Tecnologia e Universal Design per una diversa accessibilità allo shopping

Page 1

vers Tecnologia e Universal Design per una diversa accessibilità allo shopping

Francesco Andricciola Matricola 5467948

Università degli Studi di Firenze Facoltà di Architettura CDL in Disegno Industriale Anno Accademico 2015/2016



Università degli Studi di Firenze Facoltà di Architettura Corso di Laurea in Disegno Industriale Anno Accademico 2015/2016

Tecnologia e Universal Design per una diversa accessibilità allo shopping

Francesco Andricciola Matricola 5467948 Relatore Prof.ssa Elisabetta Cianfanelli Correlatore Arch. Roberta Baccolini



Ringraziamenti

Desidero ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato nella realizzazione della mia tesi. Ringrazio la professoressa Elisabetta Cianfanelli e l’architetto Roberta Baccolini per la fiducia riposta e per la pazienza che hanno avuto in questi mesi di stesura. Un ringraziamento speciale alla mia Famiglia che mi ha sempre appoggiato nelle scelte e che sono tutt’ora il punto di riferimento della mia vita. Un ringraziamento particolare va a Luca, che mi ha sopportato e supportato in questi mesi e che mi ha sempre spinto a dare il meglio di me.

Un ringraziamento ai miei amici conosciuti a Firenze, per citarne alcuni, Emanuele, Fabio, Matteo e in particolare Daniele che mi è stato vicino sempre, anche nella stesura della tesi. Vorrei ringraziare anche i miei colleghi con cui ho iniziato questo percorso e con cui ho condiviso gioie e dolori universitari, in particolare Elena, Filippo, Claudia, Alessandro, Lorenzo, Mattia, Olivier, Carlotta, Rebecca, Rosetta, Rachele e Jacopo. Ultimi ringraziamenti, alla Gang della Villetta e in particolare, Ludovica, Michele, Manuel e Nicolò, con cui sono legato da un legame che va oltre l’amicizia.



La saggezza è saper stare con la differenza, senza voler eliminare la differenza. Gregory Bateson


2 1 3 Universal Design 11 1.1 La storia dello UD 14 1.2 UD: un modo per unire 15 1.3 I 7+1 Principi dell’UD 16 1.4 ICF 18 1.4.1 Modello ICF 19 1.5 Progettare i processi 20 1.5.1 Fasi della progettazione 20 1.5.2 Coinvolgimento degli stakeholders 22 1.5.3 Interviste agli stakeholders 24 1.5.4 Schema di intervista 24 1.6 La scomposizione del processo in sottofasi 28 1.7 La valutazione dell’esistente 28 1.7.1 Processo di sintesi 30 1.7.2 Autovalutazione del progetto del servizio 31

Disabilità 33 2.1 Linguaggi e terminologie 36 2.1.1 Handicappato 37 2.1.2 Diversamente abile 37 2.2 Disabilità: una definizione 38 2.3 Il primo documento dell’OMS (ICIDH) 38 2.3.1 Il nuovo documento dell’OMS (ICF) 39 2.4 Disabili in Italia 40 2.4.1 L’istruzione 44 2.4.2 Il lavoro 45 2.4.3 La famiglia 45 2.4.4 Vita sociale 45 2.4.5 Il tempo libero 45 2.5 Tipologie di disabilità 46 2.6 Cecità 48 2.6.1 Codice Braille 48 2.6.2 La cella Braille 48 2.6.3 Essere ciechi 51 2.6.4 Le cause 51 2.6.5 Info per ciechi 51 2.6.3 Il bastone bianco 51

Spesa Quotidiana 53 3.1 Le origini del supermercato: il mercato 56 3.2 Tipologie di distribuzione 58 3.3 La cooperativa operaia Coop e la moderna distribuzione 61 3.4 Il logo Coop 64 3.5 Nomi differenti: una sola Coop 66 3.6 La grande “S” 68 3.6.1 La “S” si allunga: nasce Esselunga 68 3.7 Tecniche e linguaggi di consumo della GDO 70 3.7.1 Carte fedeltà 74


4 5 6 Tecnologia amica 77 4.1 Tecnologia e storia 80 4.2 Tecnologie ghettizzanti o inclusive 80 4.3 Tecnologie assistive per ciechi 83 4.4 Il futuro della tecnologia assistiva 86 4.4.1 Stampa 3D 86 4.4.2 Realtà virtuale 88 4.4.3 Realtà aumentata 88 4.4.4 Wearable device 90 4.5 Informazioni in codice 92 4.5.1 Codici a barre 92 4.5.2 Qr-code 95 4.5.3 SmartLogo 95 4.5.4 Rfid 96 4.5.5 Beacon 98

Casi studio 101 5.1 Coop del futuro Expo 2015 103 5.1.1 Esposizione Universale 2015 103 5.1.2 Nutrire il pianeta, energia per la vita 104 5.1.3 Supermercato del futuro Coop 106 Infografiche 112 5.2 Dialogo nel Buio 115 5.2.1 La mostra Dialogo nel Buio 115 Infografiche 120 5.3 David Bowie is 123 5.3.1 La mostra David Bowie is 123 Infografiche 128

Il progetto 131 6.1 L’idea di un progetto accessibile 133 6.2 Differenze tra pc e App 139 6.3 Il sito accessibile 140 6.3.1 Coop a Domicilio 146 6.4 “Ship” l’applicazione per smartphone 148 6.4.1 “Ship” il logo 150 6.5 Come funziona l’app 152 6.5.1 All’avvio 152 6.5.2 Login con l’account 152 6.5.3 Scelta della tipologia di spesa 153 6.5.4 Menu principale 153 6.5.5 Lista della Spesa 154 6.5.6 I Reparti 156 6.5.7 La Cassa 157 6.5.8 Lista della Spesa 158 6.5.9 Il Carrello 159 6.5.10 Avvia Spesa 160 6.5.11 Compra 161 6.6 La Coop localizzata 162 6.6.1 Come trovare il prodotto: istruzioni per ciechi 164 6.7 Cover e supporti 166 6.7.1 La cover 166 6.7.2 Supporto per carrello 170 6.7.3 Supporto per cestello 172 Bibliografia e sitografia 178



Introduzione

Il progetto di una spesa più accessibile nasce da una discussione tra colleghi in università riguardante la disabilità, in particolare le persone non vedenti. Tra le tante difficoltà che un cieco affronta ogni giorno, quale potrebbe essere la sfida per un designer? Facendo un excursus delle attività quotidiane che eseguo ogni giorno, a volte meccanicamente, quasi inconsapevole; una, tra le mie preferite, è fare la spesa. Tra tutti i supermercati nella zona di Firenze, ho scelto come esempio la Coop, uno dei punti di riferimento della grande distribuzione organizzata italiana. Da queste considerazioni nasce la domanda fondamentale che sta alla base del mio progetto:

Come fa la spesa una persona cieca o ipovedente? Le risposte che mi sono dato all’inizio della ricerca, corrispondono in parte alla realtà che ho incontrato grazie a i sondaggi e le interviste. Per le informazioni ricavate, vorrei citare l’Istituto dei Ciechi di Milano e l’Unione Italiana Ciechi ed Ipovedenti Firenze, che si sono rivelati molto disponibili e di grande aiuto per la progettazione del servizio.



Universal Design


14


Per essere insostituibili bisogna essere diversi. Coco Chanel

Universale1: agg. [dal lat. universalis, der. di universus: v. universo1]. – 1. a. Che riguarda tutto l’universo, che si estende o è valido per l’intero universo fisico (nell’accezione scient. di questo termine): legge dell’attrazione u.; gravitazione universale. b. Che comprende, riguarda, interessa tutta l’umanità: valori u., principî morali u.; 2. Che comprende e concerne la totalità di individui, enti ed elementi, aspetti di una determinata collettività, categoria, serie, o di un particolare settore, insieme, àmbito.

Design2:‹di∫àin’ s. ingl. [propr. «disegno, progetto», dal fr. dessein, che a sua volta è dall’ital. disegno] (pl. designs ‹di∫àin∫’), usato in ital. al masch. – Nella produzione industriale, progettazione (detta più precisamente industrial design ‹inda’striël ...’) che mira a conciliare i requisiti tecnici, funzionali ed economici degli oggetti prodotti in serie, così che la forma che ne risulta è la sintesi di tale attività progettuale; quando la forma dell’oggetto viene elaborata indipendentemente dalla progettazione vera e propria, si parla più propriam. di styling design. Con riferimento ad altri settori di operatività: graphic d., la ricerca creativa e la progettazione di libri, di stampati pubblicitarî; visual d., la progettazione d’immagini per l’informazione visiva: cartelli, simboli, segnali; web d., l’ideazione e la progettazione di siti Internet.

1 http://www.treccani.it/vocabolario/universale1

2

http://www.treccani.it/vocabolario/design

15


1.1 La storia dello Universal Design L’attenzione ai problemi connessi alle persone con disabilità risale agli anni ’40, quando in Europa e in America si ebbe il rientro in patria dei reduci della Seconda Guerra Mondiale, i quali presentavano mutilazioni di vario genere. Negli anni ’50 si sviluppo una nuova sensibilità volta ad eliminare le barriere architettoniche e al superamento della ghettizzazione delle persone affette da disabilità da parte degli istituti che le avevano ospitate fino a quel momento. Negli anni ’70, insieme ai movimenti per i diritti civili, nati in favore delle minoranze razziali e delle persone LGBT, la cultura del superamento delle barriere architettoniche inizio ad evolversi diventando una ricerca della “non discriminazione” e delle pari opportunità. La progettazione diventa quindi strumento per la conquista dei diritti civili per tutti. Il termine “Universal Design” viene utilizzato per la prima volta nel 1985 dall’architetto Ronald Mace e lo definisce come “la progettazione di prodotti e ambienti utilizzabili da tutti, nella maggior estensione possibile, senza necessità di adattamenti o ausili speciali”, scrisse anche che “non è una nuova scienza, non è uno stile e non è unico. Esso richiede solo una conoscenza dei bisogni e del mercato e un approccio di buon senso affinché tutti noi progettiamo e produciamo beni utilizzabili dal maggior numero di persone possibili”. L’unico difetto terminologico rilevato da Mace è sull’aggettivo Universale, perché avrebbe potuto creare aspettative sulle soluzioni di fatto impossibili da realizzare.

16


1.2 Universal Design: un modo per unire L’Universal Design definisce l’utente in modo esteso, non si concentra sulle persone con disabilità ma cerca di rendere tutti gli elementi e gli spazi accessibili al maggior numero di persone possibili. Questo metodo di progettazione non implica che tutto sia completamente utilizzabile da tutti ma cerca di offrire soluzioni in grado di adattarsi a persone disabili così come al resto della popolazione, il tutto a costi contenuti rispetto alle tecnologie utilizzate per l’assistenza o nei servizi di tipo specializzato. Nel 1997, il Centro per lo Universal Design della North Carolina State University, composto da architetti, designer, assistenti tecnici e ricercatori nel campo della progettazione ambientale, ha definito i sette principi di progettazione dello Universal Design. Esiste anche un ottavo principio ed è stato introdotto recentemente con per la progettazione di beni di largo consumo che rispondono all’UD. Gli otto principi fanno riferimento al progetto inteso come progettazione di un prodotto, l’applicazione alla progettazione di servizi è avvenuta per analogia.

17


1.3 II 7+1 principi dello Universal Design Principio 1: USO NON DISCRIMINATORIO Il progetto è utile e commerciabile per persone con abilità diverse. 1. Consente la stessa utilizzazione a tutti gli utenti: identica quando possibile, altrimenti equivalente. 2. Evita l’esclusione o la penalizzazione di qualsiasi utilizzatore. 3. Le condizioni di privacy e di incolumità dovrebbero essere equivalenti per tutti. 4. Rende il progetto attraente per tutti gli utenti. Principio 2: USO FLESSIBILE Il progetto consente una vasta gamma di preferenze e abilità individuali. 1. Consente la scelta del metodo d’uso. 2. Permette l’accesso e l’uso con mano sinistra e mano destra. 3. Facilita l’accuratezza e la precisione dell’utilizzatore. 4. Fornisce adattabilità alle caratteristiche dell’utilizzatore. Principio 3: USO SEMPLICE ED INTUITIVO L’uso del progetto è facile da capire, a prescindere dall’esperienza, dalle conoscenze, dalle capacità di linguaggio o dal livello corrente di concentrazione dell’utilizzatore. 1. Elimina le complessità non necessarie. 2. Corrisponde alle aspettative e all’intuizione dell’utilizzatore. 3. Fornisce una grande varietà di alternative di lettura e comprensione. 4. Struttura le informazioni coerentemente con la loro importanza. 5. Fornisce suggerimenti e segnalazioni durante e dopo le azioni dell’utilizzatore. 18

Principio 4: PERCETTIBILITÀ DELLE INFORMAZIONI Il progetto comunica effettivamente le informazioni necessarie all’utilizzatore, indipendentemente dalle condizioni ambientali o dalle abilità sensoriali dell’utilizzatore. 1. Usa metodi diversi (visivi, verbali, tattili) per una presentazione delle informazioni essenziali. 2. Fornisce una adeguata differenziazione tra le informazioni essenziali e quelle di contorno. 3. Massimizza la leggibilità delle informazioni essenziali.


4. Differenzia gli elementi in modo che possano essere descritti. 5. Fornisce compatibilità con una varietà di tecniche e dispositivi usati da persone con limitazioni.

2. Fornisce avvertimenti su rischi ed errori. 3. Fornisce elementi di protezione. 4. Scoraggia azioni non intenzionali o che richiedono vigilanza.

Principio 5: TOLLERANZA ALL’ERRORE

Principio 6: BASSO SFORZO FISICO

Il progetto minimizza i rischi e le conseguenze avverse di azioni accidentali o non intenzionali.

Il progetto può essere usato efficientemente e in modo confortevole e con un minimo di fatica.

1. Sistema gli elementi per minimizzare i rischi e gli errori: gli elementi più utilizzati sono più accessibili, gli elementi più rischiosi sono eliminati, isolati o protetti.

1. Permette di mantenere una posizione neutra del corpo. 2. Richiede un ragionevole sforzo di attivazione. 3. Minimizza le azioni ripetitive. 4. Minimizza lo sforzo fisico sostenuto. Principio 7: CONTENIMENTO DELLO SFORZO FISICO Devono essere previsti dimensioni e spazi appropriati per il raggiungimento, la manipolazione e l’utilizzazione a prescindere dalle dimensioni del corpo, dalla postura e dalla mobilità dell’utente. 1. Fornisce una chiara vista degli elementi importanti per qualsiasi utente seduto o in posizione eretta. 2. Rende il raggiungimento di tutte le componenti confortevole per qualsiasi utente seduto o in posizione eretta. 3. Consente variazioni nelle dimensioni delle mani e dell’impugnatura. 4. Fornisce uno spazio adeguato per l’uso di dispositivi di ausilio o di assistenza personale. Principio 8: NEUTRALITÀ FORMALE L’aspetto del prodotto e quindi lo studio della forma non deve essere riferibile a prodotti specifici o specialistici destinati a persone con disabilità.

19


1.4 Classificazione Internazionale delle Funzioni (ICF) La generalizzazione dello Universal Design è uno dei motivi per cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel 2001 adotta la Classificazione Internazionale delle Funzioni (International Classification of Functioning, conosciuta come ICF). Questa classificazione rivoluziona la precedente ICIDH (International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps), passando dal riferimento in negativo degli “impedimenti, disabilità ed handicap, a considerare le capacità della persona, funzioni corporee, attività e partecipazione. Le persone non sono più classificate secondo quello che non riescono a fare ma secondo un continuum si diversità che caratterizza in modo più realistico la nostra società, nella quale sono presenti sia persone affette da patologie diverse e di diversa intensità, che persone anziane o persone con infortuni che possono limitarne le attività anche solo a causa di fattori esterni e che non potremmo definire disabilità nel senso classico del termine.

20

Lo scopo dell’approccio basato su ICF è dare una visione globale della persona e non della malattia, puntando sullo sviluppo delle abilità personali e su un contesto ambientale che favorisca lo svolgimento. L’approccio non è orientato all’erogazione di prestazioni di aiuto ma al raggiungimento della massima autonomia possibile. La struttura della classificazione ICF si articola su quattro livelli: - Funzionamento Umano - Funzioni Corporee - Attività e Partecipazione - Fattori Ambientali Questa classificazione sposta l’attenzione da una valutazione puramente “fisica” ad una valutazione legata “all’autonomia” delle persone. Questo comporta l’applicazione dei criteri dello Universal Design non solo agli strumenti e agli spazi, ma anche ai processi che definiscono il progetto. Viene così superato il concetto di “accessibilità” utilizzato dalle normative attuali, per affrontare tutte le azioni necessarie per il raggiungimento di uno scopo prefissato.


1.4.1 Modello di Funzionamento dell’ICF Nell’ICF vengono fornite indicazioni sul nuovo standard internazionale per misurare e classificare salute e disabilità. La classificazione ICF fornisce un linguaggio comune per descrivere e misurare le disabilità di una persona, cioè descrivere e misurare il funzionamento umano e le sue diversità; può anche essere definita come uno strumento per tracciare un profilo dello stato di salute generale della persona cosi come delle caratteristiche associate alla sua esperienza di vita. Come un vocabolario, l’ICF descrive il funzionamento umano in base alle diverse disabilità con l’obiettivo di fornire una prospettiva coerente delle diverse dimensioni della salute a livello biologico, psicologico e sociale. Questo modello si basa sull’interazione di due grandi modelli concettuali; quello medico, predominate, in cui la disabilità riguarda le anormalità fisiologiche e psicologiche alle quali rispondere con interventi di tipo sanitario; e il modello sociale in cui la disabilità riguarda le condizioni di svantaggio causate dall’ambiente fisico e sociale che circonda l’individuo. Questi due modelli sono necessari per creare un quadro completo per indagare nuove soluzioni progettuali. L’ICF oltre a comunicare il messaggio politico e sociale riguardante gli svantaggi causati alle persone con disabilità dalla mancanza di risorse, opportunità o adattamenti, fornisce il punto di partenza per dare validità scientifica a questi concetti, dimostrando quando e con quale entità l’ambiente causa restrizioni nella piena partecipazione di una persona a determinate attività e quale tipo di modifica ambientale è necessario attuare, per aumentare la partecipazione. 21


1.5 Progettare i processi Un processo progettuale ha origine dalla definizione di un bisogno da soddisfare e da un quadro di riferimento composto da esperienze pregresse. L’oggetto della valutazione della progettazione ex novo è un processo complesso, che deve consentire il raggiungimento di un obiettivo finale attraverso una serie successiva di azioni che possono essere schematizzate in: - Acquisizione di informazioni - Processo decisionale - Trasferimento - Effettuazione dell’attività in senso stretto - Ritorno al punto di partenza La complessità dei singoli step potrà variare a seconda del tipo di attività da progettare e potranno loro volta essere scomposti in altre fasi. Per far sì che il processo risponda all’obiettivo di eliminare o almeno ridurre, per quanto possibile, elementi di discriminazione derivante dalla diversità di singole persone, occorre che per ogni singola fase si rispettino i principi dello Universal Design.

22

Per “non discriminazione” si intende la possibilità di effettuare determinate operazioni autonomamente, con il supporto o meno di prodotti e in modo analogo o equivalente rispetto alle altre persone che non presentano disabilità. Obiettivo finale della valutazione o della progettazione, tenendo conto dell’impossibilità di eliminare totalmente tutte le conseguenze delle diversità fra gli individui, è la “reasonable accomodation”, cioè una soluzione di compromesso ragionevole. Per valutare queste soluzioni ragionevoli è indispensabile coinvolgere le persone e i rappresentanti delle persone che presentano le disabilità di cui si vuole tenere conto. 1.5.1 Fasi della progettazione La scelta di perseguire gli obiettivi dello Universal Design deve essere esplicitata in modo formale sin dall’inizio del processo di progettazione, in quanto condiziona molte delle scelte successive. Deve quindi essere considerata parte integrante delle specifiche tecniche di riferimento che descrivono l’obiettivo del progetto e alle quali il progettista deve attenersi.


La scelta dello Universal Dersign è esplicita? SI Definizione/valutazione del nuovo/esistente servizio OBIETTIVI GENERALI

Coinvolgimento degli stakeholders

Analisi delle normative esistenti Valutazione dei condizionamenti fisici Scheda di Valutazione

Ricerca di soluzioni non discriminatorie

Dal punto di vista tecnico

Dal punto di vista delle risorse umane

Dal punto di vista dei diritti umani

Dal punto di vista organizzativo

Proposte di progetto Coinvolgimento degli stakeholders

NO

La proposta costituisce una “soluzione ragionevole�? SI Proposte finale di progetto

Schema di processo della progettazione

23


1.5.2 Coinvolgimento degli stakeholders Nella definizione di un progetto ancora da realizzare la maggior difficoltà è senza dubbio legata ai fattori soggettivi degli stakeholders, cioè i potenziali utilizzatori; la numerosa varietà delle condizioni personali non permette di utilizzare criteri di progettazione adatti a tutte le individualità, né, nel caso di persone con disabilità, di adottare criteri che, seppur ritenuti validi ragionevoli dal progettista, sono in realtà poco per nulla applicabile stazioni reali; è quindi indispensabile coinvolgere nel processo valutativo e progettuale, persone con disabilità o comunque soggetti in grado di valutare per esperienza diretta l’efficacia dei provvedimenti ideati ed eventualmente fornire indicazioni alternative. Le associazioni di persone con disabilità hanno più volte manifestato nei documenti ufficiali, l’esigenza di essere coinvolte fin dall’inizio la progettazione di strutture servizi indirizzati a loro. Di seguito alcuni documenti di riferimento a questo proposito:3 3

24

www.communityplanning.net

1993 - Regole standard per le pari opportunità delle persone con disabilità, adottate dall’assemblea generale dell’ONU. La regola numero 5 fa specifico riferimento alle responsabilità degli Stati a garantire la piena accessibilità degli ambienti costruiti ed esterni, coinvolgendo le persone con disabilità e la definizione degli standard delle leggi sull’accessibilità. La regola numero 18 assegna alle organizzazioni delle persone con disabilità il ruolo di identificare i bisogni e le priorità, di partecipare alla pianificazione, all’attuazione e alla valutazione dei servizi delle misure riguardanti la propria vita nonché il ruolo di contribuire alla sensibilizzazione pubblica e all’impegno per il cambiamento. 2002 - Dichiarazione di Madrid. Niente per le persone disabili senza le persone disabili. Tutte le azioni saranno intraprese con il dialogo e la volontà di cooperazione con le organizzazioni delle persone disabili più rappresentative. La partecipazione non deve essere limitata allo scambio di informazioni o all’accettazione di decisioni già prese a tutti i livelli del processo, invece, i


governi dovranno stabilire dei meccanismi precisi per la concertazione ed il dialogo, che permettono alle persone disabili attraverso le organizzazioni di contribuire alla pianificazione, applicazione, supervisione e valutazione di tutte le attività. 2003 - Dichiarazione di Norcia. Le organizzazioni delle persone con disabilità, anche tramite loro esperti, devono partecipare ai processi di realizzazione dei servizi e delle misure di accessibilità e di fruibilità della natura: “Niente sulle persone disabili senza le persone disabili”. 2006 - Convenzione Internazionale dei Diritti delle Persone con Disabilità. Art. 4 comma 3. E lo sviluppo della legislazione e di politiche per applicare la presente convenzione, e negli altri processi decisionali su temi riguardanti persone con disabilità, gli Stati membri consulteranno e coinvolgeranno attivamente le persone con disabilità, includendo i bambini con disabilità, attraverso le organizzazioni che li rappresentano.

