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Vino al vino
Note tecniche di Paolo Nuvolati, enologo
Prefazione di Andrea Sinigaglia, Direttore Di AlmA Wine AcADemy www.edizioniplan.it info@edizioniplan.it
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Prima edizione: aprile 2014
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Grafiche Flaminia – Trevi (PG) – aprile 2014 – 14.83.264.0
Un libro in 3D di Andrea Sinigaglia
C’è chi dice che la poesia in Cina sia nata contestualmente all’inizio della produzione e del consumo di vino. C’è chi lo dice. Ma chi lo dice? E da quando?
Non si sa. Tendenzialmente però ci piace crederlo, è una bella storia, è piacevole pensare che il vino sia stato il sangue della vis poetica prima sconosciuta, ignota come la bevanda alcolica che affiancandosi al tè, bevanda nervina, ha dato origine a questa azione così alta e misteriosa.
I proverbi, a ben pensare, devono il loro successo proprio a questa dinamica.
Non si sa chi li ha scritti, non si sa quando, ma ci piace dare loro credito; ci garbano perché cristallizzano in modo semplice e icastico sapienze la cui spiegazione dovrebbe consumare preziose parole in congetture. Loro invece sono diretti, ritmati, mnemonici, sembrano un codice. Le cose diventano perciò proverbiali quando fanno riferimento a un codex quasi immutabile, inopinabile probabilmente perché insondabile.
Vino nei proverbi. Un tema che racconta di un rapporto tra alimento sacro e vissuto quotidiano. È qui il punto di intersezione. Forse non c’è in occidente un argomento tanto alto, consacrato, metafisico quanto il vino che, per contro, è protagonista di un quotidiano che al solo pensiero porta alla mente odori, sentori, rumori. Non c’è esperienza più celebrata e nel contempo legata alla perdita di equilibro dell’uomo, connessa alla sua euforia, al suo smarrimento.
È divino, ma è del popolo e quindi come i santi, le stagioni, il tempo, il corpo umano è il contenuto perfetto per il più imperfetto dei contenitori letterari – ma anche il più libero – il proverbio.
Nell’antica Roma vigeva lo jus osculi, il diritto di bacio. I parenti fino al cugino di terzo grado, incontrando una donna della loro dinastia, avevano il diritto di baciarla sulla bocca per verificare se la femmina avesse fatto consumo di vino a lei proibito. In caso affermativo, con grande disonore, la rea sarebbe stata punita severamente. Il vino è dunque materia pericolosa, il suo consumo è discriminante, segna passaggi, dal giovane all’adulto, dal sobrio all’ebbro, dal cristiano al musulmano. La nostra storia, il nostro DNA, la piazza, la tavola, sono intrise della sua presenza ma in questa sede ci dobbiamo fare una domanda. Che valore possono avere nel terzo millennio i proverbi sul vino? Essi pescano nell’antico, in un luogo che si perde nel tempo, col vino condividono il vanto di essere invecchiati. Non hanno autore. Infatti di chi sono i proverbi? La risposta più logica è che essi appartengono a chi li dice. Appartengono a chi li tiene in vita poiché egli pronunciandoli, li tramanda, li salva. Il vino f a sangue. Questo era un proverbio che mio nonno Pino aveva fatto suo, era suo, era così d’accordo che… sí… certo per me – a otto anni quando mi sporcava l’acqua del bicchiere con qualche goccia color rubino e mi faceva sentire meno bambino –, quel proverbio era lui, l’aveva inventato, scritto, promulgato lui, non c’è dubbio. I proverbi sono di chi li dice, così come la legge è di chi la legge; per forza, lo dice il proverbio! Essi sono entità assai diverse dagli aforismi. Gli aforismi sono “capi fir- mati” sono proverbi con la griffe, tocca pure fare la fatica di ricordarsi l’autore; per i proverbi no, ed è per tale motivo che essi sono del popolo, non hanno copyright, come si addice alla cultura, quella più vera, quella che è patrimonio dell’umanità.
Se dovessimo chiederci oggi che senso può avere un proverbio sul vino e quindi un libro dedicato a tale realtà, il nostro pensiero dovrebbe correre subito, per analogia, a ciò che ha sostituito questa forma d’espressione ai giorni nostri, lo slogan. Questa realtà è la versione 2.0 del proverbio: niente autore, niente dimensione temporale, ti entra nel cervello e associandola a un’immagine o a un evento, rimbalza dalla memoria alla lingua e urge l’essere pronunciata. In una società liquida come la nostra, proverbi, slogan, password e codici PIN sono tra le poche cose che cristallizzano. Sono come una boa nel mare dell’esperienza quotidiana, consolano, ammiccano, ci mettono dentro a una community, sono i picconi a cui leghiamo attimi di socializzazione o i ponti con cui ci mettiamo in contatto con generazioni diverse dalla nostra.
Leggendo quindi le pagine di questo volume si vedrà, nell’ottimo lavoro fatto da Romagnoli, il paradigma del vinproverbio rappresentato nelle tante sue declinazioni.
Se dovessi darvi una guida alla lettura vi proporrei tre chiavi per accedere al testo.
Contro la legge della non contraddizione
Stagionalità, un’esigenza tutta contemporanea
No narrazione, no party
Cerco di spiegarmi meglio: poiché questo libro che avete tra le dita è una specie di museo animato, necessita quindi di alcuni accorgimenti alla lettura che ben si possono indicare nelle tre dimensioni che sopra ho elencato e sotto vado a spiegare. Quindi come avete capito questo è un libro in 3D.
