro, Antonella Spaduzzi
EDIFICI COLLETTIVI La riqualificazione dei quartieri di edilizia residenziale pubblica a Barra
Copyright © MMXVII ARACNE editrice int.le S.r.l. www.aracneeditrice.it info@aracneeditrice.it via Quarto Negroni, 15 00040 Ariccia (RM) (06) 93781065 isbn 978–XX–XXX–XXXX–X I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: xx 2017
Indice Saggi introduttivi Dimensione conforme e giusta misura per la costruzione della ‘Città Normale’ Federica Visconti
10
Architetture civili per la città aperta Renato Capozzi
12
Edilizia residenziale pubblica a Napoli Quartieri di edilizia pubblica a Napoli Claudia Sansò
16
Quartieri razionalisti a Napoli: il caso studio di Luigi Cosenza Francesca Solaro
22
Barra e il piano Cosenza Claudia Sansò
32
Un progetto per Barra Tre edifici collettivi per Barra Francesca Solaro
42
Il Centro Sportivo Francesca Solaro
52
La Moschea Claudia Sansò
68
La Stazione Antonella Spaduzzi
82
Bibliografia
100
Saggi introduttivi
Saggi introduttivi
Dimensione conforme e giusta misura per la costruzione della ‘Città Nomale A distanza di qualche anno dalla sua discussione, la tesi di laurea di Claudia Sansò, Francesca Solaro e Antonella Spaduzzi documentata in questo Quaderno, con alcuni ampliamenti relativi alla parte analitica e introduttiva, dimostra di aver individuato un approccio originale al tema della riqualificazione dei quartieri di Edilizia Residenziale Pubblica d’Autore che si è andato poi affermando anche in alcuni più ampi contesti, di ricerca e non solo. La recente Mostra Cantiere Periferie. Alla ricerca di una Città Normale, promossa e realizzata dalla Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo in collaborazione con l’Archivio Centrale dello Stato, e il Bando, in corso mentre questo testo va in stampa, Periferie 2017_ Concorso di idee per la riqualificazione di dieci aree urbane periferiche, promosso dalla stessa Direzione Generale del MiBACT con il Consiglio Nazionale degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, attestano, insieme all’elevato numero di ricerche e studi prodotti in ambito accademico e dai nostri enti territoriali, senza voler citare la cronaca o entrare nel merito dei ragionamenti su integrazione e interculturalità, di come finalmente la società contemporanea abbia individuato nella riqualificazione delle periferie urbane una delle sfide più importanti del nostro tempo. L’area di progetto sulla quale si sono cimentate Claudia Sansò, Francesca Solaro e Antonella Spaduzzi avrebbe potuto essere una delle aree da candidare al bando Periferie e il loro lavoro una risposta capace anche di indicare qualche linea10
Federica Visconti
guida generale di intervento per condizioni simili all’interno di una Città Normale, nella quale, nonostante la urbanizzazione incontrollata degli ultimi decenni, l’incuria e l’abbandono, è ancora possibile individuare una ‘dimensione conforme’ e una ‘giusta misura’. La dimensione conforme è quella dell’insieme di tre quartieri di edilizia residenziale pubblica d’autore, realizzati – anche se con alcune significative differenze rispetto al progetto originario dovute soprattutto al successivo intervento di INA-Casa – secondo il piano urbano generale di Luigi Cosenza, con Carlo Coen e Francesco Della Sala, per l’IACP nella periferia orientale di Napoli, a Barra. Uno dei tanti interventi di qualità, non solo architettonica ma anche urbana, con i quali i migliori architetti del razionalismo italiano, prima del ripiegamento del neorealismo, avevano sperimentato, nella costruzione della città a loro contemporanea, una idea urbana differente da quella della compatta città storica, fondata sulla apertura alla natura. La giusta misura è quella costruita attraverso la ripetizione della residenza e la relazione che questa stabilisce con alcuni edifici pubblici e/o collettivi ma soprattutto sulle proporzioni assunte dallo ‘spazio tra le cose’, stavolta prima della stagione utopica, ma spesso fallimentare, delle macrostrutture. La risposta progettuale riconosce i caratteri dell’insediamento individuabile, comunque e ancora, come unità morfologicamente definita, da un lato, e le esigenze di riqualificazione attuali, dall’altro, e propone una soluzione basata sul ridisegno dell’impianto urbano lungo l’asse centrale realizzata attraverso la ridefinizione del piano di appoggio degli edifici residenziali,
Saggi introduttivi
ora del tutto permeabile, accenna a possibili soluzioni di retrofit tipologico capaci anche di ‘correggere’ lo sfalsamento dell’asse nel Parco Azzurro di Carlo Cocchia e fissa, infine, due caposaldi alle due testate con la costruzione di altrettanti edifici collettivi cui si aggiunge il ridisegno della stazione della Circumvesuviana a nord. I tre interventi alla scala architettonica – un centro sportivo, una moschea e centro islamico e la citata nuova stazione, ampliata con attrezzature commerciali e servizi – hanno costituito un ulteriore e complesso campo di lavoro nel quale le autrici hanno dovuto continuamente muoversi all’interno della interpretazione del tema a differenti livelli. Lo hanno fatto con abilità e attitudine e il loro progetto si qualifica ulteriormente per essere stato anche un lavoro collettivo: e non perché si sia scelta una qualsivoglia comune adesione a una forma di linguaggio ma perché i tre progetti hanno tutti affrontato la scelta tipologica come scelta in grado di dare forma al tema e la questione del rapporto con la costruzione come l’elemento capace di dare al tema la sua riconoscibilità. Così il Centro Sportivo di Francesca Solaro utilizza il basamento massivo come elemento di raccordo con la irregolarità del lotto e vi sovrappone due aule, la piscina e la palestra, riconoscibili per la loro copertura tettonica. La Moschea con Centro Islamico di Claudia Sansò si affida al tema del recinto che diventa edificio verso
il nucleo storico di Barra riprendendo tuttavia le misure dei fabbricati residenziali del quartiere e, accanto al volume stereotomico dell’edificio di culto, mostra il telaio verso lo spazio interno del giardino, rappresentazione simbolica del paradiso. La nuova Stazione di Antonella Spaduzzi è un edificio che connette il quartiere a un nuovo parco dove prima la linea ferroviaria soltanto separava e lo fa attraverso tre edifici-ponte che si confrontano per misura e giacitura con le residenze del quartiere e ‘sorreggono’ la grande copertura a telai spaziali. Sul piano generale il lavoro di Claudia Sansò, Francesca Solaro e Antonella Spaduzzi credo abbia la forza di affermare, attraverso il progetto, due cose molto importanti. La prima è che le periferie, al di là della loro condizione topologica rispetto al ‘centro’, devono farsi città e questo può avvenire solo se esse diventano luoghi per l’abitare in cui, oltre alla residenza, siano presenti gli spazi e gli edifici della rappresentazione collettiva. La seconda è che, ancora e di nuovo, dobbiamo convincerci che è la qualità del progetto a dare prospettive concrete di riqualificazione alle nostre aree periferiche ed è solo attraverso i progetti che, come quello a sei mani documentato in questo Quaderno, contengono chiare idee di città che si possono costruire piani di intervento e programmi, altrimenti destinati a rimanere privi di contenuto, significato e efficacia.
11
Saggi introduttivi
Architetture civili per la città aperta
La città contemporanea europea ha tra le sue questioni irrisolte il chiarimento del sistema di relazione tra il centro consolidato, la Altstadt, e le sue espansioni recenti, la Neuestadt, e meno recenti in una dimensione territoriale e metropolitana. In tal senso l’esperienza dei grandi quartieri di Edilizia Residenziale Pubblica costruiti al suo contorno ininterrottamente dagli inizi del secolo scorso sino agli anni Ottanta e con logiche affatto diverse rappresenta una potenziale risorsa, un sistema a tratti costellato di frammenti d’ordine riconoscibili ma anche da sperimentazioni fallite, in una congerie affastellata di episodi irrelati tipici della città privata cresciuta senza logiche coerenti e senza un disegno unitario. Per non parlare della estrema espansione recente che sta ulteriormente disperdendo ogni carattere dell’urbano riproducendo all’infinito un principio insediativo basato sulla riproduzione indifferente di case unifamiliari (detachedhouses), lottizzazioni speculative, con la conseguente nebulizzazione di ogni ordito morfologicamente identificabile e di ogni necessario rapporto tra la residenza e i suoi luoghi di rappresentazione, gli spazi aperti, i luoghi pubblici sommariamente sostituiti da grandi shopping-mall come cattedrali dell’iper-consumo di massa senza riuscire a stabilire relazioni tra gli abitanti e ancor meno a rappresentare valori condivisi di cittadinanza se non bisogni indotti ed etero-diretti dal mercato. A tali insediamenti informi manca inoltre ogni relazione riconoscibile con gli spazi naturali che, a differenza della città storica, potrebbero essere i luoghi significativi e materiali privilegiati per la costruzione di una idea di città aperta. Un’idea, tutta interna all’incompiuto progetto 12
Renato Capozzi
moderno, che sia in grado di contrastare il consumo dissennato di suolo, di registrare e valorizzare le tracce della antica costruzione urbano-rurale, che sappiano, in termini interscalari, ridefinire il rapporto con i sistemi infrastrutturali ed offrire una alternativa sostenibile alla costruzione densa senza produrre sprawl, cogestione, avvallando la recente importazione acritica di modelli insediativi d’oltreoceano. Una città in cui alla ripetizione e variazione dei modi dell’abitare sappia corrispondere un sistema di luoghi civili, di architetture di ampio respiro capaci di riscattare questi territori da un destino di degrado fisico, ambientale, sociale ed economico oramai non più tollerabile. In tale prospettiva i quartieri razionalisti dei primi del Novecento, oltre che possedere una qualità formale e morfologica di estremo interesse, proprio perché realizzati nella prima cintura pericentrale, possono costruire i punti di attacco di un complesso di interventi volti a definire dei luoghi intermedi capaci di riverberare positivamente il loro effetto sia nei confronti della città consolidata sia dei ben più vasti insediamenti della periferia esterna. Non certo un ennesimo tentativo di saldatura e ricucitura o rammendo ma una teoria di interventi mirati sia sugli assetti morfologici dei quartieri, ridefinendone i bordi, recuperando e innovando i manufatti residenziali, sia sul piano tipologico (nuove pezzature) sia sul piano tecnologico (retrofit) sia con alcune integrazioni o sostituzioni, ma anche e soprattutto gli spazi pubblici interni ed esterni, le attrezzature presenti, il rapporto con le infrastrutture (soprattutto su ferro) di connessione con il centro e l’entroterra. Ma a tale strategia
Saggi introduttivi
di rigenerazione, e riconfigurazione di queste parti formalmente compiute o da compiersi, deve corrispondere una attenta tecnica di collocazione e costruzione di nuovi manufatti civili per funzioni superiori e rare in grado di determinare nuove centralità polari in un sistema pluriconnesso e polare a scala metropolitana. Una strategia che, naturalmente, ha molti antecedenti ed esempi cui riferirsi nel moderno e soprattutto nella stagione illuminista in cui grandi manufatti presidiavano e orientavano lo sviluppo urbano tra la città e il suo vasto territorio allora agricolo e produttivo ora caotico e in dismissione. Edifici di ampia estensione in grado di accogliere nuovi e vecchi bisogni e necessità collettivi: edifici per lo sport e il tempo libero (teatri, biblioteche, musei), efficienti nodi di interscambio tra differenti sistemi di trasporto, edifici per l’istruzione e la cura, per il culto delle ulteriori religioni connesse alle migrazioni, per il commercio di prossimità, architetture di rappresentazione pubblica e di magnificenza civile che possano rappresentare il riscatto di queste aree dimentiche della città. Nuovi monumenti immersi nella natura, in sostituzione o in rapporto alle ampie aree dismesse da riconfigurare e a brani di tessuto storico, in grado di riorientare la dinamica urbana evitando inutili nostalgiche riproposizioni di ordini totalizzanti, di tessuti omologanti,
di densificazione ulteriore ma anche di informi agglutinazioni mascherate da istanze ecologiste ma sovente sospinte da meri interessi speculativi. Architetture civili, ampi spazi per la condivisone, capaci di accogliere e radunare una comunità finalmente emancipata dall’individualismo soggettivista ma in grado, altrettanto, di riconquistare una idea di cittadinanza che è la premessa di ogni costruzione urbana che non può essere fatta di soli recinti, di case isolate, di parabole e di supermercati o outlet ma ha bisogno, se vuole riscattarsi da questa progressiva disgregazione, di ritrovare i suoi luoghi, i suoi spazi di rappresentazione della cultura, dei riti, del dibattito e del confronto, i luoghi della sua vita, degna di essere vissuta in un nuovo e consistente rapporto con ampi brani di natura ancora presenti o da realizzare. Il volume di Claudia Sansò, Francesca Solaro e Antonella Spaduzzi, le loro accorte indagini conoscitive e soprattutto gli intellegibili progetti di tre architetture civili per il quartiere di Barra realizzato a partire dal piano di Luigi Cosenza – una moschea e centro islamico, un centro sportivo polivalente e una stazione di interscambio – ben rappresentano e sostanziano questa ipotesi di lavoro. Una risposta razionale ed efficiente dell’architettura alle questioni irrisolte della città contemporanea, non più rinviabile e che attenderà tutti noi negli anni a venire.
13
Edilizia residenziale pubblica a Napoli
Edilizia residenziale pubblica a Napoli
Quartieri di edilizia pubblica a Napoli L’ampliamento dell’assetto urbano di Napoli nel primo e maggiormente nel secondo dopoguerra, oltre che rispondere ad un problema di carattere sociale, rappresenta una notevole occasione di sperimentare nuovi modi di ‘fare città’. Secondo i principi della architettura razionalista, che operava con lo scopo di superare il discrimine cittàcampagna, i vasti programmi di edilizia pubblica rappresentano un tentativo di rifondazione urbana, definendo a mano a mano i caratteri dei quartieri d’abitazione; a questi si deve infatti il merito di aver conferito ai suburbi periferici una propria fisionomia partecipativa della forma di un pezzo di città. Dall’insula al quartiere d’abitazione Napoli è quattro città1; la città compatta – definita dal centro storico – e le tre periferie: l’area settentrionale, l’area Fig. 1. Anonimo napolitano. ‘Napoli città per parti’, 2006, collezione privata.
