TEMPO E DESIGN: Significati, simboli e tecnologie degli strumenti per la misurazione del Tempo.

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Laboratorio di Tesi CdL in Disegno Industriale A.A. 2019 2020

DESIGN TECNOLOGIA COSTRUZIONE TEMPO E DESIGN: SIGNIFICATI, SIMBOLI E TECNOLOGIE DEGLI STRUMENTI PER LA MISURAZIONE DEL TEMPO

RELATORE: Prof. Arch. Vincenzo P. BAGNATO CORRELATORI: Prof. Arch. Antonio LABALESTRA Prof. Arch. Domenico PASTORE

LAUREANDO: Giuseppe Tarantino



Indice Abstract 5 Introduzione 7 I. TEMPO, ARTE E NARRAZIONE 8 1.1 La percezione del tempo in letteratura 1.2 La rappresentazione del tempo nell’arte 1.3 Dal tempo ciclico e lineare al tempo qualitativo di Bergson 1.4 L’importanza del passato 1.5 La relatività del tempo II. SEMANTICA, SIMBOLI E RITUALITÀ 42

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Il senso orari Il ruolo della donna Il caso Swatch Pacchetti temporali Cicli biologici

III. LA MISURAZIONE DEL TEMPO 68 3.1 24 ore 3.2 Dalla meridiana agli orologi atomici 3.3 Tipologie di orologi e complicazioni 3.4 Orologi d’arte dal dopoguerra ai giorni nostri IV. KADO: SPAZIO AL TEMPO 100

4.1 Idea 4.2 Analogie a colori 4.3 Design details 4.4 Prototipo

Glossario 129 Bibliografia 131



Abstract “Un’ora non è solo un’ora, è un vaso colmo di profumi, di suoni, di progetti, di clima.” (M. Proust, La Recherche) E svelare e riscoprire il valore del tempo è l’obiettivo di questo progetto. Il lavoro di indagine sul tempo, propedeutico al progetto kado, ci conduce ad un’unica consapevolezza: dare spazio al tempo. Restituire dignità ad ogni attimo del tempo è una pratica indispensabile per l’individuo, quasi un dovere. Ripercorrendo il pensiero dell’uomo da Eraclito a Orazio, da Leopardi a Bergson, da Proust a Braudel si coglie la necessità di capire il tempo, di entrare in relazione con il suo scorrere inevitabile e imperturba-

bile. Dare valore al tempo significa non sprecarlo. Avere consapevolezza del tempo che scorre, assumere il controllo su ogni sequenza temporale. Pianificare è importante non per omologare tutto ad una “corsa contro il tempo”, ma per dare spazio ai propri valori, in armonia con ciò che più conta per l’individuo. Kado è uno strumento che riesce a concretizzare e rendere tangibili le precedenti riflessioni sul tempo qualitativo e sull’importanza della pianificazione. Fondamentale è la funzione dei tre elementi costitutivi: una base e due timer. La base è legata ad una visione olistica del tempo, mentre il timer dà valore e spazio all’ hic et nunc.


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Introduzione Il tempo, la dimensione temporale ha sempre suscitato l’interesse dell’uomo. Il rapporto tra l’uomo e il tempo è inscindibile, perché strettamente connesso con la sua evoluzione, intesa come potenzialità cognitiva, oltre che sviluppo biologico. La ciclicità dei fenomeni naturali, dal sorgere del sole all’alternarsi delle stagioni, ha determinato e alimentato da sempre il rapporto tra l’uomo e il tempo. Con l’aforisma “Panta rhei” (tutto scorre) Eraclito attesta l’effimera durata di qualsiasi situazione e l’instabilità della condizione umana in continuo mutamento per l’ineluttabile scorrere del tempo. Dai filosofi greci fino ad oggi tanto si è elaborato e approfondito a riguardo: il tempo ciclico, il tempo lineare, il concetto di Kronos in contrapposizione con Kairos, il tempo

universale, il tempo storico e sociale, il tempo della natura, il tempo del corpo umano (cronobiologia), il tempo della coscienza e il tempo della speculazione sul futuro. Calvino, in un’intervista di Michele Neri Vivere ogni secondo per vincere il tragico divenire1 , afferma che le esperienze temporali dell’uomo non sono che granelli di sabbia nel deserto rispetto al senso del Tempo, e che chi è saggio deve “farsi più vicino possibile al senso del Tempo nella sua incommensurabilità […]. Contano solo i mutamenti lentissimi” del Tempo. Questa affermazione sembra essere una felice sintesi del percorso del pensiero dell’uomo dalla civiltà classica ad oggi, dal tempo ciclico al tempo della coscienza e della speculazione sul futuro.

1 Italo Calvino, Vivere ogni secondo per vincere il tragico divenire, intervista di Michele Neri, pubblicata in «Panorama mese», IV, 1, gennaio 1985, pp. 71-74.

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PARTE I cc

Tempo, arte e narrazione

Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del XX secolo assistiamo alla nascita di una nuova sensibilità in linea con lo spirito del tempo, una sensibilità che si dirama in diversi ambiti, dalla musica al cinema, dalla letteratura alla filosofia, dalle discipline scientifiche all’arte. Comune denominatore il bisogno di rinnovare, senza però sovvertire completamente, le linee metodologiche fino ad allora dominanti e cercare nuove tecniche di rappresentazione della realtà, per una rappresentazione soggettiva, con un’attenzione particolare alla forza dell’inconscio. In arte Pablo Picasso sovverte le relazioni tra il piano e il volume, in poesia Filippo Tommaso Marinetti sconvolge la sintassi e abolisce la punteggiatura, in musica Arnold Schönberg compone al di fuori delle regole del sistema tonale, inaugurando la dodecafonia, nel cinema Sergei Eisenstein rivoluziona le regole di montaggio e di inquadratura, ed in letteratura Proust, Kafka e Joyce sopprimono la distanza tra lettore e protagonista.


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1.1. La percezione del tempo in letteratura

Pag. 8: scena del film Le procès, regia di Orson Welles, 1962, tratto dall’omonimo romanzo di Franz Kafka.

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Nel primo Novecento con i Modernisti e grazie alla diffusione delle idee filosofiche di Freud, Nietzsche e Bergson il concetto di tempo si va sempre più ampliando fino a giungere ad identificarsi con il tempo interiore, il tempo della coscienza. L’attenzione all’inconscio, al mondo interiore dei personaggi, spinge gli autori a cercare nuove tecniche narrative, che rinnovano non solo la poesia, ma anche la prosa. L’autore, grazie alla tecnica del monologo interiore, dà voce direttamente ai personaggi, ai loro pensieri in disordine, senza introduzioni o spiegazioni. Nel monologo spesso il tempo della narrazione si ferma su un’esperienza accidentale, il momento rivelatore, che diventa fondamentale e illuminante sul passato e sul presente, perché è in grado di scoprire una verità profonda. Il narratore onnisciente del romanzo vittoriano scompare per far posto ai ricordi, ai pensieri e ai sentimenti del personaggio-protagonista, così come la trama lineare e la sequenza cronologica cede il posto all’analisi del momento, al Kairos. Gli autori modernisti comprendono la com-

plessità della mente umana grazie all’indagine sull’inconscio e riscoprono il tempo interiore. Si comprende che il tempo è per natura duplice, esiste un tempo esterno e un tempo interno alla coscienza. Il tempo esterno viene percepito attraverso i sensi, la luce e il buio, il giorno e la notte, il suono delle campane o di un orologio a pendolo, mentre il tempo interno è un’intuizione della coscienza. Tra l’uno e l’altro non vi è corrispondenza. Per esprimere il tempo della coscienza si ricorre al monologo interiore, utilizzato per la prima volta da Joyce e Virginia Woolf. Il monologo interiore è il mezzo espressivo idoneo per riprodurre il complesso flusso di coscienza e anche il flusso del tempo, che non è più visto nel modo tradizionale, oggettivo, secondo un ordine cronologico di passato, presente, futuro, ma in modo soggettivo. Il tempo diventa interiore, conformemente alle teorie di Bergson, ed è costituito da tutte le esperienze, le sensazioni e i ricordi, che mancano di ogni ordine e sono estremamente caotici. Perciò il monologo interiore è la tecnica


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più adatta per questa concezione soggettiva del tempo, dal momento che non segue nessun ordine, esprime un fenomeno psichico e ha luogo nella mente stessa del personaggio. Può essere diretto, come quello usato da Joyce nel monologo di Molly Bloom, o indiretto come in Virginia Woolf. Un altro aspetto del tempo è la sua fuggevolezza, trattata da molti autori con l’emblema della rosa che in un attimo sfiorisce. Tante le riflessioni sulla fugacità del tempo, dal «Panta rei» di Eraclito al «Carpe diem» di Orazio, ma nella nostra indagine focalizziamo l’attenzione solo su Leopardi e Montale. Leopardi nella pessimistica concezione della vita come esperienza di dolore e sofferenza, ritiene che l’unica ancora di salvezza sia il ricordo, che può dare un senso all’esistenza. In questa antitesi tra passato e presente, il passato costituisce l’età delle speranze, delle aspettative e dei sogni; il presente, al contrario, costituisce l’età della delusione, del disincanto e della sofferenza dell’uomo alla continua ricerca di felicità. Perciò il ricordo svolge il

fondamentale ruolo di rievocare alla memoria dell’adulto, ormai privo di speranze, il periodo gioioso della giovinezza, “l’età fiorita, la stagione lieta”, come risulta evidente da Il sabato del villaggio. Una diversa concezione del ricordo è invece in Eugenio Montale. A partire dalla prima raccolta poetica, Ossi di seppia, fino agli scritti in prosa e a Satura, rappresenta la crisi dell’uomo moderno, che vive un’esistenza assurda, senza certezze e punti fermi, in balia del caso, incapace di comunicare con gli altri, affetto dal “male di vivere”. Il relativismo filosofico dominante influisce molto su Montale, tanto che nulla è oggettivo: la storia cessa di essere un’ordinata successione di eventi, non è più “magistra vitae”, è estranea all’individuo. Il tempo diviene quindi un fluire caotico, inesorabile, che cancella e travolge tutto, come rappresentato dall’emblema della “forbice” nella poesia Non recidere, forbice, quel volto. Di conseguenza la memoria è completamente inutile.

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1. Virginia Woolf, Al faro, edizione Mondadori 2018. 2. James Joyce, Ulisse, II edizione , Mondadori 2018. 3. Eugenio Montale, Ossi di seppia, II edizione, Mondadori 2016. 4. Gustave Flaubert, Madame Bovary, III edizione, Mondadori 2001. 5. Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, VI edizione, Mondadori 2016. 6. G. G. Marquez, Cent’anni di solitudine, edizione Mondadori 2017.

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Di seguito vengono analizzate quattro diverse angolazioni, con cui percepire il tempo in un testo letterario. -Il tempo in un’opera può essere semplicemente il tempo in cui è collocata la vicenda narrata. Ad esempio, la storia di Madame Bovary di Gustave Flaubert si svolge nell’Ottocento, quella di Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi nel primo Novecento, e via di seguito. Si tratta dunque di risalire al contesto storico. Nella stesura di un romanzo, salvo eccezioni, dobbiamo collocare la storia in un’ambientazione specifica, delineata dalle coordinate di luogo e tempo. Tutto ciò che concepiamo nel nostro mondo fenomenico, possiamo farlo solo dentro le categorie dello spazio e del tempo. -Il tempo può anche essere affrontato come tema dominante, attribuendogli, quindi, un’importanza tale da rappresentare un vero e proprio personaggio. Tutta la vicenda si muove in questo caso attorno al sistema temporale come portatore di messaggi particolari, simbolici. È il caso della serie di romanzi della Recherche proustiana, che non a

caso è ricerca di un “tempo perduto”. È interessante, anche, la rappresentazione del tempo nei sonetti di Shakespeare, dove il tempo viene descritto come un nemico sia dei personaggi che del lettore. È infatti raffigurato come una specie di mostro, che “divora” chi gli sta attorno e che porta via la loro vita ed energia attraverso il passare degli anni. Il tempo diviene sovrano e l’uomo vittima inerme della sua fugacità. -Il tempo è, ovviamente, anche sistema verbale. I tempi verbali sono molto importanti, perché danno alla vicenda raccontata un sapore diverso a seconda del loro utilizzo. Una stessa storia raccontata al passato, al presente o all’imperfetto dà un’impressione diversa, di lontananza temporale, di simultaneità o contemporaneità. Il sistema verbale si innesca sul sistema narratologico, dispiegando numerose varianti. Un monologo interiore non avrebbe senso se raccontato al passato, così come una narrazione se raccontata al presente. Il sentiero dei nidi di ragno di Calvino è raccontato al presente. Il presente storico suscita nel lettore, oltre che un senso di simul-


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taneità, anche la capacità di cogliere la freschezza di una narrazione, fatta quasi esclusivamente dal punto di vista di un bambino, Pin. I Promessi sposi di Manzoni, invece, è scritto al passato, perché il narratore onnisciente in maniera esplicita si fa carico di una narrazione di cui controlla tutto l’andamento. -Un altro problema fondamentale sollevato dal tempo è il rapporto tra il tempo della storia e il tempo della narrazione. In un racconto esistono, infatti, due tempi: il tempo della storia, cioè la successione storica, cronologica dei fatti da raccontare, e il tempo della narrazione, il racconto effettivo dei fatti, con i suoi flash-back e le sue anticipazioni. Tra i due tempi spesso non esiste corrispondenza. Se chiamiamo Ts il tempo della storia e Tn il tempo

7. Antiporta dei Promessi Sposi nell’edizione del 1840 a cura dell’incisore piemontese Francesco Gonin (1808-1889), primo illustratore del romanzo.

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della narrazione possiamo classificare i testi secondo il rapporto tra i due termini. Il piccione di P. Suskind narra in un centinaio di pagine una sola giornata del suo protagonista. Quindi la narrazione è quasi esclusivamente descrittiva e il tempo della storia è più breve del tempo della narrazione (Ts < Tn). La velocità, data dal rapporto tra i due tempi, è minore di zero. La saga familiare di Garcia Marquez in Cent’anni di solitudine, invece, narra in circa 400 pagine la vita di numerose generazioni. In questo caso, la velocità ha un valore opposto rispetto al caso precedente (Ts > Tn) e il rapporto tra i due tempi è maggiore di zero. Solitamente, comunque, la velocità narrativa segue numerose oscillazioni in un testo, per adeguarsi ai vari momenti narrativi.


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1.2. La rappresentazione del tempo nella storia dell’arte Il senso del tempo va oltre la percezione. Basti pensare a Bianconiglio, il personaggio di Alice nel Paese delle Meraviglie, il cui tempo era scandito dall’orologio che tirava continuamente fuori dal taschino mormorando: “E’ tardi, è tardi!”. Come vedremo nelle pagine seguenti, la questione del tempo non è solo trattata sotto l’aspetto scientifico e associata ad una misurazione modulare, ma è collegata a concezioni e ideologie dal significato più esteso del termine stesso, tempo. Da sempre il tema del tempo appassiona intellettuali e non, e l’arte spesso si confronta con la dimensione del tempo, trattando l’argomento in vari modi. Una rappresentazione artistica, che ritrae un soggetto in uno spazio, contestualizzandolo in un’ambientazione reale o surreale, implicitamente tratta la questione del tempo, in particolar modo la questione spazio-temporale. Una figura, nelle arti figurative, viene rappresentata immobile in un tempo preciso, in stasi o in movimento. Ovviamente i mezzi legati alla rappresentazione del moto sono molteplici, pittura e

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scultura sono esse stesse metodi statici capaci di rendere solo l’idea di movimento. Per questo, quando parliamo di rappresentazione statica o dinamica inseriamo le opere in due categorie, non precisamente delineate, dove spesso i confini dell’una sfociano nell’altra. La scelta artistica di rappresentare il soggetto in modo statico o dinamico è determinata da più fattori, innanzitutto dalla funzione, dal messaggio che deve trasmettere, e quindi dalla

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tecnica, dallo stile dell’artista e dal periodo storico. Ci sono correnti artistiche maggiormente incentrate sul concetto del tempo: l’impressionismo e il cubismo danno al tempo un valore tale da renderlo soggetto protagonista. La relatività della percezione temporale è sicuramente ben evidenziata nell’opera Persistenza della Memoria del surrealista Salvador Dalì. La rappresentazione del tempo, comunque, in forma statica, o dina-

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mica è antica quanto l’arte stessa. Nell’arte preistorica basti pensare alle statue celebrative della fertilità delle Veneri paleolitiche, raffiguranti figure femminili con gli attributi sessuali pronunciati e tratti realistici, rappresentate nella loro staticità, come superiori al tempo terrestre; mentre, pitture e incisioni dell’arte rupestre equivalgono alle prime rappresentazioni del movimento, uomini e animali che si fondono in moto centrifugo nell’arte della caccia. Nella scultura greca del periodo arcaico il tempo è bloccato come possiamo osservare nelle sculture dei Kouros, figure maschili dove la raffigurazione è intenzionalmente rigida, priva di movimento, o ancor più nell’Hera di Samo, dove la figura stilizzata è tanto statica da essere assimilabile ad una colonna. Nell’Età Classica, la compresenza di rappresentazioni figurative statiche e dinamiche rispondono a criteri funzionali ed espressivi. Il Doriforo di Policleto, espressione di equilibrio ed armonia nella ponderazione della posa, simboleggia con la misura dell’uomo il tempo della misura, mentre nel Discobolo di Mirone, la figura idea-

8. Kouros, V sec. a.C. 9. Policleto, il Doriforo, V sec. a.C., copia in marmo del 440 circa a.C., Museo Nazionale di Napoli. 10. Mirone, Discobolo, V sec. a.C., copia realizzata da Lancellotti in epoca romana, calco in gesso, Museo nazionale romano di Palazzo Massimo, Roma.

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lizzata e dinamica dell’atleta è colto nell’atto del lancio del disco, in un tempo presente. Nella arte ellenistica il gruppo scultoreo del Laocoonte e i suoi figli di Aghesandro, Atanadoro di Rodi e Polidoro, raffigura il famoso episodio descritto nell’Eneide da Virgilio, in cui il sacerdote troiano e i suoi figli vengono assaliti da serpenti marini. Nella narrazione drammatica si dimenano con forza i personaggi nel vano tentativo di svincolarsi dalla presa mortale. Nel movimento convulso delle figure, la tensione dei muscoli e l’espressione sgomenta del padre arrivano facilmente a commuovere lo spettatore. La gestualità esasperata, un po’ teatrale di Laocoonte contrasta con la reazione più composta dei figli: è comunque tempo di dolore! Come la scultura greca, anche quella romana è ricca di opere solenni e celebrative, dove i personaggi raffigurati in un immobilismo temporale appaiono idealizzati e maestosi. L’Augusto di Prima Porta, appartenente all’età augustea, ritrae l’imperatore in piedi, con il braccio destro alzato e il gesto di attirare l’attenzione: si tratta della

posa con cui si richiedeva il silenzio prima dell’adlocutio. In questa scultura la staticità amplia il senso monumentale, conferendogli maggior maestosità. Questa tipologia di rappresentazione si contrappone al dinamismo dei bassorilievi della Colonna Traiana dove prevale il senso narrativo. Il tempo, in questo caso, non è scandito in sequenze distinte e separate, ma tutta la vicenda bellica della conquista della Dacia viene rappresentata in un continuum narrativo con scene che confluiscono e si intersecano una nell’altra, come in un nastro filmico. Nell’arte bizantina la staticità delle raffigurazioni è consueta. Nei mosaici della Basilica di San Vitale, in particolare nella zona presbiteriale, rappresentanti del potere politco-religioso bizantino vengono rappresentati con una certa rigidità in un tempo senza tempo, aspetti comuni visti già negli affreschi paleocristiani, presenti nelle catacombe, dove oltre alla stasi riscontriamo una certa ieraticità delle figure. Stesse caratteristiche sono presenti anche nelle icone bizantine raffiguranti la Madonna col Bambino.

11. Aghesandro - Polidoro - Atanadoro, Morte di Laocoonte e i due figli, copia in marmo, I sec. a.C., Musei Vaticani, Roma.

