L'ultima stella. I clan magici di Koreatown

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L,ultima stella GRACI KIM

I clan magici di Koreatown

Fisso il calderone e il potere puro che sgorga dalle sue fiamme nere. Lo stesso potere che fluisce in me.

Per la prima volta nella mia vita, invece di vergognarmi dei quattro fuochi che mi porto dentro, li accolgo. Lascio che le braci ardenti mi scendano dentro, che diventino parte del mio essere. Mentre lingue di potere mi avvolgono, mi concedo di accettarlo. Di accettare me stessa.

Non mi sono mai sentita così a casa. Qui, adesso, in mezzo alla mia gente. Sfruttando questa emozione, formo un patchwork colorato di tutti i mortali che hanno fatto di me ciò che sono. E brucio, brucio di orgoglio.

Io so cosa sta per succedere.

E sono pronta.

UAO Universale d’Avventure e d’Osservazioni

Graci Kim

L’ultima stella. I clan magici di Koreatown traduzione dall’inglese di Sandro Ristori

ISBN 978-88-3624-832-2

Prima edizione italiana giugno 2023

ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

anno 2027 2026 2025 2024 2023

© 2023 Carlo Gallucci editore srl - Roma

Titolo dell’edizione originale inglese:

Rick Riordan Presents The Last Fallen Star. A Gifted Clans Novel Pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti e in Canada da Disney • Hyperion Books, un marchio di Buena Vista Books, Inc. Pubblicato in accordo con Kaplan/DeFiore Rights

tramite Berla & Griffini Rights Agency

Copyright © 2021 Graci Kim

Per l’introduzione: © 2021 Rick Riordan

Rick Riordan Presents è un marchio di Buena Vista Books, Inc. Copertina © 2021 Vivienne To

Gallucci e il logo sono marchi registrati

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L’ultima stella

I clan magici di Koreatown

rick riordan presenta Graci Kim

Alla mia Eomma e al mio Appa, il cui amore è la ragione per la quale esisto.

Alle mie sorelle, Ally e Joya, il cui amore è la ragione per la quale esiste questa storia.

E soprattutto, al mio Spudman, il cui amore (e la cui pazienza) è la ragione per la quale esiste questo libro.

Perché non me l’avete detto prima?

È stato questo il mio primo pensiero quando ho letto L’ultima stella. Graci Kim è riuscita a fondere la mitologia coreana con il mondo moderno così meravigliosamente che adesso mi ritrovo a chiedermi come ho fatto a vivere fino a oggi senza nessuna di queste informazioni fichissime. A quanto pare a Los Angeles c’è una società di streghe coreane che vive proprio sotto il nostro naso e ha una profonda connessione con il Regno degli dèi. Sono così felice che questa città abbia finalmente qualcosa di cui vantarsi, a parte essere la porta d’ingresso agli Inferi di Ade.

Se potessi scegliere, di quale dei sei clan vorresti far parte? Sono tutti fantastici, ognuno ha la sua dea protettrice e poteri speciali. A me piacerebbe essere uno dei Miru – i guardiani – perché la loro patrona è la Dea Drago d’acqua, ma mi sa proprio che non potrei mai essere così veloce e forte. Adoro la storia e adoro leggere, quindi il clan Horangi mi affascina, ma, come vedrete, al momento i sapienti non godono di ottima reputazione. E anzi sono stati esiliati dagli altri cinque clan. Peccato.

Immagino che la mia scelta a questo punto ricadrebbe sui Gumiho. Mi è sempre piaciuta la Dea Volpe a nove code. E poi la ca-

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pacità di lanciare illusioni potrebbe rivelarsi davvero utile. Avete presente quelle mattine quando vai di corsa e non hai nemmeno il tempo di vestirti? Lanci un’illusione su te stesso, et voilà, ecco il look che desideri! Il loro motto è “Bellezza e influenza”. Credo che andrebbero d’amore e d’accordo con i figli di Afrodite!

