Free 24 Magazine - Novembre 2012

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mag a z i n e F R EE - P R E S S | anno 1 | novembre 2012

evergreen NEWS & CITY LIFE edizione SALENTO

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editoriale

Edizione Pubblidea di Perchinenna Alessandro Direttore Alessandra Caputo Grafica Letizia Taveri Alessandro Perchinenna

"La vecchiaia è l’unico sistema che si sia trovato per vivere a Charles de Sainte Beuve lungo".

SOMMARIO

Stampa Servizi Grafici by A.G.P. Srl In questo numero hanno collaborato: Francesco Marchionna Simone Aretano Michele Lamacchia Francesco Buongiorno Per la pubblicità Pubblidea Brindisi Via Prov.le San Vito, 64 348 9969774 - 3486035144 info@pubblidea.eu Per le notizie redazione@freebrindisi.it info@free24.it

NEWS

ATTUALITà - POLITICA INCONTRI - SPORT

focus

LA TERZA ETÀ? UNA RISORSA SOCIALE

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www.free24.it archeologia ANNO 2 - novembre 2012

abbinamento gratuito con il quotidiano Senzacolonne

la madre più antica del mondo

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Registrazione Tribunale di Brindisi n. 8/11 Reg. Stampa del 04/11/2011

IN EVIDENZA

N.i.d. platform nuova piattaforma della danza italiana

Enogastronomia youtube.com/freebrindisi

esordio letterario per il buon fabio di Striscia la notizia

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Ricordate il film Cocoon? Una divertente commedia-fantasy con protagonisti alcuni ospiti di una comunità per anziani della Florida, che improvvisamente e misteriosamente riacquistano energie giovanili perdute da un pezzo. La ragione sono i cocoon (bozzoloni), che alcuni benevoli alieni hanno depositato nella piscina della casa di riposo. A distanza di ventisette anni (il film è del 1985) non servono gli omini grigi per vedere anziani più che arzilli. La cosiddetta generazione dei ‘baby boomer’, nati tra la fine della guerra e l’inizio degli anni Sessanta, rappresenta oggi una grossa percentuale della popolazione attiva, in Italia come in Europa. Il numero degli ultrasessantenni è in rapida ascesa e pretende sempre più spazio e considerazione. A 70 anni si è in pensione, ma si ha ancora molto da offrire alle proprie famiglie e alle comunità in cui si vive. Ne è convinta l’Unione europea che ha dichiarato il 2012 “Anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni”, per accrescere la consapevolezza generale e l’attenzione dei policy maker sulle principali sfide poste dai cambiamenti demografici: una forza lavoro sempre più anziana, la sostenibilità degli schemi previdenziali, l’organizzazione e il finanziamento dei servizi socio-sanitari. L’invecchiamento demografico del vecchio continente comporta nuove esigenze da soddisfare, non solo quelle delle persone più anziane, ma anche quelle delle persone appartenenti alle altre fasce d’età, al fine di trovare soluzioni sostenibili ed eque per tutte le generazioni interessate dal cambiamento in atto. La sfida per i responsabili politici e tutte le parti interessate, è migliorare le possibilità di invecchiare intervenendo in settori tanto diversi quanto il lavoro, l’assistenza sanitaria, i servizi sociali, l’istruzione per gli adulti, il volontariato, gli alloggi, i servizi informativi o i trasporti. La nuova versione della longevità si evolve nel quotidiano. alessandra.caputo@freebrindisi.it

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news dal mondo

GRECIA L’isola in cui non c’è la morte

Da qualche anno è uso consolidato chiamarle «zone blu»: sono quelle piccole e limitate aree del Pianeta in cui la vita sembra scorrere più lentamente e, sospesa nel tempo, arriva con relativa facilità a superare la soglia dei 100 anni, molto spesso con tanto di buona salute. In Italia, il caso celebre perché oggetto di molti studi è quello della provincia dell’Ogliastra; in Giappone, dall’altro lato del globo, l’isola di Okinawa vanta una popolazione di ultracentenari forti e sani: e non sono i soli esempi. E poi c’è Ikaria. In questa piccola isola dove Dedalo seppellì il corpo fanciullo di suo figlio Icaro, che con le ali fabbricate dal padre era volato imprudentemente troppo vicino al Sole facendo sciogliere la cera che le fissava alla schiena, il tempo sembra svolgersi in una dimensione particolare che consente ai membri della sua piccola popolazione (poche migliaia di individui) di lasciar cadere nell’oblio persino la morte. «Noi abbiamo semplicemente dimenticato di morire» ha ironizzato una signora di 101 anni, tra le protagoniste delle interviste del NY Times. Osservando le dinamiche delle “zone blu” come Ikaria, gli esperti hanno più volte rilevato un’incidenza visibilmente più bassa di patologie che caratterizzano fortemente

la società occidentale come le malattie cardiovascolari ma anche le demenze senili e la depressione. Eppure, come sottolineato dallo studio, le cause genetiche pesano in una percentuale sensibilmente più bassa rispetto all’importanza che lo stile di vita ha per il mantenimento della salute il più a lungo possibile. Il tempo è vissuto in una dimensione meno “accelerata” di quella metropolitana, non si dimentica mai di fare il riposino pomeridiano e al mattino ci si alza con calma, si passa tanto tempo con gli amici, magari bevendo un bicchiere di vino (e, perché no, anche due) in compagnia. L’alimentazione è chiaramente mediterranea e molto leggera, scarsissima la carne, tanto latte di capra, legumi, patate e pane; l’esercizio fisico non manca in un luogo in cui tutti coltivano il proprio fazzoletto di terra. Ma forse sarebbe troppo poco per spiegare il “mistero” di Icaria. Riportiamo un significativo passo dell’inchiesta. “Stamatis Moraitis nel 1943 si era trasferito, dopo una fuga dall’isola greca, negli Stati Uniti con l’obiettivo di curarsi un braccio che era stato gravemente danneggiato durante un conflitto a fuoco, nell’ambito della guerra. In America, Moraitis costruì la sua vita nuova, aveva dei figli, una grande casa e una bella automobile: quando nel 1976 gli venne diagnosticato un tumore al polmone, diagnosi confermata da una decina di medici, l’uomo raccolse il coraggio e optò per una soluzione pratica: sarebbe tornato ad Ikaria, laddove avrebbe potuto essere sepolto vicino ai suoi avi dopo un funerale dai costi modesti, diversamente da quanto sarebbe accaduto negli Stati Uniti. Dopo le prime settimane nell’isola, dopo giorni di letto seguito dagli anziani genitori e dalla moglie, Moraitis si recò una domenica mattina nella cappella greco-ortodossa del villaggio, dove un tempo suo nonno aveva celebrato la Messa: i suoi amici di infanzia, venuti così a conoscenza del suo rientro in patria, lo accolsero con calore e, sistematicamente, ogni pomeriggio si presentavano a casa sua per chiacchierare per ore ed ore, senza dimenticare di portare con sé un paio di bottiglie di vino locale. Alla fine, Stamatis Moraitis era giunto alla constatazione che sarebbe morto felice, lì, nell’isola di Icaro: e invece, gradualmente, iniziò a sentirsi più forte e a migliorare progressivamente. Oggi è ancora ad Ikaria, mentre «i dottori sono tutti morti». Coltiva e produce vino, respira l’aria dell’Egeo ed è un novantasettenne in forma”.

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INGHILTERRA Scoperta una nuova super Terra Potrebbe presto allungarsi la breve lista di pianeti che, oltre al nostro, sarebbero in grado di ospitare la vita. L’ultimo arrivato è Hd40307g e se la sua esistenza e le sue caratteristiche verranno confermate nel breve futuro, porterà a sette la lista di esopianeti potenzialmente abitabili da tenere d’occhio nella ricerca di vita extraterrestre. Un numero molto piccolo se si pensa che in teoria potrebbero essere anche 10 miliardi solo nella nostra galassia. Secondo lo studio, coordinato da Mikko Tuomi dell’Università dell’Hertfordshire e Guillem Anglada-Escudé dell’Università di Göttingen e in corso di pubblicazione su Astronomy & Astrophysics, questo pianeta ha una massa sette volte superiore a quella della Terra, il che la rende una cosiddetta super Terra, e compie un’orbita completa intorno alla sua stella (HD 40307) in circa 200 giorni. La stella si trova nella costellazione del Pittore (Pictor) a 42 anni luce da noi ed è una nana arancione, più piccola e luminosa del nostro Sole. Questa super Terra, pur ricevendo solo due terzi della luce che riceve il nostro pianeta, è ancora abbastanza calda da presentare, in teoria, oceani e un clima umido. Per ora, tuttavia, gli stessi autori mostrano di avere molta cautela rispetto alla sua potenziale abitabilità. Serviranno ulteriori analisi ed osservazioni, per esempio per stimare le sue dimensioni (non la massa), la densità della sua atmosfera e stabilire se si tratta di un grande pianeta roccioso (dello stesso tipo di Marte) o di un piccolo pianeta gassoso (come Nettuno o Giove). La sua massa infatti ha una misura intermedia, inedita nel nostro Sistema Solare. “Serve cautela”, specifica Anglada-Escudé.


STATI UNITI I Maya sono scomparsi a causa del clima? Per una volta non c’entrano le previsioni apocalittiche. La civiltà Maya si sarebbe estinta a causa del cambiamento climatico. Sono le conclusioni di uno studio portato avanti da un team internazionale di archeologi e pubblicato su Science, in cui per la prima volta è stato possibile ricostruire due millenni di vita dei Maya partendo da due aspetti cruciali della loro storia: politica e ambiente. Il tutto allo scopo di provare un’ipotesi ambiziosa, ma per cui non erano mai state trovate prove sufficienti: il tramonto della civiltà Maya a causa dei cambiamenti climatici. Per capire come il clima si è evoluto nei secoli, gli scienziati, guidati da Douglas Kennett dell’Università della Pennsylvania, hanno analizzato dei campioni di stalagmite prelevati da una caverna nei dintorni dell’antica città di Uxbenka, nel Belize del sud, e grazie ad essi sono riusciti a stimare la quantità di precipitazioni che hanno colpito i Maya durante la loro storia. Ma perché proprio la pioggia? Precipitazioni insolitamente elevate avrebbero favorito la produzione del cibo e l’esplosione della popolazione fra il 450 e il 660 avanti Cristo. Questo ha portato alla proliferazione di diverse città e a un’espansione della civiltà Maya. Almeno per un certo periodo di tempo, dunque, le piogge hanno aiutato i Maya a proliferare, rendendo più feconda la terra e aumentando le risorse alimentari a loro disposizione. Parallelamente al clima, gli scienziati hanno studiato l’evoluzione del sistema politico e militare della civiltà, osservando le incisioni tracciate dai leader sui monumenti di roccia per immortalare le proprie gesta militari. È stato così possibile ricostruire una sorta di mappa temporale dei successi e delle sconfitte dei Maya: confrontandola con i dati relativi alle precipitazioni, i ricercatori hanno osservato che il maggior numero di scontri, avvenuti attorno all’XI secolo, è coinciso con la fine delle grandi piogge. Un chiaro sintomo del declino imminente: troppa gente da sfamare e forti siccità non potevano che portare la società al collasso.

CANADA L’aereo che va a senape

Il piccolo bimotore Dassault Falcon 20 è riuscito a compiere il primo volo con carburante 100% “bio”. 170 km da Ottawa a Montreal (Canada) in 90 minuti. L’utilizzo del biofuel per le linee aree non è una novità, ma fino ad oggi il biokerosene era stato utilizzato con un rapporto 50:50, miscelato con combustibili fossili tradizionali. Mettere a punto i due motori jet per accogliere solo il carburante ecologico non è stata impresa facile per le società Applied Research Associates e la Agrisoma Biosciences, che hanno utilizzato semi di senape per produrre il combustibile. A quanto pare la brassica carinata, una varietà di senape di origine etiopica, è abbastanza oleosa per essere trasformata tramite alte pressioni e temperature in un greggio simile all’oro nero. Per distillare questo prodotto in kerosene viene utilizzata una tecnologia di reazione con l’idrogeno che lo trasforma in un combustibile “virtualmente indistinguibile dalle propria controparte petrolifera”. Quindi si sospetta che anche le emissioni saranno “virtualmente indistinguibili”. Infatti il volo del Falcon è stato seguito a distanza da un Canadair che ha raccolto dati sui gas di scarico del primo velivolo per registrarne l’impatto ambientale e presto gli ingegneri pubblicheranno i risultati dell’esperimento.

STATI UNITI Eolico e solare abbattono la competitività del gas Sole e vento stanno diminuendo la competitività del gas. È questo quanto emerge dall’indagine svolta da Moody’s. Secondo l’agenzia, infatti, i paesi che stanno registrando un aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili stanno anche notando un calo dei consumi di gas e una riduzione importante dei prezzi in bolletta, come riportato nel documento intitolato

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“European Utilities: Wind and Solar Power Will Continue to Erode Thermal Generators’ Credit Quality”. “Il forte incremento della generazione di energia da fonti rinnovabili sta causando un impatto negativo profondo sul prezzo dell’energia e per quanto riguarda la competitività delle imprese europee che producono energia termica” ha dichiarato Scott Phillips, analista del gruppo Infrastrutture e finanza di Moody’s. L’Agenzia ha inoltre dichiarato che molti Paesi stanno valutando la possibilità di offrire incentivi per mantenere alta la produzione termoelettrica, in modo da garantire alle fonti energetiche intermittenti il sostegno necessario al loro sviluppo e non andare a compromettere troppo alcune fonti. La relazione evidenzia inoltre che al momento sono numerose le realtà europee che stanno puntando ad investire nei sistemi di accumulo energetico come soluzione per gestire al meglio la crescente produzione di energia green.


