Agricoltura Sociale L'evoluzione e i nuovi sviluppi dopo la legge 141/2015: Nuove prospettive per il Gal Murgia Pi첫
“Contratto di incarico professionale – Consulente Informazione Mis. 331 Azione 2” CIG Z3F1735E7C– CUP J86D13000060009 Affidamento diretto da: Società Consortile GAL Murgia Più a r.l. (appaltatore) A: Luca Marchesino (aggiudicatario)
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Sommario
1) Il concetto di agricoltura sociale
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2) Dimensioni del fenomeno
pag 6
3) I principi dell’agricoltura sociale
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4) L’agricoltura sociale nella politica europea
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5) Il Forum Nazionale di Agricoltura Sociale e la legge sull’agricoltura sociale
pag 30
6) Il Forum di Agricoltura Sociale in Puglia e la legge regionale sull’agricoltura sociale
pag 37
7) I risultati del Gal Murgia Più sulle “Misure dell’Agricoltura Sociale” pag 39 8) Conclusioni e nuove prospettive nella Programmazione 2014 - 2020 pag 48 9) Bibliografia e sitografia
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IL CONCETTO DI AGRICOLTURA SOCIALE Negli ultimi anni si è assistito ad una evoluzione nella politica Europea, con figure professionali ed interessi scientifici crescenti, dell’agricoltura intesa come mezzo di promozione della salute umana e come attività dalle ricadute sociali benefiche. L'agricoltura europea e le zone rurali si trovano ad affrontare molteplici cambiamenti socio-economici, tra cui il passaggio da un’economia basata sull’agricoltura verso un’economia basata sui servizi (Dessein et al., 2013). In particolare, la dimensione sociale e il sostegno sociale da parte dell'agricoltore appaiono sempre più importanti (Berget et al., 2011; Sempik et al., 2010;. Hine et al., 2008) e meglio racchiudono la complessità del cambiamento agricolo e rurale in un nuovo modo di guardare al futuro dell'agricoltura (Wilson, 2007). La dimensione sociale dell'agricoltura e il ruolo importante che svolge nella vita dei piccoli agricoltori di tutto il mondo è ampiamente riconosciuta (Hermans et al., 2010), oltre all’importanza di un contesto che porta alla dimensione sociale nelle zone rurali (Dessein et al., 2013;. Ploeg et al., 2000). In tale ambito, l'Unione Europea negli ultimi anni ha focalizzato la sua attenzione su attività agricole multifunzionali che soddisfano la combinazione di richieste da parte della società: uso multifunzionale del territorio e maggiore creazione di valore nelle aree rurali (Jongeneel, 2008; Rogge et al, 2013). D'altra parte, l'OECD (2001, 2003; 2005) presenta un'analisi approfondita del concetto di multifunzionalità dal punto di vista economico; infatti l’OECD evidenzia la possibilità per un paese di massimizzare le esternalità positive, riducendo al minimo quelle negative, ed assicurare che i risultati dell’agricoltura corrispondano alle esigenze della società. Una combinazione innovativa tra l'agricoltura e lo sviluppo sociale porta alla cosiddetta Agricoltura Sociale (AS), che è un modello agricolo basato su strette relazioni complementari tra zone rurali e urbane. L’AS utilizza risorse agricole per svolgere alcune attività sociali che coinvolgono l'utente nei lavori, nelle attività di riabilitazione e promozione della salute mentale e fisica (Foti et al., 2013;. Sempik et al., 2010). Secondo una definizione di Di Iacovo (2008), il termine AS indica l’insieme delle pratiche, anche molto differenti tra loro, realizzate a beneficio di soggetti a bassa contrattualità (persone con handicap fisico o psichico, psichiatrici, dipendenti da alcool o droghe, detenuti o ex‐detenuti) o indirizzate a fasce della popolazione (bambini, anziani) per cui risulta carente l’offerta di servizi. L'interrelazione tra agricoltura, tutela del paesaggio e servizi sociali (agricoltura sociale, fattorie didattiche, fattorie sociali, orto-terapia, etc.) introduce le opportunità per un nuovo modello rurale (OECD, 2006) che collega obiettivi economici, ambientali e sociali sostenibili. 3
Secondo una definizione più “sociale” di di Matteo (2015), quando le risorse dell’agricoltura sono pedagogiche (accompagnamento al percorso di crescita) “alla relazione di aiuto”, ai processi di inclusione sociale o al processo di “cura” o alla strategia di fronteggiamento del disagio è AGRICOLTURA SOCIALE (a.dimatteo,2015). L'agricoltura ha da sempre svolto una funzione sociale a presidio del territorio, rispondendo a diverse esigenze: dalla produzione primaria, alla conservazione della biodiversità, alla tutela dell’ambiente e presidio del territorio, alla conservazione delle tradizioni fino all'offerta oggi di servizi educativi e servizi sociali per l'inclusione dei soggetti più deboli della popolazione. L’AS comprende l’insieme di pratiche svolte su un territorio da aziende agricole, cooperative sociali e altre organizzazioni del Terzo Settore che coniugano l’utilizzo delle risorse agricole e il processo
produttivo
multifunzionale
a
basso
impatto
ambientale,
prioritariamente
e
progressivamente con metodo biologico, con le attività sociali finalizzate: a generare benefici inclusivi, a favorire percorsi terapeutici, riabilitativi e di cura, a sostenere l’inserimento sociale e lavorativo delle fasce di popolazione svantaggiate e a rischio di marginalizzazione (i soggetti di cui all’articolo 2, del REGOLAMENTO (CE) N. 2204/2002 DELLA COMMISSIONE del 12 dicembre 2002), ed a favorire la coesione sociale, in modo sostanziale e continuativo. Tali attività devono essere realizzate in cooperazione con i servizi socio-sanitari e gli enti pubblici competenti del territorio e sottoposte a verifiche periodiche, attraverso un apposito rendiconto sociale. L’agricoltura sociale è una prassi di sviluppo locale sostenibile socialmente economicamente e ecologicamente. Inoltre l’agricoltura sociale, in quanto parte dell’agricoltura multifunzionale, può offrire un’ampia gamma di servizi finalizzata a perseguire il benessere dell’intera cittadinanza e quindi rispondere ad una più ampio bisogno di politiche di welfare. L’Agricoltura sociale coinvolge una moltitudine di soggetti (pubblici e privati) e di professionalità per il soddisfacimento dei beni collettivi della comunità. Le finalità delle pratiche e delle modalità di svolgimento dell’AS sono diverse e ad oggi prevedono: • percorsi riabilitativi, terapeutici e di cura per persone in situazione di disagio (persone con disabilità psico-fisica, persone con disagio psichico, tossicodipendenti) attraverso attività terapeutiche o di co- terapia (ortoterapia, pet-therapy, onoterapia), le cosiddette “terapie verdi”, svolte in collaborazione con i servizi socio-sanitari del territorio; • formazione e inserimento socio lavorativo di soggetti svantaggiati e disabili; • attività sociali, “rigenerative” e di accoglienza per persone e fasce “fragili” di popolazione o con particolari esigenze (anziani, bambini, minori e giovani in difficoltà o a rischio di devianza, rifugiati, disoccupati di lungo corso, nuove povertà ecc); 4
• interventi e servizi finalizzati al benessere complessivo dell’insieme della cittadinanza. L’agricoltura multifunzionale, di cui l’agricoltura sociale è parte, consente infatti di offrire un’ampia gamma di servizi finalizzati al benessere complessivo dell’insieme della cittadinanza, nell’ottica di un nuovo welfare diffuso e partecipativo. Ciò è tanto più utile nelle aree rurali fragili e a rischio di abbandono, concorrendo a rafforzare le reti di protezione sociale in via di rarefazione in tali aree. L’agricoltura multifunzionale e sostenibile può infatti concorrere a soddisfare vecchi e nuovi bisogni sociali, di protezione e di servizi alla persona provenienti tanto dalle aree rurali e da quelle urbane, cui il welfare centralistico non è più in grado di rispondere, attraverso servizi per la prima infanzia, attività rigenerative per adulti e anziani (agri-nidi e asili, campi estivi, accoglienza per persone in difficoltà momentanea, ecc.), nonché attività di aggregazione e socialità delle popolazioni delle aree rurali. Il dibattito sulla multifunzionalità dell’agricoltura più di recente, si è indirizzato anche sul tema della produzione di beni pubblici in campo sociale destando notevole attenzione, anche a seguito dell’emergere di pratiche innovative e concrete in molti territori dell’Unione Europea (Di Iacovo et all 2009). La rinnovata attenzione nei confronti dell’agricoltura sociale sta determinando, in molte aree rurali, nuove utilità per l’agricoltura e per il territorio, assicurando una leva utile per promuovere la diversificazione delle attività economiche nelle zone rurali. Inoltre, essa diviene strumento capace di contrastare il fenomeno dell’esclusione sociale nelle aree rurali e marginali migliorando la qualità della vita delle persone che vi abitano e lavorano. A ciò si aggiunge che, in un momento di crisi economica e fiscale come quello che stiamo vivendo, che porta necessariamente ad una riduzione nella redistribuzione delle risorse, in particolare sul fronte sociale, essa è in grado di rafforzare le reti di protezione sociale e diversificare gli strumenti e i percorsi utili per l’inclusione e per l’organizzazione dei servizi, diversificare le reti di prossimità ed offrire risposte utili per contrastare l’erosione in atto nei servizi disponibili alla persona, consentendo alle imprese agricole di intraprendere percorsi di Responsabilità Sociale d’Impresa.
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DIMENSIONI DEL FENOMENO L’82% degli italiani ritiene che l’agricoltura rappresenti un volano di crescita del paese. Una siffatta attenzione verso l’agricoltura deriverebbe, secondo il Censis, dagli effetti della grande crisi economica e fiscale, la quale avrebbe, da una parte, indotto un atteggiamento più disincantato sulla capacità dell’industria tecnologica e del terziario avanzato di guidare la crescita imponendo l’urgenza di un modello di impresa agricola diversificato e multifunzionale, capace di tutelare i beni comuni materiali e immateriali del contesto rurale e di generare benefici sia ai produttori che alla comunità e, dall’altro, stimolato le stesse campagne e ripensarsi e a vivere un nuovo protagonismo, ponendo il problema di una revisione profonda del modello di welfare e la necessità di individuare politiche e prassi partecipative, legate alle risorse del territorio come dimostra il fenomeno dell’agricoltura sociale. Sull’entità del fenomeno AS non esistono dati statistici ufficiali istituzionali, tuttavia l’esperienza empirica e diverse fonti, nazionali ed europee, registrano alcuni tratti comuni delle aziende agrisociali, riscontrabili in: un tipo di conduzione agricola ad alto impiego di manodopera, il ricorso a metodi di produzione biologica, biodinamica e a basso impatto ambientale, una spiccata multifunzionalità, il ricorso a canali di vendita a filiera corta, la propensione a lavorare in rete in stretto rapporto con il territorio. Significativo in proposito l’incidenza crescente sul totale degli operatori del privato profit rispetto alla cooperazione sociale, a testimonianza dell’interesse crescente dell’imprenditoria agricola verso l’AS: secondo una indagine condotta sull’agricoltura sociale a conduzione biologica, su un campione di oltre 300 realtà, nel giro di un triennio, l’incidenza degli operatori privati è passata dal 25% al 30%. Si tratta di una nuova ruralità come aspetto del benessere contemporaneo che vede emergere nuove forme spontanee di sviluppo locale nelle campagne e un passaggio graduale da una condizione di inerzia ad una di iniziativa, con le opportunità che solo i territori rurali sono in grado di offrire, dalla partecipazione alle fitte reti di legami sociali al piacere di coltivare. Nel Mezzogiorno il fenomeno si presenta con caratteristiche proprie e coerenti con una tradizione rurale che pone al centro le città e gli insediamenti abitativi, come parti integranti e non separate dalla campagna. Dagli studi dell’Insor viene fuori che, complessivamente, alle aree rurali spetta non meno del 35% dell’intero prodotto interno lordo italiano. L’agricoltura rimane una componente dell’economia rurale anche se non si identifica più con essa. E non solo perché molte iniziative industriali e nei servizi nascono per opera di imprenditori già agricoli, ma perché il mito dell’agricoltura di un tempo finisce per essere il collante dei nuovi arrivati che si dedicano sempre più all’ospitalità 6
turistica, alle vendite dei prodotti agricoli locali, alle attività educative, terapeutiche e riabilitative mediante l’utilizzo di risorse agricole e all’artigianato rurale. Questa nuova ruralità si manifesta mediante la rigenerazione di un’agricoltura relazionale e di territorio, la fioritura di una leva di neo-agricoltori il cui obiettivo non è produrre cibo in sé, ma produrlo in un certo modo per ottenere beni pubblici capaci di soddisfare bisogni collettivi: in tale ambito si inseriscono le iniziative pionieristiche dell’agricoltura sociale. In Italia le pratiche di agricoltura sociale sono numerose e in costante aumento, anche a seguito di un processo di emersione di iniziative e progetti fino ad oggi gestiti in modo volontario e al di fuori di ogni specifica collocazione. Risulta tuttavia difficile un censimento delle iniziative, vista la mancanza fino a pochi mesi fa di una definizione condivisa e di una regolamentazione univoca. Una stima ragionevole, colloca l’Italia ai primi posti dello scenario europeo con un numero supera i 1000 progetti. L’INEA, in un’indagine sulle cooperative sociali affidata a Euricse, segnala 389 cooperative agricole di tipo B ‐ che prevedono tra i soci lavoratori persone a bassa contrattualità o con problematiche di diverso tipo ‐ che impiegano 3.992 lavoratori dipendenti su tutto il territorio nazionale, per un valore della produzione (al 31 dicembre 2009) di complessivi 182.025.000 euro (INEA, 2012). Le Associazioni, le Regioni con loro agenzie, l’AIAB invece indicano un numero variabile di realtà e spesso, non disponendo di dati precisi, si concentrano nella rilevazione delle cosiddette buone prassi. Fino all’emanazione della legge nazionale sull’agricoltura sociale avvenuta soltanto nell’agosto del 2015, inoltre, alcune regioni hanno avviato un percorso di riconoscimento emanando leggi regionali e regolamenti attuativi che prevedevano anche l’iscrizione a un registro delle cosiddette fattorie sociali; altre regioni hanno invece avviato ricognizioni per individuare le realtà operative del territorio e procedere successivamente con il percorso legislativo. Risulta ancora difficile operare un’analisi condivisa dell’AS, definendo in maniera univoca quali pratiche ne fanno parte e quali no. Ad esempio, secondo alcuni, tra le pratiche di agricoltura sociale non vanno considerate quelle che fanno uso di piante ed animali in ambienti confinati (la pet‐terapy, giardinaggio o orticoltura in contesti ospedalieri o di riabilitazione), dove non è presente un processo produttivo vero e proprio; tali attività vengono invece comprese nell’ambito delle cosiddette terapie verdi (Castellani, 2011). Questa distinzione tra strutture terapeutiche verdi e azioni di AS permette di mettere in evidenza sia le logiche di lavoro e le motivazioni che sottendono tali pratiche, sia i potenziali impatti in termini di inclusione sociale e di sviluppo rurale e, di conseguenza, i possibili interventi di politica. 7
Si possono distinguere differenti tipologie di AS per organizzazione delle attività, per struttura e modalità di erogazione del servizio, anche in funzione di esigenze specifiche degli utenti: - aziende agricole o cooperative sociali agricole che operano in collaborazione con i responsabili dei servizi territoriali e con il mondo della cooperazione sociale: la componente produttiva è rilevante e prevale su quella sociale in termine economici e organizzativi; le dinamiche relazionali formali e informali assumono notevole rilevanza ai fini della gestione delle attività (inserimenti professionali dei soggetti seguiti, rete commerciale, partenariati per altri progetti, iniziative congiunte, ecc.); - realtà dove prevalgono componenti professionali socio‐terapeutiche (cooperative sociali non agricole, associazioni, fondazioni, enti pubblici, ecc.), anche con strutture agricole gestite direttamente: i processi agro‐zootecnici avviati hanno in genere, ma non sempre, una rilevanza economico‐produttiva più o meno modesta, mentre risultano prevalenti le attività di tipo socio‐terapeutico; - aziende agricole che mettono a disposizione porzioni della propria struttura a professionisti socio‐terapeutici per realizzare iniziative di co‐terapia e di inclusione sociale; si tratta per lo più di realtà che hanno un ruolo marginale nella realizzazione e gestione delle attività, ma offrono spazi e strutture per la promozione dell’attività e la commercializzazione dei prodotti. Le tipologie di strutture differiscono sia per il contesto in cui si esplicano le pratiche e per le risorse messe a disposizione, sia per il diverso grado di apertura all’esterno e di maggiore o minore integrazione con il territorio (Giarè, Macrì, 2012). In alcuni casi, inoltre, si tratta di progetti inseriti in un quadro più generale di intervento, di cui le realtà di AS realizzano una parte, in altri casi si tratta di servizi offerti in un percorso di co‐terapia ed inclusione non condiviso con altri soggetti del territorio. In tutti i casi, l’AS adotta una visione multifunzionale dell’agricoltura legando la gestione dei processi produttivi alla creazione di servizi e di benessere per le persone coinvolte. In tale modo, essa contribuisce alla creazione di percorsi di sviluppo nelle aree rurali, consolidando la rete di servizi disponibili e diversificando le opportunità di reddito. Laddove le esperienze sono consolidate e operano in reti significative di soggetti, l’AS è in grado di accrescere la reputazione e la capacità delle imprese agricole e delle altre realtà coinvolte in tali pratiche, migliorando la visibilità dell’offerta e stimolando l’ingresso di altri soggetti nel circuito. Negli ultimi anni sono nate anche associazioni a livello locale o nazionale che si occupano della promozione dell’AS, della raccolta delle esperienze e dei bisogni che emergono dalla pratica sul territorio.
