Michele Neri
Photo Generation un’istantanea
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Proprio quando – tra selfie, social e smartphone – le immagini sono diventate il vero alfabeto del nostro tempo, la fotografia professionale sembra aver perduto il suo prestigio e si è eclissata. Ma è proprio la generazione in cui tutti sono creatori di immagini ad avere bisogno di riscoprire l’eredità morale e rivoluzionaria dei grandi fotoreporter. Solo così riuscirà a raccontare, davvero, se stessa. E fare storia. “C’è una possibilità di contagio virtuoso tra Sebastião Salgado, capace d’interpellare direttamente il pianeta, e Kim Kardashian che si ritrae allo specchio con il proprio smartphone?”
Michele Neri
Michele Neri (Milano, 1959) ha diretto la gloriosa agenzia fotografica “Grazia Neri” creata dalla madre e ha fondato (insieme a Marcello Mencarini) la prima comunità al mondo di fotografi con il telefonino: Makadam (nel 2002, mentre Flickr e Facebook sono del 2004 e YouTube del 2005). È autore del mémoire Scazzi, scritto insieme al figlio Nicola.
Per tanti anni ho occupato un luogo privilegiato, una postazione unica dove, ogni giorno, veniva a trovarmi il mondo intero, calato in esperienze, desideri, sdegni, scommesse che si presentavano sotto una forma comune: fotografie. Ero il direttore di una delle più note agenzie foto-giornalistiche internazionali: “Grazia Neri”. Paragonavo il mio ufficio a una stazione ferroviaria. A ogni ora approdava un “treno” con una destinazione diversa. Ho conosciuto centinaia di fotografi e fotografe che guidavano quei convogli ambiziosi e immaginari. Poi, all’inizio degli Anni Duemila il mercato della fotografia, soprattutto quello dei servizi foto-giornalistici (i cosiddetti reportage), è entrato in una crisi profonda, dalla quale non si è più risollevato.
Michele Neri
PHOTO GENERATION
Photo Generation un’istantanea
Sono bastati pochi anni di smartphone, social network e connessione wi-fi per trovarci circondati da un fiume impetuoso e assordante di miliardi d’immagini pronte a soddisfare i nostri bisogni, la nostra curiosità istantanea. Per arricchirci oppure portarci via qualcosa. Ma proprio oggi che tutti s’improvvisano fotografi, e sono diventati, consapevolmente o no, soggetti fotografici – in questa epoca dell’abbuffata di selfie – sarebbero più utili che mai la storia e lo sguardo dei foto-giornalisti, il loro insegnamento. Lungi dal voler rappresentare un’analisi storica, accademica o esaustiva di questo convulso momento di transizione, e tantomeno della nascita di una nuova fotografia, ho raccolto riflessioni, sorprese, speranze e ho cercato di immaginare quali saranno i prossimi “scatti” di un’arte che certamente non finirà qui.
ISBN 978-88-6145-947-2
€ 12,90 Foto
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Michele Neri
Photo Generation
Michele Neri Photo Generation
ISBN 978-88-6145-947-2 Prima edizione luglio 2016 © 2016 Carlo Gallucci editore srl - Roma ristampa 7 6 5 4 3 2 1 0 anno 2020 2019 2018 2017 2016 in copertina: foto dell’autore, elaborazione ufficio grafico Gallucci
gallucciHD.com
Il marchio FSC® garantisce che la carta di questo volume contiene cellulosa proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici. L’FSC® (Forest Stewardship Council®) è una Organizzazione non governativa internazionale, indipendente e senza scopo di lucro, che include tra i suoi membri gruppi ambientalisti e sociali, comunità indigene, proprietari forestali, industrie che lavorano e commerciano il legno, scienziati e tecnici che operano insieme per migliorare la gestione delle foreste in tutto il mondo. Per maggiori informazioni vai su www.fsc.org e www.fsc-italia.it Tutti i diritti riservati. Senza il consenso scritto dell’editore nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma e da qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, né fotocopiata, registrata o trattata da sistemi di memorizzazione e recupero delle informazioni.