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news italia

Ecografia a domicilio via tablet L’ecografo diventerà presto uno strumento utile per i medici che potrebbero usarlo di routine per avere in tempo reale una visione più completa della patologia del paziente visitato. Il prototipo è stato presentato a Roma nel corso del Congresso della Società italiana di medicina interna (Simi). È un po’ più grande dei tablet a cui siamo abituati, con uno spessore di un paio di centimetri, è facilmente maneggiabile e trasportabile e sta in una valigetta. Il medico può capire così, ad esempio, se quel dolore al fianco è causato da un calcolo renale. Vincenzo Arienti, direttore della Medicina Interna dell’Ospedale Maggiore di Bologna, ha spiegato che i medici italiani saranno i primi in Europa a disporre di questo tipo di ecografo. Proprio a Bologna il nuovo sistema è in via di sperimentazione e alcuni piccoli ecografi sono già operativi nei pronto soccorso dell’Emilia Romagna. “L’accreditamento regionale - ha spiegato Arienti - prevede la dotazione del mini ecografo nelle Unità Operative di Medicina Interna, che consente inoltre al medico di visitare il malato a domicilio e decidere in modo più appropriato se ricoverare il paziente”. Le professioni sanitarie che potranno avvalersi degli smartphone e tablet sono diverse. Le ostetriche, ad esempio, potranno vedere il bambino nella pancia della madre, gli infermieri potranno utilizzarlo per somministrare i farmaci per via endovenosa cercando più facilmente l’accesso venoso. Insomma, sarà uno strumento utile e di routine per i reparti di ostetricia, di dialisi o nelle rianimazioni, tanto per fare qualche esempio.

Carte false per il Ministero del Lavoro

Gli ispettori del lavoro che dipendono dal Ministero del Lavoro hanno scoperto che circa 200 tra ricercatori e impiegati dell’Isfol (Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori) ente dipendente dal medesimo dicastero, avevano un contratto da co.co.pro, mentre svolgevano un regolare lavoro dipendente. Una quarantina di loro lavoravano addirittura nello stesso ministero. La vicenda non è di oggi (risale al 2008), ma solo ora è emersa la strabiliante notizia: l’Isfol che è stato prontamente commissariato dal Ministero del Lavoro dovrà pagare la multa di 1 milione e mezzo oltre ai contributi INPS. E li deve pagare praticamente a se stesso, visto che è di fatto un’emanazione del Ministero del Lavoro.

Dentro questo orrendo pasticcio che testimonia dello stato comatoso del Paese, chi ne farà le spese sono i falsi co.co.pro che adesso hanno un contratto a termine, ormai in scadenza con la prospettiva di essere definitivamente buttati fuori. È per questo che hanno voluto rendere pubblica la vicenda. Ai ricercatori non mancherà una consolazione: la lacrimuccia del Ministro.

Terremoto in Emilia, niente fondi europei: il Nord “non vuole pagare il conto” “Non vogliono pagare il conto”, dicono fonti europee. Germania, Olanda, Finlandia, Svezia e Gran Bretagna bloccano gli aiuti Ue all’Emilia Romagna per il terremoto. È la notizia che arriva da fonti Ue a margine dell’Ecofin bilancio in corso a Bruxelles. I cinque paesi non vogliono pagare i 670 milioni di euro del Fondo di solidarietà Ue proposti per compensare i danni subiti dall’Italia. Se tutti i paesi hanno riconosciuto che l’Italia ha diritto ai finanziamenti del Fondo di solidarietà Ue, e hanno negli scorsi giorni formalmente approvato la decisione, Germania, Olanda, Finlandia, Gran Bretagna e Svezia non vogliono però ‘pagare il conto’, hanno spiegato le fonti. I 27 sono riuniti per decidere anche sul bilancio rettificativo Ue 2012, per cui la Commissione ha chiesto in più la cifra record di 9 miliardi, e anche sul bilancio 2013, per cui la sempre la Commissione ha chiesto un aumento del 7% rispetto a quello dello scorso anno. Questi cinque paesi sono contrari anche a queste richieste dell’esecutivo comunitario, adducendo il fatto che data la crisi bisogna ridurre le spese. I soldi che la Commissione chiede, però, sono quelli già stanziati per i progetti del bilancio 2007-2013, che essendo ora giunto al termine deve saldare i conti e pagare le fatture dovute agli stessi stati membri.

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Primarie Pd, come si vota Come si vota alle primarie del centrosinistra? È vero che ci si può registrare online? Si può votare fuori sede? Come funziona il regolamento? Si vota domenica 25 novembre dalle 8:00 alle 20:00. Possono votare, oltre a tutti quelli che hanno i requisiti previsti dalla legge, anche quelli che compiranno 18 anni entro il 25 novembre, i cittadini europei residenti in Italia e i cittadini extracomunitari con regolare permesso di soggiorno e carta d’identità. Si può votare un solo candidato. La scelta è fra Pier Luigi Bersani, Laura Puppato, Matteo Renzi, Bruno Tabacci e Nichi Vendola. Dove. Si vota nel seggio collegato al numero della propria sezione elettorale, quella dove si vota di solito alle elezioni politiche e amministrative. Votare fuori sede. Studenti e lavoratori possono votare fuori dalla regione dove sono residenti. Basta inviare un’email, entro le 19 del 23 novembre, al coordinamento provinciale dove si intende votare, allegando un documento di identità. Oppure ci si può recare fisicamente a un ufficio elettorale del comune dove si intende votare, entro il 20 novembre. In entrambi i casi bisogna registrarsi, via internet o agli uffici di cui sopra. Il giorno del voto serve un documento di identità, la tessera elettorale e il certificato di elettore del centro sinistra.

In arrivo le nuove banconote da 5 euro Con le nuove banconote, arriva una piccola rivoluzione per i consumatori: saranno più facili da riconoscere e più sicure. L’aspetto della nuova banconota da 5 euro sarà rivelato in tutti i suoi elementi in occasione di una cerimonia che avrà luogo il 10 gennaio 2013, presso il Museo Archeologico di Francoforte sul Meno. Fino a questa data le immagini integrali del nuovo biglietto da 5 euro non saranno divulgate né ai mezzi di informazione, né al pubblico. A maggio quindi le banche inizieranno a immettere in circolazione i nuovi biglietti da 5 euro attraverso i canali consueti (sportelli o casse prelievo contanti). Si prevede che entro l’autunno 2013 le nuove banconote da 5 euro saranno più diffuse di quelle della prima serie. Le nuove banconote fanno parte della nuova serie dedicata a Europa e saranno facilmente distinguibili dai biglietti della prima serie. Mostreranno gli stessi disegni della prima serie e gli stessi colori dominanti, con modifiche dovute a elementi di sicurezza. La scala dei tagli resterà immutata e l’introduzione avverrà in ordine ascendente. Alla banconota da 5 euro seguirà quindi il biglietto da 10. Le tre nuove caratteristiche sono l’ologramma con ritratto, la filigrana con ritratto e il numero verde smeraldo.


BENESSERE

CYBERCITTADINO

Francesco Marchionna

Simone Aretano

Cambia il clima e aumentano le allergie

Il futuro della terza età. Tra domotica e telemedicina Nel prossimo futuro su oltre 9 miliardi di persone uno su sei avrà più di 80 anni e la tecnologia aiuterà a vivere meglio. Una migliore qualità della vita sarà garantita da strumenti facili e intuitivi per utilizzare il web, i dispositivi elettronici, la realtà virtuale. Ma se le nuove generazioni con mouse e iPad hanno dimestichezza, non è così per gli over50. Occorre quindi sin da subito iniziare un processo che ponga la old generation al centro di una nuova integrazione tra tecnologia e servizi che tuteli la sicurezza delle persone anziane e promuova un invecchiamento attivo, partecipativo e autonomo. Sono questi i punti cardine su cui ruota la proposta di “Italia Longeva”, un network dedicato all’invecchiamento creato in collaborazione con il ministero della Salute, la Regione Marche e l’Irccs Inrca (l’Istituto Nazionale di Ricovero e Cura degli Anziani), che promuove il concetto di allungamento e miglioramento della vita, attraverso l’impegno di aziende specializzate in tecnologie, domotica, prodotti ed alimenti dedicati a tale scopo. Fra non molto sarà ad esempio possibile per l’anziano essere sempre connesso con i familiari o gli operatori sanitari, i quali saranno a loro volta costantemente informati del suo stato di salute grazie alla telemedicina o a sensori, “indossati” dalla persona anziana per un continuo check-up, in grado di allertare in caso di problemi o di controllare che le terapie siano seguite e somministrate correttamente. Le persone anziane potranno vivere in una casa domotica nella quale gestire gli impianti di illuminazione, i dispositivi di sicurezza, le telecomunicazioni, il riscaldamento e l’aria condizionata attraverso un semplice telecomando o un comando vocale. Il tema dell’invecchiamento autonomo e monitorato ha coinvolto anche le Università con studi mirati sulla terza e quarta età, gli Istituti di ricerca e numerose imprese che lavorano a progetti a sostegno della casa domotica, della vita e della salute dell’anziano, con l’obiettivo unico di affrontare l’invecchiamento, in relazione ai suoi aspetti socio-assistenziali, come fattore di crescita della comunità. “La qualità dell’invecchiamento - sostiene il presidente di Italia Longeva Roberto Bernabei - può e deve essere migliorata con il sostegno della tecnologia a partire dalle piccole cose legate alla quotidianità, con la progettazione, ad esempio, di nuove case con attrezzature a misura di anziano: assenza di gradini, porte larghe che consentano l’accesso anche alle carrozzelle, maniglie di sicurezza nelle toilette e nella vasca da bagno, rilevatori di acqua e gas, elettrodomestici intelligenti che si spengono da soli, arredi con altezze regolabili, accesso ai mezzi di comunicazione e di intrattenimento con interfacce intuitive per il controllo a distanza. Un’attenzione - ha aggiunto Bernabei - da estendere anche e soprattutto all’assistenza sanitaria, attraverso la promozione della telemedicina, l’insieme di tecniche mediche ed informatiche che permettono la cura di un paziente o più in generale di fornire servizi sanitari a distanza. Ovviamente resta fondamentale l’aiuto e l’assistenza di familiari e operatori sanitari che devono costantemente monitorare l’anziano al fine di prevenire situazioni di pericolo o di emergenza”.

A lanciare l’allarme sono l’Organizzazione Mondiale per la Salute (OMS) e l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) che hanno recentemente pubblicato uno studio su clima e salute in cui si mettono in relazione le modificazioni climatiche con la massiccia diffusione di patologie respiratorie, in particolare delle allergie. Da circa venti anni a questa parte, infatti, le stagioni hanno un corso diverso, cioè iniziano prima e finiscono più tardi, con importanti ripercussioni sulla crescita e sulla fioritura di alcuni alberi e piante, i cui pollini sono responsabili dell’insorgenza delle allergie respiratorie. Di conseguenza, al dilatarsi delle stagioni, anche le allergie hanno perso la loro stagionalità, e si presentano oggi come fenomeni duraturi. Inoltre alcune patologie, come l’asma o le riniti allergiche, hanno trovato una valida alleata in una pianta, l’Ambrosia artemisiifolia, che si sta rapidamente diffondendo in Europa e nel Nord Italia, responsabile di attacchi di asma nei soggetti predisposti. A complicare questo quadro, infine, si aggiunge anche l’influenza negativa che il clima esercita sulle sostanze inquinanti già diffuse nell’ambiente, come il particolato, e sulla diffusione di nuove e sconosciute malattie.

5 chili di ‘non cibo’ ingeriti ogni anno Il cibo che finisce nei nostri piatti tutti i giorni spesso è un ‘noncibo’: coloranti, conservanti, emulsionanti di ogni tipo, indicati in etichetta, ma di certo non troppo salutari. Ai primissimi posti per concentrazione di additivi sono state trovate le caramelle gommose: ne avevano 14, su 25 ingredienti totali. “Rispetto a 60 anni fa la piramide della nostra dieta si è rovesciata - ha dichiarato Matteo Giannattasio, ricercatore dell’Università di Padova e direttore della rivista ‘Valore Alimentare’ - una volta gli italiani consumavano il 70% di cibo fresco ed il 30% trasformato, oggi è l’opposto. Nel nostro stomaco finiscono alimenti troppo elaborati, di qualità scadente, dove gli additivi chimici sostituiscono gli elementi naturali”. Neppure il risparmio, tanto più indispensabile in tempi di crisi, giustifica la scelta di ‘non-cibi’. Almeno non sempre. “Una prima colazione a regola di natura - ha proseguito Giannattasio - ha un costo medio di 1,12 centesimi, una fatta di prodotti industriali scadenti costa 1,13. E, per fare un altro esempio - ha detto ancora il ricercatore di Padova - perché, con la stessa spesa, scegliere un wurstel confezionato con gli scarti ad una fettina di pollo cucinata a regola d’arte. Certo non si può pensare di pagare un buon gelato 1 euro e 20 centesimi, bisogna spenderne almeno 3”.

