Tesi triennale Accademia di Belle Arti di Foggia - Storie a Colori

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Vianello Francesca

STORIE A COLORI Gioco per lo sviluppo della creatività e delle capacità narrative del bambino



Diploma Accademico di primo livello in Graphic Design Anno accademico 2018/2019 Candidata: Vianello Francesca Docente relatore: Antonino Foti



STORIE A COLORI Gioco per lo sviluppo della creatività e delle capacità narrative del bambino

Vianello Francesca


I N D I C E

01. La creatività 01.1 Sviluppo della creatività 01.2 Creatività del bambino 01.3 Il metodo Munari 01.4 I laboratori di Bruno Munari 01.5Il metodo Montessori 01.6 Enzo Mari 01.7 Charles and Ray Eames

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02. Tra creatività e gioco 02.1 L’importanza del gioco 02.2 Il gioco e lo sviluppo affettivo 02.3 Giochi di narrazione 02.4 Gianni Rodari 02.5 Giochi testati 02.6 Più e meno, Bruno Munari 02.7 ABC Con fantasia, Bruno Munari 02.8 Carte da disegno, Enzo Mari

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03. Il tatto ed il riciclo creativo 03.1 L’importanza del tatto secondo Bruno Munari 03.2 La tavola tattile di Bruno Munari 03.3 Riciclo creativo 03.4 Creare nuovi giochi da oggetti riciclati 03.5 Giochi e mobili fai da te secondo il metodo Montessori

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04. Sviluppo del progetto 04.1 Storie a colori 04.2 Naming 04.3 Il sistema prodotto/servizio/comunicazione 04.4 A chi è rivolto il gioco? 04.5 Funzionamento del gioco 04.6 Le carte 04.7 Le storie 04.8 Il packaging 04.9 User test 04.10 Scenari futuri

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05. Conclusioni

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06. Sitografia - Bibliografia

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Introduzione I bambini di oggi sono i cosiddetti “mobil born” perché entrano in contatto sempre più precocemente con la tecnologia, nella quale vivono immersi. A causa dell’invasione di questi innovativi devices, i bambini sono inondati da nuovi mondi virtuali e da internet ed è quindi notevolmente cambiato il modo in cui crescono, imparano e si relazionano con il mondo e con le altre persone. Questo bombardamento può portare a un calo della fantasia e della voglia di scoprire. Il metodo più efficace per stimolare la loro mente e quindi “coltivare” la loro fantasia è il gioco, usato come strumento per scoprire e apprendere. Spesso però i giocattoli risultano troppo banali e ridondanti per questo pubblico così esigente. Bisogna quindi studiare differenti tipologie di esperienze che risultino più accattivanti e coinvolgenti. Ancora oggi, le nuove generazioni risultano però affascinate dai cosiddetti “giochi non finiti”, ovvero giocattoli dove il bambino diventando il protagonista ha la possibilità di creare infinite combinazioni. Molti designer famosi hanno approfondito questa tematica nel corso della loro carriera, come a esempio Bruno Munari e Enzo Mari. Questo è l’obiettivo del gioco “Storie a colori”. Infatti, si tratta di un kit composto da delle carte che raffigurano degli oggetti e elementi di uso comune, un libretto delle istruzioni e dei ricordini. Il tutto è caratterizzato da una grafica chiara che usa un linguaggio visivo adatto a comunicare con l’età di riferimento.

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01 La creativitĂ

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Dare ai bambini tutte le informazioni di tipo tecnico, sul come si fa a fare, senza dar loro temi predisposti dagli adulti. Non dar loro idee già fatte, ma dar loro un metodo perché ognuno si costruisca il suo modo di fare, di produrre immagini, di costruire oggetti, di come osservare e capire. - Bruno Munari -

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01.1

Sviluppo della creatività

S

econdo Gardner una persona creativa è una persona che: “in un dato campo di attività regolarmente risolve dei problemi, elabora dei prodotti o formula interrogativi nuovi in un modo che inizialmente viene considerato originale ma che finisce per venir accettato in un particolare ambiente culturale”. La creatività di una persona emerge quindi quando questa è confrontata con un problema e risiede nella sua capacità di affrontarlo con un approccio originale. L’atto creativo non è un atto isolato, ma la creatività è piuttosto uno stile di vita. Numerosi studiosi hanno cercato di identificare le basi del pensiero creativo e hanno promosso la tesi secondo la quale alla creatività è associata una maggiore attivazione dell’emisfero destro del cervello. Questa zona del cervello infatti sembra svolgere un ruolo predominante per ciò che riguarda la percezione e la produzione musicale, la creatività in ambito artistico e la produzione di immagini mentali. D’altra parte, accanto all’attenzione per le basi neurali dei processi creativi, si sono sviluppate numerose ipotesi in campo psicologico relativamente al pensiero creativo.

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Guilford (1967) e altri studiosi dell’intelligenza ritengono che la creatività sia associata ad una forma di pensiero che viene definito come pensiero divergente, così denominato proprio perché la sua caratteristica è quella di generare molte soluzioni, spesso insolite, per rispondere a problemi per i quali il pensiero convergente trova soluzioni standard, efficaci, ma scontate. È stata anche svolta un’accurata ricerca sulla capacità di visualizzare molteplici risposte ad una stessa domanda, descritta nel libro “Breakpoint and Beyond: mastering the future today” . In questo testo sono raccolti tra l’altro i risultati di un test effettuato su 1500 persone, alle quali è stato chiesto di trovare il maggior numero di modi possibili per utilizzare un fermaglio per la carta. Si è partiti dal presupposto che una persona normale trova 10 - 15 modi d’utilizzo, mentre chi fa un importante uso del pensiero divergente può arrivare a trovarne anche duecento. È stato fissato un valore limite, oltre il quale si è considerati dei geni del pensiero divergente. L’aspetto interessante è che tra i bambini della scuola materna il 98% di coloro che sono stati sottoposti al test, è risultato far parte di questa categoria, avendo infatti superato il traguardo fissato. Questa percentuale scende bruscamente tra gli stessi bambini quando vengono testati nuovamente, una volta raggiunta l’adolescenza.

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S

empre secondo Guilford il pensiero divergente è presente in varie forme di pensiero creativo, forme che includono:

• la scioltezza, o padronanza nel generare un elevato numero di idee da parte di un soggetto creativo (Fluency); • la flessibilità nel cambiare le categorie di riferimento (lo stesso oggetto può essere utilizzato al contempo come un ornamento, come qualcosa con cui produrre un suono, oppure come un contenitore(Flexibility); • l’originalità nel trovare risposte o soluzioni diverse da quelle che normalmente vengono adottate (Originality) • la capacità di migliorare, di elaborare diversamente e di allargare i propri orizzonti e le proprie idee (Elaboration). Lo sviluppo di questo tipo di idee avviene attraverso quattro fasi. La prima consiste nell’identificazione e nella definizione del problema, questa fase è chiamata “preparazione”, in questa fase si raccolgono informazioni e si inizia a immaginare una soluzione finale al problema. Segue la fase di “incubazione”, durante la quale il problema viene rielaborato sotto la soglia della propria coscienza, le informazioni acquisite vengono associate ad informazioni già possedute

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e il problema viene considerato da punti di vista differenti. La terza fase è la fase dell’illuminazione, in questa fase si arriva ad una o più soluzioni, che vengono poi esaminate nell’ultima fase, quella della valutazione. L’abilità a muoversi in questo contesto, ovvero l’abilità creativa, secondo diversi studi si forma principalmente in ambito famigliare e scolastico e può esser stimolata, secondo Jane Piirto (1998) seguendo i seguenti suggerimenti: • concedere uno spazio segreto, privato, in cui il bambino/ragazzo può dedicarsi a pensare, a sognare e ad elaborare; • offrire, se possibile, vari materiali (album da disegno, strumenti musicali); eventualmente offrire la possibilità di prendere lezioni di “prova”; • incoraggiare il bambino/ragazzo a disegnare anche quando l’immagine che riproduce è lontana dall’oggetto reale e valorizzare le “produzioni artistiche” collocandole in casa/classe;

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Siccome e’ quasi impossibile modificare il pensiero di un adulto, noi dovremo occuparci dei bambini.

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- Bruno Munari -


01.2

Creatività nel bambino

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gni bambino ama disegnare, soprattuto per loro è l’unico modo per potersi esprimere al mondo degli adulti, che purtroppo non sempre comprendono. Le funzioni del disegno sono differenti, a volte si può cogliere un senso narrativo, di racconto, a volte informativo, oppure di comunicazione, rimane comunque il fatto che tramite il disegno, ogni bambino ha la possibilità di esteriorizzare attraverso delle immagini grafiche ciò che sente, quindi può rappresentare la sua vita interiore. Come un’artista adulto, anche il bimbo ama moltissimo farsi ammirare, infatti ogni creazione è arricchita di particolari, ogni disegno è creato con cura e maestria per poi mostrarlo ai suoi interlocutori, e prendere così, i meritati complimenti. Il disegno quindi, va di pari passo con la crescita emotiva ed intellettuale di ogni bambino, di conseguenza possiamo paragonarlo ad uno specchio che riflette l’immagine fedele dei vari stadi dello sviluppo dell’infanzia.

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Ogni genitore, insegnante o tutore, dovrebbe scegliere di far disegnare spesso, proprio perchè è uno tra i migliori metodi che noi adulti abbiamo a disposizione per avvicinarci all’animo infantile. Leggendo vari libri su questo argomento noto che per la maggior parte degli studiosi, ci sia il pensiero comune che per tutti i bimbi valga la stessa regola: l’essere attratti dalla traccia che una matita lascia sul foglio, i loro occhi curiosi osservano gli adulti che maneggiano quell’oggetto meraviglioso che produce dei strani segni sul foglio. Molti di autori hanno anche spiegato questa attività come una formi di gioco, come scarica di istinti primitivi legati al piacere del movimento, del fatto di poter imitare gli adulti. Da questa premessa però penso sia giunto il momento di dare delle spiegazioni un pò più tecniche degli stadi di sviluppo nel disegno dei bambini, si suddividono per età. Nell’età compresa dai due ai cinque anni si manifesta lo scarabocchio ed è suddiviso in: • Uso della matita con uno scopo; • Uso imitativo della matita; • Scarabocchi o ghirigori localizzati, dove il bambino tenta di riprodurre determinate parti di un oggetto.

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Crescendo il bambino: • attorno ai 4 anni si passa alla linea dove il disegno della figura umana è il soggetto preferito; • Verso i 5-6 anni la figura umana è riprodotta schematicamente; • Verso i 7-8 anni i disegni sono più logici che descrittivi, il bimbo disegna ciò che sa e non ciò che vede; • Verso i 9-10 anni passa dal disegno a “memoria” e di immaginazione allo stadio del disegno dal reale; • Dagli 11 ai 14 anni il processo di riprodurre oggetti è più laborioso e più lento, non a caso l’interesse passa all’espressione per mezzo del linguaggio; • Nell’adolescenza invece per chi ne ha le capacità il disegno sbocca in una vera e propria capacità artistica. Se tutti i genitori lasciassero i propri figli liberi nei loro giochi, rimarrebbero sorpresi dalle loro capacità di espressione, creando con colori e materiali i loro messaggi, purtroppo invece c’è la tendenza ad allontanare i bambini da tutto ciò che potrebbe sporcare, togliendo così la meravigliosa possibilità di esprimersi fino in fondo.

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“

Se ascolto dimentico se vedo ricordo se faccio capisco.

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- Bruno Munari -

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01.3

Il metodo Munari

B

runo Munari è stato un importante artista e designer italiano che, durante l’arco della sua vita professionale, ha dedicato allo sviluppo della creatività nei bambini numerosi progetti, realizzando importanti libri, giochi e laboratori. Per entrare nel mondo di un bambino - scriveva Munari in Arte come mestiere - bisogna almeno sedersi per terra, non disturbare il bambino nelle sue occupazioni e lasciare che si accorga della vostra presenza. Conoscere i bambini significa rispettarli. Per poterlo fare è necessario conservare lo spirito dell’infanzia dentro di sé per tutta la vita, il che non significa essere irresponsabili, ma piuttosto preservare la curiosità di conoscere, il piacere di capire e la voglia di comunicare. E trasmettere tutto ciò agli altri. Da questa filosofia nasceva l’idea di progettare strumenti per aiutare i bambini a non smarrire il loro originario senso di curiosità verso il mondo. L’idea di vivere in una società omologata, fatta di persone che svolgono attività ripetitive e poco stimolanti, non piaceva per nulla a Munari, che al contrario considerava la creatività diffusa la vera ricchezza della società moderna, unico e vero antidoto all’apatia.