Per garantire l’efficacia del processo partecipativo, è bene prevedere il coinvolgimento dell’utenza già in fase iniziale; esistono delle tecniche specifiche, che consentono di gestire un “progetto partecipato” sin dall’inizio. Numerose esperienze progettuali sono state realizzate nel campo dell’urbanistica e nella progettazione di spazi pubblici a queste tecniche, si possono applicare alla valutazione o alla progettazione di strutture e servizi di altra natura. A tal proposito è necessario invitare alla partecipazione, i rappresentanti delle categorie interessate, al progetto nuovo o alla valutazione di un progetto esistente; possono essere interpellati, in funzione delle caratteristiche dell’oggetto del progetto, persone come: amministratori pubblici, tecnici, imprenditori e dirigenti di imprese, per valutarne la conoscenza è la sensibilità alle problematiche della “non discriminazione” e a sensibilizzarli al valore e alla convenienza dell’investimento economico orientato allo Universal Design. I primi contatti possono essere utili anche per anticipare le possibili obiezioni alle scelte che verranno prese in futuro.

25


1.5.3 Interviste agli stakeholders

1.5.4 Schema di intervista

Le interviste sono utili in quanto permettono di verificare il grado di sensibilità relativo ai problemi della non discriminazione, verificare il grado di informazione sulle normative esistenti; inoltre le interviste sollecitano l’attenzione degli interlocutori su questi temi per raccogliere un’eventuale contributo come suggerimenti, obiezioni, commenti.

Per quanto riguarda la progettazione o la valutazione dei servizi, che costituiscono l’obiettivo specifico del progetto, i temi del processo partecipativo dovrebbero essere:

Per avere un quadro completo è opportuno realizzare le interviste con quattro diverse categorie di soggetti: 1. Persone con disabilità 2. Responsabili delle associazioni delle persone con disabilità 3. Responsabili di amministrazioni pubbliche (enti locali) 4. Responsabili di strutture private (centri commerciali, negozi, teatri, ecc.) Le interviste possono essere libere, si consiglia l’utilizzo di un questionario per rendere i dati raccolti trattabili dal punto di vista statistico; è indispensabile analizzare le risposte anche in riferimento la categoria di stakeholders che le ha prodotte, verificando l’eventuale esistenza di differenze a livello di percezione dei problemi. Le prime domande dell’intervista, cercano di verificare il grado di informazione dei principi dello Universal Design, del superamento del concetto di “normodotato” per teorizzare la progettazione di beni ambienti che possono essere usati da tutti uno stesso modo. Altre domande saranno atte alla conoscenza della Convenzione Internazionale Sui Diritti Delle Persone Con Disabilità, al modello della classificazione ICF.

26

- Acquisire informazioni dirette sui comportamenti e le esigenze delle persone che prevedibilmente utilizzando il servizio progettare o da valutare - Conoscere le aspettative dei destinatari del progetto, per realizzare interventi funzionali e modulati sulle loro esigenze reali - Raccogliere eventuali suggerimenti o proposte Le tecniche per il rifacimento di tali obiettivi possono essere schematizzate in questo modo: a. Individuare soggetti da coinvolgere: - Le persone disabili prevedibilmente interessate l’utilizzo del servizio della struttura e responsabile organizzazione servizi che forniscono loro aiuti - Responsabile di servizio strutture con elementi di analogia, anche se collocati in aria diversa - Gli stakeholders (come scuole, associazioni locali), riconosciuti come portatori di esigenze ed interessi e risorse umane, strumentali ed economiche b. Definire le modalità di coinvolgimento: - Decidere il metodo di contatto, es. interviste - Definire l’entità del campione - Predisporre testare l’eventuale questionario, formare gli intervistatori - Definire i criteri di analisi statistica c. Raccogliere le informazioni e elaborarle statisticamente


Questionario conoscenze per fini statistici

Tesi di Laurea - CDL Disegno Industriale Francesco Andricciola Matricola 5467948

Tecnologia e Universal Design per una diversa accessibilità allo shopping Nome e Cognome Età

Disabilità

1. Utilizza uno smartphone? Si

Con Touchscreen

Con tasti semplificati

No

Con Touchscreen

Con tastiera

Altro

2. Utilizza un computer? Si

3. Utilizza o ha utilizzato internet per fare acquisti? Sì, spesso

Sì, di rado

No

4. Conosce il sistema di scrittura e lettura Braille? Si

No

5. Si reca abitualmente a fare acquisti di beni di prima necessità (Alimentario e/o vestiario)?

Sì, sia alimentari che di vestiario

Sì, solo di generi alimentari

Sì, solo di abbigliamento

No

27


6. Nel caso in cui faccia abitualmente acquisti di genere alimentare, quante volte si reca, di solito, a fare la spesa? Tutti i giorni

PiĂš volte a settimana

1 volta a settimana

1 volta ogni 2 settimane

1 volta al mese o piĂš

7. Nel caso in cui faccia abitualmente acquisti di genere alimentare, con quale mezzo si reca, di solito, a fare la spesa? A piedi

Mezzi pubblici

Mezzo privato

Servizi dedicati

Online con consegna

8. Nel caso in cui faccia abitualmente acquisti di genere alimentare di persona, si reca con qualcuno a fare la spesa? Da solo

Con un familiare

Con un amico

Con un volontario

9. Generalmente dove si reca a fare acquisti di genere alimentari? Mercato

Supermercati

Negozi al dettaglio

Centri commerciali

Online con consegna

Outlet

Online con consegna

10. Generalmente dove si reca a fare acquisti di vestiario? Mercato

Negozi al dettaglio

Centri commerciali

11. Quali fattori incidono maggiormente sulla scelta del luogo dove si reca a fare acquisti di beni di prima necessitĂ ?

28

Vicinanza alla propria abitazione

Assenza di barriere architettoniche

Rapporto di fiducia

Orari di apertura

Presenza di servizi di assistenza

Vasta gamma di prodotti

Servizi di spesa rapida

Altro


12. Nel luogo dove si reca a fare acquisti, per quali aspetti ricorre al supporto di un assistente o di un accompagnatore? Superare barriere architettoniche

Spostarsi nei vari reparti

Individuare e scegliere i prodotti

Afferrare i prodotti

Pagare la merce

Imbustare gli acquisti

Trasportare le buste

Altro

13. Per superare gli ostacoli all’interno del punto vendita, a chi si rivolge per chiedere aiuto?

Accompagnatore

Assistente

Personale

Clienti

14. Quale tipo di aiuto/facilitazione incontra nel punto vendita dove si reca abitualmente?

Servizio accoglienza

Consegna della spesa a domicilio

Carrelli per persone in carrozzina

Pinze per afferrare

Lettore codice a barre per le informazioni

Assistenza nell’imbustare merci

Personal shopper

Altro

29


1.6 La scomposizione del processo in sottofasi Tutte le attività umane possono essere scomposte in azioni più semplici. La scomposizione di un processo complesso in singole fasi elementari, permette di analizzare più efficacemente la singola azione, con lo scopo di identificare le aree i fattori critici nel micro processo, senza il rischio che l’ampiezza dello spettro analizzato impedisca di vedere di elementi critici che possono essere fonte di problemi. Nell’ottica del “progetto partecipato”, è quindi utile scomporre il processo progettuale in sotto fasi e realizzare un questionario da sottoporre agli stakeholders. 1.7 La valutazione dell’esistente La scelta dello Universal Design non può prescindere da una valutazione attenta e oggettiva dell’esistente, cioè dalla verifica dei problemi che le singole persone incontrano nel realizzare il processo oggetto di analisi nella sua forma attuale. L’esplicitazione della loro analisi può portare all’apertura di un confronto con soggetti terzi, che potrebbero portare alla modifica o la rimozione dei condizionamenti analizzati. La valutazione del processo oggetto di analisi avviene attraverso delle schede di valutazione, predi-

30

sposti come schede questionario mirate, compilate da persone portatrici disabilità diverse, dai rappresentanti delle categorie che maggiormente possono essere esposti agli effetti discriminatori delle criticità. È indispensabile che questionari siano realizzate tenendo conto della situazione specifica. Ai fini di un’elaborazione statistica significativa dei dati raccolti, attraverso i questionari, appare utile predisporre una scheda relativa all’utente a cui viene sottoposto il questionario, con ovvia attenzione, alle problematiche relative alla privacy e al trattamento dei dati sensibili. Nell’affrontare la valutazione o la nuova progettazione dei processi complessi è indispensabile valutare oggettivamente i condizionamenti che possono derivare sia da fattori ambientali che da fattori culturali. In particolare nell’ambito urbano di elementi di condizionamento sono numerosi, ad esempio, la conformazione orografica può costituire, in presenza di sensibili dislivelli, un vincolo per percorsi anche pedonali; la presenza di immobili di valore storico culturale, le cui caratteristiche formali non possono essere modificate, possono condizionare il possibile inserimento di ausili o la creazione di percorsi alternativi. Dal punto di vista dello Universal Design è inoltre indispensabile prendere in considerazione anche altri aspetti, quali aree particolarmente rumorose, specifiche condizioni climatiche, ecc.


Questionario anonimo per fini statistici

Tesi di Laurea - CDL Disegno Industriale Francesco Andricciola Matricola 5467948

Tecnologia e Universal Design per una diversa accessibilità allo shopping Sesso

M

F

Fascia d’età

Fino a 17

30 - 39

50 - 59

70 - 79

18 - 29

40 - 49

60 - 69

80 e più

Titolo di studio

Licenza media o inferiore

Diploma

Laurea o superiore

1. Livello di conoscenza Universal Design

Assente

Mediocre

Buono

Applicativo

2. Conoscenza Convenzione ONU sui Diritti delle persone Disabili

Si

No

3. Accettazione del modello ICF di valutazione del “funzionamento umano”, invece della identificazione di minornze “diverse” Si

No

Dopo spiegazione

31


1.7.1 Processo di sintesi Le fasi compongono un processo progettuale, avvenuti tramite il coinvolgimento di stakeholders, della valutazione dell’esistente, della scomposizione del processo, dell’analisi dell’apparato normativo dei possibili condizionamenti, servono ad individuare le criticità ed in seguito a definire gli obiettivi della progettazione. La fase di indagine verifica delle soluzioni, rappresenta il momento di sintesi progettuale volto a definire gli aspetti funzionali, prestazionali e di interazione con l’oggetto della progettazione. Elementi che emergono dalla fase di analisi risultano legati da relazioni complesse, a volte in conflitto tra di loro. Anche se questi dati sono a volte indipendenti, grazie ad essi è possibile decifrare e decodificare un sistema complesso, evidenziandone i punti di forza e punti di debolezza. Nell’ottica dello Universal Design, è importante tenere conto degli aspetti legati a far fronte delle criticità individuate nelle fasi precedenti, di fatto,

32

risultano essere dei vincoli di progetto più o meno irrinunciabili. Nella fase di progettazione la possibilità di implementazione tecnologica è un’opportunità estremamente valida. È importante sottolineare come l’approccio utilizzare debba partire dalle considerazioni dalle necessità dell’utente, non deve quindi essere un approccio prettamente tecnologico, ma Human Centered. La tecnologia non deve avere come obiettivo solo la creazione di ausili per la disabilità, ma deve essere uno strumento per superare il concetto di accessibilità e abbracciare lo Universal Design. L’obiettivo finale del processo progettuale, è quello di creare ambienti servizi fruibili dal maggior numero di persone possibili in modo equivalente, non discriminante, senza ausili stigmatizzanti, dall’utilizzo semplice ed intuitivo, in cui la necessità di sforzo fisico sia contenuta e le diversità delle caratteristiche corporee di tutti gli individui diventano un’opportunità e non un ostacolo.


1.7.2 Autovalutazione del progetto del servizio • Il primo è l’ottavo principio e le linee guida ad essi connesse impongono la ricerca di soluzioni per quanto possibile uniche, evitando la differenziazione delle procedure, dei servizi e dei percorsi fra “normodotati” e persone che soffrono di limitazioni fisiche, sensoriali o intellettive anche temporale. • Il secondo principio sollecita la previsione di una pluralità di procedure alternative nelle varie fasi del processo, che consentano la sua realizzazione a persone con differenti caratteristiche individuali. • Il terzo e il quarto principio sono focalizzati sulla semplificazione delle procedure e dei metodi informativi; sull’impiego di strumenti comunicativi alternativi (sonori, visivi, tattili, ecc.), di simbologie facilmente interpretabili e di gamme di colori utili anche a differenziare l’importanza delle informazioni.

• Il quinto principio rafforza l’obbligo già presente nelle normative vigenti, relativo alle analisi di rischio e alla prevenzione dei possibili incidenti; nel caso dello Universal Design, è opportuno interpretare come “rischio o pericolo”, non solo l’eventuale danno fisico, ma anche il mancato raggiungimento dell’obiettivo prefissato. • Il sesto e il settimo principio, richiedono lo studio di procedure dimensioni che riducano lo sforzo il disagio, particolarmente penalizzanti per persone affette da qualunque forma di disabilità, e che tengano conto della possibile presenza di ausili o di assistenti personali. • L’ottavo principio (tratto dalla ricerca PROFUSE), implica per tutte le scelte progettuali inerenti alle attrezzature e agli ausili per lo svolgimento di attività o di un servizio, scelte formali che non caratterizzano una tipologia di utenza, legata ad una particolare disabilità. Per definire “non discriminatorie” le modalità di realizzazione del processo, è necessario verificare che ognuna delle fasi e sotto fasi in cui è stato precedentemente scomposto, risponda ai principi dello Universal Design, o almeno al maggior numero possibile di essi

33



DisabilitĂ


36


Disabilità non significa inabilità. Significa semplicemente adattabilità. Chris Bradford

Disabilità1: disàbilità sost. f. - Condizione di coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali che, in interazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri. Tale definizione si basa sulla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (2006), ratificata dall’Italia con la l. 18/2009. Diversi modelli di d. sono stati definiti nel passato. Il modello medico, a lungo predominante, si concentra sulla menomazione dell’individuo, mentre quello sociale sottolinea le difficoltà legate all’ambiente (fisico e sociale) e derivanti da pregiudizi o restrizioni nelle opportunità scolastiche e lavorative.

Disabile2: disàbile agg. e s. m. e f. [comp. di dis-1 e abile, esemplato sull’ingl. disable]. – Termine in uso nel linguaggio burocr., sociologico e anche medico, riferito a soggetti che abbiano qualche minorazione fisica o anche psichica di grado relativamente non grave; sinon. talora di handicappato.

1 http://www.treccani.it/enciclopedia/disabilita

2 http://www.treccani.it/enciclopedia/disabie 37


2.1 Linguaggi e terminologie Disabile è un aggettivo. Vuol dire “che ha una disabilità”, intesa oggi come un’interazione dinamica fra la persona disabile e l’ambiente, con al centro la questione delle barriere. Il problema di disabile è che non lo si percepisce più come aggettivo, si è trasformato in sostantivo. Disabile è un’evoluzione di handicappato. Meno stigmatizzante, ma pur sempre in negativo, con quel prefisso “dis” che connota la parola per sottrazione, e dunque sembra togliere valore alla condizione umana. Disabile però è un termine onesto, in qualche modo ragionevole e realistico, un buon bilanciamento tra ciò che pensa la gente e la realtà di chi vive su di sé la condizione di disabilità, motoria, sensoriale, intellettiva. È un termine molto generico, non particolarmente offensivo. Trasformandolo in sostantivo, c’è il rischio di dimenticare il confronto fra la persona e l’ambiente che la circonda, il contesto sociale e culturale nel quale è inserita. Disabile è un termine che può essere accettato nei titoli, per ragioni di brevità, quando non è proprio possibile usare l’espressione più precisa “persona con disabilità”. Per capire la differenza, bisogna fare un breve excursus. Negli ultimi 50 anni si sono confrontati due approcci sulla disabilità, uno che la vede come questione biologica della persona disabile e l’altro che vede nella disabilità una condizione sociale, un “prodotto” della società che discrimina. Nel primo modello (funzionalista) l’idea padrona è quella della “normalità” del sistema, cui il disa­ bile deve sottostare e che interiorizza a sua volta. Oggi il “paradigma del modello sociale” è diventato dominante e ha favorito le rivendicazioni dei diritti delle persone con disabilità. Nel 2001 la nuova Classificazione internazionale del funzionamento disabilità e salute (Icf) dell’Oms ha introdotto l’e­ 38

spressione, diventata poi concetto giuridico, “persone con disabilità”. La stessa che è diventata standard internazionale con l’approvazione nel 2006 della Convenzione dell’Onu sui diritti delle persone con disabilità, elaborata con l’apporto delle più importanti associazioni internazionali di persone con disabilità e loro familiari. Il testo dell’Onu è il primo strumento internazionale vincolante per gli Stati in materia di disabilità. La Convenzione inquadra la disabilità nella cornice dei diritti umani. Non riconosce nuovi diritti alle persone con disabilità, ma il principio di uguaglianza in modo che possano godere degli stessi diritti riconosciuti agli altri. Qualsiasi distinzione, esclusione o restrizione di questi diritti è una “discriminazione fondata sulla disabilità”. Il documento tutela anche donne e minori con disabilità come potenziali soggetti a discriminazioni multiple, che si verificano per la compresenza di più fattori discriminanti. La locuzione “persona con disabilità” è migliore perché il termine “persona” è neutro e universale. Il concetto di disabilità ribadisce che non sono le caratteristiche soggettive delle persone a creare svantaggio ed esclusione sociale, ma l’interazione con barriere comportamentali e ambientali. La particella “con” infine rende esplicito che la disabilità è responsabilità sociale, che si crea solo in determinate condizioni.


2.1.1 Handicappato Deriva dall’espressione inglese “hand in cap” (la mano nel cappello), con cui era chiamato un gioco d’azzardo inglese del 1600. Poi si diffuse nella terminologia ippica. Alla fine dell’Ottocento handicap fu chiamato il peso extra imposto al cavallo superiore. Quindi inizialmente a portare l’handicap era il cavallo migliore, il più fortunato, in modo da rimettere in parità i cavalli meno dotati alla partenza della gara. Nel tempo la parola ha rovesciato il suo significato. E oggi, sempre dall’inglese to handicap (ostacolare, creare uno svantaggio). Da cui handicappato come aggettivo e poi come sostantivo: “che, o chi, per le condizioni fisiche o psichiche ha difficoltà, anche gravi, ad adattarsi all’ambiente circostante, venendo quindi a trovarsi in condizioni di minore validità, o di svantaggio, o addirittura d’ingiusta emarginazione”. L’handicap diventa quindi una condizione di svantaggio nei confronti degli altri, determinata da un deficit fisico o psichico. In Italia si diffonde nel linguaggio comune intorno alla metà degli anni Settanta dal mondo della scuola, dove era entrato come termine burocratico. Negli anni ’70 sembrava un termine migliore e più scientifico per sostituire parole ancora in uso come storpio, sciancato, mongoloide. Ma in realtà handi-

cap e handicappato sono termini generici che non designano una malattia specifica. Non hanno una definizione univoca, sono parole che accomunano sotto la stessa etichetta persone e casi diversi perché l’handicap è il risultato dell’incontro tra la persona con disabilità e l’ambiente. 2.1.2 Diversamente Abile È una delle espressioni più contestate nel campo della disabilità. Il portale dell’Inail Superabile.it e l’agenzia di stampa Redattore Sociale hanno scelto di non usarla, anche se altri organi di informazione dedicati al tema non hanno seguito questo esempio. Il motivo per cui è così discussa, è che si tratta di un eufemismo, una locuzione troppo politically correct. Vorrebbe sottolineare l’abilità, invece della disabilità. Secondo Tullio De Mauro “la ricerca di espressioni generali comincia dall’Ottocento”. Si passa da invalido a handicappato, a disabile. L’uso di questi termini in senso negativo ed offensivo apre la strada alla ricerca di neologismi e parole più neutre “da portatore di handicap a diversamente abile, espressione concettualmente bizzarra dato che tutti siamo diversamente abili. E l’ansia di trovare nuove espressioni non è finita e si sono lanciati neologismi come diversabile e diversabilità”. Diversamente abile nasce negli Stati Uniti all’inizio degli anni Ottanta ad opera del Democratic National Committee che voleva creare un sostituto più accettabile del termine handicappato. Ne è venuta fuori l’espressione inglese differently abled, che cerca di mettere il deficit in una luce positiva.

39


2.2 Disabilità: una definizione

2.3 Il primo documento dell’OMS (ICIDH)

La “disabilità” è un concetto non universale. In molti casi, inoltre, si usano in maniera imprecisa, o si confondono tra di loro, i termini “invalido”, “handicappato”, “disabile” o “inabile”.

Nel 1980 l’Organizzazione Mondiale della Sanità pubblicò un primo documento dal titolo International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps (ICIDH). Nel testo veniva fatta l’importante distinzione fra “menomazione” (impairment), intesa come “perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica”, e gli altri due termini. Questi venivano rispettivamente definiti: “disabilità” (disability) come “qualsiasi limitazione o perdita (conseguente a menomazione) della capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano” e “handicap” come la “condizione di svantaggio conseguente a una menomazione o a una disabilità che in un certo soggetto limita o impedisce l’adempimento del ruolo normale per tale soggetto in relazione all’età, al sesso e ai fattori socioculturali”.