Contro la legge della non contraddizione Scusate, ma da che mondo è mondo i proverbi si scrivono? Essi appartengono alla cultura orale per antonomasia. I proverbi si sentono, si dicono, si declamano, si ripetono, si invocano, ma non si leggono. Eppure il fatto che se ne debba fare una raccolta come questa, che non è un mero elenco, ma è più un dizionario ragionato, ci impone una riflessione.
Questi proverbi sono in via d’estinzione. Le pratiche a cui si riferiscono, la devozione, i luoghi, le consuetudini non sono più scenario quotidiano per la maggioranza di noi. I vecchi, quelli che basavano e diffondevano la loro saggezza e spesso identità attraverso queste giaculatorie, oggi non sono più abbastanza vecchi per affidarsi a questo registro, magari scrivono un sms o un post, ma non sono più il vettore sul quale i proverbi hanno attraversato i secoli. Ciò che era abituato a volare affidandosi alla mnemonica tradizione oggi necessita, per sopravvivere a tutti coloro che lo hanno fatto scorrere nel tempo, di essere scritto e addirittura spiegato, contestualizzato, indicizzato. Un catalogo di farfalle splendide, che se riusciranno a sedurre il lettore torneranno a battere le ali sulla bocca di chi li pronuncerà e si spoglieranno dell’inchiostro e della carta che li confina.
Lettori, quindi, avete una missione e ad ogni proverbio liberato il brindisi sarà d’obbligo.
Stagionalità, un’esigenza tutta contemporanea È veramente un bisogno di noi uomini contemporanei questa incredibile sete di sentire sulla nostra pelle la stagionalità, i rintocchi del tempo che tra liturgia, clima e maturazione danno alle giornate, alle ore, agli istanti un gusto diverso. I proverbi del vino spesso sono come fotogrammi di quel miracolo sempre in divenire che si chiama vigna, la mamma dell’uva. Tecniche di coltivazione tra agronomia e preghiere, tecniche di cantina tra enologia e alchimia, per tutto c’è un proverbio, un mantra che accompagna le fasi che si inanellano per arrivare, alla fine, attraverso la bottiglia, al calice: ambedue realtà non esenti da proverbi.
Oggi noi si vive come climatizzati, in una sorta di atemporalità enogastronomica dove tutto è disponibile sempre su scala spazio-temporale cosicché sentire attraverso la lettura delle righe di questo testo che c’è un modo proverbiale di aspettare – fare – ringraziare ci sembra più liberatorio dell’avere tutto senza soluzione di continuità.
I proverbi sono sempre contemporanei in quanto accadono come eventi musicali, pronunciati come formule magiche all’avverarsi di un appuntamento seppur piccolissimo ma cosmico per chi segua istante per istante la vita vegetale di una pianta o il ribollir di un tino. Non è l’azzeramento della scelta che ci rende liberi; è l’accorgerci stupito che frutto della terra e lavoro dell’uomo sono la più grande offerta che si possa fare, ergo il maggiore dei doni in nostro possesso.
I proverbi non fermano il tempo, lo scandiscono, ne illuminano gli snodi, sono l’unica cosa che si possa dire quando tutte le altre parole sarebbero superflue.
No narrazione, no party
Leggendo questo catalogo di cristalli preziosi vi renderete conto presto che noi viviamo proprio su un altro pianeta rispetto alle dinamiche che i proverbi indicano. Tanto è vero che il grande valore di questo libro è il telaio costruito dall’autore intorno ai proverbi che vengono così incastonati in una trama. Abbiamo bisogno che espressioni popolari, semplici, rustiche come queste ci vengano introdotte, contestualizzate, narrate. Non siamo più capaci di leggerle, siamo sordi davanti a questi motti.
Tutto ciò mi ricorda un po’ la sensazione che l’uomo moderno ha davanti alle sculture di una chiesa romanica. Per i nostri avi analfabeti quelle erano pietre parlanti; oggi noi, dinnanzi ad esse siamo ciechi, guardiamo ma non vediamo e ci perdiamo il bello. Nell’era della comunicazione ciò che è più semplice ci impone fatica.
La fatica sta tutta nella nostra incapacità di andare a pescare nel profondo di un’esperienza che per noi è inimmaginabile.
La storia del vissuto quotidiano, crudo e maschio per un verso femmineo e materno per l’altro, a cui fanno riferimento questi proverbi, è il tesoro sotto la cenere di questi messaggi che ci arrivano da ignoto amante. Senza immedesimazione, è matematicamente impossibile percepire la vibrazione di questa ricchezza rinchiusa in poche parole.
Tutto ciò che abbiamo detto sui proverbi è ancor più vero per il vino.
Come si fa a stappare una bottiglia senza percepire la vita della persona che l’ha prodotta?
Il metodo non cambia, l’esperienza del conoscere è possibile solo a chi vive l’oggetto che ha davanti come un terminale, un segno, la punta di un iceberg sommerso.
Si può essere superficiali, accontentarsi e godere oppure affondare lo sguardo, conoscere ed essere felici.
Chi si accontenta gode dice il proverbio ma questa forse è la dimostrazione che a volte… anche i proverbi sbagliano!
Essi sono umani, umanissimi, per questo simpatici, non hanno pretese, non li si potrà accusare mai di nulla, li si usa a proprio rischio e pericolo e soprattutto li si mette in campo quando serve la benzina del vivere quotidiano, l’ironia, appunto… spirito, esattamente come il vino.