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Laura Elizabeth Ingalls Wilder (Pepin, 1867 - Mansfield, 1957) aveva appena quattro anni quando suo padre decise di lasciare il Wisconsin per cominciare una nuova vita nei territori messi a disposizione dei coloni dal governo americano. Fu solo il primo dei numerosi spostamenti che la famiglia dovette affrontare in quegli anni. Studentessa brillante, nonostante i lunghi soggiorni in zone isolate e prive di scuole, Laura riuscì a coronare il sogno di dedicarsi all’insegnamento. Dalle sue memorie sviluppò la saga letteraria Little House, che ebbe un grandissimo successo. Dal terzo dei nove volumi scritti dalla Ingalls, prese avvio l’omonima serie televisiva, che in Italia è andata in onda innumerevoli volte ed è amatissima, come ovunque nel mondo.
“Oggi il lettore italiano sembra chiedere alla letteratura qualcosa di diverso: paesaggi rurali, piccole città e fattorie isolate. È l’altra America, che in Italia arrivò per la prima volta con un telefilm degli anni Settanta decisamente iconico: La casa nella prateria” Vanni Santoni, la Lettura - Corriere della Sera
Laura e Almanzo Wilder, appena sposati, cominciano con grandi speranze la loro vita insieme in una casetta nella prateria. Ma ogni stagione porta inattesi disastri: tempeste, malattie, incendi, debiti. I due giovani non intendono però lasciarsi abbattere. Anche perché ora la famiglia è cresciuta…
L’incurabile ottimismo del contadino che tutte le primavere semina i campi, scommettendo il suo lavoro contro gli elementi, si era fuso con il credo dei pionieri, da cui discendeva quella loro perenne convinzione che “più in là è meglio”. Solo che quel “più in là” non si trovava più oltre il lontano orizzonte dell’Ovest, ma oltre l’orizzonte degli anni.
“La Ingalls è perfetta nel raccontare la meraviglia dell’erba che vibra nel vento, la vita spartana in armonia con la natura, le vicissitudini, le battaglie, le malattie, la solidarietà” Bruno Ventavoli, ttL - La Stampa
“Alla fine ogni episodio diventa una magnifica avventura dove sono i valori dell’amicizia, del rispetto e della solidarietà a far superare le difficoltà, e dove prevalgono i gesti semplici e genuini” Francesca De Sanctis, l’Unità
Immagine di copertina: © Mary Wethey / Trevillion Images Illustrazioni e lettering: Pemberley Pond Progetto grafico: Camille Barrios / ushadesign
La serie completa: 1. La casa nella prateria 2. Sulle rive del Plum Creek 3. Sulle sponde del Silver Lake 4. Il lungo inverno
5. Piccola città del West 6. Gli anni d’oro 7. I primi quattro anni Nei Grandi Boschi del Wisconsin La storia di Almanzo
Quello che abbiamo è tutto qui: una sorta di grado zero, l’alba di un romanzo della nostra serie. Tanto più interessante perché ci dà una misura di realismo che manca negli altri volumi, più elaborati. Ecco com’era davvero, ci viene da pensare, la vita dei coloni americani di fine Ottocento. La cosa più appassionante, però, è che l’essenzialità e semplicità di questo libro, il suo evidente carattere di incompiutezza, gettano luce, per così dire a ritroso, su tutti i volumi precedenti. È nella differenza tra questo – così scarno, ma dal sapore molto più realistico – e gli altri, più compiuti, più costruiti ma molto più “mitici”, che si chiarisce il senso e l’intenzione dell’intera serie. dall’introduzione di Paola Mazzarelli
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Laura Elizabeth Ingalls Wilder (Pepin, 1867 - Mansfield, 1957) aveva appena quattro anni quando suo padre decise di lasciare il Wisconsin per cominciare una nuova vita nei territori messi a disposizione dei coloni dal governo americano. Fu solo il primo dei numerosi spostamenti che la famiglia dovette affrontare in quegli anni. Studentessa brillante, nonostante i lunghi soggiorni in zone isolate e prive di scuole, Laura riuscì a coronare il sogno di dedicarsi all’insegnamento. Dalle sue memorie sviluppò la saga letteraria Little House, che ebbe un grandissimo successo. Dal terzo dei nove volumi scritti dalla Ingalls, prese avvio l’omonima serie televisiva, che in Italia è andata in onda innumerevoli volte ed è amatissima, come ovunque nel mondo.