Le indicazioni adottate dall’ISTAT, fanno riferimento alle definizioni di “menomazione”, “disabilità” ed “handicap” illustrate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il termine “disabilità”, per esempio, si riferisce alla capacità della persona di espletare autonomamente (anche se con ausili) le attività fondamentali della vita quotidiana e si riconduce alla legge 104 del 1992. Il termine “invalidità”, invece, rimanda al diritto di percepire un beneficio economico in conseguenza di un danno biologico indipendentemente dalla valutazione complessiva di autosufficienza, e fa riferimento alla legge 118 del 1971. L’ISTAT adotta la definizione di disabilità proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nella “Classificazione Internazionale delle Menomazioni, Disabilità e Handicap” (1980). Il punto focale di questa classificazione è la sequenza di definizioni che porta dalla menomazione all’handicap: la menomazione è il danno biologico che una persona riporta a seguito di una malattia (congenita o meno) o di un incidente; la disabilità è l’incapacità di svolgere le normali attività della vita quotidiana a seguito della menomazione; l’handicap è lo svantaggio sociale che deriva dall’avere una disabilità. Così, ad esempio, una persona su sedia a rotelle è sicuramente disabile, ma potrebbe potenzialmente non essere handicappata se venissero eliminate tutte le barriere architettoniche, cosicché non le verrebbe precluso l’accesso a nessun settore della vita sociale.

40

Lista dei principali raggruppamenti nella definizione di ciascuno dei tre termini: Menomazioni: menomazioni della capacità intellettiva; altre menomazioni psicologiche; menomazioni del linguaggio e della parola; menomazioni auricolari; menomazioni oculari; menomazioni viscerali; menomazioni scheletriche; menomazioni deturpanti; menomazioni generalizzate, sensoriali e di altro tipo. Disabilità: disabilità nel comportamento; disabilità nella comunicazione; disabilità nella cura della propria persona; disabilità locomotorie;


disabilità dovute all’assetto corporeo; disabilità nella destrezza; disabilità circostanziali; disabilità in particolari attività; altre restrizioni all’attività. Handicap: handicap nell’orientamento; handicap nell’indipendenza fisica; handicap nella mobilità; handicap occupazionali; handicap nell’integrazione sociale; handicap nell’autosufficienza economica;altri handicap. 2.3.1 Il nuovo documento dell’OMS (ICF) L’aspetto significativo del primo documento pubblicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità è stato quello di associare lo stato di un individuo non solo a funzioni e strutture del corpo umano, ma anche ad attività a livello individuale o di partecipazione nella vita sociale. Il secondo documento ha per titolo International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF). Il titolo è indicativo di un cambiamento sostanziale poiché sottolinea un’unificazione nelle forme di descrizione dello stato di una persona. Non ci si riferisce più a un disturbo, strutturale o funzionale, senza prima rapportarlo a uno stato considerato di “salute”. Il nuovo documento sostituisce i vecchi “impairment”, “disability” e “handicap”, che indicano una mancanza per raggiungere il pieno “funzionamento”, con una differente terminologia: Funzioni corporee: funzioni mentali; funzioni sensoriali e dolore; funzioni della voce e dell’eloquio;

funzioni del sistema cardiovascolare, ematologico, immunologico e respiratorio; funzioni del sistema digestivo, metabolico ed endocrino; funzioni genitourinarie e riproduttive; funzioni neuromuscoloscheletriche e collegate al movimento; funzioni cutanee e delle strutture associate. Strutture corporee: strutture del sistema nervoso; occhio, orecchio e strutture collegate; strutture collegate alla voce e all’eloquio; strutture dei sistemi cardiovascolare, immunologico e respiratorio; strutture collegate al sistema digestivo, metabolico ed endocrino; strutture collegate al sistema genitourinario e riproduttivo; strutture collegate al movimento; cute e strutture collegate. Attività e partecipazione: apprendimento e applicazione della conoscenza; compiti e richieste di carattere generale; comunicazione; mobilità; cura della propria persona; vita domestica; interazioni e relazioni interpersonali; principali aree della vita; vita di comunità, sociale e civica. Fattori ambientali: prodotti e tecnologia; ambiente naturale e cambiamenti apportati dall’uomo all’ambiente; supporto e relazioni; atteggiamenti; servizi, sistemi e politiche.

41


Le “funzioni corporee” sono le funzioni fisiologiche dei sistemi corporei, incluse le funzioni psicologiche. Le “strutture corporee” sono parti anatomiche del corpo come organi, arti e loro componenti. “Attività” è l’esecuzione di un compito o di un’azione da parte di un individuo. “Partecipazione” è il coinvolgimento di un individuo in una situazione di vita. I “fattori ambientali” sono caratteristiche – del mondo fisico, sociale e degli atteggiamenti –, che possono avere impatto sulle prestazioni di un individuo in un determinato contesto. La classificazione sopra riportata si ferma ai primi livelli, ma nel documento OMS si arriva a livelli superiori di dettaglio, estendendo le classificazioni di cui sopra in ulteriori sotto classificazioni. Ad ogni livello di classificazione è associata una sigla.

2.4 Disabili in Italia Nel tentativo di redigere una statistica attendibile sul numero dei disabili ci sono due sostanziali difficoltà. La prima deriva dal tipo di disabilità che viene presa in considerazione. È molto più difficile rilevare le disabilità mentali rispetto a quelle fisiche. Innanzi tutto perché ci sono maggiori difficoltà nell’individuare gli strumenti statistici idonei a rilevare questo specifico tipo di problema. In secondo luogo per ragioni di tipo “culturale”. Ci sono ostinate resistenze e forti pregiudizi che spingono le persone direttamente interessate, o chi si occupa di loro (i familiari in primo luogo), a non entrare in contatto con i servizi pubblici che lavorano su queste problematiche.

prima tabella

Tabella 1. Numero di persone disabili di sei anni e più che vivono in famiglia, per sesso e età – Anno 1999-2000 (dati in migliaia)

42


seconda tabella

Tabella 2. Numero di disabili e anziani non autosufficienti ospiti nei presidi residenziali socio-assistenziali – Anno 1999

Una seconda difficoltà deriva poi da alcune categorie “speciali” di disabili, come i bambini o gli ospiti di strutture residenziali, per i quali è arduo – stilare una sorta di censimento attendibile. La principale fonte di dati utilizzata per stimare il numero di disabili presenti in Italia è l’indagine ISTAT sulle condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari. Da quanto risulta in questo documento, i disabili sono circa 2.615.000, pari quasi al 5% della popolazione di sei anni e più che vive in famiglia. (Tabella 1) Nell’indagine sulla salute, non sono compresi i bambini fino a cinque anni, poiché il tipo di quesiti utilizzati non è adatto per queste età. Bisogna però tener conto che nella scuola elementare la percentuale di certificazioni è stata

pari all’1,86% nel 2000, mentre le certificazioni nella scuola materna hanno riguardato lo 0,88% dei bambini. Per quanto riguarda la stima dei disabili che vivono in residenze, si può parlare di 165.539 persone disabili o anziani non autosufficienti ospiti nei presidi socio-assistenziali. (Tabella 2) Considerando quindi i disabili in famiglia e i disabili nei presìdi si giunge ad una stima complessiva di poco più di 2 milioni 800 mila disabili. È bene chiarire che si tratta di stime, che distorcono verso il basso il reale numero di disabili in Italia. Poiché i disabili in famiglia vengono rilevati tramite indagine campionaria con interviste (al disabile o a un suo familiare), non si può escludere che vi sia una sottostima, dovuta alla mancata dichiarazione della presenza di persone disabili in famiglia. 43


La presenza di disabilità è correlata all’età: tra le persone di 65 anni o più la quota di popolazione con disabilità è del 19,3%, e raggiunge il 47,7% (38,7% per gli uomini e 52% per le donne) tra le persone di 80 anni e più. I tassi di disabilità evidenziano una differenza di genere a svantaggio di quello femminile: le donne rappresentano, infatti, il 66% delle persone disabili e gli uomini solo il 34%, e, in rapporto al totale della popolazione, le donne hanno un tasso di disabilità del 6,2% mentre gli uomini del 3,4%. Anche la differenza di genere è correlata alle età più anziane: più del 79% delle donne disabili, infatti, ha 65 anni o più, mentre tra gli uomini tale percentuale scende al 66%. Questo fenomeno è determinato in buona parte dall’evoluzione demografica, che ha causato un forte invecchiamento della popolazione, caratterizzato da una crescita della speranza di vita alla nascita per tutta la popolazione, ma in misura maggiore per le donne Nell’analisi della distribuzione territoriale emerge un differenziale tra l’Italia settentrionale e quella meridionale ed insulare. In particolare si osserva un tasso di disabilità del 6% nell’Italia insulare e del 5,2% nell’Italia meridionale, mentre questo tasso scende al 4,4% nell’Italia nord-orientale e al 4,3% nell’Italia nord-occidentale. Nell’Italia centrale si ha un tasso di disabilità del 4,8%. La stessa distribuzione geografica si osserva per gli uomini e per le donne.

44


45


2.4.1 L’istruzione Nel corso del tempo il livello di istruzione dei disabili si è notevolmente elevato: confrontando le persone di età compresa tra i 15 e i 44 anni con quelle di età compresa tra i 45 e i 64 anni, si nota un notevole aumento, nella prima categoria, di coloro che hanno un titolo di studio elevato. Infatti il 38% dei disabili di età compresa tra i 15 e i 44 anni possiede un diploma o una laurea, rispetto al 14% dei disabili di età compresa tra i 45 e i 64 anni.

46

L’incremento dei livelli d’istruzione si è verificato anche fra i non disabili, ma fra i disabili il recupero è stato molto più rapido e ha riguardato in misura maggiore le donne, che hanno così compensato lo svantaggio che avevano in passato rispetto agli uomini. Tuttavia, permane una percentuale considerevole di persone disabili, anche giovani, senza alcun titolo di studio: è in questa condizione circa il 15% dei disabili di età compresa tra i 15 e i 44 anni, mentre fra i non disabili tale percentuale è praticamente nulla.


2.4.2 Il lavoro Nonostante le innovazioni legislative in tema di inserimento lavorativo (L.68/99) e le numerose iniziative attivate anche grazie a progetti e finanziamenti europei, a tutt’oggi in Italia si rilevano livelli di occupazione dei disabili ancora piuttosto bassi. Il tasso di occupazione fra i disabili è pari, infatti, al 21%, meno della metà di quello rilevato fra i non disabili. Occorre tuttavia considerare che circa il 27% dei disabili in età lavorativa è del tutto inabile al lavoro. Le donne disabili sono notevolmente svantaggiate rispetto agli uomini: le prime hanno un tasso di occupazione dell’11% e i secondi del 29%; tale svantaggio esiste anche fra i non disabili, sebbene l’entità delle differenze fra maschi e femmine non sia così elevata. 2.4.3 La famiglia Il 28% dei disabili vive solo, rispetto all’8% dei non disabili; anche in questo caso è prevalente il numero delle persone anziane, nella maggior parte dei casi si tratta di vedove. L’età media dei disabili soli è di 76 anni per gli uomini e 80 per le donne. Il 26% dei disabili fino a 44 anni è coniugato, contro il 47% dei non disabili. Le differenze rispetto ai non disabili sono più rilevanti per gli uomini (solo il 15% è coniugato) che non per le donne (il 38% è coniugato). La condizione di disabilità fra i giovani comporta una loro permanenza nel nucleo d’origine; si riscontra così che il 34% dei disabili di età compresa tra i 25 e i 44 anni vive con i genitori (rispetto al 19% dei non disabili), e che il 17% dei disabili della stessa età vive con un solo genitore (rispetto al 6% dei non disabili). Questo implica verosimilmente una situazione di maggiore necessità economica e, talvolta, di maggiore disagio: in effetti il 42% dei di-

sabili ritiene scarse o insufficienti le proprie risorse economiche, rispetto al 27% dei non disabili. La famiglia rimane il perno fondamentale di riferimento per le persone disabili: il 90% dichiara un buon livello di soddisfazione rispetto alle relazioni familiari, percentuale simile a quella dei non disabili (per questi ultimi la percentuale di soddisfazione per le relazioni familiari si attesta sul 94%). più bassa è invece la soddisfazione nei confronti delle relazioni con gli amici: è soddisfatto il 68% dei disabili a fronte dell’86% dei non disabili. 2.4.4 Vita sociale La partecipazione sociale delle persone disabili costituisce la sfida più grande e più difficile da affrontare, perché in essa si vengono a sommare problematiche derivanti non solo dalla condizione di disabilità del soggetto, ma soprattutto e principalmente dal contesto ambientale e culturale. Le informazioni contenute nell’area in esame riguardano le attività sociali e di partecipazione ad associazioni, partiti politici e attività religiose; il ricorso ai servizi di pubblica utilità; la fruizione dei mezzi di informazione; le attività del tempo libero; l’attività sportiva e i livelli di soddisfazione delle relazioni con amici e familiari. 2.4.5 Il tempo libero Il 22% dei disabili di età inferiore ai 44 anni si è recato al cinema, al teatro o a vedere spettacoli vari negli ultimi 12 mesi, a fronte del 31% dei non disabili. Il 20% dei disabili legge libri. Rispetto al tempo libero le opinioni dei disabili e dei non disabili si assestano su livelli simili: il 60% dei disabili dichiara di essere soddisfatto a fronte del 65% dei non disabili.

47


2.5 Tipologie di disabilità Dall’indagine sulle condizioni di salute è possibile identificare quattro tipologie di disabilità: - confinamento individuale (costrizione a letto, su una sedia a rotelle o in casa); - disabilità nelle funzioni (difficoltà nel vestirsi, nel lavarsi, nel fare il bagno, nel mangiare); - disabilità nel movimento (difficoltà nel camminare, nel salire le scale, nel chinarsi, nel coricarsi, nel sedersi); - disabilità sensoriali (difficoltà nel sentire, vedere o parlare). Considerando i diversi livelli di disabilità, quello più grave è rappresentato dal confinamento, che implica la costrizione permanente in un letto o su una sedia con livelli di autonomia nel movimento pressoché nulli, nonché il confinamento in casa per impedimento fisico o psichico. Risulta confinato il 2,1% della popolazione di sei anni e più, e tra le persone di ottanta anni e più la quota raggiunge circa il 25% (19% maschi e 28% femmine). In merito alle altre tipologie di disabilità, si rileva che il 2,2% delle persone di sei anni e più presenta disabilità nel movimento, con quote significative dopo i 75 anni: nella fascia d’età 75-79 anni la quota arriva al 9,9% e nelle persone di 80 anni e più il tasso raggiunge il 22,5% (con uno scarto di circa sette punti percentuali tra maschi e femmine, a svantaggio di queste ultime: 17,6% per i maschi, contro 24,8% per le femmine). Circa il 3% della popolazione di sei anni e più presenta invece difficoltà nello svolgimento delle attività quotidiane, cioè ha difficoltà ad espletare

48


le principali attività di cura della propria persona (quali vestirsi o spogliarsi, lavarsi, tagliare e mangiare il cibo, ecc.). Tra i 75 ed i 79 anni, sono circa il 12% le persone che presentano tale tipo di limitazione e che quindi necessitano dell’aiuto di qualcuno per far fronte a queste elementari esigenze; tra gli ultraottantenni, circa una persona su tre ha difficoltà a svolgere autonomamente le fondamentali attività quotidiane. Le difficoltà nella sfera della comunicazione, quali l’incapacità di vedere, sentire o parlare, coinvolgono circa l’1% della popolazione di sei anni e più. Al fine di conoscere il numero dei ciechi e dei sordi, è possibile analizzare anche i dati relativi alle invalidità permanenti rilevate sempre con l’indagine sulle condizioni di salute, dalla quale risultano circa 352 mila ciechi totali o parziali, 877 mila persone con problemi dell’udito più o meno gravi e 92 mila sordi prelinguali (sordomuti). Ben il 33% dei disabili è portatore di almeno due disabilità contemporaneamente fra disabilità nelle funzioni, disabilità nel movimento e disabilità sensoriali. Di questi il 33% è rappresentato dal sesso maschile e il restante 67% da quello femminile. Questa differenza è ancora spiegata in gran parte dalla diversa distribuzione della popolazione maschile e femminile per età: più dell’80% delle persone con più tipologie di disabilità ha un’età superiore ai 75 anni. Una seconda situazione da segnalare per la sua gravità riguarda le persone confinate in casa che non sono in grado di utilizzare il telefono, di gestire i propri soldi o di assumere in modo autonomo le proprie medicine. Sono circa 180 mila gli individui in questa condizione.

49


2.6 Cecità

2.6.2 La Cella Braille

Il termine cecità indica l’assenza del potere visivo, definitiva o temporanea, assoluta o relativa, a seconda che manchi, rispettivamente, ogni traccia di percezione visiva o solo una delle componenti che partecipano all’atto visivo (senso luminoso, cromatico, stereoscopico ecc.).

I caratteri Braille sono basati su una cella formata da sei punti disposti in due colonne e tre righe.

Interpretata nel corso della storia culturale quale emblema del male o, all’opposto, quale simbolo della conoscenza mistica, la cecità comincia a essere avvertita come un problema sociale alla fine del Settecento, quando l’atteggiamento meramente caritatevole muta segno, dando luogo a interventi di tipo educativo e alla creazione di scuole di addestramento al lavoro manuale e d’istruzione musicale. In seguito, alle attività di carattere pratico si aggiunge l’insegnamento della lettura e scrittura mediante l’alfabeto Braille che, sostituendo agli elementi visivi quelli sensibili al tatto, amplia notevolmente le possibilità di apprendimento. Varie norme legislative tutelano la condizione del cieco sul piano sanitario, lavorativo e pensionistico.

I punti sono numerati dall’1 al 6: partendo dall’alto nella colonna di sinistra si trovano i punti 1 o punto in alto a sinistra, 2 o punto in centro a sinistra e 3 o punto in basso a sinistra, mentre nella colonna di destra ci sono i punti 4 o punto in alto a destra, 5 o punto in centro a destra e 6 o punto in basso a destra. La dimensione di una cella Braille è standard, 7x4 millimetri, ed è una dimensione ottimale perché permette di percepire la sua intera superficie e allo stesso tempo di distinguere bene i singoli punti. Con i 6 punti si possono ottenere 64 combinazioni diverse che però non sono sufficienti a rappresentare tutti i caratteri. Per ovviare a questo problema si usano dei gruppi di caratteri Braille per rappresentare i simboli grafici che non corrispondono ad un singolo carattere Braille.

2.6.1 Codice Braille Il Braille è il codice di lettura e scrittura più utilizzato dai ciechi. È stato inventato dal francese Louis Braille nel 1829. Si tratta di un sistema di scrittura basato su sei punti in rilievo in cui la maggior parte dei simboli è universalmente riconosciuta e quindi può essere usato in molte lingue diverse. Il Braille infatti non è una lingua di per sé, ma è un mezzo di scrittura internazionale. Con esso si possono rappresentare le lettere dell’alfabeto, la punteggiatura, i numeri, i simboli matematici e quelli musicali.

50

Cella Braille


51


Maiusc

t

e

c

n

o

l

o

g

i

Maiusc

u

n

i

v

e

r

s

a

l

Maiusc

d

e

s

i

g

n

p

e

r

u

n

a

d

i

v

e

r

s

a

a

c

c

e

s

s

i

b

i

l

i

t

a

a

l

l

o

s

h

o

p

p

i

n

g

52

a

e


2.6.3 Essere ciechi Vi sono moltissime forme di disabilità visiva. Secondo una definizione corrente, una persona è considerata disabile visiva quando non è in grado di leggere un normale carattere di giornale nemmeno con gli occhiali da lettura o con le lenti a contatto. Oltre a questa difficoltà, una disabilità visiva può però anche consistere in una serie di limitazioni, combinate tra loro, per esempio riduzione del campo visivo, disturbi a livello di motricità oculare, problemi di elaborazione degli stimoli visivi nel cervello ecc. Anche l’ambiente circostante, per esempio le condizioni d’illuminazione, i tracciati, le informazioni acustiche ecc., e la situazione personale del singolo, come l’attenzione e il sostegno degli altri, nonché l’uso dei mezzi ausiliari, svolgono un ruolo non trascurabile. 2.6.4 Le cause Nella maggior parte dei casi, alla base di una disabilità visiva vi è il naturale processo d’invecchiamento. La cosiddetta degenerazione maculare legata all’età, per esempio, causa un’importante riduzione della funzione visiva, con perdita della visione centrale, il che rende difficoltosa o impossibile la lettura. Tuttavia, questa patologia non porta necessariamente alla cecità totale. Le disabilità visive sono inoltre da ricollegare a infortuni o a malattie come il diabete, il glaucoma, la cataratta, le retinopatie (per esempio la retinite pigmentosa, una malattia ereditaria) e a lesioni prenatali. 2.6.5 Informazione per ciechi Tutti noi viviamo circondati da immagini, insegne pubblicitarie, programmi televisivi, libri, giornali e internet. Senza l’ausilio di mezzi o tecniche speciali, alle persone con disabilità visiva o cieche l’acces-

so a queste informazioni visive risulterebbe molto limitato o di fatto precluso. Oggigiorno, però, vi è la possibilità di rendere in gran parte accessibili tali informazioni. Da un lato esistono tecnologie (per esempio gli screen reader o lettori di schermo, le tastiere Braille e i computer con sintesi vocale) grazie alle quali le persone con disabilità visiva o cieche riescono a far proprie le informazioni visive, dall’altro vi sono strumenti (per esempio i libri in Braille e gli audiolibri) che permettono di convertire le informazioni in una forma accessibile alle persone con disabilità visiva o cieche. Ciononostante, non è possibile rendere accessibili tutte le informazioni visive. Una persona cieca non riuscirà mai a vedere un’immagine, ma grazie ad alcuni “aiuti”, per esempio i testi alternativi per le immagini sui siti web o nei documenti elettronici, potrà farsi un’idea di quanto appare. 2.6.6 Il bastone bianco Il bastone lungo per ciechi è un mezzo ausiliario semplice ma molto utile. In un certo senso, è il prolungamento dell’indice di una persona con grave disabilità visiva o cieca. Con un continuo movimento pendolare, il bastone bianco viene utilizzato davanti al corpo per esplorare il terreno e per riconoscere gli ostacoli, i bordi dei marciapiedi, i gradini, le asperità del terreno e le soglie. Il rumore del bastone bianco per terra fornisce alla persona cieca informazioni sul tipo di pavimentazione e, tramite la riflessione acustica e l’eco, informazioni sulla topografia dell’ambiente circostante. Esistono diversi modelli di bastone bianco: oltre al bastone lungo, vi è anche il bastone corto o il bastone da passeggio. Il bastone bianco segnala sempre che la persona ha una disabilità visiva o è cieca e la protegge dai pericoli, come i cantieri, i veicoli posteggiati fuori parcheggio o altri ostacoli.

