UAO Universale d’Avventure e d’Osservazioni
Gianluca Morozzi
Marlene in the sky
Gianluca Morozzi Marlene in the sky
ISBN 978-88-6145-509-2 Prima edizione novembre 2013
8
ristampa 5 4 3 2 1 0 anno 2017 2016 2015 2014 2013 7
6
© 2013 Carlo Gallucci editore srl - Roma © 2013 Gianluca Morozzi, tramite Nabu International Literary
galluccieditore.com
Il marchio FSC® garantisce che la carta di questo volume contiene cellulosa proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici. L’FSC® (Forest Stewardship Council®) è una Organizzazione non governativa internazionale, indipendente e senza scopo di lucro, che include tra i suoi membri gruppi ambientalisti e sociali, comunità indigene, proprietari forestali, industrie che lavorano e commerciano il legno, scienziati e tecnici che operano insieme per migliorare la gestione delle foreste in tutto il mondo. Per maggiori informazioni vai su www.fsc.org e www.fsc-italia.it
Tutti i diritti riservati. Senza il consenso scritto dell’editore nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma e da qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, né fotocopiata, registrata o trattata da sistemi di memorizzazione e recupero delle informazioni.
“Perché c’è gente che vuole diventare Paris Hilton e nessuno che vuole diventare Spider-man?” (Kick-Ass #1)
1
iki sbucò dal fondo della strada alle dieci e due minuti della sera, preceduto dal picchiettare della sua stampella sull’acciottolato. Avanzava controcorrente rispetto al flusso in arrivo in quella zona di Bologna nota come il Pratello. Al suo passaggio tagliava in due la folla assetata diretta verso il centro della via, la zona con la maggior concentrazione di pub, baretti e osterie. Di volta in volta, l’assetato di turno in arrivo, che un attimo prima fissava lo schermo del proprio iPhone o era assorto in discorsi con gli amici, di fronte a Miki cambiava per un attimo espressione e si irrigidiva. Nel vedersi davanti un quindicenne piccolo e magro che camminava con una stampella tenuta con la mano destra, il suo cervello diceva d’istinto: “Un piccolo mendicante storpio? Dovrò mica dargli delle monete?”
M
3
Gianluca Morozzi
Poi l’assetato notava la mano sinistra di Miki ficcata nel tascone laterale della felpa, anziché protesa in avanti per la questua. Vedeva il volto pacifico da arcangelo biondo e occhiazzurrato. Si tranquillizzava, e al contempo si sentiva tanto in colpa da spostarsi appena per farlo passare, come se via del Pratello fosse stato uno stretto cunicolo e non un’ampia via pedonalizzata nel centro di Bologna, con portici laterali e fondo stradale a ciottoli tondeggianti. Miki si divertiva molto a osservare questi teatrini. Generalmente sfoderava un gran sorriso a trentadue denti, e mentre incrociava quel gran fiume di studenti, studentesse e bevitori generici buttava lì un “Buonasera”, “I miei rispetti”, “Ossequi alla signora”, continuando a muoversi controcorrente. La sua meta era un locale preciso, oltre lo spartiacque del carcere minorile, quello che interrompeva sulla destra la sequenza di baretti, osteriole, birrerie in direzione della statua del dio Nettuno che dominava il centro di Bologna, a pochi minuti di cammino da lì. Arrivato davanti al Circolo Aureliano Buendía, si fermò un attimo all’entrata. Sulla porta d’ingresso era affisso il volantino, che lui stesso aveva stampato e che annunciava l’ennesima, tragica serata. C’era scritto:
4
Marlene in the sky
STASERA, ORE 22:00 GORGO IL MAGNIFICO ARTISTA FUTURISTA E subito sotto, l’arrogante aggiunta: “Poesie che capirete tra vent’anni”. Lui e l’Artista futurista avevano dibattuto per un’intera domenica, prima di vergare il testo del volantino. Due ore erano andate via solo per approvare le parentesi quadre. Miki aspettò puntualmente le dieci e dieci, poi aprì la porta. L’Aureliano Buendía era diviso in due sale: la sala José Arcadio era ben illuminata e dedicata alla socialità, la sala Remedios, al contrario, era in penombra e votata all’arte. I cessi rovinavano un po’ l’afflato artistico di quell’antro adibito alla musica e alla poesia, ma, come affermava il sedicente “Artista futurista” Gorgo, non si può mica avere tutto da un locale. L’Artista futurista si stava già esibendo, a giudicare dai rumori, nella sala dalle luci basse. Quella più lontana dall’entrata. Il ragazzo con la stampella superò il bancone del locale e i tavolini in cui buona parte dei frequentatori beveva e conversava, ignorando totalmente l’evento in pieno svolgimento a pochi metri di distanza. Infine, fece un respiro profondo ed entrò nella sala.
