IL FASCINO DELLE PAROLE
Sono a ascinato dall’Uomo e per questo ho dedicato la mia esistenza a studiarlo, a cercare di comprenderlo e ho seguito costantemente il sogno di migliorarlo. Poiché sono un uomo, ho cercato di capirmi e di migliorarmi. Il fascino è un sentimento complesso, persino paradossale poiché mescola attrazione e paura.
L’uomo mi attrae e mi spaventa, appartiene ai viventi della Terra, a una delle tante specie che la abitano.
Ha tantissime caratteristiche che lo accomunano agli altri animali. Ma è l’unico, a cui si associ la parola psyché (ψυχή). E per chi si occupa di lui, è questa la prima, e forse più profonda radice che lo rappresenta.
Appartiene questo termine all’antica Grecia, al luogo dove si fa nascere la civiltà occidentale, a cui noi apparteniamo.
Incomincia tra l’VIII e il VII secolo avanti Cristo.
Una delle opere fondamentali per la civiltà è composta da Aristotele: Perì psychés (Περὶ Ψυχῆς), che i latini hanno tradotto con De anima .
L’autore ne fa una vera trattazione e al termine psyché – già usato da Anassimandro – richiama una struttura che diventa la rappresentazione “anatomica” dell’uomo.
Vi si distinguono tre grandi sezioni: la psyché vegetativa, quella sensitiva e la psyché razionale.
Da allora questa rimane – sia pure con aggiunte – l’immagine dell’uomo, la sua ombra attaccata alla dimensione sica: il sóma (σῶμα), in latino corpus. L’uomo che si vede e l’uomo che non si vede: la sua dimensione somatica, la sua dimensione psichica.
La civiltà occidentale si caratterizza per l’elaborazione che ha tentato, continuamente, di dare a queste due dimensioni.
STORIA DELLA PSICHE IN 50 PROTAGONISTI
Si è contrapposta a quella orientale, assumendo una visione di erente, facendo percepire così l’Uomo in un’altra dimensione.
Anche le parole hanno una storia e addirittura una evoluzione, poiché varia il signicato che vi si attribuisce.
Schematicamente la civiltà occidentale è il risultato di tre componenti principali.
Alla classicità greca segue quella della Roma antica, su cui si innesta il cristianesimo. Quest’ultima componente porta con sé gran parte del contenuto dell’ebraismo.
Al termine greco psyché vediamo seguire l’“anima” della Roma imperiale e successivamente lo “spirito” del cristianesimo.
“Anima” ha la stessa radice di “alma” che signi ca “salto”, sottolineando dunque una di erenza qualitativa, come nel caso di “animale”: ha un’anima che lo distingue da un corpo sico, da un oggetto, da una pietra. Nella parola “alma” è insito anche il signicato di “vasto” (l’Alma Mater).
“Spiritus” esprime un’azione: il so are, l’alitare ed ha come corrispettivo greco il termine pn éuma (πνεύμα). Il signi cato riporta al Genesi biblico: Dio creò le cose dalla creta, le forgiò come fa uno scultore, poi creò l’uomo alitando, so ando sulla forma che la creta aveva assunto. Ed è questo gesto del so are che caratterizza l’uomo, poiché possiede lo spirito, il so o divino.
Da questo il concetto cristiano di “somiglianza” tra creatura e Creatore.
Abbiamo ridotto in poche righe un tema etimologico che è ancora oggetto di ricerche e di discussioni. Del resto queste tre parole – che abbiamo reso come simbolo delle componenti la nostra civiltà – sono tuttora presenti nel linguaggio e, spesso usate in maniera sostitutiva e analogica, confondendone e non rispettandone il signi cato originale.
Si deve aggiungere un’altra parola: “mente”. Ha la propria derivazione dal latino mens, che ha il signi cato di una funzione dell’anima. Vede una particolare applicazione nel XIV secolo (in cui nasce anche il mente-captus, “mentecatto”, uomo a cui hanno rubato la mente).
Da funzione dell’anima nisce per assumere il signi cato di anima. Nel tempo presente si unisce nella espressione “cervello-mente” (brain-mind ), assumendo una connotazione scienti ca.
È ora necessario indicare la maniera corretta nell’uso dei termini e, in particolare, indicare il senso che diamo alle parole in quest’opera. All’inizio della civiltà occidentale il termine psyché de nisce una dimensione che si contrappone alla phýsis (φύσις), natura sensoriale, sica appunto.
È con Aristotele (nel IV secolo avanti Cristo, 384-322 a.C.) che viene suddivisa, per separare la dimensione che la psyché assume nel mondo vegetale (nella vita di un ore), dalla espressione che si attua nella vita animale (caratterizzata soprattutto nel movimento) e l’espressione della psyché dell’uomo che rimanda al pensiero. Sia pure
IL FASCINO DELLE PAROLE
in queste di erenziazioni, la psyché contempla tutto ciò che non è sico, anche se vi è intimamente legata.
Il cristianesimo aggiunge a questa de nizione, che possiamo chiamare ancora naturalistica, un nuovo aspetto che è legato alla creazione, a Dio che – nel fare l’uomo – gli dona lo spirito (l’alitare) divino.
L’anima esce pertanto dall’ambito della natura e diventa parte di Dio.
Ad esprimere con una bellissima immagine questa nuova visione è Dante, che immagina il cervello come un cristallo e l’anima come una luce che scende dal Cielo e si incontra con il cristallo, mostrando attraverso la rifrazione i colori che contiene: una metafora delle doti dell’anima. Se il cristallo – egli dice – è “rotto”, la luce non riesce a mostrare le proprie qualità.