16
Claudia Sansò
orientale e l’area occidentale. Oriente e Occidente rappresentano le due zone di maggiore espansione che hanno interessato gli interventi di edilizia residenziale pubblica a partire dal secondo decennio del Novecento. Ad esse corrispondevano rispettivamente l’area dei casali di Barra, Ponticelli e San Giovanni a Teduccio e l’area che dalla collina di Posillipo scendeva fino ai territori di Bagnoli, Agnano e Fuorigrotta, zona dove si erano installati grossi impianti siderurgici2. La sostanziale differenza che intercorre tra la città storica e la periferia sta nei differenti caratteri morfologici, ben evidenziati nel disegno ‘Napoli città per parti’, firmato Anonimo napolitano, ma il cui autore è Renato Capozzi; la città compatta è fondata su una struttura formale chiaramente rintracciabile attraverso uno specifico rapporto tra tracciato viario e tessuto costruito dal
Quartieri di edilizia pubblica a Napoli
quale prendono forma le insule, mentre le aree periferiche, non presentando la complessità propria di quelle strutture urbane che hanno subito un significativo processo di stratificazione nel corso dei secoli, in assenza di una chiara logica insediativa, appaiono prive di connotazioni identitarie, facendo risultare difficile desumerne caratteristiche appartenenti ad una distinta famiglia morfologica: non a caso a tal punto spesso se ne parla come di città informale. Con gli interventi di edilizia residenziale pubblica anche le periferie assumeranno caratteri identitari, formalmente riconoscibili e dunque classificabili e ripetibili. Si assiste, pertanto, passando dal carattere compatto dell’insula a quello rado dei corpi liberi che conformano i quartieri, ad un processo sincronico di dissolvimento dell’isolato tradizionale con il disuso del tipo a corte e a blocco, e di nascita del quartiere di nuova formazione secondo principi di iterazione delle corpi residenziali (tipologia in linea, a ballatoio, a schiera). Analizzando il passaggio dall’isolato tradizionale alla disposizione in corpi paralleli, propria dei quartieri, si evidenzia quindi che il processo di variazione tipologica nell’edificato coincide con il mutamento della morfologia urbana.
L’ERP a Napoli. Le fasi La vicenda di piani e programmi di edilizia residenziale pubblica può assumersi quale strumento di indagine per una lettura più generale dell’espansione urbana all’interno delle aree periferiche napoletane. All’aumento demografico e alla necessaria ricostruzione postbellica la città risponde inevitabilmente con la crescita urbana. La realizzazione dei quartieri residenziali svolge un significativo ruolo nel disegno delle periferie attraverso il tentativo di rispondere a tale crescita con un approccio che tiene conto del rapporto tra progetto architettonico e progetto urbano. Riflessioni in tal senso cominciano a partire dall’Ottocento con i primi piani di Risanamento e Ampliamento della città ma troveranno effettiva applicazione solo a partire dal Novecento, con interessanti risultati nei progetti di ricostruzione del secondo dopoguerra, attraverso la ricerca di una metodologia per una costruzione ‘razionale’ della città. Gli interventi del Risanamento I progetti dei quartieri operai messi a punto durante l’Ottocento3 restarono a lungo irrealizzati; la città cresceva in altezza e gli interventi di riqualificazione erano mirati solo a sventrare senza prevedere l’espansione della città, nonostante cominciasse a manifestarsi il fenomeno di decentramento demografico con lo spostamento della classe operaia in periferia. L’unico caso di rione operaio in questo periodo è l’intervento della Società Filantropica Napoletana a Capodimonte nella seconda metà dell’Ottocento che costituisce il primo esempio di casa popolare tipo, su progetto di Marino Turchi. Di questo grande edificio a corte di forma emiciclica, va riconosciuto il valore dello schema distributivo: un modulo con blocco scala che serve due alloggi
Fig. 2. Schema tipologico di un’insula del centro antico di Napoli, edifci a blocco dei Quartieri Spagnoli ed edifici in linea di un quartiere di Barra.
17
Edilizia residenziale pubblica a Napoli
per piano si ripete definendo un chiaro e razionale impianto tipologico. Il piano di Risanamento e Ampliamento di fine Ottocento prevedeva finalmente, oltre che la bonifica nei quartieri bassi del centro, lo sviluppo dell’assetto urbano oltre i limiti della città compatta. Il progetto urbanistico di Adolfo Giambarba era basato su un piano stradale secondo il quale il tessuto costruito poteva articolarsi in insule suddivise poi in lotti, o in insule più piccole ad unico lotto. I quartieri orientali con case isolate a blocco e a corte, tra la stazione e la zona industriale costituiranno, in questa fase, la prima periferia popolare di Napoli. I rioni dell’ ICP e l’edilizia residenziale durante il Fascismo Nel 1910 un nuovo piano di Risanamento e Ampliamento della città costituisce un momento fondamentale per la formazione delle periferie: ad Oriente con il piano per la zona industriale e ad occidente con i rioni popolari di Fuorigrotta e Bagnoli. Sulla base della Legge Luzzatti del 1903 nasce dopo qualche anno l’ICP (Istituto per le Case Popolari) cui si devono i primi interventi del rione Luzzatti a Poggioreale e del rione Duca d’Aaosta a Fuorigrotta. Sul piano tipologico, lo schema che verrà adottato fino alla fine del periodo fascista è quello messo a punto dall’ingegnere Domenico Primicerio per la realizzazione ad Oriente del rione Vittorio Emanuele III in via Nuova Poggioreale: edifici in linea e a palazzina su isolato a blocco. Dal punto di vista del progetto urbano, è con il rione Luzzatti che si definisce lo schema morfologico di questi anni: un grande isolato con edificazione a corte. Ad Occidente la periferia viene invece disegnata attraverso gli interventi che riguardano la realizzazione oltre che del già citato rione Duca d’Aosta, del Rione 18
Bagnoli-Agnano e del Rione Miraglia a Fuorigrotta. Dal punto di vista linguistico, i rioni realizzati in questo periodo risentono ancora degli eclettismi storicistici dell’Ottocento; sarà solo con i quartieri della ricostruzione postbellica e con l’edilizia specialistica dello sventramento del rione Carità che si guarderà ai caratteri dell’architettura moderna del Nord Europa. Nel periodo fascista la città appare ancora come disegnata dal piano del 1885 con gli ampliamenti del 1910. Più tardi, nel 1920 i casali napoletani vengono inglobati nel comune di Napoli. Ad anticipare la politica di espansione secondo nuclei satellili con la quali si realizzeranno i quartieri del secondo dopoguerra, sarà nel ‘39 il piano redatto da Luigi Piccinato, che Luigi Cosenza però, a differenza del successivo piano del ‘46, vede ancora nella memoria dei segni e dei tracciati della città storica gli elementi sui quali fondare il disegno delle periferie. I quartieri razionalisti del secondo dopoguerra Al problema della ricostruzione postbellica, le proposte del piano del ‘46 redatto da Luigi Cosenza sembrano voler rispondere guardando ai principi del razionalismo, con la formazione di ‘quartieri satelliti’4. Il nuovo piano si propone così di individuare, al di fuori della città compatta, zone produttive capaci di garantire nuove fonti di lavoro; aree di espansione nelle quali mettere in pratica, attraverso la costruzione di alloggi pubblici, attrezzature collettive e spazi verdi, le sperimentazioni in campo architettonico in grado da definire i caratteri delle nuove parti di città. La politica di decentramento insieme ai principi di progettazione dei nuovi quartieri contenuti nel piano del ‘46 – nonostante quest’ultimo non verrà mai di fatto approvato – continueranno a rappresentare
Quartieri di edilizia pubblica a Napoli
una chiara guida per il disegno delle aree periferiche della città di Napoli. Sul piano morfologico, questi nuovi insediamenti risultano immediatamente identificabili per l’ordine formale e il chiaro e razionale disegno degli isolati che li compongono. All’isolato a corte del ventennio fascista subentrerà l’impianto a corpi liberi isorientati. Negli anni della ricostruzione la qualità degli alloggi risente dello stato d’urgenza che ha caratterizzato tutta l’Europa e si affida agli studi elaborati nell’ambito del secondo CIAM del 1929 sull’existenzminimum5. In tal senso, la questione distributiva e dimensionale dell’alloggio minimo, determina, mediante processi di aggregazione planimetrica, l’individuazione delle tipologie e, di conseguenza il ripetersi di alcuni impianti morfologici. Napoli lavora poco in tale logica sperimentale, evidentemente per ragioni di politica territoriale e forse di arretratezza culturale, e i risultati non saranno di certo significativi quanto gli interventi delle siedlungen tedesche ma alcuni exempla sono da annoverare tra le più riuscite proposte urbane per la città. Il rione Cesare Battisti a Poggioreale è forse il primo intervento a mettere in pratica il principio di iterazione del tipo seriale proprio della zeilenbau tedesca: un isolato con tre lotti, ciascuno dei quali composto dalla ripetizione di quattro edifici in linea biesposizionali che si dispongono parallelamente alla strada. Da annoverare anche il Rione Mazzini a Calata Capodichino, progetto vincitore di un concorso bandito dall’IACP. Su disegno dei progettisti vincitori, tra i quali Carlo Coen, Luigi Cosenza, Francesco Della Sala, Franz Di Salvo, gli edifci in numero di sette si dispongono a schiere alternate. In fase di realizzazione, seguita da Francesco Della Sala, pur
Fig. 3. Rione Luzzatti.
Fig. 4. Rione Duca d’Aosta.
Fig. 5. Rione Cesare Battisti.
Fig. 6. Rione Mazzini.
Fig. 7. Case per senzatetto a viale Augusto.
19
Edilizia residenziale pubblica a Napoli
mantenendone la composizione, il progetto verrà alterato incrementando il numero di edifici e quindi avvicinando i corpi di fabbrica a discapito dei grandi spazi verdi pensati in fase di progettazione. Ma la migliore intenzione di ‘fare città’ alla maniera razionalista del Nord Europa è forse interpreta dall’intervento di Cosenza, Coen e Della Sala a Barra – come si vedrà nel successivo capitolo – con il rigido e chiaro impianto dei quartieri voluti dagli Istituti INA-CASA e IACP, con gli edifici a ballatoio del Rione d’Azeglio, gli edifici in linea del Rione Cavour e con il successivo intervento di Carlo Cocchia per il Parco Azzurro, che però in parte stravolge l’impianto originario. In tale ottica sperimentale, un’interessante variazione tipologica è rappresentata dal progetto di Cosenza per i senza-tetto del rione di viale Augusto a Fuorigrotta: in presenza del viale monumentale, i corpi alti si dispongono ancora isorientati ma un lungo corpo più basso porticato a piano terra, si attesta su strada a costruire un edificio che risulta essere un vero e proprio elemento urbano di cortina. Più tardi invece, lontano ormai dai ricordi della guerra, con l’applicazione di nuove tipologie edilizie, si assisterà alla riflessione su nuovi temi in ambito urbano: da un lato l’introduzione del tipo a torre nel progetto di Mario Ridolfi per il Quartiere in via Campegna a Fuorigrotta e l’intervento di Fig. 8. Planimetria generale delle Vele di Secondigliano tratta dal progetto della “Cassa per il Mezzogiorno”.
20
Cocchia a Barra rifletterà sulla dimensione verticale nel progetto della città moderna; dall’altro l’impiego del tipo ‘a tenda’ delle cosiddette ‘vele’ di Franz Di Salvo per il piano 167 di Secondigliano, sui principi dell’Unités d’habitation di Le Corbusier, condurranno alla questione della ‘grande scala’. Il quartiere e la casa popolare: parte di città e casa urbana La periferia, attraverso i quartieri di ERP, diventa così parte di città morfologicamente distinta dalla città storica; principi di serialità e iterazione conferiscono un nuovo ordine urbano quasi a voler definire le ‘regole’ della città moderna. Con la risposta che l’edilizia residenziale pubblica fornisce ad un bisogno collettivo, si assiste all’evoluzione del concetto di abitare e quindi di casa. Le ricerche in ambito tipologico sull’alloggio minimo partono dall’esigenza di avere una casa modello che possa divenire aggregabile fino ad un certo numero di volte sufficienti ad avere un ‘edificio tipo’, iterabile in una direzione scelta che tiene conto di giaciture stabilite il più delle volte dalla necessità di avere la migliore esposizione per gli alloggi. La costante insediativa alla quale viene affidato il compito di disegnare parti di città non è più dunque la casa isolata ma l’edificio seriale dal quale, mediante processi di iterazione, nasce il quartiere;
Quartieri di edilizia pubblica a Napoli
come scrive Ludovico Quaroni, «l’edilizia delle grandi e medie città non si esprime più per edifici singoli, costruendo cioè una casa alla volta, una casa dopo l’altra; ma si impegna più a fondo procedendo per gruppi di case, per nuclei [...]»6 Tale processo diventa un sistema per dare misura al disegno della città, un criterio d’ordine secondo il quale stabilire un modo per ripensare al
progetto urbano, tenendo conto della nuova condizione dell’abitare moderno. Difatti la necessità di aggregare la cellula privata della casa, stabilisce il passaggio dall’abitare individuale ad un abitare collettivo che si traduce nell’alloggio seriale; la ‘casa urbana’, che, a sua volta aggregata, diventa ‘quartiere’ come unità mofologicamente definita in rapporto a un esterno naturale.
1. Cfr. A. Dal Piaz, Napoli 1945-1985. Quarant’anni di urbanistica, Franco Angeli, Milano 1985. 2. Si fa riferimento agli stabilimenti dell’Ilva-Italsider costruiti a Bagnoli nel 1905. Cfr. L. De Rosa, La Campania industriale dall’Unità all’ultimo dopoguerra, in Aa. Vv., Storia e civiltà della Campania. L’Ottocento e il Novecento, Electa, Napoli 1995. 3. «nella seconda metà dell’Ottocento, i numerosi progetti urbanistici connessi all’ampliamento della città, espressi anche dai decreti Borbonici, convergono nella previsione di costruire quartieri operai nella zona orientale della città[...]» in S. Stenti, Napoli Moderna. Città e case popolari 1868-1980, Clean, Napoli 1993, p. 9. 4. Cfr. C. B. Purdom, The Building of Satellite Towns, J. M. Dent & Sons Ltd, Londra, 1925; si vedano gli studi condotti da Raymond Unwin, Town With Satellites, 1922. 5. Si vedano in merito gli studi condotti negli anni Trenta del Novecento da Alexander Klein sulla progettazione di alloggi in cui ci fosse la quantità minima di spazio, luce e aria necessari all’uomo per poter svolgere lo sviluppo delle sue funzioni vitali. 6. L. Quaroni, La politica del quartiere in «Urbanistica» n. 22, 1957, p. 9.
21
Edilizia residenziale pubblica a Napoli
I quartieri razionalisti a Napoli
Francesca Solaro
Il caso studio di Luigi Cosenza
Fig. 9. Illustrazione che rappresenzta i principi di sviluppo della Città Giardino secondo E.Howard.