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Francesco Marchionna

Santiago e il Marlin Sessant’anni di sconfitte in mare aperto «Era un vecchio che pescava da solo su una barca a vela nella Corrente del Golfo ed erano ottantaquattro giorni ormai che non prendeva un pesce. Nei primi quaranta giorni lo aveva accompagnato un ragazzo di nome Manolo, ma dopo quaranta giorni passati senza che prendesse neanche un pesce, i genitori del ragazzo gli avevano detto che il vecchio era decisamente e definitivamente salato, che è la peggior forma di sfortuna, e il ragazzo aveva ubbidito andando in un'altra barca dove prese tre bei pesci nella prima settimana. Era triste per il ragazzo veder arrivare ogni giorno il vecchio con la barca vuota e scendeva sempre ad aiutarlo a trasportare o le lenze addugliate o la gaffa e la fiocina e la vela serrata all’albero. La vela era rattoppata con sacchi da farina e quan'era serrata pareva la bandiera di una sconfitta perenne». Questo l’incipit de “Il vecchio e il mare”, romanzo di Ernest Hemingway vincitore del premio Pulitzer nel 1953 e del Nobel nel 1954. È la storia di un vecchio pescatore, di nome Santiago, che dopo ottantaquattro giorni che non pesca nulla, è costretto a vivere da solo nella sua capanna come colpito da una maledizione. Manolin è invece un ragazzo che dall’età di cinque anni va a pescare con Santiago per imparare il mestiere. La gente del villaggio crede alla maledizione del vecchio e i genitori del ragazzo non vogliono che il giovane vada a pescare con Santiago. Manolin quindi, per continuare a imparare il mestiere, deve andare a lavorare con gli altri pescatori. Nonostante questo il giovane si prende cura del vecchio, in quei giorni di sventura dell’anziano pescatore, portandogli il necessario per sopravvivere. Una sera il vecchio decide di andare a pesca. Si prepara e all’alba con le esche regalate da Manolin e una bottiglia di acqua, spingendo la sua barca al largo dell’Oceano Atlantico. Quando il sole è in alto un pesce enorme, un Marlin, abbocca alla lenza dell’anziano pescatore. Il grande pesce trascina Santiago e la barchetta verso Nord per due giorni. Al terzo giorno il vecchio ferito, assetato e nauseato riesce a catturare il Marlin e decide di tornare a casa. Durante il viaggio di ritorno, Santiago deve lottare quasi a mani nude contro gli squali per difendere il suo pesce. Quando riesce a tornare a casa, Santiago si rende conto che gli squali hanno divorato tutto il pesce lasciando solo la lisca. Tornato a casa Santiago, sconfitto, ricomincia a fare la vita di sempre. Manolin vedendo il vecchio conciato male da quelle tre giornate di pesca, decide di disubbidire ai genitori e andare a pescare con Santiago. “Il vecchio e il mare” è un romanzo che affronta le tematiche della solitudine e della sfida dell’uomo alla natura tanto care allo scrittore statunitense. Ma anche quella del rapporto che si instaura tra due generazioni, giovani e anziani, tanto lontane quanto bisognose di essere a contatto. Perché la sconfitta di Santiago può essere di tipo economico e sociale, ma non morale. E il giovane Manolin ha molto da imparare da questo. Quello del romanzo è uno degli scenari in cui sono calati i nostri anziani. Essere anziani oggi significa tante cose. Diverse cose. Belle e meno belle. Quello che dovrebbe essere il periodo della vita caratterizzato da serenità, riconoscimenti e saggezza sempre più spesso si caratterizza per problematicità e indifferenza, fino a giungere, a volte, alla violenza ingiustificata nei loro confronti. Dagli anni Cinquanta e dalla penna di Hemingway non è cambiato niente. Molti anziani vagano ancora su piccole barchette di ricordi, navigando confusamente al largo, tra flutti ostili, lontani da qualsiasi certezza sulla terraferma. E se qualcosa abbocca, di certo non è un Marlin.


Aleksander Petrov - "Il vecchio e il mare"


Perché un Anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni? Perché troppo spesso l’invecchiamento viene percepito come una minaccia invece che come una conquista, sia dai singoli individui che dalla società. Il numero crescente di persone anziane viene visto come un onere a carico dei più giovani e dei lavoratori. Eppure al giorno d’oggi si invecchia restando molto più in salute rispetto al passato. E le persone più in là con gli anni hanno accumulato competenze ed esperienze preziose che possono trasmettere ai giovani.

Quali sono gli obiettivi dell’Anno europeo 2012? Sensibilizzare l’opinione pubblica. Diffondere le migliori pratiche. Incoraggiare i responsabili politici e le parti interessate a ogni livello a facilitare l’invecchiamento attivo. L’Unione europea può fornire un sostegno in settori come l’occupazione, la salute pubblica, la società dell’informazione, i trasporti e la protezione sociale. Come verrà promosso l’invecchiamento attivo? La Commissione europea inviterà le amministrazioni nazionali, regionali e locali, la società civile, nonché le organizzazioni sindacali ed imprenditoriali ad impegnarsi nei confronti di determinati obiettivi ed interventi (2011), in modo che durante l’Anno europeo stesso (2012) possano essere presentati risultati tangibili.

Cosa s’intende per “invecchiamento attivo”? Invecchiamento attivo significa: • dare alle persone più anziane la possibilità di partecipare pienamente alla vita della società • promuovere opportunità di lavoro per le persone più in là con gli anni • consentire alle persone anziane di dare un valido contributo con il volontariato (specie in ambito familiare) • permettere alle persone della terza età di vivere in modo autonomo grazie a strutture che tengano conto delle loro esigenze (alloggi, infrastrutture, sistemi informatici e trasporti)

Che tipo di impegno può essere preso? Gli impegni possono: • riguardare il mondo del lavoro, la partecipazione ad attività sociali, l’istruzione per gli adulti, il volontariato, l’autonomia delle persone, il mantenimento di condizioni di buona salute, ecc. • essere assunti da enti pubblici o privati • rimuovere gli ostacoli che impediscono alle persone più anziane di continuare a lavorare

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ni. Alphonse Allais

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Mi è impossibile dirvi la mia età: cambia tutti i gior

Alessandra Caputo

LA TERZA ETÀ? UNA RISORSA SOCIALE

L’Unione Europea ha dichiarato il 2012 Anno europeo dell’Invecchiamento attivo

“L

’invecchiamento attivo consente alle persone di realizzare le loro potenzialità di benessere fisico, sociale e psichico durante l’intero arco della vita e di partecipare alla vita sociale, dando loro nel contempo una protezione, una sicurezza e cure adeguate nel momento in cui ne hanno bisogno. Pertanto, la promozione dell’invecchiamento attivo richiede un approccio multidimensionale e un coinvolgimento tramite un sostegno duraturo tra tutte le generazioni”. Decisione del 14 settembre 2011 sull’Anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni. La vita finisce a 70 anni? Non per l’Unione europea. La rivoluzione demografica in atto, con la crescita dell’aspettativa di vita e la riduzione del tasso di natalità, è un processo con il quale le società più avanzate devono misurarsi. La popolazione europea in età lavorativa si riduce progressivamente, quella con più di 60 anni continua ad aumentare di circa due milioni l’anno. Un mutamento irreversibile da assumere come sfida positiva, specialmente nel contesto economico attuale, per trarre il massimo vantaggio dalle enormi potenzialità che ciascuno di noi, nonostante l’avanzare degli anni, può sempre esprimere. Ne sono convinti gli stati membri dell’Unione Europea che hanno designato il 2012 Anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni. “Una occasione - recita il documento - per riflettere su come oggi gli europei vivono e restano in salute più a lungo e per cogliere le opportunità che ne derivano”. Il 18 gennaio, a Copenaghen, la presidenza danese del consiglio della UE ha dato l’avvio ufficiale all’anno celebrativo invitando i responsabili politici di ogni nazione a fissare degli obiettivi e realizzarli. Chiare le direttive: andare al di là dei dibattiti e produrre risultati concreti. Il compito, del resto, si presenta arduo. Se gli europei vivono sempre più a lungo e hanno meno figli, non

• includere dibattiti pubblici per sensibilizzare l’opinione pubblica • identificare interventi prioritari. Le città possono aderire al programma age-friendly cities dell’Organizzazione mondiale della Sanità. Le imprese possono migliorare le condizioni di lavoro dei dipendenti più anziani. Le organizzazioni della società civile possono promuovere il volontariato nella terza età. Come si colloca l’Anno europeo 2012 rispetto ai programmi dell’UE esistenti? L’Unione europea ha già adottato iniziative per promuovere l’invecchiamento attivo in ambiti quali la strategia per l’occupazione, l’istruzione per gli adulti, la salute pubblica e la società dell’informazione. L’Anno europeo conferirà a tali iniziative una maggiore visibilità. Quale ruolo spetta ai coordinatori nazionali? Ogni paese dell’UE nomina un coordinatore nazionale che avrà il compito di organizzare le attività relative all’Anno europeo. La Commissione si occuperà di coordinare a livello europeo le varie attività e di incoraggiare lo scambio di informazioni tra i partecipanti.

vivono la terza età come una risorsa. Nella maggior parte dei Paesi membri della Unione europea l’anziano viene semplicemente considerato il destinatario di interventi assistenziali e non portatore di abilità fisiche ed intellettuali da salvaguardare e tutelare. Affrontare l’impatto dell’invecchiamento demografico sui modelli sociali europei significa, quindi, ripensare il modo in cui la nostra società funziona. L’Unione europea ha fatto il primo passo nella convinzione che promuovere un invecchiamento attivo e sano, dare la possibilità agli anziani di impegnarsi nella società e nel mondo del lavoro, ci aiuterà a far fronte alla ‘New Real Revolution’ così da garantire equità e sostenibilità a tutte le generazioni. Come? Incentivando una cultura che veda la terza non come “fase residuale dell’esistenza”, ma come “bene di cui beneficiare”, evidenziando il contributo reale e potenziale che le persone anziane possono offrire alla società in diversi ambiti, fornendo alla popolazione che invecchia una visione meno fatalistica e passiva di questo naturale processo dell’essere umano. La sfida è realizzare entro il 2020 una “società europea per tutte le età”, nella diversità e nella parità di genere. Una sfida lanciata a ciascuno di noi. Agli anziani perché invecchino sfruttando al meglio il proprio potenziale fisico, sociale e mentale. Ai più giovani affinché contrastino la discriminazione basata sull’età e si facciano promotori della solidarietà e della cooperazione tra le generazioni. Ai responsabili politici e agli stakeholder perché riconoscano nella longevità un’opportunità in grado di proporre soluzioni innovative a molte delle attuali sfide economiche e sociali. L’impegno di ognuno è importante e si può esprimere in varie forme. Invertire la rotta rimane una sfida ardua, ma non impossibile.

In Italia le iniziative per l’Anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni sono coordinate dal dipartimento delle Politiche della famiglia presso la presidenza del Consiglio dei ministri. Sul sito dedicato al tema, sono a disposizione documenti, contributi scientifici, esperienze e il calendario degli eventi. Fonte http://europa.eu


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i. Albert Camus

Non essere più ascoltati: questa è la cosa più terribile quando si diventa vecch

Alessandra Caputo

ABUSO verso GLI ANZIANI PROBLEMA COMPLESSO E MULTIDIMENSIONALE

“L’Abuso verso gli anziani è un’azione singola o ripetuta o una mancanza di un’azione appropriata, che avviene all’interno di qualsiasi relazione dove c’è un’aspettativa di fiducia che causa danno o sofferenza ad una persona anziana”. “Azione sull’Abuso verso gli Anziani”, 1995

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e violenze riprese dalle telecamere. Anziani, non autosufficienti, legati, malmenati, insultati, denutriti, abbandonati in condizioni igieniche indecenti, di precarietà assoluta. Negli Stati Uniti, pochi giorni fa, due infermieri sono stati sospesi (e sono ora in attesa di processo) per aver più volte abusato di una donna di 98 anni costretta a letto, immobile, da un ictus. I due assistevano l’anziana a domicilio per una cifra di 1.300 dollari al giorno. È solo l’ultimo di una lunga serie di casi che riporta la pubblica attenzione su un problema sempre più riconosciuto come ‘sociale’. La violenza verso gli anziani assume forme diverse, spesso difficili da cogliere. Può essere fisica, ma anche psicologica ed emotiva, sessuale, finanziaria, farmaceutica. Anche la negazione dei diritti civili, la discriminazione e i pregiudizi a causa dell’età avanzata sono considerati forme di abuso. Un fenomeno in crescente aumento, che ha pesanti costi finanziari ed umani, ma solitamente non notato, raramente denunciato, quasi sempre considerato un tabù. Le stesse vittime sono ancora poco disposte a denunciare gli abusi subiti. Da venticinque anni, studiosi, politici e operatori sul campo si interrogano in proposito: che cosa è abuso e cosa no, quando, come e perché esso viene commesso e subito, se è possibile prevedere e prevenire gli abusi, come è possibile contrastarli. Nel 2002 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) ha pubblicato il primo “Rapporto Mondiale su violenza e salute”

dedicando un ampio capitolo alla problematica. È stato analizzato un largo spettro di violenze, esaminata l’importanza e gli effetti nei differenti contesti culturali, sociali, economici, descritti i tipi di misure preventive intraprese. Anche la Commissione Europea ha preso coscienza del fenomeno, delle sue dimensioni e della sua gravità finanziando nel 2009 il progetto EuROPEAN, acronimo per European Reference Framework Online for the Prevention of Elder Abuse and Neglect, “Quadro di Riferimento Europeo On-line sull’Abuso e l’Abbandono degli Anziani”. Il progetto, che coinvolge partner di nove paesi europei (Olanda, Austria, Repubblica Ceca, Grecia, Irlanda, Italia, Polonia, Slovenia e Slovacchia), è nato con l’obiettivo di sviluppare un quadro europeo di riferimento che aiuti ad affrontare il problema nel miglior modo possibile. In nessuno dei Paesi partecipanti, è emerso, vi è un completo riconoscimento dell’abuso verso gli anziani, alcuni non hanno ancora politiche nazionali integrate o programmi per giungere alla fase successiva di contrasto sistematico al fenomeno. Per raggiungere l’obiettivo è stata utilizzata una piattaforma web aperta (www.preventelderabuse.eu.), un contenitore di informazioni sul tema sia con riguardo alle politiche e alle ricerche europee che sugli sviluppi del progetto, ma anche una virtuale agorà attraverso la quale mettere in contatto autorevoli attori politici ed esperti, riportare, confrontare e commentare le buone pratiche delle azioni politiche volte a prevenire l’abuso agli anziani. Il primo esito di EuROPEAN è stato il Background and Position Paper (B&PP), un documento che raccoglie, con il metodo delle interviste, le esperienze di 77 esperti in materia dei diversi Paesi coinvolti nel progetto, provenienti da diverse aree di ricerca. Risultato del confronto, 55 buone pratiche. Quaranta esempi sono stati selezionati per entrare nella banca dati disponibile sul sito internet ed essere (si spera) di ispirazione per la classe politica, i gruppi di interesse, gli operatori professionali e gli esperti per migliorare, estendere o emulare le misure di prevenzione esistenti o, se del caso, per pianificare nuove politiche.

