UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PALERMO SCUOLA POLITECNICA
CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA EDILE-ARCHITETTURA A.A. 2014/2015
PROGETTAZIONE SOSTENIBILE DI UNA URBAN FARM AD HANOI:
“Il contributo della massa termica“
ALLIEVO INGEGNERE: Francesco Dionisi RELATORE: Prof. Ing. Antonio De Vecchi CORRELATORE: Prof.ssa Arch. Simona Colajanni TUTOR: Ing. Elsa Sanfilippo
A mio Padre
1 INTRODUZIONE
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L’ oggetto di questa tesi riguarda la progettazione di una Urban Farm all’ interno del Phu Do village, un piccolo villaggio tradizionale che si trova nella zona ovest della città di Hanoi, la capitale del Vietnam, storicamente luogo di produzione e di lavorazione del riso, alimento principale della tradizione culinaria vietnamita. Le Urban Farm si configurano come degli “orti urbani“, ovvero sistemi di orti e campi coltivati fruibili da parte dei cittadini. Essi rappresentano dei piccoli polmoni verdi all’ interno delle città piegate dall’ inquinamento, luoghi in cui gli abitanti possono incontrarsi, socializzare, coltivare la propria terra e raccoglierne i frutti. Le Urban Farm contribuiscono al recupero di aree urbane dismesse o degradate, inoltre la loro creazione, serve a sensibilizzare la società all’ ecosostenibilità e al rispetto per la natura. L’ obiettivo è quello di recuperare uno spazio urbano fortemente degradato, e di realizzare un’ architettura bioclimatica con l’ ausilio di strategie progettuali passive, che minimizzando l’ uso di impianti meccanici, massimizzano l’efficienza degli scambi termici tra edificio e ambiente al fine di soddisfare i requisiti interni di comfort termico. Il tema progettuale si inserisce nell’ ambito della partecipazione alla XVI edizione del “Premio Compasso Volante – Ettore Zambelli”, un concorso internazionale per studenti, promosso dal Politecnico di Milano, dall’ Università degli Studi di Palermo, dalla Kogakuin University di Tokyo, dal Singapore Poliyechnic e dalla National University of Civil Engineering di Hanoi. Il processo di concezione e sviluppo del progetto si è basato su un approccio sostenibile, che ha permesso sin dalle prime fasi, di attenzionare gli aspetti legati al contenimento dei consumi energetici attraverso delle soluzioni che hanno poi caratterizzato l’ aspetto architettonico. Si è inizialmente analizzata l’ area di progetto, contraddistinta da uno stretto rapporto tra natura e costruito. Il lotto infatti si trova in una zona limitofa del villaggio, tra l’ agglomerato urbano e la tipica campagna vietnamita. Successivamente, tenendo conto del programma funzionale e delle strategie sostenibili che si è scelto di perseguire, è stato affrontato il progetto della Urban Farm, pensando l’ edificio, come la prosecuzione della natura stessa, in cui i campi invadono il tetto generando un continuum visivo tra la campagna e il villaggio. All’ interno del progetto è possibile riscontrare uno stretto legame tra l’ uso dei materiali e la concezione strutturale e tecnologica, che si esprime tanto nella ricerca di una sintesi tra forma e struttura, quanto nella loro complementarietà con l’ ambiente, frutto di una stretta interazione tra soluzioni passive, insite nella concezione della costruzione, e soluzioni attive. Inoltre la definizione del sistema tecnologico e la scelta dei materiali sono stati indirizzati verso una ottimizzazione delle risorse. Il comportamento dell’ edificio nei diversi regimi è stato studiato attraverso modelli informatici, che ne hanno testato la risposta alle diverse sollecitazioni termiche al fine di realizzare le migliori condizioni di comfort, mantenendo sotto controllo i consumi di energia.
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1.1 IL COMPASSO VOLANTE
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Il premio compasso volante nasce nel 1999 per gli studenti frequentanti il corso di Ingegneria Edile-Architettura del Politecnico di Milano e di altre università nel mondo, compresa l’ Università degli studi di Palermo, con il fine di motivare e spronare l’ entusiasmo e il desiderio degli studenti verso la conoscenza di nuove culture mediante esperienze di collaborazione internazionale. Nei passati 15 anni, infatti, il Compasso Volante ha permesso a centinaia di studenti provenienti da tutto il mondo di scambiare idee e di attivare risorse generosamente fornite dalle università partecipanti, e dagli sponsor che di volta in volta hanno supportato il progetto. L’ obiettivo generale del concorso è quello di trasmettere agli studenti la concezione di architettura sostenibile e delle relative tecnologie ad essa riconducibili. All’ interno di questa struttura, le attività proposte mirano a perseguire i seguenti obiettivi specifici: • • •
la promozione di cooperazioni internazionali che portino a un confronto mirato ad un effettiva diffusione dei principi dell’ architettura sostenibile; il trasferimento di competenze e dei migliori esempi pratici; la consapevolezza dell’ importanza, per le nuove generazioni, dell’ applicazione dei concetti di sostenibilità nella progettazione.
L’ iniziativa è rilevante per i seguenti target: • •
per gli studenti (futuri progettisi), che imparano a costruire in maniera sostenibile, nel rispetto dell’ ambiente, con l’ obiettivo di ridurre le emissioni di carbonio in atmosfera; per i professori, che aprendosi al confronto internazionale hanno modo di verificare i propri metodi di insegnamento, e di aggiornare le proprie conoscenze riguardo le tecnologie più recenti e innovative.
Le attività del compasso volante vengono largamente diffuse mediante: • • • • •
la distribuzione di comunicati stampa; partecipazione a meetings e conferenze; il sito internet, che racconta la storia di tutte le 15 edizioni (compassovolante.polimi.it); le pubblicazioni su riviste di architettura; la pubblicazione di libri e cataloghi.
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1.2 IL BANDO DI CONCORSO
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Il tema della XVI edizione del compasso volante è: “Thang Long Food and Energy Urban Farm - Design of a sustainable building in Hanoi, towards Expo Milano 2015“. Il concorso prevede il recupero di uno spazio urbano, in cui i temi della cultura e del cibo possano essere mescolati, promossi e sviluppati, attirando persone di diversa età e provenienza. L’ edificio può ospitare un mercato, una caffetteria, un ristorante, ma anche piccole colture e attività legate al cibo (show-cooking, scuole di cucina, ecc). Particolare attenzione verrà destinata al riso (elemento principale della cucina vietnamita) e alle sue caratteristiche, soprattutto agli aspetti culturali che rappresenta, legati alla vita agricola e alla sua produzione e lavorazione nelle campagne del Vietnam, che è uno dei paesi tra i maggiori produttori a livello mondiale di questo alimento. I visitatori avranno dunque l’ opportunità di scoprire e vivere appieno la cultura culinaria vietnamita. La nuova urban farm sarà concepita come un luogo affollato che riproduce e rispetta la cultura vietnamita dello street food, per cui una forte attenzione sarà rivolta alla componente sensoriale e agli usi locali. Questo tema dovrebbe essere legato anche al tema dell’ Expo 2015 di Milano “Nutrire il Pianeta - Energie per la Vita” e al padiglione vietnamita che sarà realizzato a Milano in occasione di questo evento. Una parte dell’ edificio infatti, dovrebbe creare un collegamento diretto con il sito dell’ Expo, con una sorta di finestra multimediale. Il bando di concorso impone che l’ edificio presenti le seguenti caratteristiche: • riduzione al minimo dell’ impatto ambientale dell’edificio (energia, materiali, acqua, etc.); • applicazione di tecnologie avanzate, considerando la tendenza alla realizzazione di edifici “a energia quasi zero“ suggerita dalla Direttiva 2010/31/EU; • innovazione nelle tecnologie di costruzione. Il programma funzionale prevede la progettazione di un edificio multipiano che includa le seguenti funzioni: • Central hall: 200 m2; • Multimedia windows: 200 m2; • Spazi per esposizioni temporanee: 200 m2; • Campi coltivabili: 1000 m2; • Cafè: 200 m2; • Ristorante/Street food: 600 m2; • Uffici: 100 m2; • Spazi per servizi, depositi, archivi, etc.