“Oggi il lettore italiano sembra chiedere alla letteratura qualcosa di diverso: paesaggi rurali, piccole città e fattorie isolate. È l’altra America, che in Italia arrivò per la prima volta con un telefilm degli anni Settanta decisamente iconico: La casa nella prateria” Vanni Santoni, la Lettura - Corriere della Sera
Laura e Almanzo Wilder, appena sposati, cominciano con grandi speranze la loro vita insieme in una casetta nella prateria. Ma ogni stagione porta inattesi disastri: tempeste, malattie, incendi, debiti. I due giovani non intendono però lasciarsi abbattere. Anche perché ora la famiglia è cresciuta…
L’incurabile ottimismo del contadino che tutte le primavere semina i campi, scommettendo il suo lavoro contro gli elementi, si era fuso con il credo dei pionieri, da cui discendeva quella loro perenne convinzione che “più in là è meglio”. Solo che quel “più in là” non si trovava più oltre il lontano orizzonte dell’Ovest, ma oltre l’orizzonte degli anni.
“La Ingalls è perfetta nel raccontare la meraviglia dell’erba che vibra nel vento, la vita spartana in armonia con la natura, le vicissitudini, le battaglie, le malattie, la solidarietà” Bruno Ventavoli, ttL - La Stampa
“Alla fine ogni episodio diventa una magnifica avventura dove sono i valori dell’amicizia, del rispetto e della solidarietà a far superare le difficoltà, e dove prevalgono i gesti semplici e genuini” Francesca De Sanctis, l’Unità
Immagine di copertina: © Mary Wethey / Trevillion Images Illustrazioni e lettering: Pemberley Pond Progetto grafico: Camille Barrios / ushadesign
La serie completa: 1. La casa nella prateria 2. Sulle rive del Plum Creek 3. Sulle sponde del Silver Lake 4. Il lungo inverno
5. Piccola città del West 6. Gli anni d’oro 7. I primi quattro anni Nei Grandi Boschi del Wisconsin La storia di Almanzo
Quello che abbiamo è tutto qui: una sorta di grado zero, l’alba di un romanzo della nostra serie. Tanto più interessante perché ci dà una misura di realismo che manca negli altri volumi, più elaborati. Ecco com’era davvero, ci viene da pensare, la vita dei coloni americani di fine Ottocento. La cosa più appassionante, però, è che l’essenzialità e semplicità di questo libro, il suo evidente carattere di incompiutezza, gettano luce, per così dire a ritroso, su tutti i volumi precedenti. È nella differenza tra questo – così scarno, ma dal sapore molto più realistico – e gli altri, più compiuti, più costruiti ma molto più “mitici”, che si chiarisce il senso e l’intenzione dell’intera serie. dall’introduzione di Paola Mazzarelli
UAO Universale d’Avventure e d’Osservazioni
Laura Ingalls Wilder I primi quattro anni traduzione di Paola Mazzarelli ISBN 978-88-3624-109-5 Seconda edizione italiana luglio 2021 ristampa 6 5 4 3 2 1 0 anno 2025 2024 2023 2022 2021 © 2018 Carlo Gallucci editore srl - Roma Titolo dell’edizione originale: The First Four Years Testo © 1971 Little House Heritage Trust La presente edizione è pubblicata in accordo con HarperCollins Publishers - New York, Usa
galluccieditore.com
Tutti i diritti riservati. Senza il consenso scritto dell’editore nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma e da qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, né fotocopiata, registrata o trattata da sistemi di memorizzazione e recupero delle informazioni.