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In alcuni casi, queste realtà sono riuscite a coordinare molte delle esperienze presenti sul territorio e a interloquire con le istituzioni pubbliche per spingerle a intervenire sul livello normativo e delle politiche di sviluppo. A livello nazionale sono presenti due associazioni ‐ la Rete della fattorie sociali e il Forum nazionale dell’agricoltura sociale ‐ cui aderiscono diverse realtà. Entrambe sono state consultate dalla Commissione agricoltura della Camera nell’ambito dell’indagine conoscitiva realizzata nel 2011‐2012 e dei successivi momenti di confronto sulla proposta di legge nazionale sull’AS.
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I PRINCIPI DELL’AGRICOLTURA SOCIALE Agricoltura multifunzionale L’A.S. punta a valorizzare l’agricoltura multifunzionale nel campo dei servizi alla persona, valorizzare la produzione agricola di qualità, sperimentare e innovare le pratiche agricole nel rispetto delle persone e dell’ambiente, mira ad integrare la produzione di beni e servizi con la creazione di reti informali di relazioni. L’A.S. promuove stili di vita sani ed equilibrati e tende all’innalzamento della qualità della vita locale nelle aree rurali e peri-urbane attraverso la creazione di contesti di coesione sociale e l’offerta di servizi per le persone e le popolazioni locali.
Welfare partecipativo L’A.S. si lega ad un modello di welfare territoriale e di prossimità, basato sull’azione pubblica di regolazione e salvaguardia delle tutele dei cittadini a partire dalle fasce deboli e vede protagonisti gli operatore dell’AS, le istituzioni locali, il terzo settore e gli altri soggetti del territorio. L’organizzazione del sistema di welfare è finalizzata al benessere delle persone, alla realizzazione di comunità accoglienti, che partecipano alla sua definizione e ne usufruiscono; essa valorizza l’interazione e la relazione tra i diversi soggetti coinvolti nei processi di costruzione, realizzazione e utilizzo dei servizi.
Salute e benessere L’A.S., proponendo attività a contatto con piante e animali, contribuisce al miglioramento del benessere individuale e di tutti gli esseri viventi e delle condizioni di salute delle persone coinvolte nei processi di terapeutici, riabilitativi e di cura.
Riconoscimento e tutela dei beni comuni L’AS riconosce e valorizza il patrimonio dell’agricoltura, costituito dai beni naturali (terra, acqua, paesaggio, ecc.), dai beni materiali (attrezzi, edifici, varietà vegetali, razze animali) e dall’insieme delle conoscenze, dei valori, delle tradizioni (beni immateriali) che caratterizzato tale settore. L’AS valorizza il territorio che, in quanto habitat dell’uomo e sistema nel quale si intrecciano natura e storia, considera patrimonio culturale e bene comune.
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Produzione di beni relazionali L’A.S. produce contestualmente cibo e beni relazionali mediante processi agricoli sostenibili. L’A.S. infatti, consente di costruire e consolidare relazioni significative tra persone diverse per provenienza, esperienza, capacità, problematiche e prospettive, contribuendo alla crescita del capitale sociale del territorio.
Agricoltura e legalità L’AS si impegna nella lotta contro tutte le illegalità e in particolare contro la criminalità organizzata, che mina nel profondo i valori della società e le prospettive di futuro. L’AS collabora con tutte le realtà che operano sui terreni confiscati alle mafie, sostenendo le iniziative e promuovendo i prodotti.
Un modello di coesione sociale L’A.S. opera con un ampio spirito di cooperazione ed inclusione verso tutti i cittadini, senza discriminazione alcuna di sesso, di razza, di religione, e politica e pone al centro del suo sistema di servizi e di produzione la persona, nella sua unicità ed individualità, come portatrice di istanze e di diritti. Per questo le attività proposte sono sempre inserite in una progettualità più ampia, che coinvolge tutti i soggetti del territorio, con l’obiettivo di dare risposte alle esigenze dei singoli e allo stesso tempo produrre benessere e coesione sociale.
Agricoltura e ambiente L’A.S. si sviluppa su una logica di sostenibilità ambientale, sociale ed economica, con particolare attenzione alla tutela e conservazione delle risorse naturali per le generazioni future in ogni singolo territorio. In particolare, l’AS tende prioritariamente e progressivamente a una produzione con metodo biologico, capace di salvaguardare allo stesso tempo la salute di tutti gli esseri viventi e l’ambiente. L’AS inoltre tutela il contesto ambientale attraverso la valorizzazione del patrimonio naturale e culturale, la promozione delle tipicità e delle eccellenze del territorio.
Educazione e formazione L’AS promuove azioni per avvicinare alle tematiche ambientali, agricole e sociali tutte le persone, in particolari quelle più giovani; a tal fine organizza attività educative e formative, in collegamento con le scuole e le altre agenzie formative del territorio.
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Sviluppo di reti e comunità Le realtà che operano nell’ambito dell’AS lavorano valorizzando le esperienze reciproche in un’ottica di scambio e reciprocità, favoriscono la nascita di reti, gruppi territoriali o tematici, aggregazioni di soggetti interessati ad approfondire le tematiche connesse con l’AS e ad avviare collaborazioni e progettualità comuni. Tali realtà tendono alla creazione di filiere agricole e sociali etiche
Tutela della persona e del lavoro L’A.S. è attenta ed impegnata nella ricerca di opportunità occupazionali per persone svantaggiate, considerando il lavoro un valore e non un costo dell’impresa. Le realtà che agiscono nel contesto dell’AS rispettano i diritti contrattuali e legislativi dei lavoratori, senza discriminazione alcuna e favoriscono la crescita professionale delle persone coinvolte nei processi produttivi.
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L’AGRICOLTURA SOCIALE NELLA POLITICA EUROPEA L’Agricoltura Sociale, come specifica area di intervento delle politiche pubbliche, è stata definita per la prima volta nella corrente programmazione dello sviluppo rurale: nel Piano Strategico Nazionale (PSN) 2007-2013 infatti essa è riportata fra le “azioni chiave” dell’Asse III, relativo al miglioramento della qualità della vita e alla diversificazione dell’economia rurale. Nel PSN si afferma testualmente: “Una tendenza che appare interessante promuovere e sostenere è quella legata alle imprese produttive anche agricole e di servizi che operano nel campo della cosiddetta Agricoltura Sociale (uso dell’azienda agricola per il soddisfacimento di bisogni sociali quali il recupero e l’inserimento di soggetti svantaggiati, attività didattiche per la scuola, etc.)”, e si precisa che rientrano fra le azioni chiave per la creazione di iniziative di diversificazione “le già ricordate iniziative di Agricoltura Sociale”. Alla luce di così esplicite indicazioni si possono trarre alcune conseguenze di non poco conto. In primo luogo, il richiamo alle imprese non solo agricole ma anche a quelle di servizi e all’utilizzo dei processi produttivi e delle attività che in esse hanno luogo per soddisfare molteplici bisogni sociali permette di ritenere comprese nell’Agricoltura Sociale tutte quelle esperienze in cui le attività agricole e quelle a esse connesse di trasformazione e commercializzazione dei prodotti, di servizi educativi, ambientali, culturali e turistici sono condotte con il proposito di generare benefici inclusivi per fasce di popolazione svantaggiate e/o a rischio di marginalizzazione. Inoltre, l’aver collegato le prospettive dell’Agricoltura Sociale sia alla finalità di una migliore attrattività sociale ed economica che al traguardo di più ampie opportunità di lavoro e di reddito nelle aree rurali, fa sì che questo specifico percorso di sviluppo rurale si possa considerare, insieme, una peculiare declinazione della multifunzionalità dell’azienda agricola ed un perno decisivo della sperimentazione di nuovi e più efficaci modelli di welfare in grado di valorizzare il capitale sociale dei territori rurali. Si tratta di un’azione che per conseguire effettivi risultati ha fatto leva sia sulle Misure dei Programmi di Sviluppo Rurale (PSR) relative al citato Asse III e agli Assi I e II, rispettivamente riferiti all’adeguamento della competitività del settore agricolo e forestale e al miglioramento dell’ambiente e del paesaggio rurale, sia su politiche di altri settori, a partire dai corrispettivi Programmi Operativi Regionali (POR) relativi alle politiche regionali e di coesione. È dunque l’approccio integrato quello che può permettere di sviluppare l’Agricoltura Sociale: dal dialogo tra le rappresentanze delle strutture agricole e rurali e quelle delle strutture sociali e sanitarie alla costruzione di partenariati pubblico-privati, espressione di soggetti sociali e di istituzioni che operano nell’ambito di politiche settoriali diverse. 13
In un siffatto contesto l’Agricoltura Sociale appare come una innovazione organizzativa che può arrecare vantaggi in più direzioni: verso il servizio pubblico che risparmierebbe l’investimento sulle strutture; verso le imprese agricole che vedrebbero dilatarsi le opportunità di valorizzare le risorse aziendali; verso le persone “deboli”, per le quali si aprirebbero nuovi orizzonti in vista del pieno riconoscimento della propria dignità. L’Agricoltura Sociale nei paesi europei L’Agricoltura Sociale non è ovviamente un fenomeno solo italiano, anche se l’Italia è uno dei paesi nei quali si è maggiormente sviluppata, esperienze significative si stanno moltiplicando in molti paese europei. La circolazione delle informazioni fra i vari paesi è molto facilitata da una serie di iniziative di networking che riuniscono sul tema dell’Agricoltura Sociale economisti agrari, agronomi, medici, psicologi e psichiatri di tutta Europa. Per quanto riguarda le attività di ricerca e di alta formazione sono in atto diverse iniziative a livello europeo tra cui ricordiamo: 1) la rete di ricercatori sul tema del green care, finanziata dall’Ue e partecipata da 14 paesi europei tra cui l’Italia; 2) il progetto So-Far (Social Farming) azione specifica di supporto per l’Agricoltura Sociale promossa dall’UE nell’ambito del VI programma quadro per la ricerca e l’innovazione che si propone di sviluppare la conoscenza delle diverse realtà di Agricoltura Sociale in Europa attraverso un confronto internazionale e di elaborare strategie innovative nel settore. Ne fanno parte, oltre all’Italia attraverso l’Università di Pisa, il Belgio, la Francia, la Germania, l’Irlanda, i Paesi Bassi e la Slovenia; 3) L’iniziativa “COST 866 - Green Care in Agricolture” (european COoperation in the field of Scientific and Technological research) è una piattaforma internazionale per la cooperazione nel campo scientifico e della ricerca che si propone di mettere in rete i ricercatori al fine della condivisione delle rispettive attività. Una delle azioni Cost, la 866 appunto, riguarda l’Agricoltura Sociale e si propone di aumentare le conoscenze scientifiche sugli effetti delle terapie “verdi” e di diffondere le buone prassi relativamente alla utilizzazione dell’agricoltura per migliorare la salute mentale e fisica e la qualità della vita delle persone. Ne fanno parte 14 paesi europei anche non membri dell’UE (Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Islanda, Italia, Malta, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Slovenia, Svezia, Svizzera, Ungheria e Turchia),
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4) l’“International Community of Practice - Farming for Health” attivo dal 2004 e costituito da un gruppo internazionale di ricercatori nel campo dell’Agricoltura Sociale (sedici paesi europei, Canada, Usa e Cina) che organizzano momenti annuali di incontro per accrescere la conoscenza scientifica e pratica dell’Agricoltura Sociale con un approccio interdisciplinare. 5) Il Progetto MISS – Masseria di inclusione sociale socio – educativa -, finanziato nell’ambito dell’Avviso “Cluster Tecnologici Regionali per l’innovazione” Smart Puglia 2020 ed in fase di implementazione con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita degli utenti e dei loro familiari, attraverso interventi di innovazione tecnologica sia nella masseria sociale che presso il loro domicilio. Il progetto integra sistemi informatici, tecnologici e protocollisetting operativi e gestionali dalla accettazione alla dimissione dell’utente con le terapie complementari (orto di aiuto, Interventi assistiti con gli animali, etc) e classiche di educazione e riabilitazione delle masserie multifunzionali e sociali. Tutte queste iniziative consentono quindi di formulare un quadro abbastanza preciso e aggiornato della situazione a livello europeo. Da tale quadro emerge che l’Agricoltura Sociale è diversamente praticata su scala comunitaria a partire dagli anni ‘90 e che, oltre che in Italia, raggiunge livelli significativi in Olanda, Norvegia, Francia, Germania e Belgio ancorché sulla base di modelli spesso molto diversi. Infatti manca ancora a livello europeo una definizione di agricoltura sociale tant'è che il 12 dicembre 2012 il Comitato economico e sociale europeo ha espresso un parere chiedendo che la Commissione europea intraprenda un'iniziativa normativa al riguardo, considerata la diffusione del fenomeno nei principali Paesi europei e la necessità di fornire criteri omogenei per favorire lo sviluppo del settore. In generale può dirsi che in tutti i Paesi europei si riscontrano forme di utilizzo dell’agricoltura per attività di integrazione o terapeutico-riabilitative di soggetti disabili o in difficoltà; queste attività sono in genere svolte con diversa intensità e gradazione, in “aziende agricole istituzionali” e/o in “giardini terapeutici inseriti nell’ambito di reparti ospedalieri (in genere quelli psichiatrici), di associazioni di carità a carattere religioso o laico. Fanno eccezione l’Olanda, il Belgio (Fiandre) e la Norvegia dove, accanto alle “aziende istituzionali” che hanno peraltro un peso minoritario, si è affermato e ha prevalso un modello di sviluppo dell’Agricoltura Sociale basato sull’azienda privata. In questi Paesi le iniziative private sono state favorite dal fatto che l’Agricoltura Sociale è stata riconosciuta dalle istituzioni pubbliche, in particolare da quelle socio-sanitarie. Incentivando lo sviluppo di centri privati e pubblici di assistenza agli agricoltori sociali, si sono create reti di