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2 IL CONTESTO
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Alcuni anni fa, il nome “Vietnam” non veniva associato a un paese, ma piuttosto a una brutale guerra combattuta nella giungla o a una totale disfatta dell’esercito americano. Solo di recente, con una maggiore apertura del governo vietnamita e con il boom del turismo economico, è stato possibile fornire all’ Occidente un’ immagine di questo paese diversa e più appetibile. Ma la storia del Vietnam non si limita a quegli anni e anzi risale a molti secoli addietro; questo paese asiatico può infatti vantare una straordinaria civiltà e una popolazione colta e civilizzata. Molti di coloro che vi compiono un viaggio rimangono senza parole dinanzi all’ incredibile bellezza dei suoi paesaggi: il delta del Fiume Rosso a nord, il delta del Mekong a sud e l’ intera fascia costiera costellata di verdi risaie in cui lavorano donne dal caratteristico cappello conico. A chi lo visita, il Vietnam offre la rara opportunità di vedere come un paese di grande fascino e tradizioni stia muovendo i primi passi nel mondo moderno.
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2.1 CONTESTO TERRITORIALE
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Il Vietnam è uno stato del sud-est asiatico, nazione di contrasti e controsensi, ricca di storia, tradizioni e cultura, ma ancora in via di sviluppo, costituita da città caotiche e fatiscenti, e paesaggi da sogno. E’ conosciuto ufficialmente come Repubblica Socialista del Vietnam ed è affacciato sul Golfo del Tonchino, confina: a nord con la Cina, a ovest con il Laos e la Cambogia, mentre ad est e a sud è bagnata dal Mar Cinese. Il Vietnam è caratterizzato da due delta fluviali: a Nord quello del Fiume Rosso (Song Hong), nella regione del Tonchino, contornato di rilievi, a Sud quello del Mekong (Cuu Long); da una striscia litoranea montuosa, l’Annam, che si allarga negli Altopiani Centrali e a nord dai rilievi dello Yunnan, che proseguono fino al mare formando circa 1200 isolotti. Il territorio vietnamita è caratterizzato per l’80% da colline e montagne con una folta vegetazione, mentre solo il restante 20% e costituito da zone pianeggianti. L’86,2% della popolazione è Viet (Kinh), discendente di civiltà sviluppatesi nell’ attuale Tonchino in epoca preistorica, ascritte alla famiglia linguistica Mon- Khmer, e in seguito fortemente influenzate dalla Cina, di cui assimilarono lingua, religione, cultura e costumi. Molte delle altre 53 minoranze ufficialmente riconosciute abitano aree marginali cui vennero ridotte (Nam Dao, Cham), o in cui trovarono territori non ancora occupati. La struttura demografica del paese ha subito sconvolgimenti profondi nel periodo delle guerre con la Francia, gli USA e la Cina: si stimano oltre 4 milioni di morti, 3 milioni di feriti e invalidi e quasi 1,5 milioni di rifugiati all’estero. Dopo la riunificazione, 4 milioni di persone furono trasferiti dalle città nelle aree abbandonate o appena colonizzate, iniziando una politica contraria all’urbanizzazione, ancora
Fig.1 : Aerofoto del Vietnam.
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oggi seguita dal governo. Segnata dalla costante ricerca di un’ armonia con l’ ambiente naturale, e di un valore estetico e decorativo nel trattamento di materiali e delle strutture, l’ architettura tradizionale del Vietnam è caratterizzata da edifici generalmente sviluppati in direzione orizzontale (ma sono diffusi torri o edifici a stupa a più piani), spesso articolati su un’ ampia superficie; il legno è materiale costruttivo fondamentale, soprattutto nelle abitazioni, e laterizi e pietra sono riservati a edifici a destinazione religiosa o nobiliare. L’ architettura religiosa, al pari della vita spirituale locale, è il risultato di una combinazione di vari elementi ed è caratterizzata da una varietà di iconografie religiose: elementi che rivelano influenze derivate non solo dall’Asia sud-orientale e dalla Cina ma anche da stilemi autoctoni. Originali rielaborazioni di elementi cinesi caratterizzano anche le arti plastiche e decorative, elementi essenziali della produzione e della decorazione architettonica vietnamita. Edificio religioso è la pagoda buddhista (chua), da distinguere dal tempio (den), dedicato a personaggi illustri; il van miêu è il tempio confuciano. Ad Hanoi sono tra le altre la Pagoda su una Sola Colonna (1049, sostenuta da un unico pilastro, restaurata); la Pagoda Tran Quoc (15° sec., ricostruita), e nei pressi la Pagoda dei Profumi, complesso (13° sec.) di vari edifici scavati nella roccia. Nella città sono anche il Tempio della Letteratura (1070), consacrato a Confucio e sede della prima università, e quello di Ngoc Son (della Montagna di Giada, 18° sec.). Una forte impronta francese rivelano Hanoi e Ho Chi Minh City (Saigon), con edifici come la cattedrale di Notre Dame e il Palazzo della Posta (prog. G. Eiffel) a Ho Chi Minh, che conserva anche templi e pagode nel quartiere cinese; la cattedrale neogotica di San Giuseppe (1886) e il palazzo presidenziale (1906) ad Hanoi, dove sorge anche il monumentale Mausoleo marmoreo di Ho Chi Minh (1973-75). Il vietnamita, lingua ufficiale parlata dalla maggioranza della popolazione e scritta in alfabeto latino con fonetica di base portoghese. Il francese, eredità dell’epoca coloniale, è parlato da una minoranza in declino, parlata solo dalle generazioni anziane cresciute durante la colonizzazione, oggi lo studio della lingua inglese come lingua straniera è dominante. Il settore principale dell’economia del Vietnam è l’ agricoltura, il cui prodotto primario è il riso (il Vietnam è il terzo produttore mondiale di questo cereale), coltivato soprattutto nella regione della Cocincina. Le altre coltivazioni importanti del paese sono la canna da zucchero, le patate dolci, la manioca, la soia e il mais; le principali colture di piantagione sono invece caffè, tè e caucciù. È molto importante inoltre l’allevamento suino, bovino e di animali da cortile. La maggior parte dei centri urbani è localizzata nel Vietnam meridionale. Tra le città più importanti soltanto Hà Nội non sorge sulla costa ma sorge al centro del delta del Fiume Rosso, ed è un importante centro commerciale ed industriale. Un’altra grande città è Hồ Chí Minh (5.925.000 ab.) nota in passato come Sài Gòn, che è un importante centro commerciale e durante il periodo coloniale fu il centro politico più importante.
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Hanoi (circa 3.057.000 abitanti), abitata sin dal Neolitico, è la capitale, e sorge sulla riva destra del Fiume Rosso, a 130 km dalla sua foce nel Golfo del Tonchino, mischia in modo unico l’Occidente con l’Oriente. Divenne capitale sotto il regno dell’imperatore Ly Thai To nel 1010 d.C. con il nuovo nome di Thang Long (Città del drago che vola in alto). Hanoi fu inoltre capitale durante il regno della dinastia dei Le, dal 1428 al 1788. Successivamente l’imperatore Gia Long, fondatore della dinastia Nguyen, decise di governare da Hue, relegando ad Hanoi il marginale ruolo di capoluogo di regione. Nel corso dei secoli la capitale ha cambiato nome più volte fino al 1831, quando l’imperatore Tu Duc la chiamò definitivamente Hanoi, che significa citta sull’ ansa del fiume. E’ stata capitale dell’Indocina francese dal 1902 al 1953, ed è stata proclamata capitale del Vietnam nel 1945, ma assunse ufficialmente questo ruolo solo con la firma degli accordi di Ginevra, che nel 1954 stabilirono il ritorno di Ho Chi Minh espulso dalla città dai francesi nel 1946, viene liberata definitivamente nel 1954, divenendo la capitale della Repubblica Democratica Popolare del Vietnam (Vietnam del Nord) fino alla riunificazione del 1976. Durante la guerra del Vietnam, interi quartieri della citta furono distrutti e molti cittadini furono uccisi.
