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Federazione Italiana Dottori in Agraria e Forestali
Associazione Romana Dottori in Agraria e Forestali
Agronomi protagonisti
sede FIDAF
Giornata di commemorazione Relazioni, interventi e testimonianze Roma, 6 maggio 2009
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Federazione Italiana Dottori in Agraria e Forestali
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Agronomi protagonisti
Giornata di commemorazione Relazioni, interventi e testimonianze Roma, 6 maggio 2009 -I-
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Indice: Introduzione Luigi Rossi………………………………………………………………... pag. 7
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www.fidaf.it - fidaf@tin.it
www.ardaf.it - ardaf2008@gmail.com
Relazioni Carlo Aiello………………………………………………………………. pag. 11 L’agricoltura italiana tra la seconda metà del Novecento e le sfide degli anni 2000
Via Livenza, 6 - 00198 Roma tel. 06.841.60.36 - 06.890.87.583 - fax 06.884.59.60
Giulio Leone……………………………………………………................. pag. 19 Ricordo di Francesco Curato Silvano Marsella………………………………………………………….. pag. 23 Gli Agronomi vicini alla Federazione
Interventi Nino Novacco……………………………………………………………… pag. 31 Francesco: un tecnico con sensibilità politica Franco Chirico…………………………………………………………… pag. 35 Un grande manager Emanuele Davia………………………………………………………….. pag. 37 Francesco Curato, l’Amministratore delegato di Bonifica Spa Vincenzo Pilo…………………………………………………………… Uno spirito che li animò, l’alto senso dello Stato
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Francesco Menafra………………………………………………………...pag. 47 La memoria del passato linfa per il futuro
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“Senza memoria il progetto sarebbe utopia, senza progetto la memoria sarebbe rimpianto, senza coscienza dell’ora presente, memoria e progetto sarebbero evasione, vuoto esercizio della ragione�
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Agronomi protagonisti
Introduzione
Raccogliendo gli inviti di molti Colleghi e secondo una condivisa tradizione, la FIDAF e l’Associazione Romana hanno organizzato questo incontro, per la commemorazione di Francesco Curato e per ricordare altri Colleghi, che, con la loro attività professionale, hanno offerto un prezioso, non ordinario contributo al progresso dell’agricoltura e della società e hanno onorato con il pensiero e con le opere la Laurea in Scienze Agrarie o in Scienze Forestali. Accanto a Francesco Curato, saranno ricordate altre straordinarie figure, che con dedizione hanno ricoperto cariche nella FIDAF e si sono particolarmente distinte nei vari settori che contraddistinguono l’agricoltura italiana. Rivolgiamo un caro saluto ai loro famigliari presenti, ai numerosi Colleghi intervenuti, in particolare ai Presidenti di Associazioni e ai Consiglieri Nazionali i quali, dopo l’Assemblea di questa mattina, hanno voluto fermarsi per partecipare a questo incontro. Abbiamo invitato a portare il loro contributo personale Carlo Aiello, Giulio Leone, Silvano Marsella, Nino Novacco, Franco Chirico, Emanuele Davia, Vincenzo Pilo e Franceso Menafra; li ringrazio per aver accettato prontamente e con commozione l’invito. Per meglio comprendere le condizioni in cui hanno operato i nostri indimenticati Colleghi bisogna ricordare che l’agricoltura – per molti secoli, fino ai primi decenni del ‘900 – non aveva registrato mutamenti di rilievo; mentre trasformazioni radicali, peraltro non ancora conclusesi – caratterizzate da innovazioni agronomiche, genetiche, chimiche, meccaniche, ossia da un approccio technology intensive – hanno favorito, negli ultimi 80-90 anni, balzi produttivi straordinari, nonché miglioramenti economici, civili e sociali assai notevoli. All’inizio del secolo scorso l’agricoltura rappresentava l’attività fondamentale dell’economia italiana e i Laureati in Agraria, impegnati anche nelle bonifiche, nei piani di utilizzazione irrigua delle acque e nei connessi miglioramenti fondiari, erano e si sentivano protagonisti dello sviluppo delle condizioni di vita e di lavoro delle popolazioni. -7-
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Agronomi protagonisti
Introduzione
Agronomi protagonisti
Introduzione
Sono cambiati anche i consumatori: allora l’incidenza della spesa per i consumi alimentari sul reddito pro-capite era superiore al 50% mentre ora è poco più del 10%; allora il consumo medio era di 2600 calorie rispetto alle circa 4000 attuali con una percentuale di proteine animali triplicata: si è passati, in sostanza, dal bisogno di sfamarsi all’esigenza di adottare corretti stili alimentari e di vita. Ora si scopre una nuova centralità nell’agricoltura intesa come sistema: produzione, trasformazione, logistica, distribuzione, interconnessione con l’ambiente. Questa nuova centralità del sistema e la sua sostenibilità non possono prescindere da un approccio knowledge intensive; dall’applicazione cioè, sapiente e integrata delle conoscenze afferenti la produttività, l’agro-ecosistema e le sue deboli capacità auto-regolative, il territorio, le risorse energetiche, la logistica, il mercato e le problematiche sociali. L’agricoltura continua ad essere l’attività primaria; non più settore, ma sistema complesso che produce alimenti, legno, fibre tessili, materie prime per l’industria e l’energia, ambiente, cultura, salute e servizi per il cittadino. La centralità non è più nella sola produzione agricola, bensì nell’agricoltura intesa come sistema: produzione, trasformazione, logistica, distribuzione, interconnessione con le risorse naturali, servizi per i cittadini. L’agro-alimentare, in cui le interazioni tra cibo, ambiente e progresso scientifico assumono un particolare rilievo e su cui elevata è l’attenzione del cittadino, diventa addirittura una espressione tipica delle problematiche dello sviluppo della società moderna, che tende sempre più verso una maggiore complessità, e degli aspetti della scienza e della tecnologia che sempre più si integrano con i fattori culturali, sociali, ecologici ed economici. Il ruolo del laureato delle Facoltà di Agraria va ripensato alla luce di questa nuova realtà. Esso continua ad essere cruciale nella ricerca e nell’innovazione tecnologica, si estende nella multifunzionalità dell’agricoltura e rimane centrale sui grandi temi della produzione agricola, della competitività e della sostenibilità. Se oggi è improponibile la figura dell’agronomo generalista, si pone tuttavia l’esigenza di coglierne la specificità dell’approccio sistemico e integrato sui temi delle diverse filiere, della qualità/tracciabilità, della gestione
delle risorse acqua, suolo, e biodiversità, e nel supporto tecnico scientifico alle politiche e ai grandi progetti di sviluppo rurale. Il ricordo di Francesco Curato, Vittorio Ciarrocca, Vincenzo Schiavone Panni e degli altri Colleghi commemorati, nonché quello dell’apporto da Essi offerto per l’acquisizione delle nuove consapevolezze, aiuta sicuramente la nostra Categoria e la nostra Organizzazione a dare ulteriori contributi - puntuali e concreti - per la multiforme crescita del settore primario e di quelli con i quali essa è sempre più intimamente connessa.
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Luigi Rossi Presidente FIDAF
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L’agricoltura italiana tra la seconda metà del Novecento e le sfide degli anni 2000 Carlo Aiello
Le vicende politiche ed economiche che hanno contraddistinto in questo periodo, la storia del nostro Paese hanno imposto all’agricoltura radicali cambiamenti di strutture e di ruoli che costituiscono altrettante fasi del suo processo evolutivo. Ripercorrere, sia pure in sintesi, questo processo ci porta a ricostruire implicitamente la memoria storica degli accadimenti di questo sessantennio, ma soprattutto delle sfide che, al settore agricolo, sono pervenute da cambiamenti del contesto politico ed economico italiano ed europeo, e delle conseguenti risposte che ne sono derivate, e dell’impegno profuso dagli imprenditori agricoli e dai colleghi tecnici in questo periodo: alcuni, purtroppo, non sono più fra noi (questa sera saranno degnamente ricordati), altri sono qui presenti, alcuni hanno lasciato la presenza attiva nella professione, altri, e sono la maggioranza, conducono con onore la battaglia quotidiana a tutti i livelli per la prosperità del mondo agricolo e per la efficienza del sistema agroalimentare nella più ampia accezione del termine. L’agricoltura in questo sessantennio ha percorso un cammino che può essere sintetizzato in quattro fasi: 1) gli anni ‘50 e ‘60, un ventennio che potremo definire dell’eroico “impegno produttivo”. Dalla ricostruzione postbellica delle infrastrutture e dell’apparato produttivo, quasi senza soluzione di continuità, si guadagnarono, sotto la pressione della domanda di alimenti, traguardi di crescita produttiva annua sorprendenti (2-2,5%) pur in presenza di un esodo agricolo e rurale che nel secondo decennio sfiorò il 3%, con il risultato, in termini di produttività, di un progresso del +5-6% per anno. Vi concorsero i consistenti stimoli dei contributi di spesa pubblica, la Riforma agraria, la Cassa per il Mezzogiorno, l’azione di bonifica e irrigazione compiuta dai Consorzi. Furono quegli anni caratterizzati da un grande impegno di illustri - 11 -
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colleghi agronomi che furono i veri protagonisti di quel ventennio. E tutto ciò avveniva mentre l’entrata dell’Italia nell’Europa (1957) costituiva, proprio per l’agricoltura, un’imponente sfida in termini di liberalizzazione degli scambi infracomunitari (gli abbattimenti di dazi e tariffe avvennero in un tempo ben più breve del decennio previsto dal Trattato). Il progresso tecnologico nelle campagne e la meccanizzazione agricola fecero il resto. La regolamentazione dei mercati e la conseguente stabilizzazione di prezzi e redditi ci portò alle soglie degli anni ‘70 ad eccedenze produttive, nelle produzioni continentali, prima impensabili, mentre la preferenza comunitaria delle produzioni mediterranee ci offrì opportunità innegabili, ma inferiori alle attese. Arrivammo alle soglie degli anni ’70 con un apparato produttivo cresciuto in termini quantitativi, stimolato dalle garanzie comunitarie ma con strutture produttive deboli in termini competitivi. 2)
Il ventennio degli anni 70-80 iniziò con la riflessione Mansholtiana sulla PAC. Le tre direttive strutturali (del 1972), scaturite da una severa critica degli strumenti di garanzia (le costose eccedenze ne erano il risultato evidente) instaurarono un regime di stimoli alle modifiche strutturali (ampiezza ed efficienza dei modelli produttivi), all’esodo agricolo, e alla qualificazione della imprenditoria agricola (contabilità agraria, formazione ed assistenza). Questa nuova filosofia della politica strutturale, ed il parallelo affievolirsi delle garanzie comunitarie imposero all’agricoltura italiana una sfida di rinnovamento radicale delle sue strutture, sollecitata dall’allargamento della Comunità da 6 a 9 e quindi da 9 a 12 con l’ingresso dei paesi mediterranei. I comparti produttivi che ebbero più radicali cambiamenti furono (a seguito anche degli aiuti e delle regole strutturali della UE) la vitivinicoltura, l’olivicoltura, l’agrumicoltura, la zootecnia da carne e da latte (quest’ultima costretta nelle quote), il ritorno delle terre marginali all’utilizzo silvo-pastorale. Si assistette nel giro di 10-15 anni ad una diversificazione degli indirizzi produttivi e delle tipologie territoriali dell’agricoltura italiana: - 12 -