Laura Ingalls Wilder
I primi quattro anni La casa nella prateria romanzo 7
traduzione di Paola Mazzarelli
Perché questo romanzo è diverso
I primi quattro anni comincia dove abbiamo lasciato i nostri protagonisti in Gli anni d’oro: Laura e Almanzo, pieni di aspettative e di progetti per il futuro, cominciano la loro vita insieme. Siamo arrivati così all’ultimo dei romanzi autobiografici di Laura Ingalls: il nono della serie La casa nella prateria secondo l’edizione originale, che numera i volumi nell’ordine in cui vennero dati alle stampe, il settimo secondo la nostra edizione, che per ragioni di coerenza interna della narrazione prevede in chiusura la pubblicazione dei numeri uno e due dell’edizione americana. Il lettore nota subito che I primi quattro anni è più smilzo dei volumi precedenti. Quando comincia a leggere scopre che le prime pagine ripetono, con piccole varianti, i fatti descritti alla fine di Gli anni d’oro, cioè le vicende del matrimonio di Laura e Almanzo e la descrizione della casa sulla concessione a bosco di Almanzo, dove la coppia va ad abitare. Si aggiunge la sorpresa di scoprire che Almanzo, che con questo esotico nome abbiamo imparato a conoscere e amare, qui viene chiamato con il diminutivo affettuoso (e probabilmente reale) Manly. Ma siccome non ne siamo avvertiti, lì per lì ci sorprendiamo a chiederci: ma chi è costui? 5
I primi quattro anni
Quello che però colpisce di più, proprio nelle prime pagine, e poi via via in tutto il libro, è l’atmosfera diversa che si percepisce rispetto ai volumi precedenti. È curioso, per esempio, che Laura esprima una decisa avversione a diventare moglie di un agricoltore – quale è e vuole essere Almanzo – quando di questa avversione non si fa il minimo cenno in Gli anni d’oro, che pure racconta la storia del corteggiamento. Ma Laura qui è un personaggio un po’ diverso da quello che conosciamo: la ragazza riflessiva, appassionata, generosa e ottimista, che nessuna difficoltà sembrava in grado di piegare, è diventata una giovane donna che rischia di soccombere alle avversità, a tratti insofferente ed esasperata, tanto che a un certo punto dichiara di odiare la vita che conduce. Il che è comprensibile, se consideriamo che questo è il volume più autobiografico e meno romanzato di tutti. E il fatto che il libro si chiuda con una nota positiva, di ottimismo e fiducia negli ideali dei pionieri, non cancella le ombre che il lettore avverte tra le righe. In queste ombre c’è qualcosa di più realistico e plausibile di tutto quello che abbiamo letto nei volumi precedenti: si ha l’impressione che questa sia la “storia vera”. Anche Almanzo appare un po’ cambiato: l’abbiamo conosciuto nelle vesti di un giovane eroe sagace, accorto, affidabile, capace di compiere imprese mirabolanti – come la famosa corsa contro il tempo (e il maltempo) per rifornire di frumento la popolazione affamata di De Smet – e troviamo un uomo altrettanto ostinato e caparbio, ma assai meno accorto, a tratti anche ingenuo nel suo inguaribile ottimismo e nella leggerezza con cui si espone ai colpi, innegabilmente feroci, della sfortuna. Di nuovo, una figura meno eroica, meno idealizzata, ma forse più reale. Intorno ai due protagonisti e alla storia della loro battaglia contro la sorte avversa che li perseguita c’è il vuoto: sono sparite, o ridotte al ruolo di comparsa, tutte le figure che davano varietà al racconto 6
Perché questo romanzo è diverso