Ogni anno il 2,7% di tutta la popolazione con età pari o superiore a 60 anni (4 milioni di persone) ha patito un abuso fisico, il 19,4% (29 milioni di persone) ha subito un abuso psichico, il 3,8% (6 milioni di persone), un abuso finanziario e lo 0,7% (1 milione di persone), un abuso sessuale. Da un documento redatto dalla OMS/Europa, Giugno 2011

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I vecchi sono due volte bambini

Aristofane Alessandra Caputo

L’ITALIA UN PAESE DI VECCHI MA NON PER VECCHI ANZIANI SEMPRE PIÙ POVERI ED EMARGINATI

“In base alle analisi svolte attraverso un sistema di indicatori socio-economici, negli ultimi tempi la popolazione anziana è interessata da importanti segnali di indebolimento delle condizioni sociali. In sostanza, sia a fronte dei forti processi di crisi che a partire dal 2008 hanno interessato il nostro Paese, sia alla luce delle recenti manovre effettuate dai governi nazionali nel 2010 e 2011, le fasce d’età anziane sembrano distinguersi - in diversi casi anche al confronto con le classi d’età più giovani - per un sensibile peggioramento delle condizioni di vita e per la crescita dei fenomeni di esclusione sociale”. II Rapporto sulle condizioni sociali degli anziani in Italia, febbraio 2012

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l recente studio dell’Istat ha sostanziato con i numeri una sensazione che da anni serpeggiava tra gli italiani: il Bel Paese è un paese anziano. I dati demografici parlano chiaro, l’Italia si colloca in Europa al secondo posto, dopo la Germania, per indice di vecchiaia. Se la tendenza non cambia, entro il 2030 gli anziani potrebbero superare il 25% della popolazione. La vita dopo i 60 anni può essere tanto lunga da essere una seconda vita e di che cosa debba essere composta inizia a divenire un quesito. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, per migliorarne la condizione in una società che invecchia, è necessario iniziare a pensare all’anziano non come destinatario passivo di interventi ma come protagonista attivo, promuoverne l’esercizio dei diritti e la responsabilizzazione. In Italia si va contro tendenza. L’invecchiamento della popolazione è crescente con il risultato di un cambiamento radicale della nostra società e l’insorgere di problemi nuovi ai quali dare adeguate risposte, eppure le politiche per gli anziani non segnano l’agenda di Governo. I decreti milleproroghe del governo Berlusconi si sono rivelati una forca al collo, il decreto Salva Italia di Monti ha dato il colpo di grazia. Dopo le pensioni è arrivata l’imposta sull’Imu per gli anziani ricoverati nelle case di cura, la tassazione degli assegni assistenziali, a partire dall’assegno di accompagnamento, l’aumento dell’IVA dal 4 al 10% sulle prestazioni delle cooperative sociali di tipo “A” (cioè tutte quelle che si occupano di infanzia, anziani, assistenza domiciliari, disabilità, tossicodipendenza), la franchigia di 250 euro alle erogazioni liberali. E ancora, l’aumento delle tariffe per beni e servizi, 600 milioni di tagli alla sanità con la conseguente riduzione dei posti letto riservati alla geriatria ( negli ospedali non sono neppure il 3% quando sono gli anziani soprattutto

quelli che vengono ricoverati), l’azzeramento del fondo nonautosufficienti, l’Irpef sugli invalidi di guerra. A sfogliare l’ultimo “Rapporto sulla condizione sociale degli anziani in Italia”, condotto dall’Auser in collaborazione con l’Associazione Ires Lucia Morosini, non c’è da sorridere. Tutt’altro. La maggior parte degli anziani italiani sono supportati dalla famiglia, ricorrono all’aiuto di associazioni di volontariato o assumono una badante. Manca una legge che definisca con precisione per chi e quando debbano essere garantite cure a domicilio. Le Asl e le Regioni gestiscono la cosa secondo modalità diverse, in base alla possibilità di personale, mezzi e finanziamenti. 2.300 anziani si trovano in condizioni di povertà assoluta e circa 3milioni si avvicinano alla povertà relativa, da un lato vessati dalle recenti manovre governative in quanto “soggetti privilegiati” sui quali poter applicare riduzioni della spesa pubblica, dall’altro costretti a contribuire come “ammortizzatori sociali d’emergenza” al reddito delle generazioni più giovani, grazie alla sostanziale stabilità degli introiti che percepiscono. Ma la povertà non è la sola causa di disagio. Alle sempre più numerose situazioni di indigenza si aggiungono altri problemi, spesso sottovalutati. Mancano le occasioni di incontro, scambio, crescita culturale e artistica che permettano agli anziani di uscire dall’isolamento e ritrovare la voglia di mettersi in gioco. In Italia invecchiare bene sembra essere un’utopia.


Alessandra Caputo

IL LAVORO CONTESO IN ITALIA PIÙ OVER 50 OCCUPATI E MENO GIOVANI

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o. Bill Cosby

I capelli grigi sono i graffiti di Di

Politiche che prevedono un pensionamento precoce non creano necessariamente posti di lavoro per i giovani. La situazione del mercato del lavoro non è stabile, cambia continuamente così come il numero dei posti disponibili, di conseguenza quando un lavoratore anziano lascia il suo posto, questo non verrà automaticamente rimpiazzato da un lavoratore giovane. Altro fattore decisivo è l’esperienza. Non sempre un lavoratore giovane può svolgere le stesse mansioni di uno più anziano, il quale ha acquisito specifiche competenze nel corso della sua carriera. Non è vero che i giovani sono più svantaggiati rispetto agli anziani. A causa delle riforme previdenziali che si sono succedute negli anni recenti e del progressivo allungarsi della speranza di vita, gli over60 si troveranno a sopportare carichi crescenti: lavoro prolungato, assistenza dei grandi anziani, ma anche supporto familiare ai propri figli. Se i giovani vedono slittare ulteriormente il loro ingresso nel mondo del lavoro, gli anziani che hanno un reddito certo, ossia la pensione, sono costretti a mantenere le giovani generazioni. Riconoscere nella longevità un’opportunità in grado di proporre soluzioni innovative a molte delle attuali sfide economiche e sociali è, secondo l’Unione Europea, la chiave di svolta. Senza dimenticare i giovani. La migliore combinazione di competenze sul luogo di lavoro si basa sui diversi punti di forza di ciascuna generazione. Occorre quindi favorire e incentivare il colloquio e il confronto, per una maggiore compromissione intergenerazionale. Il trasferimento implicito del bagaglio di conoscenze dai lavoratori anziani alle giovani generazioni eviterebbe carenze in materia di capacità professionali, strutturali e di contatti. Si può inoltre ampliare le possibilità di partecipazione attiva degli anziani anche sotto forma di volontariato e lavori socialmente utili. Secondo l’Unione Europea, quindi, per aumentare occupazione e benessere, bisogna condividere carichi di lavoro ed esperienza. A suffragare tale tesi, del resto, ci sono ricerche e statistiche. Alcuni esempi di buone prassi dimostrano che i costi degli investimenti nella promozione della capacità lavorativa sono compensati dai benefici, gli studi di Eurostat e la generalità degli studi Ocse, provano che sussiste un nesso positivo tra l’occupazione dei giovani e quella degli anziani. I Paesi del nord Europa (Svezia, Danimarca e Norvegia) nei quali il tasso di occupazione degli anziani è più elevato e viene accompagnato da un affiancamento dei giovani in funzione di trasmissione dell’esperienza, sono anche quelli in cui s’invecchia meglio e ai giovani è data la possibilità concreta di avere un lavoro e mettere su famiglia.

n Italia anziani e giovani sembrano esser legati da un doppio filo. Ambito di confronto (e scontro) quello lavorativo. In cinque anni il numero di occupati tra i 15 e i 34 anni è diminuito di circa un milione e mezzo, ovvero del 20%. È quanto emerge dai dati Istat sul secondo trimestre 2012. Ma se l’occupazione giovanile crolla, aumenta quella degli over 50. Gli occupati più adulti (55-64 anni) sono saliti di 626 mila unità, passando da 2 milioni 403 mila del 2007 a 3 milioni 29 mila del 2012. L’allungamento dell’età pensionabile rende il quadro ancora più complicato. L’effetto riduzione dei pensionamenti ha avuto un impatto positivo sulle casse dello Stato, impoverendo però quelle dei giovani. L’eccesso di flessibilità, unitamente al dualismo del mercato del lavoro tipico del nostro Paese, ha portato a un incrementato del tasso di occupazione, bassi salari e rischi elevati per le nuove generazioni. Gli under 35 alla ricerca di un posto di lavoro raggiungono quota 1.386.000, i due terzi risulta avere un contratto a termine (il lavoro precario, un tempo visto come una profonda ingiustizia sociale, diventa quasi una chimera). A rimetterci di più le donne, già penalizzate da un salario mediamente inferiore e da minori prospettive di carriera. L’occupazione dei lavoratori più maturi sembra invece aver risentito di meno della crisi economica. Dal 2004 al 2010 la fascia 55-64 ha incrementato il suo tasso di occupazione di 6,1 punti. E non si tratta di un fenomeno solo italiano. Nel corso dei prossimi decenni, causa il progressivo invecchiamento della popolazione, in molti paesi dell’Unione Europea i lavoratori anziani costituiranno il 30 % o più della popolazione attiva. Quale il rischio? Una contrapposizione inter generazionale sul versante del diritto al lavoro, con una conseguente scarsa tenuta della coesione sociale. Da una parte avremo generazioni che disporranno di posizioni più consolidate, maggiori certezze, ma che faranno sempre più fatica ad acquisire le nuove competenze che via via il lavoro richiederà. Dall’altra una sovrabbondante manodopera giovanile, più qualificata, più dinamica, ma priva di prospettive di carriera, di sicurezza previdenziale, di possibilità di rendersi economicamente autonoma. Quale la soluzione? L’Unione Europea sale in cattedra e sentenzia: occorre promuovere la solidarietà tra le generazioni. Perché - sostengono gli economisti - ci sono falsi miti da sfatare. Non è vero che i lavoratori anziani tolgono il posto ai giovani. Il numero dei posti di lavoro dipende dalle condizioni dell’economia. Se l’economia cresce crea posti di lavoro per i giovani e mantiene al lavoro gli anziani. Dove non c’è crescita si perdono posti di lavoro e i primi a essere fatti fuori sono le fasce marginali.

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SITUAZIONE DEGLI ANZIANI I L’invecchiamento della popolazione è ormai un fenomeno internazionale. Entro il 2050, nell’Unione europea il numero delle persone oltre i 65 anni d’età aumenterà del 70%, gli ultraottantenni saranno il 170% in più. Un dato che apre un interrogativo: la società e le istituzioni sono in grado di soddisfare la domanda di assistenza, adattare i sistemi sanitari, assicurare sostenibilità per la forza lavoro ridotta e servizi sociali attivi e preparati? In Italia la situazione è piuttosto critica, ma altri Paesi hanno avviato da tempo una politica mirata.

Danimarca

Svezia

La Danimarca è uno dei Paesi al mondo che più risente dell’invecchiamento della popolazione, ma è anche una delle nazioni europee più all’avanguardia nel campo dell’umanizzazione dell’assistenza e libera scelta degli anziani. I suoi servizi di eccellenza sono l’home care che raggiunge il 20 per cento degli anziani, le nursing home con funzioni polivalenti e rivolte alla popolazione di ogni età, e i centri diurni. In queste strutture ad hoc ogni giorno c’è chi provvede al servizio di lavanderia, a portare i pasti e, quotidianamente, vengono effettuate a domicilio visite mediche, fisioterapiche e infermieristiche. L’assistenza domiciliare integrata raggiunge standard altissimi. Di norma il team funziona 24 ore al giorno e vede la presenza di tre figure: l’infermiere professionale, l’assistente sociale e l’assistente di base. Professionalità ma anche tempestività. Le norme danesi prevedono infatti che i Comuni attivino l’intervento domiciliare per un utente che ne ha bisogno entro tre giorni dalla data di dimissione stabilita dall’ospedale. Se il Comune non è in grado di rispettare tale termine, l’utente rimane in ospedale e la gran parte dei costi ospedalieri aggiuntivi per l’ulteriore degenza sono posti a carico del Comune che, di conseguenza, è fortemente motivato a garantire tempestivamente l’assistenza domiciliare. Un meccanismo simile funziona anche per il trasferimento dell’utente dall’ospedale ad un a struttura residenziale. Ma nel Paese scandinavo gli anziani non sono solo “assistiti”. Attraverso il progetto ‘Active all life’ (Attivi tutta la vita) i fondi pubblici vengono impiegati per istruire gli anziani a gestire meglio la propria vita. La finalità dei servizi danesi è di pensare al pensionato e in genere all’anziano innanzitutto come risorsa che concorre alla programmazione, gestione ed erogazione dei servizi.

Come la Danimarca, la Svezia è considerato paese tra più avanzati nel campo della deistituzionalizzazione degli anziani, meglio di altri ha infatti saputo concretizzare le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: sviluppare i servizi territoriali, e in particolare l’assistenza domiciliare, per gestire la cronicità e mantenere elevata la qualità di vita degli anziani. In Svezia l’assistenza sociale, la responsabilità dell’alloggio, della cura, e dei servizi per gli anziani spetta ai Comuni di residenza, quella sanitaria è erogata dalle Contee, con una perfetta integrazione dei servizi. Il 50 per cento degli anziani è assistito al proprio domicilio originario, l’altro 50 per cento nelle “case per anziani”, piccole nursing home sul modello danese, con un’area centrale di servizi e 12 mini appartamenti attrezzati. Per pagare la retta è sufficiente la pensione. Le abitazioni di corto periodo gestite dai Comuni, simili alle nostre Residenze sanitarie assistenziali, sono strutture destinate a riabilitare gli anziani. Il vantaggio è che l’anziano, una volta che la sua famiglia non è più in grado di tenerlo con sé, può restare nel proprio quartiere. Le abitazioni sono piccole e non possono ospitare più di otto persone. Ognuna ha una stanza singola con bagno, domotica e televisione. Gli ospiti hanno accesso alla cucina e possono prepararsi il pasto. L’annesso centro diurno eroga il servizio anche agli esterni che vi accedono arrivando con navette gratuite fornite dal Comune. Responsabili di queste strutture sono i fisioterapisti. Il personale è costituito da infermieri, ergoterapisti, fisioterapisti e personale di supporto. Il medico interviene su chiamata. Nelle nursing home l’assistenza infermieristica e sociale è assicurata nell’arco delle 24 ore, vi si svolgono attività di socializzazione e riabilitazione. L’anziano paga l’affitto la cui cifra varia da 200 a 1000 euro ed è comprensiva dei costi di lavanderia, gas, acqua e riscaldamento.