53



Spesa Quotidiana


56


Una vita spesa a “far la spesa”. Leo Longanesi

Spésa1: s. f. [lat. tardo expensa (pecunia, cioè «denaro speso»), part. pass. di expendere: v. spendere]. – 1. a. L’atto dello spendere; anche, la somma di denaro che si spende o si cede in cambio di un bene o un servizio, o per altro fine: 1. b. Nell’uso fam., sempre al sing., gli acquisti che si fanno ogni giorno, o quasi ogni giorno, dei generi alimentari o dei prodotti di uso domestico necessarî per il sostentamento di una famiglia o di una collettività: andare a fare la s.; uscire per la s.; fare la s. nei negozî vicini a casa, al mercato, al supermercato; anche, l’insieme dei generi e dei prodotti acquistati: la borsa della s. o per la s.; mettere la s. in macchina; farsi mandare, portare, la s. a casa. Talora, spec. in passato, il vitto stesso, corrisposto in natura ai lavoratori salariati: operai che ricevevano come compenso una mercede in denaro e, in più, la spesa

Mercato2: s. m. [lat. mercatus -us, der. di mercari «far commercio, trafficare»]. – 1. a. In senso concr., il luogo, per lo più all’aperto, dove avvengono le contrattazioni per la vendita e l’acquisto di determinati prodotti e dove normalmente s’incontrano, tutti i giorni o in giornate stabilite, compratori, venditori e intermediarî per effettuare transazioni commerciali relative a merci varie o anche a una sola merce.

1 http://www.treccani.it/enciclopedia/spesa

2 http://www.treccani.it/enciclopedia/mercato 57


3.1 Le origini del supermercato: il mercato I mercati rionali sono una forma distributiva storicamente presente ed importante nel panorama italiano, caratterizzati dalla presenza di più attività esercitanti attività giornaliera su aree pubbliche, normalmente con l’ausilio di camion e/o box semi-fissi o all’interno di appositi contenitori edilizi (mercati coperti). Il mercato è il luogo in cui le persone si incontrano, parlano, comprano beni alimentari e non solo. Luogo antico, che racchiude la tradizione del libero scambio. Odori, colori e esperienze si mescolano in questo luogo, che purtroppo, oggi sempre di più rischia di scomparire. Si possono comprare le verdure e la frutta del contadino, ma anche acquistare un maglione proveniente da manifatture italiane e purtroppo anche beni importati da paesi esteri. Un super o ipermercato è qualcosa di estremamente diverso. Non esiste alcun incontro e relazione diretta con chi ha prodotto la merce che desideriamo acquistare. Il supermercato è una distesa di marchi colorati che brillano sotto le luci al neon, sistemati ordinatamente in scaffali, corsie e reparti. Le forme dell’incontro commerciale tra domanda e offerta, tra produttore e consumatore, si sono negli anni evolute in funzione dei cambiamenti intervenuti nella società e negli stili di vita; per questo, il vitale compito della distribuzione odierna è quello di offrire, rispetto a standard quantitativi e qualitativi, merci al prezzo più basso possibile per i consumatori.

58


59


3.2 Tipologie di distribuzione La forma più tradizionale di distribuzione è la bottega del piccolo dettagliante, in cui un singolo commerciante gestisce un negozio, localizzato generalmente nei centri storici, fornendo assistenza e servizio nella vendita di un prodotto attraverso il dialogo e la relazione diretta tra il venditore e l’acquirente. Questa classica categoria di commercio è in fase di estinzione, rintracciabile oramai solo dentro i musei, in quanto quasi totalmente sostituita dalle grandi insegne distributive, articolate in catene di punti vendita, ciascuno dei quali può contare su metrature superiori ai 200 mq, organizzate con una sede centrale che definisce le linee di sviluppo e numerose strutture periferiche che commerciano a libero servizio tutti i beni di largo consumo.

60

La prima forma storica di moderna distribuzione è il superette o minimarket, evoluzione del tradizionale negozio di alimentari sotto casa, con una superficie di vendita tra i 200 e i 400 mq, un assortimento di oltre 1.500 referenze e un’ubicazione prossima all’abitazione o al posto di lavoro. Un supermarket è invece uno spazio con una superficie compresa fra i 400 e i 2.500 mq, piazzato generalmente nei quartieri residenziali o nei centri commerciali di prossimità. Il primo supermercato italiano fu fondato nel 1957 a Milano, sotto l’insegna “Supermarket”, oggi conosciuto come Esselunga grazie al designer svizzero Max Huber che si occupò della grafica dell’insegna con la caratteristica S che si allunga su tutta la scritta.


A questo avvenimento epocale seguì l’apertura, nell’ordine, di Pam (1959), Sma (1961) e Coop (1967); in queste nuove strutture, i beni alimentari erano venduti a prezzi inferiori, rispetto a quelli praticati dai tradizionali negozi al dettaglio. Inoltre, fin dall’inizio, i supermercati si distinguevano per l’ampio assortimento di prodotti e per le merci ordinate sugli scaffali; poi giunsero anche i carrelli per fare la spesa, utilizzati per la prima volta al mondo nel 1937 dentro i punti vendita statunitensi Humpty Dumpty di Oklahoma City. In Italia, il carrello arriva negli anni Ottanta, quando i negozi Oviesse del gruppo Coin aprono a Torino, inaugurando il modello del supermercato con vendita di prodotti alimentari e non; allora, nel carrello della spesa si potevano mettere molti tipi di articoli, dal cibo alle scarpe. Il prefisso super è di origine latina e indica un eccesso, una qualità superiore al normale, una preminenza e un superamento del limite. Nel prefisso iper, invece, è ancora più evidente il significato di qualcosa che va oltre, di un’ultra- abbondanza nella dimensione e nella quantità. L‘ipermercato è una grande area attrezzata per la vendita al dettaglio, con una superficie coperta non inferiore ai 2.500 mq. L’assortimento de-specializzato di prodotti food e non-food è molto più ampio rispetto al supermercato e può contare su circa 5.000 referenze comprendenti qualsiasi bene di largo consumo: dal cibo agli abiti, dalla saponetta al televisore. Il supermercato evoluto in ipermercato trova collocazione nelle zone extraurbane, attua politiche di prezzo aggressive e orari di apertura estesi.

Un’ulteriore variante, è poi quella dei grandi magazzini, situati nei centri cittadini o commerciali e dotati di una superficie di vendita di oltre 400 mq; essi comprendono almeno cinque reparti: abbigliamento, profumeria, intimo, arredamento casa, giocattoli. I primi grandi magazzini sono nati nell’Europa del XIX secolo con il Printemps e le Gallerie Lafayette di Parigi. In Italia, il primo grande magazzino fu aperto a Milano dal nobile imprenditore Senatore Borletti sotto l’insegna “La Rinascente”, nome ideato da Gabriele D’Annunzio, il quale fu peraltro finanziato dallo stesso imprenditore per l’impresa di Fiume. A questa apertura seguì l’inaugurazione, nel 1927, della UPIM (Unico Prezzo Italiano Medio). Altra formula organizzativa della GDO è il cosiddetto discount – approdato in Italia negli anni Novanta per vendere prodotti a prezzi convenienti e low cost – una nuova tipologia distributiva, che offre ai consumatori merci di seconda scelta a prezzi concorrenziali, disposti su scaffali spartani e pallet in legno, con il minimo servizio e una scelta limitata. Poi c’è la grande superficie specializzata, con strutture collocate nelle aree periferiche delle città in spazi isolati, che propone la vendita di un’unica categoria merceologica (mobili, scarpe, bricolage). Infine, il top della GDO è il nuovissimo e diffusissimo factory outlet, che significa letteralmente “spaccio aziendale”, ovvero un punto vendita gestito direttamente dalle aziende produttrici o distributrici, che integrano la produzione e la vendita delle merci di marca a prezzi scontati. Gli outlet diventano “center” quando concentrano diversi negozi delle principali griffe e sono piazzati in superfici superiori ai 10.000 mq, in aree extraurbane e in prossimità delle principali arterie autostradali o ferroviarie.

61


62


3.3 La cooperativa operaia Coop e la moderna distribuzione È il 1854 quando a Torino l’Associazione Generale degli Operai apre il punto vendita “Magazzino di Previdenza”, inaugurando la prima cooperativa di consumatori in Italia. Nel secondo dopoguerra, la realtà cooperativa è consolidata in tutto il nord e centro Italia e si vanno diffondendo i piccoli negozi come punti di incontro tra consumatori, produttori e commercianti. Nel dicembre del 1947 viene fondata l’Associazione Italiana delle Cooperative di Consumo per avviare la “pratica dell’acquisto collettivo” e per assicurare alle cooperative di consumatori migliori condizioni e garanzie nell’approvvigionamento delle merci. La sperimentazione del modello di supermercato Coop arriva solo negli anni Ottanta, dopo un decennio di evoluzione imprenditoriale e la costituzione di un’azienda unica: progressivamente, i piccoli

negozi vengono chiusi e le loro attività concentrate in centinaia di strutture moderne. Oggi Coop è un articolato sistema cooperativistico di imprese e associazioni di consumatori, che ha assunto un ruolo preminente nella grande distribuzione italiana. Il sistema Coop è composto da nove grandi imprese cooperative, dotate di un’articolata rete di vendita a livello regionale e interregionale, che coprono il 90% del giro d’affari complessivo: Coop Adriatica, Coop Estense, Coop Liguria, Coop Toscana-Lazio, Coop Consumatori Nord-Est, Coop Lombardia, Coop Centro Italia, Unicoop Firenze, Novacoop. Altre piccole cooperative gestiscono punti vendita di dimensioni più limitate. Ogni cooperativa è una realtà autonoma, ma mantiene con le altre solidi legami organizzativi e commerciali. Tutto il sistema fa riferimento a un’unica centrale d’acquisto: Coop Italia.

63


Nelle strutture Coop il consumatore trova ormai tutti gli esercizi commerciali concentrati in un unico grande centro: oltre al classico supermercato, con prodotti alimentari e per l’economia domestica, ci sono punti vendita di abbigliamento di ogni genere, negozi specializzati negli articoli sportivi, elettrodomestici e tecnologia, farmacie, erboristerie e punti di ristoro. Molti servizi sono riservati ai soci Coop; per diventare socio basta versare una quota associativa di 25 euro, per entrare a far parte del sistema. Secondo lo statuto, il socio ha il diritto e il dovere di partecipare alle assemblee di zona per l’elezione degli organi dirigenti. Gli utili non sono divisi tra i soci, ma possono beneficiare di alcuni servizi offerti dalla cooperativa. L’attivazione della “carta socio” consente di usufruire di sconti o di ricevere premi dopo aver raccolto punti d’acquisto; inoltre, la convenzione tra Coop e diversi circuiti bancari permette di pagare la spesa con la carta socio e di addebitare l’importo direttamente sul conto corrente del titolare della carta stessa. Grazie a questo sistema, il denaro dei consumatori è costantemente investito e utilizzato da Coop per il proprio consolidamento come catena distributiva. Il socio cliente è parte integrante e risorsa indispensabile per la “cooperativa totale”. In alcuni ipermercati, al socio è data la possibilità di utilizzare il salvatempo, un lettore ottico: passandovi sotto l’etichetta del prodotto scelto, l’apparecchio registra il prezzo; terminata la spesa si consegna il lettore e si paga; anche in questo caso il socio contribuisce direttamente al sistema di vendita: grazie al lavoro prestato all’azienda, snellisce le operazioni di cassa e contribuisce a una maggiore efficienza del servizio.

64


65


3.4 Il logo Coop Nel 1954 viene fondata l’Associazione Nazionale Cooperative di Consumo; durante quegli anni di grande difficoltà le cooperative rappresentano un’alternativa ai negozi privati. Siccome dal dopoguerra le cooperative sparse sul territorio riportavano denominazioni diverse (La Proletaria, La Fratellanza ed altre ancora) si sentì il bisogno di apparire con un’immagine unitaria, con l’abbreviazione “Coop” appunto. Il primo marchio non aveva un ruolo decisivo nella comunicazione perché si limitava a firmare il prodotto in modo defilato. (Figura 1) Nel 1963 Albe Steiner crea un nuovo logo e lo definisce “Una cooperazione fra caratteri”. Definizione riuscita, quanto il logo stesso. Come rendere meglio l’idea della cooperazione fra persone se non a partire dalla cooperazione fra i quattro caratteri ravvicinati e coesi dell’abbreviazione ‘coop’? Quattro caratteri semplici e accostati riducendo al minimo la spaziatura: per annullare ogni separazione e rappresentare visivamente il senso della cooperazione. (Figura 2) Nel 1973 ci fu un restyling del logotìpo di Steiner: le lettere furono ingrossate nei tratti e furono migliorate le giunzioni della lettera C e della lettera P. (Figura 3)

66

In questi anni Coop si presenta anche in televisione, un passo decisivo. Negli anni ’70 Ugo Gregoretti firma una serie di Caroselli molto interessanti. Ogni Carosello si incentrava su un aspetto del mondo del lavoro: il lavoro era il veicolo per la comunicazione dei valori di Coop e dei suoi prodotti. Nel 1985 Bob Noorda rinnova il logotipo con interventi minimi ma efficaci: ingrandisce i tratti utilizzando lo stesso taglio sghembo per la lettera C e la lettera P. (Figura 4) La Coop è ormai una realtà consolidata; assistiamo al rafforzamento della comunicazione. Accanto al restyling del marchio Coop, a cui era stato associato il claim “la Coop sei tu”, vengono pianificate campagne pubblicitarie sulla televisione. Nel 2005 avviene l’ultimo restyling il logotìpo è inscritto in una figura rossa a forma d’occhio; anche il packaging risulta rinnovato e accattivante. (Figura 5) L’ultima tappa comunicativa di coop è la presenza su Internet, dal portale www.e-coop.it alla rete dei website sociali, fino ad arrivare ai socialnetwork.


Figura 1. Logo Coop del 1954

Figura 2. Logo Coop realizzato da Albe Steiner nel 1963

Figura 3. Restyling del logo Coop nel 1973

Figura 4. Logo Coop realizzato da Bob Noorda del 1985

Figura 5. Ultimo restyling del logo Coop con l’aggiunta di una figura rossa a forma di occhio

67


3.5 Nomi differenti: una sola Coop Coop Italia ha adottato una strategia di multicanalità, in base alla quale sta sperimentando nuovi layout di vendita differenziati in base alla dimensioni dei punti vendita. Nel dettaglio: - L’insegna InCoop caratterizza i supermercati di prossimità o superette (fino a 1.000 m²), con un assortimento alimentare di base; (Figura 6)

Figura 6. Insegna InCoop

- L’insegna Coop contraddistingue i supermercati medi (fino a circa 2.000-2.500 m²), con un vasto assortimento alimentare; (Figura 7) - L’insegna Coop&Coop valorizza i grandi supermercati o superstore (da 2.500 a circa 3.000-3.500 m²), con una discreta presenza anche di articoli non alimentari; (Figura 8) - L’insegna IperCoop è utilizzata per gli ipermercati; hanno una superficie compresa tra 3.000 e 15.000 m² e rappresentano il top dell’offerta, con vasto assortimento sia alimentare che non alimentare e reparti specializzati in elettrodomestici, telefonia, hi-fi e, in alcuni casi, ottica e farmaci da banco. (Figura 9)

Figura 7. Insegna Coop

Figura 8. Insegna Coop&Coop

Figura 9. Insegna iperCoop

68


69


3.6 La grande “S”

3.6.1 La “S” si allunga: nasce Esselunga

Il primo supermercato arriva in Italia nel 1957: a Milano, l’imprenditore Bernardo Caprotti, con Marco Brunelli e con l’appoggio americano di Nelson Rockefeller, apre il primo negozio a libero servizio: dopo aver scelto i prodotti, si paga ai cassieri posizionati all’uscita del grande magazzino. Per i Milanesi, abituati alle piccole botteghe, è un meccanismo bizzarro e in un primo momento il successo è poco evidente. In quegli anni, l’industria alimentare italiana non è pronta per la grande distribuzione: propone per la maggior parte prodotti sfusi, non confezionati, destinati al banco del piccolo commerciante e del venditore ambulante; ma la produzione industriale, l’occupazione e le spese per i consumi crescono rapidamente, soprattutto nel “triangolo industriale” Milano-Torino-Genova.

L’insegna viene disegnata da Max Huber, grafico svizzero di fama mondiale, che scrive “Supermarket” con una grande “S” iniziale. Diviene il segno distintivo dell’azienda. Nel 1965 Bernardo Caprotti assume la direzione della società. I “Supermarket con la “esse” lunga” cambiano ufficialmente nome e diventano i supermercati “Esselunga”.

Nel 1960 apre il secondo supermercato a Firenze. La grande S cerca di stare al passo con i tempi e pochi anni dopo lancia lo slogan “Fate la spesa e non la guerra!”. Il 1969 è l’anno di nascita della campagna “Le mille lire lunghe”: una banconota impressa su ortaggi di vario genere, per ricordare ai cittadini e potenziali consumatori la crescita del potere d’acquisto e l’idea di una svolta economica anche per l’Italia. Le campagne pubblicitarie dell’azienda sono affidate alla storica agenzia di Armando Testa. Esselunga punta sulla simpatia dell’immagine, arrivando, negli anni Novanta, a varare la campagna “Da noi la qualità è qualcosa di speciale”; gli ortaggi si confondono prima con gli animali (Topolino o Ravanello, Coniglietti o Kiwi) e poi con personaggi famosi con la campagna “Famosi per la qualità” (John Lemon, Aglio e Olio). I manifesti Esselunga invadono le città di Lombardia e Toscana, le uniche regioni in cui l’insegna è presente.

70

Insegna “Supermaket” disegnata da Max Huber nel 1957

Nuovo nome e logo di Esselunga del 1965


71


3.7 Tecniche e linguaggi di consumo della GDO La vasta offerta di merci tra gli scaffali della moderna distribuzione spinge gli operatori a puntare sulle strutture che circondano i prodotti al fine di influenzare la scelta del consumatore e favorirne l’esperienza relazionale. La GDO è riuscita ad abolire la classica “lista della spesa” in cui viene scritto ciò che si vuole acquistare. Con il sistema del libero servizio in libero mercato non è più possibile pianificare alcunché, in quanto il consumatore è avvolto da un vortice di consumo indotto, in un contatto diretto e “sacrale” con la merce, una voglia stimolata di acquistare un prodotto perché in promozione o per il particolare imballo, senza più considerare l’effettivo valore d’uso che quella merce possiede. In genere, i beni da acquisto impulsivo sono quelli con dimensioni ridotte, a prezzi bassi e di scarsissima utilità, ma che fanno gonfiare in maniera esponenziale il costo della spesa finale. In questa tipologia di vendita un ruolo importantissimo per la GDO è ricoperto dal cosiddetto merchandising, vale a dire quell’attività studiata e praticata per stimolare l’acquisto da parte dei consumatori nel momento cruciale della scelta davanti allo scaffale. Il merchandising consiste quindi nel presentare il prodotto nel punto vendita in modo da massimizzare il valore attribuito alla merce esposta, renderla accessibile e attraente mediante l’elaborazione di un messaggio (materiale e psicologico) diretto al cliente per stimolarlo negli acquisti di impulso e incrementare le performance di vendita. Il merchandising agisce nel momento decisivo della scelta, quando ancora si può fare qualcosa per convincere il consumatore – imbottito di messaggi pubblicitari – a cambiare preferenze e marca. Circa l’80% delle scelte di acquisto avviene all’interno del punto vendita e il 60% è dettato da un impulso 72


momentaneo. I produttori e i distributori parlano di “momento della verità”, vale a dire l’attimo in cui il consumatore decide cosa comprare allungando la mano verso lo scaffale e mettendo la merce nel carrello. È stato stimato in sette secondi, l’intervallo di tempo in cui l’intenzione di acquisto si trasforma in acquisto vero e proprio con il passaggio della merce dallo scaffale al carrello. Due componenti fondamentali del merchandising sono il layout e il display. Organizzare il layout in un ipermercato significa ottimizzare la superficie di vendita attraverso una collocazione efficiente delle attrezzature espositive, affinché il consumatore possa visionare globalmente i prodotti esposti e ogni metro quadrato della superficie sia produttivo. Nell’ipermercato il layout è organizzato a forma di griglia, per esporre con ordine il più alto numero di prodotti e guidare il cliente nella visione totale delle merci. In pratica, i “demiurghi” della GDO strutturano una superficie di vendita in funzione del comportamento dei consumatori e della densità di circolazione all’interno della struttura: nella zona perimetrale – che è a più elevata concentrazione di persone – viene collocato il reparto del “fresco” (frutta, latticini, carni, salumi, gastronomia, panetteria); negli spazi interni – soggetti a una minore circolazione – vengono inseriti i prodotti più richiesti, allo scopo di aumentare il flusso dei passaggi. Inoltre, le merci in promozione, posizionate nei punti focali di attrazione, sono raggiungibili solo percorrendo i corridoi interni, in modo che nel tragitto l’acquirente possa visionare tutto l’assortimento; nel punto di maggiore concentrazione vengono collocati i prodotti acquistati di impulso; i beni a elevata frequenza di acquisto sono posizionati all’entrata; gli articoli più costosi, che richiedono più attenzione – come quelli tecnologici – sono 73


74


situati in zone isolate e tranquille; i prodotti voluminosi – come le confezioni di acqua – sono messi vicino all’uscita per non appesantire il consumatore e non sovraccaricare il carrello, cosa che potrebbe avere l’effetto di ridurre gli altri acquisti. Il display riguarda invece l’organizzazione e la collocazione dei prodotti nello scaffale: un articolo sistemato a un’altezza compresa tra 110 cm e 170 cm da terra avrà delle performance di vendita molto alte, in quanto questi spazi godono di ampia visibilità e il cliente individua prima i prodotti ad altezza di occhi e di mani. Se il consumatore guardasse in basso, potrebbe risparmiare fino al 50% e non cadere nella trappola dei cosiddetti “planogrammi”, ovvero schemi di disposizione dei prodotti sugli scaffali che guidano l’attenzione del consumatore su determinanti articoli. All’esca abboccano soprattutto i bambini, in quanto sia le merendine che i giocattoli vengono spesso collocati ad altezza bimbo. L’“ industria dei capricci” ha un valore di miliardi e miliardi di euro; un recente studio realizzato negli Stati Uniti, dimostra che l’influenza dei bambini sugli acquisti familiari è quantificabile in 500 miliardi di dollari all’anno, spesi in dolciumi e giochi. Ci sono poi le vendite promozionali, che hanno il principale scopo di vendere i prodotti scarsamente acquistati e quelli che contengono un’alta redditività per la GDO, proporre dei nuovi articoli o rimettere in circolazione le giacenze di magazzino. Le tecniche di vendita promozionali sono la riduzione del prezzo, l’utilizzo di buoni sconto legati a una scadenza di breve periodo, gli assaggi gratuiti, le offerte speciali 3 × 2.