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aziende in grado di sfruttare al massimo le sinergie, esistono infatti archivi di aziende che praticano l’Agricoltura Sociale e sono previsti specifici riconoscimenti, anche monetari, per i servizi erogati. In tutti gli altri paesi l’Agricoltura Sociale, oltre che nelle “aziende istituzionali”, si è sviluppata per lo più nell’ambito di iniziative del volontariato, di cooperative sociali e in genere di quello che viene definito “terzo settore” e, da qualche tempo e solo in maniera sporadica, in aziende private. Questi processi si sono in genere prodotti in maniera spontanea senza uno specifico supporto da parte delle autorità pubbliche che solo ora iniziano a considerarli: è il caso ad esempio dell’Italia che ha incluso l’Agricoltura Sociale nell’ambito del proprio PSN 2007-2013, è il caso della Francia con la “Legge di coesione sociale” del 2005. Italia, Francia e Germania costituiscono gli esempi più rilevanti di questo modello peraltro con significative variazioni: in Italia il modello basato sulla cooperazione sociale comincia a essere affiancato da un numero interessante di aziende private che si impegnano nel sociale; in Francia si sono sviluppate reti di iniziative (i “giardini”) che, coniugando valori etici e produzioni biologiche, coinvolgono in una filiera corta anche privati cittadini quali “consumatori-attori”; in Germania continuano a prevalere le grandi istituzioni pubbliche. In tutti gli altri paesi europei le tematiche dell’Agricoltura Sociale hanno cominciato da poco a svilupparsi anche se le necessità degli agricoltori di diversificare i propri redditi in conseguenza della riforma della PAC hanno favorito l’interesse verso il fenomeno. Volendo riassumere si possono identificare tre modelli base presenti oggi in Europa: • “istituzionale con prevalenza di istituzioni pubbliche”: Germania (lunga storia sin dal 1800; 1970 laboratori protetti, Comunità Camphill); Francia (lunga storia con i “giardini aperti”; 1990 reti di iniziative come “Les Jardins de Cocagne”, “Reseau de Cocagne…”); Irlanda (1970 Camphill, Comunità religiose, anni ’90 prime fattorie sociali); Slovenia (istituzioni pubbliche sociosanitarie; anni ’90 prime fattorie sociali). • “privato”: Olanda (1970 comunità Antroposofiche e comunità religiose, anni ’90 “care farms” aziende private che praticano l’agricoltura sociale); Belgio/Fiandre (Comunità di Geel sin dal 1800, intorno al 1990 “care farms”). • “misto”: Italia (chiusura dei manicomi negli anni ’70, avvio delle cooperative sociali, 2000 prime aziende private, 2007 la politica di sviluppo rurale apre all’agricoltura sociale). Diversi sono anche gli orientamenti dell’agricoltura sociale nei diversi Paesi: in Italia e Francia essa si colloca prevalentemente nell’ambito del settore socio-sanitario, in Olanda nell’ambito del sistema sanitario (“personal budget”), nelle Fiandre nell’ambito del settore agricolo ed in Germania, Gran
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Bretagna, Irlanda e Slovenia l’agricoltura sociale è contigua sia al socio-sanitario che al settore sanitario propriamente detto. Anche i sistemi di finanziamento sono differenti in quanto basati su: • fondi pubblici, derivanti dal settore sociosanitario e diretti a strutture pubbliche (Germania, Irlanda, Slovenia), ad aziende private (Olanda), a cooperative sociali (Italia); • politiche di sviluppo rurale per compensare gli agricoltori per le loro attività per questo settore (Fiandre) o per supportare l’avvio di fattorie Sociali nell’ambio dei programmi di sviluppo rurale (Italia); • mercati di filiera corta, vendita diretta connotando il prodotto come “etico” (Francia, Italia). Sebbene il numero di Fattorie sociali stia aumentando in tutti i paesi, esse sono in genere ancora un fenomeno minoritario inferiore all’1% del totale delle aziende agricole ma sono spesso presenti nelle aree rurali svantaggiate.
Agricoltura Sociale e Politiche di Sviluppo Rurale in Italia La teoria e la prassi delle politiche regionali, come evidenziato dall’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) da numerosi anni, confermano che le politiche di redistribuzione del reddito attuate in ambito esclusivamente agricolo non sono in grado di sfruttare tutto il potenziale economico delle aree rurali e che occorre affrontare il tema dello sviluppo rurale in un ambito non meramente settoriale. Seguendo questi principi, in molti paesi occidentali le politiche di sviluppo rurale vengono sempre più spesso implementate con un approccio territoriale che tiene conto della diversità delle regioni rurali e che pone l’accento sulle condizioni generali che creano sviluppo territoriale piuttosto che sulle politiche settoriali. Una tale visione si scontra ovviamene con la difesa degli interessi specifici dei diversi stakeholders che ha visto prevalere nella U.E quelli agricoli tanto che nell’attuale ciclo di programmazione dei Fondi strutturali (2007-2013) le politiche di sviluppo rurale vengono riportate in ambito agricolo scorporandole dalle politiche regionali. La programmazione degli interventi cofinanziati dai fondi strutturali U.E. si è basata quindi per i sette anni del corrente periodo di programmazione 2007 -2013 su due linee di politiche distinte: quella di sviluppo rurale finanziata dal 2° pilastro della PAC tramite il FEASR (Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale) e quelle relative alle politiche regionali e di coesione finanziate dal FSE (Fondo sociale europeo) e dal FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale). Non sembrano neppure sufficienti a garantire una effettiva integrazione fra le due politiche il fatto che esse hanno in comune il quadro di riferimento (le strategie di Lisbona e Goteborg) e l’iter 17
procedurale in quando le due programmazioni viaggiano sin dall’inizio su binari separati ancorché paralleli. Per entrambe le politiche la normativa comunitaria prevede la messa a punto a livello statale di un documento quadro: il Piano Strategico Nazionale per lo sviluppo rurale (PSN) e il Quadro Strategico Nazionale (QSN) per le politiche regionali e di coesione. In tali documenti vengono definiti gli obiettivi generali individuati dallo Stato membro che vengono poi declinati dai singoli programmi regionali in funzione delle specificità territoriali. In particolare l’elaborazione del PSN è stata effettuata dal MIPAF attraverso un ampio processo di concertazione con le Regioni e le forze economico sociali che ha portato il 21 dicembre 2006 alla notifica del Piano alla Commissione. Il documento, come previsto dal Regolamento sullo sviluppo rurale, ha definito le priorità e gli obiettivi specifici dello sviluppo rurale per ciascuno dei quattro assi in cui si articola la politica di sviluppo rurale (Asse I, competitività; Asse II, ambiente; Asse III, qualità della vita e diversificazione; Asse IV, Leader) individuando in particolare i seguenti tre obiettivi generali: • migliorare la competitività del settore agricolo e forestale; • valorizzare l’ambiente e lo spazio rurale attraverso la gestione del territorio; • migliorare la qualità della vita nelle zone rurali e promuovere la diversificazione delle attività economiche. Rispondendo alle specifiche della normativa comunitaria circa la necessità di articolare gli interventi in modo da tener conto della diversità dei territori rurali, il PSN ha individuato quattro tipologie di aree per ciascuna delle quali sono stati specificati gli obiettivi così da aggregare le problematiche in modo omogeneo e concentrare gli interventi. Sempre nella logica di concentrare gli interventi il PSN ha proposto di aggregare le misure in pacchetti di misure per l’impresa” (pacchetto per la qualità, pacchetto giovani, pacchetto donne …) e in approcci interaziendali riconducibili ai progetti integrati territoriali e ai progetti integrati di filiera. Per quanto riguarda il riparto finanziario, il PSN, ha privilegiato l’Asse II (misure ambientali) ma ha spostato ingenti risorse sull’Asse I (competitività) il che ha lasciato ben poco all’Asse III (qualità della vita e diversificazione) le cui potenzialità sono state così fortemente ridotte. Confermando di fatto la ripartizione del ciclo 2000-2006, il PSN ha previsto che il 43% delle disponibilità totali fossero assegnate all’Asse I (competitività) contro un minimo previsto dal Regolamento del 10%, il 40% fosse assegnato all’Asse II (ambiente e spazio rurale) contro il 25% minimo da Regolamento e solo il 13% fosse assegnato all’Asse III contro un minimo da Regolamento del 10% mentre è stata mantenuta ferma la quota del 5% prevista per l’Asse IV (Leader).
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Le scelte operate dai PSR regionali hanno ricalcato poi la proposta nazionale poiché essi destinano in media all’Asse III solo il 14,7% dei fondi, con punte significative per la Puglia (21,6%), la Toscana (19,8%), la Campania (17,5%), il Molise (17,4%), e la Valle d’Aosta (16,1%). L’entità delle risorse destinate all’Asse III è di grande importanza per l’Agricoltura Sociale poiché è proprio in questo ambito che essa può accedere ai finanziamenti delle politiche rispondendo ai due obiettivi previsti per l’Asse III: la diversificazione dell’attività delle aziende agricole e il miglioramento della qualità della vita nelle aree rurali. L’Agricoltura Sociale, come espressione della multifunzionalità, rientra infatti pienamente nell’ambito dello Sviluppo Rurale per la presenza simultanea di aspetti etici e sociali, di valorizzazione dei legami fra agricoltura e territorio, di diversificazione e valorizzazione delle attività agricole tradizionali. Molteplici sono infatti le valenze dell’Agricoltura Sociale: per l’agricoltore essa costituisce una nuova fonte di reddito, per le politiche sociali trasforma le aziende agricole in centri di generazione di salute psico-fisica e mentale nonché in opportunità di inserimento lavorativo per persone a ridotta contrattualità, dal punto di vista delle politiche di sviluppo locale, infine, l’Agricoltura Sociale offre una prospettiva unitaria dello sviluppo economico e di quello sociale, finora oggetto di politiche indipendenti e separate. Di ciò il PSN ha preso atto tanto che, come già evidenziato precedentemente, l’Agricoltura Sociale è stata annoverata fra le “azioni chiave” dell’Asse III con riferimento a entrambi gli obiettivi prioritari dell’Asse. Per l’obiettivo “miglioramento della qualità della vita”, l’Agricoltura Sociale è stata vista infatti come possibilità di sviluppo dell’offerta di servizi alla popolazione – con particolare riferimento alle persone in situazione di disagio e di esclusione – e per l’obiettivo “diversificazione” l’Agricoltura Sociale è risultata essere una interessante prospettiva. Le affermazioni di principio del PSN sono state verificate nei singoli PSR che costituiscono il luogo nel quale le singole Regioni, le vere depositarie dell’attuazione delle politiche di sviluppo rurale, definiscono le proprie priorità e quindi anche le modalità di incentivazione dell’Agricoltura Sociale. Il Piano Strategico Nazionale per lo sviluppo rurale (PSN) “consigliava” infatti alle Regioni di attivare in fase di implementazione operativa dei programmi la progettazione integrata. Nella logica dei PSN i “pacchetti aziendali”, raggruppando in un contesto unitario attività diverse, sono stati utili strumenti per semplificare l’accesso al finanziamento in quanto le Misure collegate al pacchetto si sono attivate con una unica domanda da parte dell’agricoltore o questo almeno era stato previsto.