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Per Munari, lavorare sui bambini, aiutandoli a sviluppare il loro senso creativo, si traduceva in primis in un investimento per il futuro, finalizzato a coltivare cittadini migliori che non fossero semplici strumenti del sistema.

Munari e i bambini Egli ha dedicato particolare attenzione al mondo dei bambini, soprattutto dopo la nascita del figlio Alberto nel 1940. L’interesse rivolto ai più piccoli è sfociato, da una parte, con l’ideazione e la creazione di libri per bambini e, dall’altra, con la progettazione di giochi e laboratori creativi. Da questi ultimi è nato il famoso “Metodo Bruno Munari”. Questo sistema educativo mira allo sviluppo della creatività artistica del bambino partendo dal “come fare” e non dal “cosa fare”. Utilizzando i cinque sensi e l’attività pratica senza alcuna interferenza degli adulti, i bambini diventano indipendenti e imparano a risolvere i problemi in modo autonomo. Bisogna quindi creare esercizi per spostare e allenare la capacità di descrizione attraverso l’uso di forme, colori, materiali, immagini e così via per preparare i bambini a esistere nella società come “persone attive e consapevoli”, istruiti nelle arti e nella creatività. “Aiutami a fare da me” è anche il motto di Maria Montessori.

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Bruno Munari infatti ha sempre affermato di sentirsi vicino al “metodo attivo-scientifico” (così lo definiva lui) di questa pedagogista. Munari ha cambiato per sempre il modo di pensare il gioco e l’insegnamento, perché il compito dell’adulto che gioca è quello di «dare ai bambini tutte le informazioni di tipo tecnico, sul come si fa a fare, senza dar loro temi predisposti dagli adulti. Non dar loro idee già fatte, ma dar loro un metodo perché ognuno si costruisca il suo modo di fare, di produrre immagini, di costruire oggetti, di come osservare e capire. Per poter poi progettare qualcosa che comunichi a qualcuno ciò che si voleva comunicare». Il suo sistema d’insegnamento ha permesso a tutti, bambini e adulti, di giocare e sperimentare liberamente, senza paura.

Fantasia - invenzione - creatività Un altro tema caro a Munari e che affronta in molti suoi libri è quello legato alla fantasia, all’invenzione e della creatività. «La fantasia è la facoltà più libera delle altre, essa infatti può anche non tener conto della realizzabilità o del funzionamento di ciò che ha pensato. È libera di pensare qualunque cosa, anche la più assurda, incredibile, impossibile». L’invenzione invece, parte dallo stesso principio della fantasia ma si finalizza a un uso pratico e non immaginario.

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La fantasia e l’invenzione, fondendosi, portano alla creatività; quest’ultima è di fatto libera come la prima ed esatta come la seconda. Ma si interessa inoltre dell’aspetto sociale, economico e umano. Molte persone adulte hanno però soffocato queste loro capacità e si sono limitate a avere molte conoscenze, bloccando la loro capacità di immaginazione. «Non potendo cambiare gli adulti, ho scelto di lavorare sui bambini perché ne crescano di migliori. È una strategia rivoluzionaria quella di lavorare sui e con i bambini come futuri uomini». Per avere quindi degli adulti “migliori” in futuro, bisogna aiutare il bambino a diventare una persona creativa con una fantasia sviluppata. Il problema principale per lo sviluppo della fantasia, secondo Munari, è l’aumento della conoscenza, ma non la conoscenza mnemonica delle nozioni, perché così facendo si ha solo un bagaglio enorme di informazioni non è che però sfruttabile. Bisogna quindi iniziare nell’età infantile a formare questa conoscenza, attraverso il gioco. Per questo motivo Munari, durante la sua carriera, si concentra anche sulla progettazione di giocattoli e oggetti dedicati ai più piccoli, ai quali egli riconosce infatti un’importanza e un ruolo essenziale nella società.

Fig. 01 - Bruno Munari nel suo studio, Milano, 1988 - www.artribune.com

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I giochi di Munari Munari inizia a progettare giochi, con lo scopo di stimolare la creatività, collaborando per alcuni di essi con Giovanni Belgrano. Giochi semplici, in cui i bambini possano imparare cose nuove, far loro nuove tecniche e soprattutto apprendere le regole del linguaggio visivo. Sono oggetti “non finiti” per fare in modo che siano completati dai bambini, lasciando loro la libertà di giocare e creare. Vengono da lui definiti come “giochi-azione”, perché il fruitore non è passivo, ma risulta essere attivo e partecipe. I lavori più famosi sono “scatola di architettura”, “Meo Romeo”, “Zizi”, “ABC con fantasia”, “Più e meno” e “giocare con l’arte”; alcuni di questi verranno spiegati successivamente nel capitolo dei casi studio11. Come per l’ambito editoriale anche in questo campo egli sperimenta vari tipi di materiali. Nel 1950 la Pirelli gli chiede di pensare a un nuovo utilizzo per la gommapiuma, per promuovere questa loro nuova scoperta. Da questa proposta Munari inventa il gatto “Meo Romeo” e successivamente la scimmietta “Zizi”, animali realizzati con un’anima di ferro ricoperta da gommapiuma. Nessuno avrebbe mai pensato a utilizzare un materiale industriale per creare un giocattolo per bambini, ma egli, studiandolo, ne ha colto immediatamente le potenzialità e le ha espresse al massimo in questi due progetti.

Fig 02 - Scimmietta Zizì, 1952 - www.zizitrips.wordpress.com/

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01.4

I laboratori di Bruno Munari

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utte queste sue esperienza hanno portato alla creazione dei suoi primi laboratori, che vengono tuttora riproposti dall’Associazione Bruno Munari. Essi si prefiggevano di stimolare creatività e pensiero progettuale nei bambini facendo conoscere nel modo più semplice e diretto le regole e le tecniche delle arti visive. Il primo laboratorio si è svolto alla pinacoteca di Brera, a Milano nel 1977. Venne stabilito che vi parteciperanno bambini delle scuole elementari, considerando questa età come parte centrale dell’infanzia dalla quale poi poter allargare sia alle scuole materne che medie. Dopo questo esperimento, il metodo, inizialmente chiamato “Giocare con l’arte”, ma che poi prenderà il nome di “Metodo Bruno Munari”, viene esportato in tutta Italia e all’estero. Le esplorazioni di questi corsi, poi aperti anche a genitori e insegnati, si basano sulla ricerca formale delle possibilità espressive di diversi strumenti e tecniche della comunicazione visiva. Vengono quindi progettati il “che cosa” dovranno trovare i bambini nella stanza, il “come” le informazioni vengono comunicate e il “con che cosa” i piccoli fruitori possono assimilare le nozioni sperimentando in modo completamente autonomo. I laboratori sono quindi dei luoghi di creatività, conoscenza, sperimentazione e autoapprendimento attraverso il gioco.

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Sono palestre per una “ginnastica mentale” dove è possibile costruire il sapere. Sono luoghi educativi, di formazione e collaborazione dove i bambini sviluppano la capacità di osservare con gli occhi e le mani utilizzando tutti i sensi.Il laboratorio si avvale della “strategia della scoperta”, i bambini, mediante la manipolazione dei materiali e degli strumenti, trovano le infinite potenzialità che gli consentono di liberare la loro creatività. Tutte le attività svolte non vengono spiegate a parole, ma mostrate da un operatore, o da Munari stesso, con un semplice esempio pratico, lasciando così una libera interpretazione. Una spiegazione visiva e non verbale, aiutata anche dall’uso di pannelli verticali. L’adulto poi rimane presente come assistente tecnico, senza mai imporsi. Come dice Piaget infatti «Ogni volta che si spiega qualcosa a qualcuno, gli si impedisce di scoprirla da solo». Il fanciullo quindi, autonomamente, vive l’esperienza, misurandosi con i propri limiti e superandoli, imparando e conoscendo. Le regole di gioco e i vincoli diventano possibilità: quella che sembra una limitazione è in realtà una condizione per esplorare tutte le variabili possibili, perché non importa il risultato finale, ma il percorso fatto per arrivarci.

Fig. 03 - Laboratori di Bruno Munari

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Quando si parla del bambino Gli animi si raddolciscono; L’umanità intera condivide l’emozione profonda che viene dal bambino.

- Maria Montessori -


01.5

Cosa è il metodo Montessori ?

I

l Metodo Montessori è un approccio educativo per bambini basato sulle ricerche della pedagogista Maria Montessori (1870-1952). Inizialmente pensato per i bambini con problemi di handicap o affetti da deficienza, è stato poi ampliato a qualsiasi infante. L’aspetto più innovativo e rilevante di questo tipo di insegnamento è l’importanza data alla libertà, all’autocostruzione e all’attività spontanea dei fanciulli, ottenuta attraverso l’educazione all’indipendenza. Infatti per lei non era possibile racchiudere l’insegnamento in uno schema rigido e seriale, uguale per tutti perché ogni bambino è dotato di potenzialità differenti. Quindi l’apprendimento doveva essere esperienziale e gestito dallo studente stesso in modo che egli potesse accrescere il suo interesse e la sua conoscenza in modo spontaneo. Attorno a questo principio, la Montessori sviluppa una nuova figura di insegnante e un nuovo modo di concepire lo spazio delle scuole d’infanzia. Tutt’ora questo metodo è applicato nelle scuole di tutto il mondo per l’educazione dei bambini di diverse fasce d’età.

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La nascita delle “case dei bambini”

I

l Metodo Montessori rivoluzionò completamente la concezione d’istruzione ed educazione del bambino. Maria Montessori fondò la sua prima “Casa dei bambini” a Roma nel 1906. Dal suo lavoro e dalle sue opere nacque un vero e proprio movimento montessoriano. Movimento che si diffuse non solo in gran parte d’Europa ma anche a livello internazionale. Nacquero Case dei Bambini in Spagna, in Olanda , in Inghilterra, in America. Si tenevano veri e propri corsi internazionali per apprendere e applicare questo nuovo metodo. Insomma, una vera e propria riproduzione di un ambiente accessibile e familiare.

Fig. 04 - Arredamento scuole montessori, www.guidepostmontessori.com

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L’arredamento dell’ambiente nel metodo Montessori riveste un ruolo fondamentale. Il metodo Montessori, infatti, inizia proprio dal ricreare ambienti costruiti a “portata del bambino”. Maria Montessori portò grandi cambiamenti estetici e funzionali nelle case dei Bambini. Ad esempio:

• il tavolino e la sedia, leggeri e facili da spostare per il

bambino stesso • poltroncine in cui il bimbo possa sedersi • armadietti e appendiabiti ad altezza bimbo • lavabi e ripiani bassi con tutto il kit di pulizia per denti, mani, viso… • oggetti di vita pratica facili da poter prendere ed utilizzare. Così il bambino ha la possibilità di muoversi liberamente e soprattutto di imparare a ‘muoversi‘. Riprodurre l’ambiente domestico e far ripetere ai bambini gli atti di vita pratica come appendere i propri cappottini, mettere in ordine, spazzare, lavarsi le mani e i denti, sono tutti esercizi di vita pratica che responsabilizzano i piccoli e gli insegnano il senso del ordine e del pulito. Altro fattore determinante nell’ambiente Montessori è quello di presentare ai bambini oggetti interessanti, dai colori lucenti e consimpatici ornamenti. Sono proprio gli oggetti che attraggono il bambino e gli suscitano cosa farci (“prendimi“, “usami“). Per loro riuscire ad utilizzarli da soli, e per quello che gli suscitano, dona la felice soddisfazione di un senso compiuto.

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Il pensiero creativo e il processo logico sono le premesse per la creazione di opere d’arte. - Enzo Mari -


01.6

Enzo Mari

E

nzo Mari (1932) è un designer e ricercatore visivo che ha dedicato parte della sua carriera al design per l’infanzia. Negli anni ‘50 entra a far parte del gruppo Arte Cinetica e conosce Bruno Munari. Questo incontro influenzerà la sua vita progettuale e molti suoi lavori futuri. In una recente intervista ha infatti dichiarato: «In lui (Bruno Munari) avevo individuato la persona più vicina al mio modo di concepire l’arte.» Con queste parole, Mari afferma la sua vicinanza e la sua stima a Munari.