75


La GDO attua un piano strategico, con una progettazione scientifica delle strutture in nome del consumo indotto. In questa operazione manipolativa rientrano anche il tipo di musica, le immagini, l’illuminazione e gli odori: è stato dimostrato che una musica distensiva aumenta il tempo di permanenza e gli acquisti rispettivamente del 18%; l’illuminazione – insieme ai colori forti – ha il compito di attirare e mantenere alto l’interesse del consumatore verso la merce. 3.7.1 Carte fedeltà In Italia circolano oltre 30 milioni di carte fedeltà possedute dall’ 80% delle famiglie, che ne hanno in media tre, per un mercato che vale 2,8 miliardi di euro. Il loro obiettivo è quello di fidelizzare la clientela, ma esse costituiscono anche un mezzo per capire consumi e preferenze di mercato, da declinare per categorie sociali; raccolgono informazioni anagrafiche e demografiche, fotografano gusti, abitudini di spesa e budget dei titolari. Il timore dell’Autorità garante della privacy è che questa rete di card diventi un occhio segreto, un Grande Fratello che controlla ogni nostra scelta di vita. Il consumatore è continuamente chiamato a fornire alla grande distribuzione organizzata una serie di informazioni circa abitudini di acquisto e stili di consumo. Questi vengono usati dall’azienda ad esempio nella gestione degli scaffali; le nuove tecnologie wireless e del self-service avvicinano sempre più lavoro e consumo, formando un “consumatore lavorato” che, dotato di carta fedeltà, carrello, lettore ottico e carta di credito, può autonomamente e liberamente (o così crede) fare shopping tra sconti, offerte e promozioni, che sono però prestabiliti dai manager della moderna distribuzione. Il consumatore si trova così dinanzi a una “libera scelta obbligata”.

76


77



Tecnologia amica


80


C’è vero progresso solo quando i vantaggi di una nuova tecnologia, diventano per tutti. Herny Ford

Tecnologìa1 s. f. [comp. di tecno- e -logia «trattato sistematico»; nelle accezioni più ampie e più recenti, ricalca l’ingl. technology]. – 1. Vasto settore di ricerca (la ricerca tecnologica), composto da diverse discipline (per cui, spesso, si usa il plurale tecnologie), che ha come oggetto l’applicazione e l’uso degli strumenti tecnici in senso lato, ossia di tutto ciò (ivi comprese le conoscenze matematiche, informatiche, scientifiche) che può essere applicato alla soluzione di problemi pratici, all’ottimizzazione delle procedure, alla presa di decisioni, alla scelta di strategie finalizzate a determinati obiettivi.

Assistivo2: agg. [der. di assistere]. – Pensato in modo tale da facilitare l’accesso a un sistema, un programma informatico, un prodotto di alta tecnologia, ecc.: tecnologie a.; software assistivo.

1 http://www.treccani.it/vocabolario/tecnologia

2 http://www.treccani.it/vocabolario/assistivo

81


4.1 Tecnologia e storia La storia ci insegna quanto la possibilità di cambiare le cose e costruire un mondo migliore per un individuo e per una comunità passi necessariamente attraverso il sapere, l’istruzione e la cultura. Riferendoci agli ultimi due secoli potremmo aggiungere un altro elemento essenziale: l’informazione. Senza un’istruzione di base, necessaria per saper leggere ciò che accade, farsene un’opinione ed esprimerla, la partecipazione di un individuo alla vita sociale e al progresso della civiltà è seriamente compromessa. L’estensione alle masse popolari della possibilità di informarsi e istruirsi si è avuta solo nel Novecento, con la diffusione dell’istruzione obbligatoria e dei mass media, fino a essere annoverati dall’Onu tra i diritti umani universali. Ancora oggi sono molti i Paesi in cui questi diritti sono tutt’altro che acquisiti. In questo contesto generale, non stupisce che i disabili abbiano vissuto fino a tempi molto recenti senza la possibilità di studiare e di partecipare alla vita attiva della loro comunità. Negli ultimi due secoli, sono stati molti gli sforzi condotti per offrire anche alle persone con handicap (in particolare sensoriale e motorio) un’istruzione di base. Ma la conquista di un accesso pieno alla conoscenza risale solo agli ultimi 5-10 anni, e si sta ancora compiendo. Per dimostrarlo, ripercorriamo un po’ di storia prendendo come riferimento i disabili visivi, per i quali quest’evoluzione è stata molto significativa. Per secoli, i ciechi sono stati tenuti segregati in casa o costretti a mendicare. Con la Rivoluzione Industriale le cose sono cambiate: molte famiglie di operai, trasferitesi in città per lavorare nelle fabbriche, non potevano più badare a loro, e una crescente attenzione per il decoro urbano fece sì che la presenza di mendicanti a ogni angolo delle 82

strade venisse percepita con sempre maggiore insofferenza. Fu così che, in Francia e in Inghilterra, nella prima metà dell’Ottocento nacquero i primi istituti per ciechi, gestiti da ordini religiosi e finanziati dallo Stato. In quei riformatori, al cui interno le condizioni di vita erano spesso precarie, ai ciechi venivano insegnati mestieri manuali (impagliare sedie, costruire scope, tessere reti), oltre alle nobili arti della musica e del canto.1 Con l’avvento dell’alfabeto Braille, nel 1829 questi istituti iniziarono a dotarsi di biblioteche con libri in Braille. La prima biblioteca italiana per ciechi fu fondata a Firenze alla fine dell’ottocento dalla regina Margherita di Savoia. Chiusa poco dopo per mancanza di fondi, venne riaperta a Genova grazie all’Unione Italiana dei Ciechi nel 1928. 4.2 Tecnologie ghettizzanti o inclusive La tecnologia è in grado di abbattere molte delle barriere che un tempo apparivano invalicabili e facevano camminare portatori di handicap e normodotati su due binari destinati a rimanere paralleli. Oggi, grazie alle scoperte in campo medico e scientifico, una persona con disabilità può affrontare le sfide quotidiane con maggiore facilità. La tecnologia in questi casi si divide in due grandi categorie, le tecnologie assistive, che riguardano la progettazione e la realizzazione di strumenti, dispositivi e software, specificamente pensati per rispondere alle esigenze delle persone disabili. L’altra categoria, che chiamerò tecnologie universali, riguarda tutti i prodotti e servizi, sempre più presenti sul mercato, che per le loro caratteristiche o funzioni, sono in grado di offrire alle persone disabili soluzioni efficaci e utili ad accrescere il loro livello di autonomia. 1

www.grusol.it/ informazioni/ 25-06-02qua.asp.


83


84


4.3 Tecnologie assistive per ciechi Il Braille, almeno per come si presentava fino all’avvento delle nuove tecnologie, è dunque un alfabeto di caratteri puntiformi, rappresentati all’interno di caselle rettangolari composte da sei punti disposti su due file da tre. Si tratta dunque di una scrittura molto voluminosa, sia per le dimensioni della cella (circa 8 mm per 4) che in altezza (circa 2 mm). Basti pensare che una facciata di un foglio Braille può contenere circa 900 caratteri contro gli oltre 2.000 di un testo scritto in lettere latine. Fin dai tempi di Braille si è pensato di escogitare metodi per risparmiare spazio. La tecnica più efficace per ridurre lo spazio occupato dal Braille su carta è certamente l’interpunto, sviluppato nella seconda metà del Novecento e comunemente utilizzato dagli anni Ottanta a seguito dell’introduzione delle stampanti Braille: consiste nello sfruttare ogni minimo spazio vuoto sul dritto del foglio per poterlo punzonare sul rovescio. In questo modo si riescono a sfruttare pienamente entrambe le facciate del foglio. All’epoca di Braille il suo alfabeto si scriveva bucando con il punteruolo un foglio precedentemente fissato su una tavoletta scanalata, muovendosi all’interno di un righello bucherellato i cui fori erano della grandezza di una cella da sei puntini. Con questo sistema è necessario scrivere al contrario di come si legge, spostandosi da destra verso sinistra e componendo le lettere in modo speculare alla loro forma: per leggere ciò che si è scritto, infatti, occorre estrarre il foglio dalla tavoletta e voltarlo. Oggi, dopo quasi 200 anni, nonostante le evoluzioni tecniche intervenute nel frattempo, il metodo ancora oggi più utilizzato per insegnare ai bambini ciechi a scrivere in Braille è proprio questo.

85


La DattiloBraille, è qualcosa di molto simile, a una normale macchina da scrivere, dotata di punzoni comandabili attraverso sei tasti corrispondenti ai sei puntini Braille, al centro dei quali c’è il tasto per lo spazio. Queste macchine consentono di scrivere circa al doppio della velocità rispetto al punteruolo dal momento che basta una sola battuta per comporre una lettera. La stampa era possibile già ai tempi di Braille: venivano fatti fondere dei caratteri punzonati che poi venivano applicati a un foglio con delle presse. Il primo libro stampato in Braille fu una Storia della Francia, nel 1837. In seguito prevalse l’uso di realizzare delle matrici di metallo prestampate su cui pressare il foglio. Questa tecnica venne utilizzata sostanzialmente fino agli inizi degli anni Ottanta, quando cominciarono a comparire i primi prototipi di stampanti Braille elettroniche. Ingombranti, rumorose e molto costose, vennero utilizzate prima di tutto nelle stamperie , il testo veniva digitato manualmente da un vedente al computer, successivamente formattato in modo adeguato e inviato alla macchina. La diffusione dei sistemi ot-

DattiloBraille

86

tici per la digitalizzazione accelerò ulteriormente il procedimento rendendo necessaria solo una fase di minuziosa correzione e adattamento del testo da parte dell’operatore. Negli anni Novanta queste macchine vennero ulteriormente perfezionate per diventare più veloci e performanti. Iniziarono a comparire anche modelli per l’uso domestico, più piccoli, meno costosi e pensati per essere utilizzati direttamente da non vedenti. Altra tecnologia utile alle persone cieche sono i display Braille: è grazie a loro, infatti, che un cieco riesce oggi a utilizzare fluentemente un personal computer sfruttandone tutte le potenzialità. Si tratta, essenzialmente, di righe (dette anche barre) capaci di mostrare un diverso numero di caratteri Braille a seconda dei modelli (da 1 a 80) mediante il sollevamento e l’abbassamento dei puntini, costituiti da piccoli pioli di plastica. Il loro funzionamento si basa su un principio scoperto nel 1880 dai fratelli Curie: la piezoelettricità, ovvero la capacità di alcuni composti a base di cristalli di assumere una deformazione elastica se attraversati dalla corrente.

Lettera 32, Olivetti


Con l’avvento di Windows, delle icone e del mouse, con la supremazia dell’elemento grafico su quello testuale, tutto cambiò: non era più sufficiente un driver per gestire i display Braille, ma occorreva un software capace di dialogare a stretto contatto con il sistema operativo, di leggere e interpretare una finestra o un pulsante. Nacquero così i primi screen reader (lettori di schermo), come Jaws (Job Access With Speech). Jaws consente di interagire con il personal computer tramite sintesi vocale e/o tramite display Braille. L’accessibilità dei programmi e delle pagine internet è resa possibile dalla configurazione di appositi “script” che consentono a Jaws di identificare i diversi pulsanti e all’utente di attivarli mediante combinazioni di tasti. L’utilizzo degli screen reader è diffuso anche nel mondo Apple, con la differenza che è stata la stessa azienda di Cupertino a svilupparne uno rendendolo disponibile gratuitamente e preinstallato su tutti i suoi dispositivi, smartphone e tablet compresi: si tratta del software VoiceOver. VoiceOver è oggi perfettamente integrato nei dispositivi Apple, supporta numerose barre Braille e consente

la piena gestione del sistema, delle applicazioni di casa Apple e della stragrande maggioranza delle app scritte per OS X e Ios. Venne integrato nell’iPhone a partire dal modello 3GS, uscito nel giugno del 2009, e contestualmente inserito anche nelle versioni del sistema operativo Ios per iPad e iPod. Oltre a leggere il contenuto dello schermo tramite sintesi vocale o display Braille, VoiceOver consente la gestione del touchscreen mediante gesti semplificati pensati appositamente per le esigenze dei non vedenti. Per esempio, per aprire una app non basta toccare l’icona corrispondente, perché potrebbe non essere quella desiderata dall’utente: occorre posizionarvisi e confermare di volerla aprire mediante altri due “tap” su qualsiasi punto dello schermo.

87


4.4 Il futuro della tecnologia assistiva L’evoluzione tecnologica è un processo non solo destinato a non arrestarsi nel breve periodo, ma anzi continua a subire una costante accelerazione, dal momento che l’innovazione stessa costituisce il motore per ulteriori passi in avanti nella ricerca e nella messa a punto di nuovi prototipi da sottoporre al giudizio insindacabile del mercato. Se consideriamo che alla base della spinta verso l’innovazione vi è la volontà da parte dell’uomo di semplificarsi la vita costruendo macchine capaci di fare cose che gli sarebbe difficile e in alcuni casi impossibile compiere con le sue sole forze, c’è da attendersi che le persone con disabilità, le quali a causa di un deficit di varia natura possono contare su un livello inferiore di capacità rispetto alla norma, saranno ancora tra i principali beneficiari dello sviluppo tecnologico. Guardando alle prospettive future dell’evoluzione tecnologica, è possibile individuare almeno tre linee guida che la stanno orientando e che per i portatori di handicap assumono un significato particolare: - personalizzazione, ovvero la possibilità di contare su prodotti e servizi, dispositivi hardware e software sempre più adattabili alle proprie esigenze che sono e saranno sempre più individuali. Per una persona disabile, le cui esigenze sono diverse per natura ma variano anche in base a come il deficit si innesta sul resto della persona e nel proprio contesto di vita, poter contare su un ausilio realizzato su misura o su una tecnologia personalizzabile significa poterne trarre il massimo vantaggio possibile. - automazione, sfruttando le potenzialità dell’intelligenza artificiale, del web semantico, della robotica e della sensoristica, far fare ai dispositivi 88

hardware e software sempre più cose in automatico, eseguendo compiti per noi utili ma che non richiedano il nostro controllo diretto. Per un portatore di handicap, il cui deficit non gli consente di esercitare un pieno controllo su ciò che lo circonda, contare sull’automazione significa avere l’opportunità di colmare questo vuoto (le funzionalità disponibili già oggi e sempre di più in futuro all’interno di un sistema domotico costituiscono un valido esempio). - empowerment, inteso come l’abilitazione a compiere da soli e in prima persona azioni che ci riguardano e che hanno una forte ricaduta su noi stessi. Se ciò costituisce un passo in avanti per tutti nella direzione di una maggiore autodeterminazione ed emancipazione sociale, per un portatore di handicap rappresenta un passaggio cruciale verso la conquista dell’obiettivo ultimo che, lo ricordiamo, è la conquista del più elevato livello possibile di autonomia. 4.4.1 Stampa 3D La stampa 3D (che, consente di riprodurre oggetti tridimensionali mediante diverse tecniche e materiali a partire da un progetto grafico) costituisce forse l’esempio più efficace della prima e della terza linea guida descritte in precedenza: consente infatti di realizzare oggetti personalizzati che possono essere facilmente autoprodotti. Queste due caratteristiche la rendono portatrice di importanti vantaggi anche nel campo della disabilità. Se, infatti, sono abbastanza note, per aver suscitato l’attenzione dei media, le sue applicazioni nella realizzazione di protesi e ostesi personalizzate, altrettanto significative, seppur meno conosciute, sono le sue prospettive di impiego nel campo della riabilitazione, della didattica e del tempo libero.


Possiamo distinguere l’impiego della stampa 3D per la disabilità in due campi d’applicazione. Funzionale – Con la stampante 3D si possono creare oggetti utili per i disabili. Basti pensare, per esempio, alla possibilità di realizzare oggetti su misura per persone con difficoltà motorie, in modo da agevolarle nel compiere azioni quotidiane come mangiare, radersi o lavarsi i denti. Sono già molti i “makers” (cioè i creatori di oggetti) e i Fablab (i luoghi in cui i makers si incontrano per progettare e realizzare le loro idee) che si stanno rendendo disponibili a soddisfare le richieste di operatori della riabilitazione, familiari ma anche e soprattutto dei disabili in prima persona. Riabilitativo/ creativo – In mancanza di ostacoli oggettivi, come gravi deficit cognitivi o impossibilità di gestire software di grafica (non vedenti), sono i disabili stessi a poter realizzare gli oggetti di cui hanno bisogno. Un’attività di questo tipo, oltre a svolgere una precisa funzione riabilitativa nell’ambito della terapia occupazionale, è in grado di stimolare aspetti significativi per affrontare al meglio la propria condizione quali la creatività, l’autostima e la motivazione.

89


4.4.2 Realtà virtuale Si tratta, in sostanza, di introdurre un paziente all’interno di un ambiente virtuale, creato artificialmente utilizzando un personal computer, software speciali, schermi 3D che possono essere anche posti all’interno di dispositivi indossabili come occhiali o caschetti, e una telecamera in grado di rilevare i movimenti della persona. All’interno di questo contesto, è possibile far vivere al paziente situazioni ed esperienze realistiche nelle quali è chiamato a partecipare attivamente prendendo decisioni, raggiungendo un obiettivo o assumendo un determinato atteggiamento. 4.4.3 Realtà aumentata La realtà virtuale consiste nella riproduzione artificiale, e appunto virtuale, di situazioni ed esperienze appartenenti alla vita reale, la realtà aumentata si mantiene ancorata al reale ma ci consente di avere più informazioni su ciò che ci circonda, avvalendoci di dispositivi in grado di fornircele. Se parliamo di sistemi in grado di aumentare, estendendola e integrandola, la percezione offerta dai nostri sensi, è evidente che essi possono rappresentare un valido supporto in primo luogo per le persone affette da un deficit sensoriale. Ricevere delle notifiche sullo smartphone su ciò che si ha intorno in base al punto in cui ci si trova può per esempio aiutare un non vedente a orientarsi. Affinché un ambiente possa essere considerato “a realtà aumentata” è però necessario che sia presente un sistema di sensoristica capace di rilevare i movimenti dell’u-

90


tente e di interagire con i dispositivi che indossa (smartglass, cuffie, smartphone, smartwatch ecc.). Gli spazi più adeguati in cui sistemi di questo tipo possono svilupparsi più in fretta sono i musei. Il sistema Tooteko, realizzato da due giovani architetti presso lo Iuav di Venezia, consente a un non vedente di ricevere informazioni vocali puntuali e localizzate esplorando un oggetto tridimensionale (riproduzione di statue, monumenti o quadri ma anche supporti didattici o di altro genere). Basato sulla tecnologia Nfc, Tooteko consente di ascoltare un’audioguida tramite una app installata sul proprio smartphone o tablet con il vantaggio di avere informazioni riferite esattamente alla zona che si sta toccando: sull’oggetto infatti sono disseminati dei tag Nfc attivabili dall’utente che indossa uno speciale anello. Si tratta, sostengono i fondatori di Tooteko, di una tecnologia low cost e facilmente replicabile. I-bus Voice, invece, è un servizio realizzato dall’azienda trasporti di Trento in collaborazione con l’azienda Okkam Voice e l’IRiFor che consente ai non vedenti, quando si trovano nel raggio di 50 metri circa da una fermata dell’autobus, di sapere quali sono le prossime linee in arrivo e di calcolare i tempi di percorrenza per compiere un determinato tragitto. Il sistema funziona grazie a un sensore di prossimità installato nelle fermate abilitate, che rileva la presenza dello smartphone e avvia in automatico l’applicazione. Grazie al Gps, il programma può essere anche utilizzato per conoscere le fermate più vicine a dove ci si trova e per accedere ad altri servizi di infomobilità.

91


4.4.4 Wearable device L’uso di dispositivi indossabili come occhiali, orologi e braccialetti digitali, consente all’utente un’interazione più immediata e versatile. Gli oggetti digitali indossabili possono rappresentare una soluzione valida da utilizzare in alcune situazioni specifiche: per una persona con problemi motori, per esempio, potrebbe essere più agevole visualizzare il display di uno smartwatch indossato al polso piuttosto che uno smartphone da tenere in mano. Le tecnologie alla base dello sviluppo di questi dispositivi, possono poi essere utilizzate anche per creare ausili indossabili speciali, capaci di rispondere a esigenze specifiche. È il caso, di Horus, un dispositivo sviluppato dall’omonima start up genovese fondata da un gruppo di giovani ingegneri e pluripremiata in Italia e all’estero. Composto da una piccola unità tascabile, un paio di cuffie (a conduzione ossea, per lasciare il canale uditivo libero) e un potente sistema di telecamere, Horus è in grado di descrivere al non vedente che lo indossa la realtà circostante. In particolare, nei progetti degli sviluppatori il dispositivo dovrà essere capace di leggere un testo (da una fotocopia a un segnale stradale o un’insegna), di riconoscere oggetti (in particolare ostacoli, semafori e strisce pedonali) e perfino i volti delle persone precedentemente associati ai loro nomi.

92


93


4.5 Informazioni in codice 4.5.1 Codici a barre Il codice a barre è un insieme di elementi grafici a contrasto elevato disposti in modo da poter essere letti da un sensore a scansione e decodificati per restituire l’informazione contenuta. I codici a barre sono stati introdotti negli anni ‘70 e vengono utilizzati per comunicare informazioni inerenti il prodotto su cui sono applicati, come il prezzo, il nome e il codice di magazzino. Possono essere definiti come una simbologia o un alfabeto per la codifica di informazioni in un formato tale da poter essere acquisiti automaticamente da opportuni lettori.