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Volendo immaginare uno specifico “pacchetto aziendale per l’Agricoltura Sociale”, diverse erano le Misure inseribili in tale pacchetto: per l’Asse I (competitività) la Misura 111 (Formazione e informazione) per percorsi formativi in materia di progettazione e gestione di programmi agricoli a valenza socio-sanitaria e la Misura 121 (Ammodernamento delle aziende agricole); per l’Asse III, la misura 311 (Diversificazione), la misura 321 (Servizi essenziali per la popolazione rurale) e la misura 331 (Formazione e informazione relativamente alla diversificazione). Sono poi rientrate in un “pacchetto per l’Agricoltura Sociale” la misura 112 (Giovani agricoltori) per tenere conto della maggiore sensibilità dei giovani nei confronti delle tematiche sociali, e la misura 123 (Accrescimento del valore aggiunto dei prodotti) per valorizzare anche in termini commerciali la qualità “sociale” contenuta nei prodotti alimentari. Per quanto riguarda i progetti integrati, il PSN ha previsto due tipologie: quelli di filiera, aventi come obiettivo quello di unificare in un medesimo contesto gli interventi a favore di tutti gli attori di una medesima filiera produttiva, e quelli territoriali aventi come obiettivo quello di unificare e concentrare tutti gli interventi a favore di un determinato e circoscritto territorio. Volendo traslare tale impostazione per l’Agricoltura Sociale, si poteva pensare a “progetti integrati per l’Agricoltura Sociale” i cui obiettivi erano: • aumentare la consapevolezza tra gli operatori del mondo agricolo e del sistema sociale e sociosanitario sulle potenzialità dell’Agricoltura Sociale; • promuovere lo sviluppo di imprese agro-sociali e di modelli di intervento basati su partenariati virtuosi a carattere dimostrativo; • creare opportunità di diversificazione aziendale di imprese agricole basate sull’erogazione di servizi sociali alla comunità locale; • creare circuiti commerciali di prodotti agricoli di qualità sociale; • favorire le iniziative di Agricoltura Sociale promosse da giovani e donne integrando gli interventi per l’Agricoltura Sociale con le relative misure dei PSR. I primi due obiettivi sono stati avviati con la programmazione 2007-2013 con lo scopo di essere di lancio alle nuove forme di Agricoltura Sociale e pertanto colmare il gap costituito dall’insufficiente “maturazione” degli operatori del mondo agricolo e della sfera sociale sulle potenzialità di un incontro tra l’ambito agricolo e il sociale. La programmazione 2007 – 2013 ha sviluppato numerosi progetti di ricerca-azione e di animazione sull’intero territorio regionale per far crescere la conoscenza delle potenzialità dell’Agricoltura Sociale per il mondo agricolo, per gli operatori del sociale e per l’intera comunità locale.
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Tale fase è stata necessaria per far consolidare il tema dell’Agricoltura Sociale fra i vari attori coinvolti ed ha comportato l’avvio di un numero limitato ma importante ed esemplare di esperienze pilota (o di consolidamento di esperienze già attive) cui affidare il ruolo trainante di buone pratiche da prendere a riferimento sia per il tematismo dell’AS sia quale modello organizzativo di imprese sociali nel mondo rurale nella prossima programmazione 2014 – 2020.. I beneficiari delle attività di AS sono stati non solo le popolazioni rurali ma quali beneficiari indiretti anche le organizzazioni professionali e sindacali agricole, quelle del mondo cooperativo, le associazioni di volontariato, le Amministrazioni Statali e gli Enti locali nonché gli Enti a essi collegati come gli Enti regionali di sviluppo agricolo o le SpA di sviluppo a proprietà regionale, le strutture sociosanitarie come le ASL, gli Uffici di Piano dei Comuni e il mondo universitario. Nell’anno 2015 si è provveduto, contemporaneamente alla disseminazione delle esperienze realizzate di AS, a sostenere nuove progettualità innovative che sono state certamente un elemento chiave fondamentale in quanto realizzare una fattoria sociale è cosa ben diversa dall’aprire un agriturismo. Infatti, mentre l’avvio di una attività agrituristica può essere conseguente a una scelta individuale di un imprenditore agricolo che si organizza autonomamente per produrre e vendere il servizio di ospitalità-ristorazione, la fattoria sociale non può che essere il risultato di un progetto che vede coinvolti una pluralità di attori locali, pubblici, privati e del privato sociale. Per quanto innanzi detto si sono attivati diversi tavoli su l’AS che hanno portato il 29 gennaio 2015 alla nascita del Forum di Agricoltura Sociale in Regione Puglia. La fase de quo ha dato i suoi frutti a livello nazionale tanto che nel mese di Agosto 2015 è stata emanata la legge sull’AS. In questo nuovo contesto finalmente normato le Associazioni di Promozione Sociale e le Organizzazioni Agricole potranno svolgere un ruolo fondamentale sia ai fini della formazione e assistenza degli agricoltori, sia per la identificazione delle tipologie dei servizi socio-educativi, socio-sanitari nonché terapeutici che possono essere offerti in ambito aziendale, sia per la definizione di modelli di accordi/convenzioni fra le aziende agricole e le ASL. L’Agricoltura Sociale nei PSR 2007/2013 Tutti i Programmi di Sviluppo Rurale delle Regioni italiane sono stati approvati fra il luglio 2007 e il febbraio 2008: si è trattato di un lungo processo, durato oltre un anno, che si è avviato con la presentazione da parte delle singole Regioni delle bozze di programma alla Commissione cui è seguita la dichiarazione di quest’ultima circa la “ricevibilità”, cioè l’attestazione di conformità della bozza di programma al Regolamento sullo Sviluppo Rurale. Solo dopo la dichiarazione di 21
ricevibilità è iniziato il negoziato vero e proprio con le osservazioni della Commissione alle bozze di programmi e le controdeduzioni della Regioni fino ad arrivare alla condivisione delle modifiche da apportare alle bozze per la formale approvazione da parte della Commissione. Il negoziato è stato particolarmente serrato per i PSR e ha portato alla progressiva approvazione di tutti i programmi fino all’ultimo, il Molise, il cui negoziato si è concluso il 20 febbraio 2008. La disponibilità dei testi definitivi di tutti e 21 i PSR (19 delle Regioni più i programmi delle Province di Trento e Bolzano per la Regione Trentino Alto Adige) ha reso quindi possibile una analisi di dettaglio volta a verificare, programma per programma, se e in quale grado le Regioni abbiano previsto interventi cui possono accedere le iniziative di Agricoltura Sociale. La programmazione regionale 2007‐2013 ha considerato per la prima volta nel panorama degli strumenti a disposizione della diversificazione delle imprese anche le attività sociali. In quasi tutti i PSR, infatti, sono presenti misure per l'avvio di attività e di servizi sociali all'interno delle imprese agricole e misure per l'informazione e la formazione degli addetti in questo campo. Dai dati analizzati infatti si desume che la stragrande maggioranza delle Regioni e delle Province Autonome (18 su 21) ha recepito l’indicazione del PSN volta a includere fra le proprie priorità l’Agricoltura Sociale e a individuare delle Misure attraverso azioni di sostegno che si riferiscono direttamente all’Agricoltura Sociale o nelle quali essa può legittimamente rientrare con l’eccezione delle due Province Autonome di Trento e Bolzano e dell’Emilia Romagna che non hanno previsto alcuna Misura per l’Agricoltura Sociale nei loro PSR. Il focus dell’analisi dei PSR è stato ovviamente incentrato sull’Asse III anche se iniziative di Agricoltura Sociale possono rientrare in modo complementare anche in alcune Misure dell’Asse I e dell’Asse II. Per quanto riguarda specificatamente l’Asse III, le Misure nelle quali l’Agricoltura Sociale può in teoria rientrare sono: • Misura 311 – Diversificazione in attività non agricole; • Misura 312 – Sostegno alla creazione e allo sviluppo di microimprese; • Misura 321 – Servizi essenziali per l’economia e la popolazione rurale; • Misura 331 – Formazione e informazione. In concreto l’esame dei PSR ha evidenziato che gli spazi per l’Agricoltura Sociale si riscontrano in
particolare per le Misure 311 (diversificazione in attività non agricole) e 321 (servizi essenziali per l’economia e la popolazione rurale), nonché nella Misura 331 (formazione e informazione) attivata peraltro da un numero limitato di Regioni). In misura minore è possibile individuare un’attenzione all’agricoltura sociale anche nella misura 312 (sostegno alla creazione e allo sviluppo di microimprese). 22
La Misura 311 relativa alla diversificazione è stata utilizzata da tutte le 18 Regioni che prevedono interventi in favore delle Fattorie Sociali: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto. Con tale Misura sono stati in genere finanziati gli investimenti strutturali e l’acquisto di attrezzature per lo svolgimento delle attività di Agricoltura Sociale nelle varie forme che essa può assumere (ricettività, terapie di inclusione). Il range delle attività previste è spaziato dalle attività sociali (inclusione sociale, riabilitazione, etc.) a quelle sociosanitarie (terapie con animali, ortoterapia, etc.) includendo quasi sempre anche le attività educative (programmi con istituti scolastici, fattorie didattiche). Per quanto riguarda i beneficiari essi sono sempre stati costituiti dagli imprenditori agricoli o dai componenti la famiglia agricola, ma, nel caso della Regione Friuli Venezia Giulia, hanno figurato fra i beneficiari anche le cooperative sociali che svolgono attività agricola. Si è trattato di una significativa apertura che potrebbe avere interessanti e benefici sviluppi spianando la strada a sinergie fra aziende agricole e cooperative di tipo B. L’intensità di aiuto è stata molto variabile e va da un minimo del 30% dell’investimento ammissibile a un massimo del 75% attestandosi in media sul 50%. Per quanto riguarda i finanziamenti complessivamente previsti per la Misura essi hanno assunto valori percentuali significativi per Toscana (oltre il 10% del totale), Puglia e Marche. La Misura 321, relativa ai servizi essenziali per l’economia e la popolazione rurale, ha coinvolto l’Agricoltura Sociale quando i PSR la hanno riconosciuta quale possibile soggetto erogatore dei servizi alla popolazione rurale che si intendono potenziare. Essa ha trovato applicazione nella gran parte delle Regioni che già contemplano l’Agricoltura Sociale nella Misura relativa alla diversificazione precedentemente esaminata (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Sardegna, Toscana, Valle d’Aosta e Veneto). Ciò non è avvenuto per altre Regioni, (Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Sicilia e Umbria) che, pur prevedendo l’Agricoltura Sociale fra le nuove occasioni di diversificazione dell’attività dell’azienda agricola, non la hanno ricompresa poi esplicitamente fra le possibili forme di erogazione di servizi essenziali per l’economia e la popolazione rurale. Tuttavia l’analisi delle azioni in cui si è concretizzata la Misura in queste Regioni sembra evidenziare comunque la possibilità di iniziative in qualche modo suscettibili di collegarsi con l’Agricoltura Sociale. A parte va poi considerato il PSR della Regione Basilicata che ha articolato questa Misura in diverse azioni in nessuna delle quali può ritrovarsi l’Agricoltura Sociale. La Misura 321 ha previsto in genere il finanziamento di dotazioni infrastrutturali su piccola scala, la ristrutturazione di immobili, l’acquisto di macchine e attrezzature, aiuti all’avviamento di servizi di utilità sociale. L’intensità di aiuto è sempre stata pari al 100% dell’investimento ammesso qualora 23
la Misura sia attuata da soggetti pubblici ed è decresciuta sino al minimo del 60% previsto dal PSR della Regione Puglia che ha definito peraltro una intensità decrescente dal 100% del primo anno sino appunto al 60% del terzo anno. I beneficiari della Misura sono stati in genere di natura pubblica, per lo più i Comuni e i Consorzi di Comuni, ma anche le Province o le ASL, cui si affiancano in taluni casi i GAL o partenariati pubblico-privati, ONLUS e cooperative sociali. Assai poco rilevante è stato il peso finanziario della Misura che raggiunge il suo massimo nella Regione Molise (4,6% del totale delle disponibilità finanziarie del PSR) mentre nella gran parte delle Regioni inferiore è stato di poco superiore all’1% della spesa pubblica complessiva. La Misura 331 relativa alla formazione e informazione ha trovato invece una più limitata attuazione essendo riscontrabile solo in 11 Regioni: Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sicilia, Valle d’Aosta e Veneto. Essa si è posta in termini di azione complementare alla Misura relativa alla diversificazione (Mis. 311) prevedendo in genere il finanziamento di attività formative per lo sviluppo delle competenze e abilità relative alle attività non agricole. Trattandosi di azioni di formazione e informazione i gestori della Misura sono stato in genere organismi di formazione pubblici e privati ai quali si è richiesto in genere un accreditamento presso la Regione, ma sono stati previsti anche soggetti pubblici rappresentati per lo più da assessorati regionali. L’intensità di aiuto è stata quasi sempre pari al 100%, coprendo così l’intero costo degli interventi, ma nel caso della Regione Calabria è scesa al 70%. Limitati sono stati poi i finanziamenti previsti per questa Misura che hanno coperto sempre importi inferiori all’1% del totale dei finanziamenti di parte pubblica. Questa Misura, forse in seguito a valutazioni parziali, é stata attivata solo da un numero limitato di Regioni mentre a tutti gli agricoltori che intendevano avviare percorsi di tipo sociale nelle loro aziende si è richiesto il possesso di know-how specifici che, almeno all’inizio essi non possedevano. Il limitato ammontare delle risorse destinate in genere all’Asse III hanno peraltro indotto la maggior parte delle Regioni ad attivare solo alcune delle Misure previste per tale Asse. In ogni caso le iniziative formative hanno trovato opportunità di finanziamento anche nei POR FSE e in particolare nell’Asse “Adattabilità” in cui rientra fra l’altro l’attivazione di momenti di formazione specifica per consentire ai lavoratori di adattarsi alle esigenze di professionalità richiesta da nuove attività, fra cui è certamente rientrata anche l’Agricoltura Sociale. Esistono inoltre spazi operativi anche nell’ambito delle azioni di animazione previste dall’Asse Leader nel quale sono rientrate attività di animazione/disseminazione volte a mettere in atto nel territorio regionale un sistema vasto di relazioni che ha coinvolto su un progetto comune tutti gli 24
