fuori binario n.159 luglio/agosto 2013

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ALE DI STRADA N R

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TOGESTITO E AUTOFINANZIATO - N. 159 LUGLIO/AGOSTO 2013 - OFFERTA LIBE U A

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NON LASCIAMO INDIETRO NESSUNO

“questa nostra lotta è la lotta di chi non vuole più soffrir, / di chi è ormai cosciente della forza che ha / e non ha più paura del padrone”. Diceva così il ritornello di una vecchia canzone. Il guardiano più grosso del palazzo, bene armato, ci impedisce di entrare. Uno chiede di andare al bagno, sta già sudando ma viene respinto e costretto calarsi le braghe e pisciare con i suoi sondini telini tamponcini sacchette in piazza del duomo fra i turisti. Forse è per questo che il giorno dopo sui giornali c’è il titolo “Piazza Duomo come il suk”? Non possiamo entrare? E allora non entra nessuno. E, coi nostri corpi e le nostre carrozze, abbiamo otturato l’ingresso. Ne abbiamo viste, sentite e subite delle belle: impiegati regionali, notoriamente stakhanovisti, pur di raggiungere la loro scrivania (chissà da dove tornano...) comprimono strusciano piegano spostano storcono, coi loro culacci, corpi vivi immobili,

incuranti delle proteste, e della protesta, e dei “vergogna vergogna” urlati a piena e voce; sfondano come tanti Pirro la barcollante barricata di carrozzine che subito si riforma con la pazienza del ragno; autisti su potenti macchine regionali urlavano agli agenti della digos di levare di mezzo “quelle carrozzine di merda”; signore e signori infuriati che vogliono uscire a costo di montarci in capo se no perdono il treno, argomento che per noi non ha significato poiché per noi è praticamente impossibile viaggiare in treno; i nostri assistenti aggrediti da impiegati impiegate e guardiani a male parole e infine a manate, sono stati l’oggetto su cui costoro hanno scaricato la loro rabbia perché non possono scaricarla su di noi, uomini e donne padroni di una parte soltanto dei loro corpi. Ridere parlare ragionare spiegare coinvolgere opporsi organizzarsi protestare criticare proporre sono cose che ai disabili non andrebbero permesse! Regione, volevi vedere fino a che punto

quelle trenta persone, che una ventata più forte avrebbe potuto far cadere, avrebbero resistito in balia dei tuoi impiegati e guardiani. Quelle trenta persone non erano sopra una gru a 40 metri da terra, erano in equilibrio su un filo a 40 metri da terra e sotto non c’era la rete. Regione, quelle trenta persone non erano lì per elemosinare il finanziamento di un progettino “fumo negli occhi”, quelle trenta persone con grave disabilità erano venute a cercarti perché volevano e vogliono essere persone con pari dignità diritti e doveri di tutti quanti. Rossi, alcuni tuoi funzionari lavorano male già da troppo tempo, degradali nel grado e nello stipendio e mettili a fare un lavoro dove non possano far danni. Rossi, una battaglia dei progressisti e democratici, e quindi anche tua, crediamo, fu combattuta e persa anni fa, quella per il disarmo della polizia in servizio di ordine pubblico.

Te, ci credi ancora in quell’obiettivo? Noi sì. E per questo ti chiediamo di disarmare i guardiani del tuo palazzo. Dopo un giorno e una notte e una mattinata passate a respingere i canti delle varie sirene, a respingere tentativi di divisione, a circumnavigare il Palazzo per andare al bagno, con gli occhi e i piedi gonfi che non entravano più le scarpe, con le mutande inzaccherate; alcuni di noi stremati dalla fatica hanno dovuto abbandonare l’occupazione, ma altri sono arrivati a darci man forte. E siete stati costretti a scendere a patti. Possiamo dire che siamo soddisfatti del risultato ottenuto; abbiamo salvaguardato quei disabili già inseriti nel progetto vita indipendente che potranno continuare a pagare le/gli assistenti personali e ottenuto un finanziamento per i nuovi progetti.

NON LASCIAMO INDIETRO NESSUNO Soriano Ceccanti

Nelle pagiNe iNterNe iNserto:

Produrre questo giornale costa al diffusore € 0,70 quello che date in più è il suo guadagno. Qualsiasi richiesta di soldi in favore dell’associazione, al di là dell’offerta libera per l’acquisto del giornale, non è autorizzata.


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PER NON PERDERSI CENTRI ASCOLTO INFORMAZIONI A.S.S.A. (Ass. Speranza Solidarietà AIDS): Via R. Giuliani, 443 Tel. 055 453580 C.I.A.O. (Centro Info Ascolto Orientamento) Via delle Ruote, 39 - orario 9,30-13,00 pomeriggio su appuntamento - Tel. 055 4630876, associazioneciao@gmail.com. CARITAS: Via Faentina, 34 - Tel. 055 46389273 lu. ore 14-17, mer. e ven. ore 9-12 per gli stranieri; tel. 055 4638 9274, mar. e gio. ore 9-12 per gli italiani. CENTRO ASCOLTO CARITAS: Via Romana, 55 - Lun, mer: ore 16-19; ven: ore 9-11. CENTRO ASCOLTO CARITAS: Via San Francesco, 24 Fiesole Tel. 055 599755 Lun. ven. 9 -11; mar. mer. 15 -17. PROGETTO ARCOBALENO: V. del Leone, 9 - Tel. 055 288150.

PAGINA 2 CASA ACCOGLIENZA "IL SAMARITANO": Per ex detenuti - Via Baracca 150E - Tel. 055 30609270 - fax 055 0609251 (riferimento: Suor Cristina, Suor Elisabetta). OASI: V. Accursio, 19 - Tel. 055 2320441 PROGETTO ARCOBALENO: V. del Leone, 9 - Tel. 055 280052. COMUNITÁ EMMAUS: Via S. Martino alla Palma - Tel. 768718.

CENTRI ACCOGLIENZA FEMMINILI SUORE "MADRE TERESA DI CALCUTTA": ragazze madri Via A. Corelli 91- Tel. 055 4223727.

TELEFONO MONDO: Informazioni immigrati, da Lun a Ven 1518 allo 055 2344766. GRUPPI VOLONTARIATO VINCENZIANO: Ascolto: Lun. Mer. Ven. ore 9,30-11,30. Indumenti: Mar. Giov. 9,30-11,30 V. S. Caterina d’Alessandria, 15a - Tel. 055 480491.

MENSE - VITTO

L.I.L.A. Toscana O.N.L.U.S.: Via delle Casine, 13 Firenze. Tel./fax 055 2479013.

MENSA CARITAS: Via Santa Caterina d'Alessandria,11.

PILD (Punto Info. Lavoro Detenuti): Borgo de’ Greci, 3.

MENSA S. FRANCESCO: (pranzo, più possibilità doccia) P.zza SS. Annunziata - Tel. 055 282263.

C.C.E. (Centro consulenza Extra-giudiziale): L’Altro Diritto; Centro doc. carcere, devianza, marginalità. Borgo de’ Greci, 3 Firenze. E-mail adir@tsd.unifi.it

ARCA DI SAN ZANOBI: (locali suore Carmelitane parrocchia Santa Maria) Via Roma, 117/A - Scandicci - cestino - Tel. 055 741383 - ore 18-20.

MOVIMENTO DI LOTTA PER LA CASA: Via Palmieri, 11r Tel./fax 2466833.

MENSA CARITAS: Via Baracca, 150 (solo pranzo; ritirare buoni in Via dei Pucci, 2)

SPAZIO INTERMEDIO: Via Palazzuolo, 12 Tel. 284823. Collegamento interventi prostituzione.

MENSA ROVEZZANO: Via Aretina, 463.

CENTRO SOCIALE CONSULTORIO FAMILIARE: Via Villani 21a Tel. 055/2298922.

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ASS. NOSOTRAS: centro ascolto e informazione per donne straniere, Via del Leone, 35 - Tel. 055 2776326

CENTRO STENONE: Via del Leone 35 - 055 214 994, lun.-ven. ore 15-19.

PORTE APERTE “ALDO TANAS”: Centro di accoglienza a bassa soglia - Via del Romito - tel. 055 683627- fax 055 6582000 - email: aperte@tin.it

AMBULATORIO: c/o Albergo Popolare - Via della Chiesa, 66 Ven. 8 - 10.

CENTRO AIUTO FRATERNO: centro d'ascolto, distribuzione di vestiario e generi alimentari a lunga conservazione, Piazza Santi Gervasio e Protasio, 8, lun.- ven. ore 16-18, chiuso in agosto, max 10 persone per giorno.

PRONTO SALUTE: per informazioni sulle prestazioni erogate dalle AA.SS.LL. fiorentine tel. 055 287272 o al 167 - 864112, dalle 8 alle 18,30 nei giorni feriali e dalle 8 alle 14 il sabato. SPORTELLO DI ORIENTAMENTO ALLA SALUTE: orientamento alla salute ed al SSN anche per chi ha difficoltà ad accedervi, scelta della cura. Giovedì ore 16.30-19:00 presso Ateneo Libertario - Borgo Pinti 50r sos-orientamentoallasalute@inventati.org

CENTRI ACCOGLIENZA MASCHILI SAN PAOLINO: Via del Porcellana, 28 - Tel. 055 294707 (informazioni: CARITAS Tel. 4630465).

BAGNI COMUNALI: V. S. Agostino - Tel. 055 284482. PARROCCHIA SANTA MARIA AL PIGNONE: P.zza S. M. al Pignone, 1 - mercoledì dalle 9 alle 11. Tel. 055 225643.

AURORA ONLUS: Via dei Macci, 11 Tel. 055 2347593 Da mart. C.E.I.S.: V. Pilastri - V. de' Pucci, 2 (Centro Accoglienza a sab. ore 9-12. Colazione. doccia, domicilio postale, telefono. Tossicodipendenti senza tetto). CENTRO DIURNO FIORETTA MAZZEI: Via del Leone, 35. Dal lun. al ven. ore 15-18,30.

SPORTELLO INFORMATIVO PER IMMIGRATI: c/o Circolo arci “il CASA ACCOGLIENZA: SAN DONNINO (Caritas) - Via Trento, 187 - Tel. 055 899353 - 6 posti (3 riservati alle ex detenute) Progresso” Via V. Emanuele 135, giovedì ore 16 - 18,30. colazione + spuntino serale. CENTRO AIUTO: Solo donne in gravidanza e madri, P.zza S. PROGETTO S. AGOSTINO: S. LUCIA Via S. Agostino, 19 - Tel. Lorenzo - Tel. 055 291516. 055 294093 - donne extracomunitarie. CENTRO ASCOLTO Caritas Parrocchiale: Via G. Bosco, 33 - Tel. S. FELICE: Via Romana, 2 - Tel. 055 222455 - donne extraco055 677154 - Lun-sab ore 9-12. munitarie con bambini. ACISjF: Stazione S. Maria Novella - binario 1 - Tel. 055 294635 PROGETTO ARCOBALENO: V. del Leone, 9 - Tel. 055 280052. - ore 10 - 12:30 / 15:30 - 18:30. CENTRO ASCOLTO: Via Centostelle, 9 - Tel. 055 603340 - Mar. CENTRO AIUTO VITA: Ragazze madri in difficoltà - Chiesa di S. Lorenzo - Tel. 055 291516. ore 10 -12.

CENAC: Centro di ascolto di Coverciano: Via E. Rubieri 5r Tel.fax 055/667604.

BAGNI E DOCCE

CORSO DI ALFABETIZZAZIONE CENTRO SOCIALE “G. BARBERI”: Borgo Pinti, 74 - Tel. 055 2480067 - (alfabetizzazione, recupero anni scolastici). CENTRO LA PIRA: Tel. 055 219749 (corsi di lingua italiana). PROGETTO ARCOBALENO: V. del Leone, 9 Tel. 055 288150. GLI ANELLI MANCANTI: Via Palazzuolo, 8 Tel. 055 2399533. Corso di lingua italiana per stranieri.

DEPOSITO BAGAGLI ASSOCIAZIONE VOLONTARIATO CARITAS-ONLUS via G. Pietri n.1 ang. via Baracca 150/E, Tel. 055 301052 deposito bagagli gratuito; tutti i giorni, orario consegna - ritiro 10 - 14.30.

Pubblicazione periodica mensile Registrazione c/o Tribunale di Firenze n. 4393 del 23/06/94 Proprietà Associazione "Periferie al Centro" DIRETToRE RESPoNSABILE: Domenico Guarino CAPo REDATToRE: Roberto Pelozzi CooRDINAmENTo, RESPoNSAB. EDIToRIALE: Mariapia Passigli GRAFICA E ImPAGINAZIoNE: Sondra Latini REDAZIoNE: Gianna Innocenti, Luca Lovato, Felice Simeone, Francesco Cirigliano, Silvia Prelazzi, Michele Giardiello, Clara, Dimitri Di Bella, Rossella Gilietti, Franco Di Giuseppe, Sandra Abovich, Stefano Galdiero. CoLLABoRAToRI: Mariella Castronovo, Raffaele, Antonietta Di Pietro, Michele, Nanu, Jon, Luca, Marzio, Donella, Teodor, Anna Pes. STAmPA: Nuova Cesat - Firenze ------------Abbonamento annuale € 30; socio sostenitore € 50. Effettua il versamento a Banco Desio e della Brianza -V.le Mazzini 1 IBAN - IT37 O 03440 02809 000000 373 000, oppure c.c.p. n. 20267506 intestato a Associazione Periferie al Centro - Via del Leone 76, - causale “adesione all’Associazione”

VESTIARIO

CENTRO AIUTO FRATERNO: Vestiario adulti, Chiesa di San ALBERGO POPOLARE: Via della Chiesa, 66 - Tel. 211632 Gervasio. orari: invernale 6-0:30, estivo 6-1:30 - 25 posti pronta accoPARROCCHIA DI S.M. AL PIGNONE: Via della Fonderia 81 - Tel glienza. 055 229188 ascolto, lunedì pomeriggio, martedì e giovedì matSUORE "MADRE TERESA DI CALCUTTA": Via Ponte alle tina; vestiario e docce mercoledì mattina. Mosse, 29 - Tel. 055 330052 - dalle 16:30, 24 posti

“Periferie al Centro onlus” Via del Leone, 76 - 50124 Firenze Tel/fax 055 2286348 Lunedì, mercoledì, venerdì 15 - 19. email: sito: skype:

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LA BACHECA DI FUORI BINARIO


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DENTRO LA GABBIA

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UN ALTRO SIGNOR B. UNA STORIA DI ORDINARIA ESCLUSIONE SOCIALE B. l’ho conosciuto quando aveva 16 anni. Già a quell’età aveva dato i primi segnali di devianza. B., quando era ancora ragazzo ho provato molte volte a cercarlo recandomi direttamente a casa sua, con l’intento di accompagnarlo verso un percorso educativo. Il rapporto è iniziato così, offrendogli semplicemente delle colazioni al bar e parlando insieme, perché sapevo che in quel momento non potevo chiedergli di più. Successivamente, senza successo, ho provato ad inserirlo nei percorsi d’accompagnamento lavorativo all’interno della cooperativa sociale dove lavoro, che per un po’ il ragazzo ha frequentato, per poi dopo alcuni mesi abbandonare definitivamente. Rendendomi conto delle problematiche personali che aveva, riuscii a convincerlo ad accompagnarlo da uno psicologo, ma quest’ultimo da “bravo” dottore, mi riferì semplicemente quello che già sapevo e cioè che B. era affetto da disturbo della condotta, aggiungendo che come medico non poteva fare altro e che il ragazzo doveva autonomamente presentarsi alle sedute, non immaginando che per questi soggetti occorre fare qualcosa di più da quello che prevede rigidamente il rapporto professionale medico – paziente. Ora B., a distanza di anni, è detenuto in carcere a Pistoia. Appena l’ho visto mi ha salutato e abbracciato come se ci trovassimo al bar. Ho capito solamente in quel momento che con lui avevo perso la partita e che non l’avevo persa solamente io, ma che in qualche modo l’avevamo persa un po’ tutti. Da questa esperienza parte la mia constatazione della direzione in cui stiamo andando e cioè verso una comunità e più estesamente un tipo di società sempre più escludente, che come nel caso di B. e di tanti altri ragazzi come lui non riesce e forse non

vuole più rispondere alle loro domande di aiuto, domande che non sono immediatamente decifrabili, ma che potremmo percepire e raccogliere se solo ci mettessimo veramente in un atteggiamento di ascolto. B. abitava e abitata tutt’ora (quando un giorno tornerà in libertà), nella zona più degradata di Pistoia, dove un architetto “creativo” ha progettato, ed un’amministrazione compiacente di quel tempo, realizzato, un quartiere popolare fatto di palazzi a forma di triangolo, torri e altre forme strane. Palazzi degradanti, grigi, brutti, realizzati con materiali scadenti, con scarsi se non nulli lavori di manutenzione, dove i poveri cristi che li abitano ci soffocano dal caldo d’estate, costretti a combattere con piattole, scarafaggi ed altre insetti strani. Se è vero, come ha detto qualcuno, che la bellezza salverà il mondo, vorrà dire che questo quartiere, come altri della nostra periferia, sono destinati forzatamente al declino. Negli ultimi anni si è cercato di riqualificare il quartiere con un progetto ambizioso con tre “grandi” risultati: i palazzoni descritti sopra sono rimasti nelle solite condizioni e si sono invece abbattute le uniche case decorose a tre piani, costruite a regole d’arte e che con mode-

sti interventi di manutenzione sarebbero tornate come nuove; si è abbattuta quella che era chiamata la “scuolina”, e che tanti residenti ancora rimpiangono, per costruirci nuove palazzine; si è affidato l’appalto dei lavori a delle aziende, senza tenere conto della possibilità che alcune lavorazioni potevano essere realizzate dalle cooperative sociali presenti sul territorio e che da anni occupano persone svantaggiate, guarda caso nella maggioranza dei casi provenienti dallo stesso quartiere. I ragazzi e altre persone come B. nascono e crescono tra questi palazzi nell’indifferenza dei servizi pubblici che in qualche modo dovrebbero occuparsene, perché una cosa è certa: anche quando quello che chiamato viene “utente”, chiede aiuto e si rivolge ai servizi sociali, non sempre trova delle risposte in grado di rispondere concretamente ai propri bisogni, ma sempre più spesso trova solamente dei muri. I ragazzi come B. sono sempre più in aumento. Sempre più precocemente abbandonano la scuola dell’obbligo e quest’ultima è contenta quando può liberarsi di chi “disturba” e di chi, come affermano i genitori degli alunni bravi, non consentono il regolare svolgimento del programma ministeriale. Sempre più precocemente i soggetti devianti

passano dall’uso di droghe leggere all’uso di cocaina ed eroina, sniffata e fumata. Io credo, parlando come operatore sociale e come garante dei diritti dei detenuti, che sarebbe importante, guardando a questo particolare universo giovanile, che le istituzioni pubbliche, di concerto con il privato sociale, svolgessero un serio lavoro di prevenzione sul territorio, perché molto spesso quando i ragazzi “difficili” ce li ritroviamo in carcere è ormai troppo tardi, in quanto le condizioni psicofisiche che presentono ristringe notevolmente le possibilità di un loro pieno recupero. La situazione carceraria, infine, come ormai è risaputo, aggrava e consolida la situazione di difficoltà di partenza nella quale si trovano i soggetti che vi entrano. Alle amministrazioni comunali e provinciali che si apprestano ad elaborare bandi di gara e mega progetti, dico che secondo me sarebbe importante riflettere e discutere prima su quello che vogliamo veramente fare con queste persone, quali strategie adottare per intercettare i loro bisogni, che tipo di interventi efficaci si prevede di attivare come azioni d’inclusione sociale e lavorativa; quali sono e se ci sono, infine, delle realtà che già operano sul territorio con buoni risultati e che necessitano pertanto di essere rafforzate e incentivate. Ritornando a B., che mi parla ora da persona adulta, con un figlio affidato all’ex compagna, senza più il sostegno della propria famiglia con la quale non ha più rapporti da tempo e che sembra inconsapevole della gravità della situazione in cui si trova, non mi rimane che andarlo a trovare in carcere e provare, di nuovo, ad ascoltarlo.

Antonio Sammartino Garante dei diritti dei detenuti di Pistoia

sollicciano, per protesta i detenuti rinunciano al cibo

Nel carcere fiorentino i reclusi protestano contro il sovraffollamento e da oggi non prenderanno il vitto servito dall’amministrazione. E il garante Corleone attacca il Governo: “Attribuire la delega per la politica delle droghe” Redattore Sociale - 01 luglio 2013

FIRENZE – Sciopero del vitto dei detenuti di Sollicciano contro il sovraffollamento del carcere. Da oggi i reclusi dell’istituto penitenziario fiorentino non prenderanno più il cibo che l’amministrazione penitenziaria serve loro a pranzo e a cena, ma tenteranno di arrangiarsi con i viveri da loro comprati e preparati. Lo “sciopero del carrello”, così è stato definito, intende anche esprimere sostegno al digiuno a staffetta per la legalità delle carceri cominciato due settimane fa dal garante dei detenuti di Firenze Franco Corleone e proseguito da altre persone. Inoltre dalla prima settimana di luglio, sempre i detenuti di Sollicciano sosterranno “lo sciopero del sopravvitto”, in segno di protesta

contro i prezzi praticati sui prodotti in vendita all’interno dell’istituto, maggiorati rispetto ai prezzi praticati nei supermercati esterni”. La questione che viene posta è annosa e preannuncia un estate calda. E’ troppo grave e insostenibile il ritardo da parte dell’Amministrazione Penitenziaria della predisposizione di una seconda cucina e dei lavori di ristrutturazione al femminile. Obiettivo del digiuno è anche quello di sostenere la raccolta di firme per le tre proposte di legge di iniziativa popolare su tortura, carceri e droghe, che chiedono tra l’altro l’introduzione del reato di tortura nel codice penale e la completa depenalizzazione del consumo di sostanze stupefacenti e l’accesso ai programmi di recupero per i detenuti tossicodipendenti. “È grave – ha spiegato Corleone – che la ministra Cancellieri non abbia ritenuto di inserire nel decreto legge modifiche minime ma essenziali a quella legge criminogena che è la Fini Giovanardi, per impedire l’ingresso in carcere per fatti di lieve entità e

per far uscire migliaia di tossicodipendenti dal carcere”. Ma ancora più grave, secondo il garante, è “il fatto che il presidente del Consiglio Letta non abbia ancora attribuito la delega

per la politica delle droghe e che quindi il dipartimento Politiche Antidroga sia senza guida e completamente autoreferenziale”.

monza: muore in carcere a 22 anni per

“ARRESTO CARDIOCIRCOLATORIO”, la madre vuole la verità Francesco Smeragliuolo aveva solamente 22 anni ed era stato arrestato il 1° maggio scorso per una rapina. È morto nel carcere di Monza sabato 8 giugno, ma la notizia ci è arrivata solo oggi, grazie alla denuncia della madre del giovane, Giovanna D’Aiello. La signora D’Aiello chiede con forza di conoscere la verità sulla morte del figlio: “Sono sicura che non è morto di morte naturale, i suoi organi erano sani. Dopo averlo visto a colloquio in carcere, il lunedì prima della sua morte (3 giugno, ndr) avevo fatto presente che mio figlio stava male. Ha perso sedici chili in un mese. Avevo chiesto lo mettessero in una struttura adeguata, che lo aiutassero. Lui non aveva problemi di salute. Se aveva sbagliato, doveva rispondere per quello che aveva fatto, ma non è giusto che sia morto così. Voglio sapere cosa è successo, voglio la verità”. “Io mi rivolgerò a tutti, non mi fermo qui - ha proseguito - perché la morte di Francesco deve servire da monito per tanti ragazzi. Avrei voluto che morisse tenendo la sua mano nella mia. E invece è andata in questo modo atroce”. I familiari escludono anche l’ipotesi del suicidio. In una lettera recente alla fidanzata Francesco pensava “ai tanti progetti insieme”. Su disposizione del magistrato è stata effettuata l’autopsia, che (per quanto è dato sapere) ha escluso che la morte di Francesco sia avvenuta per cause violente o per intossicazione da farmaci o droghe. Il responso è stato “decesso causato da arresto cardiocircolatorio”.


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Diffondiamo una lettera scritta recentemente da una ex detenuta delle Vallette ripubblicata da Macerie, che racconta la sezione femminile del carcere, l’oscenità della repressione. Quella faccia della “giustizia” legale che tortura, rinchiude e punisce con ottusa crudeltà. Negare la libertà non si può realizzare con quattro stupide mura ed ecco che li interviene l’Istituzione, creando regole, limiti, negazioni continue di tutto ciò che è essere se stesse, che è bellezza e creazione di legami sociali con individui umani e non. Di tutto ciò che è lotta. Libere tutte! «È nel corpo che si sente la sofferenza immediata del carcere. Vi racconto le piccole materialità che traumatizzano le membra e fanno del carcere di Torino una delle galere più invivibili (a detta di chi di galere ne ha girate molte e a lungo). Nel femminile, diviso in 4 sezioni, sono collocate circa 200 donne, 2 in ogni cella. Le celle sono piccole e scure, hanno dimensioni di 4 metri per 2 nello spazio abitativo che dispone di un letto a castello, un tavolino a muro, 2 sgabelli -se si è fortunati- e 4 piccoli pensili. Il bagno è di dimensioni 4 metri per 1 con water, lavandino e bidet. In cella non c’è acqua calda, che è invece fredda e terribilmente terrosa. Se lasci la moka bagnata il giorno dopo puoi scorgere la traccia grigiastra lasciata dall’acqua. Se le due concelline non sono entrambe smilze e piccoline è quasi impossibile muoversi contemporaneamente senza toccarsi e intralciarsi. Le finestre sono piccole e basse, infossate verso l’interno e circondate da sbarre e da una grata a maglia fine (messa dopo la protesta delle lenzuola). L’aria già riciclata dall’esterno, chiusa dalle alta mura dei vari perimetri, non riesce a circolare e ad arieggiare la cella. Chi ha problemi di claustrofobia ed asma ne patisce molto. Di conseguenza il minimo da pretendere è che le celle rimangano aperte, mentre c’è la possibilità di uscire dal proprio cubicolo solo 4 ore su 24. Dalle 9 alle 11 della mattina c’è la possibilità di uscire all’aria, in un cortile spoglio con alte mura e nessuna fontana. Nello stesso orario è concesso fare il bucato e la doccia con l’acqua calda in un unico locale che dispone di 3 docce e un lavandino. Solo 3 persone alla volta possono recarsi a fare la doccia, in sezione si è in 50 donne.

DENTRO LA GABBIA

Nel corpo

Al pomeriggio la stessa storia. Dall’una alle tre c’è l’aria e ci sono le docce aperte. Se non si fa né l’una né l’altra si rimane chiuse. All’aria c’è una rete di pallavolo e due porte barcollanti da calcio, ma c’è solo una palla bucata e sgonfia con cui oltre che calciarla per scaricare il nervoso non si può fare nessun gioco. In più le guardie portachiavi riducono il tempo d’apertura. Ad un quarto aprono e a meno un quarto chiudono, mai all’orario giusto. Riassumendo… la concomitanza degli orari dell’aria e della doccia riduce il tempo di stare all’aperto e crea l’impossibilità di fare entrambe le cose. Le docce sono poche e fanno schifo, il soffitto è giallo dall’umidità e sgocciola, l’acqua troppo dura fa squamare la pelle, lo spazio per l’aria è triste, troppo assolato e senza fonti d’acqua corrente durante l’estate, senza riparo per l’inverno. Una bella lista di ovvi motivi per lottare. I tempi e gli ambienti delle ore d’aria sono fondamentali per un minimo di sopravvivenza possibile. Rispetto alla possibilità di fare movimento e sport… ecco non c’è nessuna possibilità. Esiste una palestra, inagibile da oltre un anno. Hanno aperto un corso di pallavolo per 15 persone che hanno fatto richiesta e dopo mesi sono state chiamate a partecipare. L’inattività, causata da mancanza di strutture e mezzi, facilita il corpo a sformarsi, a deprimersi di più, a non avere la stanchezza sufficiente per dormire, a trattenere il nervoso, il malessere e la mente affranta. Gli spazi ci sono e dovrebbero essere utilizzati. Ma possiamo aspettare che qualcuno ce li conceda per generosità o sarebbe ora di esigerli con forza? Per ogni malessere non fisico il carcere propone la Terapia. La visita dallo psichiatra è quella più suggerita dalla direzione carceraria e la somministrazione di farmaci consigliata dallo psichiatra la più generosa. La maggioranza delle detenute utilizza psicofarmaci per affrontare la sofferenza e l’insonnia. Il carrellino dell’infermeria passa tre volte al giorno per dispensare anestetici all’angoscia della carcerazione. Per i mali fisici, per qualsiasi male, c’è il Brufen. Mal di collo, Brufen, mal di schiena, Brufen, mal di denti, Brufen… e così via. Il personale medico non pare così professionale, a volte di fronte a non ovvi malesseri si destreggia nello sperimentare miscugli di farmaci. Al femminile