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Prevalentemente dinamica è, invece, l’arte gotica, soprattutto per quanto concerne l’architettura. Il movimento è espresso nell’intento di elevarsi verso l’alto. Come mani rivolte verso il cielo, in questo periodo le cattedrali raggiungono altezze vertiginose. Dinamicità visibile anche in scultura, come dimostrano i rilievi del pergamo del Duomo di Pisa di Giovanni Pisano. Qui la plasticità delle figure viene esaltata dal moto e dalla luce, fondamentali in una composizione animata che non lascia tregua, pause e chiaramente esprime “orror vacui”. Nell’opera di Donatello, il Miracolo dell’asina, bassorilievo in bronzo dell’altare della basilica del Santo a Padova, in particolare della serie dei quattro Miracoli di Sant’Antonio, il dinamismo delle figure straripa dallo spazio, prospetticamente reso con la tecnica dello stiacciato. Le figure rappresentate non sono che atomi in una massa in movimento, il tempo è un moto senza fine, ogni evento un istante di esso. Tutto è assorbito dal moto più vasto della luce. Nel Rinascimento le coordinate spazio-temporali della rappresen-

tazione figurativa vengono meglio definite grazie all’introduzione della prospettiva. Dal tempo invariabile, che riscontriamo nell’opera Madonna con bambino e santi, detta Pala di Brera, di Piero della Francesca, dove la staticità e la rigidità delle persone rappresentate determinano un tempo immobile, si passa al dinamismo e al movimento esasperato di Ercole e Anteo di Antonio del Pollaiolo, soggetto realizzato sia pittoricamente che in forma plastica dall’artista. Nell’opera di Leonardo da Vinci la centralità dell’uomo viene espressa anche dalla concezione del tempo, che non è uno scorrere esterno e oggettivo, ma è riferito al soggetto che lo percepisce. L’artista associa il tempo allo scorrere dell’acqua di un fiume: «L’acqua che tocchi de’ fiumi è l’ultima di quelle che andò e la prima di quella che viene. Così il tempo presente». Staticità e movimento li ritroviamo, naturalmente, anche nelle opere di Michelangelo, di Raffaello e di Tiziano. Nelle stesse opere michelangiolesche si passa dalla stasi della Pietà di San Pietro, del David e del

12. Michelangelo Buonarroti, La Creazione di Adamo, particolare, 1511, affreschi della volta della Cappella Sistina, Roma. 13. Tiziano Vecellio, L’Assunta, particolare, dipinto olio su tavola, 1516-1518, Basilica Santa Maria Gloriosa dei Frari, Venezia.

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14. Michelangelo Buonarroti, David, marmo, 1501-1504, Galleria dell’Accademia, Firenze. 15. G. L. Bernini, David, marmo, 1623-1624, Galleria Borghese, Roma. 16. Donatello, David, bronzo, 1440, Museo del Bergello Firenze. 17. Caravaggio, Davide con la testa di Golia, olio su tela, 1609-1610, Galleria Borghese, Roma.

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Mosè al dinamismo degli affreschi del Giudizio Universale nella Cappella Sistina a Roma. Nell’Assunta di Tiziano, nella chiesa dei Frari a Venezia, il dinamismo orizzontale degli apostoli in primo piano interseca il dinamismo ascensionale della Vergine in una situazione in divenire. Nelle opere di Caravaggio la dimensione temporale viene indicata in modo veramente originale ed espressiva. Dal tempo bloccato nella pausa rappresentata nel Riposo nella fuga in Egitto, dove anche la natura condivide il sonno della Vergine col Bambino, al dinamismo rappresentato nella Vocazione di san Matteo e nel Martirio di san Matteo, dipinti collocati nella chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma. Nell’arte barocca il dinamismo è una costante che riscontriamo in tutte le opere. Nelle sculture di Gian Lorenzo Bernini il tempo rappresentato congela l’azione che si svolge sotto i nostri occhi e ci fa prefigurare l’esito. Nei tuttotondo del David, in Apollo e Dafne e nel Ratto di Proserpina il movimento è reso con tale perizia tecnica da farci sentire partecipi dell’azione.

È interessante notare come lo stesso soggetto venga rappresentato dagli artisti in situazioni temporali diverse, esprimendo così valori e significati in base alla personalità degli autori, la sensibilità dei committenti e il contesto culturale in cui vengono prodotte le opere. E’ il caso del già citato David rappresentato da Michelangelo nel momento che precede l’azione, studia il nemico ed esprime la superiorità della ragione sulla forza fisica. Nell’interpretazione di G. L. Bernini l’azione si sta svolgendo, viene raffigurato il momento preciso in cui, accumulata l’energia necessaria, David scaglia la pietra contro il gigante Golia. Qui l’artista interpreta in senso più laico il tema biblico coinvolgendo l’osservatore nella scena. Nell’opera di Donatello il fatto è ormai compiuto: David, raffigurato come un ragazzo, poggia il piede sulla testa mozzata di Golia e vittorioso si erge coronato di alloro. La figura del giovane eroe oltre a rimandare ai canoni classici simboleggia l’umiltà e il coraggio che sconfiggono la forza brutale della superbia. Simile nella scelta temporale dell’evento


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18. Eadweard Muybdge, The Horse in Motion, serie di fotografie, 1878, Museum of Modern Art, New York. 19. Paul Cézanne, La montagna Sainte-Victoire, olio su tela, 1904-1906, Kunsthaus, Zurigo.

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biblico è l’interpretazione realizzata da Caravaggio, dove David è ancor più ragazzino e la testa del Golia, mostrata come trofeo, raffigura l’autoritratto dello stesso artista, prefigurazione temuta di quanto potrebbe succedergli. Nell’arte rococò, in particolare nelle opere di Giambattista Tiepolo, il dinamismo delle figure, l’artificio compositivo e l’illusione prospettica sono caratteristiche assidue. Ne La morte di Marat di David, opera neoclassica, è intrinseca la sensazione di un tempo fisso, che invita alla meditazione. Diversamente, nel romanticismo il movimento convulso delle figure è ben evidente ed esprime la drammaticità del momento inscenato, eloquente nella Libertà che guida il popolo di E. Delacroix e nella Zattera della Medusa di T. Géricault. Il tempo viene ampliamente trattato nelle correnti avanguardistiche, divenendo protagonista dell’opera. Bloccare “l’attimo fuggente” è chiaramente l’intento degli esperimenti cronofotografici di Eadweard Muybridge con le prime esperienze di fotografia del movimento. L’arti-

sta realizza serie di fotografie che messe in sequenza avrebbero dato l’idea di un continuum temporale e spaziale. Il cavallo in movimento è uno delle serie più significative. Lo stesso intento lo ritroviamo nelle opere en plein air impressioniste, cioè, catturare il momento, fermare l’istante temporale di una determinata situazione atmosferica. La luce modifica la percezione visiva delle cose. Una nuvola o i raggi del sole filtrati dalla chioma di un albero rendono ogni istante unico e irripetibile, è molto significativa, a questo riguardo, l’opera Moulin de la Galette di Pierre Auguste Renoir. Tra gli artisti impressionisti facciamo riferimento a Claude Monet, pittore parigino protagonista del movimento, che nella sua carriera artistica ha trattato in modi diversi la concezione di tempo, rifacendosi al dualismo che poi esprimerà Bergson, con la distinzione tra tempo personale e tempo della scienza. Monet decide di dipingere una serie di opere sulla cattedrale di Rouen in diversi attimi della giornata, in modo da far trasparire i cambiamenti che il tempo produce sugli elementi del


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paesaggio. Mette in evidenza le conseguenze del passare del tempo attraverso le variazioni luminose visibili sulla stessa cattedrale, opere definite anche Armonie o Effetti. Il tempo qui è visto come una sommatoria di momenti, è un tempo misurabile e oggettivo. Verso la fine della sua vita Monet cambia il suo modo di dipingere, spingendosi più verso l’astrattismo e allontanandosi dalla tecnica impressionista. Dipinge degli enormi pannelli in cui muta il suo modo di intendere il tempo. Il tempo è relativo ad ognuno di noi, è personale, ogni persona lo rielabora a modo proprio e lo legge in base alle proprie esperienze ed emozioni. Monet con i pannelli cattura l’eterno dal transitorio, non più un attimo definito e frammentato, ma una realtà sedimentata nella coscienza. Tra i primi artisti post-impressionisti, Paul Cézanne approfondisce lo studio del modo di intendere l’arte, cercando di distaccarsi dall’impressionismo che privilegiava l’attimo, quindi una percezione visiva istantanea, la «petite sensation». Cézanne porta alla superficie l’essenza della natura, cercando di deconcettua-

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20. Pablo Picasso, Ritratto di Ambroise Vollard, olio su tela, 1909-1910, Museo Puškin, Mosca.

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lizzare il mondo. Influenzato dalla scienza e dalle teorie probabilistiche, passa così da una visione della scienza come «episteme» (certezza) a scienza come «doxa» (opinione). L’artista cerca di rappresentare quindi la realtà come se un cieco incominciasse a vedere all’improvviso: ciò che vedrebbe non sarebbe altro che un insieme di forme colorate (costruttivismo formale), cercando di togliere complessità al dipinto, semplificandolo sempre di più (sintetismo). La serie delle Montagne di Saint Victoire è l’esempio più lampante del tentativo di Cézanne di voler rappresentare l’essenza della realtà, inserendo la quarta dimensione, quella temporale. Lo spazio composto sembra voler evadere nell’atmosfera. La quarta dimensione trattata nel periodo cubista è un’evoluzione della deconcettualizzazione di Cézanne. L’artista cerca, in questo caso, di rappresentare la realtà sotto diversi aspetti da diversi punti di vista simultaneamente, scomponendo gli oggetti e abbattendo i canoni spaziali. Il tempo assume qui un’importanza notevole.

Pablo Picasso, il più importante esponente del Cubismo, viene notevolmente influenzato dalle nuove teorie scientifiche sul tempo. La teoria della relatività di Einstein lo porterà ad una nuova concezione spazio-temporale. Il ritratto più significativo sotto questo aspetto è il Ritratto di Ambroise Vollard, opera del periodo cubista, denominato Cubismo Analitico. Lo spazio è frammentato quasi come se fosse uno specchio rotto in mille pezzi, la realtà sembra trasparente, ciò che è dietro può essere visto, ma non c’è un preciso rapporto spaziale tra gli oggetti. Questo modo di dipingere è più razionale e pensato rispetto alla maniera impressionista, qui si cerca di capire la realtà, non di imitarla. L’arte metafisica, un movimento di radici italiane, è caratterizzato dalla creazione di una realtà diversa, misteriosa e ansiogena, e vede come protagonista principale Giorgio De Chirico. L’enigma dell’ora è una delle sue opere più esemplificative del suo modo di intendere l’arte: rappresenta una piazza vuota delimitata da edifici urbani, in cui la prospettiva in alcuni tratti è volutamente errata.


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Elemento, che insieme alla vuotezza del luogo e al suo silenzio, ci trasmette una sensazione di ansia, di stasi, come se tutto si fosse fermato e il tempo non scorresse più. La fugacità del tempo viene espressa in tutta la sua evidenza nell’opera di G. Klimt: Le tre età della donna. La condizione femminile dall’infanzia, all’età adulta e alla vecchiaia è qui resa con realismo e simbolicamente esprime il pensiero della morte che incombe. Come accennato inizialmente, l’opera di Salvador Dalì, è un punto di riferimento nella questione della rappresentazione del tempo. Uno dei più eccentrici artisti di tutti i tempi, noto per la sua stravaganza e il suo modo del tutto particolare di comportarsi e di dipingere, importante artista surrealista. Un movimento che interpreta la surrealtà, un mondo a metà tra sogno e realtà vissuta, che fa della psicanalisi e lo studio della psiche il suo punto cardine. Simboli spesso ricorrenti nelle opere di Dalì sono gli orologi molli. L’artista fa uso di un metodo ideato da lui, il metodo paranoico-critico, dove la ragione aveva il compito di

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razionalizzare e controllare le paranoie che perseguitano l’artista. La parte critica del metodo veniva spesso identificata con il rigido, il duro, mentre la paranoia con il molle. In tal senso gli orologi molli rappresentano lo scorrere del tempo, che può addirittura mettere ansia o paranoia, un tempo deformato insieme allo spazio che gli orologi non sono più in grado di misurarlo. L’opera più rappresentativa di questa concezione è la Persistenza della memoria. Nel futurismo tutto è movimento, tutto è dinamismo, dalla micro alla macro realtà, tutto è in moto. Viene esaltata la velocità dell’azione dell’uomo come del movimento

cosmico. A questo riguardo, le opere di Boccioni, Balla e Severini sono molto significative. Nella ricerca visiva contemporanea l’arte cinetica è indirizzata soprattutto a cogliere i meccanismi che generano la percezione del movimento attraverso sequenze di immagini, linee, forme e colori. La parola “cinetica” deriva dal termine greco «kinesis» che vuol dire movimento, per questo l’arte cinetica è arte in movimento. Si sfruttano le leggi dei colori, dei contrasti, delle scale tonali, delle forme e dello spazio creando un “quadro” il cui significato va aldilà di ciò che si vede al primo impatto.

21. Salvador Dalì, La persistenza della memoria, olio su tela, 1931, Museum of Modern Art, New York. 22. Giacomo Balla, Dinamismo di un cane al guinzaglio, olio su tela, 1912, Albright-Knox Art Gallery di Buffalo. 23. Giorgio De Chirico, L’enigma dell’ora, olio su tela, 1911, collezione privata.

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1.3. Dal tempo ciclico e lineare al tempo qualitativo di Bergson Il concetto di tempo, oltre a fornire un modello interpretativo dei fenomeni studiati dalla fisica e dalla scienza, si carica di significati spirituali, religiosi e psicologici, a seconda del contesto storico e culturale. I sacerdoti delle civiltà antiche si basavano sull’esame delle viscere animali, sul volo degli uccelli o sulla posizione dei pianeti in un dato momento per ricavare informazioni sul tempo (l’oroscopo significa propriamente “guardare nell’ora”). Un’eredità di questi significati si può ritrovare nell’odierna denominazione dei giorni della settimana, associati in base alla specifica qualità temporale e a un diverso pianeta: il principio della Luna, espressione del lato materno e inconscio della realtà, è legato al lunedì, quello di Marte col suo spirito guerriero al martedì, e via dicendo. Nelle civiltà che si sono succedute possiamo individuare due diverse concezioni del tempo: quella circolare e quella lineare. Quella circolare è stata appannaggio delle società antiche e in genere delle società tradizionali, mentre quella lineare delle società moderne e in partico-

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lare di quella occidentale. Nella concezione ciclica il tempo viene rappresentato da una ruota. Tutti gli avvenimenti si ripetono in un incessante circolo. In alcuni varianti tutto si ripete pedissequamente, cioè con esatta riproduzione degli stessi eventi e delle stesse persone e cose in ogni ciclo, in altre i grandi cicli di nascita, crescita e morte si ripetono in maniera sempre diversa. Nella concezione ciclica è bene mettere in evidenza la contemporanea presenza di cicli di diversa lunghezza. In una fase del ciclo più grande può essere contenuto un ciclo più breve, e quest’ultimo può a sua volta contenere al suo interno un ciclo ancor più breve. Inoltre i vari cicli di diversa lunghezza si possono sovrapporre, rendendo inintelligibile il tutto. La concezione lineare è rappresentata da una freccia, che inesorabilmente corre verso il futuro. È tipica della religione ebraica e del cristianesimo. Dio crea il mondo e questo inevitabilmente va verso l’apocalisse. C’è un inizio ed esiste una fine verso cui si corre ed a


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cui bisogna giungere preparati. Il concetto occidentale di progresso nasce proprio da questa idea. Un concetto laico, nato dall’idea prettamente religiosa, è che la storia umana abbia un senso e una meta da raggiungere, rivelata nel caso del cristianesimo nell’Apocalisse che chiude il Nuovo Testamento con una promessa che si attuerà nel futuro. Anche nell’idea lineare sono presenti i cicli. Il tempo religioso è un tempo eminentemente ciclico, è il tempo del rito, che si ripete uguale a se stesso infinite volte. La nascita, la predicazione, la morte e la resurrezione di Gesù si ripetono ogni anno per i cristiani. Anche a livello profano assistiamo al ripetersi di cicli. Banalmente le varie mode che ritornano. Cicli che si ripetono. Nella vita quotidiana sperimentiamo le due idee di tempo. La nostra vita ha un inizio ed una fine, ed è vincolata dalla freccia del tempo che corre inesorabile verso la morte e quindi prevale l’aspetto lineare. Viviamo anche dei cicli: siamo prima bambini, poi cresciamo, poi a nostra volta procreiamo, invecchiamo e moriamo. E questo è accaduto ai nostri

genitori e si ripeterà per i nostri figli. Il tempo religioso, le mode ed i nostri ritmi biologici sono dei cicli che si ripetono. La concezione ciclica della vita combinandosi con quella lineare, retta e progressiva della storia può dare luogo a una spirale. Quindi, il tempo può essere concepito secondo tre modelli: ciclico, lineare e a spirale. A fine Ottocento, invece, viene preso in considerazione un altro modo di percepire il tempo, diverso dalla misurazione modulare. Nel Saggio sui dati immediati della coscienza1 Henry Bergson nel 1899 affronta temi complessi come il concetto di spazio, tempo, libertà e coscienza. Il filosofo francese mette a confronto la «concezione spazializzata del tempo con la durata reale». Partendo da sant’Agostino2 , secondo cui il tempo è una dimensione della coscienza, Bergson propone due immagini: il «tempo spazializzato», composto da una linea di «istanti» misurabili sul quadrante dell’orologio, e la «durata reale», percepibile solo dalla nostra co-

1 Henry Bergson, Saggio sui dati immediati della coscienza, Milano, ed. Cortina Raffaello, 2002. 2 Aurelio Agostino, Le confessioni, Edizioni San Paolo, 2001.

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scienza. Bergson individua, quindi, due forme di molteplicità: una molteplicità numerica determinata da una successione di elementi quantitativi e da una misurazione matematica, e una molteplicità qualitativa, associata ad un determinato valore. La molteplicità numerica fa riferimento al tempo e allo spazio delle scienze positive e deriva dal procedimento analitico operato dall’intelligenza; la molteplicità qualitativa fa riferimento al tempo del vissuto e deriva dal procedimento di sintesi della coscienza. Il tempo qualitativo non può essere ridotto al tempo spazializzato degli orologi. Il tempo reale è, invece, il tempo della nostra coscienza, è il tempo che coincide con la vita dello spirito. Per meglio comprendere la differenza tra i due tipi di tempo, Bergson propone l’immagine della corona e del gomitolo. La corona, “composta da grani gli uni eguali agli altri e gli uni esterni agli altri, ben rappresenta la reversibilità con la sua forma circolare” del tempo spazializzato. Il gomitolo di lana, invece, rappresenta la durata come tempo continuo, fatto di istanti unici e irripetibili. Ogni

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punto del filo è diverso dagli altri e ha un ruolo insostituibile. Mentre la corona si può far scorrere all’infinito, restando sempre identica a se stessa, il gomitolo, se disfatto, non può essere rifatto eguale. Il filosofo non nega che il tempo spazializzato della scienza abbia una sua utilità, ma esso non rappresenta la realtà profonda del tempo che è la durata. A proposito parla chiaramente di due diverse forme di durata. La durata omogenea, riferita alla molteplicità numerica, che assume un carattere di omogeneità e di “simbolo estensivo della vera durata”, è intesa come il ripetersi nel tempo di un elemento identico e viene percepita da un “io di superficie”. La seconda valutazione di durata riguarda una molteplicità qualitativa. È la durata pura percepita dalla coscienza e dall’intuizione e dunque dall’ “io fondamentale”. Con la formulazione di queste due differenti forme di durata e dunque con la definizione di un io-interiore e di un io-esteriore, Bergson tenta di coniugare il momento quantitativo della successione degli eventi con


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quello qualitativo del tempo. L’individuo vive il tempo secondo un criterio qualitativo; alcuni momenti sono per la coscienza che li vive fulminei, altri eterni. La scienza, invece, considera solo l’aspetto quantitativo, fatto di momenti distinti ma uguali tra loro, tratta il tempo come fosse uno spazio. Il tempo, in quanto calcolabile e misurabile matematicamente, diventa quantificabile secondo una precisa unità di misura. Il tempo reale della vita dell’uomo è «uno scorrere che non si può fissare in forme esteriori», è un flusso in continuo movimento. È compito della metafisica, basata sull’intuizione, cogliere la durata, il divenire della realtà e della coscienza stessa. Inoltre è nella durata reale che opera la “spontaneità” dell’individuo e la ricerca della libertà insita nell’uomo.

Rappresentazione grafica dei ricordi accumulati nella memoria secondo H. Bergson.

