Grande cucina septiembre 2013

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/ gastrovagando / di cristina viggè

Succulenta Valencia Dalle clóchinas di mare alla paella sul fuoco, dalla chufa di terra alle stelle Michelin, la città spagnola si rivela in tutta la sua verace e vivace bontà

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V

alencia è un’arancia. Una di quelle appese agli alberi che si scorgono non appena l’aereo inizia il suo veloce avvicinarsi alla città. La terza di Spagna per numero di abitanti, dopo Madrid e Barcellona. Sì, Valencia è proprio un’arancia. Sferica, solare e succosa. Mediterranea e magnetica, sinuosa e seducente. Capace di celare sotto la sua profumata livrea un mondo polposo tutto da conoscere. Spicchio dopo spicchio. Per percepirne le sottili sfumature: eteree, materiche e liquide. In cui l’aura della storia si mescola con l’aria d’avanguardia; la realtà rurale

si intreccia con l’architettura contemporanea e l’acqua salata incontra quella dolce del fiume Turia. Il cui corso è stato deviato (per evitare esondazioni in piena city) e il cui vecchio letto è stato trasformato in un’area green tutta da ammirare pedalando. Grazie a una lunga pista ciclabile che attraversa l’urbe a ovest a est, dal mare fino al suo cuore più antico. Inanellando rigogliosi giardini e ben diciassette ponti, di epoche e look diversi: da quello medievale a quello floreale, sino a quello della Esposición, firmato dall’ingegnere-architetto valenciano Santiago Calatrava.

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/ gastrovagando / a cura di cristina viggè

Lo stesso che ha progettato la Ciudad de las Artes y las Ciencias, i cui edifici organico-futuristici contemplano l’Hemisfèric (per osservare le galassie in 3D), il Palau de les Arts Reina Sofía (splendido teatro d’opera), l’Umbracle (da vivere by night), il Museo de las Ciencias Príncipe Felipe (“dov’è proibito non toccare, non sentire e non pensare”), l’Ágora (location multidisciplinare dedicata agli eventi), nonché lo spettacolare Oceanogràfic, il più grande acquario d’Europa, in grado di ricreare i principali ecosistemi marini del Pianeta, ospitando 45mila esseri viventi, appartenenti a 500 specie differenti. Da una specifica pianta diffusa nella piana valenciana (specialmente ad Alboraya) viene invece la chufa (molto simile a una nocciola schiacciata ma dal sapore ammandorlato), pronta a dar vita all’horchata (orxata in idioma locale), sorta di latte veg alquanto nutriente, in cui intingere soffici fartons. Da assaporare a El Siglo, storica horchatería in pieno centro. Giusto per ricaricare le energie e ripartire alla scoperta delle bellezze cittadine. Zigzagando fra vicoletti e ammalianti piazze. Come Plaza de la Virgen (uno dei luoghi simbolo della festa primaverile delle Fallas), sulla quale si affaccia la Cattedrale, le cui tre porte onorano gli stili romanico, gotico e barocco. E come Plaza Redonda,

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non lontano da La Lonja de Mercaderes, dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità e un tempo sede del commercio, in particolare della seta. Si vendono e si acquistano invece beni teneri e sabrosi al vicino Mercado Central, la cui struttura, risalente ai primi del Novecento, cela un universo aromatico e odoroso. E nasconde pure il Central Bar by Ricard Camarena, lo chef valenciano che qui propone delizie a chilometro zero in un “chiosco” chic. Rivestito di mattonelle in ceramica, posizionate sia dalla parte lucida, nera e vetrificata sia da quella più grezza, in pura terracotta. A ricordare le semplici origini dei prodotti utilizzati. Uno spazio “scapigliato” che ha pure un fratello “canaglia”: il Canalla Bistro, pensato per offrire cibi vagabondi per el mundo, fra cassette d’arance riconvertite in sedie, tavoli e arredi. Un luogo eclettico, a cui si aggiunge il terzo “figlio” camareniano: lo stellato ristorante che porta il suo stesso nome. Dove il talentuoso Ricard serve il celebre arroz Margherita, proposto anche in occasione di una manifestazione quale la Cuina Oberta Restaurant Week (la cui ottava edizione è andata in scena lo scorso giugno). In pratica? Una rilettura della nota pizza Made in Italy, rielaborata in chiave risottata con tanto di pomodoro (in pezzi, in polvere e in purea), pesto di basilico,


quaeso de Almedíjar grattugiato e, naturalmente, riso. Quello che nasce fra le risaie del Parco Naturale dell’Albufera, zona umida (di oltre 21mila ettari) a breve distanza da Valencia, in cui spicca un vasto lago. Da percorrere a bordo dell’albuferenc, la tipica imbarcazione dei pescatori del villaggio de El Palmar. Un’oasi verdeggiante quella dell’Albufera: un tempo, reale riserva di caccia e pesca; oggi, patrimonio aperto ad appassionati escursionisti; da sempre, terra natìa della paella valenciana. A base di arroz (di tipologia Bomba), carni e verdure. Ossia, pollo, coniglio, anatra, lumache, taccole e garrofón

(maxi fagiolo bianco). Preparata alla perfezione da cuoco Luis García di Casa Carmela. Che la cucina sul fuoco, alimentato da legno d’arancio, e la presenta fra tovagliati bianchi e azzurri e un trionfo di radiose ceramiche. Un ristorante affascinante, dove ordinare pure fideuá di pesce, telline ed esgarraet de pimiento, bacalao e mojama (filetti di tonno essiccati e pressati). Del resto, qui si è a due passi dalla spiaggia di Malvarrosa e dal mare. Dove si allevano anche le autoctone clóchinas, cozze valenciane “coltivate” sulle caratteristiche bateas, ondeggianti piattaforme come quelle siglate Clovamar.

