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Avellino L'intervento

S e ^ e dalla prima pagina

La favolosa speranza Paolo S a g g e s e *

// favoloso Leopardi e la lezione di De Sanctis Paolo S a g g e s e *

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no dei modi più efficaci per avvicinare il grande pubblico alla poesia è certamente il linguaggio del cinema, che attraverso la multimedialità riesce a smuovere e scuotere con efficacia le menti e i cuori degli spettatori. D'altra parte, un poeta sublime come Giacomo Leopardi, che è forse l'autore più affascinante della Letteratura italiana insieme a Ugo Foscolo, già quasi per una sua natura speciale ha sempre affascinato anche gli animi e le menti più impermeabili alla poesia.

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Soprattutto ha conquistato i giovani, perché ha saputo raccontare da genio precoce il mondo dei giovani, le illusioni, le speranze, le gioie e i dolori, le aspettative, le illusioni e le frustrazioni degli uomini di ieri, di oggi e di sempre. In tal senso, il film di Mario Mattone «Il giovane favoloso» e il libro sceneggiatura firmato insieme a Ippolita di Majo (che saranno presentati al Cinema Nuovo di Lioni oggi allel7)sonounesempiostraordinariamenteriuscitodi rendere universale la bellezza della poesia. Di questo, dunque, si parlerà con Mario Mattone e Ippolita di Majo a Lioni, ospiti del Cinema di Alfonso e Ro-

berto D'Amelio, e del Parco Letterario Francesco De Sanctis, il cui coor dinatore Mario Salzarulo ha voluto fortemente questa iniziativa, che si svolgerà nel segno del magistero de sanctisiano. In effetti, il giovane favoloso, il cui titolo deriva da un brano di Anna Maria Ortese, ben si addice all'idea, che Francesco De Sanctis ci fornisce del poeta di Recanati soprattutto nel famoso «Schopenhauer e Leopardi. Dialogo tra A e D» in cui, in un punto centrale dello scritto, l'intellettuale di Morra afferma: «Leopardi produce l'effetto contrario a quello che si propone. Non crede al progresso, e te lo fa desiderare; non crede alla libertà, e te la fa amare. Chiama illusioni l'amore, la gloria, la virtù, e te ne accende in petto un desiderio inesausto. E non puoi lasciarlo, che non ti senta migliore; e non puoi accostartegli, che non cerchi innanzi di raccoglierti e purificarti, perché non abbi ad arrossire al suo cospetto. È scettico, e ti fa credente; e mentre non crede possibile un avvenire men tristo per la patria comune, ti desta in seno im vivo amore per quella e t'infiamma

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a nobili fatti. Ha così basso concetto dell'umanità, e la sua anima alta, gentile e pura l'onora e la nobilita. E se il destino gli avesse prolungata la vita infino al Quarantotto, sentì che te l'avresti trovato accanto, confortatore e combattitore». Insomma, Leopardi appare a De Sanctis come un giovane utopista, tormentato da una visione pessimi stìca dell'esistenza, ma preso da un profondo desiderio di lotta titanica perun mondo e per un'esistenza differenti. Nel libro e nel film c'è una cura fìlologicanotevole: nella sceneggiatura in particolare, si possono cogliere citazioni contìnue da lettere, poesie, pensieri di Leopardi, dei suoi familiari, dei suoi amici, degli intelletmali più importantideO'epoca, e dunque di Pietro Giordani, di Antonio Ranieri e degli scrittori, che motavano intorno al Gabinetto Vieusseux. Mancano, invece, gli intellettuali napoletani, almeno nel libro, più presente è il popolino, che rivolge momentì di disprezzo e di affetto vero nei riguardi di questo «ranavuottolo», e c'è il Vesuvio con la sua grandiosa forza distì-utti-ice. Ci

sono poi Hecanati e Firenze, Monaldo, legato da amore per il figlio ma incapace di comprenderlo, Adelaide, fredda e lontana, i fratelli adorati e complici, gli amori sublimi per Silvia o Fanny o per le prostìmte di Napoli. C'è la storia di un uomo troppo grande per essere felice e troppo debole per essere come gli altri. Ancora una volta ci viene in aiuto France SCO De Sanctìs, quando racconta ne «La giovinerza» di un incontro avuto con il Conte Leopardi presso la scuola del marchese Basilio Puoti: «Ecco entrare il conte Giacomo Leopardi. Tutti ci levammo in pie, mentre il marchese gli andava incontro. Il Conte ci ringraziò, ci pregò a voler continuare i nostìi studi. Tuti;i gli occhi erano sopra di lui. Quel colosso della nostra immaginazione ci sembrò, a primo sguardo, una meschinità. Non solo pareva un uomo come gli altri, ma al disotto degli altri. In quella faccia emaciata e senza espressione tutta la vita s'era concentrata nella dolcezza del suo sorriso». • Parai letterario Francesco De Saìictis ©RIPRODUZIONE RISERVATA


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