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1.4. L’importanza del passato Il tempo e la storia, il tempo nella storia, il tempo per la storia…, due termini spesso usati come sinonimi e sempre in reciproca correlazione, uno in funzione dell’altro. Per lo storico Marc Bloch «il tempo è la sostanza stessa della storia (…) e la storia è la scienza degli uomini nel tempo» 3. Con il suo trascorrere il tempo diventa storia mentre la storia non è altro che un susseguirsi di eventi piccoli o grandi, di lunga o breve durata, che scorrono e si accavallano lungo la linea del tempo. Il tempo della storia è un tempo passato che si riflette nel presente, condizionando il futuro. Secondo alcune impostazioni culturali, come la giudaico-cristiana, si tratta di un tempo storico lineare, che scorre proiettandosi unilateralmente in avanti; altre culture hanno, invece, una visione ciclica del tempo e della storia, caratterizzata non dalla linearità, ma dalla ripetizione degli eventi. Nel corso dei secoli il lavoro dello storico e l’approccio metodologico cambiano, si evolvono. Fino agli inizi del XX secolo la

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ricostruzione degli eventi storici era legata a una prospettiva sostanzialmente biografico-politico-militare, per cui il mestiere dello storico si concentrava sugli avvenimenti politici di grande portata, sui personaggi di rilievo, sulle vicende belliche, il tutto analizzato da una angolatura temporale sostanzialmente ristretta. Scarso o nullo risultava il dialogo tra la storiografia e le altre scienze umane, come la geografia, l’economia, le discipline sociali e statistiche. Marc Bloch e Lucien Febvre Nel 1929 usciva a Strasburgo il primo numero della rivista Annales d’histoire économique et sociale4 , destinata a dare vita a un movimento che avrebbe destabilizzato dalle fondamenta il metodo storiografico tradizionale. Obiettivo dichiarato dei fondatori – gli storici francesi Marc Bloch e Lucien Febvre – era quello di fornire una prospettiva del tutto nuova alla metodologia della ricerca storica, a partire dalla stessa definizione di “storia”.


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Secondo gli autori la storia non doveva infatti esaurirsi nell’elencazione di battaglie e conquiste o nelle gesta di sovrani, principi e pontefici, ma dotarsi invece di un respiro più ampio, capace di contestualizzare individui ed eventi attraverso l’apertura e la contaminazione tra le scienze umane. Interdisciplinarità, dunque, quale condizione ineludibile per la comprensione della storia, alla quale andava accompagnata un’apertura a ventaglio sull’oggetto dell’indagine storica. Non più soltanto una storia politica, ma anche e soprattutto una storia sociale, capace di dilatare l’attenzione dall’individuo all’Uomo, dal clamore di superficie al rumore di fondo, dalle gesta dell’attore al palcoscenico su cui è chiamato a muoversi. Una nuova storia da costruire attraverso la ricerca e l’interpretazione delle fonti più disparate (documenti amministrativi, trattati teologi, canzoni popolari, referti medici, atti giuridici), sepolte da secoli e apparentemente inanimate, ma suscettibili di essere riportate a nuova vita sotto il microscopio dello storico. Altra grande novità, avanzata dal-

la storiografia degli Annales, era costituita dal rapporto dell’uomo con il tempo. La storia non doveva essere considerata soltanto come “passato” ma, al contrario, i suoi confini andavano dilatati fino a comprendere il presente, al fine di instaurare tra le due dimensioni temporali un fitto scambio dialettico. Alla domanda “A che serve la storia?” Marc Bloch risponde sostenendo che la storiografia analizza il passato in funzione del presente e viceversa. Lo storico non è solamente uno studioso dedito a ricerche del passato che non hanno alcuna utilità nella società contemporanea, ma il recupero della “memoria collettiva” diventa per Bloch un punto di riflessione importante per ogni società, che grazie ad una migliore conoscenza del passato potrà meglio risolvere i problemi del presente. La storia “ha incessantemente bisogno di unire lo studio dei morti a quello dei viventi, comprendere il presente mediante il passato e comprendere il passato mediante il presente” 5. Tale nuova concezione del tempo della storia offriva così l’immagine

3 Marc Bloch, Apologia della storia o Mestiere di storico, Ed. it. Einaudi, Torino, 1950. 4 Annales d’histoire économique et sociale, rivista fondata nel 1929 da M. Bloch e L. Febvre, n. 1. 5 Marc Bloch, Apologia della storia, op. cit..

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di una storia vitale, una storia chiamata a svolgere un ruolo da protagonista nella contemporaneità, una storia davvero “maestra di vita”. Nel rivolgersi alle nuove generazioni di storici, Febvre così riassumeva le linee di fondo di questa nuova storia: «Per fare storia volgete risolutamente la schiena al passato e, innanzitutto, vivete. Mescolatevi alla vita (…) in tutta la sua varietà. Storici, siate geografi. Siate anche giuristi. E sociologi. E psicologi. Non accontentatevi di osservare oziosamente dalla riva quel che avviene sul mare in tempesta. (…) Rimboccatevi le maniche e aiutate i marinai nella manovra È tutto? No. (…) Bisogna che la storia non vi appaia più come una necropoli addormentata, dove soltanto ombre passano, prive d’ogni sostanza. Bisogna che penetriate nel vecchio palazzo silenzioso, e spalancando le finestre, richiamando la luce e il rumore, risvegliate la gelida vita della principessa addormentata» 6.

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Braudel Nelle intenzioni dei fondatori della rivista Annales non c’era tanto un desiderio di rottura con la storiografia ottocentesca, quanto la volontà di allargare il campo, di inserire i grandi personaggi e i grandi eventi in un contesto interdisciplinare più ampio, connettendoli di conseguenza a un arco temporale assai più vasto. La seconda generazione, che nel secondo dopoguerra guidò la Scuola delle Annales, si spinse verso una radicalizzazione di tale impostazione. Secondo Fernand Braudel la capacità dell’individuo di incidere sul corso della storia era estremamente limitata. All’occhio di Braudel le guerre, le conquiste, la stessa vita dei grandi personaggi costituiscono solo avvenimenti fugaci, brevi istanti, increspature schiumeggianti sulla superficie del mare. Per comprendere la storia bisogna immergersi in quel mare e nuotare in profondità verso il fondo. Solo così, scavalcando l’individualità dei personaggi e dei singoli eventi, diventa possibile cogliere il tempo della storia o, me-


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glio, i tempi della storia. Perché secondo Braudel il ritmo del divenire storico non è dettato da un solo tempo ma, al contrario, il tempo della storia si scompone in tre sezioni fondamentali. C’è una storia di breve durata, l’histoire événementielle o histoire bataille, fatta di eventi, di oscillazioni brevi, rapide, nervose. C’è poi una storia intermedia e più profonda: è la storia dei cicli economici e politici, nei quali si consumano le lunghe parabole dei grandi imperi, la storia delle società, le trasformazioni delle istituzioni. Ancora più in profondità c’è infine una storia di lunga durata, silenziosa e quasi immobile. È la storia delle culture, delle mentalità collettive, degli andamenti demografici, dei cambiamenti climatici. Una storia dal lungo respiro, dove le trasformazioni avvengono attraverso i secoli e, talvolta, i millenni. Una storia fatta di persistenze, di andamenti e di tendenze, all’interno delle quali l’Uomo non costituisce più il fulcro della storia, ma solo una sua componente, che interagisce con altri elementi naturali di lunga durata. «Davanti a un uomo – osservava

Braudel – sono sempre tentato di vederlo chiuso in un destino ch’egli fabbrica a stento, in un paesaggio che disegna dietro e davanti a lui la prospettiva infinita della lunga durata» 7.

24 24. Dettaglio della foto di Fernand Braudel (1902-1985), storico francese. 6 Lucien Febvre, Problemi di metodo storico, Einaudi, Torino, 1976, p. 152. 7 Fernand Braudel, Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II, Torino, Einaudi, 1986, vol. II, p. 1337.

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1.5. La relatività del tempo

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25. Enzo Mari, calendario perpetuo da tavolo Timor, base in ABS e serie di fascette in PVC litografato, 1966, per Danese Milano. 8 Carl Friedrich Gauss, Disquisitiones Arithmeticae, Lipsia,1801.

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Aritmetica modulare

Il calendario perpetuo

Un importante ramo della matematica è l’aritmetica modulare, detta anche aritmetica dell’orologio poiché su tale principio si basa il calcolo delle ore a cicli. Questa trova ampia applicazione, in particolare, nella teoria dei numeri e nella ricerca dei numeri primi. L’aritmetica modulare opera su un insieme limitato di numeri, solitamente un sottoinsieme di N con esclusione dei negativi. Si dice anche aritmetica finita o circolare, in quanto una volta raggiunto l’ultimo numero si ricomincia dal primo. Le regole di calcolo si basano sul calcolo del resto: la somma algebrica e il prodotto vengono prima eseguite nell’aritmetica ordinaria, poi si calcola il resto della divisione tra il risultato e il modulo dell’aritmetica. L’aritmetica modulare e la notazione usuale delle congruenze sono state formalmente introdotte da Gauss nel suo trattato Disquisitiones Arithmeticae, pubblicato nel 1801 8.

Il calendario perpetuo è un metodo che permette di ricavare il giorno della settimana (lunedì, martedì, …) di una qualsiasi data del calendario grazie all’utilizzo degli algoritmi. Uno dei più diffusi è l’algoritmo creato da F. Berio: si sommano 5 termini, facendo uso dell’operazione di modulo per ridurre il risultato della somma ad un valore inferiore a 7. Tale operazione, indicata nelle moderne tecnologie dal simbolo “mod”, è analoga all’aritmetica dell’orologio. Un calendario perpetuo degno di nota è quello costruito nel 1741 per il re di Francia Luigi XV. Composto di quattro pannelli in bronzo dorato al mercurio, ha tasselli mobili in smalto bianco che recano date. Ai lati ci sono il sole e la luna dipinti in oro. Ogni pannello è diviso in verticale in tre parti, una per ogni mese del trimestre. Un calendario più moderno è invece Timor, progettato da Enzo Mari per Danese Milano, che grazie alle fascette apribili a ventaglio, consente di scegliere le palette che identificano mese, numero e giorno della settimana, fissate a un perno.


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Per le date successive al 15-10-1582, è possibile attuare il calendario perpetuo anche mediante l’applicazione di questa formula: x = N + (q)(N - 1) : 4 - (q)(N - 1) : 100 + (q)(N - 1) : 400 + t dove N è l’anno relativo alla data che interessa, (q) (N - 1) : 4 , (q)(N - 1) : 100 e (q)(N - 1) : 400 sono la parte intera dei quozienti delle tre divisioni di (N - 1) rispettivamente per 4, per 100 e per 400 e t rappresenta la data annuale del giorno considerato, ovvero il numero di giorni trascorsi dall’inizio dell’anno fino al giorno stesso compreso. Una volta calcolato x, occorrerà trovare il resto della divisione x:7 che ci darà il giorno della settimana secondo la tabella. Mentre, per le date anteriori al 4-10-1582, prima della riforma gregoriana, la formula da utilizzare è la seguente:

Resto di x : 7

Giorno della settimana

0 1 2 3 4 5 6

sabato domenica lunedì martedì mercoledì giovedì venerdì

x = N + (q) (N - 1) : 4 + t - 2 dove le lettere hanno lo stesso significato della formula precedente. Trovato poi il resto di x, si utilizza ancora la tabella riportata.

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Spazio-tempo

26. Albert Einstein, dettaglio della stampa fotografica alla gelatina d’argento, realizzata da Orren Jack Turner, 1947, Washington, USA.

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La necessità di misurare il tempo è un bisogno naturale dell’uomo. Da sempre si è impegnato nello sviluppo di strumenti di misurazione senza mai accontentarsi e grazie allo sviluppo delle conoscenze scientifiche ha elaborato metodi e apparecchi sempre più precisi, dalla meridiana al pendolo galileiano, dagli orologi al quarzo fino agli orologi atomici, con l’obiettivo di limitare al massimo gli errori di calcolo. All’idea di tempo è strettamente collegata quella di spazio, infatti, come dimostrano gli studi scientifici condotti finora, sarebbe più corretto parlare di “spazio-tempo” e non dei due fenomeni come entità separate. La stretta relazione che lega lo spazio al tempo è molto utile per la comunicazione e per il trasporto. Uno dei temi più ricorrenti nella riflessione dell’uomo è il “carpe diem”, e questo ci spiega molto chiaramente perché per noi sia così importante conoscere il tempo. Ogni singolo istante di tempo, da noi perso o guadagnato, può rivelarsi fondamentale ai fini della riuscita

di un’azione; soprattutto in questo frenetico momento storico, fare qualcosa in un momento piuttosto che in un altro cambia l’essenza stessa dell’azione compiuta. La combinazione di tempo e spazio è quindi fondamentale in tutto quello che facciamo e conoscere con esattezza tempo e spazio diventa quindi indispensabile in ogni ambito o circostanza. Il fatto che questi due fenomeni siano così fortemente connessi ha spinto l’uomo a calcolarli l’uno in relazione all’altro e viceversa. Questo infatti è lo scopo principale del sistema GPS: calcolare lo spazio tramite il tempo. Il metodo su cui si basa il GPS dipende enormemente dalla precisione degli orologi atomici utilizzati. Un errore di un milionesimo di secondo negli orologi atomici produce un’informazione sbagliata di circa trecento metri nello spazio, per questo è di fondamentale importanza il ruolo di precisione di tale sistema. Durante l’intervallo di tempo del moto degli atomi si può misurare con quale frequenza oscillano ed ottenere un sistema di misurazione del tempo che comporta un errore di appena


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un secondo in trecento milioni di anni. Uno degli orologi atomici più diffusi è quello a fontana atomica di cesio, che, attraverso il lancio di atomi di cesio, sfrutta il loro peculiare comportamento per avere lunghi intervalli di tempo. Per ottenere l’orario esatto, regionale, nazionale o internazionale, il risultato va però confrontato con quello di altri orologi atomici, in quanto, come dimostrato da Albert Einstein nella teoria della relatività, è presente una dilatazione temporale gravitazionale, cioè l’effetto per cui il tempo scorre a differenti velocità in regioni di diverso potenziale gravitazionale. Minore sarà la distanza dall’oggetto massivo, e quindi con maggiore potenziale gravitazionale, più lentamente scorrerà il tempo. Quindi il tempo è relativo. Grazie ad Einstein sappiamo infatti che il tempo cambia quando c’è movimento e pertanto nella sua misurazione dobbiamo necessariamente considerare anche questo fattore, dato che i satelliti sono situati a distanze diverse dalla Terra, quindi con gravità diverse. Senza queste accortezze sistemi

come il GPS avrebbero un errore di circa un kilometro al giorno. Grazie a questo minuzioso lavoro per una più precisa misurazione del tempo si comprende come sia possibile comunicare all’istante da una parte all’altra del mondo. Trasporto e comunicazione sono ormai settori che non possono far a meno di questi strumenti.

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PARTE II cc

Semantica, simboli e ritualità

Ogni oggetto ha per il gruppo sociale che lo usa funzioni e significati specifici, e intorno ad esso nascono e si intessono sempre nuovi riti dal forte potenziale relazionale. Nell’analisi di un qualsiasi artefatto, quindi, è necessario arricchire il tradizionale approccio tecnico-scientifico con conoscenze e metodologie proprie delle scienze umane e sociali1. Raffaella Trocchianesi parla chiaramente dell’importanza di un “design in-formato da una visione umanistica, (…) tema centrale sia per la formazione del designer sia per lo sviluppo della pratica progettuale”2. In questo approccio interdisciplinare riveste particolare interesse il rito, perché legato ad oggetti, luoghi e comportamenti. La simbologia e il rito diventano, quindi, elementi chiave per la costruzione dell’identità culturale e per un relativo approccio progettuale. Le discipline umanistiche contribuiscono non solo a cogliere il valore del potenziale narrativo degli oggetti per poter ipotizzare nuove risposte progettuali, ma anche a riconoscere i nuovi rituali della società contemporanea. La sociologia, l’antropologia e l’etnografia studiano i comportamenti umani e le relative caratteristiche. L’osservazione e l’analisi critica di tali discipline ben si coniugano con il lavoro del designer che contribuisce al processo di valorizzazione e di attivazione di nuovi artefatti. Attraverso lo studio degli aspetti simbolici e rituali dei segnatempo nella storia dell’umanità si può giungere a ipotizzare nuove risposte progettuali più consone alla società contemporanea. Analizziamo qui di seguito solo alcuni aspetti indicativi sull’uso dell’orologio in diversi ambiti culturali.


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2.1. Il senso orario

Pag. 42: Robert Mapplethorpe, Tommaso, stampa fotografica alla gelatina d’argento, 1987, Museo Solomon Guggenheim, regalo di New York, Fondazione Robert Mapplethorpe. 1 Colombi-Lupo, La natura relazionale degli artefatti, Processi di significazione della cultura contemporanea, saggio in «Humanities Design Lab», a cura di Manuela Celi ed Elena Formia, 2016. 2 Raffaella Trocchianesi, Il rito nella relazione tra Design e Humanities.

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Le lancette vanno da destra a sinistra. Il movimento dell’orologio è unidirezionale e segue un senso, che per definizione è diventato “senso orario”. Secondo molti studiosi questa direzione è da ricollegare al movimento del sole e all’ombra che quest’ultimo proietta sulle meridiane nell’emisfero boreale. Di conseguenza l’ipotesi che gli orologiai del passato si siano ispirati a questo modello per il movimento delle lancette è piuttosto valida, anche se non esistono testimonianze scritte a riguardo. In più va tenuto in considerazione che il movimento da destra a sinistra, rispetto a quello che va da sinistra a destra, ha assunto nei millenni connotazioni culturali, religiose e magiche. Il senso orario inizialmente veniva visto come la direzione giusta; non a caso “destra” in lingua inglese si dice “right” che indica anche “corretto”, mentre il termine “sinistro” ha un’accezione negativa. Durante il Medioevo la grande maggioranza delle popolazioni europee viveva nelle campagne,

producendo e consumando tutto ciò di cui aveva bisogno, ogni vallata e ogni feudo era chiuso in se stesso. Con l’economia chiusa, le comunicazioni risultavano difficili e incerte, le guerre private e le violenze si ripetevano con regolare frequenza. In questa generale situazione di precarietà e di incertezza, le credenze e le superstizioni trovavano terreno fertile. In Inghilterra si era diffusa la superstizione che per evocare il diavolo fosse sufficiente girare per tre volte in senso antiorario intorno ad una chiesa. Un ruolo fondamentale nella discriminazione ai danni della sinistra lo ha giocato la religione. La Bibbia non lascia molti dubbi a riguardo: nel giorno del Giudizio Universale i giusti siederanno alla destra di Cristo e gli empi alla sinistra, i primi erediteranno il regno dei cieli, i secondi bruceranno tra le fiamme dell’inferno.


II. Semantica, simboli e ritualità

Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. (…) Poi dirà a quelli alla sua sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli”. (…) E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna. (Matteo 25, 31-46)

In Occidente il pregiudizio viene pericolosamente estremizzato: nel mondo giudaico-cristiano il mancinismo ha un collegamento diretto con la distinzione tra bene e male, poiché è qui che incontriamo l’inverso di Dio, la sinistra è “la mano del diavolo”. Anche nei paesi musulmani i due versi hanno importanze differenti: il lavarsi e il mangiare sono azioni da effettuare solo con la mano destra. Il Corano riporta che Maometto la adoperava per fare le abluzioni, considerando la sinistra impura e riservandola dunque alla pulizia delle parti intime. Non sono soltanto il cristianesimo e la cultura araba ad avere tabù sul lato sinistro, anche in Giappone il mancinismo era del tutto inaccettabile e ancor oggi lo è sotto vari aspetti. Nei tempi passati, le donne mancine nascondevano la loro “deformità” ai mariti, perché il mancinismo poteva essere motivo di ripudio. La storia antica testimonia che tutte le prime grandi civiltà del mondo, mesopotamica, egiziana, greca e romana, sono fortemente prevenute

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verso la mano sinistra. La mano destra degli dei era considerata guaritrice e benefica, mentre la sinistra veniva usata per maledire o infliggere ferite. Gli antichi egizi non di rado raffiguravano i loro nemici come mancini, mentre i giusti erano destrimani. L’usanza di indossare l’anello nuziale sul terzo dito della mano sinistra trae origine nell’antica Roma come tentativo di respingere il male ad essa associato, così come con la pratica moderna di stringersi le mani in segno di saluto, solo toccando le destre, è collegata alla volontà di dimostrare l’assenza di armi nascoste dell’età medievale. Cesare Lombroso, fondatore dell’antropologia criminale, nell’approfondire le caratteristiche facciali e razziali con tratti criminali associò il mancinismo a un comportamento patologico, selvaggio e delinquenziale. Alcuni decenni dopo, lo psicanalista americano Abram Blau arrivava a considerare il mancinismo un difetto ereditario, ritenendolo un’aberrazione dovuta alla negazione del proprio patrimonio genetico. Non è mancato nella storia chi

ha voluto vedere nel senso orario una questione politica, sostenendo che il moto da destra a sinistra altro non è che l’ennesima espressione del predominio del Nord sul Sud del mondo. E questo in considerazione del fatto che nell’emisfero nord la circolazione, intorno a un sistema d’alta pressione, è nella direzione delle lancette dell’orologio, invece nell’emisfero sud è nel senso contrario. In Bolivia, nel 2014, hanno voluto ribadire il loro “essere a Sud”, sia in termini economici che geografici, esponendo un orologio al Palazzo del Congresso a La Paz le cui lancette vanno in senso antiorario. Non sono mancati, in ogni caso, orologi antiorari anche nella storia occidentale. Un esempio si trova a Firenze, in un affresco realizzato da Paolo Uccello nel 1443, raffigurante un orologio nella cattedrale di Santa Maria del Fiore.