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Alessandra Caputo

I IN EUROPA

orrono anni. Pino Caruso

Un vecchio non si improvvisa. Per farne uno occ

Francia

Olanda

Nel Paese della Torre Eiffel e delle baguette è possibile prendere un congedo dal lavoro per assistere un anziano, ma esistono anche alcuni servizi attivi specifici. Il programma ‘Anziano ben servito’, attivato in alcune regioni, offre assistenza, trasporti personalizzati, spesa a domicilio. Tutta francese anche la formula dei Jardin d’Arcadie, complessi abitativi dotati di circa 100 miniappartamenti con servizi e assistenza sanitaria, e dei Granny Annexe, miniappartamenti situati vicino alla casa di residenza di figli o nipoti. Il programma Sepia promuove invece la realizzazione di alloggi appoggiati a servizi comuni.

LA BANCA DEL TEMPO

È un progetto, che prende origine da una analoga esperienza canadese, messo a punto nel 1991 con l’intento di costituire un’associazione volontaria dove il tempo fosse il protagonista assoluto di una politica che contribuisse a capovolgere la tendenza comune di ritenere l’anziano un parassita per la società, evidenziandone al contrario il ruolo di erogatore di servizi, perfettamente integrato in quella stessa società che tende ad emarginarlo. Come funziona. La Banca del Tempo è un istituto di credito molto particolare, non circola denaro, ma disponibilità di tempo che entra ed esce sotto forma di aiuto e sostegno a persone in difficoltà. A ciascuno degli aderenti viene intestato un conto corrente e dato un libretto di assegni con il diritto di convertirlo in tempo. Entrambi sono sottoposti a controllo per evitare che si vada in rosso oppure che ci siano depositi troppo alti. A chi, invece, fa domanda, per vari interventi, di disponibilità di tempo, la Banca chiede una restituzione delle ore avute in prestito che, a loro volta, verranno utilizzate per altri analoghi interventi. La Banca realizza il massimo di utile quando rimane senza depositi in cassa; il correntista quando ha esaurito gli assegni. L’adesione è volontaria e l’unico obbligo che ne deriva è quello di rendere il tempo ricevuto. Gli ambiti di intervento del volontariato sono molteplici e vanno dall’aiuto agli anziani, agli handicappati, ai tossicodipendenti, ai malati in fase terminale, ecc., In Italia le Banche del tempo avviate e funzionamenti sono circa ottanta. La prima è nata nel 1992 a Parma per iniziativa del sindacato pensionati della UIL.

Qui non ci si accontenta delle nursing home, gli anziani hanno un certificato di qualità, il Senior Citizen Label, che garantisce loro alcuni requisiti dell’edificio: sicurezza, facilità d’uso, accessibilità, adattabilità, collocazione in prossimità di parchi e possibilità di raggiungere, nell’arco dei 500 metri, negozi, uffici e banche. È stata inoltre istituita ad Amsterdam una Commissione degli anziani, non un generico assessorato all’Assistenza ma un ufficio ad hoc che li aiuti circa gli aspetti burocratici.

In Austria, la Federazione industriale austriaca ha creato un sito web con informazioni sulle buone pratiche per aiutare i lavoratori anziani a mantenere il proprio posto di lavoro. In Francia, le imprese con più di 50 impiegati devono adottare un piano d’azione per assumere lavoratori anziani. Se non lo fanno, possono essere sanzionate. In Italia è stato introdotto un Programma a supporto del reddito e della formazione. Elaborato inizialmente per il biennio 2009-2010, il programma è stato esteso al 2012. Nel 2010, la Slovenia ha promosso «l’invecchiamento attivo» creando opportunità di istruzione e formazione per i lavoratori e i disoccupati anziani, nonché campagne di sensibilizzazione contro la discriminazione per motivi di età. La Germania ha avviato un programma chiamato Perspektive50+ che prevede incentivi per il settore pubblico e privato all’assunzione di disoccupati di lunga durata ultracinquantenni Negli Stati Uniti, i Centri One-Stop Career e il Programma Senior Community Service Employment offre orientamento alla ricerca di un lavoro ai lavoratori più anziani. Nel quadro del Piano d’azione economico del Canada, è stata introdotta nel 2006 una iniziativa dedicata ai lavoratori anziani appartenenti a categorie vulnerabili che consentiva loro l’accesso a programmi di formazione e occupabilità. http://www.ilo.org

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Non preoccuparti della senilità, quando ti colpisce non te ne accorgi. Bill Cosby

Francesco Marchionna

Madre Matura VS Madre Natura Essere madri a cinquant’anni: un diritto che diventa subito un dovere

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e mamme largamente oltre i 50 anni sembrano essere state sdoganate dalle tante VIP che danno alla luce (e alle copertine) i propri figli e figlie. Mamme famose e piccole celebrità che fanno scattare qualcosa anche nelle Very Normal People tanto da registrare un trend in aumento dei parti over50. Ultima in ordine di tempo, dopo Gianna Nannini, Carmen Russo, 53 anni, al quarto mese di gravidanza, che si è rivolta alla fecondazione assistita. La ‘mamma matura’ non sembra nemmeno più un’eccezione, anche se poi, dati alla mano, ancora lo è: ogni anno in Italia nascono circa 560mila bambini e quelli di madri ‘anziane’ si possono ancora contare sulle dita di una mano. Infinitamente di meno dei figli di madri-bimbe (10.000 ogni 12 mesi). Delle mamme-nonne invece riusciamo ancora a conoscere i casi uno per uno... Resta il fatto che dinanzi a tale fenomeno le acque si separano: i soliti pro e gli altrettanto soliti contro. É diritto di una donna decidere il momento giusto della propria vita in cui partorire, una volta che si è concretizzata con il lavoro, con la carriera, economicamente e, perché no, anche sentimentalmente (non sempre l’amore arriva a vent’anni). Tra i contro c’è sicuramente il gap temporal/generazionale tra genitore e figlio, possibile causa di non pochi problemi...

Quale lo scenario allora? Bambini invecchiati ed eterni ragazzi? Adulti in ritardo convinti di avere sempre e ancora tempo? Sono gli psicologi a delineare le risposte ai nostri dubbi: figli che difficilmente si vedranno diventare adulti, figli che parleranno una lingua diversa da genitori tanto più anziani di loro, figli destinati a diventare precocemente orfani, scardinati da una rete familiare. Figli costretti ad occuparsi dei genitori in una fase della vita non idonea nel far ciò... Vietare è brutto e, in parte, anche sbagliato, ma c’è da interrogarsi a fondo sulla differenza tra libertà e senso di responsabilità. Parola difficile quest’ultima da declinare con la programmazione genetica alla maternità. Il desiderio di un figlio può essere brutale, illogico. Eppure quelli che per diritto d’anagrafe dovrebbero essere più portati a soddisfarlo, cioè i ragazzi di oggi, restano fermi sulla soglia. Paese, il nostro, a denatalità forzata dalla mancanza di lavoro, di sicurezze purché minime, di prospettiva. Bisognerebbe forse cominciare a pensare se il fenomeno delle mamme 50enni non sia il riflesso delle culle vuote dei 30enni di oggi. Una società che rimanda eternamente a domani, e che non ha cuore e testa per i più giovani, rischia di scoprire che il futuro - come le bugie - ha le gambe corte.

Curiosità La caffeina utile nella lotta all’Alzheimer La caffeina non può prevenire l’Alzheimer ma può combatterlo. È quanto emerso dallo studio pubblicato sul Journal of Neuroscience. Secondo i ricercatori dell’Università dell’Illinois, ai quali si deve la scoperta, la caffeina ha la capacità unica di arrestare l’infiammazione nel cervello sopprimendo la crescita delle placche amiloidi. L’auspicio dei ricercatori è che, vista la portata, la scoperta possa portare allo sviluppo di nuovi farmaci per prevenire o invertire il deterioramento cognitivo e riuscire a compiere un grande passo nella lotta alla demenza e alla malattia di Alzheimer. Muscoli più forti con la resistenza progressiva Combattere la perdita della massa muscolare oltre i cinquant’anni è possibile. A sostenerlo sono i ricercatori dell’University of Michigan Health System. Sarcopenia è il fenomeno che inizia, entro certi limiti fisiologici, intorno alla quarta decade di vita, portando ad una perdita di massa muscolare del 3-5% entro i cinquant’anni e successivamente dell’1-2% ogni anno, rallentabile ma non arrestabile, con diminuzione della forza e della massa muscolare. I ricercatori americani hanno dimostrato come grazie agli esercizi di resistenza progressiva, che

prevede l’aumento graduale nel tempo dei pesi utilizzati e della frequenza e durata degli allenamenti, è possibile migliorare anche la capacità di resistenza. Ciò nonostante, l’allenamento di forza negli anziani continua a ricevere scarse considerazioni e solo in pochi centri specializzati entra a far parte delle linee guida ufficiali di trattamento per la sarcopenia. Il make-up contro le fratture Che rossetto e fard fossero sinonimo di femminilità è risaputo, ma in pochi avrebbero immaginato gli inaspettati poteri del make-up. Curare fino a tarda età il proprio aspetto fisico può salvare la vita. A rivelarlo una ricerca presentata da un gruppo di studiosi dell’Università di St Etienne al World Congress of Gerontology svoltosi a Parigi. Cento donne, tra i 65 e gli 85 anni, sono state “analizzate” nell’ambito di una ricerca sul ruolo del trucco nell’autostima femminile. La ricerca ha dimostrato come applicare trucchi e creme costituisce una specie di stretching che serve a migliorare la coordinazione e ad avere percezione della dimensione spaziale. Delle cento donne osservate, quelle abituate a truccarsi ogni giorno sono risultate avere il bilanciamento migliore, e quindi essere a più basso rischio di cadute.

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Vecchiaia? Non è mai troppo presto La terza età comincerebbe già a 27 anni. È quanto sostiene una ricerca dell’Università della Virginia, pubblicata sulla rivista Neurobiology of Aging. I partecipanti all’esperimento, 2 mila persone (uomini e donne) tra i 18 e gli 80 anni, sono stati sottoposti per sette anni a test comunemente usati per diagnosticare malattie mentali e valutare l’invecchiamento. Secondo i ricercatori americani, l’apice delle abilità mentali si raggiungerebbe a 22 anni e già 5 anni dopo comincerebbe l’inesorabile declino. L’oscillazione minima di anni, che si aggira dai 27 ai 30, non dipenderebbe da fattori esterni, ma da fattori legati strettamente alla genetica. Le aree che sono più spesso messe a dura prova dall’età sono quelle che riguardano le capacità di ragionamento, la velocità di pensiero e le capacità di visualizzazione spaziale. La memoria, invece, comincerebbe a vacillare già a 37 anni. Ma dalla ricerca non solo brutte notizie. Alcune abilità si acquisiscono dopo i 40 anni, quelle della gestione dei vocaboli e del linguaggio, la capacità di fare buon uso delle proprie conoscenze e del sapere, che aumentano fino ai 60 anni, arrivando allora al loro apice.


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INTERVISTA A FRANCO SANAPO responsabile sanitario RSSA Residenza "San Vincenzo" di Miggiano

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l processo di invecchiamento della popolazione è un argomento che acquista sempre maggiore importanza in Europa alla luce della ‘rivoluzione demografica’ in atto. In Italia la condizione degli anziani ha avuto, a Suo parere, l’attenzione che merita? La “rivoluzione demografica”, ossia quel particolare fenomeno di sovraffollamento della terra, è un fenomeno atipico: la popolazione mondiale cresce in presenza di una natalità nettamente inferiore. Tale fenomeno, apparentemente paradosso, è dovuto a un notevole incremento dell’allungamento della vita media. Un secolo addietro ogni neonato aveva un’aspettativa di vita di poco superiore ai 40 anni. Oggi ogni neonato ha un’aspettativa di vita media intorno agli ottanta anni. Si sta assistendo a un fenomeno inedito, quasi innaturale: la piramide della vita (la frequenza della popolazione per fasce di età) che è larga alla base (età giovanile) e stretta all’apice (vecchiaia), sta subendo una modifica registrabile ad ogni censimento della popolazione. Tra qualche decennio bisognerà chiamarla con una figura geometrica differente. La crescita della popolazione mondiale è dovuta a un sovraffollamento di soggetti sempre più anziani, fenomeno più evidente nei paesi industrializzati. Una società formata da molti vecchi e pochi giovani. Tutto merito dei progressi della scienza medica che ha eradicato, già dal secolo scorso, le malattie infettive e diffusive, sta nel nostro tempo combattendo efficacemente la prima causa di morte, le malattie cardiovascolari (ictus e infarto), attraverso l’uso sistematico di farmaci antiipertensivi, anticolesterolo e antiaggreganti piatrinici. Tutto merito del progresso tecnologico applicato in campo agroalimentare con la messa a disposizione di miglior cibo a minor prezzo. Una società così articolata pone problemi nuovi e inediti per il passato. Innanzitutto un maggior peso sociale a carico dei lavoratori attivi che, con i loro contributi pagano le pensioni agli anziani. Il rapporto lavoratori attivi/pensionati mostra uno squilibrio evidente: nel 1991 si registravano circa 65 pensionati ogni 100 lavoratori attivi. Oggi i pensionati hanno ampiamente superato il numero dei lavoratori attivi. Questo pone oggi problemi di sostenibilità economica del sistema pensionistico e li porrà sempre di più nel futuro. È ovvio che dovendo lo Stato destinare sempre più risorse per il sostentamento delle pensioni ci saranno sempre meno risorse da destinare ai bisogni della popolazione anziana più debole. L’aumento della vita media produce un altro effetto negativo sui sistemi economici degli Stati: un impressionante aumento della spesa sanitaria. L’invecchiamento comporta un aumento delle cosiddette “cronicità”, malattie quali le bronchiti croniche, diabete, cardiopatie, decadimento cerebrale, ipertensione e tante altre, le cui terapie hanno costi elevati sia per la quotidianità della somministrazione che per l’elevato numero degli assuntori. Invecchiare, per una parte considerevole della popolazione anziana, significa la perdita della autosufficienza e quindi un costo sociale di non poca entità. Insomma se per l’individuo e i suoi cari l’aumento della vita media ha avuto risvolti estremamente positivi (basti pensare che i miei figli hanno conosciuto i bisnonni e molti della mia generazione non hanno conosciuto neppure i nonni), per il governo della società questo risvolto ha i suoi lati negativi e ne avrà sempre di più. In base a queste considerazioni io credo che lo Stato Italiano abbia fatto il possibile di fronte all’esplicitarsi di un fenomeno relativamente recente. Abbiamo la fortuna di vivere in una Nazione che ha garantito, sinora, sia le pensioni (anche troppo, considerato un periodo dissennato di facili concessioni di pesioni “baby”) sia un welfare diffuso in favore degli anziani. Aggiungo diffuso e di qualità, anche se a macchia di leopardo