L’eroina della nostra storia, Riley Oh, non sa bene quale sia il suo posto nel mondo. La sua famiglia fa parte del clan Gom, i grandi guaritori magici, e vorrebbe essere riconosciuta come strega guaritrice anche lei al compimento dei tredici anni, proprio come sta per capitare a sua sorella Hattie. Purtroppo Riley è una saram, ovvero è nata senza un solo briciolo di magia. È stata adottata e i suoi genitori biologici non erano stregoni. Quelli adottivi sono fantastici, e lei e la sorella si adorano, però è difficilissimo essere l’unica in famiglia a non avere alcun dono.

Poi Hattie ha un’idea brillante. Il giorno dell’iniziazione lanceranno un incantesimo che permetterà a Riley di condividere il suo potere. Certo, l’incantesimo è proibito. Lo dovranno rubare dalla cassaforte dei loro genitori. Dovranno anche compiere il rito davanti al concilio degli anziani e alla congrega che unisce i cinque clan al gran completo nel giorno dedicato al tempio, ma insomma, che cosa potrebbe andare storto?

Uhm… probabilmente immaginate già come va a finire.

Riley scopre che il suo passato è molto, molto più complicato di quanto credesse. Cercando di condividere il potere di Hattie, scatena una valanga di conseguenze indesiderate e riporta alla luce dei segreti che sarebbero dovuti restare sepolti per sempre. Se vuole salvare la sua famiglia, la comunità delle streghe

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e l’intero reame mortale, Riley farà meglio a scoprire i suoi veri poteri in fretta, e a capire di chi si può fidare tra i mortali, le streghe e le dee.

Devo ammettere di non essermela cavata troppo bene con la rilettura del manoscritto di Graci. Appena ho iniziato a leggere sono stato rapito. Ero già a metà libro quando mi sono ricordato che sì, in teoria avrei dovuto occuparmi di correggerlo. A quel punto sono tornato indietro e ho cercato qualcosa da aggiustare, e niente, mi sono fatto rapire dalla storia di nuovo. Sì, è proprio una gran bella storia.

Vi innamorerete di questo mondo appena ci entrerete. Effetto immediato. Il miglior amico di Riley, Emmett, è il classico ragazzo che chiunque vorrebbe nella sua squadra. Adora infornare dolci e vi porterà sempre qualche delizia da assaggiare. Ama anche agghindare animali domestici infagottandoli in strani costumi. Sostiene di essere allergico alle emozioni, cosa che mi ha fatto venire voglia di prenderlo e abbracciarlo fortissimo! Deve assolutamente incontrare Nico di Angelo per farsi una bella dose di dolcetti insieme a lui. Hattie è la miglior sorellona del mondo, e lei e Riley hanno il rapporto più dolce che si possa immaginare, anche se sono diversissime. Le famiglie dei clan sono tutte incasinate e piene di amore e complicate… proprio come quelle vere! E vi ho parlato del cibo? Oh. Miei. Dèi. Patate tornado. Taco bulgogi. Salsa gimchi. Mini ciambelle. Dov’è che devo firmare?

A proposito di cibo, ho divorato questo libro troppo velocemente. È uno degli svantaggi di poter dare un’occhiata in anteprima, perché me lo sono finito in un boccone ed ero pronto per

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Perché non me l’avete detto prima?

il sequel ancora prima che il volume numero uno arrivasse in libreria. Burp!

Be’, se non altro posso condividere con voi L’ultima stella. So che lo adorerete. Quando avrete finito, ci sentiamo e ci scambiamo le nostre impressioni, così mi dite qual è il clan che vi è piaciuto di più, e magari decidiamo anche dove farci un pranzo magico la prossima volta che capitiamo a Los Angeles!

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L,ultima stella

I clan magici di Koreatown

La mia famiglia di streghe guaritrici

Allora, la situazione è questa. Mancano solo due giorni alla cerimonia di iniziazione di mia sorella. Tempo di addormentarsi, svegliarsi e addormentarsi di nuovo e Hattie compirà tredici anni e dovrà dimostrare alla congrega dei clan di Los Angeles che possiede tutto ciò che serve per diventare una strega. Una strega guaritrice. Una vera Gom. E spaccherà di brutto, manco a dirlo. Sì, insomma, ce l’ha nel sangue. La magia della guarigione le scorre nelle vene, proprio come scorre nelle vene dei nostri genitori, perché noi, il clan Gom, discendiamo dalla Dea Orso delle caverne, la divinità del servizio e del sacrificio.