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la intensificazione produttiva (dove possibile, con forti input di capitali) la specializzazione produttiva delle aree con chiara vocazione produttiva e la estensivizzazione dei modelli produttivi nelle aree più marginali, divenute tali con il ridursi delle garanzie dei prezzi. Il ruolo dei tecnici in questo periodo fu eccezionalmente qualificato: le colture protette, gli allevamenti interessati, le riconversioni dell’arboricoltura ed il suo ridimensionamento si attuò in parallelo con lo sviluppo di produzioni di qualità. Nel frattempo l’apparato istituzionale che presiedeva alla attuazione della politica agraria cambiava sede, essendo trasferite gran parte delle funzioni alle Regioni. Il rapporto fra agricoltura e industria alimentare cambiò i suoi connotati: ad un rapporto contrattuale si veniva sostituendo un legame di integrazione verticale fra fase primaria e fase secondaria che esaltava l’efficienza economica e funzionale del ciclo (in campo zootecnico, zuccheriero, dell’ortofrutta industriale, del lattiero-caseario e così via), per effetto anche dello stimolo di incentivi strutturali comunitari e di un radicale e diffuso processo di ammodernamento delle strutture di lavorazione e valorizzazione dei prodotti. I tecnici agronomi con la loro professionalità hanno gestito questo processo con rinnovato impegno e lungimiranza, garantendo la necessaria visione di sintesi dei processi nei campi e nelle fabbriche. Le specializzazioni necessarie della professione dell’agronomo non sono mancate per garantire la interdisciplinarità; la formazione universitaria delle nuove leve (con una proliferazione di materie e corsi forse anche eccessiva) ha, solo in un secondo tempo, adeguato le sue strutture formative. Negli anni 70-80 l’agricoltura italiana, mentre mutava radicalmente il suo apparato produttivo, ha dovuto subire gli shock petroliferi del 73 e del 78 e negli anni 80, lo shock di una spirale inflazionistica senza eguali dal dopoguerra. La ragione di scambio dell’agricoltura e gli altri settori risultò fortemente indebolita per la diversa dinamica di prezzi e costi: le produzioni più consumatrici di energia come i cereali, le leguminose, le colture protette e gli allevamenti intensivi (con uso di - 13 -
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mangimi) risultarono penalizzate, così come l’impiego di fertilizzanti, diserbanti, e pesticidi, trovò ostacoli nei rapporti fra costi e rendimenti marginali. Ma l’inflazione mordeva i nostri prezzi reali più di quanto le svalutazioni compensative, concesse da Bruxelles consentissero di recuperare nei prezzi i devastanti danni della lievitazione dei costi. Furono anni di sofferenza per l’agricoltura più tecnologicamente impegnata.
internazionale che ci ha fatto male fino ai primi anni 2000. La contrazione del peso relativo del comparto nella composizione del reddito, in Italia come nei paesi europei nostri partner, è stata inesorabile così come la consistenza degli addetti occupati in agricoltura, si è velocemente ridimensionata, con la perdita più di giovani che di anziani. 4)
3)
Gli anni ‘90 si aprirono con due importanti eventi: la crisi monetaria del ’92 seguita da svalutazioni frequenti e devastanti, il trattato di Maastricht e la riforma della PAC. La marcia verso la moneta unica imponeva un regime più trasparente dei prezzi e dei redditi garantiti dalla PAC ed una stabilizzazione degli stessi. L’agricoltura non si può costruire senza cer tezze: la roulette dei prezzi non si addiceva più alle scelte imprenditoriali di un comparto come quello agricolo, già gravato dalle incognite climatiche e dai rischi insiti dei processi biologici che solo in parte la tecnologia controlla. La riforma della PAC mutò radicalmente il corso e la filosofia della Comunità in campo agricolo: sostituzione delle garanzie di mercato con una qualificata e mirata politica di meccanismi di sostegno diretto al reddito (aiuti ai seminativi, ed ai capi di bestiame allevati) e di incentivi in favore di imprese impegnate nell’ammodernamento strutturale, finalizzato alla competitività (obiettivo diverso da quello dei redditi comparabili). La prospettiva di allargamento della Comunità e la liberalizzazione degli scambi a livello mondiale non avrebbe offerto più solide difese alla nostra agricoltura. La sfida si presentava così severa che pochi fra economisti e tecnici ad ogni livello, pensarono fosse possibile farvi fronte se non ridimensionando il nostro apparato produttivo dopo radicali modifiche, o, peggio, vedendo crescere lo squilibrio della nostra bilancia agroalimentare. Così non è stato. La selezione naturale delle imprese è stata dura, e la crescita reale delle produzioni negli anni 90 ha avuto non pochi sbandamenti dovuti in gran parte alla riduzione dei prezzi sul mercato - 14 -
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Ci siamo affacciati agli anni 2000 con un quadro ben diverso di cui i caratteri essenziali possono essere così sintetizzati:
➣ La utilizzazione del territorio agricolo riguarda ormai poco meno della metà (48,8%) della superficie totale del Paese: le coltivazioni agricole sono costituite per il 27,2% da cereali, per il 3,8% da colture industriali e per il 23% circa da ortaggi, frutti, olivo e viti; pascoli ed erbai occupano il restante 40%. Su questo ristretto spazio (400 abitanti ogni 100 ettari), si produce un PIL agricolo (ai prezzi di base) di 28 miliardi di euro (pari al 2%) a cui se ne aggiungono altrettanti (25 miliardi) nel settore secondario della industria agroalimentare nazionale. L’intero sistema agroalimentare impegna, in termini di unità lavorativa, tra attività primaria e secondaria, 1,7 milioni di addetti, e in particolare 1250 mila nella prima e 450 mila nella seconda. Il sistema è fortemente ormai integrato; ➣ Negli ultimi otto anni, dal 2000 in poi, questi parametri si sono pressoché stabilizzati, in quanto le variazioni da un anno all’altro subiscono gli effetti degli andamenti climatici (2003/4) e delle oscillazioni dei prezzi nei mercati internazionali (2007/08), ma il trend di lungo periodo non cambia; ➣ La crescita, in termini reali delle produzioni controbilancia, con il progresso tecnologico e la selezione delle imprese, l’inesorabile riduzione delle superfici investite e dei capi allevati; in termini economici i maggiori valori unitari dei prodotti esportati (è il caso dei vini, degli oli, dell’ortofrutta fuori stagione, oltre che dei prodotti di eccellenza della nostra - 15 -
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industria alimentare) sopperiscono ai minori flussi quantitativi dell’export. ➣ L’interscambio agro-alimentare permane negativo (31,1 miliardi di import contro 23,7 di export) con un saldo nel complesso della intera bilancia pari a –13,9% compreso tra il –5,7%, nel comparto dell’industria alimentare e il –35,1% nel settore dei prodotti primari, tra i quali, va detto, figurano per il 30% le materie prime per la mangimistica, i prodotti dell’allevamento (carne e latte) cereali e frutta destinati all’industria alimentare che poi ne riesporta ampiamente il loro valore. Gli indicatori della nostra bilancia dicono che il grado di auto approvvigionamento è pari a 90,1 ma ci avvertono anche che importiamo il 40% di ciò che consumiamo ed esportiamo il 33,4% di ciò che produciamo. Dunque siamo in una economia aperta ed abbiamo saputo cogliere le opportunità e alzare il tiro del nostro export in qualità e valori. ➣ Una economia aperta che ha imposto un grande processo di miglioramento della qualità: basti pensare ai grani duri (per le paste alimentari) alla mangimistica e al suo razionale impiego, agli sforzi di un più razionale impiego dei fertilizzanti e degli antiparassitari, all’agricoltura biologica, ai progressi della frutticoltura, alla viticoltura ed enologia di alta qualità, alla olivicoltura, alla produzione di formaggi tipici e soprattutto alla tutela di produzioni che hanno costituito e tuttora costituiscono il cavallo vincente delle nostre produzioni alimentari del made in Italy. Riconoscere il merito dei tecnici e degli specialisti di ogni ramo è quantomeno doveroso e ineludibile. Certo, i redditi delle imprese agricole sono e restano modesti e spesso aleatori. Il che giustifica la scarsa propensione ad investire e ad indebitarsi degli agricoltori, i quali operano ormai nel credito con tassi e strumenti ordinari. Sul totale degli investimenti lordi l’agricoltura realizza statisticamente il 3,8% con un investimento per addetti di 7.900 - 16 -
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euro contro 11000 dell’industria. Ma essendo elevato lo stock di capitale del comparto gran parte di quel 3,8% è costituito da rinnovi e ammortamenti in un incessante processo di aggiornamento. Basti pensare alla meccanizzazione, all’irrigazione, al rinnovo degli impianti arborei. Il 38% del valore prodotto è assorbito da beni intermedi acquistati da altri settori, per cui ogni crisi di prezzi (come è avvenuto nel 2008 per l’energia o per le materie prime) finisce per falcidiare i redditi netti degli agricoltori e indebolirne la ragione di scambio. In conclusione, l’agricoltura degli anni 2000 è un’agricoltura ancora vitale, aperta sul mercato dei prodotti e dei beni strumentali, soggetta a forti e crescenti pressioni di competitività, fortemente integrata con l’industria alimentare (con cui fa sistema), ma in perenne conflitto di incomunicabilità con il mercato del consumo, per la permanenza di barriere speculative che si interpongono fra offerta primaria e domanda finale e per la vischiosità dei prezzi all’origine rispetto alla volatilità dei prezzi al consumo. Ma anche in questo campo le forme di aggregazione dell’offerta e il rapporto con le catene della grande distribuzione, oltre a mercati di nicchia, sono campi di potenziale progresso se si attenuerà il conflitto esistente. I tecnici specialisti hanno molto da dire e da fare. Per concludere, l’attività agricola sempre più si diversifica tra tre realtà: l’agricoltura di mercato, l’agricoltura di qualità e l’agricoltura residenziale. La prima persegue a fatica una incessante rincorsa della competitività attraverso innovazioni di prodotti e di processo che le impone di regolare gli input (di capitali, lavoro e tecnologia) entro gli stretti vincoli del rapporto fra costi e ricavi marginali. La instabilità dei prezzi e dei redditi e il suo perenne incubo: tecnici e imprenditori devono in questo dimostrare il massimo della loro professionalità. - 17 -
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La seconda è il frutto di un lavoro costante di recupero e tutela della biodiversità attraverso adeguate tecnologie e tradizioni, ma soprattutto di valorizzazione mercantile dei prodotti finiti. E’ inutile dire che lo spazio potenziale che queste attività offrono, fanno intravedere, a chi le sa cogliere, opportunità fino a qualche anno fa impensabili specie per i giovani (si pensi ai vini, agli oli, alle produzioni biologiche, alla produzioni zootecniche, alle colture protette). La terza realtà è quanto mai composita perché conferisce alle popolazioni residenti in aree rurali, sul supporto dell’agricoltura estensiva, la multifunzionaltà delle imprese agricole (con occasioni di consistenti integrazioni di reddito e occupazione), la residenzialità in aree non urbanizzate di uomini e attività produttive che la mobilità ha affrancato dagli angusti modelli di vita urbani, e infine conferisce all’agricoltura il prezioso ruolo di tutela e conservazione dell’ambiente sul paesaggio agrario italiano. Il vasto mondo degli imprenditori e dei tecnici sta dando prova di sensibilità e di capacità di intrapresa che vanno utilmente conosciute, sostenute e incentivate. Tre realtà diverse che presuppongono altrettante terapie diverse di politica agraria. Gli strumenti creditizi e fiscali sono le vie obbligate per assecondare i processi in atto, senza per questo incorrere nel rigorismo dei divieti comunitari, anzi cogliendo le opportunità che la UE ci offre con le politiche strutturali.