nei volumi precedenti: familiari di Laura, vicini, amici, altri abitanti della cittadina, bottegai, maestri, compagni di scuola… È scomparsa anche la cittadina, con la sua crescita tumultuosa e avventurosa, qui ridotta a un luogo fuori campo. Ed è scomparsa perfino la prateria, così amorosamente e appassionatamente descritta nei volumi precedenti, che qui esiste solo come fondale da cui emergono eventi catastrofici. Mancano anche gli elementi di contorno che facevano di questa serie una piccola epopea del West: la costruzione della ferrovia, con i cantieri e la vita degli operai, le storie della frontiera (storie di cercatori d’oro, di lotte con gli Indiani, di continui spostamenti a Ovest, di interventi dell’esercito), le istituzioni con cui il West veniva dandosi coscienza e organizzazione di Stato (scuole, chiese, feste patriottiche…) Tutto questo negli altri volumi c’era, a dare spessore alla storia. Qui, invece, non c’è. Perché? Che cosa è successo? Si chiede il lettore. I primi quattro anni è in realtà un’opera postuma: alla morte di Laura Ingalls il manoscritto fu trovato tra le sue carte dalla figlia Rose e alla morte di Rose passò al suo erede ed esecutore testamentario, Roger Lea MacBride, il quale lo dette alle stampe anni dopo, nel 1971, senza apportare modifiche al testo. Non c’è dubbio che si tratta di un’opera incompiuta. O meglio, di un abbozzo, una sorta di brogliaccio, che Laura scrisse forse negli Anni Quaranta, probabilmente con l’intenzione di fermare sulla carta i fatti salienti dei suoi primi quattro anni di matrimonio, per poi trarne un volume sul modello dei precedenti. Perché in seguito non l’abbia fatto non è chiaro. È stato ipotizzato che con la morte di Almanzo, nel 1949, avesse perso interesse al progetto. Fatto sta che il manoscritto rimase nel cassetto. È proprio questo che lo rende interessante. Intanto perché ci offre l’occasione di sbirciare, come da dietro le spalle, la 7
I primi quattro anni
nostra autrice all’opera: sta mettendo insieme i fatti che vuole raccontare, senza preoccuparsi troppo di “vestirli” con la scrittura. Il libro è semplice, quasi un po’ grezzo nella forma: per ora le importa buttare giù una traccia. Questo spiega l’essenzialità della narrazione, la scarsità – o meglio, la scelta – dei dettagli (quanti conti, per esempio, in queste poche pagine: spese, debiti da pagare, cambiali…), la mancanza degli elementi di contorno. Ed è per questo che Laura poco si cura se traspaiono anche l’insofferenza, il disagio, la disperazione. È possibile, inoltre, come è stato sostenuto, che questo libro nelle intenzioni dovesse diventare altro, forse un libro per adulti. Si tratta, in ogni caso, di ipotesi che lasciano il tempo che trovano. Quello che abbiamo è tutto qui: una sorta di grado zero, l’alba di un romanzo della nostra serie. Tanto più interessante perché ci dà una misura di realismo che manca negli altri volumi, più elaborati. Ecco com’era davvero, ci viene da pensare, la vita dei coloni americani di fine Ottocento. La cosa più appassionante, però, è che l’essenzialità e semplicità di questo libro, il suo evidente carattere di incompiutezza, gettano luce, per così dire a ritroso, su tutti i volumi precedenti. È nella differenza tra questo – così scarno, ma dal sapore molto più realistico – e gli altri, più compiuti, più costruiti ma molto più “mitici”, che si chiarisce il senso e l’intenzione dell’intera serie. Poco importa sapere se la costruzione della serie come la leggiamo sia stata solo opera di Laura Ingalls, o se, e in quale misura, altri vi abbiano messo mano (la figlia Rose, a sua volta scrittrice, gli editor della casa editrice, o altri ancora). A noi lettori importano i libri come ci arrivano tra le mani. Ed è evidente, anche proprio per il contrasto con questo ultimo volume, che la serie fu pensata per descrivere (ai ragazzi) l’epopea della frontiera. La seconda frontiera, quella dei coloni che, affiancati e sostenuti dalla costruzione delle ferrovie transcon8
Perché questo romanzo è diverso