Fig. 05 - Enzo Mari nello showroom Driade, Milano - www.domusweb.it

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La sua filosofia La psicologia infantile è un tema a cui si interesserà con curiosità nel corso della sua carriera. Ciò che caratterizza il suo stile sono le immagini chiare, le forme elementari, il messaggio non complicato, elementi che vengono accolti in maniera naturale dai piccoli. Egli rivoluziona il concetto di design, progettando e disegnando oggetti belli e utili per la gente comune, creando così prodotti liberi dalle mode e che non sentono l’usura del tempo. Lo scoprire e inventare nuove regole è una delle caratteristiche dell’attività di Mari. Egli progetta le regole insieme agli strumenti, in modo da vincolare il comportamento del bambino durante il gioco. Comunicare le operazioni e le attività da svolgere attraverso l’oggetto stesso, facendo in modo che il prodotto espliciti direttamente il suo significato; questo è il suo metodo di lavoro. Infatti, egli osserva e studia con attenzione i processi di autoapprendimento dei bambini, soprattutto di quelli che non sono ancora in grado di parlare. In questi casi è quasi impossibile insegnare loro nozioni attraverso l’uso della voce. Essi apprendono infatti grazie al processo prassi-teoria, ovvero un metodo di acquisizione della conoscenza basato sulla formulazione di teorie che poi si evolvono grazie all’esperienza diretta. Secondo Mari, solo gli scienziati e gli artisti sono persone che sono riuscite a mantenere questo processo di apprendimento.

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I giochi di Mari Anche per lui, come per il suo “mentore”, i giochi devono essere in grado di sviluppare le capacità di ogni infante, di produrre intelligenza, da soli. Infatti, egli sostiene che il gioco non serve per passare il tempo, ma per poter capire e comprendere il mondo. Per far ciò, bisogna trasformare i bambini in fruitori attivi, progettando giochi da fare e rifare. Mutarli da semplici attori a registi delle loro storie, cercando quindi di ottenere il massimo sviluppo possibile del bambino con il minimo intervento dell’adulto, in modo che, grazie al loro spirito curioso e concreto, imparino a sperimentare e muoversi nel mondo, acquisendo conoscenza. Anche in questo caso, il motto montessoriano “aiutami a fare da me” si può considerare azzeccato; infatti, rifacendosi anche lui alla psicologia attiva, sono molti gli elementi in comune sia con Munari che con la Montessori. La grande dedizione che Mari rivolge al mondo dei più piccoli, lo ha portato alla progettazione e realizzazione di molti giochi per bambini. Giochi facili ed elementari, ma che racchiudono un importante significato. I suoi lavori non sono mai solo oggetti, ma risultano “opere aperte” grazie alle loro caratteristiche evocative e visuali. Prodotti in bilico tra l’oggetto d’arte e il gioco per bambini. Proprio per questo, Mari ha ottenuto una lunga serie di riconoscimenti artistici per alcuni dei suoi lavori, trasformandoli così in veri e propri pezzi da esposizione.

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- 16 animali e 16 pesci Il suo gioco più famoso è “16 animali”,che è nato da una sua folle idea di realizzare un puzzle per infanti. Questo è considerato uno degli esempi di design applicato ai giochi per bambini più riuscito della storia. Egli, partendo da una lastra di legno intera, ha disegnato le sagome di sedici animali facilmente riconoscibili (elefante, ippopotamo,serpente etc), in modo che si incastrino perfettamente l’uno con l’altro. Grazie allo spessore di 3 centimetri, gli animali possono stare in piedi ed essere disposti in modi divertenti e inaspettati, diventando gli attori delle storie inventate dai bambini. Questo gioco non ha regole prestabilite in quanto è esso stesso che suggerisce al bambino come utilizzarlo in relazione al suo momento di sviluppo evolutivo. Infatti, le varie possibilità di gioco permettono al bambino di poter sviluppare la sua capacità creativa nel definire lui stesso le regole. Quasi una ventina di anni dopo, Mari ripropone il medesimo gioco trasformando però i soggetti; nasce quindi “16 pesci”, un puzzle composto da 3 mammiferi, 1 mollusco e 12 pesci. Anni dopo questi progetti, mentre stava lavorando a un oggetto per lo sviluppo del tatto, Mari è arrivato alla conclusione che spendere tempo e denaro per la creazione di giochi per bambini è uno spreco di tempo. Per questo ha deciso che era meglio produrre oggetti in grado di educare gli adulti, e di conseguenza anche i genitori.

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In modo che un adulto intelligente si può porre in un rapporto corretto con i propri figli e con i propri simili. Durante la sua carriera ha comunque realizzato molti giochi e materiali per bambini. Alcuni suoi lavori famosi, oltre ai già citati “16 animali” e “16 pesci”, sono “il posto dei giochi”, “il gioco delle favole”, “Ziggurat”, “Aleppo”, il gioco dei “4 cantoni” e la serie di cinque libretti chiamata “Carte da disegno”; quest’ultima verrà spiegata nel capitolo dei casi studio.

Fig. 06 - Danese Milano, 16 Pesci Wood Puzzle by Enzo Mari

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“ ” Take your pleasure seriously. - C. & R. EAMES-


01.7

Charles and Ray Eames

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harles Ormond Eames Jr (1907–1978) e Bernice Alexandra “Ray” (nata Kaiser) Eames (1912– 1988) sono stati marito e moglie e sono noti per il loro contributo innovativo in architettura, design di mobili, industriale e manifatturiero, grafica, arte e cinema. La loro evoluzione ha ricevuto incrementi sostanziali da tutte le altre presenze artistiche che si sono susseguite nella loro casa-studio di Venice (California, USA). Essi hanno infatti portato avanti positivamente l’idea di team-work, instaurata dai primi architetti tedeschi immigrati come Walter Gropius. Questo modo di operare li ha portati a interpretare senza sosta ruoli diversi nell’arco della loro vita: architetti, scienziati, inventori, designer, artigiani, artisti, registi, ricercatori e insegnati. Questo perché la loro attività principale, consisteva nel dar libero sfogo alla creatività e alla curiosità. Il loro lavoro, è stato la manifestazione di un ampio e chiaro obiettivo: influenzare positivamente la vita e gli ambienti delle persone. «Portare il massimo del meglio al maggior numero di persone e al minimo costo» con queste parole, Charles ha spiegato il loro processo operativo.

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I giochi degli Eames Anche loro hanno affrontato, durante la loro carriera, il tema dei bambini e dei giocattoli. La frase «dobbiamo prendere con serietà il piacere», attribuita a Charles Eames, è una forte testimonianza del legame profondo che ha legato il loro lavoro e il mondo dei giochi. I giocattoli hanno di fatto pervaso la loro esistenza e la loro carriera. L’Eames office ha inventato giochi, mobili e film per suscitare, e mai limitare, l’immaginazione dei bambini e degli adulti. I loro progetti tendevano a sottolineare la composizione, la struttura e la costruzione per dare ai bambini gli strumenti dei loro futuri mestieri in miniatura. Molti dei loro lavori si rifanno all’idea che la scatola in cui l’oggetto è inserito è spesso più eccitante del contenuto stesso, soprattutto se si tratta di un prodotto molto grande. Per questo gli Eames lavorano sulle scatole di cartone; perché esse offrano al bambino la prima occasione di avere dello spazio per se stesso. Il cartone, rinforzato con scanalature di legno, doveva solo essere nuovamente inchiodato per essere trasformato in un teatro per ragazzi. In un opuscolo separato, vi erano quindi le istruzioni per costruire il proprio “Playhouse”. In un solo colpo, i due designer erano riusciti a coniugare il divertimento per bambini e adulti, a evitare gli sprechi e a aggiungere eccitazione al processo di consegna.

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Fig. 07 - Charles and Ray Eames sitting on the La Chaise prototype, 1948

Ray e Charles, durante la loro carriera, presero le scatole di cartone come spunto per la progettazione di altri giochi. Un esempio è “The Toy”, con cui offrivano a adulti, teenager e bambini la possibilità di utilizzare un set per costruire un teatrino, per decorare una stanza o come creare scenografie per altri giocattoli. Composto da sottili tasselli di legno con le estremità forate, scovolini da usare come connettori e una serie di pannelli quadrati e triangolari in vari colori. La prima versione di “The Toy” era abbastanza grande per i bambini, per questo l’anno successivo uscì “The Little Toy”, una versione scalata che permetteva ai piccoli di reinterpretare le case delle bambole.

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House of cards Da questo prodotto gli Eames presero spunto per un altro gioco: dall’idea di rendere la costruzione di uno spazio il più semplice possibile è nato infatti “House of Cards”. Questo gioco, distribuito nel 1952, è stata una delle invenzioni più innovative e uno dei prodotti di maggior successo commerciale dei due designer.

Fig. 08 - House of card di Charles and Ray Eames, Herman Miller 1952

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Inizialmente composto da due mazzi di 54 carte, con due fessure su ogni lato e uno alle estremità, realizzate con un assortimento di fotografie da un lato e un asterisco dall’altro. Queste tessere possono essere assemblate per formare strutture fantastiche di qualsiasi dimensione, permettendo ai bambini di creare infinite variazioni spaziali. Inizialmente è stato creato il mazzo “pattern”, decorato con schemi grafici, carte lavorate, modelli di tessuti, fiori, piume o sagome di animali. La scelta delle immagini, compiuta da Ray e da altri collaboratori, si ispirava alle “cose buone” tratte dalla natura. Successivamente è stata pubblicata un’altra versione chiamata “Picture”. In queste carte sono stati messi insieme gli oggetti più disparati, come oggetti domestici, giocattoli, oggetti di moda o animali. Le carte “montate” insieme tridimensionalmente, creano un effetto caleidoscopio, cambiando continuamente il colore. Visto il successo, questo gioco è poi stato riprodotto in vari formati e con varie temi fotografici come la “Giant House of Cards” o la “Computer House of Cards”. Decenni dopo, l’Eames office, ha iniziato a produrre “Create-It-All”, ovvero delle carte con una superficie vuota che può essere decorata a proprio piacimento.

Fig. 09 - House of card di Charles and Ray Eames, Herman Miller 1952

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Oltre a questi prodotti, i due designer inventarono altri giochi per bambini, come a esempio il “Revell Toy House” (un kit di una casa in miniatura completamente ammobiliata con le miniature dei loro mobili), il “Solar Do-Nothing Machine” (una macchina che produceva elettricità dal sole), le “Toy Masks” (delle grandi maschere per bambini) che portarono alla creazione di “The Coloring Toy” (stock di carte, pastelli e butterfly clip). Oltre ai giocattoli, gli Eames hanno anche progettato degli arredamenti per i piccoli. Il più famoso, “The Plastic Elephant” è una seduta a forma di elefante che è ancora oggi in produzione. Per celebrare questa seduta, è stato pensato e realizzato nel 2007 l’”Eames Paper Elephant”, un modello di carta da ritagliare per decorare e montare il proprio elefante.

Fig. 09 - Plywood Elephant di Charles and Ray Eames, Vita 1945

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02 Tra creativitĂ e gioco

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I bambini di oggi sono gli adulti di domani, aiutiamoli a crescere liberi da stereotipi, aiutiamoli a sviluppare tutti i sensi, aiutiamoli a diventare più sensibili; un bambino creativo è un bambino felice.

- Bruno Munari -

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02.1

L’importanza del gioco

L’

attività ludica-ricreativa svolge un ruolo molto importante nello sviluppo del bambino. Attraverso il gioco, il bambino incomincia a comprendere il funzionamento degli oggetti. Si parla di gioco funzionale, anche se non si tratta di una vera e propria attività ludica ma di un esercizio, di una attività imitativa rispetto a situazioni reali. Si comincia a parlare di vera e propria attività ludica nel momento in cui il gioco funzionale comincia ad acquisire i primi caratteri rappresentativi, cioè il bambino utilizza funzionalmente gli oggetti, in questo caso si parla di Gioco rappresentativo. L’esperienza del gioco insegna al bambino ad essere perseverante e ad avere fiducia nelle proprie capacità; è un processo attraverso il quale diventa consapevole del proprio mondo interiore e di quello esteriore, incominciando ad accettare le legittime esigenze di queste sue due realtà. Le attività ludiche crescono e si modificano di pari passo con lo sviluppo intellettivo e psicologico del bambino, anche se rimangono una tappa fondamentale nella vita di ogni uomo qualunque sia la sua età.