I codici a barre si sono imposti nel tempo come la tecnologia vincente nel settore dell’Identificazione Automatica e per tale motivo ha trovato impiego in tutti i principali settori dell’industria e del commercio. Un sistema di identificazione basato su codici a barre deve tenere conto di quattro caratteristiche fondamentali: Automazione: mediante l’utilizzo di lettori, decodificatori e scanner industriali. Essi danno la possibilità di leggere il codice a barre in modo automatico e senza la presenza dell’operatore. Ciò permette la costruzione di linee automatiche o robotizzate.

Si presenta come una immagine composta da bande di linee verticali di spessore variabile, leggibili attraverso un sensore e convertite in numeri da un apposito lettore.

Attendibilità: i codici a barre si sono rivelati uno dei sistemi più attendibili grazie all’uso di due parametri: una cifra di controllo e un numero fisso di cifre.

I codici a barre permettono quindi la memorizzazione di informazioni in maniera non volatile su di un supporto, e la possibilità di recuperarle in seguito con semplici apparati di lettura di tipo ottico.

Precisione: da studi e ricerche presso Università americane si è constatato che si può verificare un errore di lettura ogni 4.4 milioni di caratteri.

Solitamente l’acquisizione dei dati avviene tramite l’operatore umano, mediante l’uso di terminali. Da ciò derivano problemi quali la lentezza della digitazione dei dati e l’alta probabilità di errore dovuta alla digitazione degli stessi. Per questo si è reso necessario un sistema di codifica adatto ai sistemi automatici di rilevamento. La tecnologia dei codici a barre è una di queste.

94

Velocità: l’acquisizione dei dati avviene più velocemente di quella fatta manualmente. Grazie ai codici a barre è possibile identificare e inventariare merci di qualsiasi genere tramite il semplice passaggio di dispositivi ottici. La standardizzazione dei codici a barre è stata e continua ad essere essenziale per la crescita e la diffusione di questa tecnologia, consentendo ai


fornitori di produrre etichette, stampanti, scanner, unità di controllo ed interi sistemi che possono interagire tra di loro in un ambiente aperto. Le diverse logiche di codifiche dettate da diverse esigenze applicative ha portato alla creazione di diversi tipi di codici a barre, alcuni ampiamente diffusi, altri limitati a precisi settori, altri ancora solo per determinati paesi. Agli inizi sono state proposte diverse tecniche di codifica, alcune sono quasi completamente sparite dall’uso pratico, mentre altre si sono evolute nel tempo. Attualmente solo una decina di codifiche sono usate. In genere sotto i codici a barre sono presenti anche i caratteri che essi rappresentano, rendendo possibile all’operatore umano la lettura senza scanner ottici. Nella forma più semplice e primitiva, il dispositivo ad uso per la lettura dei codici a barre è lo scanner laser, si presenta come una pistola che l’operatore punta e allinea sul codice a barre che intende leggere. Alla pressione del grilletto lo scanner emette un raggio laser che, opportunamente deflesso, percorre tutta l’ampiezza del codice e ne permette la lettura. Gli scanner laser effettuano molte letture per migliorare l’affidabilità del sistema e ridurre così la possibilità di errori nella decodifica. Ad oggi, molte applicazioni per smartphone riescono a leggere i codici a barre, semplicemente inquadrando l’immagine con la fotocamera, ed estrapolare le informazioni allo stesso modo di un lettore laser.

95


96


4.5.2 Qr-code

4.5.3 SmartLogo

Un QR-Code (acronimo dell’inglese quick response) è una tipologia di codice a barre bidimensionale (codice 2D), di forma quadrata generalmente caratterizzato da moduli neri su sfondo bianco. Viene impiegato per memorizzare informazioni che possono anche essere lette mediante un telefono cellulare dotato di videocamera o uno smartphone.

Lo SmartLOGO è un sistema innovativo che permette alle aziende di utilizzare come strumento informativo unicamente l’immagine del proprio logo, attraverso il quale è possibile veicolare verso l’utente finale diverse tipologie di dati aggiuntivi (e.g. testi, WebUrl, video). Ciò avviene senza dover utilizzare nessun’altra tipologia di codice (QR-Code, Barcode, ecc…) e senza alterare visivamente l’immagine originale del logo. smartLOGO potrà anche essere applicato a loghi specifici presenti sull’etichetta di un prodotto dell’azienda per fornire informazioni di dettaglio.

Il codice QR fu sviluppato nel 1994 dalla compagnia giapponese Denso Wave per tracciare i pezzi di automobili Toyota. La capacità del QR-Code di gestire più dati di un codice a barre, ne ha fatto uno strumento ideale per la gestione delle scorte di magazzino. Dagli anni 2000 alcune funzioni dei QR-Code sono state assolte via radio dalle moderne etichette RFID. I QR Code sono un’evoluzione del tradizionale codice a barre. Con i codici QR è possibile rappresentare in un grafico bidimensionale più di 4.000 caratteri alfanumerici. I QR Code possono essere stampati su manifesti, libri, siti aziendali, cartelloni pubblicitari. L’immagine può contenere messaggi, foto, link, dati e informazioni a cui puoi accedere rapidamente. Per leggere un QR-Code è sufficiente uno smartphone con un app qr-code reader installata. Una volta istallato il software (QR-Reader) è sufficiente inquadrare il QR-Code per qualche istante per ricevere le istruzioni contenute al suo interno.

Il sistema smartLOGO è composto da due moduli base: il primo è costituito da una applicazione web (logoMaker), che partendo dall’immagine/logo originale, permette di creare uno smartLOGO che contiene incorporato un codice impercettibile; lo smartLOGO può quindi essere stampato e apposto ovunque lo si desideri in relazione allo scenario applicativo. Il secondo modulo è una app per smartphone (logoReader), disponibile per piattaforma Android ma in futuro anche per Apple-iOS, che tramite la fotocamera del telefono consente la rilettura del codice dallo smartLOGO e il conseguente accesso alle informazioni associate.

97


4.5.4 Rfid In telecomunicazioni ed elettronica con l’acronimo RFID, Radio Frequency Identification, si intende una tecnologia per l’identificazione e/o la memorizzazione dati automatica di oggetti, animali o persone (automatic identifying and data capture, AIDC), basata sulla capacità di memorizzazione di particolari dispositivi elettronici, detti tag o transponder. I tag hanno la capacità di rispondere all’interrogazione a distanza da parte di appositi apparati fissi o portatili, chiamati per semplicità lettori a radiofrequenza (in realtà sono anche scrittori), comunicando le informazioni che essi stessi contengono. In un certo senso possono quindi essere assimilati a sistemi di lettura e/o scrittura senza fili, con svariate applicazioni. La tecnologia RFID prende origine dalla seconda guerra mondiale e si sviluppa a partire dagli anni Sessanta come derivazione a scopi civili del sistema militare a radiofrequenza di Identification Friend or Foe, ma la sua diffusione è avvenuta principalmente dagli anni Novanta in poi. Un sistema RFID è costituito da tre elementi fondamentali: - Un apparecchio di lettura e/o scrittura (lettore). - Una o più etichette RFID (o tag o transponder) - Un sistema informativo di gestione dati, per il trasferimento dati da e verso i lettori. L’etichetta RFID può essere attiva, passiva, semi-passiva o semi-attiva e ricevere le risposte anche su frequenze diverse. In genere hanno distanze operative differenti, ad esempio, i tag passivi arrivano al massimo a 200 metri.

98

L’elemento principale che caratterizza un sistema RFID è l’etichetta RFID o transponder o tag ed è costituito da: - Un microchip che contiene dati in una memoria (tra cui un numero Univoco universale scritto nel silicio). - Un’antenna. - Un supporto fisico che tiene insieme il chip e l’antenna chiamato “substrato” e che può essere in Mylar, film plastico (PET, PVC, ecc.), carta o altri materiali. - In rari casi viene usata una batteria. Quando l’antenna riceve un segnale, lo trasforma in energia elettrica secondo il principio dell’induzione; questa va ad alimentare il microchip. Il chip così attivato trasmette i dati in esso contenuti tramite l’antenna (circuito di trasmissione del segnale) all’apparato che riceve i dati. In sintesi, un tag RFID è in grado di ricevere e di trasmettere via radiofrequenza le informazioni contenute nel chip ad un transceiver RFID. Il lettore emette un campo elettromagnetico/elettrico che tramite il processo della induzione genera nell’antenna del tag una corrente che alimenta il chip. Il chip così alimentato comunica tutte le sue informazioni che vengono irradiate tramite l’antenna verso il Lettore; quest’ultimo può anche scrivere i dati sul tag. La tecnologia RFID presenta alcuni semplici vantaggi rispetto alle tradizionali tecnologie dei codici a barre e delle bande magnetiche: - L’oggetto non deve essere a contatto del lettore per essere decodificato. - Non deve essere visibile per essere letto come per i codici a barre.


- Si possono anche aggiungere informazioni sui chip in funzione della tipologia del chip: - L’identificazione e la verifica avvengono in 1/10 di secondo. - La comunicazione può essere in chiaro o cifrata. Nella logistica dei magazzini, identificare ogni contenitore e ogni scaffale di magazzino con tag riduce gli errori nei prelievi e fornisce una identificazione certa dell’item (in funzione delle entità controllate si parla di Item Tagging, ovvero oggetto unico o Box Tagging). Non è necessario aprire gli imballaggi per verificare il contenuto cercando il codice a barre, così come non è più necessario effettuare il conteggio manuale per la verifica dell’inventario fisico; con una serie di scansioni a distanza è possibile identificare e verificare la presenza

di specifici oggetti in magazzino. Infatti, questo sistema permette di leggere contemporaneamente più etichette (tag), in generale fino a 100. Questa tecnologia permette di conoscere in tempo reale le giacenze di magazzino e di riordinare i capi esauriti con un click. Nella sicurezza contro il taccheggio, mediante l’applicazione di un piccolo tag chipless (senza chip) agli oggetti in vendita, un negozio può rilevare un eventuale transito non autorizzato di un articolo attraverso un varco. Il varco, composto da antenna, è collegato ad un dispositivo di segnalazione acustica e visiva.

99


4.5.5 Beacon Il Beacon può essere descritto come un sistema di posizionamento, descritto da Apple come “una nuova classe di trasmettitori”, a bassa potenza e a basso costo, che possono notificare la propria presenza a dispositivi vicini e che consentono di trasmettere e ricevere piccoli messaggi entro brevi distanze. La tecnologia beacon consiste di due parti: un presentatore (in genere un dispositivo ma può essere anche uno smartphone che funziona come un vero e proprio faro del segnale) e un ricevitore (una app per smartphone). Il presentatore si pubblicizza sempre dicendo “Io sono qui, il mio nome è…”, mentre il ricevitore rileva questi sensori beacon e permette, in genere, all’utente di visualizzare un breve messaggio. Alla base c’è il caro vecchio Bluetooth Low Energy (BLE), conosciuto anche come

100

Bluetooth Smart, dunque per funzionare e comunicare con l’utente lo smartphone deve avere il Bluetooth acceso. In una recente ricerca di Google si dimostra che le persone che utilizzano lo smartphone come assistente d’acquisto all’interno del punto vendita sono pari all’84%: è qui che i beacon entrano in scena. L’idea che un negozio, dopo aver riconosciuto uno smartphone nelle vicinanze, invii notifiche push con offerte e promozioni da spendere direttamente in negozio ha suggestionato molti per l’enorme potenzialità di indirizzare campagne di marketing ma non è priva di svantaggi, può capitare, infatti, che ci siano problemi nella trasmissione dei messaggi, ma non solo, i primi esempi di beacon scaricavano troppo in fretta la batteria del cellulare: un problema parzialmente risolto grazie al nuovo tipo di segnale utilizzato, il Bluetooth 4.0, detto anche low energy.


Il vantaggio per l’esercente è indiscusso: le campagne e le promozioni possono essere indirizzate in modo specifico in base alle abitudini dell’utente a cui si rivolgono consentendo di ridurne i costi e aumentarne l’efficacia. Attraverso la precisa localizzazione di oggetti e persone anche in aree di piccolo raggio, i beacon creano un engagement mirato: nel contesto opportuno, al momento opportuno, al pubblico interessato. Per questo e per i costi accessibili (un dispositivo costa in media 6 dollari), nonostante tutto, i beacon continuano a diffondersi, anche e soprattutto negli USA dove soprattutto all’inizio sono stati supportati da brand del calibro di Apple (a partire dai suoi punti vendita) e PayPal. La previsione è di toccare quota 4,5 milioni entro il 2018. In Romania si è sperimentato anche un utilizzo socialmente utile: nel maggio 2015 a Bucarest, grazie alla collaborazione tra l’associazione Tandem e la Onybeacon, startup di Cluj-Napoca, è stata creata una rete di beacon destinata ai non vedenti installati su tutta la rete del trasporto pubblico della capitale. Il funzionamento è semplice, e prevede l’integrazione di tre diverse componenti: il beacon, l’app e il Cms che coordina la comunicazione tra le parti. Quando l’autobus è attorno ai 50-60 me-

tri dalla fermata, l’utente è avvisato del suo arrivo grazie ad una notifica push, tradotta dall’app con uno speciale segnale sonoro. Quando l’autobus arriva, un piccolo altoparlante (montato sul beacon) segnala con dei Beep la porta d’ingresso, per poi cessare appena il mezzo riparte. Nei musei sono utilizzati come “guide hi-tech” che, attraverso il cellulare, raccontano la storia delle opere, il contesto socio-culturale nel quale sono state realizzate e ne svelano i dettagli tecnici. In Italia ci sono già state alcune sperimentazioni in questo campo, tra cui quella promossa dall’Università di Torino assieme ad altri partner alla Reggia di Venaria e presto in altri musei della Penisola. I dati di Business Insider mostrano che c’è sempre più attenzione sulle potenzialità dei beacon. SITA ha testato il loro utilizzo negli aeroporti, per mostrare ai viaggiatori la loro posizione, la location dei principali servizi, informazioni su cambio di gate ed eventuali ritardi. Negli eventi questa tecnologia potrebbe presto sostituire mappe e dépliant cartacei e informazioni ripetute al microfono da qualche speaker.

101



Casi studio

103


104


5.1 Coop del futuro Expo 2015 5.1.1 Esposizione Universale 2015 L’Expo 2015 (ufficialmente Esposizione Universale Milano 2015, Italia; in inglese World Exposition Milan 2015, Italy) è stata l’esposizione universale svoltasi a Milano dal 1º maggio al 31 ottobre 2015. Il tema selezionato per l’Expo 2015 è stato “Nutrire il pianeta, energia per la vita” e ha inteso includere tutto ciò che riguarda l’alimentazione, dall’educazione alimentare alla grave mancanza di cibo che affligge molte zone del mondo, alle tematiche legate agli OGM.

Ad Expo 2015 sono stati presenti 141 partecipanti ufficiali. Nello specifico confermarono la propria presenza 137 Paesi più quattro organizzazioni internazionali: ONU, Commissione europea, Comunità Caraibica e Forum delle isole del Pacifico. L’obiettivo dichiarato dalla società organizzatrice era di 20 milioni di visitatori durante tutto il periodo dell’evento. A fine manifestazione sono stati registrati 22,2 milioni di ingressi, di cui 6,5 milioni di stranieri. Dalla vendita dei biglietti vennero ricavati 421,3 milioni di euro.

105


5.1.2 Nutrire il pianeta, energia per la vita Nel tema scelto per l’Esposizione Universale di Milano 2015, sono state chiamate in causa le tecnologie, l’innovazione, la cultura, le tradizioni e la creatività legati al settore dell’alimentazione e del cibo. L’asse principale è stato il diritto inalienabile ad una alimentazione sana, sicura e sufficiente per tutti gli abitanti della Terra. La preoccupazione per la qualità del cibo in un mondo sempre più popolato si accompagna a scenari di un aumento dei rischi per la quantità globale dei cibi disponibili in virtù dello sfruttamento intensivo e non sostenibile delle risorse naturali. Alcuni dei temi principali che ruotano attorno alla Expo sono stati: •

rafforzare la qualità e la sicurezza dell’alimentazione, cioè la sicurezza di avere cibo a sufficienza per vivere e la certezza di consumare cibo sano e acqua potabile;

assicurare un’alimentazione sana e di qualità a tutti gli esseri umani per eliminare fame, sete, mortalità infantile e malnutrizione;

prevenire le nuove grandi malattie sociali della nostra epoca, dall›obesità alle patologie cardiovascolari, dai tumori alle epidemie più diffuse, valorizzando le pratiche che permettono la soluzione di queste malattie;

106

innovare con la ricerca, la tecnologia e l›impresa l›intera filiera alimentare, per migliorare le caratteristiche nutritive dei prodotti, la loro conservazione e distribuzione;

educare a una corretta alimentazione per favorire nuovi stili di vita, in particolare per i bambini, gli adolescenti, i diversamente abili e gli anziani;

valorizzare la conoscenza delle “tradizioni alimentari” come elementi culturali ed etnici;

preservare la bio-diversità, rispettare l’ambiente in quanto eco-sistema dell›agricoltura, tutelare la qualità e la sicurezza del cibo, educare alla nutrizione per la salute e il benessere della persona;

individuare strumenti migliori di controllo e di innovazione, a partire dalle biotecnologie che non rappresentano una minaccia per l›ambiente e la salute, per garantire la disponibilità di cibo nutriente e sano e di acqua potabile e per l›irrigazione;

assicurare nuove fonti alimentari nelle aree del mondo dove l’agricoltura non è sviluppata o è minacciata dalla desertificazione dei terreni e delle foreste, delle siccità e dalle carestie, dall’impoverimento ittico dei fiumi e dei mari;

il land grabbing, ovvero l’accaparramento su larga scala di terreni agricoli in paesi in via di sviluppo.


107


5.1.3 Supermercato del futuro Coop All’interno di Expo Milano 2015 è stato creato uno spazio riservato al futuro del cibo e di come lo acquisteremo, il Future Food District. Il Supermercato del Futuro di Coop, è uno spazio innovativo, all’interno di questo distretto, che affronta tematiche fondamentali legate al cibo, alla spesa e alla sostenibilità. La tecnologia, i prodotti di qualità e le relazioni tra le persone si incontrano qui per dare una risposta oggi alle esigenze di chi vivrà sul nostro pianeta domani. Uno spazio sperimentale, capace di generare nuove interazioni tra consumatori, prodotti e produttori. Oltre 2.500 metri quadrati, su due livelli, in cui ritrovare un rapporto diretto con la filiera, con le origini del prodotto, con la sua storia. Il viaggio nel supermercato del futuro, progettato da Carlo Ratti Associati, parte dalla storia dei mercati, con l’evoluzione dal medioevo ai prossimi anni(con esattezza al 2050), e dalla storia di Coop, dal magazzino di previdenza a Torino (il primo negozio Coop in Italia datato 1854) ai giorni nostri. Così si arriva al piano superiore dove comincia il percorso vero e proprio nel futuro. Si parte con i due YuMi, robot di nuova generazione dotati di braccia, vista e tatto, pensati per una nuova era dell’automazione in cui gli esseri umani e i robot eseguiranno congiuntamente le stesse operazioni. YuMi è infatti l’abbreviazione di “you and me” a sottolineare la collaborazione tra robot e uomo, con la sua capacità di manipolare in completa sicurezza qualsiasi oggetto, dai delicati elementi di precisione di un orologio fino a infilare il filo in un ago o interagire con i clienti del supermercato del Future Food District. In questo caso applicati al confezionamento di mele in packaging mono dose.

108


109


110


La superficie di vendita: un mare di prodotti distribuiti su una struttura a gradoni, disposti su tavoli che seguono un ordine che va dalle materie prime, la frutta, il grano, il latte, ai prodotti via via più trasformati e elaborati, valorizzando il patrimonio agroindustriale italiano. Cinque le filiere rappresentate: latte e derivati, the, caffè e cacao, cereali e birra, carne e pesce, ortofrutta e vino. Si parte dalla farina passando per la pasta i biscotti fino alla birra. I prodotti sono esposti su ampi tavoli, all’utente basta indicarli con la mano per ottenere informazioni aumentate sui prodotti ovvero tutte quelle informazioni che oggi o non sono disponibili o lo sono parzialmente solo in rete ma che, in ogni modo, non sono reperibili in un’etichetta tradizionale. Attraverso queste “etichette aumentate” il prodotto è in grado di raccontare sé stesso, le sue proprietà, la sua storia, il suo tragitto. Le nuove tecnologie rendono possibile un consumo più informato e consapevole, attraverso nuove modalità di interazione tra utenti e prodotti.

111


Tre sono i livelli di interazione previsti: il primo permette di ottenere indicazioni sulle caratteristiche primarie dell’articolo, il secondo racconta l’origine delle principali materie prime che compongono il prodotto, e l’eventuale presenza di ingredienti allergizzanti, il dato nutrizionale per porzione e l’impatto ambientale espresso in CO2 equivalente; infine, nel terzo livello, ci sono informazioni in dettaglio sulla storia e sulle sue caratteristiche. L’eliminazione delle barriere verticali negli spazi disegna un paesaggio orizzontale che favorisce il contatto e la relazione, creando un’area di libero scambio, uno spazio per il baratto delle idee. Il supermercato però non è solo un spazio esperienziale e d’acquisto, ma anche luogo dove si incontrano le eccellenze grandi e piccole, dalle grandi aziende nostre partner ai piccoli fornitori e ristoratori locali fino ai singoli consumatori. Parliamo di oltre 1.500 prodotti realizzati da 90 fornitori con stabilimenti in Italia, che condividono le stesse idee che Coop applica ai suoi 1.400 prodotti a marchio, ossia qualità e trasparenza.

112


A conclusione della visitor experience, c’è la DataViz posta sopra la barriera casse, dove in tempo reale vengono rappresentati i dati relativi al punto vendita come il numero dei visitatori, con quali prodotti stanno interagendo, la top ten dei prodotti piĂš venduti. Il percorso è disseminato di Qr code tematici con cui accedere alla libreria digitale e scoprire i migliori libri sui temi della manifestazione, ed eventualmente acquistarli.