tinentali, e attirati da un accorto programma di distribuzione delle terre, andavano spostandosi via via verso Ovest, trasformando la terra vergine delle praterie centrali – qui siamo nel Sud Dakota – nel granaio d’America. Si tratta di una descrizione mitizzata, idealistica, chiaramente intesa a far sì che le vicende biografiche della famiglia Ingalls diventino simboliche di un’intera generazione, di un’epoca, di un momento della costruzione del mito americano. La serie fu scritta tra gli Anni Trenta e l’inizio degli Anni Quaranta, cioè circa cinquant’anni dopo i fatti che narra: quella frontiera non esiste più, le ferrovie sono da tempo e con vari itinerari arrivate al Pacifico, l’America è diventata una grande potenza. Una potenza giovane, che ha bisogno di crearsi dei miti fondanti: la letteratura serve anche a questo. Ecco, questa è la vera differenza tra quest’ultimo libro e i precedenti: quello che c’è in più, negli altri volumi, rispetto a questo è la scrittura, il fare di una storia – interessante, ma pur sempre individuale – un’opera letteraria che, in quanto tale, sopravvive all’epoca e alle situazioni da cui scaturisce. E infatti i volumi della Casa nella prateria hanno appassionato e tuttora appassionano intere generazioni di lettori. Non solo e non necessariamente giovani. PAOLA MAZZARELLI
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Introduzione
Questo libro comincia dove finisce il volume precedente della serie, Gli anni d’oro. Racconta la dura vita di Laura e Almanzo Wilder nei primi quattro anni di matrimonio ed è l’ultimo capitolo della storia cominciata con l’infanzia di Laura. Le vicende che racconta precedono i fatti narrati in On the Way Home, il resoconto in forma di diario che Laura scrisse per documentare le avventure della famigliola nel viaggio dal Dakota al Missouri nel 1894. Il manoscritto fu trovato tra le carte di Laura Ingalls. Laura lo aveva redatto a matita su tre quaderni con la copertina arancione, acquistati tanto tempo prima alla Grocer Company di Springfield, al prezzo di cinque centesimi l’uno. Tutte le prime stesure dei suoi libri sono scritte così. È mia opinione che il manoscritto risalga alla fine degli Anni Quaranta del Novecento e che dopo la morte di Almanzo Laura non ci abbia più messo mano per rivederlo e portarlo a termine. A questo è dovuta la differenza nel modo di narrare rispetto ai volumi precedenti. Una parte rilevante racconta la nascita e l’infanzia di Rose, la figlia di Laura e Almanzo. Rose è stata mia mentore e amica carissima. L’ho conosciuta quando ero un ragazzino e in seguito sono diventato il suo avvocato. Con mia moglie, l’abbiamo frequentata per molti anni. Rose mi consegnò il manoscritto perché lo conservassi al sicuro. Dopo la 11
I primi quattro anni
sua morte, avvenuta nel 1968, l’ho portato alla Harper & Row (oggi HarperCollins). In considerazione degli innumerevoli lettori, bambini e adulti, della serie La casa nella prateria e pensando a quello che Laura e Rose avrebbero voluto, gli editor della Harper e io abbiamo concordemente deciso di pubblicare il manoscritto così com’era. Rose divenne a sua volta una affermata scrittrice. Raccogliendo lo spirito da pioniera di Laura, ebbe molte avventure, in America e altrove. Scrisse diversi libri affascinanti su questo paese e su luoghi remoti come l’Albania e il suo nome è conosciuto in tutto il mondo. Ma Rose era cresciuta in un tempo in cui le donne non cercavano consapevolmente la fama e preferì sempre scrivere della vita altrui, invece che della propria. Perciò questo libro, che racconta di sua madre, di suo padre e della sua infanzia, ha dovuto attendere fin dopo la sua morte per essere pubblicato. Rose, il cui nome da sposata era Rose Wilder Lane, ebbe una vita piena e attiva. Dopo la morte della madre scrisse l’introduzione a On the Way Home. Pubblicò anche un gran numero di articoli su riviste diverse, alcuni dei quali furono raccolti col titolo Woman’s Day Book of American Needlework. Lavorò a lungo a un libro che non è ancora stato pubblicato e fu inviata come corrispondente di guerra in Vietnam nel 1965, all’età di 78 anni! Rose leggeva moltissimo e su ogni cosa sapeva molto più di chiunque io abbia mai conosciuto. Aveva 81 anni e stava per partire per un giro del mondo, quando il suo cuore si fermò improvvisamente. Si trovava nella sua casa di Danbury, nel Connecticut, dove viveva da trent’anni. La sera prima aveva conversato allegramente con degli amici, per i quali aveva preparato il suo famoso pane fatto in casa. Ma che cosa è successo dopo i fatti narrati ne I primi quattro anni e in On the Way Home? Quando Almanzo, Laura e Rose ebbero raggiunto “la terra della grande mela rossa”? 12