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Attraverso il gioco come ci ricorda Schiller, “l’uomo è pienamente tale solo quando gioca”, in quanto attraverso il gioco ognuno mantiene libera la propria mente da qualsiasi pensiero, è ha modo di poter scaricare la sua emotività e la sua istintualità. Il gioco diventa significativo per lo sviluppo intellettivo del bambino, in quanto quando gioca, riesce a sorprende se stesso e attraverso la sorpresa acquisisce nuove modalità che gli consentono di relazionarsi con il mondo esterno. Nel gioco il bambino sviluppa le proprie potenzialità intellettive, affettive e relazionali. Diventa strumento per il bambino poiché lo aiuta a sviluppare la creatività, lo aiuta a sperimentare le capacità cognitive, ha modo di poter entrare in relazione con i suoi pari, dà vita allo sviluppo della sua personalità.

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02.2

Il gioco e lo sviluppo affettivo

L

e diverse modalità di gioco, dipendono dallo sviluppo emotivo del bambino e tendono a modificarsi con la crescita. Questa fase diventa una chiave di lettura del suo equilibrio psichico. Le tappe sono: 0 – 1 anno: L’attività ludica comincia già dai primi mesi di vita del bambino. Inizialmente questa prima fase garantisce al bambino delle sensazioni che vanno a gratificare e arricchire il proprio sé che si sta formando. I primi giochi vengono fatti con il proprio corpo e quella della mamma, anche se la sua attenzione è rivolta anche agli oggetti che lo circondano. Il bambino agita le mani, muove le gambe. Sono tutte attività che hanno carattere prettamente esplorativo e ripetitivo. Le azioni infatti si susseguono, e servono a far si che impari a distinguere fra il sé e il non sé. 2 anni: In questa fase del suo sviluppo il bambino inizia a prendere coscienza della mamma, e quindi deve far fronte alle crisi di ansia e d’abbandono.

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In questa fase subentra l’oggetto transazionale. E’ un oggetto che nei primi anni di vita assume un carattere particolare, viene offerto al bambino dalla principale figura di accadimento del bambino (la mamma), e nel momento in cui la mamma si assenta, questo oggetto la rappresenta ed è un segno di certezza. Successivamente quando il bambino acquisisce la consapevolezza della figura materna e l’oggetto transazionale viene abbandonato, se rimane diventa una forma abituale, perde il suo significato principale. 3 anni: In questa fase di crescita iniziano a compiersi i primi giochi di socializzazione. Il bambino dimostra interesse a giocare con gli altri. Inizia a svilupparsi la capacità immaginativa, si tende ad imitare il comportamento degli altri. 4 – 5 anni: E’ una fase in cui il gioco diventa espressione delle proprie dinamiche interne. i giochi maggiormente prediletti sono quelli della bambola, del dottore, il gioco a nascondino. L’uso di questi giochi servono a rappresentare delle punizioni o proibizioni che il bambino ha subito. 6 – 10 anni: I giochi sono caratterizzati dalle regole e si svolgono in gruppo. Questo fa si che il bambino impari a stare con gli altri, e al rispetto delle regole per garantire il buon funzionamento del gioco.

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02.3

Gioco di narrazione

N

umerosi autori, tra cui J. Piaget, evidenziano l’importanza del gioco nel promuovere lo sviluppo della creatività nei bambini. J. S. Bruner, in particolar modo, indica come i giocattoli forniscano ai più piccoli la possibilità di rinunciare spesso alla logica rigorosa e precisa per prendere in esame il fantastico e l’improbabile. Il gioco permette infatti una maggiore flessibilità non legandosi necessariamente a nessi causali, agli intervalli temporali o agli atteggiamenti stereotipati. Molte blocchi sociale e affettivi possono ostacolare il pensiero creativo nel bambino come a esempio la spinta verso il successo, le reazioni degli adulti, il giudizio degli altri o la pressione conformista. Nelle situazioni ludiche, il bambino si sente di fatto liberato da questi obblighi sociali e può quindi mostrare i propri conflitti emozionali. Il gioco diventa quindi il momento in cui l’infante, già dalla più tenera età, elabora le proprie tensioni e le proprie angosce. Esso è considerato quindi il mezzo privilegiato per la promozione della creatività, soprattutto quando si tratta di giochi di finzione o imitazione.

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Esistono perciò molti libro/giochi che aiutano i bambini a aumentare la loro capacità di storytelling. Da semplici giocattoli da utilizzare fin da piccoli in modo autonomo a altri più complessi con cui serve l’interazione con un adulto. Anche delle semplici marionette sono in realtà dei mezzi per insegnare a ascoltare e raccontare a loro volta delle brevi narrazioni attraverso l’uso del racconto visuale delle mani. Nelle pagine successive saranno elencati alcuni esempi di giochi di narrazione.

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Le favole di Malimbo Valencia, Spagna

Dal 2006

0 - 99

Milimbo è uno studio grafico che ama raccontare storie attraverso le immagini. Il loro punto focale è la narrazione visiva con cui si possono osservare ed esplorare quelle cose che non possono essere raccontate a parole. Le loro letture sono quindi dei veri e propri giochi che stimolano la fantasia. Usano le illustrazioni al posto delle parole, utilizzando uno stile grafico simbolico e narrativo. I progetti di questo studio sono quindi grafiche, illustrazioni, manifesti, oggetti di cartone etc. Loro si occupano anche dell’editoria, realizzando e vendendo libri per bambini e per grandi. Nei loro lavoro riprendono principalmente le fiabe classiche, quelle realizzate da Walt Disney, dandogli una seconda occasione per rifarsi una vita e tornare a risplendere; le trasformano facendogli un “cambio di guardaroba”.

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Milimbo infatti lavora sulle diverse modalità del raccontare, non solo con le parole perché anche il gioco può essere un modo di agire e una maniera di conoscere. Un esempio è la storia di Cappuccetto Rosso che diventa sia gioco che libro muto. La scatola contiene la storia, una mappa del percorso attraverso il bosco e i personaggi realizzati come sagome di cartone. Un altro esempio è il libro Cenerentola dove la storia viene raccontata unicamente dalla potenza evocativa delle immagini, senza parole. O Hansel e Gretel dove la scatola del gioco contiene tutti gli elementi principali della storia (persino una bacchetta di caramella), oltre a un libro muto dove la storia è raccontata solo per illustrazioni. Oltre alle favole classiche, essi producono anche storie e giochi completamente progettati da loro. Anche in questi casi lo scopo è il medesimo: stimolare la fantasia dei bambini raccontando storie visive. I piccoli si creano quindi una storia propria che sarà sempre diversa da quella degli altri. Questi libri/giochi sono quindi dei mezzi molto efficienti per insegnare agli infanti l’arte del raccontare e dell’inventare favole.

Fig. 10 - Rivisitazione della favola di Cappuccetto Rosso di Milimbo

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Story Cubes Belfast, Irlanda Dal 2009

+3

Gli Story Cubes sono dei generatori di storie portatili. Esistono vari set, composti da 9 dadi per un totale di 54 immagini, con cui si possono formare fino a 10 milioni di combinazioni. Tirando i dadi si generano 9 immagini casuali che saranno poi usate per inventare una storia. Esistono diversi set disponibili, i principali sono: il set classico, contiene tutti i personaggi e le situazioni per creare una storia, il set actions, con elementi di azione, e il set voyages, per dare spazio alla fantasia e a avventure fantastiche. Oltre a questi sono nati dei piccoli set composti da 3 dadi l’uno per aggiungere elementi alle collezioni originali. I set mix attualmente disponibili sono: indizi, fiabe, preistoria, intergalattica, medicina, competizione, paura, animali, miti e batman.

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In questi casi vengono quindi sostituiti 3 dadi dal set di partenza con quelli presenti nel mix. I set possono essere infatti sia usati da soli che combinati insieme. Esistono inoltre i set MAX, con dadi di formato piĂš grande, realizzati per essere usati in classe, negli asili o comunque in gruppo. Oltre a essere un gioco divertente è anche educativo, infatti stimola l’immaginazione e la fantasia e aiuta i bambini a capire la logica dei racconti e a creare situazioni di causa ed effetto.

Fig. 11 - Story Cubes Voyages, The Creativity Hub

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La mente è una sola. La sua creatività va Coltivata in tutte le direzioni.

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- Gianni Rodari -


02.4

Gianni Rodari

G

iovanni Rodari, in arte Gianni (1920 – 1980), è stato uno scrittore, pedagogista, giornalista e poeta italiano, famoso per la sua fantasia e originalità, attraverso racconti, filastrocche e poesie, divenute in molti casi classici per ragazzi, ha contribuito a rinnovare profondamente la letteratura per ragazzi. Nei suoi lavori, ha sempre affermato, una particolare attenzione alla formazione del pensiero del bambino, in tutti i suoi aspetti logici, fantastici e immaginativi. Egli è difatti stato un attento osservatore dei processi formativi e un suggeritore di metodologie didattiche, che puntino a salvaguardare e favorire l’immaginazione. Tutt’ora i critici riconoscono il suo contributo di “educatore”, che rinvia a sofisticate analisi sul linguaggio e sulle tecniche per stimolare la creatività dei bambini.

Fig. 12 - Gianni Rodari

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Rodari e i bambini Per capire l’originalità e l’evoluzione dell’opera letteraria di Rodari, va considerato come egli si sia rapportato all’infanzia e abbia interpretato i suoi bisogni e i suoi problemi. Nelle sue opere si intrecciano perciò temi diversi che risultano sempre al servizio del bambino, dei suoi diritti, della sua autonomia e della sua capacità creativa; alcuni di questi temi sono la violenza, la scuola e la famiglia, i libri e gli altri strumenti di conoscenza, la televisione e i fumetti, il gioco e i giocattoli, la socialità. La sua attenzione è sempre stata rivolta all’esperienza sociale e al tempo libero, essendo lui infatti molto sensibile all’aggregazione spontanea che si riscontra nei bambini. Egli chiama questa forza il “sentimento dell’infanzia”, ovvero quella linea di principio per cui non vi sono differenze di razze, di lingue, di culture, di status, di genere, quando due bambini si incontrano. Rodari opera attraverso un “sorriso pedagogico” che agisce come molla, motivazione. Esso scaturisce, tramite la poesia, proprio perché basato su una “complice innocenza”. Ogni filastrocca, ogni poesia, ogni fiaba, è una sorpresa, una “sbanalizzazione dell’ovvio”, operata attraverso i meccanismi dello straniamento, del rovesciamento, dell’ironia.

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L’educazione linguistica Per Rodari la scuola deve essere in grado di sviluppare non solo la capacità di ascoltare e di ripetere, di imparare a leggere, di scrivere e far di conto, ma anche la capacità di pensare, progettare, verificare, di sbagliare e di correggere l’errore. Queste cose, il bambino le inizia a imparare nel gioco, per capire il mondo vicino, per conquistarsi un lessico e un minimo di strutture linguistiche, per inventare il linguaggio grafico-figurativo col quale rappresenta momenti della sua vita, per raccogliere una grande quantità di dati scientifici e di leggi fisiche, e per diventare altro da sé nel gioco della finzione. Rodari contribuisce così al rinnovamento dell’educazione linguistica. Egli considera la lingua non una materia tra le altre, ma ne riconosce la forte interdisciplinarità e il potenziale di coinvolgimento del bambino nella sua complessità. Attraverso il linguaggio il bambino entra in relazione con la realtà, agisce su di essa, costruisce e modifica i propri schemi mentali.

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L’immaginazione Nello sviluppo della personalità, ha quindi una particolare funzione l’immaginazione. A fronte di una didattica prescrittiva, egli valorizza il ruolo della creatività linguistica. L’uso del linguaggio quindi come uno strumento flessibile che offre molteplici possibilità combinatorie. Per costruire efficacemente il linguaggio nel bambino bisogna perciò essere in grado di legare le operazioni di verbalizzazione all’esperienza dei significati, sfruttando le tecniche che scaturiscono dalle leggi di funzionamento del linguaggio, che sono a loro volta legate alle leggi di funzionamento del pensiero. Inoltre bisogna essere capaci di guardare le parole non isolandole ma mettendole in relazione le une alle altre, in modo da far rinascere il senso del rapporto profondo che dalle parole rinvia alle cose, e viceversa. E non basta: se interroghiamo con le parole le cose, queste non solo ci raccontano segreti preziosi, ma ci fanno avvertire che parole e cose contano in quanto sono in relazione con noi. Le parole difatti stanno dentro di noi, nella nostra memoria, nella memoria delle nostre esperienze vitali. Ogni parola diventa viva davvero solo se la si sente come un nodo di relazioni con altre innumerevoli parole possibili, con le cose del vasto mondo, con la propria intera personalità.