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Ed è proprio la classica clóchina una delle protagoniste dell’aperitivo di benvenuto al Vertical: una stella Michelin che brilla nel cielo valenciano. Nel vero senso della parola. Merito della strategica posizione: all’ultimo piano del Confortel Aqua, con vetrate mozzafiato su tutta la ciudad. Mentre al tavolo arrivano pietanze la cui qualità punta molto in alto. A griffarle? Jorge de Andrés, saggio interprete di una cucina mediterranea ancorata alla tradizione ma in volo continuo verso l’innovazione, “Perché la gastronomia è la sublimazione della cucina popolare”, afferma Jorge. Che, intanto, mette a punto buñuelos de bacalao con emulsion de all i oli (ideali con un buon Cava); mojete con atún marinado, quaeso en escabeche y olivas negras esferificadas (rielaborazione ittica dell’insalata campestre); e yema de huevo trufada con ajoarriero ahumado y vieiras (rivisitazione tartufata e affumicata dell’uovo, incoronato dalle capesante). E ancora, costilla de ternera (cotta per 12 ore a 70°) con micro-vegetales ecológicos salteados, nonché arroz amb bledes, variazione umil-raffinata di una zuppa contadina in cui le bietole si fanno succosa crema (per mantecare il riso) e cialda (per un tocco croccante). E in abbinamento? Il vino tinto Mestizaje della Bodega Mustiguillo, in cui ben emerge il vitigno Bobal. Una curiosità: Jorge è fratello di Xavier e di Cristina, titolari de La Sucursal, altra insegna stellata della città (la quarta è il Riff). Un poker d’assi a cui va aggiunto un fuo-

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riclasse quale Víctor Rodrigo, trentenne cocinero-alchimista del Samsha. Che se ancor non è stato accarezzato dall’astro Michelin, è indubbiamente illuminato da idee geniali. In grado di solleticare i sensi, stimolati da un ambiente fluoopalescente quasi onirico e da un menù degustazione in cui la realtà gioca con l’apparenza, in un continuo calembour gourmet. Ecco allora il falso pimiento del piquillo relleno de cebolla crujiente, berenjena, salvia e aceituna negra con salsa de huitlacoche (funghi messicani): cono aranciato che ha la forma del peperone ma peperone non è. Così come la ciliegia c’è ma non si vede nel lomo


de atún come foie entre crujientes de cereza, salsa de cereza y sus huesos comestibles: gelato di tonno che pare foie gras, stretto fra due cialde alla ciliegia, di cui non resta che il nocciolo. Di ciliegia disidratata. Una cucina cerebrale quella di Víctor, che non manca di stupire con panini mignon pensati ad hoc per ogni piatto. Persino per il dolce: el volcán en erupción con tierra de cafè y chocolate, torrija de ron y lava de mango. Un immaginifico vulcano goloso, a cui seguono fragranti cookies, sticks al cocco e gin tonic in provetta. Gli stessi che, in versione salata, fanno da apripista alla cena. In una

visione circolare dall’ars coquinaria. E le tapas? Come potrebbero mancare? Tradizionali più che mai a Casa Montaña. Che, fra legno scuro, tavoloni e sgabelli, stilla Vermut direttamente dal barile, serve vino Virgulilla e offre tipiche tapas del barrio in cui risiede: el Cabanyal. Della serie, fave stufate, tonno marinato alle sette spezie, brandada de bacalao, peperone rosso ripieno, calamar de playa a la plancha e appetitose patatas bravas de secano, corredate da due salse, piccante e all’aglio. Mentre a dare una ventata di freschezza è l’insalatina di pomodoro raf. Lo stesso che va ad aromatizzare uno dei ricercati extravergini

vergati Oleum Vitae, prodotti a Catarroja (nella Comunidad Valenciana) e realizzati in multigusto: all’arancia e zafferano, allo zenzero, al caffè, al cioccolato, alla melagrana e all’erba cipollina. Dove trovarli? Sia sulle mensole de Las Delicias, linda casa-tienda di Mónica Pinoñes (in plaza San Nicolàs), sia sui tavolini della giovane e dinamica Tapería Hispania. Tappa ideale per spizzicar leccornie moderne, come boquerónes (alici) con aceite de wasabi; paella in taglia small e morcilla (sorta di sanguinaccio) de Burgos con mermelada de tomate. Che el cocinero Salvador Furió, nel suo ristorante A Tu Gusto, affianca al formaggio di capra alla plancia con acciughe del Cantabrico. Dando forma a una delle mirabilia in menù, capace di recitare pure salpicón de marisco, coca (pizza sottilissima) alle verdure, empanadillas con cipolla caramellata e tonno, e salmorejo di Cordoba con uovo e jamón de bellota (da acquistare, volendo, alla boutique Las Añadas de España). Senza dimenticare di provare la sandia (anguria) alla griglia con pomodori, pinoli, semi di girasole e olio al basilico. Per un’emozione culinaria a un centinaio di metri dall’hotel NH Las Artes. Da scegliere, in primis, perché vicino alla Città delle Arti e delle Scienze (e alle principali fermate dei bus), poi, per la ricca prima colazione, ritmata da tapas, tortillas, churros, bollería (pasticceria tipica) e, naturalmente, naranjas. g www.turisvalencia.es

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