22
I quartieri razionalisti in Europa Gli architetti razionalisti hanno da sempre condotto una profonda riflessione sulla città contemporanea, trovandosi a far fronte alle problematiche relative la vita all’interno delle città storiche, le cui configurazioni, a partire da fine Ottocento, si sono rivelate inadeguate alle moderne esigenze dell’abitare derivanti dall’intensiva industrializzazione dei territori. I primi ampliamenti urbani, sul finire del XIX sec., furono eseguiti in assenza di una chiara logica espansiva, poiché dettati da contingenti situazioni di emergenza che l’installazione di nuovi insediamenti industriali aveva determinato in termini di residenze popolari da destinare ai lavoratori delle fabbriche. In risposta alle tematiche relative la città moderna e i suoi possibili assetti, vennero proposti sostanzialmente due modelli fondati, rispettivamente, sul concetto di quartiere, secondo quanto suggerito dalle teorie del razionalismo e in generale del movimento oderno, e di nucleo o città satellite riconducibile, invece, alle città giardino howardiane1. La sostanziale differenza tra i due modelli proposti sta nel rapporto che questi instaurano con la città storica: il quartiere, la cui definizione deriva appunto da ciascuna delle quattro parti in cui erano divise nel medioevo le città, a loro volta desunte dalla costruzione del castrum romano per mezzo dell’intersezione di cardini e decumani, instaura un necessario legame con le altre parti della struttura urbana; la città satellite, al contrario, ne presuppone una separazione, configurandosi come una vera e propria città di fondazione, consentendo ai suoi abitanti una vita sociale e lavorativa indipendente dalla città storica. Per questo motivo, una delle condizioni
1. Peter Behrens 2. hans Scharoun 3. Josef Frank 4. 5. Max Taut 6. 7. Richard Docker 8. Hans Poelzig 9. Ludwing Hilberseimer 10. 11. Walter Gropius 12. 13. Le Corbusier, Pier eanneret 14. 15. Adolf G.Schneck 16. Victor Bourgeois 17. Jacobus Johannes Pieter Oud 18. Bruno Taut 19. Ludwig Mies van der Rohe 20. Adolf Rading 21. Mart Stam
Quartieri razionalisti a Napoli:
il caso studio di Luigi Cosenza
essenziali perché questo requisito di autonomia si realizzi, è senza dubbio il suo completo isolamento consentito dalla presenza della campagna circostante. Mentre le città satellite rappresentarono un modello di difficile realizzazione poiché legate a presupposti di natura politica ed economica che non furono mai messi in pratica2, il quartiere come paradigma per l’ampliamento delle città ottenne invece larghi consensi, divenendo a tutti gli effetti il principale modello di espansione durante il XX sec. Il successo alla base dell’idea di quartiere è legato al fatto di essere già un’unità morfologica e strutturale presente all’interno della città storica, la quale ha sempre mostrato la propria capacità a costituirsi per ‘parti’ 3. In Europa l’esperienza dei quartieri razionalisti coincide con la proficua realizzazione delle siedlungen che furono realizzate nella periferia tedesca a cavallo tra gli anni ’20 e ’30. Questi nuovi insediamenti, traduzione propria della parola ‘siedlung’, hanno rappresentato il modello più valido per mettere in atto l’espansione richiesta dagli anni dell’industrializzazione, entro i quali si realizzava la necessaria relazione tra principi architettonici e sociali, proponendo non soltanto l’espansione della città ma la riformulazione della stessa, per mezzo di una radicale revisione del modo d’abitare borghese che portò alla riduzione essenziale di spazi e percorsi, secondo il concetto di Existenzminimum. Le sperimentazioni messe in atto in occasione dei nuovi insediamenti residenziali tedeschi, si tradussero in chiari principi compositivi che, partendo dalla definizione dell’alloggio, si espandevano fino all’intera città: il modo di aggregare gli alloggi in edifici e la loro disposizione nello spazio urbano avevano come obbiettivo il soddisfacimento di condizioni di benessere ambientale legate al soleggiamento e ventilazione degli
Fig. 10. Planimetria e vista dall’alto delle Siedlung “Hufeisen” di Bruno Taut a Britz, Berlino.
Fig. 11. Planimetria e vista prospettica delle Siedlung di Walter Gropius a Törten, Dessau.
Fig. 12. Planimetria e particolare di facciata delle Westhausen di Ernst May a Francoforte.
23
Edilizia residenziale pubblica a Napoli
alloggi, oltre all’importante ruolo affidato agli spazi verdi da destinare alle attrezzature collettive. Il verde rappresenta, quindi, anche nel caso delle siedlungen, un elemento indispensabile a rendere questi insediamenti autonomi, ma ciò che differenzia queste dalle città giardino è il ruolo attribuito agli spazi naturali, ossia di connettere i nuovi quartieri al centro cittadino, contrariamente a quanto proposto da Ebenezer Howard di attribuire loro funzione di separatori nei confronti degli apparati urbani circostanti. Alcuni esempi di quartieri progettati secondo i principi razionalisti citati sono il Romerstadt di Ernst May a Francoforte, il Torten di Walter Gropius a Dessau e il Britz di Bruno Taut a Berlino. I tre progetti presentano tutti gli stessi principi compositivi relativi alla disposizione in linea degli edifici residenziali, al di là dell’eccezionale orientamento che assumono alcuni fabbricati nel quartiere di Taut a Berlino, in cui gli spazi di verde pertinenziale giocano un ruolo decisivo nella configurazione del quartiere; spazi aperti Fig. 13. Weissenhof di Stoccarda, vista prospettica dall’alto e planimetria.
24
e attrezzature pubbliche rappresentano gli elementi che più di tutti consentiranno alle nuove parti di città di essere vissute in maniera autonoma, eliminando rapporti di forte dipendenza dal centro cittadino. L’esperienza napoletana La questione napoletana dei quartieri residenziali ha avuto sviluppi ben diversi dagli esempi europei e le cause sono da ricercare, senz’altro, nelle complicate vicende di politica territoriale che si sono susseguite per tutto il XX sec. il territorio napoletano, ivi compreso i vecchi casali che furono annessi alla città durante gli anni ‘20, è stato protagonista di importanti operazioni di espansione edilizia avvenute, però, sotto il costante spettro della speculazione imprenditoriale, il cui peso ha condizionato le vicende legate ai piani regolatori della città. Sia durante il governo fascista che in seguito, il solo strumento urbanistico utilizzato fu il regolamento edilizio del ’35 il quale, come osservato da Luigi Piccinato4, consentiva una edificazione troppo compatta a scapito di spazi aperti da destinare a giardini e corti.
Quartieri razionalisti a Napoli:
il caso studio di Luigi Cosenza
Nell’immediato dopoguerra, in concomitanza con l’emergenza di ricostruire intere porzioni di città distrutte dai bombardamenti e di restituire un adeguato numero di residenze alla popolazione, venne redatto un piano urbanistico che segnò l’avvio di una proficua produzione edilizia, incentrata in particolar modo sulla realizzazione di quartieri popolari di stampo razionalista. Il principale autore del disegno di piano era Luigi Cosenza, figura chiave nella produzione architettonica del secolo scorso, il quale propose un programma di espansione urbana fondata sull’individuazione di nuovi poli produttivi ai quali affiancare un adeguato numero di residenze popolari, proponendo una concreta soluzione al problema dell’eccessivo affollamento del centro cittadino; secondo una logica di stampo razionalista, questi insediamenti sarebbero stati localizzati in più parti del territorio napoletano, articolando l’espansione per nuclei distinti ed individuati, dove possibile, nei casali preesistenti. Il disegno della nuova città che risultava dal Piano di Cosenza, rivelava una struttura
aperta, con nuclei satelliti intervallati da ampie zone agricole, condizione che meglio di ogni altra assecondava la conformazione del territorio napoletano, la cui natura geografica impediva uno sviluppo urbano di tipo tradizionale. Sebbene il piano Cosenza venne definitivamente abbandonato nel ’52 con l’amministrazione laurina, per diverso tempo rappresentò la principale guida per la realizzazione dei quartieri di edilizia residenziale popolare nella periferia napoletana, a cui succedettero operazioni edilizie fuori da ogni logica di piano che operarono l’edificazione del maggior numero di spazi destinati a verde ed attrezzature, decretando le condizioni di invivibilità che tutt’oggi attanagliano le periferie napoletane. Nel tentativo di comprendere la logica che sottende i quartieri razionalisti napoletani e di ricercare analogie e difformità con gli esempi europei, abbiamo circoscritto lo studio ai progetti di Cosenza, principale promotore del modello di espansione urbana per mezzo di unità autonome e indipendenti, in cui il quartiere, per l’appunto, si identifica. Fig. 14. Veduta dall’alto del qurtiere di Fuorigrotta nei primi anni ‘50.
25
Edilizia residenziale pubblica a Napoli
Rione Cesare Battisti
lotto A - Via Stadera, Poggioreale (1946-1947)
La prima esperienza progettuale di residenze popolari, per Luigi Cosenza, è il quartiere Cesare Battisti a Poggioreale.Il progetto del rione fu opera dell’Istituto Autonomo Case Popolari che, nel 1940, prevede la sistemazione nella zona orientale di Napoli di un lotto residenziale caratterizzato da 12 edifici multipiano, organizzati in blocchi da 4, senza previsione di spazi esterni di pertinenza delle residenze. La costruzione degli edifici fu bloccata dall’avvento della guerra e soltanto nel 1945 furono ripresi i lavori sui progetti redatti dai giovani architetti napoletani: Franz Di Salvo, Giantristano Papale e Luciano Abenante per il I lotto – Luigi Cosenza, Carlo Coen e Francesco Della Sala per il II lotto – Ezio De Felice, Alfredo Sbriziolo e Mario Zingarelli per il III lotto.
Fig. 15. Planimetrie e particolare di facciata delle case a via Cesare Battisti.
26
I progettisti ereditarono alcune forti condizioni derivanti dal piano dell’IACP, come la disposizione delle stecche abitative, di dimensione 70x10m, orientate sull’asse est-ovest da cui ne derivò l’utilizzo del tipo in linea, il piano terra residenziale e la copertura piana. Il progetto di Cosenza per il rione Cesare Battisti si differenziò per la sintesi che l’architetto seppe operare tra architettura ed ingegneria, nell’utilizzare cellule ed elementi strutturali basati esattamente sul modulo della stanza (3,50m). Le cellule abitative hanno una doppia esposizione e su entrambi i fronti degli edifici si alternano pieni e vuoti attraverso lo sfalsamento del modulo-base corrispondente ad una stanza. Anche la scala aperta rappresenta un elemento innovativo rispetto agli altri due progetti, la cui presenza in facciata è denunciata da frangisole in calcestruzzo.
Quartieri razionalisti a Napoli:
il caso studio di Luigi Cosenza
Rione D’Azeglio
Via Figurelle, Barra (1946-1947)
Il progetto per le residenze del Rione D’Azeglio costituisce un altro significativo esempio di architettura razionalista per la città di Napoli. Come per il Cesare Battisti, Cosenza progetta le abitazioni di Barra su un programma dell’IACP stilato precedentemente agli avventi bellici, estendendo però il progetto ad un’area più vasta. La proposta di Cosenza, ampliando il disegno dell’Istituto, prevedeva la realizzazione di quattro lotti residenziali, caratterizzati da tipi in linea, a ballatoio e villini a schiera a seconda dell’orientamento che questi assumevano, tutti disposti attorno a due isolati destinati a verde pubblico e attrezzature collettive. Il disegno del nuovo quartiere, in questo
modo, assume i connotati di quegli esempi di razionalismo europeo a cui Cosenza si ispirava. Il disegno del nuovo quartiere di Barra venne però disatteso dopo il ’49, quando l’Ente INA-Casa commissionò la realizzazione di ulteriori residenze proprio all’interno delle aree che Cosenza aveva destinato alle attività pubbliche, determinando un impianto urbano irrazionale e del tutto carente dei luoghi pubblici indispensabili a fare del territorio barrese un nucleo urbano autonomo. Le residenze progettate da Cosenza si fondavano su strutture preesistenti con orientamento est-ovest, per questo risultò obbligata la scelta di ricorrere al tipo a ballatoio su cui l’architetto previde, come per il Cesare Battisti, una scala aperta, mentre il fronte opposto ripete l’alternanza di pieni e vuoti dovuti alla presenza delle logge.
Fig. 16. Planimetrie e particolare di facciata delle case nel rione D’Azeglio.
27
Edilizia residenziale pubblica a Napoli
Isolato al Rione Luzzatti via Gianturco (1946-1947)
Per le residenze del Rione Luzzatti, Cosenza progetta su un isolato a corte in cui le strutture di fondazione erano già presenti prima della guerra. La tipologia a corte rappresenta il paradigma principale delle espansioni urbane di fine Ottocento, ma che le teorie razionaliste abbandonarono poiché favorivano l’esposizione soltanto di alcuni alloggi. Per questo motivo Cosenza scelse di operare un artificio che consisteva di utilizzare il tipo a ballatoio per gli edifici sui lati nord e sud dell’isolato,
Fig. 17. Planimetrie e particolare di facciata delle case nel rione Luzzatti.
28
ed il tipo in linea per quelli posti a est ed ovest, proponendo inoltre il ribaltamento del corpo scale tale da consentire l’accesso dalla corte interna. A differenza del progetto di Barra, i ballatoi del Rione Luzzatti sono sostenuti da pilastri a determinare un reticolo geometrico sull’intera facciata. I restanti fronti sono tutti caratterizzati dall’alternanza di pieni e vuoti ottenuto tramite la costruzione di logge coperte ed eliminando l’apertura sulle scale, le quali dispongono di ventilazione ed illuminazione tramite logge interne alle abitazioni.
Quartieri razionalisti a Napoli:
il caso studio di Luigi Cosenza
Case popolari a via Consalvo
via Consalvo, Fuorigrotta (1947-1949)
Cosenza redasse un piano particolareggiato per nuove residenze a Fuorigrotta, che prevedeva sette edifici disposti lungo l’asse nord-sud e secondo un andamento curvilineo che assecondava la natura della strada; come in ogni progetto urbano di Cosenza, al centro dei corpi residenziali erano previste attrezzature pubbliche che non vennero mai realizzate. Il piano terra degli edifici era destinato ad
attività commerciali, di cui il portico su testate ne rivela la presenza percorrendo la strada. Il tipo degli edifici è in linea, ma sulla facciata ad ovest furono progettati dei falsi-ballatoi, in realtà terrazze coperte e protette da frangisole che consentono l’accesso agli alloggi. La facciata ad est è scandita invece dalla sequenza di balconi realizzati con solette a sbalzo che formano un tutt’uno con la parte anteriore del parapetto, elemento di chiara derivazione dall’architettura di Walter Gropius.
Fig. 18. Planimetrie e particolare delle due facciate delle case a via Consalvo.
29
Edilizia residenziale pubblica a Napoli
Rione Viale Augusto
viale Augusto, Fuorigrotta (1949-1952)
Le abitazioni di viale Augusto sono considerate il progetto più completo del razionalismo napoletano. L’intervento prevede la costruzione di sei edifici residenziali a sei e dieci piani, posti perpendicolarmente alla strada realizzata in occasione della Mostra d’Oltremare. Il progetto di Cosenza prevede l’aggiunta di un corpo residenziale più basso, disposto a nord, a cui affida la funzione di collegamento tra le schiere. In questo modo l’elemento si dispone lungo il viale Augusto, disegnandone
Fig. 19. Planimetrie e particolare di facciata delle case a viale Augusto.