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Le fiabe Rodariane Per Rodari la fiaba appare quindi la forma più adeguata per l’infanzia per sviluppare la creatività, per la differenza dei suoi soggetti e per gli interventi fantastici in essa permessi. Fra le tecniche che egli propone le principali sono: l’insalata di favole, le favole a rovescio, le favole a ricalco, le ‘carte di Propp’, il ‘che cosa successe dopo’, la trasformazione degli elementi e dei materiali costitutivi di personaggi ,contesti, miti, la trasgressione delle leggi della fisica e della matematica, e il “binomio fantastico”. Tutte queste tecniche sono state inserite nel libro “La Grammatica della fantasia. Un’introduzione all’arte di inventare storie”. Questo è l’unico volume dello scrittore che non è di narrativa ma che ha un contenuto teorico. In questo volume Rodari riprendere dei suoi appunti, scritti intorno agli anni ‘40, che facevano parte della raccolta del “Quaderno della fantasia”.

Fig. 12 - Le “carte di Propp” - Gianni Rodari

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Le storie aperte Come visto in precedenza, a Rodari non piacevano le regole date senza motivo, ma preferiva prima testare la loro efficacia e utilità per capire se erano regole buone o no. Una delle norme con cui era più in conflitto è l’obbligo del finale in ogni narrazione. Difatti egli sosteneva l’importanza di lasciare un finale aperto in modo da lasciare libera la possibilità di immaginare e sviluppare la propria storia al lettore. Questo era per Rodari un altro metodo per allenare la fantasia e le capacità narrative nei lettori.

I tre finali Durante la sua carriera, Rodari ha utilizzato spesso la tecnica del finale aperto. Egli infatti in alcuni suoi lavori, suggerisce tre finali per ogni storia, invitando i bambini a scegliere quello che preferiscono e facendogli motivare il perché, oppure facendogli scrivere un nuovo finale inventato da loro. Questi espedienti portano quindi alla creazione di racconti bizzarri, a volte fiabeschi, dal finale aperto, ma che hanno la capacità di far divertire i piccoli lettori e di farli ragionare. Per lo scrittore questo era un metodo per ampliare il piacere della lettura e il senso del “costruirsi” la propria narrazione con componenti e possibilità personalizzate.

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Rodari raccoglie tutte questi racconti in “Tante storie per giocare”32, un libro-gioco che non ha una vera e propria componente ludica (nessuno vince o perde), ma dà la possibilità al fruitore di compiere delle scelte. Alla fine del libro, Rodari stesso commenta i vari epiloghi delle varie storie, senza però indicarne uno giusto o sbagliato. Questa raccolta ha posto le basi per la creazione dei racconti interattivi, divenuti famosi negli anni successivi.

Gioco e racconto Con i finali aperti Rodari inserisce un elemento di incertezza nelle sue storie. Questi suoi non-finali aderiscono perfettamente alla sua intenzione esplicita di coinvolgere il lettore, di farlo partecipe al gioco. Vi è quindi un’affinità tra il gioco e la narrazione senza una conclusione vera e propria perché questa mancanza porta il lettore in uno stato di tensione positiva. Questa sensazione viene provata quando, a causa dell’incertezza non si sa come il gioco o la storia andrà a finire. Il fruitore si trova quindi in uno stato di insicurezza, in cui viene spinto a trovare delle possibili soluzioni o risposte in maniera autonoma e quindi a sfruttare tutte le sue capacità. Leggendo le favole aperte di Rodari si entra in questa condizione proprio a causa dell’incertezza del finale che fa cadere i punti fermi del lettore tradizionale.

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02.5

Giochi testati

“M

a avendo conosciuto che per farsi grande bisognava anche studiare sulle opere dei grandi maestri”. Per questo, prima di iniziare la fase di concept, ho deciso di testare alcuni giochi dei designer studiati durante la fase di ricerca. Ho quindi selezionato gli artefatti da analizzare in modo da avere un’ampia visuale sulle tematiche inerenti al mio progetto. Perciò ho deciso di testare due giochi di Bruno Munari (“Più e meno” e “ABC con fantasia”) uno di Enzo Mari (“Le carte da disegno”) e uno di Martì Guixé (Blank Book). Questi progetti hanno un fattore in comune, ovvero trasformano il bambino che li utilizza in un fruitore attivo partecipe nella creazione delle storie. Ognuno di essi ha delle caratteristiche interessanti, utili al fine della progettazione finale del concept.

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• PIÙ E MENO è un gioco composto di 72 carte componibili con diverse immagini. Lo scopo è quello di sovrapporre i disegni per creare storie sempre diverse che scaturiscono dall’associazione dei differenti elementi. • ABC CON FANTASIA è un gioco costituito da 26 elementi lineari e circolari che possono essere usati per comporre qualsiasi lettera dell’alfabeto, ma anche, se si vuole, altre figure di fantasia. Un modo creativo per accostarsi alla lettura e alla scrittura. • LE CARTE DA DISEGNO sono una serie di librigioco formati da lunghe strisce che accennano, con appunti visivi, a racconti, sequenze, sogni, volti, viaggi, paesaggi. Il bambino può far sua ogni storia, continuando o reinventando tutto attraverso i propri disegni. • BLANK BOOK è un “libro vuoto”, che offre infinite soluzioni possibili per essere riempito; non è un libro da leggere, ma un libro “da fare” che si concentra sull’immaginazione e la partecipazione attiva di bambini e adulti.

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02.6

Più e meno - Munari

Fig. 12 - Gioco “Più e meno” di Munari.

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Diagramma dei concetti

TRASPARENZA

ADDIZIONE/ SOTTRAZIONE

LIVELLI

COLORI E FORME

+/Sfondi trasparenti è possibile guardare attraverso

Aggiungendo e Varie combinazioni sottraendo le carte di strati sovrapposti, si creano immagini e creano combinazioni storie diverse sempre nuove

Ogni carta ha forme e colori diversi

Fig. 12 - Schema dei concetti chiave del gioco “Più e meno” di Munari

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02.7

ABC con fantasia - Munari

Fig. 12 - Gioco “ABC con fantasia” di Munari.

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Diagramma dei concetti

MODULI

SCRITTURA

TATTO

FORME

ABC Le lettere sono I vari moduli Il materiale morbido composte da moduli compongono tutte le favorisce sensazioni base che si ripetono lettere dell’alfabeto tattili ai bambini

Le forme geometriche compongo i vari moduli.

Fig. 12 - Schema dei concetti chiave del gioco “ABC con fantasia” di Munari

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02.8

Carte da disegno - Mari

Fig. 13 - Gioco “Carte da disegno” di Mari.

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Diagramma dei concetti

RACCONTI

APPUNTI VISIVI

Ogni bambino Mari inserisce degli disegna le schede a appunti visivi per proprio piacimento stimolare la fantasia dei bambini

CREATIVITA’

RIEMPIRE

I segni presenti sui fogli stimolano la creatività

I disegni sono accennati e vanno completati dai bambini

Fig. 14 - Schema dei concetti chiave del gioco “Carte da disegno” di Mari.

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03 Il tatto ed i giochi fatti in casa 80


I bambini di oggi sono gli adulti di domani, aiutiamoli a crescere liberi da stereotipi, aiutiamoli a sviluppare tutti i sensi, aiutiamoli a diventare più sensibili; un bambino creativo è un bambino felice.

- Bruno Munari -

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03.1

L’importanza del tatto secondo Bruno Munari

B

runo Munari sostiene l’importanza del tatto e della manipolazione come strumenti di conoscenza, perché per un infante la cognizione del mondo è di tipo plurisensoriale. Infatti la prima forma di comunicazione del bambino è il linguaggio tattile, questo inizialmente è quasi l’unico senso che ci permette di entrare in “con- tatto” con il mondo. Prendendo spunto dal “Tattilismo” lanciato da F. T. Marinetti nel 1921 e dalle sue tavole tattili, in “I laboratori tattili”, Munari scrive che il tatto è il senso maggiormente usato perché completa la sensazione visiva e uditiva delle cose. Anche Maria Montessori, nelle sue “Case dei Bambini” ha introdotto l’educazione dei sensi soprattutto di quello tattile, attraverso l’uso di tavole per conoscere le qualità dei materiali come quella del liscio-ruvido.

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CAPITOLO 03


Bisogna quindi riuscire a riappropriarsi di questo meccanismo di conoscenza diretta di cui siamo dotati. Il materiale migliore per fare tutto ciò è la carta; essa può infatti avere molti aspetti tattili: liscia, ruvida, arrotolata, bucata, bagnata etc. Munari parte proprio da questo elemento per cercare di riaffermare l’importanza del tatto rispetto alla vista e all’udito. Egli inizia quindi a sperimentare nuovi metodi di comunicazione come i libri senza testo e immagini, ma realizzati solo attraverso le componenti fisiche primarie. Nascono i Libri illeggibili, nei quali le storie sono create attraverso l’uso di pagine di varie forme e colori. Sperimentando tutte le tecniche della tipografia, cartotecnica, legatoria per creare stimoli visivi, tattili, sonori, termici e materici si vuole così perseguire lo scopo di sorprendere i lettori. Questi libri sono stati un punto di partenza per un’altra sperimentazione di Munari nel campo dell’editoria per bambini, i Prelibri. “Libri-oggetto” progettati per bambini molto piccoli che non sanno ancora leggere, per poter ribaltare l’idea sbagliata che molti adulti hanno sui libri, ovvero che siano qualcosa di noioso e non divertente. Egli in questo modo riesce nel suo intento, creare un libro che sia una sorpresa continua di sensazioni e stimoli per i suoi lettori e che insegni al bambino a apprendere attraverso tutti i sensi.

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03.2

La tavola tattile, Bruno Munari

A

ppena nasce, la primissima forma di comunicazione del bambino è il linguaggio tattile. Il senso del tatto, infatti, sarà il primo a svilupparsi e riveste un ruolo di grande importanza nel percorso di sviluppo sensitivo del bambino. Il contatto fisico, sopratutto con la mamma, sarà per lui un linguaggio d’amore. Il contatto con oggetti o materiali vari gli consentiranno di fare le sue prime scoperte e conoscenze. Uno strumento progettato e realizzato appositamente per sviluppare questo senso è la tavola tattile.

Fig. 15 - Le tavole tattili - Bruno Munari

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L’inventore della tavola tattile è il famoso Bruno Munari. Nel 1931, Munari realizza la sua prima tavola tattile. Creata per permettere al bambino di ampliare la sua conoscenza attraverso la sperimentazione e il gioco, l’idea viene utilizzata da Maria Montessori nelle sue scuole e nell’educazione montessoriana in generale. Che cos’è una tavola tattile? La tavola tattile consiste in una tavola di legno dove vengono applicati differenti materiali con varie consistenze per permettere al bambino di sperimentare e conoscere attraverso la percezione tattile ciò che gli si presenta davanti agli occhi. Su queste tavole di legno possiamo trovare: • carte vetrate di varia finezza • sughero • metallo • pelle • corde Far “sentire” e percepire con le dita i materiali che il bambino vede, aiuta il bambino a sviluppare il senso tattile, la comprensione, una conoscenza più profonda e duratura.

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Quando si può presentare una tavola tattile al bambino? Tutti i materiali Montessori devono essere presentati rispettando determinate fasce di età e sopratutto in base al personale sviluppo e crescita del bambino stesso. Secondo il grado di difficoltà che le diverse tavole presentano è possibile presentare la più semplice dai 24 mesi e la più complessa ai 3 anni e mezzo. Basta iniziare da pochi ma forti stimoli contrastanti come morbido-rigido, ruvido-liscio, freddo caldo e proseguire mostrando sempre più maggiori e sottili stimoli da percepire. Nel metodo Montessori si distinguono 3 tavole tattili.

1. Tavole del liscio e del ruvido

Fig. 15 - Tavole del liscio e del ruvido, Gianni Rodari

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Tutti i materiali Montessori devono essere presentati rispettando determinate fasce di età e sopratutto in base al personale sviluppo e crescita del bambino stesso. Secondo il grado di difficoltà che le diverse. Al bambino vengono presentate 3 diverse tavole di legno: 1. metà liscia e metà ruvida 2. a strisce ruvide e lisce che si alternano 3. con grane diverse di ruvidità, partendo dalla più fine fino alla più grossa. Possono essere presentate a bambini di età superiore ai 24 mesi e la metodologia da applicare è la seguente: • bagnare le dita in acqua tiepida per qualche secondo • asciugarle con un asciugamano • toccare le tavolette dando la corretta nomenclatura del ruvido/liscio (solo nelle prime due tavolette) • far ripetere al piccolo Per aumentare il grado di difficoltà dell’attività/ gioco è possibile bendare il bambino, dando una prima iniziazione alla scrittura.

