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La bellezza non ha mai lasciato Milano
Con tre lockdown, più di un anno di pandemia dagli effetti davvero devastanti, il turismo a zero, gli uffici e i ristoranti chiusi e il centro deserto, la primavera è comunque la stagione della rinascita e della bellezza, per la città lombarda.
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Per guardare oltre, basta passeggiare per la Galleria con la prima ballerina del Teatro alla Scala, Virna Toppi, che nonostante tutto non ha mai smesso di allenarsi e di costruire la sua arte.
Sperando di riportare la danza al più presto sul palcoscenico più prestigioso d’Italia, ne dona un po’ al cuore di Milano, ballando sul terrazzo dell’Ottagono, sede del ristorante di Carlo Cracco. Un omaggio alla città che l’ha adottata e ha fatto di lei una star internazionale.
E gli incontri che scaturiscono da questa passeggiata sono il segno di quanto questa città così piegata dal virus stia in realtà solo immaginando la sua rinascita, e sia in attesa di sbocciare di nuovo, pronta per riprendere quota.
18Ma con una consapevolezza nuova, e nuove idee da mettere in atto.
Come una bella addormentata, che Virna ha interpretato più volte nella sua carriera di danzatrice, Milano aspetta che il suo principe azzurro chiamato vaccino la liberi finalmente dall’incantesimo.
Intanto, sogna e ricorda, nei suoi luoghi più iconici, e in quel salotto buono di solito brulicante di turisti, venditori ambulanti, passanti, rampanti bancari in tailleur o giacca, cravatta e atteggiamento superiore, milanesi storici con sguardi annoiati, signore bene tutte occhiali scuri e borsa di Prada d’ordinanza, studenti in gita e persone che lavorano che planano invece di camminare sul mosaico marmoreo sempre lucidissimo forse proprio grazie a questi instancabili protagonisti della vita cittadina, che solcano la Galleria come se fossero il coniglio di Alice, in perenne corsa.
La corsa non è più così sfrenata, il passeggio non è più così serrato: la Galleria alle tre del pomeriggio di un giorno feriale è quasi deserta, tanto da consentire a Virna di esibirsi senza che nessuno la disturbi per un autografo.
Sospesa e in attesa, si gode silenziosa questa calma ritrovata, e brama il ritorno dei planatori, uomini e donne che con la loro forza motrice sono la vera energia cinetica di una città mai ferma.
La bellezza rimane, indomita: e si manifesta ancora più esplosiva perché si può ammirare deserta. Fregi e decori della Galleria, austera eleganza della facciata del Teatro alla Scala, che dentro esplode invece di oro e neoclassicismo. Il bianco marmo di Candoglia che dà luce al Duomo, insieme alla sua madonnina. E la forza e l’energia dei ballerini e degli artisti che attendono impazienti di poter nuovamente salire sul palco del Piermarini. Uniti, come Virna, in una continua battaglia contro la malinconia.
Essere ballerini in pandemia è un esercizio di pazienza e di fiducia, di determinazione e di disciplina. Perché mai come ora riuscire a mantenere fede ai propri schemi e procedere con l’allenamento del proprio corpo è un obiettivo sfidante.
Non si va solo contro il proprio fisico, contro l’abitudine: si deve lottare quotidianamente per trovare dentro di sé il desiderio profondo di non mollare.
Perché se la danza è sacrificio, oggi lo è ancora di più.
I ballerini del Teatro alla Scala di Milano sono tra i pochi in Italia ad aver avuto modo di riprendere almeno lo studio, e sono riusciti a mettere in scena qualche spettacolo, seppur registrato.
Ma non vedono l’ora di ricominciare senza restrizioni: ballare senza spettacoli e senza pubblico non è la stessa cosa, anche se oggi continuare a studiare va fatto anche per rispetto dei tanti colleghi precari che da un anno non lavorano e sono senza stipendio.
Virna ha continuato ad allenarsi ogni giorno, a Monaco dove era nel primo lockdown, e a Milano, dove è tornata per rientrare in forze nel suo teatro del cuore, che l’ha vista crescere e che le ha dato l’enorme privilegio di diventare prima ballerina.
Ma Virna è anche una ragazza contemporanea, un’influencer sui social network, dove condivide la sua vita senza filtri e senza costruzioni, perché quello che più vuole testimoniare è il contrario dello stereotipo della ballerina classica tutta dieta e atteggiamento raffinato. Per avvicinare i ragazzi alla danza, e per far loro capire quanto questa disciplina sia alla portata di tutte le persone curiose.
E se un merito a questo covid lo vogliamo proprio trovare, per chi come lei ha fatto della danza una professione, è la possibilità per tutti di entrare in contatto con la danza di livello internazionale. Grazie ai social network questi esseri eterei e lontani sono entrati nelle nostre case con le loro videolezioni, con i loro spettacoli, ma anche con la loro realtà quotidiana. Dando anche a chi non si è mai nemmeno sognato di andare a vedere, per pigrizia, per impossibilità, per mancanza di conoscenza, uno spettacolo dal vivo di entrare alla Scala.
Così come è successo per le masterclass che il teatro milanese ha mandato in onda per mostrare il backstage e la preparazione allo spettacolo: momenti che permettono di vedere il lavoro in sala, mostrano come i ballerini si preparano, come affrontano la prova, il rapporto con il maître e il direttore.
Spiegano anche cosa vogliono dire i gesti che vengono proposti in scena. Anche dopo questa pandemia sarebbe bello che rimanessero, per far vivere al pubblico un momento che non potrebbe mai vedere altrimenti.
Il Teatro milanese è stato tra i primi a cogliere le opportunità offerte dal digitale, e già da qualche anno è un punto di riferimento in questo senso: dirette instagram dal dietro le quinte durante le prime, conferenze illustrative dei grandi eventi, interviste con i protagonisti a disposizione del pubblico.
Ma soprattutto tanta interazione con gli appassionati, che premiano questa apertura con numeri significativi e condivisioni continue. Un modo decisamente contemporaneo di pensare un’attività antica, che di
sicuro però non può in alcun modo sostituire l’esperienza dal vivo, congli spettacoli che speriamo tornino al più presto a illuminare la città.
Insieme all’affollamento in Galleria, dove uomini e donne che plananosono l’unico segno autentico di una Milano che è ritornata alla vita.