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W.FUORIBINA
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ALE DI STRADA N R
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AUTOGESTITO E AUTOFINANZIATO - N. 158 GIUGNO 2013 - OFFERTA LIBERA -
O.ORG - SPED. ABB. POSTALE ART. 2 COmmA 20/CL 662/96 - FIRENZE - GIO
La Violenza domestica È ancora di moda
ARTEMISIA RINGRAZIA COMMOSSA PER LA GRANDE MANIFESTAZIONE DI SOLIDARIETÀ
Mezzetta e non essendoci riuscito ha sociazione e delle sue operatrici. appiccato il fuoco a una porta finestra che Questo grave episodio, se da una parte ci ha preoccupato, dall’altra ci ha fatto capidà sul giardino. Fortunatamente l’arrivo di una operatrice ha impedito che re quanto sia importante il nostro lavoro. Abbiamo ricevuto messaggi di solidarietà Domenica 19 Maggio un grave atto di inti- l’incendio si propagasse. midazione e vandalismo ha colpito Questo grave episodio non è isolato perché e aiuto (anche concreto) da tutti i gruppi l’Associazione Artemisia: qualcuno ha cer- non è la prima volta che avvengono azioni di donne della città, dai centri antiviolencato di entrare nella nostra sede di Via del di intimidazione nei confronti dell’As- za facenti parte di D.i.Re, da parlamenta-
ri, rappresentanti di istituzioni cittadine e singole/i. Chi ha intenzione di attaccarci deve capire che non solo non ci ferma ma che, anzi, le intimidazioni ci fortificano ancora di più. Chi attacca il nostro lavoro vuol dire che lo teme, e quindi ci conferma più che mai che la nostra strada è quella giusta.
Nelle pagine interne inserto: Persone diversamente speciali Produrre questo giornale costa al diffusore € 0,70 quello che date in più è il suo guadagno. Qualsiasi richiesta di soldi in favore dell’associazione, al di là dell’offerta libera per l’acquisto del giornale, non è autorizzata.
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CORSI SERALI COmUNALI
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I misteri di Montecitorio Quando entrò nell’aula sembrava balzato fuori dalle classi serali descritte in alcune pagine del libro Cuore: anziano, curvo, dal passo incerto, la barba da fare. Si sedette in uno degli ultimi banchi, quasi temendo di disturbare. Nei giorni seguenti cambiò gradualmente posto sino ad occupare il primo banco normalmente vuoto. Luigi Franchi frequentò la scuola dal 1979 al 1985. Aveva circa 80 anni al momento dell’iscrizione: voleva ottenere il diploma di Ragioniere, un suo antico progetto. Non parlava molto, ma era facile intuire non tanto il suo passato personale, quanto quello collettivo dell’epoca che aveva vissuto per obbligo di anagrafe. Avere allora quell’età significava essere nato ai primi del secolo ed esser giunto sino all’oggi trasportato da quella fiumana di eventi concentratisi nel ‘900. Avevo dapprima l’impressione che tutto quel vissuto lo avesse levigato come un sasso in un torrente, ma non era così. Il suo interesse non comune per la storia e la letteratura mi fecero presto cambiare idea: certo aveva una formazione scolastica ben riconoscibile, in fondo molto simile alla mia che pure avevo frequentato la scuola vari decenni dopo: Ma ciò era da imputare all’immobilismo del nostro sistema scolastico che ci aveva resi simili culturalmente, al di là di regimi e democrazie. Cosa c’era di diverso tra i libri scolastici del suo tempo e quelli del mio? Ben poco, come mi sono reso conto poi nel corso dei miei studi: una formazione scolastica fatta di luoghi comuni statici, oppiacei e consolatori, compiuti in sé stessi, con i quali potevi parlare in classe, però solo se interrogato ... Io avevo avuto un’opportunità di confronto nell’università degli anni ‘70. Lui quali aveva avuto? Così pensavo. Eppure si intuiva che in qualche modo anche lui aveva certo un’informazione “critica”. Purtroppo a causa della sua sordità non è stato mai possibile una vera conversazione. Si era messo al primo banco proprio per questo. Veniva a scuola a piedi data la vicinanza da casa, una sera però fu investito da un’auto. Se la cavò con poco, ma quando tornò a scuola notai che l’udito gli si era ulteriormente abbassato al punto da impedirgli di seguire le lezioni. Trovò ben presto un rimedio: registrava le lezioni e le riascoltava a casa tramite un collegamento con un apparecchio per sordi. Non si arrendeva. Anche prima di questo incidente aveva iniziato a sottopormi dei libri per un parere: per lo più si trattava di vecchi testi scolastici solidamente rilegati, cercava di seguire le lezioni con quelli chiedendomi ogni
volta di indicargli la pagina dove poteva trovare gli argomenti di cui avevo parlato. Aveva però una passione segreta per i libri di storia: me lo rivelò quando capì che il mio modo di proporre i fatti storici non era quello solito a lui scolasticamente noto. Fu così che iniziò a propormi dei libri di lettura. Accettai. Me ne portò un primo il cui titolo: - I misteri di Montecitorio - mi lasciò perplesso: credevo fosse un thriller, ma presto mi resi conto di essermi sbagliato. Il libro era del 1887 e portava tutti i segni di letture molto partecipate a giudicare dai commenti scritti ai margini. Vi si parlava di ministri, deputati, sottosegretari dell’Italia di quegli anni, dei loro imbrogli, delle compravendite di voti, di allegre donnine che saltavano dal letto di un deputato a un altro a seconda delle leggi da votare in Parlamento ... Argomenti che sono nel nostro quotidiano da tangentopoli in poi sino al crescendo degli ultimi vent’anni, ma io docente di fresca laurea ignoravo che già all’epoca esistesse una letteratura di contestazione che ne facesse denunzia sotto il velo letterario. Luigi la conosceva e dopo il primo me ne prestò un altro, - le confessioni di Emma Ivon - dal contenuto intuibile e conseguente al primo; e poi - I moribondi di Palazzo Carignano ristampato ultimamente sull’onda dell’ ”antipolitica”. Mi introdusse così a un genere, il Romanzo Parlamentare, del tutto
Vignetta di Massimo Demicco
insegnante. Non ritirò l’ultimo tema svolto, un titolo “scolastico” sui Promessi Sposi che gli avevo assegnato a sua richiesta. Scelse di parlare dell’Innominato che lo aveva colpito come individuo: aveva una prosa nel complesso scoordinata nella quale convivevano e confliggevano luoghi comuni e idee personali. Ma alla fine del tema ecco che il suo pensiero si fa strada nel commentare il valore sociale negativo dell’Innominato, trasportato nell’oggi dell’Italia di allora, il 1979: “Per questa ultima conseguenza viene concluso di aumentare continuamente il costo della vita in forma economica: per aumentare maggiormente un gioco in favore del Capitale. Come avveniva nel Medio Evo fra i nobili asserviti dai bravi, oggi continua il medesimo movimento con gli atti del terrorismo sorretto da attività internazionali al servizio del capitale come è descritto da Carlo Marx compreso nello studio dell’Economia Politica.”
rimosso dalla memoria storica, nel quale già si poteva riconoscere un tratto inconfondibile del costume politico italiano, tratto giunto indenne adulto e perfezionato sino a noi. Di questo gli sono ancor grato. Con me fece solo il Bienni: Finito l’anno (accelerato!) passò ad un altro
Un’intuizione “confusamente chiara” del significato di quel decennio che stava per finire, detto poi - gli anni di piombo -. Riuscì comunque ad arrivare in quinta e a fare domanda per la maturità; c’era però un problema. Allora era previsto l’esame su tutte le materie dell’ultimo anno, tra queste anche l’educazione fisica che verteva su prove pratiche, problema non indifferente data la sua età al momento dell’esame (83 anni). Gli fu proposto di chiedere l’esenzione, ma non è chiaro come andarono le cose. Sembra che entrasse in conflitto con la Commissione per cui tutto il seguito dell’esame ne risentì negativamente, data anche la rigidezza del Presidente che non intese concedere sconti. Fu naturalmente respinto senza appello. Qualche mese dopo la sua salute già precaria ebbe un peggioramento e Luigi Franchi morì a 84 anni senza aver ottenuto il diploma di ragioniere. Era l’inizio del 1986, 37 anni fa. A Firenze.
Andrea Greco
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LA BACHECA DI FUORI BINARIO
Fuori Binario compie 19 anni Caro fuori binario, intanto auguri per i tuoi magici 19 anni. Sei per noi una realtà molto importante, in un momento storico di crisi e sgomento, dove i disastri di carattere economico ma anche ecologico stanno pesando in modo mostruoso sul destino di tutti. La nostra esperienza con te è una speranza e ci ha dato la possibilità di poter scrivere usando un linguaggio che verte su posizioni di giustizia umanitaria senza mezzi termini, ma anche di agire al più presto per cercare di evitare il peggio fornendoci anche un reddito onesto scaturito da un operato sociale che abbraccia una città intera e oltre i suoi confini con i senza dimora, in altri luoghi da poter scoprire tra sorprese e novità. Grazie per averci conferito la possibilità di vivere ciò che non era stato dato in una situazione geopolitica scritta dai poteri forti dove per non rimanere esclusi c’è da tracciare nuovi sentieri imprevisti ma curiosi e molto interessanti. Contro l’omologazione, con diritto e dignità nulla ci sarà tolto.
Oltre il giornale
Fuori binario, Come in un viaggio a tre dimensioni, pieno di notizie scomode e utili di denuncia contemporanee. Un viaggio nel cuore della jungla di cemento e non solo. Così, da diciannove anni, fb non si è mai arreso, agli attacchi di questa era, violenta e menefreghista. Un viaggio nella mongolfiera gigante di orrori e cose meravigliose. Volando alto dal mare del nord al mar rosso. Senza indulgere in scadenti forme di vittimismo e di inutile aggressività. Saluti, con affetto Clara Senza di te fb, bisognerebbe inventarti. Con una parola si cambia il mondo. Ringraziamo in particolare le nostre tipografie Fuori binario, per la loro disponibilità e la loro pazienza. buon compleanno.
C'è uno spazio dove; guardando gli altri negli occhi, si scambiano narrazioni e sofferenze e con le competenze di ognuno, si cercano risorse utili per affrontare la vita e per r-esistere, contrastando i mostri di sempre... dove puoi incontrare Umani distanti nello spazio e nelle esperienze, ma desiderosi di allargare i propri orizzonti con un'instancabile curiosità e con il potere straordinario di accorciare le distanze. dove puoi sperimentare l’autoreddito e autoprodurre cultura, t'invita a tener conto da dove viene tutto quello che accogli nella tua vita, e che sia in linea con i tuoi valori e favorisca il tuo benessere. dove puoi sfrucugliare l'istinto migratorio o la smania per luoghi lontani, il tuo spirito critico, essere in disaccordo praticamente con tutto, scrivere comunicati importanti, disegnare, giocare con carta, cartoni, colla e forbici, spazzare le scale, e non prenderti troppo sul serio... tutto questo potrebbe diventare una creazione solida e duratura senza bandi ne' concorsi “Sto ancora imparando”, disse Michelangelo a 87 anni. buoncompleanno fuoribinario!
Ist (inserimento socio-terapeutico)
Alla bottega di Fuori Binario potete trovare i lavori dei bambini dei campi Rom. Nelle foto alcuni campioni.
Fuori binario, buon compleanno
Tipografia Nuova Cesat e Tipografia Idealpress
Sisina
Già!?! non mi sembra vero, ma sono passati 19 anni. Tanti se si contano i giorni i mesi le ore, ma ogni volta che arriviamo a fare il giornale nuovo ci ritroviamo a dare le stesse notizie anzi, la forbice tra privilegiati ed esclusi si allarga sempre più, la casta abita le torri e ai poveri restano i marciapiedi e ormai neppure quelli perché rappresentano “degrado e vergogna”, sciupano la città “vetrina” e vengono allontanati da assessorati alle politiche sociali che inviano squadre di poliziotti. Tutto questo in una realtà non solo fiorentina, che vede quotidianamente sgretolarsi la sicurezza sociale, i diritti primari: residenza, cittadinanza, casa, lavoro, i servizi pubblici come sanità e scuola gettati nel calderone della privatizzazione a vantaggio della speculazione. Diciannove duri anni, nella lotta alle discriminazioni sociali, sostenute dalla stampa di regime che istiga volentieri odio e razzismo, noi continuiamo l’impegno come informazione indipendente autofinanziata ed autogestita, anche sostenuti dalle altre forze dal basso a pubblicare le nostre pagine che vogliono essere anche denuncia di una politica sempre più lontana dai cittadini. Tutto ciò sicuramente è grande merito dei nostri lettori, che oltretutto sostengono in questo modo le persone dalle quali prendono il giornale e le spese che ci permettono ancora di esistere.