attori implicati. In particolare sono state poste in essere azioni che hanno riunito su obiettivi comuni e strettamente legati al territorio, i diversi soggetti interessati: gli operatori agricoli che hanno avviato percorsi sociali nelle proprie aziende, le esperienze già esistenti di cooperative sociali agricole e in genere il mondo del variegato terzo settore. Questi programmi di “networking” potrebbero in futuro assumere una particolare valenza nel contesto del miglioramento dei servizi alla persona nei territori rurali affetti da particolare svantaggio consentendo di porre in relazione le nascenti Fattorie Sociali, le cooperative di tipo A (servizi socio-sanitari alla persona), le istituzioni pubbliche socio-sanitarie (ASL, uffici disabili dei Comuni, uffici di piano, etc.) e le professionalità e paramediche mediche locali (medici, psichiatri, psicologi, terapeuti, etc.). Al 15 ottobre 2013, la spesa pubblica relativa alle Misure in questione era in netto recupero rispetto alle rilevazioni precedenti: la Misura 311 aveva una spesa di oltre 333,6 milioni di euro, pari a quasi il 49,5% della spesa programmata; la Misura 312 una spesa del 32,5%, corrispondente a più di 25 milioni di euro; la Misura 321 presentava una spesa di quasi 158 milioni di euro (più del 45% del programmato); la Misura 331 aveva una spesa di 4,7 milioni di euro (più del 15% del programmato). Nonostante la spesa relativa alle attività di agricoltura sociale sia difficilmente rilevabile, è possibile notare una generale attenzione crescente negli orientamenti delle regioni per quanto riguarda il tema. L’Agricoltura Sociale nelle Politiche Regionali e di Coesione 2007/2013 Le procedure di definizione del quadro programmatico dello sviluppo rurale e delle politiche regionali e di coesione è del tutto similare prevedendosi in entrambi i casi la definizione a livello di Stato membro di un documento strategico nazionale: per lo sviluppo rurale il PSN e per le politiche regionali e di coesione il Quadro Strategico Nazionale (QSN). Quest’ultimo ha individuato le priorità nazionali per le politiche regionali e di coesione ed è stato messo a punto dal Dipartimento per le Politiche di Sviluppo e Coesione (DPS) del Ministero della Attività Produttive attraverso un largo processo di concertazione, trasmesso alla Commissione alla fine del 2006 e approvato in via definitiva il 13 luglio 2007. L’iter procedurale del QSN è stato più lungo di quello del PSN ma al contrario l’iter di approvazione dei POR è stato più veloce di quello dei PSR in quanto tutti i POR FSE e FESR sono stati approvati dalla Commissione entro il 2007. Nella sua versione finale il documento individuava tre obiettivi prioritari: attrattività (accessibilità, servizi, ambiente), ricerca e innovazione e occupazione (nuovi e migliori posti di lavoro). Questi obiettivi si declinavano rispetto alle peculiarità delle aree urbane e di quelle rurali per le quali si prevedevano interventi di sicuro interesse per l’Agricoltura Sociale fra cui la diversificazione 25
economica, il raggiungimento di un livello minimo di servizi di interesse economico generale, il rafforzamento delle capacità endogene dei territori rurali. Su queste basi il QSN ha poi definito dieci priorità tematiche precisando per ciascuna di esse gli obiettivi specifici. Una delle priorità riguardava assai da vicino l’Agricoltura Sociale e si trattava della priorità 4 relativa alla inclusione sociale e ai servizi per la qualità della vita e l’attrattività territoriale. Il suo obiettivo specifico è stato la valorizzazione del capitale sociale sottoutilizzato nelle aree urbane e rurali attraverso il miglioramento della qualità e accessibilità dei servizi di protezione sociale, dei servizi di cura e conciliazione e dei sistemi di formazione e apprendimento ed appariva pienamente in linea con le impostazioni dell’Agricoltura Sociale. Destinatari dell’azione sono stati infatti i soggetti “deboli” fra i quali ovviamente le persone diversamente abili e quelle non autosufficienti. In tale ambito le aree rurali, quelle montane e i comuni scarsamente abitati sono stati considerati prioritari e, analogamente al PSN, il QSN ha suggerito di procedere per pacchetti di servizi, con un particolare richiamo all’IT (e-inclusion, e-health come telemedicina e teleassistenza) e con una forte connotazione territoriale. Nel miglioramento dell’offerta/accesso ai servizi essenziali nelle aree rurali si sono ricompresi i servizi socio-economici (istruzione, servizi sanitari, etc.) nonché la promozione dell’animazione e dell’inclusione sociale. Anche nella priorità 1, miglioramento e valorizzazione delle risorse umane, sono stati presenti azioni di interesse per l’Agricoltura Sociale, in particolare in materia di formazione per quelle figure professionali, dirigenziali e manageriali “di cerniera e di supporto alla innovazione” fra cui quelle finalizzate a rispondere alla domanda di nuove e più specifiche professionalità con un riferimento esplicito anche ai temi dell’informazione in favore degli operatori rurali soprattutto nella direzione della diversificazione delle fonti di reddito delle popolazioni rurali (formazione di formatori). Da ricordare infine la priorità 8, competitività e attrattività delle città e dei sistemi urbani, che prevedeva, fra l’altro, la diffusione di servizi socio-sanitari culturali e ricreativi di qualità, la promozione di interventi per la conciliabilità tra i tempi di vita e di lavoro, il miglioramento della qualità della vita, la costruzione dell’urban welfare in termini di servizi efficienti e tempestivi per la sicurezza, per l’organizzazione dei tempi delle città e per le nuove marginalità. Particolarmente significativa per l’Agricoltura e Sociale è stata la previsione di meccanismi di incentivazione per favorire il rafforzamento delle relazioni funzionali fra sistemi urbani e sistemi rurali, con particolare riferimento alle aree periurbane, aspetti nei quali iniziative di Agricoltura Sociale possono giocare un ruolo rilevante. 26
L’Agricoltura Sociale nei POR FERS e FSE 2007/2013 Nei POR, a differenza dei PSR la cui articolazione in quattro assi è fissata dalla regolamentazione comunitaria, l’articolazione per assi è stata lasciata alle singole regioni e quindi la definizione di un quadro comparativo omogeneo è stato certamente meno agevole. Pertanto nella fase di analisi dei singoli POR sono stati evidenziati prima di tutto gli assi nei quali possono rientrare attività connesse all’Agricoltura Sociale e a far emergere in conseguenza le misure e le azioni in grado di coinvolgere direttamente percorsi di tipo sociale nelle aziende agricole. Da questa analisi è emerso che nei POR FSE è sempre presente l’Asse Inclusione sociale nel cui ambito numerose Regioni fanno poi un esplicito richiamo all’Agricoltura Sociale. Molte Regioni hanno inserito poi nell’Asse “Adattabilità” azioni volte ad attivare momenti di formazione specifica per l’adattamento dei lavoratori alle esigenze di professionalità richiesta da attività nuove, aspetto questo che ha interessato direttamente l’Agricoltura Sociale e nello specifico la famiglia agricola a cui è stato richiesto un know how del tutto nuovo. Bisogna poi distinguere, all’interno dei POR FERS, tra regioni “obiettivo convergenza” (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e in via transitoria Basilicata) e regioni “obiettivo competitività regionale e occupazione” (tutte le altre Regioni) e tale classificazione ha giocato un ruolo decisivo nella definizione delle scelte strategiche regionali. Nel caso dei POR FERS relativi a Regioni ricadenti nell’ambito dell’obiettivo “competitività”, il focus è stato tutto incentrato su quest’ultima a scapito degli interventi di coesione sociale, mentre una maggiore attenzione a tali aspetti la si è riscontrata nelle Regioni “convergenza” i cui POR si aprono maggiormente a progetti di carattere socio-sanitario nell’ambito del miglioramento dei servizi alle popolazioni rurali. In complesso l’esame dei POR FESR e dei POR FSE 2007-2013, ha evidenziato così una sostanziale difficoltà nel cogliere le occasioni offerte dai processi di sviluppo locale per ricostruire, su nuove basi, un nesso tra protezione sociale e sviluppo economico e produttivo mediante la sperimentazione di modelli innovativi di welfare locale. Questa diversità di impostazione è stata, d’altra parte, in qualche modo implicita nello stesso Quadro Strategico Nazionale (QSN); il quale, nell’individuare le cause che hanno frenato lo sviluppo del Mezzogiorno, ha segnalato i servizi alla popolazione, e in primis la sanità, tra i servizi collettivi che presentano vistose disparità tra il Sud e il Centro-Nord. Si inquadra in questo contesto il “Protocollo d’Intesa per accelerare la convergenza dei fattori di salute, sicurezza e sviluppo economico e l’accrescimento del potenziale di competitività dei sistemi di protezione sociale e dei connessi apparati produttivi” relativo alla utilizzazione della riserva del 27
Fondo per le Aree Sottoutilizzate (FAS) e sottoscritto nell’aprile 2007 dal Ministero dello Sviluppo Economico, dal Ministero della Salute e dalle Regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna, Sicilia, cui si sono aggiunte in un secondo momento Abruzzo e Molise. Nel Memorandum “Quadro strategico per salute, sviluppo e sicurezza nel Mezzogiorno” allegato al Protocollo d’Intesa si è riconosciuto, infatti, che “la debolezza dei collegamenti programmatici tra politiche di finanziamento dei servizi sanitari e socio-sanitari e politiche di investimento strutturale produce fenomeni sempre più accentuati di divaricazione regionale, soprattutto tra le Regioni del Sud e quelle del Centro-Nord”. Di grande interesse per l’Agricoltura Sociale è stato il fatto che, per combattere queste disuguaglianze territoriali, il Memorandum ha proposto tra gli ambiti di intervento “l’integrazione fra politiche sociali e quelle sanitarie, riorganizzando a tal fine l’offerta del terzo settore e le modalità di erogazione dei servizi pubblici” e tra le misure la realizzazione di “regimi di aiuto per la promozione e la diffusione dell’imprenditoria nel settore sociale e no-profit, con particolare riferimento all’occupazione di donne, disabili e altre categorie svantaggiate (detenuti ed ex-detenuti, immigrati, tossicodipendenti, etc.)”. Nei documenti di programmazione predisposti dalle Regioni meridionali tali indicazioni hanno trovato ampio spazio nella Priorità “Inclusione sociale e servizi per la qualità della vita e l’attrattività territoriale” prevedendo, in sinergia con i PSR, anche il miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni rurali attraverso un adeguato livello di dotazione di servizi collettivi, per arginare lo spopolamento e l’emigrazione, attrarre imprese e risorse umane qualificate e favorire l’insediamento di nuove attività economiche. Siffatta scelta è stata dettata dalla convinzione che “l’inclusione sociale non può essere affidata a singoli interventi settoriali, ma deve essere il frutto di una strategia, attuata con progetti integrati che abbiano al centro il cittadino beneficiario di pacchetti di servizi (sociali, sociosanitari, socioeducativi, socio-assistenziali, di inserimento lavorativo e di contrasto ai fenomeni di violenza, etc.), favorendone la responsabilizzazione, nell’esercizio dei propri diritti, e promuovendone la capacità di pressione, allo scopo di configurare un sistema, territorialmente omogeneo, di cittadinanza sociale”. Nei POR FESR delle Regioni “competitività e occupazione” queste problematiche non sono state invece affrontate in modo diretto perché nessuna di esse ha dato una valenza di ostacolo grave allo sviluppo regionale al divario che si è determinato negli ultimi anni tra le aree urbane e quelle rurali in riferimento ai livelli dei servizi essenziali alla popolazione.
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Tuttavia, i documenti di quelle Regioni del Centro-Nord che hanno individuato tra le priorità la valorizzazione dei territori oppure l’accessibilità alle aree più interne o ancora lo sviluppo delle aree urbane, contenevano qualche riferimento ai temi del miglioramento della qualità della vita e alla riorganizzazione dei servizi sociali, permettendo in tal modo di individuare possibili percorsi di integrazione, per quanto limitati, di taluni interventi previsti nei POR coi PSR sul versante del welfare locale. La qualità degli strumenti attuativi, come la progettazione integrata territoriale, e la capacità propositiva dei partenariati pubblico-privati che si sono costituiti per gestire detti strumenti, hanno reso concreta la possibilità di far interagire le diverse politiche, creando il contesto più conveniente per lo sviluppo dell’Agricoltura Sociale come modalità peculiare di welfare locale. Discorso diverso, come si è avuto modo di evidenziare, è stato quello riferito ai POR FSE, che prevedevano in tutte le Regioni, e quindi anche in quelle legate all’obiettivo competitività, la priorità “Inclusione sociale”, e consentivano di integrare i percorsi di inserimento lavorativo delle persone svantaggiate con i processi di sviluppo rurale. In molte Regioni, questi documenti di programmazione richiamavano, inoltre, l’esigenza di sviluppare nuovi profili di imprenditorialità e mostravano attenzione alla responsabilità sociale delle imprese in riferimento alle priorità “Adattabilità” e “Occupabilità”. E ciò ha aperto di fatto la strada a sinergie con gli interventi rivolti alla diffusione della nuova ruralità e allo sviluppo sociale delle aree rurali. In conclusione, sia nello sviluppo rurale che nelle politiche di coesione sono stati possibili incentivazioni per l’Agricoltura Sociale; ma forte è stato il rischio di sovrapposizione per la similarità di molti interventi. Le Regioni avrebbero dovuto quindi programmare i diversi interventi in modo sinergico e complementare. È stata per le Regioni una preoccupazione presente sia nel PSN che nel QSN l’implementazione di forme di organizzazione per favorire sia l’integrazione fra cui, di particolare rilievo per l’Agricoltura Sociale, sia la creazione a livello regionale di gruppi di lavoro inter-istituzionali su alcune tematiche specifiche fra le quali vengono esplicitamente menzionate quelle relative agli interventi in materia sociosanitaria.