Ho detto noi? Be’, in realtà io no.

Eh, già. Purtroppo così stanno le cose. Anche io farò tredici anni tra poco, manca solo un mese, ma a differenza della mia Eomma (che poi sarebbe mia madre), del mio Appa (mio padre) e di mia sorella, sono una persona normalissima e priva di qualsiasi dono. Dentro di me non c’è nemmeno l’ombra della magia. Sono una saram.

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Sono stata adottata. Non fraintendetemi, i miei cercano in ogni modo possibile e immaginabile di farmi sentire parte della comunità, e io li adoro alla follia per questo. Ma la verità è che più si sforzano più io mi rendo conto di quanto sono fuori dal gruppo. Sono diversa.

Ed è per questo che mi ritrovo qui, seduta dietro al banco della reception della Clinica della medicina tradizionale coreana dei miei, a spaccarmi il cervello a furia di inserire dati in un computer invece di esercitarmi con gli incantesimi di guarigione come fa mia sorella.

Suona la campanella sopra la porta, tiro su la testa di scatto. È entrato qualcuno: un vecchio dai capelli scuri, che zoppica un po’. A vederlo sembra coreano, ma non mi pare di averlo mai incrociato al tempio.

«Benvenuto alla clinica!» dico. «Come posso aiutarla?»

«Buongiorno» dice, trascinandosi fino al banco con una smorfia di sofferenza. «Mi chiamo Robert Choi. Mi sono appena trasferito qui da New York, mi hanno detto di chiedere di James o Eunha Oh. Temo di essermi slogato la caviglia».

Unisce i polsi. L’acqua nel suo Gi – l’amuleto di vetro cilindrico sul braccialetto – sciaborda appena quando il monile sfrega contro la pelle. Il movimento gli fa apparire sul polso destro l’immagine di due soli e due lune. Il simbolo emana un bagliore verde.

Ah, è un Tokki, uno stregone infusore. Sul polso di tutte le streghe e di tutti gli stregoni, quando compiono un incantesimo, compare lo stesso marchio del dono, ma i colori cambiano a seconda del clan di appartenenza. È il marchio che ci fa capire

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quali pazienti hanno il dono e quali sono saram, anche perché se sono saram dobbiamo fare in modo che non sappiano mai che li guariamo grazie alla magia. Gli infusori preparano delle pozioni speciali che cancellano la memoria proprio a questo scopo.

So cosa state pensando: perché mai dovremmo tenere segreta una capacità tanto incredibile? Be’, Appa dice che se i saram venissero a sapere dei clan, la nostra comunità sarebbe in grave pericolo. La gente non ama ciò che non riesce a capire. Si spaventa, e chi è spaventato fa cose stupide.

Direi che il discorso non fa una piega.

«È venuto nel posto giusto» dico con un sorriso radioso. «James e Eunha sono i miei genitori. Mi dispiace per il suo infortunio, signor Choi. Appa ha appena terminato con un paziente, potrebbe riceverla anche subito se vuole»

«Ah, tu devi essere Hattie». Mi guarda con aria d’intesa e annuisce. «Ho sentito dire che la tua cerimonia di iniziazione si terrà a breve. Spero che tu sia preparata a dovere».

Scuoto la testa. «In realtà Hattie è mia sorella. Non sono… Be’, non posso…» farfuglio un po’ prima di zittirmi di fronte alla smorfia perplessa del signor Choi.

«Strano. Mi hanno detto che gli Oh avevano una sola figlia».

Ahi. Una frase che mi trafigge il cuore da parte a parte… eppure rimango in silenzio e mi incollo sulle labbra il mio miglior sorriso falso, una vera specialità della casa. Quello che vorrei davvero fare in questo preciso momento è tirar fuori il mio braccialetto Gi (se ne avessi uno) e guarirgli la caviglia, così, un battito di ciglia e via. Gli farei vedere io se sono o non sono una Oh.

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O almeno mi piacerebbe essere in grado di difendermi, di dirgli che faccio parte di questa famiglia anche io. È quello che farebbe Hattie al mio posto.

Ma io non sono mia sorella. Non sono coraggiosa come lei. Io preferisco abbassare la testa e tenermi fuori dai guai. È la cosa più facile. È meglio così, fidatevi.