Mariapia
La bottega si trova in Via Gioberti 5r (lato Piazza Alberti)
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DENTRO LA GABBIA
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Chiarezza sui dati dei suicidi in carcere Pagano (Dap): chiarezza sui dati dei suicidi in carcere... Comunicato Dap, 21 maggio 2013 “L’Amministrazione Penitenziaria contesta fermamente i dati sui suicidi e sui decessi naturali che periodicamente vengono pubblicati a cura del centro di documentazione Ristretti Orizzonti che da anni opera all’interno della casa di reclusione di Padova”, è quanto afferma il vice capo del Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) Luigi Pagano che così spiega la presa di posizione, “resa necessaria per chiarire definitivamente la falsa diatriba sui dati”.[…] Qualcuno pensa davvero che Ristretti Orizzonti ha bisogno di “gonfiare i dati” dei suicidi? In risposta al comunicato Dap “Chiarezza sui dati dei suicidi in carcere” Di ogni detenuto che muore cerchiamo di ricostruire, per quanto possibile, l’identità e la storia personale e lo facciamo con l’intento di ridargli la dignità di persona, togliendolo dall’anonimato e dalla asetticità delle statistiche ufficiali. Attingiamo le nostre informazioni da fonti indipendenti rispetto all’Amministrazione penitenziaria
(notizie giornalistiche, segnalazioni di volontari, di operatori, di parenti dei detenuti...) e quindi a volte queste informazioni possono essere imprecise, ma cerchiamo sempre di verificarle attentamente. Dal 2000 ad oggi abbiamo censito 773 casi di suicidio in carcere: qui è possibile vedere la nostra serie storicahttp://www.ristretti.it/areestudio/disagio/ricerca/index.htm; un numero di poco superiore a quello ufficiale di 728 (comprendendo i 12 di quest’anno): in allegato è possibile vedere la serie storica del Dap dalla quale si evince che il numero annuo di suicidi non è mai sceso sotto la “soglia” dei 45 (nemmeno quando nelle carceri c’erano 20mila detenuti di meno). Con il nostro Dossier abbiamo rilevato di media 4 casi l’anno non censiti dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria come suicidi, ma che probabilmente sono finiti nel novero dei “decessi per cause naturali” (che peraltro ammontano ad oltre 1.300 negli ultimi 13 anni). Per il 2013, se il Dap considera “suicidi” soltanto le morti di coloro che si sono impiccati, sono 12 le persone detenute che si sono tolte la vita con queste modalità.[…] E soprattutto, nelle nostre “statistiche” noi abbiamo dato un nome e un
CARCERI GARANTE FIRENZE DIGIUNA, “SI FACCIA SUBITO RIFORMA” DECRETO LEGGE PER RISOLVERE IL PROBLEMA DEL SOVRAFFOLLAMENTO FIRENZE, 11 GIU - Digiuno, a partire da domani, per sollecitare una riforma “strutturale”, in funzione ‘antisovraffollamento’ delle carceri italiane. È quanto ha annunciato il garante per i diritti dei detenuti del Comune di Firenze, Franco Corleone che ha spiegato: “L’unico che oggi parla della drammatica situazione dei penitenziari italiani è il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: ho pensato di dargli una mano, con questa iniziativa, per cercare di suscitare un minimo di attenzione politica sul tema”. Per Corleone, una “riforma vera del sistema carcerario non é più rinviabile: Governo e Parlamento devono prendere decisioni immediatamente, prima dell’estate. Serve un decreto legge che affronti i nodi strutturali, legge su recidiva, droghe, le norme sulla custodia cautelare, la nomina di un soggetto, a livello governativo, incaricato di gestire la politica sulle droghe al di là di un mero profilo di ordine pubblico; serve un provvedimento che riduca la popolazione carceraria di almeno 25mila unità, a fronte degli oltre 66mila detenuti reclusi attualmente nelle strutture del nostro paese”. Il Garante ha spiegato anche di aver chiesto “un incontro al ministro della Giustizia Cancellieri, ai presidenti delle Camere, e delle commissioni Giustizia dei due organismi”. Quanto alla raccolta firme per legge popolare contro il sovraffollamento delle carceri, promossa da un cartello di numerose associazioni di settore e supportata dal garante dei detenuti, Corleone ha detto che “é arrivata a 25mila sottoscrizioni”, ricordando anche la manifestazione che vi sarà il 26 giugno (giornata mondiale contro la tortura) “in tutta Italia per sostenere la campagna”. (ANSA).
cognome alle persone. 21 Maggio 2013 Ornella
Favero Direttore responsabile Ristretti Orizzonti
di
Capece (Sappe): solidarietà a Ristretti Orizzonti dopo accuse Vice Capo Dap Pagano Comunicato Sappe, 21 maggio 2013 “Alla redazione di Ristretti Orizzonti, che da anni conduce una meritoria
attività di informazione da e sul carcere, va la nostra piena solidarietà rispetto alle dichiarazioni di Luigi Pagano, vice Capo del Dap, che li accusa di gonfiare i dati dei suicidi in carcere. Il loro è un lavoro prezioso. Come Ristretti Orizzonti, l’impegno del primo Sindacato della Polizia Penitenziaria, il Sappe, è sempre stato ed è quello di rendere il carcere una “Casa di vetro”, cioè un luogo trasparente dove la società civile può e deve vederci “chiaro”, perché nulla abbiamo da nascondere ed anzi questo permetterà di far apprezzare il prezioso e fondamentale - ma ancora sconosciuto - lavoro svolto quotidianamente dalle donne e dagli uomini della Polizia Penitenziaria. […] “La situazione penitenziaria resta allarmante nell’assoluta indifferenza ed apatia dell’Amministrazione Penitenziaria. In questo contesto è palese e grave l’inefficienza del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria guidato da Giovanni Tamburino e dal Vice Capo Luigi Pagano, che pensa a risolvere le criticità del sovraffollamento delle nostre prigioni con soluzioni fantasiose e pericolose”, conclude.
Carcere come 'extrema ratio' il piano di Cancellieri per svuotare le celle Quasi 66 mila i detenuti, circa 40 mila i posti. E l'ennesima calda estate è alle porte. Per questo motivo entro la fine del mese approderà al Consiglio dei ministri il nuovo decreto svuotacarceri, elaborato dalla ministra della Giustizia, Anna Maria Cancellieri dopo l'audizione al Senato del 15 maggio scorso. Obiettivo primario del provvedimento – che concerne i reati minori è quello di rendere obbligatorie misure alternative al carcere e la messa alla prova, che prevede la sospensione del processo per chi rischia condanne inferiori ai quattro anni, puntando su un percorso rieducativo. Ma il tempo è tiranno e nell'immediato, l'impellente necessità quell'emergenza per cui l'Italia è stata condannata dall'Unione Europea - è recuperare 10 mila posti, in modo da 'alleggerire' di penitenziari. Il piano prevede dunque l'apertura, entro la fine del 2013, di nuove strutture in grado di ospitare almeno 4 mila detenuti: entro giugno è prevista l'inaugurazione del nuovo carcere di
Reggio Calabria, che può ospitare fino a 318 detenuti, mentre a metà luglio tocca a Sassari con una struttura da 465 posti. Entro la fine del 2013 si attendono invece interventi a Biella (200 posti), Piacenza (200 posti), Pavia (300), Ariano Irpino (altri 300) e la riapertura di alcune strutture in disuso, come quella di Pianosa, in
grado di ospitare fino a 500 detenuti. Sono stati anche programmati altri interventi per il carcere di Gorgona, uno dei rari esempi di istituti che ospitano detenuti-lavoratori e su cui la Guardadigilli intende puntare molto, nonostante sia palese il grande ostacolo degli stanziamenti, a causa del quale i programmi di impiego sono stati sospesi in numerosi
penitenziari. Sull'altro versante, per far fronte a un problema - quello dell'eccesso di detenuti nelle patrie galere – solamente in parte tamponato con la 'soluzione strutture', si sta pensando di limitare la carcerazione ai reati più gravi. Dovrà inoltre essere presa in considerazione l'idea dell'uscita anticipata per chi sta scontando l'ultima parte della condanna: l'ipotesi è quella di portare da 12 a 18 mesi il residuo pena che i condannati in via definitiva potranno scontare a casa. "Qui non si tratta di migliorare le condizioni – ha dichiarato Cancellieri durante la festa della polizia penitenziaria – ma di cambiare il sistema, riuscendo a dare piena concretezza al principio secondo cui la pena detentiva deve costituire l'extrema ratio. Il rimedio cui ricorrere quando si rivela impraticabile ogni altra sanzione”. Intanto il 24 giugno, in Parlamento, avrà inizio la discussione su un provvedimento che, come ha sottolineato Strasburgo, non è più oltremodo rinviabile.
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VOCI
CHE BELLO, LA CRISI! A me sinceramente non convincono i discorsi che sento in giro. E’ tutto un pianto e un lamento. Ci sono stati anni difficili, molti di noi si sono chiusi e fatti un po’ di affari propri. Un piede di qua e uno di là, un po’ “rivoluzionari” e un po’ pigramente partecipi del “benessere”. Che limbo! Poca forza per cambiare, poca per ribellarsi, poca per cercare e proporre altro. Questo sì che è malessere, pervasivo e subdolo. Finte certezze, falsi progressi. È stato normale sprecare la nostra preziosissima vita in lavori che non abbiamo amato, fatti per ingrassare datori di lavoro di dubbia moralità: il nostro tempo per una manciata di denaro. E allora mi viene da dire (e sono “disoccupata”): meglio essere “disoccupata” che lavorare per le multinazionali, i fast food, i diffusori di veleni, i produttori di armi, le industrie farmaceutiche, gli imbroglioni e i creatori di falsi bisogni. Senza dignità, siamo costretti alle dipendenze di affaristi che inquinano la Terra e che sfruttano altre persone. La nostra vita, anziché diffondere benessere, amore, solidarietà, fratellanza, saggezza è impigliata nelle reti di una produzione che non ci riguarda e che anzi si ritorce contro di noi e la nostra salute psico-fisica. Lavoriamo materie prime rubate a paesi poveri, produciamo l’inutile e il nocivo. Meglio essere disoccupati e coglierne l’opportunità e l’aspetto creativo. Certo, lo so: come si dà da
Come cenere abbandonata nel vento Come cenere abbandonata nel vento voglio perdermi nel tempo volare con la neve nel freddo infinito, sul ricordo del giorno ormai sepolto. Volare via, bandiera senza nazione, albatro senza ali. Voglio fuggire e perdermi… perdermi nell’Africa bruciata, nei fiumi indiani, perdermi negli schizzi dell’oceano. Nelle ombre delle grandi querce, nei granelli di sabbia del deserto, perdermi per mai più tornare, per mai più ritrovarmi. Lasciando solo brandelli di pelle al mondo. Voglio incamminarmi col tempo, e con lui raggiungere l’eternità.
Giulia Materassi
mangiare alla famiglia e bla bla bla. Ma purtroppo, finché non siamo con le spalle al muro, non ci sforziamo di creare alternative. Ora è il momento di inventarsi nuove forme di scambio e di lavoro, di fare cose insieme. All’associazione il Melograno, per esempio, è già attivo un mercatino di scambio (io ti do una camicia tu mi dai una cassa di frutta, ecc.) e uno scambio di servizi (ti riparo il rubinetto e tu mi insegni ad usare il computer). In molti stiamo cercando spazi di condivisione, terre da coltivare in più persone, punti vendita da gestire con altri, servizi scambiati anziché pagati. Stiamo re-imparando a rinunciare a cose
inutili e a dare il vero valore a ciò che usiamo e facciamo, impiegando in modo diverso il nostro tempo. Quindi se la crisi è un momento di potenziale vulcanico, invece di rimpiangere posti di lavoro che, se ci pensiamo bene, andrebbero lasciati spontaneamente perché non portano beneficio né all’umanità né alla natura, possiamo fare nuove scelte di vita, partendo da piccolissime azioni quotidiane di rispetto, attenzione, consapevolezza.
Possiamo trasformare la nostra rabbia in forza di cambiamento senza farci risucchiare dalla potente onda negativa che si insinua nella nostra mente e nei nostri discorsi. Non è facile, è vero, ma è la nostra sola possibilità. Non frustrazione, non avvilimento, ma coraggio del cambiamento profondo. Solo se lo operiamo anche dentro di noi può resistere alle difficoltà e al tempo. Gradualmente possiamo mettere a fuoco la nuova visione nella nostra mente e crederci fermamente.
ne che va esattamente all’opposto di come dovrebbe andare. Abbiamo la possibilità di costruire tante piccole nuove realtà fuori dal vecchio binario. Senza paura. E possono essere atti giocosi, di costante apertura e creatività: produrre le nostre cose da soli, coltivarci il nostro cibo, imparare a cucire. Non abbiamo bisogno di soldi per incontrarci, fare musica, teatro, cantare, scrivere testi e poesie, disegnare, creare eventi, meditare, abbracciarci e volerci bene. Possiamo ripartire e costruire situazioni di armonia, chiarezza e vera uguaglianza, superando barriere e pregiudizi, senza problemi di etnia, sesso, età.
Essere disoccupati è l’occasione per avere tempo per noi, ripensare a cosa vogliamo veramente, ritrovare noi stessi e gli altri in un modo nuovo. Ben venga l’uso degli spazi pubblici come in via del Leone. È il momento per fare, e fare bene. Riusciremo a farcela, soprattutto se sfuggiamo dai bisogni indotQuesto ti (si può vivere ed essere felici ci darà anche a lume di candela e con una l a bicicletta!). forza È bello uscire dal tunnel de “la colpa è di fare passi reali. sempre degli altri” e “sono una vittiStiamo nella fiducia. Fiducia nelle ma” ed entrare nel mondo aperto e risorse che stanno dentro di noi e nel- solare della responsabilità personale, l’aiuto della Terra. Le leggi della del libero arbitrio e della capacità di Natura stanno dalla nostra parte. La trasformare e creare la realtà. Siamo fiducia è morbida e non aggressiva. La tutti protagonisti, nessuno escluso. fiducia allarga il cuore, non separa. La Un saluto a tutti, nella fiducia che fiducia dà la chiarezza, la determina- Madre Terra, se rispettata, protegge zione e la costanza per costruire real- tutti i suoi figli. tà nuove. La nostra forza deve essere Caterina Zoli la certezza di stare nel giusto, e di muoverci per aggiustare una situazio-
…..Vorrei e non vorrei ….. Vorrei fermare il mio cammino, ma devo continuare a camminare perché anche se sono nato per morire prima devo vivere ….. anche se non vorrei.