5
Gianluca Morozzi
L’unica luce accesa era puntata sul piccolo palco a semicerchio collocato accanto ai cessi. A un lato del palco c’era un pianoforte che, pur inutilizzato, occupava la maggior parte dello spazio. All’altro si trovava la malandata chitarra a quattro corde dell’Artista futurista. Accanto alla chitarra, degli anfibi neri abbandonati sul pavimento e un paio di calzini. Gorgo l’Artista era seduto su uno sgabello rosso, tra la chitarra a quattro corde e il pianoforte inutile. Sulla testa aveva un sacchetto per il pane, con due sottili fessure ritagliate all’altezza degli occhi. Sul sacchetto, con un pennarello nero, c’era disegnata una faccina triste. Oltre a un paio di jeans sbiaditi, Gorgo indossava una felpa color viola dei Motorpsycho taglia XXL, una X in più rispetto alle effettive misure dell’Artista futurista. Poeta senz’altro non emaciato o filiforme. In quel preciso momento, Gorgo stava declamando una delle sue poesie con una base ritmica e un accompagnamento visivo. Ovvero, stava suonando i bonghi con i piedi nudi e un senso del ritmo piuttosto avventuroso, mentre con le mani proiettava delle ombre cinesi sulla parete alle proprie spalle. La voce era leggermente distorta dal sacchetto per il pane, e dallo sforzo dell’Artista futurista di usare un tono neutro e un timbro metallicao da navigatore satellitare.
6
Marlene in the sky
Leccare il dorso delle rane è il solo scopo della vita. E l’atomica colpisce in lampi viola il bianco della luna Ecco cosa declamava l’Artista, su una base ritmica indefinibile che partiva come un quattro quarti per diventare presto un sette undicesimi, mentre sul muro appariva l’ombra cinese di un gatto cornuto, forse, o di una capra dal muso mozzato, chissà. Miki andò a sedersi tra il pubblico. Non numerosissimo, ahimè. Sette persone distribuite su tre tavolini, in punti sparsi della sala. Il compito di Miki, nel suo sodalizio con l’Artista futurista, era proprio quello di saggiare le reazioni della platea alla performance. Per farlo doveva quindi fingersi uno spettatore qualunque: non farsi vedere insieme a Gorgo prima dell’esibizione e captare i commenti, protetto dall’anonimato. E quella sera, all’Aureliano Buendía, l’orecchio dell’arcangelo zoppo noto come Miki non fu certo travolto da un entusiasmo straripante. La giovane coppia al primo tavolino, bisbigliando – persone educate –, stava dibattendo sull’opportunità di spostarsi o meno nella sala José Arcadio. Due amici
7
Gianluca Morozzi
al secondo tavolino continuavano a valutare con lo sguardo le possibili vie di fuga, come chi vorrebbe tantissimo andarsene ma prova un po’ di vergogna a passare proprio davanti all’artista. Altre persone educate. L’ultimo tavolo era occupato da tre ragazzotti sui vent’anni, due dei quali assistevano all’esibizione cercando, senza riuscirci del tutto, di farsela piacere e bevevano sorsi copiosi di Negroni per rendersi più ricettivi. Il terzo beveva Negroni a sua volta, ma tutta la sua attenzione era rivolta al display dell’iPhone. “Pubblico rispettoso ma poco coinvolto” annotò mentalmente Miki. Gorgo il Magnifico finì la declamazione poetica tra gli scarsi applausi del pubblico. Spostò i bonghi a un lato del palco, si girò per prendere la chitarra, e la coppia del primo tavolino, più veloce della luce, approfittò di quel momento di distrazione per schizzare nell’altra sala. I due amici all’altro tavolo non erano stati tanto rapidi e decisi e li osservarono con sincera invidia. La chitarra classica che Gorgo l’Artista futurista stava appoggiando sulle gambe aveva solo quattro corde, non per una precisa scelta timbrica e musicale, ma perché l’artista non aveva saputo cambiare il mi cantino e il sol rotti durante le prove casalinghe, e aveva deciso di tenerla così. Ma questo, le cinque persone rimaste del pubblico – Miki a parte – non dovevano saperlo.
8