ho visto donne gonfiare con il passare degli anni (io sono entrata più volte per brevi soggiorni), altre dimagrire di molti, molti, molti chili, altre mi hanno raccontato di terribili mali a causa di cure dentistiche errate e rimedi bestiali, siringhe di miscugli di antidolorifici intramuscolo (se hai male ai denti è la fine. Il dentista in carcere fa schifo, se si sta anni dentro con qualche problema ai denti si rischia di uscire sdentate). Ricordo che lo scorso Natale nella sezione maschile è morto un detenuto per una terapia sbagliata. Il caso è rimasto all’oscuro. Qualche suo compagno di sezione ha protestato per l’accaduto, ma come risposta ha ricevuto un immediato trasferimento in un altro carcere. I tentativi di zittire chi prende il coraggio di raccontare non devono scoraggiare. Affinché questi episodi non colpiscano più chi è costretto all’interno di un carcere, per la propria incolumità, le violenze, gli abusi e la negligenza di chi gestisce queste gabbie dovrebbero essere diffuse il più possibile e la vigilanza di chi è dentro dovrebbe essere al massimo grado, altro che psicofarmaci. I problemi di salute derivano anche dall’alimentazione. Il cibo che passa il vitto è abbondante, ma spesso è immangiabile e misterioso. Nei carrelli della casanza si sono visti frittate spugnose, sughi di carne e hamburger verdi, pasticci di patate acidi, riso sempre crudo e uova vecchie. Chi non ha soldi, chi vive da anni senza alcun legame con fuori o con una famiglia indigente impossibilitata ad aiutarla, oppure chi si è vista arrestare e sequestrare le proprie cose sospettate de essere i proventi dell’attività illecita commessa, si vede costretta a doversi cibare principalmente del cibo che passa il carcere. Diventa impossibile concedersi quei piccoli vizi che ti renderebbero un po’ più lieta, e allora rimandi tutto al desiderio. L’amministrazione offre a chi non ha soldi 15 euro al mese. Con 15 euro puoi comprarti un pacco di caffè, un pacco di carta igienica, uno shampoo, un bagnoschiuma, un pacco di assorbenti, un pacco d’acqua da 6 bottiglie e un dolcino di quelli economici. E i francobolli? Le buste? Una penna? Una bottiglia d’olio per condire l’insalata? Sei poverella? Mangi insipido e sei costretta ad elemosinare i bolli. I prezzi dei prodotti della spesa sono in continua variazione, solitamente in crescita. Si sospetta che i prezzi siano aumentati rispetto ai prezzi del supermercato, a volte la cosa risulta palese, quando il prezzo originario è ancora appiccicato sulla scatola da dove vengono distribuiti i prodotti. Dove va quel sovrapprezzo? Ad alimentare l’amministrazione carceraria che si lamenta di mancanza di fondi e di scarsità di strumenti? Secondo le normative i prezzi della spesa in carcere dovrebbero essere uguali alla prima area di commercio al di fuori. Risulta difficile capirlo visto che non esiste un elenco noto con la lista di tutti i prodotti disponibili elencati con relativo prezzo precisato. Quindi altro che mantenuto dallo Stato come suole dire la gente indifferente, il carcere è mantenuto dalle stesse detenute che inoltre lo puliscono in cambio di una paga misera e ancora più misera se hai una pena definitiva, dai soldi dello stipendio ti tolgono le spese del vitto e dell’alloggio carcerario. Altra privazione che è degna di nota è l’impossibilità di tenere il fornellino in cella per 24 ore. Esso viene ritirato alle 9 di sera alla chiusura dei blindi e ridato alle 7 del mattino. E se qualcuna insonne volesse farsi una camomilla oppure degli spaghetti aglio, olio e peperoncino? O se qualcun’altra è mattiniera e vuole bersi il caffè alle 5? “I fornellini non rimangono nelle celle perché alcune detenute sniffano il gas”

questa è la scusa che hanno utilizzato le guardie, l’ispettrice e i colleghi civili, mettendo le detenute le une contro le altre, sniffatrici di gas contro cuoche notturne. E perché non incazzarci con chi ha deciso di togliercelo? C’è chi tre volte al giorno somministra terapie stordenti, chi chiude e rinchiude con mille mandate porte che ci fanno soffocare, che portano al suicidio… si preoccupano che con del gas una si possa stordire e così giustificano il fatto che ci possono levare tutto? Non sarebbe ora di smettere di essere trattate da scolare monelle, ma di comportarci come donne dignitose che si incazzano e si riprendono quello di cui hanno bisogno? In carcere si sopravvive grazie agli incontri. Nonostante la storie completamente differenti si trovano donne con le stesse paure e la stessa voglia di libertà. C’è sempre una storia divertente o colma di sfighe che vale la pena di essere ascoltata. A volte nascono discussioni su vicende avvenute nel trantran quotidiano, sui fatti di cronaca con punti di vista strampalati, su sogni su fuori, su vicende del passato, su lamentele sullo schifo del carcere. Non c’è mai tempo però per parlare a lungo. Le ore d’incontro sono quelle d’aria, da far incastrare con la doccia e due ore la sera di socialità (si può stare in 4 in cella). È poco il tempo per superare la superficialità delle cose che si dicono, per iniziare a dire le cose che si pensano, non sufficiente per concluderle. Proprio impossibile invece è comunicare con le altre sezioni dello stesso braccio. Al femminile si sono solo quattro sezioni una vicina all’altra ma è come se fossero distantissime, se sei in terza non sai quasi nulla di quello che succede in prima e sono una sull’altra. È vietato ogni tentativo di comunicare. Se urli troppo dalla finestra per parlare con una tua amica che è in un’altra sezione vieni rimproverata. Con il maschile nel 2011 esisteva ancora la posta libera, senza dover mettere i francobolli. La corrispondenza era fitta, nascevano rapporti epistolari d’amore e c’era l’opportunità di scambiarsi informazioni sulle differenti situazioni di detenzione, di far girare notizie di maltrattamenti e ingiustizie, di tirar su il morale di uno/a sconosciuto/a. Oggi le lettere interne bisogna spedirle, e il tempo di una risposta può essere anche di due settimane, perché l’attesa di una missiva che esce dal carcere ha inspiegabilmente questa durata. Riducendo al minimo l’incontro fisico con le compagne di detenzione, aumentando le distanze tra sezioni differenti, tra maschile e femminile, tra dentro e fuori i legami sono più fragili, aumenta la sensazione di isolamento, diminuisce la possibilità di far girare notizie di maltrattamenti, pestaggi o iniziative di protesta che se comunicare velocemente potrebbero avere una simultanea reazione solidale nelle altre parti del carcere e fuori. Ma per superare le difficoltà di comunicazione, e gli ostacoli che l’amministrazione penitenziaria frappone internamente tra i detenuti e tra i detenuti e il mondo di fuori è necessaria la consapevolezza che la solidarietà e la determinazione individuale e collettiva sono gli unici strumenti che abbiamo contro le violenze, gli abusi e le umiliazioni che subiamo quotidianamente. Se ci lasciamo drogare tutti i giorni, se accettiamo passivamente le condizioni in cui ci costringono a vivere, se continuiamo ad essere isolate e indifferenti perdiamo la dignità che sola ci rende libere tra quelle mura e non costruiamo nessuna ancora di salvataggio a cui aggrapparci per resistere al mare aperto in cui siamo esiliate.»

macerie @ Luglio 8, 2013


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CASA

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La figlia di San Basilio

La giovane manganellata al corteo per la siva, verbalmente e fisicamente, adesso alzerei le garle la ragione, l’ho sempre portato dentro – rac- settembre 1974, alle 5 del mattino, perse la vita il mani e chiederei scusa, dicendo che ho esagerato. conta – Adesso sono disoccupata, ma non mi piace 19enne Francesco Ceruso, da Tivoli, a causa dei colpi casa, a Roma All’ospedale Fatebenefratelli, sull’isola Tiberina a Roma, Stefania Glorioso, 26 anni, si è appena svegliata. La giornata l’ha passata tra un esame e l’altro. L’ultima è stata la Tac alla testa, colpita lunedì da una manganellata a freddo, mentre la polizia caricava una manifestazione pacifica di cinque mila persone appartenenti ai movimenti per la casa. Nella foto di Yara Nardi si vede un bastone che rompe gli occhiali da sole a specchio e le sfregia il volto. In uno scatto successivo vediamo Stefania a terra, sanguinante e senza fiato, soccorsa da mani premurose, volti agghiacciati. Stefania è stata una delle vittime, la più grave delle cinque, di una carica violenta che ha spinto i vertici della città, il sindaco Ignazio Marino e il vicesindaco Luigi Nieri, a chiedere chiarimenti al Questore e al Prefetto. I movimenti pretendono invece le loro dimissioni anche perché hanno lasciato spazio ad una manifestazione non autorizzata della Destra di Storace. Stefania sfiora preoccupata la tumefazione che ha sul volto. La prognosi è riservata. Le gira la testa, sa che ne avrà per molto. «Siamo stati in due ad essere stati colpiti in testa – racconta – In neurologia è ricoverato un mio amico con un versamento di sangue. A me invece me l’hanno spaccata». La voce si spezza: «Mi hanno messo dodici punti in testa, mi rimarrà una cicatrice alta sulla fronte. Ma che, si fanno queste cose?». Stefania riavvolge il nastro di una giornata che ricorderà a lungo: «Questa è la prima e ultima manganellata che prendo, giuro – assicura – Provo solo tristezza per questa persona che mi ha picchiato senza motivazione. Se fossi stata aggres-

Ma così non è stato. Ho visto che stavano caricando, in mezzo c’era mio fratello piccolo, i miei amici. Ho solo provato a chiedere il perché. Nessuno mi ha risposto. Questo è il risultato. Voglio sapere dov’è la pace, e dov’è la libertà di manifestare in questo paese». Indica la benda che le copre i punti. E la ferita ancora palpitante. Dal 6 aprile scorso, Stefania vive in un’occupazione sulla via Tiburtina a Roma, nel quartiere di San Basilio, all’incrocio con via di Tor Cervara, dove i movimenti per il diritto all’abitare hanno occupato un residence di proprietà dell’immobiliare I.c.m.c., costruito più di due anni fa e da allora mai utilizzato. Quel giorno, insieme a lei, c’erano 250 persone, 72 nuclei familiari, donne incinte, anziani, padri di famiglia, giovani coppie, single e lavoratori disoccupati o saltuari. E c’erano anche i suoi fratelli, e sua madre. Vivevano ai giardini di Corcolle, una frazione estrema della capitale, dov’è stato individuato uno dei siti della nuova discarica che dovrebbe sostituire quella di Malagrotta. «Era una casa piena di muffa – ricorda – quel giorno ero andata a prendere mio fratello piccolo a scuola, il proprietario è entrato in casa, ha malmenato mia madre con un bastone e l’ha buttata fuori. Ha cambiato la serratura e ci ha lasciato fuori. Ringrazio Iddio che tutto questo è capitato nel momento dell’occupazione. Il danno è stato minore. Tutta la nostra famiglia è entrata nel residence. Io vivo in una stanza». Stefania ha studiato a Tivoli da estetista in una scuola professionale: «È un lavoro che amo, non so spie-

NUOVA CONDANNA A LORENZO E A TUTTO IL MOVIMENTO Dopo sei ore di udienza, dopo avere ascoltato in passerella un nugolo di Vigili Urbani della città di Firenze, dopo avere ampiamente dimostrato la totale estraneità di Lorenzo ai reati ascrittigli, Lorenzo Bargellini è stato nuovamente condannato a 4 mesi e 10 giorni di reclusione per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. I Vigili Urbani del Comune di Firenze, il reparto antidegrado hanno così ottenuto una vendetta sul campo ... A loro la concessione di praticare pestaggi, sgomberi, razzismo ... L’esercizio della legittima difesa diventa immediatamente inquisizione, inchiesta e addirittura “vittimismo”, non saranno i Tribunali a fermare le lotte sociali a tutela dei bisogni delle genti. A luglio oltre 100 sfratti, li DIFENDEREMO A OLTRANZA, TUTTI!!!

Il movimento di lotta per la casa

esplosi dalla polizia. L’occupazione dei «figli di San Basilio». Così è stata definita l’occupazione nata nell’ambito della campagna dello «Tsunami tour» partita il 6 dicembre 2012 nel giorno di uno sciopero della Fiom. Stefania si è trovata a vivere in una micro-storia antaFoto Attilio Cristini gonista e condivide gli obiettivi di una lotta in una città crudele come solo Roma sa essere: «Personalmente non conosco le altre occupazioni – dice – ma con molti degli occupanti ci siamo conosciuti nelle manifestazioni, ci incontriamo spesso e passiamo le serate. Quando si sta in queste situazioni si vive in maniera umile. Tra di noi c’è molta umanità. Quando invece ci sono i soldi, le persone non capiscono il significato della compagnia, della complicità, di un gesto, di un sacrificio. Noi stiamo mata, gli occupanti hanno iniziato ad organizzarsi, riscoprendo un senso quasi originario dell’umanità mentre altri visionavano gli spazi idonei per le fami- e non farebbe male a nessuno viverla». glie con i bambini. «Abbiamo imparato ad essere una Al sindaco Marino e al vicesindaco Nieri che le hanno grande famiglia – afferma – abbiamo costituiti i pic- fatto visita Stefania ha ripetuto come sono andati chetti di guardia e quelli per la pulizia, durano sei i fatti: «Erano dispiaciuti – dice Stefania — mi ore, ogni turno è composto da diverse persone. Orga- hanno detto che avrebbero piacere di ricevermi. Ci nizziamo assemblee per stabilire le regole in comu- andrò volentieri, voglio fargli capire la situazione ne, per comprare quello che serve se si rompe qual- sociale di questa città. Oggi chi perde il lavoro perde cosa. Siamo un condominio auto-organizzato, uno di la dignità e la paga. Le famiglie si separano dopo avere perso la casa. Basta leggere i giornali, la gente quelli in cui vivono tutti». La vita scorre come un fiume tranquillo nel quartiere si suicida, non ce la fa più». Cosa dovrebbe fare, oggi, dove, 39 anni fa, ci fu la rivolta di San Basilio. Una un sindaco di Roma davanti a tutto questo? «Requisettimana di resistenza durissima dei movimenti per sire le case sfitte» risponde Stefania. la casa contro i reiterati tentativi di sgombero. L’8 Roberto Ciccarelli

parlare di questo. Le mie giornate in questi mesi le ho passate nel residence. A pranzo e a cena stiamo insieme, uno cucina e io apparecchio, e viceversa. Ci aiutiamo tutti». Il primo giorno dell’occupazione lo ricorda pieno di preoccupazioni. Poi la tensione è sce-

Roma. Pacco bomba contro le case occupate b) La malavita locale non tollera dissonanze organizzate sul proprio territorio c) le case occupate sono di Caltagirone, uno a cui da sempre piace il gioco duro Da aprile nel quartiere periferico di Ponte di Nona (zona Prenestina) Solidarietà agli occupanti di Ponte di Nona è arrivate da diverse realsono state occupate dai senza casa alcune palazzine costruite da tà sociali del territorio e metropolitane. Nessuna intimidazione verrà Caltagirone. La zona non è quella delle case popolari ma quella delle accettata. case private. C’è stata qualche tensione all’inizio con i soliti “comita- Il comunicato degli occupanti su quanto accaduto stanotte. LE RAGIONI DELLA NOSTRA LOTTA, ti per la sicurezza” che hanno cercato di aizPER DIRE NO UNA PROVOCAZIONE zare la gente contro gli occupanti. Ma partiLa notte scorsa, mentre nella casa occupata di colari problemi non ci sono mai stati, anche Caltagirone a Ponte di Nona si festeggiavano i perchè l’occupazione è una di quelle dello tre mesi di occupazione, una Bmw bianca Tsunami Tour che a dicembre ed aprile ha modello 95/2000 rallentava e poi si fermava dato vita a numerosi occupazione di case davanti all’entrata della palazzina. La macchiorganizzate e con precisi obiettivi e modalità na ripartiva ma sulla strada rimaneva uno zaidi gestione della lotta. L’occupazione, in quenetto. Uno degli occupanti si è avvicinato e ha sto caso, è gestita dagli attivisti di Action. notato un led luminoso. È scattato l’allarme ed Questa notte, mentre dentro l’occupazione si è stata chiamata la polizia con gli artificieri. festeggiavano i tre mesi di occupazione, due Probabilmente si tratta di un “atto dimostratioccupanti hanno notato una Bmw bianca vo”. modello 95/2000 che rallentava e poi si ferVogliamo sottolineare che nessuna intimidaziomava davanti all’entrata delle palazzine occune può arrestare le lotte sociali, pubbliche e pate. La macchina ripartiva ma sulla strada trasparenti. L’occupazione della palazzina di rimaneva uno zainetto. Uno degli occupanti si Ponte di Nona è l’unico atto che molte famiglie è avvicinato e ha notato un led luminoso. È scattato l’allarme ed è stata chiamatala polizia con gli artificeri che hanno potuto mettere in pratica per trovare una soluzione abitativa. hanno confermato come si trattasse di un ordigno con tanto di timer Il percorso di lotta per il diritto all’abitare, all’interno dello tsunami ma difettoso. La polizia ha affermato che si tratta di un “atto dimo- tour, è strumento di riappropriazione dei diritti per le famiglie occupanti e per tutti quelli che vivono il dramma dell’emergenza abitativa. strativo”. Riteniamo grave qualsiasi atto di intimidazione come quello di questa Ipotesi? a) Nel quartiere c’è chi soffia sul fuoco con argomenti notte, perché è un atto contro la democrazia e la libertà di rivendirazzisti contro gli occupanti care una vita migliore.