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IL FORUM NAZIONALE DI AGRICOLTURA SOCIALE E LA LEGGE SULL’AGRICOLTURA SOCIALE Il Forum Nazionale Agricoltura Sociale (FNAS), concepito come un luogo di confronto, elaborazione, rappresentanza e reale partecipazione dei tanti soggetti operanti in AS, è un’associazione senza scopo di lucro che promuove e favorisce, a livello nazionale ed europeo, lo scambio di esperienze e la realizzazione di attività di formazione ed informazione ed accompagna la costruzione di una rete di relazioni al fine di contribuire, attraverso l’istituzione dei Forum Regionali, ad attivare gli iter legislativi regionali o nazionali in materia di AS. Il Forum nazionale dell’agricoltura sociale è nato il 21 maggio 2011 con l’Assemblea di Firenze all’interno di “Terra futura” ed è stato formalizzato successivamente con l’approvazione dello statuto e degli organi di gestione, coordinamento nazionale e collegio dei sindaci e la sua iscrizione all’ufficio del registro. Il Forum intende favorire l’incontro tra produttori agricoli, cooperative sociali, associazioni, famiglie, persone in situazione di svantaggio, consumatori responsabili, università, amministrazioni pubbliche ed enti locali, servizi sociali, strutture didattiche, scolastiche e sanitarie. Il Forum ha tra i suoi obiettivi anche quello di relazionarsi in chiave europea, con le esperienze degli altri paesi della U.E., con la DG Agricoltura e la Rete Rurale Europea. Degli oltre 300 aderenti, 70 sono cooperative sociali e aziende agricole che svolgono attività di AS, 25 appartengono ad associazioni, 6 sono consorzi e 3 comunità, mentre gli altri soggetti partecipano al Forum come singoli o in rappresentanza di comuni, province, università, enti di ricerca. Aderiscono al Forum anche il Forum Provinciale dell’AS di Roma e la Rete delle fattorie sociali della Sicilia, che raggruppano a loro volta numerose realtà locali. Inoltre il Forum favorisce il confronto con il mondo accademico e scientifico che viene considerato un utile e positivo processo di crescita reciproca e di allargamento degli orizzonti culturali, sociali ed economici per ciò che concerne questa esperienza. Nei primi anni di attività il Forum, raccogliendo le idealità, il lavoro e le esperienze maturate in tutta Italia negli ultimi 10 anni dai protagonisti coinvolti ed interessati al tema dell’agricoltura sociale, ha sostenuto gli obiettivi definiti a Firenze: la proposta di legge nazionale, la carta dei principi e il marchio dei prodotti/servizi. La Carta dei Principi dell’Agricoltura Sociale, fonte valoriale di riferimento per gli aderenti e gli operatori economici e culturali, è frutto di un’autonoma elaborazione dei soggetti coinvolti, e rappresenta il reale discriminante tra agricoltura sociale e generiche esperienze di multifunzionalità. 30
La carta dei principi rappresenta per il Forum lo spirito con il quale è nato: un’organizzazione che nasce dal basso e che si ispira a un modello di cambiamento del welfare, di innovazione dell’agricoltura, di un etica nuova dell’economia e che basa il suo fare sui principi e non sugli interessi. In una situazione di crisi importante come quella attuale, crisi economica certamente ma anche crisi ecologica, crisi di relazioni sociali e del modello di welfare, il Forum, nel suo piccolo, rappresenta un modo diverso di agire il cambiamento. Il metodo di lavoro che il coordinamento in rappresentanza di tutto il forum sta implementando è stato: - perseguire pochi e realizzabili obiettivi chiari che vengono indicati dall’assemblea; - condividere il più possibile anche le procedure ed i percorsi necessari per il raggiungimento degli obiettivi; - deliberare e confrontarsi in assemblea su tutto il lavoro svolto. Il Forum valorizza e promuove le molteplici e differenti esperienze di AS, risaltando la valorizzazione delle identità locali, di nuove culture e la partecipazione di giovani e donne impegnati nella realizzazione di interventi fortemente innovativi per quanto riguarda la produzione di beni, l’erogazione di servizi, la creazione di spazi di confronto con i consumatori e la creazione di forme alternative di mercato (filiera corta, GAS, ecc.), per affermare un nuovo modello di agricoltura. Il Forum ha realizzato a giugno 2013 la prima festa nazionale dell’agricoltura sociale a Napoli, nel quartiere di Chiaiano, in un fondo sequestrato alla camorra e ora assegnato dal Comune a una cooperativa sociale agricola. All’iniziativa hanno partecipato, oltre al sindaco di Napoli, numerose realtà dell’AS, associazioni, cittadini interessati a conoscere le esperienze. Il Forum Nazionale ha promosso la formazione dei forum regionali, oggi presenti in quasi tutte le ragioni Italiane favorendo la partecipazione dei diversi soggetti, da aziende agricole a coop sociali, università e centri di ricerca. In questi anni i Forum Regionali hanno giocato un ruolo chiave nella promozione del territorio attraverso lo scambio di esperienze e competenze legate all’agricoltura sociale e sostenibile, creando nuovi reti di relazioni e innovazioni sociali. Fondamentale è stato il contributo in quasi tutte le regioni sia sul piano formativo che di confronto con le istituzioni pubbliche per la normativa in materia di AS e nuovi PSR, sia a livello Nazionale che regionali. Il Forum è stato una dei soggetti di rappresentanza del mondo agricolo sociale che più hanno interloquito con il Parlamento per la legge nazionale, entrata in vigore il 23 settembre 2015, dopo 7 anni di incubazione e 3 legislature.
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L’approvazione in via definitiva della legge sull'agricoltura sociale è stata valutata molto positivamente dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. Infatti il Ministro Maurizio Martina ha dichiarato: "Dotare l'Italia nell'anno di Expo di una legge sull'agricoltura sociale non è solo una buona notizia, è una grande opportunità e il riconoscimento del lavoro che migliaia di esperienze portano avanti ogni giorno sui territori. L'agricoltura sociale è un concreto strumento di riabilitazione ed inclusione, non soltanto una opportunità economica. Con questo provvedimento abbiamo rimesso al centro la tutela della persona e della sua dignità, creando una sinergia virtuosa tra obiettivi economici e responsabilità sociale. Allo stesso tempo rafforziamo le opportunità di crescita della multifunzionalità delle aziende agricole, contribuendo allo sviluppo sostenibile dei nostri territori. Ringrazio il Parlamento per il lavoro fatto in questi mesi per centrare questo importante obiettivo". Il Vice Ministro Andrea Olivero ha commentato: "Dopo anni di attesa oggi abbiamo dato il giusto riconoscimento a quanti, con passione e professionalità, hanno saputo coniugare l'imprenditorialità agricola con la responsabilità sociale. Sono molto riconoscente nei confronti dei parlamentari che hanno fattivamente collaborato alla proficua conclusione dell'iter della legge, a partire dal primo firmatario on. Fiorio, ma ancor più lo sono nei confronti di tutti i nostri imprenditori di Agricoltura Sociale che hanno aperto la strada ad un nuovo modo di concepire il lavoro agricolo. Inserimenti lavorativi di persone svantaggiate, fattorie didattiche, agri-nido e agri-asilo: tanti modi per concepire la multifunzionalità anche in ambito sociale. Sono certo che questa legge aiuterà l'intero comparto agricolo a crescere nella sostenibilità economica, ambientale e soprattutto sociale". In Italia, prima della legge n. 141/2015, che ora interviene quale normativa statale quadro sulla materia, numerose regioni avevano già introdotto specifiche norme per regolare tale attività. Si tratta, in particolare di: - la legge della regione Toscana 26 febbraio 2010, n.24, recante disposizioni in materia di agricoltura sociale; - la legge della regione Marche del 14 novembre 2011, n.21, recante disposizioni regionali in materia di multifunzionalità dell'azienda agricola e diversificazione in agricoltura; - la legge della regione Abruzzo 6 luglio 2011, n.18, recante disposizioni in materia di agricoltura sociale; - la legge della regione Campania n.5 del 30 marzo 2012, recante norme in materia di agricoltura sociale e disciplina delle fattorie e degli orti sociali; - la legge della regione Liguria 21 novembre 2013 n.36, recante disposizioni in materia di agricoltura sociale; 32
- la legge della regione Veneto 28 giugno 2013, n.14, recante disposizioni in materia di agricoltura sociale. Tali provvedimenti normativi determinavano un quadro disomogeneo in ordine ai requisiti soggettivi ed oggettivi necessari per svolgere l'attività di agricoltura sociale, e mettevano in risalto la necessità, pur nel rispetto delle competenze regionali in materia, di una norma quadro statale in materia che delineasse i principi fondamentali dell'attività. L’iniziativa legislativa è stata fortemente voluta dal settore agricolo che lamentava una situazione di incertezza giuridica tale da non consentire alle imprese agricole di poter esercitare in maniera efficace attività dirette alla cura delle persone svantaggiate e dei minori attraverso mezzi e strumenti normalmente utilizzati nella produzione agricola (es. fattorie didattiche, agri asilo, inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, ippoterapia ecc..). È opportuno, pertanto, chiarire in premessa che lo spirito con cui la legge è sostanzialmente nata era quello di fornire una cornice giuridica all’interno della quale fosse possibile inquadrare determinate attività svolte dall’imprenditore agricolo al duplice scopo di dare certezza giuridica alle imprese ed uniformità di disciplina a livello nazionale. In base alla nuova legge i soggetti che possono svolgere agricoltura sociale sono gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 c.c., singoli o associati, nonché le cooperative sociali purché il fatturato derivante da attività agricole sia prevalente ovvero, se tale fatturato non è prevalente deve essere comunque superiore al 30% di quello complessivo, ed in tal caso la cooperativa sociale è considerata operatrice dell’agricoltura sociale limitatamente al fatturato agricolo. La norma definisce quali sono le attività di agricoltura sociale: -
L’inserimento socio – lavorativo di lavoratori con disabilità e di lavoratori svantaggiati, di persone svantaggiate e di minori in età lavorativa inseriti in progetti di riabilitazione e di sostegno sociale;
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prestazioni e attività sociali e di servizio per le comunità locali attraverso l’uso di risorse materiali e immateriali dell’agricoltura;
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prestazioni e servizi terapeutici anche attraverso l'ausilio di animali e la coltivazione delle piante;
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iniziative di educazione ambientale e alimentare, salvaguardia della biodiversità animale, anche attraverso l'organizzazione di fattorie sociali e didattiche.
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Si rimanda ad un decreto del Ministero delle politiche agricole da adottarsi previa intesa con la Conferenza stato regioni ed acquisito il parere delle relative Commissioni parlamentari, la
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definizione dei requisiti minimi e delle modalità con cui le predette attività dovranno essere svolte. Viene inoltre specificato che, a parte l’inserimento lavorativo, le altre attività in cui consiste l’agricoltura sociale sono considerate connesse a quella agricola principale ai sensi dell’articolo 2135 del codice civile e che i locali in cui l’imprenditore agricolo esercita le suddette attività non perdono i requisiti di ruralità. Il riconoscimento degli operatori di agricoltura sociale avviene ad opera delle Regioni le quali dovranno uniformare le proprie disposizioni emanate in tema di agricoltura sociale ai principi contenuti nella presente legge. L’articolo 6 della legge è interamente dedicato a misure finalizzate al sostegno dell’agricoltura sociale quali: -
la possibile promozione, nell'ambito dei Piani di Sviluppo Rurale, di specifici programmi per la multifunzionalità delle imprese agricole, con particolare riguardo alle pratiche di progettazione integrata territoriale e allo sviluppo dell'agricoltura sociale;
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il possibile inserimento, nella predisposizione delle gare di fornitura alle istituzioni pubbliche che gestiscono mense scolastiche e ospedaliere, criteri di priorità per la provenienza dei prodotti agroalimentari da operatori di agricoltura sociale;
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la possibile previsione da parte dei Comuni di misure di valorizzazione dei prodotti provenienti dall’agricoltura sociale nel commercio su aree pubbliche;
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la possibile previsione, da parte degli enti pubblici territoriali, di criteri di priorità per favorire lo sviluppo delle attività di agricoltura sociale nell'ambito delle procedure di alienazione e locazione dei terreni pubblici agricoli;
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la possibilità, per gli enti pubblici territoriali, di dare in concessione, a titolo gratuito, anche agli operatori dell'agricoltura sociale i beni immobili confiscati alla criminalità organizzata.
Inoltre la legge prevede l’istituzione dell'Osservatorio sull'Agricoltura Sociale, nominato con decreto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, a cui è previsto facciano parte anche due rappresentati delle organizzazioni della cooperazione. L’Osservatorio sarà chiamato a definire le linee guida in materia di Agricoltura Sociale ed assumerà funzioni di monitoraggio, iniziativa finalizzata al coordinamento delle iniziative a fini di coordinamento con le politiche rurali. La legge, come è stato visto precedentemente, non prevede incentivi finanziari diretti ma individua una serie di interventi di sostegno per “le imprese riconosciute, iscritte in un elenco ufficiale costituito a livello regionale”. Non a caso sono stati inseriti criteri di priorità ai prodotti 34
dell’agricoltura sociale nei bandi per le mense scolastiche e ospedaliere, spazi riservati ai produttori agri-sociali nelle aree pubbliche per la vendita dei prodotti, criteri di priorità per l’insediamento e lo sviluppo delle attività di agricoltura sociale nelle operazioni di alienazione e locazione dei terreni demaniali agricoli e di quelli appartenenti agli enti pubblici territoriali e non territoriali e per i beni e i terreni confiscati alla criminalità organizzata. La legge stabilisce in proposito la possibilità che il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari forestali e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, definisca “requisiti e criteri per l'accesso ad ulteriori agevolazioni e interventi di sostegno”. Ora gli operatori potranno avvalersi di un quadro di riferimento più strutturato, comprensivo di indirizzi chiari e di misure di sostegno utili allo sviluppo dell’agricoltura sociale, importante anche ai fini dei nuovi PSR. Nella legge, però, non si individuano i requisiti necessari ad un’impresa agricola per potersi fregiare dell’aggettivo “sociale”. Si parla genericamente di inserimento sociolavorativo di lavoratori con disabilità o svantaggiati, di attività sociali e di servizio per la comunità locale, di prestazioni che supportano le terapie mediche o psicologiche, di iniziative di accoglienza e soggiorno di bambini in età prescolare e di persone in difficoltà sociale, fisica e psichica ma manca un richiamo esplicito alle normative nazionali o regionali attualmente in vigore sulle attività di cui stiamo parlando. La cosa non è piaciuta alle cooperative sociali, molte delle quali erogano servizi di welfare attraverso attività agricole anche di una certa rilevanza, che però possono rientrare nell’agricoltura sociale solo se il relativo fatturato “agricolo” supera il 30% di quello complessivo: in sostanza, rende possibile a un’impresa agricola senza nessuna esperienza nel sociale di partire da zero accedendo ai benefici, mentre le cooperative sociali sono di fatto escluse, perché quasi nessuna raggiunge la soglia di fatturato agricolo del 30 per cento. In effetti i benefici previsti per questa tipologia di azienda agricola sono tutt’altro che marginali: priorità nelle forniture di derrate a mense scolastiche e ospedaliere, spazi appositi nei mercati su aree pubbliche, accesso ai terreni confiscati alla mafia ma soprattutto l’inserimento come beneficiario privilegiato nei prossimi Piani di Sviluppo Rurale della figura di “coltivatore sociale”. Il rischio che si crea è che senza paletti precisi e adeguati controlli, potrebbero inserirsi nell’agricoltura sociale soggetti attratti solo dalla possibile integrazione al reddito, come è accaduto per l’agriturismo, con la differenza che questo settore è molto più delicato. Come ribadito l’Agricoltura Sociale richiede la collaborazione tra diverse figure professionali e pertanto sarà a breve necessario definire degli standard minimi di conoscenze che deve avere un 35
operatore impegnato nel campo dell’agricoltura sociale. Competenze di base inerenti sia gli aspetti teorici di tipo agronomico/orticolturale sia di tipo sociale in merito alla capacità di approcciare i diversi tipi di svantaggio. Sarà necessario incentivare la formazione di esperti in Pet Therapy ed onoterapia, esperti nella gestione degli agrinido, esperti in tecniche di assistenza all’infanzia in ambito domiciliare rurale (agritata), quest’ultima, figura già definita e normata in alcune regioni italiane.
