UAO Universale d’Avventure e d’Osservazioni 6
Enzo Boschi - Roberto Piumini con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
Non sta mai ferma
disegni di Andrea Valente
Enzo Boschi - Roberto Piumini Non sta mai ferma in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
Il professor Boschi rinuncia ai diritti d’autore e li destina alla diffusione di questo libro per favorire la divulgazione delle conoscenze scientifiche sui fenomeni sismici, sulle loro cause e su quanto si può fare per limitarne i danni.
disegni di Andrea Valente schede finali redatte con la collaborazione di Luca Di Bella
ISBN 978-88-88716-42-8 Prima edizione ottobre 2005 © Carlo Gallucci editore srl Roma ristampa 5 4 3 2 1 anno 2013 2012 2011 2010 2009 7
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galluccieditore.com
Mattina del 9 giugno 1907, “Ascensione�
pagina 9
Cinque miliardi di anni fa
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Mezzogiorno del 9 giugno 1907
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Quattro miliardi e seicento milioni di anni fa
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Pomeriggio del 9 giugno 1907
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Quattro miliardi e cinquecento milioni di anni fa
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Ancora pomeriggio del 9 giugno 1907
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Quattro miliardi e quattrocento milioni di anni fa
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Ore 7 del 28 dicembre 1908, lunedĂŹ
31
Quattro miliardi e trecento milioni di anni fa
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Ore 7.30 del 28 dicembre 1908
37
Quattro miliardi di anni fa
42
Ore 7.45 del 28 dicembre 1908
43
Dieci milioni di anni fa
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Ore 8.00 del 28 dicembre 1908
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Cinque milioni di anni fa
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Ore 8.15 del 28 dicembre 1908
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Un milione di anni fa
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Ore 8.45 del 28 dicembre 1908
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Centotrentamila anni fa
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Ore 9.00 del 28 dicembre 1908
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Centomila anni fa
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Ore 10.00 del 28 dicembre 1908
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1.900 d.C.
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Mattina del 28 dicembre 1908
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Mattina del 28 dicembre 1908
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Pomeriggio del 1 gennaio 1909
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Oggi
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Mattina del 4 aprile 1973
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102.005 d.C.
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Pomeriggio del 4 aprile 1974
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Il terremoto Non si prevede, ma si previene
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Come avviene
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Come comportarsi durante una scossa
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Caro lettore, questo libro contiene delle imprecisioni, come tutti i libri del mondo. Alcune sono volontarie. Per esempio, il terremoto di Messina si verificò alle 5.30 del 28 dicembre 1908, non in piena mattinata. Ma, a quell’ora, l’avventura di Mico non avrebbe potuto accadere. Perciò nella prima parte del libro si è sacrificata la precisione, per favorire il racconto. Nelle pagine finali del volume, invece, la spiegazione scientifica del fenomeno dei terremoti e dei vulcani è rigorosa, nei limiti in cui ciò è possibile in un libro di divulgazione. Ma forse, se ci sono altre imprecisioni, le scoprirai tu. Quella di cui abbiamo parlato poco fa serviva per narrare: anche l’immaginazione, come la forza tettonica, può far spostare le cose… Con affetto, Enzo Boschi e Roberto Piumini
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Messina, mattina del 9 giugno 1907, festa dell’Ascensione
M
ichele Paternò, chiamato Mico o anche Mì, quando chi lo chiama ha molta fretta, oppure è arrabbiato, come se un nome più corto fosse una punizione, ha i capelli rossi, una trentina di lentiggini e otto anni, anzi quasi nove, perché il suo compleanno è il 10 agosto, sicché adesso è molto più vicino ai nove che agli otto. Oggi non c’è scuola, e Mico ha chiesto a suo padre di poter salire a trovare lo zio, e il padre gli ha detto di sì. Mico conosce bene il percorso: non è la prima volta che arriva da solo fino lassù. Conosce i contadini che lavorano lungo la strada, nella parte bassa. Li saluta tutti quando passa vicino ai campi e tutti rispondono al suo saluto. Cammina su per la salita, alle spalle della città, sulla strada che fino a duecento metri prima era sterrata e ora è lastricata di sassi: larghe pietre piatte, levigate dal passaggio di contadini, bestie e carri da centinaia di migliaia di anni. 9