nella geografia delle regioni: un’Italia, come al solito, a una buona velocità nelle regioni centro settentrionali e una bassa nelle regioni meridionali. Viviamo però in una Regione che dal 2005 ha cambiato marcia e sta recuperando tanto terreno con politiche sociali molto avanzate nei confronti della popolazione fragile e anziana. Tanto per restare in tema di attenzione per gli anziani, si assiste a un fiorire di iniziative assistenziali, sostenute dalla Regione. Si assiste a una diffusa presenza di strutture residenziali per anziani privi di supporto familiare e sociale o non autosufficienti, strutture cui la nostra Regione ha imposto standard strutturali e organizzativi molto elevati. Cosa vuol dire essere anziani oggi? È una domanda maledettamente difficile. Potrei risponderle in maniera accademica enumerando tutte le teorie sull’invecchiamento, quella del “disimpegno”, della “attività”, della “continuità”, del “buon invecchiamento”. Ma lascio agli psicologi tutte queste distinzioni. Innanzitutto mi porrei la domanda quando comincia la vecchiaia. La moderna sociologia distingue 3 classi : i giovani vecchi (65 – 75 anni), i vecchi-vecchi (76 – 90 anni) e i grandi vecchi (oltre i 90 anni). Come vede sono categorie astratte, basate solo sul bisogno di catalogare, classificare, semplificare una realtà che, come tutte le cose reali, é maledettamente complessa. Io penso che la vecchiaia comincia allorquando si verificano alcune condizioni. La prima: la perdita del reddito precedente e si diventa più poveri. La seconda: la percezione di uno “status” sociale più basso come conseguenza della perdita del reddito precedente. La terza: l’impoverimento dei contatti umani che il lavoro ci regala. La quarta: la perdita di una occupazione che finalizza gli sforzi. Ognuna di queste condizioni, percepite dall’anziano, indipendentemente dall’età anagrafica e dalle condizioni fisiche, fa della vecchiaia una condizione di disagio e, a volte, di sofferenza. L’anziano dei nostri anni, per tutte queste condizioni descritte, è differente dall’anziano delle generazioni che ci hanno preceduto. La perdita della percezione individuale e collettiva dello “status” è un fenomeno che abbiamo conosciuto con l’avvento della società dei consumi. Ed è un fenomeno nuovo: i nostri nonni, fino alla morte, erano considerati per quello che erano stati negli anni produttivi e ritenuti fondamentali per le attività produttive dei figli e dei nipoti. Noi saremo considerati e ci considereremo un peso inutile perché il bagaglio di valori, esperienze e sapere è considerato inutile se non genera direttamente un reddito. Il reddito diretto e non mediato dal trasferimento delle conoscenze è il solo metro di misura nella società del consumo. Insomma oggi il vecchio è lo specchio del giovane che, pur dotato e talentuoso, non vale nulla se non possiede un reddito. Essere anziani nella società dei consumi è una condizione psicologicamente devastante. Il rimedio: cambiare la società e i valori distorti che essa esprime. Facile a dirsi, quanto alla realizzazione c’è di mezzo non il solito mare, ma l’oceano. Quali le necessarie misure per far fronte alle conseguenze dell’aumento della popolazione anziana? Essere anziani nella società dei consumi significa non avere più le reti familiari e sociali che hanno sostenuto tutte le generazioni che ci hanno preceduto. Il processo di inurbamento, i cambiamenti antropologici delle relazioni familiari e del mondo produttivo, la globalizzazione dei mestieri (quanti dei nostri figli vivono, da laureati di successo o chiamati da nuovi impieghi, all’estero) e altri fenomeni recenti rendono l’anziano privo delle relazioni più importanti, presenti nelle passate generazioni. Se a tutto questo aggiungiamo

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la non autosufficienza il dramma moderno che circonda l’anziano si tinge delle tinte più fosche. E tuttavia, di fronte a un quadro non rassicurante, dobbiamo sforzarci di creare un nuovo equilibrio, perché a nulla serve richiamare i bei tempi della Marta che filava. Un nuovo welfare che tenga conto che l’impotenza dell’anziano può trasformarsi in rabbia e in disperazione. Un nuovo welfare da costruire da parte della amministrazione pubblica, mediante la creazione di nuove presenze, di nuovo ascolto, di non-giudizio sociale negativo circa lo status di anzianità, di organizzazione dell’assistenza, di maggiore prevenzione sul decadimento cognitivo, di maggiore e nuova preparazione degli operatori sociali, di maggiore comunicazione e presenza dello stato, di grande condivisione della fragilità dell’anziano. Questa è la sfida del futuro. Sento parlare di tante cose in questo periodo preelettorale che si preannuncia caldo. Sento parlare dell’emergenza del lavoro che non c’è per i nostri giovani, e lo ritengo giusto. Mi piacerebbe sentir parlare chi vuole amministrarci anche dei temi che ho accennato sulle politiche per una popolazione di elettori anziani che tra qualche anno sarà maggioranza nel paese.

strutture sociali residenziali a prevalente accoglienza alberghiera destinata ad anziani autosufficienti che per loro scelta preferiscono avere servizi collettivi anziché gestire in maniera autonoma la propria vita o che hanno dei limitati condizionamenti di natura economica o sociale a condurre una vita autonoma o privi di supporti familiari. Per arrivare alle RSSA (Residenze Socio-Sanitarie Assistenziali), strutture che oltre all’assistenza sociale come le precedenti erogano anche prestazioni sanitarie a persone anziane con gravi deficit psico-fisici o affetti da demenze senili, che richiedono un alto grado di assistenza alla persona con interventi di tipo assistenziale e socio-riabilitativo, che non sono in grado di condurre una vita autonoma. La RSSA rappresenta, insomma, la risposta più completa alle esigenze dell’anziano. Esigenze sia di tipo sociale che di tipo sanitario. Questa è la rete assistenziale per gli anziani che la regione Puglia ha disegnato per gli anziani privi di supporto familiare, sociale o affetti da patologie ciniche invalidanti. Naturalmente fissare le regole dell’assistenza da parte del pur illuminato amministratore regionale non significa rispondere efficacemente ai bisogni degli anziani. È però la premessa necessaria e indispensabile. Ed è con questo spirito, di voler cioè rispondere alla sfida di un nuovo e moderno welfare in favore degli anziani che sta per essere avviato, nella parte più meridionale del Salento, a Miggiano, un esperimento che ha la pretesa di diventare un punto di riferimento per l’assistenza integrale e completa per gli anziani. Sta succedendo che l’incontro, abbastanza casuale (a volte i miracoli rischiano di verificarsi), tra un’amministrazione comunale illuminata che ha messo a disposizione un immobile, un imprenditore di quelli che amano le sfide (specie in via di estinzione) e un gruppo apparentemente eterogeneo (un medico, un esperto di problematiche sociali, uno statistico, un aziendalista esperto in start-up e un architetto) sta per avviare un esperimento tra i più interessanti nel panorama regionale e che si propone come modello innovativo nelle modalità di assistenza alla popolazione anziana. So già qual è la domanda che sta per farmi: vuole sapere in che consiste questa nuova esperienza nell’assistenza all’anziano. Le risponderò compiutamente dopo l’avvio della attività, prevista a breve.

Come le R.S.S.A. rispondono alle esigenze degli anziani e delle famiglie? Le Residenze Socio-Sanitarie Assistenziali per anziani rappresentano la risposta della società agli anziani non autosufficienti o comunque privi delle reti sociali e familiari di cui abbiamo parlato. Le RSSA sono una delle risposte, perché la rete sociale che ha prefigurato la regione Puglia è molto più articolata per dare risposte esaurienti alle esigenze della popolazione anziana. Questa popolazione è, ovviamente, eterogenea, con bisogni differenziati. Ogni livello ha una sua collocazione. Si va dalle Comunità Alloggio ai Gruppi Appartamento, strutture residenziali autogestite in forma associata, come nucleo civile di convivenza a carattere familiare per anziani autosufficienti che necessitano di una vita di coppia e comunitaria e di reciproca solidarietà, alle Case Alloggio, strutture residenziali costituita da un insieme di alloggi di piccola dimensione dotati di tutti gli accessori per consentire una vita autonoma e di servizi collettivi destinati ad anziani autosufficienti, alle Case di Riposo,

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archeologia di

Danny Vitale, Antonio Mingolla, Giuseppe Rollo

Santa Maria D’Agnano La madre più antica del mondo

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l 24 ottobre del 1991, il prof. Donato Coppola scoprì all’interno di una grotta ostunese i resti di una donna con il feto ancora in grembo, risalenti al Paleolitico Superiore. Il capo della donna era ornato da una cuffia di conchiglie, al polso un bracciale, anch’esso di conchiglie. Vennero recuperati anche resti ossei di animali orientati e alcuni strumenti in selce. La sepoltura è oggi conosciuta come “la madre più antica del mondo”. L’importanza della scoperta è dovuta al fatto che, con molta probabilità, non si tratta di una semplice sepoltura, ma di una ritualizzazione del seppellimento. La cuffia che ornava il capo della donna, composta da ben 700 conchiglie con ocra rossa, i braccialetti, i frammenti ossei (quasi come offerta/richiesta alla dea madre) e la selce, la posizione della gestante con una mano sotto la testa e l’altra sul feto, i motivi a tratteggio incisi su una pietra rinvenuta nella sepoltura sono segnali che lasciano pensare alla rappresentazione della dea madre. Un’altra peculiarità della scoperta è data dallo stato di conservazione dello scheletro, praticamente perfetto. Solitamente la determinazione del sesso dei resti scheletrici risalenti al Paleolitico risulta molto difficile in quanto l’ossatura delle donne era molto simile a quella degli uomini, essendo entrambi i sessi dediti alla caccia. Per via del feto si ha la certezza, per la prima volta, che si tratti di resti scheletrici di una donna, alta 1 metro e 71 cm. Il feto era lungo 45 cm. All’interno della grotta è stata rinvenuta un’altra sepoltura appartenente a un maschio, datata circa 30.000 anni a.C. Nella cavità adiacente (che un tempo faceva parte della grotta stessa) si possono osservare delle incisioni di difficile interpretazione. La grotta in cui è stata ritrovata la gestante paleolitica è nota come Santa Maria D’Agnano, a pochi km da Ostuni, sulla statale 16, posta a circa 170 metri sul livello del mare. Si tratta di una cavità naturale utilizzata per tenersi al riparo da fiere e intemperie, come attestano i resti rinvenuti in un’altra grotta (non molto lontana, presso la “Nostra Famiglia”), nella quale sono stati ritrovati resti ossei di orsi, leoni e anche di un Neanderthal vittima di fiere. La posizione strategica della grotta permetteva il controllo della zona sottostante e dei valichi di passaggio del bestiame dalla parte interna delle Murge verso la zona dei pascoli (cavalli e uri). Agnano fu frequentata dal paleolitico superiore (con molta probabilità anche in periodi precedenti) fino alla fine del 1700. Oltre ai resti della gestante sono state rinvenute anche differenti tracce di frequentazione messapica (importanti le iscrizioni), di età cristiana, bizantina, angioina e successive. La grotta oggi fa parte di un parco archeologiconaturalistico immerso nella tipica vegetazione pugliese.

La gestante di 25.000 anni fa

Scheletro del feto

foto del Gruppo Archeo Brindisi

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Diario di bordo

Michele Lamacchia @m_thespot leparolecreanomondi.wordpress.com

Ch i si fe rm a è pe rd ut o (s em pr e e pe r se mp re ) “Cati piru ca ti mangiu” (proverbio popolare) - “Chi non ha voglia di lavorare non dovrebbe avere nemmeno voglia di mangiare” (cit.)