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Ricordo di Francesco Curato Giulio Leone
Questa commemorazione, prescelta d’intesa con i dirigenti della Federazione e della Associazione romana Dottori in Scienze Agrarie e Forestali, vuole essere una indicazione ed un esempio di una attività, talora poliedrica, di un collega scomparso in tarda età lo scorso anno: lo scritto è dedicato a quanti come lui hanno perseguito e perseguono tuttora, in Italia e all’estero, il progresso dell’agricoltura, l’assetto del territorio e l’evoluzione della civiltà rurale con impegno e con risultati manifesti. Conobbi Francesco Curato nella Facoltà di Agraria di Portici tra gli anni ’32-’33, in un corso più avanzato del mio. Di lui sin da allora può dirsi che era “figlio d’arte”. Il padre, infatti, ingegnere, oltre a dedicarsi alla attenta cura della proprietà terriera familiare, aveva promosso ed attuato la fusione di piccoli consorzi di difesa idraulica della Capitanata nel grande e articolato Consorzio Generale di Bonifica, il più esteso del nostro Paese con i suoi oltre 400.000 ettari, con sede a Foggia. La precoce scomparsa del padre impose a Francesco di assumerne tutte le funzioni, appena laureato nel ’34. Tra l’ultimo quinquennio degli anni ’30 ed il successivo decennio ’40-’50 condusse l’azienda agricola familiare, apportandovi, con l’ausilio di personale locale, molti miglioramenti; nello stesso periodo, nel quale bisogna ricordare la costituzione (1947) dell’Ente di Irrigazione Puglia – Lucania - Irpinia, presieduto da Ramadoro e diretto da Scardaccione, Francesco fu sempre accanto ai colleghi e prese parte a convegni e seminari in Puglia e in altri centri nazionali, portandovi le proprie esperienze ed ampliando il campo delle prospettive conseguibili. Fu perciò che quando Ramadoro, chiamato a formare ed a dirigere il Servizio Bonifiche e Miglioramenti Fondiari della appena costituita Cassa per il Mezzogiorno, preferì rientrare alla Presidenza dell’Ente Irrigazione, credo, che per sua designazione Francesco Curato fu chiamato a sostituirlo nella nascente organizzazione. Francesco si trasferì allora a Roma dalla sua Lucera, sede della - 19 -
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Giulio Leone
famiglia paterna e antica fortezza dei Sanniti che – si racconta – vi custodirono i cavalieri romani sconfitti alle Forche Caudine. Il compito era ingente, poiché il programma straordinario dava la prevalenza all’assetto idraulico del territorio, disastrato dalle alluvioni, destinandovi la maggioranza delle risorse finanziarie disponibili. Le bonifiche ebbero, quindi, una priorità e con esse, un piano di utilizzazione irrigua delle acque, parallelo a quello - altrettanto importante degli acquedotti potabili; entrambi dovevano procedere dalle fonti di origine o da quelle di accumulo delle acque invernali, acquisibili da serbatoi lungo i corsi d’acqua sbarrati da dighe. Nel Mezzogiorno e nelle due isole ne sono state costruite, nel periodo attivo della “Cassa”, 62, con una capacità complessiva di circa 3 miliardi e mezzo di metri cubi pari, secondo i dati della Conferenza Nazionale delle Acque (1960-1980) voluta dal Senato ed attuata sotto la presidenza di Giuseppe Medici, ad oltre il terzo delle disponibilità del Mezzogiorno e delle isole, stimata in 9 miliardi di metri cubi. L’opera di Francesco Curato presso la “Cassa”, emblematica per la sua concretezza territoriale e per il seguito che ebbe nei 25 anni successivi, sotto la presidenza di Gabriele Pescatore, si caratterizzò per un ampio iniziale intervento nell’assetto idraulico delle pianure, mediante canalizzazioni, impianti di sollevamento delle acque meteoriche (idrovore) oltre che di difesa, nonché sistemazione di foci sul mare. Ampia azione fu dedicata ai miglioramenti fondiari resi possibili dalle dette esecuzioni degli interventi pubblici e sui quali vi fu una feconda, attenta e scrupolosa attività degli allora Ispettorati Compartimentali dell’Agricoltura. Una originale innovazione ebbero le iniziative irrigue, grazie alla introduzione delle “canalette” in cemento armato precompresso, già in uso nel Basso Rodano (Francia) e nei protettorati francesi del Maghreb (Algeria e Marocco). Diffusa entità ebbero le sistemazioni idrauliche e i rimboschimenti montani, concentrati soprattutto a monte dei previsti bacini artificiali. Nel 1954 Curato, insofferente forse ad una benché minima regolamentazione amministrativa e gerarchica, lasciò la “Cassa” ed alcun tempo
dopo costituì, con l’aiuto di altri tecnici, la O.T.I. (Organizzazione Tecnica Internazionale) con sede in Roma e con programmi rivolti agli sviluppi territoriali in Italia e all’estero. Si dette assistenza ad organismi agricoli italiani, particolarmente a Consorzi di Bonifica, e si assunsero la promozione e l’ausilio tecnico ad iniziative di avanzamento economico territoriali - quasi tutti conseguenti ad opere idrauliche, in Africa del Nord ed in America Latina - talora assieme a grandi gruppi di costruzioni. Nel 1958 il felice incontro con Aurelio Peccei, autore de “I limiti dello sviluppo” e fondatore del Club di Roma, dette luogo ad un accordo con l’Italconsult, della quale Peccei era presidente. Furono avviate azioni comuni all’estero, la prima delle quali fu l’esplorazione del Belucistan Sistan iraniano ai confini col Pakistan e con l’Afghanistan, mai percorsi da rappresentanti occidentali. Il finanziamento era della Banca mondiale al governo dell’Iran. La missione era composta da un capogruppo (Ing. Guadagni), da un medico (Rocco Mazzarone), da un agronomo (lo scrivente Giulio Leone), da un ingegnere (Giovanni Sallusto), da un antropologo (Carlo Castaldi), da un botanico (Italo Eynard), da un geometra (Piro), da un geologo (Pasquale Nicotera), da due sociologi (Giuseppe De Rita e Gilberto A. Marselli) e da un addetto logistico (Egidio Garbuggio); l’ambiente nel quale tale missione ha operato, esteso poco meno dell’Italia, era al limite della sopravvivenza fisica. L’indagine durò tre mesi sul territorio, fu effettuata usando diverse jeep e fu facilitata dall’uso prima di un aereo da turismo, poi di un elicottero, e diede luogo ad una relazione in inglese arricchita da una bibliografia e cartografia aggiornata rispetto alle foto aeree dell’aeronautica americana. Si stabilì inoltre una permanenza in alcuni centri delle due regioni, per circa un anno, di tecnici che svolsero assistenza alla popolazione. La seconda iniziativa dell’accordo Italconsult - Curato fu la preparazione i n Egitto, lungo la valle del Nilo fino alla zona deltizia del Tahrir, ad occidente di Alessandria, di 60.000 ettari dotati di irrigazione e destinati ai coltivatori della Nubia che perdevano i propri terreni per l’innalzamento delle acque, conseguente alla sopraelevazione ed alla ristrutturazione della diga di Assuan: lavoro che durò qualche anno ma che poi non ha portato
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insediamenti stabili, salvo che nella zona del delta. Nello stesso periodo si svolsero consulenze in Libano e in Siria. Terminate queste azioni, Curato, nell’ambito delle attività della Società “Condotte d’acqua” costituì una aggregata “Bonifiche”, che esercitò promozioni, assistenza e direzione lavori in Tunisia (Mejerdah) ed in varie preparazioni ed esecuzioni di progetti in Italia. Negli ultimi decenni del secolo fu attivo e continuo consulente del Consorzio di Bonifica Velia - Alento, in provincia di Salerno, presso il quale. peraltro, costituì la società “Iside”, volta al controllo ed alla assistenza di soggetti gestori di dighe di sbarramento di serbatoi artificiali. Ritiratosi, data l’età avanzata, a vita privata, non desistette dal lavoro e si dedicò allo studio, purtroppo interrotto, di due grandi iniziative per l’Africa: la costruzione di un autostrada dal Cairo a Città del Capo e la deviazione degli alti corsi dei fiumi equatoriali verso il Sahara meridionale. Gli ultimi anni furono addolorati da due luttuosi eventi: prima l’immatura scomparsa della moglie, poi dell’amata sorella, su entrambe le quali aveva sperato come compagnia della vecchiaia. Poi, come sembra destino delle grandi intelligenze, l’annebbiamento, pur breve, della mente.