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Più volte distrutto e ricostruito è stato il ponte Long Bien, infrastruttura di importanza strategica, lungo 1682 m, eretto tra il 1888 e il 1902 sotto la direzione di Gustave Eiffel a cui si deve l’ omonima torre di Parigi. Hanoi è capolinea delle ferrovie dirette a Haïphong, Nacham, (Langson), Laokay e Yün-nan e Vinh, nonché dei servizi fluviali per tutto il Tonchino. Ha una stazione meteorologica e una radiotelegrafica, un campo di fortuna per aeroplani a Bachmai e una base per idrovolanti al Grande Lago. Ha numerosi edifici per i servizî pubblici, scuole, musei e teatri. Il centro di Hanoi ruota essenzialmente attorno al Lago Verde (Hoan Kiếm), detto anche il Lago della Spada Restituita. Intorno ad esso si trovano i due quartieri principali: il quartiere vecchio e il quartiere francese. Il quartiere vecchio conserva l’ antico impianto urbanistico, costituito da 36 strade, una volta affollate grazie alle numerose botteghe specializzate nella vendita di seta e gioielli, e oggi testimoniate dai nomi delle strade. Il quartiere francese invece si è sviluppato sotto il dominio coloniale della Francia, che ha imposto il proprio stile alla città, ancora evidente se si osservano i lunghi viali, parchi e costruzioni, retaggio della dominazione coloniale.
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2.2 AREA DI PROGETTO
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Il sito di progetto si trova presso il Phu Do Village, un piccolo villaggio nella periferia di Hanoi, nel distretto di Tu Liem, dove si coltiva e si lavora il riso e dove si producono i tipici spaghetti della tradizione vietnamita: i noodles. Il riso è un alimento importante per il Vietnam poiché contribuisce alla sicurezza alimentare nazionale, fornendo un reddito per le popolazioni rurali e proteggendo l’ambiente. Inoltre viene riconosciuto non solo per il suo valore nutritivo, ma anche come elemento politico e culturale integrante della società stessa, la moltitudine di festival locali e rituali nel paese attesta il valore che la società ha posto su di esso. Non ci sono segnali stradali che indicano la strada per il Phu Do Village, appena fuori dall’autostrada il modo migliore per raggiungere questo quartiere periferico è seguire il caratteristico odore acre che deriva dalla fermentazione del riso, che diventa sempre più pungente man mano che le strade si restringono fino a diventare una ragnatela di piccoli vicoli, nei quali si trovano i laboratori. Nel villaggio la metà delle famiglie producono i noodles, con una produzione di circa una tonnellata al giorno, e quindi visitandolo, è possibile interfacciarsi ad uno stile di vita che sta rapidamente scomparendo. Se si mangia una ciotola di noodles ad Hanoi, quasi certamente questi verranno da Pho Do, che ne fornisce i ristoranti e i mercati, e che ha rifornito di noodles la città già a partire dai primi anni del 1900.
Fig.2 : Aerofoto del sito di progetto.
La produzione di noodles necessita di un considerevole tempo di lavorazione, fino a poco tempo fa i noodles venivano prodotti a mano, oggi il processo è stato meccanicizzato. Il riso viene accuratamente selezionato, pulito e poi immerso in acqua per una notte; la mattina seguente viene macinato e lasciato fermentare in vasche d’acciaio, dove delle lame elettriche creano una pasta sottile. Il rapporto farina di riso/acqua ha un ruolo estremamente importante. Questa miscela morbida viene poi immessa in un dispositivo di fresatura, costituito da un tubo di metallo alla cui estremità vi sono tanti piccoli fori, una macchina che trasforma la pasta in filamenti bianchi e delicati. Il prodotto di uscita, deve essere bollito rapidamente in acqua bollente e infine, raffreddato all’ aria aperta. I noodles di riso non possono essere conservati a lungo e devono quindi essere consumati in giornata, altrimenti devono essere conservati in frigorifero per essere usati il giorno successivo o essiccati per essere esportati.
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2.3 DATI CLIMATICI
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La città di Hanoi gode di un clima caldo sub-tropicale umido con abbondanti precipitazioni, caratteristico del nord del Vietnam, dove le estati sono calde e umide, e gli inverni sono, per gli standard nazionali, relativamente freddi e secchi. Le condizioni estreme di temperatura si raggiungono in inverno e all’ inizio della primavera, con temperature minime che vanno da 5°C a 10°C, l’ estate invece, è il periodo in cui le temperature raggiungono punte massime da 37°C a 41°C. L’ estate, che dura solitamente da maggio a settembre, è calda e umida, ed è il periodo in cui statisticamente si registra la maggior parte delle precipitazioni metereologiche annuali. I venti prevalenti, considerati favorevoli perchè venti freschi, provengono da Sud e da Sud-Est. L’ inverno, che dura da novembre a marzo, è relativamente mite, secco nel primo trimestre, e umido nel secondo. In questo periodo dell’ anno i venti prevalenti soffiano da Nord e da Nord-Est. L’ umidita in febbraio e marzo è di solito superiore al 80% e a volte è quasi del 100%, inoltre la città è spesso nuvolosa e nebbiosa nel periodo invernale, con la minore media mensile di illuminazione solare diretta, di 1,8 ore al giorno, che si raggiunge proprio nel mese di febbraio. La primavera che va da gennaio ad aprile è contraddistinta solamente dalla presenza di leggere piogge di scarsa intensità. L’ autunno che si estende indicativamente da agosto a ottobre è il periodo climatico migliore dell’ anno, in quanto il cielo è azzurro e senza nuvole con la presenza di brezze piacevoli.
Tab.1 : Tabella riassuntiva dei dati climatici di Hanoi.
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3 IL PROGETTO
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Nelle metropoli di tutto il mondo stanno gradualmente nascendo delle piccole realtà che negli ultimi anni hanno acquisito sempre maggiore importanza, si tratta delle Urban Farm, dei veri e propri “orti urbani” fruibili da parte dei cittadini. Essi si configurano come dei piccoli polmoni verdi diffusi tra gli isolati delle città piegate dall’ inquinamento e sono fonti di prodotti alimentari primari come frutta e verdura, ottenuti in maniera sostenibile perchè a chilometro zero. Le urban farm sono luoghi dove incontrarsi, curare la propria terra, raccoglierne i frutti e soprattutto dove rallentare i ritmi frenetici della vita moderna. Rispondono alle esigenze di socializzazione, offrendo un punto di incontro per i cittadini; contribuiscono al recupero delle aree urbane dismesse o abbandonate; rappresentano uno strumento di sensibilizzazione per i cittadini all’ ecosostenibilità e al rispetto della natura.
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3.1 IL CONCEPT
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Phu Do, è un villaggio popolato prevalentemente da contadini, in cui, nelle zone limitrofe, vi sono molti orti urbani, e che si affaccia su ampi appezzamenti di terreno in cui si trovano vaste risaie. L’ area di progetto che ci è stata assegnata è proprio ubicata in una di queste zone periferiche, pertanto alla base del concept vi è l’ idea di non stravolgere il paesaggio, cercando di dare la sensazione che nonostante l’ intervento architettonico, esso possa mantenersi immutato, raggiungendo tra l’ altro uno stretto legame tra la natura preesistente, che tende a invadere il nuovo edificio, e le preesistenze architettoniche. Da qui il concetto di far invadere la città dai campi coltivati attraverso “un’ onda verde“ che tende a investire l’ agglomerato urbano consolidato.
