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Nota introduttiva
Cari ragazzi, negli ultimi anni, sia da semplice cittadino sia da insegnante, ho partecipato a numerosi incontri, convegni, celebrazioni, commemorazioni, dedicati a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Eventi apprezzabili e di cui si ha sempre bisogno per dare voce alla memoria. Tuttavia, in molte di queste occasioni, nonostante l’attenzione dei relatori nei confronti dei più giovani, ai giovani non si parlava, o meglio a essi ci si rivolgeva con linguaggi e contenuti lontani dalle loro conoscenze e dal loro immaginario. Un argomento così drammatico e complesso, come è il fenomeno mafioso, intimamente intrecciato alla storia del nostro Paese, non è facile da raccontare senza cadere o in eccessive semplificazioni, o in dissertazioni accademiche, oppure – e questo lo hanno fatto soprattutto il cinema e la televisione –in narrazioni in cui gli «uomini d’onore» sono erroneamente caratterizzati dal fascino dei cattivi. In questo libro, ho cercato di evitare tali pericoli affidandomi alla forza della narrazione, ma anche al rigore della ricostruzione storica. Ho usato l’invenzione letteraria per catturare il vostro interesse e quindi per coinvolgervi davvero. Così ho affidato a
IL RAGAZZO DI CAPACI
un ragazzo di nome Pietro, abbandonato dai genitori e perdutamente innamorato di Rosa, a un maestro elementare creduto pazzo, ma anche a Vito, ad Annuzza, a zio Salvo, a don Totò e a tanti altri personaggi il compito di farvi conoscere uno dei fenomeni più devastanti della storia d’Italia e di raccontarvi la tragica fine non di due eroi, ma di due servitori dello Stato, due uomini che facevano ogni giorno, sempre e comunque, il loro dovere. E fare ogni giorno il proprio dovere – questo è il più grande dei loro insegnamenti – è la forma più alta ed efficace di lotta alle mafie.
Buona lettura