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o ho avuto mazzate. Ho sentito il freddo. Ho provato la fame. Io ho dormito nei treni, ho dormito per terra, ho rinunciato a dormire, ho gridato nel buio, ho pianto di rabbia. Ho mangiato patate, ho provato di tutto, ho consumato le scarpe, ho chiesto qualcosa, ho anticipato la sveglia, ho viaggiato nascosto, ho strappato giornali, ho strappato le erbacce, ho potato gli alberi, ho buttato i rami e le foglie, ho riparato biciclette, ho pitturato cancelli, ho imbiancato pareti, ho vissuto i cantieri, ho lavorato a nero, ho portato mattoni, ho impastato la malta, ho portato i secchi, ho portato le casse, ho scaricato il pesce, ho caricato la frutta, ho fatto gli acinini, ho fatto la stagione, ho raccolto le olive, ho fatto il callo, ho dato da mangiare alle bestie, ho preso gli schiaffi, ho dormito zero, ho visto l’alba, ho sentito il freddo, ho sentito il caldo, ho sentito la schiena, ho sentito le mani, ho buttato il sangue, ho sputato il veleno, ho subìto l’ingiusto, ho sognato l’America, sono stato in Germania, sono stato in Svizzera, ho parlato a gesti, ho imparato la lingua, ho vissuto da ultimo, ho aperto le porte, ho spostato le sedie, ho sentito gli insulti, ho mangiato gli avanzi, ho pianto nel sonno, ho pescato

da solo, ho venduto la pesca, ho lavorato di notte, ho ammazzato animali, ho colpito per primo, ho fuso il metallo, ho comprato e venduto, ho portato la carta, ho portato la spesa, ho recuperato il ferro, ho scavato nel fango, ho toccato il fondo, ho frugato i rifiuti, ho rinunciato alle feste, ho rinunciato agli sprechi, ho fatto la faccia, ho venduto parole, ho vinto, ho perso, ho fatto la coda, ho lasciato biglietti, ho lasciato volantini, ho risposto alla chiamata, ho bussato alle porte, ho riso amaro, ho inventato qualcosa, ho studiato la notte, ho perso il sonno, ho sentito la fame, ho parlato alla gente, ho aiutato qualcuno, l’ho medicato, ho raccolto lo schifo, ho lavato un vecchio, ho vegliato la notte, ho pulito ferite, ho assistito alla morte, ho vissuto al semaforo, ho pulito vetrine, ho lavato le scale, ho fatto ogni corso, ho guidato le macchine, ho portato le merci, ho venduto dei pezzi, ho mancato il bersaglio, ho sudato freddo, ho gridato nel buio, ho pianto di rabbia, sì. Ma in ottanta e passa anni mai, MAI mi sono pianto addosso per non aver trovato un lavoro, quello comodo. E ancora adesso mi sento più vivo e pronto di tanti di voi!

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Francesco Buongiorno

AUTUNNO SALENTINO

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na stagione generosa quella autunnale. Tra sapori e profumi che inebriano le piazze e i paesi del Salento. La riscoperta di una natura accogliente e suggestiva, un susseguirsi di feste, sagre, libagioni e danze, segni distintivi e caratteristici di un territorio che conserva ancora il fascino di un tempo. L’antica Terra d’Otranto rivive in questo periodo un appuntamento che si celebra e festeggia da secoli: la Festa di San Martino, il doveroso omaggio al vino novello. L’importante è stare insieme, con gli amici, per “banchettare”, su una tavola imbandita, in casa o in qualche trattoria tipica, al ritmo di stornelli e proverbi d’ogni genere. Il Salento può vantare una ricca produzione di barbabietole, che diventano viti e producono l’uva necessaria per realizzare il Nettare degli Dei. Sin dalle epoche più remote, molti Poeti hanno dedicato le proprie opere alla Festa di San Martino, tra questi ricordiamo Pablo Neruda, Orazio e Giosuè Carducci, Virgilio, Gabriele D’Annunzio. “Lu Mieru”, come viene chiamato in vernacolo, vuol dire schietto, sincero. Gli antichi Romani lo definirono MERUM, cioè VERO, in quanto vigoroso ed intenso; diverso da quello Greco, più annacquato e leggero. L’Umanista e Medico Spagnolo Andres Laguna, vissuto nel 1500, così descriveva il buon vino rosso: “Riscalda i freddolosi, rianima gli esausti, nutre gli emaciati, risveglia gli ingegni sonnolenti, crea artisti e poeti, rallegra i malinconici, spiana la collera ai biliosi”. La Festa viene celebrata per rievocare il senso di solidarietà e carità dato dalla storia di San Martino di Tours, uno dei primi

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Santi non Martiri proclamati dalla Chiesa. L’appuntamento più importante è quello di Taviano, dove il Patrono viene portato in processione. Nella notte si festeggia anche il Capodanno Agrario Salentino, cioè l’ultimo giorno dell’anno agricolo, perché dalle ventiquattro ore successive inizia la nuova annata agraria. A Maglie, invece, a diffondere questo culto, è la Deputazione di San Martino, fondata il 16 agosto del 1908. Bando alla dieta, il menù è secondo tradizione: salsiccia arrosto, cicorie selvatiche, carne di maiale, castagne, pittule, clementini… E naturalmente… Buon Vino Novello! Ma attenzione a non esagerare con i bicchieri, a non alzare troppo il gomito, perché come recitava Lucio Apuleio, Scrittore Romano vissuto nel II sec. d.C. “Il primo bicchiere giova alla sete, il secondo al buon umore, il terzo al piacere, al quarto segue l’ubriachezza, al quinto l’ira, al sesto le liti, al settimo il furore, all’ottavo il sonno, al nono la malattia”.


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spettacolo in evidenza

all you nid is dance Dal 22 al 25 novembre 2012, a Brindisi e Lecce, riflettori puntati sul mondo della danza. Prende il via N.I.D. PLATFORM - Nuova Piattaforma della Danza Italiana, incontri, convegni, spettacoli e performance di alcune tra le più importanti compagnie italiane. Il progetto, (che gode del sostegno di MIBAC - Direzione Generale per lo Spettacolo dal Vivo e con capofila per il 2012 il Teatro Pubblico Pugliese), è stato presentato mercoledì 14 novembre a Roma nella sede del MiBAC - Direzione Generale per lo Spettacolo dal vivo. è nato N.I.D. PLATFORM su iniziativa di sedici operatori della distribuzione italiana riuniti in un RTO (Raggruppamento Temporaneo di Operatori), in collaborazione con ADEP / Federdanza - AGIS, per implementare e sostenere in maniera significativa la promozione della migliore produzione coreutica italiana. Una importante vetrina di produzioni di danza aperta oltre che al numeroso pubblico amante della danza d’autore, a distributori e programmatori italiani ed internazionali, che avrà al suo interno anche momenti di incontro, conferenze, convegni, e ospiterà, dopo 15 anni di assenza circa, gli “stati generali della danza”, con la discussione e l’approfondimento dei temi principali del settore. N.I.D. Platform si propone come un nuovo volano di sviluppo del mercato dello spettacolo dal vivo nel settore della danza, e come momento di incontro e sinergia tra produzione e distribuzione attraverso la presentazione di una serie di spettacoli, ma anche momenti di confronto tra diversi professionisti della produzione, distribuzione e formazione nazionali ed internazionali, ed è nelle intenzioni dei promotori quella di rendere l’appuntamento biennale. Tramite il bando di “avviso pubblico di manifestazione di interesse”, sono pervenute proposte di spettacoli da parte di 75 compagnie italiane per 99 produzioni. Di queste, ne sono state selezionate 20 tra le più importanti compagnie italiane, note non solo nel panorama nazionale ma anche sulla scena internazionale, accanto a queste anche compagnie più giovani ma molto talentuose. Le compagnie sono state selezionate da un comitato artistico di cui hanno fatto parte sei importanti operatori del settore: Franco Bolletta / Consulente per la Danza del Teatro La Fenice di Venezia, Gemma Di Tullio / Responsabile della attività di danza e Capo Progetto Danza FESR del TPP, Emanuele Masi / Segretario Artistico del Festival Bolzano Danza, Anita Mathieu / Direttore di

Recontres Choreographiques Internationales de Seine-Saint-Denis, Andrea Nanni / Direttore di Armunia - Festival InEquilibrio di Castiglioncello, Pietro Valenti / Direttore di ERT – Emilia Romagna Teatri Fondazione. Il progetto si svolgerà al Teatro Verdi (Via Monte Santo, 1) e al Teatro Impero (Via de’ Terribile, 6) di Brindisi e ai Cantieri Teatrali Koreja (Via Guido Dorso 70) di Lecce. Gli spettacoli e le compagnie selezionate: A POSTO di Ambra Senatore / ALDES; BIRD’S EYE VIEW di Simona Bertozzi / Nexus; CANTATA di Mauro Bigonzetti / Fondazione Teatro San Carlo; CARNE TRITA di Roberto Castello / ALDES; CIRCHIO LUME di Federica Tardito e Aldo Rendina / Sosta Palmizi; DU LIEBST MICH ZU VIEL di Helen Cerina / Garden of Hunheavenly Events; ESKATON di Luisa Cortesi / CAB 008; FAKE FOR GUN NO YOU | ALL! di Kinkaleri I RIMASTI di Simona Bucci / Compagnia Simona Bucci; IL SACRO DELLA PRIMAVERA di Michela Lucenti / Balletto Civile; INRI di Stefano Mazzotta ed Emanuele Sciannamea / Cie Zerogrammi; INSTRUMENT N. 1 – SCOPRIRE L’INVISIBILE di Roberto Zappalà / Compagnia Zappalà Danza; ISOLARIO – Poema di un frastaglio spiumato, minuto e senza fine di Fabrizio Favale / Le Supplici; LE VERGINI di Matteo Levaggi / Balletto Teatro di Torino; N-ESIMO PROGETTO FALLIMENTARE di Maristella Tanzi e Carlo Quartararo / Qualibò; NEVER NEVER NEVERLAND – NNN di Alessandra De Santis ed Attilio Nicoli Cristiani / Teatro delle Moire; ON AIR. Progetto Dancing Hall di Marco Valerio Amico e Rhuena Bracci / Gruppo Nanou; SAGRA di Elisabetta di Terlizzi e Francesco Manenti – Progetto Brockenhaus / Sosta Palmizi; SCENA MADRE di Michele Abbondanza ed Antonella Bertoni / Compagnia Abbondanza-Bertoni; SPIC&SPAN di Francesca Foscarini, Giorgia Nardin e Marco D’Agostin / ALDES;

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libro in evidenza

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ESORDIO LETTERARIO PER IL BUON FABIO “Sin da piccolo ho immaginato l’incanto di dare una forma alla felicità. Non è facile per nessuno farlo, non lo è stato neanche per me. Uno spruzzo colorato nell’aria, un raggio di luce nel buio a bruciare il terrore, il taglio orizzontale di un’onda a pelo d’acqua; la carezza di un orizzonte senza fine. No, niente di tutto questo: per me la felicità ha la forma di una sfera. Una perfetta sfera levigata, che contenga l’universo dei colori dal profumo di tramonto: il giallo, l’ocra, il rosso, l’arancione. Una sfera calda al contatto, liscia… tanto liscia da restituirti la carezza che le concedi e tanto perfetta da non avere appigli. Un motivo di serena soddisfazione, l’equilibrio della giustizia, la perfezione assoluta. Il mio atto felice: la sfera. Riuscite a vederla?”

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enza abbandonare il cappellino rosso e le inchieste scomode di ‘Striscia la Notizia’, Fabio De Nunzio debutta in libreria con Sotto il segno della bilancia, scritto a quattro mani con Vittorio Graziosi per Aliberti editore. Questa volta il ‘Buon Fabio’ abbandona il caratteristico mutismo e, seppur tramite una penna, racconta, denuncia, diventa portavoce di se stesso e rivela il percorso emozionale di chi è definito “oltre misura”. Le tappe principali della sua vita sono percorse con toni confiden-

ziali e allegri: l’infanzia, le efelidi adolescenziali, l’amore, il conquistato successo professionale. Le sue esperienze denunciano problemi pratici e quotidiani cui deve far fronte un obeso. La profondità di questo viaggio, tenero e disincantato, sta nella capacità del protagonista di raccontarsi con spiccato senso dell’umorismo senza però celare il disagio con cui, suo malgrado, si è trovato a convivere. Per la consapevolezza e il coraggio con cui è vissuta, l’“obesità” perde la sua accezione propria e diventa sinonimo di “leggerezza”.

quattro chiacchere con l'autore

Perché scrivere un libro sull’obesità? Per portare a conoscenza un problema importante della nostra società e che riguarda, anche in Italia, sempre più giovani. Da dati recenti del World Health Organization emerge che attualmente la prevalenza di obesità giovanile in Europa è 10 volte maggiore rispetto agli anni Settanta. È importante quindi parlarne ed è quello che ho cercato di fare con questo libro, ovviamente a modo mio.

Raccontando la tua vita… Quello dei chili di troppo è un problema che ha sempre fatto parte della mia vita e con cui ho imparato a convivere. Ho sperimentato in prima persona cosa vuol dire essere “fuori taglia” in una società a misura di magro. Il pregiudizio nei confronti delle persone obese è molto diffuso e offensivo, le difficoltà che devono affrontare giornalmente le persone in sovrappeso sono più di quelle che si possa immaginare. Se decidono di andare al cinema o a bere un caffè, vengono “costretti” in poltroncine in cui non riescono a entrare, se prendono l’aereo devono pagare due posti e persino in ospedale trovano ostacoli: bilance che non superano i 140 chili, Tac che non ne “sopportano” più di 150, risonanze magnetiche troppo strette per loro. Per non parlare dall’imbarazzo nel sentirsi dire da una commessa in un negozio di abbigliamento: “Mi spiace, abbiamo solo taglie normali”. Come hai affrontato l’essere considerato “diverso”? Fortunatamente il mio rapporto con la bilancia è sempre stato complice, ma non tutti vivono l’essere in sovrappeso con leggerezza. C’è un vero e proprio stigma

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sociale che colpisce le persone grasse, e che ha conseguenze negative sulla loro autostima e sulle loro relazioni sociali. Raccontando la mia vita, la mia esperienza personale, vorrei incoraggiare tutte le persone non proprio snelle ad amarsi per come sono, ad affrontare la vita con ottimismo, a non lasciarsi abbattere da eventi imbarazzanti e mortificanti. Il mio libro lancia un messaggio positivo, ossia che il peso non può e non deve essere un ostacolo al raggiungimento dei propri sogni e obiettivi. Tu ne sei un esempio Direi di sì. Grazie a Striscia la Notizia sono diventato un personaggio pubblico, ma “il Buon Fabio” non sarebbe lo stesso se non avessi qualche chilo di troppo. Nel libro dedichi un intero capitolo a Brindisi. Che ruolo ha avuto nella tua vita questa città? A Brindisi avevo e ho gli affetti paterni, il mio quartiere, Commenda, è uno dei più caratteristici. È una città a cui sono legato, fa parte della mia vita, non potevo non parlarne.