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Gli Agronomi vicini alla Federazione Silvano Marsella
A me è stato affidato il compito di ricordare gli agronomi che sono stati vicini alla Federazione. Un compito non facile, perché i colleghi che negli ultimi 50 anni e più (oggi sono 57 gli anni che mi separano dal 1952, anno della mia laurea) sono stati vicini alla categoria, tutti di notevole livello professionale, sono stati moltissimi e quindi non riuscirò a ricordarli tutti. In un primo tempo farò un rapido excursus di quelli che, anche con cariche ricoperte con tanta dedizione hanno dato il meglio di sé alla categoria e alla sua affermazione; in un secondo tempo cercherò di fare un rapido elenco di quelli che si sono più distinti nelle varie branche professionali che caratterizzano la nostra categoria. Il 17 novembre 1944, a pochi mesi dalla liberazione di Roma mentre ancora la guerra infuriava nel nord Italia, Giuseppe Medici con un gruppo di agronomi - Ciarrocca, Fiori, Franchini, Manghisi, Papi, Ravà, Rizzo e Tabet - fondò l’Associazione Nazionale Dottori in Scienze Agrarie con il fine statutario di tutelare le competenze professionali dei Dottori in agraria e valorizzare sempre più la categoria, favorendo la nascita delle Associazioni provinciali e promovendo la creazione degli Ordini professionali. Dal 1944 al 1962 Medici fu presidente dell’Associazione e, via via che i suoi impegni politici aumentarono, fino a ricoprire la carica di Ministro dell’Agricoltura, si avvalse sempre più della collaborazione del vice – presidente Guido De Marzi, direttore generale del Ministero stesso. In quegli anni avvalendosi delle attività di alcuni colleghi tra cui Tommaso Manghisi, Fiori, Papi, Mioni e tanti altri, fu creata tra l’altro la Cooperativa dottori in agraria che fu dotata di una sede ufficiale, quella in cui ancora noi siamo e che nei primi tempi fu utilizzata quale foresteria per i colleghi provenienti a Roma da tutta Italia. La Cooperativa è in effetti la proprietaria di questa sede, data in uso per 30 anni e poi per altri 30 alla FIDAF e che provvede alla manutenzione della stessa, caricandosi di tutti gli oneri.
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In quegli anni l’Associazione, in collaborazione con l’Edagricole del prof. Perdisa di Bologna, pubblicò un piccolo Notiziario che veniva inviato a tutti gli iscritti alle varie Associazioni provinciali (Torino, Milano, Bologna, Firenze, Napoli, Bari, Palermo e tante altre) che, via via andavano nascendo. Nel 1962, essendo Giuseppe Medici sempre più assorbito da impegni politici di alto livello (fu varie volte Ministro, passando tra l’altro dal Tesoro all’Industria, fino agli Esteri), fu costretto a rinunciare alla carica di presidente. Al suo posto fu eletto Presidente Giovanni Visco che mantenne la carica fino al 28 ottobre del 1970, data della sua prematura scomparsa. Gli anni della presidenza Visco furono, senza dubbio alcuno, quelli più fecondi di attività per la nostra Federazione, che attraverso il potenziamento della nostra Rivista, vari importanti convegni e conferenze, acquisì una visibilità notevole. Visco, conscio della notevole differenza di interessi professionali ai quali si dedicano i nostri colleghi, creò nell’ambito della nostra Federazione, che rimaneva unita nel tutelare la nostra professione, le seguenti sezioni: 1. Sindacato liberi professionisti alla cui presidenza si alternarono Carlo Arcangeli (poi presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine), Dante Pinca e per ultimo Enrico Sermonti; 2. Conduttori, dirigenti e impiegati di aziende agricole in cui furono sempre presenti Cesare Patuelli, Giuseppe Randi per finire ad Andrea Vergati. 3. Unione ispettori agronomi che sotto la guida di un grande organizzatore Salvatore Rossi (ancora presente oggi all’età di 100 anni) arrivò ad avere circa 1.000 iscritti (si può dire la totalità dei Tecnici dipendenti degli Ispettorati agrari provinciali e compartimentali); 4. Sezione insegnanti negli Istituti di istruzione secondaria che ebbe per tanti anni presidente Giuseppe Maria Franceschetti, che passò poi la carica all’attivissimo Giuseppe Murolo; 5. Sezione dipendenti Istituti di credito che ebbe fra i suoi attivi dirigenti i colleghi Mauro Frattini e Luigi Sella; 6. Associazione forestali la cui presenza comportò la dizione più completa della nostra Federazione abbinando ai dottori in agraria anche
quelli in scienze forestali. Sotto la guida del bravo Umberto Bagnaresi questa Associazione svolse una notevole attività sempre nell’ambito della Federazione. 7. Gruppo dei colleghi parlamentari, un tempo numerosi tra Camera e Senato. Tra i tanti mi piace ricordare quelli che ci furono sempre vicini: Roberto Prearo, Carlo Zanon e Franco Bortolani, molto attivi nel far acquisire nuove competenze professionali alla nostra categoria, Decio Scardaccione, Manlio Rossi Doria. Alla scomparsa di Giovanni Visco, chi vi parla, che era già stato, per molto tempo, prima Vicepresidente e poi Presidente dell’ Associazione Laziale a fianco dell’attivissimo Presidente Benigno Zagatti e poi Presidente, ricopriva la carica di Vicepresidente della Federazione. Il consiglio direttivo ritenne opportuno attribuirmi la delega di presidente fino alla scadenza del mandato che era prevista nell’anno 1971. Alle nuove elezioni fui eletto presidente ed ebbi fortunatamente a mio fianco Colleghi del valore di Pier Francesco Nistri, Gian Giacomo Dell’Angelo, Giulio Leone, Alfredo Diana e i presidenti delle varie Sezioni. Durante gli anni della mia presidenza, dal 1971 al 1992, con l’aiuto di tanti colleghi tra cui mi piace ricordare, oltre a quelli già menzionati, i più volte confermati vice presidenti Tullio Romualdi e Vincenzo Piluso, il consigliere Tommaso Manghisi, il redattore della nostra rivista Leone Barozzi. Sono stati venti anni in cui ci siamo dedicati a svolgere un’azione di intenso proselitismo tanto da raggiungere in Italia la presenza di oltre 70 Associazioni provinciali e un numero di iscritti che si aggirò tra i 4.000 e 5.000. Si raggiunse l’intesa con il Consiglio Nazionale degli Ordini (Presidenza Carlo Arcangeli e poi Massimo Cordero di Montezemolo) di spedire la nostra Rivista a tutti gli iscritti agli Ordini Provinciali (sempre più numerosi degli iscritti alle nostre Associazioni) fino a raggiungere una tiratura di oltre 15.000 copie. Si organizzarono convegni nazionali di grande rilievo come quello di Viterbo nel 1983 sulla riforma universitaria per la Facoltà di agraria, al quale parteciparono tutti i Presidi, o il Convegno di Perugia sull’assistenza tecnica. Si organizzarono vari corsi di formazione o di aggiornamento di concerto con il Ministero dell’Agricoltura (in proposito non posso non ricordare il sostegno datomi dal Ministro Vito Saccomandi, nostro
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collega anche lui scomparso prematuramente) quali quelli su l’acquacoltura e l’agro-meteorologia. In quel periodo la nostra Federazione svolse un’azione importante nel contenere i danni della legge De Marzi-Cipolla sui fitti rustici, con vari incontri con i proponenti della legge concepita con fini soprattutto politici. In un incontro che si tenne proprio in questa sede con la partecipazione di vari deputati e senatori tra cui Avolio, Macaluso, De Marzi, Cipolla, Prearo, Compagna, riuscimmo ad ottenere la formulazione di un articolo che prevedeva la possibilità di stipulare contratti di affitto tra proprietari e affittuari in deroga alla legge stessa, purché redatti con la partecipazione e l’assenso delle rispettive rappresentanze sindacali. A distanza di tanti anni possiamo ben dire che, grazie a quell’articolo, l’Istituto dell’affitto in agricoltura ha potuto continuare a diffondersi promuovendo l’affermarsi di una categoria imprenditoriale sempre più evoluta. Pur dedicando tanto impegno, insieme all’amico Gian Giacomo Dell’Angelo, non siamo riusciti a contrastare efficacemente la Riforma degli studi universitari che ha portato alla creazione di tante Facoltà di Agraria (troppe) che continuano a sfornare laureati con scarsa formazione professionale. Nel ’92 dopo venti anni di presidenza fui sostituito dall’amico Gian Tommaso Scarascia Mugnozza che accettò la carica per puro spirito di servizio, consapevole di non poter dedicare molto impegno ad essa, dati i suoi numerosi incarichi universitari già ricoperti. Dal 1994 (e sono quindi già 15 anni! caro Luigi ti avvii anche tu a raggiungere il ventennio!), la FIDAF ha quale presidente il collega Luigi Rossi. In questi anni l’impegno della FIDAF si è concentrato in particolare sui temi della qualità agro-alimentare, del rapporto agricoltura/ambiente e più in generale su Ricerca e innovazione per il sistema agro-alimentare. La Rivista AGROAMBIENTE prima, edita insieme con il CONAF, e la Rivista AGRIculture poi, hanno continuato degnamente, fino a quando la pubblicazione è stata sospesa, la gloriosa storia di Il Dottore in Scienze Agrarie Forestali. Do pubblicamente atto all’amico Rossi di essere riuscito, pur essendo cambiati molto i tempi, a superare tante difficoltà, tra cui in prima linea
l’incomprensione verificatasi con il Consiglio Nazionale degli Ordini (speriamo finalmente superata con l’avvento del nuovo presidente Andrea Sisti), e a mantenere in piedi la nostra Federazione e le nostre Associazioni provinciali (almeno quelle più tradizionali). Da qualche mese il nostro presidente in età ancora giovane, ha concluso il suo rapporto di lavoro con l’ENEA e pur avendo vari altri incarichi di notevole prestigio (commisurati al suo alto valore professionale) potrà dedicare più tempo alla FIDAF e noi tutti potremo a breve verificarne notevoli benefici. Qui termino con un appello ai presenti e a tutti quelli che hanno a cuore la nostra categoria, di non lasciare solo Luigi Rossi, ma collaborare fattivamente con lui, così come fecero con me tanti colleghi che qui ricordo con molto affetto e riconoscenza. A questo punto passo alla commemorazione di un collega scomparso di recente e di un altro scomparso da qualche anno. Si tratta nel primo caso di Vincenzo Schiavone Panni di cui saluto con affetto i familiari qui presenti: la cara moglie e i tre figli di cui uno, Maurizio, nostro caro collega. Allego il curriculum redatto dal figlio. Vincenzo Schiavone Panni nasce a Roma il 14 maggio 1921 da una antica famiglia di proprietari agricoli lucani. Svolge i suoi primi studi sotto la formazione dei Padri Gesuiti presso il Nobile Collegio Mondragone e presso l’Istituto Massimiliano Massimo in Roma, concludendoli presso l’Istituto Nazareno. Inizia la sua formazione universitaria presso la Facoltà di Scienze Agrarie e Forestali di Portici, si trasferisce poi a Bari, presso la stessa Facoltà, per poter seguire la gestione dell’Azienda agricola di sua proprietà; consegue la Laurea e successivamente l’Abilitazione all’esercizio della libera professione. Svolge la sua attività presso il Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, dove collabora con Vincenzo Scotti, Francesco Majnoni e Gian Giacomo Dell’Angelo. Viene successivamente destinato, su richiesta del Prof. Ramadoro, all’Ente Riforma Puglia e Lucania (poi Ente Sviluppo Puglia e Lucania), dove svolge diversi incarichi per lo sviluppo dell’economia agricola e delle infrastrutture viarie ed irrigue del Mezzogiorno. Gli viene quindi affidata, sempre nell’ambito dell’Ente Sviluppo Puglia e Lucania, la presidenza della Centrale