Introduzione
Là, nella regione nota come The Ozarks, Almanzo costruì con le sue mani, e con grande cura e precisione, una bella casa colonica su un terreno che Laura aveva soprannominato Rocky Ridge Farm. E là condussero la loro lunga e prospera vita di agricoltori, che per Almanzo si concluse nel 1949, all’età di novantadue anni, e per Laura nel 1957, all’età di novant’anni. La casa era una di quelle fatte per durare per sempre e i fortunati che vanno a Mansfield, Missouri, possono vedere ancora oggi l’edificio con il suo camino di pietra, i mobili costruiti da Almanzo e molti altri oggetti preziosi, come il violino di papà, l’organo di Mary e la graziosa cassettina da cucito di Laura. Ci sono anche oggetti appartenuti a Rose. Oggi Rocky Ridge Farm è un museo aperto al pubblico. Se ci vai, i curatori, che hanno amato e conosciuto personalmente i Wilder, ti faranno vedere la casa e ti racconteranno particolari che nei libri forse non si trovano, perché tu possa conoscere meglio Laura, Almanzo e Rose. Tutti vorremmo che Laura avesse scritto altre storie. Abbiamo imparato a conoscere e apprezzare le qualità e lo spirito dei suoi libri, che sono entrati nella nostra vita e le hanno dato senso. Ma dal momento che non ce ne sono altri, toccherà a noi vivere storie di vita degne della sua. ROGER LEA MACBRIDE Charlottesville, Virginia Luglio 1970
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I primi quattro anni
Nota del traduttore Papà Ingalls suona con il violino canzoni della seconda metà dell’Ottocento, per la maggior parte ancora note oggi. Si tratta per lo più di ballate scozzesi e irlandesi, canzoni western, canti di minatori e di cercatori d’oro, marce militari, filastrocche. A volte modifica leggermente le parole per adattarle al contesto in cui canta. In altri casi, della stessa canzone esistono versioni diverse. Anche nella traduzione si è cercato di adattare le parole al contesto, se necessario staccandosi dall’originale. Se vuoi ascoltarle, le trovi su You-Tube digitando i titoli originali elencati qui di seguito. Pagg. 19-20: In the Starlight Pagg. 33-34, 99: Don’t Leave the Farm, Boys Pag. 62: Angel Band Pag. 94: My Jenny Jerusha Jane
Prologo
Le stelle scintillavano sulla prateria, luminose e vicine. Il tenue chiarore faceva risaltare le creste dei dossi ondulati che si stendevano a perdita d’occhio, ma riempiva d’ombre gli avvallamenti e le conche. Un calesse trainato da una pariglia di agili bai correva sulla traccia chiara della strada, che si distingueva appena in mezzo all’erba alta. Aveva il tettuccio abbassato e alla luce delle stelle la macchia scura del conducente e la figura vestita di bianco che gli sedeva accanto si riflettevano nell’acqua argentata del Silver Lake che lambiva pigramente le basse sponde erbose. L’aria era piena del dolce profumo delle rose selvatiche che crescevano rigogliose ai bordi della carrareccia. Una limpida voce di contralto si levò sommessa sopra il leggero scalpiccio degli zoccoli. E parve che le stelle e l’acqua del lago e le rose stessero in ascolto, tanto quieta era la notte. Tutta è stellata la volta del cielo, lieta è la notte al nostro cuore, solo si ode cantar l’usignolo alla rosa il suo canto d’amore. In questa notte silente d’estate, 19
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or che la brezza comincia a giocare, dal lontano palpitar delle stelle tu e io ci sentiamo chiamare. Scendiamo insieme là dove l’onda mite si frange sulla riva del mare, ché per noi è stellata la notte perché la strada possiamo trovare. Così cantava la voce, perché era giugno e per tutta la prateria fiorivano le rose, e il cuore innamorato godeva di quelle notti limpide e silenti, quando al tramonto taceva anche il vento.