In un oceano di mente turbata immensamente naufragò il mio pensiero navigando tra quest’oceano.
Sergio Bertero
Sergio Bertero
Maggio 2013 Tra le tante cose, questa settimana, dedicata a tutti coloro che stimo, c’è anche un numero di persone con le quali viene divisa l’esistenza. Nel mio pensiero a volte il pensiero di mio padre Piero: era un pastore. A diciotto anni diede l’esame di diploma magistrale conseguendo la promozione. Dopo l’arruolamento nelle truppe aviotrasportate divenne generale di quel corpo nell’anno 2002 morì.
Emilio Ardu
Lunedì 03/06/2013 Come tanti altri il mattino presto ero già sveglio il giorno seguente alla festa della Repubblica. Niente di strano. Non c’è una spiegazione semplice immaginavo, come soluzione, la vita è così sogni qualcosa e non lo hai mai quando lo vuoi. Insomma torni sempre un po’ deluso. Ami le cose intorno a te, ma ti senti prigioniero di qualcosa più forte e speri che il destino possa risolvere il tuo futuro.
Emilio Ardu
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CASA
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In catene contro gli sfratti
Bisogna disattivare la violenza quotidiana degli sfratti a famiglie e singoli che per motivi gravi, perdita di lavoro, aumento del nucleo, mutui da strozzini, fatica di vivere in questi tempi di crisi, incolpevoli non riescono più a pagare gli esosi canoni sul mercato degli affitti privati. Giorno dopo giorno i solidali che si oppongono alla messa in strada di queste famiglie, a più voci richiedono lo stop od almeno la proroga, ma soprattutto l’adempimento del passaggio da casa a casa almeno per chi già in lista di assegnazione dell’alloggio popolare. La foto accanto dimostra il punto della situazione, una realtà che si espande senza dare conto della dignità umana, soluzioni fantasma nella città al cui governo si fanno affari con le immobiliari svendendo gran parte del patrimonio pubblico. Come giornale chiediamo l’interesse delle istituzioni verso questo dramma, i dati ci piazzano al primo posto in Italia, perché non si parte da qui con delle risposte utili e condivisibili?
La Redazione di Fuori Binario
A UN ANNO E MEZZO DALLO SGOMBERO VIOLENTO DI VIA DEI CONCIATORI:
AL PEGGIO NON C’È MAI FINE
Mentre alle Murate si svolge il laboratorio Riusa, dove fra gli altri anche alcuni assessori del Comune di Firenze sono invitati a parlare di fondi sfitti, vuoti urbani e strategie di recupero, il Progetto Conciatori rilancia la “reconquista” dello stabile nel quartiere di Santa Croce, sgomberato nel gennaio 2012 perché venduto per pochi soldi ad un’immobiliare che avrebbe dovuto “convertirlo” in appartamenti. A quanto scrivono, la compravendita non ha avuto luogo e l’edificio in via de’ Conciatori, svuotato e abbandonato, è ormai messo peggio di prima. Nel 1980 le vecchie concerie di Santa Croce, situate in via dei Conciatori, erano in uno stato di abbandono totale, nel quale le istituzioni le avevano lasciate. Fu l’occupazione di una parte degli stabili da parte di realtà politiche e sociali a ridonare vita ed un uso sociale a via dei conciatori, apportando una serie di migliorie e manutenzioni ai locali. Via dei Conciatori è stata fino al gennaio 2012 un punto di riferimento, nel quartiere e della città, per i bisogni di vera socialità e di autorganizzazione per la difesa dei ceti più deboli. A fine 2010 i 1700 metri quadri di via dei Conciatori venivano svenduti alla speculazione dalla Giunta Renzi: con un asta si regalava il tutto ad una fantomatica Società, la Tosco3, per miseri mille euro al metro quadro.
Il 19 gennaio del 2012, dopo due anni di resistenza da parte di noi del Progetto Conciatori, ingenti forze di polizia mandate dall’ “enfant prodige” di Palazzo Vecchio, Matteo Renzi, sgomberavano manu militari via dei Conciatori. Venivano cioè cacciati violentemente tutti quei cittadini che per decenni ne avevano garantito un uso sociale, impedendone il deterioramento. Veniva imposta le Legge degli speculatori e dei pescecani. Ad un anno e mezzo di distanza da quel 19 gennaio in via dei Conciatori non è stata mossa una pietra.
Gli stabili sgomberati sono di nuovo come nel 1980, in stato di totale abbandono ed in preda all’inevitabile deterioramento dovuto all’abbandono stesso. E questo sarebbe già una vergogna, ma la realtà va ben oltre!!! Nella seduta del consiglio comunale del 22 marzo è saltato fuori che via dei Conciatori in realtà non è ancora stata venduta all’aggiudicatario d’asta, perché la Tosco 3 non ha voluto pagare neanche quei miseri euri a cui si era aggiudicato il bene pubblico in questione. È saltato fuori altresì che la Giunta comunale sta cercando comunque di
svendere il bene alla Tosco 3 ad un prezzo ancora inferiore!!! VERGOGNA! VERGOGNA!! VERGOGNA!!! Questa vicenda si inserisce nel contesto più ampio del “decisionismo” renziano che governa da alcuni anni la città di Firenze, al servizio degli interessi forti ed in particolare degli speculatori. Vittime di questo decisionismo sono stati i ceti poveri, i soggetti più deboli della società. Fin da quando il “Rottamatore” esordì sgombrando il mercatino mutietnico sul lungarno Pecori Giraldi, passando per le decine e decine di sgomberi violenti delle famiglie povere sfrattate, fino alle campagne contro gli immigrati in via Palazzuolo o a progetti devastatori come quello del Parcheggio interrato di Piazza del Carmine e Piazza Brunelleschi. Come Progetto Conciatori vogliamo tornare a denunciare la questione di via dei Conciatori, vogliamo opporci alla speculazione, al degrado dei beni pubblici, alla privazione di spazi sociali che caratterizza il Quartiere di Santa Croce ed in generale la città di Firenze. Vogliamo rilanciare la pratica dell’Autorganizzazione, dell’azione diretta a tutela dei bisogni collettivi delle classi subalterne! Vogliamo via dei Conciatori di nuovo libera e vivace!! Via il grigio-piombo delle grate e del cemento e di nuovo mille colori dell’Autogestione!!!
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DIVERSAMENTE
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Franca
Una biografia straordinaria. Franca Rame vista teatrali, vi partecipò con la creatività e la passione che le erano abituali. Il contesto del suo impegno dalla Puglia degli anni ‘70 erano non solo le lotte e l’effervescenza sociale, ma Nel giorno delle esequie di Franca Rame, come si può anche la rete di ciò che si chiamò nuova sinistra o ricordarla senza ripetere ciò che della biografia, del sinistra extraparlamentare. La quale – pur con alcuprofilo di artista e donna impegnata, delle vicende ne eccezioni, qualche miseria e molte divisioni – fu anche personali è stato scritto e ripetuto da tutti i caratterizzata da un vivo interesse per la battaglia e media, fino a farne narrazione ormai quasi conven- l’attività culturale, che l’opera dei due grandi artisti zionale? Proviamo dunque ad aggiungere un piccolo contribuì a rafforzare e indirizzare. tassello non troppo risaputo, a partire dalla nostra Per esempio, nel 1971, il Circolo Lenin di Puglia, una esperienza. Con una premessa: gli anni settanta, fer- delle formazioni più vivaci della nuova sinistra, disvidi ed esuberanti – in tempi recenti ridotti ad “anni seminata e radicata nel territorio, promosse un’attidi piombo” da menti ignare e limitate – ci hanno vità di “controcultura” come parte integrante della concesso, fra le tante fortune, quella di ospitare e controinformazione e del lavoro politico. Ci fu perciò conoscere Franca Rame e Dario Fo. naturale raccogliere l’appello per la creazione di cirSe questo è stato possibile è perché Franca è stata coli La Comune (Franca e Dario, dopo aver abbandonon solo grande attrice, ma anche protagonista nato, nel 1968, il circuito dell’Eti e poi fondato il colcoraggiosa e generosa delle lotte politiche di quel lettivo Nuova Scena, se ne erano separati per costiperiodo: caratterizzato da una conflittualità sociale tuire il collettivo La Comune). E fu così che nacque – diffusa e feconda che ne ha fatto “il decennio più con il concorso una compagnia teatrale locale, il riformista della storia d’Italia”, come lo hanno defini- Gruppo Abeliano – La Comune di Puglia. La quale, to Chiara Ingrao e altri, restituendo all’aggettivo il nell’ottobre del 1971, contribuì a organizzare nella significato corretto. Le lotte e le rivendicazioni di regione alcune rappresentazioni di Tutti uniti! tutti quegli anni, che coinvolsero le più varie categorie insieme! Scusa, ma quello non è il padrone?, intersociali, ottennero, infatti, una messe di conquiste pretato da Franca Rame e altri. civili davvero singolare: dallo Statuto dei lavoratori al Qualche anno più tardi, in pieno movimento del ’77, divorzio; dalla tutela delle lavoratrici madri alla scuo- La Comune tornò a Bari, con La giullarata, e con la a tempo pieno; dalle 150 ore all’obiezione di Ciccio Busacca e Piero Sciotto. Intanto erano sopragcoscienza; dai Decreti delegati al nuovo diritto di giunti gli anni del movimento femminista, che avefamiglia; dai consultori pubblici alla legge di parità vano sconvolto vecchi equilibri, anche in seno alla sul lavoro; dalla riforma sanitaria alla legge sull’abor- galassia rivoluzionaria, e sovvertito ideologie, costuto; dalla “legge Basaglia” fino all’abrogazione degli mi, politica, immaginario, relazioni di genere. Franca articoli del codice penale sul delitto d’onore. se ne fece coinvolgere totalmente, com’era nel suo Di tutte queste battaglie e di altre (le attività in favo- stile e nel suo senso dell’impegno profondo, generore dei tanti militanti, sindacalisti, operai arrestati in so, intelligente. I temi, le denunce, le rivendicazioni quegli anni, la solidarietà verso le vittime del golpe del movimento femminista la toccavano nel profoncileno, il sostegno alla causa palestinese, e così via) do: intimamente, per meglio dire. Franca Rame e Dario Fo furono le voci recitanti, si Come sarebbe riuscita a raccontare solo alcuni anni potrebbe dire. In particolare Franca, da militante e dopo, nel 1973 era stata sequestrata, seviziata, stusoprattutto da interprete, autrice o co-autrice di testi prata da una banda di cinque fascisti. Più tardi, il
Dino Per Dino Frisullo, che guardava il mondo con gli occhi degli altri
Ben dieci anni son passati dalla scomparsa prematura di Dino Frisullo, militante antirazzista e pacifista, giornalista e scrittore, poeta e intellettuale poliglotta, appassionato difensore dei diritti dei migranti, dei rifugiati, dei rom, dei palestinesi, dei curdi e di altre minoranze oppresse. Eppure a noi, privilegiati per averlo avuto come amico, interlocutore, compagno di una stagione fertile di lotte, tuttora capita di chiederci, a ogni evento politico che ci sembri importan-
te, cosa Dino ne avrebbe detto e scritto, in quale impresa politica ci avrebbe coinvolti. Di sicuro si sarebbe entusiasmato, Dino, per il movimento di rivolta che percorre la Turchia: nato dalla protesta contro la distruzione di un parco, presto divenuto resistenza contro la deriva autoritaria del “moderato” Erdogan, col suo perverso mélange d’islamismo sempre più bigotto, neoliberismo sempre più sfrenato, repressione sempre più brutale. Avrebbe apprezzato, Dino, soprattutto la molteplicità della partecipazione: operai, sfrattati, precari, moltissime donne; la sinistra e l’estrema sinistra; gli ultras dei tre principali club calcistici di Istanbul, fino a ieri feroci rivali; gli alaviti al fianco dei suoi amati curdi… E vi avrebbe forse intravisto la speranza di una soluzione della questione curda per cui spese tanta parte del suo impegno, politico e intellettuale, e della stessa sua vita. Segnata profondamente, fino alla morte, da quella che fu per lui, come avrebbe dichiarato, l’esperienza “più dura e formativa”: i quaranta giorni di detenzione (era il 1998) nell’inferno del carcere speciale di Diyarbakir, cui seguì la condanna, sia pur con la condizionale, per apologia di terrorismo. Da quel “comunista curioso” che egli era, “avido di conoscenza e di amore”, per dirlo con le sue parole, sarebbe
pluri-femminicida Angelo Izzo, e un altro criminalfascista, Biagio Pitarresi, dichiareranno che mandanti dello stupro erano stati alcuni ufficiali dei Carabinieri della Divisione Pastrengo, che intendevano “dare una lezione” a Franca Rame e Dario Fo per il loro impegno in Soccorso Rosso. I colpevoli, dei quali si conoscono i nomi, non saranno mai puniti: la sentenza sarà depositata venticinque anni dopo, tempo utile per la prescrizione. Ma riprendiamo il filo del racconto dagli anni del dilagare del movimento delle donne. In quegli anni, in Puglia come altrove fiorirono i collettivi femministi. Il nostro, assai frequentato, aveva un nome semplice ed efficace: Donne in lotta. Più tardi esso, come altri collettivi baresi, confluì nel Coordinamento delle donne democratiche. Intanto gli stessi e le stesse che avevano contribuito alla nascita della Comune di Puglia avevano fondato a Bari la Libreria Cooperativa, in realtà un centro culturale polivalente. Da questa alleanza nacque l’idea d’invitare Franca Rame a rappresentare in Puglia Tutta casa, letto e chiesa, uno dei suoi monologhi femministi. Franca accettò e fu così che a gennaio del 1979 lo spettaco-