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ortofrutticola di Metaponto, centrale ortofrutticola destinata alla raccolta, selezione e prima lavorazione dei prodotti della zona. L’insediamento diede impulso significativo alla commercializzazione ed esportazione dei prodotti locali e fu visitato, in quanto progetto pilota, da molte autorità, tra cui S.M. il Re Gustavo di Svezia. Infine dobbiamo ricordare un altro grande amico della Federazione, Vittorio Ciarrocca che insieme a Giangiacomo Dell’Angelo, Francesco Curato e il qui presente Giulio Leone, io ho sempre considerato i Senatori della nostra Categoria. Per ricordare Vittorio Ciarrocca ritengo che la forma migliore sia quella di rileggere insieme a voi quanto lui scrisse, “I ricordi di Vittorio Ciarrocca”, nel numero speciale della nostra Rivista dedicata al 60° anniversario della nascita della Federazione. Giulio Leone e Luigi Rossi vollero incontrarlo il 18 ottobre 2004 per illustrargli lo speciale “I sessant’anni della FIDAF”, per porgli alcune domande e far riemergere e ravvivare i ricordi di quel tempo. Il professore, che viveva i suoi anni maturi nella casa di Roma, assistito dalla moglie Anna Maria, rispose molto volentieri all’intervista. Il professore Vittorio Ciarrocca è tra coloro che nel 1944 fondarono la FIDAF. Caro Vittorio, potresti ricordarci lo spirito con cui fu costituita la FIDAF? “Nel 1944 l’agricoltura italiana rappresentava l’attività fondamentale della nostra economia e noi, studiosi ed operatori, ci sentivamo fieri di quel retaggio che, tra le due guerre, aveva valorizzato la produzione primaria ed aveva condotto, a partire dall’Agro Pontino alle bonifiche dell’Agro Romano, a me più vicine e da me partecipate, e nel resto d’Italia, a conquistare terre, risanare ampi spazi degradati ed improduttivi, migliorare quantitativamente e qualitativamente i nostri raccolti. Ero agricoltore direttamente impegnato e, inoltre, i miei studi di economia agraria mi portavano anche a riflettere sul cammino percorso, a valutare l’entità dei dati acquisiti, a dar loro un significato in una prospettiva di crescita. La ripresa così rapida, così forte, così generalizzata in tutto il Paese, confermerà le nostre speranze, rafforzando i nostri intenti ed il nostro lavoro. Negli anni cinquanta ebbi la ventura di partecipare all’azione
dell’Intervento Straordinario nel Mezzogiorno e di constatare, quale Consigliere di Amministrazione della “Cassa”, come un giovane organismo, dotato di facoltà e di poteri della nostra migliore tradizione amministrativa, costituito da funzionari esperti e provati, guidato da un saggio, coraggioso e moderno giurista, potesse sviluppare e attuare programmi di radicale vivificazione delle Regioni del Sud, conseguendo, soprattutto nel settore dell’agricoltura, delle bonifiche e dell’approvvigionamento e della distribuzione delle acque, risultati insperati in tempi brevissimi e così determinanti per le condizioni di vita, di lavoro e di civiltà delle popolazioni per tanto tempo trascurate. Fu dunque con orgoglio di studioso e di professionista che accolsi l’invito di Giuseppe Medici di dar vita alla nostra Associazione Nazionale dei Dottori in Scienze agrarie e forestali, rimasta interrotta poi dalla guerra e dalle vicende successive. Ebbi in questa iniziativa compagni di prestigio per l’autorità conseguita nella esperienza percorsa. Ne ricordo ora solo alcuni come Papi, studioso anche egli di economia, Fiori, esponente dell’Opera Nazionale Combattenti, Manghisi, espressione della tradizione amministrativa, Ravà, radicato nel mondo del credito bancario. La figura guida fu Giuseppe Medici che ci univa al movimento politico liberale e cristiano”. Ricordi, Vittorio, qualche episodio significativo di quella costituzione? Sì, credemmo, in coscienza, che quel ritrovarsi uniti tra studiosi, operatori e tecnici fosse proprio un auspicio per una vasta adesione dei colleghi, come poi di fatto è avvenuto, e della formazione, se così può chiamarsi, di una grande famiglia tesa ad una visione nobile: mantenere una tradizione e fare avanzare l’agricoltura italiana.”
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Francesco: un tecnico con sensibilità politica Nino Novacco L’invito rivoltomi da Carlo Ajello e da Giulio Leone, e formalizzato dal Presidente della FIDAF Luigi Rossi, di partecipare al ricordo di Francesco Curato, straordinaria personalità di tecnico con sensibilità politica, le cui caratteristiche intellettuali lo hanno portato ad operare nel micro delle realtà agricole del Mezzogiorno italiano, che con lo sviluppo delle colture irrigue ne è rimasto positivamente segnato, ma anche nel macro di audaci proposte tecniche relative a Paesi del Nord Africa e del Vicino Oriente, mi ha spinto a riandare con la memoria ad un lontano passato di frequentazione ed amicizia. Ho cercato di porre rimedio alla mia mancanza di tempo (ed ai vuoti di memoria di un ultra-ottantenne come io sono), facendo ricorso ad un’operazione che si collega ai rapporti che, attraverso Gian Giacomo Dell’Angelo, negli anni ’50 esperto agricolo e poi Direttore della SVIMEZ, si erano intrecciati tra noi, quali io ho potuto ricercare e ritrovare attingendo alle citazioni di Curato, per suoi articoli, relazioni e documenti, o per testi di altri esperti che lo citano, che nel tempo risultano seguite e documentate nelle pagine del Bollettino settimanale “Informazioni SVIMEZ”, dal 1950 al 1977, che resta come uno dei vanti di quella “benemerita Associazione” come la definiva, per l’impegno di Pasquale Saraceno e di Alessandro Molinari, il Governatore della Banca d’Italia, Donato Menichella. Ne ricordo qui di seguito le principali citazioni: “Elementi per una Bibliografia di e su Francesco CURATO (F. C.), Capo della Sezione Bonifiche e Trasformazioni Fondiarie della “Cassa per il Mezzogiorno”, e poi impegnato in tant’altro, su cui valgono gli elementi ricordati qui da Giulio Leone. 9.10.1950 27.12.1950 8.2.1951
INTERVENTO di F.C. al Convegno Tecnico Nazionale per la riforma fondiaria, Napoli ARTICOLO di F.C. “Bonifica e riforme”, in “Il Globo”, Roma ARTICOLO di F.C. “La riforma stralcio”, in “Il Mattino d’Italia”, Napoli - 31 -
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Nino Novacco
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ARTICOLO di F.C. “Bonificatori e redditieri”, in “Il Mattino d’Italia”, Napoli marzo 1952 ARTICOLO di F.C. “Garantire l’integralità della bonifica”, in “Notiziario Cassa” 14.10.1952 RELAZIONE di F.C. “Il settore agricoltura” al “1° Convegno dei dirigenti e tecnici della Cassa”, Napoli set 1952 ARTICOLO di F.C. “Gli interventi nelle aree depresse ed il problema umano”, in “Conoscere”, n.3 10-11 sett 1952 RELAZIONE di F.C. su “L’irrigazione a pioggia nel quadro degli interventi della Cassa”, in “Quaderno Cassa n. 8” 20.10.1952 Citazione di F.C. da parte del prof. Friederich Vöchting, in “Il Globo”, Roma, e poi nel suo storico volume su “La questione meridionale” 22.10.1952 Citazione di F.C. ed elogio da parte del prof. Francesco Compagna, in “24 Ore” 13.11.1952 Citazione di F.C. da parte del prof. Arrigo Serpieri, in “Il Messaggero”, Roma marzo 1953 Citazione di F.C. da parte del prof. Eliseo Jandolo, in “Acque, Bonifiche e Costruzioni” 4.11.1954 INTERVENTO di F.C. al 2° Convegno della Cassa, Napoli 8.3.1954 RELAZIONE alla seconda Giornata del Mezzogiorno alla 56° Fiera di Verona, in “Quaderno Cassa n. 15” 24-25 ott 1954 RELAZIONE al 1° Convegno Tecnico per la produttività in agricoltura, Foggia 28.6.1954 RELAZIONE al Convegno dei Consorzi di Bonifica del Mezzogiorno, Napoli 10.7.1954 INTERVENTO al Convegno della Cassa sugli indirizzi produttivi della trasformazione agraria, Napoli 11-12 dic 1954 RELAZIONE di F.C. al Convegno di studi sui problemi dell’irrigazione a pioggia nelle zone sub-aride del Mediterraneo, Napoli
16.12.1954
Commento al Convegno, di Italo Minunni, in “24 Ore”, Milano 22.6.1955 RELAZIONE di F.C. su “Lineamenti e realizzazione del piano di sviluppo economico del Mezzogiorno”, all’Incontro Italo-Americano sull’urbanistica per lo sviluppo del Mezzogiorno, Ischia, in “Quaderno Cassa n. 22” febb 1955 Citazione di F.C. da parte del prof. Aldo Ramadoro con riferimento ai dati sulla Riforma agraria, in “Prospettive meridionali”, Roma nov 1956 NOMINA di una Commissione di studio sulla Calabria, presieduta da Francesco Curato, sui programmi della Legge Speciale 1177/55. (Io stesso ho fatto parte di tale Commissione) apr 1957 VISITA di F.C. ? come Consulente tecnico della BIRS, (insieme al prof. Pescatore, Presidente, e ing. Orcel, Direttore della Cassa) ? alle realizzazioni in Sicilia dei bacini per uso idroelettrico ed irriguo in corso di realizzazione da parte della Cassa per il Mezzogiorno 30.10.1958 CONSEGNA di F.C. al ministro Giulio Pastore del “Rapporto conclusivo della Commissione di studio sullo sviluppo della Calabria”, da lui presieduta 1959 NOMINA di F.C. a Presidente del “Gruppo di lavoro per lo studio del Piano di Rinascita della Sardegna” 18-20 mag 1961 INTERVENTO di F.C. al XX Congresso dell’Associazione Nazionale Bonifiche, Napoli 5.10.1961 RELAZIONE INTRODUTTIVA di F.C. alla Tavola rotonda tra economisti ed esperti sul “Piano di Rinascita della Sardegna”, Roma 1965 Un articolo del prof. Francesco Compagna su “Nord e Sud” (n. 72, 1965), lamenta l’uscita di F.C. dalla Cassa, e cita altri casi emblematici di un diminuito impegno di cooperazione di essa con la cultura meridionalista 1967 Valorizzando il “Rapporto Curato sulla Calabria”, il prof.