30
il fronte che risulta caratterizzato, al piano terra, da un portico aperto che consente la vista verso le corti residenziali interne. Gli edifici sono di tipo in linea, il ritmo delle facciate scandito da lunghe balconate: nel caso delle schiere più alte, i servizi sono disposti ad est, dove gli affacci sono schermati da frangisole verticali, e la zona soggiorno con ingresso sono disposti ad ovest, dove vengono sistemate schermature orizzontali. Il progetto delle abitazioni a Fuorigrotta è di grande valore poiché gli edifici vengono considerati come una sola unità urbana rivelata attraverso l’utilizzo della costruzione bassa, il cui portico definisce i rapporti anche con la strada sottostante.
Quartieri razionalisti a Napoli:
il caso studio di Luigi Cosenza
Fig. 20. Vista delle residenze a viale Augusto
1. In La città giardino del domani, Ebenezer Howard, affermando che il sovraffollamento urbano e lo spopolamento delle campagne abbiano dato origine ai problemi sociali, culturali, economici prodotti dalla città industriale, propone un modello che combini vita rurale e vita urbana, in cui «tutti i vantaggi della vita cittadina più esuberante ed attiva e tutte le gioie e bellezze della campagna, si ritrovano in una perfetta combinazione» - E.Howard, La città giardino del domani, Asterios, Trieste 2017. 2. «L’autosufficienza prevista da Howard si dimostra non solo irrealizzabile, ma dannosa al successo della città-giardino. [...] Così la città-giardino si dimostra vitale, a differenza delle precedenti utopie, ma si riduce infine ad una città come le altre, soggetta all’attrazione della metropoli, di grandezza non stabile e con un ordinamento fondiario non dissimile da quello normale. Lo stesso può dirsi per gli abitanti. [...] Con l’andar del tempo e con l’aumento della popolazione le due comunità finiscono per somigliare sempre più a quelle dei soliti sobborghi di Londra, tanto che oggi sono formate prevalentemente da operai delle industrie che nel frattempo si sono stanziate nei dintorni» L. Benevolo, Storia dell’architettura moderna, Laterza, Roma 2010, p. 496. 3. «Il quartiere è una parte della città: ecco la sola definizione che ci sentiamo di dare; per quanto banale, anzi proprio per questo, è la sola che non modifichi la realtà generale della cosa che la parola rappresenta, che non sia limitata ad una particolare funzione, ad un punto di vista solo» in L. QUARONI, Città e quartiere nella attuale fase critica di cultura, in «La Casa - Quaderni di Architettura e di Critica», De Luca, Roma 1955, p. 10. 4. L. Piccinato, Aspetti del problema edilizio a Napoli , «Questioni meridionali», Politecnica, Napoli 1934, p. 28.
31
Edilizia residenziale pubblica a Napoli
Barra e il piano Cosenza Fig. 21. Evoluzione dell’impianto di Barra secondo Gianfranco Caniggia (ridisegno dell’autore): fase di impianto delle domus elementari; incremento per addizione; processo di tabernizzazione e insulizzazione.
«Tutti questi studi tendono a integrare la campagna nella città. Essi quindi devono condurre a un’urbanizzazione della campagna. Se le forze attive, che sono ora concentrate nelle città, fossero suddivise in modo uniforme, esse potrebbero estendersi sull’intero paese; città e campagna si avvicinerebbero l’una all’altra influenzandosi reciprocamente in modo positivo dal punto di vista culturale, materiale e spirituale»1. Si riportano queste parole, con le quali Ludwig Hilberseimer introduce dei ragionamenti sull’integrazione tra città e campagna – dopo aver argomentato i suoi studi sui centri contemporanei – per spiegare l’ambizione che sta alla base del piano redatto da Luigi Cosenza nel 1946: il superamento della dicotomia città-campagna attraverso strategie di decentramento. La drammatica situazione in cui versa la città di Napoli dopo i bombardamenti del secondo conflitto mondiale, ha urgenza di una politica mirata non solo alla ricostruzione di nuove residenze: bisogna dare alla città centri produttivi dove le nuove costruzioni possano essere in armonia con la natura. «A questo punto è evidente che il problema della casa nella periferia è il problema della casa nella città moderna; si tratta di sistemare, di far posto a tutti coloro che partecipano all’espansione della città in un modo più profondo; poiché solo quando il lavoro avrà assorbito miseria e disoccupazione, la città avrà assorbito la periferia»2. Da borgo rurale a periferia di città Barra rientra nell’area dei casali napoletani – ampiamente trattati negli studi di matrice tipo-morfologica condotti da Gianfranco Caniggia negli anni ‘70 del Novecento – caratterizzati da aggregati di case rurali e da un suolo prevalentemente pianeggiante e paludoso. La natura dei suoi terreni ha
32
Claudia Sansò
Barra e il piano Cosenza
favorito la formazione di orti e dunque limitato lo sviluppo urbano per secoli, fino a quando l’area, in seguito al cambiamento delle sue caratteristiche fisiche, non subì una bonifica naturale. A partire dall’età borbonica, le paludi agresti vengono avviate ad un processo di urbanizzazione per favorire la crescita delle industrie. Lo sviluppo urbano, nel corso dei secoli, avviene intorno ad un asse rettilineo – per questo denominato la ‘barra’ - coincidente con l’attuale corso Sirena, ortogonalmente agli antichi tracciati che seguivano i displuvi delle acque vesuviane. Secondo l’analisi tipologica di Caniggia, l’insediamento di Barra nasce mediante l’impianto di domus elementari3 isorientate est-ovest. Corte e domus sono le tipologie primordiali di tutta l’area dei casali orientali. Col tempo, l’incremento del costruito ha generato processi additivo-seriali della casa rurale, fino alla tabernizzazione, ovvero l’occupazione parziale del fronte della domus per ottenere botteghe artigiane. La domus vede quindi progressivamente sottratto lo spazio della corte per far posto alla profondità delle tabernae. Da qui poi il consolidamento del tessuto urbano attraverso l’insulizzazione, aggregazione di abitazioni monocellulari, fino ad un progressivo addensarsi di unità abitative. La griglia di origine centuriale dell’impianto degli antichi casali costituisce dunque il riferimento fisico con il quale il
Fig. 22. Pianta topografica del casale di Barra, G. Battista Porpora.
Figg. 23, 24. Preesistenze edilizie. Fotografie di Mimmo Jodice.
Fig. 25. Rione d’Azeglio, fronte nord. Schizzo di studio.
33
Edilizia residenziale pubblica a Napoli
nuovo costruito andrà a confrontarsi in termini di direzioni o giaciture sulle quali fondare i nuovi insediamenti. A partire dalla costruzione della città pubblica, con i quartieri razionalisti si passa dunque – come dirà lo stesso Cosenza – «dalla domus al falansterio»4; da borgo rurale, Barra diventa parte di città. Anche qui il quartiere diventa il modello insediativo con il quale disegnare spazi pubblici dotati di una minima autosufficienza con abitazioni «oneste, chiare, diciamo razionali: delle discrete case popolari per la cultura architettonica moderna, delle ottime per la cultura napoletana»5. Il piano del 1946 e i quartieri di Barra In questo scenario, Cosenza mette a punto per Napoli un disegno urbano attraverso l’individuazione di tre nuclei ‘satelliti’: l’area nord per le zone fertili, l’area ovest di Bagnoli come polo per lo sviluppo marittimo e industriale e l’area est per lo sviluppo portuale e industriale. Il piano del ‘46 costituiva, nelle intenzioni, un vero e proprio progetto per la Fig. 26. Schema del progetto urbano di L. Cosenza, C. Coen, F. Della Sala per Barra.
34
costruzione di una Napoli moderna, nella quale la rigida e chiara morfologia dei corpi seriali ben si inseriva nel territorio pur contrapponendosi alla natura agricola dello stesso. In una logica di sviluppo per poli, la periferia si preparava dunque ad essere «fattore evolutivo, la sede delle nuove istanze, delle nuove attività dei nuovi ceti»6 ma soprattutto frammento di una città volutamente razionale. In particolare, per Barra, Cosenza prevede la realizzazione di tre quartieri di edilizia residenziale pubblica in un’area dove precedentemente erano state realizzate le fondazioni di un intervento dell’ IFACP (Istituto Fascista Autonomo Case Popolari) interrotto dall’avvento della guerra. Il masterplan di Cosenza – con la collaborazione di Coen e Della Sala – prevedeva la costruzione di tre isolati residenziali con impianto a schiera e uno a villini, attrezzature pubbliche, spazi verdi di quartiere e giardini individuali a schiera con accesso dagli alloggi a piano terra. Ai tre autori del piano urbanistico, viene affidata anche la progettazione alla scala architettonica dell’attuale Rione
Barra e il piano Cosenza
d’Azeglio, composto da dodici edifici che, secondo le previsioni del disegno urbano dovevano ripetersi ancora in numero di quattordici nel lotto prospiciente via Giordano, strada attualmente chiusa in prossimità del quartiere. Più tardi, Carlo Cocchia realizzerà per questo isolato una chiesa cattolica su via Velotti. L’attuale Parco Azzurro, che corrisponde all’area in cui nel masterplan di Cosenza era prevista l’iterazione dei corpi di fabbrica del Rione Cavour, nonché la realizzazione di villini nel lotto triangolare di testata tra viale Due Giugno e via Figurelle, viene progettato da Cocchia in maniera dissimile a quanto previsto. Cocchia disegna nove edifici in linea, sei nel lotto suddetto e tre nel lotto tra via Figurelle e via Alberto Marghieri, in cui si sarebbe dovuto realizzare un edificio collettivo, probabilmente una scuola. Inoltre l’introduzione del tipo a torre nell’intervento ad opera di Cocchia, se da un lato determina una variazione tipologica nei quartieri di Barra, dall’altro genera discontinuità e irregolarità all’impianto urbano. I dodici edifici
previsti in sostituzione all’edilizia dell’ ex corso Vittorio Emanuele, oggi corso Bruno Buozzi, non verranno mai realizzati, lasciando le cortine del vecchio tessuto. Secondo Sergio Stenti, «se fosse stato realizzato per intero, Barra avrebbe avuto un quartiere razionalista compiuto, con le rigidezze delle schiere ma anche con le ampiezze degli spazi aperti nel verde»7. Contro l’idea che la lezione tedesca – qui facilmente rintracciabile – possa aver avuto una qualche influenza formalistica nel progetto di Cosenza, va chiarito che in ogni caso non si tratta di una semplice applicazione meccanica ma della condivisione di un approccio metodologico con il quale poter fondare le nuove città. Lo stesso Cosenza precisa: «ogni tentativo, anche indiretto di ripetizione stilistica non solo degraderebbe la creazione nuova ad arida accademia, ma soprattuto falserebbe la necessaria corrispondenza fra composizione architettonica e funzionalità distributiva e costruttiva cui aspira ogni generazione che si insedia in un ambiente urbano o rurale preesistente»8.
Fig. 27. Immagine fotografica a volo d’uccello dei quartieri residenziali di Barra.
35
Edilizia residenziale pubblica a Napoli
Figg. 28, 29, 30. Immagini attuali del Parco Azzurro, del Rione d’Azeglio, e del Rione Cavour.
36
Barra come area-studio L’attuale presenza simultanea di diverse identità urbane all’interno del territorio di Barra riflette sulla condizione attuale degli spazi di pausa tra il costruito: i vuoti. All’interno dei quartieri, quello che per Cosenza doveva essere uno iato verde, una pausa che ricordava la natura agricola degli antichi casali, oggi è spazio destinato per lo più a parcheggio o a verde incolto. A distanza di quasi settant’anni dal dimenticato biancore degli edifici, una lettura volta ad indagarne il valore, si rivela uno strumento analitico che fa emergere quanto sia ancora interessante e stimolante lavorare in un’ottica di riqualificazione che ambisca alla ridefinizione degli spazi mediante potenziali criteri d’ordine. Nei più recenti studi sulla città, la lettura sperimentale di Uwe Schröder9 indaga la dimensione urbana a partire da un’osservazione di natura spaziale, attraverso le diverse condizioni di internità o esternità dei fatti urbani. La città viene esaminata mediante una classificazione spaziale che individua i caratteri più o meno ‘densi’ della forma urbana. Alla densità della città compatta corrisponde un alto grado di internità che si stabilisce tra gli spazi che la compongono; viceversa il carattere di rarefazione proprio della città diffusa denota la prevalenza di spazi aventi un alto grado di esternità, condizione nella quale gli spazi aperti della natura rappresentano lunghe pause tra gli edifici. Applicando tale metodologia all’area studio è possibile fare delle riflessioni sul carattere urbano di Barra, comparando la situazione al tempo della realizzazione dei quartieri di ERP con lo stato attuale. Si desume così, che l’area a ridosso del forte segno definito dal fascio dei binari, così come disegnata da Cosenza, avrebbe fatto emergere la chiarezza
Barra e il piano Cosenza
dell’impianto razionalista dei quartieri in una logica di armoniosa coesistenza degli spazi interni (rossi) e quelli esterni (blu), in cui il segno della ‘barra’ è ancora immediatamente leggibile nella qualità di ‘interno’ degli spazi che la delimitano. L’area studio appare quindi avere doppia connotazione di tessuto compatto, rintracciabile nell’edificato di corso Sirena , e di struttura urbana più rada e schematica, propria dell’edilizia di iniziativa pubblica di matrice razionalista. Allo stato attuale,
invece, non è più chiaramente rintracciabile l’impianto originario del casale di Barra, che nel frattempo ha subito una sconsiderata crescita senza regole, inglobando nel caos anche i quartieri residenziali, la cui struttura, seppur ancora identificabile, è purtroppo molto lontana dalle intenzioni di chi aveva pensato di realizzare qui un pezzo di città alla maniera tedesca, che potesse, nella connotazione schroederiana vedere insieme il carattere proprio della città compatta e quello della città moderna.
1. L. Hilberseimer, Pianificazione regionale: integrazione di città e campagna in Id. Un’idea di piano, Marsilio, Padova 1967, p. 79. 2. A. Rossi, Il problema dell’abitazione in R. Bonicalzi (a cura di), Scritti scelti sull’architettura e la città 1956-1972, Qudlibet, Macerata 2012, p. 129. 3. G. Caniggia, G. Maffei, Ragionamenti di tipologia. Operatività della tipologia processuale in architettura, Alinea, Firenze 1997, p. 105. 4. Si veda F. Viola (a cura di), Luigi Cosenza. Lezioni di architettura 1955-1956, Clean, Napoli 2012. 5. E. Vittoria, I nuovi quartieri popolari a Napoli. La casa collettiva in M. P. Fontana, M. Y. Mayorga, Luigi Cosenza: Il territorio abitabile, Alinea Firenze, 2008, p. 111. 6. I. Insolera, Lo spazio sociale della periferia urbana in «Centro sociale» n. 30-31, Roma 1959-1960. 7. S. Stenti, I quartieri della ricostruzione, 1945-1951 in Id. Napoli moderna, Clean Edizioni, Napoli 1993, p. 109. 8. L. Cosenza, L’abitazione: composizione nel tessuto urbano in F. Viola, op. cit., pp. 77-78. 9. Cfr. U. Schröder, Pardié. Concept for a City after the Time Regime of Modernity, Verlage der Buchhandlung Walther König, Köln 2015.