lo andò in scena nel cinema “Nuova Italia” di Carbonara, sobborgo di Bari, poi in altre città pugliesi: con successo enorme. Forse questo frammento di memoria non aggiunge molto a ciò che si sa di Franca Rame, soprattutto alla documentazione, amplissima e minuziosa, contenuta nel suo archivio online (per inciso, certi giornalisti e giornaliste potrebbero vincere la pigrizia e consultarlo prima di arrangiare articoli e servizi sommari, se non irrispettosi). La nostra testimonianza, tuttavia, può confermare il senso di quella che è stata non solo “una vita tra piazza e teatro”, come si è scritto banalmente, ma anche l’opera di una grandonna che con generosità e intelligenza ha cercato di dare un contributo alla crescita culturale e civile dell’Italia. E’ forse anche per rimuovere o esorcizzare la decadenza in cui è precipitato il nostro paese che tanti cantori mediatici la celebrano post mortem. Ringraziamo Pasquale Martino e Nicola Vox per averci suggerito o confermato alcuni dettagli, non solo cronologici. Annamaria Rivera
corso a Istanbul per dare il suo contributo alla lotta, incontrare queste e quelli, scambiare con loro pane e parole. Sarebbe poi tornato in Italia a raccontare, documentare, mobilitare in favore di quella rivolta. La sua propensione a “guardare il mondo, anche il nostro, con gli occhi degli altri” – per citare una frase sua – era il frutto, razionale ma anche emotivo e sentimentale, di un impegno che non aveva espunto l’empatia e la pietas, e che si nutriva di rigore morale, conoscenza, lungimiranza politica: impegno intransigente fino all’ostinazione, totalizzante e generoso fino al sacrificio di sé. Una delle lezioni che Dino ci ha lasciato è che per comprendere il “fenomeno” dell’immigrazione e degli esodi contemporanei, il “problema” dei rom o dei rifugiati, le “questioni” curda o palestinese, e per andare al di là delle visioni convenzionali, occorre dapprima abbandonare lo sguardo che esteriorizza e oggettivizza, e cercare di assumere lo sguardo del migrante, del rom, del rifugiato, del curdo, del palestinese. Insomma, per fare politica bisogna fare inchiesta; e per fare inchiesta occorre condividere “anche solo per un attimo, una parte delle loro vite”, e così conferire senso e valore alle loro piccole storie in cui è racchiuso il senso della grande storia. Sarà anche in virtù di questa inclinazione – così vicina all’etnografia, come oggi la s’intende – che Dino, dirigente di Avanguardia operaia e poi di Democrazia proletaria, una volta arrivato a Roma da Bari, a partire dagli anni ’80 seppe cogliere l’importanza delle nascenti lotte dei migranti: dalla grande manifestazione romana seguita all’assassinio di Jerry A. Masslo fino all’occupazione, nel 1991, dell’ex pastificio Pantanella. E qui incontrò, fra gli altri, Sher Khan e
don Luigi Di Liegro, che come lui avrebbero raggiunto prematuramente il giardino vasto come il cielo e la terra ove “le moschee di Gerusalemme” si ergono tra gli “ulivi di Puglia”. Più tardi, nel 1995, fondammo la Rete antirazzista nazionale che, sebbene dalla vita breve, resta l’unica esperienza di coordinamento tra associazioni di volontariato, organizzazioni sindacali e gruppi locali. La Rete fu espressione di un antirazzismo colto e radicale, che anticipò di molti anni analisi, temi e rivendicazioni che oggi si credono inediti: i migranti e i rifugiati come soggetti esemplari del nostro tempo, la critica della vulgata differenzialista, il tema della cittadinanza europea di residenza – oggi ridotto a “ius soli” –, la battaglia per il diritto di voto e la civilizzazione delle competenze sul soggiorno. Su questi ultimi tre temi la Rete antirazzista elaborò, nel 1997, altrettante proposte di legge d’iniziativa popolare, con relativa raccolta di firme in tutt’Italia: un’iniziativa che non incontrò il favore delle due grandi organizzazioni, Arci e Cgil, che pure ne facevano parte, fiduciose che la legge sull’immigrazione, allora in cantiere, avrebbe contenuto almeno il diritto di voto. Quando poi la Turco-Napolitano fu partorita, la Rete, voce fuori del coro, ne criticò l’impianto e soprattutto i procedimenti di espulsione e i Cpt, che avrebbero aperto la strada alle perversioni della Bossi-Fini. Poco più tardi la delusione per l’esito della campagna decise lo scioglimento di fatto di questa esperienza singolare, nel momento stesso in cui Dino pativa il carcere speciale a Diyarbakir. Ne sarebbe uscito assai provato, anche nel fisico, ma battagliero come sempre, fino alla morte.
Annamaria Rivera
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Andrea Questa non dovevi farmela, Andrea. Andartene così, ora. E io come ci arrivo al 20 luglio senza di te?! Con che forza posso arrivare in fondo al buco nero di quella giornata e di tutte le altre dopo, senza la tua voce che ci sostiene, che incita a resistere, a lottare uniti. Su la testa! Dicevi. Ora sono qui vicino a te, nella stanzetta dove sono venuta tante volte a parlarti, no, ad ascoltarti; ma tu sei sdraiato nel tuo letto e non mi rispondi, non cerchi nemmeno di accenderti il sigaro. Dov’è il tuo sigaro, Andrea, forse se ne trovo uno ti alzi dal letto, mi parli. Anche a Carlo dicevo alzati, è tutto uno sbaglio, dai, raccontami com’è andata. Ma a te non hanno sparato, tu sei morto per troppo amore, è il cuore che si è consumato. Noi ti credevamo eterno e tu, vecchio testardo, non hai mai detto sono stanco, lasciatemi riposare,
non hai mai detto di no a nessuno. Ora sono qui davanti a questo mucchietto di ossa a interrogare inutilmente il tuo viso, quel naso impertinente, le labbra che cercano il sigaro, lo sguardo attento. Perché non vuoi chiudere completamente gli occhi nemmeno da morto, vecchio testardo. Ora dovrò lasciarti dopo averti dato un bacio per l’ultima volta. Tra poco i tuoi figli e le tue figlie apriranno la porta: sono un mare le persone che ti vogliono bene e desiderano salutarti. Ci saranno anche quelli che da vivo ti sopportavano a denti stretti, porta pazienza. Ciao fratello maggiore. Ciao compagno. Ciao prete. Pensa tè, direbbe Carlo, mia madre che piange per un prete…
Haidi Giuliani
Dal libro di Andrea Gallo, “Così in terra, come in cielo” Durante un tributo a Fabrizio De Andrè, a cui parteciparono i big della canzone, Dori Ghezzi «riservò 250 posti per me, e io mi presentai a teatro coi miei derelitti. Qualcuno dell’organizzazione intendeva mandarli nel loggione, confinarli lassù, con la scusa che non c’era più spazio a disposizione. “Non vi preoccupate” dissi “ci penso io.” Fermai il traffico della sala e come un vigile li feci sedere in platea, tre qui, due là, tossici, barboni, prostitute accanto a notai, dame e politici.
“No, lì no” mi intimarono. “Lì ci va il ministro della Cultura Giovanna Melandri.” “Allora le mettiamo accanto una puttana delle vecchie case, vedrai come esce arricchita dall’incontro!” Erano tutti molto preoccupati, mi chiedevano garanzie su ciò che sarebbe successo e io li tenevo sulle spine rispondendo che non potevo saperlo, essendo io un prete, non un indovino. Invece sapevo benissimo ciò che poi accadde: i miei emarginati erano quelli che durante le canzoni piangevano veramente.»
Carlo
Carlo Monni, attore e poeta di istinto Era un amico Carlo Monni, semplice e gentile, di quelli veri che magari li incroci solo due volte l’anno, anche per caso, ma che non hanno niente da chiederti e molto da dirti. E da darti. Un aneddoto, una risata, un verso, un ricordo di quella volta che. Le volte con Carlo non sono mancate. Ti capitava di incontrarlo a teatro d’inverno (Rifredi la sua prima casa) o ai festival d’estate, a Bientina dal Kaemmerle (ultimo sodale) e a giro per le aie di Utopia del Buongusto, a Radicondoli e alle Feste dell’Unità, a giocare a carte al circolo Arci di Vergaio, a mangiare dai Fratelli Briganti in piazza Giorgini o a
il mare, la cambio io la vita che non ce la fa a camamici o i giornalisti per l’intervista. Il Monni, che da ragazzo allevava i biare me. maiali, che era nato a Campi Bisenzio Perché il Monni, attore e poeta, imprevedibile e luna(poi nobilitata Champs sur le Bisance) re, narratore di stirpe contadina e cantore d’ottave e che all’inizio dei 70 era partito per rime licenziose, unico e inimitabile, fuori sincrono e Roma col Sannini (Donato) e col fuori corso, fuori registro e fuori di testa, struggente Benigni (Roberto) in cerca di fortuna, e maestoso, faccia ruspante, vociona, risata contail magnifico Bozzone che corteggia giosa, ha sempre seguito l’istinto, la non logica del Alida Valli, la mamma del Cioni (“ho successo. portato due o tre paste con rispetto C’è da scommettere che anche li là continuerà a gioparlando”), in quel capolavoro senza care con le sue parole e la sua vita “al contrario”. tempo e in anticipo sui tempi che è Gabriele Rizza “Berlinguer ti voglio bene” di Giuseppe Bertolucci, il Monni che nel Salone dei 500 di NOI SIAMO QUELLA RAZZA Palazzo Vecchio diretto da Orazio Costa era stato fra i prota- Noi siamo quella razza che non sta troppo bene, giro per Firenze, lui che stava in pieno centro, in via gonisti di “Firenze capitale europea della cultu- che 'l giorno salta ' fossi e la sera le cene. dell’Inferno, giusto dietro via Tornabuoni (“un barbone con la casa” diceva di sé) e “Monni all’inferno” si ra 1987” (“La beffa del grasso legnaiuolo”) era Lo posso gridar forte, fino a diventar fioco: chiamerà una delle sue ultime, felicissime uscite. su tutto un poeta, anarchico per istinto e pode- noi siamo quella razza che tromba tanto poco. C’aveva il telefono fisso il Monni, niente cellulare e roso per sensibilità. E aveva trovato in Dino Noi siamo quella razza che al cinema s'intasa niente tivù, figuriamoci la macchina e la carta di cre- Campana, il poeta “matto” di Marradi, uno spec- per veder donne ignude e farsi seghe a casa. dito, e lo trovavi in casa fino alle sette e mezzo, sennò chio di tragedia e un riflesso di affinità. Eppure la natura ci insegna, sia sui monti sia a valle, dovevi chiamare l’amico Ettore, che il telefonino ce “Lo sento simile a me – ci confidò una volta - lo che si può nascer bruchi per diventar farfalle. l’aveva, o andarlo a pescare la mattina, pioggia vento amo, mi identifico in lui, anch’io ho vissuto Ecco noi siamo quella razza che l'è tra le più strane, caldo freddo era lo stesso, camicia aperta e sandali ai amori infelici, che sono i più belli, mi sono sal- che bruchi siamo nati e bruchi si rimane. piedi, alle Cascine a fare jogging (non esageriamo!), vato perché ho un carattere più forte e ho avuto Quella razza siamo noi, è inutile far finta, una camminata salutista fra il serio e il faceto, un la fortuna di incontrarne due o tre di Sibille, io”. ci ha trombato la miseria e siamo rimasti incinta. modo naturale per schiarirsi i pensieri (“se tira il tra- Così la “Notte Campana” e le sue “vele” diventa(tratta dal film “Berlinguer ti voglio bene”) montano è l’ideale”) e l’occasione per incontrare gli vano un grido di libertà, il maestrale che pulisce
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Siamo toscani tristi oggi Ora che anche Carlo Monni se ne è andato, dopo Caterina Bueno e Altamante Logli, siamo davvero orfani noi toscani, veraci o d’adozione. Siamo toscani tristi, oggi. L’anima profonda e secolare della Toscana, che in loro s’incarnava, è sempre più un soffio. Se Caterina aveva raccolto i canti di una millenaria cultura popolare, salvandoli dall’oblio, dal buio in cui le lucciole scomparivano nel trapasso antropologico degli anni sessanta, e se Altamante era il re incontrastato dei genialissimi poeti improvvisatori in ottava rima, Carlo incarnava quello spirito terragno, sanguigno, beffardo, irridente della toscanità più vera, la poesia della terra e del vino, degli alberi e delle donne. Gli alberi erano suoi amici, gli alberi di Monte Morello, sopra Sesto Fiorentino, dove andava a smaltire le sue pantagrueliche mangiate e bevute. Quel Monte Morello da dove veniva il vento che “portava direttamente nel cervello il senso di libertà”: così Carlo raccontava di Cambi Remo, un ciabattino anarchico a cui bastava di fare tre paia di scarpe alla settimana, mica di più. Il resto del tempo serviva per vivere: stare con gli amici, fumare, fare qualche merenduccia. Cambi Remo era il modello di vita – ben prima della decrescita – che il Monni proponeva, e in qualche modo egli stesso incarnava. Ho avuto la gioia di fare uno spettacolo di canti