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Vittorio Ciarrocca evidenzia, su “Realtà del Mezzogiorno” (n. 3-4, 1967) i limiti delle prospettive di sviluppo per quella Regione apr 1968 F.C. viene designato dalla Società “Bonifica” di Roma gruppo ITALCONSULT, nel quale collabora con Aurelio Peccei e con Celestino Segni - come “amministratore delegato” della PTM, “Porto Terminal Mediterraneo”, Cagliari ott 1968 Il CdA di PTM - di cui F.C. è a.d. - esamina i progetti per il Porto Terminal, messi a punto da ITALSTAT 5.3.1973 RELAZIONE INTRODUTTIVA di F.C., col prof. Giovanni Marongiu, ad una Tavola Rotonda su “I problemi dell’organizzazione amministrativa delle Regioni”, Napoli 18.9.1976 INTERVENTO di F.C. alla Tavola Rotonda su “Le nuove strutture organizzative dell’intervento straordinario”, Bari ott 1976 INTERVENTO di F.C. nel dibattito su “La riconversione dell’agricoltura meridionale” su “Nuovo Mezzogiorno” n. 7-8 - 1976 feb 1977 Citazione del prof. G.G. Dell’Angelo in ordine alle posizioni di F.C. nel dibattito di “Nuovo Mezzogiorno” nel 1976 A questa sorta di parziale “Bibliografia di e su Francesco Curato” potrei e dovrei aggiungere il ricordo dei rapporti interpersonali tra noi, pur nel diversificarsi delle nostre attività, ma nella comune sensibilità ed attenzione “meridionalista”, e nel comune giudizio intorno alla decisività di taluni macroscopici interventi per lo sviluppo del territorio, in Italia e fuori. Permettetemi di concludere, senza retorica, che sovente mi avviene oggi di sentire il vuoto che in Italia non si può non registrare, di personalità tecniche autorevoli quale è stato Francesco Curato, cui molto devono ancora oggi l’agricoltura e il Mezzogiorno; ma non solo essi.
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Un grande manager Franco Chirico
Sono lieto di adempiere alla richiesta del Presidente della FIDAF di ricordare l’ultimo periodo della vita di Francesco Curato. Egli ha lavorato, come consulente, presso il Consorzio Velia, dal 1992 al 2002 fino all’età di 90 anni, con la dignità e la professionalità che ha sempre accompagnato la Sua lunga attività. Francesco Curato è ricordato nella storia di questo Consorzio come un autorevole ispiratore di un programma di azioni di grande respiro che ha rappresentato la premessa dello sviluppo del territorio dell’Alento. Nel 1995, sul presupposto che il Consorzio Velia aveva realizzato tre sistemi idrici, per un totale di cinque invasi medio-grandi, che regolano nel complesso 60 milioni di mc. di acqua l’anno, mise a punto un “Piano di valorizzazione delle risorse idriche del bacino dell’Alento” che prevedeva: ✓ l’interconnessione dei tre sistemi idrici; ✓ la destinazione dell’acqua ad usi plurimi: irriguo, potabile, idroelettrico, artigianale-industriale, civile non potabile e ambientale. Per l’attuazione di tale piano, aiutò il Consorzio a promuovere un complesso di iniziative produttive di grande importanza per lo sviluppo del territorio. In particolare, contribuì a dar vita, nel 1995, a due soggetti non profit, che operano nell’interesse generale: ✓ la società Idrocilento che gestisce gli impianti idroelettrici di Omignano e del Carmine e l’impianto di potabilizzazione di Angellara a Vallo della Lucania; ✓ il Consorzio di Gestione Centro Iside che cura il servizio di monitoraggio e controllo delle dighe e del territorio. Oggi i predetti enti, grazie alla visione lungimirante e strategica di Francesco Curato, hanno acquisito una funzione crescente, fino a diventare supporto di una rete di soggetti nuovi che operano nell’interesse dello sviluppo del territorio.
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Avv. Franzo Chirico (*)
L’immagine che emerge dalla collaborazione di Curato con il Consorzio Velia è quella di un grande manager, uno degli ultimi campioni di quella razza in estinzione di uomini capaci di perseguire obiettivi lucidi, di grande portata, con il rigore inflessibile di chi crede nella legge, nell’impegno morale e nel futuro. Il dott. Curato era solito ricordare la Sua esperienza professionale presso la Cassa per il Mezzogiorno, evidenziando che il Suo progetto fu quello di concorrere con Gabriele Pescatore e Giulio Leone, altri “fondatori” dell’Istituto, a far svolgere alla Cassa il ruolo di strumento tecnico-finanziario operante al servizio dello Stato, rispettoso della distinzione tra pianificazione politica e attuazione gestionale. Una visione lucida, minata purtroppo in seguito dalla demagogia, dai cedimenti particolaristici, dalle spinte regionaliste, dagli interessi di partito, che hanno poi reso la Cassa per il Mezzogiorno un “carrozzone clientelare”, unico strumento di intervento pubblico per il Sud. La Sua predilezione per i problemi del territorio, la Sua cultura, il Suo impegno per la valorizzazione delle risorse locali, il Suo vasto patrimonio di cognizioni tecniche nel campo dei lavori pubblici e della progettazione, in particolare della bonifica e dell’irrigazione, legittimano il Suo inserimento tra i grandi meridionalisti che hanno dato un rilevante contributo per lo sviluppo del Mezzogiorno.
(*) L’intervento è stato letto dal collega Luciano Longo.
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Francesco Curato, l’Amministratore delegato di Bonifica Spa Emanuele Davia
La mia testimonianza sulla figura e sull’opera di Francesco Curato si basa su ricordi personali di vita vissuta. Francesco Curato, infatti, è stato il mio capo per ben 12 anni di attività, nel periodo ormai lontano che va dal 1962 al 1974, quando egli era Amministratore delegato di Bonifica Spa e, prima ancora, ne era stato il progettista e realizzatore. Erano gli anni in cui l’industria italiana cercava sbocchi ai suoi prodotti nei Paesi del terzo mondo e, come strumenti efficaci di penetrazione in quei mercati, aveva dato vita a importanti “consulting” e a imprese di lavori all’estero. Tramite queste, parallelamente alla esecuzione di grandi opere di ingegneria (strade, ponti, dighe ecc.) e di trasformazione territoriale (bonifiche, forestazioni ecc.), introduceva nei nuovi mercati, macchinari, strutture e prodotti nazionali. Erano industrie primarie come la Fiat, la Pirelli, la Montedison, l’Italcementi ed altre, le quali avevano dato luogo a imprese come Italconsult, Impresit, Cogefar, Astaldi , Recchi ecc.. Francesco Curato, essendo, appunto, a capo del settore studi e progetti dell’Italconsult, quando era Presidente Aurelio Peccei, creò una alleanza tra Italconsult, Impresit e Cogefar per la realizzazione di un progetto di intervento in Egitto, finalizzato alla esecuzione di opere di bonifica integrale in aree, opportunamente scelte, lungo tutto il corso del Nilo, dalla foce (Qassabi) ai confini con il Sudan, nella zona di Abu Simbel (Esna), utilizzando la maggior disponibilità idrica derivante dalla costruzione della diga di Assuan e avvalendosi dei finanziamenti congiunti del Ministero degli Esteri italiano e del Governo egiziano. Infatti la denominazione originaria del progetto era “Bonifica Egitto Spa” che si trasformò nell’acronimo definitivo “Bonifica Spa”, quando, finita la fase progettuale ed in preparazione della fase operativa, Cogefar si ritirò ed il capitale azionario fu versato da Italconsult e da Impresit, al 50% per parte. - 37 -
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Emanuele Davia
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Emanuele Davia
Già in questa messa a punto risaltarono le doti di Francesco Curato che, come già in precedenza e per le realizzazioni successive, dimostrò una versatilità ed una acutezza non comune, nello sciogliere nodi e nel risolvere situazioni che parevano generalmente precludere ogni possibilità di azione concreta. Nel caso specifico, la richiesta egiziana di impiegare, in maniera prevalente se non esclusiva, nella esecuzione delle opere, manodopera e prodotti dell’industria locale, parevano collidere e rendere impossibile le opere stesse, per il venir meno delle finalità delle mandanti italiane e per l’impossibilità di realizzare i tempi e l’efficienza richiesti nella esecuzione delle opere. L’accordo fu trovato definendo bene e facendo sottoscrivere da entrambe le parti contrattuali, precise tempistiche e modalità esecutive, con l’impegno di utilizzare manodopera e prodotti locali, sempre che tale utilizzo non fosse in contrasto col progetto esecutivo che era stato concordato e sottoscritto. Ecco che, nella pratica divenne indispensabile utilizzare attrezzature di pompaggio e sollevamento idrico, strutture e macchinari di movimento terra, forti quantità di tondino di ferro e di cemento ecc., nonché tecnici e personale specializzato italiani che l’industria e la disponibilità lavorativa locale non erano in grado di fornire nei tempi richiesti dalla esecuzione delle opere. La manodopera locale trovò un impiego esclusivo, come era del tutto ovvio, nella fase seguente la fine delle opere stesse, con la consegna dei terreni bonificati al personale agricolo egiziano. L’intervento in Egitto fu un grande successo (al di là degli inevitabili incidenti di percorso, risolti peraltro tutti con grande inventiva e capacità) e avrebbe dato luogo alla realizzazione di altri progetti in Egitto, soprattutto nella regione della foce del Nilo, se non fosse sopraggiunta nel 1966 la guerra con Israele che impose un rapido rientro in Italia. Nel frattempo però Bonifica Spa era cresciuta in dimensione, autorevolezza e accesso al credito bancario; talché si moltiplicarono i suoi interventi all’estero ( in Siria e in Persia per importanti opere di canalizzazione; alla Mecca per la fornitura e l’installazione di tubazioni fognarie; con trivellazioni e pompaggio di acqua dal sottosuolo in Sudan nelle regioni del