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3.2 FASI METAPROGETTUALI
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Nell’approccio al progetto si è provveduto inizialmente allo studio dell’ area assegnataci e alla sua connessione con il villaggio, attenzionando la dislocazione dei punti di accesso all’ area e il rapporto con il vicino mercato coperto. Successivamente si è passati ad analizzare il rapporto tra il sito e la vicina campagna, immaginando che si possa generare in prossimità del sito una tensione che porti la natura a invadere il contesto urbanizzato fino a raggiungere un perfetto equilibrio tra natura e artificio.
Stato di fatto. Punti di accesso all’area di progetto.
L’ invasione dell’ area di progetto da parte della natura.
Si è poi immaginato di alzare una lingua di terra, al di sotto della quale collocare l’ edificio vero e proprio per rendere l’ intervento il più possibile discreto e fare in modo che l’ edificio sia quasi invisibile dall’ alto. Era importante progettare un edificio che si rapportasse con i campi coltivati da un lato e con la cortina edilizia esistente dall’ altro, quindi si è pensato di disporre un’ alta fronte vetrata si confrontasse con il villaggio, mentre il retro dell’ edificio va degradando gradualmente verso i campi creando quindi la perfetta integrazione tra a città e la Urban Farm.
Edificio nascosto.
Rapporto tra natura e costruito.
In funzione del tema assegnatoci e al programma funzionale del concorso, si è optato per un approccio alla progettazione in cui le scelte suggerite dal concetto di sostenibilità vengano prima di quelle meramente architettoniche. Già dalle prime fasi, infatti, si è scelto di far risalire fin sopra al tetto dell’ edificio le coltivazioni, realizzando un tetto giardino coltivabile, che contribuendo ad aumentare la massa termica dell’ edificio, si rivela essere anche un espediente energeticamente efficace.
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3.3 IL MASTERPLAN
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Il disegno del Masterplan si prefigge di riqualificare l’ area di progetto, attualmente in forte stato di degrado, mediante la definizione di spazi verdi opportunamente attrezzati e di due piazze: una che si affaccia direttamente sui campi, punto di incontro tra la campagna e il villaggio; ed una che costeggia la cortina edilizia e culmina in corrispondenza della preesistenza, un centro culturale, che è stato valorizzato mediante la creazione di uno spazio circolare leggermente depresso rispetto alla strada, in cui si è deciso di concentrare i locali per lo street food.
Molta attenzione è stata posta sul disegno dei campi, con il quale si è deciso di creare un’ alternanza di risaie, orti e frutteti, i cui prodotti possono essere poi degustati all’ interno del ristorante o negli stand degli street food. L’ attraversamento dei percorsi che costeggiano i campi permette di godere di esperienze visive e sensoriali e permette l’ interazione tra i visitatori e i contadini. Si è predisposto un piccolo teatro per rappresentazioni all’ aperto, nei pressi del mercato coperto; e un belvedere a una quota maggiore, da cui si può godere della vista sul fiume adiacente al sito e del tipico paesaggio rurale vietnamita.
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3.4 LE PIANTE
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L’edificio è stato studiato tenendo conto delle seguenti strategie di progettazione sostenibile: basso impatto ambientale (energia, materiali, acqua, etc.); tendenza Nearly Zero Energy Buildings (è stata utilizzata come riferimento la Direttiva UE 2010/31/UE); innovazione nelle tecnologie di costruzione. Da queste considerazioni sono scaturite scelte progettuali precise che hanno definito la particolare configurazione dell’ oggetto architettonico. L’ edificio prevede un nucleo polifunzionale di due elevazioni fuori terra, e ha uno sviluppo prettamente longitudinale, parallelo alla strada di accesso principale, dovuto alla geometria del lotto edificabile assegnatoci, come previsto dal bando di concorso. La parte antistante si apre su una piazza molto estesa, dotata degli opportuni servizi, e viene denunciata da ampie vetrate che lasciano trasparire il volume interno in bamboo (usato come rivestimento o talvolta come elemento di schermatura dai raggi solari). La parte retrostante è invece caratterizzata dall’ ampio tetto giardino che permette l’ invasione della natura sull’ edificio, e che cela l’ edificio stesso, rivelato solamente da due bucature (una in prossimità della sala espositiva del piano superiore, e una nella parte inferiore, che apre centralmente l’ edificio e lo rende attraversabile dalla strada verso i campi). Tenendo conto del programma funzionale imposto dal bando di concorso, si è deciso di collocare al piano terra i servizi, la multimedia windows, e le attività di ristorazione (cafè, ristorante e street food), rese accessibili durante l’ intera giornata, anche durante gli orari di chiusura delle esposizioni, dalle piazze esterne alle quali sono connesse. La sala espositiva è stata posta nel piano superiore dell’ edificio, raggiungibile da due ascensorie da una scala, che sbalza dal volume centrale verso l’ atrio comune interno. La scelta di adottare i presupposti tecnici relativi ad un edificio ad elevata massa termica, ponendo l’ edificio sotto il grande tetto giardino, ha permesso di garantire un certo livello di comfort termoigrometrico interno per la maggior parte dei mesi dell’ anno, con la possibilità di ricorrere ad un impianto di riscaldamento o di raffrescamento dell’ aria solo in un numero limitato di ore, favorendo in questo modo un abbattimento dei costi energetici, rispetto ai consumi medio annui di edifici pubblici realizzati secondo le normative correnti. Altra scelta legata ad un approccio sostenibile al progetto è stata quella di impiegare un materiale naturale come il bamboo. Esso è facilmente rintracciabile in una zona a clima tropicale come quella vietnamita, inoltre è forse il materiale sostenibile per eccellenza, per costo e rinnovabilità, grazie alla sua rapida crescita di circa 15 m all’ anno di lunghezza e 25 cm di diametro massimo. Il bamboo presenta un elevata resistenza a flessione, è circa 50 volte più resistente del legno di quercia, ma più leggero del calcestruzzo, ed ha un aspetto estetico molto gradevole.
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3.5 LA DISTRIBUZIONE FUNZIONALE
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La Hall avvolge lo spazio interno e contribuisce a smistare i flussi attraverso gli ascensori e le scale addossate al volume in bamboo, per salire al piano superiore. Serve inoltre, a collegare l’ ingresso principale allo shop che si trova nella parte opposta dell’ edificio. E’ dotata di una reception e di un guardaroba nonché dei servizi igienici. Una grande superfice vetrata, posta a tre metri dal volume interno, illumina l’ ambiente interno e genera un buffer climatico utile alla ventilazione naturale. 46
La Multimedia windows è stata suddivisa in due differenti ambienti. Uno strettamente connesso con l’ Expo Milanese attraverso due schermi , ed uno più riservato in cui si può godere della visione di immagini inerenti alla cultura etnoantropologica e culinaria del Vietnam. 47
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La Sala espositiva, collocata al primo piano dell’ edificio, è caratterizzata da un’ ampio open space, che opportunamente compartimentato, consente di adattarlo alle più svariate esposizioni. Dal suo interno, attraverso un un varco vetrato aperto nella copertura, si può godere della vista sui campi retrostanti, che diventano così, parte integrante dell’esposizione stessa. Oltre alla sala principale, si hanno due spazi esterni ad essa, che aggettano sullo spazio distributvo della hall, uno in cui si ha accesso all’ utilizzo degli escensori, e uno accessibile da una rampa, in cui le esposizioni della sala principale hanno un seguito, in uno spazio a ballatoio da cui è possibile ammirare oltre alle opere esposte, lo spazio circostante.