1. Michelangelo Buonarroti, Peccato originale e cacciata dal Paradiso terrestre, 1512, affresco, particolare della decorazione della Cappella Sistina, Roma. 2. Orologio installato nel 2014 sulla facciata del Palacio de Gobierno (Palacio Quemad), sede centrale del potere esecutivo della Bolivia, La Paz. 3. Paolo Uccello, Orologio di Santa Maria del Fiore, 1443, affresco, controfacciata del Duomo di Firenze.

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II. Semantica, simboli e ritualità

2.2. Il ruolo della donna Il ruolo delle donne è stato fondamentale nell’evoluzione del design dell’orologio, in particolare per la riduzione delle dimensioni e per la sua portabilità. Indossati sul corpo come una spilla o una collana, intorno alla vita su una catenella, al polso e persino al dito, gli orologi da donna sono capsule in miniatura, che ci raccontano tanto sullo stile dell’epoca e sulla misurazione del tempo. Uno dei primi orologi da polso da donna fu l’orologio Patek Philippe, venduto nel 1868 alla contessa Koscewicz in Ungheria. Grazie ai progressi tecnologici, come l’invenzione della molla principale, in Europa gli orologiai riuscirono a ridurre i componenti del movimento dell’orologio di grandi dimensioni per creare orologi portatili in miniatura. Mini orologi che presto sarebbero diventati i primi dispositivi meccanici indossabili nella storia del design. Alcuni esempi possiamo trovarli nella collezione di Elisabetta I. Nel 1571 Elisabetta I ricevette un orologio da polso ingioiellato da Robert Dudley, il conte di Leicester, con al suo interno un secondo orolo-

gio segreto. Ancora più stravagante era il minuscolo orologio ad anello con svegliarino, che all’ora prestabilita avrebbe dispiegato un piccolo polo per toccarle il dito, forse per ricordarle un urgente impegno diplomatico. Nel 1783 Abraham Louis Breguet, il più grande orologiaio francese dell’epoca, fu incaricato di lavorare ad un orologio per la regina Maria Antonietta di Francia. La creazione più famosa dell’artigiano, l’orologio da tasca n.160, era dotato di un segnatempo, di un calendario perpetuo, di un indicatore di riserva di carica e di un termometro, icona di stile e trend setter della sua epoca. Un altro importante segnatempo dello stesso Breguet fu quello commissionato nel 1810 dalla regina di Napoli Carolina Bonaparte, sorella di Napoleone I. Breguet posizionò una cassa di forma ovale con un movimento a ripetizione su un bracciale di capelli umani, moda in voga a quei tempi, intrecciati con filo d’oro. A Ginevra nel 1839 Goscinska, una signora appartenente al ceto nobiliare, diventa la prima cliente ufficiale di Patek Philippe con

4. Élisabeth Vigée Le Brun, Ritratto di Maria Antonietta con la rosa, olio su tela, 1783, Musée National du Château, Versailles. 5. George Gower, Ritratto di Elisabetta I d’Inghilterra, 1588, per commemorare la disfatta dell’Invincibile Armata, Woburn Abbey, Inghilterra. 6. Élisabeth Vigée Le Brun, Ritratto di Carolina Bonaparte e figlia Letizia, olio su tela, 1807, commisionato da Napoleone Bonaparte, Musée National du Château, Versailles.

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TEMPO E DESIGN

l’acquisto di tre orologi del marchio. La smaltatura era il punto forte della casa e le scene in miniatura guadagnavano crescente popolarità tra le donne di tutto il mondo, tra cui la regina Vittoria del Regno Unito, che

7. Regina Elisabetta II del Regno Unito dopo l’incoronazione del 2 febbraio 1953, al polso destro il Calibre 101 di Jaeger Le Coultre. 7

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nel 1815 si innamorò di un orologio da tasca azzurro polvere, decorato con motivi floreali di diamanti con taglio a rosa, indossabile come ciondolo. Esposto nello stesso anno all’Esposizione Universale di Londra. Quando nel 1868 la contessa Koscowicz di Ungheria commissionò un orologio a Patek Philippe, la moda di indossare orologi al polso era già diffusa. Fortemente radicato nel dominio femminile, ma evitato dagli uomini come bigiotteria, gli orologi da polso avevano le sembianze più glamour, con modelli ingioiellati prodotti dalle officine di grandi case come Cartier e Van Cleef & Arpels. Gli orologi erano gioielli e viceversa, una proliferazione di stili si abbinava allo spirito culturale dell’epoca con geometrie fantasiose e modelli eleganti di marchi stilistici, prodotti durante il periodo Art Déco. Con le due grandi guerre e con l’evoluzione del ruolo delle donne nella società, l’ornamento lascia il posto alla praticità. Nel 1939 Gallet & Co., importante azienda svizzera di orologi, in risposta alle esigenze del tempo produce l’orologio cronografo Multichron Petite da 26,6


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mm, progettato esclusivamente per le donne arruolate. Il più piccolo cronografo da polso prodotto fino a quel momento. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, un’ondata di ottimismo si diffonde in tutti gli Stati Uniti e in Europa, le donne possono abbandonarsi nuovamente al lusso. Il glamour dell’era di Hollywood suscita il desiderio di orologi di alta gioielleria, incluso il ritorno di orologi segreti. Grazie ai progressi nel ridimensionamento dei movimenti degli orologi meccanici decolla la tendenza per gli orologi di piccole dimensioni. L’orologio Jaeger-LeCoultre calibro 101 presenta un movimento che pesa poco meno di un grammo. Ancora in produzione oggi, detiene il record come il più piccolo movimento meccanico del mondo, famoso per essere stato indossato dalla regina Elisabetta II alla sua incoronazione nel 1953. Oggi il ruolo della donna nella società si è evoluto ulteriormente e con esso anche gli accessori tra cui gli orologi, ed è stato introdotto il concetto di orologio unisex.

Gli orologi ad anello erano molto diffusi nell’alta società del ‘500. Nella foto, un moderno anello-orologio, in oro giallo e bianco, con zaffiri e pietre di vario colore, firmato Jarretiere.

Per le donne dell’Ottocento, l’orologio era un oggetto più che altro decorativo; spesso veniva fissato all’abito come una spilla. Esempio ne è quest’esemplare realizzato nel 1894 da Audemars Piguet per Tiffany & Co.

Durante la Grande Esposizione di Londra, la regina Vittoria figura tra i visitatori che ammirano i primi orologi del mondo senza chiave

L’orologio Santos-Dumont rivela la perenne modernità del suo disegno. Riducendone le dimensioni, Cartier ha realizzato la versione al femminile, in oro giallo e oro bianco, con movimento al quarzo.

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2.3. Il caso Swatch Gli svizzeri sono sempre stati all’avanguardia nella produzione degli orologi. Come abbiamo visto nel paragrafo precedente l’evoluzione dell’orologio da polso nell’Ottocento deve molto all’azienda svizzera Patek Philippe, anche se va al francese Louis Cartier il merito di averlo reso un accessorio popolare durante la prima guerra mondiale; prima di allora l’orologio era solo quello da taschino. Ad ogni modo la Svizzera si mantenne fedele alla sua tradizione e dopo la seconda guerra mondiale diventò il paese produttore ed esportatore di circa metà degli orologi che si vendevano nel mondo. La prima importante antagonista, in grado di scuotere il dominio del mercato svizzero, fu l’azienda americana Timex, che utilizzava metalli duri per i meccanismi invece di pietre preziose. Tuttavia si trattava di una concorrenza gestibile. Negli anni Sessanta, invece, arrivò l’innovativa applicazione del quarzo, che rischiò di interrompere la lunga e gloriosa tradizione svizzera. Nel 1969 l’azienda giapponese Seiko, dopo il lancio dell’orologio

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analogico Astron con movimento al quarzo, iniziò la produzione di orologi digitali, seguita da altre aziende importanti come Citizen e Casio. Nella maggior parte dei laboratori svizzeri, però, gli orologi continuavano ad essere oggetti meccanici dalla produzione lenta e dall’aspetto lussuoso. In tutto il mondo, e nella stessa Svizzera, la gente cominciò a comprare orologi giapponesi al quarzo, che, anche se non troppo eleganti, presentavano un costo decisamente ridotto. L’industria svizzera degli orologi, che aveva fatto il grave errore di considerare gli orologi al quarzo una moda passeggera, perse in pochi anni due terzi dei suoi addetti e altrettanta quota di mercato. Tra le aziende in crisi le due più grandi erano la SSIH, nata dalla fusione di Omega e Tissot, e la ASUAG, una holding che univa decine di marchi. Entrambe le aziende, che producevano orologi meccanici di alta qualità, all’inizio degli anni Ottanta erano sull’orlo del fallimento e stavano per vendere i loro marchi più celebri alla concorrenza giapponese. Per cercare di salvare la pluricentenaria tradizione di orologi


II. Semantica, simboli e ritualità

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dal disastro generale le banche creditrici svizzere si affidarono a un abile e ricco consulente aziendale di Zurigo, Nicolas G. Hayek. Hayek era un cinquantenne, nato in una ricca famiglia del nord del Libano, trasferitosi in Svizzera negli anni Cinquanta dopo il suo matrimonio con la figlia di un industriale del paese. Si convinse che le due case di produzione si potevano salvare e presentò un piano di recupero basato su due punti principali: la fusione di ASUAG e SSIH in una sola società e il lancio su larga scala di un nuovo genere di orologi sottili e altamente

tecnologici a cui stavano lavorando da alcuni anni un gruppo di ingegneri della ditta ETA, che faceva parte di ASUAG. La fusione si realizzò nel 1983 e nacque la SMH (Societé Suisse de Microelectronique et d’Horlogerie), successivamente rinominata Swatch. Cominciarono così i grandi cambiamenti in tutti i settori, dalla produzione alla distribuzione alla pubblicità. Per produrre gli Swatch vennero semplificati e automatizzati gran parte dei processi industriali, in modo da rendere gli orologi più eco-

8. Dettaglio della foto di Nicolas Hayek, realizzata in occasione del raggiungimento dei 333 milioni di orologi Swatch venduti, fotografo Gaëtan Bally, 2006.

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nomici e producibili in larga scala; la più importante di queste trasformazioni fu la drastica riduzione del numero di componenti dell’orologio, portandolo da più di cento a una cinquantina circa. Hayek capì che per battere la concorrenza doveva fornire un prodotto leggermente diverso e per farlo decise di investire sia sulla tecnologia con l’utilizzo del quarzo, sfidando di fatto la concorrenza sul loro stesso terreno, che sul design. Il design è sicuramente l’elemento centrale della sfida di Hayek: «Dovevamo trovare un vestito che fosse riconoscibile, e magari si potesse cambiare (…). Per rompere l’assedio ipertecnologico abbiamo pensato che ci volesse un messaggio di provocazione e di gioia di vivere»3 . Infatti, gli orologi giapponesi, dall’eccelso funzionamento e dai prezzi economici, risultavano essere grigi e monotoni. Le prime collezioni degli Swatch si presentavano, invece, con colori vivaci e con particolari espedienti come il quadrante di plastica trasparente, che lasciava intravedere il meccanismo o i bizzarri orologi dal cinturino profumato. L’altro elemento era la varietà

estetica resa possibile dall’utilizzo della plastica per la cassa e il cinturino. Vennero lanciati in pochi anni decine e decine di modelli diversi, mantenendo invariate le caratteristiche produttive fondamentali e il prezzo, ma cambiando il design e i colori. In pratica, un invito al collezionismo. Il nome “Swatch”, infatti, non ha a che fare con la Svizzera, ma è un’abbreviazione di “second watch”, per promuovere l’idea che i consumatori ne avrebbero comprato più di uno. Sostenuti da una grande campagna pubblicitaria, con un investimento in pubblicità di circa un terzo del prezzo di vendita, gli Swatch non diventarono solo di moda, ma diventarono uno dei simboli degli anni Ottanta e della cultura pop. L’azienda svizzera cambiò anche il modo di fare pubblicità con campagne creative e aggressive, vendendo gli orologi come un prodotto giovanile e accessibile. L’idea centrale su cui Hayek investì era che l’orologio non fosse più un oggetto utile solo per misurare il tempo, ma anche un modo per esprimere la propria personalità grazie ai suoi disegni

9. Serie di poster della campagna pubblicitaria pop della Swatch, tra cui la collaborazione con l’artista Keith Haring. 3 Giorgio Lonardi, Secondo tempo, in Gli Album de La Repubblica, 19 maggio 2005, p. 17.

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Annales d’Histoire économiques et sociales

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sgargianti e ai suoi colori. Cambiò anche il modo di vendere: da un lato la Swatch aprì grandi negozi monomarca in posti celebri, come Times Square a New York o gli Champs Élysées a Parigi, dall’altro investì su punti vendita molto più piccoli, ma facilmente riconoscibili in luoghi non convenzionali, come le stazioni o gli aeroporti. In pochissimi anni gli Swatch ottennero un enorme successo commerciale: nel primo anno, il 1983, furono venduti più di un milione di esemplari, nel 1986 oltre 12 milioni e nel 1988 cinquanta milioni. Molti modelli vennero disegnati dal Swatch Design Lab di Milano, guidato da Franco Bosisio. Il marchio venne associato all’arte e alla cultura pop, vennero lanciati Swatch disegnati da Moby, Akira Kurosawa, Spike Lee e Renzo Piano, oltre a diversi modelli disegnati da Keith Haring, esposti nel 2013 alla Biennale di Venezia. Spesso questi modelli venivano venduti in poche centinaia di esemplari, in modo da far crescere rapidamente il loro valore nel mercato dei collezionisti. La SMH cambiò nome nel 1998, per diventare The Swatch Group.

Oggi è il più grande produttore di orologi al mondo e detiene la proprietà di una vasta serie di marchi, non solo destinati al mercato di massa. Impiega 25 mila persone ed è un impero così ramificato in tutti i settori dell’orologeria tale che tutti gli orologi con il marchio “Made in Switzerland” sono riconducibili all’azienda. Hayek amava la Svizzera con l’entusiasmo che a volte si trova nei cittadini acquisiti, si opponeva con tutte le sue forze al pensiero di vendere tutto e trasformarla in un paese in cui avevano sede solo le banche. E quindi, contrariamente a una delle regole base delle multinazionali di oggi, il nucleo centrale del gruppo Swatch è sempre rimasto in Svizzera con ogni suo settore, dalla ricerca e sviluppo alla produzione. Nicolas G. Hayek è morto nel 2010, a 82 anni, per un infarto che lo ha colpito nel quartier generale della Swatch a Biel. La sua riorganizzazione aveva avuto così successo che Hayek rimase alla guida del gruppo dal 1983 fino alla sua morte. Quando morì era per tutti l’uomo arrivato al momento giusto, preciso come un orologio svizzero.

10. Foto reportage di John Haddox, 2011, Times Square, New York. Swatch annuncia l’aumento delle vendite del 19%.

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2.4. Pacchetti temporali La sensazione di “non avere il controllo” del proprio tempo è la fonte principale di ansia, stress e depressione. Il mantra quotidiano più comune è lamentarsi del poco tempo a disposizione, tuttavia il lamentarsi continuamente non porta benefici tangibili, anzi crea più disagio e senso di frustrazione sia a chi si lamenta, sia a chi ascolta. Pianificare obiettivi strategici e conoscere le tecniche per la gestione del tempo significa avere il controllo e la consapevolezza del benessere quotidiano. Per pianificazione si intende la formulazione di un piano composto da passi definiti in funzione delle priorità, della sequenza delle azioni da compiere e del tempo a disposizione. L’attitudine propositiva, la motivazione e la costanza creano i presupposti per il raggiungimento degli obiettivi. Il time management, quindi, è lo strumento per una migliore gestione del tempo. Prima della pianificazione è opportuna una valutazione su quali sono le abitudini già esistenti e come influenzano la quotidianità, sulle ore di maggior produttività individuale e sulle distrazioni con

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relative modalità e tempistiche. La capacità di gestione del tempo è importante perché ci aiuta a strutturare il nostro lavoro e ci consente di ritagliare maggior spazio per le attività creative e ricreative. A riguardo bisogna fare una distinzione tra le attività importanti e le incombenze urgenti: le attività importanti sono legate al raggiungimento di obiettivi più ampi e di lunga durata, da programmare e definire con anticipo; le incombenze urgenti, invece, richiedono di intervenire nell’immediato per le conseguenze dirette che potrebbero avere. Quando pianifichiamo siamo soliti pensare al tempo nella sua accezione di Kronos, in termini cronologici e sequenziali; in quest’ottica il tempo sfugge dalle nostre mani prima ancora che possiamo riuscire ad afferrarlo. Non esiste alcun momento presente perché ogni attimo, nel momento stesso in cui lo stiamo vivendo è già trascorso, possiamo solo o volgerci al passato o proiettarci verso il futuro. Diversa è invece l’accezione del tempo come Kairos, ovvero il momento opportuno, il tempo soggettivo, con


II. Semantica, simboli e ritualità

il quale assegniamo significato e valore agli eventi del hic et nunc, secondo quelle che sono le nostre aspettative e i nostri obiettivi. Grazie a questa consapevolezza possiamo fermarci a riconsiderare la reale importanza dei nostri impegni secondo i nostri piccoli e grandi obiettivi di vita. Come afferma Ray Kurzweil, inventore, informatico e saggista statunitense, la velocità del progresso non è lineare, ma esponenziale. Un time management degno di questo nome presuppone l’assunzione di responsabilità e controllo su ogni sequenza di eventi, in armonia con ciò che conta di più ed in linea con i propri valori. La gestione del tempo, benché possa sembrare complessa, è un’attività molto semplice, grazie a una serie di metodi, tecniche, strategie e skills da imparare, mettere in pratica e padroneggiare con motivazione, determinazione e soprattutto con ripetizione. Gli strumenti da utilizzare possono essere sia cartacei che digitali e spesso sono utilizzati entrambi in contemporanea. La regola fondamentale per il time menagement è

la semplificazione, un facile utilizzo degli strumenti aiuta a concentrarsi sugli obiettivi, eliminando le distrazioni. Le app sui dispositivi permettono la sincronizzazione di più strumenti in uno, tra le più diffuse ci sono: Clockify (time tracker), Google Calendar, Any.do (task manager and calendar assistant), Todoist, Edo Agenda (agenda organizer) e Fantastical 2 (Mac calendar app). Ogni singola azione per essere ottimizzata va strutturata e misurata, in modo da percepire il valore del tempo impiegato in termini di costi/benefici. Alla consapevolezza del valore del tempo consegue un costante desiderio di benessere,

Time management calendar

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che non lascia molto spazio ad ansie e stress. Conoscere la misura temporale di una determinata azione, inoltre, permette di fissare scadenze realistiche rispetto alla realizzazione del progetto e il raggiungimento degli obiettivi. Due tecniche degne di nota per la gestione del tempo sono la tecnica del pomodoro e I quattro quadranti di Stephen Covey. - La tecnica del pomodoro di Francesco Cirillo è tanto semplice quanto efficace. Si basa sulla parcellizzazione del tempo a disposizione in piccoli pacchetti temporali da 25 minuti. Per scandire gli slot

temporali viene utilizzato un timer da cucina, il “pomodoro”. Si alternano 25 minuti di attività con 5 minuti di pausa e una volta raggiunti 4 cicli si fa una pausa di 15 minuti circa. Questa tecnica è ottima per le attività di studio o per realizzare progetti lavorativi impegnativi. Il timer, inoltre, ti permette di applicare al meglio la legge di Parkinson secondo cui “il lavoro si espande fino a occupare tutto il tempo disponibile, più è il tempo e più il lavoro sembra importante e impegnativo”, quindi più tempo crederemo di avere a disposizione e più tempo sprecheremo.

11. Stephen Covey, The 7 Habits of Highly Effective People, V edizione, Bompiani. 12. Harvard Magazine, After the Crisis, maggio-giugno 2020, rivista indipendente e affiliata separatamente a Harvard University. 13. Francesco Cirillo, The Pomodoro Technique, editore Currency, 2018. 11

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II. Semantica, simboli e ritualità

- I quattro quadranti di Stephen Covey sono applicabili a qualsiasi tipo di attività e si basano sulla considerazione delle variabili di importanza ed urgenza. Stephen Covey è considerato il guru della crescita personale grazie al suo libro Le 7 regole per avere successo. Uno dei principi suggeriti dal Dr. Covey per gestire al meglio il proprio tempo è, appunto, quello dei 4 quadranti: le crisi, le opportunità, le interruzioni e le sciocchezze. Le crisi (quadrante 1). Sono attività importanti e urgenti. Se queste attività sono molte, allora risulta difficile gestire il proprio tempo, piuttosto sono loro a gestirlo. Le crisi saranno sempre presenti, per questo è importante setacciare questa lista al fine di inserire solo le crisi più importanti. Le opportunità (quadrante 2). Sono attività importanti, ma non urgenti, come fare sport o gli hobby. Più tempo dedichi a queste attività, meno crisi si dovranno affrontare. Ogni minuto investito nel secondo quadrante offrirà lauti interessi nel futuro.