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La Sicilia, ha spiegato il maestro a scuola, qualche settimana fa, è stata abitata fino da tempi antichissimi. Quando Mico sente parlare dei tempi antichi, e di quelli antichissimi, prova una sensazione strana, una specie di vertigine. Gli sembra di sollevarsi all’improvviso, trascinato da un vento, o da un risucchio del cielo, e di volare velocissimo all’indietro, guardando sotto di sé le carrozze, i cavalli, le città, le navi, la gente dell’antichità. Non è proprio sicuro di quello che vede, qualche volta, e può capitare che in uno di questi sogni, accanto a una biga romana, guardi correre una carrozza francese del Settecento, oppure una processione di frati del Medioevo incontrare una falange macedone, e forse è questa confusione a creare il suo capogiro: ma è un capogiro piacevole. Quando un giorno gli hanno chiesto cosa farà da grande, Mico ha risposto: «Studierò i tempi antichi» «Farai lo Storico, allora», ha detto il maestro, sorridendo. Quello su cui Mico medita in questo momento, invece, mentre sale a trovare zio Salvatore, detto Zì Tore, è la ragione per cui lo zio, che è stato marinaio per tutta la vita, ha voluto costruire la sua casa sulla cima della collina. In verità non proprio sulla cima, ma a metà collina, comunque a una bella altezza. «L’ho fatta qui per vedere un orizzonte più grande», ha risposto lo zio quando Mico gliel’ha chiesto la 10
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prima volta, e da allora il bambino non ha più parlato della cosa. Ogni volta, mentre si affatica per la salita, il bambino pensa quanto costi vedere orizzonti più grandi. Ma è una fatica che lui fa volentieri, perché zì Tore gli piace moltissimo. La casa dello zio è strana. Innanzitutto sembra una nave, non tanto per la forma della pareti, quanto per un terrazzo che finisce a punta. Al centro c’è un palo, con delle corde che vanno dal palo alla ringhiera, e in cima al palo la bandiera della nave su cui Zì Tore ha navigato per venticinque anni, sulle rotte commerciali dall’Europa all’Asia. Lo zio, quando era giovane, aveva già navigato per quindici anni su altre navi, almeno sette, ma quella era stata la nave più importante della sua vita. Si chiamava (ora non c’è più: è stata demolita, perché anche le navi invecchiano e muoiono) Santa Sorella Caterina. Un nome strano, come la casa dello zio. Zì Tore non era proprio il capitano, ma il capomacchina, che è 11
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un compito molto importante. Cosa accadrebbe a una nave se i motori non funzionassero bene? Ci sono altre cose interessanti nella casa-nave dello zio: molti strani oggetti di metallo, legno o pietra, provenienti da paesi lontani, soprattutto da quelli d’Oriente. Se volesse, pensa Mico, Zì Tore potrebbe fare un museo con tutti quegli oggetti. Però non vuole, perché dice che sono parte della sua memoria e la memoria non è una cosa da mettere in un museo. La casa è ormai in vista, con il suo terrazzo-prua. E sulla punta del terrazzo c’è Zì Tore, che guarda in basso. «Pesce-nipote a dritta!» grida lo zio, salutando con la mano. «Gettate le reti!» Mico ride come sempre, e risponde: «No, capitano. Getta la pasta!» Zì Tore è un cuoco bravissimo, soprattutto con il pesce. Scende una volta al giorno al porto di Messina e sceglie il pesce fresco al molo. Ci va sempre presto, quando è ancora quasi buio e i pescherecci sono lontani dal porto. Allo zio piace guardarli avvicinarsi dalla punta, vicino al faro. Siccome arrivano uno a uno, a intervalli di una ventina di minuti, Zì Tore li accompagna camminando sul molo, da quando passano davanti al faro a bassa velocità, fino a quando si accostano alla banchina. Allora li aiuta ad attraccare, mettendo la cima attorno alla bitta, e poi torna al faro ad aspettare il prossimo. 12
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I pescatori, per quell’aiuto, vorrebbero dargli il pesce gratis, ma lui non vuole. «Per me, aiutarvi è un piacere», dice Zì Tore. «Invece il pesce, per voi, è lavoro, e il lavoro va sempre pagato». Per condire il pesce con sapori di terra, Zì Tore coltiva un orticello dietro la casa-nave: pomodori piccoli e rossissimi, basilico, rosmarino. Ha anche due piante di limoni e dieci olivi. E un cespuglio di capperi. «Dove hai imparato a fare il contadino?» ha chiesto un giorno Mico allo zio. «Quando ero in mare», ha risposto Zì Tore. «E come hai fatto?» «Pensando molto alla terra. Quando si è in navigazione da mesi, viene una grande nostalgia, non solo delle persone a casa, ma anche della terra, del terreno fermo sotto i piedi… E io passavo ore a pensare alla terra, a come profuma e come si scava, e si zappa, a come si mettono i semi, e come si raccoglie… Facevo il marinaio-contadino!»