È accaduto la notte del 9 Luglio all’occupazione delle case di Caltagirone a Ponte di Nona. Gli artificeri disinnescano un ordigno rudimentale ma non tanto. Stasera una prima assemblea.


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Quanto spende il nostro Paese per le bellezze e i beni culturali che tutto il mondo ci invidia? Lo 0,19% del Pil, mentre in Europa si parla in media del 2-3%. Tra degrado e restauri infiniti, abusi e mancanza di risorse contro cui combattere quotidianamente, paradossi e sprechi, nel documentario “ Sepolta viva” - di Paolo Santolini, con Luca Lancise e Monica Giandotti - lo spettatore è accompagnato in un viaggio molto speciale nella città eterna, Roma. Colosseo, Domus aurea, Fontana di Trevi, ponte Sant’ Angelo ... quanti monumenti sono a rischio, nell’ indifferenza più totale? “SEPoLTA VIVA” sul degrado dei Beni Culturali! RIVEDILo: http://srvpb.co/12p0C0R

I sentatetto di P.zza Augusto Imperatore a Luca Lancise: “ Qui nemmeno i barboni ci vengono più” Una guida turistica che per venti euro fa saltare tutta la coda all’ entrata del Colosseo “ In Italia ne devi sapere una più del diavolo, perché senno ti mangiano.” Due milioni e 800 mila euro il fatturato annuo di un ristorante con vista Pantheon. Ma i turisti non vengono più a Roma: “ troppo caos, troppa monnezza” secondo un cameriere del ristorante L’ ingresso alla Domus Area di Roma, nel parco di Colle Oppio di fronte al Colosseo, è vietato al pubblico dato che le volte potrebbero crollare a causa delle infiltrazioni d’ acqua.

INTANTO POMPEI CONTINUA A CROLLARE 13 luglio 2013 - Un crollo lungo via Stabiana. Alcune pietre sono venute giù dalla sommità di un muro del Teatro Piccolo o Odeion. 30 novembre 2012 - cede il muro di una domus lungo il vicolo di Modesto nella Regio VI. 8 settembre 2012 - cedimento di una trave di legno nel peristilio di Villa dei Misteri. 27 febbraio 2012 - viene giù una parte d'intonaco non affrescata staccatasi da una delle

pareti che si trovano nell'atrio della Domus della Venere in Conchiglia, una delle più note. 22 febbraio 2012 - scoperti alcuni frammenti di intonaco caduti da un muro nel Tempio di Giove. Episodi di minore entità rispetto ai crolli del muro romano di tre metri nei pressi della Porta di Nola (il 22 ottobre 2011) e di un pilastro della Villa di Loreio Tiburtino (il 21 dicembre 2011). 6 novembre 2010 - crolla la Schola Armaturarum, la scuola dei gladiatori, lungo via dell'Abbondanza.


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“ABITARE I CONFINI” IL SOGNO MATTO DEI CHILLE DE LA BALANZA NELL’EX-MANICOMIO DI SAN SALVI A FIRENZE

ATTORI E SPETT’ATTORI

di Claudio Ascoli - Chille de la balanza Spesso per San Salvi-Chille si parla di utopia. “Le utopie consolano: se infatti non hanno luogo reale, si schiudono tuttavia in uno spazio meraviglioso e liscio; aprono città dai vasti viali, giardini ben piantati, paesi facili, anche se il loro accesso è chimerico.” Così rifletteva Michel Foucault ne “Le parole e le cose”: chissà cosa avrebbe detto di un’utopia concreta come quella che ormai da oltre 15 anni proviamo a far respirare nell’ex-città manicomio di Firenze! Dal 1998 un padiglione dell’ex-manicomio fiorentino di San Salvi, e gli spazi all’aperto che lo circondano, sono diventati sede e materia prima di un progetto teatrale dei Chille de la balanza, storica compagnia del teatro di ricerca in Italia . Così volle Carmelo Pellicanò, ultimo direttore dei tetti rossi (come veniva comunemente chiamato l’ospedale psichiatrico di Firenze), che collegò la completa chiusura del manicomio (fuori tutti i matti!) all’ingresso “della città” in quegli stessi spazi che dal 1890 avevano accolto, e spesso segregato, migliaia di malati mentali e… diversi a vario titolo. Da allora un’area di oltre 30 ettari - negata per più di un secolo ai fiorentini - si è così trasformata in una città aperta, luogo di produzione culturale: teatro, arti visive, musica, canzone d’autore, poesia… La parola “cultura” ci riporta al verbo latino “còlere” che ha diversi significati: coltivare (un campo), ornare (un corpo), venerare (una divinità), ma soprattutto abitare (un luogo). Abitare è una facoltà umana. E’ una abilità acquisita, costruita sì su una predisposizione biologica, ma elaborata culturalmente, quindi condivisa con una società. L’antropologo La Cecla propone un parallelo affascinante invitandoci a considerare che noi siamo fatti della stessa carne di cui sono fatti i luoghi e che per questo tra noi e loro c’è una stessa corrispondenza e somiglianza. Siamo le mappe di noi stessi e dei luoghi che ci circondano, così come questi diventano mappe del nostro corpo e dei nostri sensi.” Spesso presentando il mio Fare Teatro, parlo di Luogo-Corpo-Metodo in un percorso tra tradizione e tradimento”. Un percorso basato sul disequilibrio, inteso come attitudine alla discontinuità, ad essere aperti all’infinito. Anche da ciò la nostra marginalità in una società nella quale si cerca disperatamente una sintesi, un punto fermo, una risposta. Il nostro disequilibrio è invece all’opposto il lavoro sul terreno della domanda, in una continua ricerca di nuovi inizi. Oggi la città soffre di molte mancanze: mancano ad esempio i “luoghi accanto”, luoghi che assolvano la funzione dell’agorà (sorta di mercato come occasione di accordi nonostante le differenze e i malintesi), di luoghi in cui la vita possa trovare spazio per allargare lo spazio, come stiracchiandosi. Chiunque abbia partecipato, costruito progetti con noi, o semplicemente sia stato a San Salvi in questi anni, non può non riconoscerlo come un “luogo accanto”! Abitare per noi è infatti molto più di una semplice attività di progettazione: Abitare è creare e viceversa.

La casa, il villaggio…San Salvi non sono così un’immagine ridotta del cosmo, in un certo senso sono già il cosmo. Quest’anno festeggiamo i nostri primi quarant’anni di vita – la compagnia fu fondata a Napoli nell’ottobre del 1973! – con un percorso intitolato Il sogno matto, chiaramente riferito alla figura di Don Chisciotte. Il Sogno matto è nel più vasto progetto Abitare i confini 2012-2014, titolo che riprende una osservazione del dicembre 1991 di padre Ernesto Balducci: “C’è un continente inquieto nascosto in noi che è il rispecchiamento interno di quella parte del pianeta che è emarginata, oppressa. Il negro è in noi, è fuori di noi ma è anche in noi. (…) A Firenze c’è sempre stata la prostituzione, l’omosessualità, la devianza: adesso c’è un alibi, sono gli extracomunitari. L’attribuzione al diverso delle anomalie che appartengono alla nostra cultura è il primo indizio, perché la mancanza di sicurezza in un gruppo sociale si riflette nell’individuo in un crollo della sicurezza. Così potremmo ben presto vedere questo urto tra le diversità come un fenomeno destinato a mettere in forse i livelli di umanità che abbiamo raggiunto. (…) Questa città basata sulle separazioni, sulle segregazioni, sulle parcellizzazioni dell’esistenza ha toccato un limite

esso convivono fantasticamente il fanciullo e l’adulto, la pietà e l’ironia, il rispetto e l’umorismo, l’ammirazione e la critica, la commozione e il rigore, la realtà e la verità, la serietà e la fantasia, c’era una volta e così è ora, il nuovo e l’antico. Tanti i momenti per formare questo “spettattore”, cioè lo spettatore attivo senza il quale il teatro nulla può… per cambiare il mondo! (vedi programma su www.chille.it) Ciò è ancor più vero oggi, in una realtà in cui, ritornando alla riflessione di Foucault, “da tempo le parole e le cose non si somigliano. (…) Il linguaggio spezza la sua vecchia parentela con le cose per entrare in quella sovranità solitaria da cui riapparirà solo dopo che è diventato letteratura; la somiglianza entra così in un’età che per essa è quella dell’insensatezza (la follia) e/o dell’immaginazione (la poesia)”. “Non prendere sul serio nulla che non ti faccia ridere”, così Eduardo Galeano presenta il romanzo di Cervantes. Ogni persona contiene altre persone possibili e ogni mondo contiene il suo altro mondo possibile. Lo sanno eccome, lo vivono eccome coloro che, moderni Don Chisciotte come noi teatranti, bastonati, commettono ancora la follia di rimettersi in cammino, un’altra volta e ancora e ancora, perché conti-

oltre il quale ogni equilibrio si spezza. I bambini nella scuola, i malati nell’ospedale, i matti nel manicomio, i carcerati nel carcere, i vecchi nell’ospizio?! (…) Abitare i confini: ecco la vera urgenza!” Il Sogno matto è innanzi tutto un percorso di formazione dello spettatore, di uno spettatore a cui siano offerte occasioni di entrare nel mondo donchisciottesco… in nostra compagnia. E così, in un momento in cui tutti provano a “sentire” la pancia delle persone, a precipitarsi ad offrire ciò che ritengono gli altri domandino, noi ostinatamente contrari non presentiamo prodotti, ma invitiamo ad un comune percorso attori e spett-attori, lavorando sul terreno della formazione della domanda piuttosto che su quello dell’offerta. Così…Don Chisciotte invaderà San Salvi in varie forme e linguaggi; sì, don Chisciotte, il romanzo delle “e”, come amava definirlo Marthe Robert, poiché in

nuano a credere che il cammino sia una sfida che ci attende, e perché continuano a credere che riparare offese sia una pazzia degna di essere commessa. E allora? In una realtà complessa e agitata come quella dell’ex-manicomio di Firenze sempre sul punto di ristrutturarsi (cancellazione memoria/speculazione edilizia/..?), abbiamo provato a far nascere “Don Chisciotte a San Salvi”: un evento di teatro itinerante in cui la sana utopia del Cavaliere della triste figura e degli spett-attori conquistati nel lungo percorso de Il Sogno matto, ha incontrato e si è scontrato con la realtà.

Mentre mi accingevo a scrivere queste “quattro parole”, mi è capitato tra le mani un emozionante articolo di Tommaso Chimenti (Corriere Nazionale 6/9/2012), e credo sia bello chiudere con le riflessioni di questo giovane critico, la cui analisi parte dal momento in cui San Salvi potrebbe divenire altro: ristrutturazione? speculazione? espulsione dei pochi che ancora lo abitano (dopo la recente deportazione degli ex-pazienti psichiatrici)? cancellazione della memoria? “Sono lunghi anni che si paventa la chiusura, il cambiamento d’uso, lo stravolgimento, la riqualificazione del gigantesco spazio che si apre dentro il cancello di quello che fu il vecchio manicomio fiorentino. San Salvi, la compagnia residente, i Chille de la Balanza che hanno fatto diventare quel luogo un posto magico dove creare, vedere, sentire, ascoltare, un rifugio per molti, e tutto il Quartiere 2 sono in fibrillazione. Cambiano i sindaci, vengono rimossi e sostituiti gli assessori ma l’annoso problema rimane a fare grancassa ed eco. Dove andremo? Dove finiremo? (…) E ancora dove andranno e che cosa faranno tutte quelle migliaia di persone che affollano non soltanto d’estate, ma in tutte le stagioni e con qualsiasi condizione meteorologica e climatica i padiglioni, quelle intere famiglie cresciute nel quartiere popolare che adesso si sentono ascoltate ed accolte in un luogo che pare creato ad hoc, allo stesso tempo fuori e dentro la città, una parentesi sospesa dove le regole vengono ribaltate, dove c’è sintonia e armonia, dove si fanno Passeggiate fatte di racconti splendidi e terribili, si osservano quadri dipinti da ex degenti, dove si possono dipingere i cartelloni per la pubblicità, dove addirittura si batte una moneta, dove regna e vige un “comunismo” egualitario fatto di socialità, di solidarietà, di un sentire comune? Ecco, spiegare il lavoro di questi anni di Claudio Ascoli e Sissi Abbondanza, assieme a tutti gli artisti che qui vi circolano e trovano spazi per realizzare le loro opere, è semplicemente impossibile: hanno creato un luogo della mente che non c’era, hanno trasformato un luogo di reclusione in una città aperta non soltanto nei sottotitoli o negli spot pubblicitari. Il Quartiere 2 vive e si anima, respira ed è cresciuto attorno al suo parco ed alle continue iniziative, teatro, musica, libri, laboratori, incontri che i due attori partenopei, da venti anni a Firenze, hanno saputo amalgamare e far crescere. E non è un caso che Claudio e Sissi arrivino proprio da Napoli, dove è la vita a vincere su tutte le difficoltà dell’esistenza. (…) I Chille vogliono salvare il luogo con la poesia: “Non vogliamo che ne venga fatto un “museo degli orrori”. Vogliamo che si mantenga una “memoria viva”. (…) Comunque San Salvi certo non si fa fermare dalle voci di corridoio e se, un giorno, in quello spazio fossero prese misure antitetiche all’opera condotta con semplicità, umanità e grande senso civico dai Chille, sarà proprio la cittadinanza, quello “zoccolo duro” del rione a scendere in piazza. Qui si è creata una comunità vera, salda, solida. (…) A San Salvi è possibile trovare tutto quello che non c’è, ma del quale abbiamo tremendamente bisogno”.