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Il Cafè è collocato nella zona centrale dell’ edificio, in prossimità dello squarcio che permette l’ accesso alla piazza adiacente ai campi. Ampie superfici vetrate permettono, anche dal suo interno, la visione dei contadini vietnamiti durante le loro attività. Si ha così la possibilità di fruire di un luogo di ristoro, con una vista privilegiata sulla natura, godendo inoltre dell’ ombra concessa dall’ ampia copertura verde. 52
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Il Ristorante è collocato nella zona centrale dell’ edificio, in prossimità dello squarcio che permette l’ accesso alla piazza adiacente ai campi. Si sviluppa su più livelli, pensati come i terrazzamenti delle tipiche risaie vitnamite, che partendo dalla quota della piazza, scendono gradualmente verso i locali seminterrati dove si trovano le cucine. Questo espediente è stato adottato per consentire il completo sfruttamento dello spazio al di sotto della copertura, che proprio in prossimità del ristorante va degradando verso la quota zero dei campi. Nonostante ciò, da ogni punto del ristorante è possibile la visione del paesaggio circostante, sia sui campi che sulle piazze adiacenti all’ edificio.
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Lo Shop, prospicente la piazza in cui si trovano il centro culturale e l’ area assegnata allo street food, è stato pensato come uno spazio a tutta altezza che rappresenta la tappa finale del persorso museale all’ interno dell’ edificio (ma che può essere accessibile in maniera indipendente da esso, anche negli orari di chiusura delle esposizioni), in cui sia i visitatori che gli abitanti del villaggio, possano avere la possibilità di acquistare souvenir e tutti i prodotti coltivati nella Farm, tipici della cultura culinaria Vietnamita. 55
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Gli Street food sono stati collocati nella piazza depressa che avvolge, valorizzandolo, il centro culturale preesistente. Questo spazio è stato pensato per ricreare, all’ interno di un luogo identitario del villaggio, l’ atmosfera delle affollate vie della città in cui gli abitanti di Hanoi amano trascorrere il loro tempo, godendo inoltre delle tipiche pietanze dello street food vietnamita, in questo caso in maniera sostenibile in quanto si tratta di cibo a chilometro zero. Lo spazio si configura come un luogo aperto in cui i vari stand sono separati da dei divisori in bamboo, con la presenza nei pressi dello shop, di un soppalco che permette la fruizione e la visione della piazza ad una quota maggiore.
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Gli Uffici si configurano come spazi destinati alla gestione ed amministrazione della Urban Farm, nonchè dell’ impianto museale ad essa connesso. Ubicati nella porzione più interna dell’ edificio e disposti secondo l’ asse longitudinale dell’ oggetto architettonico, sono costituiti essenzialmente da: direzione, segreteria, ufficio stampa. Ad essi si accede mediante un corridoio, che li mette in comunicazione con la hall di ingresso, nel quale inoltre si trovano i servizi sanitari e l’ accesso al guardaroba (a servizio del museo), che si trova nella parte retrostante la reception. 59
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4 LA SOSTENIBILITÀ
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Dal punto di vista della tecnologia dell’ architettura, adottare un approccio sostenibile, in sintesi, significa porre grande attenzione alle risorse fisiche, ambientali, energetiche e tecnologiche del nostro pianeta e alle questioni relative alla salute e all’ efficienza dei processi costruttivi, in modo che questi provochino il minor impatto possibile sull’ ambiente e sui singoli individui. Di conseguenza sostenibile è un prodotto (materiale o immateriale): • che si prefigge di raggiungere le sue prestazioni caratteristiche impiegando sempre minori quantità di materia (che spesso non è rinnovabile); • che si basa su materiali rinnovabili e su processi produttivi non inquinanti; • che impiega lavorazioni e materiali non tossici; • che, nel caso si tratti di un manufatto, è costituito da materiali omogenei, facilmente separabili in fase di manutenzione, trasformazione, smontaggio, demolizione, smaltimento e riciclaggio. “Progettare sostenibile” allora significa: • curare le scelte di progetto in relazione alla forma e all’ orientamento, al rapporto coperto/scoperto, al soleggiamento, l’ irraggiamento, la produzione di ombre, la geometria delle pareti esterne e delle coperture; • porre attenzione alle scelte relative agli impianti (di quartiere, di edificio, e di singola unità immobiliare); • curare le scelte relative allo “stile” costruttivo, all’ uso dei materiali e componenti in ordine alla costruzione, alla manutenzione, alle emissioni nocive, alla flessibilità nel tempo, alla dismissione finale; • porre attenzione alla progettazione del verde, del paesaggio, del quartiere (alberature, rapporto con l’ automobile a grande e piccola scala, arredo urbano ecc. ecc.), dal momento che l’ edificio da solo non è in grado di far fronte a tutti i problemi da affrontare. Nel seguente capitolo sarà affrontata la questione della sostenibilità e dell’ applicazione dei principi che essa suggerisce in architettura. Saranno inoltre descritti, gli espedienti tecnici che si è deciso di adottare nel progetto, al fine di raggiungere gli obiettivi prefissi nella fase preliminare.
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4.1 PRINCIPI
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I repentini cambiamenti climatico-ambientali, ma anche socioeconomici, che contraddistinguono la situazione globale nel periodo storico che stiamo vivendo, suggeriscono un’ idea di architettura che possa adattarsi all’ insorgere di nuove necessità. La competizione internazionale che si è venuta a creare nel passato per l’ accesso alle risorse energetiche convenzionali, che diventano sempre più scarse, tenderà sempre più a intensificarsi in futuro, e i problemi di dipendenza energetica non potranno che aggravarsi. Nel 1997 è stato istituito il “Protocollo di Kyoto”, attraverso il quale 169 nazioni del mondo si sono impegnate a ridurre le emissioni di gas serra per rimediare ai cambiamenti climatici in atto. Per raggiungere questi obiettivi oggi si lavora su due vie: • risparmio energetico, attraverso l’ ottimizzazione dell’energia, sia nella fase di produzione che negli usi finali; • sviluppo di fonti alternative di produzione energetica, rispetto al consumo massiccio di combustibili fossili. La comunità scientifica internazionale deve far fronte a due sfide di notevole importanza a livello globale. La prima è quella di reperire ed assicurare le risorse energetiche per sostenere la crescita e lo sviluppo economico dei paesi sviluppati e soprattutto di quelli in via di sviluppo, la seconda è invece quella di placare i processi di mutazione del clima, già adesso in atto, mirando alla salvaguardia dell’ ambiente. Per trovare un equilibrio tra queste due diverse esigenze, bisogna realizzare una vera e propria rivoluzione culturale mirata a una transizione orientata verso un sistema di approvvigionamento energetico ed uno sviluppo sostenibile, cosa che oggi ci è consentita dallo sviluppo tecnologico, che ci offre tutti gli strumenti possibili per far fronte a questa situazione. Lo sviluppo sostenibile rappresenta una visione globale del concetto di sviluppo, una strategia che si articola a diversi livelli. Esso in sintesi, potrebbe essere definito come una forma di sviluppo economico e sociale, in cui la crescita economica avviene entro i limiti delle possibilità ecologiche degli ecosistemi e della loro capacità di rigenerarsi, al fine di soddisfare i bisogni delle generazioni future. Infatti tutti gli esseri umani, al di la della loro struttura sociale, politica ed economica, hanno bisogno di beni materiali naturali e biologici per soddisfare i propri bisogni inerenti l’ alimentazione, l’ abitazione, l’ energia, la medicina ed in generale per raggiungere un buon livello di qualità della vita. Poiché lo sviluppo economico dipende dalla disponibilità di risorse naturali, mantenerne la riproducibilità rappresenta la chiave per la sostenibilità. Tale riproducibilità viene mantenuta solo da un uso razionale delle risorse, che tenga conto dei meccanismi di funzionamento degli ecosistemi e in generale delle capacità di carico ambientali. In questo senso il concetto di sostenibilità sta generando un grande cambiamento nel mondo dell’ architettura, puntando al contenimento dei costi di costruzione e gestione, e a uno sfruttamento razionale