Tutte le facoltà dell’anima, in un caso si manifestano, nell’altro – in parte o totalmente – non traspaiono. Il principio che ne deriva è che la psyché è di origine divina e, pertanto, ha due connotazioni intrinseche: essere immateriale e immortale. Questi sono gli attributi di Dio Creatore.
La concezione ri essa sull’uomo è che egli è mortale nella phýsis mentre la sua psyché è immortale. Si lega al corpo ma non emerge dal corpo, poiché è parte del Dio che “è da sempre e per sempre”.
Di conseguenza, anch’essa è eterna.
Il cristianesimo predilige la parola “anima” e pur nascendo in Palestina, che allora era sotto il dominio di Roma ma risentiva di importanti in uenze greche, sceglie questa parola, “anima”, dimenticando la psyché greca.
Nel Medioevo, in tutta la sua lunga durata, si parla e si discute dell’anima che diventa il centro della teologia. Il termine psyché ritorna ad essere usato proprio con l’Umanesimo e il Rinascimento, tra il XV e il XVI secolo, quando sorge, per esempio, il termine psico-logia che riunisce due espressioni greche, psyché e lógos ( λόγος), nel signi cato di “studio della psiche”.
È indubbio che nella concezione rinascimentale che porta al centro l’uomo, sostituendo il teocentrismo, dev’essersi avvertita l’esigenza di modi care l’uso del termine, ritornando dunque all’originaria psyché che ora coesiste, come abbiamo richiamato, con il termine di “mente”.
In questi secoli si assiste al grande sviluppo dell’anatomia e nelle Università si costruiscono i teatri anatomici, dove si sezionano i cadaveri e si apre nalmente la scatola cranica per studiare il cervello, su cui pesa la concezione cristiana della riduzione ad un cristallo passivo, mentre i Greci l’avevano già immaginato come la sede delle funzioni del pensiero, che caratterizza la specie umana.
L’esempio più signi cativo lo dà Ippocrate nel V secolo (461-371 a.C.), ai tempi di Socrate: trattando della epilessia – etimologicamente epilambáno (επιλαμβάνω), “essere invaso” – nel De morbo sacro (
) sosteneva che invece non avesse nulla di sacro, ma fosse dovuta ad un’alterazione propria del cervello.
La scienza, come sappiamo, nasce come metodologia con Bacone e Galileo.
E darà inizio ad uno studio su questo organo e le sue funzioni, che è tuttora in corso e che appartiene ancora alla psicologia e a quelle che, oggi, si chiamano le neuroscienze.
Sulla base di questa storia noi usiamo – e abbiamo invitato a rendere comune questo suggerimento – il termine “psiche” (analogo a “mente”) per indicare tutte le funzioni del cervello, che sono prodotte, emergono da questo organo, che in conformità di tutti gli organi del corpo umano è sico (organico) e mortale.
Ciò signi ca che anche le sue funzioni hanno una origine sica e cessano con la morte del corpo, con cui muore anche il cervello.
Il termine “anima” non appartiene a questa dimensione scienti ca, ma ciò non impedisce che si possa credere che esista una entità soprannaturale – metà tà physikà (μετὰ τὰ ϕυσικά) – che possegga le caratteristiche che il cristianesimo richiede: l’essere immateriale e immortale.
Al di là, dunque, del signi cato etimologico originario, oggi parliamo di psiche e di mente, riferendoci all’insieme delle funzioni del cervello, mentre il termine “anima” rimane parte, non del sapere scienti co, ma della fede, del credere.
È l’anima, il riferimento della visione del cristianesimo che pone una vita nell’al di là, in cui le anime si ritroveranno. Al termine “anima” si associa per similitudine quello di “spirito”, anche se nell’uso domina il primo.
L’ambito dei miei studi e della mia professione è il primo, riguarda cioè le funzioni del cervello. Ed è questo anche lo scenario entro cui si colloca tutto ciò che verrà presentato in quest’opera.
Le scienze, oggi, hanno la consapevolezza di non poter rispondere a tutti gli interrogativi che l’uomo pone su se stesso e sul mondo in cui vive. E rispettano altre modalità per raggiungere convinzioni e dare forza alle visioni del mondo: alle Weltanschauungen. La scienza, e certamente da parte mia, ha grande rispetto persino di posizioni come quella di Tertulliano: “Credo quia absurdum”, il che non signi ca credere anche ciò che la ragione nega, bensì credere perché la ragione e la scienza non arrivano a spiegarlo.
STORIA
DA PLATONE A CARTESIO, DA WUNDT A RORSCHACH, PASSANDO PER FREUD, JUNG, MAHLER, BASAGLIA, JASPERS, KANDEL E TANTI ALTRI, QUELLO CHE
VITTORINO ANDREOLI COMPONE, ACCOMPAGNATO DAI RITRATTI
DI ANDREA VENTURA, È UN AFFRESCO MISTERIOSO, SORPRENDENTE E IN CONTINUO MOVIMENTO DELLA NOSTRA MENTE, PERCHÉ LA STORIA
DELLA PSICOLOGIA E DELLA PSICHIATRIA È IN PARTE LA STORIA DEL NOSTRO MONDO E NE È CERTAMENTE UNA POSSIBILE CHIAVE DI LETTURA.
Psichiatra di fama mondiale e membro della New York Academy of Sciences, ha il merito di aver legato in maniera indissolubile la psichiatria al concetto di cervello plastico, avendo dato il proprio contributo non solo alla sua scoperta ma, soprattutto, alla lettura clinica delle sue funzioni. In virtù di questo, si oppone alle concezioni lombrosiane della follia e del crimine come comportamenti innati, sostenendo che sono invece del tutto compatibili con la normalità.
LA STORIA DELLA PSICHE IN 50 PROTAGONISTI
VITTORINO ANDREOLI
Ritratti di ANDREA VENTURA www.centaurialibri.it
€ 19,90