Le interruzioni (quadrante 3). Sono attività non importanti, ma urgenti. Rientra in queste occupazioni rispondere a telefonate o e-mail. Sono attività che bisogna limitare per una corretta gestione del tempo. Le sciocchezze (quadrante 4). Queste attività non sono né importanti, né urgenti. Un esempio pratico è il tempo passato sui social o davanti al televisore. Distrazioni da ridurre il più possibile, se non da eliminare.

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2.5. Cicli biologici

14. Leonardo da Vinci, Uomo vitruviano, penna e inchiostro su carta, 1490 circa, Gallerie dell’Accademia, Venezia

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Anche il corpo umano ha il suo orologio interno. Attività come il sonno e la veglia si alternano seguendo il ritmo del giorno e della notte. Insieme a loro, pressione sanguigna, frequenza del battito cardiaco, produzione ormonale e tanti altri parametri variano nell’arco delle ventiquattr’ore con la regolarità di un meccanismo svizzero. Alla medicina questo fenomeno non sfugge, ad occuparsene è una branca, la cronobiologia, sviluppatasi soprattutto nel nuovo millennio e costituita in buona parte da endocrinologi, cardiologi e psicologi. Anche il nostro umore, la nostra capacità di concentrazione e la nostra propensione varia infatti a seconda della posizione del sole in cielo. E poiché la maggior parte dei nostri cicli fisiologici hanno periodicità giornaliera, si dice che seguono un ritmo circadiano, dal latino circa (intorno) e dies (giorno). A dare il passo del nostro orologio interno è la luce solare, che attraverso la retina raggiunge una zona piccola e profonda del cervello chiamata nucleo soprachiasmatico. Al centro di questo meccanismo c’è una complessa rete

di processi molecolari che fanno avanzare le lancette dei diversi organismi nelle varie zone del corpo. Queste lancette, anche se battono separatamente, sono dirette da una sorta di metronomo centrale che si trova nel cervello, che ha il compito di coordinare i ritmi dei vari organismi a seconda degli impulsi luminosi ricevuti dall’esterno. Ritmo circadiano Il nostro orologio biologico influenza il corpo durante le 24 ore in modo ciclico, tuttavia gli orari riportati di deguito sono solo indicativi: la variabilità è grande da persona a persona. Molti fra i valori indicati sono influenzati in maniera significativa dalle diverse attività svolte durante il giorno e dagli stress a cui siamo sottoposti. • 5:00 - Durante la notte, in particolare al mattino presto, la capacità respiratoria raggiunge il suo minimo, può anche dimezzarsi rispetto al livello massimo. È il momento peggiore per chi soffre di asma.


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• 6:00 - La pressione sanguigna e la frequenza cardiaca sono al livello minimo e ricominciano a salire poco prima del risveglio. Questo momento è abbastanza tumultuoso, l’orario in cui angina e ischemie miocardiache colpiscono più frequentemente. • 7:00 - La temperatura corporea è al livello minimo, si ha un picco nella produzione di cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress prodotto dalle ghiandole surrenali. Il suo compito è favorire la produ-

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zione di energia partendo da grassi, proteine e zuccheri e di regolare la pressione sanguigna. • 10:00 - l’attenzione raggiunge il suo picco. Le prime ore del mattino, dalle 8:00 alle 12:00, sono le migliori per studiare o svolgere attività che richiedono concentrazione. La memoria di lavoro, o memoria a breve termine, funziona al meglio: questo è il momento ideale per svolgere, ad esempio, problemi ed esercizi di matematica. • 11:00 - Per chi soffre di emicrania, la seconda parte della mattinata è quella in cui i dolori sono più intensi. • 13:00 - un aumento di alcuni ormoni nel sangue e la diminuzione di altri, indicano che è giunta l’ora di mangiare. • 14:00 - Brusco calo della capacità di attenzione punto a metà giornata, indipendentemente dall’ aver mangiato o meno, il corpo sente il bisogno di un breve periodo di riposo: la siesta. • 16:00 - Il testosterone nel sangue comincia a calare. L’ormone sessuale maschile raggiunge il suo picco minimo poco prima di andare


II. Semantica, simboli e ritualità

a dormire. • 17:00 - Coordinazione motoria e tempo di reazione sono al massimo. Il tardo pomeriggio è un buon momento per praticare sport. La capacità respiratoria si mantiene alta per tutta la seconda parte della giornata. • 18:00 - Dopo il brusco calo a metà giornata, la capacità di concentrazione riprende nella seconda parte del pomeriggio, fino all’ora di cena. • 21:00 - La sera il sistema immunitario raggiunge la sua massima efficienza. Il numero di linfociti attivo è basso durante le prime ore del mattino e per l’effetto inibitore del cortisone, cresce durante tutto il corso della giornata. Per questo le allergie al mattino sono più fastidiose. La temperatura corporea e la frequenza cardiaca raggiungono il loro massimo giornaliero. La soglia del dolore è molto alta. La pressione sanguigna, salita durante l’arco della giornata, comincia a scendere man mano che si avvicina l’ora del sonno. • 22:00 - La produzione di melatonina, ormone che favorisce il sonno, inizia a crescere per rag-

giungere il suo picco nel corso della notte. Lo stomaco produce secrezioni acide in gran quantità. • 24:00 – L’ormone della crescita, che pure a sua volta ha un ritmo ultradiano, raggiunge la notte il suo massimo livello, rispettivamente un’ora e quattro ore dopo essersi addormentati. Favorisce l’assorbimento delle proteine per la costruzione dei mattoni dell’organismo. L’attività renale e la produzione di urina si riducono circa della metà rispetto al giorno.

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TEMPO E DESIGN

Intorno al IV secolo a.C. uno scriba di Alessandro Magno, Androsthenes, descrisse il ritmo circadiano di alcuni fiori, che schiudevano i loro petali di giorno e li richiudevano di notte. Oltre ai ritmi circadiani, i più importanti sono quelli ultradiani (inferiori alle 24 ore), infradiani (con ciclo superiore alle 24 ore) e circannuali (si susseguono ogni anno). Come esempi di queste tre tipologie di ritmi riportiamo qui di seguito alcuni cenni sul sonno (ultradiano), sul ciclo mestruale (infradiano) e sulla depressione stagionale (circannuale). 90 minuti – Il sonno Il nostro dormire si suddivide in cicli di 90 minuti che si ripetono 4-5 volte ogni notte. La prima fase è quella detta non-Rem, il che conduce gradualmente verso il sonno profondo. L’elettroencefalogramma registra onde lente. A questa fase va seguito una breve fase di sonno Rem (Rapid Eye Movement: rapido movimento oculare), in cui è difficile svegliarsi, il cervello è in attività

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tumultuosa e compaiono i sogni. L’elettroencefalogramma registra segnali simili a quelli della veglia. Il respiro e il polso accelerano, gli occhi roteano velocemente. 180 minuti – Il sonno Molti ormoni vengono prodotti dalle ghiandole del nostro corpo in maniera ciclica. Alcuni seguono un ritmo circadiano, altri un ritmo ultradiano. È il caso dell’ormone della crescita, la cui presenza nel sangue registra un picco ogni tre ore. Nonostante questo andamento pulsante irregolare, il livello medio di ormone della crescita varia anche con un andamento circadiano. Di notte, in particolare nelle fasi di sonno profondo, ne viene prodotta una quantità mediamente superiore rispetto al giorno. Il valore massimo nell’arco delle 24 ore si raggiunge rispettivamente un’ora e quattro ore dopo essersi addormentati.


II. Semantica, simboli e ritualità

28 giorni – Il ciclo mestruale Il periodo riproduttivo, che in molti animali segue un andamento stagionale, nella donna ha un ritmo mensile più o meno della stessa durata di un ciclo lunare. Le fasi dell’ovulazione e delle mestruazioni sono regolate dall’ipotalamo e dalla ghiandola pituitaria, protagonisti anche dei ritmi circadiani. Al ciclo riproduttivo sono associate anche importanti oscillazioni del sistema immunitario e degli ormoni, che influenza in particolare la resistenza alle malattie infettive, l’incidenza del mal di testa, l’appetito, il tono dell’umore e altro. 12 mesi – La depressione stagionale Esiste una forma di depressione che si manifesta soprattutto in inverno, in particolare nei paesi nordici, ed è causata dalla scarsità di luce solare. I sintomi, descritti per la prima volta nel 1984, sono simili a quelli della normale depressione: tristezza, svogliatezza, mancanza di stimoli. Le persone che ne soffrono

tendono a mangiare e dormire più del solito, ma senza sentirsi ristorati. Oltre ai farmaci, per curare la depressione stagionale si sta sperimentando la strada della Light Terapy o terapia a base di luce: il paziente rimane esposto alla luce di una lampada per un certo periodo per compensare la minore presenza del sole.

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PARTE III cc

La misurazione del Tempo

Quando i Lillipuziani catturarono Gulliver1 gli trovarono in tasca uno strano congegno appeso ad una catena e credettero si trattasse di un Dio che lui adorava, visto che non faceva altro che consultarlo. Benché la cosa ci faccia sorridere sappiamo che davvero c’è qualcosa di magico in un orologio, ci stupisce come leve, molle e ingranaggi riescano a leggere il tempo e a riprodurlo con un suono quasi naturale. La storia dei segnatempo si fonde con la storia dell’Uomo, con il suo bisogno di capire il tempo o perlomeno di rapportarsi ad esso. Questo lo ha portato a percorrere un campo di ricerca vastissimo, la cui origine si perde nella notte dei tempi e va dalla scoperta della meridiana all’ invenzione dell’orologio atomico di oggi. Costante di questa evoluzione è sempre stato il tentativo di ridurre le dimensioni del segnatempo per migliorare la praticità e la portabilità, e di pari passo la ricerca di una maggiore precisione per ridurre gli errori di calcolo del tempo. Tempo: l’entità più difficile da definire, l’unità di misura più astratta con cui l’uomo abbia avuto a che fare. Margherita Hack afferma che il tempo «è l’unica grandezza che l’uomo non riesce a dominare. Per quanto il controllo della nostra specie si sia esteso a moltissimi campi, ciò ha lasciato completamente indifferente il tempo, che scorre per conto suo, senza alcuna possibilità di essere perturbato. (…) Un’altra caratteristica molto affascinante del tempo è la sua percezione soggettiva Ogni individuo lo sente passare in maniera diversa»2.


TEMPO E DESIGN

3.1. Ventiquattr’ore La suddivisione del giorno in 24 ore è frutto di un’evoluzione di esigenze e di metodi di misurazione. L’uomo ha sempre avuto la necessità di dividere la giornata in porzioni temporali per le azioni rituali come il sonno o la caccia e la scissione del giorno in ore deriva dall’osservazione della meridiana. L’ombra proiettata da un palo piantato verticalmente nel terreno traccia linee fittizie, che dividono il giorno in un numero preciso. La divisione in 12 parti è probabilmente di origine caldea (IX a.C.), ma le documentazioni pervenuteci testimoniano che solo dal VII secolo

Pag. 68: Pantheon, particolare dell’interno. 1. Copia di una meridiana in ardesia di Cicagna, fatta a mano, realizzata su piastrella antica, Recuperando Srl. 1 Jonathan Swift, I viaggi di Gulliver, Ed. Feltrinelli, Milano, 2014. 2 Elena Dusi, Intervista a Margherita Hack, in Gli Album de La Repubblica, n. 4, 24 novembre 2001.

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a.C. i babilonesi, per mezzo di un sistema di clessidre, dividevano il giorno in quattro parti, ognuna a sua volta suddivisa in tre ore, quindi in 12 ore totali. Tale numero deriva probabilmente dall’analogia con le 12 lunazioni dell’anno. Inoltre, la base duodecimale presenta più vantaggi rispetto la più diffusa base 10, grazie ad un maggior numero di divisori (6, 4, 3, 2). Una simile classificazione fu mantenuta anche in epoca romana con nomenclatura differente: per le ore di luce l’ora tertia, sexta, nona e duodecima, mentre per le ore di buio si usavano le vigiliae dove ogni momento della notte aveva un nome dedicato: vesper per il momento del tramonto, crepusculum per l’ora che precede la notte, conticinium per la notte e gallicinium per il momento del canto del gallo. Saranno gli egiziani a dividere il giorno in 24 ore: 10 ore diurne, un’ora corrispondente all’alba, una al tramonto e 12 ore notturne. Naturalmente la durata di queste ore era variabile con la stagione, essendo uguale soltanto agli equinozi. Successivamente, presso i greci, nacque la necessità di uniformare la


III. La misurazione del tempo

Orologio meccanico

h

Meridiana

XX a.C.

Clessidra

Orologio ad acqua

III a.C.

XV a.C. 12

durata delle ore, in modo da semplificare i calcoli astronomici. Ipparco di Nicea propose l’istituzione delle ore equinoziali. La suddivisione in ore rimase in uso per molto tempo e perdurò per tutto il Medioevo. La Chiesa, per motivi liturgici, definì l’inizio del giorno al tramonto del Sole. L’intero processo di regolazione della liturgia delle ore fu disciplinato da San Benedetto (480 - 547) e vennero così definite: mattutino (le nostre ore tre), lodi (le nostre ore cinque in epoca equinoziale), terza, sesta e nona, vespri (tramonto), compieta (le

Quarzo

Pendolo

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Orologio atomico

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2 cicli

nostre ore ventuno in epoca equinoziale). Solo nel 1300, con l’avvento degli orologi meccanici, l’esigenza delle ore equinoziali di Ipparco poté avere una adeguata realizzazione. Tali meccanismi erano montati sulle torri civiche delle città, in modo da essere letti anche da grande distanza. Probabilmente per questo motivo nacque l’uso di dividere la giornata in due cicli di 12 ore, poiché un quadrante suddiviso in settori sarebbe risultato ben più difficile da leggere da lontano. Attorno al 1600 gli orologi rag-

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giunsero precisioni tali da fornire una “sensata” misura della suddivisione dell’ora in minuti e secondi. Il numero 60 relativo a queste suddivisioni deriva sempre dai babilonesi. Dividere le ore in porzioni minori era, quindi, un concetto già elaborato, ma non attuabile per via della mancanza del supporto pratico. Per gli orologi di allora con errori di circa mezz’ora era privo di senso indicare un avvenimento con i minuti o addirittura i secondi. Nel XIX secolo con la dominazione napoleonica il modo di conteggiare le ore, partendo dal tramonto del Sole, fu sostituito dalle ore francesi, dove il conteggio parte da mezzanotte. La determinazione della durata del giorno è, invece, collegata al periodo naturale, determinato dalla rotazione della Terra rispetto alle stelle fisse, chiamato per questo giorno siderale. Tuttavia, le nostre azioni quotidiane hanno a che vedere soprattutto con il Sole, l’astro per noi più importante. Purtroppo, il suo moto è alquanto irregolare e la conseguenza pratica è che, a differenza di quel che tutti pensano, il Sole non

si ripresenta in cielo nello stesso punto ad intervalli di 24 ore. Il giorno ha una durata variabile nel corso dell’anno. Non solo il periodo di luce varia con il variare delle stagioni, ma anche la durata dell’intera giornata, cioè tra due passaggi consecutivi del Sole al meridiano locale. Per maggiore precisione gli astronomi lo chiamano giorno solare vero. La massima durata si ha attorno al 24 dicembre, quando il giorno dura 24 ore e 30 secondi. Invece, attorno al 17 settembre il giorno dura 23 ore, 59 minuti e 39 secondi. Ciò deriva dal fatto che la Terra percorre un’orbita ellittica e quindi il Sole è visto muoversi con diversa velocità nel corso dell’anno. Dunque, il valore di 24 ore è riferito ad un Sole fittizio, che si muove sull’equatore celeste con velocità pari alla media delle velocità durante l’anno.

2. Rilievo fotografico di Mikhail Kokhanchikov di un bassorilievo dipinto rappresentante scene astronomiche, soffitto del tempio di Hathor a Dendera, Egitto, 2019, per World History Archive. 3. Orologio presente sulla torre di Sant’Andrea, realizzato dall’officina di Giovanni Dondi, 1800 circa, Chioggia, VE. 4. Tavoletta cuneiforme di origine babilonese, che ha fornito la chiave per decifrare i metodi geometrici per individuare la posizione di Giove, analisi del Dr. Mathieu Ossendrijver.

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3.2. Dalla meridiana agli orologi atomici La meridiana, orologio solare

3 Robert Hannah, Il Pantheon di Roma è una meridiana colossale?, articolo pubblicato nella rivista scientifica New Scientist, 4- 022009.

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Il primo strumento ideato per registrare le ore è stata la meridiana, detta anche orologio solare. Il suo maggior limite è la stretta dipendenza dal Sole, quindi non utilizzabile in sua assenza. Compare per la prima volta in Cina nel XX secolo a.C., per la necessità degli uomini di dividere la giornata in parti uguali per meglio organizzare il lavoro, il raccolto, la caccia, gli orari dei pasti e del sonno. Il funzionamento della meridiana è dato da due elementi: lo gnomone e un quadrante sul quale è ancorato. In origine la meridiana rudimentale era formata da un ramo fissato sul terreno. Lo gnomone serviva per proiettare l’ombra del sole sul quadrante, dove tramite il segno di questa era possibile discernere l’ora. In Egitto venivano utilizzati gli obelischi come gnomoni per meridiane colossali; l’idea verrà seguita anche nei secoli successivi, tra i più rappresentativi vi è il quadrante solare orizzontale costruito in Campo Marzio per conto di Ottaviano

Augusto. La prima meridiana moderna, emisferica, è quella descritta dall’astronomo caldeo Berosso nel III secolo a.C.. La meridiana in senso proprio è solo l’indicatore che segna il passaggio del mezzogiorno quando l’ombra lo attraversa, altrimenti si parla più correttamente di orologio solare o sciotere. Oltre a fornire l’ora locale, questo strumento è in grado di indicare l’ora nel sistema babilonese, la lunghezza del giorno e la posizione del Sole nello zodiaco. Greci e Romani fecero largo uso delle meridiane, che col passare dei secoli divennero sempre più elaborate, alle meridiane fisse cominciarono ad essere affiancate le meridiane portatili e quelle a camera oscura. Le meridiane a camera oscura utilizzano sempre la luce solare, ma con la metodologia opposta, quindi il fascio luminoso penetra attraverso un buco appositamente realizzato in una camera per segnalare l’ora o il passaggio del mezzogiorno su una linea tracciata sulla pavimentazione. I grandi edifici di culto erano i luoghi ideali per ospitare questo tipo


III. La misurazione del tempo

Orologio ad acqua

Meridiana

XX a.C.

XV a.C.