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delle risorse energetiche nel tempo, mediante il controllo delle condizioni ambientali dell’ edificio. La necessità del contenimento dei consumi energetici ha portato una buona parte degli attori coinvolti nel settore edilizio a riconsiderare il rapporto tra sistema tecnologico e sistema ambientale, che di fatto regola in buona misura la qualità dell’ organismo edilizio. Lo studio e l’ adozione di soluzioni per la ventilazione naturale, per il riscaldamento/raffrescamento, per il guadagno energetico e termico, sono divenuti negli ultimi quindici anni, parte di un più ampio processo di evoluzione della cultura architettonica a diversi livelli, motivo per cui oggi si fa sempre più riferimento a un’ architettura che si definisce bioclimatica o sostenibile. L’ architettura sostenibile è l’ architettura che, integrando nell’ edificio strutture e tecnologie appropriate, conferisce priorità alle finalità progettuali determinate dall’ esigenza di efficienza energetica, di riduzione dell’ impatto ambientale, di miglioramento della salute e del comfort, migliorando la qualità della fruizione da parte degli utenti. Gli edifici devono essere pensati come un’ interfaccia tra ambiente interno ed esterno. La regolazione delle condizioni microclimatiche interne, si ottiene controllando attentamente le caratteristiche geometriche, di localizzazione e tecnologiche della costruzione edilizia. Con semplici accorgimenti progettuali si possono migliorare notevolmente le caratteristiche termiche di un edificio. Il progetto deve basarsi su uno studio accurato del luogo (partendo dalla conoscenza delle caratteristiche climatiche), che permette di mettere in atto le più opportune soluzioni progettuali che consentono il mantenimento all’ interno dell’ edificio delle condizioni di comfort termico e di illuminazione naturale, limitando al minimo l’ intervento degli impianti che comportano consumi energetici da fonti convenzionali. L’ utilizzo di fonti rinnovabili per intervenire nel controllo del comfort, del riscaldamento/raffrescamento e dell’ illuminazione degli ambienti, può avvenire attraverso tre tipi di sistemi: sistemi attivi (impianti a pannelli fotovoltaici, macchine eoliche, impianti idroelettrici, ecc); sistemi passivi (schermature solari, roof garden, pareti ventilate, etc); sistemi ibridi. I sistemi attivi captano, accumulano e utilizzano l’ energia proveniente da fonti rinnovabili con una tecnologia di tipo impiantistico. Questi risultano sicuramente utili nell’ integrazione del fabbisogno energetico, la loro natura strettamente impiantistica limita la loro influenza nella progettazione di un organismo edilizio. Nei sistemi passivi invece, è l’ edificio stesso che, attraverso i suoi elementi tecnici, capta, accumula e trasporta al suo interno l’ energia ricavata da fonti rinnovabili. La progettazione di un organismo architettonico con criteri passivi implica quindi, una organizzazione di tutto lo spazio e dei suoi elementi in funzione di un’ ottimizzazione delle risorse ambientali, con importanti conseguenze sul manufatto architettonico finale. Lo sfruttamento dell’ energia solare, per esempio, nel nostro emisfero, implica non solo l’ orientamento
di fronti larghe verso sud, ma anche una forte presenza di aperture vetrate per captare l’ irraggiamento del sole e, di contro, una chiusura verso il fronte nord per diminuire le dispersioni di calore. I sistemi ibridi sono sistemi che combinano insieme sistemi passivi e sistemi attivi.
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4.2 LA MASSA TERMICA
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Una delle tecniche più utili per controllare il microclima interno degli edifici, che si è deciso di utilizzare in sede di progetto, è l’ aumento della loro Massa termica (o inerzia termica), che è definita come la capacità di un edificio di accumulare e rilasciare calore, ovvero, come la capacità dell’ edificio di variare più o meno lentamente la propria temperatura come risposta alle variazioni di temperatura esterna, o a quelle prodotte da una sorgente di riscaldamento/raffreddamento al suo interno. L’ inerzia termica consente all’ edificio di immagazzinare energia durante il giorno e di rilasciarla successivamente in un arco di tempo variabile, a seconda delle caratteristiche della struttura. Maggiore è l’ inerzia termica, minore sarà la velocità con cui la temperatura interna dell’ aria aumenterà, o diminuirà, in risposta ad un incremento, o decremento, della temperatura esterna. Al concetto di massa termica sono collegati quelli di trasmittanza termica e di capacità termica, essa infatti è direttamente proporzionale alla capacità termica e inversamente proporzionale alla trasmittanza. Per Trasmittanza termica di un corpo si intende la capacità di un materiale di consentire lo scambio di calore. Quando una superficie (che nel campo edile può essere una parete, una finestra o un qualsiasi tipo di infisso) è sottoposta a un gradiente termico (come la differenza di temperatura tra l’ interno dell’ edificio e l’ esterno), il calore tende a trasferirsi dall’ ambiente più caldo all’ ambiente più fresco. In tal modo, infissi e pareti con un’ alta trasmittanza termica (che consentono il passaggio di calore) saranno causa di edifici caldi in estate e freddi in inverno, rendendo più dispendiose (in termini energetici ed economici) le misure per raggiungere lo standard di comfort interno desiderato. Dunque più il valore di trasmittanza è basso, maggiore è l’ isolamento della struttura in esame. Tanto maggiore è l’ isolamento termico, cioè tanto minore è la trasmittanza, tanto maggiore è l’ inerzia termica di una struttura. Per Capacità termica di un corpo si intende il rapporto fra il calore che il corpo scambia con l’ ambiente, e la variazione di temperatura che ne consegue. Un elevato valore di capacità termica dunque, è ottenibile realizzando una muratura molto spessa, che limita le variazioni di temperatura interne dell’ edificio rispetto a quelle che si registrano nell’ ambiente esterno, e contribuisce a isolare l’ edificio limitando le dispersioni energetiche. L’ affermazione della bioarchitettura, che cerca di sfruttare gli apporti energetici naturali in maniera passiva prima di ricorrere a impianti tecnologici attivi, così come si è cercato di fare in sede di progetto, ha portato alla riscoperta di diverse tipologie architettoniche tradizionali, in cui tali principi sono sapientemente applicati con ottimi risultati. Alcune di queste tipologie architettoniche sono state studiate durante le operazioni preliminari di progetto, in modo da capire come in un secondo momento tali principi potessero essere applicati nel progetto stesso. Principalmente ci si è soffermati sullo studio di 2 tipologie abitative, diffuse nel mediterraneo, che si basano sullo sfruttamento dell’ inerzia termica della muratura: i Trulli pugliesi e i
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Dammusi di Pantelleria. Il Trullo (figura 3), è costituito da una grande massa muraria in pietra, che in estate, mitiga la temperatura interna, rispetto a quella esterna, di circa 6-7 °C. Di notte il calore accumulato viene dissipato attraverso la ventilazione naturale, creata con apposite fessure sulla parte bassa della porta, e da forature presenti nella copertura. La struttura è in muratura a secco di grande spessore (1-2 metri), mentre la copertura a pseudo cupola è più leggera con spessore decrescente verso la cuspide e rivestita con calce sulla superficie esterna.
Fig.3 : Il tipico Trullo pugliese.
Il Dammuso (figura 4), ha una struttura costituita da una doppia parete in muratura di pietra a secco, in cui l’ intercapedine viene riempita da pietrame minuto, e da una volta a botte in pietra. La forma è compatta e rettangolare. L’ orientamento è tale da offrire la minor porzione di superficie possibile al vento dominante. Le uniche aperture sono la porta, e i piccoli fori rotondi che permettono una debole illuminazione diurna. La massa muraria smorza i flussi di calore, mentre la volta ne permette la dissipazione durante la notte.
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Fig.4 : Il tipico Dammuso di Pantelleria.