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Stampato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso Grafica Veneta spa (Trebaseleghe, PD) nel mese di luglio 2021
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Laura Elizabeth Ingalls Wilder (Pepin, 1867 - Mansfield, 1957) aveva appena quattro anni quando suo padre decise di lasciare il Wisconsin per cominciare una nuova vita nei territori messi a disposizione dei coloni dal governo americano. Fu solo il primo dei numerosi spostamenti che la famiglia dovette affrontare in quegli anni. Studentessa brillante, nonostante i lunghi soggiorni in zone isolate e prive di scuole, Laura riuscì a coronare il sogno di dedicarsi all’insegnamento. Dalle sue memorie sviluppò la saga letteraria Little House, che ebbe un grandissimo successo. Dal terzo dei nove volumi scritti dalla Ingalls, prese avvio l’omonima serie televisiva, che in Italia è andata in onda innumerevoli volte ed è amatissima, come ovunque nel mondo.
“Oggi il lettore italiano sembra chiedere alla letteratura qualcosa di diverso: paesaggi rurali, piccole città e fattorie isolate. È l’altra America, che in Italia arrivò per la prima volta con un telefilm degli anni Settanta decisamente iconico: La casa nella prateria” Vanni Santoni, la Lettura - Corriere della Sera
Laura e Almanzo Wilder, appena sposati, cominciano con grandi speranze la loro vita insieme in una casetta nella prateria. Ma ogni stagione porta inattesi disastri: tempeste, malattie, incendi, debiti. I due giovani non intendono però lasciarsi abbattere. Anche perché ora la famiglia è cresciuta…
L’incurabile ottimismo del contadino che tutte le primavere semina i campi, scommettendo il suo lavoro contro gli elementi, si era fuso con il credo dei pionieri, da cui discendeva quella loro perenne convinzione che “più in là è meglio”. Solo che quel “più in là” non si trovava più oltre il lontano orizzonte dell’Ovest, ma oltre l’orizzonte degli anni.
“La Ingalls è perfetta nel raccontare la meraviglia dell’erba che vibra nel vento, la vita spartana in armonia con la natura, le vicissitudini, le battaglie, le malattie, la solidarietà” Bruno Ventavoli, ttL - La Stampa
“Alla fine ogni episodio diventa una magnifica avventura dove sono i valori dell’amicizia, del rispetto e della solidarietà a far superare le difficoltà, e dove prevalgono i gesti semplici e genuini” Francesca De Sanctis, l’Unità
Immagine di copertina: © Mary Wethey / Trevillion Images Illustrazioni e lettering: Pemberley Pond Progetto grafico: Camille Barrios / ushadesign
La serie completa: 1. La casa nella prateria 2. Sulle rive del Plum Creek 3. Sulle sponde del Silver Lake 4. Il lungo inverno
5. Piccola città del West 6. Gli anni d’oro 7. I primi quattro anni Nei Grandi Boschi del Wisconsin La storia di Almanzo
Quello che abbiamo è tutto qui: una sorta di grado zero, l’alba di un romanzo della nostra serie. Tanto più interessante perché ci dà una misura di realismo che manca negli altri volumi, più elaborati. Ecco com’era davvero, ci viene da pensare, la vita dei coloni americani di fine Ottocento. La cosa più appassionante, però, è che l’essenzialità e semplicità di questo libro, il suo evidente carattere di incompiutezza, gettano luce, per così dire a ritroso, su tutti i volumi precedenti. È nella differenza tra questo – così scarno, ma dal sapore molto più realistico – e gli altri, più compiuti, più costruiti ma molto più “mitici”, che si chiarisce il senso e l’intenzione dell’intera serie. dall’introduzione di Paola Mazzarelli