Kardofan e Darfour; con opere di sollevamento acqua e di bonifica in Giordania nella zona di Aqaba ) ed anche in Italia ( per l’attuazione di alcune opere finanziate dalla Cassa per il Mezzogiorno ). Col crescere delle dimensioni di Bonifica si rivelarono anche altre capacità manageriali di Francescano Curato nella organizzazione della società; scegliendo e ponendo persone giuste al posto giusto, dando loro precise direttive, fornendo loro i mezzi e la libertà gestionale necessari ed anche la libertà di sbagliare imparando dagli errori. Ciò consentì la costruzione, in breve tempo di una macchina organizzativa complessa con prestazioni eccellenti. La sede, che inizialmente era ubicata in via S. Teresa, nello stesso stabile ed in un piano sotto “Bonifiche” (Presidente Giuseppe Medici e Direttore Generale Massimo Cordero di Montezemolo) si trasferì in locali più ampi siti in viale Pilsudski. Con la crescita di Bonifica vennero in luce anche altre qualità di Curato a testimonianza della sua genialità e agilità mentale nella soluzione dei problemi. Ne citerò soltanto due, in situazioni totalmente diverse. Nelle opere di canalizzazioni in Persia (l’attuale Iran) era indispensabile, per ragioni tecniche, economiche, operative e per i tempi di realizzazione, poter utilizzare grandi macchine costruite negli Stati Uniti, che non si potevano far entrare in Persia in tempo utile, per la situazione disastrosa dell’unico porto disponibile a Koramshar. Infatti esso era inizialmente un porto unicamente militare, con una sola banchina, sempre intasata di merci in arrivo e con la rada antistante il porto, sempre affollata di imbarcazioni di qualsiasi stazza e tipo, in attesa di poter sbarcare le merci. A ciò si aggiungevano la lentezza e lunghezza delle operazioni doganali e tutto ciò rendeva impossibile contare su di un regolare afflusso di merci a cantieri complessi che avessero dei tempi da rispettare. Tale situazione portò poi, qualche anno dopo, alla costruzione, sempre a Koramshar del porto commerciale (vicino a quello militare); gara d’appalto vinta da parte di “Condotte d’Acqua” per un importo che all’epoca era il maggiore tra tutte le realizzazioni fino allora attuate all’estero. Ma all’epoca delle canalizzazioni il problema del trasporto delle merci e dei macchinari necessari sembrava essere senza una soluzione utile
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per la realizzazione del progetto. Il problema venne risolto riducendo al minimo indispensabile il trasporto merci, facendo largo uso della manodopera locale, utilizzando al massimo prodotti ed attrezzature reperibili localmente o negli stati limitrofi (Turchia – Pakistan) e spedendo inoltre altre macchine e merci dall’Italia via mare fino in Siria e poi via terra, attraverso la Turchia fino al valico con la Persia (Tabriz). Ma il trasporto più problematico e cioè il macchinario di produzione Usa, che non si prestava a molte manipolazioni e trasbordi, fu effettuato via mare dagli USA fino a Genova e di lì in maniera stabile con carri ferroviari attraverso l’Europa centrale, l’Ucraina, il Caucaso fino ai confini con la Persia (da notare che fu necessario anche prevedere il trasferimento dei carri ferroviari da binari a scartamento normale a quelli a scartamento ridotto in uso nella Repubblica Sovietica). Una ulteriore testimonianza circa la capacità professionale di Francesco Curato e la sua abilità a trovare soluzioni a problemi apparentemente non risolvibili è quella relativa all’intervento di Bonifica Spa in Giordania, negli anni successivi alla conclusione dei lavori in Egitto. Si trattava di bonificare una vallata nella zona di Aqaba, in cui la FAO aveva svolto una missione esplorativa con risultati positivi circa l’esistenza di giacimenti d’acqua a profondità accessibile, ma negativi circa la possibilità di utilizzo in quanto il suolo era essenzialmente costituito da argilla finissima che, con l’acqua, in mancanza di una sufficiente struttura, si sarebbe inevitabilmente trasformata in fango (mar flat). La soluzione al problema fu trovata, con ottimi risultati operativi, creando una idonea struttura nel suolo, ottenuta con un sottile strato di sabbia su tutta l’area, facendo tesoro degli immensi giacimenti sabbiosi della zona che venivano trasportati con l’impiego di una flotta di autocarri facenti continuativamente la spola dalle zone di prelievo a quella da bonificare. Altra soluzione particolare fu quella adottata in alcune realizzazioni nell’Italia meridionale. Vi erano opere di trasformazione territoriale che erano perfettamente compatibili con i canoni ed i requisiti previsti per essere finanziati dalla Cassa per il Mezzogiorno, ma che non potevano essere realizzate perché le Istituzioni che dovevano richiedere tali finanziamenti non - 40 -
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disponevano dei mezzi necessari per la preparazione delle pratiche richieste (progettazione, formulazione preliminare, documentazione a supporto ecc.). La soluzione adottata da Francesco Curato (non so dire se fosse di sua invenzione o se fosse stata adottata sulla falsariga di altre) fu quella di interporre Bonifica Spa tra la Cassa per il Mezzogiorno e le Istituzioni richiedenti, formando con esse appositi Consorzi, con i quali Bonifica forniva i mezzi necessari a istruire la pratica, elaborare i progetti e successivamente dar luogo alla loro realizzazione. Questi sono i miei ricordi di Francesco Curato che giungono fino al 1974, quando egli si ritirò da Bonifica a seguito del cambiamento nell’assetto azionario, con la vendita del pacchetto a Condotte d’Acqua, prima da parte di Italconsult e poi anche di Impresit e successiva ristrutturazione e trasformazione della Società per aderire agli indirizzi della nuova proprietà. L’unico ricordo che ho dei rapporti che Curato aveva all’epoca con la Fidaf (di cui Silvano Marsella sa certamente tutto e che dimostra quanto egli era attivo anche per la nostra organizzazione di categoria), è che ogni tanto il Consiglio Direttivo della Fidaf veniva ospitato da Curato, per svolgere i suoi lavori, presso la sala riunioni di Bonifica in via Maresciallo Pilsudski.
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Uno spirito che li animò, l’alto senso dello Stato Vincenzo Pilo
Ho intrattenuto solo occasionali rapporti con il Dr. Curato, nel periodo della mia collocazione presso l’allora Direzione generale della bonifica e della colonizzazione dell’ex MAF (dalla fine del 1967 al 1976); per effetto del DPR n. 616/77 tale D.G. fu poi soppressa. Dopo tale periodo rimasero nella competenza del MAF solo gli interventi classificati come di interesse nazionale di irrigazione e di bonifica, dunque le grandi iniziative pubbliche di “attrezzamento” del territorio. Era invece comune la frequentazione del dr. Curato con altri colleghi più anziani, in specie i tecnici agronomi ministeriali, oppure gravitanti presso il Ministero: ricordo fra gli altri i dottori Greco, Filonzi, Dondi, Andalò, Giuliani, D’Alanno, tutti bonificatori ma in particolare tecnici attenti con elevato senso dello Stato, soprattutto impegnati nella predisposizione ed attuazione di programmi progettuali di assetto e sviluppo del territorio, nonché amministratori pubblici. Si tratta insomma di personaggi che manifestavano gli stessi interessi professionali, culturali e, per un breve periodo, anche d’istituto del dr. Curato; ricordo al riguardo che in quegli anni era notevole l’impegno politico-istituzionale e tecnico verso le iniziative organiche di sistemazione del territorio, in particolare attraverso l’integrazione funzionale fra bonifica e riforma agraria; integrazione, questa, che coinvolgeva una larga parte del territorio nazionale. Va sottolineata in proposito la previsione legislativa che affidava agli Organismi operanti nei comprensori di riforma (appunto gli Enti di riforma, poi trasformati in Enti di sviluppo attraverso un processo di regionalizzazione) anche compiti di bonifica: naturalmente il termine “bonifica” era inteso nel senso più lato possibile, quindi rispetto pure alle impostazioni previste nel Testo Unico sulla bonifica integrale del 1933, perciò non limitato solo agli interventi idraulici. Esisteva pertanto un progetto assai lucido di assetto e sviluppo del - 43 -
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territorio nazionale, progetto concretizzato in larga misura, sul piano tecnico, dai suddetti ed altri analoghi protagonisti, operanti soprattutto nelle strutture pubbliche o parapubbliche. Ed in questo ambito Curato era certamente considerato un maestro (per me sicuramente!), specie quando operò intorno alle difficoltà “ ambientali “ e tecniche connesse all’aggiuntività dell’intervento straordinario. Certamente, in questo quadro gli strumenti finanziari e normativi allora disponibili erano del tutto adeguati, anzi talora ridondanti come nel caso dei “piani zonali” previsti –fra l’altro- dal Piano verde n. 2 e tuttavia poco utilizzati, come ben ricorderà il prof. Aiello: infatti deve essere sottolineato che i “piani generali di bonifica” sui quali si lavorò a fondo in quegli anni, e ciò tanto più laddove questi venivano integrati con gli analoghi “piani di trasformazione fondiaria”, erano ritenuti esaustivi rispetto agli obiettivi di generale sistemazione del territorio. In questo senso, accanto alla revisione colturale di interi comprensori, spesso accompagnata dalla completa trasformazione degli ordinamenti in una logica di filiera (prima in gran parte assente!), mi piace ricordare la realizzazione di molteplici borghi rurali, divenuti nel frattempo cittadine e Comuni autonomi. I derivati vantaggi, in termini economici, sociali, ambientali, paesaggistici, culturali, ecc., erano così evidenti che per taluni appare oggi quasi pleonastico parlarne. Per di più, attualmente, quello sforzo tecnico, culturale e finanziario viene costantemente, in gran parte, vanificato dall’abbandono dell’agricoltura e del territorio rurale, nonché dal frequente scempio ambientale; cause di natura esterna al nostro invidiato sistema produttivo agroalimentare ( mondializzazione dell’economia, agro-pirateria, dumping, forti carenze di progettualità della politica agraria comunitaria e nazionale,ecc.), e interne (le sofisticazioni alimentari, l’illegalità e la diffusa e sconvolgente criminalità, gravanti sullo stesso sistema e sulla sua base territoriale), determinano congiuntamente tale stato di fatto. Tra gli effetti più ricorrenti sono macroscopicamente evidenti sul nostro territorio: il dissesto idrogeologico, il degrado ambientale e paesaggistico, la distruzione di fertilità, la perdita di competitività economica, di cultura gastronomica, di tipicità, di biodiversità. Né mi sembra corretto e
sensato sostenere, come si sente spesso sui media, che questo è il prezzo che deve essere pagato alla modernità: si tratta infatti di una vera e propria banale bestemmia. In conclusione, mi pare pertanto auspicabile – a tutti i livelli- un ritorno allo spirito che a suo tempo animò Francesco Curato e gli altri tecnici agronomi allora impegnati sul territorio nazionale, con alto senso dello Stato, per contribuire significativamente a realizzare l’assetto che ha reso l’Italia famosa nel mondo: in questo senso la FIDAF può dare un grande contributo di idee operative e di sensibilizzazione della pubblica opinione, naturalmente non solo agricola. Di qui l’impegno comune (morale e professionale) da assumere in misura diffusa.