Una mano calda si posa sulla mia spalla. Mi volto, c’è Appa in piedi dietro di me. Non l’ho sentito arrivare. «Lei è Riley, e le posso giurare che non solo è nostra figlia, ma è anche la Gom più diligente che conosca». Appa mi regala un sorriso luminoso prima di dare la mano al signor Choi. «Le do il benvenuto nella nostra umile clinica, Robert. E benvenuto anche a Los Angeles. Venga con me, diamo un’occhiata a quella caviglia».

Il signor Choi segue mio padre zoppicando lungo il corridoio. Rimango da sola alle prese con un calore pungente che continua a montare dietro i miei occhi. Sigh. Ecco a voi un altro giorno della vita di Riley Oh, strega mancata in un super esclusivo mondo di doni e poteri.

«Riley!» Hattie corre verso di me, pianta i gomiti sul bancone e appoggia il mento sulle mani. Le sue guance paffute sono rosa, i capelli zuppi di sudore. «Ti prego, vieni a salvarmi. Eomma mi sta facendo impazzire. Mi costringe a ripetere gli incantesimi tipo un miliardo di volte, le parole non hanno più senso… Anzi, non so nemmeno più cos’è una parola».

«Vuole solo che te la cavi bene all’iniziazione».

Hattie alza gli occhi al cielo, ma sa che ho ragione.

Un’iniziazione ben eseguita è il più importante rito di passag-

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gio nella vita di una strega. Hattie dovrà compiere tre incantesimi che soddisfino gli anziani del concilio dei clan e poi recitare il giuramento al tempio, di fronte all’intera congrega: centinaia di persone dei cinque clan, per non parlare della nostra divinità protettrice, che osserverà e giudicherà dal Regno degli dèi.

Allora, e solo allora, Hattie potrà portare il Gi al polso senza la supervisione di un adulto. Niente Gi, niente magia. Quindi sì, è una cosa grossa. Parecchio grossa. Avete presente quando si dice “zero pressioni”? Ecco, il contrario.

Hattie giocherella con il ciondolo pieno di terra che penzola da una catenella d’oro intorno al polso. Eomma di solito tiene il Gi di mia sorella al sicuro nella cassaforte incantata, Hattie lo può indossare solo quando si esercita con gli incantesimi di fronte ai nostri genitori. «Okay, ma puoi venire con me lo stesso? Eomma è super agitata e nervosa, mi serve supporto morale. Ti prego».

Serissima, fingo di essere molto impegnata con i database dei pazienti. «In realtà ho un sacco da fare»

«Ti prego ti prego ti preeeeeego?» Spalanca gli occhioni e mi guarda come un cagnolino abbandonato. «Ti do il mio maglione preferito. E faccio tutte le tue faccende per una settimana. Andiamo, Rye, lo so che hai un cuore da qualche parte!»

Cerco di resistere il più possibile prima di sbottare a ridere. «Okay, okay, mi hai convinto». Spingo via il suo grugno sudaticcio. «Volevo solo vederti strisciare. Ti si addice, tra l’altro»

«Me la pagherai!» Mi dà una pacca sulla spalla, ma sorride. Poi mi trascina giù dalla sedia e lungo il corridoio fino all’ambulatorio di Eomma.

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Mamma è lì dentro, cammina avanti e indietro con il libro degli incantesimi di famiglia sotto al naso. Ha gli occhiali tutti appannati e i capelli neri, arricciati dalla permanente, le rimbalzano intorno alla testa come una specie di aureola. «Hattie, eccoti! Adesso torna subito qui e riprova l’incantesimo chiudiferita». Indica un termine coreano nel libro degli incantesimi. «E questa volta ricorda che la p è aspirata, quindi non fare la timida, mettici tutto il diaframma. Puh! Puh! Senti? Così: puh!»

Hattie si passa i palmi sulle guance e mi lancia uno sguardo esasperato. Mi mordo la lingua per non ridere. Eomma è in formissima oggi. Quando mette su la sua aria da “ho infilato le dita nella presa” in perfetto stile “il riposo è per i deboli” nessuno riesce a starle dietro.