Orologio atomico

Orologio meccanico

Clessidra

III a.C.

di meridiane, che per ben funzionare necessitano di grandi dimensioni in ambienti dalla luminosità ridotta. Alcune delle chiese italiane più rappresentative sono: Santa Maria del Fiore a Firenze (1436), la basilica di Santa Maria Novella a Firenze (1575), la basilica di San Petronio a Bologna (1663), il duomo di Milano (1786), il museo nazionale Certosa di San Martino a Napoli (1771), la chiesa di San Lorenzo a Formello (1796), il portico di Piazza Vecchia a Bergamo (1798), la cattedrale di Palermo (1801), il monastero di San Nicola l’Arena a Catania (1841), il duomo di Santa Venera a Acireale (1843), il duomo di San Giorgio a Modica

Quarzo

Pendolo

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(1891), la chiesa della Visitazione a Perinaldo (2007). La meridiana a camera oscura più grande del mondo è quella del duomo di Firenze, dove il fascio di luce viene proiettato sulla pavimentazione di una delle cappelle laterali del duomo, la cappella della Croce. Il Pantheon di Roma, una meridiana a camera oscura Un servizio pubblicato sulla rivista scientifica americana New scientist3, espone la suggestiva ipotesi del docente Robert Hannah dell’università di Otago a Dunedin, in Nuova Ze-

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landa, secondo la quale il Pantheon (27 a.C. -128 d.C.) potrebbe essere stato progettato come una colossale meridiana a camera oscura. Il maestoso edificio della Roma antica, situato nel rione Pigna, è stato costruito come tempio dedicato a tutte le divinità. È formato da una camera cilindrica sormontata da una cupola con una apertura circolare al centro, che consente il passaggio di un fascio di luce solare, e si completa esternamente con un colonnato frontale, il pronao. Nel 2005, durante l’attività di ricerca, il professor R. Hannah nota che durante i sei mesi invernali la luce del sole a mezzogiorno percorre un cammino attraverso l’interno della cupola. Durante l’estate, quando il sole è più alto nel cielo, il fascio di luce brilla all’interno delle pareti più basse e sul pavimento. Durante i due equinozi, a marzo e a settembre, la luce solare, penetrando attraverso il foro in alto, va a colpire la congiunzione fra il soffitto e la parete, al di sopra del portone nord del Pantheon. Una griglia al di sopra del portone lascia passare un frammento di luce sino al colonnato

frontale, l’unico momento dell’anno che esso vede la luce solare se le porte principali rimangono chiuse. Pantheon significa “tutti gli dei” e la parte superiore dell’edificio rappresentava la cupola del cielo, dove i Romani credevano risiedessero gli dei. Durante l’equinozio il sole si trova all’equatore celeste, dove si troverebbe l’Equatore della Terra se fosse proiettato nello spazio, sezione vista come la parte più stabile del cielo, una casa eterna e perfetta per gli dei. R. Hannah ritiene che, segnando gli equinozi, il Pantheon fosse stato progettato per innalzare al cielo gli imperatori venerati nel regno degli dei. A tal proposito James Evans, storico dell’Astronomia nell’Università di Puget Sound nello stato di Washington, dichiara: “L’architetto del Pantheon dovrebbe essere stato sicuramente consapevole delle connessioni simboliche tra il Cosmo e l’Impero”4, tuttavia avanza dubbi sul fatto che si tratti di una camera oscura, in quanto non vi è documentazione sufficiente. Da considerare, comunque, come sostiene R. Hannah, che le meridiane raramente erano accompagnate

5. Cupola di Santa Maria del Fiore, Firenze, altezza 106 m, 1296. 6. Obelisco, gnomone gigante in Campo Marzio, Roma, voluto da Ottavio Augusto, altezza 30 m, I secolo a.C.. 7. Pantheon, Roma, altezza 45 m, 113-124.

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da documentazione o ancor più da istruzioni, essendo intrinseche nella cultura. È da secoli, sin da quando fu costruito, che il Pantheon suscita interesse e ci si domanda quale fosse, a parte quella ufficiale di onorare gli dei, la destinazione di questo monumento così particolare. La clessidra ad acqua

8. Clessidra ad acqua, proveniente dal Basso Egitto, Alessandria, rinvenuta in Campo Marzio, Roma, appartenente all’epoca tolemaica. 5 Marco Vitruvio Pollione, De Architectura, Libro IX, Einaudi, Torino, 1997.

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A partire dal XV secolo a.C. presso la civiltà egizia era in uso un ingegnoso strumento per la misurazione del tempo, la clessidra ad acqua. Consisteva in un recipiente pieno di acqua con un piccolissimo foro nel fondo, l’uscita lenta dell’acqua registrava il trascorrere del tempo. Nei primi modelli di clessidra veniva utilizzata l’acqua per questioni religiose, filosofiche e, come il fluire del fiume, rendeva meglio l’idea del tempo che scorreva. Questo strumento dovrebbero essere di origine caldea, ed attraverso la civiltà fenice sarebbe arrivato agli egiziani. La prima indicazione storica della clessidra è un’iscrizione

egiziana risalente al 1580 a.C., mentre il primo esemplare pervenutoci è stato trovato nel tempio di Karnak. Le prime clessidre erano a forma di vaso con il fondo piatto, in seguito vennero costruite in varie forme, più elaborate ed ingegnose. La forma conica tendeva a rendere uniforme la velocità di uscita dell’acqua, compensando la riduzione di velocità al diminuire del livello. Nonostante ciò questi strumenti rimasero molto imprecisi: il momento, in cui veniva avviata la clessidra, non poteva essere preciso e il foro si alterava per erosione, impurità e temperatura.

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III. La misurazione del tempo

Idrocronometro, orologio ad acqua. Un’evoluzione della clessidra ad acqua è l’idrocronometro o orologio ad acqua. Nel recipiente superiore della clessidra veniva immesso costantemente del liquido per mantenere il livello fisso, grazie all’utilizzo di un tubo di scarico; l’acqua derivante dal recipiente riempiva un secondo contenitore in cui si trovava un galleggiante, che, salendo, faceva ruotare una ruota collegata alla lancetta, determinando l’ora. Nel III secolo a.C. l’inventore greco Ctesibio trasformò la clessidra ad acqua in orologio ad acqua, ossia in uno strumento di misura automatizzato grazie all’utilizzo delle proprietà dei liquidi. L’orologio di Ctesibio viene descritto da Marco Vitruvio Pollione nel suo trattato De Architectura nel Libro IX 5. L’orologio ad acqua di Villa Borghese a Roma è indubbiamente il più famoso d’Italia. È stato costruito in base al progetto del padre domenicano Giovanni Battista Embriaco e risale al 1873, stesso anno in cui l’orologio ad acqua fu collocato nella Villa Borghese, all’interno di una

fontana appositamente realizzata dall’architetto Gioacchino Ersoch. L’orologio non rappresenta solo la metodologia dell’idrocronometro, ma è un assieme di più metodi evoluti: presenta al suo interno ingranaggi riconducibili all’orologio meccanico e alla base è presente un pendolo. L’orologio è costituito da quattro quadranti e il suo funzionamento è garantito dal getto d’acqua sottostante, che carica contemporaneamente il movimento del pendolo e la suoneria mediante il riempimento alternato di due bacinelle. Quello di Villa Borghese non è l’unico orologio di Roma a funzionare grazie al flusso d’acqua. Un altro esempio si trova nel cortile di Palazzo Berardi, un edificio di Via del Gesù, nel Rione Pigna. L’orologio ad acqua più moderno d’Italia è quello di Fondo, un piccolo comune italiano della Val di Non, in provincia di Trento. Se l’idrocronometro di Roma affascina per la sua storia, l’orologio ad acqua di Fondo incanta per il suo meccanismo completamente a vista. Il congegno in questione non solo scandisce l’ora, ma al suo interno mostra una strut-

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9. Bernard Gitton, The Clock of Flowing time, centro commerciale Europa- Center a Charlottenburg, Berlino, altezza 13 m, 1982.

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tura a torre che dà indicazioni sulla fase lunare, sul calendario dei giorni, del mese e della settimana e sulla posizione del sole nello zodiaco. Il suo meccanismo è semplice nella sua complessità. Il funzionamento è simile a quello dell’orologio di Villa Borghese. Dispone di due meccanismi distinti e collegati tra loro, il primo scandisce il tempo e il secondo funziona per la suoneria. In posizione sovrastante ai due meccanismi descritti, cioè nella parte più alta della torretta, sono posti i meccanismi astronomici. Un getto d’acqua riempie una vaschetta altalenante, divisa in due scomparti da una paratia centrale. La vaschetta è imperniata al centro e, quando uno scomparto è colmo, si ribalta e lo scomparto si svuota. Nel contempo il getto riempie il secondo scomparto e così via. Sul prolungamento dell’albero della vaschetta è fissata una specie di ancora, che ad ogni oscillazione spinge alternativamente uno dei due bracci verticali, posti parallelamente ai fianchi del pendolo, e contemporaneamente li trattiene arpionandoli. Giunto all’estremo

della sua oscillazione, il pendolo dei secondi si appoggia ad uno dei due bracci, che è stato precedentemente caricato, spingendolo leggermente sino a sganciarlo dall’ancora che lo trattiene. Al momento dell’inversione della sua oscillazione, il pendolo riceve dal braccio liberato un impulso di forza costante. La corsa dei due bracci è regolabile e la loro forza è indipendente dalla quantità di acqua che fa oscillare la vaschetta, quindi l’oscillazione del pendolo, che è spinto dalle due braccia e non dall’acqua, è fondamentalmente isocrono. L’acqua che fuoriesce dai due scomparti della vaschetta cade alternativamente sopra le due palette di forma triangolare, somiglianti ad una specie di bilancia, che oscilla a sua volta in sincronia con il pendolo. Dai due bracci della bilancia si dipartono due aste inclinate, che fungono da cricchetto e trasmettono il moto alla ruota a pioli. La ruota a sua volta lo trasmette alle lancette e contemporaneamente all’asse di impulso delle suonerie. Altri esempi particolari di orologi ad acqua sono quelli realizzati dallo scienziato e artista francese Ber-


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nard Gitton. Il primo esemplare è conosciuto come The Giant Water Clock; si trova nella collezione del Museo di Indianapolis, nell’Indiana, ed è alto poco più di 8 metri. L’artista ha sfruttato il medesimo progetto per la costruzione, nel 1982, di the Clock of Flowing time, un mega orologio posizionato all’interno del complesso di edifici Europa-Center di Berlino, alto 13 metri e dislocato su 3 piani. L’orologio funziona con acqua colorata, che scorre all’interno di vasi di vetro comunicanti, simili a una grossa clessidra. I vasi piccoli e schiacciati sono 30, mentre i vasi più grandi, sferici, sono 12. Ogni vaso piccolo si riempie in 2 minuti, per cui, quando si sono riempiti tutti sono passati 60 minuti, vale a dire 1 ora. A questo punto il liquido defluisce e riempie uno dei vasi sferici sull’altra colonna: ogni vaso sferico indica 1 ora. Dopo dodici ore l’orologio si svuota completamente ed il ciclo riprende, per cui quando segna l’1:00 e le 13:00 i vasi sono vuoti. Il movimento del liquido nei vasi è regolato dal pendolo viola posto in basso, che è a sua volta mosso dallo scorrimento del liquido nella vasca

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sottostante. Gli orologi ad acqua più moderni sfruttano il liquido come conduttore, sono degli strumenti elettrici capaci di funzionare solo quando gli appositi serbatoi sono stati caricati di acqua. A differenza dei precedenti meccanismi, dove viene sfruttato il flusso dell’acqua come fonte di energia cinetica, l’acqua è utilizzata come agente conduttore, che consente il passaggio di elettroni da un componente in zinco preinstallato. In un orologio tradizionale vi sono le classiche pile, che hanno una vita minore rispetto alla carica dell’orologio ad acqua, poiché l’elettrodo allo zinco si dissolve molto lentamente. Ciò, però, significa che dopo un tempo medio-lungo, l’orologio ad acqua non è più funzionante, a meno che non si proceda con la sostituzione dell’elettrodo allo zinco, procedura alquanto complicata e non paragonabile al semplice cambio di pile.


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L’orologio meccanico Nel XIV secolo Carlo V di Francia incaricò Henri de Vick, un orologiaio tedesco, di costruire un orologio per la torre del suo palazzo a Parigi. Nel 1364 Henri de Vick costruì un orologio di ferro con un ingranaggio, che funzionava per l’azione di alcuni pesi attaccati a un cavo arrotolato attorno a un tamburo. Il cavo srotolandosi segnava il passare del tempo. I pesi da avvolgere, però. non erano adatti ad un funzionamento regolare e costante. Quindi, nel XVI secolo l’orologiaio Peter Henlein (1479-1542) di Norimberga inventò la molla: un nastro di acciaio arrotolato da un capo intorno a un asse. Il suo rotolamento produce una forza tale capace di caricare i meccanismi interni dell’orologio. Grazie a questa innovazione, che conferisce maggior versatilità allo strumento, l’orologio diventerà orologio meccanico. Lo stesso P. Henlein sarà tra i primi a realizzare taschenuhren ornamentali, cioè orologi portatili, spesso indossati come pendenti o attaccati ai vestiti, considerati i primi orologi portatili.

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L’orologio a pendolo Un progresso notevole nel mondo dell’orologeria fu apportato da Christiaan Huygens. Studioso eclettico, ha svelato molti misteri degli anelli di Saturno, si è dedicato allo studio della geometria, del calcolo delle probabilità, della natura oscillatoria della luce ed è stato tra i primi a intuire la conservazione dell’energia. Il 16 giugno 1656 ha brevettato l’orologio a pendolo. Il suo nome è stato dato a una regione della Ne-

10. Christiaan Huygens (1629-1695), matematico, astronomo e fisico olandese.

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bulosa di Orione, a un monte sulla Luna, a un cratere su Marte e a un lander atterrato su Titano. Olandese, nato all’Aia nel 1629, dopo aver dedicato la giovinezza agli studi in legge per seguire le orme paterne, si fece presto travolgere dal fermento scientifico dell’epoca. Il suo primo interesse fu per la geometria, ben presto surclassato da quello per il cielo e per il funzionamento del telescopio. Fu proprio l’amore per l’astronomia a portare Huygens a realizzare l’orologio a pendolo, poiché per le sue osservazioni necessitava di uno strumento in grado di dare misure del tempo molto più precise rispetto a quelle disponibili. Alla ricerca di una soluzione, Christiaan riprese gli studi di Galileo Galilei sul moto del pendolo e realizzò un nuovo tipo di orologio che brevettò nel 1656. Già dall’anno successivo le botteghe orologiaie di tutta l’Olanda esponevano in vetrina piccole meraviglie ispirate al meccanismo ideato dallo studioso. Questo primo modello però non soddisfaceva tutte le esigenze, a causa di un difetto fondamentale: non poteva essere usato in movimento, per esempio

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in mare. Huygens ci mise dieci anni a risolvere questo problema, infatti dopo aver brevettato l’orologio a pendolo si era subito immerso in altri studi e viaggi che gli portarono via molto tempo. Solo nel 1666, a Parigi, trovò finalmente il tempo e la serenità necessarie per concludere i suoi studi sul pendolo. Frutto di tanto duro lavoro è la sua opera più importante: l’Horologium Oscillatorium pubblicato nel 1673. Tuttavia, è solo nel 1675 che Huygens risolse anche il problema dell’uso in movimento del suo dispositivo grazie all’invenzione del bilanciere. Meccanismo dell’orologio meccanico Christiaan Huygens contribuì notevolmente all’evoluzione dell’orologio meccanico, che dal XVII secolo ad oggi si evolverà notevolmente in precisione e dimensioni, per una maggior portabilità. Al suo interno il numero di ingranaggi diminuirà drasticamente e le applicazioni aggiuntive aumenteranno, permettendo al segnatempo di svolgere più


III. La misurazione del tempo

compiti simultaneamente. Le componentistiche fondamentali per il funzionamento corretto dell’orologio meccanico resteranno principalmente la molla di carica, lo scappamento e il bilanciere. Il movimento meccanico di un orologio si attiva grazie ad una decina di viti differenti, che si muovono tra circa quaranta microelementi differenti come ruote, rubini, piatti e bilancieri. Tutte queste parti lavorano in armonia per garantire il funzionamento dell’orologio e soprattutto per offrire un movimento preciso. Caricando l’orologio con la corona di messa in orario, attraverso un sistema di trasmissione, che comprende alcuni ingranaggi (rocchetto di carica, rocchetto scorrevole, ruota di trasmissione, ruota del bariletto, bariletto), viene armata una molla in acciaio temperato, contenuta in un contenitore dentellato a forma di barile basso, chiamato appunto bariletto. Il bariletto, con la molla completamente armata, tenderà a sprigionare una forza centrifuga, che metterà in movimento una ruota chiamata ruota di centro, perché solitamente posta al centro del

Molla di carica

meccanismo tradizionale. La ruota di centro tenderà a girare in senso contrario, armando a sua volta un’ulteriore ruota chiamata ruota mediana. Quest’ultima si trova in stretto contatto con la ruota dei secondi; il suo nome è legato al fatto che compie un giro di 360 gradi in scatti da 60 ogni minuto, scandendo di fatto il secondo. Questo risultato è ottenuto attraverso formule che portano a determinare il numero dei denti delle ruote e di ogni loro pignone, in modo da dividere il tempo di scarica della molla. Ovviamente se ci si fermasse a questo punto, la ruota dei secondi non scandirebbe proprio nulla di attendibile, perché la molla

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armata, provocherebbe l’immediata rotazione di tutte le ruote e si scaricherebbe in pochi attimi, facendo compiere giri vertiginosi a tutto il moto del ruotismo. Dalla necessità di scandire lo scorrere del tempo in modo appropriato nasce lo scappamento. Questo termine è molto ricorrente in tutta la storia dell’orologeria, poiché dalla sua qualità è dipesa in gran parte l’evoluzione di questa disciplina, e la creazione di movimenti meccanici sempre più performanti. Abbiamo visto succedersi diversi tipi di scappamento, a partire da quello a cilindro, per passare al modello ad àncora, via via perfezionato fino ad arrivare

Scappamento

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all’attuale scappamento a “singolo impulso”, progettato da Audemars Piguet e basato sull’invenzione di Robert Robin. Lo scappamento è quel sistema che consente di trasformare il movimento delle ruote, che girano in senso planare, in movimento oscillatorio. Provvede inoltre ad arrestare, e quindi controllare, la forza impressa dalla molla sulle ruote. Per arrivare a questo scopo, si serve di due componenti molto importanti: la ruota di scappamento e l’àncora. La prima è una ruota dalla forma inconfondibile, la sua dentatura è infatti modellata in modo da spingere non altri denti di ruota, ma superfici piane. Questa costruzione è dovuta al fatto che la ruota di scappamento spinge in modo alternato due rubini che costituiscono parte integrante dell’àncora, la quale si sposta prima da una parte, e poi, grazie alla sua nuova posizione e l’incontro con il dente successivo della ruota di scappamento, dall’altra. Si ottiene quindi un movimento continuo, destra-sinistra, che consente all’àncora di interagire con il bilanciere. Lo scatto dell’àncora determina il classico


III. La misurazione del tempo

“tic-tac” divenuto emblematico del funzionamento dell’orologio. La forza della molla, però, spinge in un senso, costringendo le ruote a forzare sulla ruota di scappamento e non ci sarebbe nulla che la induca a spostarsi ulteriormente, per liberare un successivo scatto, bloccando di fatto il meccanismo. Interviene quindi il bilanciere, considerato il cuore del sistema, anche per le attinenze che condivide con l’organo cardiaco umano. Il bilanciere pulsa ad una frequenza regolare e prestabilita. I moderni orologi arrivano normalmente a 28.800 alternanze ogni ora, ma in alcuni casi ci si spinge a ritmi molto superiori, incrementando la divisione dei tempi. Per capire il suo funzionamento è importante comprendere la sua composizione. La prima cosa che colpisce l’occhio osservandolo è un volantino, spesso caratterizzato da una barra che ne percorre il diametro, oppure da tre raggi. Il volantino è attraversato in senso verticale, perfettamente perpendicolare, da un asse, sul quale sono fissati spirale, sulla parte superiore, e plateau, sulla parte inferiore. Il tutto è poi ancorato ad un ponte

di copertura e fissaggio. La molla a spirale consente, alla minima sollecitazione, a tirare in posizione contraria il volantino a cui è legata. Lo spostamento del volantino consente al plateau, che è incuneato nella forcella dell’àncora, di spostarla nella posizione opposta di volta in volta, liberando quindi lo scatto della ruota di scappamento, e quindi via via tutte le altre ruote, fino a che la molla non sarà completamente disarmata, e perciò, generalmente in 38/42 ore circa. Elementi affascinanti della com-

Bilanciere

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III. La misurazione del tempo

ponentistica dell’orologio meccanico sono i rubini. In alcuni modelli è possibile leggere la denominazione inglese jewels (gioiello), mentre in Italia si utilizza direttamente il nome del materiale tradizionalmente impiegato. In epoca antica, infatti, si sceglievano veri e propri frammenti di rubini, presenti in quantità differenti a seconda delle caratteristiche dell’orologio e della casa produttrice. I rubini sono la più alta varietà monocristallina dell’ossido di alluminio, particolarmente resistente e con un aspetto caratteristico. La loro superficie liscia ha consentito, infatti, di attutire l’attrito tra i componenti in movimento. Attualmente, in realtà, all’interno degli orologi si utilizzano per lo più materiali sintetici, ma il nome tradizionale è rimasto invariato. In generale i rubini sono contenuti in un movimento in quantità variabile, ma non è solo il numero a definire la complessità del movimento, quanto piuttosto gli aspetti di forma e finitura. Senza i rubini, che sfruttano un sistema di lubrificazione costante, l’attrito tra l’acciaio delle ruote e quello delle

viti del movimento rischierebbe di logorare le componenti, e quindi non assicurare la rotazione precisa e costante dei pignoli. L’orologio al quarzo L’ultima innovazione nella misurazione del tempo apportata nell’orologeria, negli usi e nei costumi della società è l’orologio al quarzo. Protagonista di questa rivoluzione è il modello Astron dell’azienda Seiko, prodotto nel 1969. Grazie agli esperimenti di Pierre Curie condotti nel 1959, negli stabilimenti Suwa Seikosha, ora conosciuti come Seiko Epson, vennero evidenziate tutte le qualità del cristallo di quarzo: la resistenza meccanica al calore, la facile reperibilità e soprattutto la piezoelettricità. Il minerale, quindi, con la compressione è capace di trasformare l’energia meccanica in energia elettrica e viceversa. Nel 1927 Warren Morrison, un tecnico del Bell Laboratories USA, fu il primo a dimostrare che il tempo poteva venire misurato con precisione da un effetto piezoelettrico,

11. Seiko, primo orologio al quarzo installato in una stazione radio, 1959, 2,1 x 1,3 m circa. 12. Timer portatile Seiko con movimento al quarzo, Giochi Olimpici di Tokyo, 1964, peso 3 kg. 13. Orologio da polso Seiko Astron, oro 18 k.