In definitiva, in un edificio ad alta inerzia termica il calore accumulato durante il giorno viene trasferito negli ambienti nelle ore notturne. In inverno, questo permette di accumulare calore nelle ore di maggior radiazione solare, in cui si sfrutta il riscaldamento diretto per irraggiamento, per fornire un maggiore apporto termico nelle ore notturne più fredde (figura 5). In estate l’ accumulo di energia termica nelle ore diurne, contribuisce a diminuire la temperatura interna nelle ore più calde, ma quando questa viene rilasciata, nelle ore notturne anch’ esse calde, risulta comunque sgradevole (figura 6), per cui si ha la necessità di ricorrere anche a tecniche di ventilazione naturale per eliminare il calore in eccesso.
Fig.5 : Il funzionamento della massa termica in inverno.
Fig.6 : Il funzionamento della massa termica in estate.
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4.3 IL TETTO GIARDINO
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Il Tetto giardino, è una soluzione tecnologica ad alta inerzia termica, che garantisce un equilibrio termoigrometrico all’ interno dell’ edificio nelle diverse stagioni. L’ utilizzo di questa soluzione su larga scala, potrebbe regolarizzare il rapporto tra verde e costruito all’ interno delle grandi città, riducendo sia le emissioni di anidride carbonica, sia l’ effetto “isola di calore”, fenomeno che consiste nell’ innalzamento della temperatura media urbana rispetto a quella riscontrata nelle zone rurali limitrofe. La particolare morfologia delle aree metropolitane ha incrementato la capacita di accumulo energetico, e ridotto gli scambi di calore verso le zone circostanti, di conseguenza, una maggiore quantità di energia rimane all’ interno della città e l’ ambiente risulta più caldo. Nel centro città, infatti, la grande concentrazione di aree edificate, unite all’ elevata conducibilità termica di alcuni materiali, determina un assorbimento del 10% in più di energia solare rispetto ad una corrispondente area coperta da vegetazione. La differenza di temperatura tra città e campagna, è massima qualche ora dopo il tramonto, ed è minima nel primo pomeriggio. Durante le ore notturne la situazione non migliora poichè l’ irraggiamento infrarosso del calore accumulato durante il giorno viene intercettato dagli edifici anziché disperdersi nello spazio. Questo, unito alla produzione di polveri, e alle immissioni di sostanze inquinanti, contribuisce a innalzare la temperatura, trasformando la città in una vera e propria isola di calore. L’ utilizzo di alberature e piante permette di sfruttare il processo fotosintetico, che trasforma l’ energia solare in energia biochimica assorbendo, in particolare, le radiazioni più calde. E’ stato calcolato infatti, che il verde assorbe una percentuale pari al 60-90% della radiazione solare. Inoltre, è stato stimato che l’ ombreggiamento della vegetazione riduce il carico termico entrante negli edifici fino al 50%, abbassando le temperature superficiali. L’ utilizzo della vegetazione sul tetto degli edifici può portare altri numerosi vantaggi economici ed ecologici: filtra l’ inquinamento urbano; riduce la velocità del vento; protegge il manto impermeabile prolungandone la durata; è in grado di trattenere in copertura, e restituire all’ambiente con l’evaporazione, fino al 70% della pioggia. L’ acqua evaporando lentamente, impedisce il surriscaldamento della copertura e sottrae calore agli ambienti sottostanti. Tale fenomeno determina un certo risparmio energetico, pertanto è opportuno considerarlo in fase di progettazione dell’ edificio. Il tetto giardino permette anche di controllare il regime delle acque, e quindi di limitare le portate defluenti nelle fogne. Esistono due tipologie di tetto verde: una a coltivazione estensiva e l’ altra a coltivazione intensiva. La prima soluzione è adatta sia per coperture a falde (fino a 30°) che piane. Il substrato terroso è costituito prevalentemente da componenti minerali e ha uno spessore di 10-15 cm sul quale è possibile collocare piante con una lunghezza di radici contenuta. Lo strato vegetativo sarà costituito principalmente da piante grasse, da muschio, o da un tappeto erboso. Inoltre, grazie al sottile strato di terra, il suo peso è contenuto e quindi si può adottare anche su strutture esistenti. La manutenzione è ridotta e non necessita solitamente
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di irrigazione addizionale. La seconda tipologia è, invece, applicabile solo alle coperture piane. E’ un vero e proprio giardino con prato, piante e alberi dove il substrato terroso ha uno spessore che varia dai 50 agli 80 cm. Possiede delle ottime proprietà di isolamento termico e acustico. Ha una maggiore ritenzione delle acque piovane, ma necessita ugualmente di un sistema di irrigazione supplementare e di una maggiore manutenzione. Facendo un rapido excursus storico, l’ esempio principale e più antico che è possibile fare, quando si pensa agli esempi di tetto giardino, è senza alcun dubbio quello relativo ai Giardini pensili di Babilonia. L’ imponente torre, che si ergeva per collegare la vita terrena dell’ uomo con la vita spirituale nei cieli e raggiungere la vicinanza a Dio, rappresenta il punto d’ inizio di quelli che oggi sono chiamati giardini pensili intensivi. Di quest’ opera, commissionata da Nabucodonosor II (605-506 a.C.) per la moglie Aniti, non rimane molta traccia, tutto si basa sulla ricostruzione e ricerca basata sull’ iconografia rinvenuta fino ai giorni nostri. I giardini dovevano essere disposti su terrazzamenti, erano formati da vegetazione arborea, arbustiva ed erbacea. Il terreno su cui erano poste a dimora le piante si suppone fosse composto da uno strato drenante e lo spessore complessivo doveva raggiungere un metro o due. La cosa straordinaria era la capacità di riuscire a mantenere sempre verdi le piante, considerando che il clima del luogo non favoriva certamente la crescita se non si interveniva con irrigazioni frequenti. E’ per questo motivo che si suppose che tutta l’ intera costruzione doveva essere stata pensata per far scorrere al proprio interno, tramite appositi canali, l’ acqua per il fabbisogno delle piante e per gli ambienti interni. Altri esempi nella storia, relativi ai giardini pensili, sono quelli che si possono ricondurre alle tombe risalenti al periodo degli Etruschi (XI secolo a.C.). Il terreno che veniva asportato per ricavare una tomba sotto terra, era poi utilizzato per coprire la parte superiore con vegetazione. Oltre agli Etruschi, esempi di giardini pensili, si ebbero nel periodo romano con il Mausoleo di Augusto, il Mausoleo di Adriano a Roma, la Villa dell’ Imperatore Adriano a Tivoli e le Ville di Plinio il Giovane. A seguire, nel periodo medioevale, il giardino pensile si poteva ritrovare nei monasteri e nelle fortezze dei castelli. Essi erano utilizzati dai monaci come orti dove coltivare le molte essenze officinali, nel secondo caso invece erano semplicemente degli accumuli di terra ricoperta da vegetazione, a ridosso dei muri e dei bastioni, allo scopo di attutire i colpi d’ arma da fuoco e prevenire danni strutturali. Successivamente il giardino pensile riacquisterà il suo valore ornamentale. E’ nel periodo, dal XV secolo sino alla seconda metà del XIX secolo, che la funzione estetica e ornamentale torna in auge. Tra i manufatti architettonici più importanti a riguardo, è possibile citare: la villa D’ Este a Tivoli, Villa Aldobrandini a Frascati, la Reggia di Versailles a Parigi, il Palazzo Reale di Napoli, i giardini del Belvedere in Vaticano. Se fino a quel momento il giardino pensile rappresentava il giusto equilibrio fra bellezza e funzionalità, è nella seconda metà del XVII sec. che ne vengono invece esposti i pregi a livello ambientale ed ecologico. In quel periodo, l’ alto tasso di inquinamento industriale
e la forte densità di aree antropizzate, portò gli architetti del tempo ad evidenziare la necessità di individuare metodi che permettessero una maggiore mitigazione ambientale e una migliore compensazione urbana. Oltre a creare interi quartieri con al centro estese aree destinate a parchi, i progettisti, cercarono di investire sulla creazione di aree verdi sui tetti degli edifici. Facendo riferimento all’ architettura contemporanea invece, si può dire che in questo campo hanno fatto scuola la California Science Academy di San Francisco progettata da Renzo Piano e la Nanyang Technical University di Singapore progettata dallo studio CPG.