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LETTERA APERTA ALLE ISTITUZIoNI, AI mEDIA E AI CITTADINI. In seguito all’ennesimo provvedimento sanzionatorio che mette in discussione la possibilità stessa di esistenza della libreriacafé La Cité di borgo san Frediano - il sequestro preventivo sulla base di una denuncia penale per disturbo della quiete pubblica - sentiamo il bisogno di condividere alcune riflessioni e considerazioni, spinti dalla convinzione che La CitÈ sia sempre più largamente percepita come uno spazio e un progetto non solo nostro ma della città tutta. La Cité nasce nel 2007, in occasione di un bando comunale destinato a riqualificare zone degradate della nostra città. Il progetto originale, approvato dal Comune, prevedeva la realizzazione di una libreria caffé che svolgesse e promuovesse attività culturali (concerti, presentazioni, esposizioni, eventi culturali in genere). Ed é esattamente quello che abbiamo fatto! In sei anni abbiamo organizzato oltre 600 presentazioni di libri e attività seminariali, 300 esposizioni, 1500 concerti, ospitando tra i migliori artisti, pensatori, scrittori, musicisti, toscani e non solo. Abbiamo ideato e realizzato rassegne di teatro, di circo, festival di musica, conferenze, all’interno e all’esterno della Cité, attivando reti di cooperazione e collaborazione con enti locali, associazioni, università, operatori culturali di ogni genere. Lo abbiamo fatto mossi esclusivamente dalla volontà di portare a Firenze eventi ed esperienze interessanti di respiro internazionale di alto livello artistico ed una socialità divertente e stimolante, ma non superficiale e mercificata. Crediamo che questi elementi possano contribuire a definire la Cité una realtà culturale e non prettamente commerciale. E riteniamo perciò che si meriti un trattamento consono alla sua natura. Tutta questa nostra attività é stata svolta senza lucro. Abbiamo infatti operato come una cooperativa di lavoro a mutualità prevalente che si è limitata a remunerare il lavoro vivo svolto al bar nei locali della Cité reinvestendo tutti - tutti! – i ricavi economici per le attività culturali. In questo senso il nostro progetto é stato anche il tentativo di alcuni giovani di sottrarsi alla morsa della precarietà inventandosi un lavoro in grado di mettere a valore i propri interessi e passioni. Da questo punto di vista l’impressionante scia di provvedimenti contro La Cité rappresenta anche una poderosa messa in discussione della possibilità dei soci e dipendenti della libreriacafé di lavorare e poter portare avanti progetti di autonomia e dignità individuale e familiare. E sentire più volte associare il nostro lavoro, svolto con sacrificio e dedizione, alla parola degrado, insieme a continui ed enormi ostacoli che ne mettono in discussione la legittimità stessa, é la ferita più profonda che ci spinge ancora una volta a prendere pubblicamente parola. Crediamo inoltre che la Cité abbia contribuito a portare a San Frediano e a Firenze un certo prestigio e una certa vivacità culturale (anche agli occhi dei turisti). Rispetto ad alcuni anni fa Borgo san Frediano é stata progressivamente ripopolata di attività, ed oggi rappresenta un importante snodo nella vita del centro storico, crediamo anche grazie al nostro lavoro. É proprio questo l’obiettivo di riqualificazione che si poneva il bando che abbiamo vinto alcuni anni fa.Ciò appare evidente dalle recensioni delle più importanti guide turistiche, siti, riviste specializzate di tutto il mondo. E ci sembra dunque ancor più paradossale dover subire una denuncia penale per il normale aumento della partecipazione alla vita serale di questa strada edi essere ancora una volta vittima di provvedimenti che sembrano confondere il concetto di libera arte e cultura con quello di degrado, la socialità con il codice penale.La Cité ha inoltre costituito una spinta propulsiva per molte nuove realtà cittadine,per cui siamo stati un’apripista, che hanno aperto in seguito alla nostra esperienza decidendo di proporre un’ offerta culturale basata sulla musica dal vivo, sul teatro e sui libri. In questi anni la Cité ha subito decine di multe, ordinanze, provvedimenti sanzionatori(mai per episodi di vandalismo, urla, ubriachezza, risse etc.) ma sempre per il “rumore provocato dalle persone che frequentano la Cité. La nostra riflessione é la seguente: o si decide che in San Frediano non può esistere un’attivià notturna o non si può sanzionarla continuamente per lo svolgimento della sua normale attività, a maggior ragione se si ritiene che questa abbia una valenza culturale per la città. Il rumore delle persone che che vivono una città, un locale, un ristorante, un teatro.

É fisiologico e non patologico .. e la musica non é rumore ma é vita!! E allora.. Chiediamo alle istituzioni cittadine un aiuto per cercare una soluzione a questa situazione, per noi estremamente difficile, materialmente e moralmente. Chiediamo ai cittadini, affinché la disillusione e la stanchezza non prendano il sopravvento sull’entusiasmo, di continuare a sostenerci come avete fatto in moltissimi in questi giorni nelle forme più varie, ognuno come può, per resistere ... insieme.

La Cité libreriacafé

Dalla Cité alla Città Un grande corteo a sostegno della Libreria Cafè La Cité La cultura è un valore diffuso, viaggia nell’aria come il suono delle voci, delle note, dei pensieri: non genera rumore, non genera degrado, genera pensiero critico, sviluppo delle società. Luoghi chiusi impoveriti e svuotati, strade deserte di notte schiacciate sotto il caos dei motori di giorno, teste piegate e vuote nell’oblio degli schermi. Vogliamo dire basta. Difendiamo il diritto di lavorare negli ambiti culturali, di creare arte, socialità, vivibilità in una città che DEVE ESSERE CONTEMPORANEA. Un problema comune, una voce comune. Per riaprire La Cité servono 3 cose: un buon avvocato, migliorie strutturali e molta energia positiva contro una piccola mentalità bigotta. Abbiamo bisogno del contributo di tutti! Per questo motivo abbiamo deciso di organizzare un grande Corteo per Venerdì 5 luglio. Il luogo di ritrovo sarà Piazza del Carmine alle 17:00. La manifestazione, prevista per le ore 17.30, percorrerà alcune delle strade più significative dell’Oltrarno, e terminerà in Piazza Santo spirito. Durante la manifestazione saranno previsti momenti di sosta per performance musicali, artistiche e reading. Partecipate con tutto il vostro bagaglio: parole, pensieri, musica, danza, clownerie, libri. Tutti i singoli e le realtà culturali cittadine sono invitate a sottoscrivere questo appello inviando una mail a citeparade@gmail.com o telefonando al 3393436476 o al 3491723770.


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Dopo la sentenza del Consiglio di Stato che ha accolto il ricorso del Gruppo Feltrinelli contro il Comune di Firenze, relativamente al cosiddetto vincolo culturale (una norma urbanistica che avrebbe garantito la riapertura di una libreria laddove era la Edison), il Gruppo Feltrinelli stesso, proprietario dell’immobile, annuncia il progetto di apertura di una RED.

IN PIAZZA

Infatti, una volta ottenuta l’eliminazione del vincolo comunale che garantiva la presenza di un’attività culturale per il 70% della superficie dell’immobile, il progetto RED (Read Eat Dream), il format di Feltrinelli in cui ristoranti e gastronomia soppiantano gran parte dello spazio dedicato ai libri, non avrà a questo punto bisogno dell’approvazione da parte del Consiglio Comunale. Per quanto riguarda la situazione dei 36 ex lavoratori della Edison, se il progetto di libreria presentato negli ultimi mesi (e rifiutato dal Gruppo Feltrinelli, proprietario dell’immobile) aveva negli intenti il riassorbimento di tutti gli ex dipendenti, il Gruppo Feltrinelli ha dichiarato che, solo se riusciranno ad aprire entrambi i punti vendita (RED in piazza della Repubblica e la nuova libreria Feltrinelli alla Stazione di Santa Maria Novella, i cui lavori sono al momento fermi), potrebbero avere necessità di 7/8 persone in più oltre i propri dipendenti. I dati di fatto sono: - meno libri, più cibo - una libreria (e un concorrente) in meno - gran parte dei 36 ex dipendenti Edison senza più lavoro.

Librai Edison Firenze

“L’ALTRO”

Una cultura da recuperare Questo giornale, ha sempre fatto di tutto per rimanere umani, per raccontare con attenzione il bisogno di ognuno, della comunità. Nelle sue pagine non manca certo la cultura, quella tenace dal basso, esperienze, voci e poesie che vivono momenti reali, stampati per ricordare. Mi rattristo se penso a quando la piazza e le strade, il ritrovo di tutti,vivevano una forma più umana una volontà di conoscersi e volersi riconoscere, senza che questo fosse legato ad uno status sociale. E’con fatica che parlo di cultura, preciso di non essere un grande lettore, ma un forte sostenitore della cultura umana. Tutto ciò che intendo come cultura, comincia dallo scambio reciproco della propria conoscenza ed esperienza, riportate fedelmente per la ricostruzione della realtà. Questo ora sembra mancare ed è un consapevole tzunami mediatico, a plasmare il futuro allontanandoci in direzioni materiali. Parlo dello scambio interpersonale, alteratosi nel tempo, di quelli che ne hanno perso il principale autore: l’altro. Se si chiude l’opportunità di conoscerci, scambiandoci saperi ed esperienze, cadendo nell’indifferenza e nel razzismo, dovremo dire di non aver vissuto, di non avere cultura. Roberto Pelozzi

“La cultura come la vivo adesso” Leggo a casa, leggo in biblioteca, leggo di giorno, leggo di notte. Conosco poeti, filosofi e scrittori molto bene, ho anche buona conoscenza di mitologia. Con amici e conoscenti parlo con piacere di Iliade e di Odissea, mi esaltano le gesta del grande Achille, ammiro la saggezza, la prudenza, l’astuzia del Laerziade Ulisse. Oh! E la tragedia!! Mi struggo dinanzi al destino dello sventurato Edipo. Rifletto e penso profondo sul destino di Agamennone e sul gesto matricida di suo figlio Oreste. Ho lacrime di commozione per la sorte infelice della vergine Ifigenia, come sulla sorte della povera Ofelia; la tragedia mi coinvolge come se la vivessi io. Mi fanno ridere le avventure della bella Afrodite, è certo, questo penso, tra le divine la più amabile, la più bella, la più attraente e divertente. Ma con tutto questo fardello di cultura, ho perso e non ritrovo ancora i punti di riferimento e il mio centro di gravità. I punti di riferimento per proiettare i pensieri, il centro di gravità da dove far scorrere liberamente il mio essere trasfigurato in una semidivinità. Ma è soltanto fantasia! Non è presunzione! E’ innocente, libera e divertente fantasia! Francesco Cirigliano


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CITTÀ

Le squadracce comunali del degrado

Quanto accaduto nella sera di giovedì 13 giugno alla Stazione di SMN è gravissimo. L’operazione della Polizia Municipale ha chiaramente le caratteristiche di un pestaggio, non certo di un controllo di routine: gli agenti non hanno fermato gli uomini scesi dalla tramvia chiedendo loro per esempio i documenti, ma li hanno aggrediti immediatamente. Ciò non lascia spazio a interpretazioni di sorta: il pestaggio era stato deciso a monte ed era esso stesso “l’operazione di polizia”. È poi emblematico il dialogo finale con il ragazzo senegalese che poco più avanti aspettava l’autobus. Lui, senza aver visto la radiolina e il distintivo, era sicuro del fatto che fosse la Polizia Municipale. Ciò sta a significare che gli ambulanti conoscono benissimo questa prassi e la considerano abituale. Il quadro è sicuramente pesantissimo ma

nello stesso tempo abbastanza chiaro: questo è il “reparto antidegrado” della Polizia Municipale di Firenze che di giorno insegue i cosiddetti “abusivi” e gli ambulanti nei mercati fiorentini, controllando documenti e sequestrando merci e alla sera, evidentemente, alza il livello. Questo è risultato di anni di campagne elettorali e mediatiche incentrate sul tema della “sicurezza” e della “lotta al degrado”, che consentono oggi un clima di impunità per gli uomini in divisa. I fatti di via Palazzuolo, l’aggressione al Paci e lo sgombero della tendopoli dei richiedenti asilo alla Fortezza erano state qualcosa di più di semplici avvisaglie, ma evidentemente non sono bastate. Pensiamo sia necessario denunciare chi sono i responsabili e i colpevoli di questa situazione. Dobbiamo farlo dando la forza e il coraggio di parlare a chi in altre circostanze ha subito pestaggi, rompendo quel muro di silenzio che permette alle forze di polizia di portare avanti queste pratiche. I colpevoli siedono nella giunta comunale fiorentina e primo fra tutti è il Sindaco Renzi. Quel sindaco che il 2 giungo sorrideva abbronzato davanti a macchine fotografiche e telecamere appuntandosi sul petto la medaglietta della cittadinanza concessa ai senegalesi feriti dal neofascista Casseri, mentre la sua Polizia

Municipale, si organizzava per portare a termine raid SOLIDARIETÀ ALLE VITTIME come questo. Colpevole è il Comandante della Polizia DELLA VIOLENZA POLIZIESCA Municipale e il Reparto Antidegrado ... e non vengaFirenze Antifascista no a dirci che si tratta di alcune mele marce: esiste una catena Il corteo composto da un migliaio di persone, tra cui molti immidi comando che legittima, ordi- grati, ha attraversato le strade del centro di Firenze arrivando na e delega operazioni di que- sotto le finestre del consiglio comunale. Il corteo è stato convocato da Firenze Antifascista dopo che lo scorso 13 giugno il sto tipo. Pensiamo sia il momento di Reparto Antidegrado della Polizia municipale ha aggredito un mobilitarci perchè tutto ciò non gruppo di ragazzi senegalesi a Santa maria Novella. "Basta cada nel silenzio come ci siamo Abusi in Divisa". Questo lo striscione che apriva il corteo. Durante mobilitati per tenere alta l’at- la manifestazione sono stati molti gli slogan lanciati in solidatenzione sui fatti di Piazza rietà con tutti coloro che subiscono le violenze poliziesche: dai Dalmazia mentre le istituzioni lavoratori ambulanti di Firenze a chi ha perso la vita nelle celle cittadine e le procure insabbia- di sicurezza delle questure e delle caserme, in carcere o per stravano l’intera inchiesta. Non si da come Uva, Cucchi, Aldrovandi e Lonzi...solo per citarne alcuni. tratta solo di manifestare soli- La manifestazione aveva l'obiettivo di non far calare il silenzio darietà a chi è stato colpito sulla vicenda e di indicare ancora una volta i responsabili di direttamente, ma di sentirci quanto accaduto: la Giunta, il sindaco Renzi, il nuovo capo della parte in causa perchè le stesse Polizia municipale oltre che il Reparto Antidegrado e vale a dire pratiche e gli stessi metodi ven- quella catena di comando che ordina, protegge e finanzia opegono riservati da altri reparti e razioni come quella del 13 giugno. altre divise a tutti coloro che E' stato ribadito ancora una volta che se veramente il Comune sono accomunati da una condi- avesse l'interesse a far emergere la verità avrebbe tutti gli elezione sociale simile: dall’ope- menti a disposizione per farlo: i video delle telecamere che spiaraio all’ambulante, dal proleta- no la zona di Santa maria Novella, l'ordine di servizio e i verbali rio immigrato a quello italiano. dell'operazione la cui esistenza è stata confermata dal Comune Invitiamo quindi tutte le realtà stesso e non ultimo il coinvolgimento nella vicenda della GEST, politiche, sociali e sindacali, l'azienda che gestisce la tramvia. Sappiamo invece che ciò non tutti i lavoratori e gli studenti a avverrà. Anche per questo è stato importante essere in piazza fare propria la manifestazione così numerosi e determinati ma ciò non può bastare perché il di lunedì 1 luglio che partirà muro di silenzio che circonda gli abusi in divisa e in particolare le alle ore 17.30 da S.Lorenzo per operazioni del Reparto Antidegrado è ancora ben lontano dal arrivare in piazza Signoria sotto cadere. Crediamo però che questa sia la strada giusta per dare il le finestre del consiglio comu- coraggio di parlare a chi in passato ha subito violenze simili affinché tutta la verità venga alla luce, perché in futuro non nale. accadano più avvenimenti di questo tipo e il "reparto speciale" agli ordini del sindaco Renzi venga finalmente sciolto". BASTA ABUSI IN DIVISA