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14. Prototipo di un piccolo orologio atomico creato dai ricercatori giapponesi, dimensioni 15,4 cm2, consumo 59,9 mW.

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dal momento che la forza rilasciata dopo una scossa elettrica generava vibrazioni ad altissima e costante velocità. Nel 1959 Seiko installò in una stazione radio il suo primo orologio al quarzo. Sebbene fosse di dimensioni ragguardevoli, circa 2,1 metri di altezza e 1,3 di profondità, era in grado di misurare con precisione l’ora. Nel 1962 Seiko riuscì a ridurre enormemente il dispositivo, costruendo un cronometro marino che pesava 30 Kg. Un ulteriore grosso passo avanti si ebbe l’anno successivo: un timer portatile per usi sportivi, che pesava soli 3 Kg, utilizzato durante i Giochi Olimpici di Tokyo nel 1964. Ogni parte di questa macchina doveva ancora ridursi e si dovette lavorare parecchio sulle batterie, componente che occupava un enorme spazio. Il traguardo fu raggiunto il 25 Dicembre 1969 quando fu lanciato il Seiko Astron, il primo orologio da polso in oro 18 k al quarzo, in edizione limitata di 100 esemplari. Seiko aveva cambiato per sempre la storia del costume degli orologi, introducendo uno strumento con maggior durata di carica e soprattutto

maggior precisione. Oggi, dopo cinquant’anni, possiamo affermare che il quarzo ha avuto una lunga evoluzione, rendendo più pratico e versatile l’orologio e il suo utilizzo. L’avvento dell’orologio al quarzo, però, portò ad un’inevitabile riduzione dei posti di lavoro per le aziende svizzere; fu il prezzo che l’orologeria svizzera dovette pagare. Seiko scriveva che Astron poteva essere fino a 100 volte più accurato di un movimento meccanico, conclamando uno scarto di +/- 0.2 secondi al giorno. L’azienda dichiara che “La frequenza del quarzo a quel tempo era di 8192 Hz, un quarto della frequenza attuale. Una delle principali caratteristiche di questo orologio era il movimento passo-passo dei secondi grazie ad un motore passo-passo aperto, che è diventato poi il simbolo degli orologi al quarzo.” Orologio atomico Nel 1946 la NIST (National Istitute of Standards and Technology) brevetta l’orologio atomico, il più preciso sistema di misurazione


III. La misurazione del tempo

del tempo mai inventato. Tuttavia, questo strumento non entrerà mai a far parte degli usi e costumi della società; l’orologio atomico, infatti, trova applicazione in ruoli di complessità maggiore ed è limitato dalle grosse dimensioni e dall’elevato consumo elettrico. Dimensioni e autonomia sono ormai fondamentali nell’orologeria. Negli ultimi dieci anni un gruppo di scienziati dell’Istituto di tecnologia di Tokyo, della Ricoh e della AIST giapponese (National Institute of Advanced Industrial Science and Technology) ha proposto un progetto dell’orologio atomico quantico più piccolo, che richiede meno energia in assoluto. Anche in questo caso si tratta di un prototipo destinato a compiti più complessi; è un orologio atomico a bassa potenza (ultra-lowpower atomic clock, ULPAC), che potrebbe essere utilizzato in particolare per piccoli satelliti, ossatura base dei sistemi di comunicazione che dovranno superare il 5G. Si pensa, infatti, che per superare le prestazioni degli attuali sistemi di comunicazione, considerando l’aumento di velocità e di quantità

di dati digitali, saranno in futuro necessarie delle costellazioni di nanosatelliti o microsatelliti, che dovranno circondare la Terra in orbita bassa. Il prototipo costruito occupa infatti un volume di soli 15,4 cm quadrati (33 mm x 38 mm x 9 mm) e consuma solo 59,9 MW. L’ingombro e il consumo di energia eccessivo dell’orologio atomico non hanno avuto evoluzioni tali da arrivare al nostro polso, inoltre risulterebbe eccessivamente preciso per la nostra quotidianità.

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TEMPO E DESIGN

3.3. Tipologie di orologi e complicazioni Ad oggi l’orologeria di piccolo volume si divide in categorie, le più importanti sono quelle che contemplano gli orologi da tasca e quelli da polso, e questi a loro volta si suddividono in orologi con calendario, a suoneria e cronografi. Come abbiamo visto nelle analisi precedenti, gli orologi più diffusi presentano un movimento meccanico o al quarzo. Quelli meccanici hanno indicazioni analogiche, definite così perché la nostra mente per analogia intuisce indicativamente l’ora dalla posizione delle lancette, mentre gli orologi al quarzo possono essere sia analogici che digitali. I segnatempo al quarzo, grazie al supporto elettrico, hanno la capacità di essere più versatili e trovano facile applicazione in molti ambiti, a differenza degli orologi meccanici che si dividono in categorie ben precise e delineate. Gli orologi da tasca si dividono in Lepine e Savonette. I Lepine hanno l’albero di carica all’ore 12 e il centro del movimento, la corona e la sfera dei secondi si trovano tutte sullo stesso asse. La cassa di questa tipologia di orologio non

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ha coperchio, ma solo un vetro per proteggere il quadrante. Nell’orologio Savonette, invece, la corona è posizionata in corrispondenza delle ore 3 e forma, con il centro dell’orologio e la lancetta dei secondi, un angolo di 90 gradi. Qui il quadrante e le lancette, oltre ad avere un vetro di protezione, hanno anche un coperchio di metallo, che si apre premendo il pulsante posto sulla corona dell’albero di carica. L’orologio da polso, come indica il nome, è progettato per essere portato al polso e la sua commercializzazione è iniziata circa negli anni Venti. Si distinguono in orologi senza e con lancetta dei secondi, e quest’ultimi possono essere con la lancetta centrata o decentrata rispetto il quadrante. Perché un orologio meccanico funzioni è necessario che la molla del bariletto sia armata. Questa può essere di due tipologie: a carica manuale, cioè tramite la rotazione manuale della corona, o a carica automatica, dove il movimento del braccio di chi lo indossa fa oscillare un blocco, la massa oscillante. Grazie ad una combinazione di


III. La misurazione del tempo

cricchetti e ruote i movimenti della massa oscillante caricano la molla del bariletto. Le applicazioni aggiuntive legate al mondo dell’orologeria vengono chiamate complicazioni, tra queste troviamo il calendario, che si divide in semplice e perpetuo. Il calendario semplice fornisce insieme all’ora l’indicazione del giorno del mese o anche il giorno della settimana. Il calendario perpetuo, invece, pur fornendo le stesse indicazioni, tiene conto anche automaticamente del numero variabile dei giorni dei differenti mesi, come degli anni bisestili, senza alcun intervento manuale. Per il calendario perpetuo viene anche utilizzata la funzione GMT (Greenwich Mean Time Zone), cioè il fuso orario di riferimento della Terra. Tale sistema considera i classici 24 fusi orari che differiscono l’uno dall’altro di un’ora, ma in realtà ve ne sono molti che, rispetto all’ora UTC (Tempo coordinato universale) più vicina, si discostano di frazioni di ora. Per assolvere a questa necessità, in orologeria dai primi anni Trenta, esiste una funzione che si chiama Ore del Mondo, capa-

ce di calcolare un totale di 37 fusi orari con uno scarto massimo di 15 minuti. Un’altra complicazione è lo svegliarino dotato di un segnale sonoro, attivabile ad un’ora determinata precedentemente. In gran voga dal XIX secolo quando l’illuminazione elettrica e le lancette luminescenti non esistevano ancora. Lo svegliarino a suoneria o a ripetizione presenta ancora oggi un pulsante sul bordo cassa, dal quale caricare il meccanismo che attiva la suoneria. Un orologio dotato di un meccanismo supplementare, che consente di procedere a misure di durata continua o finita, viene definito cronografo. Questo meccanismo, comandato da pulsanti, consente di far partire, arrestare e azzerare le sue lancette, sia quella dei secondi, sia quella dei minuti e delle ore. Una applicazione aggiuntiva, tanto affascinante nella sua costruzione quanto nella sua funzione, è il Tourbillon. Tourbillon è la parola francese, semplificazione di Regulateur à tourbillon, con cui si indica un meccanismo, inventato da Abraham-Louis Breguet e brevetta-

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15. Regulateur à tourbillon, la sua funzione è permettere la riduzione per compensazione delle irregolarità di marcia accusate dall’orologio a seconda della posizione in cui è posto, connesse all’azione della gravità terrestre.

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TEMPO E DESIGN

to il 26 giugno 1801, contenuto negli orologi meccanici a carica manuale o automatica. Il suo fine è permettere la riduzione, per compensazione, delle irregolarità di marcia, accusate dall’orologio a seconda della posizione in cui è posto, connesse all’azione della gravità terrestre. Sinteticamente, esso è costituito, nella sua forma più semplice, da una gabbia rotante attorno ad un asse centrale e contenente lo scappamento, l’àncora e il bilanciere con la relativa spirale. Grazie al moto circolare, che provoca il perpetuo spostamento del gruppo regolatore, il bilanciere si comporta come se l’orologio girasse lungo una circonferenza, illudendo la dilazione spazio-temporale.

Il meccanismo dei Fusi Orari Il fuso orario per l’ora locale viene impostato utilizzando la corona in alto a destra (1), la quale girando il suo alberino, attraverso ruote intermedie (2) comanda la ruota d’arresto dei fusi orari (3). Quest’ultima possiede quattro denti separati tra

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loro da un grande spazio per lasciare il comando, nei momenti in cui è a riposo, alla ruota centrale dei minuti (4). Ad ogni passaggio di un dente la ruota dei minuti (4) ruota di 90°, che in termini di indicazioni sul quadrante corrisponde a 15 minuti. Nello stesso tempo, grazie una ruota intermedia (5), la ruota stellare (6) gira di 90° e per effetto la doppia ruota (7) correlata avanza di un dente. Tutto ciò fa quindi avanzare di una posizione l’anello periferico (8) e l’anello con le città che riportano i codici IATA. La ruota a stella (6) e l’anello periferico (8) avanzano simultaneamente grazie all’intervento di una leva (10). Il meccanismo del Calendario perpetuo La ruota centrale delle ore (11) guida la ruota delle 24 ore (12) e al momento opportuno gira la ruota dell’indicazione delle 24 ore (13), la ruota a stella del giorno della settimana (14) e la ruota d’arresto del giorno (15). Quest’ultima, insieme alla ruota che si occupa di scandire


III. La misurazione del tempo

il mese (16), assicura che la ruota intermedia (17) e la ruota d’arresto del datario (18) avanzino un dente per volta o in corrispondenza della fine del mese di due, tre o quattro denti per volta. Una ruota intermedia (20) ha l’effetto sul quadrante di far avanzare di un passo l’indicazione del mese (21). Inoltre, alla fine dell’anno l’indicatore del ciclo degli anni bisestili assume una nuova posizione. La ruota d’arresto che permette di selezionare il giorno (15) è abbinata a un’altra detta di compensazione che si muove su quattro livelli. Il selettore dentato (22) fa avanzare la ruota libera da 31 giorni (23), che a sua volta fa scattare di una posizione quella del mese (16). Se un mese ha meno di 31 giorni, vengono chiamati in azione tre piccoli pignoni (24). Tali pignoni girano liberamente o vengono fermati da uno dei denti delle ruote chiamate programmate. Si chiamano così perché servono ad effettuare precise misurazioni. I dischi programmati (29, 30) avanzano di 30° ogni mese in modo tale che uno dei denti sia sempre diretto verso il dente di arresto (15) sino al punto in cui

un ulteriore avanzamento diventa necessario. Il disco programmato (30) ha perciò a disposizione cinque denti per avanzare, dal trentesimo giorno del mese al trentunesimo, nei mesi di febbraio, aprile, giugno, settembre e novembre (in sostanza tutti i mesi che non hanno 31 giorni). Il disco programmato (29) possiede un solo dente da far avanzare dal ventinovesimo al trentesimo giorno di febbraio. Alla terza delle quattro posizioni che il disco programmato (28) può assumere possiede un dente. In aggiunta, questa ruota compie un giro completo sul suo stesso asse una volta ogni quattro anni (ciclo degli anni bisestili). In questo modo la data avanza per tre anni successivi dal 28 al 29 febbraio, ma non al quarto riconosciuto come anno bisestile. Questo tipo di disposizione dei treni dei ruotismi è inconsueto per un calendario perpetuo, ed è stato necessario idearlo per permettergli di potersi muovere sia in avanti che in dietro, calcolando ovviamente sempre in maniera esatta il numero dei giorni alla fine di ogni mese.

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TEMPO E DESIGN

3.4. Orologi d’arte dal dopoguerra ai giorni nostri

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Nel 1947, il designer americano George Nelson fu incaricato di creare una collezione di orologi. Nelson ha analizzato il modo in cui le persone utilizzavano gli orologi e ha concluso che leggevano l’ora discernendo la

posizione relativa delle lancette, il che rendeva superfluo l’uso dei numeri; ed anche che gli orologi fossero diventati un elemento decorativo per gli interni.

A partire dal 1947, Irving Harper iniziò uno dei periodi più prolifici della sua carriera dopo essere stato nominato direttore del design alla Nelson Associates. Inventa: il Ball

clock, il primo orologio della produzione Nelson Associates, l’iconico Sunburst clock, il Marshmallow Sofa e tanti altri prodotti sono stati progettati.

Alessandro Mendini progetta per Kartell l’orologio da parete Crystal, in occasione del Salone del Mobile 2015. L’orologio ha una forte personalità supportata da un’abbagliante schema di colori, caratteristici di

Kartell. Crystal inteso sia come il cristallo del materiale plastico, sia in omaggio al palazzo dell’Esposizione Crystal Palace, nel quale fu allestita una parete di orologi.

Hand in Hand Clock del designer Yen-Wen Tseng, sviluppato come progetto universitario, crea una nuova relazione tra ore e minuti, dando una nuova dimensione alla rappresentazione del tempo. Collegando

la lancetta delle ore e dei minuti con due bracci piroettanti, l’orologio rappresenta un’interazione più efficace delle lancette mentre crea diverse forme d’arte sulla sua superficie.


III. La misurazione del tempo

Se montato su una parete, l’orologio Shadowplay assume le sembianze di un alone radioso illuminandosi. Posizionando un dito al centro del cerchio il sistema triangola le luci creando un’ombra che rivela le lan-

cette dei minuti e delle ore. Il design rende l’utente la parte più importante del concetto, in una combinazione contemporanea di artigianato, tecnologia e interazione umana”.

Caratteri moderni ma una forte appartenenza alla tradizione. Minimal Clock di Zuiver è stato progettato da

Rik Van Mierlo ispirato agli orologi a pendolo della sua vecchia abitazione.

Progettato di Inga Sempé, l’orologio in ceramica Guichet per Moustache reinterpreta in chiave contemporanea il vecchio cucù e il pendolo. Al posto delle ore 6 c’è un bilanciere di metallo. Classico a prima vista,

l’orologio è interessante per via delle leggere differenze che si possono notare solo prestando attenzione, appare rotondo ma è ovale, sembra bianco ma è grigio, ora è aperto ed ora chiuso.

Il gigantesco orologio Real Time Schiphol del designer olandese Maarten Baa, installato nell’aeroporto di Amsterdam Schiphol, sostituisce le lancette dell’orologio tradizionale

con una performance video di 12 ore. L’artista gioca tra il tempo di rappresentazione e il tempo rappresentato.

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TEMPO E DESIGN

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Il collettivo di design giapponese Bril, nel tentativo narrare la storia di un albero, ha riempito una cornice circolare di cedro con foglie che gradualmente sfumano dal verde

al marrone nel corso di un anno per creare un orologio annuale senza usare lancette o numeri. Un pendolo oscillante conferisce all’oggetto un aspetto più simile a un orologio.

L’orologio olfattivo, di Patrick Palcic, presentato all’IMM di Colonia, consente all’utente di sperimentare il passare del tempo in modo diverso. Invece delle lancette, 12 piccoli fori sono praticati attorno al perimetro del quadrante in rame. Ad ogni ora viene assegnata una fragranza

diversa, presente nel meccanismo del quadrante. Il piatto di rame gira lentamente, il profumo cola lungo la faccia di rame, che viene riscaldata per far evaporare il profumo. Inoltre ossida il metallo, lasciando segni più chiari sulla superficie.

Font Clock, di Sebastian Wrong per Established & Sons, presenta un meccanismo di inversione e visualizza la data e l’ora utilizzando una combinazione di 12 caratteri diver-

si. L’orologio combina la diversa visualizzazione di immagini, data dalle font, al rumore tipico di questo meccanismo di inversione.


III. La misurazione del tempo

Your Clock. L’orologio è fermo, finché non si decide di tirare la catenella e il tempo inizia a scorrere. Il concetto è nato dall’idea dell’uomo rispetto l’efficienza e agli effetti che gli orologi hanno sulla nostra

vita quotidiana. Il progetto offre all’utente un maggior controllo del cronometro, consentendo loro di smettere di concentrarsi sul passare del tempo e godersi il suo fluttuare.

Progettato nel 1978 gli orologi di Henning Koppel dal design minimalista sono stati aggiornati e rivisitati nel tempo, variando materiali, colori e applicazioni. Lasciando, però,

invariate le forme affusolate delle lancette e la semplicità grafica del quadrante. L’rologio al quarzo dalle linee pulite supera le mode e resta senza tempo.

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PARTE IV cc

Kado spazio al tempo

Il termine kado, com’è la parola tempo, ha origini molto remote. Associato ad un’antica pratica meditativa, compare in Cina più di 2000 anni fa; introdotto poi in Giappone, verrà sostituito dal termine Ikebana (fiori viventi). Nella sua accezione originaria significa proprio “porta, spazio vuoto”. Dare valore allo spazio vuoto, all’attimo, ad ogni momento del tempo e dello spazio. Questa prima accezione si è arricchita ulteriormente di un altro significato, “via dei fiori, arte di disporre i fiori”. Nella corsa del quotidiano si rischia di perdere di vista l’essenziale. Dare valore al tempo, questo è l’obiettivo di kado. Con kado ogni momento è importante e va pianificato perché nulla si perda. Ogni particella di tempo è giusta per cogliere la bellezza della vita, l’importanza del “tempo della coscienza” (H. Bergson), il “senso del tempo nella sua incommensurabilità” (I. Calvino).


TEMPO E DESIGN

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IV. Kado: spazio al tempo

4.1. Idea Il progetto kado si basa sulle analisi affrontate nei capitoli precedenti, sulla visione del tempo visto da più angolazioni. Non un’ennesima evoluzione dell’orologio come strumento di misurazione sempre più piccolo e sempre più preciso, ma un manufatto che riesca a concretizzare e a rendere tangibili i pensieri e le riflessioni riportate nei paragrafi precedenti. Determinante per l’ideazione di kado è stato il pensiero di Bergson. Henri Bergson sottolinea la molteplicità del tempo, prendendo in considerazione un nuovo aspetto: il tempo qualitativo. Per “tempo” siamo soliti considerare l’aspetto modulare, la misurazione matematica, ma questa non corrisponde alla reale esperienza del tempo. L’aspetto qualitativo fa riferimento al tempo del vissuto e deriva dal procedimento di sintesi della coscienza. Dare qualità al tempo significa anche pianificarlo e in questo ci aiuta il timer, che è l’applicazione pratica dell’intento di dare qualità al tempo, e quindi temporizzare le attività. Il time menagement, infatti, è la pianificazione degli impegni in

pacchetti temporali. L’intento del progetto è aumentare la consapevolezza dello scorrere del tempo, sia per le azioni concrete dell’immediato presente, sia per una concezione più olistica della storia, che agisce su un tempo più lungo. Uno strumento segnatempo come il timer trova un giusto utilizzo nella divisione del tempo in slot. Peter Drucker evidenzia l’importanza di “registrarsi per vedere la propria efficienza sugli impegni”; possiamo quindi affermare che registrare il tempo è utile per definire il suo valore nella giornata. Altrettanto importante per l’oggi è il tempo passato. Kado è legato, anche, ad una visione più amplia del tempo, confronta l’Accadde oggi di un tempo passato con ciò che accade nel presente. Alla domanda “A che serve la storia?” Marc Bloch risponde sostenendo che la storiografia analizza il passato in funzione del presente e viceversa. L’applicazione dell’Accadde Oggi ci porta a ragionare su cosa succedeva in quel momento in un’altra epoca, su come sono cambiati i costumi e la semantica e su come si potrebbero evolvere.