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2. Tavole bariche Si presentano al bambino 6 tavole di legno che presentano diversi pesi.

Fig. 16 - Tavole bariche, Gianni Rodari

Devono essere utilizzate così: • bendare gli occhi • prendere e soppesare con una mano una tavoletta • fare lo stesso nell’altra mano con un’altra tavoletta • confrontarle come una bilancia • dire se il peso è uguale o diverso mettendo l’altezza delle mani in base al peso • verificare senza benda se è esatto o meno • se di ugual peso metterle da parte e proseguire con le altre tavolette • far ripetere al bambino.

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2. Tavole termiche Sono 12 tavole che presentano 6 materiali diversi: • ferro • sughero • marmo • legno • vetro • feltro Queste tavole dovranno essere appaiate tra loro. Il procedimento è sempre lo stesso delle tavole bariche e come esse vanno presentati ai bambini con età superiore ai 3 anni e mezzo: • bendare gli occhi • esaminare con le dita la tavoletta specificando se liscia, ruvida, fredda o calda • fare lo stesso con una seconda tavoletta • se si pensa che siano uguali si appaiono altrimenti si procede con un l’esame di un altra tavoletta • togliere la benda per verificare l’errore • far ripetere al bambino.

Fig. 17 - Tavole termiche, Gianni Rodari

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Il ruolo dell’adulto nello sviluppo sensoriale tattile del bambino L’adulto, nel far svolgere queste attività, deve semplicemente mostrare al piccolo come si faattraverso delle semplici e chiare azioni e utilizzando poche parole. Osservare l’operato del bambino, senza interferire, sarà il passo successivo. L’adulto potrà aiutarlo solo se strettamente necessario, spiegando come fare non cosa fare. Ricordiamo che una lezione per essere montessoriana dev’essere: • obiettiva • chiara • essenziale

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Le tavole tattili fai da te Creare delle tavole tattili per il proprio bambino è possible anche col fai da te. Di quelle elencate è possibile riprodurre in casa soltanto quelle del ruvido/liscio e le termiche. Per le tavole bariche bisogna rivolgersi ad un falegname per farsi preparare appositamente 3 tavolette di peso diverso in doppia copia (così da ottenere un totale di 6 tavole per poterle poi appaiare). Per quanto riguarda le tavole del liscio/ ruvido basterà munirsi di 3 piccole tavolette di legno ed incollarci sopra (nelle differenti caratteristiche elencate precedentemente) della carta vetrata con le diverse grane. Anche per le tavole termiche sarà, sufficiente preparare tutti i materiali da presentare e attaccarli accuratamente sulle 12 tavolette di legno (ogni materiale dev’essere esposto su 2 tavolette per essere appaiate durante il gioco). Grazie alle tavole tattili, il bambino potrà ampliare ed accrescere le sue capacità di conoscenza e apprendimento attraverso il senso del tatto, uno dei sensi più importanti nella sua crescita e sviluppo.

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03.3

Il riciclo creativo

L

a fantasia alimenta l’universo dei bambini, perché non ricorrervi allora per creare o riutilizzare i loro giocattoli? Dedicarsi al riciclo creativo per i più piccoli è particolarmente divertente, non solo perché così facendo si aiuta l’ambiente, ma anche per ci si può davvero sbizzarrire in modi impensabili. In questo punto, si tratteranno due grandi macroaree dedicate al recupero e alla creazione di giocattoli per i bimbi. Da un lato, si analizzerà la possibilità di donare nuova vita a vecchi giochi ormai in disuso, dall’altra si vedrà come sfruttare oggetti di uso comune per trasformarli in strumenti per ore e ore di infinito divertimento.

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CAPITOLO 03


Recuperare vecchi giocattoli Tutte le famiglie con bambini hanno una cesta dei giocattoli che non si usano più, perché non più funzionanti oppure perché non sollevano più l’interesse dei bambini. Dono Il modo più facile per riciclare bambole, palloni, trenini, puzzle e quant’altro sia in disuso, è donarli a chi potrebbe farne tesoro. Famiglie di amici con bimbi piccoli, asili, associazioni di volontariato per l’aiuto dei più poveri, parrocchie: tutti questi soggetti saranno entusiasti di poter ritirare quanto abbiamo in casa. Prima della consegna, però, bisogna accertarsi innanzitutto che il gioco sia integro e funzionante, poi che non minacci la sicurezza di terzi, come ad esempio strumenti elettronici vetusti che potrebbero andare incontro a cortocircuiti.

CAPITOLO 03

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Mattoncini e costruzioni Mattoncini e costruzioni sono i giocattoli più semplici da riciclare. Con i classici Lego ci si può davvero sbizzarrire: si possono costruire scatolette portagioie, fermacarte, anelli per tenere ordinati i cavi di computer e TV e molto altro ancora. Particolarmente in voga sui social network, grazie a un sapiente meme, è il portachiavi: si appenda al muro una base piatta e si agganci un mattoncino a ogni singola chiave: non verranno mai più smarrite. I mattoncini e i listelli in legno, invece, possono essere levigati e assemblati fra loro per creare attaccapanni, ganci per l’armadio o per gli asciugamani in cucina.

Fig. 17 - Mattoncini costruzione, riciclo

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CAPITOLO 03


“

Il lavoro manuale con un fine pratico aiuta ad acquisire una disciplina interiore.

�

- Maria Montessori -

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03.4

Creare nuovi giocattoli da oggetti riciclati

L

a parte piÚ divertente del riciclo creativo è però realizzare nuovi giocattoli a partire da oggetti di uso comune, quali bottiglie, bicchieri di plastica, palloncini scoppiati e molto altro ancora. Di seguito, alcune proposte suddivise per materiale.

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CAPITOLO 03


Giocattoli dalla plastica Recuperare la plastica per trasformarla in oggetti di sicuro piacere per i bambini è facilissimo. Tagliando un bicchierino usa e getta sul fondo, ad esempio, e aggiungendo alla parte eliminata un vecchio palloncino ben teso, si costruirà una simpatica fionda per il lancio delle palline da ping pong. Legando fra di loro una ventina di bottiglie PET, invece, sarà molto semplice costruire una poltroncina o un materassino da utilizzare d’estate in piscina. E che dire di piatti e posate da campeggio che, opportunamente lavati e assemblati, possono trasformarsi in racchette per la palla? Da un vasetto di yogurt vi si può ritagliare una barchetta, un contenitore delle sorprese di un ovetto può evolvere in un coniglietto o in un elicottero e così via. Con la plastica non vi sono davvero limiti alla fantasia.

Fig. 18 - www.tuttogreen.it/il-meglio-del-riciclo-creativo/

CAPITOLO 03

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Giocattoli dalla gomma Anche la gomma si presta ai più svariati utilizzi. Da un pneumatico lavato e decorato appeso a una corda, ad esempio, se ne ricava la più classica delle altalene. Da una camera d’aria di un ruota di motocicletta può nascere una ciambella per la piscina o la base di un morbido cuscino, da rivestire con della stoffa colorata. E perché non parlare della tradizionalissima fionda, ricavata da un legnetto a Y le cui estremità sono fra loro collegate da un pezzo di gomma ritagliato da una vecchia ruota di bicicletta.

Fig. 19 - Altalena con pneumatici

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CAPITOLO 03


Giocattoli dalla stoffa Ritagliando un vecchio abito o del tessuto rimasto inutilizzato in casa, è possibile ricavare molti oggetti di sicuro interesse per i più piccoli. Da vestititi per le bambole a copertine per l’arredamento della loro casetta, passando per i classici multitasca da appende al muro per tenere in ordine la stanza del bambino o pupazzetti e marionette imbottiti d’ovatta. Un’idea simpatica può essere quella di cucire una piccola pallina, riempita di gommapiuma o di cotone, affinché i bambini si possano divertire in casa senza il rischio che distruggano mobili o vetri.

Fig. 20 - Tessere memoria con stoffa

CAPITOLO 03

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03.4

Giochi e mobili fai da te secondo il metodo Montessori

M

olti, tra insegnanti e genitori, conosceranno il metodo Montessori di cui abbiamo parlato nel primo capitolo. Riepilogando, si tratta di un metodo ideato per educare i bambinia partire da strumenti e giochi speciali, pensati e realizzati appositamente per loro. Il piÚ delle volte si tratta di strumenti davvero semplici da realizzare e da utilizzare per stimolare la curiosità del bambino e l’apprendimento in modo ludico. I bambini sono protagonisti di tutte le loro azioni. Molte mamme e insegnanti prendono spunto dal metodo Montessori per realizzare mobili, giochi e strumenti utili per i bambini. Analizziamo alcuni esempi interessanti a cui possiamo ispirarci.

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CAPITOLO 03


Lettino montessori Il lettino Montessori è un letto per bambini senza sbarre a cui i piccoli possono accedere da soli. Non si ha l’impressione della “gabbia” come nei classici lettini a sbarre per bambini. Si tratta di un lettino basso da cui il bambino non rischia di cadere e di farsi male.

Fig. 21 - Lettino montessori Babylodge, cameretta bimbo

CAPITOLO 03

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Scatola Montessori Una scatola in cui infilare una pallina nell’apposito foro per poi vederla ricomparire grazie a piccoli movimenti o a un cassetto. Ecco un gioco classico del metodo Montessori, adatto anche ai bambini molto piccoli.

Fig. 22 - Montessori per piccolissimi, la scatola imbucare fai da te

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CAPITOLO 03


Ruota dei colori Montessori Esistono diversi giochi e attività creati appositamente per aiutare i piccoli nell’apprendimento dei colori. Uno di questi, ispirato proprio al metodo Montessori è la famosa ruota dei colori, conosciuta in tutto il mondo come “Color Wheel”. Il suo impiego permette al bambino di: riconoscere i colori, associare un oggetto al colore corrispondente. In questo modo i bambini avranno la possibilità, anche in casa, di poter avviare un buon processo di apprendimento dei colori e sopratutto di farlo attraverso il gioco. Il gioco è molto semplice: il bambino deve abbinare la molletta allo spicchio del colore corrispondente e quando riesce a farlo correttamente, deve associare sia allo spicchio, sia alla molletta il nome del colore.

Fig. 23 - Montessori per piccolissimi, ruota dei colori fai da te

CAPITOLO 03

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04 Sviluppo del progetto 106


“

Tutti i bambini sono degli artisti nati, il difficile sta nel fatto di restarlo da grandi. - Pablo Picasso -

� 107


04.1

Storie a colori

C

ome anticipato in precedenza, “Storie a colori” ha lo scopo di insegnare l’arte di raccontare ai bambini, attraverso l’uso di carte e di storie a esse collegate. Durante la fase di ricerca e anche una volta conclusa, mi sono chiesta quale fosse il modo migliore per poter unire la creatività di un bambino con il mondo della narravione e del gioco. Ho cercato quindi di individuare le potenzialità dei vari progetti e attori analizzati nei precedenti capitoli, in modo da utilizzare gli elementi vincenti di ognuno di loro. Partendo quindi dal tema del laboratorio, il design delle opzioni, ho iniziato a indagare i punti chiave su cui il concept si basava, come le teorie pedagogiche, Rodari ecc… per poter arrivare a realizzare un progetto concreto e studiato.

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CAPITOLO 04


Design delle opzioni La filosofia dei progetti che rientrano in questo campo è quella della creazione di opere aperte, dove sia possibile intervenire attivamente e mettere qualcosa di proprio. Si deve quindi avere una libertà di scelta perché le persone che hanno opzioni hanno la possibilità di poter esprimere compiutamente la loro dimensione. Anche nel gioco “Storie a colori” si trovano quindi questi potenziali set di scelte che consentono a ogni attore di esprimere i propri pensieri e interessi. Questa opera aperta crea perciò una narrazione, in cui ogni utente/lettore partecipa attivamente alla sua costruzione. Si generano perciò storie personalizzate che possono essere condivise con gli altri in tale da trasmettere e condividere informazioni e ricevere ed elaborare feedback. Il gioco è quindi uno dei metodi migliori per insegnare ai bambini a costruirsi storie da sé, perché da possibilità infinite per poter cambiare le cose. Difatti il progetto di un gioco è un sistema che abilità opzioni, creatività, interpretazione e storie. Questo progetto si presenta quindi come un contenitore di storie aperte, che dà dunque la possibilità al bambino di scegliere e scoprire le varie opzioni disponibili.