popolari, prevalentemente attinti al repertorio salvato di Caterina Bueno, in cui Carlo interveniva raccontando storie, come quella di Cambi Remo, o recitando poesie. Il quinto canto della Divina Commedia, per esempio. E lo faceva come da sette secoli prima di lui avevano fatto i contadini toscani che si erano appropriati di quella divina lingua volgare, e se la tramandavano di padre in figlio, di memoria in memoria. Quando portai lo spettacolo all’Istituto De Martino, Ivan Della Mea, che non conosceva il Monni, rimase folgorato. “Recita Dante meglio di Benigni”, scrisse sull’Unità. Intendendo proprio che nel suo recitare, anche storpiando a volte il sacro verbo dell’Alighieri, conservava quella secolare tradizione popolare in modo mirabile. E forse anche per questo Monni è restato ai margini, diversamente da Benigni che si è involato verso successi mondiali. Ma in Televacca, così come nel sublime Berlinguer ti voglio bene, Monni/Bozzone non era certo da meno del giovane Benigni (quello viscerale di allora, non quello evangelico di poi). Peccato che Benigni non si sia più ricordato del suo antico amico, dopo. Ma queste sono altre storie. E altri grandi poeti toscani erano ridonati dal Monni al suo pubblico. Come Dino Campana (di cui diceva: “Sento Campana simile a me, lo amo, mi identifico in lui anche se io, certo, so scrivere peggio. Spero di
Il saluto di un uomo ombra a Don Andrea Gallo, Primo Firmatario contro l’ergastolo È da poco calata la sera dentro la mia cella e il blindato è già chiuso, ho appena saputo dalla televisione della tua morte. E le ombre dentro questo buco si sono fatte più fitte.Ciao Don Gallo, oggi sono un uomo ombra ancora più triste, la tua partenza lascia un altro vuoto nella mia vita e nel mio cuore.Non ti ho mai conosciuto di persona e non ho mai avuto tanta simpatia per i preti dopo tutte le botte che ho preso da loro in collegio da piccolo, ma tu eri uno di quelli che da grande mi hanno fatto venire dei dubbi. Tu, Don Gallo, prete di strada, prete degli ultimi, non avevi esitato a metterti dalla parte dei cattivi e colpevoli per sempre, degli ergastolani ostativi. Quando ti ho chiesto di aiutarmi a far conoscere che in Italia esiste la “Pena di Morte Viva”, l’ergastolo ostativo ad ogni beneficio, che fa morire in carcere un uomo senza la compassione di ucciderlo prima, tu sei stato davvero uno dei primi che ha aderito e il tuo nome è in prima pagina nella lista dei Primi Firmatari dell’iniziativa “Firma contro l’ergastolo”. Ciao Don Gallo, grazie per tutte le volte che hai fatto sentire la tua voce per noi, che ci hai prestato un po’ della tua luce per dire alla società civile che il male non potrà mai essere sconfitto con altro male, che non serve a nessuno la sofferenza di un uomo destinato a morire dentro una cella che è già la sua tomba. Ciao Don Gallo, ti avevo scritto nella settimana prima di Pasqua per dirti che nella mia disperazione non volevo festeggiare la resurrezione, perché io sono un’ombra che cammina, né vivo né morto, e per me e per tutti i miei compagni ergastolani non c’è resurrezione e speranza da festeggiare. Tu non mi hai attaccato e criticato, come hanno fatto in molti, ma mi hai scritto queste semplici e sostanziali parole: Carissimo do la mia completa solidarietà alla vs. lotta. Sempre “su la testa” nonostante tutto. Ciao, Don Gallo Ho ancora queste parole attaccate nella mia cella e nel mio cuore. Ciao Don Gallo, ci mancherai. Ora dovremo fare anche senza di te e la lotta qui si fa sempre più dura: adesso ci chiedono anche di dividere la nostra tomba con altri cadaveri, non ci lasciano neanche più la nostra solitudine nella cella, come vorrebbe la legge. Ciao Don Gallo, tu vai, io rimango qui a lottare con degli umani che mi puniscono perché da giovane ho infranto la legge e dopo 23 anni di carcere devo ancora subire le loro scelte che vanno contro la legge. Ciao Don Gallo, tu ora che sei libero nell’universo, non dimenticarti di noi che ancora viviamo murati vivi tra ferro e cemento per tutti i nostri giorni. E se incontri il Dio in cui hai creduto, digli per favore se viene a prendere anche noi: gli uomini non ci vogliono dare la libertà, anche se dopo tutti questi anni noi non abbiamo più niente a che fare con l’uomo di 20-30 anni fa che ha commesso i reati per i quali siamo qui. Ciao Don Gallo, sempre “su la testa” e un sorriso mesto tra sbarre, nonostante tutto.
Carmelo Musumeci
vivendo”, ma “La vita io l’ho castigata vivendola”. 2-0. E l’ha castigata davvero, Carlo, in tutti i sensi. Come l’hanno castigata prima di lui Caterina e Altamante. Che personalmente vidi l’ultima volta diversi anni fa, era il 2005, quando a Caterina avevano dato il Fiorino d’oro. Li vidi tutti insieme, quella volta, tutti per l’ultima volta. Chi l’avrebbe detto quella sera, quando andammo con Carlo a mangiare e bere in una vecchia trattoria sopra Firenze. Adesso la sua casa di via dell’Inferno, nel centro storico di Firenze, una piccola casa comprata con i soldi guadagnati tra gli anni settanta e ottanta, è vuota. Guarda il caso, anche l’ultimo spettacolo dantesco di Carlo si chiamava “Monni all’Inferno”. Ma sappiamo che molti teologi ci dicono che l’Inferno, se esiste, è vuoto. Carlo Monni, adesso, è nel luogo beato di coloro che vivono la vita castigandola, che la trangugiano tutta, fino all’ultimo sorso, ingordi, perseverando nel proprio esser-sete, una sete infinita, come gli esseri carnevaleschi rabelaisiani, quelli che “se la Monni si denudava a fondo. Nel suo spettacolo su sete non è presente, bevo per la sete futura, preveCampana, quel verso veniva messo a confronto con nendola, capite. Io bevo per la sete avvenire, bevo l’ungarettiano “Si sta come d’autunno sugli alberi eternamente”. le foglie”, a tutto vantaggio della potenza cardarelMarco Rovelli liana. 1-0. Così come, altro che “La morte si sconta (da Il fatto quotidiano)
non morire in un manicomio come è capitato a lui, ma anch’io ho subito molte vessazioni”), o Cardarelli. Il cui verso “Mi sento come il grillo nell’uragano” era un verso in cui, credo, l’anima del
Purtroppo Don Gallo è morto, grande uomo e vero prete, alcuni mesi fa l’ho ritratto così ... da Angelo senza dimora, come sono i miei personaggi e le persone che ha aiutato per tutta la vita. Don Gallo e una poesia che ho scritto quando ho saputo che stava male, il ritratto è di pochi mesi fa. Don Gallo sta morendo il cuore mi si stringe amo quello che dice la sua visione del mondo la passione per la vita il suo essere vero prete la difesa dei più deboli il suo sigaro sempre in bocca un piccolo vizio che l’umanizza nella sua grandezza d’uomo Certo che se c’è il Paradiso qualcuno lassù l’aspetta a braccia aperte per dirgli quanto è stato giusto
Carlo Soricelli
“Dio c’è ed è comunista” Franca Rame
“Vi chiedo, vi scongiuro, voi tutti che mi avete amato e che amate la vita e la libertà, di NON FERMARVI MAI, di non darvi pace, finché quel sogno di pace non sarà realizzato” Dino Frisullo
“... ed è anche femmina” Jacopo Fo
Cara Franca, grazie di essere stata una delle prime firmatarie della proposta di iniziativa popolare per l’abolizione della “Pena di Morte Viva” (come chiamiamo noi l’ergastolo ostativo) nel sito www.carmelomusumeci.com. Per noi la tua adesione è stata importante perché per i cattivi e colpevoli per sempre non c’é nessun Dio, né compassione, né speranza. Tu invece hai avuto il coraggio (come hai fatto per tutta la tua vita nelle tue numerose lotte sociali) di andare controcorrente mettendoci la faccia e il cuore, che sentiamo ancora battere dalle pareti delle nostre celle. E ci hai insegnato che chi ama, ama al di là che uno lo meriti o no. Un sorriso fra le sbarre da tutti gli uomini ombra.
Carmelo Musumeci
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CITTÀ
Firenze città della paura, ma solo per i più deboli 1 giugno 2013 Sulle questioni delle povertà, dell’emarginazione, del razzismo, si registrano comportamenti offensivi e condannabili nelle istituzioni e nei media, che ovviamente contestiamo. Va posto subito in evidenza quanto le politiche e le misure di austerità e di rigore in atto, si riflettano pesantemente sulle condizioni sociali della gran parte della popolazione, oltre ad accentuare la già grave persistenza delle disuguaglianze sui livelli di vita delle/dei cittadine/i. L’aumento inquietante degli sfratti, l’impossibilità effettiva dell’accesso al credito per i giovani, per gli anziani, per le famiglie, sta creando una vera e propria preclusione nel rendere possibile l’accesso a dignitose soluzioni abitative. Infatti oggi il solo 10% della famiglie si accaparra il 50% della ricchezza
totale, così l’altro 90% delle famiglie deve suddividersi il restante 50%. Il rapporto poi fra quanto guadagna un lavoratore dipendente ed un manager è di 1 a 136. Solo da questi due indicatori si registra lo squilibrio pesantissimo che grava sulle condizioni della gran parte della popolazione. L’aumento costante dei prezzi e delle tariffe, assieme alla perdita del potere d’acquisto dei salari, ha falcidiato i redditi e ridotto i consumi delle famiglie. Infatti ormai un terzo della popolazione vive tra i confini della povertà e in misura crescente sotto la soglia di povertà, data sia la continua erosione dei salari, sia la sempre più dilagante disoccupazione, sia la giungla inestricabile e penalizzante della precarietà lavorativa. Inoltre altri minacciosi aumenti del costo della vita appaiono all’orizzonte dei prossimi mesi, tra cui quello di un punto dell’IVA, che si riverserà massicciamente sui consumi, la stessa IMU, la nuova e più dispendiosa TARES per rifiuti e servizi, i tagli progressivi nell’accesso pubblico per la difesa della salute, dati anche i continui interventi di privatizzazione della sanità. Va detto poi che le spese, ingiustificate, sia per commesse di armamenti di guerra quali i superbombardieri F35, sia per grandi opere inutili e
devastanti sottraggono milioni di euro alla difesa del territorio, al recupero strutturale e funzionale di scuole e di università, al restauro di migliaia di abitazioni colpite da eventi sismici e non solo, al patrimonio culturale, al potenziamento mirato nelle attività di ricerca. Si è assistito insomma in questi anni ad un massiccio spostamento delle risorse monetarie dai salari e dalla spesa sociale e di difesa ambientale al malaffare ed ai profitti. In questo quadro devastante decine di migliaia di persone e di famiglie si trovano estromesse da ogni tutela sociale e finanziaria, private di seppur minime possibilità di reddito, sottoposte a sfratti o con affitti o i mutui non più sostenibili da pagare. Ormai milioni di persone sono sottoposte a questo massacro sociale, nel vuoto di presenza dello stato e dei comuni, abbandonate come eccedenze delle società. Un vero e proprio massacro sociale è criminalmente in corso, fatto di famiglie e persone sfrattate, prive di reddito minimo, fatto di cassaintegrati senza speranza di rientro lavorativo, di esodati fuori dal processo produttivo e dal contesto minimo di garanzie sociali, di disoccupati scoraggiati dall’impossibilità di reperire un qualsiasi lavoro. Siamo in un terreno franoso che non si controlla più. Nel contempo le ricchezze si ammassano in speculazioni finanziarie, in paradisi fiscali, con un’evasione fiscale unica in Europa per la sua enorme dimensione, a cui si aggiunge quanto la corruzione clientelare e mafiosa sottrae alla destinazione pubblica e sociale dello stato.
Persone senza fissa dimora ormai in numero crescente popolano le città alla ricerca di un riparo e di un pasto, costrette a vivere in soluzioni minime precarie e improvvisate, senza alcun intervento umano di dignità e tutela sociale da parte del Comune che di fatto considera queste presenze come un fastidio, come un ingombro, additate come responsabili del degrado, dell’immagine lustra e accogliente della città. Cittadine e cittadini sottoposte/i all’abbandono, a pattugliamenti, a retate, a bruschi e forzati maltrattamenti, destinati all’emarginazione, all’esclusione. Nonostante che gli appartamenti sfitti siano in numero superiore agli sfratti, nonostante che vi siano edifici dismessi, anche di consistenti proporzioni, inutilizzati (ex Caserme, ex Scuole,ex sedi di enti soppressi ecc.,ecc) assistiamo a un’angosciante privazione di soluzioni abitative e di rispetto della dignità umana, oltre a una totale incuria ed abbandono verso centinaia e centinaia di persone sole o famiglie intere, in particolare di provenienza straniera (vedi razzismo istituzionale), lasciate nella più desolante e penosa deriva. Spazi Liberati - Lotte locali e proposte dal basso: Associazione Il Muretto, Cantieri Solidali-Labor.Politico Piagge, Comunità delle Piagge, Fuori binario-Giornale di strada, l’Altracittà-giornale della periferia, Palazzuolo Strada Aperta, per Unaltracittà-lista di cittadinanza, Rete Antirazzista Firenze.