37
Edilizia residenziale pubblica a Napoli
Fig. 31. Rotblauplan del progetto urbano di Luigi Cosenza per Barra.
38
Barra e il piano Cosenza
Fig. 32. Rotblauplan relativo allo stato attuale di Barra.
39
Tre edifici collettivi per Barra
Un progetto per Barra
Tre edifici collettivi per Barra Fig. 1. Schema dei principali assi viari.
Fig. 2. Individuazione del tessuto edilizio storico e dei quartieri di edilizia residenziale pubblica.
Fig. 3. Individuazione delle aree verdi esistenti.
42
Il progetto che in questo scritto si illustra propone la realizzazione di tre attrezzature collettive per la città di Barra, e più precisamente di una moschea, un centro per lo sport ed una stazione ferroviaria. In apparenza le tre architetture risultano difficilmente inscrivibili in una composizione unitaria poiché affrontano temi estremamente diversi tra loro, ma il carattere collettivo che le accomuna ha reso possibile la costruzione di un dialogo che fosse punto di partenza per una riqualificazione formale oltre che funzionale del quartiere di Barra. La proposta di realizzare delle attrezzature di interesse pubblico in un contesto come quello di Barra è senz’altro valida, data la quasi totale assenza di questo tipo di edifici sul territorio, la cui presenza è determinante ai fini della valutazione del benessere abitativo di un quartiere. Ma il progetto dei tre edifici pubblici non trova la sua validità in sole questioni urbanistiche legate all’osservazione dei corretti indici insediativi, di standard relativi ai rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e gli spazi pubblici. Si tratta della volontà di trasformare un’importante parte della periferia napoletana in una città a cui possa convenire tale appellativo, e perché questo sia possibile è senz’altro indispensabile pensare alla realizzazione di ‘elementi urbani di natura preminente’1. Come scrive Aldo Rossi nel paragrafo ‘Gli elementi primari’, contenuto in Architettura della Città, queste entità urbane si identificano per il loro carattere collettivo e sono in grado di definire nuclei di aggregazione che «partecipano dell’evoluzione della città nel tempo in modo permanente identificandosi spesso con i fatti costituenti della città»2.
Francesca Solaro
Tre edifici collettivi per Barra
Fig. 4. Tipologico di progetto.
43
Un progetto per Barra
Fig. 5. Individuazione delle aree verdi di progetto.
Il rapporto tra gli elementi primari e le aree residenziali, continua Rossi, determina la formazione della città stessa; citando H. P. Bahrdt3 «una città è un sistema nel quale tutta la vita, e quindi anche quella quotidiana, mostra la tendenza a polarizzarsi, a svolgersi cioè nei termini di aggregato sociale pubblico o privato […]. I settori della vita, che non possono venir caratterizzati né come ‘pubblici’ né come ‘privati’ perdono invece di significato […]».
Fig. 6. Individuazione degli edifici residenziali - in rosso - e delle annessioni di progetto - in giallo.
L’area residenziale Nell’attuale configurazione di Barra sono già rinvenibili, prevalentemente all’interno del tessuto storico della città, alcuni ‘elementi primari’ attorno ai quali le varie stratificazioni succedutesi nel tempo si sono adeguate per non stravolgere la funzione di queste consolidate realtà urbane. Al contrario, all’interno delle aree di edilizia residenziale moderna, questi elementi primari sono del tutto assenti, ed un siffatto stato di cose penalizza enormemente il carattere di città del tessuto urbano. Nonostante siano noti gli effetti prodotti dalla sconsiderata attività edilizia che su questi territori si è ripetutamente manifestata a partire dalla seconda metà del Novecento, è doveroso menzionare il solo episodio di successo che ha lasciato la traccia più significativa nella configurazione dei nuovi assetti urbani e che corrisponde alla costruzione dei quartieri residenziali realizzati secondo il disegno urbano redatto da Luigi Cosenza, dei quali si è opportunamente discorso nei precedenti paragrafi. Non è affatto un caso che il progetto dei tre edifici collettivi parta proprio da quella porzione del territorio di Barra che, insieme ad altri esempi rinvenibili nella vasta periferia napoletana, sono degna testimonianza di una precisa maniera di pensare alla città contemporanea che fonda le proprie ragioni su principi razionalisti
Fig. 7. Individuazione delle aree desitinate agli edifici collettivi.
Fig. 8. Individuazione degli assi viari di progetto.
44
Tre edifici collettivi per Barra
Fig. 9. Planivolumetrico del progetto.
45
Un progetto per Barra
ragion per cui, ancora oggi, è possibile rilevarne quella chiarezza compositiva di cui abbiamo ritenuto opportuno proporre, con il progetto di seguito illustrato, una continuità. Il carattere dei luoghi Per la costruzione delle architetture sono state individuate delle aree che risultano essere interessanti nodi urbani e le cui attuali configurazioni appaiono invece insufficienti o deboli a soddisfare le questioni che ne emergono; queste si individuano in una prima area all’interno della quale fondano gli ultimi due volumi residenziali del Rione D’Azeglio, e da cui risulta particolarmente significativo il rapporto con la cortina storica rivolta su via Egidio Velotti; la seconda area è individuata a ridosso del Rione Cavour e di parte del Parco Azzurro, quest’ultimo realizzato su progetto di Carlo Cocchia, all’interno della quale area si rileva la presenza ostica di un importante asse viario ininterrottamente persorso da chi raggiunge il capoluogo dalle limitrofe zone vesuviane e la cui collocazione, in stretta prossimità delle residenze, penalizza chiaramente la dimensione residenziale di questa zona; infine la terza area corrispondente alla superficie occupata dalla rete ferroviaria, altro importante nodo nel sistema extra-urbano, e che rappresenta un’interessante cerniera tra il tessuto densamente urbanizzato di Barra
46
e il territorio agricolo disposto al di là dei binari del treno. Le diverse condizioni derivanti dalla natura dei luoghi scelti per la collocazione dei tre edifici pubblici, sono diventate il presupposto che ha inciso sulla scelta di voler affermare, mediante alcuni e chiari elementi architettonici, un legame tra questi manufatti e il contesto in cui si inseriscono, diventando necessariamente dei forti connotati per queste composizioni. Si tratta di entità la cui definizione si pone in risposta ai rapporti già precedentemente accennati e che si concretizzano nella volontà di proporre la continuità della cortina muraria del centro storico di Barra per il progetto della moschea, posto nella prima area; di sopraelevare l’edificio pubblico rispetto alla quota stradale mediante l’utilizzo di una piastra per il progetto del centro sportivo situato nell’area tra le residenze e l’asse viario ad alta percorrenza; infine di riconnettere i campi agricoli posti al di là della linea ferrata, con il nucleo urbano più consolidato della città per il progetto della stazione ferroviaria, attraverso degli edifici-ponte. I tre elementi così configurati - il muro, la piastra ed il ponte – chiariscono l’attinenza dei tre edifici alla natura dei luoghi, escludendo a priori lo sconvolgimento dell’impianto esistente nel tentativo di riaffermare le logiche compositive del piano redatto da Cosenza.
Tre edifici collettivi per Barra
Il tema dell’edificio pubblico Altra questione è stata quella di tentare la costruzione di un discorso unitario tra i tre edifici collettivi che, sebbene destinati a diverse funzioni, rappresentano tutte alla stessa maniera una parte importante ed indispensabile della città. Come scrive Renato Capozzi all’interno del suo scritto che analizza le architetture ad aula progettate da Mies Van Der Rohe, nel chiarire le differenze dei vari modi dell’abitare desunti da Christian Norberg Schulz: «[…] Nell’abitare pubblico si premette l’adesione e condivisione di valori comuni in cui riconoscersi: il luogo della rappresentazione di tali valori, attraverso una specifica istituzione è l’edificio pubblico e in senso ampio il monumento. Il senso del collettivo è il raduno, è l’assemblea, è l’appropriazione di un luogo in cui l’incontro non è casuale bensì strutturato e organizzato»4. Nell’indagare, quindi, la forma più opportuna a definire tali luoghi dell’abitare pubblico, è apparso chiaro che l’aula fosse il modello maggiormente rispondente a questo tema. Il paradigma dell’aula è sempre risultato il più adeguato a rappresentare un edificio destinato alla collettività: dal tempio al teatro, dalla basilica al mercato. Le attività che una comunità è chiamata a svolgere all’interno di tali luoghi pubblici facilmente risulteranno molto diverse tra loro, esattamente come nel caso
specifico del progetto di questo scritto, in cui l’attesa di un viaggiatore all’interno di una stazione, l’allenamento di uno sportivo in una palestra risultano con evidenza essere attività che poco hanno a che vedere con lo stare in preghiera dinanzi un altare o un mihrab; ma così come confermano i riferimenti del passato, in cui il tipo ad aula fu utilizzato per edifici di scopi e dimensioni diverse tra loro, anche nel caso in questione, le peculiarità delle azioni esercitate nei tre edifici non si sono rese pretesto per determinare alcuna discontinuità nella generale composizione dei manufatti. Si è, di fatto, preferita la scelta di adoperare lo stesso tipo per tutti i tre edifici collettivi, scelta che rivela grande capacità esplicativa, che consiste nel chiarire la presenza di luoghi rappresentativi, propriamente chiamati monumenti, in grado di svelare la caratterisica di essere totalmente destinati alla comunità. Entrando, poi, nello specifico delle ragioni insite in temi così specifici e partciolari – il centro islamico, il centro sportivo e la stazione – sono chiaramente emersi i diversi caratteri che avrebbero assunto le tre aule. Antonio Monestiroli scrive «ogni tema viene posto dalla collettività cui appartiene storicamente e torna, dopo essere stato nuovamente svolto, alla collettività stessa»5.
Fig. 10. Prospetto verso il lotto delle residenze di progetto.
47
Un progetto per Barra
Fig. 11. Foto del modello in scala 1:500.
48
Partendo dal progetto della moschea, si può affermare che il tema dell’aula sacra già contenga di per sé una serie di precetti da cui è possibile desumere alcuni importanti connotati da attribuire all’edificio. Si tratta in primo luogo di uno spazio di preghiera, di raccolta dei fedeli nell’atto di compiere un rituale che si svolge all’interno di un unico invaso e la caratteristica principale di tale invaso consiste nell’essere poco permeabile allo spazio esterno. Il carattere dell’edificio, in questo modo, sarà estremamente introverso, nel tentativo di mettere in scena la solennità tipica dei luoghi di culto e che risulta confermata dagli archetipi da cui muovono queste architetture6. Secondo il principio che sia la costruzione a dover rivelare il carattere dell’edificio, è stato pensato ad un paramento murario che cinge l’aula lungo tutto il suo perimetro esprimendo, di fatto, una contingenza con l’elemento del muro che definisce invece il rapporto di continuità con i fabbricati storici del centro cittadino, completando la definizione del carattere dell’edificio e il suo inserimento nel contesto urbano. In questo modo i due elementi principali del centro islamico, il muro e l’aula, vengono ricondotti all’interno di un unico ordinamento compositivo proprio mediante l’utilizzo del medesimo carattere murario. I progetti delle aule sportive e della stazione hanno seguito direzioni diverse da quelle che hanno segnato le scelte compositive dell’aula sacra della moschea. La ragione di questa diversità muove da una delle definizioni che sempre Antonio Monestiroli attribuisce al tema di architettura, ovvero che in questo è racchiuso l’insieme dei valori
Tre edifici collettivi per Barra
Fig. 12. Foto del modello in scala 1:500.
49
Un progetto per Barra
Fig. 13. Foto del modello in scala 1:500.
riconosciuti dalla comunità7. Questa definizione ha avviato una riflessione in merito all’imprescindibile riconoscibilità di carattere da destinare ai tre edifici collettivi. Nonostante sia valido, per tutti e tre gli edifici, il principio di dover accogliere un ingente numero di persone all’interno dello stesso spazio, un’architettura sacra è investita, dalla stessa comunità che ne usufruisce, di un carattere straordinario e, per questo, si richiede che sia di immediata riconoscibilità rispetto ai restanti luoghi pubblici che caratterizzano la città. Nel definire, dunque, il carattere delle aule sportive e della stazione ferroviaria, si è pensato ad una costruzione totalmente
diversa da quella espressa dal muro dell’aula sacra, ricorrendo ad una struttura modulare in acciaio e vetro che si identifica, di fatto, nell’elemento della copertura degli ampi spazi dove, rispettivamente, si prevedono l’allenamento degli atleti e l’attesa dei passeggeri. Le costruzioni così definite risultano esattamente rispondenti alle attività previste al loro interno poiché, consentendo alla luce naturale di invadere lo spazio interno, confermano il carattere di un edificio in un certo senso aperto e stabiliscono, in questo modo, un distacco dal carattere dichiaratamente introverso dell’aula sacra, necessario a rivelare le intime ragioni degli edifici.
1. A.Rossi, Architettura della città, Quodlibet, Macerata 2010, p.89. 2. Ivi. 3. H.P. Bahrdt, Lineamenti di sociologia della città, Marsilio, Padova 1977, pp. 12-34. 4. R.Capozzi, Le architetture ad aula: il paradigma Mies van der Rohe, Clean, Napoli 2011, p.38. 5. A. Monestiroli, La metopa e il triglifo, Laterza, Roma 2002. 6. Cfr. J.D. Hoag, Architettura islamica, Mondadori, Milano 1973. 7. A. Monestiroli op.cit.