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Non si prevede, ma si previene
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i sono fatti che accadranno, lo sappiamo: ma non siamo in grado di prevedere con precisione dove e quando. È il caso dei fulmini durante un temporale: si sa che ci saranno, ma è difficile dire in che punto esatto o in quale momento. Per i terremoti è la stessa cosa: gli scienziati possono dire, in linea di massima, quali sono le zone dove è più probabile che avvengano, ma è molto difficile stabilire quando. Si può avere dunque un’idea delle zone maggiormente a rischio, basandosi sulle caratteristiche del sottosuolo e sulla frequenza di scosse sismiche in passato e ci si può aspettare che forti terremoti tornino a far tremare le aree già colpite negli anni passati; ma non si hanno ancora le conoscenze e gli strumenti per conoscere il momento esatto in cui questo avverrà. Si sa, per esempio, che la California sarà prima o poi colpita da un terremoto molto grande, che gli americani chiamano, appunto, “The Big One” (“quello grande”), ma potrebbero passare molti anni prima che avvenga. Gli scienziati si stanno concentrando, in particolare, sugli eventi che in passato hanno spesso precedu85
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to un terremoto: per esempio, la scossa più grande è “preannunciata” frequentemente da microscosse che vengono rilevate solo dagli strumenti; oppure ci sono delle variazioni quasi impercettibili nell’inclinazione del suolo, o nella quantità di gas radioattivi presenti all’interno di acque sotterranee. È possibile che nel futuro tutti questi indicatori, tenuti sotto controllo, possano rivelare con un po’ d’anticipo quando la terra tremerà per davvero. Ma la scossa sarà in ogni caso inevitabile.
Non uccide il terremoto, ma le opere dell’uomo
Per quanto un terremoto possa essere impressionante – con la terra che vibra, gli sconvolgimenti e a volte il boato – quasi tutti i danni alle persone, in quei momenti, sono dovuti al crollo di edifici e di altre costruzioni umane. Per questo il modo migliore di ridurre i danni di una scossa sismica è quello di realizzare case e palazzi che siano pensati per resistere a vibrazioni e movimenti del suolo. L’ingegneria sismica si occupa proprio di questo e consente di progettare edifici in grado di resistere a terremoti anche forti, senza crollare. Un edificio antisismico rispetta alcune semplici regole: deve essere separato dalle costruzioni vicine, in modo da consentirgli di vibrare liberamente senza urtarle; deve essere in grado di deformarsi per asse86
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condare le sollecitazioni provocate dal terremoto; deve avere gli elementi sporgenti – come comignoli, cornicioni, tegole – ben fissati; deve avere un solido collegamento tra tutte le parti della struttura, in modo che tutte contribuiscano a sostenersi l’un l’altra. Costruire un edificio antisismico non costa molto, appena un decimo in più del normale. Rendere antisismico un edificio già esistente è un po’ più complicato, anche perché potrebbe essere stato costruito in un’epoca in cui le conoscenze sui terremoti erano molto più arretrate. Ma anche le costruzioni più vecchie possono essere rese stabili, utilizzando strumenti dell’ingegneria come catene, cordoli o “chiavi”. Inseriti nella muratura, permettono di serrare meglio le pareti tra di loro. In alcuni casi si preferisce costruire rinforzi per sostenere i punti più deboli. Di tutti gli edifici, comunque, ve ne sono alcuni che devono essere costruiti con una cura particolare non solo affinché non crollino, ma anche perché saranno essenziali nelle fasi dell’emergenza successiva alla scossa. Si tratta di tutti i centri di aiuto e soccorso, come ospedali, caserme dei vigili del fuoco, centrali elettriche. Anche se non possono essere evitati, i terremoti si possono dunque prevenire: cioè, si può limitare il numero dei danni di una scossa, seguendo alcuni criteri di costruzione degli edifici. Anzi, questa preven87