113


140 PAESI PARTECIPANTI

21 MILIONI DI VISITATORI DA TUTTO IL MONDO 114


2.8 MILIONI FATTURATO

2500 m² SUPERFICIE

1.2 MILIONI DI VISITATORI

115


116


5.2 Dialogo nel Buio 5.2.1 La mostra Dialogo Nel buio Dialogo nel Buio è una mostra percorso sensoriale dove i visitatori compiono un “viaggio” in totale assenza di luce che trasforma luoghi e gesti familiari in un’esperienza straordinaria. A piccoli gruppi si è accompagnati da guide non vedenti attraverso ambienti nell’oscurità che, in completa sicurezza, riproducono situazioni reali di vita quotidiana nelle quali occorre imparare “un altro vedere”: non si usano gli occhi ma i sensi del tatto, dell’udito, dell’olfatto e del gusto. Un percorso fuori dal comune dove non c’è niente da vedere, ma molto da imparare. E da capire.

Idee e percezioni non visive che appartengono alla cultura dei ciechi diventano il punto di partenza per scoprire l’invisibile intorno a noi. Dialogo nel Buio non è una simulazione della cecità, ma l’invito a sperimentare come la percezione della realtà e la comunicazione possano essere molto più profonde e intense in assenza della luce, è un invito a scoprire questa nuova dimensione multisensoriale che diventa dialogo interiore e scambio di esperienze diverse sulla percezione del mondo.

117


La mostra Dialogo Nel Buio, si trova all’interno dell’istituto dei ciechi di Milano. Si procede attraverso ambienti totalmente oscuri, e si impara che, per esempio, è possibile riconoscere al buio il modello di una moto, il profumo di una pianta aromatica, il fusto di una pianta di bambù. Escludendo il senso della vista, che potremmo considerare il senso dei sensi, si accendono gli altri. La mostra è un viaggio che dura circa un’ora e un quarto e attraverso alcune stanze di media grandezza che riproducono diversi ambienti che si possono trovare nella vita quotidiana di tutte le persone. Ad esempio c’è una strada, un mercato, un giardino, un viaggio in barchetta e un piccolo bar. La guida che ci ha accompagnato durante il percorso si chiama Alessandro, una voce squillante e piacevole, che in alcuni momenti si è trasformata in un faro all’interno del percorso. Il mio gruppo era composto da 8 persone. Il primo passo, prima di entrare nella sezione completamente al buio, è stato quello di scegliere il bastone bianco della grandezza opportuna, da lì siamo passati attraverso una serie di corridoi con luci a diminuire, fino a ritrovarsi nel buio completo. Soltanto nel buio completo abbiamo, “conosciuto” Alessandro la nostra guida. Nella prima stanza il pavimento aveva diverse consistenze, dall’asfalto al prato, passando dalla ghiaia. Abbiamo toccato delle piante e accarezzato una mucca finta. La stanza che più mi ha colpito è quella che simula il contesto urbano, rumori forti, macchine, clacson e il cicalino del semaforo. Ho avuto difficoltà ad orientarmi, l’unico punto di riferimento era la voce di Alessandro, il mercato è stata un’esperienza che mi ha fatto riflettere molto, è molto difficile riconoscere un ortaggio da un altro semplicemente toccandoli o annusandoli.

118


La simulazione di una barca è quella che ha fatto riflettere un po’ tutti. Seduti su questa “imbarcazione”, Alessandro ci ha consigliato di ricordare o immaginare una nostra esperienza al mare, o in barca. Noi, persone vedenti, abbiamo una memoria visiva e riusciamo a collegare esperienze a fatti già accaduti, ma una persona non vedente dalla nascita non ha nessun ricordo visivo da associare a una sensazione o una descrizione. L’ultima stanza visitata al buio è stata il bar, Chiara la barista ci ha chiesto cosa volessimo da bere, il vero problema è stato pagare e riconoscere i soldi. In questo contesto abbiamo avuto tempo per fare ad Alessandro, la nostra guida, tutte le domande che avevamo in mente. A quanti anni ha perso la vista, quanti anni ha, che tipo di tecnologia utilizza ecc. Alessandro non ci ha detto l’età, per non influenzarci, ma abbiamo scoperto che è nato con la vista e ha perso questo senso soltanto 12 anni fa. Per quanto riguarda le tecnologie, utilizza un iPhone e il relativo smartwatch, è sposato e ha due bambini. Usciti alla luce abbiamo tutti constatato che l’idea che c’eravamo fatti sul sospetto non corrispondeva.

119


120


Quest’esperienza mi ha fatto capire di quanto la vista e quindi l’aspetto di una persona influenzi il mio modo di vedere, in quell’ora e quarto, otto estranei si sono stretti la mano, toccati, sorretti e aiutati senza nessuna remora o nessun tipo di discriminazione. Dopo la visita, nell’Istituto ciechi di Milano ho avuto l’opportunità di parlare Elisabetta, la responsabile delle guide della mostra Dialogo Nel Buio. Elisabetta è cieca dalla nascita, non ha quindi delle esperienze visive, utilizza anche lei un iPhone e vive con i suoi genitori. Non va a fare la spesa, non ha mai visto un supermercato e quindi diventerebbe impossibile destreggiarsi tra le corsie, Alessandro invece, nonostante utilizzi i servizi di spesa on-line ha una memoria visiva e potrebbe andare a fare la spesa. L’esperienza della mostra Dialogo Nel Buio è servita per farmi maturare una consapevolezza nei confronti dei bisogni delle persone non vedenti. Un’ora e qualche minuto non possono in nessun modo descrivere la vita di una persona cieca, ma può far riflettere su come le persone affrontano alcune sfide quotidiane.

121


NUMERO DI PERSONE CHE ENTRANO INSIEME A VISITARE LA MOSTRA

2005

1840 122

Nascita dell’Istituto dei Ciechi di Milano

Nascita della mostra Dialogo nel Buio grazie all’Istituto dei Ciechi di Milano


NELLA MOSTRA DIALOGO NEL BUIO LAVORANO 80 PERSONE, 60 DI QUESTE SONO CIECHE

2 anni 2007 Dopo dall’apertura, i visitatori sono più di 110’000

2016

Ad oggi, si organizzano aperitivi e cene al buio e il numero dei visitatori è in continuo aumento 123


124


5.3 David Bowie is 5.3.1 La mostra David Bowie is “David Bowie is”, è una mostra retrospettiva dedicata alla straordinaria carriera di David Bowie, uno degli artisti più audaci, influenti e innovativi nel panorama musicale contemporaneo. Realizzata dal Victoria and Albert Museum di Londra (V&A), partita da Londra nel 2013, dopo essere stata a Chicago, San Paolo, Toronto, Parigi, Berlino, Melbourne e Groningen, è stata aperta al pub-

blico, con unica tappa italiana dal 14 luglio al 13 novembre 2016 al MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, sede espositiva che produce e ospita importanti mostre dedicate ad artisti italiani e internazionali e, oltre alla propria Collezione Permanente focalizzata sull’arte italiana dagli anni Cinquanta a oggi, espone nelle sue sale la Collezione del Museo Morandi, la più ampia e rilevante raccolta pubblica dedicata a Giorgio Morandi.

125


La mostra celebra la prolifica carriera di David Bowie che, con 145 milioni di dischi venduti, è riuscito in cinque decadi a perseguire in modo duraturo l’innovazione senza mai tradire sè stesso e il suo pubblico. Il percorso si sviluppa attraverso contenuti “multimediali” che conducono il visitatore all’interno del processo creativo del Duca Bianco e descrive come il suo lavoro abbia canalizzato i più ampi movimenti nell’ambito dell’arte, del design, del teatro e della cultura contemporanea. Il ritratto che emerge è quello di un artista capace di osservare e reinterpretare la società contemporanea con uno sguardo innovatore lasciando tracce indelebili nella cultura visiva e pop. In esposizione più di 300 oggetti provenienti dall’archivio personale di Bowie come i costumi di scena originali, i testi scritti a mano, le copertine degli album e le foto dei suoi incredibili 50 anni di carriera. Lo specialista audio Sennheiser ha lavorato a stretto contatto con BPM Concerti e con il MAMbo al fine di assicurare le migliori prestazioni audio possibili ai visitatori e per creare un’indimenticabile esperienza audio attraverso AMBEO 3D.

126


127


128


La mostra è progettata per essere un’esperienza di ascolto avvolgente. La qualità del suono è quindi uno degli elementi più critici, e gli organizzatori hanno confidato nella competenza di Sennheiser per valorizzare la ricca immagine sonora della mostra. Le audio-guide, che si avvalgono del sistema Sennheiser guidePORT, automaticamente forniscono la musica e i contenuti audio ogni volta che un visitatore si avvicina alle opere e agli schermi, integrando e rendendo completa l’esperienza della visita. Sono per questo utilizzati i body-pack 550 e delle cuffie stereo Sennheiser. Mentre alcuni elementi audio sono preregistrati all’interno dei body-pack, il resto dei contributi audio è trasmesso in tempo reale da undici trasmettitori singoli dislocati lungo il percorso. Queste unità sono collocate in due regie che ospitano anche il computer che gestisce il sistema guidePORT. Il ricevitore di ogni visitatore scarica automaticamente l’audio quando si avvicina alla corrispondente antenna guidePORT.

3D. Al cospetto di un filmato in cui David Bowie si esibisce in concerti dal vivo, i visitatori sono avvolti in una performance straordinariamente realistica, ottenuta grazie all’utilizzo di altoparlanti nascosti, forniti da Neumann e Klein and Hummel. GuidePORT è un sistema di visite guidate digitale e senza fili. Il visitatore ha a disposizione un solo dispositivo, di dimensioni contenute che sta comodamente nel palmo della mano (guidePORT) e da una serie di cuffie ed auricolari Sennheiser estremamente leggeri e confortevoli. Il guidePORT è disponibile in due versioni: una versione con la riproduzione automatica ed una con la riproduzione manuale. Nel primo caso il sistema riproduce automaticamente i contenuti mentre nel secondo caso il visitatore può scegliere ciò che desidera ascoltare. Nella mostra si David Bowie, il sistema utilizzato è quello con la riproduzione automatica. Infatti, passando da un locale all’altro, il visitatore ascolta la musica e le spiegazioni in base all’ambiente che lo circonda.

“Si tratta di una visita personale e completamente automatizzata, che il visitatore può esplorare in qualunque ordine preferisca. L’audio è sempre riprodotto al momento giusto per ogni visitatore” racconta Norbert Hibich, l’ingegnere di Sennheiser che ha assistito al setup del sistema guidePORT. “Sono inoltre possibili anche visite con la presenza di una guida, e in questo caso il museo utilizza un trasmettitore body-pack con un microfono headset, permettendo così alla guida di arricchire la propria spiegazione con i contenuti pre-registrati“. Il viaggio sonoro prevede due esperienze audio

129


100’000 VISITATORI NELL’UNICA TAPPA ITALIANA DELLA MOSTRA

+300 I SENSORI UTILIZZATO DA SENNHEISER PER LA MOSTRA

130


300’000 VISITATORI A LONDRA

131


132


Il progetto

133


134


La creatività richiede il coraggio di abbandonare le certezze.

Eric Fromm

6.1 L’idea di un progetto accessibile Come fa la spesa una persona cieca o ipovedente? Le ricerche effettuate negli altri capitoli mi hanno portato alla consapevolezza dell’esistenza di diverse variabili. È opportuno fare una distinzione iniziale che riguarda le persone cieche dalla nascita e le persone che lo sono diventate in seguito. Per persone che lo sono diventate in seguito, intendo tutte le persone che sono riuscite a costruire una memoria visiva e abitudinaria della realtà che le circonda.

Altra considerazione da fare: la tecnologia ha fatto passi da gigante per l’assistenza alle persone e si è sempre avvicinata di più ai bisogni delle persone non vedenti – come già accennato nel capitolo sulla tecnologia - ma anche delle persone con altre patologie; questa tesi è stata avvalorata dalle persone intervistate che mi hanno riferito di utilizzare quotidianamente il pc e lo smartphone, di quest’ultimo ho registrato la tendenza delle persone ad acquistare un iPhone in quanto già dal primo avvio, permette di essere utilizzato senza problemi grazie al VoiceOver.

135


Per le persone intervistate, nate con problemi gravi alla vista e che quindi non hanno una memoria visiva e spaziale se non quella descrittiva, la spesa diventa un problema molto più grande. Pensate di inoltrarvi in un labirinto fatto di scaffali alti, completamene al buio, pieno di rumori forti e che qualsiasi cosa che vi sembra un appiglio solido e stabile sia in realtà un mattoncino che si sposta al vostro passaggio. Ah quasi dimenticavo, non siete i soli nel labirinto, ci sono altre persone che si muovo freneticamente e vi dicono anche di muovervi, non possono stare nel labirinto tutta la giornata. Ho cercato di descrivere al meglio il senso di confusione e disorientamento che una persona cieca, che non ha mai “visto” un supermercato, prova. Queste persone preferiscono mandare un parente o un amico a fare la spesa; se non hanno qualcuno che possa aiutarli, cercano l’aiuto in organizzazioni come l’UICI Firenze, che ha attivo ad esempio, un servizio di consegna farmaci a domicilio, per persone non vedenti. Un’altra soluzione, è quella di andare a fare la spesa accompagnati, ma richiede sempre una persona in aiuto.

136


137


138


Ultimo, ma non meno importante, il servizio di spesa a domicilio. Grazie ad un sito online accessibile anche ai non vedenti, è possibile stilare una lista della spesa e decidere quando farla recapitare a casa. Questo servizio è offerto da alcuni siti online come www.supermercato24.it, una start up nata del 2015 che fa la spesa in diversi supermercati e la porta all’indirizzo specificato, applicando una tassa pari al 15% dell’importo totale della spesa, non proprio economico. L’altro servizio, legato invece ad un grande supermercato è “Esselunga a casa”. Sempre tramite sito internet chiunque, grazie al sito accessibile, può ordinare la spesa e farsela recapitare a casa. Esiste una convenzione per le persone con gravi problemi di vista e altre disabilità, che consiste nella consegna gratuita, senza costi aggiuntivi. Invece, le persone che hanno dei ricordi abitudinari e spaziali, hanno espresso a fronte della spiegazione del mio progetto, un notevole interesse nel “ritornare” ad essere autonomi nello shopping quotidiano. Immaginate una persona che non vede da 10 anni, che non va a fare la spesa perché l’unico modo che ha per sapere davvero cosa sta comprando è quello di sentirlo grazie ad un sintetizzatore vocale che ripete la parola trovata sul sito internet di turno… Ora immaginate una persona che per 10 anni non ha avuto il piacere di toccare con mano un’arancia al supermercato, sentirne l’odore e palparne la consistenza; oppure sentire il profumo del pane appena uscito dal forno.

Il primo punto da sciogliere è stato il supermercato da prendere in considerazione. Come già accennato, ho scelto la Coop perché è il supermercato più vicino a casa e perché facendo una ricerca a riguardo, ho scoperto che la Coop non ha un servizio di spesa a domicilio e che quindi taglia fuori una fetta di mercato considerevole. Sono sempre di più le persone che per molte ragioni, tra cui la mancanza di tempo e/o l’impossibilità di farlo, preferiscono farsi recapitare la spesa a casa. La parte che preferisco del mio progetto è sicuramente nata dopo questa considerazione: Vi siete mai trovati in un supermercato per la prima volta? Dove posso trovare gli spaghetti? E la carne? Considerando un eventuale supermercato a “misura” di cieco, avrei sicuramente ghettizzato e reso ancora più discriminante la posizione di una persona con questo problema, quindi ho pensato ad un modo per rendere più accessibile il supermercato e ne è venuto fuori un supermercato accessibile a chiunque. Ecco qui che il progetto è entrato a far parte della sfera dello Universal Design.

Questo è quello che ho immaginato quando ho iniziato a cercare una soluzione per questo problema.

139


Nel settembre 2016, Walmart, la più grande catena di supermercati in America, ha brevettato un carrello che riesce a muoversi da solo all’interno degli scaffali, rispondendo tempestivamente a stimoli esterni quali persone, banchi d’esposizione e altri carrelli. L’idea geniale dei progettisti è stata quella di mantenere il carrello così com’è, inserendo sotto, vicino le ruote un piccolo robottino, che ricorda il Roomba, il robot domestico che, opportunamente programmato, effettua in autonomia la pulizia del pavimento. Le intenzioni del colosso americano non sono chiare, le uniche informazioni trapelate sono quelle che riguardano la possibilità del carrello di far effettuare al cliente percorsi che normalmente non farebbe per aumentare gli acquisti.

140

Quindi che si utilizzi il carrello “motorizzato” o il normale cestello, serve un sistema in grado di riconoscere i reparti e le posizioni degli oggetti. Qui entrano in gioco i Beacon. Utilizzando un Beacon per ogni reparto e uno per ogni tipologia di prodotto si può ottenere una mappa con punti precisi dove arrivare grazie ad un’applicazione oppure dove far fermare il nostro carrello. I Beacon sono dispositivi di diverse forme, i più piccoli possono essere grandi quanto una moneta da 50 centesimi, hanno un costo non molto alto che si aggira intorno ai 3,00 € (con tendenza ad abbassarsi nei prossimi anni) e permettono, una volta programmati, di mappare un’intera area e restituire informazioni quando ci avviciniamo ad essi e quindi al prodotto selezionato.


In un supermercato di medie dimensioni ci sono all’incirca 20’000 prodotti, come si può immaginare, taggare ogni prodotto all’interno di un supermercato, con la tecnologia esistente, diventerebbe un’utopia non solo in termini di costi ma anche in tempo speso; per questo ho deciso di proporre una mappatura dei soli prodotti coop e quindi di applicare allo scaffale dove sono alloggiati quest’ultimi, il sensore beacon. Dopo aver mappato l’intera area passiamo allo step successivo, fare la lista della spesa.

6.2 Differenze tra pc e App Con il pc e quindi il sito internet, ho pensato di aggiungere la consegna a domicilio. In questo modo tutti i prodotti del supermercato saranno disponibili sul sito in quanto non c’è la necessità di taggarli con i Beacon, quindi i prodotti della lista saranno segnati ugualmente sia sul pc che sullo smartphone, ma solo quelli della Coop potranno essere raggiunti dall’utente grazie al carrello o alle indicazioni fornite dall’app.

Ogni supermercato, ma non solo questi, hanno oggi una tessera di fidelizzazione del cliente, personale, non cedibile e che contiene i dati della persona. Grazie a queste carte si possono ottenere sconti, promozioni e partecipare a raccolte punti per vincere premi. Essendo la carta personale, quindi legata all’individuo, ho pensato di utilizzarla per creare uno spazio personale all’interno del sito o dell’applicazione. Utilizzando il pc, quindi registrandosi al sito, si può entrare nella propria area personale e inserire i prodotti che più si preferiscono, all’interno di una lista della spesa, magari condivisa con il partner o con il coinquilino. Stessa funzione con l’applicazione per smartphone, l’utente effettua il login con le stesse credenziali del sito internet e può accedere alle diverse funzioni come ad esempio creare la lista della spesa. Essendo legati dallo stesso account, i prodotti inseriti sulla lista nel pc, appariranno anche sullo smartphone e viceversa. Quante volte, fuori casa, vi è venuto in mente di dover comprare qualcosa e poi di averlo dimenticato? Grazie all’app è possibile segnare i prodotti in qualsiasi momento.

141


6.3 Il sito accessibile Il concetto di accessibilità dei siti web non è facile da definire. Poiché dal 2004 esiste in Italia una legge (L. 9 gennaio 2004 n. 4) che regolamenta la materia, conviene partire dalla definizione di accessibilità contenuta nell’art. 2 di questa legge: “accessibilità: la capacità dei sistemi informatici, nelle forme e nei limiti consentiti dalle conoscenze tecnologiche, di erogare servizi e fornire informazioni fruibili, senza discriminazioni, anche da parte di coloro che a causa di disabilità necessitano di tecnologie assistive o configurazioni particolari”1

- agli ipovedenti, persone che presentano limitazioni più o meno gravi alla funzionalità visiva, i quali hanno difficoltà nel leggere caratteri molto piccoli, oppure utilizzano opzioni di personalizzazione dello schermo, che possono stravolgere il normale layout delle pagine, senza contare i problemi legati ai contrasti di colore; - agli ipoacusici, che non possono sentire le parti audio del sito; - ai dislessici e ad altri disabili cognitivi, i quali possono trovare difficoltà nel leggere ed interpretare correttamente il testo delle pagine web;

Questa definizione non richiede molte spiegazioni. I siti web devono essere realizzati in modo tale che chiunque possa accedervi ed utilizzarli, reperendo le informazioni in essi contenute.

- ai disabili motori con problemi agli arti superiori, per i quali si deve garantire che l’interazione con il sito web sia possibile anche mediante dispositivi di input divversi da tastiera e mouse.

Esistono delle regole tecniche che, se rispettate, garantiscono la certezza di creare un sito accessibile, anche se non si deve mai sottovalutare l’importanza di effettuare una verifica sul campo, con il coinvolgimento di persone disabili, sebbene questo aspetto non sia obbligatorio per legge.

Gli accorgimenti che si devono adottare per rendere un sito accessibile risultano utili anche agli utenti normodotati. Basti pensare alla chiarezza dei testi, al mancato uso di colori sfumati o effetti grafici eccessivamente disturbanti ecc.

Le regole tecniche dettate per garantire l’accessibilità dei siti web si rivolgono anzitutto ai disabili ed in particolare: - ai non vedenti, che non possono vedere lo schermo e si servono di programmi per la lettura dello schermo o browser vocali, che interpretano il codice HTML e danno un riscontro vocale di ciò che appare sullo schermo, con indicazioni aggiuntive utili per cogliere la presenza di particolari oggetti, quali liste, tabelle, moduli, frames; 1

142

http://www.camera.it/parlam/leggi/04004l.htm


143


Figura 1

Il sito che ho disegnato, è stato pensato per essere accissibile a tutti. non ha elementi in flash o animazione, che andrebbero a interferire con la struttura semplificata per una persona non vedente. Ho utilizzato colori ad alto contrasto, in modo da aiutare anche le persone ipovedenti e le persone con dislessia o disturbi cognitivi di altro genere.

É composto da quattro parti fondamentali: - La testata, è la parte superiore del sito che riporta il logo Coop, una barra per la ricerca e in alto a destra la sezione per accedere all’account personale.

Nel sito non è presente musica o effetti sonori, per non escludere le persone con problemi d’udito.

- Il menu, che riporta le informazioni principali e più cliccate dagli utenti, il primo è per la spesa online, il secondo per vedere la distribuzione dei punti vendita, il terzo le promozioni in corso e infine i contatti.

Il sito è ispirato al classivo sito Coop, riprende il menu e i colori blu e rosso.