Mentre Hattie segue riluttante le indicazioni di Eomma per aspirare le puh, io studio i loro volti. E per la miliardesima volta vorrei somigliare di più a entrambe.

Mi hanno detto che anche i miei genitori biologici erano di etnia coreana. Ma le somiglianze finiscono qui. I miei familiari Gom sono rotondetti e piccoli e hanno una pelle perfetta, io sono alta e piena di lentiggini. Mento puntuto, zigomi alti: ho più angoli che curve. Quando la gente guarda le nostre foto di famiglia si sofferma sempre sul mio viso, inarcando le sopracciglia.

In un attimo mi ritrovo con gli occhi in fiamme. Me li sfrego in fretta, imbarazzata. Un grande classico. È quello che il mio miglior amico Emmett definisce “il problemino dei bulbi oculari bucati”. Sì, insomma, ho qualche piccola difficoltà a tenere sotto controllo le lacrime. Quando sono triste, piango. Quando mi ar-

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rabbio, piango. Quando mi sento frustrata, piango. Sono davvero, davvero brava a piangere. Un talento.

Hattie dice che è un bene che io sia “in contatto con le mie emozioni” (in contatto? Diciamo pure che ci affogo dentro…), Eomma e Appa sostengono che crescendo mi passerà. Ma guardiamo in faccia la realtà: in confronto alla mia famiglia così composta e sicura, io sono quella riuscita male. L’ennesima prova che non sono una vera Oh. Che sono debole. Che questo non è il mio posto.

Eomma adesso insiste affinché Hattie si eserciti con i suoi voti, e mia sorella obbedisce riluttante. «Giuro sul nome di Mago Halmi, la madre dei tre reami, la madre delle sei dee, la madre dei mortali e di tutto il creato» per un attimo la zeppola torna a farsi sentire, cosa che le capita solo quando è stanca o sotto stress «di portare avanti il mio sacro dovere di guarire chi si trova in difficoltà. Di tenere fede al motto del clan Gom, “Servizio e sacrificio”, e… e…»

Dimentica le parole, la sua voce si riduce a un sussurro, e sono io a completare la frase al posto suo. «E comprendo che il mio dono comporta una grande responsabilità: verso il mio clan, verso la comunità, verso la nostra progenitrice ancestrale, la Dea Orso delle caverne, che ci benedice con il suo potere divino». Non ho un Gi e nemmeno una goccia di magia che mi scorre nelle vene, però so il fatto mio.

Hattie mi lancia un’occhiata riconoscente. «Grazie» sillaba con le labbra. Si mette le mani sui fianchi. «Visto, Eomma? Riley è molto più pronta per l’iniziazione di quanto potrò mai essere io. Hai parlato con zia Okja? Potrà farla anche Rye?»

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Mi ficco la mano in tasca e stringo forte la mia pietra onice per calmarmi i nervi. È ricurva, a forma di lacrima, ed è l’unica cosa che mi hanno lasciato i miei genitori biologici. Hattie pensa che potrebbe essere una specie di eredità di famiglia o qualcosa del genere; a me in realtà piace come me la sento in mano, così concreta e reale. È solo una pietra (e di sicuro non è figa come un Gi) ma a volte me la porto dietro, perché sfiorarla mi ricorda che anche io provengo da qualche parte.

«Perdonatemi, ragazze. Io e il vostro Appa abbiamo cercato di trovare un buon momento per parlarvi…» Eomma sospira. «La zia Okja ci ha provato con tutte le sue forze, ma gli altri anziani sono inflessibili».

Abbasso gli occhi, soprattutto per nascondere il nuovo fiume di delusione che mi sta per travolgere. Stupidi bulbi bucati che tornano a mettermi i bastoni tra le ruote. «Oh… Fa lo stesso» dico, anche se la verità è l’esatto opposto. «Grazie di averci provato».

Hattie inarca le sopracciglia. «No che non fa lo stesso». Si volta verso Eomma. «Tu e Appa non fate che ripetere che la comunità dev’essere più inclusiva. Questa è l’occasione perfetta per lanciare un segnale, no?»