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IL FORUM DI AGRICOLTURA SOCIALE IN PUGLIA E LA LEGGE REGIONALE SULL ’AGRICOLTURA SOCIALE Il 29 gennaio 2015 nel Castello Angioino di Mola di Bari, in provincia di Bari, alla presenza di Antonio Carbone, quale portavoce del forum nazionale sull’agricoltura sociale, è nato il Forum Regionale Pugliese dell’Agricoltura Sociale. Tale atto formale è stato il passo conclusivo di un iter che ha registrato una grande partecipazione durante le due riunioni aggregative del 15 gennaio 2015 a Bari, e del 16 gennaio 2015 a Calimera, in cui tante realtà esistenti in Puglia hanno manifestato la necessità di fare rete e condividere bisogni e difficoltà di questo settore. A Mola i soggetti operanti in AS dopo aver condiviso il documento fondativo con le priorità, gli obiettivi, e le finalità del Forum Regionale, hanno eletto i 2 portavoce regionali Cecilia Posca e Fabrizio Guglielmi, dando loro il compito di veicolare i lavori all’interno dei gruppi di lavoro, ed hanno votato un comitato promotore che raggruppa aziende agricole, cooperative sociali, e operatori del terzo settore che da Foggia a Lecce percorrono l’intera Puglia con il compito di aggregare le singole esperienze di AS in un’unica rete pugliese. Il Forum Regionale, nato come diretta emanazione del Forum Nazionale Agricoltura Sociale, sta lavorando sia per creare una piattaforma di condivisione di buone pratiche e di diffusione dei temi dell’agricoltura sociale, sia come interlocutore politico con la Regione Puglia e con gli Enti Locali al fine di elaborare e presentare la legge Regionale dell’Agricoltura Sociale. A livello regionale ancora non esiste una mappatura esatta e definita del fenomeno dell’AS, ma si registra un trend positivo e si segnalano numerose esperienze innovative nel campo dell’agricoltura sociale e multifunzionale, attraverso persone che hanno scelto il ritorno alla terra come prospettiva di vita e di sviluppo. In questo momento storico il Forum regionale sta cercando di fa cooperare le Aziende Agricole, Cooperative Sociali ed il mondo del Terzo Settore, con l’obiettivo di dotarsi di uno strumento comune di incontro, confronto ed elaborazione. A tal proposito è stato avviato un tavolo ufficiale di lavoro sull’Agricoltura Sociale in Puglia, con gli Assessorati al Welfare e all’Agricoltura con il fine di promuovere il lavoro attuato dal coordinamento del Forum Regionale per presentare nel breve termine una proposta di Legge Regionale. Ai primi tre incontri pubblici realizzati hanno partecipato complessivamente un centinaio di rappresentati del mondo del Terzo Settore, delle aziende agricole e della cooperazione, rappresentanti di sedi provinciali INAIL, ASL e Ambiti Territoriali Sociali. Le province che 37
attualmente hanno risposto in maniera più massiccia sono quelle del Salento dove il ricorso all’agricoltura come pratica terapeutica o come elemento di diversificazione della produzione aziendale sono conosciute ed utilizzate da diversi anni. Il Gruppo di Coordinamento del Forum Regionale sta lavorando su più fronti per il raggiungimento in tempi brevi di una visione congiunta in merito alla materia da esplicitarsi attraverso una Legge Regionale di settore. La legge regionale si propone di offrire un quadro regolamentare di base unificante ma non omologante: si intende promuovere una legge quadro che fissi i principi e le modalità di riconoscimento/accreditamento delle pratiche di Agricoltura Sociale, evitando di rinchiudere le diverse forme di espressione dell’AS in norme statiche e rigide e rispettando lo stretto rapporto con i fabbisogni sociali del territorio e delle risorse e vocazioni agricole disponibili a livello locale. Si ricorda la competenza esclusiva delle Regioni in materia di agricoltura e politiche sociali, come previsto dal Titolo V della Costituzione, mentre per la materia sanitaria la Costituzione prevede la concorrenza della legislazione statale e regionale. Nello specifico, la Costituzione affida allo Stato (L.3/2001 - art. 117, secondo comma, lettera m della Costituzione) “la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” (L. 328/2000), mentre per le politiche sanitarie la Costituzione inserisce la tutela della salute fra le materie a legislazione concorrente, ovvero “spetta alle regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello stato”. Come conseguenza la normativa nazionale relativa al SSN prevede la definizione di un Piano Sanitario Nazionale, elaborato di concerto con le Regioni. In tale ambito vengono definiti in una commissione mista Stato-Regioni i livelli essenziali di assistenza (LEA), da garantire su tutto il territorio nazionale. Alle Regioni spetta la definizione, attuazione e gestione con proprie leggi dei rispettivi piani sanitari regionali. Sono, invece di esclusiva competenza statale le materie relative al sistema tributario e alla previdenza sociale e quindi le definizione delle agevolazioni fiscali e contributive proposte nelle misure di sostegno all’AS.
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I RISULTATI DEL GAL MURGIA PIÙ SULLE “MISURE DELL’AGRICOLTURA SOCIALE” La Programmazione 2007/2013 per il Gal Murgia Più, localizzato nell’area del Parco dell’Alta Murgia e precisamente nei Comuni di Gravina in Puglia, Poggiorsini, Spinazzola, Minervino Murge, Canosa di Puglia e Ruvo di Puglia, è stata incentrata come riportato nel proprio Piano di Sviluppo Locale denominato “Più Natura Più Cultura”, su una strategia costruita sul tema catalizzatore principale “Valorizzazione delle risorse naturali e culturali” e sul tema catalizzatore secondario “Valorizzazione delle produzioni agricole tipiche e tradizionali”. Non a caso gli obiettivi di carattere generale che il Gal Murgia Più ha provato a perseguire attraverso l’implementazione del PSL sono stati: 1) migliorare l’attrattività del territorio, per favorire l’insediamento di nuove imprese e la crescita di quelle esistenti. 2) garantire nuovi sbocchi occupazionali alla popolazione residente già gravemente colpita dalla crisi economica e dagli effetti perversi della globalizzazione; 3) rafforzare le competenze necessarie alla diversificazione dell'economia del territorio del GAL e migliorare l’accesso all’informazione locale; 4) stimolare l’evoluzione dell’area GAL verso forme organizzative basate sull’integrazione dei programmi finalizzati allo sviluppo locale; 5) rafforzare la capacità progettuale e gestionale locale. 6) migliorare il valore aggiunto delle filiere agricole locali. L’erogazione dei servizi sociali e sociosanitari, di competenza delle amministrazioni comunali attraverso l’adozione e l’implementazione del Piano Sociale di Zona di durata triennale, nell’area Gal sono organizzati in tre diversi Ambiti Territoriali Sociali (ATS), ossia le unità territoriali di base per l’implementazione delle politiche socio-assistenziali: 1. ATS2 Canosa di Puglia (Canosa di Puglia, Minervino Murge, Spinazzola); 2. ATS3 Corato (Corato, Ruvo di Puglia, Terlizzi); 3. ATS7 Altamura (Altamura, Gravina in Puglia, Poggiorsini, Santeramo in Colle). Tra i bisogni emersi dall’analisi dei Piani Sociali di Zona durante il periodo di programmazione 2007/2013 si è registrata una limitata presenza di servizi che favorivano la riscoperta dei valori del lavoro del mondo agricolo e delle sue produzioni, la diffusione dell’educazione alimentare, la conoscenza di antichi mestieri e dell’architettura rurale da parte dei giovani età scolare, ma un contesto territoriale che offriva buone opportunità per l’attivazione di servizi di utilità sociale, complementari a quelli previsti dai Piani Sociali di Zona, favorendo l’integrazione e l’inclusione 39
sociale soprattutto delle persone anziane e disabili, attraverso l’erogazione di prestazioni di terapia assistita (es. horticultural therapy, agroterapia, ippoterapia). Tale risultato si è manifestato anche in seguito ad una ricerca sul campo effettuata nell’area Gal allo scopo di fornire strumenti e metodi utili a favorire l’inclusione sociale delle fasce deboli in agricoltura attraverso una metodologia in parte “field” ed in parte “desk”. La ricerca sul campo (field), realizzata attraverso la somministrazione di questionari con domande sia di tipo quantitativo che qualitativo a differenti target d’intervista – sono stati coinvolti 28 soggetti facenti parte della filiera “Istituzioni, cooperative sociali, imprese agricole, utenti” ipotizzata per lo sviluppo dell’agricoltura sociale -, ha confermato che il territorio del Gal Murgia Più, seppur intimorito dalle difficoltà insite nel settore dell’agricoltura sociale, ha interesse nell’approfondire la tematica e volontà ad intraprendere progettualità in ambito sociale soprattutto per le potenzialità offerte dal territorio. L’agricoltura sociale del territorio legato al GAL Murgia Più potrebbe essere nella prossima programmazione 2014 – 2020, infatti, il fiore all’occhiello di un’area potenzialmente dedita al sociale sia come iniziative, che come persone. L’idea potrebbe essere quella di creare un Polo di eccellenza per l’agricoltura sociale coinvolgendo gli attori menzionati precedentemente che, giustamente motivati ed accompagnati, sarebbero il volano per la creazione di spin off successivi, sia come imprese agricole che come cooperative sociali specializzate nell’agricoltura sociale. Il Gal Murgia Più nella Programmazione 2007 – 2013 ha attivato soltanto una delle due Misure specifiche connesse all’Agricoltura Sociale e precisamente la Misura 321 - Azione 1 “SERVIZI ESSENZIALI PER L’ECONOMIA E LE POPOLAZIONI RURALI”,
rivolta alle istituzioni
pubbliche locali. Obiettivo della misura 321 azione 1 “Servizi essenziali per la popolazione rurale” è quello di promuovere iniziative capaci di sviluppare servizi che, in raccordo con i Piani di zona e della salute, possano determinare una migliorare qualità della vita per la popolazione e incrementare l’attrattività delle realtà rurali, in termini economici, a vantaggio delle nuove generazioni. Di tale Misura gli interventi direttamente connessi alla tematica sociale sono stati: -
Intervento b - Servizi di utilità sociale, a carattere innovativo, riguardanti l’integrazione e l’inclusione sociale che prevedeva la realizzazione sul territorio di servizi di utilità sociale, a carattere innovativo, riguardanti l’integrazione e l’inclusione sociale soprattutto per le persone anziane e disabili, attraverso l’erogazione di prestazioni di terapia assistita (pet therapy, horticultural therapy, agroterapia, arteterapia, ippoterapia) e altri servizi innovativi finalizzati in tal senso.
40
-
Intervento d - Servizi di trasporto per studenti e disabili per il raggiungimento delle strutture educative e didattiche, intervento finalizzato al miglioramento della rete di trasporto per il raggiungimento delle strutture educative e didattiche.
Al contrario la Misura 311 “DIVERSIFICAZIONE IN ATTIVITÀ NON AGRICOLE” Azione 3 Investimenti funzionali alla fornitura di servizi socio-sanitari a vantaggio delle fasce deboli della popolazione -, rivolta agli imprenditori agricoli in forma singola o associata e che prevedeva la realizzazione di fattorie sociali in cui qualificare e accrescere l’offerta di attività socio-assistenziali presso le imprese agricole non è stata prevista dal Gal Murgia Più nell’ambito del proprio Piano di Sviluppo Locale (PSL). Analizzando i risultati della Misura 321 Azione 1 al fine di quantificare e qualificare la risposta pervenuta dalle istituzioni pubbliche dei 6 comuni del Gal Murgia Più, si può notare che sono stati presentati ed approvati in totale richieste di contributi per la realizzazione di 13 Interventi così suddivisi (Grafico n° 1): Grafico n° 1: Numero di progetti presentati relativi alla Misura 321 Azione 1 per singolo Comune. (Anno 2015)
Numero di progetti presentati Misura 321 per singolo comune 1
2
3
Ruvo di Puglia
Gravina di Puglia Poggiorsini
3
Canosa di Puglia Minervino Murgie Spinazzola
2 2
Fonte: Elaborazione su dati forniti dal Gal Murgia Più
Il sostegno pubblico è stato previsto dal bando relativo alla Misura 321 Azione 1, a quattro tipologie di interventi da erogarsi in favore della popolazione locale: -
Intervento a – Servizi di carattere didattico, culturale e ricreativo a favore soprattutto dei giovani in età scolare;
-
Intervento b – Servizi di utilità sociale, a carattere innovativo, riguardanti l’integrazione e l’inclusione sociale; 41
-
Intervento c – Servizi di assistenza all’infanzia, intervento finalizzato alla realizzazione sul territorio di servizi di assistenza all’infanzia (ludoteche pubbliche, agrinidi);
-
Intervento d – Servizi di trasporto per il raggiungimento delle strutture educative e didattiche.
Nel grafico n° 2 è riportata la suddivisione degli interventi proposti e realizzati dai Comuni dell’area del Gal suddivisi per tipologia di intervento. Si può notare facilmente che non sono stati presentati progetti relativi all’intervento 1c. Grafico n° 2: Progetti presentati dai Comuni suddivisi per tipologia di intervento. (Anno 2015)
Progetti presentati suddivisi per tipologia di intervento 3 Interv. 1a Interv. 1b Interv. 1d
7 3
Fonte: Elaborazione su dati forniti dal Gal Murgia Più
Il grafico n° 3 riassume la suddivisone nei 6 comuni del Gal Murgia Più delle 3 tipologie di interventi richiesti e finanziati sul territorio. Grafico n° 3: Progetti suddivisi per tipologia di intervento e per Comune di localizzazione (Anno 2015)
Progetti suddivisi per tipologia di intervento e comune di localizzazione 3,5 3 2,5 2 1,5 1 0,5 0
Intervento 1d Intervento 1b Intervento 1a
Fonte: Elaborazione su dati forniti dal Gal Murgia Più
42
I grafici n° 4 e 5 visualizzano, rispetto alla Misura 321 Azione 1b, sia i comuni dove sono stati realizzati gli interventi relativi ai “Servizi di utilità sociale, a carattere innovativo, riguardanti l’integrazione e l’inclusione sociale”, sia il contributo richiesto ed il contributo concesso dal Gal Murgia Più. Si nota che i progetti sono stati finanziati senza subire importanti tagli finanziari. Grafico n° 4: Progetti presentati e finanziati relativi alla Misura 321 Azione 1 – Intervento b. (Anno 2015)
Progetti presentati e finanziati relativi alla Misura 321 Azione 1 - Intervento 1b
1
1 Ruvo di Puglia Gravina di Puglia Poggiorsini
1
Fonte: Elaborazione su dati forniti dal Gal Murgia Più
Grafico n° 5: Contributo richiesto e contributo concesso per singolo progetto finanziato Misura 321 Azione 1 Intervento b. (Anno 2015)
Contributo richiesto e contributo concesso per singolo progetto finanziato Misura 321 Az.1 – Interv. b € 300.000,00 € 250.000,00 € 200.000,00 € 150.000,00
Contributo richiesto Contributo ammesso
€ 100.000,00 € 50.000,00 € 0,00 Ruvo di Puglia
Gravina di Poggiorsini Puglia
Fonte: Elaborazione su dati forniti dal Gal Murgia Più
I grafici n° 6 e 7 illustrano, rispetto alla Misura 321 Azione 1d, sia i comuni dove sono stati realizzati gli interventi relativi ai “Servizi di trasporto per il raggiungimento delle strutture educative e didattiche” sia il contributo richiesto ed il contributo concesso dal Gal Murgia Più. I
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progetti finanziati hanno previsto l’acquisto o il noleggio di scuolabus per il trasporto scolastico prevedendo sempre il trasporto di alunni con disabilità a volte anche attraverso pulmini dedicati.
