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Prologo

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Il Midnight Club

Il Midnight Club

Il vento sferzante mi faceva svolazzare il mantello con cappuccio mentre cercavo di capire come cavarmela su quel selciato fangoso con solo un paio di pantofoline ai piedi. La luce dei lampioni a gas faceva risplendere le pozzanghere lasciate dalla pioggia della sera, e anche le fragranti montagnette lasciate dai cavalli. Il mondo là fuori non era fatto per un paio di calzature tanto delicate, pensate tutt’al più per una passeggiata sui vialetti di ghiaia a rimirare le rose del giardino. Di certo nessuno avrebbe mai pensato che una dama in abiti così eleganti sgattaiolasse in strada nel cuore della notte in compagnia di un giovane gentiluomo che, con sguardo minaccioso, si assicurava che nessuno li vedesse.

Eppure eccomi lì, alle prese con le strade di Londra nel XIX secolo.

Costretta a saltellare sul selciato come una ballerina, sbirciai di sottecchi il mio accompagnatore. Com’era possibile che anche in quel vicolo buio e coi capelli scompigliati dal vento, Hayden riuscisse a mantenere un’aria così inequivocabilmente upper class mentre io, nonostante il raffinatissimo abito che si intravedeva sotto il mantello, sembravo pronta per una festa in maschera?

Neanche il più bello degli abiti in stile impero riusciva nell’impresa di farmi sembrare una dama. Del resto non lo ero. Nel mio mondo nessuna ragazza della mia età aspirava a diventare una dama. Certo, le circostanze non giocavano a mio favore: il selciato bagnato metteva a dura prova le sottili suole di pelle delle calzature, e per non infangare l’orlo dell’abito dovevo camminare con le gonne sollevate.

Proprio mentre rischiavo di perdere l’equilibrio, Hayden mi afferrò provvidenzialmente il gomito.

«Permetti?» mi chiese con studiata cortesia.

Ripresi fiato. «Sì, certamente».

In un attimo mi trascinò tra due alberi, dove ci accolse un nitrito. Avvertii il calore del cavallo che ci aspettava legato a un albero prima ancora di distinguerne la sagoma nel buio.

«Lui è Eclipse, me l’ha regalato mio padre per addolcirmi il trasferimento a Londra» sussurrò Hayden.

Allungai cautamente la mano e sentii due narici vellutate farsi incontro curiose. A giudicare dalle dimensioni, doveva trattarsi di un purosangue inglese: proprio ciò di cui avevamo bisogno più di ogni altra cosa quella notte.

Hayden sciolse le briglie e condusse in strada il cavallo, che attese con pazienza, poi con un gesto agile salì in sella e mi porse la mano. «Prego, milady».

Ciò che intendeva dire realmente era: non appena ti sarai seduta dietro di me ci lanceremo in un folle galoppo notturno nella speranza che il filo a cui è appeso il nostro destino non sia svanito. Correremo in sella a Eclipse per le vie di Londra all’insegui- mento dell’ombra misteriosa che si è impossessata di un frammento di specchio di luna. Tutto questo, contando sul fatto che nessun gendarme ci costringerà a fermarci per sapere come mai a un giovane lord sia venuta l’assai bizzarra – per non dire scandalosa – idea di uscire a cavallo con un’assai bizzarra cameriera. Era una domanda a cui né io né Hayden avremmo saputo dare risposta.

Perché come si fa a spiegare in maniera convincente che il tempo a tua disposizione sta per scadere e che potresti cominciare a trasformarti in vetro da un momento all’altro? Come è già successo ad altri prima di te, altri che non sono riusciti a ritrovare in tempo la strada per tornare nella loro epoca.

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