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La memoria del passato linfa per il futuro Francesco Menafra
Neo-laureato in Scienze Agrarie e con una specializzazione biennale in Economia Agraria conseguita presso il “Centro di Specializzazione” di Portici, 34 anni fa, giunsi a Roma proveniente dalle aree “dell’osso” della Campania, il Vallo di Diano, in assonanza con la definizione di Rossi-Doria. Per ben 18 anni sono stato, prima funzionario e poi dirigente della “Cassa per il Mezzogiorno” trasformata negli anni ottanta in “Agenzia per il Mezzogiorno” e messa in liquidazione nel ‘92. In questo lungo ed intenso periodo mi sono sforzato di dare un piccolo contributo allo sviluppo di un territorio così ricco di opportunità che però non sempre gli imprenditori ed i politici del Sud hanno saputo cogliere e trasformarle in “motore di sviluppo”, ma questa è un’altra storia che se un giorno avrò lo stimolo necessario approfondirò l’argomento portando anche la mia testimonianza. L’aspetto che invece vorrei evidenziare è la casualità che mi portò a lavorare alla “Cassa per il Mezzogiorno”, proprio in una sezione che era stata creata, circa 20 anni dopo, quale promanazione del Servizio Bonifiche, diretto da Francesco Curato all’avvio dell’intervento straordinario nel Sud d’Italia all’inizio degli anni ’50. Mi chiamò a far parte di questa nuova sezione il prof. Carlo Aiello che aveva elaborato con la dirigenza della “Cassa” una nuova struttura operativa articolata per “Progetti Speciali”. Colgo l’occasione per ringraziare due insigni colleghi: Giulio Leone ed Enrico Calamita che continuano ad esserci molto vicini in tutte le attività promosse sia dalla FIDAF che dall’Associazione Romana, che hanno ricoperto ruoli decisionali di altissimo livello in un’istituzione così prestigiosa qual’é stata la “Cassa per il Mezzogiorno” per più di un quarantennio. La nuova struttura operativa della “Cassa” prevedeva non più interventi diffusi, ma interventi specializzati tematici a sostegno dello sviluppo di grandi comparti dell’economia e del territorio del Mezzogiorno: irrigazione, zootecnia, forestazione, agrumicoltura, aree interne, etc.. - 47 -
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Francesco Menafra
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Lo stretto rapporto professionale e di profonda reciproca stima che ebbe origine da questa esperienza di lavoro sia con Carlo Aiello che con uno dei suoi più diretti collaboratori, il collega Luciano Longo, mi portarono ad avere i primi contatti, seppur sporadici, con Francesco Curato, che per me, giovane laureato, rappresentava un “mito” della professione di agronomo e della poliedricità culturale, intellettuale e professionale di un grande figlio del Sud. Ho avuto così la fortuna di conoscere Francesco Curato, seppur in maniera frammentaria e spesso indiretta in quanto sia Aiello che Longo mi riportavano spesso alcuni degli aspetti più salienti che affioravano dalle periodiche collaborazioni e frequentazioni con Curato. L’intensità dei “racconti” delle esperienze di lavoro e della forte personalità di Curato, mi è rimasta impressa nella mente tra i ricordi più significativi. Qualche anno prima che conoscessi Curato, avevo avuto anche un’altra irripetibile “occasione”, essere allievo di un altro grande figlio del Sud, il prof. Manlio Rossi-Doria. Proprio alla fine della sua luminosa carriera universitaria ho frequentato la Facoltà di Agraria di Portici e successivamente il “Centro di Specializzazione in Economia” da lui fondato ed ho partecipato a numerosi incontri, seminari ed alle ultime lezioni tenute ai “borsisti” del Centro. I suoi scritti di studioso e docente di valore internazionale che aveva fatto della “questione meridionale” la sua missione, il suo impegno nel sociale e nella vita politica hanno alimentato le mie conoscenze di base che mi hanno consentito di affrontare la futura attività professionale ed orientato nelle mie scelte di vita. Dalla fine degli anni ’70 ho iniziato a frequentare la vita associativa dell’“Associazione Romana Dottori in Scienze Agrarie e Forestali” ed anche in questo caso ho scoperto grandi individualità e variegate esperienze professionali che operavano in diverse discipline scientifiche ed economiche, in settori produttivi e nelle istituzioni. L’attuale Presidente della FIDAF, l’amico Luigi Rossi, istituì nel ‘90, all’epoca Presidente dell’Associazione Romana Dottori in Scienze Agrarie e Forestali, una significativa manifestazione durante la quale si conferisce una pergamena ai colleghi che hanno compiuto il 50° anniversario dal
conseguimento della laurea. Questa manifestazione continua ad essere ancora oggi un punto d’incontro alla fine di ogni anno sociale e l’agape che ci trova riuniti per scambiarci gli auguri natalizi e per il nuovo anno, rappresenta anche una maniera per ripercorrere le tappe fondamentali di tanti colleghi che a circa 75 anni ci raccontano la loro vita non solo professionale, ma anche di uomini e donne che da almeno 50 anni hanno dato e danno un contributo alla crescita del Paese. Ma quello che colgo sempre è la ricchezza delle loro esperienze di vita, vorrei poterle raccontare tutte, ma mi limito a far cenno solo ad alcune, omettendo i nomi, che sono scolpiti nella mia mente, perché non voglio fare torto ai non citati, perché tutti sono la mia “memoria”. Tanti colleghi che vivono tra di noi ed anche tanti che ci hanno lasciato, dal collega che dopo aver conseguito i voti ecclesiastici ha conseguito la laurea in Scienze agrarie, al collega che ha dedicato tutta la sua esistenza a conoscere i marmi e le pietre d’arredo di molti siti sparsi nel mondo, al collega che ha condotto una grande battaglia culturale e personale per le aree sub-aride dell’Africa, ai numerosi colleghi che hanno rivestito posizioni importanti nelle istituzioni internazionali e nazionali, nella ricerca scientifica e genetica, nell’insegnamento, nella conduzione di aziende agrarie. Sono solo alcuni esempi di centinaia di vite che con il loro contributo hanno favorito lo sviluppo del territorio e “nutrito” la crescita culturale ed umana di tante generazioni di giovani e non. Una recente lettura di un bel libro di Enzo Bianchi (fondatore e priore della “Comunità Monastica” di Bose) dal titolo “Il pane di ieri” Edizioni Einaudi, mi porta a citare un insegnamento riportato nel libro “Il nutrimento solido che ci viene dal passato è buono anche per il futuro ….” e quindi la memoria rappresenta il filo conduttore delle nostre esistenze. Mi unisco, per finire, al ricordo dei colleghi che mi hanno preceduto aggiungendo solo due colleghi che sono venuti a mancare recentemente e che sono stati particolarmente vicini all’Associazione Romana, come il collega Giovanni Conversi, che ci ha visti più volte ospiti della sua azienda alle porte di Roma ed il collega Vincenzo Schiavone Panni, padre del nostro caro collega Maurizio.
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Francesco Menafra
Il ricordo di tutti e non solo di quelli scomparsi è il rivivere, nella nostra memoria, la vita di tante esistenze ricche ognuna di una loro specifica peculiarità .
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Stampato dalla Tipografia Massimo ALBANESE Finito di stampare nel mese di dicembre 2009
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FIDAF La Federazione Italiana Dottori in Agraria e Forestali, fondata a Roma il 17 novembre del 1944, è l’organizzazione di rappresentanza di tutti i laureati delle Facoltà di Agraria. La FIDAF è un libero organismo apartitico e non persegue fini di lucro; è socio fondatore del Comitato Europeo degli Agronomi (CEDIA). È costituita dalle Associazioni Provinciali e Regionali presenti sul territorio ed ha come scopi la tutela morale, professionale e sindacale della categoria e come compiti principali l’aggiornamento professionale e culturale, nonché la realizzazione di servizi per i soci. La Federazione svolge attività di promozione culturale, scientifica e tecnica a favore dell’agricoltura, anche mediante il sito internet www.fidaf.it. Alla FIDAF possono aderire i laureati delle Facoltà di Agraria - Lauree tradizionali in Scienze agrarie e Scienze forestali, e quelle attuali triennali e specialistiche - che abbiano o non abbiano sostenuto l’esame di stato, iscritti o non iscritti all’Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali. Possono partecipare alle attività della Federazione anche i laureandi delle Facoltà di Agraria.