CAPITOLO 04

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Gli spunti progettuali La fase di ricerca e analisi svolta sui progetti esistenti e sugli attori che hanno lavorato coi bambini mi ha aiutato a definire il percorso da intraprendere e a districarmi nelle vari idee e ipotesi. Da ognuno di loro ho infatti cercato di prendere spunto per la creazione del mio progetto. • MUNARI: vedeva il bambino come un piccolo designer che doveva essere lasciato libero di esplorare e imparare il mondo in modo autonomo, ma con la supervisione di un adulto. • MARI: la sua collaborazione con la moglie l’ha portato a progettare molti wordless book, ovvero libri come racconti visivi. • EAMES: hanno sviluppato e trasformato vari progetti di carte da gioco, per adattarli ai vari fruitori e ai differenti contesti d’uso. • MONTESSORI: la sua filosofia del bambino attivo che deve essere in grado di sperimentare e imparare da solo, ma anche il suo progetto dei Materiali e soprattutto quello dei materiali sensoriali da lei usato per insegnare i concetti base di ruvido- morbido etc. • RODARI: le sue tecniche per poter inventare storie in modo semplice, così che anche per un bambino fosse possibile farlo autonomamente. Il binomio fantastico è uno dei pilastri che Rodari usava per la creazione di nuove storie e racconti, mentre le storie aperte sono state un espediente da lui utilizzato per rendere il lettore maggiormente coinvolto nei suoi libri.

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CAPITOLO 04


Design delle Opzioni

Pedagogia e Design

Partecipazione attiva

Design Thinking

L’utente può scegliere

Metodo di azione creativa

Casi studio

STORIE A COLORI

Fig. 23 - Mappa inquadramento

CAPITOLO 04

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04.2

Naming

L’

idea di chiamare questo progetto “Storie a colori”, è nata durante la fase di ricerca. Difatti questo appellativo è il nome utilizzato per una delle regole del nostro gioco, proprio per la modalità di gioco ovvero l’utilizzo solo ed esclusivamente del colore di ogni categoria. Dopo la scelta del nome ho pensato di utilizzare per quest’ultimo un lettering semplice e comprensibile per i bambini, senza la presenza di simboli o altro.

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CAPITOLO 04


FONT:

Alegreya Sans SC ExtraBold

STO R I E A COLORI

Font naming del gioco

CAPITOLO 04

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04.3

Il sistema prodotto/servizio/ comunicazione

P

er la progettazione di questo gioco non ho studiato solo la realizzazione del prodotto, ma anche il sistema di comunicazione e dei servizi a esso collegati. Ho quindi pensato a un sistema accessorio di strategie comunicative per la vendita e la fruizione del gioco. Il sistema prodotto/ servizio/ comunicazione è quindi composto da varie parti, tutte collegate tra loro, per poter offrire ai clienti e fruitori un’esperienza d’uso del gioco.

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CAPITOLO 04


IL PRODOTTO Il prodotto è composto da un kit iniziale per il gioco e un regolamento. In quest’ultimo sono inserite la spiegazione del gioco, i suoi obiettivi, il materiale necessario, il funzionamento e la spiegazione dei vari elementi. Il kit è formato da 12 carte, suddivise in diverse tipologie di elementi, quattro ricordini, che spiegano le categorie degli oggetti raffigurati sulle carte. IL SERVIZIO Come detto in precedenza, l’acquirente compra fisicamente la confezione da gioco. Il prodotto sarà disponibile sia nei classici negozi di giocattoli che in cartolibrerie, ed anche sui vari siti di vendita (amazon.it ecc…). LA STRATEGIA DI COMUNICAZIONE Il primo passo per impostare una strategia di comunicazione è stato quello di trovare uno stile e un linguaggio comune da utilizzare per tutti gli elementi grafici. In quest’ottica si è realizzato il marchio, composto da un pittogramma e da un logotipo e con lo stesso approccio sono state sviluppate le grafiche per le carte e per il packaging. Il tutto per far in modo che il risultato fosse omogeneo e armonizzato.

CAPITOLO 04

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04.4

A chi è rivolto il gioco?

G

li attori principalmente coinvolti sono i bambini dai 3 ai 8 anni. Si tratta quindi del periodo che va dalla scuola materna ai primi anni di scuola elementare, fase in cui i bimbi iniziano a imparare le nozioni base della lettura e della scrittura e a affinare le proprie capacità di storytelling. I bambini più piccoli (3-5 anni) useranno il gioco principalmente insieme a un genitore o comunque un adulto, che li aiuterà a seguire la storia, a riconoscere i personaggi principali e a utilizzare al meglio le carte. Crescendo, gli utenti (5-8 anni) potranno iniziare a utilizzare autonomamente il gioco, seguendo le storie e inventandosene di nuove. Con l’aiuto di un parente più grande potranno poi inserire questi racconti e oggetti di loro creazione nella gallery presente sul sito dedicato.

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CAPITOLO 04


04.5

Funzionamento del gioco

C

ome abbiamo detto, “Storie a colori” è un servizio: ciò che mi sono proposta di fare con questo progetto è di creare un collegamento divertente, ma anche utile, tra l’utilizzo della creatività e il giocattolo. Per poter iniziare a interagire con il servizio bisogna innanzitutto comprare il set che contiene le carte e il regolamento. Come in molti giochi anche in questo caso ci sono varie tipologie di utilizzo, che corrispondono a diverse tecniche, studiate da Rodari, per sviluppare la creatività e lo storytelling. Sono tre i principali metodi di utilizzo del sistema, INVENTASTORIE, DECIDELUI e STORIE A COLORI. Inoltre, dopo aver capito la logica del gioco, sarà possibile creare proprie storie e caricarle sul sito internet del gioco in una gallery dedicata.

CAPITOLO 04

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INVENTASTORIE

Il bambino inizia scegliendo una carta a suo piacimento tra quelle presenti nel kit e fa cominciare la storia. A un certo punto, la narrazione si interrompe e per continuare, il piccolo lettore deve scegliere un’altra carta; così facendo, sarà possibile continuare il gioco. Non sarà utilizzabile la stessa carta due volte nella storia, sarà invece fondamentale l’ordine di apparizione degli elementi.

DECIDE LUI

La seconda funzione disponibile è quella del Decide Lui. Questa regola del gioco prevede per creare storie più complicate: è il mazzo di carte che decide la trama dell’avventura. Il bambino dovra solo decidere quale mazzo di carte scegliere tra le categorie, e utilizzare solo ed esclusivamente quel mazzo senza aggiungere carte di altri mazzi. Anche in questa funzione non è possibile utilizzare la stessa carta due volte.

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CAPITOLO 04


STORIE A COLORI

Il bambino dovrà prendere delle carte casualmente affidandosi solo ed esclusivamente al colore; quindi le carte saranno girate dalla parte del colore ed il bambino potrà scegliere quale colore preferisce. Potrà scegliere un minimo di 3 carte, fino ad un massimo a sua scelta. Successivamente dovrà creare un ordine, sempre casuale in base al colore; poi potrà girare di volta in volta le carte dalla prima all’ultima e raccontare la sua storia piena di colpi di scena.

CAPITOLO 04

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04.6

Le storie

L’

obiettivo finale non è solo quello di raccontare delle storie ai bambini, ma soprattutto quello di insegnare loro delle tecniche efficaci per imparare lo storytelling. Le storie sono perciò un altro elemento fondamentale del gioco. Esse scaturiscono l’idea al piccolo fruitore di essere lui il regista che decide la trama del racconto. Si tratta comunque di racconti brevio lughi, ma semplici e efficaci, per consentire anche ai bimbi più piccoli di poter facilmente seguire la trama. Tutto ciò è reso possibile grazie all’uso di un linguaggio immediato, privo però di parole e scritte, ma composto unicamente da disegni e colori. In tutte le storie vi sarà difatti un forte uso del colore, per evidenziare degli elementi fondamentali della storia.

CAPITOLO 04

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04.7

Le carte

U

no degli elementi principali di questo sistema sono quindi le carte. Queste vengono vendute nel kit insieme al regolamento e compongono quindi la parte fisica del gioco. L’approccio scelto, sin dall’inizio del progetto, è stato quello di realizzare un massimo di 12 carte più 3 IMPREVISTI e di pensare in futuro a espansioni.

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CAPITOLO 04


CARATTERISTICHE DELLE CARTE Nel processo, tutt’altro che semplice, della scelta degli oggetti da raffigurare sulle tessere, sono state definite delle caratteristiche specifiche seguendo le indicazioni fornite da grandi maestri come la Montessori o Malaguzzi. Sulla base dei loro studi si è deciso di: • Non inserire oggetti astratti, che risulterebbero di difficile comprensione per i più piccoli. • Utilizzare oggetti di uso quotidiano, in modo tale che i bambini possano facilmente riconoscerli e sentirsi maggiormente coinvolti. • Utilizzare solo nomi, senza azioni o aggettivi, per rendere più semplice la rappresentazione degli oggetti e quindi la loro comprensione. Particolare attenzione è stata attribuita anche alle dimensioni delle carte. Prendendo spunto dalle parole e dai progetti di Munari, si è deciso di utilizzare il formato 10 X 10 cm cm poiché, secondo l’artista, era la dimensione migliore per le mani dei bambini. Egli infatti ha utilizzato questo formato nella realizzazione dei suoi Libri Illeggibili e dei Prelibri, ovvero oggetti progettati appositamente per i lettori più piccoli.

CAPITOLO 04

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SUDDIVISIONE DELLE CARTE Sono state identificate tre categorie in cui suddividere le carte create sia per il kit iniziale che per le possibili successive edizioni. Per aiutare i piccoli nell’identificazione visiva dei vari elementi, oltre all’uso di simboli è stato utilizzata anche la teoria dei colori. Per le tessere degli oggetti è stato usato il colore Magenta, per la categoria dei personaggi il colore Gallo, mentre per la categoria dei luighi il colore Celeste. Fatta questa principale distinzione ho pensato a questa ulteriore suddivisione, ovvero suddividere attraverso il tatto. Ho deciso di utilizzare diversi tipi di carta, con l’intento di aiutare il bambino nell’identificazione dei vari elementi in modo tale che le sensazioni tattili della carta siano supportate e integrate attraverso la percezione visiva del colore. Per gli essere viventi ho optato per l’utilizzo di una carta “uso mano” che fosse ruvida e vellutata al tatto con lo scopo di trasmettere sensazioni tattili come la morbidezza e la rugosità; per gli essere non- viventi, ho invece scelto una carta patinata, in modo da trasmettere percezioni quali il freddo e la liscezza. Si divideranno in viventi e non viventi perche è una delle prime distinzioni che i bambini imparano. Di fatto questa è la classificazione che sta alla base di qualsiasi elemento presente sulla terra e nello spazio.

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CAPITOLO 04


CARTE

VIVENTI

NON VIVENTI

CARTA USO MANO

CARTA PATINATA

VEGETALI

UMANI

ANIMALI

NATURALI

CREATI DALL’UOMO

Schema suddivisione delle carte

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PROTOTIPO Si è quindi proseguito con la scelta degli elementi da rappresentare nelle carte iniziali della confezione, cercando di far sì che coprissero la maggior parte delle categorie. Gli oggetti che ho deciso di raffigurare sono: la palla, il pastello, il gelato, la mela. I personaggi saranno: un bambino/a, un cane, una mastra e un’ape. I luoghi saranno: casa, parco giochi, mare e la montagna. Le carte si compongono di tre elementi principali: il titolo, il disegno e il simbolo. Per il disegno ho cercato di utilizzare uno stile semplice ma efficace, rendendo il più chiaro possibile al fruitore di quale elemento si stesse parlando. I bimbi più piccoli non essendo ancora in grado di leggere il titolo della carta, devono comunque essere in grado di utilizzare il gioco anche solo guardando le figure disegnate. Per i simboli, che come detto servono per rappresentare l’appartenenza alle varie categorie insieme al colore, ho utilizzato la stessa tecnica e lo stesso linguaggio.