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TEMPO E DESIGN

Non un segnatempo da vedere per scappare, ma un segnatempo utile per fermarsi a ragionare. Kado ricopre anche una notevole funzione relazionale. Come evidenziato da Raffaella Tracchianesi, ogni oggetto ha per il gruppo sociale che lo usa funzioni e significati specifici. E il nostro segnatempo è pensato proprio per essere usato da un gruppo nei diversi momenti della giornata insieme. L’Accadde Oggi ricopre la funzione di aggregazione e di collegamento tra il tempo presente e il passato (M. Proust). La

TEMPO QUALITATIVO

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scansione del tempo, l’organizzazione dei momenti vissuti nella loro accezione di Kairos e di tempo soggettivo sono elementi fondamentali per kado. Simbologia e ritualità hanno costituito il canovaccio iniziale dell’approccio progettuale. Kado, oltre ad essere stato pensato per un uso collettivo, presenta nella sua componentistica una scala gerarchica: il timer dei minuti e delle ore, il calendario e l’Accadde oggi sono assimilabili alle tre tipologie di storia di F. Braudel (storia breve, intermedia e lunga).

TIME MENAGEMENT

L’IMPORTANZA DEL PASSATO


IV. Kado: spazio al tempo

4.2. Analogie a colori Grazie al continuo sviluppo tecnologico ora è possibile distribuire informazioni precise in tempo reale. Un aspetto importante di questo sviluppo è la tendenza, riconosciuta a più livelli, a preferire il messaggio visivo. Il messaggio iconografico è sicuramente più immediato del messaggio scritto e orale, e richiede meno attenzione e anche meno prerequisiti. Basti pensare all’iconografia medievale sulla vita dei santi, agli affreschi con funzione didascalica (Giotto, Vita di San Francesco d’Assisi). È possibile cogliere il messaggio con una semplice occhiata, a differenza di quanto accade con un discorso verbale. Per questo kado si rifà alle icone dello smartphone, all’interruttore on-off presente soprattutto nei sistemi operativi IOS. È un’immagine familiare a tutti, l’icona on-off ci fa subito pensare all’azione che si compie ogni sera prima di andare a letto, l’attivazione della sveglia. La scelta della forma di kado non è data solo dall’importante significato che ormai associamo con naturalezza all’icona, ma anche alla forma morbida e tondeggiante dell’icona stessa. Il cerchio è un’im-

magine ricca di simbolismi. Nel cerchio l’osservatore ritrova la linea “dell’eterno ricorso”, che non comincia né finisce, ma gira intorno a un centro invisibile ben definito, simile all’idea del corso del tempo, che non viene da nessun luogo e che non ha fine. Il cerchio ha indubbiamente una forte importanza simbolica, dovuta l’associazione con il sole e la luna. È tuttora associato alle ruote, ai meccanismi di ogni tipo e al viaggio, Senza la capacità di viaggiare la vita moderna, in un mondo in continua espansione, difficilmente potrebbe essere immaginata. Fin dall’invenzione della ruota, il cerchio è diventato anche simbolo del movimento. Il movimento non è quello della freccia che vola attraverso lo spazio, ma è costituito dall’immagine indiretta della ruota che muovendosi permette a se stessa e al veicolo soprastante di spostarsi. La sensazione di viaggiare e rotolare che si prova guardandola è attivata dai muscoli dell’occhio. Il fatto che il cerchio non ha inizio né fine dà a questo movimento circolare un certo senso di insicurezza, associato agli “eterni ricorsi”. La

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IV. Kado: spazio al tempo

direzione della rotazione è influenzata dal movimento delle lancette dell’orologio e della concezione del senso orario (cfr. pag. 44). In kado alla simbologia del cerchio si aggiunge anche la relazione tra i segni della stessa forma. Due cerchi adiacenti con un allineamento orizzontale esprimono una condizione di uguaglianza, mentre, due cerchi sistemati verticalmente evocano l’idea di gerarchia, di elementi superiori e inferiori. Analizzando il vano del timer all’interno della base notiamo come due cerchi con leggere differenze di raggio, disposti concentricamente, producono un’immagine elementare ed infantile. Mentre, la posizione del vano all’estrema destra rispetto la base dà una sensazione di equilibrio, sostenuta ad una componente spirituale. L’utilizzo del nero per la base non è casuale: produce un contorno molto netto, quasi bidimensionale, e conferisce alla forma la sua espressione assoluta, facendo risaltare le parti colorate.

L’importanza del colore Oggi, ancora più di ieri, il colore ha un ruolo determinante nella vita, negli stati d’animo e nella comunicazione. È in grado di influenzare lo stato psicologico ed emotivo di chi le osserva. Nell’arte il colore ha un ruolo fondamentale, basti pensare ai puntinisti Seurat e Signac, che si rifecero alle leggi ottiche di Chevreul e specialmente hai contrasti simultanei dei colori complementari, con l’intento di dare un fondamento scientifico al processo visivo e operativo della pittura. Nel 1910 Vasilij Kandinsky in Lo spirituale nell’arte definisce la sua teoria sul colore, secondo cui il colore agisce su due livelli, uno fisico e uno psichico. Parlare di psicologia del colore significa parlare di emozioni, di un linguaggio in grado di evocare sensazioni di piacere, di benessere, di entusiasmo e di vitalità. Il colore stimola il cervello in modi diversi, a tal punto che egiziani e cinesi in passato si servirono dell’effetto dei colori per guarire o favorire determinati stati di coscienza o stati emotivi. A questo principio si rifà la cronotera-

1. Solomon Sol LeWitt, Il Sole, sala Murat, Bari.

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TEMPO E DESIGN

pia, utilizzata oggi per diverse patologie. Anche l’arte antica era attenta alla scelta dei colori, ad esempio il rosso era per gli egiziani il riflesso della vita, della terra, della vittoria e anche dell’ira o della furia degli dei ostili. In realtà tutte le società hanno costruito sistemi simbolici in cui il colore ha un ruolo centrale, pensiamo al rosso del comunismo o all’azzurro del manto della Madonna. Le accezioni e i nomi dei colori, però, non sono univoche, ma cambiano da etnia a etnia. Se in occidente il colore del lutto è il nero, in Cina è il bianco. Le tribù della savana africana non fanno distinzioni tra verde e azzurro. Alcune popolazioni della Nuova Guinea, addirittura, non hanno nomi per i colori ed usano solo le espressioni chiaro e scuro, mentre gli eschimesi hanno coniato sette termini diversi per indicare il bianco, tonalità dominante nel loro mondo “di ghiaccio”. In occidente tutto il personale che lavora per la sicurezza delle persone, come i vigili del fuoco o gli addetti al primo soccorso, indossano divise dai colori vivaci perché in caso di necessità devono essere ben visibili e rintracciabili.

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Il verde del semaforo, colore che si ottiene con la somma di un colore caldo ed uno freddo e che ricorda la natura, quindi simbolo di equilibrio, è usato come segnale di via libera, mentre il rosso, colore decisamente caldo, associabile al colore del sangue, stimola maggiormente la nostra attenzione, e ci segnala un pericolo, anche gli errori nei compiti sono segnati in rosso! Il blu, invece, tende a “raffreddare” e calmare la mente, quindi i lampeggianti delle forze dell’ordine illuminano le scene di questo colore. Nel linguaggio simbolico non sempre vengono associati i colori agli stimoli emotivi, ad esempio nel Giappone imperiale il giallo poteva essere indossato solo da chi apparteneva alla famiglia reale, un’associazione simbolica prettamente culturale. Il colore, quindi, è molto più che un fenomeno ottico. Ogni colore ha un significato proprio e ha un determinato impatto sul cervello, pertanto la psicologia del colore è uno strumento fondamentale per il design. I colori degli impegni nei calendari digitali, gli evidenziatori con cui siamo soliti schematizzare


IV. Kado: spazio al tempo

i testi o le tonalità sgargianti dei grafici utilizzano gli elementi fondamentali per gli strumenti del time management: pianificazione rapida, dalla lettura non complessa. Kado si avvale del colore non come uso decorativo e puramente estetico, ma come protagonista ed entità simbolica. I colori, utilizzati per le ghiere del timer e per la visualizzazione del calendario sul display, sono pensati per una più immediata fruizione e per una maggior semplificazione delle azioni. Nella società delle immagini in cui viviamo il colore informa, seduce, narra e gerarchizza. Grazie ad un corretto uso del colore possiamo organizzare le informazioni, come nell’infografica, valorizzare e distinguere i prodotti. E soprattutto il colore, nell’esperienza quotidiane di ciascuno, piace. Tutto questo accade grazie alle abitudini cromatiche, l’uomo osserva, sceglie e impara finché queste consuetudini non standardizzano la percezione e il colore comincia a parlare da solo, al punto da essere naturalizzato. Kado utilizza, quindi, l’icona on-off per il suo intrinseco valore simbolico

e il colore per la sua forza espressiva e comunicativa rispetto alla nostra psiche. Forma e colore sono gli elementi che utilizza Sol LeWitt nelle sue opere minimaliste. Particolarmente incisiva sul progetto è stata l’opera Il Sole esposta a Spazio Murat, a Bari. Un vortice di colori investe l’osservatore in un unico movimento circolare. Il ritmo vivace dell’avvicendarsi dei colori primari e secondari infonde energia positiva e benessere.

Disco cromatico di Johannes Itten.

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Schizzi preparatori del progetto

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IV. Kado: spazio al tempo

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4.3. Design details Kado è composto da tre elementi: due timer ed una base, uniti da magneti in un unico elemento. Ognuno di questi tre elementi è formato da singoli tasselli.

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- La base (pag. 113, fig. A) La base comprende: un display circolare (D), il vano per i due timer (E) e il carrello (F). Il piccolo carrello, delle dimensioni 6.0 x 6.6 cm, è dotato di una piccola placchetta metallica con i fori per il fissaggio alla parete tramite fischer, e funge da supporto alla base. In relazione alla sua posizione sulla parete si decide l’allineamento della base, che può essere orizzontale per un maggior senso di equilibrio o verticale per un senso di gerarchia (cfr. pag. 107), o più semplicemente per una questione logistica e di organizzazione di spazi. All’interno del carrello è presente un piccolo vano che ospita la chiave esagonale, con la quale è possibile avvitare i fischer per il fissaggio della base e smontare il timer, in modo da avere tutti gli strumenti per l’utilizzo di kado a portata di mano.


IV. Kado: spazio al tempo

Sul display LCD (D) si visualizza il calendario e l’Accadde Oggi. È possibile impostare il calendario, posto nella parte inferiore del display (D.1), tramite un’applicazione dedicata sui dispositivi mobili (D.2). Gli impegni dell’agenda, descrivibili con più voci (data, ora, tipo di evento, tipo di preavviso, notifica) sono anche evidenziabili con lo stesso colore che andrà a illuminare l’intero display il giorno prestabilito. La scelta del colore viene fatta in base ad una gerarchia sull’importanza dell’evento, all’interno di un sistema asimmetrico di graduazione e orga-

nizzazione, basato su un rapporto tra superiore e inferiore, tra eventi importanti e non. In Accadde Oggi, visualizzabile nella parte superiore del display (D.3), viene trattato, invece, il “tema del ricordo”. Marc Bloch e Marcel Prust (cfr. pag. 34) affermano che il passato non deve essere considerato solo come tempo passato e che, piuttosto, i suoi confini si dilatano fino ad abbracciare il presente, per instaurare tra le due dimensioni temporali un fitto scambio dialettico. Attraverso il ricordo degli eventi passati, comparabili al presente

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IV. Kado: spazio al tempo

grazie alla condizione comune della data, creiamo dei rapporti rituali con il collettivo, ragioniamo sull’evoluzione degli strumenti, della cultura e dei rapporti umani. L’Accadde Oggi introduce ad una visione antropologica del quotidiano e della cultura del momento, sviluppa la connessione tra l’hic et nunc e il passato, amplia il proprio punto di vista e stimola il ragionamento. Tale sistema è realizzabile attingendo ad un archivio personale o avviando la collaborazione con siti web dedicati come l’archivio di Rai Cultura, il blog accaddeoggi.it o la sezione This dai in history di historycannel.com. - Il timer (pag. 113, fig. B-C) Il timer è lo strumento per il controllo sul tempo, per parcellizzarlo in base alle azioni da svolgere e per aumentare la consapevolezza del suo trascorrere. Utilizzato in molte tecniche del time management, come la tecnica del pomodoro di Cirillo (cfr. pag. 60), è uno strumento indispensabile per dare valore alla frazione di tempo che si decide di organizzare: 2 ore per la lettura, 30

minuti per l’attività fisica, e così via. Il timer di kado suddivide i suoi compiti su due ghiera: la ghiera dei minuti (60 min.) e quella delle ore (24 h). La divisione della giornata in pacchetti temporali aiuta a concentrare l’attenzione sul lavoro, eliminando le distrazioni e aumentando, quindi, le prestazioni in maniera esponenziale. La legge di Pareto conferma che il 20% di quello che di realizza determinerà l’ 80% dei risultati. Programmare le sveglie in base a quante ore devono trascorrere ci aiuta a riflettere sulla qualità del tempo e sulla quantità necessaria per un’azione; ad esempio, il sonno è un alternarsi di cicli da 90-100 minuti, quindi è consigliato dormire per 7:30 / 8 ore. Questo avviene per qualsiasi attività. Pensare all’intervallo di tempo che deve trascorrere impostando una determinata ora è un ragionamento completamente diverso dal pensare ad un’ora impostando l’intervallo di tempo. Quindi se alle ore 12:00 impostiamo una sveglia per le ore 19:00 non è come impostare alle 12:00 un timer per 7 ore. Nel primo caso siamo proiettati nel futuro, pensando alle azioni da

2. Pablo Picasso, Guernica, dipinto olio su tela, esposto in occasione dell’esposizione universale di Parigi, raffigurante il bombardamento della città spagnola Guernica del 1937, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia, Madrid.

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TEMPO E DESIGN L

G

H

I

M G

I

H

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IV. Kado: spazio al tempo

svolgere subito dopo lo scattare della sveglia; nel secondo caso, invece, ci soffermiamo sul tempo che deve trascorrere prima che la sveglia suoni. Quindi, diamo più valore al tempo, evitando distrazioni che ci distolgono dal presente. Il timer di kado e composto da tre dischi: la base (G), la ghiera delle ore (H) e la ghiera dei minuti (I). Questi tre elementi sono tenuti insieme da altri due tasselli: la testa superiore (L) metallica e la testa inferiore (M) dotata di un disco magnetico e del foro per il bullone. Nella parte centrale delle due teste è presente la filettatura per il bullone, che le andrà ad unire. Una volta smontate le due teste con l’utilizzo della chiave esagonale, si nota per intero la ghiera dei minuti composta a sua volta da tanti piccoli tasselli colorati, ognuno indicante una determinata porzione di tempo. Tutti i tasselli, attraverso un piccolo incastro tenone-mortasa, vengono fissati sul binario principale collegato direttamente al ruotismo del timer. Lo stesso avviene nella ghiera delle ore. La pianificazione del tempo di ognuno è data dall’ordine

dei pacchetti temporali colorati, ma ogni azione ha una pianificazione differente, per questo è l’utente che sceglie il susseguirsi delle diverse temporalità. Ricordiamo che, affinchè una routine venga definita tale, è essenziale la ripetizione. Ci vogliono dai 21 ai 66 giorni per creare un’abitudine, quindi la possibilità di cambiare sempre l’ordine dei colori è giustificata dal passaggio da utente a utente, da una pianificazione all’altra, e non dall’utilizzo dello stesso. Kado restituisce valore al tempo. Interagisce con il passato, dà significato al tempo presente e pianifica il futuro, immediato e a lungo termine.

MINUTI

ORE

CALENDARIO

ACCADDE OGGI

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TEMPO E DESIGN

4.4. Prototipo

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IV. Kado: spazio al tempo

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TEMPO E DESIGN

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IV. Kado: spazio al tempo

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TEMPO E DESIGN

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IV. Kado: spazio al tempo

A pag. 122-123: fase di realizzazione del prototipo con stampante 3D. Da pag.124 a 127: foto del prototipo.

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Glossario Biotemporalità - Il mondo possiede il passato, presente e futuro. Attraverso questa temporalità i sistemi viventi sincronizzano in molti orologi biologici che scandiscono il tempo. Cronobiologia (Crono (Κρόνος) = tempo, Bio (βίος) = vita, Logia (λογία)= studio) - Studio dell’attività biologica in funzione del tempo, cioè dei ritmi che la contraddistinguono. È una branca della biologia che studia i fenomeni periodici (ciclici) negli organismi viventi e loro adattamenti ai relativi ritmi solari e lunari, ritmi biologici. Kairos (Καιρός) – Divinità greca, personificazione e divinizzazione del momento opportuno, e come tante altre divinità sorte dalla personificazione di un’idea, appartiene ad età abbastanza tarda. È ricordato a partire dal 5° sec. a.C., quando Ione di Chio gli dedicò un inno, in cui lo celebra come il più giovane figlio di Zeus. A Sicione si trovava una statua del K. scolpita da Lisippo. Kinesis (κίνησις) - Movimento, attività di una cellula o di un organismo in risposta ad uno stimolo. Kronos (Κρόνος) - Divinità cosmogonica, analoga al dio hurrita Kumarbi. In Omero K. è figlio di Rhea, fratello di Posidone, Zeus e Ade, ma già in Esiodo K. è il padre di tutti gli dèi olimpici. Ben presto, poi, avvenne nel pensiero greco una assimilazione della figura mitica di K. con il concetto di Chronos, il tempo distinto da Aion e Kairos, inteso come entità non assoluta ma in relazione ad altro, generalmente in relazione alla vita umana. Tempo ciclico - O tempo circolare, vede l’universo come un continuo prodursi e disporsi, in sequenza eterna ed infinita. Tempo lineare - Concezione del tempo come realtà compresa fra due punti (inizio e fine) e quindi rappresentato da una linea.

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Bibliografia Agostino Aurelio, Le confessioni, San Paolo Edizioni, Collana Spiritualità. Maestri. Seconda serie, Milano, 2001. Argan Giulio C. - Bonito Oliva Achille, L’ arte moderna 1770-1970 - L’arte oltre il Duemila, Sansoni Editore, collana Biblioteca aperta Sansoni, II edizione, Milano, 1988. Bassi Alberto, Design – Progettare gli oggetti quotidiani, edizione Il Mulino, collana Farsi un’idea, Bologna, 2013. Bergson Henry, Saggio sui dati immediati della coscienza, traduzione di F. Sossi, edizione Cortina Raffaello, collana Saggi, Milano, 2002. Bloch M. e Febvre L., Annales d’histoire économique et sociale, rivista fondata nel 1929. Bloch Marc, Apologia della storia o Mestiere di storico, edizione Einaudi, Collana Piccola biblioteca Einaudi. Nuova serie, II edizione, Torino, 2009. Braudel Fernand, Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II, Einaudi, II volume, Torino, 1986. Calvino Italo, Il sentiero dei nidi di ragno, edizione Oscar Mondadori, VI edizione, Milano, 2016. Calvino Italo, Vivere ogni secondo per vincere il tragico divenire, intervista di Michele Neri, pubblicata in «Panorama mese», IV, 1, gennaio 1985. Cirillo Francesco, The Pomodoro Technique, editore Currency, 2018. Colombi - Lupo, La natura relazionale degli artefatti - Processi di significazione della cultura contemporanea, saggio in “Humanities Design Lab”, Seminario tematico a cura di Manuela Celi ed Elena Formia, 2016.

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Ringraziamenti Il mio grazie va prima di tutto al professor Vincenzo Bagnato, non solo per avermi guidato nella scelta dell’argomento della tesi, ma anche per avermi fornito di volta in volta linee metodologiche tali da farmi appassionare sempre più. Lavorare sul rapporto uomo-tempo, dall’antichità ai giorni nostri, con un approccio sia umanistico che tecnico, mi ha incuriosito e arricchito. Ogni approfondimento diventava stimolo per quello successivo, proprio come l’etimologia stessa di studio ci suggerisce (dal lat. studium = applicazione, zelo, amore, passione). Chiaramente un grande grazie va alla mia famiglia e ai miei amici più cari. In diversa misura, ma tutti mi hanno aiutato e sostenuto. A loro dedico questi versi di Pirandello e la consapevolezza che il tempo “più bello” è quello dedicato agli affetti.

E l’amore guardò il tempo e rise, perché sapeva di non averne bisogno. Finse di morire per un giorno, e di rifiorire alla sera, senza leggi da rispettare. Si addormentò in un angolo di cuore per un tempo che non esisteva. Fuggì senza allontanarsi, ritornò senza essere partito, il tempo moriva e lui restava.

Luigi Pirandello

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