50
Tre edifici collettivi per Barra
Fig. 14. Schizzo di studio sul progetto urbano. Disegno di Renato Capozzi
51
Un progetto per Barra
Il Centro Sportivo Il progetto del centro sportivo è stato concepito come un’architettura urbana che instaura una specifica relazione con il luogo su cui si attesta, contrariamente all’idea sempre più diffusa che vede gli impianti sportivi al pari di oggetti dal carattere autoreferenziale, dotati di grandi impianti tecnologici ma del tutto privi di relazioni con la reale natura dell’edificio e con il contesto in cui si insedia. In merito alla progettazione di un simile manufatto esistono, sì, prescrizioni normative precise in grado di consentire al progettista il controllo dell’organizzazione e del funzionamento di uno spazio così complesso; ma la costruzione di un edificio, che è un luogo pubblico e per questo riveste un importante ruolo nella configurazione di una città, non può in nessun modo presentarsi come un’opera standardizzata, concepita esclusivamente sulla base di norme dettate da ragioni di natura funzionale. Un centro sportivo è prima di tutto uno spazio aperto alla collettività ed è esattamente da questo assunto che è stata condotta l’esperienza progettuale. La natura collettiva dell’edifico ed il luogo in cui esso si dispone hanno costituito i principi da cui sono derivate le scelte degli elementi architettonici che caratterizzano il progetto del centro sportivo: il basamento e l’aula. Il Luogo Il lotto da destinare a quest’attrezzatura si colloca nella parte terminale di un’area densamente popolata, che risulta caratterizzata a monte dal nucleo storico della città di Barra, un denso agglomerato di edifici a corte puntualmente stravolti da interventi succedutisi nel tempo, e nel mezzo da edilizia residenziale del secondo dopoguerra: una sequenza di diverse tipologie abitative – in linea, a ballatoio e 52
Francesca Solaro
torre – organizzate in unità urbane meno dense rispetto alla cortina storica, in cui si frappongono stecche residenziali e spazi di verde pubblico. Di questo lotto abitativo, attualmente, non è distinguibile un limite inferiore, limite per giunta necessario ed indispensabile a definire un margine tra il quartiere delle residenze ed il caotico traffico veicolare che ha luogo, senza nessun filtro, nelle immediate vicinanze dei parchi residenziali. Collocandosi in questo punto per così dire nevralgico, al progetto dell’attrezzatura collettiva è stato affidato il compito di definire la parte terminale mai realizzata del lotto residenziale. La scelta di come compiere un simile proposito è ricaduta sulla definizione di una piastra che si caratterizza di un’altezza tale da configurare il limite visivo, oltre che fruitivo, percepito stando alla quota della strada. In questo modo si rende possibile la distinzione tra l’ambito privato, rappresentato dalle abitazioni e quello pubblico delle attrezzature e degli spazi verdi. La scelta di realizzare un elemento architettonico dal prevalente sviluppo orizzontale ma di considerevole altezza – 4 metri – potrebbe presentare non poche criticità qualora questo elemento venisse percepito come una ‘chiusura’ dell’intero quartiere nei confronti delle aree limitrofe. Per scongiurare, così, il rischio di isolare una parte importante della città, è stata operata la scelta di progettare un taglio all’interno della piastra, la quale, in questa maniera, si presenta in due distinte parti, configurandosi come la naturale prosecuzione dell’asse viario che percorre
Il Centro Sportivo
l’intero lotto residenziale fino al nucleo storico della città. Una scelta simile non solo elimina di fatto il determinarsi di un’isola urbana in cui è assente il collegamento con tutte le parti di città contigue, ma risulta in qualche modo capace di rafforzare la presenza del basamento. Il Tema delle le Aule sportive Chiarite le prime volontà progettuali, scaturite per l’appunto dall’analisi del luogo, si è affrontato il tema della composizione di un centro sportivo. Un edificio all’interno del quale si svolgono attività sportive, oltre che essere caratterizzato da una serie di ambienti di servizio indispensabili al corretto funzionamento dell’attrezzatura, che in questo specifico caso sono disposti all’interno del grande basamento sopra
descritto, si compone necessariamente di uno o più impianti sportivi. La definizione di tali spazi è stata risolta mediante l’utilizzo di due tipi ad aula i quali si presentano come ampi spazi vuoti ricavati per sottrazione della massa del grande corpo che si innesta su tutta la superficie del lotto. All’interno di questi ampi spazi indivisi sono disposti i campi da gioco, che nel caso di un’ala del centro sportivo è rappresentato da una vasca natatoria, e da lunghe file di spalti. Il carattere delle due aule sportive, pensate delle medesime dimensioni, è affidato di fatto alla costruzione delle grandi coperture che sovrastano gli spazi dei campi da gioco, e la cui struttura si articola mediante un reticolo spaziale in acciaio, disegnato su una maglia modulare di travi e pilatri di 3 metri di interasse. Le coperture delle aule sportive si caratterizzano di un’altezza tale da poter consentire la presenza di due ballatoi sull’intero perimetro dell’aula, consentendo al pubblico di assistere agli eventi sportivi anche da una quota superiore.
Fig. 15. Vista prospettica dell’edificio.
53
D
C
Un progetto per Barra
3
5
1
6
B
B
Centro Benessere
10
7 2 A
A
Piscina
2
Basket
10 4 10
5 4
3
7
7
6
6
5
5
3 1 2
1 9
8
8 2 10
10 9 12
11
D
C
PIANTA QUOTA (0.00)
Il Carattere dell’edificio A questo punto è opportuno sostenere che il progetto del centro sportivo, così configurato, risulta possedere due caratteri diversi e che appartengono a due distinte porzioni dell’edificio. Il primo carattere si rivela dalla compattezza del basamento che si dispone sulla forma irregolare del lotto su cui si erge, enfatizzato dall’utilizzo delle scure lastre marmoree 1 - Atrio 2 - Receptio 3 - Bar 4 - WC per pubblico 5 - Uffici
54
6 - Spogliatoio Donne 7 - Spogliatoio Uomini 8 - Spogliatoio istruttori 9 - Infermeria 10 - Deposito
scelte per il rivestimento, al cui interno sono collocati gli ambienti di servizio. La compattezza di questo elemento architettonico è mantenuta per tutti i suoi lati, ad eccezione del fronte su strada, sul quale si articola un’imponente gradinata che raccorda la quota stradale a quella della copertura della piastra, oltre che da alcuni patii pensati 11 - Sala attrezzi 16 - Ballatoio su aula 12 - sala massaggi sportiva 13 - Centro benessere 14 - Corpo di collegamento 15 - Terrazza/Bar
Il Centro Sportivo
PROSPETTO OVEST
PROSPETTO NORD
PROSPETTO SUD
PROSPETTO EST
55
D 7
B
C
Un progetto per Barra
B
6 A
A
16
16
15
15
14
D
C
PIANTA QUOTA (0.00)
per garantire la corretta illuminazione ed aerazione delle aree di ristoro e dei connettivi qui disposti, garantendo in questo modo la presenza di piccoli spazi aperti di pertinenza esclusiva dell’attrezzatura. Il secondo carattere è rappresentato dalla
1 - Atrio 2 - Receptio 3 - Bar 4 - WC per pubblico 5 - Uffici
56
6 - Spogliatoio Donne 7 - Spogliatoio Uomini 8 - Spogliatoio istruttori 9 - Infermeria 10 - Deposito
geometria esatta delle copertura delle aule sportive e che, differentemente dalla forma irregolare del basamentopiastra su cui poggiano, stabiliscono una continuità di forma con i volumi regolari delle tipologie residenziali disposte all’interno lotto.
11 - Sala attrezzi 12 - sala massaggi 13 - Centro benessere 14 - Corpo di collegamento
15 - Terrazza/Bar 16 - Ballatoio su aula sportiva
Il Centro Sportivo
SEZIONE AA
SEZIONE BB
SEZIONE CC
SEZIONE DD 57
Un progetto per Barra
E
H
F
F 15
G
E
G
15
15
H
PIANTA COPERTURE
1 - Atrio 2 - Receptio 3 - Bar 4 - WC per pubblico 5 - Uffici
58
6 - Spogliatoio Donne 7 - Spogliatoio Uomini 8 - Spogliatoio istruttori 9 - Infermeria 10 - Deposito
11 - Sala attrezzi 12 - sala massaggi 13 - Centro benessere 14 - Corpo di collegamento
15 - Terrazza/Bar 16 - Ballatoio su aula sportiva
Il Centro Sportivo
59
Un progetto per Barra
6
7
PIANTA QUOTA (0,00)
6
7
PIANTA QUOTA (+4,00)
PROSPETTO-SEZIONE EE
11 11
PIANTA QUOTA (+7,00)
PIANTA QUOTA (+10,00)
La Torre sportiva Come già si è scritto in precedenza, l’analisi del luogo su cui è stata progettata l’attrezzatura collettiva ha prodotto alcune chiare considerazioni; tra queste, il progetto di una ‘torre per lo sport’ è risultata piuttosto evidente a causa della presenza, nelle immediate vicinanze dell’area, dello stesso tipo edilizio al cui interno trovano collocazione un certo numero di residenze. Le torri residenziali furono realizzate successivamente agli edifici in linea e a ballatoio, e la loro collocazione sembra seguire una direzione obliqua non esattamente disegnata, attraversando il rione Cavour ed il parco Azzurro. Non solo la scelta del tipo, che sviluppa una verticalità insolita e del tutto estranea al tessuto urbano, conferisce a queste 60
PROSPETTO-SEZIONE FF
architetture un aspetto ‘estraneo’, anche la disposizione irregolare che trovano nel lotto, allontana questi elementi dalla volontà di configurarli come dei come dei punti di demarcazione dell’area residenziale. In confronto ai volumi compatti delle residenze in linea ed a ballatoio che contraddistinguono l’intero lotto, la presenza delle tre torri, e più in particolare del modello che ricade nei confini del lotto su cui è progettato il centro sportivo, genera un contrasto visivo impossibile da eliminare, assumendo al tempo stesso una discreta importanza nel disegno del profilo stradale e dell’asse pedonale disposto all’interno del lotto residenziale. Per questo motivo, la scelta di progettare una torre delle medesime dimensioni in pianta ed in alzato e disposta
Il Centro Sportivo
6
7
PIANTA QUOTA (+13,00)
11
PIANTA QUOTA (+19,00)
11
PIANTA QUOTA (+16,00)
PROSPETTO-SEZIONE GG
15
PIANTA QUOTA (+22,00)
simmetricamente all’originaria, secondo il nuovo viale pedonale, è risultato il modo più efficace per rafforzare la presenza di un tipo edilizio inconsueto all’isolato urbano, tale da diventare punto visivo di riferimento al pari dell’alto campanile disposto sulla testata del lotto. Le due torri risultano essere analoghe solo nelle proporzioni; mentre la prima presenta in facciata il rigore linguistico dei fronti residenziali, la seconda declina anch’essa il duplice carattere dell’attrezzatura collettiva prima descritta: un nucleo marmoreo compatto racchiude i collegamenti verticali mentre le singole aule sportive sono definite dai volumi stereometrici il cui carattere, anche in questo caso, è esaltato dalla struttura mod modulare in acciaio. Il progetto del centro sportivo così configurato si pone come un oggetto
PROSPETTO-SEZIONE HH
architettonico di grandi dimensioni che punta alla definizione di un luogo urbano più che di un edificio isolato. È una costruzione che afferma la propria estensione in contrasto con la frammentarietà dei quartieri residenziali, disegnando un punto di riferimento importante per la città, non solo tramite la presenza del basamento, ma soprattutto attraverso la costruzione delle Aule sportive, rigorose e precise, alle quali di fatto è affidato il compito di rivelare con esattezza la natura pubblica dell’edificio.
61
Un progetto per Barra
Fig. 17. Particolare di Sezione .
Fig. 18. Particolare di Pianta.
62
Il Centro Sportivo
Fig. 19. Dett.1 Particolare costruttivo
63
Un progetto per Barra
Fig. 20. Vista prospettica del centro sportivo dal lato strada.
Fig. 21. Vista prospettica del centro sportivo dall’interno del lotto residenziale.
64
Il Centro Sportivo
Fig. 22. Particolare della Torre sportiva e della gradinata.
Fig. 23. Vista prospettica del centro sportivo dal lato strada - dettaglio della Torre sportiva.
65
Un progetto per Barra
Figg. 24, 25. Foto del modello in scala 1:200.
66
Il Centro Sportivo
Figg. 26, 27. Foto del modello in scala 1:200.
67
Un progetto per Barra
La Moschea Il progetto di una moschea rappresenta occasione di riflessione sul tema dell’architettura sacra. Un edificio religioso è anzitutto un luogo di preghiera, e questo accomuna una chiesa, una moschea, una sinagoga. Ognuno di questi edifici prende forma dal rito – dal lat. rītu(m), della stessa radice del greco arithmós ‘numero’ e del sanscrito rtám ‘ordine’, conforme a ciò che richiede la religione –; ed è proprio in ragione della differenza tra i riti che gli spazi sacri si distinguono tra loro. Nel mondo islamico, la moschea non è la casa di Allah, ma luogo di riunione per la preghiera, ove si svolgono percorsi rituali collettivi; il Corano infatti non individua edifici per il culto: moschea è qualunque ‘luogo ove ci si prostra’ – masjjd in arabo – pulito e orientato. Ma anche se questa considerazione indurrebbe a pensare che non vi siano indicazioni da seguire per la progettazione di un tempio islamico – dal momento che il Profeta si è sottratto dall’accostare il culto musulmano a una definita forma architettonica – tuttavia la forse naturale attitudine dell’uomo a edificare e a destinare un luogo formalmente definito alla adorazione di Dio ha portato alla costruzione di innumerevoli e magnifiche moschee. «La nozione fondamentale sulla quale si basa l’organizzazione di uno spazio sacro» – scrive Giuseppe Strappa – «è dunque quella simbolica e funzionale, di moto e quelle, ad essa associate, di pausa del moto, interruzione, sosta: di percorso che unisce tra loro i diversi poli dove si svolgono le funzioni rituali. Questo moto, in un edificio religioso, è diverso da quello che si svolge in qualsiasi altro edificio. Non è semplice camminare: il fedele incede, piuttosto, muove dal portale in direzione dei poli rituali cosciente della nobiltà dell’atto che compie, con il portamento che lo separa dal mondo esterno che si 68
Claudia Sansò
è lasciato alle spalle. Il quale incedere, ripetuto nel tempo, assume significato rituale»1. La ripetizione dei gesti di fede – ingresso nel grande recinto al richiamo del muezzin, abluzione, ingresso nella moschea e prostrazione in segno di preghiera – è fortemente connessa alla disposizione degli elementi architettonici che costituiscono questo edificio sacro: il minareto, il grande recinto, l’aula. Edificio che possiamo definire dunque paratattico; con il termine ‘moschea’ infatti i musulmani non intendono la sola aula di preghiera bensì l’intero complesso religioso costituito da elementi architettonici diversi. Dall’analisi di questi elementi, emerge che è indispensabile la presenza di due muri: uno rivolto verso La Mecca, direzione (quibla) a cui un musulmano deve volgere il suo sguardo durante il salat (preghiera) e un altro perpendicolare al primo. L’assetto geometrico che ne deriva in maniera imprescindibile, quasi a manifestazione tangibile del concetto di remissività (musulmano vuol dire ‘sottomesso’) getta le basi per un ragionamento compositivo che, nel caso del progetto della moschea a Barra, vuole stabilire un rapporto con il luogo nel quale viene progettata, nonostante le giaciture imposte sembrino preludere all’indifferenza dell’impianto morfologico del tessuto urbano. Il progetto di un centro islamico a Barra nasce, dunque, fondato su due principi cardine che sono la coerenza con la tradizione islamica, da un lato, ma anche il tentativo di stabilire, in un luogo preciso, un dialogo tra Occidente ed Islam, tra cristiani e musulmani: tentativo tradotto, in prima istanza, collocando la moschea accanto alla preesistente chiesa cattolica, su progetto di Cocchia, in via Velotti. L’atto fondativo del progetto è il recinto,
La Moschea
Fig. 28. Vista prospettica dell’aula di preghiera dal recinto.