Le lavoratrici del nido Erbastella vincono la causa contro il Comune di Firenze Si è conclusa ieri, con la vittoria delle ricorrenti, la causa contro il Comune di Firenze intentata da alcune educatrici dei nidi comunali fiorentini. Nell’Aprile 2011, l’amministrazione comunale aveva preso a pretesto un increscioso incidente avvenuto tra bambini al nido Erbastella per colpire queste lavoratrici e un nido particolarmente scomodo per l’amministrazione per essere stato in prima fila nelle lotte contro la privatizzazione dei servizi. Le misure dell’amministrazione furono particolarmente repressive: un provvedimento disciplinare durissimo, 15 giorni di sospensione dal servizio e dallo stipendio, il trasferimento di ufficio in altri nidi, la denuncia alla procura della Repubblica, il tutto condito da una campagna stampa - da parte del Comune - ridondante e strumentale volta a gettare discredito sulle educatrici, accusate, ingiustamente e senza alcuna prova, di negligenza. Dopo due anni di lotta, presidi, attestazioni di solidarietà da parte di tanti genitori e colleghi dei nidi, della scuola e dei dipendenti comunali, il ricorso contro il provvedimento disciplinare è stato vinto. Una vittoria piena, poiché la

sentenza del tribunale del Lavoro di Firenze del 4 luglio 2013 ha accolto le istanze delle lavoratrici, ha dichiarato il provvedimento disciplinare illegittimo e condannato il Comune di Firenze a restituire alle ricorrenti tutte le somme trattenute per la sanzione. Inoltre la sentenza dichiara l’illegittimità dei trasferimenti d’ufficio attuati nei confronti di alcune di loro e condanna il Comune di Firenze alla immediata riassegnazione delle ricorrenti al nido E r b a s t e l l a . Trasferimenti motivati secondo l’amministrazione dal fatto che la permanenza di queste educatrici nel nido avrebbe inciso negativamente sul prestigio, l’autorevolezza e l’immagine del servizio: la sentenza contesta nel merito questa logica punitiva e totalmente priva di fondamento, e per contro sottolinea

tati solidali antirazzisti di Firenze, oltre ovviamente alla perizia del giuslavorista Danilo Conte che ha curato la causa. Una vittoria importante per tutti i dipendenti del Comune di Firenze che in questo momento stanno subendo attaccati pesanti e ingiustificati alle loro condizioni di lavoro da parte della giunta Renzi, che ci dice che è possibile contrastare il potere prepotente del sindaco e della sua macchina burocratica. Una sentenza che fa giustizia su una vicenda che è stata strumentalizzata e pompata all’inverosimile e che ci restituisce invece fiducia sulla possibilità di continuare a operare in ambito educativo sapendo che la era dare una prova di forza, non ci professionalità e l’impegno di chi vi sono riusciti. Ha invece vinto la soli- lavora può essere riconosciuto. darietà delle persone che hanno vissuto questa vicenda, di quanti le ComItato ContRo hanno sostenute, dai Cobas all’USB, La PRIvatIzzazIonE dEI nIdI da socialismo rivoluzionario ai cominIdo bEnE ComunE quanto le numerose dimostrazioni di stima verso l’asilo e le insegnanti in generale evidenzino una perdurante fiducia in particolare da parte dei genitori. Se l’obiettivo dell’amministrazione


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VOCI

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CAMBIAMO MUSICA PER UNA TOSCANA DEL FUTURO! PRESIDIo SImBoLICo PER UN CAmBIAmENTo RADICALE “Cambiamo musica, proposte concrete per un diverso modello di sviluppo in Toscana” UN NUOVO MODELLO DI SVILUPPO: Ad un tratto stanno venendo al pettine tutti i nodi di un sistema che non ha mai avuto nessuna considerazione, né per le persone, né per l’ambiente. E mentre milioni di persone sono senza lavoro e i servizi pubblici funzionano sempre peggio, consideriamo “rifiuti” risorse preziose per il nostro futuro, i veleni contaminano suoli e fiumi, il cemento e l’asfalto avanzano, il clima impazzisce, la paura e l’insicurezza si impadroniscono delle nostre vite. Urge cambiare per recuperare felicità, dignità, inclusione sociale e lavorativa. Per recuperare salute, aria sana e acqua pulita. Le strade sono quella del consumo responsabile, dell’economia locale, dei rifiuti zero, dell’economia solidale, della produzione sostenibile, della città conviviale, della gestione pubblica dei servizi fondamentali, della riduzione dell’orario di lavoro, del fisco equo, del reddito di cittadinanza. Scelte possibili, che creano lavoro, che migliorano la qualità della nostra vita, che garantiscono un futuro ai nostri giovani. Questo è il nuovo modello di sviluppo che dobbiamo creare. Non domani, ma subito, perché la nostra felicità non può attendere. RIFIUTI ZERo: Molte sono le esperienze che dimostrano concretamente già nella nostra Regione la realtà delle affermazioni del Commissario Europeo all’Ambiente per cui RIFIUTI ZERO È UN OBIETTIVO POSSIBILE E AUSPICABILE. Non vogliamo perciò per-

mettere che le affermazioni del Presidente Rossi di apertura a Rifiuti Zero nel prossimo Piano Regionale della Toscana siano “un semplice ritocco” ad un vecchio Piano che abbiamo combattuto duramente in questi anni. Vogliamo realizzare un vero PIANO RIFIUTI ZERO senza nuovi impianti di incenerimento (a cominciare da quello di Case Passerini) e programmando la chiusura dei vecchi impianti a favore di una filiera del recupero, del riciclaggio, della riduzione dei rifiuti così come “auspicato” dalla stessa Regione

Toscana. Dobbiamo, inoltre, costringere le imprese a “guardare al futuro” cambiando un modello di produzione che moltiplica i rifiuti spesso non riciclabili! GRANDI oPERE: Le Grandi Opere Inutili e Imposte sono un gravissimo sintomo della crisi economica che sta attanagliando questa fase del sistema economico mondiale. Le grandi opere inutili non provocano solo danni ambientali, urbanistici e sociali, ma non possono nemmeno essere motore di ripresa economica perché concentrano ricchezza nelle mani di pochi e non la redistribuiscono. Un meccanismo eco-

pubblici locali. Da allora, nonostante tribunali e Corte Costituzionale continuino a dare ragione ai comitati, nonostante la campagna di Obbedienza Civile abbia portato migliaia di cittadini ad autoridursi la bolletta rispettando il voto di due anni fa, la politica regionale è stata sorda alle richieste dei cittadini. Nessuno ha messo all’ordine del giorno un programma di ripubblicizzazione del servizio idrico come 1.850.000 cittadini/e Toscani hanno chiesto con forza. Si consideri inoltre che il Commissario Europeo Michel Barnier, con una dichiarazione ufficiale diffusa il 21 giugno scorso, ha escluso l’acqua d alla direttiva sulle concessioni e ha rassicurato i cittadini dell’Unione Europea: “Capisco bene la preoccupazione che deriva da una privatizzazione dell’acqua contro la vostra volontà, anche io reagirei allo stesso modo”. Continuiamo a chiedere al presidente della regione Enrico Rossi l’apertura di un tavolo di discussione sulla ripubblicizzazione del servizio idrico al fine di arrivare a un nuovo modello di gestione partecipato in rispetto della volontà democraticamente espressa dalla maggioranza dei cittadini Toscani due anni fa, cominciando a ragionare sul gestoNELLA PIANA DI LUCCA A FAVORE DI UNA MOBILITÀ re GAIA SpA, unica azienda toscana a capitale interaALTERNATIVA E DI UNA VIVIBILITÀ DELLE CITTÀ, COSI’ mente pubblico. COME AGLI INVESTIMENTI SULLA COSTRUZIONE DI NUOVI OSPEDALI ANZICHÈ INVESTIRE SULLE PRESTACoordinamento Toscano dei Comitati ZIONI SANITARIE! Popolari per la Legge Rifiuti Zero ACQUA E BENI ComUNI: Il 12 e il 13 di giugno di Forum Toscano dei movimenti per l’Acqua due anni fa il percorso verso la ripubblicizzazione del Forum Contro servizio idrico del Forum Italiano dei Movimenti per le Grandi opere Inutili e Imposte l’Acqua raggiunse lo straordinario risultato della vitCentro Nuovo modello di Sviluppo toria referendaria con oltre 26 milioni di Italiani che di Vecchiano (PI) scelsero per l’acqua pubblica e la difesa dei servizi nomico virtuoso deve abbandonare opere che creano poco lavoro di cattiva qualità e favorire opere diffuse di utilità sociale e ambientale. Le grandi opere inutili e le privatizzazioni sono servite a dominare, creando debito artificioso, il terzo mondo; oggi le stesse dinamiche distruttive arrivano nel cuore dell’Europa e dell’Italia in particolare. In Toscana ci opponiamo perciò, ad esempio, AL TUNNEL TAV, ALLA REALIZZAZIONE DELLA NUOVA CORSIA DELL’A11, AL PROGETTO DEGLI ASSI VIARI ANAS

‘’FireNZe CittÀ Del ViZio’’ MA PER CHI? È uscita sul giornale cittadino nei giorni scorsi la notizia della scomunica della città da parte del vescovo Betori. Il fatto non mi è nuovo, risuona come un’eco antica la decisione che associa il vizio, uno dei sette peccati capitali, alla città di Firenze. Probabilmente è un retaggio del passato che ricorda un po’ la santa inquisizione. Ma non è un caso che sia stato proprio il sindaco Renzi a sentirsi toccato e a replicare protestando e definendo la scomunica come un attacco politico, proprio lui il fautore della città vetrina che ostenta negozi di alta moda, locali chic e appuntamenti mondani a discapito della fatica di vivere che viene invece combattuta con attacchi e campagne contro il ‘degrado’ come lo chiamano, una condanna ai più poveri e deboli, ai senza casa, ai malati, ai sofferenti, agli immigrati, ai giovani e tanti altri. Colgo l’occasione per ricordare che siamo una parte numericamente superiore ai citati viziosi e siamo proprio noi a frequentare le strade e a viverle in prima persona. C’è dunque da stare attenti a pronunciarsi in certi termini, perché le condanne troppo spesso toccano gli ultimi, gli emarginati.

Mi domando se, nella discussione disinteressato, un tranello aperta tra i due esponenti dei poteri per discolparsi dalle accuse forti, quelli di maggiore rilievo e di cupidigia e avidità. importanza nell’impostazione della Mettere a logica e nelle scelte urbanistiche della disUomo, città, essi si siano soffermati a riflettere su cosa significa per loro “vizio”. ma chi credi di essere? E se con questo riconoscessero per lo meno la fame e la sete o il bisoUomo, ma chi credi di essere? Il padrone gno di un tetto, di un’amicizia, di dell’universo. Per te la femmina è un microbo, cure o quant’altro ovvero una delle tante odalische dell’“harem”. situazioni da non leggere Non sono “omicide”, diversamente, scateni assolutamente come realtà una guerra senza frontiere contro il muliebre degenerate e deviate. Il non sesso indifeso. avere e la voglia di soddisfaIl cavaliere ha smarrito il cavallo, nel deserto del re i bisogni primari, non “femminicidio”. Maltratti, violenti, stupri, ignori può essere imputabile né l’innocenza dei figli. Fai “tabula rasa”. tanto meno da condannare. La televisione per me, è inesistente. Noi vediamo nella realtà Solo bollettini di guerra, notizie eclatanti, dei fatti una Firenze con un fanno tanto male! volto differente e molto più Ci sarà, anzi, c’è un Dio Vendicatore. sofferente. Recita un proverbio “ciò che è fatto, è reso, Dall’altra parte i fautori delle oppure ritorna al mittente”. politiche del vizio, sono le Alla fine dell’esistenza, ti verrà presentato lobby che cercherebbero di il conto e finalmente sarai stritolato, sconfitto, organizzare una città in modo o meglio, cancellato. esclusivo dove si è ciechi o ci si Una speranza, nella percentuale così alta, tappa gli occhi di fronte alle miserie. ci sarà un cavaliere? Sarebbe più opportuno mettere all’inagio dice i padroni, quelli che hanno ogni chi cerca Marta cosa a seconda delle loro voglie e che di superare spesso invece si presentano come le difficoltà dettate dalle mancanze di persone scevre, dal gusto essenziale e un processo quotidiano iniquo non

aiuta il giusto svolgersi delle attività, ci vorrebbero tutti nulla tenenti e immobili nell’inagibilità come statue senza possibilità di riscatto. La vita per noi va affrontata ogni giorno a cielo aperto e sotto gli occhi di tutti, il nostro è un processo quotidiano alla ricerca di qualcosa che non siamo noi né loro, ma altro ancora da reinventare.

zazÀ


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LAVORO

Morti sul lavoro, morti bianche, infortuni mortali nel 2013

Sull’udienza di oggi e di ... ieri e dell’altro ieri

12 luglio

Non sono segnalati a carico delle province i lavoratori morti sul lavoro che utilizzano un mezzo di trasporto e i lavoratori deceduti in autostrada: agenti di commercio, autisti, camionisti, ecc.. e lavoratori che muoiono nel percorso casa-lavoro / lavoro-casa. La strada può essere considerata una parentesi che accomuna i lavoratori di tutti i settori e che risente più di tutti gli altri della fretta, della fatica, dei lunghi percorsi, dello stress e dei turni pesanti in orari in cui occorrerebbe dormire, tutti gli anni sono percentualmente dal 50 al 55% di tutti i morti sul lavoro. Purtroppo è impossibile sapere quanti sono i lavoratori pendolari sud-centro nord, centro-nord sud, soprattutto edili meridionali che muoiono sulle strade percorrendo diverse centinaia di km nel tragitto casa-lavoro, lavoro-casa. Queste vittime sfuggono anche alle nostre rilevazioni, come del resto sfuggono tanti altri lavoratori, soprattutto in nero o in grigio che muoiono sulle strade. Tutte queste morti sono genericamente classificate come “morti per incidenti stradali”.