Eomma pare in imbarazzo. «Hai ragione. Assolutamente. Ma ogni cambiamento richiede tempo. Alcuni clan non sono moderni come noi. Dicono che Riley non potrebbe comunque lanciare incantesimi, senza un Gi. E se il concilio non può assistere agli incantesimi durante l’iniziazione, non è possibile effettuare un’equa valutazione».

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Io mi tirerei indietro anche subito, invece Hattie risponde colpo su colpo. «Ma è proprio questo il punto, Rye conosce le parole di tutti gli incantesimi di guarigione, dalla prima all’ultima. Se il concilio le concedesse solo la possibilità di dimostrare quanto vale, forse le dee si convincerebbero e darebbero un Gi anche a lei». Alza gli occhi al cielo. «Stanno sbagliando tutto»

«Ti capisco, tesoro. Lo sai che ti capisco. Ma gli altri anziani credono che sarebbe eccessivo chiedere al Regno degli dèi di benedire una saram con il dono della magia. Sarebbe impertinente da parte nostra. Perfino irrispettoso. Quella di tua zia è solo una voce. Una voce su cinque».

Hattie solleva le mani, in preda all’esasperazione. Quanto vorrei sciogliermi sul pavimento e scomparire. Detesto essere la causa scatenante del litigio. «Sul serio, non fa niente, Hat…» provo a dire, cercando di calmare mia sorella.

«Irrispettoso è non darle neanche una chance» continua Hattie. «Se toppa la cerimonia e la Dea Orso delle caverne non le dà un Gi, va bene. Se Riley non vuole farlo, va bene uguale. Ma non lasciarle la libertà di scegliere… è sbagliato su tutti i fronti».

Eomma non risponde e Hattie mi stringe la mano, mentre un’espressione determinata le si dipinge sul volto. Io la chiamo “la faccia da boss”, perché nessuno che abbia un minimo di sale in zucca avrebbe il fegato di farla arrabbiare quando tira fuori quella faccia. «Non appena sarò abbastanza grande» annuncia «mi candiderò per diventare un’anziana Gom. E quando ci riuscirò, tenete a mente le mie parole, ribalterò quel posto da cima a fondo. Tutta questa storia della società segreta è così antiquata».

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1. La mia famiglia di streghe guaritrici

L’ultima stella

«Non dubito che ci arriverai. Otterrai questo e molto, molto altro» dice Eomma, e io non potrei essere più d’accordo. Voglio dire, perché fermarsi al ruolo di anziana? Hattie for president! Già mi vedo le spillette col suo nome sopra.

Le stringo la mano e un’ondata di calore mi riempie il petto. Ci sono un sacco di cose che mi mancano, ma sul fronte sorelle ho decisamente fatto bingo. È la migliore del mondo, poco ma sicuro.

«Peccato che non sia possibile fare un incantesimo per condividere la magia» dico, cercando di alleggerire l’atmosfera con una battuta. «Ovvio, il destinatario non dovrebbe aver bisogno di un Gi. Sarebbe la soluzione a tutti i nostri problemi».

Un ghigno si allarga sul viso di Hattie. «Magia in sharing. Questo sì che porterebbe i clan dritto dritto nel ventunesimo secolo. Dico bene, Eomma?»

Ci voltiamo entrambe verso mamma. Che si lascia sfuggire una risatina nervosa.

A quel punto io e Hattie ci scambiamo un’occhiata. Eomma ridacchia così solo quando sta nascondendo qualcosa.

«Non ci credo» dice Hattie. «Esiste un incantesimo per condividere la magia con una saram, non è vero?»

Mi casca la mascella sul pavimento. Impossibile!

Eomma mormora qualcosa ma continua a rifiutarsi di incrociare il nostro sguardo, e questa è la dimostrazione che non ci stiamo sbagliando. «Non è così semplice, ragazze» ammette alla fine. «È pericoloso e, anche se funzionasse, non durerebbe per sempre. L’incantesimo dovrebbe essere ripetuto ancora e ancora…»

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«Com’è che si chiama?» la interrompe Hattie. «E dove possiamo trovarlo?»

“E soprattutto, avevi intenzione di dirmelo?” chiedo in silenzio, mentre lo stomaco mi si serra in una morsa.