che deriva dal modello della casa di Maometto a Medina, con all’interno un luogo specializzato che corrisponde all’aula sacra avente due giaciture che derivano dall’angolo di rotazione di 124° tra Barra e La Mecca; il recinto va poi ispessendosi fino a diventare edificio per definire il fronte urbano su via E. Velotti. L’aula di preghiera affida il suo carattere al sistema plastico-murario: il carattere massivo, dato dalla scelta di avere solo piccole aperture e rade feritoie, ricorda l’immagine volumetrica della Kaaba, il luogo più sacro dell’Islam, nella grande moschea de La Mecca. Nel muro orientato, viene solitamente collocato il mihrab, la nicchia dalla quale l’imam guida la preghiera. Qui, lo spazio destinato ad abside viene ricavato dallo slittamento del muro della quibla che avanza in direzione de La Mecca e si innalza fino al solaio, insieme ai due muri perpendicolari, verso la chiesa cattolica in segno di propensione. L’aula di preghiera viene collocata all’interno di un recinto, spazio sacro agli arabi, il cui tema merita anch’esso un’attenzione particolare. Il recinto e il tetto – altro elemento significativo nel progetto, come si vedrà di seguito –
secondo Renato Capozzi sono tra i più emblematici elementi archetipici «che nel loro combinarsi definiscono i modi della conformazione e costituzione architettonica [...] perché rimandano ad altrettanti principi regolativi e costitutivi del costruire per l’abitare: quello del delimitare, perimetrare, separare, individuare un luogo distinto e quello complementare del ripararsi, del tegere, del coprire per consentire una moltitudine di attività umane emancipate alla natura selvaggia»2. In quanto elemento archetipico legato all’atto del ‘delimitare’, dunque il recinto assume nel pensiero islamico importanza fondamentale non solo come segno fisico ma soprattutto come idea legata alla costruzione di un luogo destinato alla introspezione e all’isolamento che il momento dell’incontro con Dio richiede; perfino il tappeto sul quale i musulmani pregano, può essere concepito idealmente come un recinto dal momento che viene usato come atto di delimitazione dello spazio della preghiera e di separazione dal resto del mondo. Sul lato opposto alla sala di preghiera, il muro è arricchito dalla presenza di un tetto, sorretto da colonne disposte a quinconce con lo scopo di enfatizzare e 69
Un progetto per Barra
PIANTA QUOTA (0.00)
dinamizzare lo spazio, configurando una superficie ipostila destinata alle abluzioni preliminari all’ingresso nella moschea che risponde alla prescrizione coranica per la quale i fedeli, prima di entrare nel tempio, devono spogliarsi delle scarpe e degli abiti sporchi. Dunque il tetto e il recinto non intendono stabilire solo condizioni di riparo e separazione ma anche costruire un luogo di raccolta; uno spazio internoesterno, un interno a cielo aperto, permeabile alla vista e all’ingresso, volto ad ospitare parti di natura al suo interno con lo scopo di recuperare quanto lasciato al di là del muro e con cui l’uomo vuole ristabilire una relazione. «L’ipostilo come spazio misurato/punteggiato dai sostegni a connettere terra (crepidoma) e cielo (copertura), in larga misura non è altro che la pietrificazione/astrazione di un bosco»3. Su via Velotti, un corpo longitudinale, che riprende la dimensione in lunghezza degli edifici residenziali del Rione Cavour ai quali è allineato, viene concepito come l’ispessimento del muro del recinto fino a diventare esso stesso muro accogliendo 70
le funzioni del centro di cultura islamica – sala convegni, biblioteca, madrasa, sala espositiva – volendo rappresentare il luogo dove si auspica che possa avvenire la conoscenza e l’incontro tra due mondi e due culture che oggi spesso coabitano nelle periferie della nostra città. Dal punto di vista compositivo si potrebbe parlare di ‘periodo complesso’, in cui due differenti modalità vengono utilizzate per comporre questo progetto. La composizione degli edifici segue una modalità di tipo paratattico laddove l’aula, il centro islamico come ‘muroedificio’, lo spazio ipostilo come ‘murotetto’, sono accostati tra di loro e mantengono una propria autonomia ma, in qualche modo, proprio l’elemento 1. Ingresso 2. Amministrazione 3. Sala congressi 4. Alloggio himam 5. Aula di preghiera 6. Abluzioni e deposito scarpe femminile
7. Abluzioni e deposito scarpe maschile 8. Deposito tappeti 9. Vasche abluzioni sala ipostila aperta 10. Minareto
La Moschea
PROSPETTO NORD-EST
PROSPETTO SUD-OVEST
PROSPETTO NORD-OVEST
SEZIONE A-A’
PROSPETTO SUD-EST
SEZIONE B-B’ 71
Un progetto per Barra
PIANTA QUOTA (+4.00)
PIANTA QUOTA (+7.00)
del muro-recinto tiene assieme tutte le parti del progetto in una composizione che diventa in qualche misura anche sintattica in quanto il muro non rappresenta solo un limite o una banale congiunzione tra le parti ma è l’elemento di unione tra le parti stesse. Al disegno complessivo partecipano ulteriori elementi, stavolta naturali – la luce, l’acqua, il verde – che, seppure gerarchicamente di rango inferiore, non sono mai separati o disgiunti dal disegno d’insieme. 72
11. Madrasa 12. Sala espositiva 13. Matroneo - aula di preghiera 14. Deposito tappeti 15. Sala lettura
La Moschea
SEZIONE C-C’
SEZIONE D-D’
SEZIONE E-E’
73
Un progetto per Barra
PIANTA COPERTURE
Il principio introspettivo ed in particolare il principio murario sono i fondamenti del progetto; il muro è l’elemento di costruzione del paradigma inclusivo che trova nel recinto il suo modello archetipico. Nel progetto, il principio murario del recinto – diaframma con il duplice compito di delimitare e includere spazi – si trasforma diventando ‘muro abitato’ con l’esigenza di ospitare al suo interno veri e propri spazi fruibili, è il caso dell’edificio longitudinale che raggiunge la sua massima espressione nell’aula, dove si configura quasi come un volume che attraverso un processo scultoreo di sottrazione della materia diventa spazio abitabile. Il muro, elemento archetipico dell’atto edificatorio, è infatti, nel progetto, il principio da cui muove tutta la costruzione. Il recinto è un muro, con piccole aperture che conferiscono 74
carattere allo stesso e che si preoccupano di comunicare con l’esterno. L’edificio rettangolare del centro islamico è anch’esso concepito come un muro, tanto da non denunciarsi con una vera e propria facciata su via Velotti ma utilizzando un registro di piccole bucature sfalsate che filtrano la luce naturale conferendo carattere sacrale agli ambienti interni senza che siano leggibili i diversi livelli in cui l’edificio è articolato. Differentemente il prospetto interno si definisce con un grigliato di mattoni, antico tema costruttivo caro al mondo arabo, che determina un disegno ‘tessuto’ attraverso i cui interstizi la luce penetra le retrostanti grandi vetrate a tutta altezza. Qui, il carattere dell’edificio cambia enunciandosi nel grande spazio recintato attraverso un sistema a telaio.
La Moschea
SEZIONE F-F’
SEZIONE G-G’
SEZIONE H-H’
A completare la composizione, un elemento a torre, il minareto, che sovrasta lo spazio con la sua verticalità anch’esso orientato verso la città sacra. La sua originaria funzione, quella del richiamo alla preghiera da parte del muezzin è oggi quasi del tutto perduta ma
la scelta di non rinunciare alla presenza di tale elemento è dettata dalla volontà di lasciarne il simbolismo e di porre la torre, destinata a ‘guardare ed essere guardata’, in relazione al mondo cristiano instaurando un rapporto di dialogo con il campanile della vicina chiesa.
1. G. Strappa, La formazione dello spazio per il culto, in Id. (a cura di), Edilizia per il culto. Chiese, moschee, sinagoghe, strutture cimiteriali, UTET, Torino 2005.
recinto, in Id., L’architettura dell’ipostilo, AIÓN, Firenze 2016, p. 51. 3 Ibidem, p. 55.
2. R. Capozzi, Gli elementi archetipici originari: il tetto e il
75
Un progetto per Barra
Fig. 29. Dettaglio costruttivo Aula di preghiera_ prospetto/ sezione.
Fig. 30. Dettaglio costruttivo Aula di preghiera_ pianta.
76
La Moschea
Fig. 31. Dettaglio a_ sezione.
Titolo capitolo terzo
Fig. 32. Dettaglio b_ pianta.
1. Intonaco 2. Laterizi forati 3. Pannello isolante 4. Intercapedine 5. Trave in cls armato 6. Travetti in cls precompresso 7. Pignatte in laterizio forato 8. Rete elettrosaldata 9. Massetto 10. Massetto delle pendenze 11. Guaina impermeabilizzante 12. Scossalina metallica
77
Un progetto per Barra
Fig. 33. Vista prospettica del sistema a telaio dell’edificio longitudinale.
78
La Moschea
Fig. 34. Vista esterna della moschea da via E. Velotti.
Fig. 35. Vista dell’aula di preghiera dal recinto.
79
Un progetto per Barra
Figg. 36, 37, 38, 39. Foto del modello in scala 1:200.
80
La Moschea
81
Un progetto per Barra
La stazione
L’attrezzatura ferroviaria rappresenta l’impalcato infrastrutturale su cui si sono sviluppate le città dall’Ottocento ad oggi, e nella contemporaneità il tema delle stazioni torna ad essere luogo nodale e rappresentativo della città per lo sviluppo dello spazio urbano. I nodi infrastrutturali oggi divengono luoghi dove coesistono funzioni ed usi differenti poiché i viaggi, gli spostamenti, le attese, sono parti di tempo che le persone trascorrono della loro vita. La stazione diventa così un luogo attrezzato per soddisfare le necessità di chi deve e vuole trascorrere fruttuosamente ogni parte della giornata, ed essa diviene luogo di incontro tra soggetti portatori di interessi disomogenei e molteplici ed elemento di connessione del passaggio da un ‘fuori’ urbano virtualmente caotico ad un universo ferroviario in cui prevale la dimensione del movimento. Per questo, il progetto di una stazione di interscambio per il quartiere di Barra ha rappresentato un importante momento di riconfigurazione urbana.
82
Antonella Spaduzzi
L’attrezzatura ricopre una posizione rilevante all’interno del sistema ferroviario campano, poiché è proprio a Barra che convogliano le linee provenienti dalla gran parte della provincia napoletana. La stazione ferroviaria, oggi è una stazione in superficie, passante e di diramazione a cui fanno capo due linee ferroviarie, la Napoli-Sarno e la Napoli-Poggiomarino. È una stazione di grande frequenza e rappresenta un nodo intermodale tale da non dover assolvere la sola funzione di edificio ferroviario. La presenza della linea ferrata ha però avuto ripercussioni negative sul tessuto urbano, comportando la scissione del territorio in due distinte parti: da una parte il quartiere residenziale del secondo dopoguerra che, a ridosso del nucleo storico, presenta volumi semplici ordinati secondo una precisa successione, dall’altra il tessuto rurale difficilmente ascrivibile ad un ordine programmato, protagonista di uno sviluppo del tutto spontaneo e in tempi recenti sregolato. L’occasione di ridisegnare un siffatto nodo
La Stazione
L’occasione di ridisegnare un siffatto nodo infrastrutturale ha da subito portato a riflettere sulla possibilità di riconnettere le due parti della città. Per questo motivo l’edificio è stato pensato in primo luogo come una ‘cerniera urbana’, capace di assolvere il compito di ricomporre morfologicamente le due parti di città che la presenza della linea ferrata separa. La fase progettuale, ha tenuto conto degli elementi morfologici del contesto territoriale in cui essa s’insedia infatti questa, radicandosi e dialogando con il luogo, ne assume le condizioni in cui si colloca e pertanto, la lettura dello stato dei luoghi della città periferica a nord di Napoli, ha permesso d’individuare tre elementi tipologici centrali per il progetto della nuova stazione della Circumvesuviana di Barra, il Ponte, l’Aula e la Copertura. Il tema della stazione ferroviaria, ovvero un ‘luogo di arrivo e partenza di mezzi e persone’, trova la sua miglior forma nell’utilizzo del tipo ad aula e volutamente
rispondente, alla scala urbana, con il progetto dell’aula sacra e dell’aula sportiva nell’intento di rendere chiara la lettura delle nuove attrezzature collettive progettate per il quartiere di Barra. Un altro elemento che formalmente caratterizza l’edificio è il ponte: con esso si chiarisce l’intenzione di connettere i volumi residenziali con tutto ciò che è posto al di là della linea ferrata - i casali ed il paesaggio agricolo. È all’incrocio con gli assi ferroviari che s’innalzano le strutture a ponte i cui basamenti s’insediano e si confrontano con il quartiere Cavour, tanto da riprenderne la giacitura delle stecche abitative. Il legame con la città è forte e la volontà di aprirsi ad essa e dialogarvi è rappresentato dalla scelta di avere i due dei tre parallelepipedi (di cui due sono i ponti esclusivamente a servizio della stazione ed uno destinato a sovrappassaggio ferroviario pedonale che collega le due fette di città) completamente vetrati, che si alternano alla monoliticità e alla compattezza del fronte urbano.
Fig. 40. Vista prospettica dell’edificio dalla strada.