Anche oggi udienza ‘dedicata’ agli imputati della strage ferroviaria di Viareggio. Hanno parlato avvocati/e di dirigenti delle ferrovie. Le falsità sono pedissequamente proseguite, come nei giorni scorsi. Tra l’altro, l’avvocata (non pronunciamo il nome perché non merita) di Elia, Ad di Rfi, ha citato negativamente più volte Daniela, presidente dell’Associazione di familiari, per il suo intervento dal palco la sera del 29 giugno, in occasione del 4° anniversario. Al brusio in sala e all’interruzione del Pm, ha rimarcato che lei è cittadina e avvocata e quindi ... Si è ‘dimenticata’ di capire che prima di tutto, per chi ha perso un figlio, si è mamma, se lei mai lo fosse. Da esseri (‘umani’ è un eufemismo e quindi lo omettiamo) “orientati” esclusivamente dal dio danaro, non possono né sorprendere, né sconcertare, falsità e amenità udite nelle udienze. Sono pagati per difendere l’indifendibile. Vendersi profumatamente a poteri forti contrasta profondamente con la realtà e i fatti. Tanto peggio per realtà e fatti. “Un treno merci che viaggia a velocità ridotta è più pericoloso”, lo “spiacevole episodio” non è un incidente sul lavoro, “il dispositivo anti-svio non serve a niente, anzi è pericoloso ...”, e via di questo passo. Ma di cosa stanno parlando questi avvocatelli/e? Ma lo sanno che sull’Alta velocità c’è l’anti-svio come strumento di prevenzione e protezione?! Giorno per giorno offendono onestà intellettuale e competenze tecnico-scientifiche, oltre la memoria delle Vittime e la sensibilità dei familiari. Il cav. Moretti&Soci non c’erano e se c’erano dormivano ... quando vanno a riscuotere migliaia di euri al giorno non dormono e ci sono, eccome, se ci sono! L’Ad delle ferrovie dello Stato italiane licenzia Riccardo dipendente di Rfi (altra Società) ma non ha alcuna responsabilità come ‘capo-comitiva’ di Rfi e Fsi. Dopo le “raccomandazioni” della Commissione ministeriale sul picchetto e su altro per garantire quella sicurezza che in ferrovia purtroppo non c’è (dal 2007: 39 lavoratori morti sui binari!), una raccomandazione la vogliamo fare anche noi: non trasformiamo l’immane tragedia del 29 giugno 2009 nella ridicola farsa dell’estate 2013.

Osservatorio indipendente di Bologna

Gino Carpentero

Dall’inizio dell’anno sono documentati 3013 lavoratori morti per infortuni sui luoghi di lavoro e oltre 630 se si aggiungono i morti sulle strade e in itinere. Dal 1° gennaio 2008 giorno d’apertura dell’osservatorio sono stati registrati 3379 morti sui LUoGHI DI LAVoRI. Con le morti sulle strade e in itinere si arriva a superare i 6800 morti complessivi (stima minima). Un’autentica carneficina, mentre le statistiche “ufficiali” divulgano dati molto più bassi. La politica potrebbe fare moltissimo, e con poche risorse, per far diminuire drasticamente questo fenomeno che ci vede primi in questa triste classifica in Europa, dove i morti sono mediamente un terzo di quelli italiani. L’Osservatorio registra tutti i “morti sul lavoro” e non solo quelli che dispongono di un’assicurazione. Moltissime vittime lavoravano in “nero” e alcune categorie non sono considerate “morti sul lavoro” solo perchè hanno assicurazioni diverse. Quest’anno Il 33,7% sono morti in agricoltura dei quali la maggioranza schiacciati dal trattore che guidano, il 28,2% in edilizia, il 16,6% nei servizi, il 6% nell’industria (compresa la piccola industria e l’artigianato), il 4,5%nell’autotrasporto, molti altri morti sono in altre categorie che sono percentualmente più basse. Se si aggiungono i morti sulle strade e in itinere si superano le 470 vittime (stima minima). Nel 2012 sono morti 1180 lavoratori (stima minima) di cui 625 SUI LUOGHI DI LAVORO (tutti documentati). Si arriva a superare il numero totale di oltre 1180 vittime se si aggiungono i lavoratori deceduti in itinere e sulle strade che sono considerati giustamente, per le normative vigenti, morti per infortuni sul lavoro a tutti gli effetti. L’Osservatorio considera “morti sul lavoro” tutte le persone che perdono la vita mentre svolgono un’attività lavorativa, indipendentemente dalla loro posizione assicurativa e dalla loro età.

Lo stato sociale salvato dai migranti con lo 0,9% del Pil L’Ocse spariglia le carte nell’ordinario razzismo che domina il mercato del lavoro italiano. Dati alla mano, l’organismo internazionale che ha sede a Parigi ieri ha dimostrato nel rapporto annuale sulle migrazioni che gli immigrati non pesano sul welfare, ma anzi nel lavoro dipendente, in quello autonomo, nell’impresa, contribuiscono a tenere in piedi un sistema ferito a morte con lo 0,9% del Pil- A beneficiarne è soprattutto un sistema pensionistico, come anche il fisco al quale queste persone versano le tasse sui loro redditi. Questo non accade naturalmente solo in Italia. In Svezia, ad esempio, la situazione è ancora più evidente. In questo paese, i migranti contribuiscono al Pil con un valore prossimo al 2%. Il segretario generale dell’Ocse Angel Gurria si è raccomandato di rafforzare i programmi di integrazione e formazione per gli stranieri, anche in un momento di crisi: «Il lavoro degli immigrati - ha detto - sarà fondamentale per garantire la ripresa dell’economia una volta che sarà terminata la crisi». L’Ocse si è occupata anche della mobilità all’estero degli italiani e sostiene che quelli che sono andati all’estero nel 2011 sono aumentati a 85 mila. La metà preferita è la Germania dove gli italiani sono aumentati del 35%. Ma ci restano solo un anno. Lo sostiene «Die Welt»: il 60% degli italiani emigrati per lavoro in Germania, gran parte dei quali probabilmente cervelli in fuga, riesce a resistere solo un anno nel Paese di Goethe. Secondo i dati Ocse solo una piccola minoranza di stranieri riesce a resistere alle dure condizioni del mercato del lavoro in Germania. Forse anche il mito della «fuga dei cervelli» sta per essere sfatato.

fonte: il manifesto

aUtogestioNe Ho ricevuto da Marco Spezia e volentieri giro il report dell’Assemblea del 22 giugno cui hanno partecipato molte (non tutte) delle realtà di lotta operaie contro la chiusura delle fabbriche (chi per fallimento, chi per delocalizzazione immotivata. L’Autogestione dei lavoratori per recuperare aziende altrimenti condannate alla chiusura appare una soluzione possibile ad una condizione: l’aiuto, come è avvenuto in Argentina in condizioni analoghe, del governo perché la produzione possa riprendere. La Ginori di Firenze e l’Irisbus di Grottaminarda Avellino rappresentano le realtà trainanti. In appoggio sindacati di base, pezzi di FIOM, qualche raro pezzo di CGIL, e una serie di forze politiche (CARC, M5S,Un’Altra Città, ALBA, SEL, PRC, PCL). Medicina Democratica, intervenuta con Angelo Baracca, può “dare una mano” a questo movimento che è suscettibile di ulteriore espansione. Anche nelle aziende autogestite esiste infatti un problema di salute e sicurezza sul lavoro e di corretta organizzazione del lavoro. Non dimentichiamo che autogestire aziende in un’economia di mercato non è proprio la cosa più semplice ... Il dibattito è appena aperto Gino Carpentiero Sezione Pietro mirabelli di medicina democratica Firenze


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VOCI

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Dieci buone ragioni per dire no all’acquisto dei caccia F35

Pubblicato il 26 giu 2013 La polemica sull’acquisto degli F35 è una delle spine più insidiose per l’esecutivo guidato da Enrico Letta. Come vi raccontavamo, se da una parte si moltiplicano le voci dissonanti all’interno della maggioranza, dall’altra il ministro della Difesa Mauro continua ostinatamente a difendere la partecipazione italiana al programma internazionale, spiegando che al Parlamento tocca solo esprimersi in merito al numero di F35 da acquistare (all’interno della forbice 90 – 131). Ieri però c’è stata la discussione alla Camera dei Deputati, con la presentazione di mozioni che intendono bloccare il programma del Governo e con interventi dai quali sono emerse tante “buone ragioni per rinunciare ai caccia bombardieri. Eccone alcune: Lo chiediamo perché non serve alla nostra difesa nazionale, nel rispetto del dettato costituzionale e della politica estera italiana, un cacciabombardiere di quinta generazione, capace di trasportare anche ordigni nucleari, con caratteristiche di bassa rilevabilità da parte dei sistemi radar. (Airaudo, Sel). Il nostro Paese, essendo noi fornitori di seconda fascia, non ha nessun trasferimento di tecnologie per partecipare a questo programma, non partecipa allo sviluppo del prodotto, quindi non acquisiamo né tecnologie di prodotto, né tecnologie di processo. Lo stesso nuovo stabilimento di Cameri è un lay out clone di uno stabilimento Lockheed negli Stati Uniti, neanche quello facciamo noi. Lo chiediamo ancora perché la ricaduta occupazionale è nella migliore delle ipotesi puramente sostitutiva e siamo lontanissimi dai 10 mila posti di lavoro ipotizzati nel nostro Paese al varo del progetto. (Airaudo). Pensare di investire 15 miliardi di euro per 2.000 posti di lavoro mi pare

veramente tentare di prendere in giro l’intero Paese (Matarrelli, Sel). Molti altri Paesi stanno sospendendo, rinviando la decisione o cancellando le commesse per gli F35: la Gran Bretagna e la Danimarca decideranno solo dopo il 2015; l’Olanda ha avviato un’inchiesta parlamentare a seguito di un pesante voto contrario al progetto del suo Parlamento; l’Australia non userà gli F35 come piattaforma esclusiva; la Turchia ha rinviato l’acquisto dei primi F35; la Norvegia ha minacciato di ripensare le sue scelte; la Danimarca riaprirà la gara solo dopo il 2015 (Airaudo) Ogni giorno che passa aumentano le dichiarazioni e gli studi internazionali che denunciano i difetti, anzi, direi, l’inutilizzabilità degli F35, un progetto nato male e proseguito peggio e del quale non si riesce neanche a intravedere la conclusione, considerato che il suo coronamento, inizialmente previsto per il 2011, è stato spostato al 2018 (Emanuela Corda, Sel). Qual è il ruolo dello strumento militare e a quale politica di difesa corrisponde un aereo con caratteristiche altamente offensive e di combattimento? Va aperta una riflessione profonda sugli strumenti in grado di produrre più sicurezza: non si produce più sicurezza, nel nostro Paese e nei Paesi confinanti, dotandosi di ulteriori strumenti militari così offensivi e addirittura capaci di trasportare gli ordigni nucleari (Duranti, Sel). Le scelte sui sistemi d’arma non possono essere lasciate ai vertici militari, tanto meno possono essere piegate alle esigenze delle grandi aziende belliche private. Vogliamo anche noi discutere delle ricadute sui posti di lavo-

Ori

sviluppo. A questo punto, ci chiediamo perché mettere in mano ai nostri militari degli strumenti difettosi e pericolosi; ci chiediamo perché dobbiamo continuare su questa strada, senza poter riflettere, senza poter pianificare, senza poter essere informati, inseguendo aziende, acquistando armamenti di cui non abbiamo bisogno o che, peggio ancora, non solo sono inutili, ma anche dannosi. (Frusone, M5S). Si potrebbe dire – e io credo che affermare poi, come risposta, che questa è demagogia e populismo sia sbagliato – che in un tempo di spending review accentuata, una da parte di chi può farla, e una spending review che c’è gente che fa non perché decide di farla, ma perché costret-

La notte in S. Ambrogio

Guardare, vedere, sentire, dove metto i piedi? Guardo a destra e sinistra.

Guardo in alto e vedo il cielo. Pesto la terra. Scale difficili, vado e torno sempre nello stesso posto nel mondo. Non sono felice, vorrei morire, e andare su quella nuvoletta. Guardare le formiche, le api hanno la regina, io non ho niente. L’unico padre è Dio. E’ il padrone di tutto. Col dito in alto.

ro dei lavoratori dell’industria bellica privata. […] La spesa militare è in generale uno dei lieviti inevitabili dei conflitti. Inutile girarci intorno: le lobby della spesa militare assediano da sempre i governi. (Zanin, Pd). Tanti sono i mezzi in dotazione ai nostri militari che hanno problemi e mettono a rischio la loro incolumità. Se vogliamo, possiamo parlare del «Lince»: alcuni esemplari sono stati addirittura sequestrati per valutarne la pericolosità; possiamo parlare degli «Ariete», dei carri armati progettati già vecchi e superati da altri carri ancor prima di finirne lo

Il volo

Lotte ed amicizia tutto è più oscuro. Le genti son deste, è viva la piazza. E perché no? Evviva la piazza S.Ambrogio. Come tanti discoletti; eccoci qua: le 01.45 Stringendoci le mani come tanti amici. E ... basta così.

a giorno s’invola il gabbiano, sicuro di riuscire a volare sempre più in alto, ed una certezza gli apre il cuore; di riuscire a trovare sempre più uccelli disposti a librarsi in alto con lui. Enzo Casale

Enzo Casale

ta a farla, il dubbio sull’opportunità di questa operazione deve venirci. Si potrebbe dire che il costo della manutenzione e dell’efficienza degli F-35 è tre volte superiore al costo dell’acquisto. Si potrebbe dire che per trent’anni noi saremo vincolati ad una massa di denaro che andrebbe tutta in direzione del riarmo. Si potrebbe ipotizzare che questo denaro fosse devoluto alla scuola. Si potrebbe pensare che questo denaro fosse devoluto all’ambiente. Si potrebbe pensare che questo denaro fosse devoluto al welfare. (Grassi, Pd) [...] Noi pensiamo che col prestigio internazionale non si mangi, non si curino i malati, non si costruiscono gli asili (Corda). la È stessa Costituzione a prescrivere che l’Italia sia un Paese pacifico, che cioè rinunci alla guerra come aggressione alla libertà altrui e come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. (Galli, Pd) […] Nell’articolo 11 della Costituzione, i padri costituenti utilizzano, non a caso, un’espressione particolarmente forte, il verbo «ripudia», che esprime il rifiuto più netto della guerra. Eppure, l’8 aprile del 2009, le Commissioni difesa di Camera e Senato hanno dato il via libera all’acquisto di 131 cacciabombardieri F-35, numero poi ridotto a 90, con una spesa che si aggira tra i 12 e i 15 miliardi, decisione che ci apprestiamo a confermare o a rivedere con il voto che ci apprestiamo a esprimere (Brescia, M5S)

da Fanpage.it

…UNA RUOTA… La ruota della vita silenziosa ci gira … sentiremo solo il suo freno terminando il nostro giro. Sergio bertero Il tempo è eterno, ma perché sprechiamo il nostro che ne abbiamo così poco. Sergio Bertero Il tempo è uguale per tutti, ma come vola quando si gode è quando si soffre che si spezza le ali e si deve fermare. Sergio bertero


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VOCI

Uguaglianza, dignità e diritti della persona Forse ci siamo dimenticati dell’importanza di queste parole. Ma nella politica e nella società d’oggi; con i suoi valori, forse dimenticati dietro la vita frenetica, infatti ci perdiamo in mille cose, quelle vere dove sono finite? Le cose che valgono che ci fanno sentire esseri umani che si abbracciano l’un con l’altro, devono essere riprese e recuperate. Vorrei che queste parole risuonassero con forza in ogni ambito della vita, (lavoro, scuola, famiglia e in tutta la società)...

prima parola salute, la sostituirei con dignità, è più potente ed efficace e non suona come malattia. La seconda parola mentale, la sostituirei con la parola umana, è questo che dobbiamo ottenere, esseri umani uguali agli altri. Al posto di salute mentale viene fuori dignità umana, (suona meglio non è vero!!!) Allora, finalmente si potrà parlare di centri di dignità umana, (come avrebbe voluto Basaglia).