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cultura in evidenza nuovo teatro verdi brindisi

Amarcord Dom 18 Novembre 2012 con Sabrina Brazzo e Nicolò Noto di Luciano Cannito Il 2013 è l’anno di Federico Fellini: il 40esimo anniversario dall’uscita di Amarcord ed il 20esimo dalla scomparsa del Maestro. Per quest’occasione il coreografo e regista Luciano Cannito riporta in scena, rivisitato, lo spettacolo che si ispira al film del 1973. Proposto per la prima volta nel 1995 al Teatro San Carlo, Amarcord è andato in scena anche al Teatro alla Scala, negli Stati Uniti (Metropolitan di New York e Orange County di Los Angeles) e al Teatro Massimo di Palermo, riscuotendo ovunque un grande successo. Il lavoro di Cannito è liberamente ispirato al film in cui Fellini ricorda e reinventa la sua vita di ragazzo in una Rimini della prima metà degli anni Trenta. La storia di Titta, alter ego del Fellini adolescente, e della sua famiglia si inserisce armoniosamente in un contesto di piccoli ritratti. Lo spettacolo trasporta lo spettatore in un viaggio di condivisione, ricreando

il potente e suggestivo affresco della vita quotidiana e meno quotidiana di una piccola città della provincia italiana con tutte le situazioni tipiche, il tessuto culturale e i “personaggi” del luogo. Uno spaccato dell’Italia a cavallo tra le due guerre, dell’Italia piccola, quella della gente comune, con i problemi di tutti i giorni e la spensieratezza e la voglia di vivere proprie dell’epoca. Nel balletto in due atti del coreografo

CINEMA E FUMETTO

riminese, Sabrina Brazzo (che sostituisce Rossella Brescia, indisponibile causa un infortunio al ginocchio) è una Gradisca che danza tra le scenografie di Carlo Centolavigna sulle musiche di Nino Rota, affiancata dal nuovo giovane talento della danza Nicolò Noto nel ruolo di Titta, l’adolescente al centro della vicenda raccontata dal grande maestro del cinema italiano.

Tutti i giorni escluso il lunedì, dalle ore 9.00 alle ore 20.30, il sabato e la domenica chiusura dalle 13.30 alle 15.30, Palazzo ex Corte d’Assise. a cura di Daniele Trevisi

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iù il mondo fantastico diventa rappresentabile, più il fumetto si avvicina al mondo del cinema, e più il cinema si accosta al regno della fantasia, tipico proprio dei fumetti. L’utilizzo al cinema di personaggi del mondo del fumetto è ormai storia, basti pensare alle vecchie serie tv degli anni ‘60 di Nembo Kid (progenitore di Superman), oppure ai film per il cinema di Flash Gordon, per non tralasciare la trasposizione di italianissimi personaggi come Diabolik, o Kriminal, e ultimamente con protagonisti come Batman, Hulk, Asterix, l’Uomo Ragno, ecc... che con i loro successi al botteghino confermano questa miscela esplosiva. Anche il fumetto ha guardato con attenzione al cinema, prendendone ritmi narrativi, stili ed inquadrature, trame ed espedienti. La vicinanza tra i due linguaggi non risiede unicamente nello sfruttamento di personaggi e soggetti comuni ad entrambi. Analizzando le metodologie professionali, ci accorgiamo di affinità stilistiche ed esecutive che arricchiscono ed evolvono le modalità del narrare verso qualcosa di nuovo ed estremamente interessante, aprendo orizzonti fino a poco tempo fa impensabili basti pensare a film come Matrix, Toy Story, L’era Glaciale, Parnassus, Tron, Shrek, Avatar etc... Oggi grazie ai computer, ai programmi di grafica, alle animazioni vettoriali e tridimensionali, il linguaggio dei fumetti di comune accordo con quello cinematografico si è trasformato, mutando le strutture delle proprie formule espressive. Questa mostra vuole essere un piccolo contributo nell’approccio di un indagine chiara dello scambio che oggi avviene tra i processi operativi e la loro interazione di queste due realtà, il fumetto e il cinema cercando di scoprire e spiegare le modalità di comunanza suggerendo una piccola riflessione sulla sua trasformazione in atto.

è stata inaugurata presso le sale espositive del Bastione di Porta Napoli, in Via Cristoforo Colombo a Brindisi, la mostra d’Arte Contemporanea “People” del brindisino Dario Sylè Nardelli. L’Arte visiva è una delle esperienze affrontate dal giovane Artista negli ultimi 15 anni della sua attività e la sua competenza anche come Designer lo ha portato a sperimentare nuove metodologie di applicazione pittorica. “People” vuole essere “una mostra che possa far immedesimare il visitatore in un viaggio attraverso la storia, le abitudini, le espressioni della gente”. Orario visite: dal lunedì alla domenica, dalle ore 17.00 alle ore 21.00, dal 10 al 24 Novembre con possibilità di visite guidate su prenotazione. Ingresso gratuito. L’evento ha il Patrocinio della Città di Brindisi-Assessorato alla Cultura. Per info: 329 0703795 - 348 8812216.

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ORA C'è BISOGNO DI TE! 20.000 BAMBINI RISCHIANO DI MORIRE NELLE NOSTRE 114 MISSIONI SE NON INTERVENIAMO ENTRO L’ANNO

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Una nuova cultura di Vita

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er uscire dalla crisi ci si concentra sulla politica o sull’economia, 2.000.000 persone, in Italia e in 115 “missioni solidali” di Africa, India ma dalla crisi si esce prima di tutto con l’Amore. Senza la base e Sud America, in comunione con volontari (missionari e laici) di 20 di una sana cultura di Vita, però, l’amore non c’è. Questo è ciò tra Congregazioni e Diocesi e con 24.000 volontari donatori italiani, che oggi manca, più che mai. sono coinvolti in questa nuova cultura di vita (e nuovo modo di Nella nostra società la metà delle famiglie si separano, il 50% fare adozione distanza), sostenuta e apprezzata dal Pontificio delle persone hanno maturato una Consiglio della Cultura e da numerosi predisposizione al cancro. Questo è vero in tutto il mondo. Le famiglie dei “Mai ho voluto incatenarmi alle Vescovi anche nel Sud del mondo dove gli aiuti bambini aiutati da “Italia Solidale” non falsità comuni, che sempre seminano ricevono “elemosine”, ma una concreta non fermano la strage quotidiana dei 22.000 bambini che ogni giorno muoiono dipendenza e violenza, o alla propria ed possibilità di sviluppo. Si riuniscono in di fame. “Dalla fine della Seconda guerra altrui vita. Io dall’infanzia fino ad oggi piccole comunità dove, aiutati dai libri e mondiale i paesi in via di sviluppo hanno documenti di padre Angelo e sostenuti sono sempre stato gioioso e sussistente. da volontari, prendon9o coscienza e ricevuto oltre 2 mila miliardi di dollari in Ho sempre studiato, e anche lavorato, superano i loro condizionamenti interni aiuti, metà dei quali finiti in Africa. Non solo non sono serviti, ma sono diventati ma mai mi sono fermato al solo ed esterni. Attraverso la solidarietà dei essi stessi la principale causa della tragedia lavoro o al solo studio. Via via che volontari donatori coinvolti, sviluppano africana…” - scrive Dambisa Moyo, piccole attività produttive con cui avanzavo nell’esperienza della vita, mi restituiscono e donano ad altri poveri il autrice del libro La carità che uccide. meravigliavo sempre più della falsità denaro ricevuto. Padre Angelo Benolli O.M.V., presidente e fondatore di “Italia Solidale - Mondo della vita di persone e persone, famiglie 4.000 “comunità solidali” di India, Africa e Solidale”, ha cercato nei suoi 80 anni di e famiglie, società e società, culture e sud America hanno adottato a distanza vita e 53 di impegno come sacerdote, un bimbo in un continente “fratello”, culture”. scienziato, antropologo e missionario, sono oltre 6.200 i volontari donatori questa ‘cultura completa’, incontrando del Sud Italia, nel Brindisino, ad oggi, si Padre Angelo Benolli persone di varie culture e religioni. sono formate quattro piccole comunità La proposta di “Sviluppo di Vita e (formate da 5 famiglie) due a Brindisi e Missione” è racchiusa nei suoi libri (10 due a Francavilla Fontana. punti di Sviluppo di Vita e Missione; “Uscire da ogni inganno; La Grazie a Italia Solidale, partecipazione e fratellanza si moltiplicano famiglia non s’inganna; La vita non s’inganna) e nei suoi documenti. superando l’economia malata della globalizzazione selvaggia e dei Un’antropologia completa, con grandi novità scientifiche come il mercati finanziari deviati. cambiamento in Cristo dell’inconscio di Freud con l’ “Io potenziale”.

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COMITATO AMICI DELLA PROVINCIA DI BRINDISI A seguito del processo di riordino delle Province, che prevede la soppressione o l’accorpamento di tali Enti, secondo quanto stabilito dal Consiglio dei Ministri, anche la Provincia di Brindisi rischia seriamente di scomparire, con tutte le inevitabili e nefaste conseguenze che simile evenienza comporterebbe per la comunità brindisina, mortificando ed avvilendo in questo modo una storia millenaria, la cultura, le tradizioni, la dignità, l’orgoglio di un popolo, che meriterebbe ben altra considerazione per quanto ha sempre dimostrato in termini di solidarietà e spirito di accoglienza, immolandosi spesso, negli ultimi decenni, sull’altare delle esigenze della Nazione! Per queste ragioni, si è costituito in Brindisi, per volontà ed iniziativa di un gruppo di cittadini, un Comitato (volontario, apartitico, senza fini di lucro) denominato “ AMICI DELLA PROVINCIA DI BRINDISI” con lo scopo di tutelare e difendere Brindisi Capoluogo e la sua Provincia, istituita nel 1927. Se Brindisi dovesse perdere tale funzione e status , vi sarebbero per la città delle conseguenze estremamente deleterie, con la inevitabile penalizzazione dell’economia locale e di tutto il sistema produttivo. Scomparirebbero, fra gli altri, il Provveditorato agli Studi, l’Autorità Portuale, l’Asl, il Consorzio Sisri, la Prefettura, la Camera di Commercio ed altri Enti. Sono anni che la nostra città subisce imposizioni e prevaricazioni dall’alto: la chiusura della Banca d’Italia, della direzione Enel, dell’Inail… Senza considerare la grande preoccupazione per il destino dei lavoratori degli Enti sopra richiamati, oltre che per i dipendenti provinciali, su cui pende la spada di Damocle del trasferimento in altre sedi ubicate al di

fuori dell’ambito provinciale, con relativi disagi e costi da dover sostenere. Una popolazione, quella brindisina, a cui non è stata concessa la possibilità di essere consultata, attraverso lo strumento del referendum, così come prevede in questi casi la nostra Costituzione. Di fronte a tutto ciò il Comitato non è disposto ad alzare bandiera bianca; non saranno lesinati sforzi ed energie di alcun genere, pur di tutelare la nostra Brindisi, che si può arrogare il diritto, di rammentare all’Italia intera, di essere stata dal 1° Settembre del 1943, per cento giorni, Capitale d’Italia! Basterebbe questo dato storico, per chiedere di salvare la nostra Provincia, derogando ai principi generali del Decreto Governativo. La parola finale passerà al Parlamento, che entro il 31 dicembre 2012, dovrà convertire in legge il Decreto, sempre che la Corte Costituzionale non compia nel frattempo il “ miracolo” da più parti auspicato. Pertanto riteniamo che a nessuno sia più consentito di abdicare al proprio ruolo, in primis alla nostra classe politica ed ai rappresentanti Istituzionali a tutti i livelli. LA NOSTRA MOBILITAZIONE E’ INIZIATA! Occorre un segnale forte da parte di tutti gli amici della provincia di Brindisi. I portavoce del comitato Francesco Buongiorno Domenico Calcagno Comunicato Confesercenti ed il Movimento Consumatori Brindisi Apprendiamo dalla stampa dei capillari controlli effettuati dagli uomini del SIAN A e B nei mesi estivi presso i pubblici esercizi di Brindisi e della provincia, mirati alla verifica del rispetto delle normative igienico sanitarie nella preparazione e somministrazione di alimenti e bevande. La Confesercenti ed il Movimento Consumatori si augurano che l’opera

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di controllo da parte degli organi di vigilanza continui come è avvenuto in occasione dei mesi estivi, infatti questo tipo di controlli rappresentano una garanzia per il consumatore ma anche per l’imprenditore perfettamente in regola con quanto prescritto dalle normative vigenti. Analizzando i dati comunicati nel corso della conferenza stampa balza immediatamente agli occhi come tanta sia ancora la strada da percorrere per formare ed informare gli imprenditori del settore della ristorazione circa le buone prassi da seguire e le regole prescritte dalle varie normative per svolgere in assoluta sicurezza, propria e del cliente, questa importante attività. La Confesercenti ed il Movimento Consumatori già lo scorso anno si interrogarono circa le tematiche inerenti la sicurezza alimentare e le buone prassi da seguire nel campo della somministrazione, giungendo alla conclusione che molta strada c’era ancora da fare prima di riuscire a formare una classe imprenditoriale che ponesse al centro del proprio lavoro la qualità e l’igiene. Da questo ragionamento nasce lo scorso anno il progetto “Igiene e Qualità” degli alimenti, un protocollo d’intesa tra Confesercenti, Movimento Consumatori ed ADOC consumatori, che pone al centro della propria azione il rispetto delle normative, la qualità dei prodotti e analisi di laboratorio, effettuate tramite prelievi effettuati con tamponi su piani di lavoro, attrezzature ed alimenti, effettuate presso un laboratorio accreditato presso la Regione Puglia. Obiettivo del progetto è quello di portare al centro dell’azione lavorativa dei pubblici esercizi la sicurezza alimentare del cliente dell’esercizio commerciale, facendo della prevenzione e dell’autocontrollo la norma anziché l’eccezione.




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