83
Un progetto per Barra
PIANTA QUOTA (+1.00)
l’attraversamento trasversale degli stessi, sono metafora di cucitura con l’altra parte di città separata dall’asse ferroviario. Gli stessi, che poggiano su di un basamento ad essi ortogonale, terminano in aggetto verso il territorio di Barra caratterizzato prevalentemente da un uso agricolo. L’invaso ferroviario in sé, è pertanto circoscritto dai due corpi basamentali che delimitano lo spazio e separano l’interno dall’esterno. Il fabbricato viaggiatori che si relaziona con il quartiere Cavour si sviluppa su due piani tale da restituirne un fronte urbano dinamico, generato attraverso la concatenazione di 84
1 - Igresso/atrio 2 - Biglietteria 3 - Sala d’attesa 4 - Agenti di viaggio 5 - Deposito bagagli 6 - Edicola
7 - Impianti 8 - Servizi 9 - Ristorante 10 - Attività commerciali
La Stazione
PROSPETTO SUD
PROSPETTO NORD
SEZIONE AA
SEZIONE BB
85
Un progetto per Barra
PIANTA QUOTA (+5.85)
forme geometriche essenziali. L’edificio ferroviario è parte strutturante dell’architettura della città ed è frutto dell’interazione con la struttura urbana del quartiere residenziale progettato da Luigi Cosenza. L’edificio in questo modo si esprime attraverso un disegno dalla forte chiarezza planimetrica, esso s’insedia fortemente nel tessuto urbano, dal quale ne desume i principi insediativi di connessione longitudinale-trasversale, assunto da un lato attraverso i ponti che si sviluppano trasversalmente rispetto 86
1 - Sala d’attesa 2 - Agenti di viaggio 3 - Edicola 4 - Impianti 5 - Servizi 6 - Ristoro 7 - Locale Telecomando
8 - Locale Segnalamento 9 - Locale Diriginza 10 - Locale Quadri Elettrici 11 - Locale Telecomunicazioni
La Stazione
SEZIONE CC
SEZIONE DD
SEZIONE EE
ai binari ferroviari e in continuità con gli edifici residenziali del quartiere prospiciente, dall’altro per mezzo dell’elemento copertura, la quale si configura invece secondo la direzione longitudinale, divenendo elemento unificatore delle parti che compongono il progetto. Allo stesso modo delle aule sportive, anche la grande aula della stazione, che si manifesta di fatto tramite l’imponente copertura, si caratterizza di una struttura spaziale costruita con un reticolo regolare di travi e pilastri, di sezione rettangolare, poggiata su un basamento di pietra all’interno del quale
sono disposti gli ambienti di aggregazione. La copertura, oltre che a rappresentare un elemento di chiusura del progetto, assume una connotazione spaziale grazie all’utilizzo di una struttura modulare e tridimensionale costituita da un modulo (3mx3mx3m) che ne evidenzia l’eminente volumetria. Lo spazio racchiuso all’interno dell’aula è uno spazio aperto, in cui sono disposti i binari ferroviari e le banchine per l’attesa dei passeggeri. La copertura dell’edificio ferroviario diviene elemento che costituisce l’invaso dell’intero progetto, contenendo gli 87
Un progetto per Barra
PIANTA COPERTURE
spazi sottostanti dell’infrastruttura. Questa, essendo volumetricamente eminente, è un elemento predominante della composizione ed assume forma trapezoidale tale da definirne orientamento e direzione. In contrapposizione al carattere permeabile della copertura dell’aula, gli edifici-ponte si presentano come grandi blocchi lapidei in cui sono raccolti alcuni locali di servizio. Anche in questo caso, come nel progetto dell’attrezzatura sportiva, il progetto risulta possedere un duplice carattere espresso dalla copertura forata in acciaio 88
e dai volumi lapidei: la rispondenza riscontrabile tra i due progetti è voluta e necessaria affinché si ricostruisca quell’unità espressiva che, avviata con il progetto dei quartieri residenziali nel 46’, è andata scomparendo, lasciando nel tempo un assetto territoriale caotico. Nel nuovo progetto, il doppio fronte urbano consolida le due parti di città restituendone così tre corpi di fabbrica longitudinali che si relazionano con il contesto storico residenziale razionalista e con la periferia della città. Il progetto si radica e dialoga con la città, ne assume le condizioni del luogo
La Stazione
SEZIONE FF
SEZIONE GG
SEZIONE HH
in cui si colloca attraverso le regole della costruzione urbana e i caratteri del paesaggio naturale. Questa scelta compositiva è dettata, oltremodo, dall’impegno che assume il progetto, nell’intento di ricucire le due parti di città divise dalla linea ferroviaria. Oltrepassando gli assi ferroviari, la monoliticità del secondo corpo basamentale si traduce in un fronte basso e frammentato tale da generare dinamicità all’invaso grazie proprio ai corpi aggettanti che in contrasto con il basamento chiuso e compatto, proietta i ponti verso la periferia urbana creando un
gioco di pieni e di vuoti, di luci e di ombre. La piazza esterna di forma trapezoidale, che si protrae verso la periferia del quartiere di Barra, al di là della linea ferrata, s’interrompe per lasciare spazio alla piazza coperta generata per l’accesso al sottopassaggio ferroviario. Le due piazze che s’intersecano determinano spazi dinamici e sono scandite dall’armonia del disegno della pavimentazione volto a ricercare una relazione con il paesaggio circostante. Il sistema ambientale e agricolo periurbano, sembra aver risentito di una non organica e caotica antropizzazione 89
Un progetto per Barra
PIANTA QUOTA (-3,65)
SEZIONE II
territoriale, pertanto con il progetto di riqualificazione degli spazi prossimi all’edificio ferroviario, si è cercato di riqualificare, sia dal punto di vista morfologico e vegetazionale il contesto cittadino che ad oggi risulta fortemente condizionato dallo sviluppo antropico di questa porzione di territorio. Il progetto di un nuovo Parco Agricolo, in prossimità della stazione ferroviaria di Barra, nasce con l’obiettivo di creare un ambito verde in cui la presenza 90
simultanea di aree naturali, agricole e aggregative divengono opportunità per la riqualificazione urbana del quartiere periferico di Napoli.
La Stazione
Fig. 41. Prospettiva dell’edificio.
Fig. 42. Vista prospettica dall’alto.
91
Un progetto per Barra
Fig. 43. Particolare di sezione e prospetto.
Fig. 44. Particolare di pianta.
92
La Stazione
93
Un progetto per Barra
Fig. 45. Vista prospettica interna particolare della copertura in acciaio.
Fig. 46. Vista prospettica dell’ingresso su strada.
94
La Stazione
95
Un progetto per Barra
Figg. 49, 50. Foto del modello in scala 1:200.
96
La Stazione
Figg. 51, 52. Foto del modello in scala 1:200.
97
Bibliografia
Un progetto per Barra
BIBLIOGRAFIA relativa ai seguenti temi: l’ ERP a Napoli, i quartieri razionalisti, Barra e il piano Cosenza AA. VV., Storia e civiltà della Campania. L’Ottocento e il Novecento, Electa, Napoli 1995. AA. VV., I quartieri occidentali di Napoli come espansione urbana. Fuorigrotta e Bagnoli in “L’Architettura dell’ ‘altra modernità’: Atti del XXVI Congresso di Storia dell’architettura”, Gangemi, Roma 2007. Benevolo L., Storia dell’architettura moderna, Laterza, Roma 2010. Buccaro A., Mainini G. (a cura di), Luigi Cosenza oggi, 1905/2005, Clean, Napoli 2006. Caniggia G., G. Maffei, Ragionamenti di tipologia. Operatività della tipologia processuale in architettura, Alinea, Firenze 1997. Caniggia G., Maffei G. L., Edilizia di base, Marsilio, Venezia 1995. Caniggia G., Strutture dello spazio antropico: studi e note, Alinea Firenze, 1981. Castagnaro A., Verso l’architettura contemporanea: percorsi dal classico al contemporaneo. Momenti e problemi di storia d’architettura, Paparo Edizioni, Napoli 2012. Castagnaro A., Architettura del Novecento a Napoli. Il noto e l’inedito, Edizioni scientifiche italiane, Napoli 1998. Centanni P., Il nobile casale della Barra, Fiorentino, Napoli 1997. Chianese D., I casali antichi di Napoli, Stamperia del Valentino, Napoli 2015. Cosenza G., Moccia F. D., (a cura di), Luigi Cosenza. L’opera completa, Electa, Napoli 1987. De Seta C., (a cura di), I casali di Napoli, Laterza, Bari 1984. De Seta C., L’architettura del Novecento, UTET, Torino 1981. Diotavveli I., Marescotti F., Il problema sociale costruttivo ed economico dell’abitazione, Officina edizioni, Roma 1984. Ferrari M., Il progetto urbano in Italia, 1940-1990, Alinea, Firenze 2005. Ferraro I., Napoli. Tipo, isolato, parte urbana, Clean Edizioni, Napoli 1984. Funari M., Case minime e rioni popolari. Aspetti e vicende dell’IACP della Provincia di Napoli, in “ArQ2”, Officina Edizioni, Roma 1989. Fontana M. P., Mayorga M. Y., Luigi Cosenza: Il territorio abitabile, Alinea, Firenze 2008. Hilberseimer L., Un’idea di piano, Marsilio, Padova 1967. Howard E., L’idea di città giargino, Calderini, Bologna 1962. Moccia F. D. (a cura di), Luigi Cosenza. Scritti e progetti di architettura, Clean, Napoli 1994. Mumford L., La città nella storia, Castelvecchi, Roma 2013. Pagano L., Periferie di Napoli: la geografia, il quartiere, l’edilizia pubblica, Electa, Napoli 2011. Parisi R., Lo spazio della produzione. Napoli: la periferia orientale, Athena, Napoli 1998. Piccinato L., Aspetti del problema edilizio a Napoli, in “Questioni Meridionali”, n. 2-3, 1938. Reale L., Densità, città, residenza, Gangemi, Roma 2008. Rossi A., Il problema dell’abitazione in R. Bonicalzi (a cura di), Scritti scelti sull’architettura e la città 19561972, Quodlibet., Macerata 2012. Rossi A., L’architettura della città, Marsilio Editori, Padova 1966. Santangelo M., Visconti F. (a cura di), La trasformazione delle aree periferiche nella dimensione metropolitana della città. Il caso-studio di Napoli Est, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2006. Savarese L., La periferia orientale: progetti e piani, Facolta di architettura, Istituto di metodologia architettonica, Napoli 1978. Savarese L., Un’alternativa per Napoli: l’area orientale, Edizioni scientifiche italiane, Napoli 1983. Schröder U., Pardié. Concept for a City after the Time Regime of Modernity, Verlage der Buchhandlung Walther König, Köln 2015.
100
La Stazione
Stenti S., Fare quartiere. Studi e progetti per la periferia, Clean, Napoli 2016. Stenti S., Napoli moderna, Clean, Napoli 1993. Viola F., (a cura di), Luigi Cosenza; lezioni di architettura 1955-1956, Clean, Napoli 2012. BIBLIOGRAFIA relativa al tema dell’edificio pubblico e del tipo ad Aula Boullée E.L., Architettura. Saggio sull’arte, introd. di Rossi A., Marsilio, Padova 1967. Capozzi R., L’idea di riparo, Clean, Napoli 2012. Capozzi R., Le architetture ad aula: il paradigma di Mies Van der Rohe. Ideazione, costruzione, procedure com positive, Clean, Napoli 2011. Monestiroli A., Una pagina su...trentasei progetti di architettura, LetteraVentidue, Palermo 2016. Monestiroli A., La ragione degli edifici, Marinotti, Milano 2010. Monestiroli A., Questioni di metodo in La metopa e il triglifo. Nove lezioni di architettura, Laterza, Bari-Ro ma 2002. Monestiroli A., L’architettura della realtà, Clup, Milano 1979. Neri R., Edifici ad Aula, Facoltà di Architettura Civile-Politecnico di Milano, Milano 2003. Samonà G., Canella G., Linazasoro J.I., L’edificio pubblico per la città, Marsilio, Padova 1982. BIBLIOGRAFIA relativa al tema della Moschea Bussagli M., Architettura orientale, Electa, Milano 1973. Coppa A., La moschea di Roma di Paolo Portoghesi, Federico Motta Editore, Milano 2003. Culotta P., La moschea d’Occidente: progetti per Palermo e Mazara del Vallo, in “I Quaderni Neri” n. 10, Medina, Palermo 1992. Hoag J. D., Architettura islamica, Electa, Milano 1973. Holod R., Contemporary Mosque: Architects, Clients and Designs Since the 1950s, Rizzoli International Publications, U.S.A. 1997. Holod R., Khan H. U., The mosque and the modern world: architects, patrons and designs since the 1950s, Thames and Hudson, Londra 1997 Khan H. U., Space & Architecture, Contemporary Mosque Architecture, in «ISIM REVIEW» n. 21, Leiden 2008. Micara L., Architetture e spazi dell’Islam: le istituzioni collettive e la vita urbana, Carucci, Roma, 1985. Mozzati L., Islam, Electa, Milano 2002 Naser Eslami A., Architetture del commercio e città del Mediterraneo. Dinamiche e strutture dei luoghi dello scambio tra Bisanzio, l’Islam e l’Europa, Mondadori, Milano 2010. Naser Eslami A., Architettura del mondo islamico, Mondadori, Milano 2010. Sarro A., La multicultualità nella città del Mediterraneo, Grafill Editore, Palermo 2005. Portoghesi P., La moschea di Roma, 24 ore Ediizioni, Milano 2002. Raffone S., La casa di Abramo: aula di preghiera e centro d’incontro cristiano islamico a Napoli, Clean, Napoli 2007. Rovida M. A., Città e architettura tra Islam e cristianesimo nell’Europa mediterranea. Palermo, Toledo, Cordova e Siviglia nel Medioevo, Ets, Pisa 1998. Sacchi L., Architettura e identità islamica, Franco Angeli Edizioni, Milano 2014. Sciascia A., Cuccia G., Palazzotto E., Sarro A., Architettura culturale nel Mediterraneo, Franco Angeli Edizioni, Milano 2015..
101
I QUADERNI DI EdA Collana diretta da Olimpia Niglio e Federica Visconti 01. I QUARTIERI DI EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA Il caso studio di Barra Francesca Addario 02. UN“RIPARO” PER L’ANTICO Archeologia e architettura per l’area di San Carminiello ai Mannesi Francesca Gosta 03. EDIFICI COLLETTIVI La riqualificazione dei quartieri di edilizia residenziale pubblica Claudia Sansò, Francesca Solaro, Antonella Spaduzzi
Finito di stampare nel mese di dicembre 2017
ttt
Francesca Addario
Claudia Sansò, Francesca Solaro, Antonella Spaduzzi
Il
lavoro presentato in questo libro racconta l’esperienza di tesi che le autrici hanno svolto a conclusione di un percorso di studi condiviso. L’occasione che questa pubblicazione ha rappresentato, a distanza di qualche anno dalla redazione del progetto, è stata di fondamentale valore per rivivere con rinnovata consapevolezza la ricerca svolta nell’ambito della riqualificazione dei quartieri d’autore della periferia napoletana, confermando quanto il valore degli edifici collettivi come “elementi primari” del tessuto urbano resti un principio imprescindibile per la configurazione delle nostre città.
EDIFICI COLLETTIVI
La riqualificazione dei quartieri di edilizia residenziale pubblica a Barra
Claudia Sansò, Francesca Solaro, Antonella Spaduzzi, condividono il percorso universitario presso il DIARC dove, nel 2013, si laureano con una tesi congiunta in Composizione Architettonica e Urbana sotto la guida di Federica Visconti e Renato Capozzi. Claudia Sansò è dottoranda in Composizione Architettonica e Urbana a Napoli. Francesca Solaro, Antonella Spaduzzi svolgono attività professionale in diversi ambiti della progettazione architettonica ed urbana.
31
Francesca Claudia Sansò, Addario Francesca Solaro, Antonella Spaduzzi
I quartieri di edilizia residenziale pubblica EDIFICI COLLETTIVI La riqualificazione dei quartieri di edilizia residenziale pubblica a Barra Il caso studio di Barra