- La sezione contenuti, che si trova a sinistra, è composta dalle voci navigabili di tutto il sito. - La parte centrale, dove ho deciso di inserire le pubblicità del momento.

144


Figura 2

Cliccando sulla “SPESA ONLINE”, si entra nella sezione in cui è possibile stilare la lista della spesa da condividere poi con l’applicazione, fare acquisti alimentari e non solo e farli recapitare a casa con il servizio di spesa a domicilio. (Figura 1) Questo è il layout del sito, una volta entrati nella sezione “SPESA ONLINE” (Figura 2), il layout della pagina cambia, la sezione contenuti di sinistra modifica i contenuti, diventando un elenco con le sezioni o tipologie di prodotti acquistabili sul sito.

La sezione centrale diminuisce di dimensioni per far posto ad una nuova sezione, che include il link per la cassa, dove concludere l’acquisto ed effettuare il pagamento. Sotto l’icona cassa, si notano 3 elementi distinti di diverso colore, la “LISTA DELLA SPESA”, il “CARRELLO” e la “CONSEGNA”. Nella sezione “LISTA DELLA SPESA”, ci sono i prodotti inseriti dalal ricerca e che vengono spostati nel carrello una volta che sono stati contrassegnati come comprati.

145


Figura 3

Dopo aver cliccato sulla tipologia di bene che si vuole acquistare, ad esempio “PESCE” (Figura 29), se la categoria di prodotti ha più specifiche, si aprira un altro menu che mostrerà le nuove scelte da compiere (Figura 3).

146

Riguardando la sezione di destra (Figura 3), si può vedere come è strutturata la sezione “CARRELLO”. Nel “CARRELLO”, vengono mostrati i prodotti che sono pronti per essere acquistati online.


Figura 4

In seguito alla scelta della tipologia, vengono mostrati i prodotti inerenti. (Figura 4) Il layout della pagina cabia ancora, dove prima venivano mostrate le pubblicitĂ ora compaiono i prodotti, in box quadrati con il nome, la foto descrittiva del prodotto, il peso e il prezzo.

Nella sezione di destra (Figura 4), l’ultimo spazio e riservato alla consegna, in cui si può inserire l’indirizzo della spedizione e salvarlo per gli acquisti futuri.

Sotto la foto ci sono due pulsanti, uno per aggiungerlo alla lista della spesa e uno per inserirlo direttamente nel carrello.

147


6.3.1 Coop a Domicilio La Coop non ha ancora attivo un servizio di spesa a domicilio, quindi esclude una fetta di mercato corposa, composta da persone che hanno difficoltà a fare la spesa e di persone che hanno poco tempo e preferiscono riceverla a casa, senza perdere troppo tempo al supermercato, quando sono disponibili. Il servizio concorrente dell’Esselunga si chiama “Esselunga a casa”, ormai attivo da anni, offre un servizio, a detta delle recensioni, eccellente e comodo. Da un’indagine di mercato è risultato che il 14% del fatturato dell’Esselunga è costituito dagli acquisti online con il servizio di spesa a domicilio.

Il logo che ho pensato per “Coop a domicilio” consiste in un furgone delle consegne, con la ruota posteriore sostituita dalla famosa scritta Coop in rosso.

C=6 M=100 Y=93 K=1

Il servizio che ho implementato nel mio progetto per Coop si chiama “Coop a domicilio” e consiste nell’acquistare cibo online e riceverlo a casa quando si è più comodi. C=69 M=59 Y=54 K=60

148


a domicilio 149


6.4 “Ship” l’applicazione per smartphone L’applicazione per smartphone al momento è solo in versione beta, quindi non è stato possibile pubblicarla sugli store online. L’app è conforme agli standard sull’accessibilità, tutti gli elementi grafici hanno anche una descrizione testuale che può essere letta dai sintetizzatori già installati a bordo degli smartphone, le icone sono grandi e chiare per le persone ipovedenti e con altri disturbi della vista. Per gli elementi grafici ho disegnato le icone nel modo più semplice e chiaro possibile, in modo tale da risultare immediata anche ad un “normodotato”. In “Ship”, il colore predominate è il blu, con tute le sue sfumature, un modo per richiamare il mare, motivo del logo. Le funzioni principali sono sette.

150


151


6.4.1 “ Ship” il logo L’app si chiama “Ship”, acronimo che sta per “Shopping Intelligente e Personale” e il logo ricorda la forma stilizzata di una barchetta di carta, perché è proprio questa la funzione dell’applicazione: guidare le persone all’interno dello store in cui è utilizzata, come un’imbarcazione naviga nei mari. Inoltre in inglese ship è la traduzione di nave c’è quindi un altro nesso tra il logo e il nome.

C=53 M=15 Y=2 K=0

C=69 M=14 Y=1 K=0

C=81 M=42 Y=0 K=0

C=82 M=44 Y=11 K=1

C=85 M=50 Y=20 K=4

C=89 M=78 Y=2 K=0

152


153


6.5 Come funziona l’app

6.5.2 Login con l’account

6.5.1 All’avvio

Per accedere ai servizi è necessario registrarsi al sito internet del servizio, in questo caso quello della Coop, e fare il login con il nome utente e la password, oppure fotografare la carta fedeltà.

Quando si avvia l’applicazione, appare il logo di Ship, la barca che naviga nel mare.

154


6.5.3 Scelta della tipologia di spesa

6.5.4 Menu principale

La schermata che appare dopo l’accesso è quella della scelta della tipologia di spesa, cliccando su spesa con carrello “motorizzato” apparirà il codice da scansionare sul carrello, per sincronizzare il carrello con la lista della spesa.

Questo è il cuore dell’app, da qui l’utente ha pieno controllo di tutte le funzioni di Ship.

155


6.5.5 Lista della Spesa La funzione Lista della Spesa è un punto fondamentale dell’app. Grazie ai prodotti inseriti, sia sul pc che dall’applicazione appunto, è possibile avere una lista delle cose da comprare sempre a portata di mano.

1. Dopo aver “tappato” sull’icona “Lista della Spesa”, la schermata dove è possibile aggiungere prodotti oppure eliminare i prodotti che non ci interessano più

4. All’interno della categoria, appare l’elenco dei prodotti, in questo caso”Pasta e Riso”.

156


2. Selezionando “Aggiungi”, si apre la schermata con le categorie di prodotti, simile a quella già incontrata sul sito internet.

3. Ad esempio selezionando “Prodotti Alimentari”, si aprirà una nuova lista di prodotti della categoria scelta.

5. Selezionando il Riso ad esempio, si apre una schermata completamente diversa. Appare la foto del prodotto, il nome e quando disponibile l’origine. Una breve descrizione aiuta l’utente nella scelta.

6. Selezionando “Portami”, si riceveranno le indicazioni per raggiungere il prodotto(solo all’interno del supermercato).

In basso le due icone permetto nel caso di “Aggiungi” di inserire il prodotto in lista.

157


6.5.6 I Reparti La sezione “Reparti” mostra all’utente tutti i reparti del supermercato in modo da poter avere indicazioni su dove si trovano.

2. Verrà visualizzata una schermata di conferma che ci indica il reparto scelto e apparirà in fondo l’icona per ricevere le indicazioni.

158

1. Ad esempio selezionando il reparto “Carne”.

3. A questo punto Ship ci fornirà le indicazioni fino al raggiungimento del reparto.


6.5.7 La Cassa La funzione “cassa”, permette all’utilizzatore di finire la spesa e ricevere un avviso se non ha ancora comprato i prodotti in lista.

1. Dopo aver “tappato” sull’icona “Cassa”, appare un avviso che indica se ci sono ancora prodotti nella lista che non sono stati comprati. In caso si voglia comunque finire la spesa, in basso a sinistra c’è l’icona per finire la spesa.

2. Alla fine della spesa, avvicinandosi quindi alle casse, appare la fotocamera che permette di scannerizzare il codice presente sulla cassa e trasmettere i dati per pagare, la stessa tecnologia che si usa oggi per il salvatempo.

159


6.5.8 Lista della Spesa La funzione Ricette, suggerisce all’utente, ogni settimana, ricette diverse con la lista degli ingredienti e la ricetta con tutti i passaggi.

1. Dopo aver “tappato” sull’icona “Ricette”, appaiono in elenco, una serie di ricette che cambiano di settimana in settimana.

2. Selezionando una ricetta la schermata cambia, appare la foto del piatto, il nome e gli ingredienti. In basso l’icona “Aggiungi ingredienti” aggiunge gli ingredienti alla lista della spesa, mentre l’icona “Ricetta” si collega al sito con la spiegazione passo passo per preparare il piatto.

160


6.5.9 Il Carrello Nella sezione Carrello, vengono elencati i prodotti che sono già stati scansionati dall’app.

1. Elenco di tutti i prodotti scansionati tramite il codice a barre, con la possibilità di cercare all’interno dell’elenco i prodotti.

161


6.5.10 Avvia spesa Selezionando Avvia Spesa, l’applicazione ci guida all’interno del supermercato in base ai prodotti inseriti in lista.

162

1. Esempio di indicazioni per arrivare al reparto Acqua e Bevande.


6.5.11 Compra La funzione Compra è un altro punto fondamentale dell’app. Utilizzando la fotocamera del telefono, è possibile scansionare i codici a barre dei prodotti e utilizzare quindi il telefono come salvatempo.

1. Appare subito la fotocamera che scansionerà il codice a barre dei prodotti.

2. Una volta riconosciuto il prodotto, apparirà l’immagine, il nome, l’origine quando possibile e le caratteristiche fondamentali. Le due icone in basso “Conferma” e “Elimina” servono, appunto per confermare l’inserimento nel carrello e quindi l’acquisto oppure di eliminare il prodotto in questione.

163


6.6 La Coop localizzata La Coop è il supermercato in cui ho deciso di “sperimentare” il mio progetto. Come già anticipato, per essere guidati all’interno del supermercato, bisogna aver ben definito il layout della disposizione dei reparti e dei prodotti,

164

quindi, applicare i Beacon in ogni reparto e sugli scaffali che contengono i prodotti Coop. Ho realizzato un layout possibile, prendendo esempio dalle numerose Coop a Firenze, che utilizzano un layout a griglia.


Nella figura sopra, si vede un esempio di come solo alcuni prodotti (in questo caso quelli della Coop) siano localizzati dai Beacon, che si applicano agli scaffali e rispondono mandando informazioni, grazie all’applicazione “Ship”.

Anche l’insegna con il nome del reparto ha un Beacon, che permette agli utenti di arrivare al reparto grazie alle indicazione dell’applicazione.

165


6.6.1 Come trovare il prodotto: istruzioni per ciechi Siamo arrivati al supermercato, abbiamo preso il carrello o il cestello, avviato “Ship” e raggiunto il reparto dove si trova la pasta e il riso. A questo punto basta scegliere il tipo di pasta che più ci piace, oppure prendere i fusilli che il nostro partner ha esplicitamente chiesto, scansionare il codice a barre e andare in cassa a pagare. Fin qui tutto bene...Ma una persona che non vede? Che non riesce a vedere quale prodotto sta cercando? Come già accennato, i Beacon restituiscono le informazioni su dove sono i prodotti, si potrebbe addirittura pensare di inserire le informazioni spaziali come ad esempio, “Si, fermati sei arrivato, terza scatola da destra”, ma come si può immaginare non è semplice realizzare una descrizione dettagliata di dove si trova un prodotto, soprattutto in un luogo come il supermercato che modifica la posizione dei prodotti per far posto ad altri oppure per ragioni di marketing. Una soluzione possibile potrebbe essere, come succede già in alcuni negozi, per citarne uno vicino a noi “Decathlon”, cioè utilizzare delle etichette con tecnologia Rfid al posto dei soliti cartoncini gialli che indicano i prezzi dei prodotti sugli scaffali. Un possibile utilizzo di tag Rfid su ogni prodotto, soprattutto come investimento iniziale, risulterebbe dispendioso e senza un rientro economico più elevato, altra questione molto importante da esaminare riguarda il packaging dei prodotti, che andrebbe studiato in un altro modo per far posto ad un tag Rfid. Per questa ragione ho pensato di proporre solo tag sugli scaffali e non sui singoli prodotti. 166

Ora che abbiamo capito dove trovare il nostro prodotto, non rimane che scansionare il codice a barre. Anche qui, per un normodotato non ci sono problemi ad individuare un codice a barre e fare la foto a quest’ultimo, ma per un cieco potrebbe essere un’operazione che richiede più tempo, non sapendo dove si trova; ad esempio una scatola di spaghetti, che per i normodotati è una scatola di un qualche colore predominante, con il logo, il nome del prodotto, il tempo di cottura e tutte le caratteristiche, per un non vedente è un semplice parallelepipedo di carta, senza nessun particolare che risalti all’attenzione. Per questo ho pensato ad un modo per semplificare la ricerca del codice a barre per un cieco. Applicando un piccolo “adesivo in resina”, in rilievo, a forma di “L” che abbraccia l’angolo del codice a barre, inserendo quindi un particolare che possa risultare al tatto di una persona. In questo modo la persona con gravi problemi alla vista, ha un punto di riferimento dove indirizzare la fotocamera dello smartphone.


Foto scansione barcode

167


6.7 Cover e supporti Fare la spesa e tenere costantemente il telefono in mano, potrebbe risultare scomodo, soprattutto se si vuole evitare l’estraniamento totale delle persone dal mondo che ci circonda. Per superare questo problema ho progettato e prototipato in 3D una cover per smartphone e dei supporti dove poter alloggiare il telefono mentre ci si muove nel supermercato. Per un eventuale produzione in serie, il metodo di produzione potrebbe essere lo stampaggio a iniezione, che è un processo molto utilizzato per la lavorazione di materie plastiche, il prezzo della singola unità è molto basso, è molto veloce e le finiture sono di altissima qualità. 6.7.1 La cover La cover è composta da due parti in materiale plastico ad incastro, un componente elettronico per la lettura dei tag Rfid e due calamite che permettono alla cover di aderire ai supporti e rimanere in posizione durante l’utilizzo al supermercato. Tra la cover e il telefono c’è un margine di sicurezza per evitare che le calamite smagnetizzino il telefono. Le sfaccettature della cover ricordano il mare che si vede nel logo dell’app.

168


Cover a contatto con lo smartphone, con incastri

Coperchio della cover con gli alloggiamenti per le calamite

Smartphone

Calamite Dispositivo Rfid alimentato dalla batteria dello smartphone 169


170


171


6.7.2 Supporto per carrello La cover ha due calamite poste dietro, in un incavo, che corrisponde al supporto che ho progettato per il carrello della spesa. Le dimensioni del cilindro, che costituisce l’asta dove si poggiano le mani per spingere il carrello, ha un diametro standard di circa 26 mm. Per fissare il supporto al carrello è necessario praticare due piccoli fori per poter avvitare le viti che ancorano il supporto all’asta. Una volta inserita la cover al telefono e quest’ultimo avvicinato al supporto, sarà molto semplice far combaciare le parti grazie alle calamite. Inoltre le calamite mantengono stabile il telefono, evitando che il telefono cada mentre si fa la spesa.

26

10

35

5 37

172


173


6.7.3 Supporto per cestello Utilizzando sempre a cover con le due calamite posteriori e l’incavo, ho progettato anche un supporto da agganciare al cestello con le ruote. Il supporto è realizzato a forma di “U” in modo da abbracciare su tre lati il manico del cestello, in fondo due piccole protuberanze bloccano il supporto e non lo fanno uscire dal binario. Per fissare il supporto al cestello è necessaria soltanto una piccola pressione fino ad inserirlo. Rispetto al carrello però, ci sono più modi di portare il cestello, leggermente in avanti, oppure indietro. Per questo motivo il supporto non ha solo due calamite ma tre, così da poter inserire la cover in due posizioni differenti e poter leggere lo smartphone nel modo che più si preferisce. Le calamite, come nel carrello, mantengono stabile il telefono, evitando che cada mentre ci si muove all’interno del supermercato.

10

35

40 35

15 16

174

35


175


176


177


178


Conclusione

Come fa la spesa una persona cieca o ipovedente? Questa è la domanda alla quale ho cercato di dare una risposta all’inizio del mio percorso di tesi. Lo Universal Design è lo strumento che ho cercato di applicare nel progetto, per eliminare quelle barriere che non sono visibili ad occhio nudo, ma che si percepiscono e discriminano una persona. L’applicazione “Ship”, il sistema di localizzazione del supermercato, il futuro utilizzo dei carrelli motorizzati sono tutte realtà tangibili, non è un’utopia pensare che un giorno tutti, nessuna persona esclusa, possano fare la spesa autonomamente e in piena comodità.

Inoltre, il servizio di “shopping intelligente e personale”, è applicabile non solo ai supermercati, qualsiasi store può utilizzare il sistema, localizzando il negozio e impostando l’app con i prodotti di quest’ultimo. Grazie alla tecnologia finora sviluppata, il sistema è in grado di fornire un servizio su un numero di prodotti alto, ma non ancora su tutta la gamma di un supermercato; per questo spero che nei prossimi mesi, anni, la tecnologia possa migliorare fino a rendere disponibile tutta la scelta che un negozio o un supermercato offre.

179


Bibliografia AA.VV, INvolving People for an Universal Town, Firenze, Polistampa, 2009 AA.VV, Linee Guida per la progettazione di beni di largo consumo rispondenti ai principi di Universal Design, Pistoia, Progetto PROFUSE, 2006 Norman D., La caffettiera del masochista, Milano-Firenze, Giunti Editore, 2014 Henri P., La vita e l’opera di Louis Braille, Ediz. Italiana a cura della Biblioteca Italiana per i Ciechi, Regina Margherita onlus, 2000. Spaziani L., Digitabili. L’innovazione tecnologica come opportunità per superare l’handicap, Milano, Franco Angeli, 2016 Pipitone S., Shock Shopping (Consapevole), Bologna, Arianna Editrice, 2010 Moroni P., Il sistema distributivo. Dalla bottega all’ipermercato, Milano, Franco Angeli, 2006. Alliegro M., L’educazione dei ciechi. Storia concetti e metodi, Roma, Armando, 1991 Branzi A., Capire il design, Firenze, Giunti, 2007 Andrich R., Valutare consigliare e prescrivere gli ausili, Milano, Fondazione Don Carlo Gnocchi, 2015. Thompson R., Il manuale per il design dei prodotti industriali, Bologna, Zanichelli, 2012 Sitografia Istituto Italiano Ciechi e Ipovedenti, www.uicifirenze.it ISTAT, www.istat.it National Braille Press, www.nbp.org Perkins School for the Blind, www.perkins.org International Web Association. La risorsa italiana di IWA dedicate all’accessibilità del Web, www.webaccessibile.org BEL. Bastone elettrico Lions, www.bel108.it/newlabel Centro di Promozione Tiflotecnica, www.ausilivisivi.it/ Leonardo Ausili, www.leonardoausili.com/ West. Welfare society territory, www.west-info.eu/ Disabili.com, www.disabili.com EuroparlTV. Parlamento Europeo, www.europarltv.eu Parlare civile, www.parlarecivile.it Wikipedia, it.wikipedia.org Treccani, www.treccani.it Coop, www.e-coop.it

180


Coop Firenze, www.coopfirenze.it Coop Expo, www.supermercatodelfuturo.e-coop.it/ UCBCIECHI, www.ucbc.ch/it/ GuidePORT, www.guideport.de/sennheiser Apple www.apple.com/it Articoli The Associated Press, Fewer than 10 percent of blind Americans read Braille, http://www.mlive.com/news/us-world/index.ssf/2009/03/ fewer_than_10_percent_of_blind.html Roobi Roobi, Braille can make you fly, http://www.lucemagazine.it/storie/35-braille-can-make-you-fly Bolla A., Cure preistoriche per disabili, http://www.focus.it/scienze/cure-preistoriche-per-i-disabili020409-1038 Dott.ssa Costa S., Menomazione, disabilità e handicap: quale differenza?, http://www.serenacosta.it/altro/menomazione-disabilita-e-handicap-quale-differenza.html Marcello G., La rivoluzione industriale e il lavoro delle donne e dei bambini, http://www.arstum.it/rostra/articoli/rivoluzione-industriale-e-lavoro-donne-e-bambini.htm Mombelli A., I minorati della vista percettori di indennità: quanti sono in Italia?, http://giornale.uici.it/i-minorati-della-vista-percettori-di-indennita-quanti-sono-in-italia-di-angelo-mombelli/ Blundell B., RFID Ring, https://www.section9.co.uk/posts/2013-11-30-RFID-Ring.html Ability Channel, Storia della Disabilità, http://www.abilitychannel.tv/video/storia-della-disabilita/ Agenzia DIRE, Disabilità, il Parlamento europeo vota la legge per garantire l’accesso a internet, http://www.dire.it/27-10-2016/85307-disabilita-parlamento-europeo-vota-la-legge-garantire-laccesso-internet/ Castagneri L., Che cosa sono i beacon e come potrebbero cambiarci la vita, http://www.lastampa.it/2016/07/14/tecnologia/idee/ che-cosa-sono-i-beacon-e-come-potrebbero-cambiarci-la-vita-7QpatlBiflX7dgdRxuavXO/pagina.html Jointag, Supermercati smart grazie ai iBeacon, https://www.jointag.com/beacons-mobile-proximity-marketing-gdo/ Linkiesta, Come ti vendo il cibo: le strategie di supermercati e fastfood per farci comprare di più, http://www.linkiesta.it/it/article/2012/09/07/come-ti-vendo-il-cibo-le-strategie-di-supermercati-e-fastfood-per-farc/9134/ Perinetti E., Cosa sono i Beacon, http://smartmoney.startupitalia.eu/analisi/51626-20160210-speciale-beacon Rafting Canadian, Psychology of supermarkets, http://www.syncrat.com/posts/5067/psychology-of-supermarkets Vitale E., Storia del Supermercato, www.dudemag.it/attualita/storia-del-supermercato/ Rubino M., Expo 2015, storia della spesa: l’evoluzione del supermercato, http://www.repubblica.it/cronaca/2015/03/14/foto/ expo_2015_coop_presenta_il_supermercato_del_futuro-109460140/1/#1 Deotto F., Expo 2015, il Supermercato del Futuro, http://www.panorama.it/mytech/expo-2015-supermercato-del-futuro/ Dillet R., Apple Releases iBeacon Specifications Under Non-Disclosure Agreement, https://techcrunch.com/2014/02/25/apple-releases-ibeacon-specifications-under-nda/

181


182


183


Univ


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.