A coloro che mi hanno reso meno indifferente
Kathy disse: «E la tua macchina fotografica» «Macchina fotografica?» «Mi ricordo che l’avevi. È ancora in giro?» «L’ho abbandonata. Niente più fotografie. Trasformano il mondo in un museo» «Invece di?» «Invece di un folle circo». Denis Johnson, Albero di fumo, Mondadori, Milano, 2009
Un luogo privilegiato
Per tanti anni ho occupato un luogo privilegiato, una postazione unica dove, ogni giorno, veniva a trovarmi il mondo intero, calato in esperienze, desideri, sdegni, scommesse che si presentavano sotto una forma comune: fotografie. Ero il direttore di una delle più note agenzie fotogiornalistiche internazionali: “Grazia Neri”. Paragonavo il mio ufficio a una stazione ferroviaria. A ogni ora approdava un “treno” con una destinazione diversa. Si fermava lì per poi ripartire e andare a disturbare un angolo del pianeta, per portargli via un segreto e ritornare con una prova visibile. Ho conosciuto centinaia di fotografi e fotografe che guidavano quei convogli ambiziosi e immaginari. Spesso ne sembravano, piuttosto, trasportati, quasi travolti. Non sempre sono riuscito a condividere la loro passione e le loro ragioni, però ogni volta, di fronte al loro coraggio, all’ostinazione nel superare gli ostacoli – spesso economici ma non solo – che si frapponevano tra loro e il documento che speravano di realizzare, nasceva in me la stessa domanda, in cui era implicita una grande ammirazione: “Cosa glielo fa fare?” Dove trovavano la forza per convincere me, i giornali o chiunque altro potesse fare da intermediario tra la loro idea e le fotografie? 9
Per quale ragione volevano occuparsi, con un misto di disincanto e irruenza, e sapendo che non si sarebbero mai arricchiti, di quel particolare tratto di strada sul pianeta, sempre più lontano e destinato a restare altrimenti invisibile, opaco? Perché insistevano a non fare le cose facili o vicine? A non farle facili, le cose? Poi, a metà del decennio passato, il mercato della fotografia, soprattutto quello che mi riguardava da vicino, la vendita di servizi fotogiornalistici (i cosiddetti reportage) all’editoria, è entrato in una crisi profonda, dalla quale non si è più risollevato. Le fotografie hanno trovato canali diversi per vivere e rivelare il loro contenuto. La fotografia tradizionale, intendendo con questo termine quella prodotta da professionisti con l’uso di macchine fotografiche e per un utilizzo giornalistico o commerciale, sembrava messa all’angolo dalla grave crisi economica e dalla concomitante e poderosa diffusione delle “immagini” – le chiamo così, consapevole che si tratta di un termine provvisorio – prodotte con lo smartphone da una massa infinita di persone. Io ho finito per chiudere l’Agenzia. Pensavo che l’assenza dell’esempio e del carattere dei fotografi con cui avevo lavorato avrebbe alimentato, negli anni, una potente nostalgia privata. Mi ero rassegnato che la loro eredità – e non tanto le icone rimaste impresse negli occhi di generazioni, quanto il loro modo di essere presenti ai fatti, un instancabile tentativo d’informare e poi di “cambiare” le cose, una sorveglianza disarmata dei nostri diritti – sarebbe vissuta soprattutto in musei, festival, corsi di fotografia, blog professionali, libri stampati in poche copie. E che sarebbe quindi diventata invisibile agli occhi dei tanti non addetti ai lavori. Poi la prospettiva è cambiata. 10
Sono bastati pochi anni di smartphone, social network e connessione wi-fi per trovarci circondati da un fiume impetuoso e assordante di miliardi d’immagini pronte a soddisfare i nostri bisogni, la nostra curiosità istantanea. Per arricchirci oppure portarci via qualcosa. Proprio oggi che tutti s’improvvisano fotografi, e sono diventati, consapevolmente o no, soggetti fotografici, all’epoca dell’abbuffata di selfie, la storia e lo sguardo dei fotogiornalisti, il loro insegnamento, sarebbero più utili che mai. Adesso che tutti sono produttori, destinatari, intermediari d’immagini, è il momento di porsi di nuovo quell’interrogativo. Cosa glielo fa fare? L’invasione delle immagini scattate dalla gente non mi ha sorpreso. Già nei primi Anni Duemila, insieme al fotografo Marcello Mencarini, avevo fondato la prima community al mondo dedicata alla promozione e alla pubblicazione, non solo online, degli scatti realizzati da non professionisti con i primi cellulari dotati di fotocamera. Non avevo tuttavia previsto che sarebbe stato un fenomeno così imponente e tale da incidere non solo sullo sguardo e sulle emozioni, ma sulla vita intera dell’essere umano; in grado di influenzarla, renderla degna di essere vissuta, di trasformarla in qualcosa di adatto a giustificare l’approvazione o il rifiuto dell’altro e della società. A questo punto mancherebbe una convergenza tra la corrente tumultuosa delle immagini che scattiamo e la strada già percorsa dai grandi fotoreporter. Tra il loro movente e il nostro. Sarà un processo difficile quanto necessario. 11
Queste pagine, lontane dal voler rappresentare un’analisi storica, accademica o esaustiva di un convulso momento di transizione, e tantomeno della nascita di una nuova fotografia, raccolgono le sorprese, le delusioni e le speranze di chi si guarda attorno, con occhi abbastanza allenati e, si spera, non nostalgici. E di chi nutre il desiderio che le generazioni future, in questa inedita società dell’immagine, sappiano trovare alleati e non avversari.