Persona, (lo abbiamo già detto siamo tà creative e umane. esseri umani come gli altri). Dove: Dove ci si trova, bisogna sfrutA questo punto possiamo arrivare a tare qualsiasi situazione favorevole, il dire: Come, cosa, quando e dove poter dove lo possiamo stabilire noi stessi a parlare e dare una voce a tutte queste seconda delle nostre forze e del coraggio che ci deve portare dovunconclusioni? anche con dei rischi inevitabili. que, Come: Direi principalmente parlan-

done in maniera ristretta tra noi, come già si sta facendo, ma con l’obbiettivo di vincere le distanze con qualsiasi persona che incontriamo, coinvolgendo anche le autorità comQuindi le parole su cui spesso si petenti, che sono le persone che conÈ inutile che ci rinchiudano in ghetti dovrebbe lavorare sono: tano e che possano sostenerci in qued’emarginazione, dove purtroppo Uguaglianza, (totale annientamento sta lotta. veniamo isolati dal resto del mondo. di distanza e di pregiudizio, non senCosa: Muovendoci, creando situazioni Si parla tanto di salute mentale, ma tirsi inferiori agli altri); nuove dal nulla e attirare l’attenzione già il parlarne non ci aiuta ad una integrazione sociale... No, non credo Dignità, (il nostro valore non è diffe- di più gente possibile. proprio, perché se analizzo le parole rente da quello degli altri); Quando: In ogni momento, in ogni salute mentale che la A.S.L. usa per Diritti, (ci spettano perché sempre situazione in cui si può creare un rapclassificare persone con disturbi psi- più si va verso una società che valo- porto cordiale e volendo di amicizia; chici, mi sembrano improprie. La rizza l’individuo senza distinzioni); utilizzando tutte le nostre potenziali-

Ricordo di Margherita Hack Era il marzo 2004 quando a Firenze una affollata assemblea cittadina decise, al termine di un percorso partecipato, di fare una lista di cittadinanza e presentarsi alle elezioni amministrative in alternativa alla coalizione del superfavorito candidato Domenici. Era una lista di sinistra che nasceva dal Laboratorio per la democrazia e aggregava società civile e attivisti di movimento. Tutte persone piene di entusiasmo ma poco pratiche della politica istituzionale e con qualche difficoltà a organizzare una vera campagna elettorale. Nell’individuare la lista dei candidati qualcuno pensò di coinvolgere Margherita Hack che, pur vivendo da tempo a Trieste, rappresentava anche per i fiorentini quei valori culturali e politici su cui si fondava l’esperienza di

Concludo dicendo: Integrazione sociale, vuol dire, che nessun centro o comunità potrà mai ingabbiarci e toglierci il gusto di vivere, provare sentimenti, costruire rapporti umani, fare azioni, ragionare come fanno gli altri, vivere tutto il più possibile, per riappropriarci della nostra vita, che nessun essere umano ci potrà togliere; insomma dobbiamo lottare per questi motivi. Secondo me, anche se con dei problemi possiamo condurre una vita vera, bellissima e intensa che nessuno ci può guastare... Luca Mori firenze 23/05/2013

Senti come se stessi galleggiando

Unaltracitta/Unaltromondo. Dopo un contatto telefonico, partimmo quindi in tre- io, Francesca e Bahram- alla volta di Trieste. Ricordo il timore con cui entrammo in città e i dubbi di un suo rifiuto. Ricordo la semplicità con cui ci accolse e l’immediato sentirci a nostro agio nella sua casa in alto in collina, tra i suoi libri e i suoi gatti. Dopo aver capito meglio chi eravamo e perché pensavamo che una voce di sinistra libera e indipendente fosse cosa buona e giusta in un consiglio I SEnza FISSa dImoRa dI FIREnzE comunale egemonizzato da un SaLutano L’amICa maRGHERIta HaCK centro sinistra screditato, accettò volentieri di essere candidata. Ciao Margherita e grazie con cuore grande della tua costante Così, senza farsi pregare e rega- attenzione per noi. landoci la sua stima e la sua amici- Ogni volta che prendevi il treno da Firenze, ti fermavi volentieri a parlare con noi, ad ascoltarci. zia. Fu la candidata che prese più voti Così; vestita semplicemente e con il tuo solito zainetto su una della lista anche senza fare una spalla. vera campagna elettorale. Perché i Oggi nella nostra società “MALATA” di solitudine; incapace di valori di laicità e democrazia che “ASCOLTARE” l’altro, tu invece ci ascoltavi con pazienza e ci Margherita Hack incarnava, anche parlavi con tenerezza. quando risultavano scomodi ai ADDIO SPIRITO LIBERO; MAESTRA DI LIBERTA’ TOTALE. potenti, erano quelli che ci rappre- TI SALUTIAMO RINGRAZIANDOTI PER LA COERENZA DELLE sentavano e ancora oggi ci rappre- TUE IDEE SOSTENUTE FERMAMENTE. Margherita ti mandiamo un ultimo bacio, ed un persuaso pensentano. Grazie Margherita per la tua intel- siero dello scrittore ALBERT CAMUS, che affermava sempre ligenza, la tua cultura e la tua “GRAZIE A DIO, SONO ATEO” generosità. Dire che ci mancherai Addio Margherita; UN BACIO GRANDE ED UN GRAZIE SINè la pura verità, fuori da ogni reto- CERO. I senza fissa dimora della Stazione di di Firenze, rica di circostanza. di cui il 12% LauREatI. ornella de zordo

Senti come se stessi galleggiando. Galleggiando nell’aria. Improvvisamente tutte le cose diventano interessantissime e bizzarre, vuoi fermarti per osservare i particolari, le piccolezze… ma non puoi fermarti perché stai andando e non puoi smettere… devi andare, andare e ancora andare. non puoi smettere di andare. non puoi fermarti. E allora giri la testa e osservi finché puoi, mentre continui ad andare sbandando. Improvvisamente, quella sera ti sembra di conoscere tutte le persone che passano. Improvvisamente, quella sera, non sei più tu che corri sulla strada, ma è la strada che corre sotto di te. Giulia materassi

Sa re sa sa - Sa re sa sa sarà - la Parola Ogni giorno scrivo le parole, mi fanno ricordare il bene, il male, tra le meraviglie del cielo, del suolo, del mare. La parola mi aiuta a pensare a ragionare, a lavorare, a creare, parole di gioia, di dolori, di sentimenti e umori. La parola è conoscenza, giustizia e coscienza, in questo mondo ancor senza pace, di bugie, di utopie, la parola a volte ti salva o ti condanna. Conoscendo la parola di verità, quando tu parli, ti conosco, conoscendo chi l'ha creata, conoscerai che ti appartiene la sua eterna vita.

Raumer antonio nome d'arte Prema


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TURCHIA

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La via molto diversa dei contadini

di Gustavo Esteva Da Jakarta è arrivata un’aria fresca che i media hanno trascurato e noi appena percepiamo. La deludente riunione del G-8 ha concentrato su di sé i riflettori di questi giorni, sebbene i magri risultati abbiano obbligato i media a riempire gli spazi con notizie come quella sull’intensa disputa tra Barack Obama e Vladimir Putin … per l’utilizzo privato della palestra dell’hotel in cui erano alloggiati (ha vinto Obama). Non è venuto fuori nulla di rilevante da lì. E nemmeno dalla precedente riunione sull’alimentazione è uscito qualcosa di importante. A Jakarta, intanto, dal 9 al 13 giugno ha avuto luogo la sesta conferenza internazionale di Via Campesina http://viacampesina.org, che celebrava i suoi venti anni di lotta. Si tratta dell’organizzazione contadina più grande che si sia avuta nella storia. È il movimento sociale di maggiori dimensioni del mondo attuale. A Jakarta c’erano rappresentanti di 183 organizzazioni presenti in 88 paesi. Le cose su cui si sono accordati avranno ripercussioni immediate e di enorme rilevanza. Eppure, per i mezzi di comunicazione, è come se la conferenza si fosse tenuta di notte. Non è esistita. La ragione si deve in parte al pregiudizio che esiste contro i contadini: non dovrebbero esistere; la loro scomparsa è stata più volte annunciata dalla sinistra e dalla destra, come inevitabile risultato della modernizzazione. E invece, eccoli là. E sono più di quanti siano mai stati.

Malgrado la cortina stesa dai media e la confusione seminata da coloro che pretendono di rappresentare i contadini e le contadine, la forza dell’aria fresca di Jakarta si farà sentire ovunque, anche da noi.

nuova società, basata sulla sovranità alimentare, la giustizia e l’uguaglianza…Oggi più che mai un altro mondo è urgente e necessario. La distruzione del nostro attraverso il supersfruttamento, la depredazione dei popoli e la rapina dei beni naturali sta provocando l’attuale crisi climatica e profonde disuguaglianze che minacciano l’umanità nel suo insieme e la vita stessa. La Via Campesina dice un deciso NO a questa distruzione condotta dalle multinazionali”. L’appello ricorda che Via Campesina ha pronunciato chiaramente la sua visione radicale sulla sovranità alimentare a Tlaxcala, nel 1996, quando ha deciso che le contadine e i contadini avrebbero giocato un ruolo centra-

Il pregiudizio attribuisce all’agricoltura industriale e alle “monsanto” del pianeta la produzione contemporanea di alimenti, invece l’agricoltura contadina, la pastorizia e la pesca artigianale continuano ad essere la principale fonte di cibo nel mondo. Secondo alcuni specialisti, producono fino al 70 per cento di quello che mangiamo oggi.

le nei processi di resistenza all’agenda neoliberista e nella costruzione di alternative

L’appello di Jakarta, che è stato diffuso il 13 giugno, merita una considerazione minuziosa. (Llamamiento de Yakarta). Comincia con un invito urgente a “tessere il filo dell’unità a scala globale tra le organizzazioni rurali e quelle cittadine per una partecipazione attiva, propositiva e risolutamente tesa alla costruzione di una

Via Campesina ha riconosciuto la gravità della crisi sistemica attuale, la più grande della storia, una crisi che sta portando al collasso in molte parti del mondo. Di fronte ad essa, l’organizzazione ribadisce il suo rifiuto del capitalismo, il cui aggressivo flusso finanziario e speculativo genera l’ accaparramento dei terreni, l’espul-

sione delle contadine e dei contadini dalla loro terra, la distruzione di popoli, comunità, culture ed ecosistemi per creare migrazioni forzate e disoccupazione di massa. Vía Campesina è nata con un’impronta antirazzista e antipatriarcale che in questa conferenza si è approfondita: ha deciso di insediare per la prima volta la sua segreteria generale in un paese africano, lo Zimbabwe, ponendo alla sua guida Elizabeth Mpofu, contadina da sempre, che ha assunto l’incarico in una cerimonia emozionante (vedi l’articolo di Silvia Ribeiro, La Jornada, 15/6/13 http://www.jornada.unam.mx/archivo_opinion/autor/front/68). La forza dell’appello di Jakarta, impegnato nell’azione immediata e autonoma, contrasta con la debolezza del Manifesto Contadino alla Nazione (messicana, ndt) che il 19 giugno hanno presentato il Congreso Agrario Permanente e il Frente Amplio Campesino. Nel Manifesto si denuncia la politica che ha smantellato le campagne causando la rovina di milioni di produttori rurali e la profonda erosione del tessuto sociale delle comunità e dei poderi collettivi. Un timido Ya Basta! E una marginale allusione al fatto che un’altra campagna è possibile conducono a un modesto catalogo di petizioni alle autorità e a una debole richiesta al governo della repubblica e ai partecipanti al Patto per il Messico al fine di costruire un progetto nazionale che sappia offrire una maggior considerazione per i milioni di contadine e contadini. Non viene detta una parola sulla campagna contro la fame dell’attuale amministrazione, che quelle stesse organizzazioni hanno considerato una pericolosa finzione burocratica. E non si dice nulla su quel che faranno da sole, con autonomia, nella lotta per la sovranità alimentare. Le due organizzazioni che hanno presentato il manifesto appendono le loro speranze a una risposta delle autorità, risposta che, nel migliore dei casi, sarà debole e insufficiente come lo è il Manifesto.

Questo articolo è stato pubblicato da La Jornada con il titolo “Muy Otras Vias”

Voce che parla nel deserto Gli esseri umani comunicano con la parola o con qualsiasi forma di arte. Più cultura si ha in queste discipline, più si riesce a farlo. Voce che parla in Babilonia dove le persone non riuscivano a trovare un linguaggio comune. La libera espressione diventa anche questa un’arte sopraffina. Si nota che nei paesi infestati dalla guerra venga bistrattata anche la cultura. Nei periodi in cui l’uomo non ha lavoro o nessuna forma di sussistenza venga addirittura demonizzata l’arte e in particolar modo ne risenta il popolo e le categorie più povere di un disprezzo delle arti in tutti i suoi generi. Così senza volere la massa diventa ancora più succube dell’aristocrazia. Come per esempio l’episodio dei promessi sposi quando Renzo umile contadino si confronta con l’avvocato chiamato azzeccagarbugli che si riduce a prendere i regali del campo e non fa il suo dovere. Non a caso nel medioevo, chiamato la notte dei tempi, visse Dante Alighieri che creò la lingua italiana e morì scomunicato a Ravenna cioè fuori dei territori del Papa. Purtroppo nessuno è profeta in patria, specialmente se mette in pericolo il potere. Quindi spero che questo non succeda mai più!!? Voce che urla nel deserto

Sisina


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