Eomma chiude il libro degli incantesimi con un tonfo deciso. «Questa conversazione è durata anche troppo». Guarda l’orologio sul muro e sussulta. «Faremo tardi al tempio! Forza, correte a chiamare vostro padre. Usciamo tra due minuti».

Ci butta praticamente fuori dal suo ambulatorio. È ora di muoversi, non mi perderei il tempio per niente al mondo.

«Rye!» Hattie mi blocca afferrandomi il braccio. «Hai visto che Eomma ha guardato il libro quando le ho chiesto dove potevamo trovare l’incantesimo?»

Scuoto la testa. Non mi sono accorta di nulla. Ero troppo impegnata a chiedermi perché mai i miei genitori mi abbiano tenuta nascosta una cosa del genere quando sanno benissimo quanto voglio diventare una strega.

«So che in teoria dentro quel libro ci sono solo incantesimi di guarigione» continua Hattie «ma forse Eomma ce l’ha detto solo per non farci sbirciare cosa contiene davvero. E se l’incantesimo per condividere la magia fosse lì dentro? Anzi, ne sono sicura. Dove potrebbe essere, sennò?»

Faccio una smorfia. Non ci è permesso toccare il libro degli incantesimi di famiglia, almeno finché Eomma e Appa non ci riterranno pronte. E poi, infrangere le regole mi fa sempre venire l’orticaria.

«Ma, Hat» ribatto «lo sai che prima stavo scherzando, sì? An-

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che se l’incantesimo fosse lì dentro, non potrei mai chiederti di condividere la tua magia. E poi Eomma ha detto che è pericoloso. Non ci mentirebbe su una cosa del genere.»

Sbuffa. «Ma io mica voglio chiederti il permesso. Non hai sentito quello che ho detto sulla libertà di scelta? Se io decido di condividere la mia magia, chi sei tu per impedirmelo?»

La fisso, chiedendomi che cosa avrò mai fatto per meritarmi un miracolo simile. Una sorella così altruista e coraggiosa.

Hattie abbassa la voce. Una scintilla di eccitazione le brilla negli occhi. «A quanto pare dobbiamo allungare le manine su un certo libro degli incantesimi, o sbaglio?»

Mentre mi trascina fino all’ambulatorio di Appa per andarlo a chiamare, una vocina nella testa mi fa un sacco di domande.

“Davvero potrei diventare una strega guaritrice? Una vera Gom? Possibile che questa sia la mia chance per rendere orgogliosi i miei genitori e per dimostrare a tutti che faccio parte della comunità anch’io?”

Lo so, non dovrei farmi troppe speranze. È questo il segreto per non restarci male, dopo.

E però, gente, qui casca l’asino, perché io, Riley Oh, sono una fanatica dei dolci.

E la speranza… be’, la speranza è più dolce dello zucchero.

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GRACI KIM è una “kiwi”, ovvero una neozelandese, ma con origini coreane. La sua trilogia, ispirata alle leggende tradizionali che le raccontava sua nonna, è stata editata personalmente da Rick Riordan.

RICK RIORDAN è l’autore della saga bestseller di Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo, n. 1 del “New York Times”, amato da milioni di fan in tutto il mondo. Per la serie “Rick Riordan presenta” ha selezionato scrittrici e scrittori provenienti da culture poco rappresentate, con l’intento di dare spazio a storie appassionanti, ispirate alla mitologia e al folklore.

JOYCE KIM BECKY RIORDAN

Riley fa parte dei Gom, uno dei sei clan magici in cui è divisa la popolazione di origine coreana di Los Angeles. Solo che è nata senza poteri e darebbe qualsiasi cosa per averli. Sua sorella Hattie e il suo miglior amico Emmett cercano un modo per donare anche a lei la magia, ma la situazione precipita e un’antica divinità si risveglia. Riley dovrà ritrovare la leggendaria ultima stella caduta del Regno degli dei, per salvare sua sorella e il mondo intero.

“Non so cosa siano le stelle cadute del Regno degli dei, che aspetto abbiano ocome faremo a trovare l’ultima. Adesso l’unica cosa che conta è Hattie. E se abbiamo una possibilità di salvarla, dobbiamo coglierla”.

Consigliato dai12 ai99anni

“Graci Kim è riuscita a fondere meravigliosamente la mitologia coreana con il mondo moderno”.

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