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Uno
In principio era l’immagine. Se il mondo cominciasse oggi, non esisterebbe descrizione più corretta. Ma se è un’ipotesi accettabile, sappiamo prevedere quale effetto avrà su di noi, sui nostri figli, come modificherà ciò che intendiamo per “memoria di noi”? Una colata d’immagini si spande sulle nostre giornate. Sono diventate l’alfabeto universale, il battito del tempo quotidiano, un’estensione luminosa di ogni evento, emozione, desiderio. Una propaggine dei sensi. Se puoi scattare, puoi anche vivere. Da qualche parte sopra di noi, mescolata, o sotto questo strato d’immagini, la fotografia, che non è più quella che conoscevamo, vive un’ora d’incertezza. È una mutazione irruente: la sovrapposizione della fotografia tradizionale con quella realizzata con gli smartphone possiede un’energia potenzialmente infinita; fa pensare ai primi atomi impazziti dopo il Big Bang. È impossibile pronosticare che cosa ne verrà fuori. Se la fotografia dovrà aprirsi, o piuttosto ritirarsi sempre di più nella riserva. È già arrivato il momento di guardare indietro e celebrarsi, come se la Storia nata ufficialmente nel 1839 fosse giunta, uguale ad altre, alla fine? 13
Stampato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso Print on Web a Isola del Liri (Fr) nel mese di luglio 2016
Proprio quando – tra selfie, social e smartphone – le immagini sono diventate il vero alfabeto del nostro tempo, la fotografia professionale sembra aver perduto il suo prestigio e si è eclissata. Ma è proprio la generazione in cui tutti sono creatori di immagini ad avere bisogno di riscoprire l’eredità morale e rivoluzionaria dei grandi fotoreporter. Solo così riuscirà a raccontare, davvero, se stessa. E fare storia. “C’è una possibilità di contagio virtuoso tra Sebastião Salgado, capace d’interpellare direttamente il pianeta, e Kim Kardashian che si ritrae allo specchio con il proprio smartphone?”
Michele Neri
Michele Neri (Milano, 1959) ha diretto la gloriosa agenzia fotografica “Grazia Neri” creata dalla madre e ha fondato (insieme a Marcello Mencarini) la prima comunità al mondo di fotografi con il telefonino: Makadam (nel 2002, mentre Flickr e Facebook sono del 2004 e YouTube del 2005). È autore del mémoire Scazzi, scritto insieme al figlio Nicola.
Per tanti anni ho occupato un luogo privilegiato, una postazione unica dove, ogni giorno, veniva a trovarmi il mondo intero, calato in esperienze, desideri, sdegni, scommesse che si presentavano sotto una forma comune: fotografie. Ero il direttore di una delle più note agenzie foto-giornalistiche internazionali: “Grazia Neri”. Paragonavo il mio ufficio a una stazione ferroviaria. A ogni ora approdava un “treno” con una destinazione diversa. Ho conosciuto centinaia di fotografi e fotografe che guidavano quei convogli ambiziosi e immaginari. Poi, all’inizio degli Anni Duemila il mercato della fotografia, soprattutto quello dei servizi foto-giornalistici (i cosiddetti reportage), è entrato in una crisi profonda, dalla quale non si è più risollevato.
Michele Neri
PHOTO GENERATION
Photo Generation un’istantanea
Sono bastati pochi anni di smartphone, social network e connessione wi-fi per trovarci circondati da un fiume impetuoso e assordante di miliardi d’immagini pronte a soddisfare i nostri bisogni, la nostra curiosità istantanea. Per arricchirci oppure portarci via qualcosa. Ma proprio oggi che tutti s’improvvisano fotografi, e sono diventati, consapevolmente o no, soggetti fotografici – in questa epoca dell’abbuffata di selfie – sarebbero più utili che mai la storia e lo sguardo dei foto-giornalisti, il loro insegnamento. Lungi dal voler rappresentare un’analisi storica, accademica o esaustiva di questo convulso momento di transizione, e tantomeno della nascita di una nuova fotografia, ho raccolto riflessioni, sorprese, speranze e ho cercato di immaginare quali saranno i prossimi “scatti” di un’arte che certamente non finirà qui.
ISBN 978-88-6145-947-2
€ 12,90 Foto
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