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Laura Elizabeth Ingalls Wilder (Pepin, 1867 - Mansfield, 1957) aveva appena quattro anni quando suo padre decise di lasciare il Wisconsin per cominciare una nuova vita nei territori messi a disposizione dei coloni dal governo americano. Fu solo il primo dei numerosi spostamenti che la famiglia dovette affrontare in quegli anni. Studentessa brillante, nonostante i lunghi soggiorni in zone isolate e prive di scuole, Laura riuscì a coronare il sogno di dedicarsi all’insegnamento. Dalle sue memorie sviluppò la saga letteraria Little House, che ebbe un grandissimo successo. Dal terzo dei nove volumi scritti dalla Ingalls, prese avvio l’omonima serie televisiva, che in Italia è andata in onda innumerevoli volte ed è amatissima, come ovunque nel mondo.
“Oggi il lettore italiano sembra chiedere alla letteratura qualcosa di diverso: paesaggi rurali, piccole città e fattorie isolate. È l’altra America, che in Italia arrivò per la prima volta con un telefilm degli anni Settanta decisamente iconico: La casa nella prateria” Vanni Santoni, la Lettura - Corriere della Sera
Laura e Almanzo Wilder, appena sposati, cominciano con grandi speranze la loro vita insieme in una casetta nella prateria. Ma ogni stagione porta inattesi disastri: tempeste, malattie, incendi, debiti. I due giovani non intendono però lasciarsi abbattere. Anche perché ora la famiglia è cresciuta…
L’incurabile ottimismo del contadino che tutte le primavere semina i campi, scommettendo il suo lavoro contro gli elementi, si era fuso con il credo dei pionieri, da cui discendeva quella loro perenne convinzione che “più in là è meglio”. Solo che quel “più in là” non si trovava più oltre il lontano orizzonte dell’Ovest, ma oltre l’orizzonte degli anni.
“La Ingalls è perfetta nel raccontare la meraviglia dell’erba che vibra nel vento, la vita spartana in armonia con la natura, le vicissitudini, le battaglie, le malattie, la solidarietà” Bruno Ventavoli, ttL - La Stampa
“Alla fine ogni episodio diventa una magnifica avventura dove sono i valori dell’amicizia, del rispetto e della solidarietà a far superare le difficoltà, e dove prevalgono i gesti semplici e genuini” Francesca De Sanctis, l’Unità
Immagine di copertina: © Mary Wethey / Trevillion Images Illustrazioni e lettering: Pemberley Pond Progetto grafico: Camille Barrios / ushadesign
La serie completa: 1. La casa nella prateria 2. Sulle rive del Plum Creek 3. Sulle sponde del Silver Lake 4. Il lungo inverno
5. Piccola città del West 6. Gli anni d’oro 7. I primi quattro anni Nei Grandi Boschi del Wisconsin La storia di Almanzo
Quello che abbiamo è tutto qui: una sorta di grado zero, l’alba di un romanzo della nostra serie. Tanto più interessante perché ci dà una misura di realismo che manca negli altri volumi, più elaborati. Ecco com’era davvero, ci viene da pensare, la vita dei coloni americani di fine Ottocento. La cosa più appassionante, però, è che l’essenzialità e semplicità di questo libro, il suo evidente carattere di incompiutezza, gettano luce, per così dire a ritroso, su tutti i volumi precedenti. È nella differenza tra questo – così scarno, ma dal sapore molto più realistico – e gli altri, più compiuti, più costruiti ma molto più “mitici”, che si chiarisce il senso e l’intenzione dell’intera serie. dall’introduzione di Paola Mazzarelli