Diritto di ... asilo Sono Chiara Brandi, una mamma che a settembre non avrà una scuola materna dove poter mandare il proprio bimbo. Ho letto del problema delle maestre che non sono state accolte nella classi di concorso e credo che questa amministrazione stia facendo delle porcate enormi sulla pelle dei nostri bambini. Vorrei segnalarvi un problema che sta affliggendo decine, forse centinaia di famiglie fiorentine. Cerco di fare un quadro sintetico del problema, sebbene non sia facile: • dal marzo scorso iniziano ad uscire le prime graduatorie per le scuole materne: nel mio caso, di due preferenze indicate, nessuna ha posto per accogliere il mio bambino (in una scuola sono circa 10 bambini rimasti fuori, nell’altra quasi 15). Non è un caso isolato: scrivo su due blog di mamme cittadini e raccolgo una diecina storie analoghe: nelle scuole da loro scelte, in alcuni casi sono fuori anche 40 bambini; chiaramente questa è solo la punta dell’iceberg, essendo difficilissimo coordinare tutti i genitori non conosco i numeri effettivi ma posso immaginare che siano parecchi • da un colloquio con la preside della scuola Marconi, mia prima scelta, apprendo che diversi presidi hanno immediatamente chiesto l’apertura di nuove classi. Anche laddove potrebbe essere possibile (ad es. alla Marconi
ed alla Daddi hanno una classe vuota che permetterebbe di risolvere il problema per quel circolo didattico) le autorità competenti, Provveditorato o Comune, ad oggi non hanno dato segno di voler procedere. L’assunzione di 2 maestre corrisponde ad un budget di circa 40.000 euro all’anno, per un numero max di 27 bambini: facendo un banale conto della serva, anche se ce lo pagassimo noi genitori, non ci costerebbe più di 200euro al mese (meno di qualsiasi scuola privata). • io, così come le altre mamme con cui abbiamo fatto rete, abbiamo scritto al sindaco ed all’assessore competente Giachi: nessun cenno, neanche una mail di autoreply! • i criteri con cui si fanno le graduatorie sono non omogenei (a parte le scuole comunali che adottano uno stesso criterio, quelle statali hanno facoltà di indicare punteggi diversi con delibera del consiglio d’istituto) e tengono principalmente conto del solo fatto anagrafico (residenza nella zona di pertinenza). Il che è anche giusto, ma diventa paradossale se si pensa che è abbastanza normale che una scuola venga scelta per vicinanza alla propria abitazione, quindi tutti hanno uno stesso punteggio di base ... alla fine fa da discriminante l’età anagrafica ... come tirare a sorte, praticamente: che colpa ha mio figlio se è nato il 3 di dicembre?! Ha
meno diritto di una altro bambino ad avvilite. Siamo a Giugno, tra 3 mesi inizia la scuola e non abbiamo avuto avere una scuola solo per questo?! Io credo che la situazione meriti l’at- nessun riscontro. tenzione dei media: che dei bambini Chiara Brandi di 3 anni non abbiano accesso alla scuola in base a degli assurdi criteri anagrafici senza minimamente tenere conto delle situazioni familiari o del reddito (come viene fatto per gli asili nido). Nessuno ne parla. Analoghe situazioni nei comuni limitrofi di Campi e Prato, in base alle mail che mi hanno scritto delle mamme. È possibile che non sia un argomento da considerare “grave” e di cui parlare? Spero di poter incontrare l’interesse della vostra redazione. Noi mamme, seppure convinte di dove continuare a cercare tutte le strade per avere una risposta, iniziamo ad essere un pò
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VOCI
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Parlare civile
“Parlare civile”. Per una comu- romantica. nicazione che non discrimina La realtà è che molti si adattano in
guaggio per parlarne: Disabilità, Genere e orientamento sessuale, Immigrazione, Povertà ed emarginazione, Prostituzione e tratta, Religioni, Rom e Sinti, Salute mentale. Un minidizionario di 25 parole chiave, a cui se ne legano quasi 350. Non una nuova opera di denuncia della cattiva informazione, né uno strumento di censura o di intralcio al lavoro giornalistico, e neppure un repertorio del politically correct. Un libro di servizio che, senza ideologia e attraverso opinioni diverse, cerca di indicare una direzione responsabile alla comunicazione pubblica, giornalistica e politica, di chiarire i dubbi e contestualizzare l’uso di termini spesso abusati nelle cronache quotidiane.
negativo alla situazione che vivono. Da clandestino a femminicidio, la cura Persone che si trovano sulla strada si incessante delle parole raccontano e raccontano agli altri che dietro ci sia una scelta. “Le parole possono essere muri o Ma è una strategia di sopravvivenza ponti. Possono creare distanza o per poter resistere in una situazione di aiutare la comprensione dei pro- forte disagio, per mantenere quel blemi. Le stesse parole usate in minimo di autostima che ti consente contesti diversi possono essere di non annientarti in una situazione appropriate, confondere o addirit- in cui socialmente sei già annientatura offendere”. to.”] (tratto dal libro) Ad esempio: [Prima dell’espressione persona senza dimora, si parlava di barbone o clochard. Se è evidente che barbone ha un’accezione negativa e stigmatizzante, il secondo termine, invece, è spesso usato come sinonimo di senza dimora. Clochard viene usato per ingentilire e suggerisce lo stereotipo di vivere sotto i ponti per scelta
Parlare civile, a cura di Redattore Sociale in collaborazione con l’associazione Parsec (Bruno Mondadori, aprile 2013) e il sostegno di Open Society Foundations, è il primo libro in Italia dedicato ai principali temi a rischio di discriminazione e al lin-
La mancata riassunzione di
Riccardo Antonini è una ferita per tutti
Il Comitato NO TUNNEL TAV e i gruppi costituenti “Spazi Liberati” sono attoniti alla notizia che il giudice del Tribunale di Lucca, Luigi Nannipieri, ha respinto il ricorso contro la decisione delle Ferrovie delle Stato di licenziare il t e c n i c o Riccardo Antonini. La “colpa” di Antonini è di essere tecnico di parte dei parenti delle vittime della strage di Viareggio del 29 giugno 2009, di essersi sempre battuto strenuamente per difendere la sicurezza dei lavoratori e dei viaggiatori nelle ferrovie italiane. Una distorta visione aziendalista dei vertici delle FS (in primo luogo l’AD Mauro Moretti) sta stravolgendo completamente la missione delle Ferrovie dello Stato che, da gestore dell’esercizio di un servizio pubblico fondamentale come il trasporto, si stanno sempre più trasformando in struttura al servizio di un sistema economico e politico che vede solo nelle grandi opere garanzia dei propri profitti. Governo e vertici delle FS dovrebbero sempre ricordare che le ferrovie sono un patrimonio degli Italiani, realizzate con il lavoro e le risorse di tutti. Riccardo Antonini, il ferroviere di Viareggio, ha sempre avuto, nei suoi comportamenti e dichiarazioni, il fine di garantire alla collettività un trasporto pubblico decente e SICURO. Il licenziamento prima e la mancata riassunzione adesso di Antonini sono una brutta ferita per tutti. I comitati toscani sono comunque sicuri che le ragioni alte di Riccardo saranno riconosciute nei gradi successivi di giudizio.
Comitato NO TUNNEL TAV SPAZI LIBERATI
MO MENT I Anche quando sei piena di amici, anche quando sei piena di affetto, ma ti senti vuota e sola dentro, ed in un secondo puoi distruggere tutto quello che con fatica hai costruito in tanti anni. Io ho distrutto un forte e delicato rapporto terapeutico costruito in 8 anni di lavoro con la mia terapeuta. E pensare che si può risolvere con tanta forza di volontà. Io non sono un esempio per nessuno, ma ti invito lettore ad apprezzare le piccole cose perché solo con quelle puoi ritrovare la gioia di vivere e non distruggeresti mai niente. Con molta forza di volontà ho superato quel vuoto che mi faceva stare male, adesso al posto del vuoto c’è un forte senso di orgoglio.
Vorrei essere una foglia al vento per volare lontano respirando la libertà che Dio mi ha donato ricordando che la vita è preziosa e nessuno abbia o ha il diritto di rubartela. A volte sono le poesie solitarie che riscaldano il cuore.
Marco Petrosino
Sto campando di piccole cose ed un applauso alle dipendenze affettive che sono le uniche che riempiono e ti arricchiscono e poi ho vinto tante battaglie al punto tale che penso che riuscirò a vincere anche la guerra. Con affetto a tutti,
Vostra Isabella
LA VEGLIA E IL SONNO Dormo; e quando dormo! Sempre dormo. Il dormire tanto è nascondermi; ma io pago il fio. Dormo, dormo e dormo. È dura la veglia; realtà e fantasia lottano dentro di me. È difficile vivere, è rischioso vivere. Vivere; ma perché, per cosa, molto meglio dormire. Dormire ed estraniarmi; mi piace, ma non mi soddisfa. Come mi è congeniale vivere. Ciò che mi piace di più; è il vivere e stare sveglio. Però è facile dormire, è difficile affrontare la realtà di tutta una vita. Sveglio e sveglio; è buono (anche è difficile). La musica aiuta.
Enzo Casale
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ImmIGRAZIONE
Arcipelago C.I.E.
Indagine sui centri di identificazione ed espulsione italiani
Roma, 13 maggio 2013 - I centri di identificazione ed espulsione (CIE) garantiscono il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali degli stranieri trattenuti? A quindici anni dall’istituzione di questi centri, qual è la reale efficacia dell’istituto della detenzione amministrativa nel contrasto dell’immigrazione irregolare? Esistono altri strumenti meno afflittivi per affrontare questo fenomeno? Medici per i Diritti Umani (MEDU) ha presentato oggi, presso la sala della Stampa Estera a Roma, il rapporto Arcipelago CIE. Indagine sui centri di identificazione ed espulsione (Infinito Edizioni). Lo studio parte dalla volontà di trovare delle risposte ad alcune questioni di fondo, nella consapevolezza che il tema della detenzione amministrativa dei migranti vada ben al di là del problema umanitario e che riguardi la tutela di valori essenziali per la vita civile di un Paese. L’indagine, compiuta nell’arco di un anno, è la prima realizzata da un’organizzazione indipendente attraverso visite sistematiche in tutti i CIE, dopo il prolungamento, nel 2011, dei tempi di trattenimento a 18 mesi. Oltre che sul monitoraggio dei centri, lo studio si è basato sull’analisi di dati statistici e sulla raccolta di testimonianze dirette degli stranieri trattenuti e del personale che vi opera. Una
parte del rapporto è inoltre dedicata alla situazione dei centri di detenzione per migranti in altri Paesi europei a forte pressione migratoria. Le evidenze acquisite confermano in modo univoco la palese inadeguatezza dell’istituto della detenzione amministrativa nel tutelare la dignità e i diritti fondamentali dei migranti trattenuti, tra cui la salute e l’accesso alle cure. Inoltre, anche alla luce di un’analisi prettamente utilitaristica e sulla base dei dati forniti a MEDU dalla Polizia di Stato, il sistema dei CIE si dimostra fallimentare in quanto scarsamente rilevante e poco efficace nel contrasto dell’immigrazione irregolare. Il prolungamento dei tempi massimi di trattenimento a un anno e mezzo non ha inoltre sortito alcun effetto significativo in termini di efficacia nei rimpatri mentre ha contribuito ad aggravare in modo allarmante la tensione all’interno dei centri. Anche l’efficienza dell’intero apparato dei CIE appare quanto meno discutibile. In effetti, anche a prescindere dall’alto costo umano che i CIE comportano, l’insieme dei costi economici necessari ad assicurare la gestione, la sorveglianza, il mantenimento e la riparazione di queste strutture non appare commisurato ai modesti
Medici per i Diritti Umani ritiene, altresì, che il conseguimento dei due punti sopracitati debba avvenire contestualmente all’adozione di nuove misure di I CIE si confermano dunque strutture congenitamen- gestione dell’immigrazione irregolare, caratterizzate te incapaci di garantire il rispetto della dignità e dei dal rispetto dei diritti umani e da una maggior raziodiritti fondamentali della persona. Un’inadeguatezza nalità ed efficacia. Nel formulare alcune delle possicorrelata alle modalità di funzionamento e alle carat- bili proposte alternative all’attuale sistema dei CIE, teristiche strutturali che si rivela tanto più di fondo Medici per i Diritti Umani ha ritenuto opportuno rifenella misura in cui mantiene la sua rilevanza indi- rirsi ad alcune strategie di fondo già puntualmente pendentemente dagli enti gestori presenti nelle sin- individuate dalla Commissione De Mistura: diversifigole strutture. Di fatto, la funzione degli enti gestori cazione delle risposte per categorie di persone, grasembra limitarsi a quella di ruote più o meno effi- dualità e proporzionalità delle misure d’intervento, cienti all’interno di un iniquo ingranaggio – quello incentivazione della collaborazione tra l’immigrato e dei centri di identificazione ed espulsione – del le autorità. In passato l’Italia è stata all’avanguardia quale non sono in grado di modificare, se non in nel superamento di istituzioni chiuse ritenute a torto ineliminabili, come, ad esempio, il manicomio, modo alquanto marginale, le criticità di fondo. attuando riforme coraggiose, seppur non prive di difMedici per i Diritti Umani chiede dunque: 1) la ficoltà, come quella relativa all’assistenza psichiatrichiusura di tutti i centri di identificazione ed ca. La chiusura dei centri di identificazione ed espulespulsione attualmente operativi in Italia, in sione, nell’ambito di un profondo ripensamento ragione della loro palese inadeguatezza strut- delle politiche sull’immigrazione, potrebbe essere turale e funzionale; 2) la riduzione a misura l’occasione per il nostro Paese di segnare un nuovo eccezionale, o comunque del tutto residuale, cammino di progresso civile. del trattenimento dello straniero ai fini del Medici per i Diritti Umani suo rimpatrio. risultati conseguiti nell’effettivo contrasto dell’immigrazione irregolare.