Grafico n° 6: Progetti presentati e finanziati relativi alla Misura 321 Azione 1 – Intervento d. (Anno 2015)
Progetti presentati e finanziati relativi alla Misura 321 Azione 1 Intervento 1d
1
1 Canosa di Puglia Gravina di Puglia Minervino Murge
1
Fonte: Elaborazione su dati forniti dal Gal Murgia Più
Grafico n° 7: Contributo richiesto e contributo concesso per singolo progetto finanziato Misura 321 Azione 1 Intervento d. (Anno 2015)
Contributo richiesto e contributo concesso per singolo progetto finanziato Misura 321 Az. 1 – Interv. d € 120.000,00 € 100.000,00 € 80.000,00 € 60.000,00
Contributo richiesto Contributo ammesso
€ 40.000,00 € 20.000,00 € 0,00
Canosa di Gravina di Minervino Puglia Puglia Murge
Fonte: Elaborazione su dati forniti dal Gal Murgia Più
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Di seguito sono descritti brevemente i progetti realizzati con particolare riferimento agli Interventi 1a ed 1d. Ad oggi ancora non è conclusa la fase di erogazione dei servizi in quanto l’Autorità di Gestione del PSR 2007/2013 ha prorogato la stessa al 23/12/2015 e pertanto non sono disponibili dati definitivi relativi alla fruizione degli stessi.
Comune di Canosa - Intervento d Il Comune di Canosa ha previsto la realizzazione attraverso l’Intervento a “Servizi di carattere didattico” di un percorso all’interno dell’orto “ludico-didattico” denominato l’OrtoCONIA da svolgere durante il periodo scolastico dagli alunni delle scuole di infanzia, primo e secondo grado inferiore, nonché da persone con disabilità psico-fisica o con problemi di inserimento sociale inseriti in strutture o in carico presso i servizi dell’Ambito Territoriale. Loconia è una frazione rurale ubicata a circa 12 km da Canosa di Puglia ove i cittadini a partire dagli anni 40 – 50 hanno avuto in concessione case dallo Stato in cambio della propria mano d’opera agricola. Il percorso inizia con il prelevamento dei bambini presso la scuola di appartenenza per mezzo di uno scuolabus, attrezzato per il trasporto anche di alunni con disabilità, appositamente acquistato ed utilizzato esclusivamente con fondi della Misura 321 Azione 1d per raggiungere la frazione di Loconia. Il progetto mira, attraverso la realizzazione di un vero e proprio percorso di orticultura che permetta agli alunni e disabili di conoscere le principali operazioni necessarie per predisporre, coltivare, curare ed “utilizzare” un orto, a creare dei momenti aggregativi che si svolgeranno al centro del borgo di Loconia nelle aiuole poste in Piazza Roma, le quali saranno allestite con giochi adatti alle varie fasce di età degli utilizzatori e prevede anche visite presso un’azienda che ha aderito al progetto a titolo gratuito, ove è possibile durante tutto l’anno assistere all’attuazione della filiera produttiva che va dalla raccolta, al confezionamento ed allo stoccaggio dei propri prodotti orticoli e frutticoli.
Comune di Gravina in Puglia – Interventi b e d Il progetto ha come obiettivo affiancare alle terapie tradizionali una nuova visione di prevenzione e di cura: la natura come luogo dove anziani, disabili e bambini possono svolgere attività riabilitative e di prevenzione in un contesto sano e lontano dai disagi che la modernità e la città contengono. I servizi, localizzati nel bosco comunale “Difesa Grande”, in fase di erogazione prevedono tre tipologie di utenti finali: bambini da 0 a 14 anni, anziani over 65 che sono stimati in 20.360 unità (dati ufficio di piano) e disabili di ogni età. I servizi pianificati e concordati con gli istituti di servizi 45
sociali delle comunità coinvolte, sono stati affidati a strutture terze esterne all’ente pubblico con l’obiettivo di offrire un servizio controllato ed accessibile. Il progetto ha lo scopo di risolvere le criticità riscontrata nel bosco comunale “Difesa Grande” che sono: - l’assenza di attrattive per i possibili visitatori colmata con la predisposizione degli interventi a e b della Misura 321 Azione 1; - la mancanza di un trasporto pubblico organizzato che causa la scarsa fruizione dello stesso da parte di possibili ospiti risolta con la garanzia della presenza di corse programmate a/r durante l’intero anno in corso per il bosco attraverso una convenzione con una compagnia di trasporti finanziata attarverso i fondi della Misura 321 Azione 1d.
Comune di Minervino Murge - Intervento d L’Intervento d per il Comune di Minervino Murge ha previsto l’acquisto di 2 pulmini per il trasporto scolastico e di soggetti disabili. Nello specifico sono stati acquistati e dati in gestione alla ditta vincitrice d’appalto, un pulmino per trasporto scolastico da 22 + 1 + 1 posti ed un pulmino per trasporto disabili da 9 posti.
Comune di Poggiorsini - Intervento b Il Comune di Poggiorsini con il contributo ricevuto dal Gal Murgia Più per l’intervento b sta realizzando un micro birrificio artigianale, quale servizio innovativo finalizzato alla inclusione sociale per iniziali n° 4 disabili psichici, che saranno occupati nelle varie fasi della produzione e commercializzazione della propria birra prodotta unitamente e con l’affiancamento di soggetti normodotati. La vendita della birra sarà realizzata anche all’esterno dell’immobile specie in estate al fine di animare la vita di piazza ed incrementare l’attrattività turistica del paese attraverso l’organizzazione di apposite manifestazioni.
Comune di Ruvo di Puglia - Intervento b L’idea progettuale finanziata al Comune di Ruvo di Puglia riguarda la ristrutturazione dell’edificio 2° stralcio dell’ex centro polivalente finalizzata al suo adeguamento per la realizzazione del Centro Sociale polivalente per diversamente abili, attualmente localizzato in una sede non adeguata alle esigenze del centro. Il centro ha come finalità la partecipazione alle attività ludico-ricreative e di socializzazione e di animazione di diversamente abili, con bassa compromissione delle autonomie 46
funzionali. Gli interventi e le attività previste all’interno ed all’esterno del centro hanno l’obiettivo di contrastare l’isolamento e l’emarginazione sociale delle persone diversamente abili, di mantenere i livelli di autonomia della persona, di supportare la famiglia. All’interno del centro si svolgono le seguenti attività: attività educative indirizzate all’autonomia, attività di socializzazione e animazione, attività espressive, psico-motorie e ludiche, attività culturali e di formazione. Il progetto, in particolare, prevede la realizzazione di differenti tipologie di attività: - Attività socio – occupazionali quali organizzazioni di mostre e spettacoli; - Attività cognitive quali formazione ed educazione ambientale; - Laboratorio di informatica e di narrazione, - Attività riabilitative e terapeutiche quali il musicoterapia e arte terapia che, nei periodi estivi e primaverili, potrà essere svolta anche all’esterno. Inoltre si stanno realizzando attività che riguardano la riscoperta dei valori del lavoro nel mondo agricolo e delle sue produzioni e l’educazione alimentare: a tal fine il progetto ha previsto l’utilizzo anche delle aree esterne al centro per la realizzazione di attività specifiche quali ortoterapia, giardinaggio terapeutico, pet therapy.
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CONCLUSIONI E NUOVE PROSPETTIVE NELLA PROGRAMMAZIONE 2014 - 2020 L’agricoltura sociale non è un fenomeno di nicchia ma al contrario un approccio sostenibile utile a rivitalizzare le aree rurali offrendo una concreta possibilità di costruire un diverso ed innovativo sistema di welfare del tutto coerente con la strategia di Europa 2020, in particolare per quanto riguarda gli obiettivi relativi all’occupazione, all’innovazione ed all’inclusione sociale. Nella maggior parte dei Paesi europei si riscontrano due principali difficoltà, da un lato, la mancanza di connessione tra le diverse politiche che possono sostenere l’agricoltura sociale, dall’altro, la mancanza di un quadro giuridico comune. Il prossimo periodo di programmazione dei fondi strutturali 2014 – 2020, tra gli obiettivi espliciti annovera la lotta alla povertà, l’inclusione sociale e la diversificazione delle attività agricole e pertanto l’AS viene citata in più punti come uno degli strumenti idonei alla loro realizzazione. L’agricoltura sociale può infatti costituire un interessante caso di attivazione di quell’uso integrato dei diversi fondi (FESAR, Fse, Fesr) previsto dalle bozze di regolamento licenziate dalla Commissione. Il pacchetto legislativo relativo al 2014-2020 si propone infatti di dar vita ad un migliore coordinamento fra i vari fondi attraverso l’adozione da parte di ogni stato membro di un “Quadro Strategico Comune” (QSC) e di un “Contratto di partenariato” nel quale definire gli obiettivi dei diversi fondi e le modalità della loro interazione. L’approccio Leader è esteso a tutti i fondi in una visione “place based” dello sviluppo locale suggerendo agli stati membri di attivare pacchetti plurifondo nei quali possono certamente rientrare programmi di agricoltura sociale per il miglioramento dei servizi alla popolazione nelle aree rurali. Inoltre tra le novità della nuova programmazione c’è l’estensione dello strumento Leader a tutti i territori, non solo rurali, che può diventare un’opportunità importante per offrire servizi sociali nelle aree peri-urbane attraverso l’agricoltura. Fondi per l’Agricoltura Sociale saranno disponibili all’interno dei PSR per azioni di informazione, formazione, consulenza, investimenti in immobilizzazioni materiali, sviluppo delle aziende agricole e delle imprese. Il nuovo regolamento non avrà la suddivisione in Assi e sarà con un numero ridotto di misure che possono contribuire a diverse priorità e focus area di programmazione. Le misure “agricole” utilizzabili per l’Agricoltura Sociale basandosi anche sull’esperienza della programmazione pregressa potrebbero essere le seguenti: Articolo 14: Trasferimento di conoscenze e azioni di informazione,
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Articolo 15: Servizi di consulenza, di sostituzione e di assistenza alla gestione delle aziende agricole; Articolo 17: Investimenti in immobilizzazioni materiali; Articolo 19: Sviluppo delle aziende agricole e delle imprese; Articolo 20: Servizi di base e rinnovamento dei villaggi nelle zone rurale; Articolo 27: Costituzione di associazioni di produttori; Articolo 35: Cooperazione; Articolo 42/44: Metodo Leader. Altri fondi (FSE e FESR) potrebbero intervenire nelle aree rurali a favore dell’inclusione sociale, in particolare per l’inserimento lavorativo di fasce svantaggiate o a rischio emarginazione, con borse lavoro, tirocini, ecc., da svolgere presso aziende agricole o cooperative sociali agricole, ma anche per interventi a favore di giovani che gestiscono terreni confiscati alle mafie e/o terreni pubblici e altre iniziative per la crescita dell’occupazione. Le priorità di investimento del FSE si concentrano sul potenziamento delle reti infrastrutturali di servizi sanitari e sociosanitari territoriali per le non autosufficienze, sulla promozione di servizi di qualità per la prima infanzia e per i minori, sull’inserimento lavorativo e l’occupazione e sullo sviluppo di servizi integrativi innovativi, flessibili ed economicamente sostenibili. Tali risorse, dunque, offrono alle Regioni l’opportunità di programmare e attuare progetti di agricoltura sociale in risposta a bisogni locali di inserimento e creazione di occupazione. Ancor più che nell’attuale programmazione viene data particolare rilevanza alla diversificazione delle attività economiche nelle aree rurali, con lo scopo di creare opportunità di occupazione extra-agricola ai componenti delle famiglie rurali specialmente sul fronte dei servizi alle persone. In questo ambito si potrà intervenire con il FESR, soprattutto con “investimenti nell’infrastruttura sanitaria e sociale che contribuiscano allo sviluppo nazionale, regionale e locale, la riduzione delle disparità nelle condizioni sanitarie e il passaggio dai servizi istituzionali ai servizi locali.” Tra i diversi documenti prodotti a livello nazionale, è di particolare interesse il testo dell’Accordo di partenariato 2014-2020 per l'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei, redatto dal Dipartimento per le politiche di sviluppo e la coesione economica – DPS (Ministero dello Sviluppo Economico), ed adottato il 29 ottobre 2015 dalla Commissione Europea a chiusura del negoziato formale, in cui sono individuati i risultati attesi per gli obiettivi tematici fissati dal Regolamento comune, declinati in termini di obiettivi specifici, azioni e Fondo.
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Per quanto riguarda l’AS, il documento nel FEASR alla priorità 6 prevede "Adoperarsi per l'inclusione sociale, la riduzione della povertà e lo sviluppo economico nelle zone rurali" e fa riferimento all’AS in tre obiettivi tematici (OT). Nell’OT 3 (Promuovere la competitività delle piccole e medie imprese, il settore agricolo e il settore della Pesca e dell’acquacoltura) si prevedono azioni finalizzate all’aumento delle attività economiche, profit e non profit a contenuto sociale, e delle attività di agricoltura sociale, con l’impiego dei fondi FESR e FEASR. L’OT 8 (Promuovere l’occupazione sostenibile e di qualità e sostenere la mobilità dei lavoratori) sarà finalizzato all’inserimento lavorativo e all’occupazione dei soggetti svantaggiati e delle persone con disabilità e utilizzerà le risorse del FSE. L’OT 9 (Promuovere l’inclusione sociale e combattere la povertà e ogni forma di discriminazione), infine, prevede la promozione dell’imprenditorialità sociale e dell’integrazione professionale nelle imprese sociali e dell’economia sociale e solidale, al fine di facilitare l’accesso all’occupazione; il risultato di tali azioni, che utilizzeranno prevalentemente le risorse del FSE, dovrà essere l’aumento delle attività economiche (profit e non-profit) a contenuto sociale e delle attività di agricoltura sociale. La Commissione ha proposto che almeno il 20% delle risorse del FSE in ogni Stato membro vengano allocate all’Obiettivo Tematico 9 “Promuovere l’inclusione sociale e combattere la povertà”. Il “Social Investment Package” attribuisce il ruolo di fattore produttivo alle politiche sociali che rappresentano un investimento per promuovere un’efficace strategia di crescita e sviluppo ed un’opportunità reale per lo sviluppo delle aree rurali e urbane.
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