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CAPITOLO 04


SIMBOLO

DISEGNO

TITOLO

Luoghi

Prototipo carte identificazione categoria

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Personaggi

Luoghi

Oggetti

Simboli per le diverse categorie

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Luoghi

Illustrazioni carte

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Personaggi

Illustrazioni carte

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Oggetti

Illustrazioni carte

CAPITOLO 04

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Ho realizzato dei primi prototipi di carte, così da poter studiare i materiali e i colori che meglio esprimessero le varie differenze tattili e visive necessarie per le finalità del gioco. Ho quindi testato e valutato varie grammature di cartoncino per l’anima delle tessere, differenti tipologie di carte per il dorso e diverse tonalità di colori per il fronte. A seguito di questi primi test ho optato per quei materiali e colori che esprimessero al meglio le caratteristiche necessarie. Per il prototipo finale ho utilizzato un’anima di cartoncino di 2 mm, in modo tale che le tessere risultino resistenti e quindi possano durare maggiormente, visto considerato che saranno principalmente maneggiate da bambini. Ho inoltre deciso di utilizzare una carta ruvida a alta grammatura per il retro degli essere viventi e una carta patinata da 200 grammi per gli esseri non-viventi. Da ultimo, ho scelto i colori per il fronte delle tessere, che rimarrà bianco per far risaltare immediatamente chiara l’immagine dei vari elementi raffigurati sopra.

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CAPITOLO 04


Carte

CAPITOLO 04

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04.8

Il packaging

I

l gioco viene venduto nei negozi di giocattoli. È stato quindi necessario pensare a un package che potesse essere sia accattivante che di facile trasporto. Pertanto ho deciso di realizzare una confezione dove le carte venivano riposte una sopra l’altra in modo da mantenere le dimensione piccole del gioco e avere comunque uno spessore minimo. La dimensioni di massima finale sono difatti (20.6x20.6x2.5 cm) e il risultato è perciò una scatola facilmente trasportabile sia nella fase di vendita che in quella di utilizzo. In questo modo, il bambino può facilmente utilizzare “Storie a colori” anche quando non è in casa, senza avere un eccessivo ingombro nel portare con sé il gioco.

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CAPITOLO 04


GRAFICA DEL PACKAGING La confezione è formata da due elementi, una scocca interna e una esterna. La parte interna è composta da un guscio di cartoncino rigido che serve da contenitore per le carte e il regolamento. Questo guscio è aperto nella parte frontale che ha due fessure sui lati per facilitare il bambino nell’atto di togliere e riporre le tessere nella confezione. L’estrazione delle carte dalla scatola è così facilitata e non si rischia di rovinare inavvertitamente le tessere durante la preparazione e l’utilizzo del gioco. La scocca esterna è invece realizzata con un cartoncino meno rigido per far in modo che il fruitore possa estrarre senza difficoltà la parte interna. Quest’ultima ha quindi una delle parti laterali aperte, in modo tale che sia possibile la fuoriuscita della scocca interna. A differenza dell’anima interiore, ho progettato quest’ultima con colori sgargianti e con il logo del gioco in bella evidenza così da attirare l’attenzione del compratore. È evidente come la maggior parte dei giochi per bambini abbia confezioni molto colorate, appositamente realizzate per tentare di attrarre e conquistare l’attenzione dei più piccoli. Ho quindi optato per utilizzare i colori delle carte come elemento dominante della confezione, (i colori utilizzati riportano a quelli che compongono i CMYK) posizionando in primo piano il logo su sfondo bianco. Sul retro del package vi è invece una foto dell’allestimento, l’età consigliata e altre indicazioni generali.

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3+

Un divertente gioco di carte per sviluppare la fantasia e la capacità di inventare storie sempre nuove. Per giocare con gli amici, ma anche con mamma e papà. Oltre alle 15 coloratissime carte, la scatola contiene 4 carte di istruzioni per giocare a tre diversi inventastorie, per bambini di tutte le età, con regole che cambiano e che permettono di inventare ogni volta in maniera sorprendente.

STORIE a COLORI

S TORIE a COLORI #INVENTASTORIE: Il bambino inizia scegliendo una carta a piacimento tra quelle presenti nel kit e fa cominciare la storia.

#DECIDELUI: Questa regola del gioco prevede per creare storie più complicate: #STORIEACOLORI: Il bambino dovrà prendere delle carte casualmente

3+

STORIE a COLORI

è il mazzo di carte che decide la trama dell’avventura.

STORIE a COLORI

3+ 3+

S TORIE a COLORI

STORIE a COLORI

Grafica del packaging esterno

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CAPITOLO 04

3+


Grafica del packaging interno

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Packaging

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CAPITOLO 04


Packaging

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04.9

User test

F

are dei prototipi è fondamentale per vagliare il design di quello che si sta progettando, soprattutto allo scopo di effettuare veloci prove di interazione durante il processo di prototipazione. La realizzazione del prototipo mi è stata utile principalmente per esplorare alcuni aspetti grafici e di interazione del gioco. Al fine di comprendere se avevo tratto delle conclusioni corrette durante la fase di ricerca e ideazione, ho dato inizio a una breve fase di user test. Il primo è stato svolto con una bambina (Martina) e sua mamma (Nunzia) mentre il secondo con una bambina (MariaSofia), sua mamma (Miriana) e sua nonna (Piera). I soggetti individuati per il test hanno tre, e sei anni frequentano la scuola materna/elementare. Il test è stato svolto a casa degli utenti, così che le persone coinvolte si sentissero in un ambiente confortevole. Inoltre, la partecipazione di un familiare ha reso le bambine più sicure facendole sentire a proprio agio.

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CAPITOLO 04


MARTINA Nella fase iniziale ho dato a Martina il set di “Storie a colori” e per poter entrare in confidenza con i vari elementi presenti. Ho spiegato quali erano le funzioni possibili del gioco, cosa consentivano lei di fare, e come poteva interagire con le carte. Terminata la presentazione del nuovo gioco, la bambina ha iniziato a prendere in mano le carte e a studiarle. é infatti sembrata colpita dalle diverse tipologie di carte utilizzate e dalle differenti sensazioni tattili che provavano toccandole. Dopodiché ha cominciato a dividere le tessere per tipologia di carta utilizzata sul dorso e successivamente per colore. Con il mio supporto, ho avviato il prototipo dell’applicazione chiedendo a Martina di provare a utilizzarlo senza che fornissi loro ulteriori spiegazioni. Inizialmente, si è fatta aiutare dalla mamma, ma in breve tempo ha intuito il funzionamento del gioco e ha quindi preso in mano la situazione, in quasi completa autonomia. Sono in seguito intervenuta nuovamente per mostrare lei alcuni esempi di come sarebbero state realizzate le storie, con l’obiettivo di capire se la tipologia di racconto e illustrazione potesse essere stimolante e interessante. La bimba si è divertita a dare un seguito alle scene con storie inventare da lei, dimostrando di apprezzare le finalità del gioco e mostrando le potenzialità dello stesso nel far emergere le idee e la fantasia della bambina.

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MARIASOFIA Mariasofia è la bambina più piccola che ha partecipato al test e fa parte della fascia d’età più bassa di possibili utilizzatori. Dopo aver spiegato, sia a lei che alla mamma come utilizzare il gioco, la piccola era inizialmente intimidita ed è quindi stata aiutata nelle prime fasi. Con il genitore ha studiato le carte e i vari disegni posti su di esse. Finita questa fase di studio ha quindi iniziato a utilizzare le carte, scegliendole e avvicinandole alla mamma. In questa parte di gioco è stato fondamentale l’aiuto della mamma che l’ha supportata, aiutandola soprattutto nel narrare lei una storia in base alle carte scelte dalla piccola. Essendo molto piccola Camilla non è riuscita a sfruttare appieno le possibilità del gioco, perché in difficoltà sul concentrarsi su tutti gli elementi presenti. Tuttavia, è sembrata divertita e coinvolta nell’utilizzare “Storie a colori”.

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CAPITOLO 04

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CAPITOLO 04


OSSERVAZIONI Anche se con un numero ridotto di utenti, questo user test è stato molto proficuo e attendibile. Mi ha infatti permesso di raccogliere una serie di informazioni che potranno essere utili per eventuali modifiche e migliorie future. Uno dei principali problemi riscontrati durante questa fase è stata la difficoltà emersa nell’utilizzo del gioco con la bimba più piccola, più concentrata sui colori e sul toccare le carte. Per comprendere appieno se l’intero gioco sia realmente efficace per le finalità prefissate dal progetto, sarebbe ovviamente necessario svilupparlo in tutte le sue parti e in seguito svolgere dei test con un maggiore numero di bambini per cercare di coprire tutte le differenti fasce di età dei possibili utilizzatori, al fine di rilevare le diverse impressioni e reazioni dei soggetti coinvolti nel test.

CAPITOLO 04

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04.10

Scenari futuri

D

edico queste ultime pagine all’illustrazione di un possibile scenario di vendita e concreta realizzazione del progetto nell’ambito commerciale. Il progetto “Storie a colori” si propone come uno strumento per il racconto di storie visive associato al gioco e alla creatività. In questo kit iniziale le carte disponibili sono 15 da cui si possono ricavare un numero finito di storie. Durante l’elaborazione del progetto ho quindi immaginato che si potessero realizzare successivi kit d’espansione per poter ampliare sempre più le possibili combinazioni offerte dal gioco. Questi nuovi mazzi di carte devono essere sempre associabili con quelli precedenti.

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CAPITOLO 04



05 Conclusioni

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05.1

Conclusioni

Q

uando si giunge al termine di un progetto, è possibile ottenere una visione d’insieme del lavoro che è stato generato. L’intero processo che ha condotto alla soluzione conclusiva può essere analizzato sotto tutti gli aspetti in modo da trarre delle considerazioni finali.

PERCORSO PROGETTUALE

Il percorso progettuale di “Storie a colori” è stato articolato e complesso. Gli aspetti innovativi che si sono cercati di trattare hanno riguardato principalmente la stimolazione della creatività del bambino ed il gioco. Il risultato di questa interazione è quindi uno strumento utile a migliorare le competenze narrative dei bambini. Si tratta di un gioco aperto, dove l’utente può intervenire attivamente creando una sua narrazione. Un contenitore di storie, che offre la possibilità al bambino di scegliere e scoprire le varie opzioni disponibili.

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CAPITOLO 05


Quindi il piccolo, quotidianamente, può giocare e potenziare le sue capacità sia narrative che creative, senza esserne totalmente cosciente. Un altro punto di forza del progetto sono le tre tipologie di funzione possibile che propongono dei metodi diversi, ma entrambi molto efficaci, per lo sviluppo della fantasia e dello storytelling. Due di questi metodi sono stati utilizzati sia da Rodari che da molti maestri e pedagogisti per insegnare l’arte del raccontare ai propri alunni. Nonostante le difficoltà riscontrate, ritengo che “Storie a colori” possegga delle buone potenzialità sia progettuali, che funzionali per raggiungere lo scopo prefissato. In uno scenario futuro, in seguito a un’evoluzione a fianco di specialisti, credo che possa divenire un valido strumento per l’allenamento della fantasia e della narrazione.

CAPITOLO 05

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Ringraziamenti Eccomi qui giunta alla fine si questa tesi e di questi tre anni di università, nei quali sono maturata sia come professionista in quella che è la mia grande passione, la grafica e anche e soprattutto come persona. Sono tante le conoscenze che ho fatto durante questo percorso, le amicizie che ho coltivato, i rapporti che ho stretto. Vorrei infatti ringraziare il gruppo dei miei accademici per avermi sostenuto nei momenti di difficoltà ed in quelli felici e per aver sempre creduto in me. Sono tante anche le esperienze affrontate grazie all’accademia, la più importante è stata l’Erasmus a Barcellona condiviso con una delle persone più importanti per me, con colei che mi ha accompagnata sempre in questi tre anni e soprattutto in questa esperienza. È stato un viaggio stupendo, in cui ho dato tutta me stessa, in cui mi son portata via amicizie, nozioni, una cultura nuova ed una nuova lingua. Vorrei ringraziare il mio Relatore Antonino Foti per essere stato sempre disponibile, per l’aiuto e i suggerimenti forniti nel corso dell’elaborazione della tesi. Infine e non per ultimo questo traguardo a me, a mia sorella, a mia madre ed a mio padre. Ringrazio loro per aver creduto in me sempre, per avermi spronata in tutto. Ringrazio loro per avermi aiutata, sopportata e soprattutto supportata. Ringrazio soprattutto lei, mia sorella. La ringrazio per aver condiviso con me tutto questo percorso, ed anche se per lavoro le nostre strade saranno destinate ad essere lontane noi saremo sempre insieme, in qualsiasi decisione. Grazie a me. Per aver tenuto duro, per aver dato il massimo e per essere arrivata fin qui.

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Bibliografia

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