RIFUGIATI A FIRENZE Nella città di Firenze vivono circa 250 richiedenti asilo e rifugiati in condizione di marginalità abitativa all’interno di stabili occupati. Sono persone in fuga da guerre, catastrofi naturali o persecuzioni personali, che nel nostro Paese hanno trovato protezione acquisendo un titolo di soggiorno in virtù del quale dovrebbero godere del diritto all’accoglienza e di programmi di inserimento sociale. I pazienti che il Camper per i diritti di MEDU <http://www.mediciperidirittiumani.org/camper2.htm> (unità mobile di orientamento e prima assistenza sanitaria) ha incontrato tra ottobre 2011 e ottobre 2012 nel territorio fiorentino sono affetti principalmente da patologie legate allo stato di precarietà e di stress a cui sono sottoposti, da traumatismi legati al viaggio o al vissuto drammatico nel Paese di provenienza.
Rimangono ai margini della società a causa di una carenza del nostro sistema di accoglienza, sconosciuti ed esclusi di fatto dai servizi e impossibilitati ad ottenere una iscrizione anagrafica per una scelta dell’amministrazione comunale fiorentina. Le barriere all’accesso ai servizi di salute sono rappresentate dalle difficoltà linguistiche, dalla mancata conoscenza del funzionamento dei servizi e in molti casi dall’impossibilità di esenzione dalla spesa sanitaria. Più del 70% ha meno di trent’anni, quasi l’80% è presente da più di sei mesi ma nel 65% dei casi risulta privo di documentazione sanitaria o ha una tessera sanitaria scaduta. Questi sono solo alcuni dei dati e delle riflessioni raccolte dai volontari di MEDU e contenute nel Rapporto “RIFUGIATI A FIRENZE. Un anno di attività del progetto Un camper per i
diritti con i titolari di protezione internazionale”. Il Rapporto contiene anche alcune storie simbolo di utenti incontrati sulla strada, tra cui la storia di H., disabile e vittima di violenza, a cui viene impedito il rinnovo del permesso di soggiorno in quanto privo di residenza. H. viene respinto dai servizi per undici mesi, durante i quali la solidarietà dei compagni rappresenta la sua salvezza. C’è poi la storia di M, affetto da sindrome di schizofrenia, dichiarato totalmente incapace di intendere e volere da un sentenza del Tribunale di Firenze, entrato in contatto con i servizi ospedalieri e ospitato per un periodo nel sistema di accoglienza istituzionale. Oggi H. vive in uno scantinato in condizioni disumane e in sostanziale abbandono. Rapporto di Medici per i Diritti Umani
Assemblea Nazionale a Firenze, 6 luglio 2013
Per far sentire la voce dell’Italia che non si rassegna al razzismo! Per esigere una legge sull’immigrazione che affermi i diritti dei e delle migranti e rifugiati! Per il riconoscimento del diritto alla cittadinanza di chi nasce o cresce in Italia! Per il diritto di voto a chi risiede e lavora in Italia! Per costruire una manifestazione nazionale antirazzista e per i diritti negati Ancora una volta abbiamo dovuto assistere al ritorno di cori xenofobi e razzisti di vario stampo negli stadi, sui muri delle città, nella stampa, ma anche in seno alle istituzioni della Repubblica. Ancora una volta un episodio di cronaca nera è stato usato per scatenare una campagna di criminalizzazione dell’immigrazione, unico fondo di commercio di una destra xenofoba che non ha più null’altro da offrire.
La Ministra Cécile Kyenge anche lei è stata bersaglio di gravi offese ed insulti. Perché nera, perché donna, perché ha rivendicato la pluralità della sua identità, e perché ha scelto di non rimanere in silenzio. Invece noi crediamo che c’è anche un paese che desidera il cambiamento e che continua a lottare perché quel cambiamento si produca e si affermi il diritto a una vita dignitosa e a un futuro migliore per tutti e tutte. Crediamo sia necessario far sentire la voce di un paese che rivendica le idee dell’antirazzismo e dell’antifascismo. Crediamo che l”esperienza della migrazione ormai appartiene a tutti i popoli e ha contribuito a costruire ricchezza, da tutti i punti di vista, in tutti i continenti. Il futuro risiede nella capacità che le società e le istituzioni avranno di instaurare l’uguaglianza di diritti e doveri.
di persone di origine migrante, le associazioni antirazziste e non solo, le organizzazioni Crediamo sia necessario unire le forze di chi non smette di esigere più diritti per tutti affinché ci sia laiche e religiose, i movimenti, sindacati e partiti ad una legge sull’immigrazione che concepisca l’immi- un assemblea nazionale il 6 luglio a Firenze (Luogo grato come un essere umano e non come mera forza ancora da stabilire) per definire e costruire collettilavoro; una legge che tuteli realmente i profughi e i vamente una manifestazione nazionale per condivirichiedenti asilo, una legge che riconosca il diritto dere una battaglia di civiltà in cui sia visibile un’Italia alla nazionalità italiana a chi nasce o cresce in que- che non discrimina, una Italia più giusta, un’Italia sto paese; una legge che permetta a un pezzo che valorizza e riconosce pari dignità sociale e uguaimportante di società di esprimere il proprio voto; glianza davanti alla legge a tutti i cittadini una politica sull’immigrazione che non sia impron- senza distinzione di sesso, di lingua, di religione, di tata sulla repressione e criminalizzazione degli opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. immigrati ma che invece favorisca la costruzione Per raggiungerci e promuovere questa assemblea insieme a noi scrivere a: di una società di convivenza. i r e t t i v o Crediamo sia ora che si senta la voce di tutti i sog- D getti che in Italia rivendicano questi contenuti. Prendiamolaparola, Mercedes Frias: riprenCrediamo sia possibile farlo unitariamente, valoriz- diamolaparola@gmail.com <mailto:riprendiamolaparola@gmail.com> zando la diversità di approcci. Per ciò chiamiamo le associazioni di migranti e
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LA PAROLA ALLE DONNE
PAGINA 14 Artemisia Gentileschi - Susanna e i vecchioni 1610
Info: Via del Mezzetta, 1/int. - 50135 Firenze settore donne: tel. 055 602311 settore minori: tel. 055 601375
Artemisia L’Associazione Artemisia è un’associazione di Promozione Sociale – Onlus. Si occupa di donne, bambine e bambini che subiscono violenza, e di adulti/e che hanno subito violenza nell’infanzia. L’Associazione gestisce il Centro donne contro la violenza “Catia Franci”, sito in un immobile messo a disposizione dalla Provincia di Firenze; gestisce inoltre due case rifugio a indirizzo segreto per le situazioni di maggiore rischio.
Attività Le attività sono curate da due gruppi di lavoro che si occupano di: Violenza alle donne: si occupa di donne vittime di violenza fisica, psicologica, sessuale, economica e persecuzioni; Violenza in età minore: si occupa di bambine e bambini vittime di abuso sessuale, maltrattamento fisico, psicologico, trascuratezza e violenza assistita, e di adulti/e che hanno subito violenza in età minore.
Servizi offerti • consulenza psicologica e legale • percorsi di elaborazione del trauma e di uscita dalla violenza (individuali e di gruppo) • valutazione e sostegno alla genitorialità • valutazione delle conseguenze psicologiche causate dalla violenza • sostegno psicologico e psicoeducativo mediante gruppi ai bambini e alle bambine vittime di violenza assistita • accoglienza protetta in casa rifugio • formazione, informazione e sensibilizzazione ricerca e documentazione
Chi siamo Le attività sono svolte da personale volontario e consulente, composto da professioniste quali psicologhe-psicoterapeute, assistenti sociali, avvocate, educatrici, psichiatre, tutte con una specifica formazione sulla violenza e
muove forme di sui suoi effetti traumatici. Alle donne è garantito l’anonimato. coabitazione tra chi, desideroso di costruirsi o ricoProgetti e campagne • Campagna di informazione ed struirsi un nuovo educazione finanziaria (dal 2012), percorso di vita, iniziativa Findomestic per rendere non può permetpiù consapevoli e tutelare le donne tersi un'abitazionell'accesso al credito responsabile. ne propria o l'affitto per un posto Vai al sito • Iniziativa “Avon Running - La letto, e chi, prodi corsa delle donne” (dal 2012), con prietario/a raccolta fondi a favore dei nostri pro- u n ' a b i t a z i o n e , getti di sostegno psicologico dei bam- sente il bisogno bini testimoni di violenza domestica e di condividere i delle loro madri, per aiutarli a supera- propri spazi di re gli effetti traumatici della violenza. vita: per avere un Iniziativa di Avon Running, in colla- piccolo sostegno economico e un borazione con Firenze Marathon. • Progetto sperimentale “Accoglien- aiuto nelle manza integrata di emergenze” (dal sioni quotidiane, 2011), che intende rispondere alla vincere la solitunecessità di ospitalità immediata per dine e aderire a un progetto basato su le donne e i nuclei madre-bambini/e solidarietà e coesione sociale che si trovano in pericolo per situa- • Progetto “Coop Buon Fine” (dal zioni di violenza domestica e/o ses- 2010), in convenzione con l’Unicoop Firenze, un progetto per il recupero di prodotti buoni non più vendibili per difetti nella confezione o perché vicini alla scadenza, donati da Unicoop Firenze ad Artemisia per le proprie utenti • Progetto “L’asilo che non c’è” (dal 2010), sponsorizzato dalla Fondazione Marchi, un asilo che non ha indirizzo, ma ha come sede la casa rifugio, ad indirizzo segreto: è un aiuto alle donne della casa, nel prendersi cura dei loro figli mentre loro sono impegnate a lavorare • Progetto “Banco Alimentare” (dal 2009), che prevede il ritiro gratuito, una volta al mese, da parti delle utenti di Artemisia, di prodotti alimentari a lunga conservazione, e una volta ogni tre mesi di prodotti NOFOOD • Campagna sulla Violenza Sessuale dal 2007 (promossa con l’aiuto della Fondazione Marchi), rivolta alle donne che suale, con una reperibilità telefonica hanno subito violenza sessuale, e concretizzatasi anche con l’attivazione di 24h/7 • Progetto “Banco Farmaceutico” gruppi di auto-aiuto. Leggi la brochu(dal 2011), che prevede la distribu- re zione gratuita di farmaci da banco alle • Prevenzione nelle scuole medie utenti di Artemisia e della Casa inferiori e superiori di Firenze e Rifugio, qualora ne facciano richiesta provincia: organizzazione di inter• Progetto “Abitare Solidale” (dal venti di informazione e sensibilizza2010), in collaborazione con zione rispetto al tema della violenza l’Associazione Auser Volontariato sulle donne, delle relazioni affettive e Territoriale di Firenze, e con i Comuni degli stereotipi di genere, su richiesta di Firenze, Bagno a Ripoli, Scandicci, e di insegnanti o studenti, o nell’ambito finanziato da Cesvot: il progetto pro- di progetti specifici
LA LOTTA DEL FAUNO La lotta del fauno Non so bene di che sei fatto. Credo che cerchi qualcosa di evanescente, da cui dipendo io, dolce e sfuggevole. Dolce io ninfa, che tu conoscesti Quel giorno a Portofino quando raccoglievamo profumi di camelie come noi. E tu mi dicesti: 'non posso vivere senza di te'. Ed io naufragai in risate incoscienti e cattive. Tu cuore di asina, rapito all'improvviso, mi chiedevi un'altra chance ed io, pazza di te rispondevo sì mentre tu mi hai detto no come inguaribile dilemma, lotta del fauno che smise di lottare e come un salmone risale il fiume, lasciò il teatro della vita. La lotta del fauno. Sisina
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VOCI
Cos'è il M.U.O.S.? Il M.U.O.S. (Mobile User Objective System) è un moderno sistema di telecomunicazioni satellitare della marina militare statunitense, dotato di cinque satelliti geostazionari e quattro stazioni di terra, di cui una a Niscemi, dotato di tre grandi parabole del diametro di 18,4 metri e due antenne alte 149 metri. Sarà utilizzato per coordinare in modo capillare tutti i sistemi militari statunitensi dislocati nel globo, in particolare i droni, aerei senza pilota che saranno allocati anche a Sigonella. I Comitati NO M.U.O.S. esprimono fortissime preoccupazioni riguardo le conseguenze dell'installazione di tale sistema su: salute umana, ecosistema della Sughereta di Niscemi, qualità dei prodotti agricoli, diritto alla mobilità e allo sviluppo del territorio, diritto alla pace e alla sicurezza del territorio e dei suoi abitanti.