Fig.7 : California Science Academy.
Fig.8 : Nanyang Technical University.
La California Science Academy (figura 7), è coperta da un prato sospeso a 10m di altezza, caratterizzato da un profilo ondulato che evoca un paesaggio collinare. Le piante che crescono sul tetto contribuiscono a conservare una temperatura fresca all’ interno dell’ edificio, e hanno permesso al progettista di rinunciare a predisporre la presenza di un impianto di condizionamento dell’ aria. Le “colline” della copertura filtrano infatti l’ acqua piovana, fornendo una buona circolazione dell’ aria nelle zone sottostanti, nonché un ottimo isolamento per l’ intero edificio. Il tetto verde risulta interrotto nella fascia perimetrale da una copertura vetrata nella quale sono integrate 55 mila celle fotovoltaiche. Diversi lucernari sono distribuiti sulla superfice verde, permettendo il passaggio della luce; un sistema computerizzato ne consente inoltre l’ apertura per la ventilazione naturale degli ambienti sottostanti. La Nanyang Technical University (figura 8), è un edificio di cinque piani collocato all’ interno del campus di Singapore che si fonde perfettamente con l’ ambiente naturale circostante. Il tetto crea un ampio spazio aperto in cui le piante garantiscono un abbattimento delle temperature interne, nonché il trattenimento delle acque piovane. Le finiture interne sono volutamente grezze, in modo tale da stimolare la creatività di studenti ed insegnanti.
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5 IL SISTEMA TECNOLOGICO
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Un sistema tecnologico sostenibile è, in linea di principio, ma non solo, realizzato con materiali sostenibili: vale a dire che non è sufficiente un’ uso consapevole dei materiali a garantire la sostenibilità del sistema tecnologico, e che le scelte vanno condotte con riguardo all’ intero ciclo di vita del prodotto edilizio. Il ciclo di vita di un prodotto o di un materiale, può essere a sua volta sommariamente articolato nelle fasi della progettazione, costruzione, uso e dismissione. Gli ultimi tre termini (costruzione, uso e dismissione) possono assumere caratteri di sostenibilità diversi a seconda del sistema tecnologico adottato. In un’ ottica di progettazione sostenibile, si parla di Life Cycle Design (LCD) e di Life Cycle Assessment (LCA) al fine di tener conto che l’ edificio, nel suo intero ciclo di vita, dovrà probabilmente rispondere a mutate esigenze, e che a questa necessità si dovrà rispondere in termini economicamente ragionevoli. Fra le esigenze di una progettazione LCD assume allora rilevanza la scelta di un sistema tecnologico che consenta facili ed economiche azioni di flessibilità interna e di adattamento. Date le premesse, allora, le prestazioni di un sistema tecnologico e di un cantiere sostenibile sono schematizzabili come segue: • minimizzazione dei trasporti (vanno valutate cioè le ricadute dell’ attività costruttiva sul sistema dei trasporti e sulla qualità della vita dell’ intero contesto in cui si opera); • uso di materiali locali (un materiale o un componente sostenibili in un preciso luogo fisico non sempre lo sono in un altro); • sistemi costruttivi riusabili (è questa forse la sfida tecnologicamente più difficile: si richiede che il sistema tecnologico non sia solo facilmente montabile e smontabile ma anche facilmente riusabile; • marcatura dei componenti (si tratta di un criterio diffuso nella produzione industriale che permette di risalire dal componente al suo produttore, alle sue caratteristiche tecniche e alle modalità di interfacciamento e di esercizio); • materiali riciclabili (il riciclo, assieme a reimpiego e riutilizzo costituisce un passaggio obbligato per la sostenibilità dei materiali da costruzione); • manutenibilità (il ciclo di vita del prodotto edilizio, diversamente dal prodotto industriale, si misura in molti decenni o in secoli. Questo pone il problema di contrastare il degrado dei materiali e gli inevitabili guasti che si potranno verificare nel tempo). Di tutte queste questioni si è tenuto conto nella scelta del sistema tecnologico, illustrato nei dettagli nel seguente capitolo.
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5.1 STRATEGIE SOSTENIBILI
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1. Radiazione solare. Analizzando l’ incidenza del sole sull’ area di progetto in tre differenti stagioni, e considerando che le radiazioni solari di maggiore entità, in Vietnam, sono provenienti da ovest e si hanno alle ore 15:00, si è deciso di disporre l’ edificio in direzione nord-sud secondo il lato più lungo, ponendo verso ovest la copertura inclinata, in modo da schermare l’ edificio rispetto ai raggi solari secondo tale direzione. Si è scelto quindi, di collocare ad est la piazza principale, di modo che fosse sempre ombreggiata nelle ore più calde, e di disporre le superfici vetrate in modo da, sfruttare l’ irraggiamento solare diretto nelle ore del giorno in cui la radiazione solare è più debole, e ottenere una buona illuminazione naturale evitando un eccessivo surriscaldamento interno dell’ edificio nelle ore più calde. 2. Tetto giardino. L’ utilizzo di questo particolare elemento tecnico, permette di creare una mediazione tra natura e costruito. Grazie alla vegetazione presente in sommità si ottiene: una maggiore schermatura dalla radiazione solare, l’ assorbimento della stessa, e un miglior controllo del microclima interno grazie all’ evaporazione naturale. Lo strato verde inoltre, trattiene le acque nocive provenienti dalle piogge, non immettendole nelle fogne e quindi contenendo l’ inquinamento delle falde acquifere sottostanti. Infine grazie agli strati di cui il tetto giardino si compone, esso contribuisce all’ aumento dell’ inerzia termica dell’ edificio, e quindi all’ aumento della capacità della copertura di trattenere calore nelle ore più calde, per poi rilasciarlo lentamente durante le ore più fredde. 3. Rivestimento in bamboo. La scelta di questo materiale come rivestimento interno è stata fatta in funzione della sua facile reperibilità, della sua economicità, delle caratteristiche biologiche e meccaniche, alle quali si è accennato nei capitoli precedenti. Inoltre usato come brise-soleil, contribuisce a proteggere la sala espositiva dall’ irraggiamento solare diretto, e a creare quel buffer di calore nella sommità dell’ edificio, necessario per generare il moto convettivo dell’ aria che favorisce la ventilazione naturale. 4. Ventilazione naturale. Per garantire una certa ventilazione naturale si è creato un buffer climatico tra la parete vetrata e il rivestimento in bamboo. Tale soluzione garantisce che si generi un moto convettivo tra l’ aria calda presente nella parte superiore dell’ edificio, che viene espulsa dalla finestra della sala espositiva, e quella fresca che si introduce dalla parte bassa della superficie vetrata prospiciente sulla piazza. 5. Geotermia. Lo sfruttamento dell’ energia geotermica, ovvero del calore presente nel sottosuolo, che a determinate profondità presenta una temperatura costante per tutto l’ anno, permette l’ uso di un sistema a basso consumo energetico per la mitigazione della temperatura interna. Si immette, attraverso un circuito chiuso, dell’ acqua, che prima assorbe il calore presente nel sottosuolo e poi lo trasferisce alla pompa di calore. Essa quindi ha a disposizione una sorgente termica costante per tutto l’anno che le garantisce una certa efficienza energetica. Lo stesso principio vale nel caso si decida di sfruttare la geotermia per il raffrescamento. 6. Raccolta delle acque meteoriche. L’ acqua in eccesso viene raccolta in un serbatoio, e dopo aver subito un processo di depurazione, viene poi riutilizzata per l’ irrigazione dei campi.
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