No Muos, le mamme di Niscemi scrivono alla Boldrini Pubblichiamo di seguito la lettera che il comitato Mamme No Muos di Niscemi ha inviato alla Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini. Il tema è ovviamente quello della lotta al radar che le forze armate americane vorrebbero installare nella base siciliana. I comitati pubblici protestano nel timore che i nuovi radar possano provocare un aumento di radiazioni e malattie e lo stesso Governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, si è dichiarato contrario alla realizzazione delle antenne senza uno studio scientifico di settore che possa escludere i rischi per la salute dei siciliani. NISCEMI - “Gentilissima onorevole Boldrini, chi le scrive questa lettera fa parte del Comitato Mamme No Muos di Niscemi. Come ella certamente saprà da diversi mesi nella città di Niscemi, in Sicilia, sono in atto diverse proteste contro la costruzione del sistema radar denominato MUOS e contro un sistema di 46 antenne trasmittenti per uso militare della marina statunitense. Dal mese di Novembre centinaia di attivisti e cittadini della città di Niscemi e della Sicilia tutta sono scesi in strada per protestare contro quello che viene ritenuto
Assessore rimosso al Comune di Pistoia per le sue posizione su acqua pubblica. Una sconfitta per la politica del cambiamento, un duro colpo per la tutela dell’interesse dei cittadini Come comitato dell’acqua pubblica crediamo che, dopo un solo anno di mandato, la destituzione dell’assessore Ginevra Lombardi rappresenti innanzitutto una sconfitta per i cittadini e per l’idea di cambiamento. Appare evidente che, dietro un generico quanto retorico “progressivo indebolirsi di quel sentimento di pieno affidamento reciproco necessario per una fruttuosa collaborazione amministrativa”, si nasconda il segnale di un brusco quanto repentino cambio di rotta dell’amministrazione Bertinelli, motivo per cui siamo
No Muos lentare l’accesso ai tecnici e militari statunitensi. Tutto ciò avviene da parte nostra in maniera pacifica, civile e non violenta: mai da parte nostra si è verificato un solo episodio di violenza o pericolosità. Questa situazione ha però fatto si nel tempo che crescesse la tensione e si sono più volte verificati scontri fra le mamme no muos e la polizia la quale, da ordini superiori, vuole imporre il passaggio dei mezzi militari. L’ultimo episodio di scontro fra le donne della Sicilia, che stanno difendendo il diritto alla salute dei propri figli, e le forze dell’ordine si è verificato stamattina, 6 Maggio, con strattonamenti, sollevamenti di peso, spintonamenti nei confronti di noi mamme e di attivisti No Muos. Un resoconto di quanto verificatosi è per lei ben visibile al seguente indirizzo internet http://youtu.be/kzJDN5bY4Io, in cui si evince come il comportamento di noi attiviste sia assolutamente non
pite nell’amor proprio e dei nostri figli, le quali non sapendo più a chi altro rivolgerci per far valere i nostri diritti e le nostre rivendicazioni, ci appelliamo alla sua sensibilità in quanto donna, e mamma, oltreché Presidente della Camera, per richiedere il suo intervento tempestivo atto a riconoscere i nostri diritti e le nostre rivendicazioni di cittadini italiani, e che lei intervenga per fare rispettare il nostro diritto di donne che, pur di fare rispettare la Legge Italiana, sono costrette a subire oramai quotidianamente atti di violenza e soprusi proprio da quegli esponenti delle forze dell’ordine che dovrebbero in realtà garantire ed assicurare il rispetto della legge e della dignità umana. La preghiamo di intervenire in maniera decisa a far che si risolva nel meglio modo questa incresciosa ed estenuante situazione in cui tutte noi donne, mamme e nonne di Niscemi e della Sicilia avremmo sicuramente voluto
da autorevoli studiosi un pericolo per la salute pubblica di noi cittadini e specialmente dei bambini. È oramai avviato un processo di revoca da parte del Presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta il quale, riconoscendo la possibile pericolosità, del sistema vigente dentro questa base militare, ha voluto in questo modo cautelare la salute di noi siciliani, provvedendo ad assicurare ulteriori studi sulla eventuale pericolosità, delle onde elettromagnetiche sulla salute pubblica. Come si evince anche da misurazioni scientifiche compiute dall’istituto Arpa, varie volte nel corso di questi ultimi mesi le emanazioni elettromagnetiche emanate dal sistema trasmittente attualmente funzionante hanno abbondantemente superato i valori di tolleranza e pericolosità per gli esseri umani, ma ciononostante nessun organo competente interviene per fare rispettare la legge vigente. Dal mese di Gennaio, anche noi donne di Niscemi abbiamo costituito un comitato di donne, denominato appunto Comitato Mamme No muos, le quali siamo anche noi scese in strada per impedire il passaggio a mezzi militari e civili che avevano come scopo la costruzione del Muos. Tutto ciò nel tentativo di dare un maggiore apporto alla lotta fino a quel momento combattuta da pochi e generosissimi attivisti dei vari comitati No Muos. Da allora quotidianamente ci rechiamo, sin dalle prime ore del mattino, nel presidio di contrada Ulmo nei cui pressi è costruita la base Usa e facciamo uso dei nostri corpi per impedire o quantomeno cercare di ostacolare e ral-
violento e passivo. Epilogo di questo episodio è che una non trovarci coinvolte, ed in cui purtroppo veniamo delle donne No Muos, durante gli episodi raccontati, ha invece a trovarci e subire pur di garantire i diritti dei avuto uno svenimento non sappiamo dovuto a quali nostri figli e dei nostri bambini”. motivi ed è stata costretta ad un ricovero in ospedale tramite ambulanza. Questo ultimo increscioso episoComitato Mamme No Muos. dio ha ferito ed umiliato particolarmente tutte noi, col-
convinti che il “nuovo assetto” politico della Giunta non tarderà a far sentire in negativo i suoi effetti nella guida e nella gestione della città. “In particolare la nostra preoccupazione è per le conseguenze che questa decisione potrà avere nei confronti della battaglia civile in difesa dell’esito referendario. Ginevra Lombardi in prima persona ha portato avanti con convinzione, coraggio e competenza la battaglia contro la tariffa fino a conseguirne la bocciatura nell’ATO Toscana 3. La rimozione di Ginevra Lombardi non solo indebolisce i risultati raggiunti, ma mette in luce il reale interesse che certa politica riserva alle questione dell’acqua. Le scelte fatte dall’allora assessore Lombardi che si è esoposta in prima persona certo non sono piaciute alle aziende: lei ha saputo resistere alle loro pressioni, forse qualcun altro no.”
Ricordando infatti il ruolo fondamentale svolto un mese f a d a l l ’ a s s e s s o r e Lombardi nella vicenda che in seno all’Autorità Idrica Toscana ha portato alla messa in discussione della nuova tariffa idrica e all’apertura di un confronto avanzato circa i futuri assetti della gestione del Servizio Idrico Integrato nella nostra regione, ci interroghiamo preoccupati su quale sarà il risultato politico di questa decisione nell’esito dell’assemblea dell’Ato3 Toscana prevista proprio tra pochi giorni, il prossimo 27 maggio, con la quale i comuni delle province di PistoiaPrato-Firenze saranno chiamati a
riconfermare o meno la bocciatura del nuovo modello tariffario. Considerato il “nuovo assetto”, l’amministrazione Bertinelli riuscirà ad essere coerente con la linea fin qui impostata oppure a prevalere saranno altre logiche che nulla hanno a che vedere con la difesa dei diritti dei cittadini? Nell’attesa, da cittadini, vogliamo rinnovare a Ginevra Lombardi la nostra solidarietà ed il nostro apprezzamento per l’impegno profuso e per i risultati ottenuti. Forum Toscano dei Movimenti per l’Acqua Forum Italiani dei Movimenti per l’acqua
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TURCHIA
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Istanbul: la parola alla piazza
re sceso in strada per soccorrerci, in tutti quelli che hanno aperto la casa ai feriti, nelle nonne rimaste sveglie alla finestra a sbattere pentole tutta la notte contro la repressione. La battaglia d’Istanbul in difesa La polizia ci aveva dichiarato guerdi seicento alberi, ra – ma non è riuscita a spezzare quel corpo. Ha finito le scorte di novecento arresti, mille feriti, lacrimogeni contro di noi, ci ha gasquattro accecati per sempre, sati nei tunnel della metro, è venula battaglia d’Istanbul ta di notte a darci fuoco nelle tende, è per gli innamorati a passeggio sui viali, ha usato i proiettili di gomma. per i pensionati, per i cani, L’uso folle dei gas lacrimogeni, 1 per le radici, la linfa, i nidi sui rami, giugno 2013, piazza Taksim, per l’ombra d’estate e le tovaglie stese Istanbul coi cestini e i bambini, Ma era bastata una scintilla per accendere il corpo della resistenza, la battaglia d’Istanbul e ormai poteva solo continuare. E è per allargare il respiro quel che rimane di tutte queste e per la custodia del sorriso. esperienze, di tutte le nostre storie quel che resta di tutte le Le parole di Erri De Luca nostre, sarà la linfa per questo Un comunicato dalla piazza, serrata corpo, sarà contro la violenza della polizia. memoria collettiChi sta vivendo su quelle strade quei va. Ci seguirà in momenti ed ha contribuito alla tradu- altre resistenze zione e condivisione di queste righe, ed altre battaglie, mi racconta che è stato scritto con la r i p e t e n d o c e l o lotta NoTav nel cuore, e quindi con la ancora e ancora: speranza che quel movimento lo possiamo scelegga e lo faccia proprio. gliercelo noi, il nostro destino, Ieri, a Taksim agendo collettivaSe ne diranno di cose, su questi quat- mente. Possiamo tro giorni. Si scriverà, si parlerà, si sceglierci quale tracceranno grandiosi scenari politici. vita vivere – e in Ma che cose è successo veramente? quale città vogliaLa resistenza per il parco di Gezi ha mo viverla. infiammato la capacità di gente come Gezi è stato un noi di autorganizzarsi ed agire – e per viaggio fatto di accenderla è bastata una scintilla. tenacia, creativiAbbiamo visto il corpo della resisten- tà, determinazioza stendersi verso di noi lungo il ne, e coscienza. Dal parco la resistenponte del Bosforo, abbiamo visto il za ha travolto piazza Taksim, e da suo coraggio mentre combatteva per Piazza Taksim via verso il resto del respingere gli idranti su Istiklal; paese, finché Gezi è diventato per Abbiamo visto le sue braccia in tutti tutti noi lo spazio in cui tirar fuori quelli che, piegati da un’orgia di lacri- tutta la rabbia contro chiunque voglia mogeni, lottavano per mettere i com- imporci come vivere nella nostra pagni in salvo; abbiamo visto il corpo città. Adesso che questa rabbia l’abdella resistenza in ogni negoziante biamo vista, che questa solidarietà che ci ha offerto il cibo, in ogni dotto- l’abbiamo assaggiata, niente sarà più come prima. Nessuno di noi sarà più lo stesso. P e r c h é abbiamo scoperto qualcosa del nostro essere insieme che mai prima avevamo visto. E non l’abbiamo solo visto: l’abbiamo creato
È Primavera anche in Turchia
insieme. Ci siamo visti far partire una scintilla, accendere il corpo della resistenza e farlo camminare. La lotta per il parco di Gezi ha fatto scattare la rivolta giovanile di al Erdogan e le imposizioni dell’AKP. The day after, stamattina Sono i figli delle famiglie sfrattate da Tarlabaı in nome della speculazione edilizia, sono gli operai licenziati in nome
deciso noi cittadini: Taksim e Gezi park sono i nostri spazi pubblici. Questa invece è Ankara, sempre ieri Abbiamo visto che basta una scintilla per accendere il corpo della resistenza. Adesso sappiamo che ci portiamo dietro altre scintille per altre nuove battaglie. Adesso sappiamo di cosa siamo capaci quando lottiamo collettivamente contro l’esproprio dei nostri beni perché abbiamo scoperto cosa si prova a resistere. Da qui non retrocediamo. Sappiamo che basta un momento perche una scintilla prenda fuoco – della privatizzazione, i precari schiac- e di scintille ne abbiamo ancora tante. ciati ogni giorno sotto la ruota del Questo è soltanto l’inizio – la lotta profitto. Le lotte a venire faranno continua! tesoro di questa rabbia. Ma c’è molto di più. La resisten- (ANSA) - ANKARA, 11 GIUGNO za per il parco di Gezi ha Per l'Associazione medici turchi Tbb almeno cambiato la stessa defini- 100 manifestanti sono stati feriti oggi, 5 dei zione di quel che chiamia- quali sono gravi, quando la polizia ha ripreso il mo spazio pubblico, perché controllo di Piazza Taksim. Molti, ha detto a la battaglia per il diritto a Hurriyet online il presidente della Tbb Ahmet restare in piazza Taksim ha Ozdemir Akta, sono stati feriti alla testa da canstracciato l’egemonia del delotti lacrimogeni sparati a altezza d'uomo vantaggio economico come dalla polizia. regola morale. Ha respinto il piano di riqualificazione col quale l’AKP avrebbe voluto sconvolgere il ruolo sociale dei nostri spazi urbani, cambiare le regole di come viviamo la nostra città, e a quale prezzo, e con quale estetica. Recep Tayyip Erdogan ha provato a imporci la sua idea di piazza, ma oggi quello che è piazza Taksim lo abbiamo